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CONCETTO DI STRATEGIA
La STRATEGIA rappresenta l’orientamento di lungo periodo di un’organizzazione
Ciascuno dei tre elementi che caratterizzano questa definizione (orientamento, lungo periodo e
organizzazione) può essere analizzato in modo più dettagliato:
LUNGO PERIODO→ generalmente le strategie si sviluppano nell’arco di diversi anni, per alcuni
tipi di organizzazione questo tempo può essere un decennio, mentre per altre ancora di più
L’importanza de riferimento al medio-lungo termine è rappresentata dal modello dei tre
orizzonti della strategia.
IL MODELLO DEI TRE ORIZZONTI DELLA STRATEGIA suggerisce che qualsiasi organizzazione
dovrebbe essere concepita come un sistema costituiti da tre tipi di attività, ciascuna
caratterizzata da un proprio orizzonte strategico di riferimento. Le attività che rientrano
nell’ORIZZONTE 1 sono quelle che rappresentano il core business dell’impresa, le attività
dell’ORIZZONTE 2 invece rappresentano i business emergenti, ovvero quelle attività che
dovrebbero generare nuove fonti di reddito, mentre l’ORIZZONTE 3 si tratta generalmente di
progetti innovativi, caratterizzati da un elevato potenziale di crescita, ma anche molto
rischiosi. In molti casi si tratta di vere e proprie operazioni di start-up o di investimenti in
attività di ricerca e sviluppo
ORIENTAMENTO STRATEGICO→ nel corso degli anni le strategie definiscono una sorta di
percorso o di traiettoria di lungo periodo. In genere, sia gli imprenditori sia i manager
definiscono le strategie delle loro imprese attraverso l’individuazione di obiettivi di lungo
periodo e non sempre il profitto è considerato il fattore principale nel determinare
l’orientamento strategico di un’organizzazione.
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stabilire obiettivi riferibili a una logica ispirata a quella che viene definita “the triple bottom line”.
Secondo questo approccio le organizzazioni non si limitano a stabilire obiettivi di natura economia, ma
preferiscono integrarli con obiettivi di natura ambientale e sociale.
STRATEGY STATEMENT
La formulazione della strategia dovrebbe comprendere 3 elementi:
Gli scopi fondamentali che l’organizzazione persegue (mission, vision, valori e obiettivi)
L’ambito di attività che definisce lo spazio competitivo dell’organizzazione
Il vantaggio competitivo o le capacità distintive con cui l’impresa persegue la realizzazione
degli scopi che le sono stati assegnati
Con ambito di attività si intende lo spazio competitivo di un’impresa e può essere declinato lungo tre
dimensioni: i clienti, i mercati geografici e il grado di estensione delle attività svolte internamente
Con VANTAGGIO COMPETITIVOinvece si intende l’elemento della formulazione della strategia
aziendale che descrive il modo in cui l’impresa si propone di raggiungere gli obiettivi programmati
I tre elementi della strategia dovrebbero essere riassunti in modo efficace e sintetico. Una frase breve
consente infatti di concentrare l’attenzione sugli aspetti essenziali della strategia, rendendo più
efficace la comunicazione e più semplice il suo ricordo
All’interno dell’organizzazione però si possono distinguere 3 PRINCIPALI LIVELLI A CUI RIFERIRE LA
STRATEGIA:
Ciascun livello ha infatti bisogno di essere allineato con gli altri. La necessità di integrazione tra i
diversi livelli costituisce una caratteristica essenziale della strategia. La gestione della strategia è infatti
un processo complesso che richiede un costante e responsabile impegno da parte del management.
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POSIZIONAMENTO STRATEGIO
Il POSIZIONAMENTO STRATEGICO considera l’impatto che il macroambiente, lo spazio competitivo, il
potenziale aziendale, le stesse degli stakeholder e la cultura organizzativa possono avere sulla
strategia aziendale
DECISIONI STRATEGICHE
Le DECISIONI STRATEGICHE considerano le opzioni alternative disponibili per l’impresa in termini di
direttrici strategiche dell’attività aziendale e di percorsi di sviluppo coni quali perseguire le strategie
aziendali. Un’impresa potrebbe avere per esempio la possibilità di perseguire una gamma di direttrici
strategiche alternative e queste diverse direttrici potrebbero essere perseguite adottando differenti
percorsi di sviluppo. L’impresa, infatti, potrebbe acquisire un’organizzazione già presente sul mercato
o formare alleanze strategiche con altre aziende oppure provare a sviluppare autonomamente la
nuova strategia.
Per raggiungere e difendere con successo gli obiettivi aziendali è necessario dare forma
compiuta a una coerente struttura organizzativa
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I sistemi inoltre sono necessari per assicura il controllo dell’attuazione della strategia. I sistemi
di pianificazione e di controllo delle performance, infatti, hanno il compito di fare in modo che
quanto deciso sia realizzato
Il governo dei processi strategici di cambiamento rappresenta una delle attività che
caratterizzano la gestione strategica e le questioni chiave riguardano la rapidità con la quale
dovrebbe essere realizzato il cambiamento
Questi due approcci non si escludono reciprocamente. Molto spesso le strategie intenzionali riescono
a raggiungere i risultati programmati e inoltre sempre più spesso gli stakeholder pretendono
spiegazioni in merito alle ragioni che hanno determinano le scelte strategiche. Sarebbe infatti
considerato poco accettabile che a tali richieste si rispondesseattribuendone l’origine a ciò che è
venuto progressivamente. È quindi utile costruire la strategia seguendo l’approccio analitico-
razionale, ma allo stesso tempo è saggio e prudenti farsi trovare pronti a cogliere le occasioni che
potrebbero emergere sul mercato
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ANALISI PESTEL
Uno strumento chiave per analizzare il più generale macroambiente di un’organizzazione è l’analisi
PESTEL.
L’ANALISI PESTEL è uno dei numeri modelli che tentano di classificare i fattori ambientali in alcune
tipologie chiave. Questa analisi considera in particolare 6 gruppi di fattori ambientali: politici,
economici, sociali, tecnologici, ecologici e giuridici. Questo elenco evidenzia il fatto che l’ambiente
non comprende soltanto relazioni economiche di mercato, ma include anche molti fattori non di
mercato.
Le RELAZIONI DI MERCATO riguardano principalmente i fornitori, clienti e concorrenti, le cui
reciproche relazioni hanno natura prevalentemente economica
La RELAZIONI NON DI MERCATO riguardano soprattutto i fattori sociali, politici, giuridici ed ecologici,
ma possono anche subire l’influenza dei fattori economici. I principali attori di questerelazioni non
sono soltanto le imprese, ma anche le ONG, le organizzazioni politiche o i media.
I FATTORI POLITICI (1)
Gli elementi politici dell’analisi PESTEL evidenziano il ruolo dello Stato e altri fattori di natura politica
del macro-ambiente. Ogni organizzazione dovrebbe prestare attenzione a:
Il ruolo dello Stato, dato che in molti paesi e settori produttivi lo Stato è spesso un attore
economico molto importante
L’esposizione alle pressioni delle organizzazioni della società civile, dato che sono numeroso le
organizzazioni che si propongono di rappresentare gli interessi dei cittadini, sollecitando
l’attenzione dell’opinione pubblica
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DEMOGRAFIA→ L’invecchiamento della popolazione nei paesi occidentali, per esempio, può
creare opportunità e minacce sia per il settore pubblico sia per quello privato
DISUGUAGLIANZA ECONOMICA→ i cambiamenti nella distribuzione della ricchezza influenzano
le dimensioni dei mercati
GEOGRAFIA→ i settori produttivi e i mercati tendono speso concentrarsi in determinate aree
CULTURA→ i cambiamenti degli orientamenti culturali possono accrescere il numero delle
sfide di natura strategica.
Elementi da considerare: atteggiamenti e credenze condivise su una serie di fattori, tra cui il denaro, il
servizio clienti, le importazioni, la religione, i tabù culturali
Dato un determinato contesto ambientale, le imprese sono in genere reciprocamente connesse in un
network di relazioni sociali, che spesso superano i confini di un particolare settore produttivo. Quando
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i legami che caratterizzano un network sono particolarmente densi si tende a considerarli dei piccoli
mondi. Si parla di piccoli mondi quando la maggior parte degli elementi di un network è connessa
attraverso una fitta rete di relazioni.
