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Figura 1.1
Le fasi della
gestione Mission
strategica
(modello
tradizionale)
Analisi Obiettivi di lungo termine
strategica
Coordinare
Struttura Controllo
strategie,
organizzativa strategico
Realizzazione organizzazione
delle
strategie
Gestione del
cambiamento
L’analisi strategica
Il processo di gestione strategica può iniziare in vari modi, ma ben presto si pongo-
no alcune domande. Quale impresa vogliamo essere? Verso quali obiettivi vogliamo
muovere? Quali capacità vogliamo sviluppare? Le risposte a questi interrogativi
14 La gestione strategica
Figura 1.2
Tre livelli di Livello Corporate
strategie corporate
Figura 1.3
Modelli di Strategie Modelli/concetti
analisi
dell’ambiente
Strategie corporate Transaction costs
esterno
Portfolio management
secondo i
– Matrice Boston Consulting Group
livelli di
– Matrice McKinsey General Electric
strategia
– Matrice Hamel-Prahalad
– Matrice Hofer-Schendel
PIMS
A differenza della strategia corporate, che spesso ha di fronte una pluralità di settori
e una pluralità di mercati o segmenti di mercato, la strategia business è dunque foca-
lizzata su un singolo mercato o un singolo segmento di mercato. Mentre la strategia
corporate può comportare la distribuzione delle risorse tra business che operano in
settori diversi, la strategia business deve distribuirle tra una pluralità di funzioni con
l’obiettivo di aumentare la capacità competitiva.
La gestione strategica nella realtà 29
Figura 2.1
Le quattro fasi 4. Gestione strategica
della strategia Creare il futuro
di successo 3. Pianificazione orientata
secondo verso l’ambiente esterno
McKinsey Pensare strategicamente
Analisi dinamica
Una seconda critica, più penetrante della prima, considerava un errore di principio
basare l’intera valutazione sul presupposto che il capitale fosse una risorsa scarsa e
che l’arena competitiva fosse statica. Per esempio, una ricerca applicò quattro diffe-
renti tecniche di analisi di portafoglio a un gruppo di 15 SBU controllate dalle stesse
imprese della classifica di Fortune, ed emerse che soltanto una su 15 era collocata
nella stessa area di ciascuna delle quattro matrici (Wind, Mahjan, Swire, 1983).
McKinsey corse ai ripari, riconoscendo queste debolezze e proponendo di proce-
dere gradualmente verso una strategia di successo attraverso quattro fasi di crescente
dinamismo e incertezza (Fig. 2.1). In tal modo si attenuava la rigidità della matrice
originaria (Gluck, Kanfmean, 1979).
La critica più profonda alle tecniche di analisi proposte dai consulenti venne da
due professori di gestione della produzione ad Harvard: Hayes e Abernathy (1980).
La critica era concentrata sulla portfolio analysis come strumento che spingeva il
management a rendere minimo il rischio finanziario piuttosto che a investire le risor-
se in nuove opportunità con una prospettiva di lungo termine.
In parte come reazione alle critiche provenienti da varie fonti alla portfolio analy-
sis, e in parte come evoluzione della fase precedente, negli anni Ottanta la gestione
strategica attinse in larga misura ai contributi di altre discipline: all’economia e alla
sociologia dell’organizzazione e, in misura minore, alle scienze politiche e alla psi-
cologia (Rumelt, Schendel, Teece, 1998).
Negli anni Novanta e primi Duemila molti chiedono una radicale innovazione
nelle strategie delle imprese (White, 2004). Se si esce però dalle dichiarazioni di
principio e si passa all’esame delle proposte pratiche, molte di queste si ispirano a
principi noti (Collins, 2001).
È convincimento diffuso che la corporate strategy stile anni Settanta e Ottanta sia
morta. L’ambiente muove troppo rapidamente e in modo non prevedibile, dicono in
molti. Di conseguenza le strategie di lungo termine non hanno un valore pratico. Il
management è più interessato alla gestione corrente che alle strategie. L’obiettivo è
restare lean (snelli), flessibili, vicini al cliente, reagire rapidamente alle mosse dei rivali.
Avendo di fronte mercati con domanda che cresce lentamente o che addirittura
cala, con una perdita di capacità di fissare i prezzi e con una concorrenza brutale,
32 La gestione strategica
Approccio dal basso verso l’alto. Con una serie di ricerche su come vengano
prese nella realtà le decisioni strategiche, Henry Mintzberg ha dimostrato che la pia-
nificazione (e quindi la gestione strategica) raramente è il risultato di un processo
razionale. Nella maggior parte dei casi le strategie emergono dalla «base» dell’orga-
nizzazione. Sono spesso la risposta a eventi imprevisti e in gran parte vanno dal basso
verso l’alto nella gerarchia organizzativa.
Per Mintzberg (1978) la strategia è «un modello in un flusso incessante di decisioni
o di azioni». Egli sostiene che il processo di formulazione di una strategia non segue un
percorso lineare, spesso è irregolare e discontinuo, procede per fits and starts (tra soste
per adattarsi e nuove accelerazioni). Nello sviluppo della strategia vi sono periodi di sta-
bilità, ma anche periodi di alti e bassi, di tentennamenti, a volte miglioramenti per pic-
coli passi, a volte cambiamenti radicali. È bene sottolineare che secondo Mintzberg
entrambi gli approcci sono necessari (anche il cervello umano ha un lato che agisce sulla
sfera razionale, quello sinistro, e un lato che agisce sulla sfera emotiva, quello destro).
Il pensiero di Mintzberg può essere così riassunto: distinguere fra strategie scelte,
strategie pianificate (intended strategy) e strategie realizzate. Una parte delle strate-
gie scelte e pianificate non sono realizzate; la parte realizzata è indicata con l’espres-
sione deliberate strategy (Fig. 2.2).
Gran parte delle strategie realizzate emerge da fatti e da azioni che non facevano
parte delle strategie pianificate. Questa parte, preponderante nella realtà secondo
Mintzberg, è indicata con l’espressione emergent strategy. Le strategie effettiva-
mente realizzate sono la combinazione delle strategie emergenti e delle strategie
deliberate.
Altri prima di Mintzberg avevano detto le stesse cose, usando però parole diverse:
per esempio, il concetto di adattamento costante dei piani alla realtà e il concetto di
miglioramento graduale, per piccoli passi, sono molto simili alle idee di Andrews.
Le conclusioni di Mintzberg sono state confermate anche da altri ricercatori tra i
quali Pascale, che studiando il caso dell’entrata di Honda nel mercato delle motoci-
clette degli Stati Uniti, osservò come il successo dell’impresa giapponese non fu una
strategia deliberata, ma una strategia emergente (vedi Il caso: The Honda Story).
Figura 2.2
Strategie
pianificate ed
S
emergenti c tra
vo he l‘ tegie
rre i
secondo bb mpre Str
ate
ea
Mintzberg do sa gie
tta pia
re nif
ica
te
Strategie
realizzate
Fonte: H. Strategie non
Mintzberg «Five realizzate
Ps for Strategy»,
California
Management Strategie emergenti
Review, Fall
1987.
La gestione strategica nella realtà 33
Mintzberg e i molti sostenitori delle sue tesi concludono che il management deve:
In definitiva, per dare successo a una strategia il management deve pensare in modo
strategico e deve disporre di una cultura organizzativa capace di creare continuamen-
te strategie emergenti (Hill e Jones, 1998). La formulazione della strategia con il
modello tradizionale è dall’alto verso il basso, mentre quella emergente è dal basso
verso l’alto (Fig. 2.3).
Le critiche di Mintzberg non sono le uniche. Si può osservare che se in effetti il
modello tradizionale contribuisce alla formulazione di decisioni strategiche, tuttavia
non è dimostrato che la gestione strategica migliori necessariamente i risultati del-
l’impresa. A questa critica si risponde portando i risultati di ricerche dalle quali
emerge che le imprese capaci di sviluppare e rafforzare costantemente un orienta-
mento strategico – qualunque sia la loro strategia – sembrano distinguersi dai con-
correnti che hanno avuto meno successo, per una serie di modelli di gestione:
a) individuano, meglio di altri, i fattori di successo nell’economia di ciascun busi-
ness;
b) segmentano il mercato riuscendo a sfruttare meglio i propri vantaggi competitivi
e a evitare il confronto con i rivali più forti;
c) conoscono a fondo i vantaggi competitivi propri e dei concorrenti;
d) riescono meglio ad anticipare le risposte dei concorrenti;
e) sono in posizione migliore per cogliere rapidamente le opportunità che si presen-
tano (Thompson, 1997; Morrison, Lee, 1979).
Figura 2.3
Strategie Strategie pianificate Strategie emergenti
pianificate
e strategie Analisi Mission e Analisi
emergenti a esterna obiettivi interna
confronto Mission e obiettivi
La mission di Mars
L’impresa americana, in una pubblicazione di Quality. The consumer is our boss, quality is
26 pagine, definisce ampiamente la mission. our work and value for money is our goal.
Ecco alcuni stralci: Responsibility. As individuals, we demand
«Noi, in Mars abbiamo precisi convincimenti total responsibility from ourselves; as associa-
– i nostri cinque principi – circa il nostro busi- tes, we support the responsibilities of others.
ness e circa il modo in cui l’impresa debba Mutuality. A mutual benefit is a shared bene-
essere gestita. Questi principi non sono facili fit; a shared benefit will endure. Efficiency.
da realizzare, ma non possono essere ignorati. We use resources to the full, waste nothing and
Siamo convinti che debbano essere alla base do only what we can do best. Freedom. We
del nostro successo e debbano orientare il need freedom to shape our future; we need
nostro futuro». profit to remain free».
La mission afferma sempre principi generali che indicano le posizioni nel lungo ter-
mine alle quali l’impresa mira con le proprie strategie. Questi principi dovrebbero
essere sufficientemente flessibili da consentire all’impresa di rispondere agli even-
tuali cambiamenti nelle condizioni dell’ambiente (ecologia, tecnologie, economia) e
al tempo stesso indicare un cammino alle proprie strategie.
Le varie ricerche giungono a una conclusione, ossia che la mission risulta dalla
definizione di quattro elementi (Fig. 3.1).
Figura 3.1
I quattro Mission
principali
elementi
definitori della Definire Definire i rapporti
Definire le politiche
mission gli obiettivi Definire il business tra «business ethics»
e i «valori»
di lungo termine e risultati economici
Le imprese della chimica, del packaging e quelle dell’auto (Fig. 3.2) si impegnano
al rispetto dell’ambiente sia nei processi di produzione sia nei prodotti (per esem-
pio detersivi biodegradabili). Le imprese della cosmetica rinunciano pubblicamen-
Figura 3.2
I valori chiave
e i principi
guida del
Gruppo Fiat Essere
gruppo
Valorizzazione
Soddisfazione e rispetto per
del cliente le persone
Creazione
di valore
Integrità Volontà
e rigore di superarsi
Tempestività
Globalizzazione e determinazione
nelle decisioni
Competenza
Ricerca del professionale
confronto come passione
Propositività
Fonte: Fiat,
Valori e politiche
del Gruppo Fiat,
settembre 1997.
Analisi del macroambiente: minacce e opportunità 75
Figura 4.1
Tre metodi di Macroambiente
analisi del
macroambiente
L’analisi delle grandi L’analisi delle attese
L’analisi degli scenari
variabili degli stakeholder
• politica • clienti
• economia • azionisti
• società/cultura • fornitori
• tecnologia • finanziatori
• collaboratori
Quali legami esistono tra il Quali scenari del futuro? Quali sono le attese dei
nostro business e le grandi Se lo scenario cambia, quali vari stakeholder?
variabili? ripercussioni dobbiamo
attenderci sul nostro busi- Come agiscono tali attese
Quali cambiamenti nelle ness? sulle nostre strategie?
grandi variabili possono
creare minacce e opportu-
nità?
Internet, per esempio, è una nuova tecnologia che ha creato opportunità per raggiun-
gere nuovi potenziali clienti. La sensibilità ambientalista dei consumatori è una ten-
denza inarrestabile: alcune imprese hanno scelto – con scarso successo – di convin-
cere l’opinione pubblica che i danni ecologici causati dai loro prodotti e processi pro-
duttivi erano meno gravi di quanto sembrasse; altre, più avvedute, sono corse ai ripa-
ri cambiando prodotti e processi e dimostrando che la tutela ambientale era parte
integrante delle loro strategie.
Anziché resistere a ciò che la circonda, l’impresa dovrebbe acquisire le tendenze
dominanti e incorporarle facendone un propulsore delle proprie strategie.
Le minacce sorgono quando le tendenze dell’ambiente esterno mettono in perico-
lo la redditività dell’impresa. Internet, per esempio, non è soltanto un’opportunità,
ma è anche una minaccia per certi metodi di vendita tradizionali.
L’ambiente è un campo sterminato di variabili che possono essere esaminate sotto
le angolazioni più diverse. Le capacità del management, i valori personali, le strate-
gie adottate, il grado di successo ottenuto dalle imprese in passato e la sensibilità
all’ambiente esterno e alla sua evoluzione sono diversi da un’impresa all’altra. Di
conseguenza, differiscono sia la scelta delle variabili da osservare sia l’interpretazio-
ne del loro andamento.
Le strategie adottate dall’impresa danno un primo forte orientamento all’analisi
delle variabili. Un’impresa che scelga di competere sulla base dei costi bassi bada ad
alcune grandi variabili:
• le tendenze della domanda (in quanto bassi costi significa necessità di grandi
volumi);
• il costo dei fattori e in particolare del lavoro.
L’impresa che invece adotta una strategia di nicchia scruta nell’ambiente l’emergere
di nuove opportunità, cerca le differenze, cerca di individuare le aree del mercato
dimenticate o trascurate dai rivali più potenti.
Analisi del macroambiente: minacce e opportunità 77
Figura 4.2
Matrice delle
priorità
nell’analisi Alta
Alta
dell’ambiente priorità
Media
Probabilità
Media
priorità
Bassa
Fonte: L. Bassa
priorità
Lederman,
«Foresight
Activities in the
USA: Time for a
Re-Assessment?»,
Alto Medio Basso
Long Range
Planning; vol. 3, Impatto
1984, pp. 41-50.
• In questa analisi, infine, è importante l’approccio mentale. Due sono gli obietti-
vi: anzitutto individuare la natura dell’incertezza. L’ambiente è relativamente
stabile o è intensamente dinamico? Esistono segni di profondi cambiamenti in
corso? In secondo luogo, individuare le tendenze che possono agire sulle scelte
strategiche.
L’analisi PEST
Per individuare quali variabili dell’ambiente esterno abbiano il maggiore impatto sul
futuro di un’impresa si possono usare varie tecniche, tra cui la più nota è l’analisi
PEST, che considera variabili della Politica, dell’Economia, della Società e della
Tecnologia (Fig. 4.3).
Come abbiamo già ricordato, nella scelta delle variabili e nella loro interpretazio-
ne molto dipende dalla natura del settore, dalla struttura della concorrenza, dalle stra-
tegie adottate e dalle capacità del management. È quindi possibile costruire molti
schemi (griglie) diversi, secondo le singole situazioni specifiche.
