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MARKETING

IL RUOLO DEL MARKETING NELL’ECONOMIA E NELLA GESTIONE D’IMPRESA:

Che cos’è il marketing: È un concetto legato al mercato, “portare al mercato”, è una filosofia e una
logica aziendale che guida gli sforzi dell’azienda. Il marketing è un concetto legato alla creazione di
valore per un certo mercato, è una filosofia aziendale, è l’insieme delle conoscenze e delle
competenze a disposizione dell’azienda ai fini di creare valore per i propri stakeholders.
Il marketing è l’insieme delle conoscenze, delle competenze, delle attività e degli strumenti utilizzati
dall’impresa ai fini della creazione di valore per i diversi stakeholder e per la società in generale
attraverso la comprensione, la gestione e controllo delle relazioni con il mercato.

Il concetto e le caratteristiche del marketing:


Peter Druker evidenzia la centralità di un rapporto solido e continuativo tra impresa-mercato, vitale
per l’impresa e il marketing che tale rapporto interpreta e gestisce.
Il marketing, inteso sia come logica di management sia come insieme di tecniche e di strumenti di
gestione, consente all’impresa di analizzare i mercati, di formulare le decisioni più adeguate e di
verificare i risultati che l’impresa ha ottenuto con le sue politiche di mercato.

Cinque orientamenti principali nella gestione della relazione dal punto di vista storico:
1. Orientamento alla produzione 1900
2. Orientamento al prodotto 1920
3. Orientamento alla vendita 1930/1940
4. Orientamento al mercato /consumatore 1950/1980
5. Orientamento alla sostenibilità 1990

L’obbiettivo fondamentale dell’orientamento al mercato è la creazione di valore per gli stakeholder


di riferimento, e lo fa attraverso il perseguimento di tre obbiettivi specifici;

Obbiettivi specifici del marketing:


Obiettivo prioritario è generare valore per il cliente e per l’impresa.
Le fonti che generano valore sono di tipo:
• Conoscitive legate ai processi cognitivi dell’impresa
• Interpretative capire i gusti del cliente, l’ambiente esterno e le capacità interne (know how)
• Organizzative legate a trovare i migliori meccanismi o processi atti a favorire il valore
nell’organizzazione e verso il mercato.
• Imprenditoriali dipende dalle idee ed obbiettivi nel lungo periodo dell’impresa
• Di controllo legate a fonti interne e da flussi esterni e sulle capacità di gestire i costi e i
finanziamenti.

Anche per il marketing si evidenziano alcuni obiettivi particolari, pur se tutti riconducibili
all’obiettivo primario della generazione di valore.
Tre obiettivi specifici:
• la ricerca continua della soddisfazione del cliente
• l’ottenimento di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile
• il perseguimento della redditività di lungo periodo

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La customer satisfaction è il punto di avvio per ottenere un’elevata performance d’impresa.
Superiori livelli di customer satisfaction determinano un maggiore ritorno sul capitale investito (ROI)
e un più elevato tasso di crescita della quota di mercato.
Questa considerazione va mediata con altri elementi: il settore in cui opera l’impresa, il livello di
investimenti necessari al suo buon funzionamento, il dinamismo della domanda, il potere
contrattuale e negoziale dei clienti e dei fornitori.
Anzitutto un cliente soddisfatto induce l’impresa a ricercare in modo continuo ulteriori modalità per
poterne soddisfare le esigenze. L’impresa è indotta a perseguire una logica di innovazione e di
differenziazione continua dell’offerta. In questo processo l’impresa è spesso aiutata dai suoi stessi
clienti che ‘consigliano’ l’impresa a percorrere determinate vie di differenziazione e di innovazione
Un ulteriore vantaggio che l’impresa ottiene dai suoi clienti soddisfatti è legato ai processi di
comunicazione. Il cliente condivide con altre persone le esperienze d’acquisto e se queste sono
positive, convince facilmente altri consumatori alla prova. Si tratta di una comunicazione, chiamata
in termini tecnici “word of mouth” o passaparola estremamente efficace perché molto credibile e
molto efficiente in quanto a costo nullo per l’impresa.
Un cliente soddisfatto si forma un’opinione e un’immagine positiva dell’impresa che va al di la dello
specifico prodotto. L’immagine positiva trascende la specificità dell’esperienza e consente una più
facile accettazione di prodotti nuovi e diversi, offerti dalla stessa impresa. Questo meccanismo
genera la cosiddetta ‘estensione della fiducia’.
Quanto migliore è la performance dell’impresa generata dalla sommatoria degli effetti positivi sulla
redditività e sulla crescita, tanto più elevato è il valore economico dell’impresa stessa. Non a caso,
molto spesso si ritiene opportuno stimare il valore dell’impresa partendo da una valutazione del
livello di customer satisfaction e dal correlato effetto di customer retention e customer loyalty, cioè
la sua capacità di trattenere i clienti, fidelizzandoli.
Gli altri due obiettivi dell’orientamento dell’impresa al marketing, ottenimento di un vantaggio
competitivo ed elevati livelli di redditività, sono da considerarsi implicitamente raggiunti nel
momento in cui si persegue in modo corretto l’obiettivo della customer satisfaction.
Un’elevata customer satisfaction genera maggiori profitti, quindi si raggiunge l’obiettivo di
redditività, e una maggiore capacità di crescita dell’impresa sul mercato, quindi un’evidente misura
delle capacità di acquisire e mantenere una favorevole posizione concorrenziale.

Presupposti del marketing:


ll marketing si fonda su un ampio insieme di presupposti:
Il primo è legato alla domanda che si origina dai consumatori e dai clienti. Man mano che si
consolidano esigenze più elevate, bisogni più intensi e personalizzati, diventa maggiore la necessita
per l’impresa di affinare le sue capacità di lettura e di interpretazione del mercato e, in parallelo, di
generare elementi di differenziazione concorrenziale volti all’incremento del valore per il cliente. Il
marketing deve essere in grado di adeguarsi ai cambiamenti della domanda nel tempo.
Il secondo elemento è la concorrenza. Esiste una correlazione positiva tra intensità e dinamismo
concorrenziale e fabbisogno di marketing. Nei settori caratterizzati da una elevata intensità
competitiva, l’utilizzo di una logica di gestione guidata dal marketing tende a essere indispensabile
e, molto spesso, le attività di marketing risultano anche molto visibili. Continuo lancio di nuovi
prodotti o di nuove proposte commerciali, intense campagne promozionali e pubblicitarie, ricorso
a ricerche di mercato di tipo continuativo, sono solo alcune delle manifestazioni che tipicamente si
osservano nei settori molto concorrenziali. Ma non è detto che situazioni contrarie determinino la
negazione dell’importanza del marketing. Anzi, proprio in presenza di condizioni concorrenziali
statiche e in apparenza bloccate si possono generare le condizioni affinché una nuova e diversa

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lettura dei mercati possa determinare una forza innovativa, di cambiamento. Si tratta di un
marketing latente, ma non per questo meno importante.
Un ulteriore presupposto è il cambiamento. Il cambiamento inteso come il rischio di un sostanziale
allontanamento tra impresa e mercato. In tutto ciò, in un’ottica anche di natura prospettica, si situa
il concetto di finestre strategiche. Le finestre strategiche possono essere considerate come le
opportunità ‘visibili’, ma di breve durata, che si presentano all’impresa, la quale deve essere nelle
condizioni di poterle cogliere. Se così non accade, le finestre si chiudono e risulta difficile forzare
l’ambiente alla ricerca di nuove opportunità. Se, inoltre, i concorrenti colgono l’occasione derivante
dall’apertura di una finestra strategica, l’immobilismo dell’impresa trasforma un’opportunità del
passato in una minaccia del presente e del futuro. L’emergere di finestre strategiche può essere
principalmente ricondotto a tre fattori:
• i consumatori, intendendo soprattutto i loro comportamenti d’acquisto e di consumo oltre
che l’evolversi dei gusti e delle esigenze espresse dal mercato;
• la tecnologia, sia di prodotto sia di processo, si può tradurre in nuovi prodotti e in più
efficienti ed efficaci processi produttivi.
• l’evoluzione del sistema distributivo che incide sulla vicinanza tra domanda e offerta e sulle
possibilità di definire e trasferire valore economico al cliente.

In sintesi, i presupposti del marketing determinano una forte presa di coscienza, da parte
dell’impresa, sulla necessità di un intenso orientamento al mercato e sono riassumibili nelle
condizioni di incertezza, instabilità e complessità.
Tanto più l’ambiente che circonda l’impresa è incerto, instabile e complesso, tanto maggiore è la
necessita di analizzarlo, conoscerlo e di agire in senso strategico e operativo, per posizionare al
meglio l’offerta dell’impresa sul mercato cercando di ottenere le migliori performance possibili.
Il marketing si colloca in una posizione centrale nell’ambito dei processi decisionali e manageriali
delle imprese. Non vi può essere differenza tra obiettivi d’impresa e obiettivi di marketing.

PROCESSO DI MARKETING E PROCESSI D’IMPRESA:

L’azione di marketing deve trovare razionalizzazione all’intero di un processo logico e


metodologico.
Il metodo fa sì che le decisioni dell’impresa siano effettivamente indirizzate alla migliore gestione
delle relazioni di mercato. Il metodo si attua attraverso lo svolgimento di un processo. Il Processo
di Marketing può essere definito come il percorso logico lungo il quale è opportuno procedere per
prendere le decisioni di marketing sia a livello strategico sia a livello tattico - operativo.
Seguire il metodo sotteso al processo di marketing minimizza i rischi connessi alla gestione delle
relazioni di mercato. Al rigore metodologico si deve però associare una dimensione ideativa e
creativa.
Se applicare correttamente il metodo aiuta a non commettere errori, l’interpretazione originale e
creativa dei fenomeni di mercato può rappresentare l’elemento vincente che dà vita a quelle
distanze competitive necessarie all’impresa per sostenere e mantenere nel tempo le proprie
potenzialità.
Il processo di marketing è generalmente diviso in due parti:

Fase analitica e conoscitiva, durante la quale il manager raccoglie informazioni tanto sul
mercato, quanto su capacità e competenze dell’impresa. La fase analitica riguarda la conseguente
scelta delle combinazioni prodotto/mercato in cui operare e le informazioni desunte confluiscono

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nella definizione dei segmenti di mercato in cui operare (segmentazione), la loro scelta (targeting)
e la definizione delle caratteristiche dell’offerta (posizionamento). La segmentazione fa parte della
fase analitica, si analizza il mercato al fine di suddividerlo in segmenti. Nel momento in cui si
scelgono i segmenti e ci si sposta quindi nella fase del targeting, il marketing manager prende una
decisione. Il posizionamento è il risultato di analisi e decisioni: si analizza il proprio posizionamento
rispetto alle esigenze della domanda e al posizionamento della concorrenza e, alla luce di questa
analisi, si decide come muoversi. Le decisioni di distinguono tra strategiche ed operative. Le scelte
strategiche qualificano la politica complessiva dell’impresa nelle sue relazioni con il mercato nel
lungo termine. L’attuazione delle scelte strategiche si sviluppa sul piano operativo, producendo
effetti nel breve periodo e risulteranno modificabili in funzione delle evoluzioni del contesto di
mercato. L’intero processo si fonda su due sistemi:
o Sistema in formativo, fornisce misure in merito alle condizioni e alle evoluzioni di mercato.
o Sistema di valutazione, reporting e controllo dell’azione di marketing.

In breve, il processo si svolge nel seguente ordine:


o Analisi delle opportunità̀ di mercato
o Sviluppo delle strategie di marketing
o Traduzione operativa delle azioni di marketing
o Controllo delle attività e misurazione dei risultati

Tutte le aree funzionali in cui l’impresa è suddivisa devono contribuire sinergicamente alla creazione
del valore economico per il cliente e l’impresa. Il marketing manager deve fungere da coordinatore
delle attività interfunzionali e da integratore tra le funzioni dell’impresa e del mercato.
In questa fase, la dimensione oggetto di analisi è l’ambiente declinato in:
o Macroambiente: formato dall’insieme delle forze esterne sulle quali l’impresa non ha
possibilità di agire ma dalla cui analisi si possono riconoscere le minacce incombenti e le
opportunità che è possibile generare.

o Microambiente: formato dall’impresa medesima e dall’insieme degli attori che fanno parte
della filiera in cui essa opera: fornitori, intermediare commerciali, concorrenti e,
naturalmente, i clienti. L’analisi è finalizzata a identificare i punti di forza e debolezza
dell’impresa.

Oppure nell’analisi dell’ambiente esterno ed interno all’impresa:


o Ambiente interno: caratteristiche delle imprese e i suoi vantaggi competitivi.

o Ambiente esterno: interpretazione della domanda, comprensione e anticipo dei gusti dei
consumatori.

L’analisi dell’ambiente serve all’impresa per cercare di comprendere, anticipare o anche generare
tendenze che possono essere cruciali per lo sviluppo del business. Data l’estrema quantità ed
eterogeneità delle informazioni disponibili, considerando anche il potenziale diffusivo legato alle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione, l’analisi dell’ambiente non produce
informazioni oggettive in assoluto, ma risulteranno mediate dalla soggettività percettiva ed
interpretativa del management.
L’analisi del Macroambiente è finalizzata a individuare quali forze si sviluppano intorno
all’impresa e la influenzano e comprendere quali di esse possono rappresentare contingenze
positive o e quali condizionamenti e/o vincoli al suo libero agire. formato dall’insieme delle forze

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esterne sulle quali l’impresa non ha alcuna possibilità di agire, ma dalla cui analisi riesce a
comprendere le dinamiche più rilevanti, ovvero le minacce che incombono e le opportunità che si
generano nel contesto cui essa si riferisce.

Le forze che costituiscono il macroambiente si riconducono a sei categorie:


o Ambiente economico: costituito dagli elementi che influenzano il potere d’acquisto della
domanda e l’allocazione de reddito quali inflazione, politiche fiscali, modelli di consumo;
o Ambiente politico- istituzionale: rappresentato dagli orientamenti e dalle tendenze dei
soggetti politici ed istituzionali che hanno impatto a livello sociale ed economico (sindacati,
associazioni dei consumatori.);
o Ambiente demografico: riguarda le dinamiche della popolazione in termini di numerosità,
densità, distribuzione per età, occupazione, etnia etc;
o Ambiente socioculturale: riguarda valori, norme sociali e consuetudini che influenzano
modalità, comportamenti di consumo, livello di accettazione delle innovazioni;
o Ambiente tecnologico: riguarda la capacità dell’evoluzione tecnologica e dell’innovazione di
incidere tanto sulle dinamiche sociali, quanto sulle possibilità delle imprese di attivare e
gestire nuove logiche di efficienza produttiva, sviluppare nuove modalità di distribuzione e
comunicazione.
o Ambiente fisico: rappresentato dall’insieme delle risorse e caratteristiche naturali del
territorio in cui l’impresa opera e delle quali si pone a presidio e tutela.

Una volta definiti gli elementi che caratterizzano il contesto in cui l’impresa si muove, l’analisi
dell’ambiente procede con livelli via via crescenti di focalizzazione. Si definiscono allora il settore
e i suoi confini, le regole della concorrenza e le conseguenze che da essa derivano sul piano
competitivo e reddituale.

L’analisi del Microambiente è finalizzata alla conquista e alla conservazione delle preferenze
della domanda, quindi dei clienti, siano essi clienti intermedi, ossia gli attori della distribuzione
commerciale, siano essi i clienti finali, ossia clienti che acquistano prodotti e/o servizi offerti dalle
imprese ad uso personale. I clienti tendono a preferire l’offerta delle imprese che meglio di altre
offrono prodotti e/o servizi adatti a soddisfare le proprie esigenze. Nel microambiente fanno
parte anche i fornitori, concorrenti, intermediari commerciali e altri stakeholder. Nel
microambiente si analizza l’influenza che l’impresa ha sui soggetti. formato dall’impresa
medesima e dall’insieme degli attori che compongono la fiera allargata in cui l’impresa opera,
(fornitori, intermediari commerciali, concorrenti e clienti= modello di Porter). In questa fase si
analizza i clienti cercando di coglierne le esigenze, i bisogni e i comportamenti, quindi è un’analisi
volta a capire se esistono spazi economicamente percorribili per soddisfarne i bisogni. È
necessario definire il settore e i suoi confini, comprendendo le regole del gioco concorrenziale.
Una terza componente è costituita dall’analisi della distribuzione, cioè dei clienti intermedi.
L’analisi della domanda qualifica l’orientamento delle imprese al mercato e al cliente ed è volta
a individuare spazi economicamente percorribili per soddisfarne i bisogni.
L’analisi deve essere compiuta considerando il cliente in tutte le sue dimensioni (qualitativa,
quantitativa, emozionale, razionale, statica, dinamica, presente e futura ecc..) facendosi guidare
dal principio che il cliente è in primo luogo una persona e non solo il punto d’arrivo delle politiche
di marketing: le persone hanno infiniti desideri, comportamenti, aspettative in perenne
cambiamento.
L’analisi della domanda si articola pertanto in due ambiti: dimensione quantitativa (quanto vale
la domanda, quanto cresce) e dimensione qualitativa che accoglie tutti gli elementi che sono

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funzionali alla customer satisfaction. Un cliente soddisfatto è un patrimonio per l’impresa
perché esprime il suo gradimento fidelizzandosi, spingendo l’impresa ad orientarsi al mercato
con rinnovata energia ed attenzione. Completa la dimensione del microambiente l’analisi della
distribuzione, ovvero i clienti intermedi. Occorre conoscere le caratteristiche strutturali,
comprendere logiche e comportamenti dei clienti commerciali per definire le strategie di trade
marketing, ossia le politiche di marketing indirizzate alla distribuzione commerciale da attuarsi
sinergicamente al marketing dell’impresa indirizzato agli utilizzatori finali (consumer marketing).
La fase analitica consente all’impresa di individuare fattori di opportunità e di minaccia presenti
nell’ambiente circostante; parallelamente l’impresa deve interrogarsi sulle capacità e sulle core
competences che può essere in grado di dispiegare individuando i propri punti di forza e le aree
di miglioramento nei punti di debolezza. La considerazione congiunta delle opportunità e delle
minacce, dei punti di forza e di debolezza avviene attraverso la SWOT analysis. Con essa l’impresa
non avendo ancora deciso quale strategia e quale posizionamento perseguire, cerca di
comprendere quali possano essere i comportamenti più compatibili con le caratteristiche
dell’ambiente che la circonda, con i suoi obiettivi e con le sue peculiarità distintive.
La fase analitico-conoscitiva sotto l’aspetto organizzativo può svilupparsi secondo tre modelli
fondamentali:
o Saltuari: risposta ad avvenimenti imprevisti, è un approccio con un focus concentrato,
scarsamente strutturato e non finalizzato a valutare le dinamiche future;
o Regolari: l’analisièsistematicaesiconcretizzainun’attivitàdiverificadell’ambiente.
L’obiettivo fondamentale è valutare l’impatto dei cambiamenti dell’ambiente ipotizzati in
sede strategica.
o Continuo: è un processo continuativo di valutazione e controllo dei diversi sub sistemi che
formano l’ambiente.

Associando alla dimensione organizzativa la specificità del contesto di mercato, si distinguono


quattro orientamenti:
1) Per ambienti complessi e difficili da modificare, l’approccio adottato è l’osservazione
indiretta. La condivisione delle informazioni tra gli operatori, anche concorrenti, riduce il
rischio di prendere decisioni avventate;
2) Per ambienti instabili e non prevedibili, come mercati nuovi e frammentati, l’analisi
dell’ambiente è finalizzata a definire possibili rappresentazioni dell’ambiente futuro;
3) Per ambienti stabili e soggetti a cambiamenti limitati, l’analisi è finalizzata al costante
controllo della concorrenza.
4) Per ambienti stabili e prevedibili, quindi oggetto di cambiamenti determinanti, le informazioni
desunte consentono di formulare strategie proattive per relazionarsi con il mercato.

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Esistono diversi strumenti a disposizione dei manager per tradurre gli esiti della fase analitica in
decisioni di marketing, i più importanti sono: la SWOT analysis, applicata alla realtà attuale e la
SCENARIO analysis, a supporto dell’individuazione dei segnali di cambiamento dell’ambiente futuro.
L’analisi SWOT è un procedimento che, partendo dall’esplorazione dell’ambiente permette la
raccolta di informazioni finalizzate all’analisi da cui trarre valutazioni e interpretazioni, allo scopo di
giungere a una puntuale identificazione delle minacce e delle opportunità per l’impresa. Nella
ricerca delle opportunità e delle minacce l’impresa rivolge il suo sguardo all’esterno, verso il
mercato:
o Le opportunità rappresentano i possibili vantaggi che potrebbero essere sfruttati allocando
in modo flessibile le risorse;
o Le minacce costituiscono un fattore di rischio che potrebbe condizionare negativamente i
risultati della strategia di marketing.

Attraverso l’evidenziazione dei punti di forza e debolezza l’impresa rivolge l’attenzione al suo
interno alla ricerca delle risorse, delle capacità e delle competenze distintive, ovvero dei fattori
chiave alla base della competitività. Obiettivo primario dello SWOT analysis è stimolare una
riflessione strategica al fine di sfruttare le opportunità più interessanti attraverso il potenziale
espresso dei punti di forza e al contempo contenere le minacce intervenendo o migliorando i punti
di forza. Opportunità e minacce, punti di forza e debolezza vengono inseriti all’interno di una
matrice che può fornire indicazioni fondamentali volta all’individuazione dei mercati più interessanti
in cui l’azienda può operare, al posizionamento, alla gestione delle variabili del marketing mix.

Le decisioni strategiche o leadership sono prese analizzando l’ambiente ed individuano fattori di


opportunità e di minaccia e sull’analisi dei punti di forza e di debolezza. Lo strumento che ci
permette di mettere a confronto i fattori positivi quali punti di forza e opportunità e i caratteri
negativi quali minacce e punti di debolezza, si chiama SWOT analysis, è modello creato da Albert
Humphrey negli anni ’60 ed è uno degli strumenti più utilizzati ed efficaci per mettere a fuoco i punti
rilevanti dell’attività di un’organizzazione.
È particolarmente utile quando si deve devono attuare scelte strategiche-decisionali, aiuta a
visualizzare chiaramente i pro e contro dell’ambiente, evidenziando tutti gli aspetti positivi e
negativi di un progetto aziendale e permette di facilitare l’analisi e le decisioni che portano ad una
corretta scelta strategica, individua sulla bilancia aspetti positivi e negativi dell’ambiente interno ed
esterno. Se i primi superano i secondi si può proseguire con la propria idea e cominciare a metterla

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in pratica. Se invece gli aspetti negativi hanno un peso maggiore, probabilmente è il caso di rivedere
il proprio progetto o leadership o nella peggiore delle ipotesi, abbandonarlo.
Le domande che possono guidare nell’interpretazione della SWOT Analysis per assumere decisioni
sono:
o I punti di forza aprono nuove opportunità? Vantaggio competitivo e competenze distintive
o Come puoi trasformare i punti di debolezza in punti di forza?
o Come puoi neutralizzare le minacce?

Analisi SWOT del caso yellow:

Punti di forza dell’analisi interna, ovvero che caratterizzano l’impresa sono:

o conoscenza, know how, esperienza


o radicamento territoriale
o Unicità del Bergamotto
o Brand storico
o Relazioni territoriali vicine al cliente
o Nuovo CEO con orientamento ai clienti

Punti di debolezza dell’analisi interna, e sono:

o Quota di mercato esigua


o Vincoli dimensionali
o Assenza dell’e-commerce
o Orientamento al prodotto
o Packaging non sostenibile

Opportunità - Punti di forza dell’analisi esterna: Le opportunità sono dei trend che possono
influenzare positivamente l’impresa o altre imprese. Importante sottolineare che le opportunità
non sono obiettivi:

o Consumo bibite nei paesi EU


o Innovazione nel Packaging e sostenibilità
o Distribuzione Out of Home
o Attenzione al Benessere
o Segmenti giovanili da intercettare

Minacce – Punti di debolezza dell’analisi esterna possono essere:

o Mercato concentrato alta competizione


o Nuovi entranti su segmenti di clientela nuovi
o Strategie die competitors di specializzazione

Scenario Analysis:
L’analisi degli scenari consente all’impresa di immaginare le evoluzioni in atto nell’ambiente di
riferimento. Per scenario s’intende la situazione futura “possibile” o “verosimile” di come potrebbe
configurarsi il contesto futuro. L’analisi si compone di sequenze di eventi che consentono di
prefigurare una certa situazione futura, lo scenario può presentarsi sia in forma quantitativa che
qualitativa.
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Non va confuso con la previsione in quanto rappresenta uno dei futuri possibili.
Le difficoltà di interpretazione della complessità ambientale hanno diminuito l’utilizzo di questo
strumento d’analisi assunto, generalmente, come supporto per la definizione dei diversi scenari
possibili. Il processo logico attraverso quale giungere alla costruzione dello scenario è il seguente:
o Individuazione delle forze trainanti del macro-ambiente;
o Identificazione degli elementi caratterizzati da un elevato grado di probabilità
o Identificazione dei fattori di incertezza;
o Creazione di uno o più scenari a partire dai fattori di certezza attraverso l’esplorazione degli
spazi di opportunità basati sulle possibili combinazioni dei fattori di incertezza.

L’analisi degli scenari determina un approccio proattivo, volto non solo a reagire alle dinamiche
dell’ambiente ma anche a costruire attivamente l’ambiente in cui l’azienda intende perseguire i
propri obiettivi.

Fase decisionale operativa e strategica o marketing management/ operativo, suddiviso nelle


dimensioni strategiche e operative. Il momento decisionale comprende le strategie di marketing,
dalla scelta dei mercati obiettivo alle decisioni in termini di posizionamento competitivo dell’offerta.
Si completa con la definizione delle modalità di traduzione a livello operativo delle strategie di
mercato definite dall’impresa. Sulla base delle informazioni e delle conoscenze acquisite in fase
analitica, l’impresa passa al momento decisionale. Le decisioni si distinguono in:
o Strategiche: riguardano le scelte di prodotto-mercato che posizionano l’impresa in un certo
ambito economico o posizionamento che permette di distinguersi dalle altre o di ottenere un
vantaggio competitivo, il tutto avviene tramite sistemi informativi (trasversali a tutte le fasi e
unità organizzative) e ricerche di marketing o di mercato per capire quale è il posizionamento
all’interno del proprio ambiente e capire quale è il legame con la distruzione. Nel marketing
strategico si stabiliscono decisioni dove vinee impostato il rapporto azienda mercato

o Operative: definito il contesto di mercato o posizionamento, si passa al marketing operativo


attuando le leve del marketing mix (prodotti, prezzo, comunicazione, distribuzione). In
generale operare delle scelte verticali su una serie di elementi come prodotto e servizio.
(prodotto/servizio, brand, place, pubblicità, comunicazione, ecc.) Con il marketing mix
(insieme di elementi prodotto prezzo place e distribuzione e comunicazione) l’impresa riesce
a conferire alla propria offerta quelle caratteristiche che le consentono di avvicinarsi alle
esigenze dei suoi clienti obiettivo, ovvero al target individuato con le analisi e le decisioni di
segmentazione. Maggiore è la capacità di cogliere le istanze espresse dai clienti, maggiore è il
divario che riuscirà a creare tra la propria offerta e quella dei concorrenti. Nel marketing
operativo si ottimizzazione di una situazione già esistente e si applicano le decisioni di
marketing prestabilite.
Il risultato finale è riconducibile al concetto di valore. Si parte dall’identificazione e dalla
definizione delle caratteristiche del prodotto/servizio offerto; in parallelo si verificano costi e
investimenti a fronte del valore che si è riusciti a generare per il cliente. Si decidono di
conseguenza i prezzi.
Il valore può essere trasferito al cliente attraverso:
Fisiche con la distribuzione, la gestione dei canali e la logistica;
Di relazione, soprattutto con la forza di vendita;
Di notorietà e di immagine con la comunicazione di marketing.

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Controllo dei risultati: L’ultima fase de processo di marketing riguarda il controllo dei risultati. Il
controllo non serve solo a stabilire se si è stati più o meno capaci di raggiungere un risultato, ma
anche a impostare e/o a modificare la politica di marketing per il futuro.
Nello svolgimento del processo di marketing risulta premiante il metodo, tuttavia, nella vita reale,
molte decisioni sono il frutto di circostanze contingenti, a volte improvvise, spesso imprevedibili.
In tali circostanze si parte dal problema che si sta manifestando e si ricostruire il processo più adatto
alla specifica situazione. La fase di controllo non serve solo a stabilire dove si è arrivati, ma anche a
importare o modificare la politica di marketing futura.

SISTEMA INFORMATIVO DI MARKEITNG E RICERCA DI MARKETING:

È indispensabile raccogliere dati per avere informazioni che consentano di definire obiettivi, delle
strategie e delle politiche di marketing.
Il sistema informativo riguarda l’analisi e anche alla fase strategica e la fase operativa, Il sistema
informativo permette di raccogliere dati e trasformarmi in informazioni.
Le informazioni devono essere condivise e devono permettere ai manager di prendere decisioni e
poi attuare politiche. grazie alle ricerche di marketing è possibile produrre informazioni che
permetto di compiere le decisioni di marketing corrette. Quindi grazie alle informazioni si possono
formulare delle scelte.
Il processo decisionale di marketing ha bisogno di informazioni corrette per non produrre risultati
erronei o inconsistenti.
Il sistema dell’azienda deve, perciò, avvalersi di un sistema informativo dedicato che trasformi i dati
in conoscenza di marketing. Per sviluppare un piano di marketing è indispensabile disporre di dati
e informazioni, che vengono prodotto mediante ricerche di marketing, quindi l’informazione è una
elaborazione di dati.
I dati possono essere raccolti, ma poi devono essere interpretati per poter permettere la definizione
di obiettivi e strategie.

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È indispensabile elaborare i dati per avere delle informazioni utile per i manager che devono
prendere delle decisioni.
Una definizione di ricerca di marketing è “la raccolta, la registrazione e l’analisi sistematica dei dati
riguardanti i problemi relativi al marketing di beni e servizi”.
Il sistema informativo è costituito da persone, attrezzature e procedure che sono finalizzate a
raccogliere, analizzare, classificare, elaborare e distribuire dati e informazioni, che devono essere
pertinenti, tempestive e accurate, destinate agli operatori di decisioni di mercato, ovvero devono
rispondere alla richiesta del responsabile aziendale.
Devono essere informazioni tempestive, sono necessarie le informazioni più attuali e inoltre
devono essere accurate e pertinenti.
I dati vengono raccolti, devono essere trasformati in informazioni, le quali devono essere accurate,
tempestive/attuali e pertinenti e quindi che rispondano alle richieste.

Il processo di marketing management (analisi, pianificazione, implementazione, organizzazione e


controllo) si confronta ed analizza costantemente con l’ambiente di marketing, composto da:
macro-ambiente e micro-ambiente (mercato obiettivo, stakeholder, processi interni, fattori esterni
ed intermediari), al fine di raccogliere dati, questi dati vengono tradotti in informazioni utili a
produrre una pianificazione, implementazione e organizzazione delle strategie di impresa. Queste
informazioni servono ai responsabili di marketing per sviluppare la pianificazione,
l’implementazione e il controllo.
Le informazioni di cui si ha bisogno dipendono dalla fase del processo di marketing management.
Le informazioni necessarie sono definite in base all’obiettivo di impresa.

Le aree del sistema informativo di marketing sono costituite da 4 sottosistemi che presidiano il
processo di produzione delle informazioni e di sviluppo dell’informazione:

• Rilevazioni interne: rappresentano l’insieme di tutte le informazioni prodotte tipicamente


per finalità amministrative e contabili a cui si aggiungono le rilevazioni extra-contabili
sull’andamento della produzione, l’attività dei venditori ecc.

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Sono rilevazioni formulate all’interno dell’impresa e che permettono all’impresa di avere
dati che genereranno informazioni.
Ad esempio, la contabilità produce dei dati che possono essere usati anche dai responsabili
di marketing. La gestione del magazzino fa parte delle rilevazioni interne

• Marketing intelligence: è la capacità di comprendere, analizzare e valutare pienamente


l’ambiente interno e esterno relativo a clienti, concorrenti, mercato e industria in cui si
muove un’azienda.
Costituito da analisti che hanno il compito di raccogliere die dati e delle informazioni che
fanno riferimento alla relazione tra impresa e mercato e anche impresa-ambiente (analisi
concorrenza).
Obiettivo di raccogliere dati e informazioni riguardanti la relazione tra impresa e cliente e
impresa e ambiente, riguardante la concorrenza.

• Modelli di marketing: fanno riferimento alla statistica, quindi si parla di modelli che sono
adottati dia responsabili di marketing per generare delle informazioni utili, ad esempio
l’analisi della customer satisfaction attraverso modelli legati alla statistica. È rappresentato
da un insieme di regole finalizzate all’interpretazione corretta e coerente di fenomeni
simili in modo da garantire comportamenti omogenei all’interno dell’azienda (es:
attribuzione di sconti ai clienti che devono essere simili per tutti i venditori); sono modelli di
natura statistica per trasformare il dato in informazione.

• Ricerche di marketing: è la raccolta, registrazione e analisi di dati e informazioni che siano


in grado di rispondere ai problemi relativi al marketing dei prodotti e dei servizi. Permette di
raccogliere dati utili per perseguire obiettivi di marketing.
Esistono varie tipologie di ricerche di marketing:
o Ad hoc: tipologia di ricerca di marketing affidata a società esterne, personalizzate e
commissionate esclusivamente da parte dell’impresa, quindi si avvale di informazioni
originali, dettagliate e pertinenti, ma molto costose.
o Multiclient: tipologia di ricerca di marketing commissionata da più clienti, come le
ricerche settoriali. I risultati saranno condivisi tra più imprese clienti. La ricerca
omnibus (sondaggi) fa parte della muticlient ricerca e avviene nell’ambito della quale
ogni azienda committente ha la possibilità di personalizzare alcune domande del
questionario utilizzato. In modo tale che ogni impresa riceva specifiche informazioni
richieste in modo univoco e riservato.

Le ricerche di marketing permettono di colmare una serie di lacune informative cui il


sistema informativo di marketing non potrebbe supplire diversamente e sondare ambiti che
altrimenti non potrebbero essere indagati.

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Tipologie di fonti informative e dati:

I dati possono essere distinti a seconda della loro origine (interni esterni) e distinguerli a seconda
dello scopo con cui vengono raccolti (primari e secondari):

• Dati primari: sono il risultato delle ricerche di marketing per eccellenza e raccoglie queste
analisi ai fini di risolvere la propria carenza informativa e sono molto aggiornati e precisi e
richiedono molte risorse e sono molti costosi, provengono sia dall’esterno sia dall’interno
dell’impresa. ono quei dati che vengono generati ex-novo, quindi vengono prodotti da una
ricerca specifica.

• Dati secondari: sono il risultato di una raccolta più facile e meno costosa ma sono meno
specifici e meno precisi, quindi più approssimativi ed economici. Sono dati che già esistono,
come report messi a disposizione da parte di alcuni istituti oppure reperiti da banche dati.

Le fasi del processo di ricerca:


Esiste una metodologia nel processo di ricerca di marketing al fine di garantire una corretta
interpretazione e raccolta die dati, al fine di minimizzare gli errori che potrebbero influenzare le
decisioni di marketing, si segue un processo lineare articolato in fasi. Tenendo sempre la scelta di
attuare una ricerca di marketing a discrezione del manager ed è la scelta più critica del manager. Le
fasi del processo di ricerca sono:

1) Definizione del problema: l’azienda individua un particolare vuoto informativo che deve
colmare in questa fase si produce un documento chiamato brief di ricerca: l brief è il
documento in cui viene definito ed individuato il problema e contiene:
o Oggetto preciso della ricerca
o Obiettivo della ricerca
o Target di riferimento
Questo al fine di ridurre l’incertezza nell’oggetto della ricerca dando specifiche e generali
istruzioni per la ricerca e tutti gli aspetti operativi necessari per attuare la ricerca.

2) Definizione del modello: si definiscono le tipologie e le caratteristiche della ricerca che si


vuole eseguire:

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o Esplorative: ricerche preliminari di dati e campioni ai fini di comprendere un
determinato problema e fare chiarezza sulla natura del problema e possibilmente
suggerire nuove idee utili per la risoluzione del problema di marketing. (si utilizza su
fenomeni nuovi non indagati)
o Descrittive: servono per definire e qualificare le caratteristiche di un fenomeno
definito nel suo contesto generale.
o Causali: verificano le relazioni causa-effetto fra i fenomeni analizzati

3) Definizione del metodo: Si procede a definire quali sono le fonti informative da utilizzare,
quali sono i metodi di ricerca più indicati (qualitativi – quantitativi) e la definizione degli
strumenti per la raccolta dati (focus group, interviste, questionari, ecc.) e i metodi di contatti
con le fonti per ottenere le informazioni. I metodi principali di ricerca sono di natura:
o Quantitativa: come il questionario, al fine di apprendere abitudini di consumo e di
acquisto del consumatore in un particolare settore o di categoria dei prodotti, su
una vasta scala di campioni. Hanno come obbiettivo quello di poter generalizzare i
risultati. Nella ricerca quantitativa i metodi di contatto si basano su questionari
strutturati erogati tramite intervista personale, telefonica, postale o via web. I
diversi strumenti per l’analisi si differenziano per:
Costo di contatto con i soggetti
Qualità e Quantità delle informazioni raccolte dai questionari
Tempi di utilizzo del questionario
Controllo dell’intervistato da parte dell’intervistatore
Interazione veloce ed efficacie.

Il questionario: un questionario ha determinate caratteristiche:


Contenuto: chiaro e comprensibile per l’intervistato e conforme agli obbietti
della ricerca
Formulazione di domande: le domande chiuse o aperte costruite in base
all’esigenze degli intervistatori e dei ricercatori.
Linguaggio: chiaro e semplice e capace di consentire agli intervistati di
comprendere subito quali sono i temi e le domande poste (linguaggio di uso
comune).
Struttura: si presenta in una linea logica e chiara in modo da mettere a suo
agio l’intervistato o che non abbandoni il questionario.

Le principali domande in questionario sono quelle chiuse, esse presentano varie


tipologie e caratteristiche:
Dicotomiche: solo due risposte possibili
A scelta multipla: più risposte possibili che si escludono a vicenda
Scala di Likert: ad un’affermazione viene chiesto il livello di accordo o di
disaccordo tramite una scala.
Differenziale sistematico: domanda tal per cui la risposta deve essere
posizionata all’interno di una scala che presenta gli estremi due concetti tra
loro opposti
Scala di importanza o di valutazione: viene proposta una classifica di
importanza o di attributi.

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o Qualitativa: come il focus group e l’intervista sono metodi più precisi ma di numero
di campioni ridotto. Si individuano aspetti più specifici e precisi del consumatore, si
indagano quindi fenomeni nuovi e non ancora conosciuti e non hanno rilevanza
statistica. I metodi di indagine qualitativa sono:
Intervista in profondità: intervista Face-to-face condotta da professionisti •e
ha l’obiettivo: di approfondire tematiche e dinamiche nuove e ha possibili
tipologie di interazione:
- colloquio clinico approfondire psiche e comportamento del soggetto
- intervista proiettiva vengono utilizzate tecniche che stimolano in un
ambiente sereno una serie di associazioni mentali in modo tale che si
riesca a far emergere sensazioni all’individuo nuove.
- intervista semi strutturata si utilizzano domande preimpostate in
modo tale da approfondire un tema nuovo, le risposte cambiano altre
domande in modo da declinare le domande a seconda dell’andamento
dell’intervista.

Intervista Focus Group: Condotta da un professionista che ne rappresenta il


moderatore tra 7-10 persone coinvolte di una durata: 1-2 ore e offre la
possibilità di osservare le dinamiche di gruppo e far emergere ulteriori
elementi di analisi di un nuovo elemento di ricerca. Il moderatore fa si che
tutti i partecipanti esprimano la propria opinione in modo da osservare le
dinamiche di gruppo.

Osservazione: Usata quando non è possibile ricreare artificialmente la


situazione che si intende analizzare. Una particolare tecnica è quella del
mistery shopping (metodo tale per cui il ricercatore si comporta come un
cliente in modo tale da poter osservare il luogo naturale in cui si verifica un
determinato fenomeno, quindi non dichiara di essere ricercatore) al fine di
analizzare il comportamento e le dinamiche nei punti vendita o in una
situazione difficile da ricreare in laboratorio.

Metodo etnografico: metodo che analizza il processo di produzione o di


comunicazioni i n una determinata società o in un certo gruppo sociale e
differisce dall’osservazione, poiché il ricercatore si immerge completamente
nel gruppo sociale per capire le dinamiche e i comportamenti della società.
Metodo “netnografico”: lo studio delle comunità di social network o
determinate comunità su internet.

4) Rilevazione dei dati: tramite i metodi di raccolta dell’informazioni dalle fonti, in questa fase
si controllano i costi e la qualità e quantità delle informazioni raccolte. Fase critica in cui si
definisce la qualità del risultato finale e in cui si sostengono i costi della ricerca. I dati,
vengono racconti tramite i metodi precedenti, possono essere di diversa tipologia e
derivano da diverse fonti informative.

5) Elaborazione dei risultati: Una volta terminata la rilevazione dei dati, si passa alla loro
elaborazione, a seconda della tipologia di ricerca si potranno sintetizzare i dati in risposte di
natura qualitativa o statistica descrittiva, si potranno cercare relazioni o connessioni che

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possono spiegare i fenomeni o dei soggetti studiati. A seconda del metodo di ricerca scelto,
si passa all’elaborazione dei risultati; per i metodi quantitativi si arriva ad un’elaborazione
statistica descrittiva per sintetizzare dati raccolti o si utilizzano strumenti di analisi avanzati
per individuare connessioni o interrelazioni.

6) Stesura del rapporto: Al termine della elaborazione dei dati si fa un report della ricerca e
deve contenere:
o Gli obbiettivi principali della ricerca
o Un executive summary che sintetizzi i contenuti del rapporto, evidenziando le
principali scelte metodologiche e i principali risultati conseguiti.
o La presentazione puntuale di tutti i risultati in dettaglio, così come definiti in fase di
progettazione.
o Eventuali appendici metodologiche e statistiche per dimostrare il livello di
significatività dei risultati ottenuti.

7) Presentazione dei risultati: il responsabile dell’istituto di ricerca presenta i risultati ai


committenti dell’azienda in modo da evidenziare i risultati emersi e approfondire eventuali
aspetti non del tutto chiari all’interno del rapporto di ricerca, al fine di attuare scelte e
decisioni strategiche-operative.

Il campionamento:
Il campionamento è una tecnica utilizzata per conoscere uno o più parametri di una popolazione,
senza doverne analizzare ogni elemento, rappresenta la fonte dei dati. Il numero di campioni varia
a seconda se si ha una ricerca:
• Ricerca qualitativa: campioni piccoli, non statisticamente significativi. Si preferisce ricavare
informazioni utili alla ricerca tralasciando la possibilità di generalizzare i risultati quindi si ha
un basso numero di campionamento.
• Ricerca quantitativa: l’obiettivo è riuscire a generalizzare i risultati conseguiti, con un errore
noto a priori, all’intera popolazione, quindi si ha un alto numero di campionamento.

