3
Negli Stati Uniti la contabilità delle imprese è retta dai Generally accepted accounting principles (Gaap). L'enfasi è sul
general, nel senso che questi "principi contabili generalmente accettati" stabiliscono solo linee-guida generali, e
possono essere applicati in maniere diverse, tutte formalmente corrette.
strategiche, posticipazione del riconoscimento di ricavi già guadagnati,
attribuzione a conto economico di costi aventi utilità futura
Per valutare gli effetti e le finalità delle manovre richiamate, occorre ricordare le due
caratteristiche che determinano la qualità dell’informazione contabile:
- La rappresentazione attendibile delle condizioni reddituali, patrimoniale e
finanziarie dell’impresa
- L’utilità ai fini di formulare previsioni sui risultati futuri
A causa di azioni di earnings management, entrambi questi requisiti qualitativi
vengono violati perché ogni risultato creato attraverso manovre contabili interessa
necessariamente con segno opposto anche i periodi successivi.
Si consideri il caso di un’azione di aggressive accounting che si traduce in una
riduzione degli accantonamenti a fondi rischi e spese: l’effetto immediato è
l’incremento del reddito di periodo; l’effetto futuro, invece, allorquando gli oneri
relativi ai mancati accantonamenti si manifesteranno, sarà una riduzione del
reddito. Lo stesso vale per le manovre di big bath. Nel caso di svalutazione di un
impianto che va al di là di una ragionevole stima della sua perdita di utilità
funzionale, l’effetto immediato è la compressione del reddito di periodo; l’effetto
futuro, se e in quanto l’impianto continua a mantenere la sua efficienza produttiva,
sarà una riduzione delle quote di ammortamento che, a fronte di un flusso non
diminuito di ricavi generato dallo sfruttamento dell’impianto, indurrà a un aumento
del reddito.
Nella stessa prospettiva si colloca una generosa stima delle quote di
accantonamento a fondi rischi e spese future, ben oltre quanto attribuibile per
competenza all’esercizio: l’effetto immediato è una riduzione del reddito di periodo;
l’effetto sarà un incremento del reddito, mediante l’attribuzione a conto economico
della quota dei fondi che si rivelerà in eccesso oppure il mantenimento dei redditi di
esercizio, grazie all’utilizzo dei fondi generosamente stimati che consentiranno al
management di non far apparire il manifestarsi di oneri.
Oltre che agendo sulle politiche contabili, l’earnings management si realizza
attraverso una rilettura creativa delle transazioni che caratterizzano le attività di
gestione. Tale rilettura porta a riconfigurare i tempi e/o la struttura stessa delle
transazioni:
- Quanto ai tempi delle transazioni, l’obiettivo è di anticipare o differire il
verificarsi delle condizioni che consentono il riconoscimento, cioè la
contabilizzazione, di componenti di reddito o elementi del capitale (i ricavi
possono essere attribuiti a un determinato periodo solo se in tale periodo
sono stati guadagnati, ma il management potrebbe giudicare esistenti tali
condizioni prima che esse siano effettivamente verificate)
- Quanto alla struttura delle transazioni, l’azione del management mira a dare
alle transazioni una forma giuridica che mascheri la loro sostanza economica,
così da giustificare una determinata contabilizzazione (si possono manovrare
alcune clausole di un’operazione di leasing per qualificarlo come leasing
operativo invece che finanziario)
La manipolazione contabile determina una graduale perdita di qualità dei dati
contabili e una conseguente riduzione del segnale di rischio percepibile attraverso
l’analisi di bilancio. Comporta, quindi, l’insorgere di uno specifico fattore di rischio
che si associa a quello finanziario e operativo: si tratta del rischio informativo, cioè
del rischio di compiere valutazioni e assumere decisioni di investimento errate a
causa di informazioni che distorcono la rappresentazione della reale situazione
aziendale e non consentono di formulare previsioni attendibili sui futuri andamenti
della gestione. Tale rischio si riflette sul costo del capitale.
I DIAGNOSTICI PER VALUTARE LA QUALITA’ CONTABILE
Il rischio informativo merita di essere valutato attentamente in quanto le sue
manifestazioni possono avere conseguenze molto gravi. L’analista deve mettere a
fuoco:
1) La politica contabile alla quale la redazione del bilancio si ispira
2) Le caratteristiche dell’attività economica svolta dall’impresa
3) Le poste di bilancio dove, tenuto conto delle caratteristiche dell’attività
economica, eventuali interventi manipolatori sono più probabili (poste
sensibili)
4) La presenza di situazioni che possono spingere il management ad aggiustare il
bilancio
1 La politica contabile si presenta di difficile individuazione, ritrovandosi in ogni
bilancio una scelta orientata in senso conservativo per alcune poste, in chiave più
liberale per altre. Vale a quantificare la politica adottata l’orientamento prevalente
che si percepisce. Ai fini della percezione di condizioni di rischio informativo occorre
guardare a cambiamenti intervenuti nelle politiche. Appare cruciale il ruolo svolto
dalle note di bilancio, il solo documento che chiarisce il percorso valutativo.
2 L’informazione extracontabile di tipo non–financial fornisce gli elementi necessari
per mettere a fuoco le caratteristiche dell’attività economica svolta per le imprese.
Conoscere tali caratteristiche è essenziale per:
Comprendere la sostanza economica dei fatti di gestione
Individuare l’esistenza di principi contabili specifici per settore di attività
Esaminare il comportamento contabile tenuto dalle altre imprese operanti nel
medesimo settore
Identificare alcuni valori medi di riferimento
3 Le poste sensibili sono valori di bilancio che possono essere facilmente oggetto di
azioni manipolatorie. Si tratta tipicamente di poste contabili capaci di generare
maggiori effetti sul risultato di periodo. Ad esempio: in una società di leasing,
occorre fare attenzione alla stima del valore residuo dei beni ceduti alla fine del
contratto; per un’impresa farmaceutica si rivela sensibile il trattamento riservato ai
costi di R&S; per la grande distribuzione è critica la valutazione delle scorte di
magazzino.
4 Occorre guardare ad alcune condizioni che caratterizzano la gestione dell’impresa
e il suo management. Si distinguono condizioni istituzionali ed economico–
finanziarie.
Esempi di condizioni istituzionali: cambiamenti del vertice aziendale, contatti con
finanziatori che prevedono il rispetto di covenant4, transazioni con parti correlate,
tentativi di acquisizione da parte di altre imprese, ecc…
Esempi di condizioni economico–finanziarie foriere di manovre contabili: stime degli
analisti che prevedono un rialzo degli utili o dichiarazioni in tal senso da parte del
management, profilarsi di risultati economici negativi e di tensioni finanziarie,
ricorso al mercato finanziario mediante significative emissioni di azioni o prestiti
obbligazionari.
L’analisi dei sistemi di controllo si deve accompagnare all’impiego di specifici
diagnostici che aiutino a mettere in evidenza alcune criticità dei valori di bilancio. I
diagnostici non individuano con sicurezza la presenza di manovra di bilancio, ma
richiamano l’attenzione dell’analista su alcuni aspetti potenzialmente sospetti e
rischiosi.
LE PROCEDURE ANALITICHE (RED FLAG)
Esiste un filone di ricerca che si concentra sugli accrual, cioè sui valori che segnano
la distinzione tra competenza economica e competenza monetaria. La
determinazione deli accrual si presta ad attuare manipolazioni contabili. La manovra
degli accrual è favorita dalla circostanza che la determinazione di questi valori
4
In finanza con il termine covenant si indica un accordo che intercorre tra un'impresa e i suoi finanziatori, che mira a
tutelare questi ultimi dai possibili danni derivanti da una gestione eccessivamente rischiosa dei finanziamenti concessi.
contabili gli chiede di compiere stime e congetture che danno al management ampia
libertà di manovra, senza lasciare chiari segnali agli utilizzatori del bilancio,
diversamente dai cambiamenti delle politiche contabili, immediatamente
riconoscibili.
Gli accrual si possono distinguere in non discrezionali (ad esempio quote di
ammortamento che il management è necessariamente tenuto a stanziare in base
alle immobilizzazioni materiali presenti nell’attivo) e discrezionali (ad esempio
svalutazioni sui crediti inesigibili, dove la discrezionalità valutativa è ampia).
Gli accrual discrezionali appaiono un formidabile strumento per manovrare gli
earnings. L’approccio più semplice e immediato per cogliere la presenza di fenomeni
di manipolazione è rappresentato dalle simple analytical procedures, basate sul
calcolo di singoli indicatori contabili ritenuti capaci di segnalare situazioni anomale
(red flag). Gli indici sono comparati nel tempo e nello spazio con quelli di altre
imprese per evidenziare la presenza di anomalie. Nell’impiego di questi strumenti
occorre considerare che gli aggiustamenti contabili possono essere numerosi e
riguardare la gran parte delle poste di bilancio. L’aspetto più importante della
gestione, però, è quello operativo. È, quindi, sulla gestione operativa che l’analista
deve concentrare l’indagine. È conveniente ripartire i diagnostici in due categorie:
Diagnostici per scoprire manipolazioni nei ricavi di vendita
Diagnostici per scoprire manipolazioni nei costi
I MODELLI STATISTICI
La numerosità degli indicatori a disposizione rischia di complicare notevolmente il
lavoro dell’analista. Per questo la ricerca si è impegnata nella messa a punto di
diagnostici di sintesi che, attraverso modelli statistici, elaborano e combinano
alcune quantità contabili per cogliere la presenza di manipolazioni contabili prima
che gli effetti di queste divengano conclamati. L’attenzione di molti modelli è
concentrata sugli accrual discrezionali. Si configurano due categorie di modelli:
- Modelli che considerano l’insieme degli accrual
- Modelli focalizzati sui singoli accrual
CORREZIONE DEI RISULTATI DI BILANCIO
La verifica della qualità contabile può condurre a operare interventi correttivi dei
risultati di bilancio, in termini di normalizzazione dei risultati e di allineamento dei
principi contabili. Questi interventi correttivi e integrativi possono giungere fino a
una vera e propria riformulazione del bilancio (restatement). Si tratta di
un’operazione complessa, caratterizzata da ampi margini di soggettività.
Restatement attendibili sono solo quelli imposti dalle autorità di controllo e operati
da soggetti terzi allo scopo incaricati, con la diretta collaborazione della stessa
impresa.
5
Il flusso monetario scontato o flusso di cassa attualizzato (in lingua inglese: discounted cash flow, abbreviato DCF) è
un metodo di valutazione di un investimento, basato sull'attualizzazione, secondo un tasso corretto per il rischio, dei
flussi futuri attesi dall'attività in questione.
rappresentazione della gestione delineato presenta una stretta aderenza alle logiche
di formazione e determinazione del valore fondamentale, delle quali esprime le
componenti chiave. Pertanto, si prospetta una logica di analisi dei dati di bilancio
basata sulla distinzione fra operativi e finanziari dei flussi di cassa e dei fattori di
rischio.
Questa logica deve ispirare la riclassificazione dei prospetti contabili, la redazione
del rendiconto finanziario, la costruzione e l’interpretazione degli indicatori.
LA RICLASSIFICAZIONE DEI PROSPETTI CONTABILI
Con la riclassificazione, i valori contenuti nei prospetti ufficiali di bilancio sono
organizzati in modo da consentire di acquisire i dati necessari per valutare le
condizioni che determinano i flussi di cassa e i livelli di rischio della gestione che
sono alla base del valore fondamentale dell’impresa. Il modello di analisi della
gestione proposto costituisce il criterio guida per compiere la riclassificazione dei
valori contenuti nei prospetti di bilancio. Essi devono essere aggregati considerando
le aree di gestione che ne hanno determinato la formazione: si tratta di distinguere
fra valori che si sono formati in conseguenza degli scambi con le aree di affari e
valori sorti in seguito agli scambi con il mercato finanziario.
La riclassificazione riguarda i valori dello stato patrimoniale e del conto economico.
Per lo stato patrimoniale, le attività e le passività sono suddivise in ragione della loro
appartenenza ai diversi ambiti della gestione; nel conto economico, invece, la
suddivisione riguarda i costi e i ricavi di esercizio. Lo stesso criterio di
riclassificazione interessa anche il rendiconto finanziario in cui i flussi monetari in
entrata e in uscita sono ripartiti per aree di gestione; se il rendiconto non fa parte
del fascicolo di bilancio, il modello per aree di gestione è il naturale riferimento per
la costruzione del documento.
LA SCELTA DEGLI INDICATORI
Raccolta la documentazione e riclassificati i prospetti, si approfondisce l’analisi
attraverso l’utilizzo di indici. L’obiettivo è esprimere l’andamento nel tempo e
rispetto alle imprese comparabili delle quantità patrimoniali, reddituali e finanziarie
che determinano il valore fondamentale. I quozienti, a differenza dei valori assoluti,
offrono una misura relativa e confrontabile dei risultati della gestione. Si
evidenziano due essenziali profili della gestione che costituiscono il necessario
riferimento dell’analisi condotta attraverso indici. I due profili sono:
Redditività, intesa come capacità di generare reddito attraverso gli
investimenti. Essa deve essere apprezzata con riferimento all’ambito
strettamente operativo
Solvibilità, intesa come capacità di far fronte agli impegni di pagamento e che
può essere esaminata:
- nel lungo termine (capacità di far fronte complessivamente e definitivamente
agli impegni di pagamento solidità patrimoniale)
- nel breve termine (disponibilità delle risorse monetarie necessarie per far
fronte tempo per tempo agli impegni di pagamento liquidità)
L’analisi condotta mediante l’impiego dei dati di bilancio si deve fondare sul calcolo
e l’interpretazione di quattro sottosistemi di indici:
- sottosistema per l’analisi dei livelli di crescita
- sottosistema per l’analisi della redditività operativa
- sottosistema per l’analisi della solidità patrimoniale
- sottosistema per l’analisi della liquidità
Si può aggiungere un sottosistema relativo all’analisi della redditività netta,
momento di sintesi di tutte le prospettive di analisi.
Capitale operativo investito netto (COIN) = differenza tra tutte le attività operative e
tutte le passività operative esso misura l’ammontare del fabbisogno finanziario
netto della complessiva gestione operativa, considerata nelle sue componenti corrente
e strutturale.
Posizione finanziaria netta a breve termine = differenza tra indebitamento finanziario a breve
termine e le disponibilità liquide considera come valori che assicurano una copertura
all’indebitamento solo quelli monetari e non quelli che esprimono vere e proprie forme di
investimento alternativo o complementare agli investimenti operativi.
PFTbt + debiti a medio e lungo termine = indebitamento finanziario netto se la cassa e le
attività finanziarie equivalenti sono superiori ai debiti finanziari a breve si mantiene la posizione
finanziaria netta, con segno positivo, tra le passività, o la si colloca tra le attività finanziarie.
La costruzione dei margini operativi è accompagnata da quella di margini che
riguardano i valori finanziari.
IL PROSPETTO CAPITALE INVESTITO–CAPITALE RACCOLTO
La riclassificazione mette in evidenza:
Il capitale investito nelle diverse aree di gestione, al netto di finanziamenti
spontanei
Il capitale raccolto direttamente da terzi, sia con vincolo di debito che con
vincolo di rischio; si tratta di finanziamenti non spontaneamente generati dai
processi di gestione operativa, ma specificamente negoziati sul mercato
finanziario
INVESTIMENTI (CAPITALE INVESTITO) FINANZIAMENTI (CAPITALE RACCOLTO)
CCNc Capitale netto
Investimenti strutturali netti Debiti finanziari a medio-lungo
Investimenti finanziari Posizione finanziaria netta a breve
In dettaglio:
Il CCNc indica il fabbisogno finanziario netto del ciclo operativo
Gli investimenti operativi strutturali, al netto delle passività legate alla
gestione operativa, esprimono la consistenza del fabbisogno finanziario
imputabile alla creazione dell’apparato produttivo dell’impresa
Entrambi i margini segnalano il fabbisogno finanziario netto dovuto alla
gestione operativa (COIN)
Aggiungendo a questo fabbisogno la consistenza degli investimenti finanziari
(e accessori, al netto delle eventuali passività spontanee), si ottiene il
complessivo fabbisogno finanziario netto della gestione vista nelle sue aree
fondamentali (CIN). Tale fabbisogno trova copertura nel ricorso a:
- Capitale di rischio
- Mezzi di terzi negoziate nelle forme tecniche del credito a breve e a medio e
lungo termine
L’indice di durata dei crediti verso clienti indica il tempo che intercorre fra il
momento in cui la produzione ottenuta è venduta ai clienti e il momento in
cui i clienti pagano il loro acquisto
6
Che cosa significa "Dilazione di pagamento"? Significa distribuzione nel tempo del pagamento, che può consistere in
una posticipazione del termine o in una rateizzazione dell'importo dovuto
7
Giacenza, intesa come l'intervallo di tempo in cui una data somma di denaro resta depositata in un conto corrente o
utilizzata a debito dal cliente.
Consumi/fatturato (nel caso di scorte di materie prime o merci)
Costo del venuto/fatturato (nel caso di scorte di prodotti finiti)
Maggiore è il fabbisogno corrente per unità di fatturato (ossia più lenta alla
rotazione del CCNc) e quanto più tale fabbisogno viene coperto mediante
indebitamento bancario a breve, tanto più alta sarà l’incidenza del finanziamento
bancario a breve sul fatturato; questa circostanza è destinata a generare una
crescita del peso degli oneri finanziari sul fatturato e, quindi, una riduzione del
reddito di esercizio.
