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Le Società

Benefit
La guida per conoscerle
a fondo e comprenderne
tutti i vantaggi

A cura di

Nicola Vernaglione
Ezio Este
Nicola Tracanella
Valerio Oliveto

© 2022 CREAZIONEIMPRESA SRL – SB. TUTTI I DIRITTI RISERVATI


Indice
00
INTRODUZIONE
pag.4

01
CHI SIAMO E PERCHÈ ABBIAMO SCRITTO
QUESTA GUIDA
pag.6

01
02
LE SOCIETÀ BENEFIT: L'INNOVATIVA
LEGISLAZIONE ITALIANA IN SINTESI
pag.7

03
E GLI AMMINISTRATORI?
pag.11

04 QUALE VALORE?
pag.13

01
05 IL SOGGETTO INCARICATO
pag.19

06
LA RELAZIONE DI IMPATTO
pag.21

I Focus
01 SOCIETÀ BENEFIT E STARTUP
pag.26

02 SOCIETÀ BENEFIT E B-CORP


pag.28

01
03
SOCIETÀ BENEFIT O SIAVS
pag.31

04
ESEMPI DI MISURAZIONE DELL’IMPATTO:
LO SROI E IL BIA
pag.33

05
OUTPUT O OUTCOME?
pag.50

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06
LA RETE DI IMPRESA BENEFIT
pag.53

07
E' PIÙ FACILE RACCOGLIERE CAPITALI DA
INVESTITORI QUALIFICANDOSI COME SOCIETÀ
BENEFIT?
pag.55

01
08
IL PNRR E LA SOSTENIBILITÀ
pag.57

09
L’IBRIDAZIONE ORGANIZZATIVA
pag.60

Domande & Risposte


01
COSA SUCCEDE SE NON RAGGIUNGO GLI
OBIETTIVI ?
pag.64

02
COSA SUCCEDE SE NON MI COMPORTO DA
SOCIETÀ BENEFIT?
pag.64

03
LA RELAZIONE DI IMPATTO DEVE ESSERE RESA
PUBBLICA?
pag.65

04 DEVO PREOCCUPARMI DELLA FILIERA?


pag.65

05
DEVO AVERE UN DETERMINATO CODICE ATECO
PER ESSERE BENEFIT?
pag.66

06
SE DESTINO UNA PARTE DELLE MIE RISORSE A
FARE BENEFICIENZA SONO BENEFIT?
pag.67

2
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Info
01
COME POSSO APPROFONDIRE?
pag.69

02
GLI AUTORI DI QUESTA GUIDA
pag.70

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00 Introduzione
In questo e-book affrontiamo un argomento di
estrema attualità:

come si può creare profitto e contemporaneamente


generare un impatto positivo sulla società e
sull’ambiente ?

Lo facciamo con la conoscenza e la consapevolezza


di chi, non solo accompagna molte startup a
qualificarsi come Società Benefit, ma anche e
soprattutto, come chi ha abbracciato questa visione e
filosofia all’origine, essendo, come sapete, noi stessi
Startup Benefit. Vogliamo offrire uno strumento
pratico ed agile per chiunque, nel proprio piccolo,
voglia fare impresa in modo sostenibile, e lo voglia
fare tramite l’innovazione. Insomma voglia fondare
una startup benefit o trasformare una società in
società benefit.

Come si diventa società benefit?


Come approfondiremo in seguito, la società benefit
non è un nuovo tipo di società; si tratta di una società
di tipo ordinario (società di persone, società di capitali,
cooperativa…) che si obbliga per statuto a perseguire
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un impatto positivo e ad adottare comportamenti di
governance orientati alla CSR (Corporate Social
Responsibility), obbligando in tal senso il proprio
organo amministrativo e l’intera propria
organizzazione.

Come si diventa startup innovativa benefit?


L’innovazione porta con se, nella maggior parte dei
casi, un miglioramento delle condizioni di vita delle
persone e/o un progresso di tipo ambientale; il
modello Startup Innovativa + Società Benefit
costituisce il naturale sviluppo di questo connubio:
la sostenibilità applicata all’imprenditorialità
innovativa.
Sempre più spesso i nostri clienti accolgono con
entusiasmo l’idea di diventare imprenditori attraverso
un modello societario sostenibile, riappropriandosi del
proprio futuro senza essere un peso per le
generazioni successive.

In questo e-book, prendendo spunto, come sempre,


dalle casistiche che ci vengono poste e dallo sviluppo
di soluzioni adeguate e possibili, abbiamo pensato di
offrire un contributo utile di approfondimento,
organizzato in più parti, dando il giusto rilievo a
casistiche specifiche attraverso i Focus e Q&A.

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Chi siamo e perchè
01 abbiamo scritto
questa guida
CREAZIONEIMPRESA SRL è una startup innovativa
e società benefit, orientata al problem solving e alla
creazione di valore delle Startup. Persone disponibili
a dedicare la giusta attenzione alle Startup ed alle
PMI innovative, con focus particolare alle società
benefit, attraverso professionisti interni e in network
basato sulle esperienze dirette, concrete e condivise,
sulle competenze e sull’innovazione, sulla deontologia
e sulla trasparenza.

I professionisti che lavorano e collaborano in


Creazioneimpresa ripongono grandi aspettative verso
la capacità della tecnologia di contribuire ad
affrontare le sfide dei prossimi anni, creando valore
non solo per le startup, ma anche per l’intero sistema
Paese. Creazioneimpresa affronta con strumenti
digitali e con un approccio scalabile un business
marcatamente tradizionale, quello della consulenza,
sviluppando soluzioni e approcci tecnologici: il
Consultech.

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A differenza dei nostri competitors, oltre a sviluppare
una strategia commerciale capillare sul territorio,
l’attività di Creazioneimpresa è caratterizzata da
un’ulteriore strategia rivolta agli aspetti sociali con lo
scopo di sensibilizzare le comunità locali ai temi
dell’educazione finanziaria e dell’innovazione,
condividendo i propri valori morali allo scopo di
rendere possibile un futuro più sostenibile, con
ricadute positive sull’intero Sistema Paese.

La nostra value proposition è primariamente rivolta


alle startup innovative, caratterizzate da un lato da
un elevato tasso di mortalità nei primi anni di attività e
dall’altro da una altrettanto elevata potenzialità di
creazione. Essa si basa su:

Capacità di comunicazione
Disponibilità all’aiuto
Sostegno all’imprenditorialità
Diffusione della conoscenza
Educazione finanziaria
Esperienza concreta nell’assistenza alle Startup
Esperienza concreta nell’assistenza alle micro e
piccole imprese

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Tra I progetti avviati e coerenti con la nostra strategia è
la nostra mission c’è la
“CREAZIONEIMPRESA ACADEMY”.

Con la ACADEMY abbiamo pensato di creare veri e


propri laboratori di consulenza prativa rivolti ai
fondatori e agli amministratori di startup così come ai
consulenti e Commercialisti che le assistono, perché
siamo certi che solo condividendo le giuste (e
specialistiche) conoscenze si possano mettere a frutto
tutte le infinite opportunità che offre una startup.

Pensiamo che quello che diciamo, illustriamo,


spieghiamo e scriviamo permette (ed ha permesso alle
startup che lo hanno già fatto) di sfruttare al massimo
tutte le potenzialità di una startup, ottenendo notevoli
benefici.