Esistono due metodi di campionamento:


• Probabilistico: La probabilità di estrazione per ogni unità campionaria è nota a priori tramite
criteri oggettivi utili alla ricerca. Esistono 4 tipi di campionamento probabilistico:
o campionamento casuale semplice: ogni componente della popolazione ha la stessa
probabilità di venire estratto, metodo utile quando le popolazioni non sono
eterogene o troppo numerose e per ottenere una rappresentatività sufficiente del
campione la numerosità deve essere molto alta aumentando i costi di ricerca.
o campionamento stratificato: si utilizzano informazioni sulla popolazione per dividere
in gruppi omogeni la popolazione da cui in seguito verranno estratti campioni per
ciascuna classe omogenea, secondo criteri casuali.
o campionamento a grappolo (cluster): le unità di popolazione sono raggruppate in
sottoinsiemi e poi si procede ad estrarre grappoli secondo criteri casuali.
o campionamento a stadi: si suddividono le unità in gruppi poi si estrare un primo
gruppo (stadio) e poi estraggono unità elementari secondo criteri casuali, ripetendo
il procedimento individuando più stadi (regione, provincia, comune).

• Non probabilistico: Unità estratte con criteri soggettivi giustificati dagli obiettivi di ricerca.
Esistono 3 tipi di campionamento non probabilistico:

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o campionamento per quote: la popolazione viene suddivisa in gruppo omogeni in
base a delle variabili strutturali (genere, eta, ecc.)
o campionamento ragionato: il ricercatore insieme al committente selezionano gli
intervistati a seconda dell’attitudine a fornire informazioni accurate o per altri criteri.
o campionamento di convenienza: gli intervistati vengono selezionati a seconda della
facilità di contatto con l’intervistato e il ricercatore.

Il ruolo dell’ICT nella gestione delle informazioni:


Negli ultimi anni grazie all’ICT è stato possibile elaborare campioni sempre più grandi ed eterogeni
ottenendo risultati sempre più precisi. In modo da ottenere decisioni importanti comprendendo
l’assegnazione del grado di priorità alle diverse decisioni che il sistema informativo deve facilitare e
la definizione del livello di centralizzazione/decentralizzazione dell’informazione in coerenza con le
caratteristiche e i bisogni dell’impresa.
Tecnologie utilizzate per raccogliere i dati e per elaborare gli stessi. Le informazioni devono essere
pertinenti e significative.
Queste poi saranno elaborate e comunicate alle diverse aree aziendali.
Decisioni importanti:
• l’assegnazione del grado di priorità alle diverse decisioni che il sistema informativo deve
facilitare;
• La definizione del livello di centralizzazione/decentralizzazione dell’informazione in
coerenza con le caratteristiche e i bisogni dell’impresa.

ESERCITAZIONE INFORMAZIONI DI MARKETING:

Esercitazione: E-Mobility
I monopattini elettrici hanno visto un incremento delle vendite del 140% nei prime 7 mesi del 2020,
L’azienda produttrice di motorini Motorway sta valutando di entrare nel settore dei monopattini
elettrici in Italia. Decide di commissionare una ricerca di marketing ad un istituto di ricerca per
comprendere le abitudini di mobilità degli abitanti delle grandi città a seguito del COVID-19.

Quale tipologia di ricerca è adeguata? Ad hoc o omniclient?


Quali tipologie di dati si andrà a raccogliere?

Bisogna capire quali sono le tipologie di ricerca e di fonti informative è efficacie una ricerca ad
hoc in modo da personalizzare gli aspetti della ricerca e personalizzarla in modo individuale, inoltre
per questo tipo di ricerca l’azienda si deve avvalere di fonti informative esterni - primari (Dati
derivanti da ricerche di marketing) o fonti esterne - secondarie (Dati provenienti da fonti istituzionali
private e pubbliche) al fine di colmare il proprio vuoto informativo

Successivamente avviare il processo a 7 fasi di ricerca di marketing:

Colmare il vuoto informativo: quali sono le abitudini di mobilità degli abitanti delle grandi città a
seguito del COVID-19?

Brief:
Oggetto preciso della ricerca:
Obiettivo della ricerca:
Target di riferimento:

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Tempi: 2 mesi
Budget: 10.000 €

Quale modello è più adatto per colmare il vuoto informativo?

Si adotta il modello esplorativo poiché si ha un nuovo topic sperimentale mai ricercato prima, quindi
è adatto un focus gruop sulle abitudini di trasporto, in seguito l’azienda può applicare un modello
descrittivo per capire le abitudini di movimento della popolazione delle grandi città e quali sono le
necessità che un monopattino elettrico può colmare. I modelli poi si suddividono in metodo
qualitativo (Focus Group o Osservazione) per il modello esplorativo e quantitativo per il modello
descrittivo (Questionario). Esistono molte tipologie di questionario, quindi si considera il tempo a
disposizione e i costi per la tipologia di questionario in base al metodo di contatto (web, postale,
telefonico e personale), il web sembra la più idonea in termini di costi e tempo, ma ha anche degli
svantaggi, infatti ci può essere una discrepanza tra le informazioni fornite e la reale intenzione
dell’intervistato, quindi bisogna controllare la durata di tempo del questionario compilato sul web.

Sviluppo del questionario:


Caratteristiche: struttura, linguaggio, piattaforma utilizzata, contenuto…
Tipologie di domande:
• Dicotomiche
• A scelta multipla
• Scala di Likert (scala sempre di numero dispari di solito da 5 a 7 gradazioni in modo da avere
un intervallo medio)
• Differenziale semantico
• Scala di importanza o di valutazione

Esempio di domande chiuse:


Dicotomiche:
Esempio:
• genere dell’intervistato
• Possiedi un monopattino elettrico?

A scelta multipla:
Esempio:
• Professione (intervistato)
• Qual è il mezzo principale che usi per muoverti in città?
• Frequenza di utilizzo di un determinato mezzo
Esempio:
Qual è il mezzo principale che usi per muoverti in città?
• Mezzi pubblici
• Auto privata
• Scooter/moto
• Bicicletta
• Monopattino
• Servizio di sharing (bici, auto, monopattino ecc.)
• A piedi
• Altro

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Scala di Likert:
Esempio:

Esempio:

Differenziale semantico:
Esempio:

19
scala di importanza:
Esempio:

N.B. Le domande non devono influenzare le decisioni dell’intervistato in base alla struttura,
contesto o linguaggio.
A seguito della Rilevazione dei dati seguono, Elaborazione dei risultati, Stesura del rapporto e
Presentazione dei risultati da parte del ricercatore. Si possono recuperare anche fonti secondarie e
dati storici già elaborati su tanti settori per incrementare in dettaglio in fonti secondarie la ricerca
di marketing.
a seguito della ricerca si applica la swot analisys per classificare opportunità e minacce insieme alle
conclusioni tratte dalla ricerca di mercato.

IL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE:

il consumatore non è più considerato come il ricevente passivo di proposte commerciali


dell’impresa, ma diviene attivo protagonista del processo di marketing, fornendo informazioni utili
a migliorare e a dare valore aggiunto al prodotto o servizio modificando così il processo decisionale.
quindi la figura del consumatore evolve a co-creatore del valore.
il consumatore di oggi vene ad essere sempre più considerato cliente attivo (orientamento al
cliente). cliente attivo e non più consumatore passivo perché il consumatore riceve informazioni, è
esigente e nomade. È un cliente che viene ad essere coinvolto nel processo di creazione del valore,
infatti si parla di co- creazione di valore. Il cliente viene coinvolto attraverso programmi fedeltà che
implicano la partecipazione a concorsi, premi, contest, proposte di vendite specifiche.
Il cliente è attivo in quanto si valorizza il feedback del cliente e sulla base di questo può essere
modificato il prodotto.
Il cliente attivo può partecipare attraverso iniziative di fedeltà.
Il cliente attivo nel momento in cui ha la possibilità di scegliere tra diverse opzioni.

Le diverse prospettive nell’analisi dei consumi:


Il consumo è formato da un insieme di atti e di comportamenti che ne determinano una rilevante
complessità e che non possono essere compresi riferendosi esclusivamente alla sfera delle relazioni
di mercato e a quella economica. Esistono varie prospettive al comportamento del consumatore:

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• Prospettiva economica: Il consumo come momento fondante dell’economia, aiuta
studiando modelli di utilità, utilità marginale, propensione al consumo, funzioni di consumo
e modelli econometrici utilizzati dalla politica economica. La teoria economica ha il limite di
non considerare la soggettività degli individui.

• Prospettiva sociologica: Il consumo come fenomeno sociale, aiuta a comprendere i


fenomeni di relazione dell’individuo con il proprio ambiente sociale. Grazie a questa
prospettiva si studia il consumo ostentativo, effetti emulativi e dimostrativi, teorie dei
consumi di massa e dinamiche di consumo di moda.

• Prospettiva psicologica: Il consumo come atto individuale volto al soddisfacimento di


un’esigenza e di un piacere personale. Aiuta e ha contribuito a definire utili tassonomie per
gli studi di marketing sullo stato di privazione e necessità.

Alcuni trend che si sono presentati nel 2018 e che caratterizzano i consumatori di oggi sono:

Una sintesi tra i contenuti dei diversi approcci all’analisi dei consumi supporta lo sviluppo delle
politiche di marketing dell’impresa.
I comportamenti dei consumatori sembrano essere sempre più caratterizzati da un crescente
eclettismo. Rispetto al passato il consumatore è diventato più infedele, disincantato e mutevole nei
suoi atteggiamenti e nell’espressione delle sue preferenze; nello stesso tempo esprime una
maggiore attenzione, conoscenza e consapevolezza delle sue esigenze e del valore economico dei
beni che acquista, ma ciò non toglie che possa “lasciarsi andare” anche ad acquisti di impulso e
apparentemente immotivati.
Gli atti di acquisto e di consumo rappresentano un momento di acquisizione di esperienza, di
interazione sociale e di ricerca di una soddisfazione personale: un’emozione da vivere e da
condividere.
Le occasioni di acquisto si distinguono i due tipologie base:
• Convenience shopping o consumo utilitaristico: Caratterizza situazioni in cui si ricerca la
convenienza, agendo con particolare attenzione e privilegiando i prodotti, i punti vendita, le
situazioni d’acquisto particolarmente convenienti sul piano del prezzo, del tempo e dello
sforzo dedicato agli acquisti.

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• Recreational shopping o consumo edonistico: caratterizza i servizi o prodotti che si trovano
in situazioni originali, coinvolgenti divertenti e cariche di emozioni.

L’ acquirente convenience non è necessariamente più abile nel cogliere occasioni più convenienti
rispetto all’acquirente recreational, perché quest’ultimo visitando un numero maggiore di punti
vendita si trova spesso nella condizione di avere maggiori informazioni e possibilità di confronto e,
di conseguenza, di ottenere anche una convenienza (almeno individuale) superiore.
Paradossalmente quindi il recreational shopper risulta più razionale di quello convenience.

Il Marketing ha acquisito le conoscenze sviluppate nei diversi ambiti disciplinari, inglobandone gli
approfondimenti relativi ai comportamenti ai processi d’acquisto e di consumo.
Le logiche del marketing esperienziale in questo senso, si basano sull’assunto dell’inscindibilità tra
il prodotto e l’esperienza vissuta dal consumatore. Secondo Schmitt esistono cinque diversi tipi di
esperienza (SEM – Strategic Experiential Module):
• SenseExperiences: coinvolgono la percezione sensoriale
• FeelExperiences: coinvolgono i sentimenti e le emozioni
• Think Experiences: esperienze creative e cognitive
• Act Experiences: esperienze che coinvolgono la fisicità
• RelateExperiences: derivano dalla relazione con gli altri

La logica esperienziale si basa sulla concezione del consumo come attività indirizzata alla ricerca di
sensazioni, immaginazione ed emozioni che possono coinvolgere l’individuo a livello emotivo, fisico,
intellettuale e anche spirituale. Seguendo un approccio esperienziale, le esperienze rappresentano
una specifica forma di offerta e costituiscono un’innovativa fonte di valore per le imprese.
L’attuazione di un’esperienza di consumo completa si fonda sulla compresenza di tre fattori:
• Prodotto/servizio offerto
• Servizio: che comprende tutte le interazioni tra l’impresa, il personale e il consumatore;
• Ambiente: cioè l’insieme degli elementi esterni che circondano il prodotto, in particolare il
punto vendita.

Comportamento del consumatore:


I comportamenti di consumo comprendono tutti gli atti compiuti dalle persone per informarsi,
mettere a confronto, selezionare, scegliere, acquistare e utilizzare un determinato insieme di
prodotti e servizi.
Gli atti di acquisto e di consumo si generano come risposta a:
• A stimoli esterni di natura informativa e di comunicazione indirizzati ai consumatori potenziali
• Un bisogno, a uno stato di necessità, autonomamente generatosi nelle persone.

L’analisi dei comportamenti e dei processi di acquisto e consumo si scompone in due momenti:
• Sistemi (motivante, valutativo e percettivo):
o Sistema motivante riguarda le motivazioni che definiscono i comportamenti d’acquisto
e di consumo. Esse possono riguardare tanto i valori personali, quanto i sistemi sociali
in cui è inserito l’individuo.

o Sistema valutativo entra in gioco in due momenti diversi. Rappresenta una griglia di
valutazione delle influenze ambientali esterne e del sistema motivante pesando le
priorità delle influenze che provengono da detti elementi. Il sistema valutativo
interviene soprattutto nella prime fasi del processo d’acquisto inducendo una maggiore

22
o minore rilevanza al bisogno che si intende soddisfare, ma soprattutto attribuendo
credibilità̀ alle fonti di informazione, che possono stimolare il consumatore
influenzando i suoi modelli decisionali. In un momento successivo il sistema valutativo
consente al consumatore di prendere le proprie decisioni sulla base dei criteri
individuali che si applicano alla scelta tra le diverse alternative. l sistema valutativo
riassume in sé gli elementi più profondi del singolo individuo: i valori di fondo, il credo,
le attitudini, le speranze e i timori. Il valore percepito da parte del consumatore di un
prodotto/servizio o di una marca contribuirà a orientarne le decisioni d’acquisto
(indice-modello di Fishbein). I modelli decisionali sono:
Modello compensatorio o multi-attributo: considera tanti attributi di un
determinato prodotto, si calcola mediante l’indice di Fishbein; costruendo una
matrice per confrontare gli attributi principali del prodotto e le varie marche
concorrenti, nel quale si individua il corrispettivo indice di Fishbein più elevato,
il valore più elevato sarà il Brand preferito dal consumatore riguardante un
determinato prodotto. Il valore percepito da parte del consumatore può essere
quantificato in modo globale sulla base di alcune caratteristiche salienti del
prodotto stesso e del giudizio che il consumatore da su di queste, di L’indice di
Fishbein:
𝒊

𝑰𝑭 = ∑(𝑰𝒊 ∗ 𝑷𝒊(𝒂) )
𝒏=𝟏

Dove: 𝑰𝒊 = importanza dell’attributo i-esimo


Dove: 𝑷𝒊(𝒂) = performance percepita dall’i-esimo attributo del
prodotto/servizio o marca considerata

Si considera l’attributo più importante e ne si calcola l’indice di performance


o Fishbein per l’attributo più importante, in caso di più marche con lo stesso
valore di performance si considera l’indice di performance del secondo
attributo più importante o rilevante per il consumatore. Per migliorare il
prodotto è efficacie migliorare il prodotto in base all’attributo più rilevante
per il consumatore. Non si considera il valore del Brand in sé stesso per la
valutazione del prodotto.

Modello lessicografici: Considera gli attributi più importanti. Se l’attributo più̀


importante è il prezzo, il modello lessicografico andrà a classificare i brand
secondo l’attributo prezzo con una gerarchia.
Classificazione attributi secondo una gerarchia di importanza. È un modello che
tiene in considerazione i livelli di importanza che il cliente attribuisce alle
diverse caratteristiche tecniche del prodotto. Parliamo di dati presenti nella
matrice precedente.
Riportiamo le performance relative ad ogni brand, è presente serve il livello di
importanza. Questo modello tiene in considerazione il livello di importanza. E
la scelta del cliente secondo questo modello ricade sulla marca che presenta
una performance più alta rispetto all’attributo più importante.
Tra le caratteristiche tecniche il fattore più importante per la clientela risulta
essere la naturalezza (30% di importanza).

23
Si prende il fattore più importante e secondo questo modello, la scelta del
cliente ricade sulla marca o sulle marche che hanno la performance migliore
in relazione a tale attributo.
Prendo la colonna della naturalezza che è l’attributo più importante per il cliente
e vendo che Vitasnella ha il valore di performance maggiore.
I brand che hanno una performance migliore sono quelli che hanno un valore
più elevato in termini di naturalezza, il brand più elevato è Vitasnella quindi la
scelta del cliente ricade su questo brand.
La scelta ricade sulla marca che ha una performance migliore in relazione a
quell’attributo.

Modello discriminatorio: si fissa un attributo discriminante più basso o minimo.


Pone un limite: può essere presente un vincolo tale per cui tutti gli attributi del
prodotto devono avere una performance di un certo livello.
Fissazione di parametri limite al fine di semplificare le scelte. È un modello che
pone dei vincoli.
Ad esempio, il vincolo che viene inserito in questo caso è che la funzionalità
debba essere maggiore o uguale a 8. Il vincolo è definito a priori.Secondo questo
modello il cliente tende a scegliere la marca con una performance migliore in
relazione ad un vincolo. Quindi esamino la funzionalità dei vari brand.
Non considero il livello di importanza, ma esplicito un vincolo relativo ad una
caratteristica. La funzionalità deve presentare una performance maggiore o
uguale ad 8. Gli unici brand che hanno un valore di funzionalità maggiore di 8
sono Vitasnella, Levissima e San Benedetto.
Questo modello mette in evidenza come la scelta del cliente ricade su marche
che hanno una performance maggiore o uguale a 8, quindi Levissima, Vitasnella,
San Benedetto. Tutte queste marche sono prese in considerazione dalla
clientela perché superano il vincolo. (Il cliente non sceglie quella con il vincolo
maggiore).

Esistono anche nuovi strumenti che consentano ai responsabili di marketing di


indagare il comportamento del cliente: attraverso delle indicazioni che il cliente
non esplicita ma che possono essere studiate.
Sono presenti device che permettono ad un’azienda di monitorare lo sguardo del
cliente nel punto vendita, permettendo di indagare il comportamento di acquisto e
al tempo stesso le informazioni consentono di gestire meglio il layout. Ad esempio:
Neuromarketing e spot pubblicitari per indagare la reazione del cliente. Si
misurano le emozioni del cliente mentre guarda uno spot pubblicitario.La proposta
di alcune immagine può emozionare il cliente Viene misurato il coinvolgimento del
cliente.

o Sistema percettivo presidia le informazioni in ingresso, le valuta, le memorizza e per


ciascuna di esse porta alla formulazione di un giudizio in termini d’importanza e di
credibilità̀. Una volta terminato questo processo, le varie informazioni entrano nella
cosiddetta “memoria attiva”, una sorta di magazzino di conoscenze ed esperienze
precedente da cui il consumatore attinge in caso di necessità, cioè quando si manifesta
un bisogno che può essere risolto con l’acquisto di un prodotto/servizio. La memoria
attiva si compone di tre magazzini cognitivi:

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L’insieme positivo sono collocate marche e prodotti che hanno provocato
soddisfazione al consumatore. Saranno i primi a essere presi in considerazione
nel caso di un nuovo processo di acquisto e consumo.
L’insieme neutrale è caratterizzato dall’incertezza. Il consumatore non conosce
a fondo le caratteristiche delle marche, non si è fatto un’opinione precisa né in
positivo né in negativo. Attende ulteriori informazioni e occasioni per chiarirsi
le idee e formarsi un’opinione fondata.
L’insieme negativo è la sintesi mnemonica delle esperienze negative. In
circostanze normali e in presenza di prodotti alternativi, il consumatore eviterà
di scegliere l’offerta delle imprese posizionate all’interno di questo insieme.

Le informazioni che attivano il processo di acquisto generano nel consumatore tre


tipi di risposta:
Risposta cognitiva (learn): riguarda le informazioni e la conoscenza; le misure
della risposta cognitiva sono riferibili alla notorietà alla memorizzazione, alla
rilevanza e ai canali di informazione.
Risposta affettiva (Feel): riguarda le preferenze individuali e le valutazioni
soggettive; può essere misurata considerando l’insieme evocato, l’immagine
e le preferenze dichiarate.
Risposta comportamentale (Do): L’azione compiuta dal consumatore, in
primo luogo l’acquisto del prodotto, ma anche la ricerca di ulteriori
informazioni, la prova, la fedeltà.

Di norma si suppone che un individuo segua una successione predefinita del tipo
risposta cognitiva (learn), affettiva(feel) e comportamentale (do). Questa sequenza,
che potremmo definire “normale”, può essere sovvertita in relazione al livello di
coinvolgimento psicologico e alle tipologie di apprendimento seguite da
consumatore.
Tutto il sistema percettivo influenza la memoria attiva che a sua volta guida il
consumatore nella fase di processo di acquisto.

• Variabili ambientali esterne: Le influenze ambientali sono riconducibili all’insieme delle


norme culturali e dei valori ai quali il consumatore ritiene di volersi attenere, ai gruppi sociali
con i quali interagisce (famiglia, amici, colleghi...) e alle circostanze che si manifestano con
diversi gradi di prevedibilità. Ad esempio, la nascita del primo figlio, attiva una serie di
processi d’acquisto del tutto nuovi per il consumatore e particolarmente coinvolgenti sul
piano emotivo. Mentre alcune circostanze sono prevedibili, altre si manifestano
all’improvviso (rottura di un elettrodomestico, guasto all’automobile...) e possono forzare i
tempi del processo di acquisto.

Caso di Studio “levissima+”:

Recentemente Levissima ha lanciato delle acque arricchite con vitamine e Sali minerali.
Acqua arricchita con vitamine e Sali minerali (potassio, magnesio e zinco) per andare incontro alle
esigenze delle persone che sono orientate alla salute e all’attività sportiva.

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L’indice di Fishbein è la sommatoria del livello di performance ponderato con il livello di importanza.
Vediamo come si calcola l’indice e cominciamo con quello di Levissima+:

Indice di Levissima+ = (7,1 x 0,12) + (6,9 x 0,2) + (8,3 x 0,3) + (8,2 x 0,2) + (8,5 x 0,18) = 7,89

L’indice di Fishbein più elevato è quello di Vitasnella i clienti sceglieranno questa marca.
Questo indice non consente solo di identificare la scelta del consumatore ma consente alla prima
marca follower (quella con secondo indice maggiore) di elaborare una strategia per migliorare.
La marca follower dovrebbe intervenire sugli attributi ritenuti più importanti per il cliente, ad
esempio Levissima+ dovrebbe intervenire sulla naturalezza.

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IL PROCESSO DI ACQUISTO:

Il sistema motivante, influenze ambientali esterne, sistema percettivo e sistema valutativo


intervengono nel processo di acquisto, inteso come la sequenza di fasi che il consumatore esegue
per giungere alla decisione finale di acquisto e all’utilizzo del prodotto/servizio acquistati. Il processo
d’acquisto si riassume in cinque fasi:
1) Percezione del bisogno: è il momento, più o meno temporalmente puntuale, in cui il
consumatore si rende conto che un certo bisogno può essere soddisfatto con l’acquisto e
l’utilizzo di un certo prodotto. Esistono bisogni elementari che il consumatore pone in
relazione a prodotti/servizi con immediatezza e facilità. Altri, più ampi e generici (come ad
esempio benessere, sicurezza...) la corrispondenza determina una pluralità di prodotti e
servizi diversi tra loro ma tutti in grado di fornire una risposta accettabile.
2) Ricerca delle informazioni: definito il bisogno da soddisfare inizia la fase di ricerca delle
informazioni provenienti dall’esterno unitamente alle conoscenze e alle esperienze
immagazzinate nella memoria attiva.
3) Valutazione delle alternative disponibili: Questa fase può riguardare contemporaneamente
o sequenzialmente sia il prodotto/servizio o marca sia il punto vendita, nel senso che, si
valutano i prodotti e successivamente il consumatore va a cercare il prodotto selezionato
nei punti vendita, oppure, si valutano i punti vendita e la selezione viene limitata ai prodotti
qui disponibili.
4) Acquisto: il consumatore procede alla decisione che riguarda sia il prodotto che il punto
vendita. Trovandosi poi nel punto vendita il consumatore/acquirente si trova nella
condizione di poter valutare anche altre possibili alternative rispetto alla decisione che lo
aveva indotto a recarsi nel punto vendita con una determinata idea. La possibilità di
modificare eventualmente la sua decisione dipenderà dall’esistenza effettiva di alternative,
dalle azioni di comunicazione e informazione messe in atto dal punto vendita, dalla stessa
volontà dell’acquirente di rimettere in discussione le sue decisioni.

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5) Utilizzo: il momento dell’utilizzo è il momento di verifica per il consumatore e per l’impresa:
se le caratteristiche desiderate e le promesse formulate sono rispettate e mantenute, il
consumatore sarà soddisfatto. Se, al contrario, qualche elemento del’offerta non è in linea
con le aspettative del consumatore ne risulta una situazione di insoddisfazione.

In presenza di insoddisfazione, il consumatore può attivare diverse tipologie di comportamenti:


dalla mancata ripetizione dell’acquisto alla protesta esplicita nei confronti dell’impresa che, nei casi
più estremi, può sfociare nel boicottaggio.

Esistono diverse situazioni di acquisto:


Sebbene i comportamenti d’acquisto e di consumo siano fortemente caratterizzati da una
dimensione individuale che rende problematiche le generalizzazioni e l’individuazione di un modello
univoco, è possibile isolare alcuni elementi utili a definire tipologie specifiche di comportamento
collegabili alle diversità insite nei prodotti. Occorrerà distinguere tra modalità di apprendimento:
• Prodotti ad alto apprendimento: i costi e gli sforzi di marketing sono alti, l’azienda deve
investire in un’ottica di educazioni e formazione del consumatore per l’utilizzo del prodotto
e per far comprendere ai consumatori i benefici del prodotto, in questi prodotti i prezzi sono
elevati inizialmente e solo nella fase di maturità si abbassano.

• Prodotti a basso apprendimento: i costi e gli sforzi di marketing sono bassi, l’azienda non
deve investire nella sensibilizzazione o educazione al prodotto, ma deve solo far capire i
benefici immediati del prodotto, l’utilità è subito percepibile.
Esistono due modelli di apprendimento:
o Intellettuale: far riferimento alla ragione, alla logica e alle informazioni. In esso
prevalgono la razionalità economica e la volontà del consumatore di compiere una
scelta consapevole.
o Affettivo (o sensoriale):si basa sulle emozioni, sulle intuizioni, l’affettività e l’istinto.

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• Il coinvolgimento psicologico: del consumatore e dell’acquirente rappresenta un
importante fattore di differenziazione. Un elevato coinvolgimento può allungare il processo
d’acquisto e di consumo, perché il consumatore non vuole commettere errori, ma può anche
accelerarlo perché il desiderio di possedere un bene rende la decisione del consumatore più
rapida e a volte imprudente. Anche per il coinvolgimento psicologico non si possono trarre
generalizzazioni: ciò che può coinvolgere a livello psicologico fino alla passione un
consumatore può lasciare del tutto indifferente un altro, individualità diverse reagiscono in
modo diverso di fronte a offerte anche molto simili. L’impresa deve monitorare il livello di
coinvolgimento psicologico dei consumatori.

• Rischio percepito dal consumatore: La percezione di rischio tende a essere vissuta


soprattutto durante le fasi precedenti la decisione d’acquisto ed è associato
all’incompletezza delle informazioni nel momento della scelta tra le alternative possibili. Il
rischio è tanto più elevato quanto più alto è il sacrificio necessario per ottenere un
determinato prodotto. La percezione del rischio può essere ridotta attraverso diverse
modalità: gestire le informazioni e le comunicazioni facendo conoscere al potenziale
consumatore la soddisfazione tangibile dei precedenti consumatori; offrire garanzie che
rassicurino gli acquirenti in caso di acquisti errati o incauti; abbassare la soglia di prezzo.

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Combinando in una matrice coinvolgimento psicologico e tipologie di apprendimento si individuano
quattro possibili percorsi della risposta del consumatore e quindi diverse situazioni di acquisto:

I ruoli nel processo d’acquisto:


Esistono 5 ruoli diversi nel processo di acquisto:
1) Iniziatore: Colui che percepisce il problema o la percezione di bisogno o necessità.
2) Influenzatore: orienta con la sua opinione la decisione d’acquisto
3) Decisore: prende la decisione di acquisto
4) Acquirente: colui che acquista materialmente il bene e che si occupa della transazione effettiva
del processo di acquisto

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5) Utilizzatore: colui che utilizza effettivamente il bene, spesso non coincide con l’acquirente

La costumer satisfaction e fedeltà del consumatore:


La soddisfazione del consumatore è obbiettivo fondamentale del marketing ed è misurato
costantemente, poiché fornisce un feedback ai risultati delle azioni di marketing. La soddisfazione
individuale e dinamica dipende dal rapporto tra aspettative e risultato.
La soddisfazione è un elemento del tutto individuale e dinamico, dipende dal rapporto tra
aspettative e risultato. La customer satisfaction non ha un limite e non può dirsi mai conquistata
stabilmente. Non ha un limite superiore perché l’esperienza e i processi di apprendimento dei
consumatori e i confronti con le altre offerte lo rendono continuamente sempre più esigente.
Inoltre, l’azione dei concorrenti migliora le aspettative di soddisfazione dei consumatori.
Per l’impresa è fondamentale verificare continuamente i livelli di soddisfazione dei consumatori. Il
livello ottenuto di soddisfazione sollecita il consumatore ad agire retroattivamente (feedback) sulle
diverse fasi del processo d’acquisto, per confermare il risultato o per modificare, approfondendo o
riducendo, l’attenzione posta ad ogni singola fase. Per esempio, in presenza di insoddisfazione il
consumatore riattiverà le fonti informative utilizzate, verificandone la congruenza ed
eventualmente ricercherà altre fonti. Se, invece, il risultato finale del processo d’acquisto è positivo,
in una seconda occasione d’acquisto il consumatore attraverserà speditamente le fasi del processo
e, a fronte della percezione di un’esigenza, reagirà con l’acquisto del prodotto del quale si è formata
un’esperienza di soddisfazione. Ogni fase del processo è soggetta a diversi possibili livelli di
soddisfazione.
Il consumatore può risultare insoddisfatto anche nella fase iniziale di riconoscimento del bisogno.
La mancata corrispondenza tra aspettative e risultato ottenuto (cioè insoddisfazione) genera una
condizione di dissonanza cognitiva che, rallenta il processo d’acquisto o lo interrompe
definitivamente.

Fiducia e fedeltà:
Quando la relazione che si instaura tra imprese e consumatore si sviluppa in modo positivo e
soddisfacente si generano condizioni di reciproca fiducia. Se invece avvengono episodi e situazioni
negative si può erigere un muro di diffidenza e di sfiducia tra le due parti che rende assai
problematica, se non inattuabile, qualsiasi condizione di scambio. La fiducia/sfiducia è reciproca nei
settori B2B e dei servizi per l’entità dei volumi d’affari garantiti da un singolo consumatore, il
fornitore deve fidarsi del fatto che il consumatore onorerà gli impegni. Invece nell’interazione tra
imprese e consumatore finale, la fiducia riguarda esclusivamente il consumatore che si affida
all’offerta dell’impresa. La fiducia costituisce uno degli asset su cui si fonda il vantaggio competitivo
da cui si generano processi di fidelizzazione.
La fedeltà, espressione comportamentale della fiducia, determina una predisposizione quasi
pregiudiziale nel consumatore nei confronti della marca o del punto vendita per cui il consumatore
agirà condizionato da un pregiudizio positivo nei confronti di tutti i prodotti di quella marca. Si
innesca un’attenzione selettivamente orientata solo ad alcune marche che vengono collocate
nell’insieme evocato positivo e che esclude altre marche. Allorchè si combinano customer
satisfaction con positivi livelli di sensibilità, si genera la fedeltà alla marca (brand loyalty) e/o al
punto vendita (store loyalty). Affinchè un determinato comportamento sia qualificabile come fedele
(e non si tratti di un semplice riacquisto abitudinario) sono necessari i seguenti elementi:
• Deve trattarsi di un comportamento intenzionale
• Deve concretizzarsi nell’acquisto di un prodotto/servizio ripetuto nel tempo
• Deve essere relativo alla scelta di uno o più beni di marca in presenza di prodotti/marche
alternativi

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• Deve essere il risultato di un processo valutativo e decisionale

Tutti questi elementi qualificano il manifestarsi della store loyaty che consolida e stabilizza la quota
di mercato dell’impresa. Alcuni indici sono utilizzati per monitorare il livello di fidelizzazione dei
clienti di un’impresa e il valore della relazione tra impresa e cliente nel lungo periodo:

Customer retention rate: ci da un’informazione solo sulla dimensione comportamentale; Evidenzia


la variazione del numero dei clienti rispetto al periodo precedente al netto delle nuove acquisizioni.
In numero complessivo dei clienti potrebbe restare costante negli anni o addirittura aumentare a
causa del saldo positivo tra clienti persi e acquisiti. Un tale andamento, però, è sintomo di sforzi
adeguati all’acquisizione di una nuova clientela che vengono vanificati dall’incapacità di trattenere
il consumatore.

Dove:
Crr = Customer retention rate
Ct1 = numero di client in portafoglio al termine dell’intervallo temporal considerate (t0 –t1)
NC = numero di nuovi clienti acquisiti nel periodo
Ct0 = numero di clienti in portafoglio all’inizio dell’intervallo temporale considerato (t 0 – t1)

Coefficiente di fedeltà della clientela: informazione sulla dimensione cognitiva e di fiducia del
cliente; Il customer retention rate coglie solamente la ripetitività dell’attività di consumo, ma nulla
dice relativamente alla dimensione cognitiva. Per fornire una rappresentazione più adeguata della
realtà si ricorre al coefficiente di fedeltà della clientela.

Dove:
Cfc = coefficiente di fedeltà della clientela
Crr = Customer retention rate
Csr = customer satisfaction rate

Livello di redditività del cliente: é usato per comprendere quali siano i clienti più profittevoli per
l’impresa e quindi più interessanti ai fini delle politiche di fidelizzazione che l’impresa potrebbe
porre in essere. Consente di segmetare la clientela in classi omogenee e definire idonee attività di
marketing al fine di stimolarne la crescita oppure deciderne l’eliminazione dal portafoglio clienti
perché non sufficientemente redditizio.

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Customer share: misura la percentuale dei prodotti dell’azienda acquistati dal consumatore rispetto
ai prodotti di un determinato settore. Usato per valutare la rilevanza e il prodotto marca
dell’impresa hanno per i processi di acquisto e consumo dei suoi clienti.

Lifetime value: misura il valore di un cliente in un arco temporale molto lungo che corrisponde alla
vita del consumatore analizzando quanti acquisti sono stati fatti dei prodotti della stessa azienda da
parte del consumatore. Il customer lifetime value prende in considerazione la contribuzione in
termini di ricavi al netto dei costi, al profitto dell’impresa lungo la sua relazione (lifetime) con essa
e pertanto riflettere la redditività futura del cliente

Dove:
D = durata del rapporto calcolato in anni il numero di acquisti all’anno (Aq)
Vm =il valore medio di ogni acquisto
Aq = il numero di acquisti all’anno.

Per aumentare il life time value è possibile che l’azienda possa adottare delle tipologie di di vendita:
• Cross selling: consistente nel proporre al cliente che ha già acquistato un particolare
prodotto o servizio anche l’acquisto di altri prodotti o servizi complementari; cioè offrire
degli accessori, detta anche cross selling, cioè una vendita aggiuntiva di prodotti
complementari in modo da mantenere l’interesse del cliente.
• Up selling: cioè consiste in un'offerta da fare al cliente che sia superiore alla sua idea di
partenza, tramite l’offerta di accessori supplementari.

IL MERCATO POTENZIALE E ANALISI DELLA DOMANDA:

L’analisi della struttura della domanda per il marketing dell’impresa è fondamentale per valutare
l’attrattività del mercato con cui l’impresa opera. La misurazione della domanda pone come
presupposto fondamentale una chiara comprensione del mercato in cui l’azienda è inserita.
La domanda di mercato è il volume o valore totale degli acquisti che sono e che potrebbero essere
effettuati da un determinato gruppo di clienti, area geografica, periodo di tempo, situazioni di
mercato.
La domanda di mercato a volume quando si parla di quantità del prodotto. Domanda di mercato a
valore quando consideriamo una dimensione di valore economico finanziario e quindi fa
riferimento a quantità e prezzo che viene proposto.

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La domanda è una grandezza numerica, fisica o monetaria, che esprime le dimensioni della
richiesta di un bene o di un servizio.
L’analisi della domanda è un’analisi che tiene in considerazione i volumi o i valori che vengono
richiesti da un gruppo di clienti, in un determinato periodo e spazio geografico.
Dobbiamo considerare l’analisi della quantità e l’analisi del valore. La quantità può diminuire, ma il
valore aumentare perché magari il prezzo è aumentato.
L’analisi della domanda per l’azienda è importante perché per una realtà che produce in un settore
è interessa a capire qual è il trend.
L’analisi della domanda permette di indagare la propria posizione competitiva, attraverso la quota
di mercato (vendita dell’impresa rapportato alle vendite del settore).
L’analisi consente poi di prendere delle decisioni strategiche per migliorare la propria posizione e
migliorare la quota di mercato.
Possiamo parlare di due tipologie di domande: una che fa riferimento alla tipologia di prodotto e
una che fa riferimento al brand.
La domanda di mercato si distingue in:
• Domanda Globale o Primaria: volume totale delle vendite utilizzate realizzate in un dato
periodo e i un dato luogo, relativo ad una certa tipologia di prodotto a parte di tutte le
aziende operanti in quel mercato.
• Domanda Aziendale o Secondaria: quota di vendite relativa alla domanda globale detenuta
da una singola impresa o da una singola marca.

La domanda primaria ingloba la domanda secondaria:

N.B. Domanda primari a e secondaria posso coincidere in caso di monopolio)


La domanda di mercato può essere stimata in quantità e in valore a due livelli:

• Sell in: Considera il volume e/o il valore (fatturato) di ciò che le imprese produttrici hanno
venduto nei confronti del distributore. Relazione produttore-distributore.

• Sell out: vendite del distributore nei confronti del cliente finale. Considera il volume e/o il
valore di ciò che i distributori hanno venduto al mercato finale. Vendite che il distributore
realizza nei confronti del mercato. Relazione distributore-cliente finale.

Il sell out a volume può essere inferiore al sell in se il trade privilegia altre marche oppure accumula
scorte dovute alla scarsa rotazione del prodotto sullo scaffale. Nel sell out a valore è compreso il
margine del distributore.
Il sell out riflette eventuali promozioni di prezzo che il distributore realizza verso il consumatore. Il
produttore avrà interessi ad aumentare le vendite nei confortini del distributore.
Ma questo richiede di gestire bene la relazione non solo con il consumatore finale, ma anche con i
distributori.
L’obiettivo potrebbe essere aumentare la quantità venduta al distributore, lavorare sul prezzo ecc.
La quota di mercato Retail considera la relazione produttore-distributore.
La quota di mercato consumer considera la relazione distributore-cliente finale.

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Esistono varie tipologie di domanda:

• Domanda potenziale: Considera il mercato potenziale, ovvero chi potenzialmente può essere
interessato ad acquistare il prodotto o i servizi, nella domanda potenziale tutte le aziende che
operano nello stesso mercato hanno raggiunto lo sviluppo dei loro programmi di marketing
Limite massimo a cui può tendere il mercato.
Nel mercato potenziale dobbiamo tenere in considerazione chi interessato, la capacità di spesa,
la quantità̀ di prodotto acquistata e la frequenza. Corrisponde al limite massimo a cui può
arrivare il mercato.
La stima della domanda potenziale: nel momento in cui si intende stimare la domanda
potenziale di un mercato, occorre sottolineare come diverse siano le dimensioni del mercato
stesso che possono essere considerate.
La prima dimensione più generale è quella che comprende quella parte della popolazione totale
che manifesta interesse nei confronti di una certa offerta.
Solo una percentuale di clienti di questo mercato potenziale dispone del reddito necessario al
concretizzarsi dell’atto d’acquisto ed è caratterizzata dalle condizioni di accesso necessarie per
l’acquisto stesso. Nella definizione del mercato di riferimento, l’impresa potrebbe scegliere di
individuare dei requisiti, non necessari a livello strutturale che il cliente dovrebbe possedere per
acquistare il prodotto, queste condizioni restringono di più le dimensioni del mercato.
Ad uno stadio successivo l’impresa può decidere se rivolgersi a tutto il mercato disponibile o
concentrare le proprie attività di marketing solo su determinati segmenti.
Esistono vari sotto insieme di mercato potenziale:

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In sintesi, le diverse tipologie di domanda potenziale che possono essere misurate dall’impresa,
evidenziando come la dimensione si riduca man mano che si introducono i criteri di affinamento
dell’analisi. Si possono identificare politiche di marketing finalizzate a ridurre il gap esistente tra
mercato obiettivo e mercato acquisito, incrementare la dimensione del mercato obiettivo, ampliare
il mercato disponibili o espandere il mercato potenziale.
Il mercato reale non coincide con quello teorico perché sono presenti dei vincoli (gap) perché ci
possono essere delle opportunità non sfruttate. Il mercato potenziale e reale può non coincidere
anche a causa del tasso di sviluppo del mercato, ovvero al trend che caratterizzano i consumatori.
Due sono gli indicatori che si riferiscono alla domanda potenziale:

o Domanda potenziale teorica: si definisce a partire da dati istituzionali quali per esempio la
dimensione della popolazione, la numerosità delle imprese, settore di appartenenza, il
reddito medio, ecc. Quindi la domanda potenziale teorica è rappresentata dagli acquisti di
un insieme di soggetti economici che in funzioni delle loro caratteristiche strutturali
potrebbero dimostrare interesse nei confronti della struttura offerta proposta dall’impresa.

o Domanda potenziale reale: si basa sulla considerazione degli acquisti effettuabili dai
soggetti che in un dato momento hanno già acquistato almeno una volta il prodotto e quindi
hanno dimostrato in concreto l’effettivo interesse nei confronti della struttura di offerta,
quindi i dati in questo caso sono desunti da ricerche di mercato.

Tasso di penetrazione:
Prendiamo in esame un rapporto tra il mercato reale e la popolazione totale. Il tasso di
penetrazione scaturisce da questo rapporto.

Indica quanto il mercato servito o potenziale reale copre il mercato totale.


Esempio: per le lavatrici il TPM è 100%
Con l’evolversi e la maturità del prodotto diminuisce il gap tra domanda potenziale teorica e
reale:

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Esistono 3 dimensioni alla base del gap, cioè la differenza tra domanda potenziale reale e
teorica:

Le opportunità non sfruttate si dividono in 5 fattori:


o Notorietà del prodotto: consapevolezza dell’esistenza del prodotto da parte del cliente
e la comprensione dei benefici che il prodotto ha per il cliente.
o Disponibilità del prodotto: il prodotto non può non essere fisicamente disponibile sul
mercato, quindi è un fattore collegato all’aspetto logistico e distributivo.
o Capacità di utilizzo del prodotto: condizioni di tipo infrastrutturale sia alle
caratteristiche del cliente che può non essere fisicamente o in termini di competenze,
in grado di utilizzare il prodotto stesso.
o Mancanza di benefici apprezzati dal mercato: il prodotto ha un limite strutturale per il
soddisfacimento del bisogno del cliente.
o Capacità di spesa: Questo aspetto non deve essere considerato in termini assoluti di
disponibilità economica da parte dei singoli soggetti, ma anche a livello di società nel
complesso.