FATTORI TECNOLOGICI (4)
Altri importanti elementi del macro-ambiente sono le tecnologie, il cui impatto si diffonde ben oltre i
singoli settori produttivi. Il macro-ambiente è esposto a occasionali ondate di innovazioni
tecnologiche destinate a cambiare profondamente le relazioni tra gli attori dei diversi settori
produttivi e in senso più ampio della società.
Elementi da considerare: infrastrutture tecnologiche e di comunicazione, legislazione sulla tecnologia,
accesso dei consumatori alla tecnologia, tecnologia e sviluppo dei concorrenti
Per riuscire a identificare le aree di attività potenzialmente più innovative è necessario analizzare
l’impatto delle tecnologie. I principali indicatori utilizzati per rilevare processi innovativi sono 5:
Budget per attività di Ricerca & Sviluppo→Le imprese, i settori e i paesi più innovativi possono
essere identificati considerando l’entità delle spese in attività di ricerca
Attività brevettuale→ Le imprese che brevettano nuovi prodotti e innovazioni di processo
possono esser individuate nei registri nazionali dei brevetti
Analisi delle citazioni→ Il potenziale impatto dei brevetti può esser misurato in base alla
quantità di citazioni ottenute in altri documenti o pubblicazioni
Comunicazioni relative a nuovi prodotti→ Le imprese tendono a veicolare notizie sui progetti
di nuovi prodotti attraverso comunicati stampo ed altri media
Copertura mediatica→ Gli esperti del settore e i media seguono e diffondo notizie sulle
tecnologie più innovative e sui maggiori ostacoli incontrati nel loro sviluppo
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Sviluppo sostenibile→ Questo non significa solo le opportunità di ridurre i danni ambientali
delle attività produttive, ma si riferisce piuttosto alla necessità di interrogarsi sulla reale
possibilità di continuare a produrre determinati beni o servizi in futuro
ANALISI PREVISIONALE
Tutte le decisioni strategiche, in un modo o nell’altro, implicano previsioni sulle condizioni future e i
conseguenti risultati. I fattori dell’analisi PESTEL forniscono informazioni per elaborare queste
previsioni. Le PREVISIONI prendono in considerazioni 3 approcci elementaribasati su diversi gradi di
certezza:
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I MEGA TREND→ che sono rappresentati da mutamenti politici, economici, sociali, tecnologici,
ecologici giuridici di ampia portata, che generalmente si formano con il tempo che possono
determinare profonde conseguenze in diversi campi di attività per lunghi periodi di tempo.
I PUNTI DI FLESSO→ che indicano i momenti in cui i trend cambiano direzione ed ovviamente
è particolarmente importante riuscire a cogliereil momento in cui i trend, nei punti di flesso,
invertono la loro direzione, per esser i primi attrarre vantaggio dalle nuove opportunità
oppure per reagire prontamente ad eventuali minacce
I SEGNALI DEBOLI→ che possonooffrireanticipatemene indicazioni sulle tendenze future e
risultano particolarmente utili nell’identificare i punti di svolta. Generalmente i segnali deboli
sono rappresentati da frammenti di informazioni percepite come anomale o comunque
inaspettate (2008→insolvenza sui mutui)
ANALISI DI SCENARIO
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Gli scenari offrono un quadro di alternative plausibili sulle direzioni del cambiamento del macro-
ambiente nel prossimo futuro, generalmente in una prospettiva di lungo periodo. L’analisi di scenario
viene generalmente utilizzata in condizioni di elevata incertezza e gli scenari che vengono proiettati
sono in un futuro troppo lontano per permettere di calcolarne le probabilità. Il vero obiettivo
dell’analisi di scenario non è rappresentato tanto dalla previsione, quanto piuttosto
dall’apprendimento. Si ricorre infatti a queste analisi per comprendere le interconnessioni tra i fattor
ambientali e per aiutare il management a tenere la mente aperta alle diverse alternative future.
DEFINIRE L’AMPIEZZA DEL RAGGIO D’AZIONE→ primo passo in cui si individuano l’ambito di
riferimento dell’analisi di scenario e il relativo orizzonte temporale. L’analisi, infatti, può essere
realizzata per esempio con riferimento a un intero settore a livello globale, oppure rispetto a
particolari aree geografiche
IDENTIFICARE I FATTORI CHAIVE DEL CAMBIAMENTO→ è il passo successivo e in questo caso
l’analisi PESTEL è utile per identificare gli elementi che in futuro potranno esercitare un
maggiore impatto su un settore, un’0area geografica o un mercato
SVILUPPARE STORIE DIVERSE PER CIASCUN SCENARIO→ dato che dopo aver selezionato i
fattori chiave del cambiamento è necessario costruire una storia integrandoli tra loro, insieme
ad altri elementi, in modo da ottenere un racconto plausibile e coerente
IDENTIFICARE I POSSIBILI IMPATTI SULL’ORGANIZZAZIONE DI SCENARI ALTERNATIVI→ in
quanto qualunque imprese dovrebbe controllare accuratamente ogni scenario plausibile e
modificare le strategie che appaiono più vulnerabili e sviluppare piani di emergenza nel caso in
cui gli scenari considerati si verificassero
SORVEGLIARE GLI SVILUPPI→ dato che una volta messi a punto gli scenari, le imprese
dovrebbero monitorarne gli sviluppi nel tempo per vigilare sull’effettiva coerenza
dell’evoluzione di questi con le attese di scenario
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prezzi dei loro prodotti inducendo i concorrenti a fare lo stesso e scatenando una
guerra sui prezzi che danneggerà tutti.
Barriere all’uscita elevate: l’esistenza di elevate barriere all’uscita (si intende la
realizzazione di disinvestimenti da parte dell’impresa o la sua uscita dal mercato) tende
ad aumentare la concorrenza specialmente nei settori che stanno vivendo una fase di
declino.
Differenziazione dei prodotti limitata: nei settori in cui i prodotti sono poco
differenziati la pressione competitiva è maggiore perché i clienti passano facilmente da
un prodotto all’altro e alle imprese non resta che competere sul prezzo (es. petrolio).
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Minacce di concorrenza da parte dei clienti: il potere contrattuale dei clienti sarà
maggiore se essi hanno la capacità di procurarsi autonomamente una determinata
fornitura. In questo modo potrebbero minacciare di decidere di produrre direttamente
il bene piuttosto che acquistarlo. Tale processo prende il nome di integrazione
verticale a monte.
Reddittività dei clienti marginale e impatto sulla qualità dell’offerta non significativo:
scarsa reddittività che giustifica le pressioni per una riduzione dei costi e ridotto
impatto dei prodotti acquistati sulla qualità dei prodotti offerti.
Alcuni settori potrebbero richiedere di considerare una sesta forza includendo le organizzazioni che
sono complementari (complementor) piuttosto che concorrenti (competitor).
Organizzazione complementare ad un’altra se ne accresce l’attrattività per clienti o fornitori.
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Quando i clienti attribuiscono un maggior valore ai prodotti o ai servizi di u’ impresa per il fatto di
utilizzare anche i prodotti di un’altra impresa si parla di complementarità dal lato della domanda (es.
fornitori di applicazioni sono complementari ad Apple e agli altri produttori di smartphone e tablet.
Dal lato dell’offerta, un impresa è complementare a un’altra se approvvigionare quell’impresa risulta
più vantaggioso in quanto gli stessi servizi possono essere forniti anche ad altre organizzazioni. In
questo senso compagnie aeree concorrenti possono essere considerate tra loro complementari
perché per il fornitore di entrambe risulta più attraente investire per migliorare o innovare il prodotto
offerto a due clienti piuttosto che uno soltanto.
C’è dunque un cambiamento di prospettiva: mentre le 5 forze di Porter considerano le organizzazioni
come organismi che competono tra loro, le imprese complementari tendono a cooperare per
accrescere il valore complessivo disponibile.
Rete di valore = mappa delle organizzazioni che operano in un determinato spazio competitivo e che
dimostrano come sia la cooperazione sia la competizione possano offrire opportunità di creazione del
valore.
Inoltre i clienti possono attribuire un maggior valore ad un prodotto anche quando altri clienti
utilizzano lo stesso prodotto o servizio. Si parla di esternalità di rete = situazione in cui un cliente di un
prodotto o di un servizio determina un effetto positivo sul valore attribuito a quel prodotto dagli altri
consumatori (es. eBay).
