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CONCETTO DI STRATEGIA
La STRATEGIA rappresenta l’orientamento di lungo periodo di un’organizzazione
Ciascuno dei tre elementi che caratterizzano questa definizione (orientamento, lungo periodo e
organizzazione) può essere analizzato in modo più dettagliato:

 LUNGO PERIODO→ generalmente le strategie si sviluppano nell’arco di diversi anni, per alcuni
tipi di organizzazione questo tempo può essere un decennio, mentre per altre ancora di più
L’importanza de riferimento al medio-lungo termine è rappresentata dal modello dei tre
orizzonti della strategia.
IL MODELLO DEI TRE ORIZZONTI DELLA STRATEGIA suggerisce che qualsiasi organizzazione
dovrebbe essere concepita come un sistema costituiti da tre tipi di attività, ciascuna
caratterizzata da un proprio orizzonte strategico di riferimento. Le attività che rientrano
nell’ORIZZONTE 1 sono quelle che rappresentano il core business dell’impresa, le attività
dell’ORIZZONTE 2 invece rappresentano i business emergenti, ovvero quelle attività che
dovrebbero generare nuove fonti di reddito, mentre l’ORIZZONTE 3 si tratta generalmente di
progetti innovativi, caratterizzati da un elevato potenziale di crescita, ma anche molto
rischiosi. In molti casi si tratta di vere e proprie operazioni di start-up o di investimenti in
attività di ricerca e sviluppo

 ORIENTAMENTO STRATEGICO→ nel corso degli anni le strategie definiscono una sorta di
percorso o di traiettoria di lungo periodo. In genere, sia gli imprenditori sia i manager
definiscono le strategie delle loro imprese attraverso l’individuazione di obiettivi di lungo
periodo e non sempre il profitto è considerato il fattore principale nel determinare
l’orientamento strategico di un’organizzazione.

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 ORGANIZZAZIONE→ le organizzazioni non sono concepite come entità isolate e uniformi.


Ciascuna organizzazione implica relazioni sia al proprio interno si all’esterno dei confini
organizzativi ed infatti sono in relazione continua con una estesa rete di stakeholder, ovvero i
soggetti che sono portatori di interessi neiconfronti dell’organizzazione e dai quali dipende in
qualche modo la sopravvivenza stessa dell’organizzazione o comunque la sua possibilità di
raggiungere gli obiettivi aziendali.
Un aspetto importante della strategia è quindi rappresentato anche dalla definizione dei
confini dell’organizzazione, e quindi chi e che cosa comprendere all’interno
dell’organizzazione.
Ci sono però diverse definizioni di strategia proposte da alcuni dei principali studiosi di questo ambito
ALFRED D. CHANDLER= L’individuazione degli scopi e degli obiettivi di lungo periodo di un’impresa, la
conseguente allocazione delle risorse e lo sviluppo della attività necessarie per raggiungere gli
obiettivi programmati.
MICHAEL E. PORTER = La strategia competitiva esprime la capacità di essere differenti. Significa
scegliere deliberatamente di svolgere un insieme di attività per realizzare un valore complessivo in
grado di fare la differenza.
PETER DRUCKER = Il sistema di principi e condizioni che consentono all’impresa di conseguire vantaggi
competitivi.
HENRY MINTZBERG = Uno schema riconoscibile all’interno di un flusso di azioni e decisioni.

SCOPI DELLA STRATEGIA


Il compito principale della strategia sia quello di definire ed esprimere gli scopi di un’organizzazione in
modo chiaro ed efficace, al fine di riuscire a mobilitare gli stakeholder verso il loro raggiungimento. Il
successo di medio-lungo termine di qualunque organizzazione richiede una declinazione degli scopi
aziendali che sappia andare oltre il perseguimento del profitto.
La MISSION AZIENDALE si propone di individuare e comunicare con chiarezza al personale e agli
stakeholder gli scopi prioritari che l’organizzazione intende perseguire
La VISION AZIENDALE invece si riferisce a ciò che l’organizzazione si propone di diventare in futuro.
Esprime quindi quella che è un’aspirazione particolarmente ambiziosa dell’organizzazione
I VALORI AZIENDALI esprimono i principi guida che ispirano e orientano la strategia aziendale in modo
duraturo, stabilendo il modo nel quale un’organizzazione dovrebbe operare
Gli OBIETTIVIrappresentano l’identificazione di specifici traguardi da raggiungere. Questi sono spesso
espressi in termini economico-finanziari e sono, per esempio rappresentati dai valori del fatturato,
dell’utile netto o dal valore di mercato delle azioni. Sempre più spesso le organizzazioni tendono a
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stabilire obiettivi riferibili a una logica ispirata a quella che viene definita “the triple bottom line”.
Secondo questo approccio le organizzazioni non si limitano a stabilire obiettivi di natura economia, ma
preferiscono integrarli con obiettivi di natura ambientale e sociale.
STRATEGY STATEMENT
La formulazione della strategia dovrebbe comprendere 3 elementi:

 Gli scopi fondamentali che l’organizzazione persegue (mission, vision, valori e obiettivi)
 L’ambito di attività che definisce lo spazio competitivo dell’organizzazione
 Il vantaggio competitivo o le capacità distintive con cui l’impresa persegue la realizzazione
degli scopi che le sono stati assegnati

Con ambito di attività si intende lo spazio competitivo di un’impresa e può essere declinato lungo tre
dimensioni: i clienti, i mercati geografici e il grado di estensione delle attività svolte internamente
Con VANTAGGIO COMPETITIVOinvece si intende l’elemento della formulazione della strategia
aziendale che descrive il modo in cui l’impresa si propone di raggiungere gli obiettivi programmati
I tre elementi della strategia dovrebbero essere riassunti in modo efficace e sintetico. Una frase breve
consente infatti di concentrare l’attenzione sugli aspetti essenziali della strategia, rendendo più
efficace la comunicazione e più semplice il suo ricordo
All’interno dell’organizzazione però si possono distinguere 3 PRINCIPALI LIVELLI A CUI RIFERIRE LA
STRATEGIA:

 La STRATEGIA A LIVELLO CORPORATE si occupa della definizione del perimetro complessivo


delle attività di un’impresa e di come accrescere il valore economico realizzato dai singoli
business che la compongono. Queste strategie a livello corporate comprendono decisioni che
riguardano la varietà dei prodotti e dei servizi offerti, l’ampiezza dell’ambito geografico nel
quale operare o l’acquisizione di nuovi business
 La STRATEGIA A LIVELLO DI BUSINESS riguarda il modo nel quale le singole business unit di
un’impresa dovrebbero competere nei rispettivi mercati di riferimento. L’attività dell’impresa
nei diversi business può essere affidata a unità aziendali indipendenti o essere attribuita a
diverse business unit all’interno di un unico gruppo aziendale. Questa strategiariguardano in
genere decisioni inerenti ai processi d’innovazione o scelte relative alla scala di produzione
 Le STRATEGIE DI NATURA FUNZIONALE riguardano il modo in cui le parti che compongono
un’organizzazione contribuiscono alla realizzazione delle strategie corporate e di business, in
termini di risorse, processi e persone.

Ciascun livello ha infatti bisogno di essere allineato con gli altri. La necessità di integrazione tra i
diversi livelli costituisce una caratteristica essenziale della strategia. La gestione della strategia è infatti
un processo complesso che richiede un costante e responsabile impegno da parte del management.

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POSIZIONAMENTO STRATEGIO
Il POSIZIONAMENTO STRATEGICO considera l’impatto che il macroambiente, lo spazio competitivo, il
potenziale aziendale, le stesse degli stakeholder e la cultura organizzativa possono avere sulla
strategia aziendale

 MACROAMBIENTE→ le organizzazioni operano in ambienti caratterizzati da diversi livelli di


complessità. A livello macro sono influenzate da fattori di natura politica, economica, sociale,
tecnologica, ecologica e giuridica. La questione fondamentale è rappresentata dalle
opportunità e dalle minacce che l’organizzazione deve fronteggiare in contesti complessi e in
continua evoluzione
 SPAZIO COMPETITIVO→ a livello dello spazio competitivo l’impresa deve fronteggiare la sfida
che deriva dalla concorrenza e dalle relazioni con fornitori e clienti. L questione fondamentale
è rappresentata dal modo in cui l’impresa può gestire le forze competitive del settore
 POTENZIALE AZIENDALE→ ciascuna organizzazione è caratterizzata da un potenziale
aziendale, costituito dalle sue risorse e dalle competenze organizzative e qui la questione
fondamentale è rappresentata dai punti di forza e di debolezza dell’organizzazione
 STAKEHOLDER→ dato che molti sono i soggetti che hanno legittime aspettative sul futuro di
un’organizzazione il problema principale che l’organizzazione stessa si pone è il modo in cui
essa stessa può far convergere questi interessi verso uno scopo condiviso

DECISIONI STRATEGICHE
Le DECISIONI STRATEGICHE considerano le opzioni alternative disponibili per l’impresa in termini di
direttrici strategiche dell’attività aziendale e di percorsi di sviluppo coni quali perseguire le strategie
aziendali. Un’impresa potrebbe avere per esempio la possibilità di perseguire una gamma di direttrici
strategiche alternative e queste diverse direttrici potrebbero essere perseguite adottando differenti
percorsi di sviluppo. L’impresa, infatti, potrebbe acquisire un’organizzazione già presente sul mercato
o formare alleanze strategiche con altre aziende oppure provare a sviluppare autonomamente la
nuova strategia.

GESTIONE DELLA STRATEGIA


La GESTIONE DELLA STRATEGIA riguarda sia il modo attraverso il quale sono costruite le strategie sia
le scelte relative alla loro realizzazione

 Per raggiungere e difendere con successo gli obiettivi aziendali è necessario dare forma
compiuta a una coerente struttura organizzativa

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 I sistemi inoltre sono necessari per assicura il controllo dell’attuazione della strategia. I sistemi
di pianificazione e di controllo delle performance, infatti, hanno il compito di fare in modo che
quanto deciso sia realizzato
 Il governo dei processi strategici di cambiamento rappresenta una delle attività che
caratterizzano la gestione strategica e le questioni chiave riguardano la rapidità con la quale
dovrebbe essere realizzato il cambiamento

PROCESI DI SVILUPPO DELLA STRATEGIA


Si possono considerare due diversi approcci allo sviluppo della strategia

 L’APPROCCIO ANALITICO-RAZIONALE allo sviluppo della strategia è quello più tradizionale e


secondo questa prospettiva le strategie sono la tipica espressione dell’attività direzionale del
top management. Questi processi si traducono in un piano strategico e il processo che ne
determinala formazione è rappresentato dagli elementi di questa tabella
 La STRATEGIA EMERGENTE è l’approccio alternativo allo sviluppo delle strategie e secondo
questa prospettiva di analisi, le strategie tendono a emergere progressivamente all’interno
delle organizzazioni la relazione a processi incrementali o accidentali, piuttosto che in base a
processi intenzionali o pianificati.

Questi due approcci non si escludono reciprocamente. Molto spesso le strategie intenzionali riescono
a raggiungere i risultati programmati e inoltre sempre più spesso gli stakeholder pretendono
spiegazioni in merito alle ragioni che hanno determinano le scelte strategiche. Sarebbe infatti
considerato poco accettabile che a tali richieste si rispondesseattribuendone l’origine a ciò che è
venuto progressivamente. È quindi utile costruire la strategia seguendo l’approccio analitico-
razionale, ma allo stesso tempo è saggio e prudenti farsi trovare pronti a cogliere le occasioni che
potrebbero emergere sul mercato

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ANALISI DEL MACRO-AMBIENTE


Il MACRO-AMBIENTE è costituito dall’ampio insieme di fattori ambientali che, in modo più o meno
intenso, esercitano un impatto su numerosi mercati, settori produttivi e organizzazioni. L’impatto dei
fattori macro-ambientali (come per esempio internet, i tassi di crescita economica, i cambiamenti
climatici ecc) non influenza solo uno specifico settore, ma determina significative conseguenze su
un’ampia gamma di attività.
I cambiamenti del macro-ambiente appaiono spesso troppo ampi o complessi perché il management
possa comprenderli nel loro insieme. In questo caso però il rischio è che a volte questi cambiamenti
possano cogliere impreparate le imprese, quando ormai è troppo tardi per neutralizzarne le minacce
o cogliere i vantaggi derivanti da eventuali opportunità.

ANALISI PESTEL
Uno strumento chiave per analizzare il più generale macroambiente di un’organizzazione è l’analisi
PESTEL.
L’ANALISI PESTEL è uno dei numeri modelli che tentano di classificare i fattori ambientali in alcune
tipologie chiave. Questa analisi considera in particolare 6 gruppi di fattori ambientali: politici,
economici, sociali, tecnologici, ecologici e giuridici. Questo elenco evidenzia il fatto che l’ambiente
non comprende soltanto relazioni economiche di mercato, ma include anche molti fattori non di
mercato.
Le RELAZIONI DI MERCATO riguardano principalmente i fornitori, clienti e concorrenti, le cui
reciproche relazioni hanno natura prevalentemente economica
La RELAZIONI NON DI MERCATO riguardano soprattutto i fattori sociali, politici, giuridici ed ecologici,
ma possono anche subire l’influenza dei fattori economici. I principali attori di questerelazioni non
sono soltanto le imprese, ma anche le ONG, le organizzazioni politiche o i media.
I FATTORI POLITICI (1)
Gli elementi politici dell’analisi PESTEL evidenziano il ruolo dello Stato e altri fattori di natura politica
del macro-ambiente. Ogni organizzazione dovrebbe prestare attenzione a:

 Il ruolo dello Stato, dato che in molti paesi e settori produttivi lo Stato è spesso un attore
economico molto importante
 L’esposizione alle pressioni delle organizzazioni della società civile, dato che sono numeroso le
organizzazioni che si propongono di rappresentare gli interessi dei cittadini, sollecitando
l’attenzione dell’opinione pubblica

Elementi da considerare: orientamento del governo, stabilità o instabilità politica, burocrazia,


corruzione, regolamentazione della concorrenza

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FATTORI ECONOMICI (2)


Il macro-ambiente è spesso influenzato da fattori macroeconomici come i tassi di cambio tra le valute,
i tassi d’interesse e i diversi tassi di crescita economica tra i paesi. Per un’impresa è importante capire
il modo in cui i mercati in cui opera possono essere influenzati dall’andamento generale
dell’economia.
Elementi da considerare: tendenze economiche, tassi di crescita, crescita del settore, fattori stagionali,
tassi di cambio internazionali, commercio internazionale
Un concetto chiave per l’analisi dei trend macroeconomici è rappresentato dal CICLO ECONOMICO.
Nonostante la possibilità di shock inattesi, la dinamica economica ha dimostrato di seguire cicli di
crescita e recessione con sequenze tendenzialmente regolari. La questione cruciale consiste
nell’identificare i punti di svolta del ciclo economico. Alcuni settori produttivi sono particolarmente
vulnerabili all’andamento dei ci cli economi, per esempio:

 I settori congiunturali, neiquali i consumatori possono scegliere di posticipare o ridurre la


spesa destinati a questi settori per un certo periodo di tempo (settore dell’edilizia,
ristorazione, automobilistico…)
 I settori con alti costi fissi subiscono in misura elevata i momenti di flessione economica perché
quando la domanda diminuisce gli alti costi fissi possono indurre atagliare i prezzi al fine di
garantire il massimo sfruttamentodella capacità produttiva

FATTORI SOCIALI (3)


I fattori di natura sociale possono influenzare significativamente le caratteristiche specifiche della
domanda, sia nelle fasi di crescita sia in quelle di recessione. Questi fattori inoltre possono anche
modellare la natura dell’organizzazione e il suo network di relazioni nell’ambiente di riferimento. I
fattori sociali più rilevanti sono:

 DEMOGRAFIA→ L’invecchiamento della popolazione nei paesi occidentali, per esempio, può
creare opportunità e minacce sia per il settore pubblico sia per quello privato
 DISUGUAGLIANZA ECONOMICA→ i cambiamenti nella distribuzione della ricchezza influenzano
le dimensioni dei mercati
 GEOGRAFIA→ i settori produttivi e i mercati tendono speso concentrarsi in determinate aree
 CULTURA→ i cambiamenti degli orientamenti culturali possono accrescere il numero delle
sfide di natura strategica.