Quindi il concetto di domanda del mercato non si traduce in una grandezza definita, ma in
una funzione dello sforzo di marketing espresso dalle imprese operanti all’interno di un
determinato settore.
Si può individuare un livello di vendite minimo che si manifesta comunque anche senza alcuna
azione di marketing, minimo di mercato; con il crescere dello sforzo di marketing, il livello
delle vendite aumenta prima in modo crescente e poi in modo decrescente, quindi per ingenti
spese di marketing le vendite tendono in senso asintotico verso la domanda potenziale di
mercato (valore massimo raggiungibile).
La sensitività della domanda al marketing la distanza tra il potenziale di mercato e il minimo
di mercato. Maggiore è la sensitività della domanda al marketing, più elevata è l’influenza
che gli investimenti di marketing possono avere sul mercato. Domanda potenziale non è
dunque una dimensione immodificabile ma varia in funzione del livello di investimenti in quel
settore.
Quindi esistono due tipi di mercati:

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o Mercati con domanda espandibile: presentano un basso tasso di penetrazione, in cui la
dimensione globale della domanda dipende dal livello di investimento di marketing del
settore, quindi lontani dal livello di saturazione.
o Mercati con domanda non espandibile: presentano un elevato tasso di penetrazione in
cui gli investimenti di marketing influenzano in modo minimo l’espansione della
domanda.

Esistono vari metodi di stima della domanda potenziale:

Formulazione per definire la domanda potenziale totale:

Q=n*q*p
Dove:
Q = domanda potenziale totale
n = numero di acquirenti della specifica offerta alle condizioni ipotizzate
q = quantità del prodotto acquistata mediamente in un anno da un acquirente
p = prezzo unitario medio

Formulazione nel caso di prodotti ad acquisto ricorrente si può utilizzare la seguente formula
matematica per il calcolo del potenziale di mercato totale:

DMt = Nt * Pil * O * D
Dove:
DMt = domanda potenziale al tempo t
Nt = numerosità della popolazione totale
Pil = percentuale della popolazione che può essere considerata potenzialmente interessata
al prodotto.
O = numero di occasioni d’uso del prodotto
D = quantità minima del prodotto consumato in ogni occasione d’uso.

La determinazione della domanda potenziale consente inoltre di stimare l’indice di sviluppo


del mercato inteso come rapporto tra il livello della domanda effettiva e il potenziale del
mercato:
MDI = ED / MP * 100
Dove:
ED = domanda effettiva
MDI = indice di sviluppo del mercato
MP = potenziale di mercato
L’indice di sviluppo del mercato fa riferimento a evoluzione del target, intensità competitiva
e investimenti in azioni di marketing.

Determinazione del gap potenziale, inteso come divario fra il livello della domanda
potenziale e quello raggiunto della domanda effettiva in un determinato periodo:

GAP POT = DPt – Det

Tre tipologie di Gap:


o Gap di non-utilizzatori (non-user gap)

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o Gap di occasioni (light-user gap)
o Gap di quantità minima utilizzata (light-usage gap)

• Domanda effettiva: È la domanda attuale esistente in un determinato periodo e in un


determinato ambito geografico. Essa viene calcolata con la quota di mercato che è data dal
rapporto tra la vendita che viene ad essere realizzata da parte dell’impresa (Qi) e le vendite di
tutte le imprese che appartengono al settore (Q). La domanda secondaria è Qi e la domanda
primaria è Q.
= Rapporto tra domanda secondaria e domanda primaria.
Consente all’impresa di valutare la propria posizione competitiva e di confrontare questi risultati
con quelli dei competitor. Corrisponde alla domanda attuale o dimensione del mercato in un
determinato contesto e periodo.
La misurazione della domanda effettiva di mercato:
La misurazione della domanda effettiva del mercato costituisce un momento particolarmente
rilevante dell’attività di marketing, dal momento che consente di valutare i risultati in termini di
vendite dopo aver compiuto decisioni di marketing in sede di pianificazione.
Le finalità per la misurazione della domanda effettiva sono:
o La determinazione dell’indice di sviluppo del mercato, per una valutazione
dell’attrattività del mercato per l’impresa.
o La valutazione da parte di ogni singola impresa della propria posizione competitiva sul
mercato.
o Valutare la qualità della relazione con il mercato
o Verificare il raggiungimento degli obbiettivi prefissati

Un indicatore sintetico di performance rispetto alla concorrenza, in grado di dare significato alla
dimensione della domanda effettiva di mercato, è la quota di mercato (risultato competitivo):

𝐯𝐞𝐧𝐝𝐢𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐝𝐨𝐭𝐭𝐨 𝐢 𝐝𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐢𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐚


QMi = ∗ 𝟏𝟎𝟎
𝐯𝐞𝐧𝐝𝐢𝐭𝐞 𝐭𝐨𝐭𝐚𝐥𝐢 𝐝𝐞𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐝𝐨𝐭𝐭𝐨 𝐢

La quota di mercato può essere espressa in volumi (quantità vendute) e in valore (fatturato o
ricavi). Le due dimensioni possono differire evidenziando relazioni di natura diversa:
o QM (in valore) < QM (in volumi) quando il prezzo del prodotto/marca è inferiore al
prezzo medio di mercato relativo a quella categoria di prodotti.
o QM (in valore) = QM (in volumi) quando il prezzo del prodotto/marca è in linea con il
prezzo medio di mercato relativo a quella tipologia di prodotti.
o QM (in valore) > QM (in volumi) quando il prezzo del prodotto/marca è maggiore del
prezzo medio di mercato relativo a quella tipologia di prodotti, quindi la differenza
percentuale tra il prezzo di prodotto in oggetto e il prezzo medio dei prodotti
appartenenti alla stessa categoria è detto premium price.

Dal punto di vista qualitativo, occorre sottolineare come la quota di mercato possa presentare
la capacità del prodotto di attrare e mantenere le preferenze della domanda o consumatori,
quindi consente di valutare la posizione competitiva dell’azienda rispetto ai competitors e al
mercato, è la quota di mercato relativa:

𝑸𝒖𝒐𝒕𝒂 𝒅𝒊 𝒎𝒆𝒓𝒄𝒂𝒕𝒐 𝑨
QM rel = 𝑸𝒖𝒐𝒕𝒂 𝒅𝒊 𝒎𝒆𝒓𝒄𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒎𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆

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Se l’impresa A è la leader allora si calcola in base alla quota di mercato del primo inseguitore.
Una quota relativa di mercato significativamente superiore o inferiore all’unità segnala una
posizione competitiva forte o debole nel contesto di mercato in cui l’impresa ha deciso di
operare con evidenti implicazioni a livello di strategie e politiche che opportunamente devono
essere poste in essere dall’impresa.
Un indice indicativo della performance e dello sforzo di marketing considerando il teorema
fondamentale della quota di mercato secondo il quale la quota di mercato di un’impresa è
proporzionale all’intensità e all’efficacia dello sforzo di marketing esercitato dall’impresa
paragonato a quello di tutte le imprese concorrenti:

QMi = Mi / M
Dove:
QMi = quota di mercato relativa
Mi = sforzo di marketing dell’impresa i
M = sforzo di marketing di tutte le imprese concorrenti

Le ipotesi di questo teorema sono:


o Le vendite dipendono dalla qualità e la quantità dello sforzo di marketing dell’impresa.
o Le vendite dipendono dal rapporto tra questo sforzo e quello di tutti i concorrenti.

N.B. sforzo o performance di marketing è il livello di investimento pubblicitario, il livello di


qualità dei prodotti, l’ampiezza e la profondità della gamma dei prodotti, il livello dei prezzi e le
caratteristiche di professionalità e motivazione delle reti di vendita e distributiva.

• Domanda prevista: Riguarda le vendite potenzialmente sviluppabili in un determinato arco di


tempo prospettico (domanda futura). Per qualsiasi impresa è indispensabile fare una previsione
del futuro, prevedendo l’andamento della domanda. Vendite potenzialmente sviluppati in un
determinato arco di tempo prospettico. Un’impresa potrebbe avvalersi di una ricerca di
marketing. La domanda prevista non può essere superiore alla domanda potenziale (indice
facilmente calcolabile) la domanda prevista può a causa di fenomeni esterni essere inferiore alla
domanda effettiva.

La misurazione della quota di mercato a livello retail:


La misurazione della quota di mercato a livello retail viene effettuata si norma da società esterne in
base alle quantità vendute, in particolare:

Vendite = stock t0 + acquisti nel periodo – stock t1

I dati di vendita fanno riferimento al sell out generato da ciascun punto vendita, mentre i dati di
acquisto relativi al periodo definito fanno riferimento al sell in ovvero alle vendite effettuate
dall’impresa al punto vendita:
Sell out = Stock t0 + Sell in – Stock t1

Analizzando con maggiore dettaglio le dimensioni e le potenziali aree di miglioramento legate alla
quota di mercato si può operare la cosiddetta scomposizione della quota di mercato a livello retail
che può essere calcolata come:

QM = indice di penetrazione (TPM) * indice di copertura ponderata

40
Dove:
Indice di penetrazione = rapporto percentuale delle vendite di una determinata azienda su le
quantità totali di prodotto dello stesso genere acquistate dai clienti dell’impresa in questione.
Indice di copertura ponderata = gli acquisti totali di un prodotto di un determinato tipo effettuati
dalla clientela dell’impresa/ vendite (mercato) complessivamente del prodotto nel mercato di
riferimento.
Quindi:
𝑸𝒊 𝑨𝑪𝑺𝒊
QMi = 𝑨𝑪𝑺𝒊 * 𝑸
Dove:
QMi = quota di mercato dell’impresa iesima
Qi = quantità venduta dell’impresa iesima
Q = quantità di vendita totale del mercato
ACS = acquisti totali del tipo di prodotto effettuati dalla clientela servita

L’indice di copertura ponderata (ACSi / Q) può essere scomposto in:

𝑸𝒊 𝑸𝒊 𝑨𝑪𝑺𝒊 𝑵𝒊 𝑵
QMi = = 𝑨𝑪𝑺𝒊 * ( * * )
𝑸 𝑵𝒊 𝑵 𝑸
Dove:
𝑨𝑪𝑺𝒊
= peso medio o dimensione media della clientela media è la dimensione media dei distributori
𝑵𝒊
totali.
𝑵𝒊
= copertura numerica (numero dei clienti serviti / numero totale dei distributori trattati di
𝑵
prodotto o potenziali).
𝑵
= indice di dispersione della clientela, è l’inverso della concentrazione. Questo indice rappresenta
𝑸
il reciproco della dimensione media di tutti i distributori presenti sul mercato.

Misurazione della quota di mercato a livello del consumer:


Misura il peso dei consumi delle famiglie che consumato la marca sui consumi totali della categoria
di prodotti.
QMi = indice di penetrazione (TPM) * tasso di fedeltà * tasso di intensità
Dove:
Indice di penetrazione: indica la percentuale di acquirenti della marca “i” rispetto al numero
totale degli acquirenti della categoria di riferimento
Tasso di fedeltà: misura l’esclusività che i consumatori accordano alla marca “i”, in quanto
calcolato come la percentuale di acquisti nella categoria riservata alla marca “i”.
Tasso di intensità: indica l’intensità del consumo dal momento che confronta le quantità medie
della categoria acquistate dai consumatori della marca “i”con le quantità medie acquistate da tutti
i consumatori della categoria di prodotto.

Per ottenere la quota di mercato in valore sarà sufficiente aggiungere come ulteriore fattore l’indice
di prezzo relativo, ossia il rapporto tra il prezzo medio della marca i e il prezzo medio dei prodotti
che fanno parte della stessa categoria.

Previsione della domanda futura o prevista:


Le previsioni legate all’andamento della domanda sia nel breve che nel medio-lungo periodo
costituiscono la base per definire e programmare, nella migliore combinazione possibile, gli

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obiettivi e le risorse interne di tutte le funzioni aziendali: dalla produzione agli acquisti, dal
personale alla gestione finanziaria, alla ricerca e sviluppo ecc. Inoltre, una previsione tende ad
essere meno accurata per orizzonti temporali lunghi.
Diversi sono i metodi utilizzabili per prevedere la domanda futura. Ed è utile per definire e
programmare, nella migliore combinazione possibile, gli obiettivi e le risorse interne di tutte le
funzioni aziendali.

• Previsione ambientale: proiezione tasso inflazione, disoccupazione, consumi e risparmi delle


famiglie, investimenti delle imprese, spese della P.A. ecc., e quindi previsione del PNL.
• Previsione di settore: sulla base del PNL e di altri indicatori.
• Previsione delle vendite di impresa: sulla base di metodi qualitativi, sperimentali e
quantitativi.

Esistono 3 metodi diversi per quantificare e stimare la domanda futura:

• Metodi qualitativi: Si analizzano asset intangibili dell’impresa e una delle reali fonti di
vantaggio competitivo, sono legati in modo rigoroso alla valutazione soggettiva dei singoli e
sono pertanto criticabili per la mancanza di valore scientifico, ma mantengono comunque una
forte capacità previsionale perché riflettono l’esistenza di giudizi non facilmente ottenibili con
procedimenti statistici. I principali metodi qualitativi sono:
o Intenzioni d’acquisto dei consumatori: indagini da campionari, si stabiliscono i futuri
comportamenti di varie categorie di consumatori nei confronti di un particolare prodotto.
Risultano efficaci solo per acquisti programmati e non per quelli d’impulso.
o Opinione della forza vendita e degli intermediari commerciali: il personale di vendita,
essendo in una privilegiata posizione commerciale, è un’importante fonte di informazioni
finalizzate alla previsione della domanda futura. Si tratta di previsioni che riguardano il
breve periodo e aree territoriale definite. Di norma, le informazioni vengono rilevate
tramite interviste e colloqui o con la predisposizione di format ad hoc.
o Parere di esperti esterni: si tratta di previsioni medio-lungo periodo effettuate da esperti
setto che non operano all’interno dell’impresa (due sono le tecniche più utilizzate: panel
di esperti e metodo Delphi).

• Metodi quantitativi: I metodi quantitativi si avvalgono di modelli statistici che si fondano su


dati storici ed oggettivi e su modelli predittivi, che formulano stime sul futuro. Sono utilizzabili
tre tipi di approcci:
o Approccio estrapolativo: sulla base degli andamenti precedenti di un certo fenomeno se
ne ipotizza l’evoluzione futura.
o Approccio simulato: si basano su modelli econometrici che consentono di valutare gli
effetti di diversi ipotesi individuando un insieme di possibili risultati sulle variabili
indipendenti.
o Approccio normativo: consiste nella definizione di obiettivi e in funzione di questi nell’
individuazione delle possibili azioni di marketing per raggiungerli.

• Metodi sperimentali: I metodi sperimentali permettono la formulazione delle previsioni della


domanda in funzione dei risultati ottenuti dai test di mercato. I test valutano le reazioni della
domanda di un determinato prodotto a fronte di differenti alternative di scelta di gestione
delle variabili del marketing mix. La capacità predittiva di questi metodi è piuttosto contenuta.
Metodo che viene applicato a nuovi prodotti e consiste nell’individuazione di un ristretto

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mercato, rappresentativo del mercato globale sul quale si cerca di riscontrare le possibilità di
diffusione del nuovo prodotto per dedurne un indice di probabilità di successo.

PROCESSO DI SEGMENTAZIONE, TRAGETING E POSIZIONAMENTO:

La segmentazione della domanda consiste nell’identificare e raggruppare i clienti caratterizzati da


una funzione di domanda simile e che esprimono un’elasticità di risposta differenziata rispetto ad
altri clienti sul prodotto considerato, quindi il processo di segmentazione segue il processo di analisi
della domanda.
Il cliente come entità (individuo o organizzazione) esprime una specifica funzione di domanda.
La varietà delle funzioni di domanda dei diversi soggetti deve essere ricondotta a schemi affinché
l’impresa possa trarre utili indicazioni per orientare le sue scelte gestionali e la sua offerta. Nella
situazione limite teorica di massima varietà, ogni elemento del mercato esprime una domanda
individuale funzione di diversi fattori quali prezzo e altri attributi del prodotto.
I raggruppamenti di clienti vengono chiamati segmenti questo al fine di ridurre la complessità e
varietà della domanda, al fine di trarre indicazioni utili per orientare le proprie scelte gestionali.
Il processo di segmentazione interpreta l’eterogeneità della domanda esprimendola attraverso una
distribuzione plurimodale delle funzioni individuali del cliente e quindi della domanda.

Il mercato viene quindi rappresentato attraverso la definizione di un numero N di gruppi di individui


o segmenti caratterizzata da una specifica funzione di domanda cui l’impresa si riferirà nella
definizione di strategie e politiche di marketing.
La segmentazione è utile per comprendere la distribuzione dei consumatori nel mercato, nella
segmentazione perfetta tutti gli individui appartenenti ad un medesimo segmento possono essere
identificati attraverso un unica funzione di domanda nella realtà all’interno di ogni segmento
esistono differenze, ma che nel processo di segmentazione vengono omogenizzate per ridurre la
complessità della domanda, quindi il processo di segmentazione ha la capacità di semplificare ed
interpretare oggettivamente le dinamiche della domanda e di aiutare l’impresa a selezionare i
mercati obbiettivo a cui intende rivolgersi.
Quindi si prende per ipotesi che all’interno di ogni segmento la funzione di domanda dei clienti sia
omogenea e diversa da segmento a segmento.

Vantaggi della segmentazione:


• Ottimizzazione del rapporto risultato/risorse impiegate
• Specializzazione della produzione
• Individuare delle nicchie di mercato
• Cogliere i mutamenti della domanda
• Adattare l’offerta
• Valutare punti di forza e di debolezza rispetto ai concorrenti
• Ricerca di segmenti più adatti

Il processo di segmentazione:
Il processo di segmentazione si divide in 4 fasi:
1) Osservazione e analisi del mercato: studio e analisi del mercato o domanda
2) Suddivisione del mercato in gruppi distinti di potenziali acquirenti con precise caratteristiche
3) Definizione delle priorità sulla base dell’attrattività dei segmenti individuati (targeting) al fine
di selezionare i segmenti più attrattivi e redditizi per l’impresa.

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4) Posizionamento e formulazione delle politiche: formulazione di una posizione competitiva
del prodotto/servizio e definizione del marketing-mix (indica la combinazione di variabili
controllabili (dette "leve decisionali") di marketing che le imprese impiegano per raggiungere
i propri obiettivi) per ciascun segmento obbiettivo.

Il processo di segmentazione è sempre variabile causa degli obbiettivi aziendali e non esiste una
modalità di segmentazione unica o ottimale.
Come avviene il processo di segmentazione del mercato?

Selezione delle basi di segmentazione:


Le modalità per segmentare il mercato
sono diverse e bisogna considerare gli
obbiettivi che l’impresa vuole
raggiungere, scegliendo le variabili in
base alle quali verranno analizzate le
varietà della domanda, le variabili di
segmentazione, in generale le variabili
possono essere classificate in due
macro-categorie:
• Variabili dei clienti caratteristiche
sociodemografiche - psicologiche
• Variabili dei clienti nel momento
del consumo o utilizzo del bene
attraverso dimensioni specifiche
connesse all’utilizzo del bene
specifico.
Affinché un segmento si possa definire
tale deve rappresentare un gruppo di
clienti attuali o potenziali ed essere
caratterizzato da bisogni omogeni da
poter essere affrontati con un
determinato prodotto o servizio
dell’impresa ed un unico programma di
marketing.
Bisogna anche identificare nuovi
segmenti in modo da diversificarsi dai
concorrenti.

Le caratteristiche scelte p le variabili per la segmentazione del mercato si possono dividere in due
grandi categorie:
• Basi: variabili che generano direttamente il processo di classificazione in gruppi delle unità
statistiche o clienti in osservazione.
• Descrittori: variabili che vengono usate nella fase di interpretazione dei profili dei segmenti.

Per definire i segmenti possiamo analizzare due macro-dimensioni: natura dei dati e tipologia delle
variabili essi si dividono in settori specifici:

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Variabili genarli osservabili: sono comprese le variabili che sono più frequentemente utilizzate per
l’analisi di segmentazioni e hanno natura strutturali (culturali, demografiche, genere, età, luogo,
ecc.) sono di facile interpretazione e permettono la creazione di politiche di marketing che sono
altrettanto facilmente implementabili. Queste variabili hanno alta capacità esplicativa delle
motivazioni che inducono funzioni di domanda eterogenee, quindi molto utili a generare segmenti
di domanda semplici o per migliorare l’accessibilità di segmenti ottenuti sulla base delle altre
tipologie di variabili.

Variabili generali non osservabili: variabili che comprendono valori psicografici e permettono di
fornire una visione più attendibile e fedele dei trend di mercato e dei comportamenti di consumo,
ma sono difficilmente osservabili. Le personalità, i valori e lo stile di vita forniscono una visione più
attendibile dei trend di mercato.

Variabili prodotto specifiche osservabili: ritroviamo le variabili correlate al comportamento di


acquisto e di consumo: status di utilizzatore, fedeltà al punto vendita, ecc. Quindi i segmenti ottenuti
in base a queste variabili di classificazione sono caratterizzati da un limitato grado di accessibilità.

Variabili prodotto specifiche non osservabili: sono variabili psicografiche o relative alla percezione
del prodotto, ai benefici ricercati attraverso il suo uso all’intenzione di acquisto. I segmenti ottenuti
con queste variabili costituiscono dei riferimenti di grande interesse quanto ad originalità e capacità
di supporto dell’azione competitiva in una prospettiva di differenziazione. Il processo per ottenere
dati da queste variabili è costoso e complesso.

Individuazione dei segmenti che compongono il mercato:


Il secondo step consiste nell’individuazione dei segmenti che compongono il mercato secondo
alcuni criteri. I criteri che l’impresa sceglie devono permettere una suddivisone del proprio mercato
in gruppi significativi di clienti attuai o potenziali e diversi tra loro, ma omogeni all’interno dei propri
segmenti. Le tipologie di basi di segmentazione o criteri sono raggruppate in combinazioni di
diverse variabili raggruppati in in 4 gruppi:

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• Variabili descrittive: informazioni sociodemografiche sono dati semplici da raccogliere e
possono essere reperiti da fonti ufficiali o da istituti di ricerca o dallo strumento del
questionario e vari luoghi di residenza del consumatore (utili per aziende multinazionali). In
base alla suddivisione per variabili descrittive l’azienda identifica diversi sistemi di bisogni e
preferenze con le quali risponde con un preciso marketing mix, nelle economie avanzate le
variabili descrittive non da un altro valore predittivo poiché queste variabili non rappresentano
a pieno dei fattori discriminanti per dividere i clienti e i segmenti.
• Variabili psicografiche: criteri che si riferiscono a motivazioni individuali e personalità dei
consumatori (settore B2C) in modo da suddividere i consumatori finali in segmenti. Lo stile di
vita rappresenta in generale le variabili psicografiche che corrisponde alle manifestazioni
esteriori del suo modo di vivere.
• Variabili comportamentali: comprende le predisposizioni della persona che derivano da
processi interiori, insieme di caratteristiche psicologiche dell’individuo, che si possono
distinguere in base all’atteggiamento verso di esso e dell’uso che ne fanno. Le imprese
dovrebbero sempre operare una segmentazione del mercato secondo criteri comportamentali
perché solo in funzione del comportamento dei consumatori nei confronti del prodotto sarà
possibile stabilire le caratteristiche dei gruppi che lo hanno acquistato o consumato.
• Variabili legate ai benefici ricercati: considera le aspettative dei clienti e dei benefici che essi
ricercano dal prodotto o dal servizio dell’azienda. Questo criterio considera i diversi sistemi di
determinazione del valore per i clienti in relazione ad una certa offerta. L’adozione
dell’approccio alla segmentazione deve tenere conto anche delle aspettative che i clienti
hanno sui prodotti offerti. Le variabili si riconducono ai fattori fondamentali che compongono
la funzione di domanda e richiamano i modelli quali quello di Fishbein e il valore per il cliente
relativamente a un certo prodotto. La segmentazione per benefici ricercati consente di definire
inutile connessione con la dimensione della struttura di offerta interpretata comunissimi di
attributi che possono essere i letti e interpretati dall’impresa alla ricerca di un sempre più
elevato allenamento con la domanda.

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Descrizione dei profili dei segmenti:
La 3 fase segue è la descrizione del profilo dei segmenti e spetta al manager la capacità di
trasformare i risultati in set di informazioni organizzate in modo da descrivere a caratteri genarli le
specificità di ogni segmento e quindi l’analisi dell’attrattività dei singoli segmenti e la successiva
creazione di marketing mix adeguati a ogni segmento. La descrizione dei segmenti per risultare
idonea deve rispondere a 6 criteri:
• Distintività: la capacità di identificazione di gruppi di clienti qualificati da elasticità di risposta
differenziata alle politiche di marketing dell’impresa i criteri e i metodi adottati nell’attività di
segmentazione devono massimizzare le differenze tra i segmenti (condizione di eterogeneità)
e minimizzare le disparità tra gli acquirenti all’interno di un singolo segmento (condizione di
omogeneità).

• Identificabilità: la possibilità per i responsabili del marketing di individuare i segmenti di


mercato esistenti con le tecniche disponibili e mediante l’utilizzo di variabili facilmente
rilevabili e di profilare in modo chiaro, anche in termini di comportamento di acquisto e di
consumo.

• Sostanzialità: I segmenti rilevati devono essere consistenti in termini di numerosità E di potere


d’acquisto totale.

• Stabilità: la stabilità nel tempo dei segmenti giustifica lo sviluppo di una strategia di marketing
specifica, quindi il segmento non deve cambiare troppo velocemente nel tempo.

• Accessibilità: la possibilità da parte dei responsabili del marketing di raggiungere i segmenti di


consumatori con azioni promozionali e commerciali esistono due tipi di accessibilità:
o L’autoselezione degli acquirenti, che viene quando i clienti si avvicinano
autonomamente alle offerte differenziate dell’impresa.
o La copertura controllata dei segmenti, che si sviluppa con un percorso impresa
consumatore e che implica un comportamento più mirato da parte dell’impresa.

• Azionabilità: la coerenza tra la specificità della domanda espressa dei segmenti e capacità
dell’impresa di proporre un’offerta idonea alla conquista di un vantaggio competitivo rilevante
e difendibile.

Oltre ha rispettare queste se condizioni è importante che l’impresa rinnovi periodicamente il proprio
modello di segmentazione per adeguarsi ad eventuali cambiamenti e per difendere meglio la
propria posizione competitiva, rispetto la concorrenza.
Esistono diversi metodi utilizzabili dalle imprese per definire specificità e vantaggi dei segmenti. In
particolare, si evidenziano metodi che operano in diverse logiche di definizione dei segmenti:
metodi a priori descrittivi, metodi a priori predittivi, metodi post-hoc descrittivi e metodi post-
hoc predittivi.

Valutazione dell’attrattività dei segmenti:


Successivamente bisogna procedere con la valutazione dell’attrattività di ciascun segmento in modo
da decidere il potenziale grado di interesse per l’impresa. I segmenti individuati vengono misurati a
seconda di 2 fattori:
• Potenzialità: nella potenzialità si considerano fattori quali:

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o Dimensione del segmento: nell’analisi della dimensione bisogna considerare anche la
dimensione dell’impresa.
o Tasso di sviluppo del segmento

• Attrattività: nella attrattività bisogna considerare 5 fattori principali:


o Numero imprese concorrenti: maggiore saranno le imprese minore sarà l’attrattività
o Barriere all’entrata o all’uscita
o Grado di sostituibilità dei prodotti: maggiore sarà la presenza di prodotti sostituti
minore sarà l’attrattività.
o Potere contrattuale dei fornitori: più sarà alto, minore sarà l’attrattività del segmento
o Potere contrattuale dei consumatori: più sarà alto, minore sarà l’attrattività del
segmento.

Selezione dei segmenti obbiettivo (targeting):


Successivamente la selezione dei segmenti obbiettivo avviene quando l’impresa decide in quali e in
quanti segmenti entrare per poi definire come soddisfarli ed affrontarli tramite pini di marketing. La
valutazione dell’attrattività dei segmenti deve essere accompagnata da un’analisi degli obbiettivi e
delle risorse economiche e non che l’azienda dispone.
Nel definire la strategia di copertura del mercato l’impresa deve decidere se soddisfare i bisogni
generici del maggior numero possibile di clienti presenti nel mercato oppure concentrarsi su
particolari segmenti (mercato di nicchia) escludendo gli altri. La qualificazione della strategia con
cui l’impresa intende rapportarsi al mercato implica la scelta di una strategia di copertura di
mercato, la scelta di una strategia piuttosto che un'altra dipenderà da diversi fattori quali: la
dimensione del mercato/segmenti, dimensione dell’impresa, le preferenze espresse dai
consumatori, il ciclo di vita del prodotto, ecc.
Esistono 3 tipologie di strategie per la copertura del mercato/segmenti:
• Marketing differenziato: In molti casi l’impresa cerca di operare in diversi segmenti di mercato
offrendo per ciascuno di essi un prodotto particolare. È evidente che offrendo una risposta
specifica per ciascun segmento cerca di ottenere dai vari gruppi di consumatori tassi di
riacquisto via via maggiori. I segmenti in genere, sono molti ampi, ma all’interno di ciascuno di
essi il grado di copertura è medio.
I vantaggi in questo caso sono costituiti in buona sostanza dalla possibilità di stimolare in modo
energetico le vendite totali e di accrescere la fedeltà dei clienti
Gli svantaggi sono una possibile aumento dei costi produttivi, amministrativi, promozionali,
logistici di modifica del prodotto.

• Marketing indifferenziato: L’impresa può decidere di adottare questo approccio qualora


consideri il mercato come aggregato omogeneo, oppure quando decide di concentrarsi più
sulle caratteristiche comuni dei diversi tipi di consumatori senza tenere conto dei tratti
differenziati, magari rilevanti tra i vari segmenti, presentando al mercato una sola offerta
rivolta a tutti i consumatori indistintamente. In questo caso l’impresa cercherà di individuare
ciò che accomuna i bisogni dei consumatori, piuttosto che le differenze tra i vari segmenti. È
evidente che malgrado l’offerta sia rivolta a tutti i consumatori, il grado di copertura di ciascun
segmento sarà molto basso: l’impresa quindi offre prodotti omogenei utilizzando un
programma di marketing indifferenziato, avvalendosi di mezzi di distribuzione e
comunicazione di massa.
I vantaggi di questo approccio sono riconducibili alle elevate economie di scala nella
produzione e nelle attività di marketing che si vengono a determinare.

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Gli svantaggi sono rappresentati da un livello di competitività molto forte con la conseguente
tensione competitiva portata sui prezzi.

• Marketing concentrato: si tratta di un modo tipico di relazionarsi con il mercato di particolari


imprese. Imprese con risorse limitate che non possono rivolgersi a larghi segmenti di
consumatori, le imprese che scelgono una strategia di marketing concentrato di tipo geografico
o imprese che offrono un prodotto con caratteristiche molto specifiche e di qualità e unicità
da poter interessare un segmento molto limitato, cercando di ottenere la leadership. In sintesi,
l’impresa conquista una quota di mercato molto elevata in un piccolo segmento, con grado di
copertura elevato.
I vantaggi sono la possibilità di acquistare una posizione di rilievo nel segmento grazie alla
conoscenza dei consumatori.
Gli svantaggi sono i molti rischi legati all’improvviso dissolversi del segmento e alla crescente
competizione.

In termini più concreti possiamo rilevare alternative strategiche di approccio al mercato che
declinano e perfezionano i 3 approcci fondamentali, quali:
Strategia di concentrazione: l’impresa si concerta su una combinazione prodotto mercato, una
funzione o un gruppo di acquirenti.
strategia di specializzazione di prodotto: l’impresa sceglie di specializzarsi in una funzione coprendo
tutti gli acquirenti interessati.
strategia di specializzazione incentrata sul cliente: l’impresa sceglie di specializzarsi in una
categoria di clienti, offrendo una gamma completa di prodotti.
strategia di specializzazione selettiva: consiste nell’introdurre vari prodotti in mercati diversi privi
di collegamento reciproco.
Strategia di copertura completa: consiste nel proporre un assortimento completo per andare
incontro ai diversi sistemi di bisogni di tutti gli acquirenti.

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Definizione del posizionamento desiderato sui segmenti scelti (positioning):
Successivamente alla scelta dei segmenti obbiettivo, l’impresa deve definire come intende
competere in quei supermercati, definendo il posizionamento del sistema di offerta nel mercato.
Per giungere ad una definizione del posizionamento, cioè l’insieme di attività compiute dall’impresa
per individuare e scegliere una determinata posizione nel mercato, è il risultato di 3 riflessioni
congiunte:
• Innovazione: Capacità dell’impresa di individuare e comprendere le esigenze dei clienti e di
progettare un’offerta adeguata e di far percepire ai clienti la consistenza dei fattori che la
compongono e la loro idoneità a soddisfare le loro esigenze.
• Comunicazione: Possibilità che la domanda sia in grado di definire una scala di preferenze
rispetto ai fattori che specificano l’offerta delle imprese e di percepire le differenze esistenti
tra le offerte delle imprese concorrenti.
• Differenziazione: Comportamento dei concorrenti che possono essere più o meno in grado di
apportare un’offerta confrontabile con quella dell’impresa, determinando diversi livelli di
affollamento concorrenziale intorno all’offerta dell’impresa.

In sintesi, l’impresa può porre tutte le sue attenzioni e risorse nel cercare di interpretare al meglio
le esigenze dei clienti, nel produrre e proporre al mercato un sistema di offerta perfettamente in
grado di risolvere positivamente quelle esigenze, ma se i clienti non capiscono la validità dell’offerta
ogni sforzo dell’impresa sarebbe è destinato a non produrre risultati positivi, quindi l’impresa deve
essere in grado di far capire ed apprezzare il prodotto offerto.

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Il posizionamento per essere efficacie deve considerare le caratteristiche del sistema offerta e capire
quali sono le esigenze dei clienti facendogli percepire ai clienti una soddisfazione dell’esigenza.
Nel processo di posizionamento si individuano e si qualificano le aree di preferenza della domanda
rispetto alle caratteristiche del sistema di offerta dell’impresa, quindi si riesce a qualificare con
chiarezza la parte di mercato al quale si può rivolgere l’impresa e a comprendere quali possono
essere le decisioni più opportune per presidiare una determinata area di preferenza della domanda.
In secondo luogo, si riescono a rappresentare i sistemi di offerta dei concorrenti in uno spazio
condiviso, quindi si riescono a rappresentare le distanze concorrenziali. Infine, le scelte di
posizionamento indirizzano e condizionano l’intero marketing mix dell’impresa. L’analisi del
posizionamento si attua attraverso la mappa delle preferenze (rappresenta i segmenti di mercato)
e la mappa delle percezioni (marche o aziende), sulle mappe gli assi rappresentano le funzioni e le
qualità del prodotto.
Se si sovrappongono le due mappe si ottiene la mappa di posizionamento se la marca corrisponde
e si trova all’interno del segmento allora soddisfa a pieno le esigenze del segmento scelto.

Esistono dei criteri per un posizionamento efficacie:


• Rispondere alle esigenze e alle attese del target cui si indirizza l’impresa, proponendo un
beneficio chiaro da un punto di vista funzionale e/o simbolico.
• I benefici offerti devono qualificare l’impresa in modo superiore e distintivo rispetto ai
concorrenti.
• Le politiche di marketing devono generare un’immagine percepita e memorizzabile, in modo
tale che la domanda sarà in grado di selezionare il prodotto dell’impresa dall’insieme evocato
e di sviluppare una stabile preferenza per la marca.

In sintesi, il posizionamento si concretizza a livello quantitativo, in una determinata quota di


mercato, cioè in un certo numero di consumatori che esprime una preferenza, attraverso l’acquisto,
per quella data combinazione di fattori. Le modalità operative per cambiare posizionamento sono
numerose, le principali sono: attributi fisici del prodotto, elementi simbolici del prodotto, benefici,
fascia di prezzo, caratteristiche del target di utilizzatori, confronto diretto con il concorrente, il pese
d’origine e le occasioni e le modalità di utilizzo.
Esistono delle tipologie di analisi di posizionamento:

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• Approccio logico deduttivo: detto anche management based, cioè fondate sull’opinione del
management. L’analisi si basa su caratteristiche fisiche e oggettive del prodotto o riscontri
passati ottenuti dal management, quindi si costruisce una mappa basata sull’esperienza.
• Approccio empirico: detta anche costumer based, analisi basata sull’indice sintetico di
Fishbein, quindi basato sulla rilevazione delle opinioni dei clienti. Questo approccio è più
appropriato, poiché analizza contemporaneamente l’importanza attribuita ai singoli fattori e
al giudizio di performance per ciascuno di essi espresso dai clienti.

Quadrant Analysis per un corretto posizionamento:


Incrociando le dimensioni “importanza dell’attributo” e “differenziale di performance” si ottiene un
quadrant analysis che evidenza le posizioni relative di ogni singola marca rispetto alle altre,
collocandola nei quadranti della criticità o dell’eccellenza alle quali si possono aggiungere i
quadranti della “superiorità rilevante” e della “criticità trascurabile”.

Esistono altre mappe delle percezioni e delle preferenze che si ottengono ricorrendo a tecniche di
analisi multivariata quali: factor analysis, dicriminant anlysis, analisi delle corrispondenze e il
multidimensional scaling.

Dal posizionamento alle decisioni di marketing mix:


Il termine marketing mix indica la combinazione di variabili controllabili (dette "leve decisionali") di
marketing che le imprese impiegano per raggiungere i propri obiettivi. Il marketing mix è alla base
del cosiddetto marketing operativo e, tramite la combinazione delle leve di marketing, sottende al
raggiungimento di obiettivi di breve e medio termine, sempre rimanendo nei limiti delle risorse di
impresa. Tradizionalmente le variabili che formano il marketing mix sono 4:
• Politiche di prodotto
• Politiche di prezzo
• Politiche distributive
• Politiche di comunicazione di marketing

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Caso di studio riposizionamento San Carlo: diversificazione dei prodotti e cambiamento degli
influencer o brand Ambassadors, per raggiungere il segmento di clientela prescelto. San carlo ha
investito molto nell’aumentare la gamma di prodotti sia nella comunicazione assumendo Carlo
Cracco per spot pubblicitari al fine id elevare il posizionamento di San Carlo, il quale era molto
diverso in passato identificato maggiormente dai bambini, mentre adesso si cerca di cambiare il
target di riferimento che non è più quello dei giovani ma un segmento di consumatori più adulto e
più aperto a provare gusto non classici. Puntando anche a differenziarsi rispetto alla concorrenza,
aumentando la gamma del prodotto.

Caso di studio riposizionamento Huawei: in questo c’è stato un riposizionamento spostandosi nella
mappa di posizionamento per aderire di più al mercato di cliente in modo da alzare il livello di qualità
e segmento di mercato più facoltoso e avvicinarsi ad Apple. Un altro riposizionamento è quello
attuato di Huawei aumentando gli investimenti in design ed innovazioni in modo da riposizionarsi
nella categoria di telefoni di alta gamma e qualità, anche grazie ad una campagna di comunicazione
utilizzando testimonial importanti e famosi.

Caso di studio Teatro della scala:


Nella vendita degli abbonamenti si utilizzano variabili descrittive per segmentare il mercato.

Caso di studio Nivea o l’Oreal o settori di cosmesi:


Dividono il loro mercato a seconda dei propri clienti utilizzando il genere come variabile descrittiva.
Nei settori di cosmesi si utilizzano variabili legate a benefici ricercati come nel settore della cura
del capello, scegliendo un canale di distribuzione specifico (farmacie) per dare un’idea appropriata
del suo prodotto oppure si utilizzano punti vendita specifici per il loro settore.

Caso di studio Seven:


Si utilizza una variabile descrittiva di età e di genere per identificare il segmento di studenti per
offrire i propri zaini agli studenti.

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Caso di studio Mercedes:
La variabile psicografica può essere utilizzata da Mercedes per segmentare il proprio mercato o
utilizza variabili legate a benefici ricercati, benefici ricercati simbolici o funzionali per soddisfare le
necessità del cliente, oltre che all’utilizzo di variabili descrittive (reddito). Il settore della mobilità
utilizza variabili legate a benefici funzionali specifici.

Caso di studio LEGO:


Utilizza fasi del ciclo di vita legati alla variabile dell’età ma che riguarda una fascia di età più elevata
a seconda dei prodotti.

Caso di studio di settori alimentari generici:


Variabile descrittiva dell’etnia per dividere i propri segmenti.

Caso di studio di operatori telefonici:


Dividono i propri clienti in base alla variabile descrittiva della nazionalità

Caso di studio di assicurazione e banche:


Dividono i propri clienti in base alla variabile descrittiva come reddito e occupazione

Caso di studio di settori motociclistici:


Si utilizzano variabili psicografiche come lo stile di vita

Caso di studio per turismo e viaggi:


Si utilizzano variabili psicografiche

Caso di studio su fondazioni o enti no profit:


Si utilizzano variabili psicografiche come i valori personale per riuscire ad identificare potenziali
donatori.

Caso di studio Google e Facebook e Amazon:


Utilizzano variabili comportamentali misurati mediante la tecnologia e social riescono a
segmentare i propri consumatori, in modo da offrire prodotti che rispondono meglio a propri
bisogni, offrendo al cliente sconti per la fedeltà al prodotto.

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ESERCIZIO SULL’ANALISI DI POSIZIONAMENTO COMPETITIVO:
Nel mercato dei monopattini si individuano 3 tipologie di cluster o consumatori:

Dati di partenza:
Leggerezza: 22%
Design e colore: 5%
Durata autonomia: 27%
Velocità: 21%
Accessori: 10%
Dimensione: 15%

Riorganizzando ed analizzando le preferenze attraverso la cluster analysis è stato possibile


individuare 3 cluster di consumatori:

Cluster ADDICTED: Contagiati dal fascino del monopattino. Probabilmente per la spinta che il Covid
ha dato alla ricerca di mezzi alternativi che consentano di spostarsi senza ricorrere ad affollati tram
o metropolitane, molti stanno valutando di acquistare un monopattino elettrico per uso quotidiano
per spostarsi da casa al lavoro. Amano sfrecciare nel traffico e la maneggevolezza è fondamentale.
Amano la velocità e l’essere a bordo di un mezzo che li rappresenti pertanto il design e la
personalizzazione degli accessori non è da trascurare. Devono percorrere anche lunghe tratte e
l’autonomia del mezzo è fondamentale. Rappresentano il 20% del totale.

Cluster CURIOSI: Userebbero il monopattino prevalentemente nel tempo libero per spostarsi con
flessibilità. Amano fare turismo e potersi fermare dove desiderano e pertanto l’autonomia del
mezzo deve essere elevata da permettere loro di non avere pensieri. La stabilità è fondamentale,
mentre la leggerezza lo è meno. La velocità non è una priorità mentre la possibilità di avere accessori
è una dimensione importante di scelta. In termini di prezzo, hanno una elevata sensibilità
trattandosi di un mezzo per diporto e per un uso prevalentemente legato alla bella stagione.
Rappresentano il 30% del totale.