Definire il settore stesso che non deve essere definito ne in modo troppo ampio ne in modo
troppo stretto
Considerare la più ampia catena del valore del settore. Diversi settori contribuiscono spesso a
diverse aree della catena del valore o del sistema del valore, dovendo quindi essere analizzati
separatamente.
Importante considerare se e in che misura il mercato nazionale, regionale o globale e se i
segmenti del prodotto o del servizio differiscano tra loro.
Lo scopo dell’analisi delle cinque forze competitive consiste nel valutare l’attrattività del settore e la
possibilità di gestire le strategie in modo da conseguire un vantaggio competitivo difendibile,
promuovendo la sopravvivenza nel lungo periodo dell’organizzazione.
6 fasi dell’analisi del settore:
Definire con chiarezza il settore: gli attori che operano nel settore hanno a che fare con gli
stessi clienti, fornitori, barriere all’entrata e prodotti sostitutivi?
Definire gli attori di ciascuna delle cinque forze e se rilevante evidenziare i diversi gruppi che
possono essere individuati al loro interno e i criteri adottati per la loro identificazione
Definire l’intensità complessiva di ogni forza competitiva e i fattori sottostanti
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Oltre a valutare l’intensità delle forze competitive come fatto in precedenza è molto importante
considerare la loro evoluzione nel tempo.
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Una forza competitiva presenta minore intensità quanto più la linea che la rappresenta si allontana
dall’origine degli assi.
Nelle situazioni in cui le forze competitive sono deboli l’area compresa tra le linee è più estesa; nelle
situazioni in cui le forze esercitano una maggiore pressione invece l’area tra le linee si riduce.
Maggiore è l’area maggiore saranno i profitti potenziali.
Guardando la figura possiamo osservare 2 aree diverse:
Classico caso di un settore in cui poche imprese riescono ad assumere una posizione
dominante. Futuro di maggiore attrattività del settore.
Si può dunque dire che confrontare le 5 forze competitive nel tempo permette di cogliere
l’aspetto dinamico all’analisi della struttura del settore.
MERCATI E CONCORRENZA
Talvolta il settore può rappresentare un livello di analisi troppo ampio per riuscire ad offrire un
quadro dettagliato della concorrenza. Per esempio Hyundai e Porsche sono imprese che operano
nell’industria automobilistica ma che si posizionano all’interno del settore in modo alquanto
differente. Può essere dunque utile dividere il settore nei diversi mercati. Molti settori comprendono
un’ampia varietà di imprese, ciascuna delle quali è caratterizzata da capacità diverse e persegue in
modo diverso un vantaggio competitivo.
Raggruppamenti strategici = rappresentano gruppi di imprese che all’interno dello stesso settore
presentano caratteri e comportamenti strategici simili perseguendo il vantaggio competitivo in modo
sostanzialmente omogeno e adottando strategie simili.
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Questi caratteri e comportamenti strategici sono diversi da quelli di altri raggruppamenti strategici
presenti nello stesso settore (es. settore della distribuzione alimentare supermercati e negozi al
dettaglio appartengono a raggruppamenti strategici differenti).
2 elementi fondamentali che consentono di distinguere tra loro i raggruppamenti strategici:
I più importanti sono quelli che permettono di distinguere i raggruppamenti strategici in base ai
risultati che le imprese che vi appartengono riescono a conseguire.
Un metodo per definire le variabili su cui costruire la mappa dei raggruppamenti strategici è quello di
identificare le imprese top performer di un settore per confrontarle successivamente con quelle low
performer. Le caratteristiche possedute dai top performer in maniera o in misura diversa dai low
performer rappresentano gli elementi più rilevanti per identificare i diversi raggruppamenti strategici.
[guarda figura e spiegazione pagina 79]
L’individuazione dei raggruppamenti strategici è utile per 3 motivi:
o Comprensione delle caratteristiche della concorrenza: i manager possono concentrare
l’attenzione sui concorrenti diretti all’interno del proprio raggruppamento strategico piuttosto
che considerare la concorrenza presente nell’intero settore. Inoltre possono focalizzarsi
sull’analisi della struttura del settore in modo più specifico e aiutare le imprese a identificare le
variabili che potrebbero rappresentare la base del successo o del fallimento delle stesse.
o Analisi delle opportunità strategiche: la mappa dei raggruppamenti può identificare gli spazi
strategici che presentano maggiore attrattiva all’interno di un settore. Alcuni spazi potrebbero
essere spazi bianchi ovvero sotto presidiati mentre altri buchi neri ovvero capaci di
pregiudicare il successo o la stessa sopravvivenza di qualunque impresa pensi di occuparli.
o Analisi delle barriere alla mobilità: muoversi tra un raggruppamento strategico e l’altro per
ottenere vantaggi derivanti dalle opportunità individuate non è una strategia priva di costi
(barriere alla mobilità). Sebbene questi spostamenti possano sembrare molto attraenti nella
realtà potrebbero richiedere investimenti finanziari molto elevati.
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Segmenti di mercato = gruppo di clienti che presentano bisogni simili fra loro ma diversi rispetto
ai bisogni di altri clienti del settore.
Nicchie = segmenti di mercato composti da gruppi molto piccoli di clienti.
La dominanza di un segmento o nicchia di mercato può essere molto vantaggiosa per un’impresa.
2 questioni importanti:
o Differenziazione e variabilità dei bisogni dei clienti: una solida strategia di segmentazione
del mercato può essere costruita focalizzandosi sui bisogni differenziati dei clienti. Il
criterio che può rivelarsi decisivo per effettuare la segmentazione varia a seconda dei
mercati di riferimento (es. nei mercati dei beni industriali la segmentazione spesso è
concepita in termini di classificazione settoriale degli acquirenti (distinzione tra industria
automobilistica, del packaging e delle costruzioni)). Riuscire a servire in modo peculiare un
segmento di mercato in cui le altre imprese non riescono ad operare in modo efficace
costituisce spesso la base per una solida strategia di lungo periodo.
o Specializzazione in una nicchia di mercato: le imprese che hanno maturato negli anni
significative esperienze nel servire un particolare segmento di mercato dovrebbero riuscire
a competere non solo in base ai costi minori rispetto alla concorrenza ma anche in base
alle relazioni preferenziali instaurate con i diversi attori che operano nel mercato. Tuttavia
le imprese che decidono di focalizzarsi su una particolare nicchia di mercato potrebbero
avere difficoltà a competere sull’intero settore.
Strategy canvas = mette a confronto le imprese concorrenti in base alle loro performance rispetto ai
fattori critici di successo, allo scopo di determinarne il relativo grado di differenziazione. Consente di
cogliere i principali fattori che determinano il contesto concorrenziale di un settore.
Fattori critici di successo = rappresentano le caratteristiche del prodotto/servizio che sono
considerate particolarmente importanti dai clienti o che presentano un significativo vantaggio in
termini di costi.
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in questa figura vengono identificati 5 fattori critici di successo nel settore della componentistica
elettrica (costo, servizi post vendita, affidabilità della consegna, qualità tecnica, servizi di collaudo).
Inoltre troviamo un sesto fattore (servizi di consulenza legati alla progettazione).
o Le curve del valore rappresentano graficamente come i clienti percepiscono le performance
delle imprese concorrenti, rispetto ai fattori critici di successo.
Le aziende A e B ottengono buone performance in termini di costo, servizi post vendita,
affidabilità della consegna e qualità tecnica ma non sono altrettanto apprezzate per quanto
riguarda i servizi di collaudo. Entrambe non offrono nessun tipo di attività di consulenza legata
alla progettazione. Sono poco differenziate e occupano uno spazio di mercato
potenzialmente poco redditizio per l’eccessiva rivalità tra le stesse imprese.
L’azienda C invece presenta una curva del valore totalmente diversa con un andamento che
è tipico di un innovatore di valore.
o L’innovazione di valore è la creazione di un nuovo spazio di mercato grazie alla capacità
dell’impresa di eccellere rispetto ad alcuni fattori critici di successo nei quali gli altri
concorrenti non riescono ad ottenere buone performance o alla capacità di identificare fattori
critici di successo nuovi non ancora soddisfatte dei consumatori.
L’azienda C è riuscita a soddisfare i tradizionali bisogni dei clienti riuscendo a offrire un
eccellente servizio nel collaudo dei propri prodotti e offrendo un nuovo ed apprezzato servizio
di consulenza.