Elementi da considerare: atteggiamenti e credenze condivise su una serie di fattori, tra cui il denaro, il
servizio clienti, le importazioni, la religione, i tabù culturali
Dato un determinato contesto ambientale, le imprese sono in genere reciprocamente connesse in un
network di relazioni sociali, che spesso superano i confini di un particolare settore produttivo. Quando
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i legami che caratterizzano un network sono particolarmente densi si tende a considerarli dei piccoli
mondi. Si parla di piccoli mondi quando la maggior parte degli elementi di un network è connessa
attraverso una fitta rete di relazioni.
FATTORI TECNOLOGICI (4)
Altri importanti elementi del macro-ambiente sono le tecnologie, il cui impatto si diffonde ben oltre i
singoli settori produttivi. Il macro-ambiente è esposto a occasionali ondate di innovazioni
tecnologiche destinate a cambiare profondamente le relazioni tra gli attori dei diversi settori
produttivi e in senso più ampio della società.
Elementi da considerare: infrastrutture tecnologiche e di comunicazione, legislazione sulla tecnologia,
accesso dei consumatori alla tecnologia, tecnologia e sviluppo dei concorrenti
Per riuscire a identificare le aree di attività potenzialmente più innovative è necessario analizzare
l’impatto delle tecnologie. I principali indicatori utilizzati per rilevare processi innovativi sono 5:

 Budget per attività di Ricerca & Sviluppo→Le imprese, i settori e i paesi più innovativi possono
essere identificati considerando l’entità delle spese in attività di ricerca
 Attività brevettuale→ Le imprese che brevettano nuovi prodotti e innovazioni di processo
possono esser individuate nei registri nazionali dei brevetti
 Analisi delle citazioni→ Il potenziale impatto dei brevetti può esser misurato in base alla
quantità di citazioni ottenute in altri documenti o pubblicazioni
 Comunicazioni relative a nuovi prodotti→ Le imprese tendono a veicolare notizie sui progetti
di nuovi prodotti attraverso comunicati stampo ed altri media
 Copertura mediatica→ Gli esperti del settore e i media seguono e diffondo notizie sulle
tecnologie più innovative e sui maggiori ostacoli incontrati nel loro sviluppo

FATTORI ECOLOGICI (5)


All’interno di questa analisi si collocano anche le questioni ecologiche del macro-ambiente e in
particolare quelle verso le quali si è orientata una crescente stabilità “green”. Per esempio, le
regolamentazioni ambientali possono imporre costi addizionali ma possono anche diventare fonte di
opportunità. Quando si analizzano le questioni ecologiche del macro-ambiente, ci sono 3 tipi di sfide
che le organizzazioni devono considerare:

 Riduzione dell’inquinamento→ Gli impegni diretti a ridurre l’inquinamento costituiscono una


evidente sfida per le imprese e per rispettare questi impegni non è più sufficiente limitarsi a
considerare solo la parte finale del processo, ma è necessario fino dalle fasi iniziali ridurre al
minimo la produzione di materie inquinanti
 Gestione del prodotto in senso ecologico→ Ciò significa per l’impresa affrontare le questioni
ecologiche lungo tutta la catena del valore, considerando l’intero ciclo di vita dei prodotti

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 Sviluppo sostenibile→ Questo non significa solo le opportunità di ridurre i danni ambientali
delle attività produttive, ma si riferisce piuttosto alla necessità di interrogarsi sulla reale
possibilità di continuare a produrre determinati beni o servizi in futuro

Elementi da considerare: meteo, cambiamenti climatici, emissioni di carbonio, regolamenti


ambientali, leggi e obiettivi sull'inquinamento
FATTORI GIURIDICI (6)
L’ultimo elemento da considerare nell’analisi PESTEL riguarda gli aspetti giuridici. Questi
comprendono una grande varietà di temi, tra cui il lavoro, la tassazione, la disciplina contabile, le
norme sulla proprietà ecc
Elementi da considerare: leggi riguardanti la tutela dei consumatori, il lavoro, la salute e la sicurezza,
l'antitrust, la proprietà intellettuale, la protezione dei dati

FATTORI CHIAVE DEL CAMBIAMENTO


I FATTORI CHIAVE DEL CAMBIAMNETO sono queifattoridelmacro-ambiente che, con maggiore
probabilità, condizioneranno in modo significativo il successo o il fallimento di una strategia.
Riuscire a identificare i fattori chiave del cambiamento aiuta i manager a focalizzarsisu fattori
dell’analisi PESTEL più importanti. Senza una chiara consapevolezza dei fattori chiavedel
cambiamento, i manager non saranno in grado di prendere decisioni strategiche capaci di generare
reazioni efficaci

ANALISI PREVISIONALE
Tutte le decisioni strategiche, in un modo o nell’altro, implicano previsioni sulle condizioni future e i
conseguenti risultati. I fattori dell’analisi PESTEL forniscono informazioni per elaborare queste
previsioni. Le PREVISIONI prendono in considerazioni 3 approcci elementaribasati su diversi gradi di
certezza:

 Le imprese si affidano alla PREVISIONE DI UN SINGOLO EVENTO FUTURO quando ritengono di


avere una sufficiente confidenza circa i possibili sviluppi delle circostanze future, limitandosi
perciò a prevedere un singolo evento
 Le definizioni di un INTERVEALLO DI PREVISIONE si adattano alle situazioni in cui le imprese
hanno minore fiducia nella capacità di prevedere l’evoluzione delle circostanze future e
preferiscono quindi stimare un intervallo di possibili risultati. Questi possono essereespressi
con differenti gradi di probabilità, riconoscendo alla proiezione centrale maggiore probabilità e

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individuando successivamente un intervallo di risultati a cui attribuire livelli di probabilità


decrescenti. Queste previsioni vengono spesse definite anche “grafici a ventaglio” e si usano
spesso nelle previsioni degli indicatori economico-finanziari

 La PREVISIONE DI FUTURI ALTERNATIVI implica generalmente un’incertezza ancora maggiore,


concentrando l’attenzione su una serie di possibili situazioni future fra loro alternative. Queste
alternative future sono discontinue e cioè possono verificarsi come no, dando origine a
risultati radicalmente differenti

DIREZIONI DEL CAMBIAMENTO


Nel fare previsioni è importante tenere sotto controllo le direzioni fondamentali del probabile
cambiamento. I manager devono verificare se le previsioni sono coerenti con le principali linee di
tendenza e devono prestare particolare attenzione a cogliere i possibili punti di svolta.
3 sono i concetti su cui focalizzare l’attenzione:

 I MEGA TREND→ che sono rappresentati da mutamenti politici, economici, sociali, tecnologici,
ecologici giuridici di ampia portata, che generalmente si formano con il tempo che possono
determinare profonde conseguenze in diversi campi di attività per lunghi periodi di tempo.
 I PUNTI DI FLESSO→ che indicano i momenti in cui i trend cambiano direzione ed ovviamente
è particolarmente importante riuscire a cogliereil momento in cui i trend, nei punti di flesso,
invertono la loro direzione, per esser i primi attrarre vantaggio dalle nuove opportunità
oppure per reagire prontamente ad eventuali minacce
 I SEGNALI DEBOLI→ che possonooffrireanticipatemene indicazioni sulle tendenze future e
risultano particolarmente utili nell’identificare i punti di svolta. Generalmente i segnali deboli
sono rappresentati da frammenti di informazioni percepite come anomale o comunque
inaspettate (2008→insolvenza sui mutui)

ANALISI DI SCENARIO
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Gli scenari offrono un quadro di alternative plausibili sulle direzioni del cambiamento del macro-
ambiente nel prossimo futuro, generalmente in una prospettiva di lungo periodo. L’analisi di scenario
viene generalmente utilizzata in condizioni di elevata incertezza e gli scenari che vengono proiettati
sono in un futuro troppo lontano per permettere di calcolarne le probabilità. Il vero obiettivo
dell’analisi di scenario non è rappresentato tanto dalla previsione, quanto piuttosto
dall’apprendimento. Si ricorre infatti a queste analisi per comprendere le interconnessioni tra i fattor
ambientali e per aiutare il management a tenere la mente aperta alle diverse alternative future.

Queste 5 fasi principali quindi sono:

 DEFINIRE L’AMPIEZZA DEL RAGGIO D’AZIONE→ primo passo in cui si individuano l’ambito di
riferimento dell’analisi di scenario e il relativo orizzonte temporale. L’analisi, infatti, può essere
realizzata per esempio con riferimento a un intero settore a livello globale, oppure rispetto a
particolari aree geografiche
 IDENTIFICARE I FATTORI CHAIVE DEL CAMBIAMENTO→ è il passo successivo e in questo caso
l’analisi PESTEL è utile per identificare gli elementi che in futuro potranno esercitare un
maggiore impatto su un settore, un’0area geografica o un mercato
 SVILUPPARE STORIE DIVERSE PER CIASCUN SCENARIO→ dato che dopo aver selezionato i
fattori chiave del cambiamento è necessario costruire una storia integrandoli tra loro, insieme
ad altri elementi, in modo da ottenere un racconto plausibile e coerente
 IDENTIFICARE I POSSIBILI IMPATTI SULL’ORGANIZZAZIONE DI SCENARI ALTERNATIVI→ in
quanto qualunque imprese dovrebbe controllare accuratamente ogni scenario plausibile e
modificare le strategie che appaiono più vulnerabili e sviluppare piani di emergenza nel caso in
cui gli scenari considerati si verificassero
 SORVEGLIARE GLI SVILUPPI→ dato che una volta messi a punto gli scenari, le imprese
dovrebbero monitorarne gli sviluppi nel tempo per vigilare sull’effettiva coerenza
dell’evoluzione di questi con le attese di scenario

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ANALISI DEL SETTORE E DELLO SPAZIO COMPETITIVO


Settore: è l’insieme delle imprese che producono beni e offrono servizi con caratteristiche
sostanzialmente simili (es. settore automobilistico o quello delle compagnie aeree). I settori si
articolano spesso in una molteplicità di mercati specifici o di segmenti di mercato.
Mercato: è l’insieme dei clienti di specifici prodotti o servizi che presentano caratteristiche simili (es.
un particolare mercato geografico). Così all’interno del settore automobilistico possiamo distinguere
per esempio il mercato europeo da quello americano o asiatico.
MODELLO DELLE FORZE COMPETITIVE
I settori hanno un grado di attrattività molto diverso, misurabile in base alla facilità con cui le imprese
appartenenti al settore possono immaginare di realizzare profitti elevati o meno. Ciò che influenza
principalmente la redditività è principalmente l’intensità della concorrenza e il potere contrattuale di
clienti e fornitori che varia nei diversi settori. Intensità della concorrenza bassa * potere contrattuale
di clienti e fornitori modesto = buone prospettive di profitto.
Modello delle 5 forze competitive di Porter: efficace riferimento per l’analisi del settore e consente di
valutarne il grado di attrattività in funzione di 5 fattori:
1. Grado di rivalità tra i concorrenti
2. Minacce dei potenziali nuovi entranti
3. Minacce dei prodotti sostitutivi
4. Potere contrattuale dei clienti
5. Potere contrattuale dei fornitori
Queste 5 forze nel loro insieme determinano la struttura di un settore che tende ad avere una certa
stabilità nel tempo. L’attrattività di un settore è minore tanto è elevata la pressione esercitata dalle
cinque forze competitive.
Questo modello può rivelarsi utile anche per analizzare il contesto di qualsiasi organizzazione
rappresentando una buona base di partenza per l’analisi strategica anche nei casi di organizzazioni
che non siano orientate al profitto.
Può contribuire anche a definire gli interventi strategici da programmare.

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 Rivalità tra le imprese del settore


Al centro delle cinque forze competitive si colloca la rivalità tra gli “incumbent” ovvero le
imprese concorrenti che sono in diretta competizione nel settore. Maggiore è il grado di
concorrenza nel settore peggiore sarà la situazione che gli incumbent devono fronteggiare.
Chi sono i concorrenti considerati rivali? Concorrenti = organizzazioni che si rivolgono allo
stesso gruppo di clienti con prodotti e servizi simili (non sostitutivi). Per esempio nel settore
del trasporto aereo in Europa sono imprese tra loro rivali le compagnie aeree Air France e
British Airways.
Esistono 5 fattori che determinano il grado di rivalità della concorrenza all’interno di un
settore:
 Numerosità dei concorrenti e relativa omogeneità delle dimensioni aziendali: quando
i concorrenti sono numerosi e hanno le stesse dimensioni aziendali il rischio di
un’intensa rivalità è elevato in quanto ciascun competitor cercherà di prevalere sugli
altri adottando per esempio politiche aggressive come la riduzione dei prezzi.
Concorrenza sarà invece minore in quei settori dove c’è la presenza di una o due
imprese dominanti (piccole imprese evitano lo scontro diretto con queste imprese e si
concentrano su nicchie di mercato)
 Tasso di crescita del settore: nei casi di elevati tassi di crescita del settore l’impresa
può ambire a crescere insieme al mercato.
Invece in un contesto di bassa crescita del settore la crescita dell’impresa dovrà
avvenire a danno degli altri concorrenti.
 Costi fissi elevati: i settori con un’elevata incidenza di costi fissi, perché caratterizzati
da importanti investimenti negli impianti o in attività di ricerca e sviluppo, presentano
una maggiore concorrenza tra le imprese. Le imprese cercheranno infatti di diminuire i

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prezzi dei loro prodotti inducendo i concorrenti a fare lo stesso e scatenando una
guerra sui prezzi che danneggerà tutti.
 Barriere all’uscita elevate: l’esistenza di elevate barriere all’uscita (si intende la
realizzazione di disinvestimenti da parte dell’impresa o la sua uscita dal mercato) tende
ad aumentare la concorrenza specialmente nei settori che stanno vivendo una fase di
declino.
 Differenziazione dei prodotti limitata: nei settori in cui i prodotti sono poco
differenziati la pressione competitiva è maggiore perché i clienti passano facilmente da
un prodotto all’altro e alle imprese non resta che competere sul prezzo (es. petrolio).

 Minacce di ingresso nel settore


La facilità con cui le imprese possono entrare in un settore influenza il grado di pressione
competitiva del settore stesso. Maggiore è la minaccia di ingresso esercitata da altre imprese
peggiori sono le prospettive di profitto per gli incumbent. Elevato grado di attrattività spesso è
sinonimo di alte barriere all’entrata.
Barriere all’entrata = ostacoli che devono essere superati dai nuovi entranti per iniziare a
competere in un settore.
Esistono 5 principali barriere all’entrata:
 Economie di scala e di esperienza: molto importanti in alcuni settori come in quello
della produzione di automobili. Una volta che gli incumbent raggiungono elevati volumi
di produzione per i nuovi entranti sarà molto oneroso raggiungere la stessa scala
dimensionale e fino ad allora dovranno sostenere costi di produzione maggiori. Le
barriere in entrata derivano anche dalla presenza di curve di esperienza che danno alle
imprese che già operano nel settore un significativo vantaggio di costo rappresentato
dall’apprendimento delle modalità più efficienti per lo svolgimento delle attività
aziendali.
 Accesso ai consumatori o ai canali di distribuzione: in molti settori le imprese
esercitano un controllo sull’offerta o sui canali di distribuzione che deriva dalla
proprietà diretta dei canali distributivi o dalla fidelizzazione dei consumatori o dei
distributori.
 Azioni di ritorsione da parte degli incumbent: le aspettative di eventuali ritorsioni da
parte delle imprese già presenti nel settore possono rappresentare una barriera
all’entrata. Queste azioni di ritorsione sono in genere guerre di prezzo o manovre
aggressive di marketing.
 Interventi legislativi e regolamentari della pubblica amministrazione: le normative
che limitano l’ingresso nel settore di nuovi concorrenti vanno dalla tutela della
proprietà intellettuale attraverso i brevetti, alla regolazione dei mercati, fino alle
specifiche politiche commerciali adottate dai governi dei singoli Stati.
 Caratteri delle condizioni di vantaggio degli incumbent: gli incumbent possono avere
vantaggi di costo o di differenziazione non accessibili ai nuovi entranti come la
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disponibilità di tecnologie proprietarie o l’identià di un marchio affermato (Coca Cola o


Pepsi).

 Minacce dei prodotti sostitutivi


Prodotti sostitutivi = prodotti o servizi che soddisfano lo stesso bisogno di altri prodotti o
servizi presenti sul mercato, pur essendo realizzati attraverso un diverso processo di
produzione, con l’utilizzo di materiali diversi o avendo comunque diversa natura (es. tablet
prodotti sostitutivi dei laptop nel settore IT). Questi possono ridurre la domanda di un
particolare tipo di prodotto o servizio. Anche il semplice rischio del passaggio dei consumatori
da un prodotto a quello sostitutivo è spesso sufficiente per imporre un limite alla crescita dei
prezzi praticati in un settore (es. anche se il treno che collega Parigi a Londra non ha
concorrenti diretti, un limite alla crescita del prezzo è rappresentato dal prezzo del biglietto
aereo tra le 2 città).
2 aspetti fondamentali quando si considerano i prodotti sostitutivi:
 Rapporto tra prezzo e prestazioni offerte: un prodotto o servizio sostitutivo può
rappresentare una minaccia anche se il suo prezzo è maggiore, se il consumatore
ritiene che offra prestazioni superiori.
 Impatto delle imprese che operano in altri settori: le minacce crescono i costi di
sostituzione (switching cost) ovvero i costi che i buyer dovranno sostenere per passare
al prodotto sostitutivo sono bassi. Maggiore è la minaccia derivante dai prodotti
sostitutivi minore è il grado di attrattività di un settore.

 Potere contrattuale dei clienti


Clienti = acquirenti diretti dei prodotti dell’impresa, ma non rappresentano necessariamente i
consumatori finali dei suoi prodotti. Se i clienti hanno un forte potere contrattuale possono
richiedere e ottenere prezzi più bassi o costosi servizi aggiuntivi riducendo i margini di profitto
dell’impresa.
Potere contrattuale dei clienti si potrebbe elevare al verificarsi di una di queste 4 condizioni:
 Concentrazione dei clienti elevata: potere contrattuale dei clienti aumenta quando un
numero ristretto di acquirenti si assicura una porzione rilevante delle vendite
dell’impresa. Aumenta anche quando un prodotto o servizio rappresenta un alta
percentuale degli acquisti soprattutto se è possibile trovare lo stesso prodotto o
servizio a prezzi più bassi.
 Switching cost limitati: la possibilità di sostituire facilmente un fornitore a un altro
senza incorrere in costi aggiuntivi conferisce ai clienti un ampio potere negoziale e
permette loro di esercitare un’elevata pressione sulle imprese che offrono lo stesso
prodotto o servizio. Gli switching cost sono in genere minori per i beni standardizzati e
poco differenziati come le materie prime.

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 Minacce di concorrenza da parte dei clienti: il potere contrattuale dei clienti sarà
maggiore se essi hanno la capacità di procurarsi autonomamente una determinata
fornitura. In questo modo potrebbero minacciare di decidere di produrre direttamente
il bene piuttosto che acquistarlo. Tale processo prende il nome di integrazione
verticale a monte.
 Reddittività dei clienti marginale e impatto sulla qualità dell’offerta non significativo:
scarsa reddittività che giustifica le pressioni per una riduzione dei costi e ridotto
impatto dei prodotti acquistati sulla qualità dei prodotti offerti.

È importante distinguere i clienti dai consumatori finali in quanto i clienti hanno


maggiore potere contrattuale.

