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1. Le strategie devono necessariamente essere formalizzate in documenti ufficiali?

Per un’impresa non sempre è necessario formalizzare la sua strategia in piani scritti. Nelle PMI, per
esempio, la strategia spesso rimane implicita nella mente dell’imprenditore, che, avendo a
riferimento una sua formula imprenditoriale, guida con flessibilità l’impresa, prendendo parte
direttamente a ogni decisione importante. Invece, nelle imprese fortemente innovative che
operano in contesti ad alto tasso di cambiamento, si preferisce dichiarare e fare riferimento a una
visione sul futuro e ad alcuni valori guida, anziché ricorrere a documenti formali che indicano
obiettivi quantitativamente definiti e piani che indicano le azioni concrete da compiere per
raggiungerli. Quand’anche implicita, è importante però avere una strategia chiara in mente e
sforzarsi di perseguirla con coerenza. Tuttavia, formalizzare la strategia risulta necessario quando
l’impresa è complessa o in casi di discontinuità che richiedono all’organizzazione una riflessione e
progettazione esplicita del suo futuro.

2. A che cosa serve, in generale, redigere un business plan?


Il business plan è un documento strategico che presenta in modo organico e sistematico i
contenuti e le caratteristiche di un nuovo progetto imprenditoriale. Di solito, viene redatto in
occasione dell’avvio di un’iniziativa imprenditoriale totalmente nuova, quando è necessario valutare
se l’idea su cui si fonda il progetto dell’imprenditore ha oppure no una reale possibilità di diventare
un’impresa capace di stare sul mercato. Tuttavia, può essere utilizzato anche per descrivere nuovi
progetti di sviluppo di un’impresa già esistente. La sua redazione può rispondere a due scopi:
permette all’imprenditore di vagliare la consistenza di quanto si accinge a fare (scopo interno
all’impresa) oppure serve a comunicare all’esterno ciò che si ha intenzione di realizzare, allo scopo di
raccogliere risorse per lo start-up dell’iniziativa (scopo esterno all’impresa).

3. Come è strutturato di solito un business plan per l’avvio di una nuova impresa?
Non esiste uno schema fisso per redigere un business plan, tuttavia le sezioni che più spesso
ricorrono sono le seguenti: una sezione di apertura, chiamata executive summary, dedicata a
presentare in forma sintetica i punti chiave del progetto imprenditoriale; la presentazione del
gruppo imprenditoriale; l’analisi del mercato a cui intende rivolgersi l’impresa (clienti, concorrenti,
canali distributivi); la descrizione del sistema prodotto (cosa si intende offrire al mercato e su cosa
si intende basare il vantaggio competitivo dell’impresa); l’analisi degli aspetti operativi e
organizzativi (il “come” si intende fare tutto ciò). L’ultima sezione, infine, è dedicata alle proiezioni
economico finanziarie, il cui scopo è quantificare, su un orizzonte pluriennale, gli effetti economici
dell’intera formula imprenditoriale.

4. Quali informazioni si trovano di solito nella sezione dedicata al sistema


prodotto?
Tale sezione descrive l’offerta che l’azienda propone al mercato obiettivo, alla luce dell’analisi dei
reali bisogni, attuali o emergenti, dei clienti. In questa sezione ci deve essere un’attenta descrizione
degli elementi sia materiali sia immateriali del prodotto e le eventuali garanzie e servizi
complementari per il cliente. L’impresa dovrà anche dichiarare che tipo di meccanismi di difesa dei
suoi prodotti dall’imitazione intende mettere in atto nei confronti dei concorrenti, per esempio
ricorrendo al deposito di marchi e di brevetti. Infine occorre presentare la politica di marketing,
cioè specificare quali sono le scelte di prezzo, il piano di comunicazione e promozione, i canali di
distribuzione che si intendono percorrere e, quindi, la rete di vendita e il sistema di distribuzione
fisica che verranno impiegati per collocare il prodotto.

5. Che cosa è l’elevator pitch? Come deve essere preparato?


Elevator pitch (letteralmente corsa in ascensore) è il termine on cui si indica una presentazione
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pubblica della propria idea imprenditoriale, da parte di un imprenditore, rivolta a potenziali
finanziatori. Non di rado – soprattutto se si tratta di idee imprenditoriali in settori innovativi e a
elevato potenziale di crescita – queste presentazioni avvengono in consessi ove vengono esposti ai
finanziatori più progetti, tra loro in competizione. In pochissimi minuti l’imprenditore deve
presentare la sua idea, illustrarne la sostenibilità finanziaria e convincere l’audience della
convenienza a finanziarla.

