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CAPITOLO 4: GESTIONE STRATEGICA

ELABORAZIONE DELLA STRATEGIS


Nella strategia, l’impresa delinea un percorso evolutivo per gestire le
interdipendenze con altri soggetti nel modo più efficace, L’elaborazione di una
strategia è, dunque, condizionata da quattro fattori:
1) l’ambiente in cui 1. l’impresa opera.
2) le sue condizioni interne, in particolare il complesso di risorse disponibili.
3) la vision, la mission e i conseguenti obiettivi di medio termine.
4) il sistema di valori degli attori chiave dell’impresa e in primo luogo di coloro
che esercitano le funzioni imprenditoriali.
La strategia può cercare di influenzare l’ambiente competitivo in maniera tale da
renderlo più coerente possibile con i propri fattori di forza.
Le condizioni interne si riferiscono all’assetto strutturale dell’azienda, all’ambito
geografico delle sue attività, alla struttura organizzativa e al complesso di risorse e
competenze disponibili.
La strategia individua sempre un percorso volto al raggiungimento di una vision,
all’attuazione di una certa mission1 e di finalità di medio-lungo termine.
Il sistema di valori consolidati nell’impresa, sia perché questi influenzano la
determinazione degli stessi obiettivi, sia perché determinano i comportamenti
prevalenti tra gli attori aziendali sia sulle questioni strategiche sia nella gestione
quotidiana.
L’elaborazione di una strategia può manifestarsi attraverso una procedura
prestabilita che ne esplicita i contenuti, portando alla loro rappresentazione in un
documento formale, normalmente indicato come il “piano strategico”.3
La definizione di una strategia è sempre integrata alla messa a punto di un modello
organizzativo. È certamente essenziale allineare strategia e organizzazione.
Per avere successo, una strategia deve dunque essere coerente con le
caratteristiche organizzative dell’impresa, il suo patrimonio di risorse e il contesto
competitivo ove essa opera.
L’elaborazione della strategia è, dunque, un processo relativamente continuo nel
tempo per il quale è necessaria anche una capacità di cambiamento. L’impresa deve
sapere comprendere queste nuove condizioni e adottare le misure conseguenti.
Il VANTAGGIO COMPETITIVO
Il vantaggio competitivo è il risultato di una strategia che conduce l’impresa ad
occupare e mantenere una posizione favorevole nel mercato in cui opera con una
redditività maggiore dei concorrenti.

Però occorre che tali attività generino condizioni a cui il mercato attribuisca un
valore significativo. Quindi l’impresa raggiunge una posizione di vantaggio
competitivo quando raggiunge l’eccellenza rispetto ai rivali in quegli ambiti a cui
corrispondono i fattori critici di successo nel suo mercato. I fattori critici di successo
sono quegli elementi dell’offerta che il mercato valuta indispensabili o apprezza
particolarmente. Dal punto di vista dell’impresa sono quegli aspetti della propria
organizzazione che li distinguono dai concorrenti.

CREAZIONE DEL VALORE


L’impresa ha posizione di vantaggio competitivo quando riesce a creare valore in
maniera superiore della maggior parte dei concorrenti in un determinato business.
La creazione di valore si manifesta nella differenza positiva tra il beneficio netto
generato a vantaggio del consumatore meno il costo totale sostenuto dall’impresa
per la sua produzione. Tanto maggiore è la distanza tra beneficio netto e costo
totale, tanto maggiore è il valore creato e, quindi, tanto più consistente è il
vantaggio competitivo .
Il prezzo non può essere maggiore del beneficio netto percepito dal
consumatore, poiché questo, insieme alla capacità di spesa, determina la sua
disponibilità a pagare.8 Un prezzo inferiore al beneficio netto percepito genera un
surplus per il consumatore che può indurre lo stesso ad aumentare la sua domanda
del bene.
La determinazione del prezzo deve tenere conto anche di altri due ordini di fattori:
in primo luogo, l’impatto della dimensione della domanda sul costo totale.
L’ORIGNE DEL VANTAGGIO COMPETITIVO
L’origine del vantaggio competitivo sta nella capacità dell’impresa di individuare e
sfruttare opportunità innovative migliori dei concorrenti e la capacità di attribuire ai
clienti un valore superiore di quello fornito dai concorrenti. Le risorse e le
condizioni interne all’impresa sono le basi su cui si costruisce la strategia che
conduce al vantaggio competitivo. La strategia volta a creare un vantaggio
competitivo è caratterizzata da quella che Porter chiama strategic fit; il successo
dell’impresa non deriva tanto dall’eccellenza con cui essa svolge singole attività,
quanto, soprattutto, dalla coerenza complessiva con cui sono attuate tutte le attività
volte alla realizzazione di una certa offerta. Lo strategic fit è basato
sull’individuazione di un’idea forte di fondo e sull’abilità di attuare questa idea con
attività che si integrano l’una con l’altra, rafforzandosi.
Il successo dell’impresa è spiegato anche da due altri tipi di coerenza:
• la coerenza tra le attività e l’assetto organizzativo dell’impresa;
• la coerenza tra le attività e le condizioni ambientali.