 Potere contrattuale dei fornitori


Fornitori = soggetti che offrono all’impresa ciò di cui ha bisogno per la produzione di beni e
servizi.
Il potere contrattuale dei fornitori dipende dal verificarsi di queste condizioni:
 Concentrazione dei fornitori elevata: potere contrattuale dei fornitori è maggiore
quando il numero di coloro da cui l’impresa può approvvigionarsi è ridotto (es. settore
dei minerali ferrosi ha solo 3 operatori principali e quindi risulta essere molto
concentrato).
 Switching cost elevati: se il passaggio da un fornitore all’altro risulta essere molto
dispendioso ciò determinerà una maggiore dipendenza dell’impresa acquirente dai
propri fornitori (es. Microsoft rappresenta un fornitore con un forte potere
contrattuale). Lock-in strategici si verificano quando i clienti diventano dipendenti da
un fornitore e non possono utilizzare un altro fornitore se non a fronte di consistenti
costi di sostituzione. Quando i clienti sono saldamente locked in diventa possibile
tenere i prezzi ben al di sopra dei costi.
 Minacce di concorrenza da parte dei fornitori: i fornitori hanno un potere contrattuale
maggiore quando sono in grado di entrare in relazione diretta con i consumatori finali
bypassando coloro che operano in qualità di intermediari (es. compagnie aeree hanno
aumentato il loro potere contrattuale quando hanno introdotto i sistemi di
prenotazione e acquisto online). Processo chiamato integrazione verticale a valle.
 Differenziazione dei prodotti: quando i prodotti o servizi sono molto differenziati i
fornitori hanno un potere contrattuale maggiore.

Alcuni settori potrebbero richiedere di considerare una sesta forza includendo le organizzazioni che
sono complementari (complementor) piuttosto che concorrenti (competitor).
Organizzazione complementare ad un’altra se ne accresce l’attrattività per clienti o fornitori.

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Quando i clienti attribuiscono un maggior valore ai prodotti o ai servizi di u’ impresa per il fatto di
utilizzare anche i prodotti di un’altra impresa si parla di complementarità dal lato della domanda (es.
fornitori di applicazioni sono complementari ad Apple e agli altri produttori di smartphone e tablet.
Dal lato dell’offerta, un impresa è complementare a un’altra se approvvigionare quell’impresa risulta
più vantaggioso in quanto gli stessi servizi possono essere forniti anche ad altre organizzazioni. In
questo senso compagnie aeree concorrenti possono essere considerate tra loro complementari
perché per il fornitore di entrambe risulta più attraente investire per migliorare o innovare il prodotto
offerto a due clienti piuttosto che uno soltanto.
C’è dunque un cambiamento di prospettiva: mentre le 5 forze di Porter considerano le organizzazioni
come organismi che competono tra loro, le imprese complementari tendono a cooperare per
accrescere il valore complessivo disponibile.
Rete di valore = mappa delle organizzazioni che operano in un determinato spazio competitivo e che
dimostrano come sia la cooperazione sia la competizione possano offrire opportunità di creazione del
valore.
Inoltre i clienti possono attribuire un maggior valore ad un prodotto anche quando altri clienti
utilizzano lo stesso prodotto o servizio. Si parla di esternalità di rete = situazione in cui un cliente di un
prodotto o di un servizio determina un effetto positivo sul valore attribuito a quel prodotto dagli altri
consumatori (es. eBay).

Elementi fondamentali nell’analisi del settore:

 Definire il settore stesso che non deve essere definito ne in modo troppo ampio ne in modo
troppo stretto
 Considerare la più ampia catena del valore del settore. Diversi settori contribuiscono spesso a
diverse aree della catena del valore o del sistema del valore, dovendo quindi essere analizzati
separatamente.
 Importante considerare se e in che misura il mercato nazionale, regionale o globale e se i
segmenti del prodotto o del servizio differiscano tra loro.
Lo scopo dell’analisi delle cinque forze competitive consiste nel valutare l’attrattività del settore e la
possibilità di gestire le strategie in modo da conseguire un vantaggio competitivo difendibile,
promuovendo la sopravvivenza nel lungo periodo dell’organizzazione.
6 fasi dell’analisi del settore:

 Definire con chiarezza il settore: gli attori che operano nel settore hanno a che fare con gli
stessi clienti, fornitori, barriere all’entrata e prodotti sostitutivi?
 Definire gli attori di ciascuna delle cinque forze e se rilevante evidenziare i diversi gruppi che
possono essere individuati al loro interno e i criteri adottati per la loro identificazione
 Definire l’intensità complessiva di ogni forza competitiva e i fattori sottostanti
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 Valutare la struttura complessiva del settore e la sua relativa attrattività


 Valutare per ciascuna forza i cambiamenti recenti e quelli attesi
 Stabilire il posizionamento del business in relazione alle cinque forze

STRUTTURA DEL SETTORE E DINAMICHE EVOLUTIVE


Struttura del settore è soggetta a modificarsi e in alcuni casi a periodi di instabilità. Necessario quindi
considerare le dinamiche evolutive del settore e il cambiamento delle forze competitive.
1) Occorre dunque considerare il possibile cambiamento dei confini del settore.
2) Occorre considerare che molti settori stanno convergendo. Si parla di convergenza quando
settori in precedenza separati cominciano a sovrapporsi e a integrarsi in termini di attività,
tecnologie, prodotti e consumatori (es. il cambiamento tecnologico per esempio ha portato
alla convergenza tra il settore della telefonia e quello degli apparecchi fotografici e quello dei
personal computer quando i telefoni mobili sono diventati degli smartphone).
CICLO DI VITA DEL SETTORE
Ciascun settore durante il suo corso di vita attraversa 5 fasi fondamentali:
1) Fase di sviluppo: fase sperimentale caratterizzata da:
a. Poche imprese non direttamente concorrenti
b. Prodotti altamente differenziati
c. Fattore chiave è l’innovazione
d. Influenza non elevata delle cinque forze competitive
e. Profitti non troppo elevati a causa degli elevati investimenti che le imprese devono
sostenere
2) Fase di crescita: caratterizzata da:
a. Alta crescita
b. Concorrenza non ancora particolarmente aggressiva
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c. Reddittività non sempre soddisfacente


d. Basse barriere all’entrata (questo perché le imprese non hanno ancora raggiunto
un’adeguata esperienza nel settore o una consolidata fedeltà del consumatore)
e. Elevato potere contrattuale dei fornitori se c’è una scarsità di materiali che le imprese
necessitano
f. Debole potere contrattuale dei clienti
g. Fattore chiave è la capacità di crescere
3) Fase di consolidamento: ha inizio quando il mercato, progressivamente popolato di
concorrenti, si avvicina ad un elevato grado di saturazione. Caratterizzata da:
a. Rivalità in aumento
b. Tassi di crescita in diminuzione
c. Uscita di molte imprese dal mercato
d. Fattori chiave sono le risorse manageriali e finanziarie
4) Fase di maturità: caratterizzata da:
a. Elevato potere contrattuale dei clienti
b. Bassi tassi di crescita
c. Standardizzazione dei prodotti
d. Alte barriere all’entrata (relazioni con canali di distribuzione ormai consolidate)
e. Fattori chiave sono la quota di mercato e il livello dei costi
5) Fase di declino: caratterizzata da:
a. Estrema rivalità tra le imprese del settore specialmente nei casi di elevate barriere
all’uscita (dog-eat-dog competition) basata sul prezzo
b. Fattori chiave sono il livello dei costi e l’impregno strategico
c. Imprese che riescono a sopravvivere possono comunque dimostrarsi redditizie
(assumono posizioni monopolistiche)
l’intensità delle cinque forza varia in funzione della fase del ciclo di vita del settore.
Importante evidenziare come queste fasi non sempre si avvicendano in modo prevedibile e la loro
stessa durata può variare ampiamente tra i diversi settori (es. settori legati ad Internet hanno
raggiunto rapidamente la fase di maturità)

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Oltre a valutare l’intensità delle forze competitive come fatto in precedenza è molto importante
considerare la loro evoluzione nel tempo.

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Una forza competitiva presenta minore intensità quanto più la linea che la rappresenta si allontana
dall’origine degli assi.
Nelle situazioni in cui le forze competitive sono deboli l’area compresa tra le linee è più estesa; nelle
situazioni in cui le forze esercitano una maggiore pressione invece l’area tra le linee si riduce.
Maggiore è l’area maggiore saranno i profitti potenziali.
Guardando la figura possiamo osservare 2 aree diverse:

 Area delimitata dalle linee più chiare: questo settore presenta:


o Basso livello di rivalità tra le imprese concorrenti
o Bassa minaccia dei prodotti sostitutivi
o Moderata minaccia esercitata dai nuovi entranti
o Potere contrattuale dei clienti elevato
o Potere contrattuale dei fornitori elevato
In conclusione moderato grado di attrattività
 Area delimitata dalle linee scure (previsioni sull’evoluzione della struttura del settore tra 5
anni): caratterizzato da:
o Aumento della minaccia dei prodotti sostitutivi
o Riduzione della minaccia dei nuovi entranti
o Riduzione del potere contrattuale dei clienti
o Riduzione del potere contrattuale dei fornitori
o Riduzione della rivalità tra competitor

Classico caso di un settore in cui poche imprese riescono ad assumere una posizione
dominante. Futuro di maggiore attrattività del settore.
Si può dunque dire che confrontare le 5 forze competitive nel tempo permette di cogliere
l’aspetto dinamico all’analisi della struttura del settore.

MERCATI E CONCORRENZA
Talvolta il settore può rappresentare un livello di analisi troppo ampio per riuscire ad offrire un
quadro dettagliato della concorrenza. Per esempio Hyundai e Porsche sono imprese che operano
nell’industria automobilistica ma che si posizionano all’interno del settore in modo alquanto
differente. Può essere dunque utile dividere il settore nei diversi mercati. Molti settori comprendono
un’ampia varietà di imprese, ciascuna delle quali è caratterizzata da capacità diverse e persegue in
modo diverso un vantaggio competitivo.
Raggruppamenti strategici = rappresentano gruppi di imprese che all’interno dello stesso settore
presentano caratteri e comportamenti strategici simili perseguendo il vantaggio competitivo in modo
sostanzialmente omogeno e adottando strategie simili.

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Questi caratteri e comportamenti strategici sono diversi da quelli di altri raggruppamenti strategici
presenti nello stesso settore (es. settore della distribuzione alimentare supermercati e negozi al
dettaglio appartengono a raggruppamenti strategici differenti).
2 elementi fondamentali che consentono di distinguere tra loro i raggruppamenti strategici:

 Ambito di attività di un’organizzazione:


o Ampiezza della gamma di prodotti e servizi
o Ampiezza dei mercati geografici coperti
o Numero di segmenti di mercato serviti
o Canali di distribuzione utilizzati
 Scelte nell’impiego delle risorse:
o Dimensione aziendale
o Numero dei marchi
o Investimenti in marketing
o Grado di integrazione verticale
o Qualità dei prodotti e dei servizi
o Leadership tecnologica

I più importanti sono quelli che permettono di distinguere i raggruppamenti strategici in base ai
risultati che le imprese che vi appartengono riescono a conseguire.
Un metodo per definire le variabili su cui costruire la mappa dei raggruppamenti strategici è quello di
identificare le imprese top performer di un settore per confrontarle successivamente con quelle low
performer. Le caratteristiche possedute dai top performer in maniera o in misura diversa dai low
performer rappresentano gli elementi più rilevanti per identificare i diversi raggruppamenti strategici.
[guarda figura e spiegazione pagina 79]
L’individuazione dei raggruppamenti strategici è utile per 3 motivi:
o Comprensione delle caratteristiche della concorrenza: i manager possono concentrare
l’attenzione sui concorrenti diretti all’interno del proprio raggruppamento strategico piuttosto
che considerare la concorrenza presente nell’intero settore. Inoltre possono focalizzarsi
sull’analisi della struttura del settore in modo più specifico e aiutare le imprese a identificare le
variabili che potrebbero rappresentare la base del successo o del fallimento delle stesse.
o Analisi delle opportunità strategiche: la mappa dei raggruppamenti può identificare gli spazi
strategici che presentano maggiore attrattiva all’interno di un settore. Alcuni spazi potrebbero
essere spazi bianchi ovvero sotto presidiati mentre altri buchi neri ovvero capaci di
pregiudicare il successo o la stessa sopravvivenza di qualunque impresa pensi di occuparli.
o Analisi delle barriere alla mobilità: muoversi tra un raggruppamento strategico e l’altro per
ottenere vantaggi derivanti dalle opportunità individuate non è una strategia priva di costi
(barriere alla mobilità). Sebbene questi spostamenti possano sembrare molto attraenti nella
realtà potrebbero richiedere investimenti finanziari molto elevati.
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Segmenti di mercato = gruppo di clienti che presentano bisogni simili fra loro ma diversi rispetto
ai bisogni di altri clienti del settore.
Nicchie = segmenti di mercato composti da gruppi molto piccoli di clienti.
La dominanza di un segmento o nicchia di mercato può essere molto vantaggiosa per un’impresa.
2 questioni importanti:
o Differenziazione e variabilità dei bisogni dei clienti: una solida strategia di segmentazione
del mercato può essere costruita focalizzandosi sui bisogni differenziati dei clienti. Il
criterio che può rivelarsi decisivo per effettuare la segmentazione varia a seconda dei
mercati di riferimento (es. nei mercati dei beni industriali la segmentazione spesso è
concepita in termini di classificazione settoriale degli acquirenti (distinzione tra industria
automobilistica, del packaging e delle costruzioni)). Riuscire a servire in modo peculiare un
segmento di mercato in cui le altre imprese non riescono ad operare in modo efficace
costituisce spesso la base per una solida strategia di lungo periodo.
o Specializzazione in una nicchia di mercato: le imprese che hanno maturato negli anni
significative esperienze nel servire un particolare segmento di mercato dovrebbero riuscire
a competere non solo in base ai costi minori rispetto alla concorrenza ma anche in base
alle relazioni preferenziali instaurate con i diversi attori che operano nel mercato. Tuttavia
le imprese che decidono di focalizzarsi su una particolare nicchia di mercato potrebbero
avere difficoltà a competere sull’intero settore.

Strategy canvas = mette a confronto le imprese concorrenti in base alle loro performance rispetto ai
fattori critici di successo, allo scopo di determinarne il relativo grado di differenziazione. Consente di
cogliere i principali fattori che determinano il contesto concorrenziale di un settore.
Fattori critici di successo = rappresentano le caratteristiche del prodotto/servizio che sono
considerate particolarmente importanti dai clienti o che presentano un significativo vantaggio in
termini di costi.

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in questa figura vengono identificati 5 fattori critici di successo nel settore della componentistica
elettrica (costo, servizi post vendita, affidabilità della consegna, qualità tecnica, servizi di collaudo).
Inoltre troviamo un sesto fattore (servizi di consulenza legati alla progettazione).
o Le curve del valore rappresentano graficamente come i clienti percepiscono le performance
delle imprese concorrenti, rispetto ai fattori critici di successo.
Le aziende A e B ottengono buone performance in termini di costo, servizi post vendita,
affidabilità della consegna e qualità tecnica ma non sono altrettanto apprezzate per quanto
riguarda i servizi di collaudo. Entrambe non offrono nessun tipo di attività di consulenza legata
alla progettazione. Sono poco differenziate e occupano uno spazio di mercato
potenzialmente poco redditizio per l’eccessiva rivalità tra le stesse imprese.
L’azienda C invece presenta una curva del valore totalmente diversa con un andamento che
è tipico di un innovatore di valore.
o L’innovazione di valore è la creazione di un nuovo spazio di mercato grazie alla capacità
dell’impresa di eccellere rispetto ad alcuni fattori critici di successo nei quali gli altri
concorrenti non riescono ad ottenere buone performance o alla capacità di identificare fattori
critici di successo nuovi non ancora soddisfatte dei consumatori.
L’azienda C è riuscita a soddisfare i tradizionali bisogni dei clienti riuscendo a offrire un
eccellente servizio nel collaudo dei propri prodotti e offrendo un nuovo ed apprezzato servizio
di consulenza.
Un innovatore di valore è un’impresa che compete negli “Oceani Blu”.

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Gli oceani blu rappresentano nuovi spazi di mercato in cui la concorrenza è minima. Si
contrappongono agli oceani rossi nei quali la struttura e i caratteri dei settori sono definiti e
consolidati e la rivalità è intensa. Questi oceani blu rappresentano dei strategic gap di mercato ovvero
quelle opportunità non ancora pienamente sfruttate dalle imprese concorrenti.
Nella figura la strategia dell’azienda C esemplifica 2 concetti essenziali del framework degli Oceani
Blu: la focalizzazione e la divergenza.
Infatti l’azienda C si concentra prevalentemente su 2 elementi dell’offerta, l’attività di collaudo e il
servizio di consulenza per la progettazione limitandosi a mantenere livelli di performance
soddisfacenti riguardo agli altri fattori critici di successo.
Inoltre l’azienda C ha costruito una curva del valore che diverge significativamente da quella degli altri
concorrenti creando cosi uno strategic gap nell’area dei servizi di collaudo e dei servizi di consulenza.
Sfidare le aziende A e B sugli altri fattori critici di successo rappresenterebbe una strategia oceano
rosso che determinerebbe una maggiore rivalità nel settore.