Cluster COMODI: L’automobile inquina, la bici è faticosa, i mezzi pubblici non sono sicuri e le attese
disincentivano. Il monopattino per loro è un mezzo nuovo e una valida alternativa per spostarsi.
Non vogliono avere pensieri, comfort in ogni cosa, quindi deve essere un mezzo sempre pronto
all’uso, senza bisogno di grande manutenzione. Non sono molto esperti, la velocità potrebbe essere
un rischio per loro. Pertanto, la stabilità è fondamentale, anche a scapito della leggerezza che
tuttavia non deve far fare loro fatica, così come le dimensioni poco ingombranti per poterlo portarlo
comodamente ovunque. Rappresentano il 50% del totale.

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Si costruisce la mappa delle percezioni riprendendo i valori dei dati di partenza in tabella su ogni
brand e riportarli nella mappa delle percezioni:

Dalla sovrapposizione delle mappe si giunge alla mappa di posizionamento, dal quale emerge che
alcuni brand non hanno un posizionamento corretto:

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L’ANALISI DEL SETTORE E STRATEGIE DI MARKETING:

L’ottenimento e il mantenimento del vantaggio competitivo che a sua volta deve durare nel tempo
e deve essere difendibile a fronte dei possibili attacchi dei concorrenti, quindi diventa essenziale
analizzare e conoscere il settore di riferimento per la definizione di decisioni e comportamenti
dell’impresa orientate al mercato.
Se si vuole ottenere un vantaggio competitivo sui concorrenti è indispensabile conoscere le
caratteristiche dell’arena competitiva, con particolari attenzioni ai rivali; sapendo che ogni settore
ha caratteristiche particolari che lo contraddistinguono da tutti gli altri. L’impresa deve conoscere il
proprio settore non solo per adattarsi al cambiamento e alle “regole di gioco” e se riesce, anche
poterlo cambiare a proprio vantaggio.

Mercato e settore:
La definizione più comune di mercato la identifica come il luogo in cui la domanda incontra l’offerta
si incontrano e ove, a determinare condizioni di reciproca convenienza, avviene lo scambio.
Il mercato è anche l’insieme degli acquirenti di un determinato prodotto o servizio; di quei prodotti
o servizi ritenuti tra loro sostituibili e quindi in reciproca concorrenza nelle decisioni di acquisto dei
clienti.
La definizione più comune di settore è la identifica come l’insieme delle imprese che offrono
prodotti o servizi in diretta concorrenza, dove i rapporti di concorrenza tra due o più imprese
possono essere in diretta concorrenza sul genere di prodotti che offrono e perciò sono sostituibili
tra loro, cioè che vanno a soddisfare un nucleo omogeneo di bisogni espressi dalla domanda.
I rapporti di sostituibilità sono quindi definiti dalla domanda.
Il settore è anche definito come l’insieme delle imprese che fanno leva sulle stesse fonti del
vantaggio competitivo o su elementi generatori del vantaggio concorrenziale molto simili tra loro.
Quindi i rapporti di sostituibilità si spostano dal risultato all’origine, cioè alle fonti su cui le imprese
si basano per generare un certo risultato.
Per l’impresa conoscere il settore in cui opera è importante perché le permette di comprendere la
posizione migliore da ottenere rispetto alle esigenze dei clienti e alle capacità di offerta dei
concorrenti.

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Il momento di contatto tra settore e mercato c’è quando un certo numero di
acquirenti/consumatori condivide uno stesso bisogno (quindi costituisce un mercato) e individua
nell’offerta di alcune imprese una possibile risposta alle proprie esigenze, allora queste imprese
fanno parte dello stesso settore, in quanto offrono beni tra loro sostituibili nelle percezioni della
domanda.
La misura della sostituibilità tra i prodotti e dell’appartenenza allo stesso settore da parte delle
imprese offerenti è data dall’elasticità incrociata. Maggiore è l’elasticità incrociata maggiore sono i
rapporti di sostituibilità e tanto più è verificata l’appartenenza allo stesso settore.
In generale le fonti del vantaggio competitivo e le tipologie di prodotti/servizi offerti convergono in
uno spazio unitario dove si confrontano le imprese, cioè il settore o il mercato nella prospettiva
della domanda.
La prima fase nella strategia di marketing è la determinazione dei confini del settore e del mercato
e la loro dimensione è il primo passo che deve compiere il management per comprendere quale è
l’ambito in cui si colloca la sua impresa, cioè in che business si trova.
I confini del settore sono definibili analiticamente calcolando l’elasticità incrociata, ma la sua stima
comporterebbe modifiche di prezzo dei prodotti. Quindi per definire il livello di concorrenzialità e
la dimensione del settore, bisonga considerare somiglianze tra imprese che riguardano le seguenti
4 aree di attenzione:
• Le materi prime e le componenti utilizzate omogeneità nei materiali utilizzati
• Le tecnologie e i processi produttivi omogeneità tecnologiche
• L’utilizzo di determinate politiche commerciali omogeneità commerciali
• L’orientamento delle imprese a soddisfare lo stesso insieme di bisogni espressi dalla
domanda omogeneità del bisogno soddisfatto
Se le imprese si somigliano in tutte e 4 le aree allora tanto più saranno in reciproca diretta
concorrenza. Se i livelli di omogeneità sono limitati e riguardano poche variabili si può parlare di
imprese tra di loro relativamente concorrenti, qualora non esista nessuna delle 4 aree in comune
allora si hanno imprese non in reciproca concorrenza. Più le imprese sono omogenee nelle 4 aree
più convergeranno nello stesso mercato di domanda.
Il criterio della domanda (inteso come soddisfacimento dei bisogni dei clienti) o il business di cui si
occupa l’impresa prende in considerazione 3 fattori principali:
• Bisogni dei clienti
• Tecnologie utilizzate
• Funzioni d’uso del prodotto

La definizione del business di impresa e delle possibili alternative di sviluppo può essere
rappresentata in uno spazio tridimensionale, identificando la posizione dell’impresa o business
rispetto alle 3 caratteristiche si può capire la vicinanza o meno alla concorrenza in base ai 3 fattori.
Per definire l’area strategica di business o i confini di settore entro i quali l’azienda può operare
(confini di impresa) si utilizza il diagramma di Abel:
La funzione d’uso è l’incontro dei bisogni da soddisfare i prodotti e che li soddisfano quindi tra
domanda e offerta, dove l’offerta è caratterizzata da un insieme di know what (prodotto servizio) e
know how. La definizione dell’ASA nasce dall’osservazione che uno stesso prodotto può rispondere
a differenti funzioni d’uso, queste ultime possono essere soddisfatte mediante tecnologie differenti,
per cui l’obbiettivo di mercato può essere soltanto definito in rapporto al diagramma di Abel, quindi
l’impresa può servire più segmenti di clientela e soddisfare più funzioni d’uso con l’applicazione di
diverse tecnologie produttive. L’intersezione dei punti congiungenti i 3 spazzi o fattori generano un
solido che rappresenta l’ASA.
Nella scelta dei prodotti mercato l’impresa pone in essere un’analisi su due livelli correlati tra loro:

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• Analisi dell’attrattività: informazioni che permettono di valutare il potenziale del prodotto
dal punto di vista delle dimensioni, del tasso di crescita e delle aspettative.
• Analisi dell’competitività: valutazione del livello di competitività e della quota di mercato
detenibile dall’impresa rispetto i suoi concorrenti.

Dall’incrocio degli assi 5 sono le strategie adottabili dall’impresa:


• L’impresa si concentra su un solo prodotto mercato per soddisfare un determinato bisogno
espresso da un gruppo di clienti attraverso una determinata tecnologia.
• L’impresa si specializza nella soddisfazione di un bisogno rivolgendosi a tutti i segmenti di
clienti che presentano tale bisogno attraverso una tecnologia.
• L’impresa utilizza una determinata tecnologia per soddisfare le diverse tipologie di bisogno
espresse da tutti i segmenti di clientela proposti.
• L’impresa si specializza nella soddisfazione di un bisogno rivolgendosi a tutti i segmenti di
clientela che presentano tale bisogno utilizzando tutte le tecnologie.
• L’impresa opera in vari prodotti mercato privi di collegamento reciproco per tutti i segmenti di
clientela (esempio: Amazon).

Fornire una definizione di confine dell’impresa significa identificar ei limiti delle sue azioni e in
particolare delle azioni di marketing, esistono 3 prospettive di analisi:
• Proprietario contrattuale i confini possono essere disegnati in relazione al grado di
controllo che l’impresa è in grado di esercitare sulle attività e sulle risorse.
• Mercato i confini possono essere definiti in base alla quota di mercato ed in riferimento alla
sua stabilità nel tempo.
• Relazione i confini possono essere definiti in relazione alle risorse, quindi il set di risorse che
l’impresa può ottenere non può essere totale quindi deve acquisire risorse dall’esterno e deve
continuamente rigenerarle. Quindi bisogna considerare lo spazio di intervento dell’impresa
nelle relazioni per ottenere le risorse, esistono due estremi per i modi di approccio relazione:
o Impresa chiusa: relazioni definite e limitate, quindi non attrae risorse dall’esterno e si
comporta in modo sostanzialmente autarchico, può essere anche molto efficiente e
vare ottime capacità di produrre e di vendere, che normalmente si esauriscono o

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cambiano nel tempo; quanto più l’ambiente è dinamico ed evoluto , tanto maggiore è
il bisogno di attrarre risorse dall’esterno e tanto minore è la possibilità di sopravvivenza
delle imprese chiuse. L’impresa chiusa ha confini stabili e ha un’ottima difendibilità dei
vantaggi competitivi nel breve periodo, approvvigionandosi di risorse interne.
o Impresa aperta: al contrario sono imprese che continuamente sono in grado di attrare
risorse tramite la loro rete relazione, tramite la rete di relazioni che possiede, l’impresa
definisce confini attuai e potenziali. Il livello di apertura dell’impresa e la sua capacità
di gestire le relazioni diventano fondamentali per approvvigionarsi le risorse utili
all’azienda. Le risorse per le imprese aperte sono in evoluzione continua, i confini sono
dinamici e hanno un comportamento eterogeneo e diretto con altri, caratterizzandosi
così di una capacità di adeguamento flessibile ai mutamenti ambientali.

Paradigma struttura-condotte-performance:
È una tipologia di approccio per l’analisi del settore e delle successive strategie dell’impresa: il
settore è costituito da elementi caratterizzanti che ne definiscono la struttura e sulla base di questi,
l’impresa formula le proprie strategie tra le quali anche quelle di marketing dette anche condotte.
In questa analisi è necessario individuare e analizzare i tratti caratterizzanti il settore che
determinano le regole del gioco concorrenziali e sulla base di questa conoscenza, l’impresa è in
grado di formulare le sue politiche con l’obbiettivo di rispettare le condizioni imposte nella fase di
analisi della struttura del settore, per poi generare una performance.

N.B. il paradigma può essere letto in modo ascendente o discendente, poiché può accadere che
un’impresa formuli strategie e nuove condotte che generano migliori performance, perciò anche gli
altri concorrenti la imiteranno e le modalità competitive e la struttura del settore cambierà,
conferendo così maggiore autonomia decisionale all’impresa.

La concentrazione settoriale e le strategie concorrenziali nei settori frammentati e concentrati:


La concentrazione identifica la numerosità dei concorrenti e la relativa capacità di presidio del
mercato. La numerosità e le dimensioni delle imprese facenti parte del settore condizionano la
possibilità di utilizzare determinati strumenti concorrenziali e di marketing e diminuendo la loro
efficacia. Nei settori si contrappongono due forze contrarie: il potere di mercato (inteso come la

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capacità di imporre alla domanda e/o ai concorrenti le proprie decisioni) e la concorrenza (cioè
l’espressione della necessità di far fronte alle strategie e ai comportamenti delle imprese del settore.
Se esiste equilibrio tra i poteri si sviluppa la concorrenza che al contrario risulta limitata qualora
un’impresa sia dominante per dimensioni e per capacità sulle altre imprese. Il fatto quindi che una
o poche imprese controllino una parte rilevante del mercato condiziona le azioni e le alternative
possibili alle altre imprese, come abbiamo visto l’espressione quantitativa più diretta del mercato
che essa controlla, quindi l’impresa leader restringe lo spazio di manovra delle altre imprese
inseguitrici. Quindi conta non tanto la numerosità assoluta dei concorrenti, ma anche la
distribuzione delle quote di mercato tra le imprese e quindi la concentrazione del settore.
La concertazione del settore può essere misurata su 3 livelli:
• Tecnica: avendo come riferimento le unità produttive
• Finanziaria: considera come unità più imprese controllate dallo stesso soggetto economico
• Economica: concentrazione economica che si riferisce alla capacità di presidiare i mercati. È la
più significativa che l’impresa considera per le decisioni di marketing.

Una volta nota la concertazione del settore, si possono attuare confronti tra settori e attuare
strategie di marketing o concorrenziali nei settori frammentati e nei settori concentrati.

Settori frammentati:
Nei settori frammentati si ha una quota di mercato non significativa Obiettivo di crescita della quota
di mercato NON considerato. In settori frammentati le dimensioni non sono preminenti. Nei settori
frammentati sono presenti molte aziende ciascuna con ridotte quote di mercato. L’aumento della
concertazione di un settore è determinato dalla crescita dimensionale dell’impresa (le più
dinamiche) che sottraggono quote di mercato poco efficienti o innovative. Quali siano le cause della
frammentazione l’impresa deve considerare che in questi contesti, di norma le maggior dimensioni
non sono premianti.
Le cause di frammentazione del settore sono:
• Impossibilità di attuare strategie concorrenziali originali e che infrangano le regole del
settore Il marketing ha un ruolo molto limitato e le imprese sono favorite dalle piccole
dimensioni.
• Imprese numerose ed eterogenee, varietà di strategie, quote di mercato basse: ogni azienda
si concentra su una nicchia di mercato Il marketing ha ruolo cruciale del marketing
nell’analisi dei consumatori e nella formulazione di strategie di offerta. Creatività ed
innovazione sono leve vincenti.
• Situazioni provvisorie destinate a mutare, tipiche dei settori in evoluzione verso una
maggiore concentrazione Il marketing deve individuare fattori per superare la
frammentazione, per consentire all’impresa di competere in condizioni di maggiore
concentrazione. Imprese di grandi dimensioni possono tentare di migliorare isolando alcune
attività dall’organizzazioni e costituendo delle ASA, gestendole quindi quali unità indipendenti
e diminuendo l’accentramento delle responsabilità e decisioni. Una grande impresa non riesce
a competere in mercati frammentati perché sarebbe costretta a doversi confrontare da
concorrenti sottodimensionati e non penalizzati da barriere di entrata e disinvestimento del
settore.

Esempio di settore frammentato è il settore delle calzature:


Il settore delle calzature rafforza l’efficienza di produzione a fronte di un calo delle quantità
realizzate, l’eccellenza del made in italy compete con imprese medio orientali che si trovano ad
avere dei costi di mano d’opera più bassi. La possibilità di contare su una filiera locale e sulla

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specializzazione ed esperienza degli operai calzaturieri italiani mantengono un’ottima posizione
all’interno del mercato a livello globale. Sul territorio italiano sono presenti molte imprese e ci sono
molti produttori e perciò si può definire un settore frammentato, poiché nessun’impresa detiene
una quota significativa del mercato. Infatti, in questo settore ci sono barriere all’entrata ridotte,
assenza di economie di scala, presenza di curve di esperienza, costi di trasporto e stoccaggio elevati,
una concentrazione minima, assenza di vantaggi dimensionali, elevata differenziazione del prodotto
e numerosità di concorrenti. Sono questi i motivi perché un concorrente di grandi dimensioni
avrebbe dei problemi a sopravvivere in questo settore, poiché le imprese più piccole hanno una
maggiore flessibilità e velocità per sfruttare i propri vantaggi concorrenziali in diversi frammenti di
mercato, evitando così una concorrenza diretta tra imprese, perciò nessuna azienda può conservare
un vantaggio decisivo e duraturo sui concorrenti.
Il sistema concorrenziale e la struttura del settore calzaturiero rimangono perciò frammentati,
anche se molte imprese escono dal mercato, altrettante rientrano per sostituirle.

Altri esempi di settori frammentati sono: Settore sanitario – Ristoranti – Hotels – Carrozzerie –
Mobilifici - Sviluppatori di Computer software – Boutiques – Real estate-

Settori concentrati:
Nei settori concentrati il fattore premiante è la dimensione dell’impresa in termini tanto assoluti
quanto relativi, cioè di quota di mercato.
Gli elementi che determinano la concertazione sono riconducibili alle economie di dimensione, in
particolare alla presenza di economie di scala, la dimensione dell’impresa in termini di quota di
mercato e la presenza di un vantaggio competitivo. L’azione di questi fattori consente solo a poche
imprese di poter occupare una posizione di rilievo nel settore. Questa condizione influenza le azioni
di imprese che spesso si fronteggiano con l’obbiettivo di sottrarsi vicendevolmente quote del
mercato disponibile.
Si possono identificare due differenti scenari:
• Staticità competitiva: le imprese si comportano presupponendo che ci siano pochi o minimi
cambiamenti prevedibili nel contesto ambientale e/o settoriali. In questo caso abbiamo
limitate alternative concorrenziali, quindi è premiata l’imprese che riesce a controllare meglio
i costi e l’efficienza produttiva. Alto livello distributivo. Il marketing è “potenziale”, cioè poco
visibile ma pronto ad essere effettivo qualora le condizioni del mercato lo richiedano.
• Dinamismo competitivo: le imprese si comportano in contesto molto dinamico e mutevole e
perciò si sviluppano intense politiche id marketing e numerose leve concorrenziali. Sono
avvantaggiate le imprese di maggiori dimensioni. Segmentazione e differenziazione efficaci
sono la chiave per il successo. il marketing utilizza un’attenta analisi del mercato per capire
i gusti mutevoli dei consumatori e presentare sempre una offerta differenziata.

Esempio di settore concentrato:


Il settore della telefonia mobile è un oligopolio e rispecchia le caratteristiche del settore
concentrato, in cui pochi operatori possiedono la maggioranza delle quote e non sono diversi tanto
diverse tra loro. In questo settore si vedono molti fenomeni di acquisizione di imprese più piccole al
fine di mantenere la propria leadership.

Altri esempi di settori concentrati sono: bevande energetiche analcoliche – motori di ricerca

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Le fonti e lo sviluppo del vantaggio competitivo:
In ogni settore esistono due insiemi contrastanti di forze che spingono le informazioni a formulare
strategie di marketing contrapposte: da un lato si collocano fattori che generano vantaggi per le
imprese più grandi e che sono la conseguenza delle economie di scala collegate alla dimensione
degli impianti, dall’altro si situano le condizioni che inducono lo sfruttamento del potenziale di
differenziabilità sia nei prodotti sia in tutte le caratteristiche dell’offerta. Partendo da queste
considerazioni si sviluppano strategie di base, al fine di raggiungere un proprio vantaggio
competitivo, basato sulla minimizzazione dei costi (economie di dimensione) o sulla
differenziazione e sull’unicità dell’offerta (differenziazione dell’offerta).
Le politiche di marketing inserite nel contesto più generale delle politiche d’impresa, devono
consentire l’acquisizione o il mantenimento del vantaggio competitivo. Per una chiara definizione
delle politiche di marketing bisogna individuare quali sono le fonti o elementi che qualificano
l’impresa su cui si può basare il vantaggio competitivo dell’impresa:
• Risorse tangibili: Condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere un vantaggio
competitivo. Sono costituiti da risorse e capacità produttiva dell’azienda. La ragione sta nella
facilità con la quale gli asset tangibili possono essere imitati da parte dei concorrenti
• Risorse intangibili: Queste risorse sono per l’impresa ciò che più conta e sono divisi in due
grandi categorie:
o Risorse di conoscenza: sono interne all’impresa e si tratta dell’insieme delle capacità
e delle competenze delle persone che ho preso dei saperi incorporati nelle procedure
delle routine organizzative e comportamenti delle persone dell’identità della cultura
e del senso di appartenenza dei collaboratori.
o Risorse di fiducia: che riguardano le relazioni tra l’impresa e l’ambiente, possono
essere sintetizzate nell’immagine complessiva dell’impresa dei suoi prodotti, della
marca, nella fedeltà dei clienti della credibilità dell’impresa presso gli stakeholder,
nelle relazioni di fiducia con gli stakeholder, la reputazione generale dell’impresa e del
suo management, ecc.
Le risorse di fiducia fanno si che l’impresa si spinga ad interagire positivamente con il
mercato e costituiscono l’elemento di riferimento per la costituzione di un vantaggio
concorrenziale e duraturo.

Dalla qualità delle risorse disponibili, dalla loro corretta combinazione l’impresa trae vantaggi che si
esprimono in maggiori clienti, la loro maggiore fedeltà, maggiori ricavi, quota di mercato e una
redditività più elevata.
Quindi ciò che più conta è un corretto equilibrio tra tutte le sue componenti alla capacità di saper
combinare risorse tangibili come fosse tangibili nella logica di una visione sistemica e unitaria di
impresa quindi le logiche di impresa e necessitano di continui investimenti per limitare azioni da
parte dei concorrenti e per ostacolare il continuo processo di obsolescenza.

Esempio sulle fonti del vantaggio competitivo ESSELUNGA:


Le fonti come risorse tangibili come la scelta di prodotti di qualità vedi per esempio i punti vendita
costruiti ad hoc e la conoscenza e trasmissione del concetto di fiducia sia nei confronti dei
dipendenti che consumatori finali.

Strategie competitive basate su economie di dimensione:


Le economie di dimensione si sviluppano in ambienti competitivi caratterizzati dalla
standardizzazione e dalla semplicità dei prodotti, dei processi produttivi e di distribuzione. La
standardizzazione è collegata a elevati volumi prodotti e quindi all’accesso ad un mercato vasto e

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non particolarmente esigente. Quindi si possono attuare economie legate alle dimensioni, cioè si
identificano le circostanze per cui le imprese di maggiori dimensioni riescono a realizzare le loro
attività a costi-medio inferiori rispetto a quelli sostenuti dalle imprese più piccole e questo avviene
per l’azione di 4 fattori:
• Economie di scala: al crescere della potenzialità produttiva, i costi medi unitari si riducono
• Curva di esperienza ed economie di apprendimento: il costo unitario del prodotto
diminuisce, in percentuale costante, ogni volta che la produzione cumulata raddoppia.
• Vantaggi assoluti di costo: possibilità di accedere alle risorse produttive a costi minori di
quelli praticati alla concorrenza, grazie a poteri contrattuali maggiori.
• Scope economies: riduzioni ottenibili sui costi qualora lo stesso processo sia utilizzato per
più prodotti della stessa azienda. (economie di raggio d’azione o di portata).

Strategie competitive basate sulla differenziazione:


Sul versante opposto dei settori le cui caratteristiche di offerta e di domanda premiano la
standardizzazione, si collocano i settori in cui risultano vincenti i comportamenti d’impresa basati
sulla differenziazione dell’offerta che si può spingere fino al limite dell’unicità della
personalizzazione. Le scelte dell’impresa in tema di differenziazione sono determinate dalla sua
volontà di presidiare uno spazio di mercato autonomo, acquisendo più consistenti preferenze da
parte della domanda e ottenendo un vantaggio sui concorrenti che si concretizza nella disponibilità
della domanda a sopportare un prezzo più elevato o ad acquistare quantità maggiore del bene allo
stesso prezzo. Le possibilità di differenziazione sono limitate da 4 circostanze:
• Limite tecnologico
• Limite di costo di differenziazione
• Limite di attrattività del cliente
• Limite di elementi non imitabili

Le differenziazioni ricadono in 4 categorie:


• Differenziazione delle caratteristiche fisiche del prodotto/servizio: fattori che risultano
particolarmente idonei a differenziare l’offerta.
• Differenziazione del livello qualitativo del prodotto/servizio: la qualità va intesa come la
capacità della domanda di confrontare i livelli qualitativi dell’offerta nelle sue componenti
centrali (core) e secondari (peripheral).
• Differenziazione di costi d’accesso e di utilizzazione del prodotto: leva di differenziazione
che può esulare dal prodotto in senso stretto e considerare i costi di informazione e di
confronto tra i diversi prodotti, la facilità di acquisto, la maggiore immediatezza di
comprensione delle modalità di utilizzo, ecc.
• Differenziazione di immagine: il concetto di immagine è molto vasto, ma la sintesi delle
percezioni dei clienti deve distinguersi tramite politiche di comunicazione sulla marca.

Le modalità di differenziazione possono essere suddivise in due grandi categorie di differenziazione:


• Verticale: in questo caso è possibile a tutti in primo luogo ai clienti, esprime un giudizio
comparativo e oggettivo sul prodotto (livelli di costo del prodotto servizio rispetto alla
differenziazione).
• Orizzontale: in questo caso è possibile esprimere in base a criteri soggettivi da parte dei
clienti.

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Di solito l’impresa tende ad azionare entrambe le tipologie, e il concetto di differenziazione torva
subito applicazione nel concetto di segmentazione, perché si rivolge ad una parte ben definita di
domanda per applicare strategie di differenziazione.

Esempio di strategia di differenziazione TIGER:


I negozi Tiger generarono una rivoluzione in ambito commerciale dimostrando al pubblico che buoni
prezzi, qualità e il design dei materiali possono essere parte dello stesso prodotto. Utilizzando un
vantaggio di costo senza dimenticare la qualità e il design.

Le barriere all’entrata di nuovi concorrenti:


Ogni settore è difeso al suo ingresso dall’entrata di nuovi concorrenti, a causa di barriere più o meno
elevate e perciò più o meno difficili da superare, le quali rendono più difficile e più costosa la
possibilità di competere sul mercato o nel settore. Se non ci fossero barriere, ogni impresa potrebbe
facilmente entrare nel settore e apportare le proprie modifiche e modalità concorrenziali e
mettendo in crisi quelle delle imprese già operanti nel settore stesso. Queste barriere possono
essere:
• Barriere tecnologiche: sono collegate alla capacità di raggiungere determinati livelli di
economie ridimensione o ad un livello più sofisticato, di poter disporre del know-how
necessario che spesso è difeso da brevetti.
• Barriere Istituzionali: sono collegati alla necessità di ottenere determinate autorizzazioni
amministrative per poter operare in certi settori, ancora all’utilizzo di licenze o di marchi
registrati.
• Barriere di tipo finanziario: che evidenziano la necessità di poter disporre un certo, elevato,
livello di capitale per poter operare nel settore.
• Barriere di marketing: possono essere di 3 tipi:
o Barriere di notorietà e di immagine: spesso sintetizzate con il termine “barriere di
marca”.
o Barriere di relazione con il trade e con i consumatori: cioè la capacità di sapersi
interfacciare positivamente con il mercato.
o Barriere di esperienza: cioè le barriere collegate alla conoscenza e alla familiarità con
il mercato e il prodotto, cioè tutte quelle conoscenze sul funzionamento del mercato
che possono costituire un patrimonio implicito delle imprese e del suo management
già presenti nel settore ed impossibili da imitare.

Visto che le caratteristiche del settore e l’intensità delle forze competitive che lo circondano
condizionano i comportamenti delle imprese, è altrettanto vero che all’interno dello stesso settore
si possono osservare comportamenti e logiche competitive e di marketing anche molto diverse tra
loro, che possono condurre a risultati molto differenti.
Questo dipende in particolare dalle condizioni di rivalità presenti nel settore, messe in relazione con
il posizionamento che ciascuna impresa assume all’interno del settore stesso.
La cosiddetta analisi interna del settore o analisi della concorrenza intrasettoriale, che permette
di individuare le barriere alla mobilità. Ciascuna impresa, sfruttando le proprie risorse, competenze
e capacità, formula una propria strategia autonoma e diversa da quella dei concorrenti.
Per l’analisi intrasettoriale o analisi interna, bisonga considerare variabili determinanti per i
comportamenti strategici delle imprese e per capire il posizionamento dell’offerta all’interno del
settore.
L’analisi della posizione delle singole imprese consente di comprendere il focus strategico di
ciascuna impresa concorrente, le prossimità tra le imprese e quindi gli ambiti e l’intensità della

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rivalità, le possibilità e l’eventuale direzione di cambiamenti di posizione e l’esistenza di barriere che
ostacolino la mobilità intrasettoriale.
Il focus di ciascun concorrente è desunto dalla posizione occupata dalla mappa dei gruppi strategici,
in modo da cogliere l’evoluzione degli attori nel settore.
Gli ambiti e l’intensità della rivalità sono definiti dalla vicinanza tra i concorrenti e dal livello di
affollamento dei singoli gruppi strategici all’interno della mappa.
In ogni settore esistono zone e combinazioni di fattori più interessanti di altre in termini di
reddittività e di prospettive di crescita e questo porta a differenze tra imprese.
Ogni spostamento all’interno della mappa/settore è ostacolato dalla presenza di alcune barriere di
mobilità, cioè fattori strutturali o concorrenziali che ostacolano la mobilità all’interno del settore
per le imprese e che possono essere superate solo sopportando costi superiori a quelli delle imprese
che già occupano una certa posizione. Le barriere alla mobilità corrispondono ai cosiddetti fattori
critici di successo, chi già li possiede non deve investirli per acquistarli, al contrario chi non li
possiede deve spendere di più per ottenerli e cercare di mettersi alla pari degli altri.

L’evoluzione del settore e il ciclo di vita del settore:


I settori evolvono con intensità più o meno elevata a motivo dei cambiamenti che si verificano
nell’ambiente circostante e dei comportamenti delle imprese. Nel tempo si modificano gli elementi
di riferimento sui quali sono state impostate le strategie concorrenziali che, di conseguenza, devono
essere adattate alle nuove condizioni del settore. Il modello che tradizionalmente viene utilizzato
per descrivere i fenomeni evolutivi dei settori è quello del ciclo di vita, che mette in relazione
l’evolversi dei volumi di vendita nel tempo, il quale può essere raffigurato con una curva logistica
che evidenzia 4 fasi evolutive: settori emergenti, settori in sviluppo, settori maturi e settori in
declino:

Questo modello identifica due macro-variabili che si evolvono nel tempo, fornendo utili
suggerimenti alle politiche di marketing:
• Dimensione quantitativa: Volumi di vendita nel tempo e Tasso di crescita del settore.
• Dimensione qualitativa: Comportamenti dei consumatori e Comportamenti dei concorrenti.

I settori nascono quando si concretizzano, a un tempo, due condizioni:


• L’emergere di un bisogno di una certa importanza per un numero non marginale di clienti
potenziali;
• La disponibilità di una tecnologia nuova e conveniente sul piano economico capace di
soddisfarlo;

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Se non esiste un bisogno, non esiste un mercato, non esiste quindi un settore e quindi la tecnologia
non trova applicazione non avendo alcuna utilità. Quindi solo quando entrambe le condizioni si
verificano nasce un nuovo settore. LE innovazioni portano alla nascita di nuovi settori:
• Le situazioni innovative technological push vedono infatti favorite le impese che dispongono
di importanti conoscenze e di un vantaggio competitivo in ambito scientifico o tecnologico.
(esempio cuffie wireless Beats o cambio attacco jag Apple).
• Le situazioni innovative demand pull vedono favorite le imprese particolarmente attente al
mercato e alla nascita di nuove esigenze (esempio introduzione di nuove linee di prodotti per
adattarsi meglio alla domanda bio – vegan – celiaci Barilla).

Convergenza settoriale:
L’evoluzione economica e le politiche di sviluppo delle imprese hanno congiuntamente comportato
un progressivo ampliamento dei settori, non più circoscrivibili nell’ambito definito dalle merceologie
dei beni prodotti e venduti. I confini dei settori, utili a distinguere tra imprese in concorrenza più o
meno diretta, in molti casi perdono il significato tradizionale di limite all’agire dei meccanismi
concorrenziali.
La convergenza settoriale è definita come la confluenza di imprese provenienti da settori diversi
che convergono verso un unico ambito competitivo esteso che non annulla i settori originari, ma li
integra in un meccanismo concorrenziale più ampio.
La convergenza è quindi un processo che vede imprese diverse ed eterogenee oltrepassare i confini
dei loro settori originari determinando una progressiva ibridazione dei prodotti, originariamente
distinti, fino a generare un nuovo settore (Esempio edutainment = education + entertainment)
oppure nutriceutica = aliemntare * farmaceutico).
La convergenza diventa quindi il risultato del comportamento delle imprese spinte non tanto dalla
ricerca di complementarietà tecnologica, ma dal tentativo di ampliare il loro raggio d’azione. Quindi
La convergenza settoriale è indotta da fattori tecnologici ed è considerata come fattore di sviluppo
iniziale della convergenza settoriale. Inoltre, si affiancano le motivazioni di natura competitiva,
quindi le imprese si spingono verso settori con meno concorrenza diretta e con tassi di crescita e
redditività più elevati e le motivazioni di Customer based, dove bisonga considerare i
comportamenti convergenti in relazione alla loro capacità di generare valore per il cliente, dove
possono trarre quindi un beneficio superiore.

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LE POLITICHE DI PRODOTTO:
Le politiche di prodotto sono identificate nella fase decisionale operativa, Il concetto di prodotto
è legato al concetto di differenziazione. Le imprese di diverse abilità e competenze che vengono
concretizzate nei prodotti e nei servizi offerti e proposte in funzione delle esigenze espresse dal
mercato e dai clienti.
Il prodotto è un sistema id attributi tangibili ed intangibili che rappresenta una piattaforma
potenziale per la creazione di valore per e con il cliente. Il prodotto deve essere inteso per le sue
capacità di dare una risposta alle esigenze dei clienti e come riferimento della differenziazione
dell’offerta, dando un valore un diverso senso al prodotto offerto.
Il prodotto è formato da una componente materiale (non garantisce una differenziazione di lungo
periodo e facilmente imitabili) e immateriale (valori ed idee che sono insite nel prodotto e sono di
lungo periodo).
Il prodotto in una logica di marketing deve essere in grado di rispondere a un bisogno del cliente.
Per poter rispondere a un bisogno deve essere costituito da un insieme di elementi tangibili e non.
Prodotti tangibili e servizi intangibili vengono ad essere combinati tra loro per rispondere alle
esigenze della clientela.
Le imprese dispongo di diverse abilità e competenze che vengono concretizzate nei prodotti e nei
servizi offerti e proposte in funzione delle esigenze espresse dal mercato e dai clienti. La politica di
prodotto è far si che l’offerta dell’impresa risulti preferita a quella dei concorrenti, che tale
preferenza rimanga inalterata e che migliori e si rinforzi nel tempo.
Il posizionamento è quindi stabilito dai clienti e chiarisce come essi valutino ed eventualmente
preferiscano l’offerta dell’impresa relativamente alle proprie esigenze e rispetto all’offerta delle
imprese e dei prodotti concorrenti.

Esempio di prodotto Abarth


Le decisioni dei clienti prendono in considerazione tutte le variabili dell’offerta dell’impresa e solo
dalla loro adeguatezza e coerenza possono scaturire scelte d’acquisto e di consumo premianti per

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l’impresa. In generale la politica di prodotto si basa sulla relazione tra il comportamento
d’acquisto e di consumo dei clienti (sforzo e rischio nell’acquisto del prodotto).

Prima classificazione tipologie di prodotto:

Il consumatore percepisce il prodotto rispetto a due variabili dai quali si può ricavare una scala di
giudizio dei prodotti da parte del cliente in una logica di differenziazione:

• Rischio: percepito dal cliente nella fase di acquisto, e funzionale alla quantità di moneta
concessa ed in base alle sue aspettative sul prodotto.
• Sforzo: sforzo nel reperimento del prodotto profuso dal cliente in termini di energia,
dedizione ed economici.

Ciascuna di queste categorie segue e necessita di una logica di marketing differente e di


conseguenza, di una diversa combinazione di variabili di marketing in quanto le richieste dei clienti
sono differenti.

• Convenience: di norma prodotti di base finalizzati a soddisfare esigenze piuttosto


elementari, i clienti tendono ad orientarsi verso le offerte più convenienti sul piano
economico e più facilmente reperibili sul mercato (commodities), il cliente non riesce a
distinguere in base ad altre variabili o in base alla sua percezione le differenze tra i prodotti.
Esempi: pasta, benzina, acqua, sale, ecc.
• Preference: le scelte dei consumatori si concentrano maggiormente sui fattori di
differenziazione, intrinseci nel prodotto o conseguenti alle politiche di comunicazione di
marketing, in grado di determinare e consolidare le preferenze di marca.
Esempi: Yoghurt, latte, ecc.
• Shopping: il ruolo determinante del punto di vendita, non tanto per la sua maggiore o
minore prossimità al cliente, quanto per l’arricchimento che può giungere al cliente dal
servizio di assistenza prevendita, dall’ambientazione e dall’immagine del punto di vendita,
dalla capacità di accoglienza e di customer care assolte dal personal di vendita.
Esempi: cucina, elettrodomestici, ecc.
• Specialities: detti anche speciality goods che generano benefici psicologici, in particolare
individuano tutte le variabili di marketing assumono un’importanza particolare, a motivo
69
delle particolari esigenze espresse dalla domanda. A ogni categoria di prodotti corrisponde
quindi una determinata configurazione del marketing mix, per intensità delle variabili
utilizzate dalle imprese in risposta ai differenti bisogni di interazione dei clienti con l’impresa
e con il prodotto offerto.
Esempio: beni di lusso, macchine.

Queste caratteristiche e la loro importanza si modificano nel tempo, distinguendo tra prodotto
fisico e prodotto potenziale. La sequenza tra prodotto fisico e prodotto potenziale rispecchia le
possibilità di incremento di caratteristiche e di valore per il cliente incorporate nel prodotto
stesso.
Il prodotto fisico rappresenta la base di partenza e corrisponde agli elementi intriseci che
definiscono il prodotto stesso
Il prodotto atteso o potenziale coincide con le
caratteristiche funzionali, estetiche, di
performance, di immagine che il cliente si aspetta
da un certo prodotto.
Questa classificazione fornisce informazioni utili
per un marketing manager è importante
identificare a quale categoria appartiene il suo
prodotto. Se appartiene alla:

• Prima categoria di prodotto: le scelte del


consumatore dipenderanno dal prezzo.
Il product manager che si occupano di questi prodotti devono fare attenzione alla definizione
del prezzo.

• Seconda categoria di prodotto: La marca è importante; le scelte del cliente dipenderanno dalla
qualità del prodotto ed è importante la logica di differenziazione. Il product manager deve fare
attenzione a sviluppare una strategia di differenziazione efficace.

• Terza categoria di prodotto: Le scelte vengono ad essere influenzate oltre che dalla
differenziazione anche dalla relazione con il punto vendita.

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• Quarta categoria di prodotto: Sono importanti tutte le variabili del marketing mix

L’analisi di queste categorie permette ai responsabili di identificare quali sono le variabili più
strategiche su cui intervenire per produrre valore
Seconda classificazione tipologie di prodotto - Modello di Levitt:
Modello che consente di avere delle informazioni utili:

Il prodotto è legato all’offerta di un beneficio chiave. Questo è un vantaggio essenziale generato


dal prodotto. Ci sono degli elementi che vengono presi in considerazione per valutare il prodotto.
Parliamo anche di elementi base del prodotto che sono chiamati caratteri basici e producono un
prodotto generico.
Per generare valore, Levitt mette in evidenza come il prodotto base debba essere ampliato, cioè
deve presentare caratteristiche legate all’aspettativa del cliente che vengono riassunte nel
prodotto atteso.
In aggiunta possono essere altri servizi a valore aggiunto che vengono ad essere riassunti nel
prodotto ampliato.
Nel momento in cui l’impresa presenta il prodotto, il valore può essere ulteriormente aumentato
con il prodotto potenziale e cioè possibili ampliamenti futuri del prodotto stesso. Consente di
partire da un beneficio proposto dal cliente, si prendono in considerazioni i livelli base e poi si
aggiungono altri elementi che arricchiscono il valore dell’offerta.
Il modello di levitt consente di avere informazioni utili per proporre un’offerta in linea con
l’esigenza della clientela e che ci dà valore aggiunto al cliente. Il modello di LEVIT mette in
evidenzia questi passaggi:

1) Vantaggio essenziale: o cuore del prodotto, quando un prodotto è legato all’offerta di un


beneficio chiave “core”, che è un vantaggio essenziale che viene ad essere associato al
prodotto che genera quindi un vantaggio chiave/essenziale. Rappresenta il bisogno essenziale
che il prodotto soddisfa.
2) Elementi base del prodotto/prodotto generico: ci sono degli elementi basi al di là del
vantaggio essenziale e questi elementi sono quelli che danno origine ad un prodotto generico.
Sono gli elementi base del prodotto. Rappresentano le caratteristiche oggettive e fisiche del
prodotto.

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3) Aspettative/prodotto atteso: nel momento in cui il cliente decide di prendere il prodotto, quali
sono le sue aspettative in confronto al prodotto/servizio che ha comprato? Riguarda le
aspettative in termini di qualità e prestazioni del prodotto da parte del cliente.
4) Prodotto ampliato: altri servizi che si aggiungono alle aspettative e agli elementi base che ha
il prodotto. Sono gli elementi con valore aggiunto. Rappresentano i servizi collegati al prodotto.
5) Prodotto/servizio potenziale: aumento ulteriormente il valore grazie ad un prodotto
Potenziale, grazie ad un’evoluzione del prodotto. Introduco nuovi elementi rispetto agli
elementi base. Rappresenta tutti gli elementi non esistenti e non offerti ma che potrebbero in
futuro riguardare degli ampliamenti o nascita di servizi coerenti con il cuore del prodotto.

Si prende in considerazione gli elementi base e aggiungo i livelli che servono per il valore aggiunto
e cresce quindi il valore proprio del prodotto.
Il modello levitt consente ai responsabili di raccoglie delle informazioni utili per prendere poi delle
decisioni. Ci sono dei livelli:

• Elemento centrale del prodotto è collegato al core benefit.


• Caratteristiche e elementi che fanno riferimento al prodotto base
• Prodotto attesto tiene in condizione le aspettative del cliente
• prodotto ampliato tiene in considerazione i servizi a valore aggiunto che possono essere
proposti e che in questo modo rispondono ancor meglio alle esigenze della clientela.
• Prodotto potenziale fa riferimento allo sviluppo futuro del prodotto

Occorre scomporre l’offerta nei diversi livelli per capire quali sono le potenzialità del prodotto.
Poi questo modello è utile per un’analisi della concorrenza.
Strategia di differenziazione viene sviluppata sulle dimensioni più periferiche (prodotto ampliato e
potenziale).

Esempio di Modello di Levitt San pellegrino:


Dalla produzione di bottiglie d’acqua è passata a bevande analcoliche.
Prima si identifica il Vantaggio essenziale: dissetare e aperitivo Prodotto generico: caratteri
basici salutari a e l’immagine del prodotto Prodotto atteso: gusto e valori nutritivi prodotto
ampliato consigli sull’utilizzo e concorsi Prodotto potenziale: cobrading con altri prodotti per
l’aperitivo.