Il vantaggio competitivo può essere interpretato come la capacità dell’impresa di


acquisire una differenza positiva, riconosciuta dal mercato rispetto ai concorrenti.

DETERMINANTI DEL VANTAGGIO COMPLETIVO


La distinzione dai concorrenti riguarda due piani diversi:
• l’efficienza operativa → comporta che l’impresa svolga le stesse attività dei
concorrenti ma in maniera più efficace ed efficiente. L’esempio più evidente
riguarda il ciclo produttivo, un’innovazione tecnologica riesce a realizzare fasi
della produzione a costi medi inferiori di quelli sostenuti per le stesse fasi dai
concorrenti. L’intensità della distinzione si riduce velocemente nel tempo per
via di una convergenza, almeno tra i principali operatori, verso la frontiera
tecnologica, facilitata dalla crescente diffusione tra le imprese delle best
practices e procedure di benchmarking e la condivisione da parte delle
imprese degli stessi fornitori;
• il posizionamento strategico → il vantaggio competitivo è anche il risultato
dell’individuazione di una posizione di mercato a cui i clienti attribuiscono un
valore che i concorrenti non possono raggiungere, quindi per differenziarsi ed
avere una redditività maggiore bisogna acquisire una posizione in un’area
“felice” del mercato, sfruttando le risorse che permettono di stabilirsi in tale
area in un modo migliore rispetto ai concorrenti. La difendibilità del
posizionamento dipende dal modo più o meno complesso dell’utilizzo di
risorse e competenze detenuto dall’impresa. Il posizionamento di un’impresa
è poco attaccabile quando le risorse e competenze distintive sono difficili da
imitare o acquisire dai concorrenti.

SOSTENIBILITÀ DEL VANTAGGIO COMPETITIVO


Due fattori possono ridurre la posizione di vantaggio acquisito dall’impresa nel
tempo:
• i cambiamenti (esogeni ed endogeni) dell’ambiente rilevante, in special modo
del mercato, che modificano i fattori critici di successo;
• l’azione da parte dei concorrenti per appropriarsi delle fonti da cui deriva il
vantaggio competitivo.
La stabilità del vantaggio competitivo, dunque, è direttamente legata alla durata
delle risorse e delle competenze distintive.

Ghemawat individua tre fonti poco imitabili che rendono la posizione di vantaggio
molto duratura:
• la dimensione → poiché permette all’impresa di avvantaggiarsi delle
economie di produzione (di scala, di scopo, di esperienza);
• l’accesso preferenziale alle risorse critiche o al mercato → l’impresa che ne
detiene il controllo pone notevole attenzione a rafforzare le condizioni che ne
sono alla base;
• i limiti delle opzioni strategiche dei concorrenti → diversi fattori possono
bloccare i concorrenti, impedendo loro di seguire la strada del leader del
settore: la realizzazione di investimenti fortemente idiosincratici, lentezza
dell’innovazione tecnologica, la vischiosità del loro sistema organizzativo.

