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CAPITOLO 7 LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA

La pianificazione è una procedura formale di una sequenza di azioni interdipendenti


e di un insieme di risultati che queste devono raggiungere in un determinato arco
temporale.
La pianificazione strategica, in quanto procedura formale e sistemica, costituisce lo
strumento per definire una strategia e per attuarla. Secondo Mintzberg, però, la
pianificazione può costituire uno strumento utile per rappresentare la realtà,
riducendone la complessità, ma non può determinare la realtà stessa. È la
percezione che costituisce la fonte della decisione strategica, mentre l’essenza
dell’intuizione consiste nella capacità di organizzare in maniera rapida ed efficace il
sapere.

Rispetto alla decisione strategica la pianificazione interviene a tre livelli:


• il primo, che potremmo indicare “preparatorio” alla decisione strategica,
• il secondo, di “esplicitazione”,
• e il terzo di “accompagnamento all’attuazione”.

L’evoluzione storica del modello di pianificazione consiste in quattro fasi:


• l’attività di budgeting → l’attività di pianificazione del budget quindi alla
previsione dei costi e dei ricavi a un anno;
• la pianificazione di lungo termine → amplia l’orizzonte temporale oltre l’anno
ed estende le previsioni ad altre variabili quantitative (es. quote di mercato da
raggiungere,capacità produttiva,il numero dei dipendenti, etc.);
• la pianificazione strategica → si passa a considerare anche l’ambiente,
l’obiettivo di queste attività è il determinare le alternative strategiche che
permettono il miglior posizionamento dell’impresa in termini di rapporto
rischi/rendimento in un determinato contesto ambientale. L’idea di
pianificazione ha dei limiti; un attore aziendale ritiene di poter determinare
ex-ante il percorso strategico che l’impresa pone in essere, ma deve saper
tenere conto di repentini cambiamenti delle condizioni ambientali e
competitive;
• il management strategico → la funzione fondamentale di questo approccio
consiste nell’attivare i meccanismi interni che rafforzano la relazione tra la
determinazione dell’orientamento strategico e la definizione delegazioni
operative che conseguirne. La decisione strategica e quella operativa sono
sostanzialmente connesse.
La pianificazione d’impresa indica un percorso di azioni che deve risultare
ottimale rispetto a tre fattori:
• gli obiettivi dell’impresa;
• le risorse disponibili;
• le condizioni ambientali.

Il processo di pianificazione ha natura circolare e iterativa; nello specifico:


• circolare → nel senso che le fasi della pianificazione non procedono secondo
una sequenza lineare, ma con numerosi meccanismi di retroazione;
• iterativa → nel senso che le decisioni esplicitate nel piano sono
progressivamente affinate nel tempo, in funzione anche del particolare modo
in cui l’impresa percorre effettivamente il sentiero in origine pianificato.

La natura iterativa della pianificazione è determinata, poi, dalle relazioni che


esistono tra le decisione pianificate, la azioni poste in essere, i risultati prodotti, e
l’esperienza maturata.
La circolarità è limitata dal potere gerarchico che, in misura maggiore o minore,
regola le relazioni tra i livelli organizzativi che partecipano alla pianificazione.
Il limite alla natura iterativa della pianificazione è dato dal fatto che si rischia di
rendere il piano un documento formalmente completo e coerente, ma di fatto poco
rilevante nell’ordinare il procedere delle azioni aziendali.

Il processo di pianificazione è articolato su due aspetti:


• il livello organizzativo responsabile;
• gli stadi del processo, ciascuno stadio è composto da fasi costituite da
un’insieme di attività.

Secondo un modello di pianificazione proposto da Hax e Majluf, i livelli organizzativi


sono tre:
• direzione centrale;
• direzione di divisione;
• direzione di funzione a livello centrale.
Gli stadi del processo sono quattro: determinazione delle condizioni di fondo,
formulazione dell’orientamento strategico, indicazione del programma di azioni,
predisposizione delle condizioni di implementazione e controllo del piano.