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Processo di sviluppo di un nuovo prodotto:
Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto diviene il territorio dove l’impresa si confronta con la
sua capacità di innovare e di creare le condizioni interne che favoriscano la sua attitudine
all’innovazione. Lo sviluppo di un nuovo prodotto trova coerenza con l’innovazione e con il
coordinamento delle attività d’impresa in logica sequenziale, le fasi fondamentali del porcesso di
sviluppo sono:

1) Identificazione delle opportunità e generazione delle idee


2) Selezione delle idee con riguardo alla loro compatibilità con le risorse e gli obbiettivi di
impresa
3) Sviluppo e valutazione del conetto di prodotto
4) Definizione delle linee guida della strategia di marketing
5) Analisi economica
6) Progettazione e sviluppo tecnico del prodotto
7) Sviluppo produttivo
8) Test di mercato
9) Sviluppo commerciale e lancio del nuovo prodotto

Il processo è pianificabile e suddivisibile in fasi a carattere sequenziale, il processo è di norma


organizzato attraverso la predefinizione degli obbiettivi da realizzare e l’attribuzione di
responsabilità alle singole fasi e il processo è gestibile dalla singola impresa, utilizzando le risorse e
le capacità di cui dispone. Questo modello presente delle criticità:

• Velocità con la quale l’impresa recepisce i bisogni del mercato e progetta il nuovo prodotto.
• Capacità di attivare logiche relazionali con il mercato nello sviluppo del prodotto.
• Capacità di ottimizzare la qualità di risorse utilizzate dalla generazione dell’idea al lancio del
prodotto e ciò influisce sul costo di produzione e sullo sviluppo in parallelo di altri progetti.

Con il tempo si è passati ha una parallelizzazione del processo (riprogettazione del processo
mediante i principi del current engineering), seconda la quale l’avvio di un’attività del processo

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non esige necessariamente la conclusione della precedente, ma è auspicabile una sovrapposizione
parziale delle attività di sviluppo del nuovo prodotto, in modo da essere più veloce e conforme alle
esigenze e alle tempistiche di mercato odierno (essere più efficienze, veloce ed efficacie), tutto
ciò può essere aiutato da un coordinatore, il project leader. Il processo di sviluppo di un nuovo
prodotto si sintetizza in 3 grandi fasi:

• Esplorazione: dalla generazione delle idee al concept di un nuovo prodotto. L’obbiettivo di


questa fase è quello di sviluppare il numero più elevato di idee anche molto eterogenee tra
loro onde non precludersi spazi di opportunità ancora non considerati. Molteplici sono le
tecniche di generazione delle idee:
o Brainstorming:
o Analisi morfologica:
o Analisi delle situazioni d’uso
o Confronto tra oggetti diversi
In seguito, verranno scremate le idee e trasformate in concetti di prodotto, ossia in una
formula comprensibile e percepibile dal cliente e rappresenta la direzione
dell’impresa/idea Il concept del prodotto costituisce uno degli output di questa fase,
rappresenta una piattaforma provvisoria sulla quale l’impresa e clienti si confrontano
attraverso ricerche specifiche (concept test), il momento elettivo è rappresentato dal test
concept, rappresenta l’analisi della validità dell’innovazione, definendo le principali
caratteristiche e benefici, Gli elementi essenziali del concept sono:
o Consumer insight: evidenzia un problema che è alla base della soluzione promessa,
esprimendo in forma sintetica un bisogno non soddisfatto o una opportunità.
o Main benefit: è una promessa, un impegno dell’impresa a far si che il prodotto risolva
il problema sviluppato sulla base del consumer insight. L’impegno dell’impresa nel
soddisfare i problemi identificati.
o Reason why: Giustifica la promessa fatta dal prodotto dichiarando la presenza di una
nuova formula, di nuovi ingredienti o componenti particolari; presentando una
nuova tecnologia di produzione; promuovendo un nuovo packaging, sviluppata sulla
main benefit.
o Key elements: Ulteriori elementi che influenzano la percezione del prodotto,
accrescendo la credibilità del concept: la raccomandazione di opinion leader,
elementi di differenziazione rispetto ai concorrenti.
o Warm up: Sintesi che rafforza la promessa, si ricorda come l’esigenza verrà
soddisfatta utilizzando il prodotto.

Il concept rappresenta quindi una piattaforma provvisoria sulla quale impresa e clienti si
confrontano attraverso ricerche definite cocept test.

• Sperimentazione: I momenti che caratterizzano la fase di sperimentazione sono


particolarmente rilevanti per il successo del prodotto nuovo. Sono costituite da tecniche sia
di marketing, progettazione del prodotto, analisi economica e valutazione delle potenzialità
di mercato. Riguarda sia le strategie o le politiche di marketing sia la sperimentazione tecnica
del prodotto. È la fase che precede l’immissione del prodotto. Riguarda sia la
sperimentazione tecnica sia la definizione delle strategie di marketing. Quando si parla di
sperimentazione tecnica si fa riferimento al prototipo attraverso stampanti 3D. Riguarda
anche le strategie di marketing: segmentazione, posizionamento, targeting. Vengono
formulate ipotesi che vengono sperimentati in un mercato ristretto. Nella fase di

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sperimentazione si verifica anche la fattibilità produttiva e a tutte le dimensioni legate alla
gestione del prodotto nel tempo e la sua politica distributiva.
Nella fase di sperimentazione:

• Predisposizione al lancio: In questa fase si mettono a punto i dettagli che caratterizzano


l’ingresso del prodotto sul mercato, si identifica il periodo giusto per il lancio del nuovo
prodotto. IN questa fase si applicano test di mercato, il cui obbiettivo è quello di verificare
atteggiamenti e comportamenti relativi alla combinazione di prodotto, prezzo e
comunicazione. Le tipologie di test sono:
o L’acquisto simulato con cui viene proposto il prodotto e viene analizzata la reazione
del cliente. Per evitare che le informazioni relative al lancio del prodotto vengano a
conoscenza dei concorrenti, le imprese ricorrono a questo tipo di test, che prevede
l’osservazione in una situazione controllata su un gruppo di potenziali clienti.
o Test di marketing controllato viene proposto il prodotto in alcuni punti vendita
appositamente selezionati. Si tratta di una simulazione del lancio vero e proprio che
viene effettuata presso un gruppo di rivenditori selezionati. Il prodotto viene inserito
in assortimento allo scopo di osservare i comportamenti della clientela potenziale.
o Mercato di prova quando vengono prese in considerazione alcune regioni e non
soltanto alcuni punti vendita. In questo caso si tratta di una commercializzazione a
tutti gli effetti che viene limitata solo ad alcune aree territoriali, in modo da riprodurre
il lancio reale su piccola scala.

Relative al lancio del prodotto sono 3 le aree decisionali fondamentali:


o Quando effettuare il lancio: definizione del periodo più vantaggioso
o Dove effettuare il lancio
o Come effettuare il lancio: definizione di un piano operativo

Esempio di sviluppo del nuovo prodotto Happy Pet:


Analisi di mercato
Punto di vista dei clienti

Consumer insight: alimentazione di qualità e la dimensione delle confezioni deve essere piccola,
allergie animale, rischi per la salute e prodotto di origine naturale.

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Main benefit: Happy PET blue per il benessere i tuoi PET una risposta per le loro diverse esigenze
senza rinunciare al gusto e genuinità, eco friendly.
Reason why: I prodotti Happy pet blue prevedono solo ingredienti naturali e grain free, tra in uovi
ingredienti, semi di quinoa, finocchio, mirtilli, ecc. Nuovi formati mini, medio e max.
Key elements: raccomandazioni di opinion leader (la nuova linea è consigliata da associazioni di
veterinari). Garanzie e attestati di qualità, green free per i tuoi animali
Warm up: Happy pet bue, i nostri prodotti grain free per la salute della natura e dei tuoi animali.

Smaterializzazione dell’offerta:
Fenomeno che riguarda la smaterializzazione dell’offerta, attraverso il quale si possono creare
business diversi, per mezzo del digitale, dove si estrae dal contesto materiale del bene tangibile o
dal servizio la conoscenza che è incorporata nel bene o nel servizio stesso sotto forma di idea,
renderla il fulcro del processo gestionale, le 3 dimensioni di smaterializzazione sono:

• Integrazione di elementi materiali e immateriali: se pensiamo a moment pensiamo a un


prodotto e pensiamo anche ai servizi a valore aggiunto proposti per rispondere in modo più̀
efficace alle richieste della clientela. Il prodotto tangibile viene affiancato a servizi intangibili.
Detta anche multiformità del prodotto, poiché può assumere caratteristiche e connotati
diversi a seconda delle situazioni.

• Dimensione olistica dell’offerta: la proposta di elementi tangibili e intangibili dà origine a una


soluzione che prevede anche molto spesso la proposta di esperienze. Fino ad arrivare alla
personalizzazione di massa. Dove le componenti intangibili, su cui si basa la differenziazione
rispetto alla concorrenza, consentono all’impresa una proposizione di valore che il mercato
percepisce e riconosce come differenziale.

• Co-creazione del valore: il cliente non è più considerato destinatario passivo ma soggetto
attivo della relazione, partecipando all’aspetto immateriale del prodotto.

I vantaggi della smaterializzazione:

• Fare differenziazione a costi inferiori


• Offerta come mondo possibile, non pensando più alla proprietà dei beni, ma dell’utilizzo che
essi offrono, aumentando la portata del proprio business (esempio: sharing economy).
• Aumento di valore dell’offerta per effetto dei contenuti immateriali.

Le dimensioni chiave delle politiche di prodotto:


A partire dal concetto di prodotto si determinano gli ambiti decisionali relativi alla gestione del
prodotto. Le politiche che possono essere perseguite dalle imprese rappresentano il contesto in
cui le scelte di differenziazione trovano concretizzazione. Esistono 3 dimensione chiave con le
quali l’impresa deve confrontarsi per approcciare le politiche di prodotto:

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• Connotazione del portafoglio prodotti in termini di composizione dell’assortimento: Il
prodotto fa parte di un insieme di prodotti/servizi, di proposte, che connotano la relazione
con il mercato. Rappresenta le caratteristiche della struttura di offerta in termini di
portafoglio prodotti che l’impresa intende proporre al mercato. Il prodotto non deve essere
considerato isolatamente da quella che è la gamma di offerta che l’impresa propone, ma in
una prospettiva congiunta che considera il prodotto in sé come facente parte di un insieme
di prodotti /servizi di proposte materiali e/o immateriali che connotano a relazione con il
mercato, considerando inoltre la qualità, l’orizzonte temporale e l’articolazione
dell’assorbimento. Le decisioni riguardanti la numerosità e la composizione del portafoglio.
Le due dimensioni che si considerano in questo contesto sono:
o Ampiezza assortimento: detta anche gamma, l’azienda produce diverse linee e
quindi prodotti che soddisfano diverse necessità. L’ampiezza dell’assortimento è
data dal numero delle linee che compongono l’assortimento stesso e rappresenta la
volontà dell’azienda di soddisfare in una logica di completezza sistemi di bisogni
complessi e di favorire il meccanismo di fidelizzazione del cliente. L’insieme di queste
linee di prodotto da origine al gamma ovvero ad un’ampiezza dell’assortimento. Le
diverse categorie di prodotto definiscono le linee di prodotto. Le diverse linee di
prodotto definiscono la gamma, ovvero l’assortimento. L’assortimento ha una
dimensione elevata quando un’impresa tratta diverse line di prodotto, ovvero
diverse categorie di prodotto. L’ampiezza dell’assortimento serve per l’imprese al
fine di stare vicino ai gusti del consumatore, poiché i mercati oggi sono saturi.

o Profondità assortimento: si definisce in relazione al numero medo di prodotti che


compongono le diverse linee; questa dimensione esprime la capacità dell’impresa di
operare in una logica di specializzazione volta a soddisfare la varietà espressa da
parte dei diversi segmenti del mercato. ogni categoria/linea di prodotto è costituito
da diversi prodotti chiamati referenze. L’insieme delle referenze dà vita alla
profondità dell’assortimento. Cioè, parlando di telefoni sono presenti diversi
modelli di telefoni, diversi modelli di televisioni, diversi modelli di frigoriferi.
considerando ogni singola linea possiamo vedere la profondità dell’assortimento.
Quando parliamo di politica di prodotto facciamo riferimento alla politica della
scelta della categoria di prodotti ma anche ai diversi modelli che vengono
proposti.

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(esempio: nel mondo della fashion abbiamo modelli, stili, colori e fasce di prezzo e
catalogo).

In base a queste due dimensioni l’offerta si struttura in modi diversi, definendo la


relazione con la domanda:

o Offerta limitata: lascia molti spazi di manovra ad aziende concorrenti con strategie più
definite e più centrate rispetto alla domanda. Rappresenta uno stadio evolutivo iniziale
delle aziende start up che stano definendo il percorso di crescita (esempio: Ghedini srl).
o Offerta allargata: finalizzata a sostenere un processo di fidelizzazione della clientela
che si costruisce a partire da una struttura di offerta in cui le diverse categorie di
prodotti che compongono la gamma consentendo al cliente di soddisfare sistemi di
bisogni eterogeni, rafforzando così il rapporto con i clienti diventando un fornitore
privilegiato, attraverso l’utilizzo di marche multiple (esempio: mondo dell’alimentare
riso con varie sfumature di riso o prodotti di forno Scotti).
o Specializzazione di prodotto: l’impresa si concentra in modo focalizzato ai diversi
segmenti della domanda interessati alla categoria di prodotto proposta con poche linee
di prodotto ma ogni linea ha molte referenze.
(esempio: mondo che produce pavimentazione per impianti sportivi oppure macchine
agricole).
o Specializzazione estesa: le competenze dell’impresa tendono a specializzarsi in diversi
ambiti di prodotto contribuendo così a consentire all’impresa non solo un ampliamento
della gamma, ma anche una contemporanea possibilità di intervento sulla profondità,
con l’obbiettivo di incrementare le distanze competitive rispetto alle imprese
concorrenti (esempio Mulino Bianco o Ferrero).

FERRERO:

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• Qualità del prodotto: Concetto multidimensionale che da connotazione al prodotto e che
costituisce una delle basi delle relazioni tra impresa e cliente. La qualità corrisponde
all’efficiente produzione della qualità che il mercato si aspetta e spesso non è di competenza
del marketing, ma di esperti del settore. Il composito totale prodotti e servizi caratteristiche
attraverso la quale il prodotto e il servizio in uso sarà soddisfare le aspettative del cliente. La
qualità si distingue in:
o Qualità tecnica: Fa riferimento alle performance tecniche degli attributi del prodotto e
attraverso l’indice di Fishbein notiamo la performance degli attributi del prodotto.
Esempio le caratteristiche tecniche di un televisore possono essere: dimensione,
prezzo, qualità audio, risoluzione.
Un prodotto è di qualità nel momento in cui sono presenti delle performance elevate
degli attributi presi in considerazione.
Esempio la pasta ha caratteristiche tecniche come la trafilatura, cottura.

o Qualità funzionale: Prendiamo in considerazione la relazione tra impresa-brand e


cliente. Si prende in considerazione la dimensione relazionale. La relazione viene
considerata per tutto il custumer journey (pre e post acqusito). Fa riferimento a tutti i
punti di contatto del custumer journey.

La qualità è legata anche concetto di soddisfazione: se un prodotto è un prodotto di


qualità il cliente sarà soddisfatto. Occorre confrontare le attese del cliente relative a degli
attributi/performance e il percepito del cliente. La qualità si presenta nel momento in cui
coincidono e questo influenza positivamente anche la soddisfazione. La qualità fa
riferimento a tutto il sistema di offerta e quindi tiene in considerazione la proposta che
l’impresa formula al cliente non soltanto relativa al prodotto tangibile ma anche ai servizi a
valore aggiunto. La qualità riguarda sia il prodotto tangibile che le esperienze che possono
essere proposte online e offline.
La qualità è legata al concetto di innovazione: per risponde alle esigenze del cliente è
necessario innovare tenendo in considerazione i cambiamenti lato domanda e le
opportunità delle nuove tecnologie. Esistono varie tipologie di innovazione:

o Innovazione radicale: quando viene proposta una nuova tecnologia prima inesistente.
Viene proposta una soluzione unica nel suo genere. L’introduzione di innovazioni
radicali a volte richiede competenze specifiche e livello di apprendimento. (esempio:
mogees dispositivo che consente di trasformare il rumore in musica). Le innovazioni

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radicali rompono gli schemi con il passato e questa innovazione risiede nei
comportamenti dei consumatori, nei prodotti o nei canali distributivi, generando
cambiamenti imprevedibili anche nei consumatori.
o Innovazione incrementale: quando l’innovazione porta delle migliorie e vengono
quindi prodotti nuovi modelli di prodotto. Vengono proposte delle nuove soluzioni.
(Esempio: nuovi modelli di televisioni, nuovi iphone, nuovi modelli di auto). Le
innovazioni incrementali si possono trovare nel prodotto o nelle sue componenti
periferiche e nei servizi collegati.
o Innovazione di consumo: in questo caso alcuni consumatori hanno proposto nuove
occasioni d’uso e modalità di uso del prodotto.
Esempio: il bicarbonato solay può essere considerato un’innovazione di consumo in
quanto troviamo diversi packaging con dimensione e involucro differente. Questo
perché il bicarbonato può essere usato per più usi: pulizia oggetti, pulizia frutta e
verdura, migliorare la digestione.
Innovazione di uso in quanto il consumatore usa questo prodotto in più modi.
o Innovazione di consumatore: innovazione che nasce da un consumatore, esempio:
cucibottone nata da un parco scientifico (km rosso).
o Innovazioni di trade: innovazioni proposte nei distributori è la nascita di nuove formule
e di nuove combinazioni distributive. Il trade innova in 3 modi: utilizzo della tecnologia
che si basa sulla posizone, relazione con l’industria, relazione con i clienti.
Esempio simplya legumi self-service: risparmi tempo e si riduce l’impatto ambientale.
Mcdonald nuove casse carrello intelligente.
o Innovazioni di metodo: quando colpisce i metodi utilizzati, ad esempio per raccogliere
e trasmettere le informazioni, i metodi di indagine, i metodi di elaborazione e
trasmissione delle informazioni. Queste innovazioni tendono a essere più importanti e
durature di quelle di contenuto.
o Innovazioni di impresa e management

• Orizzonte temporale adottato dalla gestione del prodotto: Dare al prodotto una
prospettiva dinamica, definendo termini come breve, medio o lungo periodo. Dare al
prodotto una prospettiva dinamica, definendo termini come breve, medio o lungo periodo.
Definire quale sia l’orizzonte temporale che si intende adottare nel momento in cui di
definiscono le politiche di prodotto.

LA GESTIONE DEL PRODOTTO E IL CICLO DI VITA:

Una volta sviluppato il nuovo prodotto si tratta di gestirne l’evoluzione sul mercato nel modo più
conveniente e dinamico rispetto alla struttura dell’offerta e della domanda. Il ciclo di vita di un
prodotto è un modello empirico, dove l’andamento delle vendite di un prodotto viene
rappresentato di solito nella forma di una curva logistica all’interno della quale si distinguono 4
fasi evolutive:

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• Introduzione: caratterizzata da vendite

• Sviluppo:

• Maturità:

• Declino:

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L’impresa deve conoscere il ciclo di vita dei suoi prodotti e la previsione delle sue vendite, bisonga
attuare un controllo e verifica della posizione del prodotto nel ciclo e attuando le politiche di
marketing mix corrette e specifiche per le varie fasi del ciclo di vita:

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Si utilizzano tutte le politiche di marketing, per mantenere un portafoglio prodotti
economicamente sostenibile per l’impresa e soddisfacente per la domanda. Attraverso strumenti
di Monitoraggio dei singoli prodotti e interventi su posizionamento, qualità, estetica, immagine e
caratteristiche funzionali. Oppure attraverso l’analisi economica di linea o attraverso decisioni di
intervento sula linea.

Matrice BCG:
Questo modello ha l’obbiettivo di classificare i prodotti presenti nel portafoglio attività
dell’impresa, secondo un’ottica finanziaria. Tramite informazioni necessarie come:

• Tasso medio di sviluppo del mercato di riferimento;


• Tasso medio di sviluppo dei singoli business;
• Quota di mercato relativa per ogni singolo prodotto, presente nel portafoglio dell’impresa

La matrice BCG venne creata negli anni Settanta dal Boston Consulting Group. Tale matrice
permette di classificare le aree strategiche di affari (ASA/SBU) o attività dell'impresa. Le matrici di
portafoglio, pertanto, sono uno strumento di analisi del portafoglio business di un'impresa,
tramite il quale il management decide come allocare le risorse nelle varie attività. La matrice può
essere utilizzata sia per svolgere un'analisi statica sia per una dinamica. Nel primo caso si tratta di
osservare e misurare il posizionamento di un'ASA in un dato momento storico collocandola nella
matrice in funzione dei competitor.
Particolarmente interessante è l'applicazione nel marketing della matrice BCG. Può infatti essere
utilizzata anche per la classificazione dei diversi prodotti o dei diversi segmenti in cui opera
l'azienda. È importante notare che il percorso naturale di un prodotto (ipotizzando la non
attuazione di politiche di ringiovanimento dello stesso) è quello descritto dal ciclo di vita del
prodotto. La matrice BCG offre dettagli aggiuntivi in merito ad ogni fase del ciclo di vita del
prodotto (esistono forti analogie tra le fasi e le combinazioni).

• Alto – bassa “question marks”: sono prodotti nuovi, che non si sa bene se avranno successo
a causa dell’innovazione effettuata, non si hanno abbastanza informazioni. Rappresenta il
periodo di nascita o introduzione di un nuovo prodotto.
• Alto – alta “rising star”: il prodotto da question mark è diventa rising star, consolidandosi
sul mercato, rappresenta il periodo di crescita del prodotto, caratterizzato da alte vendite.
• Basso – alta “cash cow”: prodotto consolidato con un tasso di crescita modesto, corrisponde
al periodo di maturità del prodotto.

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• Basso – bassa “dog”: il prodotto è in crisi e rende poco con basso tasso di crescita, è nella
fase di declino.

Analisi economica della linea:


Area di analisi delle vendite e dei profitti della linea di prodotto, in termini di contributo
percentuale di ogni prodotto della linea alle vendite e ai profitti complessivi, nonché la definizione
del profilo di mercato della linea di prodotto, ossia il pensionamento dei prodotti della linea
rispetto a quelli concorrenti.

Decisioni di intervento sulla linea:


Area che si occupa delle decisioni relative alla lunghezza della linea: le imprese, infatti, che
ricercano un’immagine di completezza di linea, tendono a gestire linee di prodotto più lunghe,
mentre le imprese che mirano a una elevata redditività tendono a gestire linee di prodotto più
corte e composte da prodotti selezionati in questo senso.
Le direzioni di allungamento della linea possono essere verso due direzioni:

• Allungamento verso l'alto (trading-up): le motivazioni che possono indurre a una politica di
questa natura sono la presenza di un elevato tasso di sviluppo dei segmenti di fascia alta,
maggiori dimensioni del mercato, volontà di posizionarsi come produttori e così via. Da un
lato l'aggiunta di nuovi prodotti consente di aumentare i profitti a fronte di alcuni rischi quali
reazione delle imprese di fascia superiore, mancato ottenimento della fiducia da parte dei
clienti potenziali, distributori potrebbero non avere la competenza necessaria per servire la
fascia alta del mercato.
• Allungamento verso il basso(trading-down): le motivazioni che possono indurre a una
politica di questa natura sono la volontà di fronteggiare un attacco nella fascia superiore del
mercato invadendo la fascia più bassa, o il tasso della fascia superiore è diminuito e così via.
Con questa strategia si riescono ad aumentare i profitti eliminando alcuni prodotti a fronte
di alcuni rischi: i nuovi prodotti potrebbero cannibalizzare quelli della fascia più elevata, i
concorrenti potrebbero contrattaccare invadendo la fascia più alta, le catene distributive
potrebbero non essere disposte a trattare i prodotti della fascia più bassa perchè meno
redditizi o perchè non coerenti con la loro immagine.
• Completamento della linea (flankering): che prevede l’aggiunta in portafoglio di prodotti
con varianti rispetto a quelli esistenti.

Il pacakging:
Il packaging è considerato parte integrante del sistema prodotto e componente determinante del
valore dell’offerta. Dalle tradizionali funzioni di protezione ed economicità (anche in termini di
gestione dei flussi logistici) strettamente legate alla realtà produttivo-distributiva, il packaging ha
enfatizzato via via le funzioni di promozione/informazione e praticità/funzionalità, più vicine alla
sfera d’interesse del consumatore. Il packaging protagonista della comunicazione e soggetto
rilevante delle campagne pubblicitarie, costituisce un vettore di orientamento ai fini della decisione
d’acquisto.
Nella moderna distribuzione, la capacità di prodotto d’instaurare un dialogo con l’interlocutore
trova una dimensione particolarmente significativa nel packaging, dal punto di vista sia
funzionale/informativo sia emotivo/seduttivo. La confezione diviene poi strumento attivo anche
nella fase di consumo: da packaging progettativi come contenitori che facilitano l’uso del prodotto,
a confezioni che qualificano il prodotto e lo differenziano in modo strutturale. Design e selezione
dei materiali divengono in questo senso dimensioni critiche volte alla creazione del valore.

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Il packaging ha una funzione di e trasporto del prodotto.
In una prospettiva di sostenibilità, si aggiunge l’ottica del riutilizzo, del recupero e dello smaltimento
del packaging in modo sicuro ed efficiente. Sono diverse le dimensioni di intervento in questa logica,
da packaging ecocompatibili, ossia progettati con la specifica finalità di minimizzare l’impatto
ambientale, a packaging in grado di veicolare informazioni veritiere e corrette, a confezioni pensate
al fine di garantire elevati livelli di utilizzabilità. Si tratta di tendenze con cui le imprese si stanno
confrontando anche nella prospettiva di un’educazione del cliente verso logiche di sostenibilità dei
consumi.

Servizi accessori:
Sempre più spesso la politica di prodotto comprende la proposta di servizi accessori che possono
costituire una dimensione rilevante di differenziazione dell’offerta. L’attività dell’impresa genera
cinque categorie di servizi:
• Servizi di vicinanza e prossimità
• Servizi di informazione
• Servizi di completezza dell’offerta
• Servizi di garanzia
• Servizi di assistenza

BRAND MANAGEMENT E BRAND EQUITY:

Siamo nella fase decisionale operativa di marketing:


La marca è un nome, un segno, simbolo che viene unito a dei valori che afferiscono all’impresa e al
prodotto.
È necessario gestire una strategia di brand management perché una marca permette all’impresa di
essere riconosciuta dal cliente.
Il cliente attraverso la marca identifica l’azienda, la qualità associata all’azienda e permette di
associare alcuni valori che riguardano l’impresa.
La marca permette di far trasparire gli elementi di differenziazione che riguardano l’impresa e il
prodotto. La marca è legata alla strategia di posizionamento che un’impresa sviluppa.
È importante analizzare la brand image ovvero come la marca viene percepita dal cliente.
L’analisi della percezione del cliente è un’analisi importante perché dobbiamo partire dalle
preferenze del cliente.
La marca permette all’impresa di comunicare la qualità e al cliente permette di indentificare la
qualità dell’impresa.
Una marca forte permette al cliente di effettuare una scelta molto rapida.
La marca è legata all’immagine dell’impresa.
La marca richiede di analizzare la notorietà, la marca forte è quella marca che è più nota.
La marca è legata anche alla fiducia, una marca forte attiva una relazione duratura con il cliente.
È necessario gestire alcuni momenti critici che possono essere vissuti da alcune marche.
Se è presente fiducia il cliente è propenso a riacquisire prodotti.
Per il cliente deve essere immediata l’identificazione e quindi si parla di semplicità che si basa su
fattori legati ad un logo (simboli, segni).
La marca consente l’attuarsi di un rapporto efficace tra impresa e mercato nel quale l’impresa
riesce a disporre ed evidenziare le sue capacità.
Parallelamente i clienti riescono con maggiore facilità a individuare e a selezionare il prodotto più
adeguati alle proprie esigenze.

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Le componenti della marca:
La marca rappresenta la sintesi dell’azione di marketing, dove si riconducono i valori e le idee e la
reputazione associata all’impresa. Le componenti riassuntive della marca sono 3 e rappresentano
l’impresa dal punto di vista comunicativo:

• Nome
• Simbolo
• Payoff: frase che sintetizza la proposta di valore che l'impresa realizza.

Proposta di valore che è legata anche alla mission dell’impresa, ovvero alla finalità che l’impresa
definisce.
La mission dovrebbe essere orientata al mercato e quindi definita sulla base delle esigenze del
cliente e quindi partire dalle esigenze del cliente. La mission propone una soluzione al problema e
quindi è legata alla value proposition. La mission orientata al mercato dovrebbe presentare i punti
di forza dell’impresa, cioè le caratteristiche che permettono alla stessa di raggiungere quelle
finalità.
La mission orientata al mercato dovrebbe essere motivante sia per chi lavora all’interno
dell’impresa, sia per il cliente.
Infine, la mission non dovrebbe contenere indicazioni riguardanti gli obiettivi finanziari o economici.
L’aumento del fatturato del 3% è un obiettivo finanziario non è una mission.
Il pay off dell’impresa deve essere coerente con la mission dell’impresa (finalità) e la proposta di
valore.
Ad esempio, per Apple abbiamo un nome, un simbolo che è la mela e un pay off ovvero “think
different”. Anche NIKE abbiamo il baffo come simbolo e “just do it” come pay off.
McDonald ha come simbolo la M e come pay off “I’m loving it”. Mentre i segni di riconoscimento
sono:
• Il nome di marca (max mara)
• I simboli (adidas)
• Il design descrittivo (picturing)
• Il jingle
• Pay off (che mondo sarebbe senza nutella)
• I caratteri

Le funzioni della marca:

• Orientamento / relazione: una delle più importanti funzioni della marca è quella di
orientamento. I clienti hanno la possibilità di conoscere con un minimo sforzo il ventaglio
di soluzioni che sono loro offerte.
Questa funzione contribuisce alla trasparenza del mercato, in particolare alla luce della
proliferazione dei prodotti tipica di molti mercati, soprattutto quelli caratterizzati da elevati
livelli di competitività.
Es: p&g marca di ombrello che racchiude altre marche e quindi consente al cliente di
identificare con facilità quali sono le categorie di prodotto trattate dalla marca.

• Praticità: È la marca che rende in modo esplicito la tipicità dell’offerta e il valore dell’offerta.
La marca è un modo comodo e pratico per il cliente per memorizzare le caratteristiche dei
prodotti e associarvi un nome.

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La marca consente al cliente di adottare comportamenti di acquisto ripetitivi che
permettono di ridurre il tempo e l’impegno dedicati all’attività di acquisto.
Esempio palestre 20h la marca esplicita la caratteristica dell’offerta.

• Garanzia: La marca viene associata ad alcune certificazioni che possono essere poste sul
packaging accanto alla marca. Una marca è una firma che identifica e responsabilizza
l’impresa in modo continuativo, nel senso che la impegna a fornire al mercato determinati
livelli di qualità, mantenendoli costanti nel tempo.
Più una marca è conosciuta e più elevata è la sua immagine sul mercato, più la funzione di
garanzia è importante, non potendo l’impresa permettersi di deludere i clienti e perdere
la notorietà e immagine accumulata.
• Lucidità: Può essere associata ad alcuni prodotti che presentano una shop experience
particolari. La marca fa ripensare a questa shop experience unica. I prodotti di moda e di lusso
hanno una marca che conferisce al prodotto elementi aggiuntivi in termini ludici.
All’utilizzo, all’acquisto e all’ostentazione dei prodotti si associano valori che possono
trovare una risposta nella marca. Tali funzioni possiedono un più elevato contenuto estetici,
che spesso sfocia nel lusso e risultano più facili da associare ai processi di acquisto e di
consumo caratterizzati da forti connotati di tipo edonistico.

• Personalizzazione: Coca cola ha lanciato la possibilità di personalizzare il prodotto con


riferimento ad un nome.
Ogni cliente cerca nella marca, con modi ed intensità differenti, elementi funzionali, di
garanzia, estetici, simbolici.
Ogni marca viene vissuta in maniera differente e in una certa misura si adatta alle esigenze
dei singoli acquirenti.
In questo modo si concretizzano le posizioni di personalizzazione nel senso che i singoli
clienti si avvicinano e utilizzano le diverse marche in modo personalizzato.
La possibilità di personalizzazione permette a ciascun cliente di esprimere la propria indole
e personalità anche con l’acquisto e il consumo di prodotti di marca.

I vantaggi dell’impresa con le funzioni della marca:

• Identificazione: L’impresa sviluppa la strategia di brand management perché per l’impresa


è importante consentire al cliente di identificare con facilità i prodotti che afferiscono ad una
determinata marca.
La marca permette di presentare i propri prodotti alla clientela, in modo molto efficace.
La marca racchiude la qualità del prodotto e la qualità offerta dall’impresa.
La marca consente di riconoscere gli elementi che la possno contraddistinguere dalle altre
marche presenti nel mercato. E questi fattori possono essere sia tangibili che intangibili.
• Posizionamento: Attraverso la marca è possibile sviluppare una strategia di posizionamento
La marca è associata al posizionamento dell’impresa. Mappa delle percezioni che analizza
il percepito del cliente.
La marca permette di esplicitare il posizionamento dell’impresa nel sistema di offerta.

• Capitalizzazione: consentono all’impresa di incentivare al cliente di acquistare altri prodotti


che afferiscono alla stessa marca.
Se è presente una relazione forte tra marca e cliente, il cliente è propenso ad acquistare
altri prodotti alla marca.

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Il cliente acquista altri prodotti afferenti ad altre linee della stessa marca.
La marca esprime una capitalizzazione di mercato riconducibile alla capacità di attrazione e
di mantenimento delle quote di mercato di riferimento.
Il capitale di mercato è costituito da un capitale di relazione con i clienti e di un capitale di
fiducia.

I benefici economici della marca:

• Vantaggio di relazione con il mercato: In sintesi corrisponde a maggiori livelli di fiducia dei
clienti, superiorità nei rapporti, con gli stakeholder e sviluppo di risorse intangibili.
I vantaggi che può ottenere un prodotto con una marca forte rispetto a prodotti con marca
debole o privi di marca sono la diretta conseguenza della posizione centrale che la marca
assume nella relazione tra impresa e mercato.
Questi vantaggi si concretizzano in maggiori livelli di fiducia dei clienti nei confronti
dell’impresa.La fiducia dei clienti si manifesta nella fedeltà.
La marca forte è quella marca che si basa sulla relazione forte con la clientela. È una marca
che ha investito anche in alcuni programmi di fedeltà.
Il cliente sarà propenso ad acquistare altri prodotti della stessa marca.
o Marca vuol dire anche fiducia che il cliente ripone nei confronti della stessa marca e
dell’azienda che permette di mantenere una relazione di lungo termineàpiù
interazioni.
o Superiorità nei rapporti con gli stakeholder: La marca forte può sviluppare relazioni
significative con diverse tipologie di stakeholder (fornitor, pubblica opinione, media,
dipendenti).L’impresa di marca ottiene una posizione di superiorità nei rapporti con
tutti gli stakeholders.
o Risorse tangibili e intangibili:Le migliori relazioni che l’impresa riesce ad intrattenere
con i diversi mercati e pubblici di riferimento le consentono di ottenere maggiori e
più vantaggiose risorse sia tangibili che intangibili. Le migliori relazioni ottenute
attraverso la marca arricchiscono l’impresa, incrementando il patrimonio di risorse
su cui essa può contare.

• Vantaggi di natura distributiva: In sintesi rappresenta la copertura numerica o quota di


mercato. A parità di altre condizioni, un prodotto di marca può ottenere un livello di
capillarità distributiva superiore, da cui derivano vantaggi consistenti in termini di copertura
numerica e di quota di mercato, in particolare alla quota di mercato Retail.
I punti vendita saranno interessati alle marche forti perché questo determina una
maggiorevaffluenza nel punto vendita.
Se pensiamo alla quota di mercato Retail quello che aumenta è il numero di distributori che
trattano la marca. La marca forte può conquistare più distributori.
Se la marca è forte, tale marca sarà anche in grado di rendere di maggior interesse la
propria offerta e quindi i distributori non solo saranno propensi ad acquistare ma anche ad
acquistare in maggiore quantità. La copertura numerica e quota di mercato vengono
influenzate positivamente da una marca forte.
Inoltre, una marca forte ha il vantaggio di avere una migliore esposizione dei prodotti nei
punti vendita.La presenza di prodotti di marca contribuisce alla definizione dell’immagine
percepita del punto vendita. L’impresa con una marca forte ha la possibilità di entrare in
nuovi canali e/o in nuovi punti di vendita.

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La marca consente all’impresa di ampliare il proprio mercato, sopportando costi minore
e/o aumentando la velocità di ingresso e di penetrazione nei mercati.

• Vantaggi derivanti a un miglior funzionamento del marketing mix: In sintesi rappresenta i


vantaggi funzionali e simbolici o premium price.
Le funzioni assolte dalla marca, tanto per l’impresa quanto per il cliente, si concretizzano in
una maggiore capacità di funzionamento dell’intera politica di marketing dell’impresa. Si
intendono:
Vantaggi funzionali e simbolici: come Coca-Cola associa la dimensione di felicità e per
Apple il fatto di pensare diversamente. La marca ingloba valori funzionali e simbolici e
trasferisce al cliente vantaggi di identificazione e di garanzia.
Premium pricea la marca forte può proporre un premium price e cioè all’alta qualità
viene associato un alto prezzo.
Strategia che premia il maggior valore che i clienti percepiscono nei prodotti di
marca ed è correlata a quanto l’impresa è riuscita a includere nel valore di mercato.
Community: diversi clienti che sono interessati al prodotto e alla marca aderiscono a
delle communities.

Le potenzialità della marca:


Il Brand è lo stadio evolutivo del marchio, consiste nel passaggio da strumento di differenziazione
ad asset immateriale dotato di autonomo valore economico.
Il marchio è legato alla dimensione più tecnica del logo, il brand aggiunge valore per il cliente e la
stessa impresa.
Il brand è lo stadio evolutivo del marchio: il passaggio da strumento di differenziazione ad asset
immateriale dotato di autonomo valore economico.
Il riconoscimento del valore economico della marca ha portato a cercare di individuare quali e
quante siano le determinanti del valore di marca (brand Equity).
Quand la valutazione della marca non riguarda solo un prodotto (product branding), ma l’imresa in
generale (corporate branding), si devono prendere in considerazione altri elementi oltre gli
indicatori base, come: la qualità percepita, la sensitività di prezzo, il cosutmer loyalty, il premium
price, la disponibilità a consigliare il prodotto, livelli di soddisfazione della clientela, associazione
alla marca con valori e immagini positive e la conoscenza della marca ai consumatori.
Bisonga considerare anche il focus sugli shareholder, stakeholder, network esterni ed interni con
l’impresa e le politiche di marketing mix, ecc.

Il brand equity: è l’effetto differenziale he la conoscenza del brand esercita sulle risposte dei
consumatori alle azioni di marketing dell’impresa. Valore della brand equity deriva da un insieme
di fattori: immagine, associazioni di marca, notorietà, consapevolezza, preferenze ecc. Che si
traducono in comportamenti guidati dalla brand loyalty e che consentono all’impresa di ottenere
adeguati livelli di customer retention.
La brand equity può essere definita come un insieme di 5 componenti che aumentano o
diminuiscono il valore del prodotto offerto dall’impresa.
5 componenti alla base di una marca di valore:

• Fedeltà alla marca:La fedeltà è il risultato del valore percepito della marca perché testimonia
quanto sia forte il legame die clienti con la marca e quanto siano affezionati a essa. La fedeltà
rappresenta il risultato di quanto l’impresa sia risuscita a costruire e a trasmettere ai propri

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clienti. Genera un risultato positivo per l’impresa, ed è misurabile come customer retention
rate (capitoli precedenti).

• Notorietà: Un prodotto è più apprezzato da un vasto numero di consumatori se questi ne


conoscono l’esistenza. Anche se la notorietà di per sé non è sufficiente (anche i prodotti
negativi godono di un elevata notorietà). La notorietà agisce da acceleratore, nel senso che
moltiplica i valori (positivi o negativi) sviluppati in virtù di altre componenti della brand
equity. La notorietà può essere rinforzata o acquisita con opportuni interventi di
comunicazione (Esempio zara: viene associato a moda in termini di fast fashion ha un
posizionamento diverso rispetto a luxury brands). Qualità ma anche focus su tendenze legate
al contesto della moda.
La notorietà agisce da acceleratore, nel senso che moltiplica i valori, positivi o negativi
sviluppati dalle altre componenti di brand equity.
La notorietà può essere acquistata o rinforzata con opportuni interventi di comunicazione
governabili dall’impresa, che vanno dalla pubblicità alle relazioni esterne.
La piramide di notorietà della marca, che classifica i brand in base alla conoscenza che ha il
consumatore sul brand, ed è collegata alla percezione del cliente sul prodotto anche in
funzione della sua qualità:
1) Top of mind: il consumatore va alla ricercar specifica del brand senza considerare gli
altri (brand loyalty).
2) Brand recall: notorietà spontanea
3) Brand recognition: notorietà sollecitata
4) Unaware of brand: la marca non è conosciuta sul mercato

Caso di studio Chanel come esempio di brand awareness:

• Qualità percepita: il valore della marca è associata alla sua percezione di qualità.
Se è alta il cliente tenderà a ripetere l’acquisto e ad attivare un passaparola positivo. Esempio
prada.
La percezione di qualità può essere valutata ed analizzata in diversi livelli: di settore, di
processo, d’impresa e di prodotto, di comunicazione.
La qualità di comunicazione con cui si deve intendere anche il. Modo di gestione della
comunicazione che consente l’effettivo dispiegarsi e valorizzazione della marca

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• Associazione di marca e immagine: si valutano quali associazioni mentali vengono evocate
dai clienti quando si cita una determinata marca, cioè quali caratteristiche generali vengono
associate a quali marche. L’individuazione delle associazioni definisce il posizionamento
della marca nella mente del consumatore e lo spazio percettivo che lo definisce e consente
di determinare la prossimità tra marche, cioè quali siano percepite vicine in termini di
associazioni, anche trascurando del tutto le dimensioni merceologica e settorale.
Le marche ossono consentire ad un’impresa di trarre beneficio da associazioni positive.
È importante indagare su quali associazioni il cliente elabora attraverso ricerche di marketing.
Si indaga il percepito del cliente e si sviluppano delle ricerche.
Esempio nike: nike viene associato alla dimensione di comfortable. Il competitor più prossimo
a nike è adidas.
Il concept associato al brand è: air.
Il prodotto maggiormente associato a nike è: scarpe.
Lo scopo di queste associazioni di marca è: individuare i competitor, il percepito el cliente e
conoscenza del brand da parte del cliente.
L’impresa deve essere in grado di generare associazioni mentali che vengono evocati dai
clienti quando ci si riferisce ad un determinata marca, ma questo è influenzato da elementi
soggettivi ed esperienze personali connesse con il consumatore.
La politica di comunicazione dovrebbe richiamare l’attenzione del cliente su alcune
dimensioni dell’offerta. Esempio evian: è uno spot divertente che richiama l’attenzione del
cliente, però il cliente ricorda lo spot ma non il brand.
Esistono degli aspetti interessanti della associazione di marca, come:
La dipendenza dell’immagine di marca dagli altri riferimenti di immagine: appare più
evidente nei settori dei servizi, quando l’idea di una marca influenza anche tutto il servizio in
cui si trova.
Influenza anche nei settori B2B: il legame di immagine di marca di prodotto e immagine
d’impresa è molto forte perché in quei settori l’acquirente considera il prodotto offerto come
una sintesi delle capacità complessive dell’azienda fornitrice.
In genere solo nei mercati di largo consumo, soprattutto quelli più semplici è possibile una
scomposizione dei profili di immagine, per cui l’immagine di marca del prodotto può esistere
ed essere sviluppata anche in forte autonomia rispetto all’immagine dell’impresa.
Il livello di integrazione dell’immagine: non si limita al solo concordare tra immagine di
settore, d’impresa e di marca, ma riguarda anche l’esigenza di armonizzare l’immagine dei
singoli prodotti che compongono il complessivo portafoglio di un’impresa e, ancora la
necessità di integrare l’immagine nei confronti di diversi soggetti pubblici.

