Però occorre che tali attività generino condizioni a cui il mercato attribuisca un
valore significativo. Quindi l’impresa raggiunge una posizione di vantaggio
competitivo quando raggiunge l’eccellenza rispetto ai rivali in quegli ambiti a cui
corrispondono i fattori critici di successo nel suo mercato. I fattori critici di successo
sono quegli elementi dell’offerta che il mercato valuta indispensabili o apprezza
particolarmente. Dal punto di vista dell’impresa sono quegli aspetti della propria
organizzazione che li distinguono dai concorrenti.
Ghemawat individua tre fonti poco imitabili che rendono la posizione di vantaggio
molto duratura:
• la dimensione → poiché permette all’impresa di avvantaggiarsi delle
economie di produzione (di scala, di scopo, di esperienza);
• l’accesso preferenziale alle risorse critiche o al mercato → l’impresa che ne
detiene il controllo pone notevole attenzione a rafforzare le condizioni che ne
sono alla base;
• i limiti delle opzioni strategiche dei concorrenti → diversi fattori possono
bloccare i concorrenti, impedendo loro di seguire la strada del leader del
settore: la realizzazione di investimenti fortemente idiosincratici, lentezza
dell’innovazione tecnologica, la vischiosità del loro sistema organizzativo.
IL CONCETTO DI IPERCOMPETIZIONE
LE CATENE DI VALORE
Lo strumento di analisi delle attività da cui l’impresa crea valore per il mercato e
raggiunge una posizione di vantaggio competitivo è l’utilizzazione della Catena di
Porter, per l’analisi delle relazioni si usa uno strumento concettualmente simile
chiamato “Catena delle relazioni”.
La catena del valore scompone l’impresa o la singola area di business nell’insieme di
attività e di sotto-attività attraverso cui l’impresa crea valore per il mercato. Si
distinguono in:
• attività primarie → quelle su cui si articola il processo di produzione e
vendita in senso stretto;
• attività di supporto → qulle trasversali al sistema aziendale e rendono
possibile il miglior funzionamento delle attività primarie.
La catena del valore dell’impresa (a monte la catena dei fornitori, a valle la catena
dei clienti) non deve essere considerata in maniera isolata, ma va integrata con le
catene di valore degli altri business dell’impresa generando un “sistema del valore”.
Nella catena di relazioni si fa riferimento alle relazioni tra i soggetti all’interno
dell’impresa e le relazioni che quest’ultimi instaurano con gli attori esterni.
È importante per l’impresa riuscire a misurare la consistenza del suo vantaggio
competitivo, ossia poter valutare in termini quantitativi la validità della propria
posizione nell’ambiente che sia rilevante sul piano sia della situazione economica-
finanziaria che delle opportunità di sviluppo futuro. Dal punto di vista temporale è
possibile compiere una misurazione delle condizioni ex-ante, ovvero valutare i
fattori da cui dipende l’acquisizione ed il mantenimento di una posizione di
vantaggio competitivo. Oppure una misurazione ex-post, attraverso il calcolo degli
indicatori di bilancio che registrano i risultati economici dell’impresa.
ROI = MARGINE OPERATIVO NETTO /CAPITALE INVESTITO NELLA GESTIONE
CARATTERISTICA
Rappresenta la capacità degli investimenti nella gestione caratteristica di “produrre”
reddito operativo.
VALORE AGGIUNTO
/ATTIVO TOTALE (CAPITALE INVESTITO TOTALE)
Rappresenta la capacità del totale dell’attivo dell’impresa di “generare” valore
aggiunto, ovvero il margine per remunerare i fattori della produzione (lavoro,
capitale, capitale finanziario).
VALORE AGGIUNTO /NUMERO ADDETTI
Rappresenta la capacità del fattore lavoro di produrre valore aggiunto. Misura la
produttività del lavoro.