Un innovatore di valore è un’impresa che compete negli “Oceani Blu”.
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Gli oceani blu rappresentano nuovi spazi di mercato in cui la concorrenza è minima. Si
contrappongono agli oceani rossi nei quali la struttura e i caratteri dei settori sono definiti e
consolidati e la rivalità è intensa. Questi oceani blu rappresentano dei strategic gap di mercato ovvero
quelle opportunità non ancora pienamente sfruttate dalle imprese concorrenti.
Nella figura la strategia dell’azienda C esemplifica 2 concetti essenziali del framework degli Oceani
Blu: la focalizzazione e la divergenza.
Infatti l’azienda C si concentra prevalentemente su 2 elementi dell’offerta, l’attività di collaudo e il
servizio di consulenza per la progettazione limitandosi a mantenere livelli di performance
soddisfacenti riguardo agli altri fattori critici di successo.
Inoltre l’azienda C ha costruito una curva del valore che diverge significativamente da quella degli altri
concorrenti creando cosi uno strategic gap nell’area dei servizi di collaudo e dei servizi di consulenza.
Sfidare le aziende A e B sugli altri fattori critici di successo rappresenterebbe una strategia oceano
rosso che determinerebbe una maggiore rivalità nel settore.
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Livello soglia del potenziale aziendale = livello di risorse e capacità di cui un’organizzazione ha
bisogno per poter competere in un determinato mercato e raggiungere un risultato almeno
equivalente a quello dei concorrenti. Ciò che è richiesto all’organizzazione per sopravvivere e durare
nel tempo (es. imprese in fase di start – up).
Non solo le imprese in fase di start – up ma anche le imprese già consolidate devono riuscire a
identificare i livelli minimi di risorse e capacità aziendali richiesti per stare sul mercato. Talvolta un
cambiamento del livello soglia delle risorse aziendali può essere necessario per soddisfare le richieste
dei clienti. Altre volte il cambiamento del livello di soglia delle capacità aziendali può essere richiesto
per rispondere alle aspettative dei consumatori.
Identificare e gestire il livello soglia del potenziale aziendale rappresenta una sfida non semplice visto
che può variare al variare di fattori critici di successo o a causa delle manovre aziendali dei
competitor.
Nonostante sia importante il raggiungimento del livello soglia del potenziale aziendale non è in grado
di assicurare un vantaggio competitivo e non può rappresentare una base solida per garantire
performance aziendali superiori a quelle dei competitor.
Risorse e capacità distintive = risorse e capacità che permettono all’azienda di distinguersi dai propri
competitor e quindi conquistare un vantaggio competitivo duraturo.
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Risorse distintive = fattore fondamentale del vantaggio competitivo che i concorrenti non possono
procurarsi o non sono capaci imitare (es. marchio affermato).
Capacità distintive = modi di fare le cose che rendono unica quell’impresa, apprezzati dai consumatori
e non imitabili dalla concorrenza (es. design e conoscenza delle preferenze dei consumatori).
Capacità e risorse che vengono integrate tra loro vengono definite core competence. Questo per
mettere in evidenza il legame che viene a crearsi tra un insieme di attività, capacità, abilità e risorse
strettamente collegate tra loro.
MODELLO VRIO
Il modello VRIO racchiude i quattro criteri principali che si possono individuare per valutare le
condizioni che consentono alle risorse e alle competenze di determinare un vantaggio competitivo:
questi sono:
o Valore: sono considerate risorse e capacità di particolare valore quelle che permettono di
creare un prodotto o un servizio che è apprezzato dai consumatori e che consentono
all’impresa di cogliere le opportunità e di contrastare le minacce che derivano dall’ambiente
esterno. 3 elementi consentono di apprezzare il valore del potenziale aziendale:
o Capacità di sfruttare le opportunità e neutralizzare le minacce: si coglie
un’opportunità ogni volta che una risorsa o una capacità contribuiscono ad accrescere
il valore per i clienti sia tramite la diminuzione del prezzo sia tramite la maggiore
attrattività di un prodotto o servizio (es. Ikea – dimensione aziendale, cultura orientata
a contenere i costi e capacità di unire componenti diverse)
o Capacità di creare valore per i clienti: può apparire ovvio ma nella realtà il
management potrebbe considerare preziosa una capacità soltanto perché esclusiva
sebbene essa non sia particolarmente apprezzata dai consumatori.
o Capacità di contenere i costi: i prodotti e servizi devono essere realizzati a un costo che
permetta all’impresa di realizzare la reddittività attesa.
o Rarità: risorse e capacità sono rare quando sono possedute esclusivamente da una o da poche
organizzazioni. Il vantaggio che ne deriva in questo caso può essere di lungo periodo (es.
brevetto o una posizione geograficamente strategica). Questa condizione di rarità è per sua
natura transitoria e destinata ad esaurirsi nel tempo.
o Inimitabilità: risorse e capacità difficili da imitare, riprodurre o sostituire da parte dei
concorrenti. Vantaggio competitivo potrà essere mantenuto nel tempo solo se la concorrenza
non sarà in grado di imitarle o di riprodurle in altro modo (ostacoli all’imitazione sono
rappresentati dalle connessioni tra le attività, capacità e le persone di un’organizzazione).
Vantaggio competitivo è più frequentemente determinato dalle capacità aziendali.
Ci sono 3 principali condizioni di inimitabilità:
o Complessità: risorse e capacità di un’organizzazione possono essere imitate
difficilmente perché sono complesse e implicano una molteplicità di legami e
interconnessioni. Questo può dipendere da 2 motivi:
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1. ANALISI VRIO: strumento utile per valutare se un’impresa dispone di risorse e capacità
sufficienti per conseguire e difendere un determinato vantaggio competitivo. Analisi
VRIO aiuta a valutare se, come e fino a che punto un’impresa abbia risorse e capacità
che sono di valore, rare, inimitabili e supportate dall’organizzazione. Può essere
condotta a livello di:
Funzione aziendale (ricerca e sviluppo, acquisti, produzione ecc.)
Singola risorsa o capacità
Sulle diverse fasi della catena o del sistema del valore
Per il management è più importante saper distinguere un vantaggio duraturo da
uno temporaneo piuttosto che tra situazioni di parità competitiva e di svantaggio
competitivo.
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SISTEMA DEL VALORE: maggior parte delle organizzazioni partecipa a un sistema del
valore ovvero ad un insieme di relazioni inter – organizzative necessarie per la
creazione di un prodotto o di un servizio.
Raramente un’organizzazione svolge internamente tutte le attività della propria catena
del valore. La specializzazione in determinati ruoli contribuisce a rendere
un’organizzazione parte integrante di un sistema del valore più ampio.
3 questioni importanti:
Make or buy? La decisione relativa all’esternalizzazione di una particolare
attività rappresenta una scelta critica. Se le attività risultano meno costose
quando vengono affidate a terzi, senza generare ripercussioni negative può
essere conveniente lasciarle svolgere ad altri nell’ambito di un comune sistema
del valore.
Quali sono le attività e le strutture di costo / prezzo del sistema del valore? La
comprensione del sistema del valore e delle sue relazioni con la catena del
valore dell’impresa è fondamentale perché eventuali mutamenti del contesto
ambientale che determinassero variazioni nella struttura dei rapporti costo /
prezzo di determinate attività potrebbero richiedere di riconsiderare la scelta di
esternalizzare o integrare quell’attività.
Dove sono i profit pools? Indica i differenti livelli di reddittività realizzabili nelle
diverse aree del sistema del valore.
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2 potenziali limitazioni:
Confronti superficiali: se si limita a comparare risultati non identificando quei
fattori che hanno permesso di ottenere le relative performance
Obiettivo limitato al raggiungimento della parità competitiva: può aiutare
un’organizzazione a raggiungere un livello soglia di risultati soddisfacente ma
l’organizzazione che desiderasse ottenere un vantaggio competitivo dovrebbe
saper andare oltre sviluppando le proprie risorse e capacità distintive.
5. ANALISI SWOT: fornisce un quadro sommario dei punti di FORZA (S, strenght), e di
DEBOLEZZA (W, weakness) che derivano dall’analisi del potenziale aziendale insieme
alle OPPORTUNITA’ (O, opportunity) e alle MINACCE (T, threat) che mergono
dall’analisi dell’ambiente.