Il piano è il risultato materiale del processo di pianificazione del processo di


pianificazione.
Gli elementi costitutivi sono rispettivamente: scenari, missione, obiettivi e target
attesi, strategie , azioni, valutazione delle risorse. Gli attributi sono l’orizzonte
temporale, la ciclicità, il grado di complessità e il grado di flessibilità.
L’attributo fondamentale che distingue un piano è il suo orizzonte temporale. Varia
da caso a caso, essendo legata alle caratteristiche del modello di direzione
dell’impresa e del settore in cui opera.
Esso esplicita l’orientamento strategico dell’impresa e fa riferimento a un periodo
che raramente supera i cinque anni e raramente è inferiore ai tre anni. In passato, il
limite superiore era maggiore di dieci anni, ma si è capito che gli ambienti
competitivi sono troppo variabili e complessi per tali intervalli di tempo. Attributo
essenziale di un piano è la sua flessibilità, capacità ed efficace adeguamento di
fronte al cambiamento delle condizioni interne o esterne.
Le condizioni di fondo sono il frutto di decisioni assunte dal vertice aziendale e sono
il risultato del particolare percorso evolutivo dell’impresa. Le condizioni di fondo a
livello corporate sono:
• la visione esprime ciò che l’impresa si propone di divenire entro un
determinato tempo futuro, il punto d’arrivo verso cui l’impresa tende e
orienta tutte le sue attività.
• la missione deriva dalla visone dell’impresa, esprime cosa l’impresa vuole
compiere per diventare ciò che ha stabilito.

Queste condizioni definiscono il modello di crescita dell’impresa a cui l’impresa


intende far riferimento e questi sono i 2 “principi guida” che sono alla base delle
scelte strategiche dei comportamenti del sistema aziendale.

La divisione è l’unità organizzativa del sistema aziendale responsabile della gestione


di una o più unità di business. Si usa il concetto di “area strategica di affari” (ASA),
con dizione anglosassone strategic business unit (SBU).
Una parte della dottrina aziendalistica comunque distingue i due concetti, infatti
considera le SBU come unità operative che gestiscono un particolare business
appartenente a una più ampia area strategica di affari.

Un’ ASA è descritta dall’incrocio di tre variabili:


• la gamma di prodotti/servizi offerti dall’impresa;
• l’area di mercato a cui questa gamma è riferimento; • gruppo di concorrenti
con cui l’impresa si confronta.

L’ASA delinea i confini di un business definito e distinto dal resto delle aree di
business in cui l’impresa è impegnata. Al suo interno sono esplicitati obiettivi e
orientamenti strategici che riguardano specificatamente quel business e che la
distinguono ma non la separano dal resto dell’impresa. La visione e la missione a
livello di area di business assumono lo stesso significato osservato con riferimento
all’impresa nel suo insieme:
• la visione è il ruolo che si vuole che il business giochi nel lungo termine.
• la missione descrive gli scopi che il business intende perseguire.

È la strategia dell’impresa nel suo insieme che determina l’identità che ciascun
business deve raggiungere nel tempo (visione) e che gli assegna la missione. Per
quanto riguarda l’area di business, è necessaria l’analisi delle risorse e competenze
interne disponibili. Per realizzare l’analisi interna è utile servirsi della catena del
valore e di quella delle relazioni riferite alla specifica area di business in questione
ponendo particolare attenzione, alle connessioni che hanno con quelle delle altre
aree di business dell’impresa. Le condizioni esterne sono descritte dai fattori che
determinano l’“ambiente specifico del business”. Questo ambiente è determinato
dall’azione esercitata dalle cinque forze competitive.
La direzione centrale delinea la strategia che orienta il comportamento di medio-
lungo termine del sistema impresa nel suo insieme con il fine ultimo di creare
valore, poiché il valore è prodotto direttamente dalla gestione delle unità di
business. La direzione centrale determina l’insieme di aree di business in cui
estendere l’impegno competitivo dell’impresa. Questa scelta implica due attività
conseguenti:
• la segmentazione dell’attività dell’impresa in aree di business;
• l’analisi e la valutazione delle singole aree di business.
La distinzione delle unità di business
dell’impresa è svolta con il metodo di
Abell.
Le tre dimensioni di base sono:
• il gruppo di clienti cui il
business fa riferimento;
• la funzione d’uso della linea di
prodotto del business;
• la tecnologia utilizzata.

Le due dimensioni aggiuntive sono :


• l’area geografica;
• il grado di integrazione verticale dell’attività svolta.