STRATEGIA DI DIFESA DELL’IMPRESA


L’impresa, per difendere il suo vantaggio competitivo, opera in modo che esso non
sia percepito dai competitors. Una seconda opzione sono le barriere strategiche,
ovvero attuare comportamenti che scoraggino i rivali dal tentare di raggiungere la
stessa posizione dell’impresa, con azioni di moral suasion o azioni aggressive che
anticipano eventuali strategie competitive.
Cercare di preservare le fonti di vantaggio competitivo da parte dell’impresa può
essere addirittura controproducente, poiché blocca l’impresa su posizioni che
diventano rapidamente obsolete.

IL CONCETTO DI IPERCOMPETIZIONE

Il concetto di ipercompetizione può descrivere un ambiente dove l’intensità del


confronto competitivo tra gli operatori è molto elevata ed i fattori critici di successo
del mercato si modificano velocemente. Se è pur vero che i vantaggi acquisiti
tendono ad essere stabili, con una continua innovazione delle fonti del vantaggio
l’impresa può ovviare comunque al fenomeno dell’obsolescenza che colpisce
quest’ultime.

LE CATENE DI VALORE
Lo strumento di analisi delle attività da cui l’impresa crea valore per il mercato e
raggiunge una posizione di vantaggio competitivo è l’utilizzazione della Catena di
Porter, per l’analisi delle relazioni si usa uno strumento concettualmente simile
chiamato “Catena delle relazioni”.
La catena del valore scompone l’impresa o la singola area di business nell’insieme di
attività e di sotto-attività attraverso cui l’impresa crea valore per il mercato. Si
distinguono in:
• attività primarie → quelle su cui si articola il processo di produzione e
vendita in senso stretto;
• attività di supporto → qulle trasversali al sistema aziendale e rendono
possibile il miglior funzionamento delle attività primarie.

Le attività primarie sono:


• Logistica in entrata → pianificazione e gestione delle consegne dei fornitori;
gestione dei vettori di trasporto dei materiali in entrata; gestione dei
magazzini, materie prime, semilavorati, etc.
• Attività operative → predisposizione degli impianti; organizzazione del ciclo
produttivo; trasformazione degli input; assemblaggio dei semilavorati;
controllo qualità; movimentazione degli output verso i magazzini.
• Logistica in uscita → gestione dei magazzini prodotti finiti; pianificazione delle
consegne ai distributori.
• Marketing e vendite → gestione delle vendite; politiche di marketing e
comunicazione.
• Servizi → assistenza post-vendita; analisi della soddisfazione dei clienti.

Le attività di supporto sono:


• Approvvigionamenti → analisi e selezione dei fornitori; gestione degli acquisti
finalizzati alla produzione e determinazione del prezzo.
• Sviluppo della tecnologia
• Gestione delle Risorse Umane → selezione del personale; retribuzione;
relazioni sindacali.
• Attività infrastrutturali → pianificazione strategica e di marketing; gestione
finanziaria; rapporti istituzionali e affari legali.

La catena del valore dell’impresa (a monte la catena dei fornitori, a valle la catena
dei clienti) non deve essere considerata in maniera isolata, ma va integrata con le
catene di valore degli altri business dell’impresa generando un “sistema del valore”.
Nella catena di relazioni si fa riferimento alle relazioni tra i soggetti all’interno
dell’impresa e le relazioni che quest’ultimi instaurano con gli attori esterni.
È importante per l’impresa riuscire a misurare la consistenza del suo vantaggio
competitivo, ossia poter valutare in termini quantitativi la validità della propria
posizione nell’ambiente che sia rilevante sul piano sia della situazione economica-
finanziaria che delle opportunità di sviluppo futuro. Dal punto di vista temporale è
possibile compiere una misurazione delle condizioni ex-ante, ovvero valutare i
fattori da cui dipende l’acquisizione ed il mantenimento di una posizione di
vantaggio competitivo. Oppure una misurazione ex-post, attraverso il calcolo degli
indicatori di bilancio che registrano i risultati economici dell’impresa.
ROI = MARGINE OPERATIVO NETTO /CAPITALE INVESTITO NELLA GESTIONE
CARATTERISTICA
Rappresenta la capacità degli investimenti nella gestione caratteristica di “produrre”
reddito operativo.