Ricavi correnti
(-) costi correnti
= REDDITO CORRENTE LORDO
(-) imposte sul redito corrente
= REDDITO CORRENTE NETTO
+/- proventi e oneri anomali (al netto delle imposte)
= REDDITO NETTO
Tre gruppi di valori possono essere ricondotti alla categoria dei componenti anomali:
Costi e ricavi straordinari
Costi e ricavi derivanti da attività operative cessate
Costi e ricavi extra-gestione
I COSTI E RICAVI STRAORDINARI
Sono componenti di reddito che derivano da fenomeni:
- Eccezionali, ossia infrequenti o a manifestazione occasionale
- Che presentano importi anomali rispetto al consueto
Si possono considerare componenti di reddito straordinari:
Sopravvenienze e insussistenze derivanti da fatti accidentali o casuali (es.
incendi, alluvioni, gravosa perdita su crediti verso clienti)
Svalutazioni, specie di attività immobilizzate
Oneri, plusvalenze e minusvalenze derivanti da alienazioni di immobilizzazioni,
tecniche, ma anche finanziarie
Spese per ristrutturazioni
Imposte relative a esercizi precedenti
Non sempre i valori legati ai fenomeni richiamati devono essere esclusi dal reddito
ripetibile; in alcuni casi, si tratta di ridistribuire nel tempo gli effetti che da tali valori
reddituali derivano (ad esempio svalutazione attività immobilizzata, qualora sia la
conseguenza del mancato adeguamento, negli anni passati, della vita utile
dell’attività immobilizzata alla quale si riferisce; in questo caso, gli effetti dalla
svalutazione devono essere riattribuiti agli esercizi precedenti, integrando il valore
degli ammortamenti, che risultano così proporzionati all’effettiva vita utile
dell’attività).
I COSTI E RICAVI DA ATTIVITA’ OPERATIVE CESSATE
Tra i componenti anomali del reddito di esercizio rientrano i costi e i ricavi da attività
operative cessate.
La vendita o l’abbandono di un importante ramo o ambito geografico di attività crea
una discontinuità significativa fra i periodi amministrativi nei quali l’attività ha dato
un contributo reddituale e quelli che di tale contributo non si potranno avvalere. Ai
fini della normalizzazione del reddito occorre che i costi e i ricavi derivanti dalle
attività cedute, in via di cessione o destinate all’abbandono, siano tenuti separati da
quelli riferiti ad attività destinate a continuare.
Vanno normalizzati anche i valori contenuti nello Stato Patrimoniale, per non
ottenere valori distorti: in particolare, vanno esclusi dal patrimonio le attività e
passività relative a discontinued operations non ancora cedute; quelle già cedute,
invece, già non compaiono più in bilancio.
OLTRE IL REDDITO NORMALIZZATO: IL REDDITO NETTO RETTIFICATO
I valori anomali, anche se non ripetibili, hanno un loro effetto economico.
Totalmente privi di significato economico sono, invece, alcuni valori che alterano
ogni misura reddituale e dovrebbero, quindi, essere enucleati al momento della
riclassificazione. Si individua così un’area di valori extra-gestione, che porta
all’evidenziazione del reddito netto rettificato.
I valori attribuiti all’extra-gestione sono prevalentemente delle poste frutto di
espedienti di contabilità creativa, miranti a lisciare e/o gonfiare i risultati di bilancio:
a) Plusvalenze da rivalutazione di attività (rivalutazioni monetarie: collegate a
fenomeni inflazionistici; rivalutazioni economiche: collegate a fenomeni che
determinano un rilevante aumento del valore intrinseco di alcuni elementi
patrimoniali)
b) Versamenti e remissioni di debiti verso soci a copertura delle perdite (il socio
versa una somma di titolo di capitale di credito e poi rinuncia al proprio
credito, facendo rilevare un’insussistenza del passivo che genera reddito
accreditato a Conto Economico e che occorre a mascherare la perdita di
esercizio)
c) Utilizzi di riserve direttamente a Conto Economico (per coprire perdite) o per
la costituzione di fondi del passivo
IL REDDITO CORRENTE
Il reddito corrente raccoglie tutti i valori di costo e di ricavo derivanti dalle
operazioni di gestione che l’impresa svolge in modo abituale. All’interno della
gestione corrente si individuano due (sotto) aree:
Gestione operativa (caratteristica o tipica): raccoglie le operazioni e i
conseguenti valori reddituali di ricavo e di costo concernenti la produzione e
la vendita dei beni e servizi che rappresentano la ragion d’essere dell’impresa
Gestione finanziaria: riguarda la ricerca e la gestione delle fonti di
finanziamento, ma anche l’impiego dei capitali raccolti in investimenti
finanziari, non direttamente legati alla gestione operativa
I componenti reddituali riconducibili all’ambito finanziario sono:
- Proventi e oneri derivanti dalla gestione degli investimenti finanziari
- Oneri netti della gestione dei debiti finanziari
I proventi e oneri da investimenti finanziari nascono dalle operazioni riconducibili
alla gestione finanziaria attiva. Se ben condotta, dovrebbe generare componenti
positivi in termini di interessi attivi su titoli a reddito fisso e crediti di finanziamento,
utili di cambio su crediti e valori similari, dividendi su titoli azionari, plusvalenze
relative alla negoziazione di titoli. Anche la gestione finanziaria attiva, però, può
determinare il sostenimento di oneri, come svalutazioni e perdite su titoli e crediti
finanziari, perdite di cambio, costi per l’acquisto di diritto d’opzione, minusvalenze
relative alla negoziazione di titoli.
Riguardo al contributo reddituale dei titoli azionari, laddove essi esprimano
partecipazioni in altre imprese, attraverso le quali si realizzano strategie di
diversificazione o di integrazione della gestione operativa, potrebbe essere
opportuno non far partecipare i componenti di reddito all’ambito finanziario. Si
potrebbe:
Classificare i valori reddituali riconducibili alle partecipazioni fra quelli
operativi
Creare una categoria di valori a sé stante, intitolata alla gestione delle
partecipazioni
Gli oneri finanziari netti sono componenti di reddito che nascono dalla gestione
finanziaria passiva, ossia valori derivanti dalle operazioni di raccolta dei capitali
monetari necessari a soddisfare il fabbisogno finanziario suscitato dalle diverse
operazioni di gestione; sono componenti negativi di reddito rappresentati da
interessi passivi e altri oneri finanziari. Sono “netti” perché espressi al netto di
eventuali correttive.
Gli oneri finanziari vanno espressi al netto anche dei proventi derivanti dalla
gestione della liquidità, configurandosi come il flusso reddituale generato dallo stock
patrimoniale rappresentato dai debiti finanziari a medio-lungo termine e della
posizione finanziaria netta a breve termine.
Talvolta si configura una gestione accessoria: è un complesso di operazioni che, pur
svolte con continuità, non riguardano direttamente il caratteristico e prevalente
oggetto di attività aziendale; è un’area dove si raccolgono i risultati di gestione
aventi una natura complementare o collaterale rispetto alla gestione operativa (ad
esempio gestione di un patrimonio immobiliare, gestione dei cambi).
Anche i componenti di reddito derivanti della gestione delle partecipazioni possono
rientrare nell’area accessoria, a condizione che la partecipazione abbia natura
economica, ossia sia finalizzata a istituire vincoli di correlazione produttiva con altre
imprese o a realizzare politiche di diversificazione.
L’area accessoria è un’area residuale in cui possono confluire, oltre ai proventi e gli
oneri di autonome gestioni accessorie, anche gli eventuali valori di costo e ricavo di
natura sostanzialmente operativa, ma che si ritiene possano in qualche misura
distorcere la corretta determinazione del reddito (ad esempio compensi corrisposti
agli amministratori; capitalizzazioni e ammortamenti relativi alle immobilizzazioni
immateriali).
I FLUSSI REDDITUALI SULLA GESTIONE CORRENTE
L’individuazione delle aree della gestione corrente consente di calcolare alcuni
risultati reddituali intermedi che spiegano il concorso di tali aree alla formazione del
reddito corrente.
Ricavi operativi
(-) costi operativi
= REDDITO OPERATIVO (MON o EBIT)
+ proventi da gestione investimenti finanziari
(-) oneri da gestione investimenti finanziari
= REDDITO ANTE ONERI FINANZIARI (RAOF)
(-) oneri finanziari netti
= REDDITO CORRENTE LORDO
(-) imposte sul reddito corrente
= REDDITO CORRENTE NETTO
Il reddito operativo (MON8 o EBIT9) nasce dalla contrapposizione tra ricavi e costi
operativi. Aggiungendo al risultato operativo i proventi e gli oneri derivanti dalla
gestione degli investimenti finanziari, si ottiene il reddito ante oneri finanziari
(RAOF): esprime il flusso reddituale generato dall’intera massa degli investimenti
aziendali, operativi e finanziari; è un risultato unlevered, che prescinde dagli effetti
reddituali delle scelte di finanziamento. Tali effetti sono contenuti nel valore degli
oneri finanziari netti che, sommati al RAOF, danno il reddito corrente, espresso al
lordo o al netto delle relative imposte.
Il reddito corrente ante gestione finanziaria si ottiene sommando al reddito
operativo il contributo netto della eventuale gestione accessoria.
8
In economia, il margine operativo netto è un indicatore di redditività utilizzato nella riclassificazione del conto
economico a valore aggiunto. Si ottiene come risultato della sottrazione al MOL degli accantonamenti ed
ammortamenti.
9
L'EBIT rappresenta una misura di utile operativo prima degli oneri finanziari e delle imposte. L'EBIT si ottiene
rielaborando le voci di conto economico nel seguente modo: Fatturato - Costo del venduto = Margine Operativo Lordo
- Costi operativi = EBIT (Earnings before interest and taxes)
I COLLEGAMENTI TRA FLUSSI DI REDDITO E STOCK PATRIMONIALI: REDDITO
PRODOTTO E REDDITO DISTRIBUITO
Oneri finanziari e reddito corrente costituiscono elementi reddituali riconducibili ai
capitali raccolti, ossia ai debiti finanziari e al capitale netto: gli oneri finanziari
costituiscono la remunerazione spettante ai debiti finanziari, mentre il reddito
corrente esprime la remunerazione che residua per i conferenti il capitale di rischio.
Il RAOF è, quindi, una cerniera fra le due zone del Conto Economico:
- Zona di produzione del reddito (sopra il RAOF)
- Zona di distribuzione del reddito (sotto il RAOF)
Il reddito è prodotto grazie ai risultati degli investimenti operativi e finanziari, poi è
distribuito ai finanziatori terzi, sotto forma di oneri finanziari e, alla compagine
sociale, sotto forma di redditi netti.
Si possono individuare collegamenti tra Conto Economico e Stato Patrimoniale.
I valori patrimoniali costituiscono le grandezze di fondo (o stock) dalle quali
promanano le grandezze di flusso di natura reddituale. Mettendo, quindi, a
confronto i flussi reddituali di una data area di gestione con gli stock patrimoniali
relativi a tale area, è possibile misurare, da un lato, la redditività degli investimenti,
dall’altro, la remunerazione dei finanziamenti.
In dettaglio, guardando agli investimenti:
Il reddito operativo (MON o EBIT) trova la sua naturale contropartita nel
margine che misura gli investimenti operativi, ossia nel COIN; tale confronto
segnala la redditività dell’area operativa della gestione
Il saldo proventi e oneri da gestione investimenti finanziari si pone in diretta
correlazione con la zona degli investimenti finanziari, mettendo in luce la
redditività conseguita dalla gestione finanziaria attiva
Il reddito ante oneri finanziari, in quanto frutto della complessiva gestione
degli investimenti, si sposa con il totale degli investimenti (CIN)10; dal
confronto si ottiene una misura della redditività di tutti i capitali investiti, al
lordo dei costi relativi alle operazioni di provvista di tali capitali
10
Il capitale investito netto operativo, viene indicato con la sigla CINO o CION o anche CIN. Esso è dato dalla somma
tra capitale circolante commerciale (brevemente CCC) e immobilizzazioni caratteristiche nette. ... Questa grandezza
esprime il capitale investito dall'impresa nella sua attività tipica.
Se vi è una gestione accessoria, il saldo proventi e oneri accessori si correla alla zona
degli investimenti accessori, da cui una misurazione della redditività dell’area
accessoria della gestione. Passando a osservare la sezione dei finanziamenti:
- Gli oneri finanziari netti si collegano ai volumi di indebitamento a interesse
esplicito, ossia ai debiti che li hanno generati, al netto della liquidità. Ne
risulta una misura dell’onerosità dei capitali negoziati a prestito, espressione
del contributo reddituale della gestione finanziaria passiva
- Il rapporto fra reddito corrente e capitale netto misura la remunerazione
offerta al capitale di rischio (lorda o netta)
IL REDDITO OPERATIVO
La riclassificazione dei componenti del reddito operativo assume particolare
significato per quanto riguarda i costi operativi, perché è su di essi che occorre agire
per accrescere e stabilizzare il MON (Reddito operativo), ossia il reddito della
gestione operativa.
I suddetti costi possono essere riclassificati secondo tre logiche:
Per natura: i costi sono divisi e raggruppati guardando alla natura del fattore
produttivo (costi per il personale, per le materie prime, ecc…)
Per destinazione: si guarda agli ambiti funzionali ai quali viene destinato il
fattore produttivo (costi di produzione, commerciali, amministrativi, ecc…)
Per grado di variabilità: si considera il comportamento dei fattori produttivi e
del loro costo al variare del volume di produzione e vendita (costi fissi e
variabili)
Alle tre logiche corrispondono altrettanti schemi di riclassificazione:
A valore della produzione e valore aggiunto (per natura)
A costo del venduto (per destinazione)
A margine di contribuzione (variabilità)
LA RICLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA NATURA DEI COSTI: VALORE DELLA
PRODUZIONE E VALORE AGGIUNTO
Le chiavi di lettura dei costi è quella per natura.
Tre sono i fondamentali fattori impiegati nella produzione:
- Materie prime e servizi
- Lavoro (capitolo umano)
- Impianti e attrezzature (capitale fisico)
Materie prime e servizi sono fattori produttivi esterni; personale e impianti sono
fattori produttivi interni, preesistenti rispetto alla produzione. La suddivisione si
riflette sui valori di costo:
Costi esterni: costi di materie prime e servizi
Costi interni: costo del lavoro, ammortamenti, accantonamenti a fondi spese
e rischi
La variazione delle scorte di materie prime e merci non fa parte del valore della
produzione ottenuta, perché si tratta di fattori produttivi che non hanno subito un
processo di trasformazione; sono risorse, non risultati del processo produttivo.
In assenza di incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, il valore della
produzione ottenuta può risultare maggiore o minore di quello della produzione
venduta (i ricavi delle vendite) in ragione della variazione delle scorte di prodotti
finiti e semilavorati e dei lavori in corso su ordinazione. Tale variazione si calcola
come differenza tra il valore assegnato alle scorte o ai lavori in corso su ordinazione
alla fine dell’esercizio e quello all’inizio dell’esercizio. Il segno più attribuito alla
variazione è da intendersi in senso algebrico.
Fatturato e prodotto dell’esercizio sono grandezze ben diverse ai fini delle analisi
sulla gestione: l’esame del fatturato presuppone una valutazione dell’efficacia delle
scelte aziendali nei confronti del mercato, ossia delle capacità dell’impresa di
realizzare e vendere prodotti che soddisfano determinati bisogni; l’attenzione sul
prodotto dell’esercizio richiama invece una valutazione delle condizioni di efficienza
e di produttività della gestione. La misura della produttività presuppone la
costruzione di rapporti del tipo input/output, ossia delle risorse impiegate/risultati
ottenuti, ma misure di questo genere non possono assumere il fatturato come
valore di output.
IL VALORE AGGIUNTO
È determinato dalla differenza tra valore della produzione e costi esterni
Valore della produzione
(-) costi esterni
= VALORE AGGIUNTO
La variazione delle scorte si calcola come differenza fra il valore assegnato alle
scorte alla fine dell’esercizio e quella all’inizio dell’esercizio; in questo caso la
variazione positiva (incremento) della rimanenza finale esprime una rettifica di
costo. Per passare dal valore dei consumi a quello dei costi esterni, occorre
aggiungere i costi per servizi, ossia ogni prestazione resa sia da te sia dall’impresa
(servizi legati alla funzione di approvvigionamento, servizi legati alla funzione di
produzione, ecc…)
Il valore aggiunto esprime la capacità dell’impresa di creare grazie ai propri processi
trasformativi basati su una determinata idea imprenditoriale, nuova e maggiore
ricchezza rispetto a quella incorporata nei fattori produttivi acquistati da terzi e
consumati nella produzione; è un’importante misura di prestazione in quanto
rappresenta il punto di incontro tra condizioni di efficienza e livelli di efficacia della
gestione:
Le condizioni di efficienza sono riconducibili alle modalità di
acquisizione/trasformazione dei fattori esterni, ossia al come produco
I livelli di efficacia riguardano il cosa produco, ossia le caratteristiche dei
prodotti realizzati e venduti sul mercato e il differenziale di valore, rispetto ai
costi esterni, che il mercato riconosce a tali prodotti
Il valore aggiunto può essere anche visto come una massa di ricchezza lorda con cui
remunerare tutti diversi soggetti che hanno partecipato alla produzione: dipendenti,
strutture tecniche, conferenti capitale di rischio, fisco, conferenti capitale di credito,
l’impresa stessa come entità autonoma.
LA RICLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA DESTINAZIONE DEI COSTI: IL COSTO DEL
VENDUTO
Il conto economico a costo del venduto si basa su una riclassificazione dei costi
operativi per destinazione. Si considera che l’esercizio della gestione operativa
richiede lo svolgimento di una serie di funzioni:
Produzione
Ricerca e sviluppo
Marketing
Amministrazione
I ricavi sono il risultato dello svolgimento combinato di tutte le diverse funzioni. I
costi, invece, nascono da quante e quali risorse sono impiegate in ogni specifica area
funzionale; ogni funzione, cioè, in relazione alle operazioni che il suo svolgimento
richiede, concorre in misura maggiore o minore a generare i cosi. Per questo le varie
voci di costo corrispondenti alle risorse impiegate sono ripartite fra le diverse aree
funzionali. Adottando una riclassificazione per destinazione non si perde
l’informazione sulla natura dei costi attribuiti a ciascuna funzione.
Il conto economico diventa un valido strumento di analisi delle prestazioni dei vari
centri operativi e di responsabilità dell’azienda, dei quali è possibile valutare il
contributo al processo di generazione del valore aziendale.