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Le società benefit:
02 l'innovativa
legislazione italiana
in sintesi
L’Italia, con la Legge 28 dicembre 2015, n° 208,
articolo 1, commi da 376 a 384, è stata la prima
Nazione al Mondo a dotarsi di una legislazione
dedicata alle società benefit, fatte salve le
esperienze statunitensi con le B-Corp (che peraltro
sono cosa diversa dalle società benefit, come vedremo
meglio in seguito).

Nella relazione al Disegno di Legge si legge che la


citata normativa rappresenta “il primo provvedimento
nell'ambito dell'Unione europea a disciplinare tale
tipologia di società e fare dell'Italia il Paese capofila
nella diffusione di società con scopo di beneficio
comune.”

Vi si afferma inoltre che “La presente legge si propone


di promuovere la costituzione e favorire la diffusione
nel nostro ordinamento di società a duplice finalità,
ossia di società che nell'esercizio di una attività
economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili,
perseguono una o più finalità di beneficio comune
nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente,
beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed
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ogni altro portatore di interesse… superando
l'approccio «classico» del fare impresa”, in quanto
“le società con finalità di beneficio comune introducono
un salto di qualità nel modo di intendere l'impresa,
tale da poter parlare di vero e proprio cambio di
paradigma economico ed imprenditoriale.”

Un oggetto sociale in linea con questi principi potrebbe


addirittura incontrare – in assenza di una apposita
normativa – difficoltà nella registrazione dello statuto
presso le camere di commercio; la Legge 208 del
2015, tra le altre cose, è quindi funzionale a superare
anche possibili problematiche legate alla nascita di
società dedite non solamente allo scopo di lucro.

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03 E gli amministratori?

Con la società benefit si introduce l’obbligo per l’organo


amministrativo di orientare l’attività sociale nella
duplice direzione profitto/sostenibilità.

Gli amministratori sono quindi vincolati per statuto a


conseguire gli impatti positivi previsti dallo statuto.
E se non lo fanno?

I soci di una società benefit valuteranno sia i risultati


economici/finanziari sia il perseguimento del beneficio
comune, che essi stessi hanno voluto introdurre nel
contratto sociale; pertanto potranno:

decidere la sostituzione dell’organo amministrativo


che non consegua i risultati sperati;
avviare un’azione di responsabilità nei confronti
degli amministratori che non si dedichino
sufficientemente allo scopo benefit.

Questo concetto è espressamente introdotto dal


comma 381 della Legge 208:

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“l'inosservanza degli obblighi di cui al comma 380 può
costituire inadempimento dei doveri imposti agli
amministratori dalla legge e dallo statuto. In caso di
inadempimento degli obblighi di cu al comma 380, si
applica quanto disposto dal codice civile in relazione a
ciascun tipo di società in tema di responsabilità degli
amministratori.”

Ciò comporta che in ogni decisione, l’organo


amministrativo tenga in considerazione l’impatto delle
proprie scelte, oltre che il beneficio
economico/finanziario.

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04 Quale valore?

La teoria economica a oggi dominante ritiene che il


compito della società sia quello creare valore per gli
azionisti.

È lo shareholder approach teorizzato negli anni ’60 da


Milton Friedman secondo cui “poche tendenze
possono minacciare le fondamenta stesse della nostra
libera società, come l’accettazione da parte dei
responsabili di impresa di una responsabilità sociale
che sia altro che fare tanti più soldi possibile per i loro
azionisti”.

Questa idea del primato degli azionisti è ancora alla


base del nostro sistema economico tanto giuridico,
quanto finanziario.
Tutte le metodologie utilizzate per valutare le
performance aziendali sia storiche che prospettiche
partono da lì:

dai principi contabili che presiedono alla redazione del


bilancio di esercizio ai metodi di valutazione aziendale.

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Eppure oggi, negli anni venti del nuovo millennio,
queste teorie stanno manifestando tutte le loro
debolezze:

per ben funzionare un’impresa ha bisogno del


contributo di tutti gli stakeholder sia pure in forme e
gradi diversi e il ruolo dell’imprenditore sarà sempre più
quello di gestire la sua impresa in modo tale da creare
valore per tutti costoro dal momento che i loro interessi
specifici devono essere messi tutti sullo stesso piano: è
lo stakeholder approach teorizzato da E. Freeman

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4.1 Società benefit: il valore condiviso

Siccome siamo nani sulle spalle di giganti, ci facciamo


aiutare da un’intuizione che hanno formalizzato nel
2011 Porter e Kramer teorizzando l’idea di valore
condiviso.

Il concetto di valore condiviso si può definire come


l’insieme delle politiche e delle pratiche operative che
rafforzano la competitività di un’azienda migliorando
nello stesso tempo le condizioni economiche e sociali
delle comunità in cui opera. La creazione di valore
condiviso si focalizza sull’identificazione e
sull’espansione delle connessioni tra progresso
economico e progresso sociale.

Il concetto si fonda sulla premessa che sia il progresso


economico sia il progresso sociale vanno affrontati con
dei principi basati sul valore che si definisce in termini
di benefici in relazione ai costi, e non in termini
esclusivamente di benefici.

Le imprese, tuttavia, non hanno quasi mai affrontato i


problemi sociali in una prospettiva di valore, ma li
hanno sempre considerati aspetti periferici. Questa
impostazione ha reso meno visibili le connessioni tra
obiettivi economici e obiettivi sociali.
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Società Benefit: lo shared value
4.2 e il caffè

Come ogni teoria economica che si rispetti anche


questa nasce dall’osservazione di una prassi e ne
sintetizza gli aspetti replicabili.

Nell’articolo, Porter e Kramer, fra gli altri esempi,


confrontano due approcci differenti nel mercato del
caffè: il commercio equo e solidale e Nespresso.

Il commercio equo e solidale mira ad accrescere la


quota di ricavi che va agli agricoltori poveri, mettendoli
in condizione di ottenere prezzi più elevati per le stesse
produzioni. Pur essendo frutto di un sentimento nobile,
il commercio equo e solidale ha più a che fare con la
redistribuzione che con l’espansione del valore
complessivo creato.

Nespresso combina una sofisticata macchina da caffè


con cialde monodose in confezione sottovuoto che
contengono caffè di alta qualità proveniente da tutto il
mondo.

Offrendo qualità e comodità, Nespresso ha ampliato il


mercato del caffè premium.
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Ottenere una fornitura affidabile di caffè di alta qualità
è tuttavia molto difficile. La maggior parte dei caffè
vengono prodotti in zone rurali estremamente povere
dell’Africa e dell’America Latina da piccoli imprenditori
agricoli intrappolati in un ciclo vizioso di bassa
produttività, modesta qualità e degrado ambientale che
limita i volumi di produzione.
Per risolvere questi problemi Nestlé ha riprogettato gli
acquisti.

Ha lavorato intensamente con i suoi fornitori, fornendo


loro consigli sulle pratiche di coltivazione, garantendo
prestiti bancari e contribuendo ad assicurare fattori
produttivi come sementi, pesticidi e fertilizzanti.

Nestlé ha creato delle strutture locali per misurare la


qualità del caffè sul punto d’acquisto, il che le ha
consentito di pagare direttamente ai coltivatori un
sovrapprezzo per la fornitura dei chicchi di miglior
qualità e quindi di accrescerne gli incentivi.

Un rendimento superiore per ettaro e una qualità


produttiva più elevata hanno fatto aumentare i redditi
dei produttori, facendone diminuire l’impatto
ambientale.