• Altri asset di marche: l’ultima componente è costituita da un insieme di fattori che possono
ulteriormente rinforzare il valore di marca (es: estendibilità della marca). Per esempio, una
marca è più forte se è registrata e legalmente difendibile oppure se la tecnologia sulla quale
si basa è protetta da un brevetto.
Altrettanto importanti sono i contenuti relazionali collegati alla marca (la sua storia, le
performance degli anni passati).
Un altro esempio è la registrazione legale del marchio al fine di difenderlo dai concorrenti
(brevetto).

Queste 5 componenti generano valore sia per l’impresa che per il brand:

Il valore del brand per il cliente:

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• Acquisizione ed elaborazione delle informazioni
• Fiducia e garanzia
• Soddisfazione d’uso

Il valore del brand per l’impresa:


• Acquisizione ed efficacia delle leve di marketing
• Fedeltà di marca: una marca forte si basa sulla strategia di fedeltà e vuole tenere la fedeltà
nel tempo. (Esempio: Lego), nascità di comunity (esempio HOG per la Harley).
• Premium price
• Potere contrattuale vs. trade
• Barriere all’ingresso: I valori forti di brand alzano i livelli di barriere all’ingresso, stabilizzando
le quote di mercato.
• Difendibilità della posizione di mercato, il presidio di un determinato territorio di mercato
attuato con una politica di marca garantisce all’impresa e ai suoi prodotti un isolamento
maggiore dagli attacchi dei concorrenti.Una marca non è imitabile da parte die concorrenti
o comunque lo è con grande difficoltà. Tutto ciò configura l’esistenza di barriere all’entrata
nel territorio competitivo della marca che garantiscono una superiore libertà di azione e
una maggiore autonomia delle decisioni di marketing.
• Estendibilità della marca: Una marca forte può applicare una strategia di estendibilità
perché vi sono i presupposti quali fiducia. Una marca ben conosciuta dai clienti può essere il
punto di avvio e di sviluppo di una strategia di espansione sia dei prodotti sia del mercato di
riferimento. Una marca nota dai clienti in un determinato ambito di mercato (specifica
combinazione prodotto/mercato), può trasferire la propria credibilità anche in altre aree di
mercato.
• L’ipotesi su cui si fonda l’estendibilità della marca è il presupposto che se la marca è stata in
grado di soddisfare il cliente in un determinato ambito, lo stesso cliente potrà ritenere
altrettanto affidabile un’offerta di prodotti diversi da quella originaria, ma garantiti dalla
stessa marca. Esempio Mercedes: le linee di prodotto proposte da Mercedes. Parliamo di
abbigliamento, profumi e accessori che sono linee nuove che non fanno riferimento al core
business. È una marca forte, nota e che è associata ad alta qualità e alto prezzo. Sono
prodotti in linea con il posizionamento di Mercedes.
L’estendibilità è collegata l’idea e politiche di cross sellling.

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Esistono altri concetti di brand equity:

• Customer brand equity: effetto che la conoscenza del brand determina sulla risposta del
consumatore sull’azione di marketing.
• Financial brand equity: è difficile da misurare in termini economici e rappresenta il valore
finanziario incrementale di un prodotto generato al brand. Si sottolinea il fatto che l’azienda
che il brand ha un’influenza molto elevata sul consumatore, viceversa attraverso il venture
capital si può riqualificare il brand o marchio ormai non più riconosciuto dal consumatore.
Nel bilancio non è presente l’intera capitalizzazione del marchio nello stato patrimoniale. Il
focus orientato a misurare il valore economico del brand dal punto di vista contabile.

Il brand non è un semplice marchio o logo, ma è costituita da un insieme di valori e da simboli,


payoff. La marca genera valore. I benefici economici della marca per l’impresa sono:

• Dimensione di relazione con il cliente e con gli stakeholder.


• Sono presenti vantaggi di natura distributiva, ovvero la marca forte è quella marca che risulta
essere di interesse anche per i distributori.
Questo vuol dire lavorare in una prospettiva di quota di mercato, e quindi si può aumentare
il numero di distributori che trattano la marca essendo una marca forte.
Aumento delle quantità che vengono ad essere vendute al distributore in una logica sell-in.
• Gestione del marketing mix: I vantaggi che si presentano nel caso di marca forte, è il
premium price, quindi è una marca caratterizzata da un alto prezzo in quanto giustificato da
un’alta qualità.

La gestione della marca richiede attenzione anche alla politica di prezzo.

La costruzione della marca:


Come costruire il valore di una marca e farsi apprezzare dal mercato?
Uno dei modelli che consente di individuare percorsi alternativi nel processo di costruzione di una
marca al fine di distinguersi dal mercato, identificandone i fattori salienti dal punto di vista del
cliente e ipotizzando le conseguenze anche sul piano del ritorno finanziario per l’impresa è il
modello Brand Asset Valuator.
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Il modello inizia con l’osservazione dei comportamenti dei clienti, individua l’esistenza di quattro
fasi che corrispondono alle richieste dei consumatori posti di fronte a un prodotto di marca
(oppure scala dei bisogni di Maslow). Le fasi sono denominate:

• Diversità: genera la forza della marca, una marca è forte rispetto alle concorrenti se ha
elementi che la contraddistinguono e che sono ritenuti dal cliente importanti
• Rilevanza: genera la forza della marca, stessa cosa della diversità per la rilevanza
• Stima: definisce la statura della marca e testimoniano il fatto che i clienti hanno instaurato
con la marca un rapporto di natura fiduciaria destinato a durare nel tempo.
• Familiarità: stessa cosa della stima per la familiarità

Questo modello considera il processo di costruzione come una serie di fasi sequenziali, ciascuna
contraddistinta dall’esistenza di obbiettivi di marketing specifici, che possono essere soddisfatti
utilizzando determinate leve di marketing e di comunicazione.
Oltre a generare benefici evidenti e apprezzabili dal mercato, l’impresa lo deve fare in un breve
periodo ed è necessario che i benefici attesi del prodotto siano capiti ed efficacemente comunicati
e rilevanti per il cliente, utili per ottenere la fiducia del consumatore, per so fondare l’indifferenza
del cliente l’impresa deve generare diversità nel suo prodotto, per poi ottenere rilevanza sul
mercato.
Una volta costruita la forza della marca, lavorando sulla diversità e rilevanza, l’impresa deve
consolidare il rapporto tramite azioni di brand management, in modo da istaurare un rapporto di
fiducia con il cliente (stima della marca).
La prima relazione marca – cliente, genera fiducia in base alle capacità della marca di soddisfare le
esigenze dei consumatori e quindi si fonda sulle esperienze positive del cliente.
La seconda relazione cliente – impresa, è fondamentale per generare fiducia nel caso di prodotti
complessi, di non facile utilizzo e a elevata, componente di servizio, dove il cliente cerca
rassicurazione dall’impresa.
Queste componenti si alimento tramite un continuo processo di rinnovamento della marca, per
evitare che questa una volta ottenuta la stima del mercato, la possa compromettere perché
soffocata dalla noia dei clienti e dalla banalizzazione dei loro processi d’acquisto e di consumo.
Quando la stima si consolida, si produce un ulteriore elemento, la familiarità, entrando a far parte
del mondo del consumatore, necessitando di una continua verifica della adeguatezza alle mutevoli
condizioni del mercato/ consumatore e concorrenti, per mantenere sempre vivo l’interesse
l’apprezzamento.
Il successo dell’impresa deriva dal continuo intervento di tre grandi competenze: innovazione,
differenziazione e comunicazione.

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I quattro momenti del modello costituiscono la base analitica di una griglia che sotto forma di
matrice consente di individuare i percorsi critici dello sviluppo di una marca.
Le varie posizione della marca nel modello Brand Asset Valuator:

Esempio: testimonianza Calvin Klein per COTY di politica di prodotto

PREZZO, COSTI E VALORE:

Il denaro è un bene fungibile, e soprattutto si può convertire in qualsiasi bene o servizio, tramite lo
scambio. Il prezzo è espressione economica tangibile e monetaria della volontà del cliente di voler
entrare in possesso dei valori incorporati nell’offerta e quindi, del sacrificio che il cliente intende
sopportare per acquisire e utilizzare detti valori. Quindi si collocano le politiche di prezzo subito
dopo le decisioni di marketing che generano valore intrinseco e simbolico, quindi le politiche di
prodotto e di brand management.
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Il prezzo è strettamente connesso al valore percepito o valore per il cliente, e dal valore d’uso e di
valore di scambio del prodotto.
Il prezzo sintetizza l’insieme dei costi che la generazione di valore per il cliente ha comportato.
Il prezzo, come tutte le variabili di marketing mix è soggetto a continui cambiamenti in funzione
del dinamismo settoriale e di mercato che determinano l’adattamento delle politiche di prezzo nel
tempo e nello spazio.
Il prezzo viene determinato tenendo in considerazione i costi perché il prezzo deve consentire la
copertura dei costi (prezzo minimo).
Il prezzo massimo è definito dalla domanda, ovvero dal valore percepito.
Il prezzo praticabile dipende dai competitor; natura della domanda e caratteristiche del mercato; e
dalle strategie di marketing (targeting e posizionamento).
Il prezzo si può dire anche esborso economico / sacrificio che il cliente sarebbe disposto a pagare
per il bene o servizio.
Le politiche di prezzo entro la sequenza logica del marketing mix sono del tutto legittime e non si
escludono reciprocamente. Le politiche di marketing da un lato generano una serie di costi che
devono essere considerato nella definizione del prezzo.
Nella formulazione di un marketing mix il prezzo è l’ultima variabile, in termini di successione
temporale, a essere considerata.
Il prezzo è elemento fondamentale nell’analisi dei settori e della concorrenza (price o non price
competition).
La fissazione di un prezzo corrisponde all’insieme dei valori:

• Valore costruito: costo del prodotto fisico, sono i costi misurabili e diretti del prodotto o
servizio offerto. Riguarda le modalità attraverso le quali l’impresa dopo aver ben compreso
le esigenze della domanda costruisce valore incorporandolo nel prodotto fisico e
incrementandolo delle dimensioni di prodotto atteso aumentato e potenziale. La
costruzione di valore costruito comporta investimenti e costi che devono essere considerati
nella formulazione delle politiche di prezzo.

• Valore trasferito: qualità percepita, costo dei servizi connessi e immagine. Si identifica
nell’incontro con l’offerta e la domanda ed è la rappresentazione economica degli sforzi di
reciproco adattamento e avvicinamento messi in atto dalla domanda e dalla offerta.
L’offerta aggiunge di continuo al prodotto fisico ulteriori componenti e servizi, di immagine
e di comunicazione, distributive, ecc. idonee ad adattare alle continue modificate esigenze
espresse dal mercato / domanda. Mentre la domanda compie lo sforzo per informarsi sui
prodotti esistenti, valutarli ed acquistarli e utilizzarli e alla rinunci di altre esigenze e sacrifici.
Il valore trasferito è compreso tra il valore costruito e il valore percepito.

• Valore percepito: il valore collegato all’utilità del bene, molto soggettivo. Si identifica con la
conoscenza del valore sul mercato e quindi quanto è apprezzato suddetto prodotto e
costituisce il punto di riferimento della volontà del cliente di sopportare un sacrifico
economico e di pagare un determinato prezzo per entrare in possesso del bene.
N.B. Il valore costruito e il valore percepito del cliente rappresentano i due punti di
riferimento nelle politiche di prezzo:
- il primo costruisce la soglia minima, nel senso che il prezzo non deve essere inferiore, se
non in circostanze del tutto eccezionali al costo del prodotto.
- il secondo rappresenta il livello massimo, perché un prezzo che superi la volontà del
cliente ad accettarlo colloca l’offerta dell’impresa automaticamente fuori mercato.

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Un’impresa deve sviluppare una proposta di valore superiore rispetto alla concorrenza,
rivolta ad un determinato segmento di mercato, connessa ad un superiore sistema di
creazione ed erogazione di valore. La proposta di valore è l’insieme di vantaggi che
l’impresa promette di offrire.
Sistema di distribuzione del valore:
esperienze che il cliente realizzerà per ottenere ed utilizzare l’offerta. Il valore per il cliente nasce
da:

• Benefici ricercati
• Giudizio ricercato sulla capacità di impresa di soddisfare i benefici ricercati

Nel processo di formulazione del prezzo confluiscono altre due dimensioni fondamentali: la
concorrenza e gli obbiettivi di marketing dell’impresa.
Il collegamento tra prezzo e concorrenza è fondamentale e non riguarda solo le politiche di
marketing, poiché il prezzo è collegato anche alle quantità domandate e alla sensibilità/elasticità
della domanda. Il prezzo è elemento fondamentale nell’analisi dei settori e della concorrenza
(price o non price competition). trappola del prezzo e strategie low costi
Il valore per il cliente è anche collegato alla struttura del mercato di riferimento, quindi se
l’impresa opera in mercato ampio, bisonga focalizzarsi su segmenti di mercato prescelti.
La formulazione di politiche di prezzo riferite al valore per il cliente si deve fondare su un’analisi
delle varaibili dei benefici percepiti e dei costi percepiti e al confronto con le offerte dei
concorrenti e di prodotti sostitutivi.

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Il valore per il cliente deve essere quindi considerato come un elemento soggettivo (percezioni
individuali), relativo (confronto con la concorrenza) e dinamico (perché le percezioni sono
soggette a continui cambiamenti) e multidimensionale (in quanto composto da un’insieme di
molot ampio di fattori).
Calcolo del valore per il cliente:

𝑽𝑨𝑳𝑶𝑹𝑬 𝑫′ 𝑼𝑺𝑶 (𝒃𝒆𝒏𝒆𝒇𝒊𝒄𝒊 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒆𝒑𝒊𝒕𝒊


VALORE CLIENTE = 𝑪𝑶𝑺𝑻𝑰 𝑫𝑰 𝑨𝑪𝑸𝑼𝑰𝑺𝑰𝑶𝒁𝑰𝑶𝑵𝑬 𝑫𝑬𝑳 𝑽𝑨𝑳𝑶𝑹𝑬 𝑫′𝑼𝑺𝑶 (𝒄𝒐𝒔𝒕𝒊 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒆𝒑𝒊𝒕𝒊)

Il valore percepito deve essere superiore al valore d’uso per il cliente.


Il valore per il cliente deve essere sempre > 1

I costi di acquisizione del valore d’uso sono:

Lo scopo è quello di ridurre i costi di acquisizione del valore d’uso e di aumentare il valore d’uso
stesso del prodotto.
𝑩∗𝑷
Valore per il cliente = 𝑪∗𝑶
Dove:
V = indica il valore
B = benefici percepiti
C = costi associati
O = onerosità

Una volta identificate le componenti del valore per il cliente in termini di benefici e di costi, si può
procedere alla loro misurazione.
Il valore economico del cliente si calcola identificando i fattori che generano benefici e costi e
valutandoli rispetto all’importanza che ciascuno dei fattori assume nella prospettiva del cliente.

Valore economico per il cliente = EVC = P – R + M + S + G


Dove:
P = prezzo
R = valore attualizzato del valore residuo del bene
M = costi di manutenzione
S = costi di sostituzione
G = costi di gestione del bene

N.B. i valori R, M, S e G tendono a zero nel caso in cui i prodotti sono di immediato utilizzo e
consumo

98
Il limite del VEC sta nel fatto che si tende ad identificare il valore per il cliente solo con categorie di
benefici e di costi oggettive e spesso già espresse in termini economici, trascurando la natura
articolata e composita del concetto di valore per il cliente, formata anche da elementi intangibili
simbolici e dai comportamenti di altre persone.

Esempio DISEL come proposta di valore per il cliente:


Disel non vende solo prodotti, ma anche uno stile di vita, perché Disel co il caso dei Jeans
“usurati”, jeans invecchiati o usurati sono proposti sul mercato, trasformando il jeans in un
prodotto fashion sperimentale, spopolando così sul mercato come valore trasferito e valore
percepito o beneficio ricercato.
Il paradosso del jeans “usurato”, la value proposition è quello di proporre uno stile di vita fatto di
ironia.

I costi e il valore per l’impresa:


La generazione di valore è il risultato delle decisioni dell’impresa dalle quali derivano i costi e gli
investimenti necessari alla generazione del valore, cioè quanto è connesso alle attività che
consentono di costruire e trasferire al mercato un prodotto/ servizio di valore.
L’individuazione dei costi per l’impresa consente di definire il limite minimo del prezzo che possa
garantire il livello di convenienza economica desiderato dall’impresa. La definizione dei costi per
l’impresa è più certa e tangibile rispetto alla individuazione del valore del cliente, in quanto
misurabili e interni alla stessa.

Nell’individuazione dei costi l’impresa deve affrontare due problemi importanti:

• Rapporto prezzo-qualità: è difficile calcolare le difficoltà connesse alla stima dell’elasticità


della domanda al prezzo, generando incertezze sul risparmio dei costi o sui ricavi collegati
alla qualità.
• Attribuzione dei costi comuni complessivi: Le imprese possono ricorre a 3 metodi per
l’attribuzione dei costi comuni:
o Imputazione analitica dei costi comuni
o Imputazione uniforme dei costi comuni
o Imputazione in base a determinati criteri di ripartizione

L’analisi dei costi consente di esprimere dei giudizi di convenienza sui prezzi e il calcolo dei margini
di contribuzione (MdC = P – CV) e del Break Even Analysis:
BEP = CF / MdC
L’analisi del BEP è utile come strumento di verifica dell’ammontare delle vndite necessario a
raggiungere il punto di pareggio tra ricavi e costi e come criterio del prezzo minimo per il pareggio
economico.
Il prezzo minimo quindi è stabilito dall’impresa e quindi dai costi sostenuti, mentre il prezzo
massimo è definito dalla domanda, nel mezzo esiste il prezzo praticabile definito dalla
concorrenza, differenziazione del prodotto e dai prodotti sostitutivi.

99
Anche le dimensioni finanziarie sono importanti per la gestione nel lungo periodo e si utilizzo
indicatori come il Return On Investment (ROI), Return on Sales (ROS) e il Internal Rate of Return
(IRR) e l’analisi dei flussi di cassa (cash flow).
Esistono vari metodi di determinazione del prezzo:

• Approccio Value – Based Pricing: approccio di caduta verticale dove le imprese avevano
molta forza contrattuale e la domanda era maggiore dell’offerta. L’impresa inizia dalla
creazione del prodotto, ne determinava i costi e quindi il prezzo e applicava il ricarico di
vendita, si immetteva nel mercato e convinceva i clienti (fase tradizionale e arcaica).
si crea il prezzo a partire dai costi.
• Approccio Costi – Based Pricing: il mercato è saturo e con pochi spazi di innovazione e molto
competitivo e quindi l’impresa inizia con un’analisi di mercato, crazione del prodotto e del
prezzo in base al valore percepito dal cliente, poi si modifica la produzione in base ai costi
che posso sostenere in relazione al valore percepito, si crea il prodotto, diseganre il prodotto
di design per consegnare il valore/desiderio del prodotto al prezzo target (fase nuova e
attuale).
si crea il prezzo a partire dal valore.

100
Prezzo mercato e concorrenza:
La centralità delle strutture di mercato e concorrenziali per le decisioni di pricing è fondamentale.
Il prezzo può essere dato del mercato (fisso) o una variabile su cui poter agire, è facilmente
imitabile ma costituisce anche un vantaggio competitivo.
L’oligopolio, tipico di mercati concentrati e di volume, possono essere statici o dinamici:

• Oligopolio statico: è raro che il prezzo venga utilizzato come strumento di politica
concorrenziale, poiché in assenza di innovazione e differenziazione competitiva, politiche di
prezzo sono facilmente imitabili e quindi non utilizzato come strumento di politica
concorrenziale. L’unica condizione possibile che può suggerire un’azione di diminuzione del
prezzo in un oligopolio stativo si incontra nel caso di un’effettiva migliore posizione del costo
(costi leadership) da parte dell’impresa che dà inizio al processo di riduzione del prezzo,
azionando così una leva di prezzo per mettere in difficoltà i concorrenti, non avendo le stesse
condizioni positive di costo. Nel caso invece di un aumento di prezzo troviamo accordi di
collusione collettivi tra imprese operanti nello stesso mercato a danno dei clienti.

• Oligopolio dinamico: in questo caso il prezzo può essere considerato uno strumento
efficacie di per politiche di concorrenza, soprattutto quando è accompagnato da politiche di
differenziazione del prodotto. In modo da consentire l’applicazione di politiche di premium
price derivanti dalla maggiore notorietà e immagine delle marche più affermate, alle quali il
cliente associa qualità e servizi annessi più elevati, ciò può essere collegato anche ad un
aumento di prezzo, quindi si tratta di comprendere qual è il livello più adeguato di valore
costruito, compreso e apprezzato dalla domanda e che generi soddisfazione al cliente.
Quindi esiste un collegamento tra soddisfazione del cliente (causata dalla differenziazione
e implementazione del prodotto) e la praticabilità dei prezzi più elevati.
Nei mercati frammentati, il prezzo è di rado usato come strumento competitivo, poiché le ridotte
dimensioni dell’impresa, l’assenza di significative economie di dimensione, la sostanziale
impossibilità di crescita in termini di quota di mercato sconsigliano il più delle volte un uso intenso
della leva di prezzo, a causa delle ridotte quote di mercato. Se nel mercato frammentato è
presente un alto livello di differenziazione e quindi varie combinazioni dell’offerta, è possibile
agire sul prezzo.
N.B. si può quindi dire che quanto più l’offerta presenta aree di differenziabilità significative,
tanto più maggiore sarà l’indipendenza dell’impresa dai prezzi di mercato.
Tramite l’individuazione dei fattori di differenziazione concorrenziale e della valutazione che di
essi fanno i clienti, l’impresa può decidere se assumere un comportamento di guida o di imitazione
delle politiche di prezzo formulate dai concorrenti.

101
La centralità della dimensione concorrenziale nelle politiche di prezzo si osserva in modo
particolare nella condotta delle imprese:

• Condotta cooperativa: Quando il prezzo viene definito da un accordo tra imprese (non price
competition), implicito nei comportamenti o esplicito nella collusione.
• Condotta di adattamento: huawei ha adottato una politica di price di adattamento ovvero
ha adattato il prezzo alle scelte che hanno fatto i primi due player del mercato (Apple,
Samsung)
Politica di price che tiene in considerazione le scelte dei competitor. Quando le imprese
cedono ad altri il compito di definire le politiche di prezzo, diventando imprese followers
• Condotta opportunistica: a definizione del prezzo viene ad essere considerata in base a
proposte innovative. Quando l’impresa vuole utilizzare il prezzo come strumento
concorrenziale senza che si inneschi una guerra di prezzo (esempio: sconti e concessione di
merce gratuita). La proposta di prezzo varia in base alle proposte offerte alla clientela.
Il prezzo cambia in funzione alla modalità con cui la proposta viene formulata nei confronti
della clientela (Virgin Active, Get Fit).
• Condotta offensiva: Nel momento in cui le imprese che operano sullo stesso mercato
propongono prezzi competitivi (più bassi dei concorrenti) per attrare l’attenzione della
clientela (Vodafone, Tim). La soluzione è legata ad un minor prezzo rispetto a quello dei
competitor.

Andamento e dinamica dei prezzi nel tempo e nello spazio:


I prezzi, come tutte le variabili di markeitng mix necessitano di un continuo adeguamento alle
condizioni dell’ambiente di mercato e alle caratteristiche evolutive dell’impresa. La diversità dei
prezzi praticati riguarda due situazioni specifiche: il lancio di un nuovo prodotto e le politiche di
discriminazione.
Dall’analisi del valore per il cliente l’impresa può attuare due diverse politiche di prezzo:

• Prezzo di scrematura: Si parla di politica di scrematura quando le imprese propongono


prodotti di alta qualità e quindi possono produrre un prezzo alto.
Prezzo che viene adottato da imprese che propongono soluzioni di qualità e che di
conseguenza possono proporre un prezzo alto, poiché si indirizzano su segmenti ben definiti
e particolari volumi di vendita, focalizzandosi più sui margini unitari che sui volumi di vendita.
La scrematura del mercato è consigliabile in presenza di elementi evidenti di differenziazione
del prodotto e di un segmento poco sensibile al prezzo e di una difficile imitazione del
prodotto e alte barriere all’ ingresso e o/o di mobilità.
Esempio: Snaidero: l’obiettivo è raggiungere un segmento specifico di mercato (alto prezzo,
alta qualità). Payoff: cucine per la vita che mette in evidenza la qualità.

• Prezzo di penetrazione: L’obiettivo dell’impresa non è raggiungere un segmento preciso, ma


raggiungere un mass market, ovvero un numero elevato di clienti, quindi un elevato volume
di vendita con un discreto margine di guadagno unitario. In questo caso il prezzo è basso. La
politica di penetrazione implica un prezzo basso ad un numero più elevato di clienti.
Questa politica è consigliabile quando sussistono circostanze opposte a quella di scrematura.
Esempio: Mondo convenenza: la proposta è rivolta ad un mass market (prezzo accessibile).
Payoff: la nostra forza è il prezzo. Economie di scala e di dimensione.

102
Discriminazione di prezzo:
Un’impresa realizzazione una discriminazione di prezzo quando il prezzo viene modificato ma la
soluzione offerta non viene modificata. Quando l’impresa applica prezzi diversi a prodotti
sostanzialmente tra loro uguali. Sono presenti alcuni fattori/circostanze che possono determinare
la discriminazione di prezzo:

• Destinazione del prodotto/servizio (chi utilizza): ad esempio per gli abbonamenti atm ha
un prezzo differente in base ai fruitori (senior, studenti). La variabile demografica permette
di differenziare il prezzo in base all’età anagrafica. Il prezzo cambia in base al destinatario,
ma il servizio non cambia.
• Volumi di acquisto: il prodotto non cambia, ma cambia il prezzo in base al volume
acquistato.
• Modalità di pagamento: acquisto online: in alcuni casi sono presenti spese aggiuntive se il
pagamento avviene con una determinata carta di credito. Cambia la modalità di pagamento
e quindi cambia il prezzo.
• Libera scelta dell’acquirente: il servizio non cambia, ma cambia il prezzo in alcuni momenti
particolari. Peniamo al prezzo di un biglietto last minute. Cambia il momento di acquisto del
cliente. Valore d’uso fa riferimento ai benefici che possono essere: impliciti, espliciti,
tangibili e intangibili. I costi sono tutti quei costi che fanno riferimento al processo di
acquisto.

N.B. le politiche di target pricing: tipiche nei mercati B2B nei quali stante il rilevante potere
contrattuale del cliente quest’ultimo chiede ai fornitori di ridurre progressivamente i prezzi in virtù
di una possibile capacità del fornitore stesso di ridurre i costi (target costing).

LA PROGETTAZIONE E LA GESTIONE DEI CANALI DISTRIBUTIVI:

Area che si presenta nella fase decisionale operativa e decisionale strategica. In questa fase ci si
occupa di definire una piattaforma di offerta in grado di attirare le preferenze della domanda, ma
anche sulla sua accessibilità ai consumatori finali.
Il marketing si occupa di gestire anche tutte le problematiche e le decisioni tra i diversi fattori della
filiera distributiva, detto anche trade marketing, al fine di instaurare logiche di cooperazione tra
l’impresa di produzione e gli attori del canale distributivo.
Nei mercati odierni il canale distributivo costituisce sempre di più il vettore non solo dei flussi fisici
propri del trasferimento di merci nel tempo e nello spazio, ma anche dei flussi relazionali tra i
diversi attori della filiera.
Il marketing trade è un network organizzato di imprese e istituzioni che in combinazione, svolgono
tutte le funzioni richieste per collegare i produttori con i consumatori al fine di raggiungere gli
obbiettivi di marketing. Quindi si individua una triplice valenza di distribuzione fisica,
comunicazione e di raccolta delle informazioni.
I canali distributivi sono a loro volta formati da imprese, che appartengono al settore della
distribuzione commerciale con diversi ambiti di autonomia e forti capacità negoziali in grado di
determinare in determinate circostanze il successo o il fallimento delle iniziative di marketing
dell’impresa industriale.
La dimensione della distribuzione attraverso canali predisposti e gestiti dall’impresa assume
valenza strategica perché concorre attivamente alla creazione di valore sotto il duplice profilo

103
dell’efficacia e dell’efficienza; occorre però porre molta attenzione nella definizione delle politiche
distributive, dal momento che queste:

• Implicano l’allineamento strategico e operativo di una pluralità di soggetti anche


economicamente indipendenti e spesso caratterizzati da obiettivi divergenti.
• Pongono problemi di rigidità e inerzia rispetto al cambiamento data la struttura del canale.
• Determinano potenziali interferenze tre canali diversi che devono essere opportunamente
considerate.
• Creano una potenziale distanza tra l’impresa e consumatore finale che va colmata dal punto
di vista relazionale.

I distributori non si occupano unicamente della distribuzione fisica del prodotto, ma propongono
altri servizi che riguardano la comunicazione e l’informazione.
Esempio: Esselunga, Auchan, Coop sviluppano la comunicazione per promuovere il prodotto, le
promozioni. Vengono proposti programmi per incentivare alla fedeltà del punto vendita, ad
esempio carta fedeltà.
Una comunicazione che il distributore realizza per incentivare la fedeltà.
Si parla anche di azione di co marketing quando il distributore promuove il prodotto accordandosi
con il produttore.

Per quanto riguarda l’informazione, le informazioni che vengono proposte riguardano le schede
tecniche del prodotto se pensiamo a prodotti tecnologiche.
L’informazione fa riferimento al prodotto e quindi il distributore permette di conoscere meglio il
prodotto che viene proposto nel punto vendita.
Inoltre, le informazioni possono far riferimento a servizi a valore aggiunto, per creare conoscenza
e sostenere la dimensione di community.
Ad esempio, Esselunga propone delle ricette sul sito (cosa è possibile realizzare con i prodotti
Esselunga).

La distribuzione commerciale è un trend in atto: crescente concentrazione del settore (GdO),


processo di internalizzazione, logiche di innovazione distributive, attenzione alla sostenibilità e
aumento del potere sulle imprese da parte della grande distribuzione.

I soggetti:

• Intermediari commerciali: (grossista e dettagliante) essi acquistano i prodotti dai produttori,


nonché il relativo titolo di proprietà e li rivendono con un margine superiore ai clienti finali.
Rappresentano i canali distributivi, alcune tipologie di intermediari commerciali e sono
appunto i grossisti, che acquistano le proprietà e le rivendono al dettaglio, dettaglianti, che
vendono direttamente al consumatore finale, come i venditori online e discount alimentari
e società commerciali di servizi, che assistono le imprese in funzioni e fasi di verse della
distribuzione.

• Venditori: (reti di vendita) essi negoziano i prodotti per conto dei produttori, ma non ne
assumono il diritto di proprietà, sono cioè le persone di cui i produttori si servono per
aggiungere e vendere i loro prodotti ai distributori. Rappresentano il sales management

104
La formulazione della strategia distributiva dell’impresa industriale o di produzione si articola in 3
substrategie:

• Le scelte e la gestione dei canali distributivi: in questa fase è necessario effettuare un’analisi
delle esigenze dei consumatori in termini di servizio commerciale, funzionale al
trasferimento di valore. L’analisi della struttura dei bisogni legata al comportamento di
acquisto dei consumatori e prevede due dimensioni, che influenzano la scelta dei canali
distributivi:
o Qualitativa: legata alla definizione del livello di servizio commerciale atteso, dei
servizi integrativi e complementari, della rilevanza dell’atmosfera del punto di vista.
o Quantitativa: legata alla varietà della proposta commerciale (in termini di ampiezza
e profondità dell’assortimento), ai tempi di raggiungimento del luogo di acquisto, i
tempi di attesa per giungere in possesso del prodotto.

Inoltre, l’impresa ha il compito di stimare efficacemente il valore del servizio offerto


acquisendo ed elaborando le informazioni necessarie per comprendere le esigenze
specifiche della clientela.

• Le scelte relative alla logistica: si attuano in funzione della soddisfazione per il cliente,
queste scelte devono tenere conto della capacità dell’impresa, dalla possibilità dei
distributori di assumersi oneri logistici e infine dall’esistenza di supporti di marketing per
l’impresa e per il cliente.

• Le scelte di organizzazione interna: ovvero alle decisioni della struttura e di gestione delle
reti di vendita, inoltre queste scelte devono tenere conto dell’assetto organizzativo di
marketing per l’impresa e la sua struttura organizzativa e le politiche di gestione del
personale e le esigenze espresse dal cliente.

Nella definizione della strategia distributiva occorre tenere in considerazione i potenziai vincoli
legati ai diversi elementi che si manifestano nel contesto in cui opera l’impresa. In questo senso si
distinguerà tra fattori esogeni e fattori endogeni all’impresa:

• Endogeni:
o Prodotto: le caratteristiche del prodotto (tangibili e intangibili) devono essere
considerate nella definizione delle politiche distributive.
o Impresa: la dimensione economica rappresenta un aspetto di rilevo nella definizione
degli obbietti a cui si riconducono le scelte distirbutive.

• Esogeni:
o Fattori ambientali: le situazioni economiche, le norme, i cambiamenti demografici,
le evoluzioni socioculturali in termini di comportamento d’acquisto, le innovazioni
tecnologiche;
o Fattori legati alla domanda: ampiezza del mercato, la sua disposizione e dispersione,
la sua concertazione geografica, i modelli di acquisto della domanda specifica, la
propensione all’uso di nuovi canali;
o Fattori legati alla concorrenza: i comportamenti della concorrenza influenza le
decisioni di marketing manager che deve valutare sia il numero che la quota di

105
mercato dei concorrenti. Un obbiettivo correlato potrebbe essere rappresentato
dalla ricerca di nuovi spazi di opportunità scarsamente o non ancora presidiati dalla
concorrenza.
o Fattori legati alle caratteristiche dell’intermediario: il posizionamento, il mercato
servito, la tipologia dei servizi offerti, le specialità dell’assortimento, il potere
contrattuale dell’intermediario.

Le alternative strategiche alla base delle scelte distributive sono essenzialmente 3 e si adottano a
seconda dei vantaggi e degli svantaggi ad esse associate:

• Logiche di approccio al mercato:


o Strategia pull: Consiste nel coinvolgere direttamente il mercato attraverso attività di
comunicazione e promozione appropriate rivolte al cliente finale, affinché sia il
mercato a sollecitare la presenza del prodotto all’interno dei punti vendita.
L’obbiettivo di questa strategia è il ridimensionamento del potere contrattuale del
distributore e il rafforzamento del legame tra brand e mercato.
Si ha più autonomia per l’impresa nel trade con strumenti per promuovere i
prodotti e non sulla distribuzione, quindi l’impresa grazie ad un lavoro di brand
awareness ha più forza contrattuale sul distributore, disattendendo gli sforzi con il
distributore.
o Strategia push: imposta le logiche di marketing in un orientamento B2B ma sempre
collegata al consumatore. Consiste in un approccio finalizzato ad enfatizzare il ruolo
dell’intermediario nell’azione commerciale verso il cliente finale. Riguarda tutte
quelle politiche di marketing volte ad esercitare una pressione comunicazionale e
promozionale rivolta verso il soggetto strategico della filiera. Alla luce della
comunicazione e degli incentivi rivolti al trade, l’intermediario mostrerà una
maggiore disponibilità a inserire il prodotto in assortimento. L’impresa al contempo
cercherà di ridurre i potenziali conflitti con l’intermediario. Focus sul cliente, quindi
l’impresa si concentra di più sulla comunicazione con il distributore (provigioni)

• Intensità della distribuzione: prevede tre alternative decrescenti in termini di pressione


distributiva esercitata:
o Distribuzione: come le FMGC, l’obbiettivo è la presenza capillare sul mercato in
modo da consentire un accesso al prodotto il più ampio possibile alle diverse
categorie di clientela. L’impresa intende collocare il prodotto nel maggior numero
possibile di punti vendita trattanti una certa categoria merceologica, mirando ad
ottenere quindi un’altra copertura. Questa strategia è diffusa tra le aziende che
vendono prodotti di largo consumo con livelli di differenziazione scarsi. I consumatori
cercano prodotti facilmente acquistabili altamente reperibili, poiché l’impresa
garabtisce una soglia standard di qualità indipendentemente dal punto vendita.
(esempio Barilla e Cocacola)

o Distribuzione selettiva: come fashion, cosmesi e auto (franchising stessa qualità di


servizio assicurata in tutti i luoghi). Il prodotto presenta elementi di differenziazione
sul mercato, non accessibile su larga scala. La selezione dei punti vendita può
avvenire secondo diversi criteri: dimensione, localizzazione geografica, l’immagine.
Questa strategia garantisce comunque una buona copertura del mercato con costi
inferiori e un grado di controllo accettabile.

106
o Distribuzione esclusiva: come marche di lusso, gli elementi di specificità son elevati,
si tratta infatti di prodotti di lusso, beni ad alto contenuto tecnologico. La selezione
dei punti vendita è estrema. L’obbiettivo è lo sviluppo di intermediari in grado di
relazionarsi con il consumatore in modo avanzato. La distribuzione esclusiva si
caratterizza per l’instaurarsi di una relazione molto forte tra l’impresa e i negozi
esclusivisti. Nonostante la copertura del mercato e la capillarità logistica risultino
limitate, si riesce ad ottenere maggiore qualità nei tempi di consegna, modalità di
movimentazione delle merci, ecc.

• Copertura distributiva desiderata: si intende la numerosità degli stadi sul mercato e il


numero di intermediari coinvolti, essi possono essere:
o Canale diretto: in cui si sviluppa un contatto immediato tra impresa industriale e
consumatore finale. I canali sono di proprietà della società (esempio Avon).
o Canale breve: in cui la funzione commerciale è esternalizzata, e prevede il
coinvolgimento nel canale di un attore autonomo. Questo coinvolgimento può
consentire all’impresa di facilitare l’attività distributiva, dove il produttore tramite un
dettagliante raggiunge direttamente il consumatore (esempio Barilla).
o Canale lungo: lungo a 2 stadi e lungo a 3 stadi, c’è il rischio di perdere il controllo sul
canale di distribuzione. Meno costi fissi e più costi variabili. Prevede la presenza di
almeno due livelli di intermediazione (grossista e dettagliante). Consente di ridurre i
costi di logistica, aumentare la velocità del servizio. (esempio: case farmaceutiche dal
grossista al dettagliante o farmacia per poi arrivare al consumatore).

107
La scelta del canale più idoneo è fortemente influenzata dalla struttura del settore dalle
caratteristiche del mercato e dal livello di concentrazione / frammentazione. Le imprese che
operano in mercati statici possono optare più facilmente per canali lunghi mentre coloro che
agiscono i mercati dinamici sono spesso forzati è una scelta di un canale diretto / breve.
L’adozione di un canale di distribuzione per via della dinamicità e della complessità del mercato
non può mai considerarsi totalmente definitiva. Occorre infatti una revisione periodica delle scelte
compiute per verificarne l’attualità, l’efficacia e l’efficienza complessive. Nello specifico:

• Consumer marketing: si occupa in prevalenza delle decisioni relative al binomio prodotto -


consumatore finale.

• Trade marketing: si occupa dei compiti di gestione strategica dei rapporti con i distributori
commerciali e dei relativi servizi da questi veicolati al mercato.

Le scelte e latina e distributori commerciali sono di importanza cruciale dal momento che quanto
più elevato il numero l’intensità e la qualità delle funzioni assolte elevato, tanto maggiore è la
centralità e il potere che la distribuzione commerciale acquisisce. Vi sono alcune dinamiche che
rappresentano gli attuali trend privilegiati della distribuzione commerciale:

• Crescente concentrazione di settore: il sistema distributivo mostra segni evidenti di


un’intensa evoluzione verso una maggiore concentrazione. Cioè dovuto all’innalzarsi
progressivo di importanti barriere all’entrata e alla mobilità, soprattutto di natura
commerciale. Oggi gestire un punto vendita necessita di un know how sempre più sofisticato
e non facilmente disponibile. Le imprese non più in grado di stare al passo con l’evoluzione
o vengono assorbite in modo progressivo o sono escluse dal mercato, facendo aumentare la
concentrazione.

• Processo di internazionalizzazione: che sempre più conta le imprese della distribuzione: le


imprese appartenenti a sistemi di distribuzione nazionali più evoluti vedono
nell’esportazione un interessante modalità di sviluppo a scapito dei sistemi distributivi
nazionali più arretrati. Le ragioni di questo fenomeno sono:
o Motivazioni di contesto a carattere speciale: l’emergere di nuovi stili di vita,
l’evoluzione dell’ICT e la creazione di zone di libero scambio sempre più ampie e
integrate al loro interno.
o Motivazioni specifiche delle singole imprese: distinguibili in:

108
Tipo reattivo: Tasso di crescita della popolazione stagnante o in calo,
saturazione del mercato domestico, alta competizione e calo della redditività.
I presupposti di partenza sono già elementi da cui possiamo derivare
condizioni potenzialmente non favorevoli al processo.
Tipo proattivo: offerta forte e ben differenziata, potenziale internazionale
dell’insegna, acquisizione di know how specifico. Le condizioni di partenza
sono più favorevoli al positivo sviluppo del processo stesso.

• Logiche dell’innovazione: oggi il settore commerciale rappresenta uno dei motori


dell’innovazione gestionale è uno stimolo al progresso delle imprese e dei mercati. Il cliente
viene acquisito agendo sulla leva della convenienza economica, ma lo si mantiene in
portafoglio solo garantendogli un contenuto sempre maggiore di servizi a valore aggiunto.
Una volta conquistato il cliente, l’impresa è però costretta ad assecondare le richieste di
maggiore servizio espresse dal consumatore e ciò produce un incremento dell’offerta ma
anche un aumento dei prezzi di vendita. La conseguenza naturale è che i clienti rimangano
fedeli al distributore, ma poi a fronte di nuove offerte sul mercato con un buon livello di
prezzo/servizio alcuni di essi, si spostino altrove in modo graduale. Quindi, si aprono di
continuo nuove aree d'offerta dal basso che però tendono nel tempo a riposizionarsi verso
l'alto (wheel of retailing strategy).

• Sostenibilità: intesa come la capacità di per seguire nel tempo obiettivi economici,
focalizzando l'attenzione sul rispetto delle risorse ambientali e sociali disponibili. La
sostenibilità deve riferirsi a tutta la catena di soggetti interconnessi tra loro nell'ambito del
ciclo produzione-distribuzione-consumo implicando una prospettiva di analisi che deve
estendersi alla filiera nella sua globalità.