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RISORSE, CAPACITA’ E POTENZIALE AZIENDALE


Ciò che giustifica le differenze di performance tra le aziende non sono le caratteristiche dell’ambiente,
bensì le differenze tra le risorse e le capacità specifiche delle imprese. L’attenzione si sposta quindi su
ciò che rende diverse le imprese che operano all’interno dello stesso settore e dello stesso contesto
ambientale (come configurano in modo differente le proprie risorse e proprie capacità).
1) Primo aspetto importante è che le organizzazioni non sono tutte uguali (imprese sono tra loro
eterogenee)
2) Secondo aspetto è che potrebbe essere molto difficile per un’organizzazione riuscire a imitare
o riprodurre le risorse e le capacità proprie di un’altra organizzazione.
Ciò che deve fare il management è quindi comprendere le specificità della propria organizzazione per
creare un vantaggio competitivo duraturo e per ottenere risultati superiori a quelli delle imprese
concorrenti.
Questi concetti sono alla base dell’approccio resource – based view (RBV). Secondo questo approccio
il vantaggio competitivo e le superiori performance di un’organizzazione possono trovare una
spiegazione nelle peculiarità delle risorse e delle capacità che distinguono ciascuna organizzazione
dalle altre.
Potenziale aziendale: quali sono i suoi fondamenti? Risorse e capacità aziendali contribuiscono a
garantire la sopravvivenza di un’organizzazione nel lungo periodo e concorrono a configurare il suo
potenziale vantaggio competitivo.
Risorse = insieme degli asset che un’organizzazione possiede o sui quali può contare. “cio che
l’impresa possiede”
Capacità = modalità con le quali questi asset vengono utilizzati o sfruttati. “ciò che l’impresa riesce a
fare bene”.
Risorse e capacità sono strettamente connesse tra loro. Le risorse sono sicuramente essenziali ma
ancora più importante è il modo nel quale esse vengono integrate e utilizzate dall’impresa.

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Livello soglia del potenziale aziendale = livello di risorse e capacità di cui un’organizzazione ha
bisogno per poter competere in un determinato mercato e raggiungere un risultato almeno
equivalente a quello dei concorrenti. Ciò che è richiesto all’organizzazione per sopravvivere e durare
nel tempo (es. imprese in fase di start – up).
Non solo le imprese in fase di start – up ma anche le imprese già consolidate devono riuscire a
identificare i livelli minimi di risorse e capacità aziendali richiesti per stare sul mercato. Talvolta un
cambiamento del livello soglia delle risorse aziendali può essere necessario per soddisfare le richieste
dei clienti. Altre volte il cambiamento del livello di soglia delle capacità aziendali può essere richiesto
per rispondere alle aspettative dei consumatori.
Identificare e gestire il livello soglia del potenziale aziendale rappresenta una sfida non semplice visto
che può variare al variare di fattori critici di successo o a causa delle manovre aziendali dei
competitor.
Nonostante sia importante il raggiungimento del livello soglia del potenziale aziendale non è in grado
di assicurare un vantaggio competitivo e non può rappresentare una base solida per garantire
performance aziendali superiori a quelle dei competitor.
Risorse e capacità distintive = risorse e capacità che permettono all’azienda di distinguersi dai propri
competitor e quindi conquistare un vantaggio competitivo duraturo.
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Risorse distintive = fattore fondamentale del vantaggio competitivo che i concorrenti non possono
procurarsi o non sono capaci imitare (es. marchio affermato).
Capacità distintive = modi di fare le cose che rendono unica quell’impresa, apprezzati dai consumatori
e non imitabili dalla concorrenza (es. design e conoscenza delle preferenze dei consumatori).
Capacità e risorse che vengono integrate tra loro vengono definite core competence. Questo per
mettere in evidenza il legame che viene a crearsi tra un insieme di attività, capacità, abilità e risorse
strettamente collegate tra loro.
MODELLO VRIO
Il modello VRIO racchiude i quattro criteri principali che si possono individuare per valutare le
condizioni che consentono alle risorse e alle competenze di determinare un vantaggio competitivo:
questi sono:
o Valore: sono considerate risorse e capacità di particolare valore quelle che permettono di
creare un prodotto o un servizio che è apprezzato dai consumatori e che consentono
all’impresa di cogliere le opportunità e di contrastare le minacce che derivano dall’ambiente
esterno. 3 elementi consentono di apprezzare il valore del potenziale aziendale:
o Capacità di sfruttare le opportunità e neutralizzare le minacce: si coglie
un’opportunità ogni volta che una risorsa o una capacità contribuiscono ad accrescere
il valore per i clienti sia tramite la diminuzione del prezzo sia tramite la maggiore
attrattività di un prodotto o servizio (es. Ikea – dimensione aziendale, cultura orientata
a contenere i costi e capacità di unire componenti diverse)
o Capacità di creare valore per i clienti: può apparire ovvio ma nella realtà il
management potrebbe considerare preziosa una capacità soltanto perché esclusiva
sebbene essa non sia particolarmente apprezzata dai consumatori.
o Capacità di contenere i costi: i prodotti e servizi devono essere realizzati a un costo che
permetta all’impresa di realizzare la reddittività attesa.
o Rarità: risorse e capacità sono rare quando sono possedute esclusivamente da una o da poche
organizzazioni. Il vantaggio che ne deriva in questo caso può essere di lungo periodo (es.
brevetto o una posizione geograficamente strategica). Questa condizione di rarità è per sua
natura transitoria e destinata ad esaurirsi nel tempo.
o Inimitabilità: risorse e capacità difficili da imitare, riprodurre o sostituire da parte dei
concorrenti. Vantaggio competitivo potrà essere mantenuto nel tempo solo se la concorrenza
non sarà in grado di imitarle o di riprodurle in altro modo (ostacoli all’imitazione sono
rappresentati dalle connessioni tra le attività, capacità e le persone di un’organizzazione).
Vantaggio competitivo è più frequentemente determinato dalle capacità aziendali.
Ci sono 3 principali condizioni di inimitabilità:
o Complessità: risorse e capacità di un’organizzazione possono essere imitate
difficilmente perché sono complesse e implicano una molteplicità di legami e
interconnessioni. Questo può dipendere da 2 motivi:

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 Interconnessioni interne: per i concorrenti è molto difficile riuscire a riprodurre


una realtà così complessa a causa delle numerose interazioni che legano
profondamente tra loro decisioni e attività aziendali. Questa difficoltà deriva dal
fatto che essi si sono generati nel corso degli anni in stretta relazione con le
consuetudini e le routine organizzative dell’impresa (es. ikea e ryanair
continuano a beneficiare di vantaggi competitivi nonostante i tentativi di
spiegare le ragioni del loro successo).
 Interconnessioni esterne: vantaggio compeittiov difficilemtne inimitabile da
parte dei concorrenti anche grazie allo sviluppo di una rete di attività condivise
con i clienti e i partner commerciali in modo da renderli dipendenti dall’impresa
(es. Apple ha numerosi legami con sviluppatori di applicazioni).
o Ambiguità causale: difficoltà per i concorrenti di individuare i nessi causali che sono
alla base del vantaggio competitivo di un’organizzazione. 2 aspetti diversi:
 Ambiguità dei caratteri distintivi: dovuta alla difficoltà di comprendere quali
sono i caratteri distintivi di una risorsa o di una competenza e questo può
dipendere dal fatto che esse si basano su conoscenze tacite e radicate nella
cultura dell’organizzazione.
 Ambiguità del sistema di relazioni: per i concorrenti potrebbe essere difficle
riusicre a comprendere le relazioni di causalità che legano trs loro determinate
attività e processi aziendali.
o Cultura e storia: le competenze sono spesso parte integrante della cultura
organizzativa. La storia inoltre (path – dependecy) ha un ruolo importante.
o Organizzazione: impresa deve essere anche capace di strutturarsi, dotandosi dei sistemi e dei
processi organizzativi idonei a sostenere adeguatamente le sue potenzialità. Ciò implica che
l’impresa si doti di un’adeguata struttura organizzativa. Alcuni potenziali vantaggi competitivi
potrebbero infatti essere compromessi se l’impresa non fosse organizzata in modo da trarre il
maggiore beneficio da risorse e capacità di valore e/o rare e/o inimitabili.
Ciò implica la strutturazione di sistemi formali e informali di controllo di gestione finalizzati a
supportare e sfruttare pienamente il potenziale aziendale.

VALUTAZIONE DEL POTENZIALE AZIENDALE


Il management di un’impresa ha la responsabilità di gestire e valutare il potenziale aziendale
utilizzando diversi strumenti di diagnosi (modello VRIO, catena e sistema del valore, sistema
delle attività, benchmarking e analisi SWOT).
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1. ANALISI VRIO: strumento utile per valutare se un’impresa dispone di risorse e capacità
sufficienti per conseguire e difendere un determinato vantaggio competitivo. Analisi
VRIO aiuta a valutare se, come e fino a che punto un’impresa abbia risorse e capacità
che sono di valore, rare, inimitabili e supportate dall’organizzazione. Può essere
condotta a livello di:
 Funzione aziendale (ricerca e sviluppo, acquisti, produzione ecc.)
 Singola risorsa o capacità
 Sulle diverse fasi della catena o del sistema del valore
Per il management è più importante saper distinguere un vantaggio duraturo da
uno temporaneo piuttosto che tra situazioni di parità competitiva e di svantaggio
competitivo.

2. CATENA DEL VALORE E SISTEMA DEL VALORE:


CATENA DEL VALORE: descrive le diverse categorie di attività svolte all’interno di
un’organizzazione che, nel loro insieme, contribuiscono a creare un prodotto o un
servizio.
Se le organizzazioni devono conquistare un vantaggio competitivo creando valore per i
propri clienti, il management deve comprendere quali attività svolte all’interno
dell’organizzazione siano maggiormente significative per la creazione del valore (catena
del valore utile per fare ciò).
La catena del valore pensa all’organizzazione come ad un insieme di attività.
Distinzione tra:
 Attività primarie (direttamente collegate alla creazione di un prodotto o
all’erogazione di un servizio). Queste sono:
o Logistica in entrata (es. approvvigionamento, ricevimento di materie
prime)

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o Attività operative (trasformano gli input in prodotti finiti o in servizi –


es. produzione, assemblaggio)
o Logistica in uscita (attività di raccolta, stoccaggio e distribuzione del
prodotto presso i rivenditori o il consumatore finale)
o Marketing e le vendite (promuovono e facilitano l’acquisto da parte del
consumatore finale – es. pubblicità)
o Servizi (attività che accrescono o preservano il valore di un prodotto o
servizio – es. manutenzione o riparazione)
 Attività di supporto (contribuiscono a migliorare l’efficienza e l’efficacia delle
attività primarie). Queste sono:
o Gestione degli approvvigionamenti (processi di acquisto dei diversi
input necessari per le attività primarie)
o Sviluppo della tecnologia (tutte le attività che generano valore
utilizzando diverse tecnologie – es. ricerca e sviluppo o design di un
prodotto)
o Gestione delle risorse umane (tutte le attività di selezione, gestione,
formazione del personale)
o Attività infrastrutturali (sistemi formali di pianificazione, attività di
amministrazione ecc.)
Catena del valore può essere utilizzata in 3 modi diversi:

 Descrizione generica delle attività: per aiutare il management a


comprendere se esistono aree in grado di generare un maggior
valore per i clienti.
 Utilizzo del modello VRIO per analizzare le singole attività e
funzioni della catena del valore: per consentire al management di
valutare il posizionamento competitivo dell’impresa
 Valutare le aree ove sia possibile ridurre i costi e quelle aree che
creano valore all’interno dell’organizzazione. Questo avviene in 4
fasi:
o Identificazione delle diverse aree di attività che creano valore
o Valutazione dell’importanza relativa dei costi sostenuti per le
diverse attività della catena del valore
o Valutazione dell’importanza relativa delle diverse attività
rispetto ai concorrenti
o Individuazione delle aree e delle modalità di intervento per
ridurre i costi

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SISTEMA DEL VALORE: maggior parte delle organizzazioni partecipa a un sistema del
valore ovvero ad un insieme di relazioni inter – organizzative necessarie per la
creazione di un prodotto o di un servizio.
Raramente un’organizzazione svolge internamente tutte le attività della propria catena
del valore. La specializzazione in determinati ruoli contribuisce a rendere
un’organizzazione parte integrante di un sistema del valore più ampio.
3 questioni importanti:
 Make or buy? La decisione relativa all’esternalizzazione di una particolare
attività rappresenta una scelta critica. Se le attività risultano meno costose
quando vengono affidate a terzi, senza generare ripercussioni negative può
essere conveniente lasciarle svolgere ad altri nell’ambito di un comune sistema
del valore.
 Quali sono le attività e le strutture di costo / prezzo del sistema del valore? La
comprensione del sistema del valore e delle sue relazioni con la catena del
valore dell’impresa è fondamentale perché eventuali mutamenti del contesto
ambientale che determinassero variazioni nella struttura dei rapporti costo /
prezzo di determinate attività potrebbero richiedere di riconsiderare la scelta di
esternalizzare o integrare quell’attività.
 Dove sono i profit pools? Indica i differenti livelli di reddittività realizzabili nelle
diverse aree del sistema del valore.

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3. IL SISTEMA DELLE ATTIVITA’: come detto in precedenza la configurazione delle risorse


e delle capacità cioè il modo in cui queste sono combinate tra loro differisce da
impresa ad impresa. Proprio questa diversa configurazione del potenziale aziendale
rende unica ciascuna impresa e spiega l’originalità della sua strategia.
Molti autori compreso Michael Porter hanno evidenziato l’importanza di dotarsi di
una mappa del sistema delle attività dell’impresa, indicando vari modi per costruire
tale rappresentazione.
Il punto di partenza è la definizione dei temi strategici di ordine superiore ovvero i
modi attraverso i quali l’organizzazione fronteggia i fattori critici di successo individuati
nel proprio spazio competitivo o settore di attività.
Il passo successivo è l’identificazione dei cluster di attività che sono alla base di
ciascuno di questi fattori critici di successo e l’individuazione delle modalità con le
quali questi ultimi interagiscono o meno reciprocamente.
Il risultato di questa analisi ci offre una mappa delle imprese in termini di sistema
delle attività.

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Il tema strategico di ordine superiore è la consolidata conoscenza di come la


comunicazione possa influenzare efficacemente le dinamiche di potere dei processi
decisionali. Questo tema è poi collegato ad altri temi strategici di ordine superiore (i
rettangoli) che sono collegati a loro volta ad una serie di attività di supporto (gli ovali).
Nel mappare il sistema delle attività occorre dare rilievo a 4 punti:
 Relazioni con la catena del valore: le varie attività mappate possono essere
viste come parti della catena del valore
 Relazioni all’interno del sistema delle attività: evidenzia l’importanza delle
diverse attività e il loro supporto reciproco nel creare valore per i clienti.
 Relazioni con il modello VRIO: queste interconnessioni possono essere le basi
di un vantaggio competitivo duraturo. La loro combinazione risulta infatti di
valore per i clienti, altamente specifica e rara. Inoltre mentre i singoli
componenti di un processo possono essere facilmente imitati le modalità in cui
questi si relazionano e si combinano tra loro generano quella complessità e
ambiguità causale che li rende inimitabili. Altre attività del sistema
contribuiscono a fornire supporto organizzativo per altre attività.
 Attività superflue: i manager devono anche interrogarsi sull’eventuale
possibilità che alcune attività non contribuiscano alla creazione del valore o che
non siano comunque necessarie per perseguire una determinata strategia per
eliminarle.
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4. BENCHMARKING: strumento utilizzato per comparare un’organizzazione rispetto alle


altre. Possono essere imprese rivali oppure altre organizzazioni che svolgono la stessa
attività produttiva o funzioni simili. 2 approcci al benchmarking:
 Benchmarking a livello di settore o mercato: confrontando i risultati ottenuti
con quelli dei concorrenti dello stesso settore o di imprese che offrono servizi
simili si possono ottenere utili informazioni su alcuni standard di performance. Il
rischio è rappresentato dal possibile peggioramento delle performance
dell’intero settore.
 Best – in – class benchmarking: confronta le capacità e le performance di
un’organizzazione con quelle delle imprese migliori indipendentemente dal
settore in cui operano cercando cosi di ovviare ad alcuni limiti riscontrati
nell’altra tipologia di benchmarking.

2 potenziali limitazioni:
 Confronti superficiali: se si limita a comparare risultati non identificando quei
fattori che hanno permesso di ottenere le relative performance
 Obiettivo limitato al raggiungimento della parità competitiva: può aiutare
un’organizzazione a raggiungere un livello soglia di risultati soddisfacente ma
l’organizzazione che desiderasse ottenere un vantaggio competitivo dovrebbe
saper andare oltre sviluppando le proprie risorse e capacità distintive.

5. ANALISI SWOT: fornisce un quadro sommario dei punti di FORZA (S, strenght), e di
DEBOLEZZA (W, weakness) che derivano dall’analisi del potenziale aziendale insieme
alle OPPORTUNITA’ (O, opportunity) e alle MINACCE (T, threat) che mergono
dall’analisi dell’ambiente.
Lo scopo principale di questa analisi è identificare il grado di rilevanza dei punti di forza
e debolezza e la loro capacità di affrontare i cambiamenti dell’ambiente competitivo.
Viene attribuito un punteggio (da +5 a – 5) come metro di misurazione per valutare le
relazioni tra fattori esterni e punti di forza e debolezza dell’impresa.
Importante ricordare che l’analisi SWOT ha natura comparativa. Dunque è ancora più
utile quando compara punti di forza, di debolezza, minacce e opportunità di
un’impresa con quelli dei concorrenti.

Devono essere considerati 2 rischi principali:


 Elenco troppo lungo di fattori: importante la definizione di un’adeguata scala di
priorità. Primo luogo ci si deve concentrare sui punti di forza e debolezza.
Secondo luogo sulle opportunità e minacce. Infine si possono riassumere i
risultati.

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 Affidamento eccessivo per uno strumento sommario e comunque non


sostituivo dell’analisi strategica: rischio di un eccessivo affidamento da parte
dei manager sulle proprie convinzioni spesso condizionate dal pregiudizio.

Uno strumento molto utile per svolgere questo tipo di analisi è la matrice TOWS. Ogni
quadrante della matrice può essere utilizzato per identificare una diversa
combinazione di fattori interni ed esterni.

PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA


OPPORTUNITA’ Opzioni strategiche che Opzioni strategiche che
sfruttano i punti di forza riescono a cogliere le
per cogliere le opportunità, superando i
opportunità punti di debolezza
MINACCE Opzioni strategiche che Opzioni strategiche che
utilizzano i punti di forza riducono al minimo i punti
per contrastare, eludere o di debolezza e che
contenere le minacce riescono ad eludere o
contenere le minacce

POTENZIALE AZIENDALE E DYNAMIC CAPABILITY


Il management deve saper gestire e sviluppare le risorse e le capacità. Se non esistono risorse e
capacità per ottenere un vantaggio competitivo i manager devono riuscire a capire se queste possono
essere sviluppate. Inoltre non potranno restare statiche ma dovranno riuscire a evolversi nel tempo.
DYNAMYC CAPABILITY: secondo David Teece le dynamic capability identificano la capacità di
un’impresa di rinnovare, ricostruire e riconfigurare le sue risorse e le sue competenze al fine di
soddisfare i bisogni di un ambiente in continua evoluzione.
Queste capacità ordinarie o operative (es. adeguata dotazione di impianti e macchinari) permettono
alle imprese di avere buoni risultati e riuscire a sopravvivere per un certo periodo di tempo ma
potrebbero non essere capaci di conquistare un vantaggio competitivo duraturo e garantire la
sopravvivenza nel lungo termine. Il rischio è che le capacità e le risorse che sono alla base del successo
competitivo di un’impresa possano con il tempo diventare patrimonio comune delle imprese del
settore oppure diventare inutili in seguiti ai cambiamenti ambientali. Le capacità aziendali non
possono quindi rimanere statiche. Le dynamic capability sono dinamiche e concorrono a creare,
accrescere e modificare le capacità operative presenti in un’organizzazione. 3 tipi di dynamic
capability:

 Capacità di percepire le opportunità: organizzazioni devono continuamente cercare nuove


opportunità di mercato (es. Microsoft ha percepito la minaccia e le opportunità rappresentata
dalla diffusione di tablet e smartphone)

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 Capacità di cogliere le opportunità: l’opportunità va colta trasformandola in una


attivtà/processo (es. Microsoft ha lanciato sul mercato Surface e ha acquistato Nokia)
 Capacità di riconfigurare il potenziale aziendale: rinnovare le capacità organizzative, gli
investimenti, i processi produttivi (es. Microsoft ha richiesto profondi cambiamenti nelle sue
risorse e capacità)

L’innovazione rappresenta un importante dynamic capability ed è un evidente indicatore di


imprenditorialità. Si tratta di un fenomeno più complesso della semplice invenzione. L’invenzione
implica la conversione di nuove conoscenze in un nuovo prodotto, processo o servizio. L’innovazione
implica la conversione di nuove conoscenze in un nuovo prodotto, processo o servizio e la capacità di
riuscire a rendere questi economicamente disponibili per l’utilizzo. 3 questioni principali:
1. Technology push o market pull? Si tratta di due differenti approcci. L’approccio technology
push individua come protagonisti del processo innovativo gli scienziati e i tecnologi con le loro
scoperte. Il managment dovrebbe ascoltare i propri team di scienziati e tecnologi supportando i loro
progetti con adeguate risorse finanziarie.
Un approccio alternativo è il market pull che attribuisce prioritaria importanza alla
pressione esercitata dalla domanda del mercato. La principale fonte dei processi di
innovazione è rappresentata dai lead user.
Entrambi gli approcci presentano alcuni specifici vantaggi. Affidarsi completamente ai
bisogni espressi dai consumatori può rendere le imprese troppo conservative. D’altra
parte la storia dei fallimenti aziendali è piena di imprese che hanno inseguito
ciecamente l’obiettivo dell’eccellenza tecnologica piuttosto che gli effettivi bisogni del
mercato.
2. Innovazione di prodotto o di processo?
Innovazione di prodotto: riguarda le caratteristiche distintive del prodotto o del
servizio finale
Innovazione di processo: riguarda il modo in cui il prodotto è realizzato e distribuito
con una particolare considerazione per i miglioramenti che è possibile apportare in
termini di costo o affidabilità.
Alcune imprese si focalizzano maggiormente sull’innovazione di prodotto latre su
quella di processo. Le prime fasi del ciclo di vita di un settore sono dominate
dall’innovazione di prodotto. Poi si passa all’innovazione di processo.
3. Open innovation o closed innovation?
Closed innovation: si basa sulle risorse interne dell’organizzazione. L’innovazione va
tenuta riservata, proteggendo la proprietà intellettuale da comportamenti
opportunistici dei concorrenti
Open innovation: implica un flusso di scambi di conoscenze tra impresa e ambiente
esterno, per accelerare e migliorare la propria capacità di innovazione. Il successo
competitivo di un’impresa è assicurato dalla rapida realizzazione di prodotti di qualità

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superiore che dalla ossessiva preoccupazione di mantenere la riservatezza per tutelare


il patrimonio di conoscenze aziendali.

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PATH DEPENDENCY: eventi, decisioni e comportamenti passati determinano le condizioni e generano


un percorso di apprendimento che produrrà effetti di non breve periodo sugli eventi, le decisioni e i
comportamenti futuri.
LOCK – IN: secondo Brian Arthur una volta che un percorso è stato selezionato da una serie di eventi
economici casuali, la scelta resta fissata (locked – in) indipendentemente dai vantaggi delle
alternative.
La storia invece rappresenta una risorsa manageriale importante perché:

 Legittima la strategia
 Fonte di apprendimento
 Costruisce competenze
CULTURA ORGANIZZATIVA
Secondo Mark Fields la cultura organizzativa influenza la strategia aziendale. L’analisi razionale non è
sempre sufficiente da sola e la cultura influenza le percezioni delle minacce e delle opportunità. Può
essere considerata come un componente dell’analisi strategica.
Cultura organizzativa: insieme degli assunti e dei comportamenti tacitamente condivisi dai membri di
un’organizzazione.
Rete culturale: strumento utile per analizzare la natura della cultura di un’organizzazione. Rileva i
comportamenti e le manifestazioni fisiche e simboliche della cultura che pervadono e sono pervasi
dagli assunti tacitamente condivisi, ovvero dal paradigma di un’organizzazione. Può essere impiegata
a livello dell’organizzazione o nell’ambito delle diverse sub – unità organizzative. Composta da 7
elementi:

 Paradigma: è il nucleo centrale e rappresenta l’insieme degli assunti di base condivisi e


tacitamente sottointesi all’interno dell’organizzazione (es. paradigma del medico è più
frequentemente quello di curare le malattie piuttosto che salvaguardare la salute). Anche se
la strategia migliore sarebbe quella di focalizzare l’attenzione sui bisogni dei clienti i membri
di queste organizzazioni continuano ad interpretare i problemi e a comportarsi in linea con i
propri paradigmi organizzativi. Per questo motivo è molto importante comprendere il
paradigma.
 Riti e routine: mettono in evidenza il carattere ripetitivo della cultura organizzativa.
Routine si riferiscono al modo in cui vengono quotidianamente svolte le attività aziendali.
Rendono più fluido il funzionamento dell’apparato aziendale e possono rappresentare un
presupposto per le capacità distintive dell’impresa. Tuttavia sono elementi difficilmente
modificabili e un potenziale vincolo al cambiamento.
Riti sono rappresentati da particolari attività o eventi speciali nella vita di un’organizzazione
che enfatizzano sottolineano o rafforzano ciò che è considerato più importante nella cultura
organizzativa (es. programmi di formazione, riunioni con i responsabili di vendita).

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 Storie: circolano tra i membri di un’organizzazione e sono raccontate ai nuovi assunti e alle
persone esterne per evidenziare le tappe fondamentali e le personalità più significative che
hanno segnato la vita aziendale.
 Simboli: oggetti, eventi, azioni o persone che creano consolidano o trasmettono un significato
che va al di là del loro scopo funzionale (es. carica ricoperta nella struttura aziendale
rappresenta un segno distintivo di un certo status o posizione gerarchica).
 Potere: abilità degli individui o gruppi di persuadere, indurre o costringere gli altri a seguire
determinate linee d’azione. Le strutture di potere rappresentano la distribuzione del potere
tra diversi gruppi di persone all’interno dell’organizzazione.
 Strutture organizzative: definiscono i ruoli, le responsabilità e i meccanismi di reporting
all’interno delle imprese. In base alla struttura organizzativa lo sviluppo della strategia può
essere prerogativa esclusiva del management oppure uno sviluppo più partecipativo.
 Sistemi di controllo: rappresentano gli strumenti e i processi formali e informali attraverso i
quali vengono sorvegliate e supportate le persone all’interno e all’esterno dell’organizzazione.
All’interno di molte organizzazioni esistono delle sottoculture.

Inerzia strategica: tendenza delle strategie a svilupparsi in modo incrementale, in base all’influenza
della storia e della cultura dell’organizzazione, senza riuscire a tenere il ritmo del rapido cambiamento
dell’ambiente.
Comprendere le cause e le conseguenze dell’inerzia strategica è molto importante sia perché si tratta
di un fenomeno molto frequente ma anche perché aiuta a spiegare i motivi per cui le organizzazioni
sembrano spesso rimanere ancorate a una determinata strategia senza riuscire a migliorare le proprie
performance.
Esistono 4 fasi nel processo di inerzia strategica:
1) Cambiamento strategico incrementale: prima fase del processo e comporta solo modesti
cambiamenti. Molte organizzazioni attraversano lunghi periodi di relativa continuità durante i
quali una strategia consolidata resta a lungo immutata o subisce mutamenti solo incrementali.
Non c’è la necessità di apportare cambiamenti radicali.
2) Inerzia strategica: seconda fase nella quale il ritmo del mutamento ambientale inizia a
sorpassare quello del cambiamento strategico dell’impresa. Le risposte e il cambiamento
dell’organizzazione risultano però ancora di natura incrementale determinando un
differenziale crescente rispetto al nuovo complesso ambientale.
3) Generazione di instabilità: terza fase innescata dalla flessione della performance dovuta al
crescente differenziale tra ritmo di cambiamento dell’organizzazione e quello dell’ambiente di
riferimento. In questa fase le imprese tendono a cambiare strategie aziendali in modo
convulso.
4) Cambiamento strutturale o fallimento: con il peggiorare della situazione rimangono 2
possibilità: a) l’organizzazione può terminare la propria attività (bancarotta o acquisizione da
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parte di un’altra organizzazione) oppure b) organizzazione può affrontare un processo di


cambiamento della struttura aziendale per adattarsi ai mutamenti.

Esistono 4 motivi principali per cui è complicato evitare l’inerzia strategica:


1) Incertezza sulla natura strutturale del cambiamento: inerzia strategica non è facilmente
rilevabile nel momento in cui si verifica ma solo dopo un certo periodi di tempo il management
può essere certo della direzione del significato dei cambiamenti ambientali.
2) Path dependecy e lock-in:
PATH DEPENDENCY: eventi, decisioni e comportamenti passati determinano le condizioni e
generano un percorso di apprendimento che produrrà effetti di non breve periodo sugli eventi,
le decisioni e i comportamenti futuri.
LOCK – IN: secondo Brian Arthur una volta che un percorso è stato selezionato da una serie di
eventi economici casuali, la scelta resta fissata (locked – in) indipendentemente dai vantaggi
delle alternative.
Può risultare difficile abbandonare quelle capacità che hanno storicamente rappresentato la
base del vantaggio competitivo.
3) Radicamento culturale: l’insieme paradigmatico degli assunti tacitamente condivisi può
impedire al management di accorgersi di determinati problemi.
4) Strutture di potere e le persone che più autorevolmente le rappresentano, per i quali capacità
e presupposti del potere sono legati alle strategie consolidate, cercano ovviamente di resistere
al processo del cambiamento strategico.

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STRATEGIE COMPETITIVE E MODELLI DI BUSINESS


La scelta della strategia competitiva è fondamentale sia per le piccole imprese mono business, sia per
le varie business unit che sono parte di gruppi aziendali grandi e diversificati. In un grande gruppo
aziendale diversificato ciascuna business unit opera con una propria strategia competitiva che è stata
definita tenendo conto delle caratteristiche e di bisogni del particolare mercato che le è stato
assegnato.
Strategic business unit (SBU): offre beni o servizi in un determinato spazio competitivo (es. la
business unit responsabile del settore gelati in Nestlè deve decidere come competere con le piccole
aziende artigianali locali.
Un’altra importante decisione riguarda la scelta del modello di business, identificvanfdo la relazione
tra valore creato per i clienti e gli altri partecipanti alla rete del valore, le attività organizzative che
generano tale valore e il modo in cui l’impresa e gli altri stakeholder sono capaci di appropriarsi di
questo valore (es. modello di business di Amazon nell’e-coomerce è stato un precursore ma con il
passare del tempo questo modello di business si è consolidato e molte altre imprese sono entrate nel
settore dell’e-commerce.
Tutto ciò riguarda anche le imprese pubbliche.

STRATEGIE CONCORRENZIALI DI BASE:


Rappresenta il modo in cui un’impresa o una business unit consegue un vantaggio competitivo
all’interno del proprio ambito di attività.
Vantaggio competitivo: rappresenta il modo attraverso il quale un’impresa o una business unit crea
valore per i propri clienti o utenti in misura superiore ai costi sostenuti dall’impresa stessa e al valore
creato dai concorrenti.

In merito al vantaggio competitivo bisogna considerare 2 elementi:

 Un’impresa per essere competitiva deve fare in modo che i clienti percepiscano il valore di
quanto offerto in modo da essere disposti a pagare un prezzo più elevato
 Per conseguire un vantaggio l’impresa deve essere capace di creare un valore superiore
rispetto a quello dei concorrenti.
In mancanza di un vantaggio competitivo la strategia concorrenziale è sempre vulnerabile rispetto ai
concorrenti.
Secondo Michael porter esistono 3 strategie concorrenziali di base:

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 Leadership di costo: l’impresa persegue l’obiettivo di diventare l’organizzazione con la


struttura di costi più bassa rispetto al proprio spazio competitivo (es. Ryanair porta avanti da
tempo una strategia low cost nel settore del trasporto aereo in Europa). Questa può essere
raggiunta in 4 modi:
o Costi dei fattori produttivi: ad esempio molte imprese vanno alla ricerca di un
vantaggio competitivo trasferendo le proprie attività labour – intensive nei paesi con
minor costo della manodopera come India o Cina.
o Economie di scala: riduzione dei costi medi di produzione in un determinato periodo di
tempo dovuta all’aumento delle dimensioni produttive. Significative nei casi in cui
siano presenti elevati costi fissi (quei costi che data una certa capacità produttiva
devono essere sostenuti indipendentemente dalla quantità prodotta)
o Esperienza: può rilevarsi una fonte determinante per conseguire efficienza a livello di
costi. La curva di esperienza implica una riduzione dei costi unitari dovuta alla maggiore
abilità che l’organizzazione ha acquisito in relazione alla produzione cumulata di un
certo prodotto. Questi guadagni di efficienza possono essere di 2 tipi (maggiore
produttività e riduzione dei costi).
La curva di esperienza presenta 3 importanti implicazioni per la strategia competitiva:
 Importanza del timing di ingresso nel mercato (primi ad entrare = maggiore
esperienza)
 Importanza di raggiungere e mantenere una solida quota di mercato
 Vantaggi derivanti dall’esperienza tendono di solito ad accumularsi nel corso
del tempo
o Progettazione dei processi e dei prodotti: influenza i costi sostenuti da un’impresa

Porter evidenzia 2 requisiti fondamentali per le strategie basate sul costo:


1) La struttura dei costi deve essere la più bassa rispetto ai concorrenti. Ci può essere
solo un leader di costo in un determinato mercato (unica posizione rassicurante)
2) È necessario rispettare lo standard minimo di qualità richiesto dal mercato
uguagliandolo (parità) oppure avvicinandosi (prossimità).

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 Differenziazione: significa offrire qualcosa di unico a cui i consumatori attribuiscono un valore


capace di giustificare l’imposizione di un prezzo maggiore (price premium). Per esempio
l’azienda tedesca Miele offre elettrodomestici di elevata qualità e lunga durata destinate a
nuclei familiari con redditi elevati. Gli elementi di differenziazione variano a seconda dei
diversi mercati. 3 principali fattori da considerare per differenziare:
o Caratteristiche del prodotto e del servizio: alcuni aspetti del prodotto presentano
caratteristiche migliori o uniche per il cliente rispetto ad altri prodotti o servizi (es.
aspirapolvere Dyson si avvale di una tecnologia unica che fornisce al cliente una forza
di aspirazione maggiore rispetto ai prodotti della concorrenza. Anche Apple è un altro
esempio
o Relazione con i clienti: questo è collegato alla percezione che i clienti hanno del
prodotto. Il valore percepito può aumentare attraverso i servizi di assistenza alla
clientela e la capacità di risposta alle aspettative del consumatore (es. Zalando che
offre spedizione gratuita, restituzione gratuita e addebito posticipato). Prodotti
possono essere differenziati anche grazie al marketing, personalizzazione e l’immagine
di un’organizzazione.
o Elementi complementari: differenziazione può avvenire anche tramite connessioni con
altri prodotti o servizi (es. Apple ha lanciato servizi complementari come iTunes o App
Store)
Differenziazione consente di fissare prezzi più elevati ma in genere anche maggiori costi
dovuti a importanti investimenti.