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Nel frattempo, la fornitura affidabile di caffè selezionato
per Nestlé è cresciuta significativamente.
Si è creato del valore condiviso.

Società Benefit: l’espansione del


4.3 valore

Il valore condiviso, quindi, non concerne la


condivisione del valore già creato dalle imprese con un
approccio redistributivo. Consiste, invece,
nell’espandere la dotazione complessiva di valore
economico e sociale.

Alcuni studi effettuati sui produttori di cacao della


Costa d’Avorio indicano per esempio che mentre il
commercio equo e solidale può fare aumentare i redditi
degli agricoltori dal 10% al 20%, gli investimenti
effettuati in un’ottica di valore condiviso possono farli
aumentare di oltre il 300%.

Potrebbero occorrere un investimento iniziale e del


tempo per implementare nuove pratiche di acquisto e
sviluppare il cluster di supporto, ma il ritorno consisterà
in un valore economico più elevato e in benefici
strategici più ampi per tutti i partecipanti.
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05 Il soggetto incaricato

Oltre ad un oggetto sociale duplice, la normativa


impone l’adozione nello statuto della società di ulteriori
specifiche clausole.

Il comma 380 impone infatti che la società benefit


individui il soggetto o i soggetti responsabili a cui
affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle
finalità benefit.

A seconda delle competenze degli amministratori e


della dimensione dell’organizzazione, il compito può
essere delegato a soggetti interni od esterni alla
società, dotati delle necessarie capacità.

Il primo compito del soggetto incaricato sarà quello di


assicurarsi che la società sia dotata di un adeguato
assetto organizzativo per la rilevazione dei fatti di
gestione (anche) nel senso della sostenibilità, nonché
che la sostenibilità sia diffusa nella cultura
aziendale, ad ogni livello dell’organigramma, in modo
tale che l’intera attività sia naturalmente indirizzata nel
senso della sostenibilità.

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Occorre precisare che la responsabilità di attivare un
idoneo assetto organizzativo, di porre e perseguire gli
obiettivi di sostenibilità, di redigere la relazione di
impatto ecc… grava comunque sull’organo
amministrativo, in quanto organo deputato alla
complessiva governance aziendale e, pertanto, gravato
della responsabilità di fronte ai soci ed ai terzi di
realizzare il bilanciamento tra massimizzazione del
profitto ed perseguimento degli scopi benefit individuati
nell’oggetto sociale.

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La relazione di
06 impatto

Ogni società benefit deve annualmente redigere la


Relazione di Impatto annuale, come prescritto dai
commi 382 e 383, nonché dagli allegati 4 e 5 alla
Legge 28 dicembre 2015 n° 208.

Per illustrare il contenuto della relazione, non vi è


modo migliore che riportare testualmente il comma
382, in forza del quale la relazione deve contenere:

a) la descrizione degli obiettivi specifici, delle


modalità e delle azioni attuati dagli amministratori per il
perseguimento delle finalità di beneficio comune e
delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o
rallentato;
b) la valutazione dell'impatto generato utilizzando lo
standard di valutazione esterno con caratteristiche
descritte nell'allegato 4 annesso alla presente legge e
che comprende le aree di valutazione identificate
nell'allegato 5 annesso alla presente legge;
c) una sezione dedicata alla descrizione dei nuovi
obiettivi che la società intende perseguire
nell'esercizio successivo.

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La relazione di impatto, dunque, si compone
idealmente di 2 sezioni:
la parte descrittiva
la parte di valutazione dell’impatto

Con la relazione, dunque, la società comunica a tutti


i soggetti interessati (stakeholders) gli obiettivi che il
management si pone di anno in anno (nel rispetto
dell’oggetto sociale), le azioni poste in essere per
perseguirlo e gli eventuali motivi per cui ciò è
risultato impossibile, l’individuazione degli obiettivi
per l’esercizio successivo e la misurazione
dell’impatto generato.

Un approfondimento particolare merita la scelta dello


standard di valutazione, rimessa all’organo
amministrativo ma che deve possedere le
caratteristiche indicate nell’allegato 4 alla Legge 208,
secondo la quale il metodo deve essere:

Esauriente e articolato nel valutare l'impatto


della società e delle sue azioni nel perseguire la
finalità di beneficio comune nei confronti di
persone, comunità, territori e ambiente, beni ed
attività culturali e sociali, enti e associazioni e
altri portatori di interesse;
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Sviluppato da un ente terzo, non è controllato
dalla società benefit o collegato con la stessa;
Credibile perché sviluppato da un ente che;
ha accesso alle competenze necessarie per
valutare l'impatto sociale e ambientale delle
attività di una società nel suo complesso;
utilizza un approccio scientifico e
multidisciplinare per sviluppare lo standard,
prevedendo eventualmente anche un
periodo di consultazione pubblica.
Trasparente perché le informazioni che lo
riguardano sono rese pubbliche, in particolare:
i criteri utilizzati per la misurazione
dell'impatto sociale e ambientale delle attività
di una società nel suo complesso;
le ponderazioni utilizzate per i diversi criteri
previsti per la misurazione;
l'identità degli amministratori e l'organo di
governo dell'ente che ha sviluppato e
gestisce lo standard di valutazione;
il processo attraverso il quale vengono
effettuate modifiche e aggiornamenti allo
standard;
un resoconto delle entrate e delle fonti di
sostegno finanziario dell'ente per escludere
eventuali conflitti di interesse
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La relazione di impatto deve essere pubblicata sul sito
internet della società e depositata presso il registro
delle Imprese unitamente al bilancio di esercizio.

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I Focus
Per fornire un quadro, il più possibile, profondo e
concreto, abbiamo pensato di affrontare alcuni focus
specifici riguardo a requisiti specifici e misurazione
dell’impatto.

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Società benefit e
01 startup

Crediamo molto nella stretta interrelazione che esiste


tra innovazione tecnologica e innovazione sociale in
grado quindi di generare impatto e beneficio comune.
Quindi molte startup innovative sono per loro natura
“benefit”, pur non avendone lo status giuridico.

L’innovazione è cambiamento, il cambiamento genera


sempre un impatto e spesso, se il cambiamento
sopravvive al tempo, l’impatto è positivo.

Quindi una startup tecnologica ha una catena del


valore intimamente connessa con l’idea di beneficio
comune. Si tratta di declinare la value proposition e il
business model con un respiro ampio che contempli
anche le relazioni tra business e società.

Per questo motivo, l’oggetto sociale di una startup


benefit deve essere declinato sia nella parte profit che
nella parte benefit; quest’ultima, deve prevedere con
accuratezza in quale direzione l’attività sociale
produrrà (per propria stessa natura) un impatto positivo
ambientale o sociale.

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Sarà infatti l’oggetto sociale a guidare, in prima battuta,
le scelte del soggetto deputato al conseguimento dello
scopo benefit, indirizzando la scelte dell’impresa nella
direzione voluta dai soci quando hanno sottoscritto lo
statuto.

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Società benefit e
02 B-Corp

Società benefit e B-Corp sono la stessa cosa, o sono


“entità” differenti?
Se sono diverse, in cosa differiscono?

Un errore in cui incorrono spesso i non addetti ai lavori


(e qualche volta anche i sedicenti “esperti”) è
identificare le Società Benefit con le B-Corp.

Nulla di più sbagliato; le differenze ci sono e sono


rilevanti.