ROS = MARGINE OPERATIVO NETTO /FATTURATO


Rappresenta la capacità delle vendite di “generare” margine operativo netto. Spiega
in quale misura l’impresa è in grado di trattenere reddito dalle vendite. Al
denominatore può essere considerato il valore della produzione se l’attività della
impresa comporti normalmente elevate variazioni di scorte e di lavori in corso.

TASSO DI ROTAZIONE DEL CAPITALE = FATTURATO /CAPITALE INVESTITO NELLA


GESTIONE CARATTERISTICA
Rappresenta la quantità di capitale investito necessario per produrre un certo livello
di vendite.

ROE = REDDITO NETTO /CAPITALE NETTO


Rappresenta la capacità deL capitale netto investito di generare reddito

VALORE AGGIUNTO
/ATTIVO TOTALE (CAPITALE INVESTITO TOTALE)
Rappresenta la capacità del totale dell’attivo dell’impresa di “generare” valore
aggiunto, ovvero il margine per remunerare i fattori della produzione (lavoro,
capitale, capitale finanziario).
VALORE AGGIUNTO /NUMERO ADDETTI
Rappresenta la capacità del fattore lavoro di produrre valore aggiunto. Misura la
produttività del lavoro.
Possiamo misurare la competitività attraverso la variazione percentuale in un certo
arco temporale delle principali grandezze economiche (il valore aggiunto, il margine
operativo lordo netto), con la misurazione ex-post del vantaggio competitivo del
fatturato o il valore di produzione, ed infine vanno considerati indicatori che
misurano l’efficienza delle vendite e la soddisfazione del cliente. La misurazione ex-
ante coglie in termini quantitativi la posizione dell’impresa.

Il vantaggio competitivo inteso come capacità dell’impresa di realizzare un profitto


superiore ai concorrenti può derivare da due condizioni di fondo:
• vendere un prodotto analogo a quello dei concorrenti ad un prezzo più basso;
• offrire un prodotto o servizio con caratteristiche differenti a cui il
consumatore attribuisce un valore maggiore.
Da queste condizioni derivano le strategie competitive di vantaggio di costo e
differenziazione. L’impresa può attuare una delle due strategie a livello dell’intero
mercato o a un singolo segmento di mercato, in questo si individua una terza
strategia competitiva: la focalizzazione.
Le prime due strategie non si escludono a vicenda, anzi, il fatto per esempio che
l’impresa per differenziarsi sostenga costi particolari non vuol dire che non debba
puntare alla massima efficienza e cioè minimizzare il costo medio totale. In maniera
analoga il vantaggio di costo che implica la standardizzazione dell’offerta non implica
che essa sia indifferenziata.

Un’impresa che opera ad un livello di costi unitari inferiore a quello dei rivali
controlla la leva competitiva del prezzo. L’impresa può abbassare il prezzo di
vendita della propria offerta ad un livello che, pur rimanendo al di sopra del costo
medio, risulta inferiore a quello dei concorrenti. L’aumento della domanda si riflette
nell’incremento del livello di produzione dell’impresa; infatti aumentando il grado di
sfruttamento delle economie di scale e con l’accumulo di esperienza si può favorire
un maggiore controllo nella sua filiera di produzione e quindi rafforzare il proprio
vantaggio di costo, mettendola nella condizione di ridurre nuovamente il prezzo di
vendita e acquisire nuova domanda.
In linea teorica il processo di acquisizione di quote di mercato dei rivali accade in
maniera molto rapida; nella realtà molti fattori lo rallentano, l’informazione di un
prezzo più basso richiede un certo periodo di tempo per essere percepita dalla
domanda, l’impresa leader può non disporre di adeguati impianti per un aumento
della produzione (con una conseguente offerta poco elastica), inoltre un aumento di
quest’ultima genera diseconomie di scala per problemi di coordinamento. Bisogna
pure considerare il grado d’inerzia del consumatore, che può valutare la riduzione di
prezzo non sufficiente a spingerlo a cambiare fornitore.
Il vantaggio di costo non si manifesta solo nella riduzione di prezzo. Se l’impresa
leader mantiene un prezzo a livello medio degli altri competitors può comunque
beneficiare di un reddito positivo perché i suoi costi sono più bassi della
concorrenza.
Il maggiore margine di reddito generato dalla leadership di costo si riflette
nell’aumento delle fonti finanziarie disponibili; infatti il più alto livello delle fonti
disponibili consente all’impresa di effettuare investimenti volti a migliorare
l’efficienza o di differenziarsi.
In definitiva la leadership di costo si traduce in una maggiore capacità di crescita
dell’impresa, e/o in un rafforzamento della propria posizione competitiva.