11
Questo indicatore, detto anche EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization, ovvero
"utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti"), risulta indicato per comparare i
risultati di diverse aziende che operano in uno stesso settore attraverso i multipli comparati (utili in fase di decisione
del prezzo in un'offerta pubblica iniziale)
denominato EBITDA: si ottiene muovendo dal basso, ossia sommando al reddito
corrente una serie di componenti di reddito; si può ottenere anche sommando a
reddito operativo i costi per ammortamenti e svalutazioni. L’EBITDA è un migliore
indicatore dell’EBIT, perché è un valore più oggettivo, non influenzato da politiche
di bilancio e realizzate attraverso la manovra degli ammortamenti.
L’EBITDA è anche una misura del flusso di cassa della gestione operativa corrente.
Infatti, i costi per ammortamento stanziati a conto economico non si caratterizzano
soltanto per le congetture che stanno alla base della loro determinazione, ma essi
rappresentano anche costi privi di derivazione monetaria. Quindi l’EBITDA, visto
dall’alto, nasce dalla differenza tra i ricavi delle vendite e i costi operativi di materie,
servizi e lavoro. I due componenti di reddito (ricavi e costi) sono valori di derivazione
monetaria: i ricavi delle vendite si configurano come entrate monetarie potenziali,
mentre i costi (opex) rappresentano uscite monetarie potenziali.
È una misura potenziale, in quanto ricavi e costi sono attribuiti al conto economico
secondo competenza economica. Tuttavia, una parte dei ricavi di vendita e dei costi
di materie, servizi e lavoro possono, alla fine dell’esercizio, risultare ancora non
incassati o pagati; allo stesso modo, nel corso dell’esercizio possono essere stati
incassati ricavi e pagati costi attribuiti per competenza a esercizi precedenti.
Ulteriori sfasamenti tra cassa e competenza economica derivano dalle scorte di
magazzino. I costi di materie prime, ad esempio, concorrono a formare il reddito di
esercizio per un valore al netto della variazione delle relative scorte: ai fini della
competenza economica conta il valore dei consumi; ai fini del flusso di cassa, però,
rilevano i pagamenti degli acquisti, quindi, anche i pagamenti delle materie prime
acquistate e non impiegate nella produzione, che formano le scorte e sono sottratte
dal calcolo del reddito.
In riferimento alle dilazioni di pagamento di clienti e fornitori e alle scorte si chiama
in causa il capitale circolante netto commerciale (CCNc12). L’EBITDA deve essere
assunto al netto di tutte quelle valutazioni che incidono sul capitale circolante, in
particolare le svalutazioni per perdite su crediti commerciali, sia stimate, sia
effettive. Queste, infatti, esprimono riduzioni manifeste o potenziali degli incassi
delle vendite. Lo stesso vale per gli accantonamenti a fondi rischi e oneri, perché
anche in questo caso si tratta di costi di derivazione monetaria, ancorché differita
nel tempo e di importo presunto.
12
Il CCNC rappresentato dalle Attività correnti – le Passività correnti, esprime il fabbisogno finanziario netto derivante
dall'attività caratteristica dell'impresa
Sempre nella prospettiva delle relazioni tra EBITDA e flusso di cassa assume rilievo la
richiamata distinzione, tra gli ammortamenti e le svalutazioni, della componente
materiale e immateriale della struttura operativa, con la conseguente evidenza
dell’EBITA. Tale margine, infatti, è espresso al netto degli ammortamenti degli
investimenti strutturali materiali; ammortamenti il cui valore può essere considerato
un’accettabile approssimazione delle spese di rimpiazzo necessarie per mantenere
integra la capacità produttiva fisica dell’impresa. L’EBITA nasce come misura di
redditività operativa non espressamente prevista dai principi contabili, depurata
da quegli elementi che ne inficiano la comparabilità nel tempo e nello spazio.
Risulta che la liquidità dell’impresa e il valore fondamentale di questa dipendono in
buona parte dalla consistenza dell’EBITDA, il quale esprime il flusso di risorse
monetarie che l’impresa è potenzialmente in grado di auto generare attraverso la
gestione operativa corrente.
13
In economia aziendale Il Capex (da CAPital EXpenditure, cioè le spese in conto capitale) indica l'ammontare di flusso
di cassa che una società impiega per acquistare, mantenere o implementare le proprie immobilizzazioni operative,
come edifici, terreni, impianti o attrezzature.
14
Il free cash flow rappresenta il flusso di cassa disponibile per l'azienda ed è dato dalla differenza tra il flusso di cassa
dalle attività operative e il flusso di cassa per investimenti in capitale fisso.
sviluppo nelle arene competitive prescelte. Tali mezzi devono essere raccolti
attraverso operazioni riconducibili all’ambito della gestione finanziaria.
Il free cash flow ha rilevanza ai fini del giudizio sulle condizioni di equilibrio della
gestione in una duplice prospettiva:
Competitiva
Di solvibilità
In termini competitivi, l’impresa deve essere in grado di soddisfare i fabbisogni
finanziari relativi agli investimenti necessari per consolidare e sviluppare la struttura
con la quale competere nel business di riferimento: un’impresa che non sappia
sostenere adeguatamente lo sviluppo della propria struttura produttiva,
rappresentata dalle immobilizzazioni materiali e immateriali, eroderà la propria
posizione di vantaggio competitivo e inaridirà la propria capacità di auto-generare
risorse monetarie attraverso il ciclo operativo.
Sebbene per lo sviluppo della struttura sia possibile ricorrere all’indebitamento o
alla raccolta di capitale di rischio, queste scelte sono onerose e i tempi del mercato
finanziario (lunghi) non necessariamente coincidono con quelli della competizione
nelle aree di affari (brevi); pertanto, solo disponendo di risorse interne è
effettivamente possibile muoversi con tempestività e senza condizionamenti.
Sul piano della solvibilità, il free cash flow from operations condiziona la capacità di
generare le risorse monetarie necessarie per servire adeguatamente i finanziatori
dell’impresa; anzitutto, il capitale di credito. Dal free cash flow dipende la capacità
dell’impresa di far fronte ai debiti con le proprie risorse interne, dopo aver
soddisfatto le esigenze di investimento operativo. Questa capacità potrebbe essere
misurata anche impiegando il flusso di cassa operativo corrente; tuttavia,
un’impresa è veramente solvibile solo se è in grado di rimborsare i debiti, pagare gli
interessi e corrispondere i dividendi senza sacrificare lo sviluppo degli investimenti,
segnatamente quelli relativi alla struttura operativa. Per questo, il flusso operativo
corrente viene dapprima contrapposto ai fabbisogni monetari legati alla struttura
operativa (capex) e, solo successivamente, ai fabbisogni generati dal servizio dei
debiti.
Il free cash flow from operations individua le risorse a disposizione per
remunerare non solo i debiti finanziari, ma anche il capitale di rischio.
I FLUSSI DI CASSA DELL’ARENA FINANZIARIA DELLA GESTIONE: FLUSSO AL SERVIZIO
DEL DEBITO E FLUSSO AL SERVIZIO DEL CAPITALE DI RISCHIO
La gestione finanziaria attiva può produrre: entrate monetarie e uscite monetarie.
Le entrate sono tipicamente associate a operazioni di incasso di dividendi, cedole e
simili, oltre che di vendita di attività finanziarie. Le uscite sono associate a operazioni
di acquisto di attività finanziarie e di diritto d’opzione, oltre che al pagamento di
ratei, interessi e simili, sempre maturati su investimenti finanziari.
La gestione finanziaria passiva può produrre entrate e uscite di moneta. È utile
limitare inizialmente l’analisi dei movimenti monetari della gestione finanziaria
passiva alle sole operazioni che determinano uscite di moneta. Restano volutamente
escluse le operazioni di raccolta di mezzi finanziari che modificano la struttura
finanziaria, ossia le operazioni di contrazione di nuovi debiti o di aumento del
capitale di rischio. Muovendosi su questa strada, quindi, la gestione finanziaria
passiva determina anzitutto un fabbisogno monetario.
Le uscite tipiche sono rappresentate dal pagamento di interessi passivi e dal
rimborso di quote capitali di prestiti contratti. Ulteriori uscite monetarie si possono
manifestare in corrispondenza di riduzioni di capitale sociale, distribuzioni di utili,
distribuzioni di riserve.
I movimenti monetari dell’area finanziaria attiva e passiva devono essere organizzati
in modo da evidenziare la formazione di particolari saldi monetari. Sommando al
free cash flow from operations i movimenti monetari riconducibili alla gestione
finanziaria attiva è possibile determinare il flusso di cassa al servizio del debito15:
esso esprime la capacità dell’impresa di generare le risorse monetarie necessarie
per servire adeguatamente i prestiti in essere; si vuole mettere in luce il grado di
effettiva solubilità dell’impresa, intesa come capacità di questa di far fronte ai debiti
con le proprie risorse interne, dopo aver soddisfatto le esigenze di investimento
operativo e finanziario.
Si giunge poi a quantificare il flusso di cassa a servizio del capitale del rischio: per
ottenerlo basta sottrarre dal flusso di cassa al servizio del debito l’ammontare delle
uscite dovute al pagamento di interessi passivi e ai rimborsi di quote di capitale di
credito. Il flusso di cassa al servizio dell’equity permette di comprendere:
- In che misura la remunerazione corrisposta ai portatori di capitale di rischio
concorre a determinare il fabbisogno finanziario dell’esercizio
- Se le risorse prodotte internamente consentono di coprire tale fabbisogno,
oppure è necessario fare ricorso a fonti esterne
15
Per “flusso finanziario a servizio del debito” si intende il flusso finanziario per il pagamento degli interessi passivi
nonché della quota capitale dei finanziamenti nel periodo considerato.
IL FABBISOGNO FINANZIARIO COMPLESSIVO E LA SUA COPERTURA
Si passa a misurare la consistenza del saldo monetario della gestione vista nel suo
complesso. Si somma al flusso di cassa al servizio dell’equity l’ammontare delle
uscite dovute alla gestione del patrimonio netto, ossia distribuzioni di utili,
distribuzioni di riserve e riduzioni di capitale sociale. Il flusso di cassa complessivo
può essere:
Positivo = flusso di cassa disponibile o discrezionale
La formazione di un flusso di cassa disponibile modifica l’ammontare della
PFNbt presente alla fine dell’esercizio precedente a quello di osservazione: se
questa era negativa, l’indebitamento netto si riduce; se era positiva, il saldo si
incrementa.
Negativo = fabbisogno finanziario complessivo della gestione16
Il fabbisogno può essere coperto:
- Impiegando le disponibilità monetarie esistenti e/o facendo ricorso
all’indebitamento a breve termine
- Ricorrendo a nuove fonti di finanziamento raccolte sul mercato
In quest’ultimo caso, il rendiconto deve mostrare il contributo monetario derivante
dalle operazioni di raccolta di nuove risorse condotte nell’ambito della gestione
finanziaria passiva. Queste operazioni riguardano la contrazione di nuovi prestiti a
medio-lungo termine e gli aumenti del capitale di rischio. Sommando alla
consistenza del fabbisogno monetario complessivo gli afflussi di moneta derivante
dalle operazioni di raccolta, si misura la variazione della PFNbt intervenuta
nell’esercizio.
La sequenza dei margini prospettata consente di ricostruire l’ammontare e la
composizione qualitativa del fabbisogno finanziario, individuando in che misura le
diverse aree di gestione hanno contribuito alla sua formazione.
Questa analisi del fabbisogno finanziario è resa possibile dalla scelta di tenere
separati i flussi monetari derivanti dalla accensione di nuovi debiti e da aumenti del
capitale di rischio: si mette così in evidenza in che misura l’impresa è in grado di
produrre, senza rivolgersi all’esterno, surplus monetari, oppure se sono presenti
fabbisogni finanziari per coprire i quali è indispensabile il ricorso a fonti esterne.
16
Ammontare dei mezzi monetari corrispondente all'importo totale degli investimenti programmati da effettuare in
un definito arco temporale.
I TRE MOMENTI DELLA GESTIONE MONETARIA: PRODUZIONE, ASSORBIMENTO,
RACCOLTA
I tre momenti chiave che scandiscono la gestione monetaria di impresa sono:
La produzione di risorse monetarie: volume di moneta che l’impresa è in
grado di generare autonomamente e ripetitivamente, grazie ai propri processi
di gestione corrente
L’assorbimento di risorse monetarie: operazioni che determinano esborsi di
moneta, contribuendo a causare la formazione di fabbisogno finanziario
(investimento, servizio del debito, remunerazione del capitale di rischio)
La raccolta di risorse monetarie: quando il volume di risorse monetarie
prodotte internamente non è sufficiente a coprire il fabbisogno suscitato dalle
operazioni che generano assorbimento (contrazione nuovi debiti e/o aumenti
di capitale sociale)
Questi tre momenti corrispondono a tre sezioni ideali del rendiconto finanziario:
La produzione è rappresentata dal flusso di cassa operativo corrente17
L’assorbimento è descritto dagli investimenti dell’area operativa strutturale
(capex), dagli investimenti finanziari, dal servizio e rimborso dei prestiti e
dalla remunerazione del capitale di rischio; si tratta di un assorbimento netto
in quanto la gestione finanziaria attiva e, talvolta, anche quella operativa
strutturale, possono generare risorse finanziarie invece di assorbirle
La raccolta è descritta nella parte finale del rendiconto; mette in luce le
politiche finanziarie adottate nel corso del periodo di riferimento
Servizio e raccolta delle fonti di finanziamento possono essere distinte o dar luogo a
una commissione. In quest’ultimo caso, uscite ed entrate relative all’indebitamento
sono accorpate e concorrono insieme a formare il flusso di cassa a servizio
dell’equity.
IL FLUSSO DI CASSA OPERATIVO CORRENTE
IL FLUSSO DI CASSA POTENZIALE E IL FABBISOGNO FINANZIARIO DEL CICLO
OPERATIVO
17
Il flusso di cassa operativo, in inglese Cash Flow From Operations (FCFO) oppure Operating Cash Flow (OCF) o,
ancora, Cash Flow From Operating Activities (CFO), è una misura della liquidità di cassa generata o consumata per
effetto della gestione principale delle attività d'impresa
Il flusso di cassa operativo corrente si ottiene come differenza fra le entrate (ricavi)
e le uscite (costi di materie, servizi e lavoro) derivanti dallo svolgimento del ciclo
operativo.
Due procedimenti di calcolo del flusso monetario corrente:
Diretto, basato sul confronto tra ricavi e costi operativi di derivazione
monetaria
Indiretto, ancorato alla misura dell’EBITDA, talvolta espresso sotto forma di
EBIT + ammortamenti
Tuttavia, impiegando solamente valori tratti dal conto economico si ottiene non
tanto un flusso effettivo, quanto un flusso di cassa potenziale, cioè quale sarebbe il
flusso di cassa se tutte le negoziazioni avvenissero in contanti e non ci fossero scorte
di magazzino.
Gli investimenti in crediti e in scorte di magazzino, al netto del finanziamento
indiretto accordato dei fornitori, sono gli elementi che fanno la differenza tra il
flusso di cassa potenziale e il flusso di cassa reale. Questi elementi configurano il
capitale circolante netto commerciale (CCNc).
Un’espansione del CCNc (inteso come fabbisogno finanziario netto generato dallo
svolgimento del processo di acquisto-trasformazione-vendita) assorbe la liquidità
potenzialmente prodotta dall’impresa e, quindi, riduce il flusso di cassa
effettivamente disponibile. Una contrazione del CCNc libera liquidità e, quindi,
aumenta la moneta potenziale generata nell’esercizio dal ciclo produttivo.
Quel che conta, ai fini della determinazione del flusso di cassa, è la variazione del
CCNc. Il CCNc opera, in sostanza, come un filtro tra il flusso di cassa potenziale e
quello reale. Per ottenere il flusso di cassa realmente prodotto dalla gestione
operativa corrente è sufficiente correggere l’EBITDA, espressione del flusso
potenziale, con la variazione intervenuta nella consistenza del CCNc durante
l’esercizio, la quale esprime l’assorbimento o l’ulteriore generazione di liquidità
derivante dallo svolgimento del ciclo operativo.
EBITDA
(-) variazione del CCNc
= FLUSSO DI CASSA OPERATIVO CORRENTE
Se il CCNc aumenta, nel corso dell’esercizio, l’EBITDA viene decurtato di tale
incremento; viceversa se il CCNc diminuisce. La variazione di circolante è data dalla
differenza tra il valore del CCNc alla fine dell’esercizio Tn e quello alla fine
dell’esercizio Tn-1. Anteponendo il segno meno alla variazione di circolante,
otteniamo che: se nell’esercizio il CCNc cresce, la differenza positiva assume segno
meno in quanto espressione di un assorbimento di risorse che deve essere sottratto
dal flusso potenziale; se nell’esercizio il CCNc diminuisce, la differenza negativa
assume segno più in quanto espressione di un rilascio di risorse che deve essere
aggiunto al flusso potenziale.
Il flusso potenzialmente prodotto dalla gestione operativa non perde importanza,
perché esprime la capacità dell’impresa di autoprodurre risorse monetarie, ossia la
misura dell’autofinanziamento operativo.
LA MESSA A PUNTO DEL FLUSSO OPERATIVO CORRENTE
La combinazione “EBITDA-variazione CCNc” aiuta a spiegare gran parte del flusso di
cassa operativo corrente. Se si vuole determinare compiutamente tale flusso, sono
necessarie alcune puntualizzazioni. Occorre considerare:
Le svalutazioni del capitale circolante
Le imposte e i debiti tributari
Il trattamento di fine rapporto e gli accantonamenti a fondi rischi e oneri
LE SVALUTAZIONI DEL CAPITALE CIRCOLANTE
Le svalutazioni non rappresentano costi di derivazione monetaria. Fra le
svalutazioni, però, non devono rientrare quelle relative a elementi ricompresi nelle
poste attive del CCNc, pena distorsioni nei risultati.
La svalutazione dei crediti commerciali operata nell’esercizio, con conseguente
accredito del fondo svalutazione, determina, a parità di tutti gli altri valori, una
riduzione del CCNc, ossia un aumento del flusso di cassa corrente effettivo. Se la
svalutazione iscritta nel conto economico viene conteggiata alla stregua di quelle
relative agli investimenti strutturali, come componente del flusso di cassa
potenziale, si ha una duplicazione di valori che altera il risultato finale.