I due criteri di valutazione della convenienza delle unità di business sono:


• le potenzialità economiche del business in sé;
• gli effetti strategici ed economici che derivano dall’inserimento del business
nel portafoglio dell’impresa (valenza strategica).

Per analizzare le potenzialità economiche di un singolo business una metodologia


molto diffusa è la cosiddetta Matrice General Electric, creata dalla società di
consulenza McKinsey, che viene costruita impiegando variabili aggregate che
sintetizzano i diversi fattori alla base della competitività del business e
dell’attrattività del settore.

Un secondo metodo utilizzabile per valutare le condizioni di un determinato


business e il suo ruolo nel portafoglio dell’impresa consiste nel confronto delle
caratteristiche della gamma di prodotti o servizi offerti dall’impresa rispetto a quella
dei concorrenti nello stesso segmento o nello stesso raggruppamento strategico.
La S.W.O.T. analysis descrive un business dell’impresa in termini di punti di forza
(strenghts) e di debolezza (weakness) interni e di opportunità (opportunity) e
minacce (threats) ambientali.
I punti di forza e di debolezza sono valutati non tanto in senso assoluto, quanto
soprattutto relativamente ai principali concorrenti nello stesso raggruppamento
strategico. Le minacce e le opportunità ambientali vanno considerate nella
prospettiva soggettiva dell’impresa.

L’analisi della redditività di breve e medio termine del portafoglio può essere
effettuata con una griglia che mette in relazione l’andamento della quota di mercato
con un indice di redditività. Una griglia di questo genere è stata proposta dalla
Marakon Associates e diffusa in ambito accademico da Hax e Majiluf.

L’andamento della quota di mercato di una determinata unità di business è descritto


dal rapporto: q/Q
dove:
q = variazione in un determinato periodo della quota di mercato
dell’impresa Q = variazione nello stesso periodo dell’intera
domanda.
La redditività può essere espressa con la differenza ROE-Ke, dove Ke rappresenta il
rendimento atteso sul capitale proprio, oppure la differenza ROA-Ki, dove Ki
rappresenta il rendimento atteso sul capitale investito(capitale proprio più capitale
di terzi).
La matrice può essere arricchita se si ipotizza che il tasso di crescita del volume
d’affari dell’impresa sia proporzionale al livello dell’autofinanziamento, ovvero valga
la relazione: q = ROE * x
con x il tasso di ritenzione degli utili, compreso tra 0 e 1. Se si ipotizza che x=1, la
diagonale a 45 gradi che parte dall’origine permette di distinguere i business che
generano cassa da quelli che la assorbono.

L’equilibrio finanziario del “portafoglio” può essere descritto attraverso la cosiddetta


Matrice Boston Consulting Group.

I due parametri che definiscono la griglia sono:


• il tasso di crescita della domanda;
• la quota di mercato relativa a quella del principale concorrente.

Il primo parametro può essere costituito dal tasso di crescita medio dei settori delle
diverse aree di business, oppure dal tasso di crescita del PIL nell’area geografica
dove è collocato il mercato dell’impresa. Per il secondo parametro, il valore di
riferimento è l’unità rappresentata dalla quota di mercato dell’impresa nell’unità di
business quando è uguale a quella del principale concorrente.

Si individuano quattro quadranti:


• i business “dog” caratterizzati da basso tasso di crescita della domanda e
piccola quota di mercato;
• i “question mark”, con alto tasso di crescita e piccola quota di mercato;
• i business “star” con alto tasso di crescita della domanda e alta quota di
mercato;
• i business “cash cow”con basso tasso di crescita della domanda e alta quota di
mercato.
Si possono aggiungere altre due a queste;
• i “dudes” con bassa quota di mercato,
• gli “old war horses” dove l’impresa ha un’elevata quota di mercato.

L’individuazione e lo sfruttamento delle sinergie tra le unità di business è il


contenuto delle cosiddette strategie orizzontali. Porter indica tre tipologie di
interrelazioni tra le unità:
• le interrelazioni tangibili → derivanti dalla connessione (potenziale) tra la
catene del valore di unita di business diverse. In concreto sono prodotte dalla
condivisione di determinate attività o asset aziendali, si manifestano
principalmente nell’ambito della funzione di approvvigionamento, della
funzione produzione e della funzione marketing;
• le interrelazioni intangibili → riguardano la condivisione e lo scambio di
conoscenza tra le aree di business diverse;
• le interrelazioni con i concorrenti → si manifestano tra le arre di business in
cui l’impresa si confronta con gli stessi rivali. L’individuazione di quest’ultime
appare abbastanza agevole. Si considera l’insieme di aree di business che
costituiscono il portafoglio strategico dell’impresa, e per ciascuno si elencano
i rivali con cui l’impresa si confronta.