Commentiamo in breve i quattro grandi gruppi di variabili, con alcune pre-
messe:
a) l’impresa deve capire come le variabili principali dell’ambiente possono agire sul
futuro del business, come cambiano e come interagiscono l’una con l’altra;
b) le variabili non sono entità separate, ma interdipendenti: una nuova ondata di
innovazione tecnologica può mettere in crisi una parte dell’economia, può creare
78 L’analisi strategica
Figura 4.3
Le principali Politica Economia
variabili di
un’analisi Pest
Stabilità del governo Prodotto interno lordo (PIL)
Pressione fiscale Consumi privati
Disciplina della concorrenza, Distribuzione dei redditi tra la
del mercato del lavoro e dei capitali popolazione
Protezione dell’ambiente Reddito disponibile
Corporate governance Inflazione
Deregulation Salari/costo del lavoro
Atteggiamento verso gli investimenti Intervento dello stato nell’economia
stranieri (imprese pubbliche)
Privatizzazione Investimenti privati e pubblici in
Barriere allo scambio internazionale macchinari e attrezzature, in
costruzioni
Apprezzamento/deprezzamento
della moneta rispetto a quelle dei
concorrenti
Costo del denaro
Società/cultura Tecnologia
Figura 4.4
Esempi di Fattori Effetti Settori coinvolti
effetti
generati da Controlli alle frontiere Meno viaggi da e verso Compagnie aeree,
decisioni il paese turismo, hotel, ristoranti
politiche
Minori sussidi ai prezzi Aumento dei prezzi delle Produzioni agricole.
dei prodotti agricoli materie prime agricole. Macchine per la
Perdita di competitività lavorazione di materie
dei paesi in cui l’agricoltura prime alimentari
è meno efficiente
ne per ottenere una maggiore capacità competitiva nei mercati mondiali. Il piano di
GE mirava a dar vita a un sistema di prodotti combinando i propri motori a reazione
con le attrezzature di avionica di Honeywell. L’agenzia antitrust della Commissione
Europea, preoccupata che la fusione potesse escludere dal mercato i concorrenti che
non disponevano di un’analoga gamma di prodotti, chiese a GE di vendere oltre la
metà della divisione aerospaziale di Honeywell (i motori a reazione e parte dell’avio-
nica). GE fece una controfferta che l’antitrust giudicò tuttavia troppo lontana dalla
richiesta. Per la prima volta nella storia, una fusione negli Stati Uniti fu abbandonata
per effetto di una decisione dell’antitrust europeo. Il divieto della Commissione non
solo bloccò il progetto, ma mise anche in crisi il management di Honeywell, che accu-
sò GE di avere condotto in maniera non adeguata la trattativa con le autorità europee.
Economia
Molte variabili economiche possono incidere sulla strategia. A titolo di esempio con-
sideriamo l’impatto dell’andamento del PIL, dei tassi di interesse e dei cambi.
• L’andamento del PIL. Se il PIL cresce dovrebbero crescere anche le sue compo-
nenti principali: consumi (privati e pubblici), investimenti e il saldo import-
export. L’aumento dei consumi e degli investimenti creano opportunità: l’aumen-
to della domanda apre spazi di mercato e rende meno intensa la competizione;
nascono nuove imprese e alcuni settori hanno forti spinte allo sviluppo (es. i pro-
dotti di lusso, le costruzioni edili, il turismo e il trasporto aereo). Al contrario, se
il PIL scende o rallenta la crescita in genere scendono sia i consumi sia gli inve-
stimenti. La concorrenza diventa più forte, aumentano i fallimenti di imprese e la
disoccupazione; alcuni settori entrano in crisi e pochi si salvano.
• Il costo del denaro. Questo fattore agisce profondamente sulla domanda: se il
costo aumenta, scende la domanda di tutto ciò che fa ricorso al credito. Soffrono
82 L’analisi strategica
Figura 4.5
Esempi di Fattori Effetti Settori coinvolti
effetti
dell’andamento Aumento del costo del Minore propensione a Tutti i settori, ma in
dell’economia denaro investire da parte delle particolare quelli delle
imprese e da parte delle imprese di costruzioni e
singole persone. Minore delle imprese che fanno
propensione a ricorrere al forte ricorso al credito (per
credito per finanziare gli vendere o per comprare)
acquisti
Turismo
Società/cultura
Sono molti i fattori sociali che agiscono sull’economia delle imprese, direttamente o
indirettamente. Vediamo alcuni esempi.
grande distribuzione ha aperto punti vendita con ampie superfici, localizzati nelle
periferie dei grandi agglomerati urbani o all’incrocio tra le grandi vie di comuni-
cazione e ha contribuito a diffondere l’abitudine del one-stop-one-shopping. Al
tempo stesso questa tendenza ha contribuito al declino di molti piccoli punti ven-
dita indipendenti situati nel centro delle città. Effetti analoghi ha avuto l’aumento
dei prezzi delle superfici in aree urbane. La distribuzione di mobili per la casa ha
subito le conseguenze più evidenti. Avendo necessità di grandi superfici per
esporre i prodotti al pubblico, è stata spinta verso le periferie e lungo le strade di
avvicinamento alle città.
• L’invecchiamento della popolazione e la maggiore esperienza dei consumatori
negli acquisti, unita all’aumento dei redditi, ha determinato il parziale tramonto
dei mercati di massa. Alla frammentazione dei mercati le imprese hanno risposto
adottando strategie di nicchia e di mass customization.
• Uguali opportunità sulla base del sesso, della religione e della razza è un princi-
pio entrato a far parte di molte legislazioni. Gli effetti si manifestano non solo sul-
l’occupazione ma anche sullo stile di vita e nella disponibilità di reddito per le
minoranze. Il ruolo della donna nella società, per esempio, è cambiato radical-
mente dagli anni Ottanta in poi.
Comunque, mentre per l’analisi dei cambiamenti demografici sono disponibili molti
dati (classi di età e composizione della popolazione; tasso di natalità e mortalità;
gruppi socioeconomici), più difficile è avere dati sul cambiamento del comportamen-
to delle persone.
È relativamente facile conoscere il numero dei maschi o delle femmine che com-
pongono una popolazione e conoscere quanti maschi raggiungeranno (in base alla
speranza di vita) l’età di 55 anni nel 2005; più difficile è valutare i cambiamenti nello
stile di vita, nella propensione al consumo, nelle attitudini verso la difesa dell’am-
biente. Ancora, è abbastanza facile conoscere le tendenze del cambiamento, ma più
complicato misurare la rapidità del cambiamento. È poi semplice decifrare nel com-
Figura 4.6
Esempi di Fattori Effetti Settori coinvolti
effetti dei
cambiamenti Invecchiamento della Maggiore domanda di Farmaceutica, servizi
nella società popolazione prodotti per la difesa finanziari, servizi alla
della salute persona, servizi per il
tempo libero,
assicurazione, fondi
pensione
Cambia la domanda di
alloggi
Analisi del macroambiente: minacce e opportunità 85
mente lungo la stessa linea; vengono scompo- per l’acquisto di MCI, il secondo gestore di
sti in codici digitali di informazioni e riassem- telefonia long-distance degli Stati Uniti. Dal-
blati quando arrivano a destinazione. l’acquisto emerse uno tra i principali gestori di
Per assicurarsi i vantaggi delle nuove tecnolo- servizi Internet e di comunicazioni telefoniche
gie, nel 1997 World.Com pagò $ 37 miliardi internazionali.
L’impatto del cambiamento tecnologico può essere considerato sotto due profili:
La difesa della proprietà intellettuale lega la politica alla tecnologia. Nei settori in
cui la ricerca di nuovi prodotti comporta investimenti rilevanti, la propensione a inve-
stire è in rapporto alla possibilità di proteggere le innovazioni. Se la protezione è alta
Figura 4.7
Esempi di Fattori Effetti Settori coinvolti
effetti dei
cambiamenti Internet Possibilità di nuovi business Tutti, ma in particolare
nelle model quelli in cui il prodotto
tecnologie può essere digitalizzato
Forze trainanti. Ogni scenario individua le forze che cambiano la storia e la spin-
gono in un particolare plot. Tali forze sono numerose, ma possono essere distinte in
due grandi categorie: quelle ambientali sulle quali l’impresa non può agire e quelle
che dipendono dall’azione dell’impresa.
Logica. È il sistema di concetti che sta alla base del plot o della trama di uno sce-
nario. Sono i «perché» che danno origine ai «che cosa» e ai «come» di un «plot».
La logica fornisce la spiegazione del perché specifiche forze o certi attori agisco-
no in un dato modo. Per esempio, perché Juventus, Inter e Milan, potrebbero esse-
re tra i principali sostenitori di un Campionato d’Europa per club da giocare il
mercoledì a fianco del campionato italiano che continuerebbe a essere giocato nei
weekend? Il motivo principale è sfruttare maggiormente il patrimonio giocatori e
l’immagine.
Plot. È la trama che produce un dato stadio finale. Ogni trama contiene una storia
che lega il presente allo stadio finale; illustra cosa deve accadere affinché il futuro
produca una data serie di eventi.
Stadio finale. Affinché lo scenario dia risultati non ambigui, deve descrivere un
particolare stadio finale. Cosa avverrà, in presenza di date condizioni o circostanze,
in un dato periodo futuro? Un modo per costruire le caratteristiche dello stadio finale
consiste nel rispondere alla domanda: «Che cosa accadrebbe se…?».
Tornando all’esempio del Campionato d’Europa, un interrogativo possibile è:
che cosa faranno gli spettatori di fronte a due campionati in contemporanea? A
seconda degli obiettivi dello scenario, gli stadi finali possono essere generici o det-
tagliati. Restando al Campionato d’Europa, la domanda precedente fornisce una
Figura 4.8
Gli elementi
base di uno Forze trainanti Plot o story Stadio finale
scenario
Mondo reale Cosa deve accade- Condizioni e circo-
La situazione re affinché emer- stanze che preval-
attuale ga lo stadio finale gono alla fine del
tracciato dallo sce- periodo abbraccia-
nario to dallo scenario
Logica
Spiegazione o
razionalità di
Fonte: adattato quanto contenuto
da L. Fahey, R.M. nel plot
Randall,
Learning from
the future, cit.
1998.
Analisi dell’ambiente competitivo 99
Figura 5.1
Analisi a Analisi del settore
cascata (struttura)
dell’ambiente
competitivo
Figura 5.2
Due metodi
Analisi dei fattori
per l’analisi
di successo
dei fattori di
successo
Le analisi empiriche
Per individuare i fattori chiave si può anzitutto attingere alle ricerche empiriche
disponibili per molti settori economico-produttivi. Tra le più note e attendibili vi è la
già citata analisi PIMS, che parte da un banca dati comprendente oltre 100 indicatori
relativi a un campione di oltre 3000 business unit di circa 450 imprese americane,
europee e asiatiche, e abbraccia un periodo che, secondo i settori, può arrivare anche
a 15 anni (Buzzell, Gale, 1986).
La ricerca mira a stabilire quali strategie, e in presenza di quali condizioni, pro-
ducano determinati risultati in termini di ROI, ossia di redditività, e di cash flow,
indipendentemente dalla natura dei prodotti e dei servizi. Il metodo PIMS ha indivi-
duato nove fattori strategici che rivelano il maggiore impatto (circa l’80 per cento)
sulla redditività, e costruisce i profili di imprese con ROI basso e con ROI elevato
(vedi capitolo 14).
Le «tre C»
Esaminare le risorse e le capacità che l’impresa possiede non è sufficiente: occorre
anche confrontarle con quelle dei concorrenti. Secondo Ohmae (1983) la ricerca dei
fattori di successo deve essere concentrata sulle cosiddette «tre C»:
• customer, i clienti. Che cosa chiedono i clienti? Verso quali segmenti del mercato
l’impresa può orientare le proprie strategie? Sono quelli con il maggiore poten-
ziale?
• competition, la concorrenza. Di quali risorse dispongono i migliori competitor per
ottenere i loro successi? L’impresa come può affrontare la concorrenza? Dal con-
fronto con i concorrenti, che cosa emerge in fatto di prodotti, prezzi, qualità e altri
fattori di successo?
• corporation, le risorse dell’impresa. L’impresa possiede risorse superiori a quelle
dei rivali? E quali? Che cosa emerge dal confronto tra i costi, le tecnologie, le
capacità professionali, l’efficacia dell’organizzazione?
Analisi dell’ambiente competitivo 103
Questo modello della industrial economics non riesce però a rispondere alla
domanda centrale di ogni scelta strategica: perché tra le imprese che operano nella
stessa arena competitiva, alcune hanno successo mentre altre no? Per quale motivo
imprese che affrontano le stesse condizioni di base della domanda e dell’offerta e
operano nella stessa struttura di mercato raggiungono risultati spesso profondamen-
te diversi?
Figura 5.3
Il paradigma
SCP, structure-
conduct- Struttura Strategie
Risultati
performance del settore delle imprese
Scrive acutamente Kay (1996, p. 38): «Porter ha riscritto il modello SCP rendendolo
più accessibile al management dell’impresa. Ha così trasformato la industrial econo-
mics in business strategy». Anche il modello Porter non risolve, e non potrebbe risol-
vere, le debolezze del modello SCP. La domanda senza risposta è analoga a quella
fatta in precedenza a proposito del modello SCP: per quale motivo alcune imprese
riescono a gestire meglio di altre le forze che agiscono sulla redditività di un settore?
Per avere successo l’impresa deve capire quali forze guidano la competizione nel
settore in cui opera. Senza tale comprensione non può costruire strategie che rispon-
dano alla struttura esistente del settore o strategie che possano cambiare (in genere
soltanto marginalmente) l’ambiente esterno a proprio vantaggio.
I due modelli più diffusi per l’analisi dell’ambiente competitivo al fine di indivi-
duare opportunità e minacce sono dunque:
Figura 5.4
I due modelli
più usati Analisi di settore
nell’analisi di
settore
Figura 5.5
Il modello Potenziali nuovi
delle «cinque concorrenti
forze»
Potere Minacce da parte
di negoziazione di nuovi entranti
dei fornitori
Rivalità tra
Fornitori Compratori
concorrenti
Fonte: Minacce da parte Potere
elaborazione da di prodotti sostitutivi di negoziazione
M.E. Porter, dei compratori
Competitive
Advantage, Free
Press, Boston, Prodotti sostitutivi
1985.
1) pochi di loro acquistano una parte rilevante della produzione dell’impresa (per esem-
pio, le imprese farmaceutiche che vendono ai sistemi sanitari nazionali, le imprese
che vendono agli eserciti o alle ferrovie dello stato hanno poche alternative);
2) il prodotto o il servizio offerto dall’impresa non è diverso da quello dei concor-
renti, perciò il compratore può facilmente passare da un produttore a un altro;
3) i costi sostenuti per passare da un fornitore all’altro (swiching costs) sono bassi;
4) è possibile l’integrazione verticale a monte: il potere di negoziazione del compra-
tore aumenta se può acquistare imprese fornitrici;
5) il valore di quanto il compratore acquista è una quota modesta dei costi totali del
compratore stesso.
L’analisi della storia recente è utile per valutare opportunità e minacce derivanti
dall’entrata in un mercato: un settore con una quota elevata di imprese entrate di
recente ha verosimilmente barriere basse. Ma l’analisi storica può essere fuorviante:
le nuove tecnologie, per esempio, possono abbassare le barriere in un settore che per
tradizione limitava le nuove entrate.