Una B-Corp è una società che ha ottenuto una


certificazione verificata da B-Lab, un ente non
governativo statunitense, tramite l’applicazione di uno
standard di misurazione denominato B-Impact
Assessment. Parliamo quindi di un’organizzazione
che volontariamente applica un metodo di misurazione,
e che decide di sottoporsi alla revisione di B-Lab al fine
di ottenere la certificazione.

Si tratta di un scelta che può essere temporanea,


dettata da esigenze contingenti e modificata di anno in
anno (la revisione viene peraltro eseguita ogni 3 anni).
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Sia chiaro, non c’è nulla di dispregiativo in questo,
anzi; l’auspicio di Creazioneimpresa è che il
movimento delle B-Corp si espanda sempre più a
livello globale. Non è importante come viene
realizzato l’obiettivo di un futuro più sostenibile,
quello che conta è il risultato.

Le società benefit però fanno qualcosa in più; non solo


misurano l’impatto come fanno le B-Corp, non solo lo
devono fare con un sistema di misurazione sviluppato
da un ente terzo (che può essere, ovviamente, il
B-Impact Assessment), ma hanno deciso anche di
scriverlo nello statuto, impegnando in tal senso i soci e
la governance ed esponendosi a sanzioni qualora il
proprio impegno sia solo formale.

Si tratta di un impegno che – per statuto – deve durare


nel tempo, in questo modo garantendo ai propri clienti,
ai propri fornitori, alla comunità con cui giornalmente
entrano in contatto ecc… (insomma, a tutti gli
stekeholders) un impegno costante nel senso dello
sviluppo sostenibile.

Allo stesso tempo, la possibilità per le società benefit di


utilizzare diversi metodi di misurazione (ed al limite
cambiarlo di anno in anno), e la circostanza che
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non esiste un ente che verifica il “punteggio”
conseguito, apre la possibilità a scelte arbitrarie.

B-Corp e Società benefit diventeranno tuttavia realtà


sempre più connesse. Infatti, per regolamento di B-
Lab, le società italiane:

con meno di 50 dipendenti devono diventare una


Società Benefit per poter conseguire la
certificazione B Corp.
con 50 o più dipendenti, devono diventare Società
Benefit entro 2 anni dall’ottenimento della
certificazione

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03 Società benefit o
SIAVS
La società benefit, come detto, non è necessariamente
una startup; in questo caso, ovviamente, la società
benefit non potrà accedere alle numerose agevolazioni
previste per le startup e per i soci.

Il confronto quindi va fatto tra SIAVS e startup benefit:


come impresa innovativa, ovviamente, la startup
benefit gode di tutti i vantaggi ed agevolazione delle
SIAVS.
Tra queste, occorre ricordare che la detrazione
maggiorata del 25% e la deduzione maggiorata del
27% (inizialmente previste per le SIAVS e non per le
startup) sono state di fatto cancellate dalle “nuove”
detrazioni, quella ordinaria del 30% e quella
maggiorata del 50%, valide per tutte le startup.

La SIAVS deve inoltre operare nei settori individuati


dall’art. 2, comma 1, del DL 155/2006; non è una
questione di codici ATECO, tuttavia l’individuazione
puntuale dei settori di attività impedisce ad alcune
imprese, che pur generano impatti positivi, di
qualificarsi come SIAVS (pensiamo ad una startup che
genera un tool per la generazione casuale di codici,
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con evidenti riflessi sulla sicurezza e sulla protezione
dei dati di tutti noi).
Al contrario, le Benefit possono operare in ogni settore.

Va infine citato che la procedura di riconoscimento di


una SIAVS prevede già in fase costitutiva la
elaborazione ed il deposito di una relazione strategica
di impatto, non prevista per le Società Benefit.

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Esempi di misurazione
04 dell’impatto:
lo Sroi e Il BIA
4.1 Il social ROI

Il cambio di passo e di mentalità in tema di misurazione


dei costi e benefici sociali lo si può evincere già dalla
riformulazione del Business Model Canvas che
introduce proprio il concetto di Costo-Beneficio Sociale
integrandolo nella definizione stessa del Modello di
Business delle organizzazioni profit.

Lavorando a questo scopo, organizzazioni di diversa


natura stanno sviluppando o dotandosi, lodevolmente,
di strumenti per trasformare le proprie intenzioni in
azioni generatrici d’impatto sociale.
Uno strumento è per le Società Benefit la relazione
d’impatto. Una relazione strategica operativa (prima
che di rendicontazione) da elaborare secondo schema
(non rigido) ma attenendosi precise indicazioni e
parametri e che ha la finalità non solo di evidenziare ed
enunciare “la quota benefit” ma anche di garantire
appunto la permanenza nel requisito.

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Ma la parte più importante, è senz’altro la valutazione
d’impatto attraverso l’applicazione di specifiche
metodologie.

Analizziamo in breve la metodologia SROI (Social


Return on Investment).

Presupposti di base.
Ogni giorno le nostre azioni e attività creano e
distruggono valore, cambiando il mondo che ci
circonda. Sebbene il valore che creiamo vada ben oltre
ciò che può essere reso in termini finanziari,
quest’ultimo è l’unico tipo di valore che solitamente è
misurato e rendicontato.

Di conseguenza, le cose che possono essere


comprate e vendute assumono una maggiore
importanza, mentre molte altre importanti sono
trascurate.

Le decisioni così prese non sono così positive quanto


potrebbero poiché si basano su informazioni
incomplete riguardo il loro vero impatto complessivo.

Il Ritorno Sociale sull’Investimento (SROI) è un


approccio per la misurazione e rendicontazione di
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questo più ampio concetto di valore; ha l’obiettivo di
ridurre la diseguaglianza e la degradazione
ambientale, di migliorare il benessere, integrando
nell’analisi i costi ed i benefici sociali, economici ed
ambientali.

Lo SROI misura il cambiamento secondo modalità


rilevanti per le persone e le organizzazioni che lo
sperimentano o vi contribuiscono.
Spiega la storia dell’impresa, di come il cambiamento è
stato creato, misurando gli outcome sociali, ambientali
ed economici e utilizzando valori monetari (proxy) per
rappresentarli.

Ciò permette di calcolare un ratio tra benefici e costi.


Per esempio, un ratio di 3:1 indica che un investimento
di € 1 genera € 3 di valore sociale. Lo SROI s’interessa
al valore piuttosto che al denaro.

Il denaro è semplicemente un’unità di misura comune,


essendo, in tal senso, un’utile e condivisa forma di
attribuzione di valore.

Così come un business plan contiene molte più


informazioni che le sole proiezioni finanziarie, lo SROI
è molto più che un numero.
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È una storia che ci parla del cambiamento, su cui
basare delle decisioni; una storia che comprende casi
di studio, includendo informazione qualitativa,
quantitativa e finanziaria.

Un’analisi SROI può assumere diverse forme. Può


contemplare il valore sociale generato da un’intera
organizzazione, oppure può focalizzarsi su uno
specifico aspetto del lavoro di un’organizzazione.

Ci sono inoltre varie modalità per realizzare lo SROI.


Ma cominciamo da principi di calcolo e redazione.

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I Principi di composizione dello SROI
Lo SROI è stato sviluppato a partire dalla contabilità
sociale e dall’analisi costi-benefici, ed è basato su sette
principi. Questi principi sono:
Coinvolgere gli stakeholder;
Comprendere il cambiamento;
Valutare ciò che conta;
Includere solo ciò che è materiale;
Non sovrastimare;
Essere trasparenti;
Verificare il risultato.