Nell’utilizzo del metodo indiretto per il calcolo del flusso potenziale, per evitare
distorsioni, non si deve considerare, quindi, nel calcolo dell’autofinanziamento
l’importo della svalutazione crediti, mantenendo invece il CCNc al netto del fondo
svalutazione stesso.
Margine operativo netto
+ ammortamenti
+ svalutazioni (senza svalutazioni crediti)
(-) variazione del CCNc
= FLUSSO DI CASSA OPERATIVO CORRENTE
EBITDA
= AUTOFINANZIAMENTO LORDO
(-) imposte dell’esercizio
= AUTOFINANZIAMENTO NETTO
18
La fiscalità differita deriva dalla necessità di far gravare sull'esercizio di produzione dei redditi, il carico tributario ad
esso correlato, in termini di imposte dirette, eliminando gli effetti temporanei generati dalla traslazione parziale o
totale nel tempo, del carico tributario gravante sul reddito prodotto
quale sarebbe stato l’importo delle imposte pagate sul reddito dell’esercizio a
prescindere da anticipazioni o posticipazioni di pagamento.
Per passare da una misura di autofinanziamento a una di flusso di cassa occorre
considerare nel calcolo anche i debiti/crediti tributari, la fiscalità differita attiva e
passiva e i fondi per imposte contabilizzati nello stato patrimoniale. Questi valori
sono stati riclassificati come componenti del CCNc: pertanto, sommando
all’autofinanziamento netto la variazione del CCNc, la componente relativa alla
fiscalità contenuta in quest’ultimo trasforma i flussi di cassa potenziali in flussi di
cassa effettivi.
IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO E GLI ACCANTONAMENTI A FONDI RISCHI E
ONERI
Ai fini della determinazione del flusso di cassa effettivo, occorre tener conto che gli
accantonamenti possono non aver dato luogo, nel corso dell’esercizio nel quale
sono operati, a effettivi esborsi monetari; come pure possono esserci stati esborsi,
relativi al fenomeno al quale l’accantonamento si riferisce, anche di importo
superiore all’accantonamento operato nell’esercizio.
Concentrandosi sull’accantonamento per TFR, l’EBITDA è al netto del costo del
lavoro e, quindi, anche di tale accantonamento. Ai fini del calcolo
dell’autofinanziamento, il costo per TFR rilevato nel conto economico è considerato
come se fosse stato pagato. In termini di effettivi flussi di cassa correnti, tuttavia,
tale costo può risultare in parte o del tutto non pagato nell’esercizio, come pure può
accadere che, nell’esercizio, l’impresa abbia corrisposto ai suoi dipendenti una
somma superiore allo stesso accantonamento annuo. Il passaggio
dall’autofinanziamento al flusso di cassa effettivo si ottiene correggendo il primo
con la variazione del debito per TFR rilevato in stato patrimoniale, il quale esprime
l’ammontare cumulato degli accantonamenti operati nel corso dei vari esercizi e non
ancora pagati.
Se la variazione del debito per TFR è positiva e pari al costo rilevato a conto
economico nell’esercizio, l’accantonamento non è stato pagato e il fondo non
è stato utilizzato; non ci sono stati, quindi, esborsi monetari
Se la variazione del debito per TFR è positiva, ma inferiore al costo rilevato a
conto economico dell’esercizio, l’accantonamento operato nell’esercizio è
stato in parte pagato, per un importo pari alla differenza fra
l’accantonamento e l’incremento del fondo, con effetti sul flusso di cassa
Se la variazione del debito per TFR è negativa, l’accantonamento annuo è
stato integralmente pagato e anche il fondo è stato utilizzato per un importo
pari alla sua diminuzione, con effetti sul flusso di cassa
In tutti e tre i casi la semplice aggiunta della variazione del debito per TFR
all’autofinanziamento netto consente di aggiustare il flusso di cassa effettivo. Il
segno anteposto alla variazione del TFR è positivo, trattandosi di una passività:
In caso di variazione positiva del TFR, ossia incremento del debito,
aggiungendo tale variazione nel calcolo del flusso di cassa si corregge in pari
misura l’importo del costo rilevato a conto economico nell’esercizio e
conteggiato come uscita nell’autofinanziamento lordo
In caso di variazione negativa, ossia riduzione del debito, tale variazione
partecipa con segno meno al calcolo del flusso di cassa, integrando l’importo
del costo rilevato a conto economico nell’esercizio e conteggiato come uscita
nell’autofinanziamento lordo. Nello specifico, una variazione negativa sta a
significare che è stato pagato non solo tutto il costo di esercizio, ma anche
una parte del debito formatosi negli esercizi precedenti
Stessa logica si applica relativamente ad accantonamenti operativi per rischi e oneri:
ai fini del calcolo del flusso di cassa corrente, la variazione del CCNc deve
comprendere anche quella di tali fondi.
FLUSSI LEVERED E FLUSSI UNLEVERED
Il criterio discounted cash flow, alla base della determinazione del valore
fondamentale dell’impresa, trova due logiche di applicazione: equity side e asset
side.
La determinazione asset side, rivolta a quantificare il valore economico dell’impresa
a prescindere dalla sua struttura finanziaria, dovrebbe impiegare i flussi di cassa
unlevered, ossia non influenzati dalle scelte di finanziamento; il flusso di cassa
utilizzato, infatti, è il free cash flow from operations, che deve comprendere
esclusivamente le entrate e le uscite della gestione operativa, senza considerare i
flussi di cassa della gestione finanziaria. La determinazione equity side, invece,
dovrebbe impiegare flussi di cassa levered, ossia influenzati dalle scelte di
finanziamento; per questo motivo il flusso di cassa utilizzato è il free cash flow to
equity, che include anche i flussi di cassa determinati dalla gestione
dell’indebitamento. Tuttavia, il free cash flow from operations non rappresenta
pienamente un flusso levered, in quanto nel calcolo si sono attribuite tutte le
imposte all’ambito corrente della gestione operativa. Il carico delle imposte rilevato
a conto economico, però, è influenzato dall’effetto di scudo fiscale esercitato dagli
oneri finanziari, che dipendono dall’indebitamento finanziario. Le imposte, dunque,
sono influenzate dalla deducibilità degli interessi passivi e riflettono anche le scelte
di struttura finanziaria. Pertanto, in una prospettiva unlevered, per calcolare
correttamente il flusso di cassa operativo al netto delle imposte, non si devono
sottrarre dall’autofinanziamento operativo le imposte sul reddito quali risultano dal
conto economico riclassificato; occorre anche aggiungere i risparmi d’imposta
dovuti alla deducibilità degli interessi passivi. In sostanza, l’autofinanziamento netto
deve essere al netto delle imposte quali essere sarebbero senza lo scudo fiscale19
esercitato dalla deducibilità degli oneri finanziari.
EBITDA
= AUTOFINANZIAMENTO LORDO
(-) imposte dell’esercizio
(-) risparmi di imposta da oneri finanziari
= AUTOFINANZIAMENTO NETTO
(-) Variazione del CCNc
= FLUSSO OPERATIVO CORRENTE UNLEVERED
19
Definizione: Lo scudo fiscale è un tipo specifico di regolarizzazione di alcuni illeciti, che riguarda l'ambito tributario e
fiscale ed ha effetti anche in ambito penale.
fondi rischi e oneri. Ammortamenti e svalutazioni (a esclusione di quelle dei
crediti commerciali e altre attività del capitale circolante) sono scartati.
Il metodo indiretto prevede che al MON vengano sommati i valori di ammortamenti
e svalutazioni (a esclusione di quelle dei crediti commerciali e altre attività del
capitale circolante). Il valore così ottenuto, corrispondente all’EBITDA, è corretto con
la variazione intervenuta, fra l’inizio e la fine dell’esercizio, nell’ammontare del
CCNc.
IL FLUSSO DI CASSA DELLA GESTIONE DEGLI INVESTIMENTI
Misurata la produzione di moneta derivante dal ciclo operativo, la redazione del
rendiconto può seguire due strade:
Contrapporre il flusso corrente ai pagamenti vincolati della gestione per
ottenere il flusso di cassa netto disponibile per usi strategici
Continuare il percorso di analisi dei flussi di cassa per aree di gestione,
passando alla gestione operativa strutturale e determinando il free cash flow
from operations
IL FLUSSO DELLA GESTIONE DEGLI INVESTIMENTI OPERATIVI STRUTTURALI
La gestione operativa strutturale è rappresentata dal complesso delle operazioni
attraverso le quali si predispone, conserva e sviluppa l’apparato produttivo
dell’impresa. Si tratta, dunque, di operazioni di acquisto e dismissione di fabbricati,
impianti, macchinari, ma anche brevetti, know how, ecc. I movimenti monetari
derivanti da tale ambito della gestione sono riconducibili a:
Acquisizione di immobilizzazioni materiali e immateriali, le quali causano
uscite di moneta
Dismissione di immobilizzazioni materiali e immateriali, le quali generano
entrate di moneta
La rappresentazione separata dei flussi in entrata e in uscita dovuti alla gestione
degli investimenti operativi strutturali è coerente con quanto richiesto dai principi
contabili internazionali. Lavorando su dati di un bilancio redatto secondo le norme
del Codice civile, invece, in mancanza di informazioni specifiche che consentono di
distinguere le acquisizioni dalle dismissioni, il rendiconto indicherà una variazione
netta: un disavanzo, o più raramente un avanzo netto di risorse finanziarie.
L’importo di tale saldo viene comunemente definito capex.
Determinato il capex, si è in grado di calcolare il flusso di cassa complessivo della
gestione operativa o free cash flow from operations, ossia:
Flusso di cassa operativo corrente + capex = Free cash flow from operations
La determinazione del capex prende le mosse dal calcolo della variazione del valore
delle immobilizzazioni operative nette, materiali e immateriali, rilevato nello stato
patrimoniale riclassificato di due esercizi successivi:
Capex = variazione immobilizzazioni nette
Regola generale:
Incrementi dei conti accesi alle immobilizzazioni operative suggeriscono
acquisizioni nette di cespiti; devono essere accompagnati dal segno meno,
perché rappresentano uscite nette
Decrementi dei conti accesi alle immobilizzazioni operative segnalano
dismissione di cespiti; devono essere accompagnati dal segno +, in quanto
corrispondono a entrate nette
Nel calcolo del free cash flow, il segno meno anteposto alla variazione delle
immobilizzazioni nette (capex) assicura un risultato coerente ai fini del calcolo del
flusso di cassa. Infatti, se le immobilizzazioni sono aumentate nel corso
dell’esercizio, l’indicazione è quella di acquisti netti che determinano uscite e il
segno meno anteposto alla variazione rende negativo il segno di questa; se, invece,
le immobilizzazioni sono diminuite nel corso dell’esercizio, l’indicazione è quella di
dismissioni nette che determinano entrate e il segno meno anteposto alla variazione
rende positivo il segno di questa.
La variazione ottenuta è grezza, poiché possono essersi verificate variazioni nella
consistenza del valore contabile delle immobilizzazioni dovute a operazioni che non
producono movimenti monetari e che, dunque, devono essere escluse dal calcolo
del capex. La variazione grezza deve essere opportunamente rettificata. Il segno
della rettifica deve tener conto del segno attribuito alla variazione grezza che
intende correggere:
Per aumenti fittizi delle uscite (variazione grezza con segno meno) o riduzioni
fittizie delle entrate (variazione grezza con segno più), rettificata di segno
positivo
Per aumenti fittizi delle entrate (variazione grezza con segno più) e riduzioni
fittizie delle uscite (variazione grezza con segno meno), rettifica di segno
negativo
Per operazioni che determinano effetti monetari che non sono
completamente espressi dalla variazione grezza delle immobilizzazioni, il
segno della rettifica sarà positivo, se l’effetto dell’operazione è entrata
monetaria, negativo se l’effetto è un’uscita di moneta o una minore entrata
Le principali rettifiche da operare riguardano:
1) Le quote di ammortamento stanziate nell’esercizio: esse riducono il valore
delle immobilizzazioni alla fine dell’esercizio, senza produrre effetti monetari.
Per misurare correttamente il flusso monetario, l’importo della variazione
grezza deve essere rettificato di un importo pari alla quota di ammortamento
iscritta nel conto economico
2) Le eventuali svalutazioni per perdite durevoli di valore: determinano
variazioni del saldo netto delle immobilizzazioni senza che a ciò si
accompagnino movimenti monetari
3) Le rivalutazioni operate nell’esercizio: riguardo agli effetti delle rivalutazioni
economiche e monetarie, gli incrementi di immobilizzazioni riconducibili ad
esse devono essere eliminati dal calcolo del flusso di cassa operativo
strutturale, aggiungendo il valore della rivalutazione alla variazione grezza; le
rivalutazioni, infatti, determinano aumenti fittizi delle uscite (variazione
grezza con segno meno) o riduzioni fittizie delle entrate (variazione grezza con
segno più)
4) I conferimenti di immobilizzazioni operative avvenute nell’esercizio a fronte di
aumento del capitale sociale: incrementi di immobilizzazioni tecniche20 legati
ad apporti dei soci non corrispondono ad alcun esborso di moneta; occorre
correggere la variazione grezza delle immobilizzazioni aggiungendovi il valore
degli apporti di immobilizzazioni effettuati dai soci
5) Le plusvalenze e le minusvalenze realizzate in seguito alla dismissione di
immobilizzazioni operative: rendono necessarie integrazioni della variazione
del valore delle immobilizzazioni, perché il prezzo di vendita delle
immobilizzazioni non necessariamente corrisponde al loro valore contabile. Il
segno della rettifica sarà positivo se l’effetto dell’operazione è un’entrata
monetaria, negativo se l’effetto è un’uscita monetaria. Con riferimento alle
alienazioni di cespiti, le plusvalenze devono essere aggiunte all’importo del
decremento delle immobilizzazioni, mentre le minusvalenze vanno sottratte
6) Le operazioni di leasing finanziario: al momento in cui sono realizzate non
hanno impatto monetario; gli esborsi si avranno successivamente
20
Le immobilizzazioni tecniche sono formate da tutti i beni materiali che sono impiegati durevolmente nella gestione
caratteristica dell'azienda, cioè quei beni impiegati nell'attività tecnico produttiva, distributiva e amministrativa (come
fabbricati, immobili, impianti, macchinari ecc..).
all’acquisizione, con il pagamento dei canoni (non-cash transaction). Ai fini del
calcolo del capex, nell’esercizio nel quale l’operazione è stata realizzata,
occorre apportare una rettifica alla variazione grezza. La rettifica deve
riguardare solo i valori relativi a operazioni compiute nell’anno. Dal momento
che la rilevazione del valore del bene acquisito in leasing determina una
variazione netta negativa, la rettifica dovrà avere segno più. Negli esercizi
successivi al primo, non è necessario apportare correzioni perché il valore
delle immobilizzazioni si ridurrà, anno per anno, in base alle quote di
ammortamento; la rettifica relativa a queste ultime annullerà ogni effetto
monetario.
Variazione grezza
(-) variazione immobilizzazioni nette
RETTIFICHE CONTABILI:
(-) ammortamenti e svalutazioni dell’esercizio
+/- plusvalenze/minusvalenze da realizzo
+ acquisizioni in leasing (se patrimonializzate)
+ rivalutazioni
+ conferimenti/apporti di immobilizzazioni
Altre rettifiche:
Eventuali variazioni dei debiti verso i fornitori degli impianti: l’incremento dei
debiti verso fornitori di impianti segnala che l’investimento effettuato
nell’esercizio non è stato pagato, in tutto o in parte; per calcolare
correttamente il flusso di cassa, alla variazione delle immobilizzazioni occorre
aggiungere (segno +) la variazione dei debiti verso fornitori di impianti.
Laddove al momento della riclassificazione il valore dei fornitori sia stato
sottratto a quello delle immobilizzazioni, così come prevede la logica di
riclassificazione funzionale, la rettifica in parola non è necessaria. Il valore
delle immobilizzazioni è infatti già decurtato della parte del costo non ancora
pagato
Considerazioni analoghe, con segno opposto, valgono per eventuali crediti
che l’impresa avanza nei confronti dei clienti che abbiano acquisito le
immobilizzazioni dismesse
Gli incrementi di immobilizzazioni dovuti alla capitalizzazione di costi per
costruzioni interne sono uscite sostenute per assicurare all’impresa una
particolare dotazione di fattori strutturali: invece di spendere moneta per
comprare un impianto disponibile sul mercato, l’impresa spende moneta per
acquistare i materiali, i servizi e il lavoro grazie ai quali realizzare al suo
interno quell’impianto. Che si compri l’impianto o si comprano i materiali di
cui l’impianto è fatto, sotto il profilo monetario non cambia nulla. Ai fini del
calcolo del capex, le capitalizzazioni di costo per costruzioni interne di
immobilizzazioni devono essere opportunamente recuperate per determinare
gli esborsi monetari legati alla gestione operativa strutturale. Nessuna
rettifica, invece, deve essere apportata all’importo dell’autofinanziamento
lordo misurato dall’EBITDA che, pur in presenza di costi capitalizzati per
costruzioni interne di immobilizzazioni, esprime correttamente il flusso di
cassa potenziale della gestione operativa corrente
IL FLUSSO DELLA GESTIONE DEGLI INVESTIMENTI FINANZIARI
La gestione finanziaria attiva può produrre:
Entrate monetarie per
- Incasso di dividendi, cedole, interessi attivi e simili
- Vendita di attività finanziarie
Uscite monetarie per:
- Acquisto diritti di opzione, pagamento interessi e simili
- Acquisto di attività finanziarie
In mancanza di informazioni specifiche consentono di distinguere le voci di entrata
da quelle di uscita, il rendiconto indicherà una variazione netta, la quale esprimerà:
un fabbisogno dovuto alle operazioni di investimento finanziario, in caso di flusso
negativo; un avanzo netto di risorse finanziarie, che si aggiunge a quello
auspicabilmente prodotto dalla gestione operativa, in caso di flusso positivo.