Sull’anticipazione della risposta dei concorrenti torneremo nel capitolo 6, trattan-
do i metodi per prevedere le strategie di risposta dei rivali.
Implicazioni strategiche
Fare l’analisi del settore non è tuttavia sufficiente: ciò che conta è valutare le impli-
cazioni, derivanti dall’analisi, sulle strategie future dell’impresa. Tra gli interrogativi
più importanti, i seguenti hanno la priorità:
1) esistono le condizioni per cambiare le relazioni con i fornitori? Può essere consi-
gliabile stringere relazioni di partnership con alcuni fornitori piuttosto che affron-
tarli attraverso negoziazioni;
2) esistono le condizioni per stringere nuove relazioni con i compratori? Produrre
con la marca del distributore (private label) porta in genere a margini più bassi
rispetto alla vendita di prodotti di marca, ma per alcune imprese è stata una stra-
tegia vincente (in quanto ha consentito tra l’altro di dare stabilità alla capacità
produttiva utilizzata);
3) quali sono i fattori di successo nel settore e come si possono creare? Occorre
individuarli e delineare una strategia adeguata;
4) le strategie dei rivali minacciano di cambiare la natura della competizione? È
necessario definire quali reazioni è opportuno adottare.
Figura 5.6
Soft drink: la Produttori di derivati
minaccia di Produttori di liquori Imprese farmaceutiche del latte
nuovi Bevande a basso Integratori per sportivi Latte
concorrenti contenuto di alcool Bevande nutritive Yogurt
provenienti da Spirit coolers
altri settori
Figura 5.7
Il ciclo di vita
del settore
Fonte:
elaborazione da
G. Johnson, K.
Scholes,
Exploring
Corporate
Strategy,
Prentice Hall,
London 1997.
dei prodotti e dei servizi tendono a divenire molto simili, pertanto la fedeltà alla
marca diminuisce. L’attrattività nel settore è bassa in quanto i prezzi scendono e la
competizione è intensa.
Per evitare la crisi le imprese mirano ad abbassare i costi e a creare fedeltà alla
marca (un esempio è dato dalle compagnie aeree, che hanno ristrutturato le rotte,
negoziato remunerazioni più basse con il personale e introdotto programmi frequent-
flyer). In queste condizioni può sempre esplodere una rovinosa guerra dei prezzi e le
imprese che adottano con successo queste strategie non solo sopravvivono alla con-
correnza, ma alzano anche barriere all’entrata di potenziali concorrenti. Bassi costi e
fedeltà dei clienti rendono infatti assai onerosa l’iniziativa di nuovi entranti nel mer-
cato, tuttavia le minacce non mancano. Le imprese che decidono di entrare si affida-
no in genere alla concorrenza basata sulla pubblicità, sulla qualità, sulla bassa diffe-
renziazione e su modesti cambiamenti nei prodotti.
I profitti risentono dei forti mutamenti dettati dalle necessità di fare nuovi investi-
menti nella produzione, del maggior potere di negoziazione acquisito dai distributori
e della minaccia di nuovi entranti (minaccia più contenuta rispetto alle fasi preceden-
ti, ma sempre esistente).
Se il numero dei concorrenti diminuisce, le imprese rimanenti possono nuova-
mente avere l’opportunità di aumentare i prezzi e la redditività (l’esperienza del tra-
sporto aereo, degli elettrodomestici e dei componenti auto dimostra che lo shakeout
fa aumentare il grado di concentrazione delle imprese, le quali – una volta rimaste in
poche – formano nuovamente un oligopolio che dà loro l’opportunità di stringere
accordi miranti a ridurre la competizione). Anche eventi esterni al settore possono
creare di nuovo turbolenza: la deregulation o una recessione economica, per esem-
pio, possono nuovamente aprire la rivalità tra le imprese.
Analisi dei concorrenti e della domanda: segmentazione e posizionamento 125
Figura 6.1
Analisi dei
concorrenti L’arena competitiva
Chi sono i nostri concorrenti?
essere ampia quanto un intero settore oppure limitata quanto un singolo prodotto o
mercato.
La definizione dipende da quattro criteri:
1) l’ampiezza della gamma di prodotti e servizi considerati (un solo prodotto o una
classe di prodotti);
2) i segmenti di clienti (un solo segmento a confronto con più segmenti);
3) l’orizzonte geografico (una singola regione o paese oppure il mercato mondiale);
4) il numero delle attività che compongono la catena del valore (poche o molte).
Il peso che si vuole dare a ciascuno dei quattro criteri dipende dagli obiettivi che
l’impresa vuole raggiungere con la definizione dell’arena competitiva: per una deci-
sione di breve periodo e di tipo tattico, l’arena sarà limitata ai clienti e ai concorrenti
attuali. Se l’obiettivo della definizione è invece porre le basi per decisioni di tipo stra-
tegico, la definizione del mercato deve essere più ampia per considerare:
Una definizione troppo ristretta potrebbe rendere vulnerabile l’impresa, una troppo
ampia potrebbe nascondere i veri pericoli.
Day propone di individuare l’arena competitiva ragionando in termini di sostitu-
zione in due prospettive diverse:
126 L’analisi strategica
• sostituzione dal lato della domanda, al fine di comprendere tutti i modi in cui i
clienti possono soddisfare le proprie esigenze;
• sostituzione dal lato dell’offerta, al fine di individuare tutti i concorrenti che
hanno le capacità di servire gli stessi clienti.
Le due prospettive sono strettamente legate. Dal lato della domanda, un mercato è
composto da un insieme di esigenze dei clienti che possono essere servite da più
offerte tra loro in competizione. Nella prospettiva del cliente, per esempio, l’esigen-
za di trasporto può essere soddisfatta da imprese appartenenti a settori diversi: com-
pagnie aeree, treni, costruttori di auto, autonoleggio. La sostituzione è nell’uso; i vari
mezzi di trasporto servono alla stessa funzione, ma operano in un modo molto diver-
so e hanno prestazioni pure molto diverse. Tornando al caso Rhône-Poulenc: chi
compra da Pasteur Merieux?
Dal lato dell’offerta, un mercato è l’insieme dei prodotti e servizi tra loro sostitui-
bili che il cliente percepisce in grado di offrire prestazioni simili o molto simili tra
loro. L’analisi comprende dunque tutti i concorrenti che potrebbero rispondere alle
esigenze di un dato gruppo di clienti (Fig. 6.2). Dunque, con quali rivali entra in com-
petizione Pasteur Merieux?
Figura 6.2
Dal settore al
prodotto, alla
Articoli per la casa Settore
marca
Categoria
Articoli per la preparazione di alimenti di prodotti
Figura 6.3
Analisi dei Fattori chiave
Della nostra impresa Del concorrente 1 Del concorrente 2
fattori chiave
di successo
Innovazione
Capacità
finanziaria
Assistenza
post-vendita
Qualità dei
prodotti
Forza lavoro
Fonte: qualificata
elaborazione da
D. Jobber, Accesso ai
Principles and canali di
Practice of distribuzione
Marketing, internazionali
McGraw-Hill,
New York, 1998.
L’arena competitiva mette a confronto tutte le imprese presenti, ma sarebbe bene evi-
tare i rivali più agguerriti perché attaccare un leader di settore sul suo terreno è sem-
pre rischioso. In campo militare gli strateghi consigliano di attaccare soltanto se il
rapporto di forza è almeno di 3 a 1. Per questo le imprese scelgono spesso avversari
di forza pari o inferiore.
L’obiettivo di queste analisi è mettere l’impresa nelle condizioni migliori per svilup-
pare vantaggi competitivi superiori a quelli dei rivali, come ha argomentato Best
(1997).
Sempre per concentrare le risorse sui problemi di maggior rilievo, occorre anzi-
tutto stabilire quali concorrenti meritano un’analisi. È vero che una definizione stra-
tegica del mercato comporta una visione ampia che comprenda sia i concorrenti
attuali sia quelli futuri, sia i prodotti/servizi dell’impresa sia i prodotti sostitutivi, ma
è anche vero che l’impresa non può destinare risorse a un’analisi dettagliata di tutti i
concorrenti (Kotler, Sing, 1981).
Analisi dei concorrenti e della domanda: segmentazione e posizionamento 129
Il metodo migliore – come già abbiamo visto – è partire dal lato della domanda,
chiedendo ai clienti quali concorrenti prendono in esame nelle loro scelte. Quanto
più il cliente considera due concorrenti vicini tra di loro nell’offerta, tanto più è pro-
babile che possa decidere di passare dall’uno all’altro. Al contrario, quanto più li per-
cepisce lontani, tanto più basse sono le probabilità che abbandoni l’uno per preferire
l’altro.
Il punto di arrivo di questa analisi è la costruzione di una o più mappe di perce-
zione della competizione, con le quali l’impresa può rispondere a due domande:
Occorre poi conoscere su quali basi il target di clienti percepisce l’offerta dell’impre-
sa come diversa da quella dei rivali.
Disponendo di sufficienti informazioni è possibile costruire una mappa simile a
quella del grafico in Figura 6.4, un esempio che mette in evidenza come i potenziali
compratori americani percepiscano le differenze tra i prodotti concorrenti nel seg-
mento delle vetture di lusso. I benefici di tipo psicologico sono rappresentati dalla
dimensione orizzontale e sono correlati con stile, sicurezza, status, prestazioni sulla
strada, comfort. I benefici di tipo razionale sono rappresentati dalla dimensione ver-
ticale e correlati con il consumo di carburante, i costi di manutenzione, l’affidabilità,
la qualità, il prezzo dell’usato. In base alla mappa, Toyota offre una vettura di lusso a
un target di potenziali compratori che hanno un livello alto di attesa sia di benefici
psicologici sia razionali.
Figura 6.4
Mappa di
percezione: il • Volvo 700
Target di Lexus
posizionamento • Honda Accord
strategico di
Lexus, tra • Honda Prelude
razionalità ed
• Nissan Maxima • BMW 525
emozioni
• Saab 9000
Benefici razionali
• Mercedes 500
• Buick Park Avenue • Cadillac Seville
• Lincoln Towncar
• Buick Riviera
Fonte: R. Best,
• Oldmobile 98 • Jaguar
Market Based
Management,
Prentice Hall, Benefici psicologici
London, 1997,
cap. 6.
Analisi dei concorrenti e della domanda: segmentazione e posizionamento 133
riconversione (ossia la trasformazione per un uso alternativo) è alto; da costi fissi che
l’impresa continuerebbe comunque a sostenere; da economie di scala realizzate con
altre business unit del gruppo. Possono essere barriere poste dallo stato, da soggetti
sociali come i sindacati e l’opinione pubblica o i consumatori (che potrebbero pena-
lizzare altri prodotti), nonché dalla volontà della stessa impresa di non lasciare un
settore.
Figura 6.5
Conoscere i
Immagine
concorrenti: e posizionamento
Struttura
indicatori di
dei costi Obiettivi
analisi
Portafoglio prodotti
e servizi
Strategie e fonti
Concorrenti: loro di vantaggi
azioni e reazioni competitivi
Risultati ottenuti
Dimensioni
Barriere all’uscita
e sviluppo
Risorse
Organizzazione
e cultura
Analisi dei concorrenti e della domanda: segmentazione e posizionamento 135
Figura 6.6
Esempi di Gruppi strategici nelle costruzioni aeronautiche
mappe
strategiche
Mondiale Learjet BOEING
Astra AIRBUS
Cessna
Piper
Nazionale
(Usa)
Piccole Grandi
Dimensioni dell’aereo (numero di posti)
Alcuni gruppi strategici riescono meglio di altri a proteggere le loro posizioni e con-
seguono così redditività elevata. Altri gruppi adottano invece strategie aggressive che
rendono la competizione molto accesa e tendono ad abbassare la redditività.
Il fattore principale è l’esistenza di barriere alla mobilità, che ostacolano il passag-
gio da un gruppo strategico a un altro.
Analisi dei concorrenti e della domanda: segmentazione e posizionamento 137
Figura 6.7
Come
prevedere la Modi per prevedere
risposta dei
rivali
Figura 6.8
Analisi delle
Benefici percepiti
attese del dal prodotto/
cliente, servizio
creazione di
valore e Esigenze
del cliente
customer
satisfaction
Creazione Customer
Benefici attesi di valore satisfaction
per il cliente
Condizioni
di uso da parte
del cliente
Costo
di acquisto
1) il costo di acquisto, che può creare valore per il cliente perché riduce per esempio
il peso di altri costi. L’acquisto di un software per il controllo delle scorte è fatto
per ridurre i costi di conservazione di queste;
2) l’uso del prodotto o di un servizio, che può comportare un minore costo per il
cliente (un costo monetario, ma anche un costo psicologico legato per esempio
alla maggiore o minore complessità dell’uso). L’acquisto di un certo tipo di mac-
china per lavorare il legno può ridurre i costi di certe fasi di lavorazione, quindi
può creare valore;
3) i costi di manutenzione e riparazione, che possono avere una forte incidenza sui
costi di esercizio. Ma se l’impresa che vende prende l’impegno di sostenere i
costi di eventuali riparazioni, il compratore ha un potenziale beneficio. Se il
costruttore di un trattore ha progettato il vano motore in modo da rendere facil-
mente accessibili le parti che hanno necessità di manutenzioni o che possono
comportare riparazioni, il compratore ha un vantaggio economico in quanto
sostiene minori costi;
4) i costi sostenuti per passare a un altro prodotto, poiché abbandonare un prodotto
obsoleto o un suo componente può comportare un costo e anche questo è un ele-
mento di possibile creazione di valore per il cliente: infatti, se il costo di sostitu-
zione è basso il compratore ha un beneficio;
5) l’offerta di prezzi inferiori a quelli dei concorrenti e condizioni di pagamento più
favorevoli: proporre macchine più semplici a prezzi più contenuti o acquistare dal
cliente macchine obsolete da sostituire con quelle nuove e offrire gamme di pro-
dotti diversi per qualità, graduando i prezzi in base al potere di acquisto dei poten-
ziali compratori, sono politiche utili a creare valore economico per il cliente.
144 L’analisi strategica
caso le variabili che intervengono sono tre: caratteristiche delle imprese (dimen-
sioni, localizzazione, settore, situazione finanziaria); cultura organizzativa (base
tecnologica, propensione a innovare, accentramento o decentramento delle deci-
sioni); uso del prodotto (applicazioni, quantità, tempo di acquisto, frequenza di
acquisto, esperienza).
Figura 6.9
Alcuni criteri Fattori Mercati di consumo Mercati
per (business-to-consumer) delle organizzazioni
segmentare (business-to-business)
i mercati
Caratteristiche delle Età, sesso, razza Settore
persone/organizzazioni Reddito Localizzazione
Dimensioni delle famiglie Dimensione
Stadio del ciclo di vita Tecnologia
Localizzazione Redditività
Stile di vita Management
Figura 7.1
Risorse, Relazioni con i vantaggi competitivi
competenze e
vantaggi Le stesse dei concorrenti Superiori a quelle dei concor-
competitivi o facili da imitare renti o difficili da imitare
Fonte: G.
Johnson, K.
Scholes,
Exploring Competenze Soglia delle competenze Core competencies
Corporate
Strategy,
Prentice Hall,
London, 1997.