6. A quali livelli si articola la strategia nelle imprese multi-business?


Nelle imprese multi-business, che operano in più arene competitive, la strategia deve essere
necessariamente declinata a più livelli: esiste una strategia organizzativa e finanziaria complessiva
(corporate strategy); ci sono poi distinte strategie competitive per ogni singola ASA (Area Strategica
d’Affari) in cui compete (business strategy); infine, l’azienda può avere al suo interno tante specifiche
strategie o politiche proprie per le singole funzioni aziendali (functional strategy).

7. Quali sono le fasi del processo formale di pianificazione?


Nelle grandi imprese complesse, la formulazione dei piani ha luogo attraverso un processo che
prevede tre fasi logiche concatenate: la formulazione qualitativa delle strategie, la definizione di
obiettivi specifici, la redazione dei piani operativi. Tali fasi di pianificazione si svolgono in
successione, coinvolgendo i tre livelli gerarchici (corporate, business, funzione), secondo un
processo che ha natura interattiva, perché prevede un continuo confronto tra gli attori coinvolti, e
iterativa, perché lo scambio di informazioni e pareri permette anche di ritornare sulle decisioni,
modificandole in meglio laddove emerga la necessità di rivedere le assunzioni base o di includere
nuovi particolari, che cambiano lo scenario inizialmente considerato.

8. Come è strutturato di solito un piano industriale?


Un piano industriale solitamente si apre con una sezione introduttiva, che sintetizza i contenuti
essenziali del piano (Executive summary), seguita da una sezione in cui si analizza la strategia
realizzata fino a oggi dall’impresa (Strategy overview), quindi da una sezione in cui si svolgono
considerazioni rispetto alle variabili interne ed esterne all’impresa che possono richiedere un
cambiamento strategico (Internal and external analysis), una sezione che presenta le nuove
intenzioni strategiche per il futuro e gli obiettivi che si intende conseguire (Strategic objectives), una
sezione in cui si dettagliano i piani di azione (Action plans) necessari per raggiungere tali obiettivi in
tempi prefissati. L’ultima sezione traduce la strategia descritta in proiezioni economico-finanziarie atte
a definire le performance obiettivo che di anno in anno l’impresa intende perseguire.

9. Cosa si considera, di un piano industriale, per valutarne la adeguatezza?


Il piano deve rispettare i requisiti di coerenza interna, di attendibilità delle ipotesi e di sostenibilità e
convenienza finanziaria. Deve mostrare innanzitutto una sua coerenza interna, cioè ci deve essere
corrispondenza tra la strategia, le previsioni sul settore, gli obiettivi dichiarati dall’impresa e i piani
d’azione. In secondo luogo, il piano deve essere attendibile per quanto riguarda i dati e le ipotesi
su cui si regge la nuova strategia e deve permettere di capire quanto sia realisticamente
percorribile la strada disegnata. Infine, il piano deve essere effettivamente sostenibile, sia in termini
di equilibrio economico sia finanziario.

10. Quali sono i limiti del processo di pianificazione strategica convenzionale?


Se adottati in misura eccessivamente formale e routinaria, i sistemi di pianificazione rischiano di
ingabbiare rigidamente il vero pensiero strategico, riducendo le decisioni strategiche a una mera
successione di procedure formali fatte di passi rigidamente delineati, da eseguirsi in ordine
rigorosamente sequenziale. Se non si pone attenzione a questa deriva, la strategia che ne
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consegue tende a essere conservativa e a scoraggiare l'innovazione, rischia di focalizzarsi troppo su
obiettivi finanziari a breve, provoca resistenza al cambiamento, soffoca il vero pensiero strategico.
Quest’approccio, poi, non si addice comunque a situazioni ambientali molto dinamiche (quindi
poco o per nulla prevedibili), condizione che invece richiede flessibilità e creatività. Né appare
adatto a organizzazioni di tipo elementare, come nel caso delle piccole e medie imprese, perché
dispendioso e complicato, quindi incompatibile con una cultura organizzativa flessibile e informale
quale è quella delle PMI.

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