Valutazione delle alternative distributive:

• Livello di controllo di mercato: tanto più intensa la concorrenza tanto più è maggiore il
livello di instabilità del mercato e quanto più dinamiche sono le esigenze dei clienti intermedi
e finali tanto maggiore è la necessità per l’impresa industriale di esercitare un certo livello di
controllo del mercato. Il controllo avviene acquisendo di continuo informazioni sul
sull’evoluzione qualitativa e quantitativa della domanda e della concorrenza e formulando
politiche di marketing e di vendita che esercitano una certa pressione positiva sui clienti
intermedi e quindi sul Trade. La capacità di controllare il mercato È influenzata dalle modalità
di scelta e di gestione dei canali di vendita ed alle decisioni logistiche e della rete di vendita.
Analogamente il ciclo logistico risulterà tanto più controllato quanto maggiore sarà la
possibilità di monitoraggio del mercato: depositi, centri di distribuzione e trasporti,
dovranno quindi essere gestiti per via diretta dall’impresa.

• Capacità di adattamento del canale distributivo: la capacità del canale di adeguarsi alle
dinamiche del contesto ha acquisito in tempi recenti una valenza critica in relazione alla
crescente complessità della domanda. La necessità per le imprese in termini di sostenibilità
è sempre più quella di sopravvivere in presenza di scenari mutevoli, adeguandosi o
anticipando il cambiamento nel rispetto degli obiettivi generali di performance. Quindi la

109
scelta distributiva, si concentrerà sull’alternativa di canale o di combinazioni di canali che
meglio consentirà di assicurare una rapida ed efficace capacità di flessibilità in funzione dei
mutamenti del mercato.

• La dimensione economica delle scelte distributive e valutazione economica dei canali:


L’entità dei costi di distribuzione è la diretta conseguenza delle scelte prese in merito alla
flessibilità distributiva e alla volontà di controllo del mercato. Quanto maggiore sarà il
numero e l’articolazione dei canali che si utilizzeranno tanto più numerosi saranno i punti di
vendita così come sarà più elevata la consistenza numerica della forza di vendita e degli
apparati logistici, tutti elementi che incidono sui costi. Quindi un maggiore controllo
comporta una maggiore vicinanza di conseguenza costi fissi più elevati. Il livello di controllo
del mercato non agisce sull’ammontare complessivo dei costi, ma anche sulla loro
variabilità.
Fine sia la flessibilità distributiva sia il controllo del mercato determinano anche livelli di
ricavi di vendita diversi per cui le scelte riguardanti questi aspetti vengono compiute in
relazione ai margini che ciascuna di esse è in grado di garantire all’impresa:
o Caso canali diretti: presenta un profilo di rischio più elevato connesso alle variazioni
dei volumi. Per volumi di vendita contenuti le perdite saranno maggiori rispetto sia il
canale breve sia il canale lungo, mentre corrispondentemente per volumi elevati i
profitti saranno superiori.
o Caso canali indiretti (breve e lungo): l’aumento del numero degli stadi si traduce in
una riduzione dei costi fissi ma non necessariamente in un incremento dei profitti
che dipende dai volumi venduti.

I sistemi verticali di marketing:


Il canale di distribuzione è un sistema verticale per il cui coordinamento e armonizzazione
assumono grande rilevanza le dinamiche relazionali e di interazione tra i soggetti della filiera

110
distributiva. In questa prospettiva, si distinguono tre tipologie fondamentali di Sistemi di
Marketing Verticale:

• SVM aziendale:(adottato ad esempio da Luxottica) l'impresa svolge direttamente tutte le


fasi successive alla produzione e sviluppa le attività di commercializzazione attraverso la
creazione di una rete distributiva di proprietà;

• SVM contrattuali:(adottato ad esempio da Yamamay) rappresentano il risultato di


operazioni di aggregazione associativa tra imprese indipendenti. Le imprese che fanno parte
del canale attivano una strategia di collaborazione all'interno della filiera distributiva al fine
di fronteggiare le pressioni competitive del mercato. Sotto il profilo strutturale, si
costruiscono su una base contrattuale, come il franchising, configurandosi come reti di
imprese con tutti i vantaggi che questa forma implica sia in termini di costi che di flessibilità.
Ne sono un esempio le Unioni Volontarie promosse dai grossisti come Selex, Cooperative di
dettaglianti come Coop, Gruppi di acquisto promossi dai dettaglianti come Conad.

• SVM amministrativi: (adottato ad esempio da Walmart) sono caratterizzati dalla presenza


di un soggetto del canale che accentra su di se stesso il controllo della filiera distributiva, ma
si tratta di un controllo che deriva dal riconoscimento da parte degli altri attori di una
posizione dominante connessa all'esercizio di un potere strategico di indirizzo del canale
stesso.

La gestione della conflittualità degli attori del settore distributivo:


L’esistenza di diverse alternative nelle politiche di distribuzione può dar luogo a una certa
conflittualità tra gli attori del canale che, degenerando, possono compromettere le buone
relazioni tra imprese e mercato finale. I conflitti che possono manifestarsi lungo il canale sono di
tre tipi:

• Orizzontali: tra imprese distributrici appartenenti alla stessa forma distributiva;

• Verticali: lungo il canale distributivo;

• Trasversali: tra diversi canali e/o diverse forme distributive. Ad esempio, tra punti di vendita
tradizionali e supermercati. Questa tipologia di conflitto può divenire pericolosa per
l'impresa qualora la sua politica distributiva la induca a collocare il medesimo prodotto in
più canali distributivi in aperto conflitto tra loro. Può capitare che un prodotto venga
venduto a condizioni diverse in differenti punti vendita, costituendo un motivo di conflitto.
È importante che le politiche di vendita siano improntate al massimo equilibrio, chiarezza e
trasparenza.

Tra le cause più comuni che possono dar luogo al conflitto vi sono:

• Incompatibilità degli obiettivi: determina comportamenti tra gli attori del canale
potenzialmente dissonanti con effetti fuorvianti nei confronti del cliente finale e con
impatto sull’efficacia e l’efficienza delle azioni predisposte dal produttore;

• Non congruenza delle percezioni: determinata da interpretazioni discordanti da parte dei

111
diversi membri del canale delle dinamiche del contesto ambientale. Le strategie e le politiche
poste in essere dagli attori del canale risultano determinate da presupposti differenti e
saranno quindi potenzialmente orientate in direzioni eterogenee;

• Non accordo sulla posizione dominante: si accende la lotta per la supremazia in termini di
potere da parte dei diversi soggetti della filiera distributiva.

Dalla scelta del canale di marketing al trade marketing:


Gli sforzi commerciali e di comunicazione dei produttori possono essere vanificati da un non
appropriata traduzione in politiche (di assortimento, esposizione in punto vendita, di pricing) da
parte del distributore.
La dimensione collaborativa diviene sempre più imprescindibile al fine di accrescere l’efficienza della
filiera e il valore creato per il cliente. La nascita e l’affermazione del trade marketing è la
dimostrazione della necessità di gestire i rapporti con il trade in una logica di sistema.
Il trade marketing si definisce come l’insieme delle strategie e degli strumenti di marketing utilizzati
dalle imprese industriali nel porsi in relazione con le imprese commerciali.
Il trade marketing rappresenta un’innovazione nella cultura d’impresa che riconosce nel distributore
un interlocutore in grado di sviluppare preferenze nei confronti delle proposte industriali, nonché
di gestire quest’ultime con politiche originali. La distribuzione diviene soggetto del processo di
marketing.
Le imprese giungono, in genere, a formulare politiche di marketing parallele: una parte è indirizzata
direttamente al consumatore finale (consumer marketing), mentre l’altra ha come obiettivo
primario le imprese della distribuzione (trade marketing) pur non dimenticando che l’obiettivo
ultimo rimane comunque il consumatore finale. In questo senso si può parlare di marketing al trade
(prospettiva push in cui l’esigenza di formulazione della politica di marketing ad hoc è finalizzata alla
gestione dei rapporti con la distribuzione, e di marketing attraverso il trade (prospettiva pull dove
la distribuzione non è importante) pone enfasi sul fatto che se non riesce a “passare attraverso” il
trade, non si raggiungerà mai il consumatore finale. Il trade marketing sono le politiche e i servizi
nel rapporto tra l’impresa produttrice e i punti vendita / distributori, dove i rapporti sono
contrattuali e in un ottico Efficient Consumer Response (ECR).
Ecco allora la necessità di gestire i rapporti con il trade anche per far sì che le politiche di marketing
arrivino “fisicamente” al mercato. Si pensi, per esempio, quali difficoltà incontrerebbero le iniziative
di promozione delle vendite se non fossero condivise con il distributore.
L’attuazione di una politica di trade marketing si concretizza in una serie di politiche che hanno lo
scopo di gestire le diverse aree su cui si fonda la relazione con la distribuzione. Esse trovano
coerenza nel cosiddetto trade marketing mix:

• Prodotto: la politica di prodotto rivolta al trade può assumere due orientamenti:


o Può comportare un adattamento del prodotto dell’impresa industriale in termini di
confezione e imballaggio. Il nome della marca rimane dell’impresa industriale,
trattandosi di forme di collaborazione tra impresa industriale e commerciale che non
comporta alcuna visibilità al consumatore finale.
o Disponibilità dell’industria a produrre per conto dell’impresa commerciale. Alla
marca del produttore si sostituisce/affianca quella dell’impresa commerciale. La
congiunzione delle due marche può avvenire solo in presenza di una
fortecondivisione strategica di obiettivi e comportamenti sul mercato.

112
• Assistenza pre e post-vendita e merchandising: l’assistenza tecnica e commerciale che può
spingersi fino al piano manageriale delle decisioni, riguarda principalmente lo sviluppo di
campagne promozionali e pubblicitarie. Per quanto attiene al merchandising, ovvero le
diverse forme di presentazione dei prodotti nei punti vendita, è frequente che l’impresa
industriale fornisca attrezzature e know-how che possa consentire all’impresa commerciale
una migliore disposizione dei prodotti nel punto vendita.

• Prezzi e condizioni economiche: i diversi prezzi praticati al grossista, dettagliante,


consumatore definiscono i margini di intermediazione commerciale. Alle politiche di prezzo
si associano le condizioni di vendita, pagamento e sconto, le cui combinazioni consentono
un’effettiva personalizzazione delle condizioni economiche praticate agli intermediari
commerciali.

• Comunicazione di marketing: spesso l’impresa industriale attua politiche di comunicazione


indirizzate in modo specifico al trade con la pubblicità tabellare collocata soprattutto su
riviste specializzate. In altri casi, la comunicazione pubblicitaria ha come target il
consumatore finale pur andando indirettamente a beneficio del trade. Si pensi alle
campagne pubblicitarie che accanto alla presentazione del prodotto, propongono l’elenco
dei punti vendita in cui può essere acquistato.

• Logistica: è determinante sia perché genera costi notevoli, sia perché offre un servizio molto
importante tanto al trade quanto al consumatore finale, in termini di velocità e puntualità
delle consegne, pronta disponibilità delle merci e assenza di rotture di stock.

La gestione operativa e del prodotto in base al ciclo di vita:


Nella fase di lancio/introduzione utilizzerò una politica orientata all’esclusività del punto vendita,
per acquisire inizialmente gli innovatori o pionieri non basta sui grandi numeri.
Nella fase di crescita e di maturità utilizzerò una politica orientata alla distribuzione intensiva e/o
selettiva. In una fase di mercato calante / declino escludo i punti vendita meno profittevoli anche s
emi garantivano più controllo.

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Gli indicatori di efficienza ed efficacia distributiva:
La politica dei canali deve innanzitutto garantire all’impresa il raggiungimento di adeguati volumi di
vendita. In secondo luogo, i canali utilizzati dall’impresa dovrebbero consentirle una certa capacità
di controllo della quota di mercato. In questa prospettiva risultano fondamentali le scelte degli
sbocchi di vendita, nei quali commerciare il prodotto. A supporto di tali decisioni in tema di sbocchi
distributivi ritroviamo le indicazioni desumibili dalla scomposizione della quota di mercato a livello
retail. Dove:

QM = indice di penetrazione * indice di copertura ponderata

Dove:
• indice di penetrazione: percentuale delle vendite di una determinata marca/quantità totali
di prodotto dello stesso genere acquistate dai clienti (distributori) dell'impresa;
• indice di copertura ponderata: acquisti totali di un prodotto di un determinato tipo
effettuati dalla clientela (distributori) dell'impresa/vendite complessive del prodotto nel
mercato di riferimento.

Un basso indice di copertura ponderata rispetto agli obiettivi dell’impresa richiede interventi sulla
selezione della clientela, aumentandone la dimensione media; il miglioramento dell’indice di
penetrazione rispetto agli obiettivi prefissati richiede che l’impresa si ponga l’obiettivo di migliorare
il grado di accettazione del prodotto, intervenendo con adeguate azioni di marketing rivolte alla
clientela commerciale.
Le politiche di gestione dei canali distributivi si basano, soprattutto, sul definire puntualmente gli
obbiettivi concreti che si cerca di raggiungere, le scelte degli sbocchi e i processi di selezione e
controllo degli intermediari e di scegliere e controllare i canali o punti vendita idonei in modo da
ottenere un buon controllo sulla quota di mercato (ottenibile spesso con una politica multicanale),
tenendo conto dei risultati economici e finanziaria derivanti dalla gestione operativa dei canali.

La dimensione della logistica nelle politiche distributive (distribuzione fisica del prodotto), aspetto
sempre più fondamentale per la soddisfazione del cliente. Questo aspetto raccoglie tutti fattori di:
previsione, pianificazione, gestione e controllo sia del flusso fisico dei prodotti sia dei servizi e delle
informazioni correlate, non solo dal punto di vista del risultato economico (Clog).

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SALES MANAGEMENT:

Si presenta nella fase decisionale operativa (Le politiche e le relazioni con il venditore e il cliente).
Le vendite sono un anello di congiunzione indispensabile tra l’impresa e i suoi clienti.
Le decisioni che riguardano il sales management attengono essenzialmente a tre aspetti: struttura
della rete di vendita, modalità di gestione della rete di vendita, ruolo e compiti del venditore.
Le scelte della struttura della rete di vendita (tipologia e numerosità) e i suoi sistemi di gestione
(addestramento, remunerazione, incentivazione e controllo) derivano dalla struttura dei mercati e
dalle strategie distributive dell’impresa.

Gli obbiettivi del sales management:


• Ascoltare il cliente in modo propositivo
• Contribuire alla creazione di valore
• Descrivere prodotti /servizi in modo accurato e veritiero evitando tattiche manipolatorie
• Costruire relazioni durature con i clienti basate sulla fiducia e fedeltà.

La figura che riveste il sales management è il sales manager: che fa riferimento alle gestioni delle
relazioni tra rappresentati dell’azienda e intermediari commerciali, ma anche relazioni B2B
(imprese con imprese clienti), in particolare:
• Responsabile delle vendite
• Definisce il piano commerciale dell’azienda
• Definisce gli obiettivi e le strategie per raggiungere gli obiettivi  Predispone il team di
vendita (selezione)
• Supervisione costante dei venditori
• Sales reporting (redazione reportistica che raccolga dati quantitativi per permettere alla
direzione generale di disporre di un piano di incentivi per il sales management)

Le competenze (Competenze hard & Competenze soft) di un sale manager sono:


• Attenzione al cambiamento
• Prevedere la tendenza Flessibilità
• Capacità manageriali e organizzative
• Abilità di analisi e decisionali
• Problem solving

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• Team working
• Consulenza (approccio olistico)

L’area commerciale è un anello che permette all’impresa di sviluppare relazioni significative con
altre imprese (prospettive be to be).

Il ruolo e i compiti del venditore devono essere sviluppati in coerenza con le politiche di marketing
dell’impresa.
Al venditore si chiede di sviluppare una relazione continuativa con il cliente, di comprenderne le
esigenze, di trasmettere le capacità dell’impresa e di fornire le informazioni necessarie al continuo
adattamento dell’impresa al mercato. Il sales manager ha una posizione fondamentale nel rapporto
impresa-mercato. E inoltre svolge una funzione fondamentale in termini di marketing relazionale.
Le vendite sono quindi un anello di congiunzione tra l’impresa e i suoi clienti.
Dal punto di vista organizzativo è evidente che tanto più sono suddivise e separate le responsabilità
tra il marketing di prodotto (product e brand management) e il marketing di canale (trade
marketing management, key account management e sales management) tanto maggiore risulta
essere la difficoltà d’integrazione inter-funzionale. Anche se le due funzioni hanno gli stessi
obbiettivi, la cultura e la formazione stessa di chi opera sono molto diverse (too desk o too field).

La struttura della rete di vendita è costituita dall’insieme del personale incaricato della vendita dei
prodotti dell'impresa. Al personale è demandato il compito di gestire capillarmente i rapporti con i
singoli clienti e di intrattenere politiche di marketing relazioni con il cliente. Le scelte che riguardano
la struttura della rete di vendita (tipologia e numerosità) e i suoi sistemi di gestione (addestramento,
remunerazione, incentivazione e controllo) derivano dalla struttura dei mercati e dalle strategie
distributive dell'impresa. Una prima decisione fondamentale riguarda il tipo di rete di vendita.
L'impresa decide tra:
• Rete diretta: formata da personale alle dirette dipendenze dell'impresa;
• Rete indiretta: formata da personale legato all'impresa anche in modo stabile, ma da un
contratto di lavoro autonomo, possono essere:
o Incarichi monomandatari (sono affidabili come i venditori diretti poiché il loro profitto
è legato alla impresa mandante).
o Incarichi plurimandatari (meno affidabili).
• Rete mista: composta in parte da personale dipendente, in parte da personale autonomo.
Il criterio di scelta della rete è in funzione della struttura dei costi dell’impresa (criterio economico)
e alle capacità delle differenti tipologie di reti di vendite anche in relazione all’idoneità /
complementarietà per il cliente (criterio funzionale):

• Criterio economico: In una rete di vendita diretta prevalgono i costi fissi, I venditori alle dirette
dipendenze dell’impresa vengono remunerati con uno stipendio fisso, al quale si aggiungono
oneri relativi alle diverse contribuzioni sociali e assicurative, inoltre di norma si aggiunge una
componente variabile legata ai risultati di vendita ottenuti.
In una rete indiretta prevalgono quelli variabili, ciò dipende soprattutto dal tipo di
remunerazione. I venditori autonomi vengono remunerati quasi esclusivamente in base ai
risultati di vendita ottenuti, con una provvigione, cioè una percentuale del fatturato che
generano, quindi costi prevalentemente variabili.
Inoltre, è bene considerare che in una rete diretta si hanno costi di struttura interna sono più
alti, poiché quando si internalizza la distribuzione, l’impresa deve garantire altri costi per i
venditori alle dirette dipendenze (addestramento, formazione e contributi sociali).

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La composizione dei costi permette di definire aree di convenienze per le varie tipologie di reti
di distribuzione:

Per volumi di vendita inferiori al punto A conviene una rete indiretta, per volumi superiore al
punto conviene una rete diretta. Inoltre, una scelta di rete deve tenere conto anche dei costi
di transizione (costi di gestione, coordinamento e controllo) e bisonga considerare possibili
comportamenti opportunistici della rete di distribuzione indiretta.
Nel punto A i costi della rete indiretta sono uguali ai costi della rete diretta

• Criterio funzionale: La scelta della rete si basa anche su decisioni e necessità di mercato,
orientate al cliente, di carattere tecnico, funzionale e commerciale. Quindi la scelta della rete
dipende anche dalle caratteristiche del cliente, del prodotto, la concorrenza e sevizi pre e post-
vendita.
È preferibile utilizzare una rete diretta quando si ha che fare con impianti o macchinari assai
complessi o prodotti che molto coinvolgono il cliente a livello psicologico, che dal primo
contatto alla firma del contratto di vendita passino mesi e che siano coinvolte a diverso titolo
differenti persone dell’impresa (funzioni di ricerca, progettazione e finanziarie).
Bisogna tenere conto anche della numerosità degli addetti alle vendite, quindi l’articolazione
e la dimensione della rete di vendita, anche in questo caso si può decidere in base ad un
confronto tra costi ed efficacia tra costi poiché alla numerosità. Si accompagna un migliore
servizio alla clientela in quanto aumentano la capillarità e le occasioni di contatto con la
clientela. Il numero dei venditori necessari in una determinata zona di vendita può essere
calcolato mettendo a confronto le esigenze di visita alla clientela con la capacità di eseguire da
parte di ciascun venditore, tenendo conto però che il numero di visite necessarie per cliente è
diverso in relazione alle esigenze dei singoli acquirenti.
Un ulteriore elemento di decisione riguarda la specializzazione dei venditori e della rete di
vendita al fine di avvicinare nel miglior modo possibile le competenze della rete di vendita alle
esigenze dei clienti la specializzazione della rete può avere i seguenti riferimenti:
o Per prodotto: opportuna quando le caratteristiche tecniche dei prodotti venduti
risultano particolarmente sofisticati e complesse e necessitano quindi di competenze
specifiche

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o Per clienti: opportuna quando le esigenze e i comportamenti d’acquisto e di utilizzo dei
clienti siano particolarmente differenziati.
o Per zone geografiche: opportuna quando ci sono esigenze di specializzazione legate al
territorio quindi l’allocazione della forza diventa in base alle zone geografiche viene di
solito preferita soprattutto quando non vi sono particolari esigenze di specializzazione
per prodotti per clienti.

Le modalità di gestione della rete di vendita riguardano in particolare quattro aree:

• Remunerazione: sono diversi tra rete diretta (determinano l’insorgere di costi fissi) e rete
indiretta (determinano l’insorgere di costi variabili, in proporzione al fatturato, incentivi).
• Incentivazione: la componente della remunerazione funge da incentivo affinché i venditori
raggiungano i risultati prefissati dall'impresa. In aggiunta a questi possono essere inseriti premi
di vendita, bonus, ecc.;
• Valutazione: si generano informazioni necessarie a rendere operative le modalità di
incentivazione e previsioni future. E' preferibile utilizzare più parametri di valutazione in modo
da calcolare le performance di vendita.
• Controllo della rete di vendita: è una dimensione fondamentale per conoscere le performance
di vendita, generando al contempo informazioni necessarie per rendere operative le modalità
di incentivazione. I sistemi di valutazione e controllo della rete di vendita prendono spunto
dalle previsioni di vendita dei venditori che vengono incrociate con gli obiettivi di vendita
dell’impresa. Le previsioni dei venditori soffrono di una soggettività interessata, nel senso che
il venditore può essere indotto a fornire una previsione più contenuta del reale, superando gli
obiettivi posti dall’impresa e accedendo così a premi che diversamente non avrebbe ottenuto.
Le previsioni dei venditori devono quindi essere verificate e ponderata in funzione di parametri
oggettivi, quali le vendite degli anni passati, ricerche di mercato ecc. Dal confronto tra obiettivi
e risultati si ottengono gli indicatori di performance utilizzabili come riferimento per
l’assegnazione degli incentivi e premi. Un altro strumento di verifica della performance di
vendita è l’analisi del portafoglio clienti: si collocano i clienti in una matrice verificandone la
posizione di alcune variabili come volume di acquisti, marginalità per l’impresa, tasso di
crescita delle vendite ecc. Nei mercati B2B, è significativa la consistenza del portafoglio ordini,
dal quale si può desumere la stabilità nel tempo delle vendite e, di conseguenza, della
produzione.

La numerosità dei punti vendita serve per stimare il numero di venditori necessari e si può utilizzare
il metodo del carico di lavoro:
Esempio:
Data la seguente composizione di punti vendita e la necessità di presidio dei punti vendita indicati
nella tabella, si ipotizza che ciascun venditore sia in grado di effettuare circa 100 visite l’anno.
Stimare il numero di venditori di cui avrà bisogno l’impresa:

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Ruolo e i compiti del venditore:
I compiti del venditore vanno al di là della mera vendita del prodotto. La vendita è il risultato finale
di una relazione con il cliente che va costruita, gestita e continuamente rinforzata nel tempo. Il
venditore deve “saper vendere” ma anche “saper gestire la relazione”, queste due peculiarità
consentono al venditore di trasferire al cliente in modo completo le capacità d’offerta
dell’impresa. Il venditore deve essere possedere delle abilità:

• Buone capacità relazionali: soprattutto nei mercati B2B la capacità relazionale del venditore
costituisce una fonte significativa del vantaggio competitivo. La relazione è il risultato di un
processo di interazione che determina diversi livelli di reciproco adattamento e
interdipendenza tra le parti. Mediatore di questo processo è appunto il venditore.

• Essere portavoce delle esigenze dei clienti: alla forza di vendita si richiede la capacità di
intermediazione, il venditore deve farsi portavoce delle esigenze del cliente nei confronti delle
diverse funzioni dell’impresa, e delle capacità dell’impresa nei confronti di clienti attuali a
potenziali. Solo in questo modo si potranno dispiegare le abilità di reciproco adattamento tra
impresa e cliente che rappresentano l’elemento centrale di ogni relazione di business.

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• Dare informazioni ed assistenza ai clienti: il cliente trova nella rete di vendita il primo
interlocutore cui può rivolgersi, chiedendo consigli, informazioni, assistenza e alle volte
addestramento e formazione all’utilizzo dei prodotti.

• Ruolo di “business intelligence”: i continui contatti con i clienti consentono al venditore di


venire a conoscenza delle attività e delle proposte della concorrenza e dell’apprezzamento
espresso dai clienti riguardo offerte e prodotti dei competitors. Si tratta di una fonte di
informazioni di grande importanza da cui trarre indubbi benefici.

LA COMUNICAZIONE DI MARKETING:

La comunicazione di marketing si trova nella fase decisionale operativa.


La comunicazione di marketing è formata da una pluralità di strumenti (pubblicità, promozione delle
vendite, direct mail, web advertising, comunicazione interattiva (nutella with love), ecc.) la cui
combinazione ideale è determinata dalle condizioni dei mercati e dalle politiche di marketing
dell'impresa.
La comunicazione agisce in modo importante sulla domanda modificandone la curva, sulle modalità
concorrenziali, sui rapporti industria-distribuzione e sul costo dei prodotti. Allo stesso tempo, la
comunicazione di marketing agisce sul comportamento delle persone e, più in generale della
società, risulta pertanto necessario riferirsi a un'etica d'impresa per evitare comportamenti non
corretti.
La comunicazione agisce tanto all’interno dell’impresa, quanto nelle relazioni con l’ambiente
esterno. All’interno dell’impresa la comunicazione è l’elemento fondamentale di compattezza e
unitarietà, agisce da “collante”.
Il processo di comunicazione è formato da:
1) Fonte (impresa)
2) Canale

120
3) Messaggio: viene trasmesso attraverso un canale specifico, per poter trasmettere il messaggio
la fonte codifica il contenuto attraverso un linguaggio condiviso con il destinatario (cliente).
4) Destinatario (cliente)
Nel processo di comunicazione intercorrono diversi elementi esterni che vanno a comporre il
cosiddetto rumore, poiché l’azienda non è l’unico ente che manda messaggi sul mercato, ma
bisonga considerare anche i messaggi inviati da altri soggetti, quali i concorrenti che cercano di
attirare l’attenzione del mercato o destinatario. L’azienda può delegare lo sviluppo di campagne di
comunicazione ed agenzie esterne, in particolare quando si hanno aziende di grandi dimensioni.
I fattori di ostacolo sono riassumibili nel termine rumore, in quanto l’impresa emittente non è
l’unica che comunica, ma lo fanno anche i concorrenti. Ai clienti giungono una pluralità di messaggi
provenienti da tante fonti differenti e questo diminuisce l’impatto dello sforzo comunicativo
dell’impresa e di conseguenza l’entità della risposta proveniente dal mercato.

È la parte più visibile del marketing, ma deve essere ancorata a delle solide strategie di marketing.
Una buona comunicazione non può prescindere da segmentazione, targeting e posizionamento.
La relazione tra impresa e mercati si sviluppa, oltre che sul piano fisico (tramite i distributori, la
logistica e la rete vendita), anche attraverso la comunicazione.
La comunicazione è molto importante nell’ambito delle decisioni di impresa e di marketing in
quanto un’impresa di successo deve saper gestire 3 macro-processi per creare valore: innovazione
differenziazione e comunicazione.
La comunicazione agisce tanto all’esterno quanto nelle relazioni interne.
All’interno dell’impresa la comunicazione è un elemento fondamentale di compattezza e di
unitarietà.
Nei rapporti con l’ambiente esterno la comunicazione è vitale in quanto consente all’impresa di
intraprendere e influenzare l’ambiente esterno.
La comunicazione è la modalità attraverso al quale si attiva e si compie il processo di continuo
adattamento tra impresa e mercato e questo genera valore.
La comunicazione verso il mercato genera valore, permettendo all’offerta dell’impresa e all’impresa
stessa di essere conosciute e apprezzate.
Infatti, se il prodotto, le sue caratteristiche e gli elementi che lo differenziano non vengono
comunicati al cliente, il valore che quest’ultimo può percepire si limita alle caratteristiche visibili e

121
questo valore sarà inferiore a quello che il cliente percepirebbe se l’impresa si fosse impegnata a
trasferire la conoscenza e l’immagine al mercato.
La comunicazione crea valore diffondendo nel mercato i significati del prodotto e dell’impressa.
Si definiscono allora quattro aree di comunicazione principali:
• Comunicazione istituzionale e le relazioni esterne: presidiano i rapporti con la pubblica
opinione e con i media, con l’obiettivo di gestione della reputazione complessiva dell'impresa;
Viene sviluppata da parte delle aziende per promuovere la conoscenza del profilo istituzionale
delle aziende. È una comunicazione volta a promuovere i valori dell’impresa. I destinatari sono
diversi stakeholder, diversi portatori di interesse. Presidiano i rapporti con la pubblica
opinione, con il sistema dei media, il cui obiettivo principale è la gestione della reputazione
complessiva dell’impresa.
La comunicazione istituzionale conferisce all’impresa livelli superiori di reputazione che le
consentono di attrarre maggiori risorse dall’ambiente in cui è inserita.
Elevati livelli di reputazione conferiscono alle imprese una superiore attrattività che si
concretizza nella maggiore capacità di attirare risorse da ambiti anche diversi, dal gradimento
della pubblica opinione e dei mezzi di comunicazione (esempio Ubi banca).

• Comunicazione organizzativa o interna: alla quale viene affidato il compito di definire i flussi
di comunicazione indirizzati ai dipendenti e ai collaboratori d’impresa. La comunicazione
interna ha l’obiettivo di costruire un forte senso di coinvolgimento nei confronti dell’impresa
e di presidiare lo sviluppo e il consolidamento dell’identità e della cultura aziendale;
È la comunicazione che vede come destinatari i dipendenti.
Fa riferimento alle relazioni di marketing interno e quindi le relazioni con i dipendenti e
collaboratori. Ha il compito di definire i flussi di comunicazione indirizzati ai dipendenti e
collaboratori.
Consente di ottenere superiori livelli di coesione nell’organizzazione e questo genera maggiore
efficacia ed efficienza del sistema d’impresa.
Gli obiettivi sono:
o Tenere aggiornati il personale, i dipendenti e i collaboratori e quindi informare le
risorse umane e i clienti interni circa lo sviluppo delle strategie interne aziendali, dei
processi produttivi, nuovi progetti.
o Sviluppare un forte senso di coinvolgimento, coinvolgendo maggiormente il personale
(cliente interno) e quindi sviluppare una dimensione di engagement non con il cliente
esterno ma con quello interno.
La finalità è sempre la creazione di valore.
Strumenti di comunicazione per coinvolgere il cliente interno: fornire informazioni attraverso
le riviste interne aziendali e l’equivalente della rivista interna in formato digital e quindi
Intranet aziendale (piattaforma utilizzata esclusivamente dalle risorse umane).
Ad esempio: Honda ha realizzato un’intranet che ha permesso al personale di accedere a dei
corsi di formazione.
Questo consente di sviluppare maggiormente il coinvolgimento del cliente interno non solo
come crescita economica ma anche come crescita personale.
L’IntraNet viene utilizzata anche da realtà di co-working (esempio House Organ).

• Comunicazione finanziaria: a cui spetta il compito di interloquire con la comunità finanziaria,


al fine di favorire il processo di acquisizione delle risorse indispensabili alla gestione
dell'impresa;
I destinatari sono gli investitori, le banche, le assicurazioni.

122
Quindi diverse organizzazioni e investitori sono interessate a conoscere l’andamento
economico- finanziario di un’impresa.
Tra queste organizzazioni dobbiamo citare Business Angel e tutte le organizzazioni legate al
venture capital. Sono organizzazioni che appartengono alla comunità finanziaria che afferisce
a una nuova impresa.
Sono presenti anche venture incubator, ovvero incubatori che decidono di intervenire nel
capitale delle start up come ad esempio H-FARM.
o Gli strumenti sono: valutazione di indici di borsa, bilancio consentono di conoscere
l’andamento economico-finanziario di un’impresa.
o L’obiettivo è quello di far conoscere l’andamento economico-finanziario alla comunità
finanziaria. Ha il compito di interloquire con la comunità finanziaria al fine di favorire il
processo di acquisizione delle risorse indispensabili alla gestione d’impresa.
Agisce positivamente sulle percezioni dei portatori di risorse finanziarie, consentendo
all’impresa di acquisirle a un costo inferiore e/o di avere una maggiore numerosità di
alternative per poter finanziarie le proprie attività. (esempio Bilanci e rapporti).

• Comunicazione di marketing: gestisce in modo integrato tutti i flussi e gli strumenti di


comunicazione indirizzati al mercato e il cui obiettivo primario è di sviluppare la notorietà e
l'immagine di marca, in armonia con le decisioni di marketing e di politica dell’impresa. I
destinatari sono i target di riferimento dell’impresa (clienti effettivi e potenziali). I compiti della
comunicazione di marketing sono la finalità prevalentemente di natura commerciale e cioè
l’obiettivo è quello di promuovere la conoscenza del brand e della strategia di differenziazione
e del sistema d’offerta dell’impresa e cioè un sistema molto ampio di prodotto-servizio-
esperienza. (esempio Coca cola)

La ripartizione in quattro aree qualifica il ruolo della comunicazione all'interno delle decisioni
d'impresa rispetto a tre elementi:

• Capacità della comunicazione di incrementare il valore economico dell'impresa: ciascuna


delle aree, pur in ambiti diversi, deve agire nella prospettiva di incrementare il valore
economico complessivo dell’impresa. La comunicazione istituzionale, ad esempio, conferisce
all’impresa livelli superiori di reputazione e quindi una superiore attrattività. La comunicazione
interna, agendo sull’identità e sulla cultura d’impresa, consente di ottenere migliori
123
performance. La comunicazione finanziaria, agendo positivamente sulle percezioni dei
portatori di capitale, consente all’impresa di acquisirle a costo inferiore o di avere maggiori
alternative di fonti finanziarie.

• I presidi organizzativi che governano ciascuna area: a volte le decisioni di comunicazione


d’impresa vengono prese nell’ambito di funzioni e di ruoli d’impresa scarsamente idonei a
gestire dinamiche così complesse e sofisticate.

• Circostanze che suggeriscono eventuali maggiori livelli di integrazione tra le aree della
comunicazione.

La suddivisione in quattro aree genera chiarezza, indispensabile per una corretta gestione della
comunicazione d’impresa, tuttavia, l’allocazione a specifiche responsabilità funzionali non deve
ostacolare il principio dell’integrazione della comunicazione come fonte di sinergie funzionali alla
creazione del valore.

La comunicazione di marketing:

La comunicazione di marketing è sia una componente della politica di marketing (essendo una
variabile del marketing mix), sia una componente della politica di comunicazione dell'impresa che
contribuisce a gestire le relazioni con i clienti. Le decisioni relative alla comunicazione di marketing
devono essere orientate al massimo di coerenza in riferimento alle politiche di marketing e a quelle
di comunicazione dell'impresa.

La comunicazione di marketing è composta da una pluralità di strumenti quali:

• Pubblicità;
• promozione delle vendite;
• strumenti di comunicazione istituzionale e di relazioni esterne finalizzati alla promozione;
• personal selling;
• comunicazione di marketing interattiva.
Considerata la varietà degli strumenti di comunicazione, uno dei principi fondamentali da rispettare
nella definizione di un piano di comunicazione di marketing è la ricerca continua della coerenza tra
gli strumenti, aI fine di far giungere al mercato un messaggio chiaro e univoco, a prescindere dai
mezzi e dagli strumenti utilizzati. I fattori da considerare per la scelta degli strumenti della
comunicazione di marketing sono:
• Numerosità dei clienti: in caso di mercati formati da pochi clienti, come in mercati B2B, si
devono privilegiare gli strumenti di comunicazione interpersonale a quelli di massa. Nei
mercati di massa invece si privilegiano gli strumenti di massa, come la pubblicità.

• Tipologia di mercato: si seguono le fasi del processo di acquisto del cliente: all’inizio del
processo può essere preferibile una pubblicità di massa che agisca sulla notorietà del prodotto,
si prosegue cercando di agire sull’immagine, si conclude il percorso sollecitano
l’acquirente/consumatore all’acquisto del prodotto. Ciò si traduce in pubblicità di massa
all’inizio del processo d’acquisto, maggiore utilizzo delle sales promotion nei punti vendita
come incentivo all’acquisto nelle ultime fasi.

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• Fase del processo di acquisto del cliente: in questa fase è opportuno utilizzare strumenti di
comunicazione di massa, stante la vastità e spesso l’indeterminatezza del mercato e si tende
ad agire per ottenere una risposta cognitiva essendo necessario far conoscere al target
l’esistenza del prodotto nella fase d’acquisto. Quanto più si procede nel processo di acquisto,
tanto più da un lato il target di comunicazione si restringe, dall’altro è necessario aggiungere
elementi al messaggio che sono in grado di suscitare una risposta affettiva e alla fine
comportamentale. Quindi ci si sposta da una pubblicità di massa che agisca sulla notorietà per
proseguire cercando di agire sull’immagine e si conclude sollecitando l’acquirente all’acquisto.
(dal sale promotion fino ad un forte incentivo alla prova nelle ultime fasi).

• Alternativa tra politiche push e pull: con la strategia push le imprese fanno leva sugli
intermediari, la collaborazione deve essere incentivata anche in termini di comunicazione. Si
preferiscono strumenti di trade promotion, attività pubblicitarie congiunte tra impresa e
intermediario e iniziative di merchandising. Nell'ottica pull la combinazione di strumenti di
marketing cambia del tutto. Se, al contrario, l'impresa opta per una strategia di pull e di
contatto diretto col mercato finale, si preferiranno strumenti, quali la pubblicità, in grado di
incidere sulle preferenze dei consumatori, da cui si possono distinguere mezzi di
comunicazione di massa e mezzi più selettivi a seconda del mercato di riferimento.

• Costi e budget degli strumenti utilizzati

Il successo di un’iniziativa di comunicazione può essere determinato dalla creatività, dalla ricerca
continua dell’originalità e del fattore sorpresa. Sono componenti che arricchiscono i processi di
comunicazione, ma che non devono stravolgere l’approccio metodologico.

Effetti della comunicazione di marketing:


La comunicazione di marketing produce effetti importanti sulle seguenti dimensioni:

• Domanda: il primo effetto è l'aumento delle quantità acquistate, e di conseguenza un aumento


delle vendite dei prodotti comunicati rispetto a quelli privi di comunicazione di marketing.
Questo perché nuovi e più numerosi consumatori vengono a conoscenza dell'esistenza del
prodotto e delle sue caratteristiche e procedono all’acquisto (la curva si sposta verso destra).
Un secondo effetto è l'irrigidimento della curva di domanda; la curva cambia di inclinazione,
dal momento che vengono modificate le preferenze dei clienti e la loro fedeltà alla marca, la
curva evidenzia una minore elasticità al prezzo. Inoltre, in caso di diminuzione di prezzo c'è un
notevole aumento delle quantità richieste. La curva di domanda presenta la forma di una
spezzata: si irrigidisce in ipotesi di aumento di prezzo e diventa più elastica nell'ipotesi
contraria, una domanda elastica varia molto il suo volume al variare del prezzo (diminuisce il
prezzo aumenta il volume e quindi si ha maggiore sensibilità).

125
• Concorrenza: è opportuno distinguere diversi livelli di conseguenze della comunicazione di
marketing sulle modalità competitive. A livello generale, quindi di settore, l'incremento della
domanda di solito non modifica radicalmente regole del gioco concorrenziale. Diverso è, però,
il discorso se si analizzano i gruppi strategici e rapporti concorrenziali tra marche. La
comunicazione di marketing, come le altre variabili di marketing mix, incide sulle preferenze di
marca, modificandole. Ciò comporta che essa può essere considerata una variabile critica di
successo, una barriera all'entrata e una fonte generatrice del vantaggio concorrenziale. Le
azioni di comunicazione, quindi, si ripercuotono sull'andamento delle quote di mercato e sui
livelli di concentrazione settoriale. La comunicazione di marketing rompe inoltre il dualismo
tra dimensioni e differenziazione dell’offerta. Da un lato, più si comunica, maggiori saranno le
vendite e, di conseguenza, le produzioni potranno godere di un vantaggio di costo; dall’altro,
la comunicazione, evidenziando i fattori di differenziazione, aumentando l’isolamento
competitivo e determina un maggiore potere contrattuale dei produttori.

• Rapporti con la distribuzione: la comunicazione di marketing, modificando le relazioni con la


domanda e i concorrenti, incide anche sui contenuti tra impresa ed industria e distribuzione.
Gli effetti principali sono:
o L’impresa industriale cerca di instaurare una relazione diretta con il consumatore,
spesso incentrata sulla marca; le principali conseguenze sono l’aumento dei volumi di
vendita, e la minore capacità di influenza della distribuzione sulle scelte degli
acquirenti.
o L’impresa industriale migliora la sua posizione nei rapporti con la distribuzione;
aumentando il suo potere negoziale. Di conseguenza ottiene una diminuzione dei costi
distributivi e migliori condizioni di vendita da parte del trade.
o Semplificazione dei circuiti distributivi; avvicinando la produzione al consumo, la
comunicazione diminuisce l’importanza del ruolo di alcuni distributori, in particolare i
grossisti.
o Reazione delle imprese commerciali con nascita marche commerciali: (private label)
l’incremento in investimenti pubblicità ha dato vita alla sfida tra brand loyalty
dell’impresa (generata e rinforzata dalla comunicazione dell’impresa industriale) e
store loyalty dell’intermediario (risultato degli investimenti in comunicazione
dell’impresa commerciale).

126
• Costo del prodotto: di solito si crede che la comunicazione di marketing comporta un
incremento dei costi che viene scaricato sul prodotto e di conseguenza diviene un elemento
assoluto per il cliente. La valutazione complessiva dell’impatto della comunicazione sui costi
del prodotto non può limitarsi per una sola evidente sia azione dei costi direttamente
imputabili a una determinata iniziativa di comunicazione ma deve tenere conto anche degli
effetti positivi chi la comunicazione può generare.
L’aumento delle vendite e il consolidamento delle quote di mercato la possibilità che si
inneschino maggiori economie di dimensione la riduzione delle scorte il maggior turnover di
magazzino son tutte componenti che agiscono in positivo sul conto economico e che possono
essere trasferite al cliente come elementi di convenienza. In sintesi:
o aumento delle vendite,
o consolidamento delle quote di mercato,
o economie di dimensione,
o riduzione delle scorte,
o maggiore turnover di magazzino

• Comportamenti delle persone e sulla società: Spesso la comunicazione di marketing e la


pubblicità vengono accusate di sollecitare comportamenti scorretti e di indurre abitudini
negative contrari all’etica comune. Questo può accadere nel passato e certamente accaduto.
La corretta applicazione del marketing non tu non contempla politiche che forzano i
comportamenti dei clienti ingannano o promettono ciò che non si può mantenere. Un
marketing corretto arricchisce l’impresa perché arricchisce il mercato e i consumatori. Il
problema va affrontato seguendo due direttrici:
o Ruolo che può essere svolto dalle legislazioni nazionali e sovranazionali quale garante
della correttezza dei comportamenti di marketing.
o Bisogna agire secondo onestà intellettuale e correttezza professionale entrambe
generate da un’etica e da valori radicati nelle persone nell’organizzazione.