Figura 7.2
Schema di
Analisi del valore aggiunto
analisi del
valore
aggiunto
Value chain Value system
Figura 7.3
Il business
system di
McKinsey
Tecnologia Produzione Distribuzione Marketing Servizi
Figura 7.4
La catena del
ni
gi
Gestione della tecnologia
ar
M
Gestione delle risorse umane
Infrastrutture dell’impresa
Distribuzione e logistica
Attività primarie e costi
Marketing e vendite
Gestione operativa
Acquisti e logistica
in entrata
in uscita
Servizi
ni
gi
ar
M
La catena del valore comprende cinque attività primarie, che nel diagramma muovono da sini-
stra verso destra e rappresentano le attività che portano alla creazione dei prodotti e dei servi-
zi, in parte sono trasferite al compratore attraverso i servizi post-vendita.
Le attività primarie sono legate a quattro attività di supporto, raffigurate con un flusso trasver-
sale in quanto possono agire su una o più attività primarie.
Attività primarie
• Logistica in entrata (inbound logistics): l’approvvigionamento e il ricevimento di materie
prime e componenti, la gestione delle loro scorte e della loro distribuzione interna. Sono gli
input necessari per ottenere prodotti e servizi e comprendono le attività riguardanti la
gestione dei magazzini, il controllo delle scorte e i trasporti interni.
• Gestione operativa, ossia la trasformazione degli input in prodotti finiti e servizi. Riguarda
in particolare la gestione dei macchinari, l’assemblaggio e il packaging.
• Logistica in uscita (outbound logistics), tutto ciò che riguarda la distribuzione ai clienti dei
prodotti finiti e dei servizi.
• Marketing e vendite, attività che stimolano e facilitano l’acquisto di prodotti (pubblicità,
gestione della forza vendita, selezione dei canali di vendita, relazioni con gli intermediari,
prezzi).
• Servizi, relativi alla gestione delle operazioni post-vendita (installazioni, riparazioni, forma-
zione del personale dei distributori e dei compratori, forniture di parti, prestazioni di
garanzie).
Attività di supporto
• Gestione degli approvvigionamenti, che riguarda le funzioni e i processi di acquisto degli
input immessi nella catena del valore e ha stretti rapporti con le varie aree funzionali (per
esempio, i responsabili della produzione hanno un ruolo importante nel definire le specifi-
che e la qualità dei componenti del prodotto e del servizio).
• Gestione della tecnologia, intesa in senso ampio, che comprende know-how, ricerca e svi-
luppo, progettazione, acquisti di tecnologie dall’esterno.
• Gestione delle risorse umane, ossia le attività riguardanti la selezione, il reclutamento, la
formazione e lo sviluppo di carriera del personale. Riguarda anche le forme di remunera-
Fonte: adattato zione e l’insieme degli altri rapporti tra l’organizzazione e i collaboratori.
da M. Porter, • Infrastrutture dell’impresa, i cosiddetti linking processes o processi trasversali: organizza-
Competitive zione, pianificazione e controllo. Sotto un altro profilo sono rappresentate dalle attività di
Advantage: general management.
Creating and
Le infrastrutture generali dell’impresa sostengono l’intera catena del valore.
Sustaining Ogni attività primaria e di supporto comporta costi e dovrebbe aggiungere valore al prodotto e
Superior al servizio. Se l’impresa ha più di un prodotto, secondo Porter l’analisi dovrebbe essere fatta a
Performance, livello di singolo prodotto e non a livello corporate. Con il termine «margini», Porter indica ciò
Free Press, che altri definiscono «valore aggiunto».
Boston, 1985.
Analisi delle risorse: forze e debolezze 161
Figura 7.5
Il value system Singola business unit
Catena del
valore della
business
unit
Catena del
Catena del valore della Catena del Catena del
valore dei business valore dei valore dei
fornitori unit distributori compratori
Fonte:
elaborazione da Catena del
M. Porter, valore della
Competitive business
Advantage, Free unit
Press, Boston,
1985.
mente prodotti e servizi al consumatore finale e quasi mai produce tutto al proprio
interno. Posto che le catene del valore dei fornitori e quelle dei distributori sono
tra loro differenti – alcuni offrono prezzi più bassi, altri servizi e prodotti più affi-
dabili – il vantaggio competitivo di un’impresa può avere origine anche dalla scel-
ta del miglior fornitore o distributore. Se per esempio un fornitore di packaging
innova e propone un sistema che crea maggior valore aggiunto, avendo con lui un
rapporto esclusivo l’impresa può acquisire un vantaggio competitivo rispetto ai
concorrenti. Lo stesso risultato si può ottenere con un nuovo sistema di distribu-
zione.
Ulteriori vantaggi possono emergere dall’acquisire una parte della catena del
valore dei clienti, sostituendosi a essi e fornendo loro un servizio. Alcuni di questi
legami possono essere unici, non imitabili, quindi possono dare un vantaggio rispet-
to ai concorrenti. Per fare un esempio, alcuni costruttori di elettrodomestici hanno
introdotto nel mercato frigoriferi che, grazie al collegamento con una centrale ope-
rativa gestita dagli stessi produttori, possono trasmettere un ordine di fornitura con
consegna a domicilio a una catena di supermercati. È un modo per acquisire una
parte della catena del valore del cliente, così come fanno i costruttori di auto che
acquistano assicurazioni, finanziamenti, riparazioni, manutenzioni, vendita dell’u-
sato.
L’analisi congiunta della value chain e del value system può fornire informazioni
sulle fonti del valore aggiunto delle imprese e sulle possibilità di costruire vantaggi
competitivi rispetto ai rivali. Se l’impresa offre un gruppo di prodotti, possono esi-
stere tra questi dei legami costituiti da materie prime o canali della distribuzione
comuni, e tali legami possono essere sviluppati al fine di costruire vantaggi competi-
162 I vantaggi competitivi
tivi nei confronti dei rivali. Per esempio, se la stessa materia prima (cacao) è utilizza-
ta in una pluralità di prodotti, l’impresa può acquisire un vantaggio competitivo
rispetto a un concorrente che abbia una gamma più limitata o addirittura un solo pro-
dotto. Altrettanto vale per i canali di distribuzione: se un costruttore di macchine
agricole utilizza lo stesso canale per una pluralità di prodotti, può ottenere vantaggi
competitivi rispetto ai rivali che hanno una minore varietà di macchine. Un altro
esempio ancora è dato dalle compagnie aeree che dispongono di Computer Reserva-
tion System (CRS) per collegarsi con gli agenti di viaggio, e detengono così un van-
taggio sui rivali che non ne dispongono.
In sostanza il fattore critico di successo è la capacità di costruire legami che i
rivali non possono imitare.
Le conclusioni cui giungono in parte si sovrappongono e per tutti esiste il limite della
difficoltà di quantificare le risorse in termini di valore aggiunto, ma è interessante
esaminare sia il metodo di analisi adottato sia le conclusioni.
Figura 7.6
Metodi di
Competenze distintive
analisi delle
competenze
distintive
Core skills
Core
and compe-
resources
tencies
164 I vantaggi competitivi
Figura 7.7
Come le core
competencies Prodotto 1
possono Strategic
essere legate Core competency A Prodotto 2 business
alle strategie unit X
di business
unit Prodotto 3
Core competency B
Prodotto 4
Strategic
Fonte: G. Hamel, Prodotto 5 business
C.K. Prahalad,
Core competency C unit Y
«The Core
Competencies Prodotto 6
of the
Corporation»,
Harvard Business Prodotto 7
Review, maggio-
giugno 1990.
Figura 7.8
Matrice per
l’analisi SWOT Fattori interni
Forze (S) Debolezze (W)
……………………………….. ………………………………..
Indicare da 5 a 10 Indicare da 5 a 10
punti di forza debolezze
Fattori esterni
Tabella 8.1
Attrattività/ Settori ROS 2004 ROA 2004 ROE 2004 Valore per gli
redditività tra azionisti.
settori a Ritmo di
confronto crescita
annuale
1994/2004
(%)
Compagnie aeree
United Airlines (10,5) (8,3) – (24,3)
Southwest Airlines 4,8 2,8 5,7 17,4
Mediana 2 1 7 1
Bevande
Coca-Cola 22,1 15,5 30,4 6,4
PepsiCo 14,4 15,0 31,0 13,7
Mediana 5 4 22 15
Autoveicoli e componenti
General Motors 1,4 0,6 10,1 5,6
Ford Motors 2,0 1,2 21,7 7,3
Mediana 2 1 11 6
Farmaceutici
Merck 25,3 13,7 33,6 8,3
Pfizer 21,5 9,2 16,6 17,0
Johnson & Johnson 18,0 16,0 26,7 18,3
Mediana 13 7 14 14
Computer software
Microsoft 22,2 8,8 10,9 22,9
Oracle 26,4 21,0 33,5 20,2
Mediana 14 6 11 22
Semiconduttori
Intel 22,0 15,6 19,5 19,7
Solectron (1,3) (2,9) (7,1) 4,5
Texas Instruments 14,8 11,4 14,2 18,7
Mediana (2) (1) (2) 15
1) l’approccio della posizione nel settore rispetto ai concorrenti, detto anche struttu-
rale, secondo cui i vantaggi dell’impresa derivano dalla conquista e dalla difesa di
una posizione rispetto ai rivali e la posizione può essere o di bassi costi o di diffe-
renziazione nei migliori segmenti di un settore;
2) l’approccio della resource-based theory (RBT), secondo cui risultano determi-
nanti le risorse e le capacità dell’impresa. I vantaggi derivano da prestazioni
superiori a quelle dei rivali, originate da risorse e capacità distintive non possedu-
te dai rivali e non imitabili, sviluppate nel tempo e che agiscono sulle prestazioni
dell’impresa nei vari campi di attività.
Nessuno dei due approcci è in grado di spiegare come si crea e si sostiene un vantag-
gio in un ambiente competitivo dinamico. Tuttavia, combinando le due prospettive è
possibile tracciare un quadro dei vantaggi di cui l’impresa dispone, capire come sono
stati costruiti e quindi come possono essere mantenuti. Non bisogna dimenticare che
la creazione, il sostegno e la difesa dei vantaggi competitivi è un’attività costante a
ciclo continuo, che non può avere soste.
Creare più valore dei rivali non significa però avere la redditività più alta in asso-
luto. La struttura del settore è un fattore critico nel determinare quale quota di valore
creato l’impresa riesca a trattenere come profitto. Essendo parte integrante dell’ana-
lisi strategica, l’analisi di settore – i cui metodi abbiamo già esaminato – resta dun-
que insostituibile, per vari motivi (Ghemawat, 1999):
• il peso della struttura del settore sulla redditività è alto, anche se non è l’elemento
più importante;
• le caratteristiche di settore che agiscono sulla redditività hanno un effetto più du-
raturo rispetto a quello derivante dalle diversità tra strategie di imprese dello stes-
so settore;
• alcuni settori hanno strutture tali da rendere possibili forti scostamenti dei risulta-
ti di un’impresa rispetto alla redditività media (di settore). In altri gli scostamenti
sono minori;
• le imprese che hanno redditività superiore alla media devono il loro successo
anche alla capacità di affrontare i lati (per loro) negativi del settore;
Figura 8.1
Due approcci
Le fonti dei vantaggi competitivi
alla
individuazione
delle fonti dei
vantaggi
competitivi La posizione nel settore Le risorse, le capacità,
(Porter) le competenze distintive
(Barney, Grant, Hamel e Prahalad)
Le fonti dei vantaggi competitivi 183
• infine, se è vero che la struttura del settore agisce sulle strategie delle imprese, è
anche vero che le strategie contribuiscono alla struttura. È dunque utile esamina-
re entrambe.
Figura 8.2
Le strategie
generiche di Vantaggi competitivi
Porter I clienti percepiscono Posizione
unicità di bassi costi
Target
Prima di adottare una delle due strategie competitive generiche, l’intera impresa o la
business unit deve decidere a quale target mirare: quali prodotti o quali linee di pro-
dotti offrire, quali canali della distribuzione utilizzare, quali potenziali compratori
servire, in quali aree geografiche vendere, con quali imprese rivali entrare in concor-
renza. Questa scelta dipende dalla disponibilità delle risorse e dagli obiettivi che
l’impresa si è data. Il target può essere ampio, e includere l’intero settore, o limitato
a una nicchia del mercato: combinando questi due target con le due strategie compe-
titive otteniamo quattro tipi di strategie generiche (le cui caratteristiche saranno esa-
minate in dettaglio nel capitolo 15):
Le fonti dei vantaggi competitivi 185
Peraltro, oltre a offrire un quadro soltanto parziale della realtà questo approccio
ha in particolare due punti deboli.
Playing the spread. Il primo punto debole è nel fatto che cost leadership e diffe-
renziazione non si escludono a vicenda. Spesso le strategie delle imprese mirano a
sviluppare entrambi questi vantaggi competitivi: i costruttori di auto giapponesi
Toyota e Honda, per esempio, hanno raggiunto simultaneamente sia posizioni com-
petitive di bassi costi sia posizioni di elevata qualità e quindi di differenziazione.
Day (1997) indica questa posizione con l’espressione playing the spread e cita il
caso di Kellogg, impresa che ha ottenuto buoni risultati sia con una strategia di bassi
costi sia con una strategia basata sulla differenziazione (maggior valore per il cliente
e quindi possibilità di applicare un prezzo più alto).
È dimostrato che la qualità elevata può creare vantaggi competitivi e può quindi
aumentare le quote di mercato. Con l’aumento delle quote si abbassano i costi totali
per effetto delle curve di esperienza e delle economie di scala. I costi unitari scendo-
no sia per effetto dei maggiori volumi sia dei minori costi rispetto alla «non qualità»
(se la qualità migliora, i costi totali diminuiscono perché si riducono gli sprechi e gli
scarti di produzione, i costi di riparazione e di assistenza post-vendita). È dunque
possibile che l’impresa sia leader di costo e, nel contempo, offra prodotti e servizi
differenziati rispetto a quelli dei concorrenti.
Porter non condivide questa posizione e sostiene che un’impresa (o una business
unit) deve adottare una sola strategia competitiva generica, altrimenti verrebbe a tro-
varsi «in mezzo al guado» (l’arena competitiva) senza un vantaggio competitivo e
risulterebbe condannata a una redditività inferiore alla media. Su questo argomento
tornerà il cap. 15.
Figura 8.3
L’origine del
vantaggio Sistema economico
competitivo e struttura
secondo del settore
l’approccio
della posizione Differenziazione Redditività
nel settore rispetto ai rivali dell’impresa
Creazione di valore
superiore a quella
dei rivali
• le competenze distintive sono i punti di forza che l’impresa non divide con i riva-
li. Se creano valore danno all’impresa una redditività superiore alla media del set-
tore;
• le competenze distintive di un’organizzazione emergono dalle sue risorse e capa-
cità;
• per costruire vantaggi competitivi, le imprese devono formulare strategie sia
basate sulle risorse e sulle capacità esistenti nell’organizzazione (le competenze)
sia tese ad acquisire nuove risorse e capacità.
Figura 8.4
La
determinazione Analisi Analisi Analisi
dei vantaggi interna della concorrenza esterna
competitivi
secondo la
resource-based
theory
Forze e debolezze Minacce
dell’impresa e opportunità
Competenze
Fattori di successo
distintive
nel settore
dell’impresa
Fonte:
elaborazione da
L. Dahringer, H.
Muhlbacher,
International Vantaggi competitivi
Marketing, dell’impresa
Addison Wesley,
New York, 1991.