Regola generale:
Incrementi dei conti accesi alle attività finanziarie esprimono uscite nette;
devono essere accompagnati dal segno meno
Decrementi dei conti accesi alle attività finanziarie indicano entrate nette;
devono essere accompagnati dal segno più
Il punto di partenza dei calcoli è la differenza intervenuta nell’ammontare delle
attività finanziarie nel corso dell’esercizio. Ma si tratta di una variazione grezza,
perché possono essersi verificate variazioni nella consistenza del valore contabile
delle attività finanziarie dovute a operazioni che non producono movimenti
monetari.
La variazione grezza deve essere rettificata. Le principali rettifiche riguardano:
Svalutazioni per perdite durevoli di valore: l’importo va sottratto a quello
della variazione grezza
Perdite su crediti finanziari: l’importo va sottratto a quello della variazione
grezza; la rilevazione della perdita genera una riduzione del valore delle
attività finanziarie al quale si associa il segno più di un’entrata
Debiti per versamenti relativi a partecipazioni detenute: nel caso di debiti
verso le società partecipate corrispondenti a versamenti ancora da effettuare,
l’incremento di questi debiti indica che una parte del valore delle
partecipazioni è stato sottoscritto, ma non versato; viceversa, nel caso di
riduzione di tali debiti. La variazione grezza deve essere corretta con il valore
del debito che si è formato, al quale si attribuisce segno più, in quanto
l’incremento delle partecipazioni incide sui flussi monetari come una, ossia
con segno meno
Rivalutazioni operate nell’esercizio
Conferimenti di attività finanziarie avvenuti nell’esercizio a fronte di
operazioni di aumento del capitale sociale
Utili e perdite su cambi in relazione ad attività finanziarie nominate in valuta
estera: gli utili devono essere sottratti alla variazione grezza, le perdite
devono essere sommate
Plusvalenze e minusvalenze realizzate in seguito alla vendita di attività
finanziarie
FLUSSO DI CASSA DELLA GESTIONE DEI FINANZIAMENTI
Ricostruiti i flussi di cassa derivanti dalla gestione degli investimenti, l’attenzione si
concentra sulla gestione dei finanziamenti, ossia sulla gestione finanziaria passiva
intesa in senso ampio.
Variazione grezza
(-) variazione investimenti finanziari
RETTIFICHE CONTABILI
(-) svalutazioni dell’esercizio
+/- plusvalenze/minusvalenze da realizzo
+ utili/perdite su cambi
+ rivalutazioni
+ conferimenti/apporti di attività finanziarie
FLUSSI DELLA GESTIONE CORRENTE DEGLI INVESTIMENTI FINANZIARI
+ interessi attivi e altri proventi finanziari netti
Una variazione positiva segnala accensioni nette di nuovi debiti; una differenza
negativa rimborsi netti.
Riguardo al segno da attribuire alle variazioni:
Gli incrementi di indebitamento devono essere accompagnati dal segno +,
poiché corrispondono a entrate nette
I decrementi, dal segno meno, in quanto rappresentano uscite nette
La variazione è però grezza perché nell’esercizio possono essersi verificate variazioni
nella consistenza del valore contabile dei debiti finanziari dovute a operazioni che
non producono movimenti monetari. La variazione grezza deve essere rettificata per
giungere a una misura corretta del flusso netto dell’indebitamento finanziario.
Le rettifiche riguardano:
Obbligazioni convertibili in azioni e remissione di debiti finanziari verso soci:
non determinano movimenti finanziari, ma comportano la trasformazione
contabile di una posta di debito in una posta di capitale netto. Ai fini del
calcolo del flusso di cassa, alla variazione dei debiti finanziari occorre
sommare l’importo dei debiti per i quali è stata esercitata l’opzione di
conversione in azioni
Debiti finanziari acquisiti a seguito di conferimenti dei soci: il conferimento di
un complesso produttivo determina incrementi sia nelle attività, che nelle
passività, con l’accollo dei debiti finanziari presenti nel complesso produttivo
conferito. Tuttavia, sul piano monetario, non si registra alcun movimento di
moneta: le nuove immobilizzazioni non sono state pagate e non si registrano
incassi monetari derivanti dalla accensione di nuovi debiti. Quindi, il valore dei
debiti finanziari acquisiti a seguito di conferimenti di complessi produttivi
deve essere sottratto alla variazione grezza dell’indebitamento finanziario
Utili e perdite su cambi derivanti da operazioni di finanziamento in valuta: si
deve rettificare la variazione grezza per determinare l’importo effettivo
dell’entrata o dell’uscita monetaria
Operazioni di leasing finanziario: dal momento che la rilevazione del valore
del debito verso la società di leasing determina una variazione grezza netta
positiva (più risorse finanziarie) fittizia, la rettifica deve avere segno meno ed
essere pari al valore del debito al momento del suo insorgere. Il valore della
rettifica permette di misurare gli esborsi per i canoni realmente sostenuti e
che hanno determinato una riduzione dell’importo originario del debito.
La variazione delle consistenze patrimoniali delle passività finanziarie, anche se
debitamente rettificate, non esaurisce l’ammontare dei flussi monetari derivanti
dalla gestione dell’indebitamento. Accanto alle variazioni patrimoniali, bisogna tener
conto degli effetti monetari derivanti dai valori reddituali contenuti nel conto
economico. Si tratta di valori relativi a oneri finanziari ed altri costi derivanti dai
rapporti con i terzi finanziatori. I valori reddituali richiamati devono essere assunti al
netto dei proventi generati dalle disponibilità liquide.
Variazione grezza
+ variazione debiti finanziari a m-l termine
RETTIFICHE CONTABILI
+ conversione debiti in equity
+/- utili/perdite sui cambi
(-) debiti per operazioni di leasing (se patrimonializzati)
(-) debiti derivanti da conferimenti
FLUSSI DELLA GESTIONE CORRENTE DELLE PASSIVITA’ FINANZIARIE
(-) interessi passivi e altri oneri finanziari netti
21
Equity è un termine inglese che indica il capitale netto, cioè il valore al quale sarebbe rimborsata ciascuna azione se
l'impresa venisse chiusa e le attività vendute.
Variazione capitale netto = capitale netto Tn – capitale netto Tn-1
Una variazione positiva segnala aumenti netti di capitale di rischio; una variazione
negativa, riduzioni nette:
Gli aumenti di equity devono essere accompagnati dal segno +, poiché
corrispondono a entrate nette
Le diminuzioni, dal segno meno, in quanto rappresentano uscite nette
La variazione determinata è grezza perché possono essersi verificate variazioni nella
consistenza del valore contabile del capitale netto dovute a operazioni che non
producono movimenti monetari. La variazione grezza deve essere rettificata per
giungere a una misura corretta del flusso netto dell’equity. Le rettifiche riguardano:
Il risultato netto dell’esercizio: l’utile o la perdita comporta una variazione del
capitale netto, ma tale variazione non ha rilievo monetario perché non
corrisponde ad apporti di denaro provenienti dai soci. La variazione grezza
deve essere ridotta di un ammontare pari all’utile netto dell’esercizio e
incrementata di un importo pari alla perdita netta dell’esercizio
I conferimenti dei soci: considerando un aumento di capitale sociale realizzato
attraverso l’apporto di attività diverse dalla moneta, l’operazione causa un
incremento del netto senza che sul piano monetario si registra alcun
movimento di moneta. Il valore netto dei conferimenti deve essere sottratto
dalla variazione grezza registrata nell’equity
Le rivalutazioni: devono essere operate costituendo un’apposita riserva nel
patrimonio netto. Ma è una mera variazione contabile che si traduce in un
aumento del patrimonio netto senza che vi sia stato alcun movimento di
moneta. L’incremento registrato nelle riserve di rivalutazione va sottratto alla
variazione grezza dell’equity
Le conversioni dei debiti in equity: il capitale netto aumenta senza che a ciò
corrispondano entrate monetarie. Ma è un mero effetto contabile, per cui
l’importo del debito convertito deve essere sottratto dalla variazione grezza di
equity
I crediti verso soci per versamenti ancora dovuti: per determinare l’effettivo
afflusso di moneta originato dall’aumento di capitale sociale, si deve sottrarre
dalla variazione del capitale netto la variazione intervenuta nei crediti verso soci.
Se i crediti sono aumentati, in quella misura l’eventuale incremento di capitale
sociale non si è tradotto in afflusso di moneta; viceversa, se i crediti sono
diminuiti.
variazione grezza
+ variazione capitale netto
RETTIFICHE CONTABILI
+/- perdita/utile di esercizio
(-) rivalutazioni
(-) conversione debito in equity
(-) conferimenti non monetari
RETTIFICHE FINANZIARIE
(-) variazione crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
22
Il return on investment (o ROI, tradotto come indice di redditività del capitale investito o ritorno sugli investimenti)
è un indice di bilancio che indica la redditività e l'efficienza economica della gestione caratteristica a prescindere dalle
fonti utilizzate: esprime, cioè, quanto rende il capitale investito in quell'azienda
il valore del COIN di fine esercizio, bensì un valore medio (semisomma fra il
valore di inizio e di fine esercizio) (ROACE23).
I TERMINI DI CONFRONTO PER LA VALUTAZIONE DEI TASSI DI RENDIMENTO
DEGLI INVESTIMENTI OPERATIVI
In generale, il giudizio è migliore quanto più alto è il tasso di rendimento degli
investimenti operativi, perché maggiore è la capacità potenziale dell’impresa di
generare flussi di cassa operativi.
Il giudizio è, inoltre, corroborato dal confronto con il tasso di rendimento medio
del settore in cui l’impresa opera: pertanto, l’andamento nel corso del tempo del
ROI dell’impresa viene confrontato con quello del settore di riferimento.
L’interpretazione dei livelli di rendimento degli investimenti operativi deve
prendere in considerazione anche il costo medio dei capitali raccolti (WACC24):
infatti, il ROI operativo misura quanto hanno fruttato quei capitali, una volta
impiegati nella gestione operativa. Solo quando ROI operativo > WACC
(rendimento dei capitali superiore alla loro remunerazione media attesa), le
scelte di gestione generano un extra-profitto che accresce il valore fondamentale
del capitale investito e determina un incremento del valore economico del
capitale degli azionisti. Il confronto tra ROI operativo e WACC è alla base delle
economic value added (EVA), un metodo di misurazione della capacità
dell’impresa di accrescere il proprio valore fondamentale:
23
ROACE (Return on Average Capital Employed) è un indice di redditività utilizzata dalle imprese per valutare i ritorni
sul capitale impiegato. ... Il ROACE guarda alla capacità dell'impresa di produrre utili indipendentemente dalla sua
struttura finanziaria.
24
Il WACC è il costo medio ponderato delle risorse attraverso le quali l'azienda si finanzia, ossia la media ponderata
dei “costi” del capitale di rischio e del capitale di debito, tenuto conto di operazioni come ad es. immissioni o aumenti
di capitale sociale, debiti bancari, obbligazioni, finanziamento soci ecc
autofinanziamento espressi dal MON (Margine Operativo Netto) e si accompagna
alla variazione del Capitale Investito Operativo Netto(COIN), ossia alla variazione
del circolante commerciale degli investimenti strutturali, in quanto:
MON/Ricavi di vendita
EBITDA/Ricavi di vendita
IL TRIANGOLO DU PONT
ROI = ROS x PC
25
ROS (Return On Sales) Ritorno sulle vendite. È uno degli indici più significativi dell'efficienza di un'azienda. Si ottiene
mettendo in rapporto il risultato operativo e il fatturato, cioè il volume dei ricavi di vendita.
I tre indici costituiscono i vertici di un triangolo ideale.
INTERPRETARE LE DETERMINANTI DELLA REDDITIVITA’ DEGLI INVESTIMENTI
OPERATIVI: SETTORE DI ATTIVITA’, STRATEGIE COMPETITIVE, CICLO DI VITA
Redditività delle vendite e produttività del capitale vanno valutati calandoli nel
contesto nel quale maturano. I due indici assumono peso e importanza diversa in
relazione a:
Caratteristiche del settore di attività economica nel quale opera l’impresa
Strategie competitive adottate dall’impresa
Fasi del ciclo di vita che l’impresa sta attraversando
SETTORE DI ATTIVITA’ ECONOMICA
Se la produttività del capitale è vista come intensità di capitale, si comprende che
essa varia profondamente in ragione dell’ambito di attività economica. Si
distinguono:
Settori leggeri (grande distribuzione, abbigliamento, alimentare)
Settori pesanti (telecomunicazioni, chimica, estrattivo)
La redditività dei settori pesanti dipende largamente dai margini, da cui la centralità
del ROS quale determinante chiave. I vincoli di capacità produttiva, infatti, porgono
limiti forti alla produttività del capitale. Per i settori più leggeri è cruciale mantenere
alta la produttività del capitale, perché i vincoli di prezzo limitano la crescita della
redditività delle vendite.
L’indicatore del reddito economico fornisce, invece, una misura della redditività che
tenga conto anche della dimensione dell’impresa:
26
Per area strategica d'affari (ASA), si intende un sottoinsieme dell'impresa coincidente con un business specifico in
grado, se scorporato dall'azienda, di sopravvivere autonomamente. Il concetto di area strategica di affari è stato
sviluppato dagli studiosi di organizzazione d'impresa e di marketing.
molto nota è quella proposta dal Boston Consulting Group: essa combina il tasso di
sviluppo del mercato con la forza competitiva dell’impresa (quota di mercato).
ASA nel quadrante question mark: valori contenuti se non negativi di ROS;
modesta produttività del capitale
ASA nel quadrante start: ROS in deciso miglioramento; PC basso per l’intenso
processo di investimento
ASA nel quadrante cash cow: consistenti margini sulle vendite; alta
produttività del capitale
ASA nel quadrante dog: redditività esigua, in contrazione o negativa
LA PRODUTTIVITA’ DEL CAPITALE INVESTITO
L’indice generale di produttività del capitale è espresso dal rapporto tra ricavi di
vendita (output) e capitale operativo netto mediamente investito nei processi di
gestione (COIN). Le direttrici per l’analisi della produttività riguardano due diverse
chiavi di lettura della composizione del denominatore:
COIN come differenza tra attività e passività operative
COIN come somma di investimenti fissi netti e capitale circolante netto
IL CONTENIMENTO DEL CAPITALE INVESTITO E L’EFFETTO DI LEVA COMMERCIALE
Dato un certo livello di ricavi di vendita e un correlato ammontare dei mezzi di
produzione, espresso dalle attività, la produttività del capitale cresce al diminuire
del capitale finanziario raccolto e investito nella gestione operativa (COIN).
Se il COIN è visto come differenza tra attività operative e passività operative, i debiti
commerciali rappresentano la componente di maggior rilievo delle seconde.
L’indebitamento commerciale si propone come una leva manovrando la quale è
possibile ridurre il COIN, ossia l’ammontare delle risorse finanziarie raccolte, con ciò
accrescendo, a parità di fatturato, la produttività del capitale finanziario investito.
L’indice misura il rapporto fra le vendite e l’importo lordo delle risorse impiegate
nella gestione per ottenere tali vendite. L’ammontare lordo delle risorse al servizio
della gestione prescinde dall’effettivo impegno finanziario che esse hanno generato.
L’uso della leva commerciale ha però un costo perché i fornitori aumentano il costo
dei beni e servizi forniti di un importo pari al costo del capitale per la dilazione di
27
Nella ragioneria e nella finanza aziendale, il termine leva finanziaria è utilizzato con riferimento a un dato
investimento o attività, e denota il rapporto tra indebitamento finanziario netto e patrimonio netto di un'impresa.
pagamento accordata. Tale costo è implicito nei costi operativi e determina una
riduzione della redditività delle vendite, a parità di fatturato; questo effetto deve
essere opportunamente considerato in fase di analisi della redditività operativa. In
presenza di oneri finanziari impliciti, misure che impiegano valori di attività
patrimoniali (ROA28) producono tassi di redditività distorti; ciò non accade
utilizzando misure del tipo ROI, che impiegano valori di investimento netto.
LO SFRUTTAMENTO DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA E LA ROTAZIONE DEL CAPITALE
CIRCOLANTE
Il COIN può essere visto anche come somma di investimenti fissi netti e capitale
circolante netto commerciale.
Il contributo degli investimenti operativi fissi netti alla produttività complessiva del
capitale può essere misurato dal rapporto:
Per una più chiara interpretazione degli andamenti di tale indice, la produttività del
capitale fisso può essere distinta considerando le due componenti principali
dell’investimento durevole:
Immobilizzazioni materiali (PP&E29)
Immobilizzazioni immateriali
Le prime rappresentano le attività che concorrono a determinare la capacità
produttiva utilizzabile dell’impresa. A tal proposito l’effettivo grado di sfruttamento
della struttura produttiva si calcola attraverso il rapporto SGFA30:
Ricavi di vendita/PP&E
L’indicatore può essere calcolato anche impiegando il valore aggiunto al posto dei
ricavi, per facilitare la comparazione nello spazio.
28
Il return on assets (ROA) è un indice di bilancio che misura la redditività relativa al capitale investito o all'attività
svolta (analogo al ROI ma per gestione caratteristica e patrimoniale). Si calcola come rapporto tra utile corrente ante
oneri finanziari (conosciuto anche come EBIT) e totale dell'attivo.
29
Property, plant and equipment
30
La superficie lorda statistica si riferisce all'aggregato delle superfici lorde di tutti i piani dell'edificio incluso il piano
seminterrato o l'aggregato delle superfici lorde statistiche di tutti gli edifici in uno sviluppo. ... In questo caso, per area
si intende l'area totale della vista in pianta della struttura.
L’Analisi della produttività del capitale fisso chiama in causa quella dell’intensità dei
processi di investimento. A questo fine, appaiono significative due misure:
Quando esso presenta valori uguali a 1, significa che i nuovi investimenti pareggiano
il consumo delle immobilizzazioni preesistenti, dunque, sono investimenti di
mantenimento; quando l’indice assume valori superiori all’unità, si configura un
processo di sviluppo negli investimenti. Valori di capex superiori agli ammortamenti
si possono comunque avere anche in caso di investimenti di sostituzione, a causa del
progresso tecnologico e della graduale perdita di potere di acquisto della moneta.