Lo scopo principale di questa analisi è identificare il grado di rilevanza dei punti di forza
e debolezza e la loro capacità di affrontare i cambiamenti dell’ambiente competitivo.
Viene attribuito un punteggio (da +5 a – 5) come metro di misurazione per valutare le
relazioni tra fattori esterni e punti di forza e debolezza dell’impresa.
Importante ricordare che l’analisi SWOT ha natura comparativa. Dunque è ancora più
utile quando compara punti di forza, di debolezza, minacce e opportunità di
un’impresa con quelli dei concorrenti.
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Uno strumento molto utile per svolgere questo tipo di analisi è la matrice TOWS. Ogni
quadrante della matrice può essere utilizzato per identificare una diversa
combinazione di fattori interni ed esterni.
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Legittima la strategia
Fonte di apprendimento
Costruisce competenze
CULTURA ORGANIZZATIVA
Secondo Mark Fields la cultura organizzativa influenza la strategia aziendale. L’analisi razionale non è
sempre sufficiente da sola e la cultura influenza le percezioni delle minacce e delle opportunità. Può
essere considerata come un componente dell’analisi strategica.
Cultura organizzativa: insieme degli assunti e dei comportamenti tacitamente condivisi dai membri di
un’organizzazione.
Rete culturale: strumento utile per analizzare la natura della cultura di un’organizzazione. Rileva i
comportamenti e le manifestazioni fisiche e simboliche della cultura che pervadono e sono pervasi
dagli assunti tacitamente condivisi, ovvero dal paradigma di un’organizzazione. Può essere impiegata
a livello dell’organizzazione o nell’ambito delle diverse sub – unità organizzative. Composta da 7
elementi:
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Storie: circolano tra i membri di un’organizzazione e sono raccontate ai nuovi assunti e alle
persone esterne per evidenziare le tappe fondamentali e le personalità più significative che
hanno segnato la vita aziendale.
Simboli: oggetti, eventi, azioni o persone che creano consolidano o trasmettono un significato
che va al di là del loro scopo funzionale (es. carica ricoperta nella struttura aziendale
rappresenta un segno distintivo di un certo status o posizione gerarchica).
Potere: abilità degli individui o gruppi di persuadere, indurre o costringere gli altri a seguire
determinate linee d’azione. Le strutture di potere rappresentano la distribuzione del potere
tra diversi gruppi di persone all’interno dell’organizzazione.
Strutture organizzative: definiscono i ruoli, le responsabilità e i meccanismi di reporting
all’interno delle imprese. In base alla struttura organizzativa lo sviluppo della strategia può
essere prerogativa esclusiva del management oppure uno sviluppo più partecipativo.
Sistemi di controllo: rappresentano gli strumenti e i processi formali e informali attraverso i
quali vengono sorvegliate e supportate le persone all’interno e all’esterno dell’organizzazione.
All’interno di molte organizzazioni esistono delle sottoculture.
Inerzia strategica: tendenza delle strategie a svilupparsi in modo incrementale, in base all’influenza
della storia e della cultura dell’organizzazione, senza riuscire a tenere il ritmo del rapido cambiamento
dell’ambiente.
Comprendere le cause e le conseguenze dell’inerzia strategica è molto importante sia perché si tratta
di un fenomeno molto frequente ma anche perché aiuta a spiegare i motivi per cui le organizzazioni
sembrano spesso rimanere ancorate a una determinata strategia senza riuscire a migliorare le proprie
performance.
Esistono 4 fasi nel processo di inerzia strategica:
1) Cambiamento strategico incrementale: prima fase del processo e comporta solo modesti
cambiamenti. Molte organizzazioni attraversano lunghi periodi di relativa continuità durante i
quali una strategia consolidata resta a lungo immutata o subisce mutamenti solo incrementali.
Non c’è la necessità di apportare cambiamenti radicali.
2) Inerzia strategica: seconda fase nella quale il ritmo del mutamento ambientale inizia a
sorpassare quello del cambiamento strategico dell’impresa. Le risposte e il cambiamento
dell’organizzazione risultano però ancora di natura incrementale determinando un
differenziale crescente rispetto al nuovo complesso ambientale.
3) Generazione di instabilità: terza fase innescata dalla flessione della performance dovuta al
crescente differenziale tra ritmo di cambiamento dell’organizzazione e quello dell’ambiente di
riferimento. In questa fase le imprese tendono a cambiare strategie aziendali in modo
convulso.
4) Cambiamento strutturale o fallimento: con il peggiorare della situazione rimangono 2
possibilità: a) l’organizzazione può terminare la propria attività (bancarotta o acquisizione da
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Un’impresa per essere competitiva deve fare in modo che i clienti percepiscano il valore di
quanto offerto in modo da essere disposti a pagare un prezzo più elevato
Per conseguire un vantaggio l’impresa deve essere capace di creare un valore superiore
rispetto a quello dei concorrenti.
In mancanza di un vantaggio competitivo la strategia concorrenziale è sempre vulnerabile rispetto ai
concorrenti.
Secondo Michael porter esistono 3 strategie concorrenziali di base:
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bisogni specifici per ciascun segmento di mercato: strategie di focalizzazione dipendono dalle
specificità dei bisogni del segmento di mercato (es. Tesla per ora si rivolge ad un segmento di
mercato ristretto che però in futuro potrebbe essere “attaccato” da molti competitors.
Catene del valore specifiche per ciascun segmento di mercato: strategie di focalizzazione
sono difendibili se supportate da catene del valore distintive difficilmente riproducibili dai
competitors.
Dimensione economica sufficiente dei segmenti di mercato: molti segmenti di mercato
rischiano di diventare troppo piccoli per soddisfare i requisiti di fattibilità economica.
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STRATEGIE IBRIDE
Secondo Porter il management deve scegliere chiaramente fra una strategia di leadership di costo,
una di differenziazione o una di focalizzazione (strategie pure). Non è saggio rimanere “bloccati a
metà del guado” (stuck in the middle) senza realizzare con successo alcuna strategia.
Tuttavia lo stesso autore ha riconosciuto come in determinate circostanze sia possibile adottare una
strategia ibrida. Strategia ibrida combina tra loro diverse strategie concorrenziali di base (es.
compagnia American southwest airlines persegue una strategia di leadership di costo ma il suo
marchio si differenzia anche in base ad alcune apprezzate caratteristiche come la frequenza dei voli).
Si pensi anche al Mc Donald.
I casi in cui questo è possibile sono:
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Strategy clock: suggerisce un altro modo di approcciarsi alle strategie concorrenziali di base che offre
maggiori spazi alle strategie ibride. Presenta 2 caratteristiche distintive:
1) Si focalizza sui prezzi per i clienti piuttosto che sui costi supportati dall’impresa
2) La sua formazione permette una più facile riconsiderazione delle scelte strategiche rispetto
alla rigida alternativa proposta da Porter tra leadership di costo e differenziazione.
Lo strategy clock individua 4 aree generali e 8 posizioni specifiche.
Le 4 aree sono:
Strategie di differenziazione:
Strategie di leadership di costo:
Strategie ibride: comportano sia prezzi inferiori rispetto alle strategie di differenziazione sia un
valore percepito maggiore rispetto alle strategie di leadership di costo
Strategie non competitive: strategie probabilmente fallimentari.
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2) Basso prezzo
Nel posizionamento “basso prezzo – valore intermedio” le imprese
commercializzano i prodotti ad un basso prezzo e quindi conseguono margini molto
ridotti. Le imprese che adottano questa strategia sperano di compensare il basso
margine con un elevato volume di vendita. Questa strategia può scatenare battaglie
di prezzo a beneficio dei consumatori. Solo una società con risorse da sacrificare
può sostenere una guerra dei prezzi nel lungo periodo e sopravvivere fino a poter
godere dei vantaggi derivanti.
Es. Dell computer
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4) Differenziazione
Le imprese che adottano una strategia di “differenziazione” offrono prodotti/servizi con un
elevato valore aggiunto ad un prezzo medio-alto. In questo modo queste imprese compensano
i più bassi volumi di vendita con il conseguimento di un maggior margine (premium price). Le
imprese che scelgono questo posizionamento si orientano verso il mercato di massa.
Le imprese che adottano questa strategia possono operare in diversi modi:
La maggior parte delle più grandi multinazionali operanti nei mercati B2B adottano una
strategia competitiva basata su questo posizionamento.