I criteri di allocazione delle risorse riguardano il modo in cui l’impresa potrà


accedere a determinaterisorse. L’assegnazione delle risorse è un problema che si
risolve su due piani: quello della valutazione della convenienza gestionale e
quello della determinazione di un equilibrio “politico” tra le parti coinvolte. La
valutazione di convenienza fa riferimento a due criteri essenziali:
• il criterio economico → richiede l’individuazione dei fattori che influenzano la
creazione di valore nelle varie aree di business, in particolare i flussi di cassa
netti e il rischio. L’allocazione delle risorse deve quindi, rispettare l’equilibrio
temporale tra gli impieghi e le fonti acquisite dall’esterno;
• il criterio strategico → si osserva che a ciascuna area di business sono
assegnate le risorse necessarie affinché essa possa svolgere in maniera idonea
il ruolo che le è assegnato nell’ambito della strategia di portafoglio.

La direzione di divisione ha il compito di consolidare i piani della singole aree di


business. Gli obiettivi assegnati alle unità di business sono di carattere sia
economico finanziario sia strategico (incremento della quota di mercato, il
raggiungimento di determinati valori della produzione, innovazione del prodotto,
etc.).
Per tracciare una strategia del business può essere utile identificare i nodi
competitivi chiave, ossia quegli aspetti specifici dell’area di business su cui si gioca
gran parte del successo o dell’insuccesso di ciascun concorrente. La strategia di
un’area di business si manifesta in un insieme di programmi di azioni, finalizzati al
raggiungimento degli obiettivi assegnati al business.
La strategia dell’unità di business esprime i seguenti contenuti:
• strategia competitiva;
• strategia di mercato;
• strategia di produzione;
• strategia di acquisizione e sviluppo delle risorse.
Le “direzioni funzionali” sono le unità organizzative finalizzate allo svolgimento di
attività “trasversali” alle diverse componenti del sistema impresa.
Si possano distinguere due tipologie di direzione:
• quelle del primo tipo possono essere: approvvigionamenti, servizi logistici,
gestione del patrimonio immobiliare, finanza risorse umane ricerca e
sviluppo;
• quelle del secondo tipo sono: pianificazione, affari istituzionali e legali,
comunicazione e relazione con il cliente, amministrazione e controllo.
Per strategia funzionale si intende l’insieme di scelte di medio-lungo termine che
guidano l’azione della varie funzioni che a livello centrale supportano lo svolgimento
dei business dell’azienda. Gli obiettivi della strategia funzionale sono garantire le
migliori condizioni nel proprio ambito funzionale per supportare le funzioni di
direzione centrale, l’attuazione della strategia competitiva dell’impresa. Le categorie
di decisione tipica delle più diffuse “direzioni” funzionali sono:
• funzione finanziaria → strategia di finanziamento, (condizione dei debiti,
relazioni con le banche, con il mercato), relazione con le banche politica del
dividendo e scelta dell’autofinanziamento, strategia dei rischi finanziari, di
portafoglio, di investimento(decisioni di capital budgeting del vertice
dell’impresa), gestione del sistema pensionistico dell’azienda, strategia di
comunicazione finanziaria;
• funzione di amministrazione e controllo;
• funzione risorse umane;
• funzione approvvigionamenti; politiche per la scelta dei fornitori, architettura
del sistema di app.( concentrazione vs. diversificazione dei fornitori, politiche
degli acquisti e delle scorte;
• funzione di comunicazione e relazione con il cliente →strategia di
comunicazione e di Costumer Relation Management.
Funzione di R&S → individuazione delle linee di ricerca ( definizione della scala di
priorità tra i progetti, allocazione delle risorse; scelta delle tecnologie di ricerca,
politica di brevetti e gestione degli “spill-overs”, sviluppo del sistema di
collaborazioni e alleanze sull’attività di ricerca, strategia di acquisto o vendita della
conoscenza, strategia di introduzione dell’innovazione prodotta dalla ricerca.

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