Poiché gli ammortamenti tendono sostanzialmente a essere costi discrezionali, è
utile integrare l’analisi ricorrendo al calcolo di indicatori focalizzati proprio sul
processo di ammortamento. I fondamentali indici di ammortamento sono:
Tasso di ammortamento = ammortamenti/PP&E lordi segnala
quanta parte del valore delle immobilizzazioni è recuperato ogni anno,
trasformandolo in costi di esercizio. Il tasso di ammortamento rivela
implicitamente le stime sulla durata della vita utile attribuita dal
management ai PP&E
Grado di ammortamento = fondo ammortamento/PP&E lordi
segnala a che punto l’impresa è giunta nel processo di recupero del
capitale investito in PP&E. Offre informazioni complementari a quelle
espresse dal tasso di ammortamento, segnalando il grado di anzianità
delle immobilizzazioni, ossia la vita utile e già trascorsa.
Quando il grado di ammortamento resta sostanzialmente costante nel tempo, i
rinnovi degli impianti tendono a pareggiare gli ammortamenti e le dismissioni;
quando il grado di ammortamento tende a diminuire, il rinnovo degli impianti
tendono a superare gli ammortamenti e le dismissioni.
31
Il calcolo degli indici di rotazione del capitale circolante netto (CCN) mira ad indagare le velocità di trasformazione in
forma liquida delle singole classi di valori dell'attivo circolante e la velocità di estinzione delle passività correnti.
Si consideri, però, che una sensibile riduzione dell’indice di rotazione delle scorte
potrebbe derivare dalle seguenti cause:
Difficoltà a vendere la produzione che si accumula in magazzino
Creazione volontaria di magazzino, in previsione di futuri aumenti dei prezzi
delle materie o per fronteggiare una prevista forte espansione delle vendite
Solo nel primo caso un rallentamento dell’indice di rotazione rappresenta un
segnale negativo. L’impatto della rotazione del capitale circolante sulla redditività
operativa evidenzia un importante trade-off nella gestione di questa variabile
chiave: incrementi del capitale circolante creano tensioni di liquidità e crescita degli
oneri finanziari, ma possono favorire lo sviluppo delle vendite e dei margini
operativi, con effetti positivi sulla redditività.
LA REDDITIVITA’ DELLE VENDITE
La capacità dell’impresa di estrarre margini reddituali dai ricavi è misurata
dall’indicatore ROS, che indica il margine di guadagno operativo ottenuto su ogni
unità di fatturato. La redditività delle vendita è una macro-determinante della
redditività operativa. Considerando la composizione del numeratore:
Da cui:
Quindi:
ROS = 1- (costi operativi/ricavi di vendita)
I livelli di produttività segnalati dai vari indici devono essere interpretati alla luce
delle fasi del ciclo di vita dell’impresa. Nella fase introduttiva, di solito i costi di
produzione sono alti e la produttività bassa, tenendo conto della scarsa esperienza
di produzione possedute dall’impresa; nella fase di sviluppo si ha una significativa
riduzione dei costi dovuta all’effetto esperienza legato alla crescita dei volumi di
produzione; nella fase di maturità si consolida il processo di riduzione dei costi e si
massimizza l’effetto esperienza con benefici riflessi sulla produttività aziendale,
anche se tali benefici sono destinati a esaurirsi man mano che l’impresa si inoltra
nella fase di declino.
Si consideri, infine, il rapporto che esprime il reddito per addetto:
La metrica del reddito per addetto presenta il vantaggio di aggirare i problemi che si
pongono quando l’ammontare del capitale investito è molto contenuto; circostanza,
questa, che rende scarsamente significativa ogni misura dell’intensità del capitale
finanziario investito. Infatti, se l’impresa mantiene costante l’intensità del capitale
finanziario investito, incrementi del reddito corrente per addetto spingono verso
l’alto la redditività. Inoltre, il reddito per addetto non risente dei vari fattori contabili
che possono distorcere il significato del ROI, come la dinamica degli ammortamenti,
permettendo più agevoli ed efficaci comparazioni nello spazio.
LA STRUTTURA DEI COSTI E IL RISCHIO OPERATIVO
La struttura dei costi determina il grado di variabilità del risultato operativo al
variare delle vendite: più rigida è la struttura dei costi, maggiore è la variabilità del
risultato operativo alle variazioni dei ricavi.
IL GRADO DI LEVA OPERATIVA
La leva operativa esprime il grado di variabilità del risultato operativo al variare
delle vendite, nonché una misura del grado di variabilità del margine operativo. È
una misura del rischio operativo, ossia il rischio derivante dalle scelte della gestione
operativa. Più alto è il grado di leva operativa, più alta è la variabilità del reddito
operativo rispetto a quello atteso; più elevato, quindi, è il rischio che grava sulla
gestione.
Più alto è il valore dell’indicatore, più alto è il grado di leva operativa e maggiore il
livello di rischio. Il GLO dipende dall’organizzazione dei processi produttivi e dalla
tecnologia che tali processi impiegano.
Le relazioni tra struttura dei costi, GLO e livelli di rischio emergono con chiarezza
rifacendosi ai concetti della break even analysis32, ossia al modello di analisi del
cosiddetto punto di pareggio. Una grandezza di particolare interesse è il margine di
sicurezza: esso è pari alla differenza tra il fatturato effettivo e il fatturato critico
(BEP); quindi, il margine di sicurezza misura la distanza che separa l’impresa da una
condizione di perdita operativa. Più ampio è il margine di sicurezza, minore è il
rischio di subire perdite a causa di contrazione del fatturato, ossia minore è il rischio
operativo.
Man mano che l’impresa si spinge verso i livelli di pieno sfruttamento della capacità
produttiva massima, ossia man mano che il margine di sicurezza aumenta, il GLO
tende a 0: infatti, i costi variabili crescono, mentre i costi fissi restano costanti.
Allontanandosi dal punto di pareggio, il margine di sicurezza si amplia e il GLO
diminuisce.
Ma la struttura dei costi non è l’unica determinante dei livello di rischio operativo, il
quale dipende anche dall’andamento dei ricavi di vendita, come a dire dalle scelte
relative ai settori/mercati nelle quali l’impresa compete e dalla ciclicità di tali
settori/mercati. Sono le condizioni congiunturali, infatti, che influenzano
l’andamento delle vendite nei vari settori economici. Il rischio operativo deriva,
quindi, anzitutto dalle circostanze esterne che determinano le variazioni del
fatturato. La struttura dei costi si limita ad amplificare gli effetti delle variazioni di
fatturato conseguenti agli andamenti congiunturali del sistema competitivo. Il
rischio operativo, in conclusione, è collegato al rischio di mercato, inteso come
variabilità dei ricavi in relazione all’andamento generale del sistema economico.
Assumendo questa prospettiva esterna, che guarda alle determinanti dei livelli di
fatturato, anche le fasi del ciclo di vita attraversate dall’impresa divengono rilevanti
32
La Break-even Analysis (analisi del punto di pareggio) è il punto in cui il costo totale e le entrate totali sono uguali,
vale a dire “pari”. Non vi è alcuna perdita o utile netto e pertanto ci si trova in pareggio.
ai fini dell’interpretazione del grado di leva operativa. Il passaggio attraverso le
diverse fasi del ciclo di vita, infatti, causa variazioni di fatturato. Le fasi dello sviluppo
e della maturità si caratterizzano per una crescita intensa del fatturato; affrontarle
con una struttura dei costi più rigida può consentire all’impresa di beneficiare
maggiormente, in termini reddituali, di tale crescita.
Letto in questa prospettiva, il GLO si propone come una misura della scalabilità del
modello di business adottato dall’impresa: un modello di business è tanto più
scalabile quanto più i costi e gli investimenti operativi che lo connotano sono
sufficienti a sostenere più elevati volumi di affari, senza modificarsi. In questo senso,
la leva operativa esprime la potenzialità di trasformare la crescita dell’impresa in
un aumento più che proporzionale dei risultati reddituali.
RISCHIO OPERATIVO E COSTO DEL CAPITALE
Il rischio operativo influenza il costo del capitale, secondo il quale attualizzare i flussi
di cassa derivanti dalle condizioni di redditività.
La formula per determinare il costo medio ponderato del capitale (WACC) è:
Dove: “Kd” è il costo del capitale proprio; “E” sta per Equity e “DB” sta per debiti. Le
condizioni di rischio operativo si riflettono nel costo del capitale di rischio (Ke),
traducendosi in un congruo ammontare del premio per il rischio, ovvero del
differenziale di rendimento richiesto dai finanziatori rispetto al rendimento dei titoli
privi di rischio. Il premio per il rischio può essere determinato seguendo due
impostazioni:
Costruzione per fattori
Deduzione dai mercati
La determinazione meno soggettiva ricorre a stime basate sui prezzi di mercato. Il
Capital Asset Pricing Modello (CAPM) prevede di determinare il premio per il rischio
usando il premio per il rischio di mercato e il grado di rischiosità dell’impresa
espresso dal coefficiente Beta. Il costo del capitale di rischio è:
Dove:
- Rf: rendimento di titoli privi di rischio
- Beta: coefficiente di rischio sistematico dell’attività d’impresa
- E(Rm): rendimento generale medio atteso del mercato azionario
- E(Rm) – Rf: premio atteso per il rischio di mercato
Il tasso Risk free è il rendimento offerto dai titoli di Stato con scadenza di medio-
lungo termine a rischio nullo; il confronto tra tasso Risk free e rendimento di
mercato dell’investimento azionario configura il rendimento eccedente, ossia il
premio medio accordato dal mercato per il rischio imprenditoriale.
Ogni azienda e ogni settore sono però caratterizzati da proprie condizioni operative
che possono accentuare o ridurre la rischiosità rispetto alla media del mercato. Il
rendimento eccedente viene, quindi, corretto moltiplicandolo per il coefficiente
Beta: Beta dice se l’azienda, o il settore in cui essa opera, presenta un grado di
rischio superiore o inferiore rispetto alla media di mercato azionario. Beta riflette
tre principali fattori:
- Rischio di mercato
- Rischio operativo
- Rischio finanziario
Se la stima del rischio basata esclusivamente su dati di mercato presenta alcune
debolezze, si può calcolare il beta unlevered33 di settore, ottenuto eliminando
l’effetto esercitato sul Beta dalle scelte di struttura finanziaria. Dalle beta levered di
mercato si passa, quindi, al Beta unlevered di settore, per poi passare al calcolo del
beta unlevered dell’impresa.
33
Il Beta che deriva dalla regressione, però, è definito Beta Levered, in quanto è un coefficiente che esprime la
rischiosità dell'impresa complessiva, dunque per determinare la sola rischiosità operativa bisogna determinare il Beta
Unlevered.
L’analisi della solvibilità mira a determinare il grado di rischio finanziario, che
esprime la probabilità che l’impresa non riesca a far fronte ai propri impegni di
pagamento nei tempi e/o negli importi stabiliti, con ciò esponendosi a una possibile
bancarotta (rischio di fallimento). Le condizioni di rischio finanziario interessano
entrambi i finanziatori dell’impresa: azioni (o conferenti capitale di rischio) e
creditori (banche obbligazioniste); con riferimento a questi ultimi il rischio
finanziario è inteso nell’accezione specifica di rischio di credito. Guardando al rischio
finanziario, esso si manifesta su due piani:
I argine di rischio: probabilità di non adempiere puntualmente, cioè alla
scadenza, agli impegni di pagamento; è un rischio relativo ai tempi e
riconducibile al profilo della liquidità
II argine di rischio: probabilità che l’impresa non riesca a rimborsare i capitali
complessivamente ricevuti, indipendentemente dalla puntualità del rimborso;
è un rischio relativo agli importi e legato al profilo della solidità
Il secondo argine assorbe il primo, in quanto configura la condizione di rischio
estrema, nella quale i capitali, segnatamente quelli con vincolo di debito, almeno in
parte, non possono comunque essere rimborsati causando, per il finanziatore, una
perdita secca del denaro.
Il problema della solvibilità investe in primo luogo il finanziatore esterno che
conferisce capitali. La questione tocca, però, direttamente e pesantemente anche gli
amministratori dell’impresa e i conferenti capitale di credito: condizioni di eccesso di
indebitamento, infatti, esponendo l’impresa al fallimento, esprimono una potenziale
perdita del capitale di rischio. Inoltre, il carico degli oneri finanziari conseguenti
all’indebitamento accentua la volatilità del reddito di esercizio che costituisce la
remunerazione degli azionisti; volatilità, in primis, dovuta alle condizioni operative
della gestione. Infine, ogni impresa, per vivere, ha bisogno di capitale di terzi.
Qualunque situazione di incaglio finanziario è destinata ad allontanare i finanziatori,
pregiudicando così lo svolgimento della gestione. La solvibilità, in sostanza, non è un
problema solo di chi presta soldi, ma anche di chi quei soldi li chiede ai terzi.
LA SOLIDITA’ PATRIMONIALE
L’esame delle condizioni di solidità patrimoniale si fonda sull’analisi della:
Struttura patrimoniale: composizione quali-quantitativa del complesso degli
investimenti in essere in un determinato momento
Struttura finanziaria: composizione quali-quantitativa del complesso dei
finanziamenti
Struttura patrimoniale e struttura finanziaria sono riflesse dallo stato patrimoniale
del bilancio di esercizio. L’analisi delle condizioni di solidità patrimoniale si sostanzia
nella verifica dell’esistenza di adeguati rapporti qualitativi e quantitativi fra:
Le varie categorie di investimenti
Le varie categorie di finanziamenti
Specifiche tipologie di investimenti poste in relazione a specifiche tipologie di
finanziamenti
L’analisi viene condotta mediante il calcolo e l’interpretazione di due categorie di
indici:
Indici di composizione
Indici di copertura o correlazione
I dati impiegati per la costruzione degli indici di solidità patrimoniale sono tratti dallo
stato patrimoniale riclassificato.
LA COMPOSIZIONE DEL PATRIMONIO AZIENDALE
Gli indici di composizione vogliono evidenziare i rapporti qualitativi e quantitativi
esistenti all’interno degli impieghi di capitale, da un lato, e delle fonti di capitale,
dall’altro. Si articolano in due gruppi:
Indici di composizione degli investimenti (o degli impieghi)
Indici di composizione dei finanziamenti (o delle fonti)
LA COMPOSIZIONE DEGLI INVESTIMENTI
Gli indici di composizione degli investimenti si costruiscono rapportando al capitale
investito netto (CIN34) le diverse categorie di investimenti:
34
Capitale investito - Si definisce capitale investito la somma delle attività dello stato patrimoniale.
struttura patrimonialmente elastica è una struttura che può essere più agevolmente
riconvertita, adottandola al mutare delle condizioni di mercato.
La composizione degli impieghi può essere approfondita esaminando in dettaglio il
peso delle singole categorie di investimento:
Scorte di magazzino/CIN
Crediti commerciali/CIN
PP&E/CIN
Attività immateriali/CIN
Quello che emerge attraverso questi ultimi quozienti è uno spaccato degli
investimenti correnti e durevoli presenti nell’impresa.
LA COMPOSIZIONE DEI FINANZIAMENTI
Gli indici di composizione dei finanziamenti si costruiscono rapportando al totale
dei finanziamenti, ossia al capitale raccolto (corrispondente al CIN), le diverse fonti
di provenienza del capitale:
È possibile costruire altri indici confrontando le singole voci che formano gli
aggregati della struttura finanziaria al totale del capitale raccolto. L’esame degli
indici di composizione dei finanziamenti aiuta a comprendere i canali ai quali
l’impresa ha fatto ricorso per soddisfare il proprio bisogno finanziario, mettendo in
evidenza il grado di rigidità (o di elasticità) delle fonti di provenienza dei capitali;
questo è tanto maggiore quanto più elevato risulta il peso delle fonti durevoli sul
totale dei mezzi finanziari utilizzati.
Analizzare il mix delle fonti offre preziose informazioni per interpretare l’andamento
del costo dell’indebitamento: quest’ultimo concorre a determinare l’effettiva
sostenibilità del capitale di credito raccolto. Il costo medio dei capitali di debito
dipende largamente dalle fonti di indebitamento alle quali si attinge e che
presentano livelli di onerosità diversi. Nella prospettiva dell’onerosità, la forma
tecnica di negoziazione risulta importante in relazione al periodo di tempo per il
quale i capitali restano vincolati all’impresa; questo perché il costo dei capitali
cambia a seconda che questi derivino da finanziamenti negoziati a breve o a medio-
lungo termine. Nel corso del tempo, e nei diversi paesi, i tassi a breve possono
essere più alti o più bassi di quelli a medio-lungo termine. Pertanto, a parità di
indebitamento totale, la presenza nel mix dei finanziamenti utilizzati di una
determinata categoria di fonti piuttosto che un’altra ha immediate e pesanti
ripercussioni sul costo del debito.
Gli indici di composizione, letti alla luce della struttura dei tassi (onerosità dei tassi a
breve rispetto a quelli a medio-lungo) e della loro dinamica attuale e prospettica,
forniscono importanti indicazioni per giudicare il rischio di tasso sotteso alle scelte
finanziarie operate. Laddove i tassi a breve siano in continuo a ribasso, può risultare
conveniente puntare su una struttura finanziaria aggressiva. Una struttura
finanziaria è tanto più aggressiva quanto più presenta uno sbilanciamento verso
debiti di breve termine. Un tale sbilanciamento, pur potendo creare tensioni di
liquidità, consente di cogliere le migliori opportunità di tasso di volta in volta offerte
dal mercato. Infatti, in periodi di tassi calanti, una composizione dei finanziamenti
marcatamente orientata al medio-lungo termine, se tali finanziamenti non sono
indicizzati, è destinata ad accrescere il peso degli oneri finanziari sul conto
economico, penalizzando la redditività prospettica.
Ovviamente, quando si parla di finanziamenti a breve e a medio-lungo termine, si
guarda non alla durata residua delle partite di debito, ma alla loro durata originaria.