Possiamo misurare la competitività attraverso la variazione percentuale in un certo
arco temporale delle principali grandezze economiche (il valore aggiunto, il margine
operativo lordo netto), con la misurazione ex-post del vantaggio competitivo del
fatturato o il valore di produzione, ed infine vanno considerati indicatori che
misurano l’efficienza delle vendite e la soddisfazione del cliente. La misurazione ex-
ante coglie in termini quantitativi la posizione dell’impresa.
Un’impresa che opera ad un livello di costi unitari inferiore a quello dei rivali
controlla la leva competitiva del prezzo. L’impresa può abbassare il prezzo di
vendita della propria offerta ad un livello che, pur rimanendo al di sopra del costo
medio, risulta inferiore a quello dei concorrenti. L’aumento della domanda si riflette
nell’incremento del livello di produzione dell’impresa; infatti aumentando il grado di
sfruttamento delle economie di scale e con l’accumulo di esperienza si può favorire
un maggiore controllo nella sua filiera di produzione e quindi rafforzare il proprio
vantaggio di costo, mettendola nella condizione di ridurre nuovamente il prezzo di
vendita e acquisire nuova domanda.
In linea teorica il processo di acquisizione di quote di mercato dei rivali accade in
maniera molto rapida; nella realtà molti fattori lo rallentano, l’informazione di un
prezzo più basso richiede un certo periodo di tempo per essere percepita dalla
domanda, l’impresa leader può non disporre di adeguati impianti per un aumento
della produzione (con una conseguente offerta poco elastica), inoltre un aumento di
quest’ultima genera diseconomie di scala per problemi di coordinamento. Bisogna
pure considerare il grado d’inerzia del consumatore, che può valutare la riduzione di
prezzo non sufficiente a spingerlo a cambiare fornitore.
Il vantaggio di costo non si manifesta solo nella riduzione di prezzo. Se l’impresa
leader mantiene un prezzo a livello medio degli altri competitors può comunque
beneficiare di un reddito positivo perché i suoi costi sono più bassi della
concorrenza.
Il maggiore margine di reddito generato dalla leadership di costo si riflette
nell’aumento delle fonti finanziarie disponibili; infatti il più alto livello delle fonti
disponibili consente all’impresa di effettuare investimenti volti a migliorare
l’efficienza o di differenziarsi.
In definitiva la leadership di costo si traduce in una maggiore capacità di crescita
dell’impresa, e/o in un rafforzamento della propria posizione competitiva.
Per le determinanti del livello di costo di una certa attività prendiamo in esame i
fattori come:
a) le economie di scala → diminuzione del costo medio all’aumentare della
produzione;
b) le economie di scopo → riduzione dei costi medi totali dovuta all’aumentare
dell’estensione dell’attività d’impresa;
c) le economie di apprendimento → riduzione dei costi unitari di produzione
all’aumentare della quantità prodotta dall’impresa nel tempo. Lo svolgimento
continuo di un’attività determina la progressiva maturazione di esperienza
che porta ad operare in maniera sempre più efficiente ed efficace;
d) il grado di utilizzazione delle capacità produttive → i costi fissi medi di un
impianto si riducono all’aumentare del volume di produzione;
e) tecnologia del processo → salvo casi particolari, una stessa attività può essere
realizzata con modalità diverse ed utilizzando tecniche differenti che può
portare ad una differenziale di costo rispetto ai concorrenti;
f) localizzazione delle attività produttive →ha un rilievo fondamentale sul costo
di un’impresa, la vicinanza delle attività produttive alle fonti di
approvvigionamento degl input e ai mercati di sbocco;
g) il potere contrattuale dei fornitori → influenza la reddittività potenziale delle
imprese. Una posizione “forte” dei fornitori si traduce in elevati costi per la
fornitura. Nel caso di fornitori esteri, bisogna considerare l’influenza che le
possibili variazioni del tasso di cambio esercitano sul prezzo di acquisto;
h) l’ottimizzazione delle relazioni con i distributori → concetto speculare a quello
sui fornitori;