Dopo aver definito il campo di analisi ed Individuato gli


Stakeholder (fasi che non prenderemo in
considerazione rimandando ad ulteriori
approfondimenti a cura del lettore) è necessario
passare a verificare i metodi per coinvolgere gli
stakeholder.

Questo tipo di analisi, oltre ad aiutarci a capire ciò che


realmente importa per i nostri stakeholder, può aiutarci
a comprendere meglio i punti di debolezza e forza delle
attività che stiamo analizzando e darci informazioni utili
a migliorare la nostra organizzazione.

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Metodi di coinvolgimento degli stakeholder
La raccolta di informazioni dagli stakeholder può
essere semplice come telefonare a qualcuno o
complessa come organizzare la facilitazione di una
sessione di focus group.

Al momento di raccogliere informazioni dai


partecipanti, chiedete allo staff che lavora con loro
quale sia il modo migliore per coinvolgerli.
Qui riportata, avete una lista di possibili metodi di
coinvolgimento degli stakeholder:
riunite gli stakeholder in un unico luogo e ponete
loro direttamente le domande;
provate il formato del workshop con discussioni
informali e una lavagna per raccogliere le risposte;
fate completare agli stakeholder un formulario
durante un incontro programmato per esempio,
l’annual meeting di un’organizzazione, o altri tipi
d’incontro;
chiamate i rappresentanti degli stakeholder
principali e presentate loro delle domande;
inviate delle e-mail con brevi questionari ai
rappresentanti dei gruppi degli stakeholder
principali;

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organizzate un evento sociale e chiedete ai membri
dello staff di andare in giro tra le persone e parlare
con queste;
fate interviste individuali.

Idealmente dovreste trarre le informazioni direttamente


dagli stakeholder.
Tuttavia, la mancanza di tempo o risorse potrebbe
implicare che alcune informazioni debbano essere
ricavate da ricerche già svolte con i vostri stakeholder.

Se possibile queste fonti secondarie dovrebbero


essere basate sull’interrogazione diretta dei vostri
stakeholder.

Inoltre, potrebbe succedere che non possiate


coinvolgere tutti gli stakeholder In questo caso
dovreste identificare le persone che possano parlare a
loro nome.

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Quanto coinvolgimento?
In questa fase iniziale non dovreste preoccuparvi di
ottenere un campione grande che sia statisticamente
significativo.

Potete smettere la ricerca quando realizzare di non


“sentire” più nuove informazioni, e pertanto potete
ragionevolmente ritenere di avere le informazioni
principali.

Questo approccio è usato comunemente nella ricerca


sociale ed è chiamato “saturazione”.

Usare il tempo efficacemente


Coinvolgere gli stakeholder non deve essere
necessariamente oneroso e lungo, ed è spesso un
modo per verificare e raffinare il vostro lavoro.

Tuttavia, potete limitare il tempo speso in quest’attività


in modi creativi.

Pianificando con anticipo, potreste riuscire a usare il


vostro tempo (e quello dei vostri stakeholder) in modo
efficace raccogliendo dati per le varie fasi del processo
in una sola volta. Non sentitevi quindi in obbligo
d’intervistare i vostri stakeholder più volte.
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La Validazione degli Outcome
Parliamo ora di una modalità di verifica e validazione
degli outcome calcolati, ovvero se effettivamente la
nostra organizzazione ha positivamente impattato
sull’ambiente nel quale opererà o andrà ad operare.

È solo attraverso la misurazione e la contabilizzazione


dei fattori di impatto che si può ottenere il senso che
l’attività sta avendo.

Al contrario, c’è il rischio di investire in iniziative che


non funzionano o che non lo vanno come dovrebbero.
Inoltre definire l’impatto può aiutare ad identificare ogni
stakeholder importante che avete tralasciato.

Vista la complessità e profondità dell’argomento (che


merita ovviamente un giusto approfondimento presso
altre e più autorevoli fonti) ci concentriamo su una delle
4 fasi che portano alla definizione dell’impatto, con il
metodo SROI quella del Deadweith e Spiazzamento.

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Deadweight e spiazzamento
Il deadweight è la misura della quantità di outcome
che sarebbe avvenuta anche nel caso in cui l’attività
non avrebbe avuto luogo. Viene calcolato in
percentuale.

Ad esempio, una valutazione di un programma di


rigenerazione urbana ha rilevato che c’era stato un
incremento del 7% dell’attività economica nell’area
prima dell’inizio del programma.

Al contrario, l’economia nazionale, nello stesso


periodo, era cresciuta del 5%. I ricercatori avranno
bisogno di analizzare quanto l’economia locale è
cresciuta grazie ai cambiamenti economici generali e
quanto grazie all’intervento specifico che viene preso in
esame. Per calcolare il deadweight si fa riferimento a
gruppi di comparazione o benchmark.

La comparazione perfetta sarebbe il medesimo gruppo


di persone che avete coinvolto, osservando però cosa
sarebbe accaduto se non avessero beneficiato
dell’intervento.

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Dal momento che non è possibile una comparazione
perfetta, la misurazione del deadweight sarà sempre
una stima.

Avrete bisogno di cercare informazioni il più vicino


possibile alla vostra popolazione.

Più simile è il gruppo di comparazione, migliore sarà la


stima. Se non sarà possibile identificare un appropriato
gruppo o proxy, dovrete fare affidamento sulla “migliore
stima”.

La maniera più semplice di stimare il deadweight


sarebbe esaminare l’andamento, nel tempo, di un
indicatore per vedere se c’è differenza tra l’andamento
prima dell’inizio dell’attività e dopo l’inizio.
Ogni incremento dopo l’avvio delle attività fornisce
un’indicazione di quanto l’outcome sia il risultato delle
attività.

Lo spiazzamento è un’altra componente dell’impatto ed


è una valutazione di quanto l’outcome spiazzi altri
outcome. Non si applica ad ogni analisi SROI, è
importante, però, essere cosciente di questa
possibilità. Due esempi mostrano i casi in cui lo
spiazzamento risulta rilevante:
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Una valutazione di un programma di illuminazione delle
strade in un quartiere, finanziato dal Governo, ha
rilevato una riduzione della criminalità, tuttavia il
quartiere vicino riferisce un incremento del crimine
nello stesso periodo.

È possibile che la riduzione della criminalità si sia


semplicemente trasferita.
Un progetto di sostegno ad ex detenuti, affinché
accedano al lavoro, prende in considerazione nella sua
analisi il contributo alla produzione economica, il
decremento dei sussidi e la crescita delle entrate
fiscali.

Dal punto di vista dello Stato questi vantaggi avrebbero


un elevato tasso di spiazzamento, poiché si tratterebbe
molto probabilmente di posti di lavoro, ormai preclusi
ad altre persone, che potrebbero offrire un contribuito
di pari valore all’economia. Questo punto di vista non
tiene conto di altri vantaggi economici che il progetto
potrebbe generare per gli individui o la comunità.

Se pensate che lo spiazzamento sia rilevante e che le


vostre attività stiano spostando un outcome, potreste
scoprire che c’è adesso un altro stakeholder
interessato dallo spiazzamento.
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Dovreste tornare indietro ed introdurre il nuovo
stakeholder nella Mappa dell’Impatto, oppure potreste
stimare la percentuale dei vostri outcome, conteggiati
due volte, a causa dello spiazzamento.