Un esempio di impresa che adotta questa strategia competitiva, nei mercati B2C, é la
Ferrari.
monopolistiche,
oligopolistiche.
Quando il prezzo é più elevato del valore percepito, l’impresa si troverà ad affrontare una faticosa
battaglia, poiché ci saranno sempre competitors pronti ad offrire prodotti di maggiore qualità allo
stesso prezzo o piu basso. É buona norma quindi allineare in modo corretto il prezzo di vendita e il
valore offerto.
STRATEGIE INTERATTIVE
Le strategie concorrenziali di base devono essere scelte e modificate alla luce delle strategie adottate
dalla concorrenza. Se tutti cercano di realizzare una strategia di leadership di costo, potrebbe essere
ragionevole scegliere di differenziarsi.
Richard D’Aveni descrive le interazioni tra concorrenti in termini di manovre competitive relative alla
variabilità dei prezzi (asse verticale) e alla qualità percepita (asse orizzontale). L’ipercompetizione
caratterizza i mercati che sono in continuo disequilibrio e cambiamento. Questi contesti richiedono
continue mosse e contromosse da parte delle imprese concorrenti.
Il primo grafico presenta una prima linea del valore:
L’impresa che persegue una strategia di leadership di costo (L) offre prodotti la cui qualità è
percepita bassa ma ritenuta ragionevole in ragione dei prezzi bassi (es. Hyundai)
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Impresa che persegue una strategia di differenziazione (D) offre prodotti con prezzi più alti ma
di qualità migliore (es. Mercedes)
Impresa posizionata in mezzo (M) offre una combinazione tra qualità e prezzo
Impresa U non è invece competitiva, si trova bloccata a metà nel guado e deve spostarsi
rapidamente verso la prima linea del valore per evitare di essere espulsa dal mercato
A questo punto l’impresa D decide di fare una mossa aggressiva riuscendo ad aumentare la qualità
percepita dei propri prodotti pur mantenendo fermo il prezzo. Questi cambiamenti sono
rappresentati da una seconda linea del valore (secondo grafico).
Teoria dei giochi: sollecita l’organizzazione a prestare attenzione alle probabili mosse dei concorrenti
e alle implicazioni di queste mosse sulla propria strategia. Si interessa a 2 tipi di interazioni:
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Possono comportarsi in modo leale l’uno con l’altro rifiutando di fornire informazioni e avendo
quindi la possibilità di farla franca
Uno dei 2 può, indotto dagli investigatori, fornire una piena confessione accusando l’altro e
ottenendo però per se la libertà
Tuttavia se entrambi fanno questo ragionamento e confessano denunciando l’altro il giudice li
condannerà entrambi.
Il dilemma consiste dunque nel chiedersi quanto sia ragionevole fare affidamento sulla lealtà dei
reciproci comportamenti.
Molto importante perché il mondo degli affari presenta molte situazioni equivalenti a questa ovvero
situazioni in cui 2 importanti operatori economici si trovano a competere direttamente l’uno con
l’altro in una situazione di stretta interdipendenza (es. Airbus e Boeing nel settore della produzione di
aerei).
Questa situazione è evidente tramite la matrice del dilemma del prigioniero.
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Creazione del valore: che cosa viene offerto e a quale gruppo di clienti?
o Bisogni e problemi dei clienti
o Clienti target e segmento di mercato
o Valore per gli altri partner
Es. modello di business di Airbnb crea valore sia per i clienti che prendono in affitto la casa,
sia per i proprietari di abitazioni che decidono di darli in affitto.
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Es. Airbnb configura le attività attraverso la piattaforma web in modo che i proprietari delle
abitazioni possano descrivere e fornire le fotografie delle loro abitazioni.
Es. proprietari delle abitazioni e Airbnb si appropriano del valore di questo modello di
business. I primi ricevono il pagamento da parte degli ospiti mentre Airbnb trattiene il 6-
12% come commissione sulla prenotazione e il 3% per gestire il sistema dei pagamenti.
Prodotti interconnessi: schema di modello di business più noto che si basa sul classico modello
di Gillette che vende i rasoi a prezzi molto bassi e le lamette sostitutive compatibili a prezzi
piuttosto elevati
Freemium: nome deriva dalla combinazione di “free” e “premium” ed è molto diffuso nei
business online. Si riferisce al principio di offrire gratuitamente la versione base di un servizio,
in modo da raccogliere un gran numero di clienti, cercando successivamente di convincere una
parte di essi ad acquistare una varietà di servizi premium che genereranno i ricavi dell’impresa
(Spotify)
Piattaforme multilaterali: questo schema di modello di business riunisce su una stessa
piattaforma 2 o più gruppi di clienti diversi e interdipendenti. Essi sono interdipendenti perché
la piattaforma acquista valore per ciascun gruppo soltanto se utilizzata anche dall’altro gruppo
(es. piattaforme di videogiochi e sviluppatori di giochi).
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DIRETTRICI STRATEGICHE
Una delle decisioni fondamentali della strategia corporate riguarda le aree nelle quali una società
dovrebbe o meno svilupparsi. La MATRICE DELLE DIRETTRICI STRATEGICHE DI ANSOFF rappresenta un
classico modellointerpretativo delle strategie corporate che identifica 4 direttrici strategiche di
sviluppo dell’impresa
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Inizialmente un’impresa si colloca in genere nell’area A della matrice e quindi può decidere se
crescere ulteriormente in quest’area o se invece diversificarsi.
La DIVERSIFACZIONE implica un incremento della gamma dei prodotti offerti o della varietà dei
mercati serviti da parte di un’organizzazione.
La DIVERSIFICAZIONE CORRELATA invece rappresenta un processo di espansione in mercati o
prodotti che mantengono comunque legami e affinità con i business esistenti. In base alla matrice di
Ansoff l’impresa può muoversi verso l’area B, sviluppando nuovi prodotti e servizi per i mercati attuali,
muoversi verso l’area C, aprendo nuovi mercati per gli attuali prodotti.
In alternativa l’impresa può anche decidere di muoversi allo stesso tempo in entrambe le direzioni,
adottando una strategia di DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERATA con l’offerta di prodotti del tutto novi
in nuovi mercati, verso quindi l’area D. La DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERATA implica quindi la
scelta di diversificare offrendo nuovi prodotti e servizi in mercati che non hanno nessuna relazione
con i business presenti nel portafoglio aziendale.
PENETRAZIONE DEL MERCATO (AREA A)
La penetrazione del mercato implica un incremento della quota di mercato con l’attuale gamma di
prodotti. Questa strategia può contare sulle capacità strategiche possedute dall’impresa e pertanto in
questo caso non sarà necessari addentrarsi in territori inesplorati. Le imprese che perseguono una
maggiore penetrazione del mercato potrebbero imbattersi in dei problemi:
RITORSIONI DA PARTE DEI CONCORRENTI→ dato che la crescente penetrazione del mercato
inasprirà probabilmente la rivalità tra le imprese del settore, in quanto i concorrenti
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NUOVI UTILIZZATORI
NUOVE AREE GEOGRAFICHE
In entrambi i casi è comunque essenziale che le strategie di sviluppo del mercato siano fondate su
prodotti o servizi capaci di intercettare i fattori critici di successo che caratterizzano il nuovo mercato.
DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERATA
La diversificazione conglomerata porta l’organizzazione a spingersi oltre i confini dei mercati e dei
prodotti esistenti, In questo caso, il raggio d’azione dell’impresa aumenta significativamente.
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La strategia di diversificazione conglomerata può creare valore nella misura in cui le organizzazioni
riescano a beneficiare del fatto di essere parte di un gruppo più ampio. Ciò può consentire ai
consumatori di riporre maggiore fiducia nei prodotti e nei servizi della business unit, mentre le
maggiori dimensioni del gruppo possono contribuire a ridurre il costo dei finanziamenti. Tuttavia,
queste strategie non incontrano spesso il consenso di molti osservatori in quanto:
Non sono chiari i modi in cui diversi business possano integrasi tra loro
Si generano costi di coordinamento aggiuntivi (costi burocratici per es.)