Per questo l’analisi dei riflessi della struttura finanziaria sul costo del denaro deve
essere fondata sulla riclassificazione dello stato patrimoniale ispirata alla logica per
aree di gestione, in cui il capitale raccolto viene ripartito fra indebitamento a breve
termine e indebitamento a medio-lungo termine.
L’esame degli indici di composizione, sia degli investimenti, che dei finanziamenti,
porta alla redazione di uno stato patrimoniale percentuale o in common size, che
non porta valori assoluti, ma valori espressi in percentuale rispetto al totale del
patrimonio aziendale.
IL GRADO DI INDEBITAMENTO
Fra gli indici di composizione dei finanziamenti rientra l’indice di autonomia
patrimoniale:
Capitale Netto/CIN
Quanto più il valore del limite è elevato, tanto più l’impresa è indebitata nei
confronti dei terzi. Mentre l’indice di autonomia patrimoniale focalizza l’attenzione
sul capitale netto, il financial leverage35 pone attenzione sul livello di indebitamento.
I due indicatori sono inversamente correlati: a un aumento dell’autonomia
35
Il termine leva finanziaria o rapporto d’indebitamento (talvolta sostituito dal termine inglese leverage) è un
indicatore utilizzato per misurare l'indebitamento di un'azienda - in economia aziendale significa l'uso di capitali di
terzi a fine di finanziamento, in finanza aziendale la scommessa di poter ottenere attraverso reinvestimento di capitali
prestati un rendimento maggiore delle condizioni del prestito.
patrimoniale corrisponde una diminuzione del leverage e dell’indebitamento
aziendale.
L’indice è collegato al rapporto debiti finanziari netti/capitale netto (D/E).
Assumendo il valore soglia di 0.33 per l’indice di autonomia patrimoniale, il valore
soglia del D/E diventa necessariamente due: i debiti non devono essere più del
doppio del capitale netto. Infatti, quando il capitale netto copre 1/3 degli
investimenti, i restanti 2/3 sono coperti dai debiti; quindi, il rapporto debiti/capitale
netto è uguale a 2 (2/3 : 1/3).
Seguendo la logica prospettata, che vede il capitale di rischio quale cuscinetto
destinato ad assorbire le potenziali perdite di liquidazione del patrimonio aziendale,
è opportuno procedere a rettificare il valore contabile del capitale netto da utilizzare
nell’analisi. Esso deve essere decurtato degli eventuali importi relativi a:
Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
Azioni proprie
I due valori corrispondono a poste meramente contabili che gonfiano la consistenza
del capitale di rischio e l’effettiva garanzia patrimoniale offerta a terzi.
Le revisioni alle quali sottoporre i valori contabili riguardano anche l’indebitamento
netto, in quanto si dovrebbero scovare eventuali passività potenziali gravanti sulle
imprese, ma non contabilizzate nello stato patrimoniale: si tratta di situazioni,
condizioni o fattispecie esistenti alla data del bilancio, caratterizzate da uno stato di
incertezza, che al verificarsi o meno di uno o più eventi futuri, potranno
concretizzarsi per l’impresa in una perdita, confermando il sorgere di una passività o
la perdita parziale o totale di una attività.
LA CORRELAZIONE INVESTIMENTI-FINANZIAMENTI
L’analisi di correlazione vi è allo scopo di evidenziare l’esistenza di rapporti di
equilibrio fra determinate categorie di investimenti e determinate tipologie di
finanziamenti. Si tratta di passare da un’analisi di tipo verticale, tipica degli indici di
composizione, a una di tipo orizzontale, che mette a confronto investimenti e
finanziamenti.
Gli indici di correlazione o copertura si basano sul rapporto tra valori relativi a
specifiche categorie di investimenti e valori relativi a determinate categorie di
finanziamenti. Il quoziente più significativo è la copertura delle immobilizzazioni per
la verifica della capacità del capitale netto di coprire gli investimenti durevoli, sia
operativi che finanziari. L’impresa è tanto più solida patrimonialmente quanto più gli
investimenti durevoli sono finanziati con capitale di rischio, per i quali non si
pongono problemi di rimborso a scadenza:
L’indice esprime una condizione che può essere apprezzata anche mediante il
calcolo del margine di struttura (capitale netto–investimenti durevoli).
IL CAPITALE DI RISCHIO NETTO36
36
Il capitale di rischio è così definito perché è la parte di capitale conferita da soggetti che partecipano direttamente al
rischio d'impresa e non consiste solo in apporto di fondi, ma anche di esperienza, strategia e know how, da parte di
operatori specializzati che scelgono di investire in imprese a loro giudizio
attività rappresentate dalla capitalizzazione dei cosiddetti oneri pluriennali, come le
spese di impianto e ampliamento, ossia attività prive di autonoma rilevanza tecnica,
economica e giuridica. Anche l’avviamento non si sottrae a questa logica, trattandosi
di un valore autonomo rispetto all’impresa alla quale è riferibile e privo di
consistenza patrimoniale.
L’idea dell’inconsistenza patrimoniale appare considerando altre categorie di
intangibili come brevetti, progetti di R&S e marchi, trattandosi di investimenti che
possono avere anche un valore molto rilevante e, se alienati, produrre notevoli
plusvalenze.
Nella pratica dell’analisi finanziaria si ritiene prudente che le attività in parola siano
integralmente coperte dal capitale di rischio.
Ragionando in termini di margini si calcola il cosiddetto capitale netto tangibile. Le
motivazioni alla base sono:
Molti beni e diritti immateriali attengono al patrimonio tecnologico
dell’impresa, ma l’ambiente tecnologico odierno è caratterizzato da un
elevato grado di turbolenza, con elevati rischi di obsolescenza
I beni e i diritti immateriali presentano caratteri di marcata specificità: al di
fuori del loro contesto competitivo originario, tali beni hanno ridotta o nulla
capacità di produrre flussi reddituali positivi
La specificità dell’investimento è talvolta così spinta che sovente l’analista
esterno non è in grado di valutare in modo approfondito la congruità
economica dei beni e diritti immateriali posseduti dall’impresa a causa della
loro natura
Le specificità richiamate determinano condizioni di asimmetria informativa:
molti degli investimenti appartenenti a quest’area sono investimenti in
conoscenza il cui sfruttamento economico è sempre più difficile e limitato da
parte di chi quelle conoscenze non le ha prodotte direttamente, ma le ha
acquistate da terzi
Le condizioni di asimmetria informativa e di marcata specificità risultano meno
penalizzanti nel caso in cui i beni immateriali possono essere ceduti a imprese che
già operano nello stesso ambito competitivo.
LA COPERTURA DELLE IMMOBILIZZAZIONI TECNICHE
La verifica della copertura offerta del capitale netto rispetto alle immobilizzazioni si
può estendere all’intero ammontare degli investimenti strutturali operativi,
comprendendo anche le immobilizzazioni tecniche materiali.
Indice di copertura delle immobilizzazioni tecniche = capitale netto/PP&E
37
Grado di copertura delle immobilizzazioni: indica il grado di copertura delle immobilizzazioni con fonti consolidate.
se il valore è maggiore a 1, significa che le fonti di finanziamento consolidate sono maggiori alle attività immobilizzate.
finanziamenti che genera fabbisogno finanziario e per coprire tale fabbisogno si
guarda alla possibilità di conversione in moneta degli investimenti. Le attività
diventano così la potenziale fonte di copertura delle passività.
Per facilità di trasformazione in moneta si intende:
In tempi brevi
Mantenendo un’impresa in funzionamento
L’equilibrio di liquidità dovrebbe essere verificato istante per istante, ma si ripiega
su un intervallo di tempo convenzionalmente breve. Si considerano facilmente
trasformabili in moneta le poste il cui ciclo di ritorno in forma monetaria è inferiore
o al più uguale all’anno (ad esempio le scorte di magazzino sono generalmente
considerate facilmente monetizzabili).
La più o meno agevole trasformazione in moneta deve avvenire mantenendo le
imprese in funzionamento: la trasformazione, cioè, non deve pregiudicare la
possibilità dell’impresa di continuare a funzionare in modo economico.
Le poste dell’attivo patrimoniale considerate facilmente trasformabili in moneta
sono quelle che:
Ritornano naturalmente in tale forma entro il periodo di riferimento prescelto
Possono essere forzatamente trasformate in moneta entro lo stesso periodo
(ciclo di ritorno abbreviato attraverso animazione)
L’accorciamento forzato del tempo di ritorno in moneta non deve, tuttavia,
pregiudicare la capacità dell’impresa di continuare a svolgere in futuro la sua
funzione produttiva in modo economico (ad esempio le obbligazioni speculative
possono essere alienate senza compromettere lo svolgimento dell’attività aziendale,
ma le obbligazioni strategiche recherebbero danni all’economia se trasformate in
moneta in tempi brevi attraverso la vendita sul mercato).
I valori di stato patrimoniale sono raccolti all’interno di alcune macro-classi o zone. I
valori di attivo patrimoniale sono ripartiti in due grandi zone che riflettono diversi
orizzonti temporali di trasformazione monetaria delle poste:
Attività correnti o capitale circolante lordo: investimenti rapidamente
convertibili in moneta, entro il periodo convenzionale di 12 mesi (attività a
breve termine)
Attività immobilizzate o capitale fisso: investimenti più lentamente
convertibili in moneta e comunque oltre il periodo di 12 mesi
Il passivo patrimoniale è distinto in due zone:
Passività correnti: finanziamenti, diretti o indiretti, destinati a essere
rimborsati nel breve termine o aventi scadenza indeterminata, ma soggetti a
revoca
Capitali permanenti: finanziamenti durevolmente vincolati dall’impresa e che,
come tali, non suscitano impegni di rimborso nel breve termine
All’interno dei capitali permanenti si distinguono38:
Passività differite o consolidate: valori di passivo in senso stretto; valori
patrimoniali che esprimono, sostanzialmente, debiti. Sono impegni di
pagamento che l’impresa è chiamata a fronteggiare nel medio e lungo
termine
Capitale netto: non è passivo in senso stretto; rappresenta il concorso del
soggetto economico al finanziamento dell’impresa. Non esprime capitale
acquisito con vincolo di debito, bensì con vincolo di pieno rischio. Non è
previsto il rimborso durante il funzionamento dell’impresa
Le zone possono essere disposte secondo un criterio di liquidità crescente39 o di
liquidità decrescente.
IL CAPITALE CIRCOLANTE NETTO FINANZIARIO E LA LIQUIDITA’ GENERALE
Attività correnti e passività correnti sono valori patrimoniali che, nell’impresa in
funzionamento, daranno o potranno dare luogo in tempi brevi a flussi di entrate e
uscite monetarie. L’equilibrata dinamica di tali flussi è il presupposto della liquidità
aziendale.
Laddove il volume delle attività correnti fosse inferiore a quello delle passività
correnti, l’impresa non sarebbe capace di far fronte nel tempo breve ai propri
impegni di pagamento e si manifesterebbe una tensione liquida.
Il confronto tra AC (attività correnti) e PC (passività correnti) si traduce nel calcolo
del margine denominato capitale circolante netto finanziario (CCNf):
38
La somma delle passività a lungo termine (ad esempio, mutui e prestiti obbligazionari non in scadenza) e del
patrimonio netto. Rappresenta l'insieme delle fonti di finanziamento a disposizione di un'azienda per un periodo
pluriennale.
39
La riclassificazione dello Stato Patrimoniale avviene secondo criteri finanziari: il patrimonio è un insieme di
impieghi/fonti, le attività (impieghi) sono indicate secondo il loro grado di liquidità crescente, ovvero secondo la loro
capacità di trasformarsi in moneta entro 12 mesi
La presenza di condizioni di equilibrio è segnalata da un’eccedenza delle attività
correnti sulle passività correnti, ossia da un valore positivo del CCNf. Limiti del CCNf:
Un valore elevato del CCNf può nascere dalla presenza di ingenti valori di
attività correnti difficilmente liquidabili. Il problema si pone soprattutto per le
rimanenze di magazzino la cui liquidabilità dipende largamente dalle
dinamiche di mercato
Il CCNf non considera l’aspetto temporale della situazione di liquidità: il
confronto è fra masse di attività e di passività che potrebbero dare luogo a
movimenti di moneta nel breve termine: tuttavia, se le attività correnti si
convertono in moneta al termine dell’anno, mentre le passività correnti
danno luogo a uscite monetarie nei primi periodi dell’anno, la liquidità è solo
apparente
I valori di attivo e passivo corrente esprimono solo una parte dei futuri flussi
di entrate e uscite monetarie nel breve; mancano all’appello tutte le entrate e
le uscite che deriveranno dalle operazioni di gestione futura e che non sono
ancora riflesse nello stato patrimoniale
Il CCNf può essere considerato un indicatore di massima dell’equilibrio di liquidità,
che esprime solo una condizione di liquidità contabile. Però, un CCNf negativo suona
come campanello di allarme: anche se i tempi fossero sfasati, le entrate nel breve
sarebbero di importo inferiore alle uscite nel breve. La presenza di un CCNf positivo
è condizione necessaria, ma non sufficiente, per una equilibrata situazione di
liquidità.
- AC > PC = CCNf > 0, presenza di condizioni di liquidità contabile
- AC < PC = CCNf < 0, condizione di pericolo con conseguente rischio di liquidità
Indicazioni analoghe sono fornite dall’indice di liquidità generale:
40
In campo bancario, lo scoperto è la situazione in cui l'importo degli addebiti in conto corrente ecceda quello degli
accrediti e il conto assume così un saldo debitore per il cliente. ... Lo scoperto di conto va distinto dallo sconfinamento
che ricorre quando il conto corrente sia assistito da un fido bancario.
Passività che si rinnovano per rotazione (debiti verso fornitori)
Passività a breve in senso stretto (rate di mutui in scadenza nel breve,
versamenti tributari, dividendi)
Avvicinandosi alle ultime porzioni di attività correnti e passività correnti si
incontrano i valori con il massimo impatto monetario sulla gestione.
È possibile calcolare alcuni indicatori di liquidità che si possono esprimere in termini
di margini o indici:
*41
41
CASH EQUIVALENT: investimenti a breve termine, facilmente convertibili in ammontare noti di denaro e soggetti ad
un rischio insignificante di variazione di valore. ... Cash e cash equivalent rientrano nel concetto di DISPONIBILITÀ
LIQUIDE utilizzato negli ITA GAAP.
LA DURATA DEL CICLO MONETARIO E LA SUA MODALITA’ DI FINANZIAMENTO
Per approfondire l’analisi di liquidità occorre determinare:
La durata del ciclo attivo, ossia il tempo medio che intercorre dal momento
dell’acquisto dei fattori produttivi impiegati nel ciclo al momento dell’incasso
monetario delle vendite dei prodotti ottenuti
La durata del ciclo passivo, ossia il tempo medio che intercorre dal momento
dell’acquisto dei fattori produttivi impiegati nel ciclo al momento del
pagamento monetario di tali fattori
Quanto più il tempo medio di monetizzazione della produzione è posteriore al
tempo medio dei fattori acquistati per realizzare tale produzione, tanto più si viene
a creare un buco monetario; tanto più forti sono, quindi, le tensioni di liquidità.
La ricostruzione del ciclo monetario porta a concentrare l’attenzione sul ciclo
operativo e sul capitale circolante netto commerciale, che del ciclo operativo
rappresenta l’espressione finanziaria di sintesi.
La ricostruzione del ciclo monetario si basa sul calcolo degli indici di durata delle
componenti del capitale circolante netto commerciale: durata della giacenza di
magazzino, durata dei crediti verso clienti, durata dei debiti verso fornitori.
Sommando tutte le durate così ottenute, si ottiene la durata del ciclo monetario
sotteso alla rotazione del capitale circolante commerciale, ossia il periodo
mediamente intercorrente fra le uscite monetarie derivanti dall’acquisto dei fattori
produttivi di esercizio e le entrate monetarie derivanti dalla vendita dei beni e
servizi prodotti: nella misura in cui la durata dei fornitori non riesce a coprire la
durata del magazzino e la durata dei crediti, lo sfasamento finanziario che si
manifesta deve essere coperto negoziando opportuni finanziamenti. Attraverso gli
indici di durata, l’analisi della liquidità viene a saldarsi con analisi della redditività.
Tanto più numerosi e rapidi sono i cicli investimento-disinvestimento che si
realizzano nell’ambito della gestione operativa e tanto più:
Si moltiplica il margine lucrato su ogni ciclo
Si recupera rapidamente moneta che può essere nuovamente utilizzata per
far fronte agli impegni di pagamento che ogni ciclo gestionale determina
Oltre che le singole durate, l’analisi deve considerare le relazioni che legano
variazioni del fatturato e consistenza del CCNc. Tale relazione è sintetizzata dal
rapporto denominato tasso di intensità del circolante (o aliquota del circolante):
Tasso di intensità del circolante (o aliquota del circolante) = CCNc/ricavi di vendita
Reciproco del turnover del CCNc: misura il fabbisogno finanziario corrente
corrispondente a un dato volume di fatturato. Ogni aumento dell’indice è
espressione di inefficienze nel governo monetario del ciclo operativo.
L’analista deve prestare attenzione anche alle modalità seguite per finanziare il
fabbisogno suscitato dal ciclo operativo. Il finanziamento mediamente riscosso
all’indebitamento bancario a breve termine è la via più frequentemente utilizzata
dalle imprese italiane. L’indice idoneo a segnalare il livello di finanziamento
bancario del CCNc è il grado di finanziamento bancario a breve del circolante:
Grado di finanziamento bancario a breve del circolante = banche c/c passivi/ CCNc
L’indice misura quanta parte della ricchezza lorda (ricavi) creata dall’impresa viene
mangiata dal costo dell’indebitamento. Più alto è il valore assunto dall’indice,
minore è la capacità dell’impresa di sopportare il peso degli oneri finanziari,
mantenendo la gestione in condizioni di equilibrio economico. La soglia di pericolo è
fissata al 5%. Bisogna individuare i fattori causali della maggiore o minore incidenza
degli oneri finanziari sul conto economico. L’incidenza degli oneri finanziari sui ricavi
e, quindi, sulla redditività, è funzione del:
Costo medio dell’indebitamento finanziario (ROD, Return On Debt)
Rapporto tra indebitamento finanziario e ricavi di vendita (tasso di intensità
dell’indebitamento): per valori superiori all’unità, ossia con debiti maggiori
del fatturato, si viene a creare una situazione nella quale il peso degli oneri
finanziari sul fatturato è maggiore del costo medio dell’indebitamento. Un
tasso di intensità dell’indebitamento crescente segnala una progressiva
difficoltà dell’impresa ad assicurare, con i flussi lordi derivanti dalle vendite, il
servizio dei debiti. L’indice, in parole, viene spesso definito come punto di non
ritorno. In presenza di valori elevati del rapporto, ogni riduzione del volume di
fatturato rende l’indebitamento più rigido ed esercita sulle passività
finanziarie un pericoloso effetto di consolidamento.