 Focalizzazione: impresa individua uno spazio competitivo ristretto, concentrando la propria


offerta per soddisfare i bisogni specifici di un particolare segmento di mercato, trascurando di
servire una maggiore varietà di consumatori.
o sul costo (es. Ryanair). Identificano gli ambiti in cui le strategie di leadership di costo
falliscono
o sulla differenziazione (es. azienda belga Ecover offre prodotti ecologici). Soddisfano i
bisogni specifici di quei segmenti di mercato che le imprese che adottano strategie di
differenziazione nell’ambito dell’intero settore non riescono a soddisfare nello stesso
modo.
3 fattori di successo delle strategie di focalizzazione:

 bisogni specifici per ciascun segmento di mercato: strategie di focalizzazione dipendono dalle
specificità dei bisogni del segmento di mercato (es. Tesla per ora si rivolge ad un segmento di
mercato ristretto che però in futuro potrebbe essere “attaccato” da molti competitors.
 Catene del valore specifiche per ciascun segmento di mercato: strategie di focalizzazione
sono difendibili se supportate da catene del valore distintive difficilmente riproducibili dai
competitors.
 Dimensione economica sufficiente dei segmenti di mercato: molti segmenti di mercato
rischiano di diventare troppo piccoli per soddisfare i requisiti di fattibilità economica.
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STRATEGIE IBRIDE
Secondo Porter il management deve scegliere chiaramente fra una strategia di leadership di costo,
una di differenziazione o una di focalizzazione (strategie pure). Non è saggio rimanere “bloccati a
metà del guado” (stuck in the middle) senza realizzare con successo alcuna strategia.
Tuttavia lo stesso autore ha riconosciuto come in determinate circostanze sia possibile adottare una
strategia ibrida. Strategia ibrida combina tra loro diverse strategie concorrenziali di base (es.
compagnia American southwest airlines persegue una strategia di leadership di costo ma il suo
marchio si differenzia anche in base ad alcune apprezzate caratteristiche come la frequenza dei voli).
Si pensi anche al Mc Donald.
I casi in cui questo è possibile sono:

 Separazione organizzativa delle attività: un’impresa potrebbe creare diverse strategic


business unit (SBU) ciascuna caratterizzata da una specifica struttura dei costi e impegnata a
perseguire la propria strategia concorrenziale di base. Caratterizzata da una specifica struttura
dei costi. Sfida consiste nel riuscire a evitare spillover negativi tra una SBU e l’altra.
 Innovazione tecnologica o manageriale: a volte l’innovazione tecnologica consente di
realizzare miglioramenti radicali in termini di costi e di qualità (es. vendita tramite internet).
 Fallimenti della concorrenza: quando anche i concorrenti si trovano “bloccati a metà del
guado”, la pressione per rimuovere uno svantaggio competitivo è minore.

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Strategy clock: suggerisce un altro modo di approcciarsi alle strategie concorrenziali di base che offre
maggiori spazi alle strategie ibride. Presenta 2 caratteristiche distintive:
1) Si focalizza sui prezzi per i clienti piuttosto che sui costi supportati dall’impresa
2) La sua formazione permette una più facile riconsiderazione delle scelte strategiche rispetto
alla rigida alternativa proposta da Porter tra leadership di costo e differenziazione.
Lo strategy clock individua 4 aree generali e 8 posizioni specifiche.
Le 4 aree sono:

 Strategie di differenziazione:
 Strategie di leadership di costo:
 Strategie ibride: comportano sia prezzi inferiori rispetto alle strategie di differenziazione sia un
valore percepito maggiore rispetto alle strategie di leadership di costo
 Strategie non competitive: strategie probabilmente fallimentari.

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Le 8 posizioni specifiche all’interno dello strategy clock sono:


1) Basso prezzo –basso valore
La combinazione “basso prezzo – basso valore” consiste nell’offrire prodotti di bassa qualità ad
un basso prezzo. Le società che adottano questa strategia sono quelle che competono in
mercati in cui la concorrenza si basa sul prezzo e non vi sono margini per offrire prodotti che
differiscono da quelli offerti dai competitors. Le imprese che adottano questa strategia devono
conseguire un elevato volume di vendita per compensare il prezzo basso e di conseguenza il
basso margine.
Es. Ryanair

2) Basso prezzo
Nel posizionamento “basso prezzo – valore intermedio” le imprese
commercializzano i prodotti ad un basso prezzo e quindi conseguono margini molto
ridotti. Le imprese che adottano questa strategia sperano di compensare il basso
margine con un elevato volume di vendita. Questa strategia può scatenare battaglie
di prezzo a beneficio dei consumatori. Solo una società con risorse da sacrificare
può sostenere una guerra dei prezzi nel lungo periodo e sopravvivere fino a poter
godere dei vantaggi derivanti.
Es. Dell computer

3) Prezzo moderato – valore moderato

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La posizione ibrida consiste in una combinazione di “prezzo moderato – valore


moderato”. Le imprese che adottano questa strategia non offrono né il prezzo più
basso sul mercato, né la migliore qualità. Queste società sperano di crearsi la
reputazione di imprese che offrono un buon compromesso tra qualità e prezzo. I
consumatori considerano le società che adottano questa strategia come imprese
che offrono un maggior valore anche quando i loro prodotti hanno lo stesso prezzo,
o superiore, rispetto ad altri concorrenti.
Es. Ikea

4) Differenziazione
Le imprese che adottano una strategia di “differenziazione” offrono prodotti/servizi con un
elevato valore aggiunto ad un prezzo medio-alto. In questo modo queste imprese compensano
i più bassi volumi di vendita con il conseguimento di un maggior margine (premium price). Le
imprese che scelgono questo posizionamento si orientano verso il mercato di massa.
Le imprese che adottano questa strategia possono operare in diversi modi:

 aggiungendo ad un prodotto base caratteristiche o servizi supplementari;


 attraverso strategie di branding volte ad aumentarne il valore percepito dal cliente in
modo da diventare sinonimo di qualità;
 adottando innovative tecniche di distribuzione.

Es. Brithish Airway, Apple.

5) Focalizzazione orientata alla differenziazione


Le imprese che adottano una strategia di “focalizzazione orientata alla
differenziazione” forniscono prodotti con un valore e prezzo elevato. Molto spesso
queste imprese si orientano verso nicchie di mercato con grande potere di acquisto
e compensano le perdite derivanti da un più basso volume di vendita con il
conseguimento di margini elevati.
Spesso i consumatori acquistano da queste imprese sulla base della percezione che i primi
hanno del più alto valore offerto da queste imprese.

 La maggior parte delle più grandi multinazionali operanti nei mercati B2B adottano una
strategia competitiva basata su questo posizionamento.
 Un esempio di impresa che adotta questa strategia competitiva, nei mercati B2C, é la
Ferrari.

6) Aumento del prezzo di vendita per prodotti standard


Le imprese che scelgono questa strategia incrementano il prezzo di vendita dei prodotti/servizi
senza aggiungerci valore. L’aumento di prezzo potrebbe essere dovuto ad un aumento dei
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costi di produzione, fattori di stagionalità, ecc.


Un’impresa potrebbe aumentare il prezzo con la consapevolezza che i competitors
aumenteranno quest’ultimo a loro volta, in quanto vittime degli stessi fattori.
In altri casi le imprese aumentano il prezzo per raccogliere fondi da destinare ad altri obiettivi
strategici. In un mercato concorrenziale questo approccio è insostenibile nel lungo periodo se
all’aumento di prezzo non corrisponde un incremento del valore dei prodotti e servizi offerti.

7) Alto prezzo e basso valore aggiunto


Le imprese possono decidere di prediligere una strategia caratterizzata dall’offrire sul mercato
prodotti con un alto prezzo e basso valore aggiunto. Le imprese che adottano questa strategia
sono di solito imprese:

 monopolistiche,
 oligopolistiche.

8) Basso valore aggiunto – prezzo standard sul mercato


Le imprese possono scegliere di offrire sul mercato prodotti/servizi a basso valore aggiunto ma
applicando il prezzo standard sul mercato. Le imprese che adottano questa strategia perdono
velocemente quote di mercato quando i consumatori si rendono conto di essere vittime di una
truffa.
Le posizioni 6,7 e 8 sono strategie competitive non funzionanti in mercati concorrenziali e hanno un
elevato rischio di fallire.

Quando il prezzo é più elevato del valore percepito, l’impresa si troverà ad affrontare una faticosa
battaglia, poiché ci saranno sempre competitors pronti ad offrire prodotti di maggiore qualità allo
stesso prezzo o piu basso. É buona norma quindi allineare in modo corretto il prezzo di vendita e il
valore offerto.

STRATEGIE INTERATTIVE
Le strategie concorrenziali di base devono essere scelte e modificate alla luce delle strategie adottate
dalla concorrenza. Se tutti cercano di realizzare una strategia di leadership di costo, potrebbe essere
ragionevole scegliere di differenziarsi.
Richard D’Aveni descrive le interazioni tra concorrenti in termini di manovre competitive relative alla
variabilità dei prezzi (asse verticale) e alla qualità percepita (asse orizzontale). L’ipercompetizione
caratterizza i mercati che sono in continuo disequilibrio e cambiamento. Questi contesti richiedono
continue mosse e contromosse da parte delle imprese concorrenti.
Il primo grafico presenta una prima linea del valore:

 L’impresa che persegue una strategia di leadership di costo (L) offre prodotti la cui qualità è
percepita bassa ma ritenuta ragionevole in ragione dei prezzi bassi (es. Hyundai)

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 Impresa che persegue una strategia di differenziazione (D) offre prodotti con prezzi più alti ma
di qualità migliore (es. Mercedes)
 Impresa posizionata in mezzo (M) offre una combinazione tra qualità e prezzo
 Impresa U non è invece competitiva, si trova bloccata a metà nel guado e deve spostarsi
rapidamente verso la prima linea del valore per evitare di essere espulsa dal mercato
A questo punto l’impresa D decide di fare una mossa aggressiva riuscendo ad aumentare la qualità
percepita dei propri prodotti pur mantenendo fermo il prezzo. Questi cambiamenti sono
rappresentati da una seconda linea del valore (secondo grafico).

 L costretto ad intervenire per migliorare la qualità del prodotto


 M si trova molto minacciata. Decide di contrattaccare andando oltre la seconda linea del
valore, abbattendo radicalmente i prezzi ma riuscendo a mantenere il livello di qualità
percepita del prodotto. A questo punto sarà l’impresa D a rischiare di rimanere indietro.
Richard D’Aveni individua 4 fondamentali principi:
1) Organizzazione deve essere disposta a cannibalizzare le basi del proprio vantaggio competitivo
e del proprio successo
2) Deve essere consapevole che una serie di piccole mosse può permettere di conseguire una
serie di vantaggi provvisori.
3) Non deve dimenticare l’importanza del fattore sorpresa dell’imprevedibilità
4) Dovrebbe saper dichiarare di andare in una direzione, mentre in realtà sta perseguendo una
strategia del tutto diversa.

Teoria dei giochi: sollecita l’organizzazione a prestare attenzione alle probabili mosse dei concorrenti
e alle implicazioni di queste mosse sulla propria strategia. Si interessa a 2 tipi di interazioni:

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1) Considera come la risposta di un concorrente a una mossa strategica potrebbe modificare le


ipotesi che hanno dato origine a quella stessa mossa (es. sfidare un concorrente in un mercato
potrebbe convincerlo a contrattaccare in un altro mercato).
2) Teoria dei giochi dà grande importanza ai segnali o alle comunicazioni di natura strategica che
determinate manovre strategiche potrebbero inviare ai concorrenti.
La rilevanza della teoria dei giochi si manifesta quando i concorrenti sono interdipendenti (ovvero
quando i risultati delle scelte di un concorrente dipendono dalle scelte fatte da un altro concorrente).
Dal concetto di interdipendenza derivano 2 importanti principi:

 Mettiti nei panni dei concorrenti per scegliere la strategia


 Considera la mossa successiva e rifletti su quella precedente
Una delle più famose illustrazioni della teoria dei giochi è il dilemma del prigioniero. Si tratta di una
situazione in cui 2 prigionieri sono accusati di aver commesso insieme molti reati e vengono
interrogati separatamente senza la possibilità di comunicare. A questo punto i prigionieri hanno 3
opzioni:

 Possono comportarsi in modo leale l’uno con l’altro rifiutando di fornire informazioni e avendo
quindi la possibilità di farla franca
 Uno dei 2 può, indotto dagli investigatori, fornire una piena confessione accusando l’altro e
ottenendo però per se la libertà
 Tuttavia se entrambi fanno questo ragionamento e confessano denunciando l’altro il giudice li
condannerà entrambi.
Il dilemma consiste dunque nel chiedersi quanto sia ragionevole fare affidamento sulla lealtà dei
reciproci comportamenti.
Molto importante perché il mondo degli affari presenta molte situazioni equivalenti a questa ovvero
situazioni in cui 2 importanti operatori economici si trovano a competere direttamente l’uno con
l’altro in una situazione di stretta interdipendenza (es. Airbus e Boeing nel settore della produzione di
aerei).
Questa situazione è evidente tramite la matrice del dilemma del prigioniero.

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Se entrambe mantengono i prezzi invariati ciascuna guadagna 500 milioni.


Se una delle due riduce i prezzi senza che l’altra segua questo comportamento accresce molto il
proprio profitto e la propria quota di mercato.
Tuttavia se a questo punto anche l’altra ragiona allo stesso modo e riduce i prezzi si viene a creare una
guerra dei prezzi con una riduzione degli utili per entrambe le imprese.
Importante dunque adottare un approccio cooperativo piuttosto che uno aggressivo.
MODELLI DI BUSINESS: descrive la proposta di valore per i clienti e gli altri partecipanti alla rete del
valore, la combinazione delle attività che generano tale valore e le relative strutture di costi e ricavi.
I nuovi modelli di business implicano spesso interazioni più complesse rispetto a quelle tradizionali,
creano valore per un numero di partecipanti superiore a quello dei clienti e generano profitti per
diversi soggetti (es. Uber ha rivoluzionato il servizio dei taxi a livello globale e ha reso Uber la più
importante società di trasporto.
Modello di business è composto da 3 componenti:

 Creazione del valore: che cosa viene offerto e a quale gruppo di clienti?
o Bisogni e problemi dei clienti
o Clienti target e segmento di mercato
o Valore per gli altri partner

Es. modello di business di Airbnb crea valore sia per i clienti che prendono in affitto la casa,
sia per i proprietari di abitazioni che decidono di darli in affitto.

 Configurazione del valore: com’è strutturato il business model?


o Selezione delle risorse e delle capacità e configurazione del potenziale aziendale
o Sistema delle attività e connessioni tra le diverse attività
o Identificazione delle attività assegnate ai partner selezionati

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Es. Airbnb configura le attività attraverso la piattaforma web in modo che i proprietari delle
abitazioni possano descrivere e fornire le fotografie delle loro abitazioni.

 Appropriazione del valore: in che modo il business model genera un margine?


o Flussi di ricavi e pagamenti
o Struttura dei costi e driver dei costi
o Ripartizione del valore tra gli stakeholder

Es. proprietari delle abitazioni e Airbnb si appropriano del valore di questo modello di
business. I primi ricevono il pagamento da parte degli ospiti mentre Airbnb trattiene il 6-
12% come commissione sulla prenotazione e il 3% per gestire il sistema dei pagamenti.

2 aspetti cruciali dei modelli di business:


1) Una volta che un determinato modello di business si è affermato in un settore esso tende ad
istituzionalizzarsi ovvero ad assumere una forma stabile
2) I concorrenti possono condividere lo stesso modello di business ma strategie concorrenziali
diverse (es. Airbnb ha lo stesso modello di business di Wimdu ma l’ampia selezione di offerte
gli permette di differenziarsi)

Esistono 3 schemi più rappresentativi dei modelli di business:

 Prodotti interconnessi: schema di modello di business più noto che si basa sul classico modello
di Gillette che vende i rasoi a prezzi molto bassi e le lamette sostitutive compatibili a prezzi
piuttosto elevati
 Freemium: nome deriva dalla combinazione di “free” e “premium” ed è molto diffuso nei
business online. Si riferisce al principio di offrire gratuitamente la versione base di un servizio,
in modo da raccogliere un gran numero di clienti, cercando successivamente di convincere una
parte di essi ad acquistare una varietà di servizi premium che genereranno i ricavi dell’impresa
(Spotify)
 Piattaforme multilaterali: questo schema di modello di business riunisce su una stessa
piattaforma 2 o più gruppi di clienti diversi e interdipendenti. Essi sono interdipendenti perché
la piattaforma acquista valore per ciascun gruppo soltanto se utilizzata anche dall’altro gruppo
(es. piattaforme di videogiochi e sviluppatori di giochi).

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STRATEGIA DI CORPORATE E DIVERSIFICAZIONE


La strategia di corporate riguarda l’individuazione delle aree di business nelle quali si decide di
operare e questo influenzerà l’eventuale acquisizione di altre business unit, gli scopi che
un’organizzazione potrebbe decidere di perseguire e il modo efficiente in cui le risorse potrebbe
essere allocate tra i diversi business
Il RAGGIO D’AZIONE determina il grado di diversificazione di un’impresa in termini di prodotti e
mercati. Alla base delle scelte di diversificazione ci sono una serie di driver e tra questi ricordiamo il
maggiore poter di mercato, la riduzione del rischio e lo sfruttamento della superiore capacità nel
gestire i processi aziendale. Il raggio d’azione di un’impresa può essere regolato attraverso processi di
crescita o di contrazione delle proprie attività.
Le imprese diversificate che operano in diversi ambiti di attività avranno diverse STRATEGIC BUSINESS
UNIT (SBU), ciascuna con la propria strategia orientata verso uno specifico mercato. Queste SBU
consentono alle imprese di grandi dimensioni di adattare le proprie strategie alle diverse esigenze dei
mercati nei quali operano. Ciononostante, la direzione centrale dell’impresa (il suo livello “corporate”)
si occupa del governo delle varie SBU, determinandone il perimetro del campo d’azione.
Il valore aggiunto apportato dalla direzione centrale della capogruppo alle singole SBU che
costituiscono il portafoglio dell’organizzazione è chiamato PARENTING ADVANTAGE.
L’abilità nello svolgere con efficacia questo ruolo può rendere un’impresa più competitiva, rispetto
alle altre, nell’assumere e gestire business differenti. Prima di decidere in quali settori e business
investire o quali eliminare, la direzione centrale dovrebbe valutare se il controllo della società
capogruppo è in grado di accrescere il valore del portafoglio di attività oppure se i singoli business che
lo compongono avrebbero maggiore valore se fossero gestiti separatamente.