Calcolate dunque l’ammontare usando questa


percentuale e deducetela dal totale.

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4.2 Il BIA

La legge n. 208/2015 che ha introdotto le Società


Benefit in Italia ha adottato come riferimento per la
valutazione di impatto l’architettura del B Impact
Assessment (BIA), sviluppato a partire dal 2006 dallo
Standards Advisory Council dell’ente non-profit “B
Lab”.

Il Benefit Impact Assessment fornisce un giudizio e


una misura, attraverso una valutazione oggettiva e
completa, dell’impatto sociale e ambientale, oltre che
economico, di un’azienda.

Di conseguenza, il B Impact Assessment è progettato


per mostrare alle aziende ciò che è possibile
raggiungere attraverso tutte le dimensioni della
sostenibilità, senza prescrivere pratiche specifiche.

Caratteristiche del B Impact Assessment


Misura di impatto positivo e focalizzato: misura le
pratiche che affrontano intenzionalmente un problema
sociale o ambientale, e non le pratiche che
semplicemente assicurano la conformità alle leggi o
alle norme esistenti.
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Completo: le pratiche operative di un’azienda (inclusi
lavoratori, fornitori, pratiche di produzione e
governance) e i prodotti /servizi dell’azienda sono
misurati in quanto sono tutti importanti per
comprendere l’impatto di un’azienda sul contesto.

Adattabile: ci sono oltre 100 versioni della valutazione,


personalizzate per un’azienda in base alle sue
dimensioni (numero di dipendenti), settore e area
geografica.

Strategico ed operativo: gli imprenditori e gli operatori


possono utilizzarlo come guida per migliorare le
performance aziendali e l’impatto.

Trasparente: i criteri e le ponderazioni per ciascuna


area d’impatto, sottocategoria e domanda individuale
nell’ambito della valutazione BIA sono disponibili nella
valutazione.

Governance indipendente: lo Standard Advisory


Councils (SAC), un gruppo di leader di pensiero,
esperti e professionisti, controllano la qualità dello
standard.

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Dinamico: una nuova release ogni 2 anni che va a
migliorare/approfondire/ delineare meglio le parti
sostanziali del questionario, che in generale copre
sempre le medesime aree.

Uno strumento di misurazione molto profondo


Il B Impact Assessment collabora e integra una
varietà di altri standard, certificazioni e framework di
rendicontazione o misurazione dell’impatto.

Gli standard già adottati da un’azienda possono essere


incorporati direttamente nella valutazione BIA.

Esempi di standard specifici di settore, di prodotto o di


pratica inclusi nel BIA includono la Social Performance
Taskforce e gli indicatori ALINUS per l’industria della
microfinanza, prodotti forestali certificati FSC,
certificazioni Fair Trade, certificazioni per il biologico o i
più avanzati protocolli ISO.

È utile ricordare che il protocollo di misura B Impact


Assessment e la forma giuridica di Società Benefit
sono strettamente connessi: il protocollo di
misurazione è nato quattro anni prima della forma
giuridica, e sono state le prime aziende certificate
B Corp a sentire l’esigenza di proteggere la propria
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missione e a promuovere le Benefit Corporation e le
Società Benefit come fondamentale strumento per
allineare la forma giuridica aziendale alle intenzioni dei
soci e azionisti.

Nel redigere la relazione di impatto, una Società


Benefit (ma anche qualsiasi altra azienda se desidera
utilizzarlo) può quindi contare sull’aderenza del BIA a
quanto specificato dalla legge italiana.
Nel contempo, un’azienda può anche valutare
l’adozione di strumenti addizionali per misurare in
maniera ‘verticale’ specifiche tematiche che siano
espresse tra le finalità specifiche di beneficio comune.

Ad esempio, esistono strumenti dedicati utilizzati per


misurare l’efficacia di specifici protocolli medici adottati
da società che operano nel settore sanitario. In sintesi,
una volta completato il BIA e soddisfatti i requisiti di
legge, nulla vieta di completare l’analisi con altri
strumenti che sempre più arricchiscono la possibilità di
misurare ciò che conta.

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05 Output o Outcome?

Output ed outcome non sono la stessa cosa; ogni


attività produce un output, ovvero un risultato
tangibile, e un outcome, un effetto spesso immateriale
e più difficilmente misurabile.

L’impatto, il beneficio comune, il più delle volte deve


essere ricercato in questo effetto. Occorre quindi
organizzarsi per implementare le strategie più efficaci
che consentano di raggiungere gli output (obiettivi) e
attrezzarsi per monitorare e misurare gli outcome.

Misurare l’impatto vuol dire monitorare anche gli


outcome, trovando degli idonei KPI.
Un paio di esempi possono meglio chiarire questi
concetti.

Il primo esempio, spesso utilizzato, è quello della


strada buia e malfamata. Se vi installo dei lampioni,
probabilmente ottengo l’impatto – positivo – di ridurre
la criminalità in quella strada.
E’ possibile, tuttavia, che la criminalità si sia solo
trasferita nelle strade adiacenti; quindi ho ottenuto
anche un outcome negativo.
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Altro esempio: quali effetti avrà l’apertura di un parco
naturale in una zona povera? Sicuramente un effetto
positivo per chi gestisce il parco e consegue i proventi
economici (output positivo).
Sicuramente un impatto positivo anche per quanto
riguarda l’ambiente e la conservazione della fauna
selvatica (outcome positivo).

Può darsi però che la stessa esistenza del parco possa


incentivare il bracconaggio, facile fonte di guadagno
per le persone che vivono nelle aree adiacenti
(outcome negativo).

Come posso quindi limitare questo effetto sfavorevole?


Ad esempio, coinvolgendo le persone nella gestione
del parco, magari come guardiaparco contando anche
sulla conoscenza del territorio e della fauna.
In tal modo, avrò ottenuto il duplice effetto – positivo –
di ridurre il bracconaggio e di garantire un reddito alla
comunità locale, migliorandone le condizioni di vita.

Rendicontare gli obiettivi vuol dire due cose.


E’ da un lato un processo che inizia che non la
definizione degli obiettivi e termina con la monitoraggio
costante degli output e degli outcome, che va gestito
durante l’anno.
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Dall’altro si concretizza nella relazione di impatto
redatta annualmente, in cui devono esseri indicati -
come visto sopra - almeno tre aspetti:

1) la descrizione degli obiettivi e della azioni attuate per


il perseguimento del beneficio comune,
2) la valutazione dell’impatto generato utilizzando uno
standard di valutazione “esterno” che comprende delle
specifiche aree di analisi (governance, lavoratori, altri
stakeholder, ambiente) e
3) gli obiettivi da perseguire nell’esercizio successivo.

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La rete di impresa
06 benefit

Sicuramente una società benefit può fare parte di una


rete, ed una rete di imprese può essere composta,
anche per statuto, solo da società benefit.

Ma una rete di imprese può essere essa stessa un


“ente” benefit?

Ricordiamo in primo luogo cos’è una rete di imprese.