Le risorse
I fattori produttivi, gli input, le risorse umane, finanziarie, tecnologiche e organizza-
tive di un’impresa possono essere distinte in:
• risorse tangibili, ossia edifici, attrezzature, impianti. Sono le più facili da imitare
e attirano l’attenzione dei rivali perché si prestano più facilmente ai confronti.
Includono la capacità operativa, le economie di scopo e di scala, la copertura geo-
grafica della distribuzione, le spese in pubblicità e promozione, la capacità finan-
ziaria e il costo del capitale, il costo delle materie prime;
192 I vantaggi competitivi
Nel terzo stadio, in particolare, Grant individua due fattori chiave per costruire van-
taggi competitivi attraverso le risorse e le capacità dell’impresa:
Figura 8.5
Analisi 4. Selezionare la strategia
strategica che meglio di ogni altra Strategia
secondo la sfrutta le risorse e le capacità
dell’impresa in rapporto alle
resource-based opportunità dell’ambiente
theory esterno.
3. Valutare la capacità delle
risorse e delle competenze di
generare «rendita» (profitti)
5. Individuare il gap
in termini di:
di risorse che occorre
(a) loro potenziale per van- Vantaggi colmare. Investire per
taggi competitivi sosteni- competitivi acquisire, integrare e
bili;
migliorare la base di
(b) capacità di conseguire
risorse dell’impresa.
profitti attraverso l’uso di
tali risorse e competenze.
2. Identificare le capacità
Fonte: R.M. distintive dell’impresa. Cosa
Grant, «The può fare l’impresa meglio
Capacità
dei suoi rivali? Per ciascuna
Resource-based
capacità individuare l’input
Theory of
di risorse e la complessità.
Competitive
Advantage: 1. Identificare e classificare le
Implications for risorse dell’impresa. Valutare
Strategy forze e debolezze in rappor-
Formulation», to a quelle dei concorrenti.
California Individuare le opportunità Risorse
Management per una migliore utilizzazio-
Review, vol. 33, ne delle risorse.
n. 3, 1991.
Le fonti dei vantaggi competitivi 193
La RBT individua quattro caratteristiche delle risorse e delle competenze per la loro
particolare importanza nel sostenere vantaggi competitivi: durabilità, trasparenza,
trasferibilità e riproducibilità (Fig. 8.6).
Figura 8.6
Quattro
requisiti per Vantaggi competitivi
sostenere i
vantaggi
competitivi Durabilità Trasparenza Trasferibilità Riproducibilità
Le fonti dei vantaggi competitivi 197
Figura 8.7
Gli elementi
che agiscono Efficienza superiore
sul vantaggio
competitivo
Vantaggio competitivo
Fonte:
elaborazione da
C. Hill, G. Jones,
Capacità superiore
Strategic
di rispondere
Management,
al cliente
Hughton Mifflin,
New York, 1998.
Come può un’impresa raggiungere efficienza superiore a quella dei rivali? Le solu-
zioni sono numerose:
Figura 8.8
L’impatto
Aumenta Prezzi
della qualità l’affidabilità più alti
sui profitti
La qualità Profitti
migliora più alti
Aumenta Costi
la produttività più bassi
Sostenere i vantaggi competitivi in un ambiente dinamico 207
Figura 9.1
I fattori che
sostengono Sostenibilità nel tempo
nel tempo dei vantaggi competitivi
i vantaggi
competitivi
Alcuni vantaggi sono transitori perché possono essere facilmente e rapidamente imi-
tati: è il caso, per esempio, delle politiche di comunicazione e dei prezzi e anche dei
vantaggi derivanti dall’innovazione in certi prodotti e processi produttivi, difficili da
proteggere a lungo.
La persistenza, la durata di un vantaggio competitivo dipende almeno da tre fatto-
ri: le barriere all’imitazione, le capacità dei concorrenti e la dinamica del settore.
Imitare le risorse. I vantaggi basati su risorse tangibili sono i più facili da imitare.
Per esempio, la localizzazione geografica è raramente esclusiva e si possono perdere
rapidamente anche i vantaggi rappresentati da impianti più efficienti, perché macchi-
nari, attrezzature e impianti possono essere acquistati nel mercato anche dai rivali.
Più difficile è imitare le risorse intangibili; prima fra tutte l’immagine di
marca. Nei fast food, per esempio, McDonald’s è sinonimo di buon rapporto prez-
zo/valore; Nestlé, Coca-Cola e altre marche con reputazione internazionale signi-
212 I vantaggi competitivi
Figura 9.2
I vari fattori
che possono Erosione dei vantaggi competitivi
indebolire
i vantaggi
competitivi
Cambiano le Nuovi Inerzia Ignorare il Non
regole concorrenti da (paradosso di cambiamento considerare la
un mercato Icaro) reazione dei
vicino rivali
Cambiano le regole
La deregulation o la strategia aggressiva di un’impresa possono cambiare le regole
della concorrenza alle quali i manager sono abituati e possono creare nuovi vantaggi
competitivi per le imprese che sanno individuarli e sfruttarli. È un fenomeno noto
con il termine sostituzione, intendendo con ciò il rimpiazzo di un vecchio modello di
business con un modello nuovo. Si tratta di una teoria nota anche come value migra-
tion, o migrazione di valore da un modello a un altro; o come disruptive technolo-
gies, tecnologie che distruggono o stravolgono le strutture della competizione preesi-
stenti; e cambiamenti della struttura competitiva (Slywovsky, 1996).
In genere, la minaccia della sostituzione nasce in una nicchia piccola, con redditi-
vità bassa o negativa (Christensen, 1997). In una prima fase la nuova impresa non
rappresenta una minaccia per le imprese già presenti nel mercato, poiché offre pre-
stazioni inferiori. Ma per rispondere al nuovo entrato le imprese dovrebbero disporre
di capacità che non hanno e che non possono acquisire nel breve periodo, anche per-
ché non è chiaro verso quale modello stia evolvendo il settore.
Figura 9.3
Vulnerabilità Erosione lenta Erosione forte
dei vantaggi
competitivi Livello alto di sostenibilità Livello basso di sostenibilità
Fonte: adattato da (difficile da imitare) (facile da imitare)
J.R. Williams «How
Sustainable is Your
Competitive Risorse con ciclo lento Risorse con ciclo standard Risorse con ciclo rapido
Advantage?»
California • Posizioni fortemente • Standard di produ- • Basate su un concet-
Management protette da brevetti, zione di massa to, un’idea (idea-dri-
Review, primavera forte immagine di • Economie di scala ven)
1992, p. 33; e da marca • Processi produttivi
G. Day, D.
complessi
Reibstein,
Wharton on
Dynamic Es.: Gillette, con il rasoio Es.: Chrysler, con il Mini- Es.: Sony, con il Walkman
Competitive Sensor Van
Strategy, Wiley,
New York, 1977.
Sostenere i vantaggi competitivi in un ambiente dinamico 219
Costante attenzione
Il primo requisito per sostenere a lungo un vantaggio competitivo è migliorare
costantemente gli elementi fondamentali: efficienza, qualità, innovazione e capacità
di risposta alle esigenze del cliente. Sebbene sia difficile scrutare il futuro e indivi-
duare tendenze latenti, prestare attenzione costante all’ambiente generale e a quello
competitivo in particolare aumenta la capacità e la tempestività di risposta. Confida-
re sulle scelte del passato prese in un contesto che molto probabilmente è cambiato
può essere rischioso, perché possono essere sorte nuove minacce, ma anche perché si
rischia di perdere opportunità.
Figura 9.4
Azioni tese Come sostenere a lungo
a mantenere un vantaggio competitivo
un vantaggio
competitivo
I metodi migliori
Misurarsi rispetto alle imprese migliori e acquisire i loro metodi è un passaggio inso-
stituibile per mantenere a lungo un vantaggio competitivo. Poche imprese possono
vantare la leadership costante nei metodi di gestione e il modo più efficace per rinno-
224 I vantaggi competitivi
Figura 9.5
La teoria della Tendenze della politica Mercati/settori Effetti sulla competizione
contendibilità
e gli effetti L’autorità fissa prezzi,
Regulation Intero settore
sulla entrata, servizi minimi
competizione obbligatori
Tre principi
L’ipercompetizione è in sostanza la negazione dei modelli statici. Con quest’ultima
espressione D’Aveni bolla le strategie di molte aziende negli anni Novanta. In un
ambiente che cambia lentamente, il vantaggio competitivo sostenibile a lungo è il
principale obiettivo. Nell’ipercompetizione, invece, il cambiamento è rapido: l’obiet-
tivo è distruggere i vantaggi competitivi esistenti e crearne continuamente di nuovi
battendo sul tempo i concorrenti.
Questa visione dinamica è basata su tre principi:
Figura 9.6
Iper- Redditività economica
competizione e
vantaggi
competitivi
Tempo
Sviluppo del vantaggio Difesa del vantaggio Erosione del vantaggio
Redditività economica
Figura 10.2
Strategia
corporate in
un’impresa Responsabilità a
multibusiness livello di corporate Corporate
Strategy
Responsabilità di
management a livello Business Strategy
di business unit
Responsabilità
di gestione Strategie operative
di singole (aree geografiche, impianti, department
unità all‘interno di aree funzionali)
operative
Figura 10.3
Strategia
corporate di
Responsabilità di
un’impresa management a livello
single- Corporate
di business unit
Strategy
business
Azioni a due vie
Per poter sfruttare le opportunità che si presentano in altri settori, l’impresa può
adottare una diversificazione correlata, entrando in business complementari o simili
a quelli in cui opera, o una diversificazione non correlata, spingendosi in settori che
non hanno analogie o complementarietà.
In definitiva l’impresa può competere in uno o più business e, in questo secondo
caso, in business correlati o non correlati.
Supponiamo che operi unicamente in un settore. Attraverso l’analisi SWOT indi-
vidua da un lato i fattori esterni – opportunità e minacce – che definiscono l’attratti-
vità del settore, dall’altro i fattori interni – forze e debolezze – che definiscono la pro-
pria posizione competitiva. Dalla combinazione di questi due elementi emergono
varie opzioni per le strategie corporate (Fig. 10.4).
Hunger, Flynn e Wheelen (1990) hanno proposto una matrice che può essere
usata come modello per individuare le varie opzioni. Non sono evidentemente le
sole, ma sono le principali. Occorre ancora una volta ricordare che i confini tra setto-
ri sono spesso incerti, labili, mentre l’analisi di attrattività parte dal presupposto che
i confini siano chiari e stabili. La «porosità» dei confini tra settori tradizionali è infat-
ti ampiamente dimostrata e un’interpretazione tratta dai principi della biologia e
dalla loro applicabilità all’economia d’impresa è discussa in Moore (1996).
Come mostra lo schema in Figura 10.4, la dimensione orizzontale della matrice
indica la posizione competitiva del business nei confronti dei rivali (posizione che
può essere forte, media e debole), mentre l’attrattività del settore (alta, media o
bassa) è la dimensione verticale. Le 9 celle individuano altrettante strategie, ricondu-
cibili a tre categorie.
Figura 10.4
Strategie Posizione competitiva dei business
corporate: il Forte Media Debole
modello
attrattività del
settore/ 1 2 3
Sviluppo Sviluppo Contrazione
posizione
Forte Concentrazione attra- Concentrazione attra- Turnaround
competitiva
verso l’integrazione verso l’integrazione
verticale orizzontale
Fonte: J.D.
Hunger, E.J. Flynn,
Attrattività del settore
T.L. Wheelen 4 5 6
(1990), Stabilità Stabilità Contrazione
«Contingency Attesa da buona posi- Attesa da posizione Impresa in posizione
Corporate zone debole captive o
Strategy: A Media disinvestimento
Proposed Sviluppo
Typology with Concentrazione attra-
Research verso l’integrazione
Propositions», orizzontale
Academy
Management, 7 8 9
aprile; T. Wheelen, Sviluppo Sviluppo Contrazione
D. Hunger (1995), Diversificazione con- Diversificazione con- Fallimento o liquida-
Debole
Strategic centrica glomerata zione
Management and
Business Policy,
Addison Wesley,
New York.
242 Le strategie corporate
Figura 10.5
Le strategie di
Strategia di sviluppo
sviluppo: le
grandi scelte e
i modi per
Concentrazione Diversificazione
realizzarle
Integrazione Integrazione
Concentrica Conglomerata
verticale orizzontale
1) rinunciare allo sviluppo nel breve termine e restare in attesa, avendo una buona
posizione competitiva, evitando di correre rischi con nuovi investimenti;
2) non cambiare le strategie, in attesa che sia la domanda sia il contesto competitivo
assumano una configurazione più chiara (propensi all’abbandono).
Sono strategie in genere adottate da imprese che hanno una buona posizione in setto-
ri con attrattività media, che può dipendere da un modesto sviluppo o dal declino
della domanda oppure da fattori dell’ambiente che minacciano di cambiare il quadro
della competizione.
Possono essere efficaci nel breve periodo, ma disastrose se protratte a lungo.
Figura 10.6
Due strategie
Strategie di stabilità
generiche di
stabilità
La contrazione può essere una strategia di breve termine, destinata a essere rapi-
damente abbandonata, oppure anche una scelta di lungo periodo. Questo avviene
soprattutto quando l’impresa in difficoltà, dopo aver constatato la perdita di competi-
tività, decide di concentrarsi su pochi clienti o su aree geografiche limitate. In pratica
il corporate rinuncia a fare nuovi investimenti, ma non intende nemmeno abbandona-
re completamente il settore o il segmento prodotto/mercato. Riduce la presenza del
gruppo o della business unit per concentrarla nei segmenti (o nei settori) che danno i
margini di utile più alti o che presentano le migliori possibilità di sviluppo futuro.
Figura 10.7
Tre strategie
Strategie di contrazione
generiche di
contrazione
Abbandonare
Captive o
Turnaround (fallimento o
cessione
liquidazione)
Turnaround
È la strategia indicata per una situazione in cui il settore ha buona o forte attrattività e
l’impresa ha perso capacità competitiva, ma valuta di poterla recuperare. Con Robbins e
Pearce (1992) possiamo distinguere due stadi del turnaround che in parte si sovrappon-
gono: ritirata (retrenchment) e recupero. Questa distinzione sarà ripresa al capitolo 18.
Figura 11.1
Esempi di
integrazione Materie prime Materie prime
verticale
Assemblaggio di
Elettrodomestici
personal computer
Catene di negozi
Catene di vendita
di vendita
di personal computer
elettrodomestici
Nota: Integrazione a monte e integrazione a valle sono relative allo stadio preso in esame.
Se un’impresa di elettrodomestici acquista un’impresa fornitrice di componenti meccanici
(utilizzati nel montaggio degli elettrodomestici) fa un’integrazione a monte. Se acquista
invece un’impresa che distribuisce elettrodomestici fa una integrazione a valle.
Figura 11.2
Vantaggi e Vantaggi Svantaggi
svantaggi
della Vantaggi interni Costi
integrazione
verticale • L’integrazione abbassa i costi eliminan- • Il coordinamento dell’integrazione ver-
do i passaggi intermedi, riduce le ticale comporta maggiori costi fissi.
sovrapposizioni di costi fissi e riduce i • Aumenta la capacità produttiva in
costi di accesso alla tecnologia. eccesso (somma tra le varie fasi).