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Quando la diversificazione riesce a creare valore significa che il management ha saputo realizzare una
SINERGIA tra i diversi business. Le SINERGIE si riferiscono ai vantaggi ottenuti con l’integrazione di
attività o asset tra loro complementari, in modo che il valore della loro combinazione risulti maggiore
rispetto alla somma delle parti considerate separatamente (2+2=5). Nella pratica aziendale però, le
sinergie sono più difficili da identificare e più costose da ottenere di quanto il management sia
disposto a riconoscere. Anzi, alcun driver della diversificazione possono comportare SINERGIE
NEGATIVE, determinando quindi una distruzione di valore. I 3 driver della diversificazione
potenzialmente capaci di provocare una distruzione di valore sono:
La REAZIONE AL DECLINO DEL MERCATO→ infatti i manuali di finanza aziendale insegnano che
di solito è meglio lasciare decidere autonomamente gli azionisti sulle nove opportunità di
investimento, piuttosto che affidare l’investimento delle scarse risorse finanziare disponibili al
management di un business in declino
La DISTRIBUZIONE DEL RISCHIO→ la teoria finanziaria prevalente è tuttavia molto scettica
sulla possibilità di realizzare un’efficace distribuzione del rischio attraverso la diversificazione
dell’impresa. Gli azionisti possono diversificare facilmente il rischio, acquistando un modesto
numero di azioni di diverse aziende. Al contrario le strategie di diversificazione riguardano in
genere un numero comunque limitato di business, in qualche modo legati tra di loro. Per
questo motivo mentre il management potrebbe apprezzare la possibilità di operare su un
numero maggiore di mercati, gli azionisti potrebbero preferire che il management di ciascuna
impresa si concentri sul core business al fine di gestirlo nel modo migliore.
Le AMBIZIONI MANAGERIALI→ in quanto queste ambizioni possono spingere verso
inappropriate strategie di diversificazione. I manager riescono spesso a ottenere benefici di
breve periodo dalla diversificazione, ma oltrepassare i confini delle proprie aree di
competenza conduce velocemente al disastro finanziario.
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INTEGRAZIONE VERTICALE
Un’altra direttrice strategica di sviluppo a livello corporate è rappresentata dall’integrazione verticale.
Per INTEGRAZIONE VERTICALE si intende l’ingresso in aree di attività nei quali l’organizzazione
diventa fornitore o cliente di sé stessa
Le 2 possibilità principali sono:
INTEGRAZIONE A MONTE→ che si riferisce al movimento verso attività che riguardano gli
input dell’attuale business dell’impresa (procedendo all’indietro nella rete del valore). Per
esempio, l’acquisizione da parte di un’impresa automobilistica di un fornitore di componenti
per la produzione di autovetture
INTEGRAZIONE A VALLE→ che si riferisce allo sviluppo di attività inerenti agli output
dell’attuale business dell’impresa (procedendo in avanti nella rete del valore). Per esempio,
l’integrazione di attività di manutenzione e riparazione della auto per un’impresa che produce
automobili
posizionate, a monte o a valle, nella stessa rete del valore, mentre la diversificazione comporta il
coinvolgimento di sistemi di valore differenti.
Tuttavia, l’integrazione verticale presenta anche due rischi. Il primo è dovuto al fatto che per
integrarsi verticalmente è necessario sostenere importanti investimenti. Nel caso in cui questi siano
indirizzati verso attività meno redditizie del core business, non saranno probabilmente valutati
positivamente dagli azionisti. Il secondo rischio è dovuto al fatto che l’integrazione verticale richiede
in genere la disponibilità di capacità strategiche molto diverse.
MAKE OR BUY
Negli ultimi anni, la crescente consapevolezza dei rischi e di non disporre delle capacità specifiche
richieste dalle diverse attività del sistema del valore, ha spinto molte imprese a DIS-INTEGRARSI
VERTICALMENTE. Infatti, quando una parte delle attività oggetto di integrazione verticale non apporta
valore al business complessivo, può essere sostituita ricorrendo a processi di outsourcing o appalto.
L’OUTSOURCING è il processo attraverso il quale alcune attività, precedentemente svolte all’interno
dell’organizzazione, vengono affidate a fornitori esterni. L’outsourcing riguarda in genere le fasi del
processo produttivo, ma negli ultimi tempi è sempre più diffuso anche nell’ambito dei servizi.
Tuttavia, secondo alcuni studiosi la decisione di integrare o esternalizzare richiede considerazioni che
vanno ben oltre la valutazione di possedere adeguate capacità specifiche o meno. La TEORIA DEI
COSTI DI TRANSAZIONE consente di analizzare i costi e i benefici relativi alla gestione interna o esterna
delle attività sottolineando il rischio di sottostimare i costi di lungo periodo dovuti ai comportamenti
opportunistici dei subappaltatori. Tali operatori con il passare del tempo potrebbero infatti
approfittare della propria posizione sia riducendo la qualità dell’attività svolta, sia applicando prezzi
più alti. Questi comportamenti opportunistici si verificano di più quando:
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La società capogruppo deve dimostrare di contribuire a creare valore per il gruppo aziendale. Ciò
riguarda sia le organizzazioni private sia quelle del settore pubblico. Le società quotate in borsa
devono affrontare una sfida ulteriore. Esse devono infatti dimostrare di cerare un valore maggiore di
quello che potrebbe creare ciascuno dei gruppi aziendali concorrenti. Non riuscire a creare valore può
costringere la società a dover fronteggiare un’acquisizione ostile o a dover vendere alcuni rami
aziendali. Le imprese concorrenti che ritengono di poter creare un maggior valore da determinati
business potrebbero lanciare un’offerta pubblica di acquisto. In questo “mercato per il controllo
societario”, le società capogruppo devono dimostrare di essere in grado di realizzare un parenting
advantage per le aziende del gruppo, così come le singole business unit devono dimostrare di
conseguire un vantaggio competitivo.
Esistono 5 principali tipi di attività attraverso le quali la società capogruppo può contribuire a CREARE
VALORE:
INDICAZIONE DI UNA CHIARA VISION DI LUNGO PERIODO→ la società capogruppo, infatti, può
fornire infatti alle proprie business unit una vision complessiva orientata al lungo periodo e
una chiara definizione dei propositi strategici. Questa vision dovrebbe indirizzare e motivare il
management delle business unit a massimizzare le performance dell’intero gruppo aziendale e
dovrebbe anche comunicare agli stakeholder un’immagine chiara di ciò che l’organizzazione è
nel suo complesso
SVILUPPO DELLE SINERGIE→ la società capogruppo può facilitare la collaborazione e la condivisone
di risorse e capacità tra le business unit, promuovendo in tal modo le sinergie derivanti
dall’appartenenza allo stesso gruppo aziendale
FORMAZIONE MANAGERIALE→ la società capogruppo può aiutare i manager delle varie business
unit a sviluppare competenze strategiche attraverso attività formative dirette ad accrescerne
le capacità
PROVVISTA DI RISORSE EDE EROGAZIONE DISERVIZI GESTITI A LVIELLO CENTRALE → la società
capogruppo è il punto di riferimento naturale per la raccolta dei capitali necessari per gli
investimenti. In genere essa offre anche servizi di tesoreria, consulenza fiscale e di gestione
delle risorse umane. Questi servizi se centralizzati possono raggiungere una scala sufficiente
per essere efficienti e per disporre di una adeguato know-how professionale.
INTERVENTI PER MIGLIORARE LE PERFOMRANCE → la società capogruppo può anche intervenire
nelle attività svolte dalle business unit in modo da garantire il raggiungimento di risultati
soddisfacenti. Essa, infatti, doverne esser in grado di controllare con adeguata periodicità le
performance delle business unit e contribuire a migliorarle.
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sono rappresentate dagli utili generati dalle business unit. Se questi costi risultano maggiori
del valore da loro creato, significa che il management a livello corporate sta distruggendo
valore
MAGGIORE BUROCRAZIA→ i costi burocratici aumentano perché si sovrappongono diversi
livelli di responsabilità manageriale e perché nascono nuove esigenze di coordinamento con le
altre imprese del gruppo. Questo eccesso di burocrazia comporta un rallentamento della
capacità di risposta da parte del management
OPACITA’ DEI RISULTATI FINANZIARI→ nelle grandi società diversificate è diffuso il rischio che i
risultati non soddisfacenti di alcune business unit possano essere facilmente nascosti
ricevendo magari sussidi incrociati dalle business unit che hanno ottenuto risultati migliori.