DIRETTRICI STRATEGICHE
Una delle decisioni fondamentali della strategia corporate riguarda le aree nelle quali una società
dovrebbe o meno svilupparsi. La MATRICE DELLE DIRETTRICI STRATEGICHE DI ANSOFF rappresenta un
classico modellointerpretativo delle strategie corporate che identifica 4 direttrici strategiche di
sviluppo dell’impresa

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Inizialmente un’impresa si colloca in genere nell’area A della matrice e quindi può decidere se
crescere ulteriormente in quest’area o se invece diversificarsi.
La DIVERSIFACZIONE implica un incremento della gamma dei prodotti offerti o della varietà dei
mercati serviti da parte di un’organizzazione.
La DIVERSIFICAZIONE CORRELATA invece rappresenta un processo di espansione in mercati o
prodotti che mantengono comunque legami e affinità con i business esistenti. In base alla matrice di
Ansoff l’impresa può muoversi verso l’area B, sviluppando nuovi prodotti e servizi per i mercati attuali,
muoversi verso l’area C, aprendo nuovi mercati per gli attuali prodotti.
In alternativa l’impresa può anche decidere di muoversi allo stesso tempo in entrambe le direzioni,
adottando una strategia di DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERATA con l’offerta di prodotti del tutto novi
in nuovi mercati, verso quindi l’area D. La DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERATA implica quindi la
scelta di diversificare offrendo nuovi prodotti e servizi in mercati che non hanno nessuna relazione
con i business presenti nel portafoglio aziendale.
PENETRAZIONE DEL MERCATO (AREA A)
La penetrazione del mercato implica un incremento della quota di mercato con l’attuale gamma di
prodotti. Questa strategia può contare sulle capacità strategiche possedute dall’impresa e pertanto in
questo caso non sarà necessari addentrarsi in territori inesplorati. Le imprese che perseguono una
maggiore penetrazione del mercato potrebbero imbattersi in dei problemi:

 RITORSIONI DA PARTE DEI CONCORRENTI→ dato che la crescente penetrazione del mercato
inasprirà probabilmente la rivalità tra le imprese del settore, in quanto i concorrenti

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cercheranno di difendere la propria quota di mercato. Questa pressione competitiva inoltre


potrebbe portare a guerre sui prezzi o a costose battaglie di marketing.
 RESTRIZIONI DI LEGGE→ dato che una maggiore penetrazione del mercato può provocare la
reazione delle autorità di regolazione che vigilano sul rischio di un’eccessiva concentrazione
del potere di mercato. La maggior parte dei paesi ha istituito autorità di regolazione con il
compito di vigilare sull’eventuale abuso di posizione dominante
 VINCOLI DI MERCATO→ poiché la penetrazione del mercato può non essere una scelta
possibile quando i vincoli di natura economica sono particolarmente rilevanti, per esempio
durante periodi di recessione o di restrizioni del bilancio pubblico

SVILUPPO DEL PRODOTTO (AREA B)


Si parla di sviluppo del prodotto quando un’impresa introduce prodotti o servizi nuovi, o comunque
significativamente modificati, nei mercati ne iquali essa è già presente.
Le problematiche principale di questa direttrice strategica sono:

 NECESSITA’ DI ADEGUARE IL POTENZIALE AZIENDALE→ perché queste strategie richiedono in


genere di padroneggiare processi e tecnologie non familiare per l’organizzazione e proprio per
questo motivo lo sviluppo del prodotto implica in genere forti investimenti e il rischio di
fallimento del progetto può essere molto alto
 RISCHIO RELATIVO AL PROJECT MANAGEMET→ dato che i progetti di sviluppoo del prodotto
sono soggetti al rischio di ritardi o di incremento dei costi dovuti alla complessità del progetto
e a cambiamenti delle sue caratteristiche che possono mutare nel tempo

SVILUPPO DEL MERCATO


Lo sviluppo del mercato comporta l’offerta in nuovi mercati dei prodotti o servizi già presenti nel
portafoglio aziendale. Questo tipo di sviluppo può avvenire principalmente in due modi:

 NUOVI UTILIZZATORI
 NUOVE AREE GEOGRAFICHE

In entrambi i casi è comunque essenziale che le strategie di sviluppo del mercato siano fondate su
prodotti o servizi capaci di intercettare i fattori critici di successo che caratterizzano il nuovo mercato.

DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERATA
La diversificazione conglomerata porta l’organizzazione a spingersi oltre i confini dei mercati e dei
prodotti esistenti, In questo caso, il raggio d’azione dell’impresa aumenta significativamente.

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La strategia di diversificazione conglomerata può creare valore nella misura in cui le organizzazioni
riescano a beneficiare del fatto di essere parte di un gruppo più ampio. Ciò può consentire ai
consumatori di riporre maggiore fiducia nei prodotti e nei servizi della business unit, mentre le
maggiori dimensioni del gruppo possono contribuire a ridurre il costo dei finanziamenti. Tuttavia,
queste strategie non incontrano spesso il consenso di molti osservatori in quanto:

 Non sono chiari i modi in cui diversi business possano integrasi tra loro
 Si generano costi di coordinamento aggiuntivi (costi burocratici per es.)

DRIVER DELLA DIVERSIFICAZIONE


La strategia di diversificazione potrebbe essere scelta per una varietà di ragioni, alcune più capaci di
creare valore rispetto ad altre. Raramente la crescita dimensionale rappresenta da sola un valido
motivo per diversificare, la crescita deve infatti consentire di conseguire una maggiore redditività.
I 4 driver della diversificazione, potenzialmente capaci di generare valore sono:

 SFRUTTAMENTO DI ECONOMIE DI RAGGIO D’AZIONE→ si riferiscono agli incrementi di


efficienza ottenuti grazie all’applicazione di risorse e competenze presenti nell’organizzazione
ad attività richieste dall’offerta di nuovi prodotti o dall’ingresso in nuovi mercati. Quindi se
un’organizzazione possiede risorse o competenze sottoutilizzate, che non conviene vendere ad
altri operatori, esse possono esser produttivamente impiegate in una nuova attività attraverso
la diversificazione
 AMPLIAMENTO DELLE COMPETENZE DEL CORPORATE MANAGEMENT→ è un caso particolare
che si riferisce alla possibilità di utilizzare abilità e capacità manageriali a livello corporate per
gestire i nuovi business. La LOGICA DOMINANTE rappresenta l’insieme delle capacità
manageriali a livello corporate che sono messe trasversalmente a disposizione di tutto il
portafoglio di attività aziendali
 SFRUTTAMENTO ELLA SUPERIORITA’ NEL GESTIRE I PROCESS INTERNI→ i processi interni di
un’azienda diversificata possono essere spesso più efficienti dei processi che si svolgono
attraverso scambi di mercato
 MAGGIOR POTERE DI MERCATO→ La diversificazione può aumentare il potere verso i
competitor in due modi. Il primo è mediante la probabilità di sviluppare una condizione di
TOLLERANZA RECIPROCA (mutual forbearance) che sarà maggiore quando il portafoglio
prodotti è tanto ampio quanto quello dei concorrenti. La seconda è la presenza nel portafoglio
di un elevato numero di business diversi che accresce la possibilità di realizzare SUSSIDI
INCROCIATI (cross-subsidization) fra le varie SBU, utilizzando i profitti generati dai business più
redditizi.

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Quando la diversificazione riesce a creare valore significa che il management ha saputo realizzare una
SINERGIA tra i diversi business. Le SINERGIE si riferiscono ai vantaggi ottenuti con l’integrazione di
attività o asset tra loro complementari, in modo che il valore della loro combinazione risulti maggiore
rispetto alla somma delle parti considerate separatamente (2+2=5). Nella pratica aziendale però, le
sinergie sono più difficili da identificare e più costose da ottenere di quanto il management sia
disposto a riconoscere. Anzi, alcun driver della diversificazione possono comportare SINERGIE
NEGATIVE, determinando quindi una distruzione di valore. I 3 driver della diversificazione
potenzialmente capaci di provocare una distruzione di valore sono:

 La REAZIONE AL DECLINO DEL MERCATO→ infatti i manuali di finanza aziendale insegnano che
di solito è meglio lasciare decidere autonomamente gli azionisti sulle nove opportunità di
investimento, piuttosto che affidare l’investimento delle scarse risorse finanziare disponibili al
management di un business in declino
 La DISTRIBUZIONE DEL RISCHIO→ la teoria finanziaria prevalente è tuttavia molto scettica
sulla possibilità di realizzare un’efficace distribuzione del rischio attraverso la diversificazione
dell’impresa. Gli azionisti possono diversificare facilmente il rischio, acquistando un modesto
numero di azioni di diverse aziende. Al contrario le strategie di diversificazione riguardano in
genere un numero comunque limitato di business, in qualche modo legati tra di loro. Per
questo motivo mentre il management potrebbe apprezzare la possibilità di operare su un
numero maggiore di mercati, gli azionisti potrebbero preferire che il management di ciascuna
impresa si concentri sul core business al fine di gestirlo nel modo migliore.
 Le AMBIZIONI MANAGERIALI→ in quanto queste ambizioni possono spingere verso
inappropriate strategie di diversificazione. I manager riescono spesso a ottenere benefici di
breve periodo dalla diversificazione, ma oltrepassare i confini delle proprie aree di
competenza conduce velocemente al disastro finanziario.

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INTEGRAZIONE VERTICALE
Un’altra direttrice strategica di sviluppo a livello corporate è rappresentata dall’integrazione verticale.
Per INTEGRAZIONE VERTICALE si intende l’ingresso in aree di attività nei quali l’organizzazione
diventa fornitore o cliente di sé stessa
Le 2 possibilità principali sono:

 INTEGRAZIONE A MONTE→ che si riferisce al movimento verso attività che riguardano gli
input dell’attuale business dell’impresa (procedendo all’indietro nella rete del valore). Per
esempio, l’acquisizione da parte di un’impresa automobilistica di un fornitore di componenti
per la produzione di autovetture
 INTEGRAZIONE A VALLE→ che si riferisce allo sviluppo di attività inerenti agli output
dell’attuale business dell’impresa (procedendo in avanti nella rete del valore). Per esempio,
l’integrazione di attività di manutenzione e riparazione della auto per un’impresa che produce
automobili

L’integrazione verticale comporta quindi, come la diversificazione, un ampliamento del raggio


d’azione dell’impresa. La differenza è che l’integrazione verticale riunisce attività che si trovano
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posizionate, a monte o a valle, nella stessa rete del valore, mentre la diversificazione comporta il
coinvolgimento di sistemi di valore differenti.
Tuttavia, l’integrazione verticale presenta anche due rischi. Il primo è dovuto al fatto che per
integrarsi verticalmente è necessario sostenere importanti investimenti. Nel caso in cui questi siano
indirizzati verso attività meno redditizie del core business, non saranno probabilmente valutati
positivamente dagli azionisti. Il secondo rischio è dovuto al fatto che l’integrazione verticale richiede
in genere la disponibilità di capacità strategiche molto diverse.
MAKE OR BUY
Negli ultimi anni, la crescente consapevolezza dei rischi e di non disporre delle capacità specifiche
richieste dalle diverse attività del sistema del valore, ha spinto molte imprese a DIS-INTEGRARSI
VERTICALMENTE. Infatti, quando una parte delle attività oggetto di integrazione verticale non apporta
valore al business complessivo, può essere sostituita ricorrendo a processi di outsourcing o appalto.
L’OUTSOURCING è il processo attraverso il quale alcune attività, precedentemente svolte all’interno
dell’organizzazione, vengono affidate a fornitori esterni. L’outsourcing riguarda in genere le fasi del
processo produttivo, ma negli ultimi tempi è sempre più diffuso anche nell’ambito dei servizi.
Tuttavia, secondo alcuni studiosi la decisione di integrare o esternalizzare richiede considerazioni che
vanno ben oltre la valutazione di possedere adeguate capacità specifiche o meno. La TEORIA DEI
COSTI DI TRANSAZIONE consente di analizzare i costi e i benefici relativi alla gestione interna o esterna
delle attività sottolineando il rischio di sottostimare i costi di lungo periodo dovuti ai comportamenti
opportunistici dei subappaltatori. Tali operatori con il passare del tempo potrebbero infatti
approfittare della propria posizione sia riducendo la qualità dell’attività svolta, sia applicando prezzi
più alti. Questi comportamenti opportunistici si verificano di più quando:

 Il numero di potenziali fornitori è limitato


 Il prodotto o servizio si presenta complesso e in continua evoluzione
 Gli investimenti realizzati rappresentano asset specifici e l’operatore esterno sa che essi
avrebbero scarso valore nel caso di interruzione del rapporto di fornitura

Riassumendo quindi, la decisione di integrare (MAKE) o esternalizzare (BUY) le attività si basa


sull’equilibrio tra due diversi fattori. La disponibilità di un adeguato potenziale aziendale e il rischio di
comportamenti opportunistici.

CREAZIONE DI VALORE NEI GRUPPI AZIENDALI


Qualche volta le società capogruppo non sono in grado di aggiungere valore ai business che fanno
parte del gruppo aziendale. In questi casi è preferibile disinvestire, scorporando i principali business
da portafoglio aziendale e riconfigurare le attività.

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La società capogruppo deve dimostrare di contribuire a creare valore per il gruppo aziendale. Ciò
riguarda sia le organizzazioni private sia quelle del settore pubblico. Le società quotate in borsa
devono affrontare una sfida ulteriore. Esse devono infatti dimostrare di cerare un valore maggiore di
quello che potrebbe creare ciascuno dei gruppi aziendali concorrenti. Non riuscire a creare valore può
costringere la società a dover fronteggiare un’acquisizione ostile o a dover vendere alcuni rami
aziendali. Le imprese concorrenti che ritengono di poter creare un maggior valore da determinati
business potrebbero lanciare un’offerta pubblica di acquisto. In questo “mercato per il controllo
societario”, le società capogruppo devono dimostrare di essere in grado di realizzare un parenting
advantage per le aziende del gruppo, così come le singole business unit devono dimostrare di
conseguire un vantaggio competitivo.
Esistono 5 principali tipi di attività attraverso le quali la società capogruppo può contribuire a CREARE
VALORE:

 INDICAZIONE DI UNA CHIARA VISION DI LUNGO PERIODO→ la società capogruppo, infatti, può
fornire infatti alle proprie business unit una vision complessiva orientata al lungo periodo e
una chiara definizione dei propositi strategici. Questa vision dovrebbe indirizzare e motivare il
management delle business unit a massimizzare le performance dell’intero gruppo aziendale e
dovrebbe anche comunicare agli stakeholder un’immagine chiara di ciò che l’organizzazione è
nel suo complesso
 SVILUPPO DELLE SINERGIE→ la società capogruppo può facilitare la collaborazione e la condivisone
di risorse e capacità tra le business unit, promuovendo in tal modo le sinergie derivanti
dall’appartenenza allo stesso gruppo aziendale
 FORMAZIONE MANAGERIALE→ la società capogruppo può aiutare i manager delle varie business
unit a sviluppare competenze strategiche attraverso attività formative dirette ad accrescerne
le capacità
 PROVVISTA DI RISORSE EDE EROGAZIONE DISERVIZI GESTITI A LVIELLO CENTRALE → la società
capogruppo è il punto di riferimento naturale per la raccolta dei capitali necessari per gli
investimenti. In genere essa offre anche servizi di tesoreria, consulenza fiscale e di gestione
delle risorse umane. Questi servizi se centralizzati possono raggiungere una scala sufficiente
per essere efficienti e per disporre di una adeguato know-how professionale.
 INTERVENTI PER MIGLIORARE LE PERFOMRANCE → la società capogruppo può anche intervenire
nelle attività svolte dalle business unit in modo da garantire il raggiungimento di risultati
soddisfacenti. Essa, infatti, doverne esser in grado di controllare con adeguata periodicità le
performance delle business unit e contribuire a migliorarle.

Le attività con cui le società capogruppo possono DISTRUGGERE VALORE sono:

 MAGGIORI COSTI DELLE STRUTTURE DIREZIONALI→ n quanto le strutture e il personale a


livello corporate costano e le risorse utilizzate per coprire i costi sostenuti a livello centrale

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sono rappresentate dagli utili generati dalle business unit. Se questi costi risultano maggiori
del valore da loro creato, significa che il management a livello corporate sta distruggendo
valore
 MAGGIORE BUROCRAZIA→ i costi burocratici aumentano perché si sovrappongono diversi
livelli di responsabilità manageriale e perché nascono nuove esigenze di coordinamento con le
altre imprese del gruppo. Questo eccesso di burocrazia comporta un rallentamento della
capacità di risposta da parte del management
 OPACITA’ DEI RISULTATI FINANZIARI→ nelle grandi società diversificate è diffuso il rischio che i
risultati non soddisfacenti di alcune business unit possano essere facilmente nascosti
ricevendo magari sussidi incrociati dalle business unit che hanno ottenuto risultati migliori.