• La maggiore efficacia del coordinamen- • Se l’integrazione verticale non è orga-
to tra attività di produzione riduce le nizzata in modo efficace, non emergo-
scorte e altri costi. no sinergie che compensino i costi di
• Si riducono i tempi di molte attività, coordinamento.
come la contrattazione dei prezzi, la
comunicazione delle specifiche (ai for-
nitori) e la negoziazione dei contratti.
Figura 12.1
La sequenza Diversificare o non diversificare?
di decisioni
che porta a Con quali vantaggi e svantaggi?
diversificare
Figura 12.2
La
Costi Obiettivi Sinergie
diversificazione
eccessivi errati fantasma
può
distruggere
valore
Distruzione di valore
306 Le strategie corporate
Figura 13.2
Due
Sviluppo per linee interne
alternative per
lo sviluppo
interno
Figura 13.3
La matrice di
Ansoff Prodotti
Attuali Nuovi
Attuali
Penetrazione Sviluppo
di mercato di prodotto
Mercati
Nuovi prodotti
Nuovi
Sviluppo
per nuovi mercati
del mercato
(diversificazione)
Penetrazione di mercato
È molto simile alla strategia di stabilità, ma ha il vantaggio di concentrare le strategie
sui prodotti, sulle tecnologie e sui mercati che già l’impresa conosce, riducendo in tal
modo i rischi e rendendo l’impresa più «visibile» ai clienti. Inoltre, dato che le capa-
cità di produzione, di marketing e di innovazione sono concentrate su prodotti spe-
cializzati e su segmenti ben definiti di potenziali compratori (e non diversificati),
310 Le strategie corporate
Per ridurre i rischi di queste debolezze, i suggerimenti sono vari. Il successo dipende
anzitutto dalla scelta del progetto e poiché è difficile prevedere la redditività futura di
un’iniziativa, le imprese preferiscono avere più opzioni e decidere quando l’incertez-
za circa il futuro si sia diradata. I primi suggerimenti sono di carattere organizzativo:
cominciare a definire quali obiettivi strategici la R&S possa contribuire a raggiunge-
re, e fare in modo che la new venture coordini strettamente le funzioni R&S, marke-
ting e produzione. Intel ha dato vari esempi di questa strategia: iniziò come produtto-
re di memorie DRAM (dynamic random access memory), ma poi usò le competenze
acquisite per entrare nei business dei semiconduttori e dei microprocessori.
Sviluppo esterno
Con queste strategie l’impresa mira a espandere la propria attività non con l’impiego
di maggiori risorse in attività che già fanno parte del suo portafoglio, bensì mediante
la fusione, o l’acquisizione o varie forme di alleanze con altre imprese (Fig. 13.4).
I modi per diversificare, integrare in senso verticale o orizzontale, creare svilup-
po, ridurre il campo di attività non possono essere valutati come se fossero isolati dal
contesto. Come abbiamo già ricordato, spesso fusioni e incorporazioni e alleanze
sono un modo per riscrivere la struttura di interi settori. Se due grandi imprese come
per esempio Exxon e Mobil decidono la fusione, è assai probabile che ciò avvii un
processo a catena destinato a cambiare la struttura della concorrenza nel settore.
Figura 13.4
Sviluppo per
linee esterne Sviluppo esterno
Figura 13.5
Confronto tra Sviluppo per linee interne Sviluppo per linee esterne
sviluppo per Fusioni e acquisizioni
linee interne
e sviluppo Finanza
mediante • Sia il fabbisogno finanziario sia i rica- • Dà luogo a un fabbisogno finanziario
fusioni e vi sono distribuiti in un lungo periodo elevato in breve tempo per realizzare
acquisizioni di tempo. l’acquisizione.
Management
• Rischio di non raggiungere la redditi- • Occorre raggiungere rapidamente le
vità programmata nei tempi previsti. sinergie programmate.
• Si stima siano necessari almeno otto • Il rischio di insuccesso è elevato come
anni per raggiungere un ROI positivo dimostrano le molte acquisizioni che
seguendo lo sviluppo per linee inter- non solo non hanno raggiunto gli
ne. Un amministratore delegato o un obiettivi, ma hanno messo in crisi le
direttore generale può non restare imprese acquirenti.
tanto a lungo.
Alternative
• Le vie alternative per realizzare la • Le imprese che rispondono esatta-
diversificazione per linee interne mente ai requisiti richiesti per la
sono molte. diversificazione sono poche.
Legislazione
• In genere non pone limiti allo svilup- • La disciplina della concorrenza può
po per linee interne. porre limiti.
• La legislazione fiscale può rendere
onerosa o conveniente l’acquisizione.
Barriere
• Possono essere difficili da superare. • L’acquisizione di un’impresa già ope-
rante consente di superare facilmente
diverse barriere: brevetti, tecnologie,
complessità della distribuzione, fe-
deltà alle marche esistenti.
autonoma, assieme alle altre imprese che già ne fanno parte, oppure può essere inte-
grata in un’impresa esistente. Le acquisizioni avvengono in genere tra imprese di di-
mensioni diverse e possono essere «ostili» o «amichevoli».
In un’acquisizione ostile l’impresa target non accetta l’operazione e spesso adot-
ta manovre per evitarla, per esempio:
Figura 13.6
Nomi vecchi Fusioni tra grandi imprese danno vita a nuove imprese, il cui nome a volte
e nuovi dopo incorpora quelli di entrambi i partner, a volte abbandona uno dei due, altre
le fusioni volte crea un nome nuovo.
Entrambi i partner
Un partner solo
Qualcosa di nuovo
Figura 13.7
Fasi di Fase 1 Fase 2
un’acquisizione:
le strategie di
integrazione Struttura iniziale Integrazione di
tutte le funzioni
Quale tipo
Come
di impresa Agire sulle persone
integrarla?
comprare?
Valutazione e
Nuovi orientamenti aggiornamenti
Fonte: The
Economist
Intelligence Unit, Disinvestimento
Making
acquisitions
work, 1990.
Come entrare in nuovi settori 325
Figura 13.8
Le alleanze
strategiche
Permanente
Ad esempio, Acquisizione
Ad esempio,
Keiretsu in ad esempio
Caitex
Giappone Ford-Jaguar
A L L E A N Z E S T R AT E G I C H E
Lungo termine
Relazioni del
Grado di coinvolgimento
Ad esempio,
tipo
Anheuser-Busch
outsourcing
5
Accordi annuali
Programmi di
o pluriennali di Accordi di
Licensing partnership
acquisto e distribuzione
nella R&S
forniture
Transazioni
Accordi di
Ordini di Cooperazione
Cooperazione acquisto con
acquisto di nella
nel marketing finanziamento
commodity pubblicità
up-front
Fonte:
elaborazione da
Nessun legame Scambio di Ripartizione Ripartizione Partecipazioni Capitale Proprietà
V. Harbison, P. informazioni delle risorse incrociate distribuito tra dell’intero
dei
Pekar, Smart finanziamenti i soci capitale
Alliances, Jossey
Proprietà
Bass, New York,
1998.
Figura 13.9
Evoluzione Anni Settanta Anni Ottanta Anni Novanta
dei fattori
Le prestazioni La posizione Le capacità
che spingono
di prodotto nel settore e le competenze
verso le
alleanze
Produrre con le tecno- Costruire la posizione Accesso alle nuove
logie più recenti nel settore opportunità attraverso
un flusso costante di
innovazione
Fonte: adattato
Acquisire vantaggi nel
da V. Harbison,
P. Pekar, Smart
rispondere a condizioni
Alliances, Jossey che cambiano e all’e-
Bass, New York, mergere di opportunità
1998.
340 Le strategie corporate
Figura 14.1
La matrice Alto Possibili strategie del cor-
sviluppo/ porate
quota di Cash cow. Investe le risorse
mercato per proteggere le posizioni
Star Question mark di mercato e le fonti di cash
Ritmo di sviluppo
flow.
Dog. Riduce gli investimen-
ti al minimo; massimizza il
cash flow; «miete»; abban-
dona.
Question mark. Investe per
conquistare posizioni di
Cash cow Dog mercato oppure decide di
«mietere» o disinvestire
per rendere minimo il dre-
naggio di risorse.
Basso Star. Investe per difendere
le posizioni di mercato e/o
Alta Bassa
investe per conquistare
Quota di mercato quote di mercato.
fronta sulla base della quota di mercato relativa, che si considera come sintesi della
capacità di competere e quindi della capacità di generare profitti. Si ricavano così
quattro profili, cui corrispondono altrettante specifiche strategie.
Star. Nel quadrante a sinistra in alto della matrice sono collocate le «stelle», le busi-
ness unit con elevata quota di mercato operanti in un settore in forte sviluppo, le più
ambite in un portafoglio di business unit. Hanno prospettive di elevati profitti nel
lungo termine e opportunità di sviluppo per mantenere la posizione. Queste business
unit devono fare rilevanti investimenti. Dato che hanno elevate quote di mercato, è
verosimile che le economie di scala possano generare forte liquidità.
Cash cow. Nel quadrante in basso a sinistra sono le «mucche da mungere», ossia le
business unit che hanno una elevata quota di mercato in un settore con un basso ritmo
di sviluppo. Proprio perché lo sviluppo è basso il fabbisogno di nuovi investimenti è
modesto. La forza di queste business unit è nell’essere nella fascia bassa delle curve
di esperienza (dove i costi sono più bassi). Sono leader di costo nel loro settore. Sono
quindi in grado di generare liquidità e profitti (i costi di ammortamento sono bassi
essendo modesto il fabbisogno di investimenti). Se lo sviluppo è basso (dato che il
settore è maturo), è probabile che le posizioni tra concorrenti siano stabili. Queste
business unit hanno quindi buone prospettive di mantenere elevati profitti. La stabi-
lità delle posizioni allontana però la possibilità di sfruttare nuove opportunità, perciò
liquidità e profitti possono essere destinati a sostenere le star.
Question mark. Nel quadrante in alto a destra sono le business unit con bassa
quota di mercato in un settore in forte sviluppo. Hanno dunque una debole posizione
competitiva, ma essendo in un settore ad alto potenziale hanno opportunità di conse-
guire profitti nel lungo termine e partecipare alla fase espansiva. Proprio a causa del-
344 Le strategie corporate
Figura 14.2
Matrice GE- • Quota relativa di mercato
McKinsey: • Controllo delle competenze
attrattività del e delle capacità necessarie
settore/ • Buoni margini di profitti
posizione a confronto con quelli dei
competitiva concorrenti
dell’impresa • Capacità di fronteggiare
i rivali per caratteristiche
dei prodotti e dei servizi,
qualità e altre prestazioni
• Posizione relativa di costo
(rispetto ai concorrenti)
• Disponibilità di risorse
per alimentare i fattori di
successo del settore
• Immagine/reputazione
• Capacità di negoziazione
con i fornitori e/o i
compratori
• Elevato know-how del
• Quote di mercato e ritmo management
di sviluppo
• Margini di profitto del
settore
• Intensità della
concorrenza
• Fattori stagionali e ciclici
• Compatibilità tra la
catena del valore
del settore e le catene
del valore dei business
dell’impresa
• Compatibilità tra le
risorse necessarie per
competere nel settore
e le disponibilità di
risorse dell’impresa
• Condizioni dell’ambiente
esterno (sociale, naturale,
economico)
• Opportunità emergenti
nel settore
Fonte:
A. Thompson, • Minacce alla stabilità del
A. Strickland, settore
Strategic • Grado di rischio e di
Management, incertezza
McGraw-Hill,
New York, 1998.
Le strategie corporate in un’impresa multibusiness 347
Figura 14.3
La matrice Lancio
stadi di
evoluzione/
posizione
competitiva
Sviluppo
del prodotto/mercato
Stadi di evoluzione
Shakeout
Maturità/
Saturazione
Declino
Fonte: C. Hofer,
D. Schendel
(1978), Strategy
Formulation:
Analytical Forte Media Debole
Concepts, West
Publishing Posizione competitiva
Company.
Figura 14.4
Esempio di Risorse/capacità Nella produzione Nella Nella
matrice di massa distribuzione tecnologia
risorse/mercati
Mercati
Fonte: adattato
da B. Wernerfelt, Semiconduttori X X
(1984), «A
Resource-Based Elettronica di con- X X
View of the
sumo
Firm», Strategic
Management
Journal, pp. 171- Computer X
180.
Figura 14.5
Un piano di Nuove
acquisizione Premier Plus 10 Mega opportunità
Quali nuove core competencies Quali nuove core competencies
delle core
dobbiamo acquisire per costrui- dovremmo costruire per essere
Core competencies
Premier Plus 10. Il quadrante in alto a sinistra suggerisce un’altra domanda impor-
tante. Quali nuove core competencies dobbiamo costruire oggi per essere considera-
Le strategie corporate in un’impresa multibusiness 351
• in che misura esiste accordo tra le strategie della SBU e le strategie e gli obiettivi
del corporate (parent)? Per esempio, il corporate può avere come obiettivo prima-
rio lo sviluppo nei mercati internazionali. Fino a che punto le strategie attuali e
future delle singole SBU incorporano questo obiettivo?
• in che misura esiste accordo tra le esigenze e le opportunità per lo sviluppo di una
SBU, e le capacità e le competenze del corporate (parent)? Per esempio, la SBU
può avere come obiettivo lo sviluppo nei mercati internazionali, ma non avere
tutte le capacità e competenze necessarie. Il corporate dovrebbe essere in grado di
fornirle.
• heartland indica una situazione in cui la parent company aggiunge valore; è il ful-
cro di future strategie (è la «patria»);
• ballast è la collocazione delle SBU per le quali il centro può far poco: potrebbero
avere successo se fossero indipendenti (è la «zavorra»);
• value trap indica posizioni pericolose: al centro viene chiesto di contribuire, ma
non ha le risorse; le SBU dovrebbero spostarsi in heartland;
• alien identifica i casi per i quali la prospettiva è l’abbandono (è l’alieno).
a) mette in primo piano il ruolo del «centro» (la parent company) nella creazione di
valore e suggerisce che una strategia multibusiness non è semplicemente la
somma di tante strategie di SBU;
b) spinge a individuare i business o i mercati in cui l’impresa ha accumulato le mag-
giori competenze (la «patria»);
c) le ricerche degli autori hanno confermato che poche imprese esercitano un ruolo
centrale nella formulazione delle strategie; molte delegano il loro ruolo e le loro
responsabilità ai manager della business unit.
Figura 14.6
Il parenting Alto
di successo e risorse
Rapporto tra fattori
mix
Ballast Heartland
del corporate
Figura 14.7
PIMS: i
principali Forza competitiva Attrattività del mercato
• Quota di mercato • Ritmo di sviluppo
fattori • Quota relativa (ai primi tre • Concentrazione
per valutare del mercato) • Innovazione
• Qualità relativa • Potere di negoziazione
il potenziale • Brevetti • Complessità della logistica
strategico • Assistenza ai clienti
Produzione snella
• Intensità degli investimenti Eccellenza delle risorse umane
• Rapporto tra attività fisse e • Organizzazione snella
circolanti • Cultura partecipativa
• Utilizzazione della capacità • Incentivi
Fonte: R. operativa • Formazione
• Risorse interne
Buzzell, B. Gale, • Produttività
(1987), The PIMS • Make-or-buy
Principles, Free
Press, Boston.