Questi rischi suggeriscono alle società capogruppo di tenere sotto stretto controlli i costi a livello
centrale e anche quelli burocratici assicurandosi che non siano superiori a quanto stabilito dalla
strategia corporate. Inoltre, dovrà essere fatto tutto il necessario per promuovere una maggiore
trasparenza finanziaria in modo che le business unit siano incentivate a raggiungere le migliori
performance possibili.
All’interno delle società capogruppo si possono individuare tre ruoli principali:
PORTFOLIO MANAGER→ è una società capogruppo che opera attivamente sul mercato
azionari come un investitore professionale, con capacità e margini di manovra che non
sarebbero disponibili per un singolo risparmiatore. È quindi una specie di agente che opera per
conto dei mercati finanziari e degli azionisti, con l’obiettivo di identificare e acquisire asset o
business sottovalutati dal mercato per migliorarne i risultati. I portfolio manager cercano di
mantenere bassi i costi a livello corporate, predisponendo per esempio una struttura centrale
snella, con pochi servizi centralizzati e lasciando un elevato grado di autonomia al top
management delle singole business unit. Inoltre, loro definiscono espliciti obiettivi finanziari
per gli amministratori delegati delle società del gruppo, offrendo loro significativi
riconoscimenti in termini di remunerazione nel caso del raggiungimento delle performance
stabilite.
SYNERGY MANAGER→ è una società capogruppo che cerca di accrescer il valore creato per le
business unit attraverso la gestione delle possibili sinergie tra le diverse aree di attività. Le
sinergie sono più frequenti quando le nuove attività sono strettamente correlate al core
business dell’organizzazione. In termini di attività che creano valore, l’attenzione si concentra
in tre possibili direzioni: indicare una vision verso uno scopo comune, promuovere la
cooperazione tra le diverse business unit, e mettere a disposizione risorse e servizi gestiti a
livello centrale. Tuttavia, pe realizzare i benefici derivanti dalle sinergie è necessario evitare tre
rischi fondamentali: costi eccessivi (vantaggi confrontati con costi richiesti da tale integrazione
e con i costi opportunità), opportunismo manageriale (i manager devono essere disposti a
cooperare), e sinergie illusorie (in quanto accade spesso di sovrastimare)
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PARENTAL DEVELOPER→ è una società capogruppo che cerca di accrescere il valore creato
per le business unit mettendo a disposizione le risorse e le capacità disponibili a livello della
direzione centrale. Questa attività non si riferisce tanto al modo n cui la capogruppo riesce a
creare vantaggi unendo tra loro diverse business unit come nel caso del synergy manager. Qua
la capogruppo si focalizza piuttosto sulla possibilità di trasferire le proprie risorse e capacità
verso le società partecipate, per sviluppare il potenziale aziendale delle singole business unit.
Quindi se la società capogruppo possiede queste capacità, il compito del management a livello
corporate è quello di individuare le relative opportunità di investimento. Queste sono
rappresentante, per esempio, da business che non stanno realizzando pienamente il loro
potenziale, ma che potrebbero farlo grazie all’utilizzo del marchio del gruppo o allo sviluppo
del prodotto da parte della società capogruppo
Uno degli strumenti più diffusi per valutare l’equilibrio del portafoglio di business è rappresentato
dalla matrice Boston Consulting Group. La MATRICE BCG utilizza la quota di mercato relativa e il tasso
di crescita del mercato per valutare l’attrattività e l’equilibrio di un portafoglio aziendale. Questa
matrice mette in guarda rispetto al fatto che un elevato tasso di crescita esige anche forti
investimenti. Occorre quindi stabilire un equilibrio tra i diversi business del portafoglio in modo che i
business caratterizzati da un basso tasso di crescita del mercato siano capaci di generare risorse
finanziare sufficienti per finanziare i business con un tasso di crescita più elevato.
Gli assi tasso di crescita/quota di mercato relativa della matrice BCG danno origine a 4 tipi di business:
Una STAR rappresenta una busines unit che detiene una quota di mercato elevata in un
mercato in crescita. La business unit può richiedere importanti risorse finanziare per riuscire a
tenere il ritmo di crescita del mercato. L’elevata quota di mercato dovrebbe tuttavia
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Questa matrice, quindi, fornisce un quadro sufficientemente chiaro delle esigenze e delle potenzialità
di tutti i diversi business che compongo il portafoglio aziendale. Mette in guarda la società
capogruppo del fabbisogno finanziario che il portafoglio aziendale richiederebbe se fosse costituito
soltanto da business con elevate prospettiva di crescita e ricorda inoltre che anche le star possono
“tramontare”.
Tuttavia, questa matrice BCG presenta 4 aspetti problematici:
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STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
Molte imprese che si sviluppano a livello internazionale devono confrontarsi non solo con le
aspettative di nuovi clienti, ma anche con contesti di natura istituzionale, economica, normativa,
politica e culturale che sono spesso molto diversi da quelli del proprio paese. Infatti, l’impresa che
viene dall’estero, si trova in genere in una posizione di rilevante svantaggio competitivo rispetto agli
operatori locali, che avranno una maggiore conoscenza del mercato locale e una rete di relazioni
consolidate con il sistema istituzionale e con gli attori della catena del valore. L’impresa che intende
competere nel contesto internazionale deve quindi avere uno specifico vantaggio competitivo del
proprio potenziale aziendale per riuscire a competere con successo.
Le due principali opportunità, per un nuovo concorrente che viene dall’estero, sono lo sfruttamento di
un particolare VANTAGGIO LOCALIZZATIVO, spesso relativo al proprio paese d’origine, e i vantaggi
offerti dalla possibilità di accedere a un SISTEMA INTERNAZIONALE DE VALORE.
Il perno intorno al quale ruota la strategia di internazionalizzazione è la ricerca di un equilibrio tra le
pressioni per l’INTEGRAZIONE GLOBALE e quelle per l’ADATTAMENTO AL CONTESTO LOCALE. Le
pressioni per l’integrazione globale spingono le organizzazioni a coordinare le proprie attività presenti
nei diversi paesi per raggiungere una maggiore efficienza operativa in quanto le imprese riuscirebbero
a conseguire una riduzione dei costi e una maggiore qualità dei processi e delle prestazioni aziendali.
Dal lato opposto c’è l’idea che le organizzazioni debbano essere sempre più adattive a livello locale e a
soddisfare le richieste specifiche relative a ogni singolo paese.
Questa complicata questione è identificata nel cosiddetto DELEMMA GLOBALE-LOCALE relativo alle
strategie di internazionalizzazione quando l’impresa deve scegliere tra offrire prodotti e servizi
standardizzati o adattare i caratteri dei prodotti e sevizi alle specifiche esigenze dei diversi mercati
nazionali.
Le 4 principali STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONI sono:
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Accade raramente che un’impresa nella pratica adotti un modello “assoluto” di strategia di
internazionalizzazione. È molto più probabile che i 4 approcci vengano combinati tra loro.
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Spesso, tuttavia, le società collaborano tra loro anche attraverso alleanze strategiche, che implicano
soltanto una parziale o addirittura nessuna modifica dell’assetto proprietario dell’impresa, dal
momento che le società capogruppo rimangono ben distinte. Un’ALLEANZA STRATEGICA si realizza
quando due o più organizzazioni condividono risorse e attività per perseguire una determinata
strategia. Esistono 4 tipi di alleanze:
cartelli collusivi sono in genere ritenuti lesive della concorrenza e illegali, e infatti l’attività dei
regolatori cerca di impedirne la realizzazione.
Un ulteriore percorso di sviluppo, questa volta per VIE INTERNE, è lo SVILUPPO ORGANICO, che si
bassa sul prevalente ricorso alle capacità interne dall’organizzazione. I 5 principali motivi che
suggeriscono di affidarsi allo sviluppo organico sono:
Il fatto che lo sviluppo organico dipenda dalle capacità interne all’impresa rappresenta un vincolo
significativo che rendo questo percorso di sviluppo lento, costoso e rischioso. Realizzare importanti
passi in avanti, in termini di innovazione, diversificazione o internazionalizzazione, rimanendo
vincolati alle risorse e capacità esistenti in azienda, può non essere semplice.
I 4 principali fattori che possono aiutare a scegliere tra acquisizioni, alleanze o sviluppo organico sono
l’URGENZA, l’INCERTEZZA, la TIPOLOGIA DI CAPACITA’ RICERCATE e la MODULARITA’ DELLE CAPACITA’
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