Si tratta di un accordo – contratto di rete - tra più
imprese che decidono di collaborare, lasciando
autonomia soggettiva alle imprese ma individuando
obiettivi comuni (scambiare know how, effettuare
ricerca in comune, condividere reti ed informazioni
commerciali, presentarsi con maggior forza
contrattuale nei confronti dei fornitori ecc.…)

Si tratta in tal caso di rete-contratto; quando le


imprese che partecipano alla rete stabiliscono anche di
dotare la rete di un fondo patrimoniale comune, si parla
di rete-soggetto, con la possibilità di ottenere
soggettività giuridica.

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Se appare difficile attribuire la qualifica di rete-benefit
ad una rete contratto, priva di personalità giuridica, non
sembra potersi precludere che una rete-soggetto
possa ottenere la qualifica di società benefit.

Esiste per lo meno un esempio in tal senso, in quanto


alla fine del 2020 Rete Irene (Rete di Imprese per la
Riqualificazione Energetica degli Edifici) ha ottenuto
l’iscrizione al registro imprese come rete di impresa
benefit.

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E' più facile
07 raccogliere capitali da
investitori
qualificandosi come
società benefit?
L’attenzione della finanza ai temi della sostenibilità non
è cosa recente.
A volte si declina in operazioni più che altro di
comunicazione e di marketing, ma quello che è certo è
che l’impact investing sta diventando un argomento
sempre più attuale e importante.

Quindi essere società benefit per una startup


innovativa è visto con particolare appeal da investitori
anche istituzionali ed è considerato un vantaggio
anche per l’accesso ad alcuni programmi di
accelerazione.

Alcuni programmi di incubazione e accelerazione per


startup prevedono esplicitamente un percorso verso la
sostenibilità, ospitando solamente imprese che
generino un impatto positivo per ambiente e comunità.

Ciò non vuol dire essere necessariamente società


benefit, ma certamente aiuta.

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Alcuni bandi (sono sempre di più) attribuiscono
punteggi migliori a società capaci di generare, con la
propria attività, un impatto positivo.

Insomma, la tendenza dei mercati dei capitali va nel


senso della Corporate Social Responsibility, ed
Recovery Act – varato in conseguenza della
pandemia da Covid-19 - ne è un esempio.

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Il PNRR e la
08 sostenibilità

Il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza


(meglio noto come Recovery Act o PNRR) darà nei
prossimi mesi ed anni ulteriore impulso alla
sostenibilità di impresa in genere ed alla società benefit
in particolare.

Il Piano è infatti intriso di concetti inerenti la


sostenibilità, l’economia circolare, l’inclusione sociale
ecc… ecc…

Il documento così: “La pandemia di Covid-19 è


sopraggiunta in un momento storico in cui era già
evidente e condivisa la necessità di adattare l’attuale
modello economico verso una maggiore sostenibilità
ambientale e sociale.
Nel dicembre 2019, la Presidente della Commissione
europea, Ursula von der Leyen, ha presentato lo
European Green Deal che intende rendere l’Europa il
primo continente a impatto climatico zero entro il
2050.”

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L’European Green Deal sfocia poi nel programma Next
Generation EU, che canalizza notevoli risorse
finanziarie verso Paesi come l’Italia che, pur
caratterizzati da livelli di reddito pro capite in linea con
la media UE, hanno recentemente sofferto di bassa
crescita economica ed elevata disoccupazione.

Queste risorse potranno essere utilizzate dagli Stati


Membri solo dotandosi di programmi in linea con gli
indirizzi imposti dal NGEU, che intende “promuovere
una robusta ripresa dell’economia europea all’insegna
della transizione ecologica, della digitalizzazione, della
competitività, della formazione e dell’inclusione sociale,
territoriale e di genere.

Il Regolamento RRF enuncia le sei grandi aree di


intervento (pilastri) sui quali i PNRR si dovranno
focalizzare:
Transizione verde
Trasformazione digitale
Crescita intelligente, sostenibile e inclusiva
Coesione sociale e territoriale
Salute e resilienza economica, sociale e
istituzionale
Politiche per le nuove generazioni, l’infanzia e i
giovani
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Per questo motivo il PNRR italiano si articola in 6
missioni, tutte con riferimenti all’innovazione ed
alla sostenibilità ambientale e/o sociale già nel
titolo:

Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura


e turismo
Rivoluzione verde e transizione ecologica
Infrastrutture e mobilità sostenibile
Istruzione e ricerca
Inclusione e coesione
Salute

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L’ibridazione
09 organizzativa

Siamo in un tempo del già e non ancora.

Stiamo vivendo in un contesto globale in cui stanno


rapidamente mutando i paradigmi che fin qui hanno
retto i sistemi economici e sociali.

Sappiamo bene invece che si rende necessario iniziare


(o continuare) a ripensare e progettare il futuro.
Ma, come scrive il Prof. Rullani

«per progettare il futuro, bisogna cambiare approccio,


mettendo insieme responsabilità sociale e innovazione
sostenibile.
Se, come accade un po’ in tutte le transizioni (e la
nostra non fa eccezione), ci si trova in una situazione
in cui il vecchio non funziona più e il nuovo non
funziona ancora, diventa impossibile sia praticare
logiche strumentali, orientate dal puro e semplice
calcolo del profitto, sia indulgere in spese e impegni di
pura responsabilità “morale”, privi di ritorni economici».

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La sfida è complessa e intrigante ma è già stata
raccolta e non mancano nello scenario internazionale e
italiano esperienze che stanno costruendo nella
quotidianità questo nuovo approccio.

In letteratura il fenomeno è stato definito di ibridazione


organizzativa.

Nella realtà economica e sociale sono infatti sempre


più numerosi gli esempi di
forme di impresa che – con molteplici modalità e
diversi gradi di intensità – affiancano attività di
natura commerciale ad altre di natura sociale,
realizzando così un processo di convergenza dei
soggetti “for profit” verso la sfera non profit; oppure
viceversa;
imprese che assumono mission sociali ma
producono al contempo un reddito da attività
commerciale per poter perseguire le proprie finalità
istituzionali: in questo caso siamo di fronte ad un
processo di ibridazione di soggetti “non profit”
verso la sfera “for profit”.

Il tutto favorito dai recenti interventi legislativi che


hanno istituito le società benefit e stanno riformando il
terzo settore.
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I confini della triade Stato – Mercato – Terzo settore
stanno diventando sempre più mobili e impermeabili.

Le Startup Benefit native innovative, possono


essere un acceleratore importante di questa
impermeabilità.

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Domande & Risposte
A completamento di questo lavoro abbiamo pensato
di fornire uno schema di sintesi riportando le risposte
a domande specifiche su diverse tematiche inerenti le
Società Benefit.

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Cosa succede se non
01 raggiungo gli
obiettivi ?
Come detto, gli obiettivi benefit vengono di anno in
anno definiti nella relazione di impatto annuale, per
l’anno successivo.

Se non si riescono a conseguire, la normativa richiede


solo di illustrare i motivi che hanno impedito o limitato il
loro raggiungimento.

Non ci sono pertanto conseguenze in termini


economici.

Cosa succede se non


02 mi comporto da
società benefit?
Nonostante quanto scritto nelle prima Q&A, è bene
ricordate che una società benefit che non si comporta
come tale, ad esempio perché diventa benefit per
ragioni unicamente di marketing o di green washing, è
soggetta alle sanzioni previste in materia di pubblicità
ingannevole e alle disposizioni del codice del
consumo, vale a dire all’'Autorità Garante della
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Concorrenza e del Mercato, la quale può comminare le
sanzioni ivi previste, che possono arrivare alla
sospensione o chiusura dell’attività.