Figura 15.1
Tre tipi di
strategie Le strategie competitive
competitive
Le situazioni che si presentano nella realtà sono numerose. Un modo per semplifica-
re l’analisi consiste nel distinguere tre categorie (Fig. 15.1)1:
1) strategie generiche, adatte per tutti i business indipendentemente dal settore e dal
fatto che le imprese siano industriali o di servizi;
2) strategie in rapporto alla fase del ciclo di vita del settore;
3) strategie in situazioni particolari, o strategie dinamiche.
Mentre le prime sono oggetto di questo capitolo, le altre verranno trattate nei capito-
li 16, 17, 18.
• leadership di costo;
• differenziazione;
• focus sui costi e focus sulla differenziazione.
368 Le strategie di business unit
Figura 15.2
I vantaggi Profitto per unità = prezzi – costi per unità
della cost
leadership A A Prezzo
medio
rispetto ai
profitti medi
Y Y Costi dei
concorrenti
X X Costi del
leader di
Profitti del bassi costi
leader di bassi Profitti dei
costi: rispetto concorrenti
alla media
Vantaggi
I vantaggi di questa strategia (Fig. 15.2) possono essere illustrati ricorrendo al modello
delle cinque forze di Porter. Praticare costi bassi è una scelta che difende meglio dai pro-
dotti sostitutivi e dal potere di negoziazione dei fornitori e dei clienti ed è una barriera
potente all’entrata di nuovi concorrenti. Se i costi sono più bassi, il leader può pratica-
re prezzi più bassi rispetto ai concorrenti mantenendo il loro stesso livello di profitti.
In secondo luogo, se la competizione nel settore aumenta e le imprese comincia-
no ad affrontarsi sul prezzo, il leader sarà in grado di sostenere la competizione
meglio delle altre imprese grazie ai suoi bassi costi. Avrà quindi maggiori possibilità
di conquistare e difendere le quote di mercato.
Disponendo di un’elevata quota di mercato, l’impresa ha un forte potere di nego-
ziazione nei confronti dei fornitori. La strategia di bassi costi è anche una barriera nei
confronti delle imprese che vorrebbero entrare, in quanto poche possono imitare que-
sto vantaggio competitivo. Il ciclo si autoalimenta. L’aumento dei volumi di produ-
zione fa diminuire i costi e di conseguenza, a parità di condizioni, fa aumentare i pro-
fitti dando all’impresa la capacità di fare ulteriori investimenti per lo sviluppo.
Svantaggi
Il principale rischio è che altri concorrenti siano in grado di produrre a costi altret-
tanto bassi o addirittura inferiori. Più volte il progresso ha reso obsolete tecnologie
basate sui grandi volumi e ha dato gli stessi vantaggi (curve di esperienza) a imprese
con volumi di produzione più bassi. Le tendenze dell’ambiente possono cambiare e
le imprese che affidano la leadership di costo a localizzazioni in paesi a basso costo
del lavoro corrono il rischio di fluttuazioni nei cambi, di misure protezionistiche da
parte degli stati in cui vendono e che i concorrenti producano in paesi a costo del
lavoro ancora più basso. È inevitabile che nei paesi in via di industrializzazione i
costi del lavoro crescano. Le imprese dell’Europa Occidentale che negli ultimi anni
Ottanta hanno localizzato le produzioni in Polonia e in altri paesi dell’Europa Cen-
tro-Orientale, dopo pochi anni sono state costrette a rivedere la loro politica a causa
dell’inevitabile aumento del costo del lavoro. Un altro rischio è che il leader di costo
concentrando risorse, capacità e attenzione su come tenere i costi bassi, perda di vista
gli eventuali cambiamenti nelle attese dei potenziali compratori.
Le strategie competitive generiche 371
Figura 15.3
Differenziazione Basso Elevata
delle principali prezzo qualità
catene Private
alimentari label Aldi Migros Marks & Spencer
dell’Europa
Occidentale
nella Sainsbury’s
percezione del
cliente Lidl Tesco
Albert Heijn
Netto Carrefour
Auchan
Marche del
produttore Galeries Lafayette
Note: 1) i prezzi tengono conto degli sconti; 2) la qualità tiene conto in particolare dei
prodotti freschi.
Figura 15.4
I vantaggi Profitto per unità = prezzi – costi per unità
della
differenziazione B Prezzo
rispetto ai dell’impresa che
profitti medi differenzia
A Prezzo medio
Costi della
impresa che
differenzia Z
Y Costi dei
concorrenti
Profitti della
impresa che Profitti dei
differenzia: concorrenti
sopra la media
380 Le strategie di business unit
Figura 15.5
Rischi delle Rischi della cost leadership Rischi della differenziazione Rischi del focus
strategie
La cost leadership non è La differenziazione non è Il segmento scelto come tar-
competitive
sostenibile quando: sostenibile quando: get diventa meno attraente
generiche • i concorrenti imitano; • i concorrenti imitano; quando:
• le tecnologie cambiano; • le basi della differenzia- • la strategia focus viene
• altre basi della cost leader- zione diventano meno imitata;
ship svaniscono. importanti per il compra- • la struttura e i confini tra
tore. segmenti si sfaldano;
• la domanda cala.
Per il compratore i vantaggi Per il compratore i vantaggi I concorrenti che hanno scel-
dati dalla differenziazione dati dai bassi costi superano to target più ampi entrano
superano largamente quelli largamente quelli della diffe- nel segmento:
dei bassi costi*. renziazione. • le differenze del segmento
rispetto ad altri segmenti
svaniscono;
• aumentano i vantaggi di
offrire un’ampia gamma
di prodotti.
Le imprese che hanno adot- Le imprese che hanno adot- Nuove imprese entrano con
tato una strategia focus rie- tato una strategia focus rie- strategie focus e frazionano
scono ad abbassare ulterior- scono a differenziare ulte- ulteriormente i segmenti nel
mente i costi nei loro seg- riormente nei loro segmenti. settore.
menti.
In mezzo al guado
Porter sostiene che, per avere successo, una business unit deve perseguire una soltan-
to delle strategia competitive generiche. In caso contrario corre il rischio di trovarsi
«in mezzo al guado» senza vantaggi competitivi e con risultati inferiori alla media.
Questa tesi è ampiamente contestata.
Secondo Porter, dopo aver scelto la strategia l’impresa deve realizzarla in modo
coerente. Per esempio, se la scelta è per la differenziazione ed è basata sulla capacità
di innovare, è un errore cercare di ridurre le spese di R&S, perché in tal modo si per-
derebbe il vantaggio competitivo e le competenze distintive svanirebbero. Analoga-
mente, se la scelta è per una strategia di bassi costi può essere un errore entrare in
troppi segmenti, come fanno le imprese che scelgono la differenziazione, poiché
aumentando la varietà dei prodotti aumentano i costi di produzione e quindi l’impre-
sa perde il vantaggio dei bassi costi.
Molte imprese dopo aver scelto una delle tre strategie generiche, a causa di cam-
biamenti nell’ambiente esterno, perdono il controllo della situazione e non fanno
quanto dovrebbero fare con la strategia scelta. Ben presto si trovano a competere con
altri rivali che hanno applicato strategie più attente. Sono «in mezzo al guado». Non
Le strategie competitive generiche 381
hanno vantaggi competitivi in alcuna strategia. Per esempio, un’impresa che abbia
scelto una strategia di nicchia, trascinata dal successo iniziale può differenziare oltre
misura e disperdere le risorse in troppi campi. People Express è portata come esem-
pio classico di un’impresa che sceglie una delle tre strategie, ma poi non alloca le
risorse nel modo giusto e nella misura giusta.
People Express
Scelse un mercato di nicchia. Serviva il seg- re la flotta entrò in una crisi finanziaria che la
mento del trasporto aereo a costo basso, no- portò al fallimento. Fu acquistata da Texas Air
frills, sulle rotte Londra-New York. Ebbe un e poi incorporata in Continental Airlines. Era
grande successo iniziale, ma quando cercò di entrata in un mercato per il quale non aveva
servire altri segmenti geografici e di potenzia- vantaggi competitivi sostenibili.
Anche le imprese che adottano strategie basate sulla differenziazione possono trovar-
si in mezzo al guado a opera di altre imprese più specializzate o che hanno i vantag-
gi competitivi nei bassi costi.
Varie ricerche confermano le tesi di Porter (Dess, Davis, 1984; Porter, 1980). Tut-
tavia, è dimostrato che il successo è andato anche a imprese che hanno adottato sia la
strategia di bassi costi sia quella di differenziazione: i costruttori giapponesi Toyota,
Nissan e Honda, per esempio, così come le europee BMW e Benetton. Day (1989)
definisce la loro strategia playing the spread e cita il caso di Kellogg, che ha percorso
la strada dei bassi costi e della vendita premium price, offrendo ai clienti i prodotti di
qualità superiore. Day sostiene che elevando la qualità dei prodotti sia possibile
abbassare indirettamente i costi, e in questo si ispira alle tesi di Deming (1986), secon-
do il quale qualità e produttività (che comporta costi più bassi) sono compatibili.
White (1986) propone invece di integrare le due strategie dei bassi costi e della
differenziazione: nella matrice in Figura 15.6 la posizione in mezzo al guado è quel-
Figura 15.6
Integrare le
strategie
Differenziazione
competitive
generiche del Bassa Alta
modello Porter Alto
Fonte: R.E. White,
«Generic Business Costo puro Costo e differenziazione
Strategies,
Costi
Organizational
Context and
Performance: an Nessun vantaggio
Empirical Differenziazione pura
competitivo
Investigation»,
Strategic Basso
Management
Journal, maggio-
giugno, p. 226.
Le strategie competitive e il ciclo di vita di settore 389
Figura 16.1
Due strategie Mentre alcune imprese cercano Altre cercano di consolidare
contrapposte di resistere alla frammentazione il settore (ridurre il numero
di imprese)
• Prodotto standardizzato di
• Nuovi segmenti di mercato
basso costo
• Specializzazione
• Marketing aggressivo
• Segmenti ad alto sviluppo
• Entrata di sorpresa
• Segmenti a basso sviluppo
• Acquisto di imprese concor-
• Ritirata
renti
Fronteggiare la frammentazione
È evidente che in una situazione fluida è difficile distinguere l’attacco dalla difesa.
Possiamo tuttavia individuare alcune strategie che ricorrono frequentemente.
Per fronteggiare la frammentazione in genere le imprese già presenti nel mercato
hanno di fronte quattro alternative:
Figura 16.2
Quattro
strategie per
Le strategie per dissuadere
ridurre le
l’entrata di nuovi concorrenti
minacce di
entrata
Figura 16.3
Le strategie Le strategie per ridurre
per ridurre l‘intensità della
competizione
l’intensità
della
Controllo
competizione Il prezzo Price Non price
della capacità
Azioni dal lato Azioni dal lato
come segnale leadership competition dei fornitori dei distributori
operativa
Figura 16.4
Le strategie Settori
nei settori in declino
in declino
Costringere
«Tenere il Disinvestire
Creare sviluppo i rivali «Mietere»
campo» o liquidare
all‘abbandono
L’esperienza insegna che anche nei settori in declino esistono imprese in grado di
ottenere buoni risultati. Nessuno dubita per esempio che la domanda di sigarette e di
bevande alcoliche sia in calo, eppure Philip Morris compra imprese e marchi e altret-
tanto fa Bacardi. Quali strategie adottano? Quali sono i fattori del loro successo?
Cominciamo con il domandarci perché un settore entra in una fase discendente.
Il declino può essere causato da un cambiamento nello stile di vita dei consumato-
ri, da una nuova tecnologia, da tendenze demografiche o da politiche dello stato. Le
conseguenze principali sono due: eccesso di capacità operativa e pressione sui prezzi.
Negli anni Novanta vari settori sono entrati in una fase di questo genere: trasporto
aereo, semiconduttori, abbigliamento di fascia medio-alta soggetto a moda, autovei-
coli; nei primi anni Duemila è stata la volta del personal computer. Quando la doman-
da in un mercato non cresce o comincia a declinare si verificano in breve profondi
cambiamenti nella struttura della concorrenza (il che comporta anche un diverso
modo di fare l’analisi competitiva) e anche nella struttura interna delle imprese.
Per quanto riguarda la concorrenza l’effetto più evidente è che per mantenere una
quota di mercato – e quindi per saturare la capacità produttiva – in presenza di una
domanda stagnante è necessario strappare quote a uno o più concorrenti. La compe-
tizione si fa così sempre più intensa. Le imprese più deboli vengono spinte fuori dal
mercato, mentre le imprese che rimangono sono costantemente poste di fronte a tre
opzioni: «mietere», ossia trarre il maggiore vantaggio possibile nel breve termine e
poi abbandonare, disinvestire e in qualche caso anche liquidare, oppure cercare una
posizione di forza con una strategia opposta.
Come dimostra l’esame della realtà, se è vero che la capacità produttiva totale
deve essere ridotta, che l’occupazione diminuisce e che diminuisce anche il numero
delle imprese, è anche vero che esistono alternative diverse al disinvestimento e alla
liquidazione. Con una frase a effetto si potrebbe dire non esistono settori in declino,
ma soltanto dirigenti che non sanno o non possono reagire a causa di vincoli esterni
all’impresa.
Premesso che se la domanda rallenta il ritmo di crescita oppure ha una contrazio-
ne, è necessario rivedere gli obiettivi della business unit in modo da renderli compa-
tibili con le tendenze e le effettive opportunità del mercato, le strategie suggerite per
le imprese che operano in settori con domanda in declino sono assai varie.
Aaker (1998) individua cinque strategie di risposta delle imprese a un mercato in
declino:
Disinvestire o liquidare
All’avvicinarsi del declino, l’impresa può valutare che l’uscita anticipata dal settore
(vendita ad altri) possa rappresentare la strategia migliore. È una strategia adottata in
particolare quando l’impresa prevede che la concorrenza sarà forte e non dispone, o
non vuole mettere in campo, le risorse necessarie per mantenere le nicchie di merca-
to ancora esistenti. L’opzione migliore è vendere a un’impresa del settore che con-
temporaneamente stia perseguendo una strategia di leadership. Pagherà un prezzo
più alto di un’impresa di un altro settore.
La liquidazione è la soluzione più drastica: il patrimonio è smembrato, le attività
sono cedute e le passività estinte.
Figura 16.5
Intensità della
competizione
Alta
e forze
dell’impresa
Nicchia
Disinvestire
Intensità della competizione
o mietere
in settori in declino
Mietere Leadership
o disinvestire o nicchia
Bassa
Bassa Alta
Prodotti sostitutivi
Per attaccare i leader del mercato molte imprese lanciano un prodotto sostitutivo che
presenta vantaggi rispetto ai prodotti concorrenti: un prezzo più basso, minori costi
di esercizio, minor peso, minori dimensioni o altro.