Questi rischi suggeriscono alle società capogruppo di tenere sotto stretto controlli i costi a livello
centrale e anche quelli burocratici assicurandosi che non siano superiori a quanto stabilito dalla
strategia corporate. Inoltre, dovrà essere fatto tutto il necessario per promuovere una maggiore
trasparenza finanziaria in modo che le business unit siano incentivate a raggiungere le migliori
performance possibili.
All’interno delle società capogruppo si possono individuare tre ruoli principali:

 PORTFOLIO MANAGER→ è una società capogruppo che opera attivamente sul mercato
azionari come un investitore professionale, con capacità e margini di manovra che non
sarebbero disponibili per un singolo risparmiatore. È quindi una specie di agente che opera per
conto dei mercati finanziari e degli azionisti, con l’obiettivo di identificare e acquisire asset o
business sottovalutati dal mercato per migliorarne i risultati. I portfolio manager cercano di
mantenere bassi i costi a livello corporate, predisponendo per esempio una struttura centrale
snella, con pochi servizi centralizzati e lasciando un elevato grado di autonomia al top
management delle singole business unit. Inoltre, loro definiscono espliciti obiettivi finanziari
per gli amministratori delegati delle società del gruppo, offrendo loro significativi
riconoscimenti in termini di remunerazione nel caso del raggiungimento delle performance
stabilite.
 SYNERGY MANAGER→ è una società capogruppo che cerca di accrescer il valore creato per le
business unit attraverso la gestione delle possibili sinergie tra le diverse aree di attività. Le
sinergie sono più frequenti quando le nuove attività sono strettamente correlate al core
business dell’organizzazione. In termini di attività che creano valore, l’attenzione si concentra
in tre possibili direzioni: indicare una vision verso uno scopo comune, promuovere la
cooperazione tra le diverse business unit, e mettere a disposizione risorse e servizi gestiti a
livello centrale. Tuttavia, pe realizzare i benefici derivanti dalle sinergie è necessario evitare tre
rischi fondamentali: costi eccessivi (vantaggi confrontati con costi richiesti da tale integrazione
e con i costi opportunità), opportunismo manageriale (i manager devono essere disposti a
cooperare), e sinergie illusorie (in quanto accade spesso di sovrastimare)

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 PARENTAL DEVELOPER→ è una società capogruppo che cerca di accrescere il valore creato
per le business unit mettendo a disposizione le risorse e le capacità disponibili a livello della
direzione centrale. Questa attività non si riferisce tanto al modo n cui la capogruppo riesce a
creare vantaggi unendo tra loro diverse business unit come nel caso del synergy manager. Qua
la capogruppo si focalizza piuttosto sulla possibilità di trasferire le proprie risorse e capacità
verso le società partecipate, per sviluppare il potenziale aziendale delle singole business unit.
Quindi se la società capogruppo possiede queste capacità, il compito del management a livello
corporate è quello di individuare le relative opportunità di investimento. Queste sono
rappresentante, per esempio, da business che non stanno realizzando pienamente il loro
potenziale, ma che potrebbero farlo grazie all’utilizzo del marchio del gruppo o allo sviluppo
del prodotto da parte della società capogruppo

MATRICE BCG (TASSO DI CRESCITA/QUOTA DI MERCATO


RELATIVA)
Il management può far ricorso a diversi modelli per orientare le proprie decisioni di investimento o
disinvestimento nell’ambito del portafoglio aziendale. Ogni modello dedica maggiore o minore
attenzione su ciascuno:

 EQUILIBRIO DEL PORTAFOGLIO


 ATTRATTIVITA’ DEL BUSINESS UNIT in termini di forza relativa del posizionamento strategico e
di potenziale reddittività dei settori o dei mercati a cui si rivolgono
 COERENZA tra le business unit in termini di sinergie potenziali

Uno degli strumenti più diffusi per valutare l’equilibrio del portafoglio di business è rappresentato
dalla matrice Boston Consulting Group. La MATRICE BCG utilizza la quota di mercato relativa e il tasso
di crescita del mercato per valutare l’attrattività e l’equilibrio di un portafoglio aziendale. Questa
matrice mette in guarda rispetto al fatto che un elevato tasso di crescita esige anche forti
investimenti. Occorre quindi stabilire un equilibrio tra i diversi business del portafoglio in modo che i
business caratterizzati da un basso tasso di crescita del mercato siano capaci di generare risorse
finanziare sufficienti per finanziare i business con un tasso di crescita più elevato.
Gli assi tasso di crescita/quota di mercato relativa della matrice BCG danno origine a 4 tipi di business:

 Una STAR rappresenta una busines unit che detiene una quota di mercato elevata in un
mercato in crescita. La business unit può richiedere importanti risorse finanziare per riuscire a
tenere il ritmo di crescita del mercato. L’elevata quota di mercato dovrebbe tuttavia

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consentire di realizzare utili sufficienti per rendere il business autosufficienti rispetto al


fabbisogno finanziario determinato dagli investimenti
 Una QUESTION MARK rappresenta una business unit che opera in un settore caratterizzato da
elevati tassi di crescita ma lui quota di mercato è ancora relativamente modesta. Per riuscire a
trasformare le question mark in star, conquistando significative quote di mercato, sono
necessari importanti investimenti. La matrice BCG però suggerisce alla società capogruppo di
“allevare” diversi question mark alla volta
 Una CASH COW rappresenta una business unit che detiene una quota di mercato elevata in un
settore ormai maturo. Poiché il tasso di crescita del settore è limitato, anche gli investimenti
richiesti saranno limitati, mentre l‘elevata quota di mercato dovrebbe comunque consentire di
ottenere una significativa reddittività. La cash cow dovrebbe quindi essere un fornitore di
liquidità, capace di finanziare gli investimenti richiesti dalle question mark
 I DOG rappresentano business unit con quote di mercato ormai ridotte in settori
sostanzialmente stazionari o in declino, e rappresenta quindi il posizionamento peggiore tra
tutte le aree individuate dalla matrice. Questi business potrebbero prosciugare la liquidità
aziendale e richiedere una quantità sproporzionata di risorse aziendali. La matrice BCG
raccomanda in genere di disinvestire o di chiudere i business che si trovano in questo
quadrante

Questa matrice, quindi, fornisce un quadro sufficientemente chiaro delle esigenze e delle potenzialità
di tutti i diversi business che compongo il portafoglio aziendale. Mette in guarda la società
capogruppo del fabbisogno finanziario che il portafoglio aziendale richiederebbe se fosse costituito
soltanto da business con elevate prospettiva di crescita e ricorda inoltre che anche le star possono
“tramontare”.
Tuttavia, questa matrice BCG presenta 4 aspetti problematici:

 DEFINIZIONI APPROSSIMATIVE→ perché in particolari situazioni può essere difficile riuscire a


misurare il valore relativo del tasso di crescita od ella quota di mercato
 IPOTESI RESTRITTIVE SUL MERCATO DE ICAPITALI→ l’idea che un’impresa diversificata debba
avere un portafoglio bilanciato per finanziare gli investimenti ricorrendo al cash flow generato
internamente presume che i capitale non possano essere raccolti sul mercato.
 PROSPETTIVE POCO GRATIFICANT IPER ALCUNI “ANIMALI” → sia le cash cows sia i dog \\
ricevono un trattamento poco generoso. Le prime sembra che debbano essere soltanto
“munte”, mentre i secondi che vengano direttamente cacciati dalla casa madre. Queste
prescrizioni possono generare problemi motivazionali nel management di queste business unit
in quanto potrebbero sentirsi considerati solo come strumenti alle esigenze degli altri business
 DISCONOSCIMENTO DEI COLLEGAMENTI COMMERCIALI→ l’idea che id dog possano essere
semplicemente ceduti o dismessi presuppone che non esista nessun legame commerciale con
le altre business unit del portafoglio

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STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
Molte imprese che si sviluppano a livello internazionale devono confrontarsi non solo con le
aspettative di nuovi clienti, ma anche con contesti di natura istituzionale, economica, normativa,
politica e culturale che sono spesso molto diversi da quelli del proprio paese. Infatti, l’impresa che
viene dall’estero, si trova in genere in una posizione di rilevante svantaggio competitivo rispetto agli
operatori locali, che avranno una maggiore conoscenza del mercato locale e una rete di relazioni
consolidate con il sistema istituzionale e con gli attori della catena del valore. L’impresa che intende
competere nel contesto internazionale deve quindi avere uno specifico vantaggio competitivo del
proprio potenziale aziendale per riuscire a competere con successo.
Le due principali opportunità, per un nuovo concorrente che viene dall’estero, sono lo sfruttamento di
un particolare VANTAGGIO LOCALIZZATIVO, spesso relativo al proprio paese d’origine, e i vantaggi
offerti dalla possibilità di accedere a un SISTEMA INTERNAZIONALE DE VALORE.
Il perno intorno al quale ruota la strategia di internazionalizzazione è la ricerca di un equilibrio tra le
pressioni per l’INTEGRAZIONE GLOBALE e quelle per l’ADATTAMENTO AL CONTESTO LOCALE. Le
pressioni per l’integrazione globale spingono le organizzazioni a coordinare le proprie attività presenti
nei diversi paesi per raggiungere una maggiore efficienza operativa in quanto le imprese riuscirebbero
a conseguire una riduzione dei costi e una maggiore qualità dei processi e delle prestazioni aziendali.
Dal lato opposto c’è l’idea che le organizzazioni debbano essere sempre più adattive a livello locale e a
soddisfare le richieste specifiche relative a ogni singolo paese.
Questa complicata questione è identificata nel cosiddetto DELEMMA GLOBALE-LOCALE relativo alle
strategie di internazionalizzazione quando l’impresa deve scegliere tra offrire prodotti e servizi
standardizzati o adattare i caratteri dei prodotti e sevizi alle specifiche esigenze dei diversi mercati
nazionali.
Le 4 principali STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONI sono:

 STRATEGIA DI ESPORTAZIONE→ questa strategia valorizza le capacità, il potenziale di


innovazione e i prodotti del paese di origine sui mercati dei diversi paesi esteri. Si rivela
vantaggiosa nei casi in cui le pressioni per l’integrazione globale e per l’adattamento al
contesto locale non sono rilevanti. Questa strategia è spesso perseguita con successo dalle
organizzazioni dotate di capacità distintive associate a una solida reputazione ea un marchio
conosciuto. L’aspetto negativo di questo approccio è rappresentato da una visione del
business troppo focalizzata all’interno dei confini del paese di origine con il rischio di
sottovaluta re la possibilità di esser superati dalla concorrenza locale.
 STRATEGIA MULTI-DOMESTICA→ questa strategia al contrario tende ad accrescere la capacità
di rispondere alle esigenze locali. Essa si basa a sull’offerta di prodotti o servizi differenti in
ciascun paese, adattando le proprie attività alle caratteristiche del mercato locale e alle

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preferenze della clientela. Il coordinamento internazionale di questa strategia è modesto, così


come nel caso dell’esportazione. Questo approccio multi-domestico è particolarmente
appropriato nei casi in cui sia possibile beneficiare di grandi vantaggi dall’adattamento alle
esigenze locali, mentre una maggiore integrazione apporterebbe limitati vantaggi in termini di
efficienza. Questa strategia, infatti, è molto diffusa nelle imprese del settore alimentare e dei
beni di consumo, perché in questi mercati le preferenze dei consumatori possono avere una
forte caratterizzazione dipendente dal contesto locale. I principali rischi sono legati alle
possibili inefficienze dell’attività produttiva, il rischio di compromettere il brand e la
reputazione aziendale se le normative alle quali adattarsi diventassero troppo differenti tra i
vari paesi.
 STRATEGIA DI GLOBALIZZAZIONE→ questa strategia tende a valorizzare l’importanza
dell’integrazione su scala globale. Essa considera il mondo intero come un solo mercato, a cui
rivolgersi con prodotti e servizi standardizzati. L’attenzione del management è rivolta a
realizzare economie di scala e a sfruttare i vantaggi localizzativi su scala mondiale. Le attività
della catena del valore sono sparse per il mondo venendo coordinate e controllate dalla sede
centrale. I maggiori vantaggi di una strategia di globalizzazione si hanno quando si può
beneficiare dei risparmi di costi e dell’efficienza qualitativa dovuti alla standardizzazione.
Dall’altro lato il limite principale è proprio la perdita di flessibilità determinata dalla
standardizzazione, che limita di fatto la possibilità di adattare i prodotti e l’organizzazione delle
attività alle caratteristiche dei mercati locali
 STRATEGIA TRASNAZIONALE→ questa è la strategia più complessa che tenta di sfruttare al
massimo sia la capacità di adattamento al contesto locale, sial e opportunità di integrazione.
L’obiettivo è quello di associare i vantaggi della strategia multi-domestica di globalizzazione,
cercando di limitarne gli svantaggi. La configurazione della catena del valore comprenda una
complessa combinazione di lavorazioni accentrate per accrescere l’efficienza, che sono
associate ad attività di assemblaggio distribuite tra i diversi paesi e ad attività di adattamento
al contesto locale. Il coordinamento non è né accentrato presso la casa madre, né disperso tra
i diversi paesi, ma tende piuttosto a incoraggiare la circolazione delle conoscenze all’interno
del gruppo, a prescindere da dove provengano.

Accade raramente che un’impresa nella pratica adotti un modello “assoluto” di strategia di
internazionalizzazione. È molto più probabile che i 4 approcci vengano combinati tra loro.

PERCORSI DI SVILUPPO PER VIE ESTERNE E PER VIE INTERNE


Una volta che ha deciso di perseguire una strategia di crescita, un’organizzazione si trova ad
affrontare le questioni relative alla scelta del percorso di sviluppo. I principali percorsi di sviluppo PER
VIE ESTERNE sono rappresentati dalle FUSIONI, dalle ACQUISIZIONI e dalle ALLEANZE.

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Una FUSIONE rappresenta la combinazione di due organizzazioni, in precedenza distinte, al fine di


creare una nuova società.
Un’ACQUISIZIONE invece si realizza quando una società acquirente prende il controllo di una società
target attraverso l’acquisto di una sufficiente quota del capitale azionario di questa.
Queste due modalità di sviluppo si propongono di rafforzare il vantaggio competitivo delle società
interessate attraverso:

 ESPANSIONE DEL RAGGIO D’AZIONE→ in termini di mercati geografici, portafoglio prodotti o


settori di attività
 CONSOLIDAMENTO DEL POTENZIALE AZIENDALE→ dato che la concentrazione di due imprese
concorrenti può aumentare il potere di mercato riducendo la concorrenza, aumentare
l’efficienza del complesso aziendale attraverso una riduzione di eventuali eccedenze di
capacità o una più conveniente condivisione delle risorse, e infine una maggiore scala delle
attività operative può accrescere l’efficienza produttiva o rafforzare il potere contrattuale con i
fornitori
 SVILUPPO DEL POTENZIALE AZIEDNALE

Spesso, tuttavia, le società collaborano tra loro anche attraverso alleanze strategiche, che implicano
soltanto una parziale o addirittura nessuna modifica dell’assetto proprietario dell’impresa, dal
momento che le società capogruppo rimangono ben distinte. Un’ALLEANZA STRATEGICA si realizza
quando due o più organizzazioni condividono risorse e attività per perseguire una determinata
strategia. Esistono 4 tipi di alleanze:

 ALLEANZA DI SCALA→ in questo caso le organizzazioni si mettono insieme per raggiungere le


dimensioni di scala ritenute necessarie ed insieme possono ottenere vantaggi che non
sarebbero in grado di conseguire autonomamente. Queste alleanze possono permettere di
realizzare economie di scala nella produzione di output ma anche in termine di input, per
esempio riducendo i costi di acquisto.
 ALLEANZE PER L’ACCESSO AI MERCATI→ spesso le organizzazioni si alleano solo per accedere
alle capacità di un’altra organizzazione, in quanto è visto come un elemento necessario per
riuscire a produrre o vendere i propri prodotti e servizi. Per esempio, in paesi come Cina e
India un’impresa occidentale può avere la necessita di allearsi con un distributore locale per
accedere al mercato nazionale con i propri prodotti e servizi.
 ALLEANZE COMPLEMENTARI→ queste alleanze possono essere considerate come una forma di
alleanza per l’accesso, ma coinvolgono organizzazioni che svolgono attività in aree simili
all’interno della rete del valore e che uniscono le loro risorse specifiche in modo da riuscire a
sostenere ciascun partner nei rispettivi punti deboli.
 ALLEANZE COLLUSIVE→ queste sono alleanze fatte per accrescer il loro potere di mercato in
quanto accordandosi per la realizzazione di cartelli, essere riducono la concorrenza sul
mercato riuscendo così a strappare prezzi più alti ai clienti o prezzi più bassi ai fornitori. Questi
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cartelli collusivi sono in genere ritenuti lesive della concorrenza e illegali, e infatti l’attività dei
regolatori cerca di impedirne la realizzazione.

Un ulteriore percorso di sviluppo, questa volta per VIE INTERNE, è lo SVILUPPO ORGANICO, che si
bassa sul prevalente ricorso alle capacità interne dall’organizzazione. I 5 principali motivi che
suggeriscono di affidarsi allo sviluppo organico sono:

 SVILUPPO DELLA CONOSCENZA E DELL’APPRENDIMENTO→ dato che perseguire una nuova


strategia ricorrendo prevalentemente alle risorse e alle capacità esistenti può contribuire a
rafforzare le conoscenze e le capacità di apprendimento dell’organizzazione
 DISTRIBUZIONE DELL’INVESTIMENTO NEL CORSO DEL TEMPO→ lo sviluppo organico permetti
di distribuire l’investimento lungo l’intero arco di tempo richiesto dallo sviluppo della strategia
 ASSENZA DI VINCOLI DOVUTI ALLE CONDIZIONI DI MERCATO→ le imprese che si affidano allo
sviluppo organico non devono attendere il momento in cui sia possibile individuare sul
mercato una potenziale impresa target che abbia le caratteristiche perfettamente
corrispondente alle proprie esigenze
 INDIPENDENZA STRATEGICA→ la condizione di indipendenza strategica offerta dallo sviluppo
organico implica che l’organizzazione non abbia bisogno di giungere agli stessi compromessi
che sarebbero necessari se stringesse un’alleanza con un’impresa partner
 CULTURA MANAGERIALE→ questo tipo di sviluppo consente di creare nuove attività all’interno
del contesto organizzativo esistente, riducendo i rischi di conflitti di natura culturale

Il fatto che lo sviluppo organico dipenda dalle capacità interne all’impresa rappresenta un vincolo
significativo che rendo questo percorso di sviluppo lento, costoso e rischioso. Realizzare importanti
passi in avanti, in termini di innovazione, diversificazione o internazionalizzazione, rimanendo
vincolati alle risorse e capacità esistenti in azienda, può non essere semplice.
I 4 principali fattori che possono aiutare a scegliere tra acquisizioni, alleanze o sviluppo organico sono
l’URGENZA, l’INCERTEZZA, la TIPOLOGIA DI CAPACITA’ RICERCATE e la MODULARITA’ DELLE CAPACITA’

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