L’ANALISI DINAMICA DELLA LIQUDITA’ E RENDICONTO FINANZIARIO
Mentre l’analisi statica si basa sul confronto di stack patrimoniali, l’analisi dinamica
si traduce nell’esame dei flussi e deflussi di cassa nel corso del tempo. I flussi
monetari sono ricavati dal rendiconto finanziario.
L’analisi dinamica ha come obiettivo generale quello di formulare un giudizio sulle
condizioni finanziarie della gestione. L’analisi deve prendere le mosse dall’esame del
segno e dall’intensità della variazione subita dalla risorsa finanziaria di riferimento.
Tale esame deve essere condotto alla luce delle condizioni di equilibrio reddituale,
patrimoniale e finanziario; deve inoltre tenere in conto il profilo strategico
dell’impresa.
La costruzione del rendiconto ha messo in evidenza tre fondamentali zone
monetarie della gestione:
Produzione
Assorbimento
Raccolta
Gli indici costruiti utilizzando dati di flusso sono indici di cash flow42. Essi hanno un
grado di oggettività maggiore rispetto agli indici costruiti usando altre quantità
42
Il cash flow o “flusso di cassa” è un importante indicatore che ti consente di valutare la capacità finanziaria e la
redditività della tua impresa e mostra se le risorse disponibili sono sufficienti per autofinanziare la tua attività
aziendale.
contabili, perché il ricorso ai flussi finanziari permette di neutralizzare le principali
politiche di bilancio.
Non si sovrappongono ad altre categorie di indicatori e hanno un forte e autonomo
valore predittivo della possibilità che un’impresa possa incorrere in future crisi
finanziarie e reddituali: aiutano, quindi, a discriminare le imprese a più alto rischio di
solvibilità.
L’analisi si deve sviluppare per zone monetarie; poi, l’esame delle zone va integrato
con quello delle aree gestionali:
Nell’area della produzione di moneta, l’analisi si concentra sul flusso di cassa
operativo corrente del quale si valutano le condizioni di efficienza e di qualità
Nella zona di assorbimento di moneta, l’analisi riguarda il fabbisogno
finanziario ed è rivolta a verificare in che misura la moneta prodotta riesce a
servire le esigenze espresse dalle altre aree di gestione, tipicamente lo
sviluppo della strutta operativa e il servizio del debito e dell’equity
Nella zona della raccolta di moneta, si procede all’analisi delle scelte di
finanziamento alla luce della complessiva struttura finanziaria dell’impresa e
delle condizioni di equilibrio dei diversi aggregati patrimoniali che da tali
scelte risultano influenzati
LA PRODUZIONE DI MONETA
La gestione operativa compendia la zona della produzione di moneta.
L’analisi del flusso si sviluppa su due livelli:
Il grado di efficienza mostrato dalla gestione nella generazione di tale flusso
La qualità del flusso corrente, individuando in che misura esso dipende dai
vari driver che ne determinano la consistenza
Indici di efficienza della produzione di moneta:
Moltiplicando per 360 per il burn rate è possibile calcolare quanti giorni di spese
correnti la liquidità in cassa è in grado di coprire:
Ammortamenti/EBITDA
Sintetizza gli effetti esercitati dalla dinamica del CCNc sul flusso di cassa operativo
corrente. Ogni volta che esso è inferiore all’unità si segnala l’azione di assorbimento
di risorse esercitata dal CCNc; laddove sia superiore all’unità emerge il contributo
monetario derivante dalla compressione del circolante. Se il sovra assorbimento di
risorse esercitata dal CCNc è pernicioso, d’altro canto la spremitura del circolante
può mascherare problemi a livello di produzione potenziale di moneta; inoltre, è in
grado di esercitare un effetto solo temporaneo sulla liquidità aziendale,
scontrandosi con precisi limiti economico-tecnici rappresentati da: condizioni
competitive dell’area d’affari in cui l’impresa opera, vincoli tecnici del processo
produttivo attuato.
In ogni impresa esiste un livello oltre il quale il CCNc non può essere ulteriormente
ridotto senza danneggiare il cuore dell’operatività aziendale.
L’ASSORBIMENTO DI MONETA
I flussi monetari prodotti dalla gestione operativa corrente costituiscono risorse
finanziarie destinate a soddisfare i fabbisogni derivanti dalle altre aree di gestione.
Le aree di gestione che tipicamente determinano assorbimento di moneta sono
rappresentate da:
La gestione operativa strutturale
La gestione finanziaria passiva
Nella zona dell’assorbimento di moneta, l’analisi del fabbisogno finanziario richiede
di indagare:
La composizione del fabbisogno finanziario, individuando dove sono state
assorbite le risorse finanziarie prodotte
La copertura del fabbisogno finanziario, valutando se le risorse finanziarie
prodotte sono sufficienti a fronteggiare le diverse dimensioni del fabbisogno
È opportuno compiere un’analisi di composizione dell’area di assorbimento. Per
ricostruire la composizione degli impieghi occorre:
Individuare le voci del rendiconto che esercitano un effetto di assorbimento di
risorse monetarie:
- Incrementi di investimenti nella struttura operativa (capex)
- Servizio del debito
- Distribuzione di utili
Determinare l’importo totale di tali voci
Pesare l’importo totale di ciascuna voce di assorbimento sul totale del
fabbisogno finanziario manifestandosi nell’esercizio
Analizzando la composizione dell’assorbimento, si riesce ad apprezzare con
immediatezza quale ambito di gestione pesa di più sulle casse aziendali.
Successivamente, si passa ad esaminare la copertura dei fabbisogni. Dopo aver
misurato il grado di efficienza nella produzione di moneta, l’analisi del rendiconto
prosegue, verificando il grado di sufficienza di tale produzione. Si tratta di verificare
in che misura i flussi correnti riescono a servire le esigenze espresse dalle altre aree
di gestione. L’analisi di sufficienza è diretta a valutare:
La sufficienza rispetto alle esigenze di finanziamento della struttura operativa
La sufficienza rispetto alle esigenze di rimborso e remunerazione dei
finanziatori, portatori di capitale sia di credito che di rischio
IL SERVIZIO DELLA STRUTTURA E IL FREE CASH FLOW FROM OPERATIONS
Il primo fabbisogno del quale occorre verificare la capacità di copertura è quello
generato dalla gestione operativa strutturale.
Il free cash flow from operations consente di verificare se i flussi prodotti
internamente sono sufficienti a coprire il fabbisogno finanziario derivante dagli
investimenti in immobilizzazioni tecniche, materiali e immateriali (capex).
La sufficienza del free cash flow può essere espressa mediante un indicatore:
Flusso operativo corrente/capex
L’indice sintetizza (meglio di un valore assoluto) la proporzione fra le due
componenti essenziali del free cash flow: la moneta internamente prodotta e gli
esborsi per gli investimenti strutturali. L’impresa deve essere in grado di soddisfare,
autonomamente, i fabbisogni finanziari relativi agli investimenti necessari per
consolidare e sviluppare la struttura con la quale compete nei business di
riferimento.
Valori dell’indice inferiori all’unità sono da giudicare negativamente, salvo che
l’impresa non abbia avviato un intenso processo di sviluppo degli investimenti: in tal
caso, per finanziare la struttura, è sempre possibile ricorrere all’indebitamento o alla
raccolta di capitale di rischio; tuttavia, oltre all’onerosità di queste scelte, occorre
considerare che i tempi del mercato finanziario non necessariamente coincidono
con quelli della competizione nelle ASA.
Solo disponendo di risorse internet, l’impresa è effettivamente in grado di agire con
la tempestività richiesta e senza condizionamenti.
Si distinguono, all’interno del capex:
Investimenti di rinnovo
Investimenti di sviluppo
Gli investimenti di mantenimento si configurano come esborsi vincolati e
inderogabili (mandatory) per la sopravvivenza nel breve termine; gli investimenti
per lo sviluppo, invece, hanno carattere discrezionale, nel medio e lungo termine.
Se è indispensabile che il flusso operativo corrente copra il capex di mantenimento,
non è altrettanto indispensabile, né spesso possibile, che esso copra anche il capex
determinato dalle politiche di sviluppo. L’adeguatezza dei flussi correnti rispetto ai
bisogni derivanti dagli investimenti strutturali dovrebbe essere analizzata valutando
separatamente:
La sufficienza del flusso corrente rispetto agli investimenti di rinnovo
La sufficienza del flusso corrente rispetto agli investimenti di sviluppo
Capex/ammortamenti
Con valore uguale a uno, l’indice indica che i nuovi investimenti pareggiano il
consumo delle immobilizzazioni preesistenti, idealmente espresso dalla quota di
ammortamento; sono, quindi, investimenti di mantenimento. Quando l’indice ha
valori superiori all’unità, esso segnala un processo di sviluppo degli investimenti.
Questi spunti interpretativi possono essere integrati con il calcolo del tasso di
sviluppo delle immobilizzazioni e del grado di ammortamento.
ALBERO DEL FREE CASH FLOW E ANALISI PER ASA
Altri indici possono essere usati per esprimere il free cash flow non in valore
assoluto, ma in termini percentuali. Il free cash flow viene impiegato per costruire
indici di efficienza attraverso i quali misurare percentualmente il rendimento
monetario della gestione operativa:
43
Gli indici di interest coverage indicano il numero di volte in cui il risultato operativo oppure i flussi di cassa operativi
coprono gli interessi netti.
esborsi legati ai debiti contratti. Infatti, il servizio del debito realizzato mediante
ricorso ad altro indebitamento è un inequivocabile sintomo di difficoltà finanziaria.
Limiti:
L’impiego dell’EBITDA come misura della moneta autoprodotta per servire i
debiti è un’approssimazione grossolana in periodi caratterizzati da
un’intensa dinamica del CCNc e in fase di riduzione dell’organico, con
conseguenti cospicui esborsi per trattamenti di fine rapporto; questo limite
può essere superato impiegando al numeratore dell’indice il flusso di cassa
operativo corrente al posto dell’EBITDA
L’autofinanziamento al quale ci si riferisce è al lordo delle imposte
Altri indici di copertura sono:
Un valore dell’indice inferiore all’unità segnala che l’impresa, per distribuire ai soci
risultati della gestione, deve agire sulla consistenza della risorsa finanziaria di
riferimento, riducendo le proprie disponibilità liquide o facendo ricorso
all’indebitamento a breve, piuttosto che a medio-lungo termine.
L’analisi della distribuzione dell’utile può essere integrata con il calcolo di alcuni
indici tipici della borsa:
Dividendi/numero di azioni
Utile d’esercizio/numero di azioni
Dividendi/utile di esercizio
Le due variabili chiave sono Kd e Ke; i restanti valori esprimono solo i pezzi necessari
per ponderare il costo delle due fonti di finanziamento. Entrambe le voci di costo del
capitale presentano due componenti:
Un rendimento offerto da investimento senza rischio (risk)
Un premio per il rischio che dipende dal grado di variabilità dei rendimenti
probabili dell’investimento rispetto a quello atteso
SOLVIBILITA’ E COSTO DEL DEBITO
Il premio per il rischio deve riflettere il rischio di credito, ossia il rischio di solvibilità
dell’impresa.
SOLVIBILITA’ E COSTO DELL’EQUITY
Il livello di indebitamento influenza il grado di variabilità dei redditi correnti,
trasferendo così il rischio finanziario anche agli azionisti. Gli oneri finanziari che
derivano dall’indebitamento, infatti, gravano come costi fissi sul conto economico e
rendono il reddito corrente più sensibile alle variazioni del reddito operativo. La
reattività del reddito corrente alle variazioni del reddito operativo è espressa
dall’indice del grado di leva finanziaria:
Più alto è il grado di leva finanziaria, più alta è la variabilità del reddito corrente
rispetto a quello atteso. Interpretando il concetto di rischio come ampiezza della
distribuzione di probabilità dei possibili valori assunti da una data grandezza rispetto
al suo valore atteso, il GLF può essere assunto a indicatore del grado di rischio
finanziario o di quanto il rischio di impresa che grava sui conferenti il capitale di
rischio è riconducibile alla componente finanziaria della gestione. La leva
finanziaria misura, dunque, l’influsso che una data combinazione di fonti di
finanziamento (di debito e di rischio) esercita sulla redditività complessiva
dell’azienda. L’effetto di leva è tanto più intenso quanto più consistente è
l’ammontare degli oneri finanziari nel conto economico. La consistenza di tale
ammontare dipende da due condizioni:
Il costo dell’indebitamento
Il livello di indebitamento
Se il costo del capitale risente anche delle condizioni di solvibilità della singola
impresa mutuataria, condizioni analoghe valgono anche per gli azionisti. Il grado di
indebitamento interessa agli azionisti non solo per l’effetto di leva finanziaria che
produce, ma anche per le perdite di liquidazione e i costi delle procedure
fallimentari che può determinare. Anche gli investitori tendono a scontare i rischi di
fallimento, pretendendo una maggiore remunerazione del loro capitale. Tutto ciò si
traduce in un aumento di Ke. Dato che il rischio finanziario interessa anche chi
investe in equity, bisogna incorporare le condizioni di rischio finanziario anche nel
costo del capitale di rischio Ke.
44
ROCE è l'acronimo del termine inglese Return on Capital Employed. Misura il ritorno di un'azienda sul suo capitale, e
quindi misura il grado di efficienza con cui una società utilizza il capitale al fine di produrre ricavi.
un extra-profitto che determina un incremento del valore economico del capitale
degli azionisti.
LA DETERMINANTI DELLA REDDITIVITA’ NETTA
Le principali determinanti della redditività netta sono:
La redditività degli investimenti
L’ammontare del debito contratto
Il costo di tale debito
L’esplicazione delle relazioni fra queste determinanti e della loro influenza sul ROE
può seguire due logiche:
Additivo-moltiplicativa (formula Modigliani-Miller)
Moltiplicativa (formula DuPont)
LA LOGICA ADDITIVO-MOLTIPLICATIVA
ROE = ROI + (ROI – ROD) x D/E
Dove:
ROI = Risultato ante oneri finanziari (RAOF)/capitale investito netto (CIN)
ROD = oneri finanziari netti/debiti finanziari netti
D/E = debiti finanziari netti/capitale netto
45
Per rischio operativo si intende il rischio di perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure,
risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni. Tale definizione ricomprende il rischio legale; non sono
invece inclusi i rischi strategici e di reputazione
L’analista deve dedicare particolare attenzione alla stima del livello ottimale di
indebitamento che massimizza il valore fondamentale dell’impresa: si tratta del
livello di indebitamento superato il quale gli effetti positivi indotti dal trading on
equity sono superati dalla crescita del rischio collegato alla probabilità di fallimento
e alle perdite di liquidazione che si profilano per i finanziatori.
LA RICOMPOSIZIONE DEI SOTTOSISTEMI DI INDICATORI
La redditività netta è il punto di arrivo del processo di analisi in quanto consente di
ricondurre a unità i diversi sottosistemi di indici di bilancio.
46
stazionarietà economica Espressione riferita allo stato stazionario (steady state) di un sistema economico, quando le
variabili che lo descrivono non cambiano nel tempo e dove esso viene a trovarsi quando si esauriscono gli effetti delle
forze che inducono lo sviluppo economico.
47
Una distinta base, acronimo Diba (in inglese Bill of Materials - BOM), è l'elenco di tutti i componenti, sottoassiemi,
semilavorati e materie prime necessari per realizzare un prodotto. Nel mondo alimentare, chimico e farmaceutico
essa si chiama ricetta o anche formula.
correlate alle vendite dell’azienda (logica sales driven). Questo criterio
presuppone di stimare l’evoluzione futura delle vendite e, successivamente,
derivare i valori patrimoniali e reddituali prospettici sulla base della
proporzione, storicamente osservata, tra le grandezze di stato patrimoniale e
di conto economico, da un lato, e le vendite, dall’altro. Una volta redatti i
prospetti di stato patrimoniale e di conto economico preventivi, è possibile,
poi, ricostruire il rendiconto finanziario. Si distinguono due momenti:
- Previsione dell’andamento delle vendite
- Individuazione delle relazioni di proporzionalità tra il valore delle vendite e
quello delle altre quantità di bilancio
Per non trasformare la redazione del pro-forma in un mero esercizio di
estrapolazione, le proporzioni storicamente osservate devono essere corrette alla
luce della prevista evoluzione delle condizioni ambientali e delle scelte strategiche
dell’impresa.
I supposti rapporti di proporzionalità devono essere tradotti in un sistema di
formule matematiche. La definizione del sistema delle formule costituisce una
componente essenziale del processo di redazione del pro-forma e caratterizza il
modello economico-finanziario posto a base dell’attività di preventivazione.
Quest’ultimo si può definire come un insieme strutturato di algoritmi di calcolo che,
partendo da una serie più o meno flessibile di dati iniziati (input e assunzioni),
determina con processi predeterminati gli output che si realizzeranno in misura
direttamente proporzionale al realizzarsi delle assunzioni. La numerosità delle
variabili esplicitate e delle loro relazioni definisce la complessità del modello di pro-
forma che si intende costruire.
La posizione finanziaria netta rappresenta la variabile di chiusura del modello,
ovvero quella variabile il cui valore garantisce il rispetto dell’equazione di bilancio
(totale attivo = totale passivo + patrimonio netto) e, di conseguenza, la validità del
procedimento di calcolo seguito.