È evidente che di per sé questo non garantisce il successo nel lungo periodo, poi-
ché le imprese leader possono imitare chi attacca offrendo un prodotto simile e pos-
sono difendersi agevolmente riducendo i prezzi, aumentando le spese in pubblicità,
promozione, distribuzione o accelerando il lancio di nuovi prodotti. In tal modo, chi
è in posizione dominante nel mercato aumenta gli investimenti necessari per compe-
tere e quindi aumenta i rischi per il nuovo entrante. Essendo difficile riuscire nell’at-
tacco frontale, alcune imprese preferiscono dunque la strategia dell’angolo cieco.
Tetra Pack, per esempio, deve il proprio successo a una strategia di questo tipo. I suoi
contenitori di alimenti liquidi hanno costituito un’eccellente alternativa all’utilizzo di
bottiglie di vetro o lattine. Per competere in questi ultimi due settori è necessario
disporre di forti economie di scala e avere il controllo delle tecnologie e TetraPack
non aveva possibilità di competere su questo terreno. Ha quindi evitato lo scontro
frontale e aggirato i leader presentando un prodotto con una tecnologia completa-
mente diversa, meno costosa, più flessibile e innovativa.
Figura 17.1
Strategia Il leader di mercato ha la forza per respingere gli attacchi che vengono da imprese con
dell’angolo piccole quote di mercato (A, B, C). Queste ultime devono pertanto attaccare aggirandolo
cieco e individuando un punto debole.
o blind side
Market
Product Lines
M
ar
ke
tl
A
ea
de
r
C
Fonte: Business
International
Research Report,
1983.
426 Le strategie di business unit
Figura 17.2
Tre strategie di
attacco blind Blind side
side (angolo strategy
cieco)
Nuove forme
Prodotto sostitutivo Nicchie trascurate
di distribuzione
Avon e il porta-a-porta
Non riuscendo a convincere i distributori a Mise in difficoltà i leader, che non potevano
mettere i suoi prodotti accanto a quelli dei lea- imitarla adottando la stessa formula di vendita
der, Avon decise di adottare un nuovo modo di poiché i distributori, che avevano dato loro la
vendere: il porta-a-porta, ed ebbe successo. preferenza, sarebbero insorti.
442 Le strategie di business unit
Figura 18.1
Le principali
cause della
Cambiamenti Responsabilità
crisi Recessione
nella tecnologia del management
Crisi
444 Le strategie di business unit
Figura 18.2
La gestione Condizione dell’impresa Strategia del turnaround Azioni avviate
strategica in nel turnaround
una fase di
Condizione forte Attacco • Investire in vista della
recessione
ripresa del ciclo
• Acquisire quote di mer-
cato: acquistare imprese
concorrenti; concorren-
za aggressiva; migliora-
re le attività chiave
• Strategie di espansione
nei mercati mondiali
Figura 18.3
Il management Dimensioni Controlli Costi
Incapacità Inerzia
è spesso il eccessive non adeguati troppo alti
principale
responsabile Responsabilità
del declino del
management
Incapacità del management. Può assumere vari aspetti. Hoffman (1984) ha indi-
viduato una serie di punti deboli nel management delle imprese in declino, tra cui i
più frequenti sono: mancanza di un adeguato equilibrio di competenze al vertice
(modeste competenze tecnologiche, o finanziarie, o di marketing); errori nel pro-
grammare la successione ai vertici (aprendo conflitti interni).
Un’altra ricerca ha fornito particolari su una causa che viene spesso citata come
determinante senza che però esistano prove concrete. Bibeault (1982) ha rilevato che
nei casi di imprese entrate in crisi è frequente la presenza di un leader accentratore
convinto assertore dello sviluppo a ogni costo.
per finanziare lo sviluppo di nuove idee, per dare la flessibilità necessaria nel
rispondere a nuove tendenze del mercato e, soprattutto, per sfruttare le nuove
opportunità.
Figura 18.4
I fattori di un 1) Efficienza nella produzione
turnaround di 2) Efficienza nella gestione delle
successo scorte
3) Bassi costi fissi Produzione a costi bassi
4) Semplificazione del processo
produttivo
Figura 19.1
Le strategie Strategie Forze Debolezze
generiche
in un nuovo Cost leadership • Alza barriere alla nuova Vulnerabile a:
mercato concorrenza. • innovazione tecnologica;
geografico • Estende le economie di • entrata di imprese di
scala e le economie di paesi con basso costo del
scopo. lavoro;
• fluttuazione dei cambi.
Playing the spread. Nei mercati mondiali significa combinare i costi bassi con la
differenziazione. Qualità migliore, più servizi e immagine determinano a breve un
aumento di costi, ma nel lungo termine l’aumento dei volumi può ridurre i costi attra-
verso economie di scala e di scopo.
Vantaggi specifici
Oltre ai vantaggi generici di costo, differenziazione e playing the spread, per decide-
re se entrare o non entrare l’impresa deve chiedersi quali siano i vantaggi specifici
ottenibili (Fig. 19.2). Anche questi sono molteplici e diversi secondo i settori, i mer-
cati e le strategie delle imprese, ma possono ricondursi a tre azioni principali:
Figura 19.2
Tre vantaggi
specifici I vantaggi di essere
presenti in più mercati
Economie
Trasferire competenze Economie di scala
di localizzazione
Condizioni della domanda. Le caratteristiche della domanda locale (di una spe-
cifica nazione) per un dato prodotto o servizio agiscono sui vantaggi competitivi. Se
i compratori hanno esigenze complesse e sofisticate (come le imprese petrolifere
americane nei confronti dei fornitori di attrezzature e impianti), le imprese che ope-
rano in una tale nazione sono spinte a produrre con qualità elevate e a innovare fre-
quentemente. La concorrenza interna tende ad abbassare i costi, quindi i prezzi. Le
imprese che in un certo mercato sono in grado di rispondere in modo efficiente a una
domanda esigente hanno un significativo vantaggio competitivo anche in altre parti
del mondo.
Figura 19.3
I fattori che
creano Strategia delle imprese,
vantaggi strutture organizzative
competitivi e rivalità
Natura
Fattori di produzione
della domanda
Fonte: M. Porter,
The Competitive
Imprese di settori
Advantage of
Nations,
complementari
Macmillan, New
York, 1990.
Le strategie nei mercati mondiali 479
Concorrenti locali
Le imprese che hanno strategie mirate unicamente al mercato locale rappresentano
un tipo di concorrente che spesso ha molti vantaggi rispetto alle grandi multinaziona-
li. Anzitutto, a differenza delle imprese straniere, non sono guardate con sospetto dai
governi e dall’opinione pubblica e spesso godono di barriere protezionistiche. Ciò è
particolarmente vero nei settori che sono fonti di occupazione (abbigliamento e tessi-
le, per esempio) o che hanno importanza strategica (computer e costruzioni aeronau-
Figura 19.4
Tre fasi e tre
strategie di Le forze che spingono
risposta verso nuovi mercati
geografici
Le risposte
Figura 19.5
Esempio di Alto Stars Question marks
matrice BCG
sviluppo/quote
di mercato
Cina
Cows Dogs
Germania
Russia
Francia
Basso
Alto Basso
Quota di mercato relativa
In questo esempio, Francia e Germania sono due mercati nei quali l’impresa è ben conso-
lidata e con il cash flow ottenuto da questi due mercati l’impresa può finanziare la pene-
trazione in Cina e in Spagna, mercati in forte sviluppo nei quali ha una quota modesta,
oppure l’entrata in Gran Bretagna, in cui ha una quota di mercato elevata per mantenere
la quale, a causa della forte crescita della domanda, ha un elevato fabbisogno finanziario.
La Russia dovrebbe essere abbandonata.
La matrice BCG aiuta a stabilire il ruolo di una business unit o di un prodotto sulla
base del ritmo di sviluppo del mercato e della quota di mercato in rapporto a quella
dei concorrenti. Aiuta anche a individuare il ruolo del cash flow. Tuttavia, la matrice
deve essere interpretata e usata con cautela, tenendo presente che è solo una prima
approssimazione al problema. Il grafico in Figura 19.5 offre un esempio di visualiz-
zazione semplificata della matrice BCG.
La portfolio analysis può anche ricorrere alla matrice attrattività del mercato/
posizione competitiva, che può suggerire a quali mercati o paesi destinare investi-
menti e quali abbandonare. La Figura 19.6 illustra un esempio di come un’impre-
sa che vende abbigliamento di prezzo elevato valuti alcuni mercati in cui è già
presente: quelli collocati nella parte in alto a sinistra sono in una buona posizione
per ulteriori investimenti, mentre quelli in basso a destra sono nella posizione
opposta.
482 Le strategie di business unit
Figura 19.6
Esempio di Elevata
matrice
attrattività/
posizione • Francia • Stati Uniti
competitiva • Germania • Canada
per paesi
Attrattività mercato/paese
• Giappone • Svezia
• Messico • Danimarca
Fonte: adattato
da G.D. Harrell,
R.O. Kiefer,
Multinational Bassa
Strategic Market Elevata Bassa
Portfolios, MSU
Business Topics, Posizione competitiva
1981.
Figura 19.7
Gli elementi
che orientano Scelta dei mercati
la scelta dei
mercati
Struttura
Orientamento Caratteristiche Strategie
della concorrenza
dell’impresa dei mercati dei concorrenti
nel settore
• Attitudini verso il • Domanda poten-
rischio ziale
• Risorse disponibili • Grado di integra-
zione regionale
In quali mercati entrare – e con quale sequenza – è una scelta che può essere affron-
tata con una pluralità di criteri: le dimensioni (i mercati più grandi?), la distanza (i
mercati più vicini sia in senso geografico sia per cultura e tradizioni?), le potenzialità
(i più ricchi?).
Nuovi elementi hanno aumentato la complessità della scelta negli ultimi decenni.
Anzitutto l’integrazione economica e politica nelle aree geografiche più avanzate, di
cui Unione Europea, NAFTA (Canada, Messico e Stati Uniti), ASEAN (Sud-Est
asiatico), Mercosour (America Latina) sono le forme più note. Inoltre, come conse-
guenza, la caduta di alcune barriere economiche tra gli stati, quindi l’inadeguatezza
della tradizionale identificazione dei mercati con i confini politici.
La scelta dei mercati è guidata principalmente da quattro elementi: orientamento
strategico dell’impresa, caratteristiche dei mercati, struttura del settore e strategie dei
concorrenti (Fig. 19.7).
Figura 19.8
Strategie di
entrata in un Strategie di entrata: varie opzioni
mercato estero
Esportazione indiretta
L’impresa vende a intermediari (imprese import-export) che hanno la sede operativa
nel suo stesso mercato, i quali a loro volta vendono all’estero. Oppure vende diretta-
mente a intermediari esteri (importatore o trading company).
Vendendo attraverso intermediari si ottiene una serie di vantaggi:
Figura 19.9
Trade-off tra Alto
grado di
rischio e grado
di controllo Produzione in loco
Franchising
Vendita diretta
Esportazione indiretta
Basso
Basso Alto
Grado di controllo
• produce senza sapere cosa vogliono i compratori, quali sono le loro esigenze e
attese. L’intermediario in genere vuole disporre di più prodotti di più fornitori per
diversificare il proprio sistema di relazioni. Parte di questi prodotti possono esse-
re in competizione tra loro ed egli/ella spingerà più sull’uno o sull’altro a secon-
da dei margini di utile.
Per l’impresa che vende all’estero è difficile fare una politica a medio-lungo termine
con queste incognite.
L’esportazione indiretta è un modo di vendere all’estero adatto in particolare per i
beni di consumo, per i mercati di piccole dimensioni, per le piccole imprese e per le
imprese che intendono verificare la capacità di penetrazione di un prodotto in un
nuovo mercato senza correre rischi.
Vendita diretta
Mentre nella forma precedente l’impresa lascia l’iniziativa ad altri, con la vendita
diretta entra in un mercato estero con l’obiettivo di allacciare direttamente i rapporti
con i clienti. Cerca di conoscere cosa vuole il mercato; è pronta ad adattare l’offerta
alle esigenze specifiche della domanda; risolve direttamente i problemi che possono
sorgere.
È una forma usata soprattutto per i beni strumentali (macchinari, attrezzature) e
per i beni di consumo nei mercati che in prospettiva hanno un elevato potenziale.
Figura 19.10
Due tipi di Alta
pressioni sulle
imprese: costi
e adattamento Impresa C
Impresa B
Bassa
Bassa Alta
Pressione per adattare l’offerta al mercato locale
Si tratta di due pressioni alle quali le imprese che operano nei mercati mondiali non
possono sottrarsi. Per rispondere alla pressione sui costi l’impresa deve abbassare i
costi unitari, e ciò significa situare le produzioni dove i costi sono più bassi e offrire
prodotti il più possibile standardizzati al fine di realizzare economie di scala.
D’altra parte, però, rispondere alle esigenze dei singoli mercati significa adattare
le strategie di marketing e di produzione al fine di tener conto delle differenze (spes-
so notevoli) tra un mercato e l’altro, legate a tradizioni, preferenze dei compratori,
strutture della distribuzione e strutture della concorrenza. Questo tipo di risposta
comporta un aumento dei costi. Il grafico in Figura 19.10 esprime i diversi gradi di
difficoltà che un’impresa deve affrontare.
La maggior parte delle imprese che vendono nei mercati mondiali sono nella
posizione dell’impresa C dello schema, sottoposte a forti pressioni sia per ridurre i
costi sia per rispondere alle esigenze locali.
Entrando in competizione nei mercati globali è inevitabile affrontare concorrenti
che vendono con qualità paragonabili ma con costi più bassi. Per rispondere a questa
pressione, le imprese devono abbassare i costi introducendo tecnologie avanzate di
produzione di massa e cercando economie di scala e di scopo in ogni attività. Le
pressioni per abbassare i costi sono tanto più forti quanto minore è la differenziazio-
ne di prodotti e servizi. In tali condizioni il prezzo è l’arma principale (prodotti chi-
mici di base, acciaio, zucchero sono esempi di commodity per le quali la differenzia-
zione non basata sul prezzo è difficile).
La pressione è forte anche quando uno o più produttori hanno la base produttiva
in un paese con costi del lavoro o delle materie prime più bassi di quelli dei rivali,
quando esiste eccesso di capacità produttiva e quando i costi per passare da un pro-
dotto all’altro sono bassi.
492 Le strategie di business unit
Le pressioni per rispondere alle esigenze locali nascono da differenze nei gusti e
nelle preferenze dei consumatori; nelle infrastrutture e nelle tradizioni locali; nei
canali della distribuzione; nelle norme e nelle leggi degli stati ospitanti.
Strategia internazionale
L’impresa mantiene dal centro il controllo sulle principali attività svolte nei mercati
mondiali. Trasferisce oltre confine prodotti e capacità (di marketing, di produzione)
che non sono presenti nei mercati in cui intende entrare. Si affida principalmente alle
esportazioni. L’adattamento alle esigenze della domanda locale è modesto. Se il
nuovo mercato ha dimensioni cospicue può trasferire le produzioni, anche in questo
caso con modesti adattamenti.
Una strategia internazionale è efficace se l’impresa ha un vantaggio competitivo
sui concorrenti locali e se la domanda non richiede adattamenti o costi più bassi. Se
la pressione per adattare i prodotti è forte la strategia è perdente.
Figura 19.11
Due tipi di Alta
pressioni per
rispondere alle
Pressione per integrare le varie attività
Strategia Strategia
internazionale multinazionale
Bassa
Bassa
Pressione per rispondere alle esigenze del mercato locale