La relazione di
03 impatto deve essere
resa pubblica?
La normativa prevede che la relazione di impatto
venga allegata al bilancio di esercizio e depositata
presso il registro imprese con le medesime modalità e
tempistiche, nonché pubblicata sul sito internet della
società.

Devo preoccuparmi
04 della filiera?

Sono sempre più le corporate che richiedono ai propri


fornitori il rispetto di determinati codici
comportamentali, anche – e soprattutto – in tema di
sostenibilità.
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Si tratta di un comportamento virtuoso con effetti
positivi, che quindi deve essere incentivato ogni volta
che sia possibile.

La risposta è dunque positiva.


Per società più piccole, che non sono in grado di
influenzare direttamente la filiera, il concetto si può
tradurre nella scelta di fornitori sostenibili in luogo di
soggetti non virtuosi.

Devo avere un
determinato codice
05 ATECO per essere
benefit?
No. La società benefit deve perseguire il beneficio
comune svolgendo la propria attività economica e
imprenditoriale, qualunque essa sia, generando gli
effetti positivi o riducendo gli impatti negativi.

Ci sono tuttavia alcune attività che mal si conciliano


con il perseguimento nel beneficio comune, pur
essendo lecite: pensiamo alla produzione di armi o alle
attività di giochi e scommesse.
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Se destino una parte
delle mie risorse
06 fare beneficienza
a
sono benefit?
La legge 208/2015 definisce il beneficio comune come
il perseguimento, nell’esercizio dell’attività economica
di una società benefit di uno più effetti positivi o la
riduzione degli effetti negativi su categorie di
stakeholder.

La sostenibilità deve dunque – questo è il nostro


approccio – insita nell’attività di impresa e nella cultura
aziendale.
Per una società che opera nel settore del legno-arredo,
il fatto che si impegni nella riforestazione, sostituendo
gli alberi utilizzati per realizzare i propri prodotti, riduce
senz’altro l’impatto ambientale del business svolgendo
un’iniziativa che si pone a monte della sua catena del
valore.
Può essere l’inizio, ma nel medio termine non è
suifficiente: una maggiore attenzione alla filiera della
silvicultura può generare impatti importanti sia sulle
realtà locali che sul business della stessa società.
Acquistare terreni dove coltivare gli alberi che verranno
poi utilizzati, a rotazione, per la produzione può
contribuire ad evitare la deforestazione in aree con
boschi primari.
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Info

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Come posso
01 approfondire?
Se dopo aver letto questa guida hai la sensazione che
gli argomenti siano troppi e/o troppo tecnici, prenditi un
attimo di riflessione.

Essere o diventare Società Benefit può portare tanti


benefici soprattutto in termini prospettici mentre implica
alcuni costi e oneri da sostenere subito e
periodicamente (costituzione o trasformazione;
relazione d’impatto).

E’ quindi una scelta strategica. Una visione evoluta del


concetto di innovazione del business che porta frutti
nel tempo, correlandosi (anzi innestandosi), tra l’altro,
nelle scelte strategiche che declinano il modello di
business.

Noi siamo qui per aiutarti e oltre ai contenuti informativi


che pubblichiamo (proprio come questo), abbiamo
creato l’Academy dove moduli estremamente pratici e
concreti, ce he ti aiuteranno a scoprire tutti gli aspetti di
applicazione con esempi pratici e immediatamente
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Gli autori di questa
02 guida
Nicola Vernaglione
Founder e CEO CREAZIONEIMPRESA SRL – SB.
Certified Startup advisor & specialist, certified innovation manager in per
l’innovazione gestionale e organizzativa delle PMI.
Dottore commercialista, consulente per l’innovazione del business, con circa 30
anni di esperienza. Laureato in Economia, si è poi specializzato in Business
Planning.
E’ stato ricercatore e Docente in marketing strategico e marketing dei servizi
presso la Facoltà di Economia di Bari.
Ha svolto e svolge attività di assistenza per numerose Amministrazioni
Pubbliche sia come valutatore di bandi progetti sia come monitor e mentor di
progetti avviati e agevolati. E’ componente stabile di alcuni nuclei di valutazione
di call for ideas, competition e premi nazionali dedicati alle startup. E’
componente della commissione startup e PMI dell’Ordine dei Dottori
Commercialisti di Milano. E’ autore del libro “startupper 10 e lode” e di numerosi
articoli tematici su startup e PMI innovative. Ha supportato alla nascita e
sviluppo oltre 300 imprese (tra microimprese, startup innovative, PMI)

Ezio Este
Founder e CFO di CREAZIONEIMPRESA SRL – SB.
Certified Startup advisor & specialist, Dottore commercialista e Revisore
Legale.
Sono laureato in Scienze Politiche (2000) e in Economia e gestione delle
imprese (2011) presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Ho frequentato il
master in Instructional Design per ambienti e-learning organizzato dallo IED.
Appassionato di innovazione tecnologica, accanto all’attività professionale
tradizionale mi occupo di startup innovative, di sostenibilità secondo la
prospettiva dello shared value e di reti di impresa.
E’ della commissione startup e PMI dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di
Milano. Autore di articoli e relatore in convegni e corsi di formazione tematici su
startup e PMI innovative, reti di impresa e società benefit. ha partecipato alla
stesura del Quaderno sulle Società Benefit dell’Ordine dei Commercialisti di
Milano.

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Nicola Tracanella
Founder e Chief Administrative Officer CREAZIONEIMPRESA SRL – SB.
Certified Startup advisor & specialist.
Dottore commercialista, consulente per l’innovazione del business, con circa 30
anni di esperienza. Laureato in Economia, si è poi specializzato
nell’accompagnare gli imprenditori nello sviluppo della propria attività, prima
accanto alle società “tradizionali” e poi, dall’emanazione dello Startup ACT,
affiancando le startup innovative.
Ha supportato la nascita e lo sviluppo di circa 100 imprese (tra microimprese,
startup innovative, PMI). E’ componente della commissione startup e PMI
dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano ed ha organizzato il primo
Master Startup per l’Ordine dei Commercialisti di Milano, nell’ambito del quale
ha rivestito anche la qualifica di coach.
E’ esperto nella costituzione di Società Benefit e ha pubblicato numerosi articoli
tematici su startup e PMI innovative, nonché sulle Società Benefit; ha
partecipato alla stesura del Quaderno sulle Società Benefit dell’Ordine dei
Commercialisti di Milano.

Valerio Oliveto
Founder e COO servizi business analysis CREAZIONEIMPRESA SRL – SB.
Investment Analyst & Controller. Laureato in Economia con lode all’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si è poi specializzato in Management
all’Università Bocconi. Diverse esperienze di studio e lavoro all’estero, tra cui:
Irlanda, Inghilterra, Taiwan e Svizzera.
Prima di approdare in CREAZIONEIMPRESA ha ricoperto le posizioni di FX
Trading e Treasury Analyst per una banca di investimento francese, consulente
e revisore legale dei conti in una delle Big Four fino al 2017 per clienti del
settore finanziario, Analyst & Controller per un Family Office (U-HNWI).
E’ fondatore ed ha ricoperto il ruolo di Presidente fino al 2019 di BeGov –
Associazione per la Pubblica Amministrazione. Membro Affiliate STEP - Society
Trust and Estate Practioners, membro di Social Value International, membro
ANCP – Associazione Nazionale Consulenti Patrimoniali e AssoAML.

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