La determinazione della strategia di vantaggio di costo si basa sull’utilizzazione della


catena del valore. Si comincerà ad evidenziare le attività della catena del valore che
sono cruciali dal punto di vista dei costi e che hanno maggiore rilievo nella strategia
in esame. La seconda fase dell’analisi compara i costi sostenuti dall’impresa con
quelli che i concorrenti affrontano nelle attività corrispondenti. La terza fase
rappresenta il passaggio logico tra la fase del processo e la fase relativa alla
elaborazione della strategia qui sono determinati i costi delle singole attività della
catena del valore. Quindi si procede a definire la strategia per raggiungere il
vantaggio di costo. Nell’ultima fase si attuano le azioni per mettere in pratica la
strategia.

Per le determinanti del livello di costo di una certa attività prendiamo in esame i
fattori come:
a) le economie di scala → diminuzione del costo medio all’aumentare della
produzione;
b) le economie di scopo → riduzione dei costi medi totali dovuta all’aumentare
dell’estensione dell’attività d’impresa;
c) le economie di apprendimento → riduzione dei costi unitari di produzione
all’aumentare della quantità prodotta dall’impresa nel tempo. Lo svolgimento
continuo di un’attività determina la progressiva maturazione di esperienza
che porta ad operare in maniera sempre più efficiente ed efficace;
d) il grado di utilizzazione delle capacità produttive → i costi fissi medi di un
impianto si riducono all’aumentare del volume di produzione;
e) tecnologia del processo → salvo casi particolari, una stessa attività può essere
realizzata con modalità diverse ed utilizzando tecniche differenti che può
portare ad una differenziale di costo rispetto ai concorrenti;
f) localizzazione delle attività produttive →ha un rilievo fondamentale sul costo
di un’impresa, la vicinanza delle attività produttive alle fonti di
approvvigionamento degl input e ai mercati di sbocco;
g) il potere contrattuale dei fornitori → influenza la reddittività potenziale delle
imprese. Una posizione “forte” dei fornitori si traduce in elevati costi per la
fornitura. Nel caso di fornitori esteri, bisogna considerare l’influenza che le
possibili variazioni del tasso di cambio esercitano sul prezzo di acquisto;
h) l’ottimizzazione delle relazioni con i distributori → concetto speculare a quello
sui fornitori;

Un altro fattore per costruire un vantaggio di costo è controllare l’efficienza


complessiva della catena del valore. Il concetto di “x-efficiency” è l’insieme di costi
che l’impresa sostiene nelle varie attività gestionali e che potrebbero essere
eliminati senza alcun effetto negativo sull’efficienza ed efficacia.

Le strategie per acquisire il vantaggio di costo possono essere:


• il massimo sfruttamento delle economie di produzione (di scala, di scopo e di
esperienza);
• l’innovazione di processo o di prodotto, strada per ottenere un vantaggio di
costo almeno a medio termine; l’impresa difatti produce un prodotto che a
parità di valore ha un costo di produzione inferiore;
• riorganizzazione geografica dell’attività produttiva, localizzazione degli
stabilimenti in aree che offrono le migliori opportunità per ridurre i costi medi
rispetto al settore;
• riduzione delle “x-efficiencies” che si sviluppano nel sistema organizzativo
aziendale, meccanismi incentivanti e/o disincentivanti che spingono i singoli a
comportamenti virtuosi e li coinvolgono nel programma di riduzione delle
inefficienze organizzative.

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