N.B. La comunicazione di marketing produce effetti importanti sulla domanda, sulle modalità
concorrenziali, sui rapporti industria-distribuzione e sui costi del prodotto.

Il settore della comunicazione di marketing:


Tutto nella comunicazione a navigazione molto ampia e variegata di diversi settori, infatti, si
possono comprendere tutte le imprese che agiscono nel mondo della comunicazione che
consentono l’attuarsi di processi di comunicazione, in particolare nel settore della pubblicità.
Le decisioni alla base dell’attuazione di una campagna pubblicitaria si svolgono lungo diversi
passaggi. La campagna pubblicitaria prende avvio dall’impresa. Successivamente l’agenzia di
pubblicità, selezionata in modo adeguato, viene coinvolta nel processo di formulazione di
esecuzione della campagna. L’agenzia di pubblicità è un’azienda di servizi professionali, che
permette all’impresa di acquisire una prospettiva più ampia che va oltre il suo specifico mercato.
Sfruttando il fattore creatività l’agenzia di pubblicità guiderà l’impresa nella selezione e scelta dei
mezzi pubblicitari per veicolare il messaggio e per farlo giungere al target desiderato dall’impresa.
È fondamentale che tra impresa agenzia si sviluppi una relazione molto forte. Un ruolo molto
importante è giocato dei centri media: società di servizi specializzate nella scelta, selezione e

127
gestione degli spazi e dei tempi sui mezzi pubblicitari, possono essere descritti come
l'esternalizzazione delle funzioni e del reparto "pianificazione media" di un'agenzia di pubblicità.
Un altro ruolo importante è svolto dalle società di ricerche di marketing che forniscono all’imprese
dati informazioni sul pubblico sulla numerosità e sul livello di gradimento dei messaggi.
Esistono settori dove la comunicazione pubblicitaria è più limitato e spesso l’impresa si avvale di
professionisti molto specializzati, che si avvalgono della creatività per la formulazione del messaggio
pubblicitario.
La frammentazione del settore della comunicazione, a causa della progressiva specializzazione degli
strumenti pubblicitari.

IL PROMOTIONAL MIX:

La comunicazione di marketing si caratterizza per un’estrema duttilità, esistono infatti diversi


strumenti, mezzi e modalità attraverso la quale può essere veicolata. Spesso possono coesistere
logiche di comunicazione anche molto differenziata. Può esseri l’impresa che si affida
esclusivamente alla pubblicità, l’impresa che comunica solo via internet e così via. Può anche
accadere che, nel tempo, la stessa impresa modifichi la composizione del mix promozionale. Nella
decisione di quali combinazioni di strumenti utilizzare occorre prendere in considerazione quattro
elementi:
• Integrated Marketing Comunication (ICM): si fonda sull’assunto che l’impresa è un’entità
unitaria e deve presentarsi ai suoi clienti in modo coerente e integrato. Qualunque siano i modi
e gli strumenti di comunicazione adottati, l'impresa deve accertarsi che i messaggi di
comunicazione giungano al mercato in modo coerente;

• Continuità: riguarda la continuità temporale delle iniziative e degli investimenti in


comunicazione al mercato. La comunicazione e in particolare la pubblicità producono i loro
effetti in modo cumulato nel tempo. I messaggi inviati oggi si sovrappongono a quelli del
passato; il non comparire sui mezzi di comunicazione, il non vedere o sentire un certo
messaggio pubblicitario può provocare delle reazioni negative nel cliente. Le azioni di
comunicazione agiscono sulla costruzione della marca e del suo valore, ma ciò avviene solo con
continuità nel tempo;

• Originalità e creatività: nella pubblicità la dimensione creativa rappresenta un plus che


consente di differenziare i messaggi in termini di impatto, di efficacie e di efficienza;

• Coerenza con la strategia di marketing: la comunicazione di marketing e in particolar modo la


pubblicità, deve essere subordinata all'ottenimento degli obiettivi e dei risultati che l'impresa
si prefigge e che vengono formalizzati nel piano di marketing. Questo perché la continua ricerca
di diversità e di originalità nella formulazione dei messaggi potrebbe spingere la pubblicità a
percorrere iniziative non coerenti con la strategia di marketing.

128
L’impresa comunica al mercato con l’intento di ottenere dal pubblico ricevente tre tipi di risposta:
cognitiva, affettiva e comportamentale. Con la comunicazione di marketing l’impresa cerca di far
conoscere i suoi prodotti al mercato aumentandone la notorietà (risposta cognitiva), di farli
percepire con un’immagine positiva sviluppando così una relazione emotiva col consumatore
(risposta affettiva), e indurre il consumatore all’acquisto continuativo del prodotto nel tempo
(risposta comportamentale).
In genere, gli effetti della pubblicità sono prevalenti sulle dimensioni cognitive e affettive (notorietà
e immagine), parallelamente la promozione delle vendite ha un impatto maggiore sulla risposta
comportamentale. Non ha senso misurare gli effetti dell’uno o dell’altro strumento in modo
separato, dal momento che le sinergie e la complementarietà esistenti tra pubblicità e sales
promotion ne suggeriscono una gestione estremamente integrata.

La pubblicità:
La pubblicità è una forma di comunicazione a pagamento a prevalente ma non esclusivo scopo
commerciale le cui caratteristiche sono definite dall’azienda e che viene indirizzata a un pubblico
obiettivo (target) opportunamente identificato e prescelto. La pubblicità può essere riferita

129
all’intera impresa per comunicarne le caratteristiche (corporate advertising), oppure ho un prodotto
o una marca (product brand advertising). Può essere indirizzata a pubblici diversi per dimensione
(mas advertising vs pubblicità specializzata, può avvalersi di molti mezzi da quelli di massa come la
televisione a quelli di specializzazione (riviste), a quelli interattivi come il web, oppure può essere
veicolato nei punti vendita.
Anche dal punto di vista dei linguaggi utilizzati la pubblicità si caratterizza per una notevole varietà:
può usare forme e linguaggi di natura informativa, soprattutto quando si vogliono descrivere aspetti
qualitativi di performance del prodotto, oppure i messaggi suadenti e persuasivi allorché si voglia
far leva sulla sfera emozionale. La pubblicità può consentire l’ottenimento di numerosi risultati: può
far conoscere l’esistenza di un prodotto ai clienti potenziali può agire sui meccanismi di
fidelizzazione, indurre alla prova ecc.
Con riferimento alla pubblicità la risposta cognitiva riguarda il livello di conoscenza spontanea e/o
sollecitata del prodotto o della marca, l’attenzione al messaggio pubblicitario la sua comprensione
e memorizzazione. In relazione alla risposta affettiva, l’impresa mira a generare una predisposizione
un atteggiamento positivo nei confronti del prodotto. A livello comportamentale, le risposte attese
sono relative al fatto che il cliente sollecitato dalla pubblicità, Siri chi nei punti vendita, ricerchi
ulteriori informazioni, provi il prodotto e si fidelizzi.
A livello comportamentale, le risposte cognitive, affettive e comportamentali generano:

• Effetto comunicazione: È costituito dai risultati ottenuti in termini di notorietà (top of the
mind, sollecitata, spontanea) e di immagine (chiara, in linea con il posizionamento, sfuocata).
• Effetto vendite: va dalle capacità della pubblicità di migliorare le performance di mercato
dell’impresa (ricavi e quota di mercato) alle vendite conquistate.

Promozioni delle vendite:


Per promozioni delle vendite si intende l’insieme degli stimoli che, in modo non permanente e
spesso localizzato, rafforzano l’azione della forza vendita e della pubblicità per stimolare l’acquisto
o il consumo.
Le attività promozionali sono estremamente numerose e variegate, adattandosi così a molteplici
contesti di mercato. La promozione può essere inserita tra le politiche di prezzo (sconti, 3x2, offerte
speciali ecc.), o tra quelle di prodotto, soprattutto quando si considerano attività promozionali che
aumentano le funzionalità e il valore per il cliente, come, ad esempio, l’offerta di optional.
Altre attività promozionali, invece, possono essere rivolte alla rete di vendita come leve di
incentivazione della distribuzione. Il termine “promozione delle vendite” implica che essa deve
consentire un incremento delle vendite e, a questo scopo, tende ad agire soprattutto sulla
dimensione comportamentale del cliente.Con le sales promotion, infatti, si può fidelizzare il cliente,
(ad esempio la raccolta punti), si può invogliare all’acquisto di un nuovo prodotto (offerta lancio), si
possono mascherare diminuzioni di prezzo, si può arricchire la dimensione ludica della marca (ad
esempio con concorsi a premi e giochi), si può utilizzare la sales promotion per promuovere cause
sociali ed eticamente importanti.
La promozione delle vendite ha due target principali: consumatore/acquirente e il trade:

• Consumer promotion agiscono sul cliente nella sua dimensione posizione di acquirente e di
consumatore. Per l’acquirente agiscono in prevalenza sul punto di vendita, mentre quando il
target è il consumatore possono essere messe in atto anche al di fuori dei negozi, ad esempio
l’invio di materiale promozionale a casa o l’inserimento di campioni omaggio nelle riviste
periodiche. Le consumer promotion possono avere cinque obiettivi:

130
o Aumentare i livelli di fidelizzazione del cliente, premiando nel tempo la ripetitività e
il consolidamento degli acquisti di una determinata marca;
o Incrementare la percezione di valore della marca;
o Sollecitare la prova di un prodotto, in genere nuovo, diminuendo il rischio percepito
da parte del cliente potenziale;
o Incentivare l’acquisto di quantitativi superiori a quelli normalmente acquistati,
frenando le vendite dei concorrenti;
o Produrre effetti di trascinamento da una marca consolidata verso una nuova o
sostenere le vendite di una marca in difficoltà.

Quando le vendite si sono stabilizzate è possibile valutare gli effetti dell’iniziativa


promozionale.
Considerando un certo livello di vendita “normale”, poco prima dell’inizio delle promozioni si
assiste spesso a una limitata contrazione delle vendite, motivata dal fatto che il trade,
informato dell’inizio imminenti di una promozione, nega in parte il suo supporto al prodotto.
Subito dopo, le vendite salgono in modo molto intenso (periodo promozionale) per poi
concentrarsi e collocarsi al di sotto del livello di vendite “normali” (fase di saturazione). Infine,
tranquillizzatosi il mercato, le vendite tornano agli stessi livelli di prima (Tratto A) o aumentano
se si sono acquisiti nuovi clienti o sollecitate più ampie occasioni di consumo (Tratto B).

• Trade promotion sono tutte attività promozionali indirizzate agli intermediari commerciali e,
di norma, sono riconducibili a incentivi di natura economica (sconti, offerte promozionali,
investimenti per lo sviluppo di attività di marketing). In alcuni casi, la promozione l trade si
attua con incentivi anche non monetari che premiano i punti vendita che hanno ottenuto le
migliori performance. I benefici delle trade promotion possono riguardare solamente
l’intermediario commerciale o essere trasferiti in toto o in parte al consumatore finale. Le trade
promotion sono ormai un elemento quasi strutturale nel rapporto tra impresa industriale e
distribuzione, al punto che si può supporre la sostanziale impossibilità di gestire il trade in
assenza di queste forme promozionali. Possibili effetti di queste promozioni rivolte al trade
sono anticipazione, sovra stoccaggio, approvvigionamenti devianti. Le promozioni delle
vendite hanno come obbiettivo:
o Incentivi di natura economica

131
o Investimenti per lo sviluppo di attività di marketing congiunte
o Incentivi non monetari, quali gare di vendita e premi.

La Valutazione delle Iniziative promozionali è improntata sul concetto di efficacia. Si privilegia


la prospettiva di risultato immediato di vendita, valutandone l’effetto-vendite. Vengono
utilizzati tre indicatori:
o le vendite incrementali:(vendite nel periodo promozionale - vendite normali nel
periodo promozionale) - vendite perse nei periodi pre e post promozionale + vendite
guadagnate nel periodo post-promozionale;
o la variazione della quota di mercato della marca nel periodo rilevante;
o redemption.

N.B. il requisito di efficacia delle promozioni delle vendite riguarda la temporaneità.

Non è corretto misurare gli effetti della pubblicità utilizzando le so le vendite come parametro di
riferimento, di solito vengono utilizzati due modelli lineari per valutare/misurare gli effetti della
pubblicità:

• AIDA: (Attenzione, Interesse, Desiderio, Azione): concentra sulla sequenza di effetti da parte
del ricevente che deve essere condotta una condizione di attenzione nei confronti del
messaggio, che susciti interesse, e successivamente desiderio e zione. Si concentra sulla
sequenza di effetti da parte del ricevente che, inizialmente, deve essere condotta a una
condizione di attenzione nei confronti del messaggio, che susciti interesse, e successivamente
desiderio e azione.
Si cerca di ripercorrere la prima parte del processo di acquisto sottolineando come bisogna
lavorare su segnali e messaggi che lavorano a livelli diversi delle nostre percezioni.
I fattori che possono indurre attenzione e interesse possono essere differenti da quelli che
inducono desiderio e azione.
Per esempio, la creatività e la definizione di un messaggio forte e fuori dalle regole possono
generare attenzione e interesse, ma se il messaggio e troppo dirompente rispetto alle
convinzioni del ricevente, e improbabile che susciti desiderio o azione.
Il primo livello da sollecitare e quello dell'attenzione, poi suscitare interesse, il desiderio e
infine l’azione. Vengono coinvolte sfere diverse:
L'interesse e il desiderio fanno riferimento ad una sfera affettiva. L'attenzione ad una sfera
cognitiva e l'azione a quella comportamentale.
Esiste una gerarchia di risposte da parte del ricevente che considera i fattori cognitivi e, solo in
seguito prende in esame quelli affettivi.
Inoltre, solo dalla corretta combinazione tra risposte cognitive e affettive possono generarsi
effetti sui comportamenti che consentono di fondere in un unico risultato l'effetto-
comunicazione con l'effetto- vendite.
A seconda dell'effetto che vogliamo suscitare, bisogna lavorare trasmettendo un messaggio
che lavora su uno stadio diverso del processo.
A seconda del tipo di effetto della comunicazione che si vuole provocare è necessario lavorare
su una specifica spera e di conseguenza il messaggio sarà differente.

• DAGMAR: (Defining Advertising Goals of Measured Advertising) esso prevede una sequenza di
risposte da parte del ricevente articolata dei momenti di: consapevolezza, conoscenza,
convinzione e azione. Utilizzato nell’ambito della pubblicità nuova e verifica del lancio definito

132
della campagna, per identificare i possibili obbiettivi che possono essere raggiunti con questa
campagna. Si definisce una check list che una pubblicità deve rispettare per essere efficacie:
Consapevolezza, Comprensione, Convinzione e Azione esso è molto simile al modello AIDA.
Esiste una gerarchia di risposte da parte del ricevente che, in primis, considera i fattori cognitivi
e solo una volta che questi sono acquisiti ci si focalizza sulla sfera affettiva.

Le forme di pubblicità si distinguono in 2 categorie:

• Above the line (ATL): TV, radio (comunicazione più mirata e personalizzata a seconda della
stazione), stampa, affissione, strumenti classici di pubblicità, forma di comunicazione uno a
molti. Copertura più ampia ma meno dettagliata.

• Below the line (BTL): direct marketing e promozione dei punti vendita e PR, forma di
comunicazione uno a pochi, si ha una profilazione più precisa ma meno ampia.

Metodi di definizione del budget pubblicitario:


Una volta definito quale affidato la pubblicità nella politica di marca si devono stanziare le risorse
necessarie per l’attuazione della campagna. Da un punto di vista teorico, l’investimento deve
consentire il superamento del differenziale tra vantaggi e oneri della pubblicità.
L’approccio teorico non consente però la definizione a priori dell’andamento della curva dei
vantaggi, ma suggerisce due importanti riflessioni:
• Al di sotto di un certo livello gli effetti positivi sono irrisori rispetto i costi, non si ha un ritorno
immediato.
• I costi totali hanno quasi sempre un andamento rettilineo mentre i vantaggi seguono un
andamento logistico.

I metodi di più utilizzati per la definizione del budget sono i seguenti:


• Percentuale dei ricavi passati o previsti: si tratta di un metodo di facile applicazione ma
soffre di un irrisolvibile limite logico: se la pubblicità incide sulle vendite aumentandole come
è possibile utilizzare le vendite per decidere quanto investire in pubblicità? Lo stanziamento
sarà pertanto incerto e non consente una pianificazione di lungo periodo.
Il vantaggio è che è facile da applicare, ma il limite è che il ricavo delle vendite è in relazione
all’investimento pubblicitario effettuato e viceversa.

• Confronto e parità competitiva: si definiscono i parametri del budget pubblicitario con


conformemente a quanto fatto dai concorrenti, considerando le reciproche quote di mercato
come elemento di ponderazione. Tuttavia, la politica di marketing dovrebbe essere impostata
con l’obiettivo di essere diversi dai concorrenti e non di imitarli. Imitare i leader, può
costituire un buon riferimento a condizione però che dall’imitazione dei migliori scaturiscono
idee originali, in modo da non essere follower.
Il vantaggio è che è di facile applicazione e prevede di definire il livello di investimento in
relazione al comportamento dei concorrenti, ma il limite è che bisogna mantenere originalità
e rispetto ai competitors, con posizionamenti e variabili diverse.

• Advertising share vs market share: si può paragonare il proprio investimento a quello dei
concorrenti. (advertising share è data dal rapporto tra il proprio investimento e il totale degli
investimenti in pubblicità compiuti dalle imprese che operano nel mercato, assumendo come

133
elemento di controllo le quote di mercato). Anche questo metodo soffre di una grave
limitazione: presuppone che tutte le imprese affidino alla pubblicità̀ lo stesso ruolo, il che è
inverosimile.
È di facile applicazione, si prevede di definire il budget in base alla quota di mercato. Il limite
è che l’azienda non riesce a modificare la propria quota di mercato grazie alla pubblicità,
quindi il budget non può variare. Questo presuppone che tutte le aziende del settore affidino
lo stesso ruolo alla pubblicità senza opportunità di miglioramento di crescita e questo
presupposto è inverosimile data la varietà delle leve di marketing utilizzabili.

• Obbiettivi: l budget può essere definito in relazione agli obiettivi di comunicazione e di


marketing che si intendono raggiungere. Lo stanziamento articolato in funzione di obiettivi,
operazioni, stima dei costi.
Metodo che si basa su dati storici che consentono di individuare relazioni causa-effetto tra
investimento pubblicitario e obbiettivi raggiunti. Il limite è che non considera la creatività di
un nuovo messaggio e che non funziona bene in caso di aziende nuove, poichè non è possibile
individuare in modo attendibile la relazione tra investimento e ricavi, in quanto i volumi di
vendita sono frutto i ‘tutte le attività di marketing e non solo delle pubblciità.

Il budget pubblicitario è destinato, in genere, a coprire cinque voci di costo:


• Ricerche di marketing (exante): necessarie per comprendere quale sia la posizione della
marca;
• Servizi dell'agenzia di pubblicità;
• Costi di produzione: compensi dei grafici, attori, troupe televisive, doppiatori, regista, ecc.;
• Acquisto degli spazi e dei tempi sui mezzi di comunicazione selezionati;
• Ricerche di marketing (expost): devono fornire indicazioni sull'effettivo raggiungimento del
risultato atteso.

N.B. quando la pubblicità è troppo ricorrente può generare effetti più deboli o negativi sul risultato
vendite (noia o overload di informazioni).

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Scelta, pianificazione e acquisto dei mezzi di comunicazione:
Nello sviluppo della campagna pubblicitaria la scelta, la pianificazione e l’acquisto dei mezzi di
comunicazione sui quali veicolare il messaggio è un tema di primaria importanza per una serie di
ragioni.
Target di comunicazione: sono le attività attraverso cui destinatario che si vuol raggiungere con la
campagna di comunicazione.
Target di marketing: quota di mercato di riferimento.

N.B. NON sempre coincide il target di comunicazione con il target di marketing altre volte la
comunicazione di marketing può essere più piccola rispetto al target di marketing. Si può
raggiungere un pubblico più ampio del target, quando si utilizzano strumenti collegati a pubbliche
relazioni o strumenti pubblicitari cdi massa.

Il target della comunicazione è diverso dal target di marketing.


Talvolta coincidono e in questo caso il destinatario del messaggio pubblicitario corrisponde con il
mio target di riferimento.
Di solito il target della comunicazione è solo una piccola porzione del target di marketing e quindi
decido di parlare solo a una parte dei miei clienti.
Come, ad esempio, quando si parla di un’innovazione, la comunicazione viene veicolata con mezzi
opportuni per parlare solo ad alcune tipologie di clienti come quelli più innovativi.
Molto spesso il target di comunicazione è diverso dal target di marketing.
Questo è un classico quando hanno un ruolo importantissimo gli iniziatori e gli influenzatori nel
processo di acquisto.

Nello sviluppo di una campagna pubblicitaria la scelta, la pianificazione e l’acquisto dei mezzi di
comunicazione sui quali veicolare il messaggio è un tema di primaria importanza, per questi motivi:
• Esiste un numero notevole di mezzi di comunicazione e infinite loro combinazioni, ma ne scelgo
diverse in modo coerente. La pubblicità, ad esempio, è più adatta per spiegare il prodotto, a
differenza di un cartellone pubblicitaria.

• Ogni mezzo ha una sua particolarità intrinseca che dovrà essere sfruttata a seconda del tipo di
messaggio.

135
• Non sempre l’impresa è in grado di conoscere in dettaglio i dati di audience/readership, cioè a
coloro che ascoltano e vedono.

• I mezzi si possono sovrapporre, quindi i due mezzi devono essere coerenti.

• Ogni mezzo è caratterizzato da elementi tecnici e da un’immagine percepita, bisogna quindi


riflettere sulla coerenza esistente tra immagine del prodotto e della marca, contenuto del
messaggio e immagine percepita del mezzo di comunicazione scelto (Per esempio, un certo
quotidiano è ritenuto più autorevole, un altro più moderno...).

• Il mercato dei mezzi di comunicazione non è di semplice trasparente delle condizioni d’offerta.
Quindi l’impresa non ha mai la certezza di avere davvero acquistato gli spazi e i tempi
pubblicitari alle migliori condizioni possibili.

Tutti questi fattori rendono molto delicato il processo di selezione della combinazione dei mezzi su
cui effettuare la campagna pubblicitaria. I principali mezzi di comunicazione utilizzabili per una
campagna pubblicitaria sono i seguenti:

• Stampa, (quotidiana, periodica)

• Radio (locali, nazionali, indipendenti e/o di network)

• Televisioni (nazionali, satellitari ecc.)

• Affissioni statiche e dinamiche

• Web, mobile e social media

136
Nel panorama dei mezzi di comunicazione utilizzabili per una campagna pubblicitaria, è opportuno
precisare alcuni termini:
• Audience o readership: il numero di persone raggiunte da un determinato mezzo in un
determinato periodo;
• Target: i consumatori che fanno parte del segmento di mercato obiettivo della politica di
marketing dell'impresa;
• Target audience: il numero e le caratteristiche delle persone che devono essere raggiunte da
una determinata campagna pubblicitaria. Può al massimo coincidere con l'audience e può
anche coincidere con il target. L’eventuale non sovrapposizione tra target e target audience
può essere il frutto di un errore nella valutazione dei due insiemi o dei mezzi di comunicazione
che sono stati pianificati.

137
Una volta quantificato il numero delle persone che fanno parte dell’audience e della target audience
e delle loro caratteristiche, si può procedere valutando i singoli mezzi che in termini di efficienza.
Entrano allora in gioco due indicatori: il costo per contatto (utile) e i GRPs.

Indici pubblicitari:
Indici che ci permettono di valutare l’efficacia di un piano media:
• Indice di copertura netta (CN): numero di individui del target group (TG) esposti almeno una
volta alla comunicazione quindi al netto del numero delle volte in cui un individuo è stato
esposto alla stessa pubblicità = reach % o penetrazione se espresso in percentuale
= 100 * CN / TG
Tramite lo strumento televisivo le variabili sono diverse:
o Totale ascoltatori: individui sintonizzati davanti alla TV o su una stazione radio in un
minuto qualunque dell’intervallo considerato. Numero di persone che guardano la TV
o Audience sintonizzata: numero di persone sul canale prescelto in un determinato
periodo di tempo.
o Indice di penetrazione: AUDIENCE sintonizzata / POPOLAZIONE TOTALE
o Share% : AUDIENCE sintonizzata / TOT ASCOLTATORI

• Indice di copertura lorda (Contatti lordi = CL): numero di individui del TG raggiunto dalla
comunicazione, al lordo delle duplicazioni (CL = CN * AF)
• Frequenza media (AF): numero medio di volte in cui ciascuno degli individui del TG è esposto
alla comunicazione (AF = CL / CN)
• OTS (Opportunity to see) o frequenza media % esprime, in percentuale l’opportunità di vedere
gli annunci della campagna OTS = CL / reach %

Gross Rating Point (GRP):


L’indicatore più affidabile della validità (o forza) di un Piano Media è il GRP (Gross Rating Point) -
l’unità internazionale di misura del grado di pressione pubblicitaria cui il Piano media considerato
espone il TG.
GRP è l’unità internazionale di misura del grado di pressione pubblicitaria cui il Piano Media
considerato espone il TG.
Rappresenta quanto siete stati visti dal target audience.
Numero di contatti lordi sul target della target audience.
Il GRPs è dato dal prodotto tra copertura per frequenza media, dove la copertura è uguale alla
percentuale delle persone raggiunte da quel determinato mezzo che fanno parte della target
audience, mentre la frequenza media è il numero di volte che in media le persone hanno la
possibilità di vedere/ascoltare il messaggio in una determinata unità di tempo.
La copertura è detta reach, mentre la frequenza media è nota anche come OTS (Opportunity to
See).
I dati di GPR si rivelano molto utili se associati ai costi, per giungere a un sintetico “costo per GPR”.
Sia il costo per contatto che il GPR non possono non tener conto della diversità di impatto dei diversi
mezzi. Si possono avere mezzi di maggiore o minore impatto che agiscono sicuramente
sull’attenzione del ricevente e sul ricordo e memorizzazione del messaggio.
Il gros rating point è un numero finito non in percentuale.
Si calcola come:
GRP = copertura * frequenza media
Dove:

138
Copertura = numero di persone della TG raggiunta dallo strumento pubblicitario
Frequenza media = il numero di volte che le persone dalla TG sono esposte alla pubblicità o l’hanno
visualizzato.

Si può scomporre l’indice come:

Quindi:

Esempio di GRP:
Supponiamo di voler raggiungere le donne tra i 25 e i 55 anni e che esse siano circa 12.000.000.
Se con un singolo spot TV raggiungiamo 2.000.000 di persone, di cui però solo 1.200.000 sono donne
di casa tra i 25 e i 55 anni, il nostro spot avrà avuto una “copertura” netta del 10%, con la “frequenza”
di uno. Infatti, avremo raggiunto il nostro target una volta sola, avendo mandato in onda un solo
spot. Infatti:

(1,200,000/12,000,000) = 10% COPERTURA 1 = FREQUENZA


GRP?

GRP = COPERTURA % * FREQUENZA * 100 = (0,1 * 1) * 100 = 10


Indici di costo:

𝐂𝐎𝐒𝐓𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋′𝐀𝐍𝐍𝐔𝐍𝐂𝐈𝐎
Costo del GRP = 𝐒𝐓𝐈𝐌𝐀 𝐆𝐑𝐏 𝐎𝐓𝐓𝐄𝐍𝐈𝐁𝐈𝐋𝐈

𝐂𝐎𝐒𝐓𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋′𝐀𝐍𝐍𝐔𝐍𝐂𝐈𝐎
Costo per contatto = 𝐒𝐓𝐈𝐌𝐀 𝐓𝐆 𝐎𝐓𝐓𝐄𝐍𝐈𝐁𝐈𝐋𝐈

𝐂𝐎𝐒𝐓𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋′𝐀𝐍𝐍𝐔𝐍𝐂𝐈𝐎
Costo per mille = 𝐒𝐓𝐈𝐌𝐀 𝐂𝐎𝐍𝐓𝐀𝐓𝐓𝐈 𝐋𝐎𝐑𝐃𝐈 𝐀 𝐓𝐆 * 1000

Il GRP misura l’efficacia di una campagna pubblicitaria, si può ottenere lo stesso GRP a seconda di
una frequenza più elevata ma con un numero ridotto di TG oppure andando a raggiungere più
individui ma con un messaggio meno frequente.

139
Lo stesso GRP si può ottenere con:
• Coperture percentuali altre con basse frequenze
• Coperture percentuali basse con altre frequenze

Formulazione del messaggio pubblicitario:


La formulazione del messaggio è tipico, spesso esclusivo, compito dell’agenzia di pubblicità. Al di là
della costruzione tecnica, formata dalla presenza di una head line (il titolo), di una body copy (il
testo), di una o più immagini e di un pay off(frase di chiusura), le alternative possibili e praticabili
nella costruzione di un messaggio sono molto numerose. La decisione sulla migliore creatività può
seguire tante strade ed essere fortemente influenzata dai gusti personali sia dei manager
dell’impresa sia degli account e dei creativi dell’agenzia di pubblicità̀.
Ciò che importa per l’impresa sono due momenti del processo di formulazione del messaggio
pubblicitario:

• Brief: quando l’azienda incontra l’agenzia, definisce e comunica gli obiettivi della campagna;
Quando interagiamo con l’agenzia dobbiamo proporre un bierf che è un documento
attraverso il quale l’impresa spiega gli obiettivi, le caratteristiche del target audience, quindi
una serie di caratteristiche per permettere all’agenzia di lavorare.
Alla base del rapporto Utente-Agenzia e della creazione di una campagna pubblicitaria c’è il
Brief. Esso è un documento che riporta la situazione della marca e gli obiettivi della campagna,
della quale definisce linee guida per la formulazione e per la valutazione.
Dopo di che l’agenzia propone diverse proposte alternative in termini di contenuto e rispetto
a queste proposte l’impresa fa poi una scelta finale. Il brief contiene tutte le informazioni che
possono essere utili per l’agenzia:
o Informazioni sul mercato
o Informazioni sul comportamento dei consumatori
o Segmento di mercato e criteri di segmentazione
o Situazione del trade
o Caratteristiche del prodotto (source of business)

140
o Main consumer benefit che vuole trasmettere
o La reason why per cui il consumatore dovrebbe sceglierci spiegazioni a supporto del main
benefit che volete porre a supporto del messaggio promozionale.
o Tono e modo della comunicazione è spesso un’impresa ce l’ha già chiaro
o Risposta desiderata
o Vincoli di budget
o La brand personalty

Tanto più è chiaro il brief, tanto più si può elaborare il contenuto anche in termini relazionali,
non solo cognitivi e può essere modificato successivamente a seconda dei suggerimenti
dell’agenzia.

• Analisi delle proposte creative e di budget

In quest’ultima fase, prima che il messaggio vada in onda e/o venga pubblicato, è indispensabile
un’attenta considerazione della coerenza tra linguaggio proposto, posizionamento e “stile” della
marca. Inoltre, è necessario considerare l’effettiva centralità della marca all’interno del messaggio
(in quanto può accadere che risulti centrale la creatività fine a sé stessa e non al servizio della
marca). Inoltre, l’originalità del messaggio non deve indurre il consumatore a pensare ad altre
marche e non si deve configurare come plagio e/o concorrenza sleale. La facilità di comprensione
del messaggio facilita il ricordo. È necessario che il giudizio formulato sia espresso “dal punto di vista
del cliente” e non “dal punto di vista del manager”, se ci si orienta al mercato occorre pensare e
giudicare come pensano e giudicano i clienti, perché sono loro che sanciscono il successo o
l’insuccesso della marca.

Altri strumenti della comunicazione di marketing:

• Relazioni pubbliche: strumento che ha come obbiettivo: migliorare l’immagine dell’azienda


o dei suoi prodotti. Ha come vantaggio: fornisce un’alta credibilità e utilizza strumenti quali
conferenze stampa, editoriali, pubblicazioni e fund-raising.

• Direct marketing: si basa su iniziative di comunicazione direttamente rivolte al target per


generare una risposta e/o uno scambio (acquisto, creazione e database, direct e-mail
marketing).

• Fiere (B2B) ed eventi: ha l’obbiettivo di rafforzare i legami con i clienti e promuovere il


prodotto, quindi si avviano iniziative e/o attività per creare interazioni relative al brand con
la target audience (sport, arte e promuovere una causa comune). L’azienda ha il controllo
sull’evento.

• Le sponsorizzazioni: associazioni con evento, un’attività o una persona ai fini di migliorare


l’immagine del brand grazie alla associazione positiva con evento o celebrità. L’evento è
indipendente dalla azienda sponsor.

• Product placement: l’azienda promuove il proprio prodotto all’interno di film o scene


musicale, ecc. senza essere evidente o ridondante.

141
• Real time marketing: consiste di utilizzare una notizia di attualità recente e riadatta ai fini
promozionali dei prodotti utilizzando l’ironia spesso.

• Social media

DIGITAL MARKETING:

Il digital marketing i occupa di tutte le attività inerenti e svolte mediante l’utilizzo delle tecnologie
digitali, non solo comprendendo la 4P (promotion) ma tutte le funzioni del marketing.
Il digital marketing nasce come naturale adattamento delle tecniche di marketing ai nuovi strumenti
di comunicazione ora disponibili. La relazione impresa-mercato si arricchisce al punto tale da
ridefinire i confini stessi dell’impresa e del mercato. La comunicazione non avviene più secondo una
logica lineare punto-punto, ma secondo strutture a rete. Pensare al digital marketing come
un’alternativa o una sostituzione del marketing tradizionale sarebbe un grave errore, è l’impianto
metodologico che si arricchisce di nuovi strumenti e nuove logiche in grado di sviluppare importanti
sinergie.
Il digital marketing ha costi ridotti perché ha un livello di intermediazione ridotto, ma può richiedere
costi di gestione più elevati (e-commerce).
Permette all’utente di interagire personalmente con l’impresa in modo immediato e contiuno.

Per digital marketing si intende l’insieme delle attività di marketing che possono essere svolte
mediante l’utilizzo delle tecnologie digitali. L’obiettivo resta sempre la generazione e la distribuzione
del valore tra le parti coinvolte, l’elemento nuovo è rappresentato dal mezzo utilizzato. Le principali
attività che possono essere svolte nel mondo digitale si possono schematizzare in quattro punti:
• Esserci: non ha importanza lo strumento prescelto (sito web, pagina Facebook, video
YouTube), oggi avere una presenza on-line è fondamentale per avere il controllo di quello che
viene detto dell’impresa o del brand in rete.
• Farsi trovare: la presenza on-line è il punto di partenza per instaurare un dialogo con i diversi
stakeholders. Il non essere trovati dai motori di ricerca, come anche non avere un’adeguata
visibilità, vanifica questa possibilità.
• Farsi sentire: alla comunicazione pull tipica dei motori di ricerca, l’impresa può affiancare la
comunicazione di tipo push con gli strumenti del digital marketing. Interagire: anche la
relazione on-line (come quella off-line) va gestita in modo adeguato con tempi, contenuti e
modalità opportune al fine di massimizzare le opportunità offerte dalle tecnologie digitali.

Strategia digitale d’impresa:


Esistono una pluralità di mezzi digital finalizzati alla ottimale gestione della relazione tra impresa e
target di riferimento, che si possono usare per realizzare attività di marketing on-line.
L’impresa per fare ciò deve essere declinata in una logica multimediale, crossmediale, multidevice
e multicanale.
L’obiettivo è lavorare su un’esperienza legata al proprio prodotto che ha più dimensioni. Il cliente
chiede di lavorare sull’esperienza su più canali:
• Multimediale: On line coesistono varie forme di espressione: testo, audio, immagini, grafici,
animazioni, video e possono essere tutti trasformati in digitale. La stessa informazione quindi
può essere veicolata utilizzando diverse forme con livelli di efficacia e di efficienza differenti a
seconda del contesto, dell’interlocutore e degli obiettivi che si vogliono conseguire.

142
• Crossmediale: Ogni mezzo comunicativo può svolgere un diverso ruolo in funzione delle sue
caratteristiche e in funzione dell’utilizzo che ne fa il consumatore finale. Possibilità di collegare
alcuni di questi canali. Quindi devo avere una congruenza di immagini e informazioni su tutti i
canali (web, app).
• Multidevice: La fruizione dei contenuti avviene tenendo presente le preferenze dell’utente:
computer, smartphone e tablet. Gestire device diversi.Si può accedere ad amazon dal web,
dall’app.
• Multicanale: il mondo online si integra costantemente con il mondo off-line e viceversa. La
fruizione dei contenuti on-line non può sostituire l’esperienza d’eretta nell’utilizzo di un
prodotto.

Strumenti del digital marketing:


Diversi mezzi on-line possono essere classificati in funzione del livello di controllo che l’azienda può
avere su di essi.

• Owned media: sono i media di proprietà dell’azienda, cioè i mezzi di comunicazione


direttamente gestiti dall’azienda, come per esempio il sito web istituzionale, il blog aziendale.
Su questi l’azienda ha un controllo diretto del messaggio veicolato e il livello di controllo è
totale.
• Borrowed media: mezzi di comunicazione direttamente gestiti dall’azienda in termini di
contenuti ma che appartengono a terze parti (amazon permette ad altri soggetti di utilizzarlo
come piattaforma di vendita). Sono i media prestati. Come per esempio gli account aziendali
sui vari social network (facebook, youtube).
• Paid media: mezzi che vengono comprati per ottenere visibilità. Rientrano tra questi il display
advertising, le campagne sponsorizzate su google e tutte le forme di advertising e
sponsorizzazione classiche. Questi mezzi permettono di intercettare traffico che non sarebbe
andato direttamente sulle pagine aziendali.
• Earned media: Sono i media guadagnati, cioè quei canali di comunicazione in cui l’azienda è
presente tramite citazioni, commenti, recensioni, conversazioni degli utenti (blog o word of
mouth) deriva dalla decisone autonoma dell’utente.

Social media e web 2.0:

• Web: è la vetrina istituzionale dove l’azienda si presenta, definisce la mission, i prodotti offerti
e i servizi offerti e la utilizza per effettuare attività di promozione on-line.
Ha finalità informative (catalogo prodotto, schede tecniche), funzionali (customer care,
assistenza tecnica) e di e-commerce (vendere prodotti on-line). L’obiettivo è gestire pagine
web attraverso una serie di sistemi (serp) che consentono di posizionare il brand all’interno dei
motori di ricerca. È necessario misurare i ritorni. Nel web 2.0 l’approccio di visibilità è bottom
up cioè i contenuti dell’utente influenzano la visibilità e le strategie di marketing. (Word of
mouth).
E-commerce: Per commercio elettronico si intende la cessione di beni e la prestazione di
servizi effettuabili per via telematica. Le attività di e-commerce possono essere realizzate
secondo due modalità: proprio sito e market palace gestito da terzi. Freni allo sviluppo dell’e-
commerce: sicurezza dei pagamenti, consegna fisica dei beni acquistati.
Le attività di e-commerce possono essere realizzate secondo due modalità gestire un proprio
sito di e-commerce (soluzione proprietaria che guarda il totale controllo di tutti gli aspetti
legati alla gestione e alle condizioni di vendita,ecc. )utilizzando un marketplace (eBay o

143
Amazon) gestito da terzi, dove Dove vengono affidati la gestione dell’attività di vendita e
negoziati le condizioni.

• Blog: si focalizza sulla comunicazione bidirezionale che tende alla conversazione informale. Il
blog nasce come diario in rete dove ogni contributo viene organizzato secondo la data di
pubblicazione visualizzando per primi sempre i contributi o post più recenti.

• Facebook: come sinonimo di social network.

I social media permettono di realizzare una pagina dedicata all’azienda, al brand o a un prodotto.
Su un social network è gratuito e offre la possibilità di attivare una rete di contatti.
Si può profilare il target delle campagne e puntare ai fan delle pagine dei propri concorrenti.

• E-mail marketing

• Mobile app: Gli utenti mobile, rispetto a quelli che navigano dal desktop, hanno delle richieste
e delle aspettative diverse: Velocità, Design e navigabilità, SEO mobile e Contenuti. È una
strategia di web marketing efficace il mobile, gli utenti Mobil rispetto a quelli che navigano dal
desktop hanno delle richieste e delle aspettative diverse:
o Velocità: utente medio disposto aspettare solo pochi secondi per il caricamento di un
sito, inoltre, la percezione del costo della navigazione di Mobil è maggiore rispetto a
quella da pc per cui se il sito non si carica dolcemente il tasso di abbandono può essere
molto elevato.
o Design e navigabilità: I layout la grafica di un sito Mobil devono mantenere il look e il
file di quello da pc ma devono anche essere semplificati per poter permettere all’utente
di navigare senza problemi e leggere i testi con facilità.
o SEO mobile: legge che fatte da Mobil si traducono più facilmente in un’azione in tempi
relativamente brevi. Per questo motivo il traffico da mobbing deve essere analizzato
con maggiore attenzione per cogliere la criticità dello strumento.
o Contenuti: un sito mobile deve presentare i contenuti di qualità e adatti a chi naviga
tramite questi device, ed essere in grado di adattarsi agli standard dei singoli mobile.

SEM – SEO – SMO:


Nello sviluppo di una pagina web ci sono tre obbiettivi da raggiungere:

• SEM (Search Engine Marketing): sono vere e proprie campagne a pagamento sui motori di
ricerca (link in e link out), quindi l’impresa paga l’azienda che fornisce il servizio di ricerca per
migliorare la posizione come primo link visualizzato nella barra di ricerca.

• SEO (Search Engine Optimization): ottimizzazione dei risultati sui motori di ricerca, comprende
tutte quelle attività volte a migliorare il posizionamento del sito web nella ricerca di
quest’ultimo da parte del cliente, quindi migliorare il la velocità e il posizionamento del sito sul
motore di ricerca, cercando di rispondere ai criteri dell’algoritmo di Google per la ricerca del
sito web e che quindi non riguardano una campagna pubblicitaria.

• SMO (Social Media Optimization): ottimizzazione dei risultati di ricerca sui social media,
aumentando il traffico sui social che rimanda al sito internet dell’impresa. Esso richiede

144
competenze specifiche e risorse dedicate. Questo permette dei garantire die vantaggi
all’impresa come:
o Creazione di un dialogo diretto coi clienti
o Attivazione di nuovi contatti
o Aumento della notorietà del brand
o Rafforzamento relazione con gli stakeholder
o Vendita senza intermediari
o Profilazione più dettagliata del target di comunicazione
o Personalizzazione dell’offerta

Il content marketing:
Con il digital marketing si riesce a evolvere la segmentazione di mercato al buying personas,
segmenti più dettagliati generati grazie alla raccolta di informazioni dal mondo digitale.
L’unico limite del digital marketing è rappresentato dalla disponibilità di informazioni e dalla voglia
da parte del cliente di riceverne.
L’analisi della user experience diventa fondamentale perché permette di tracciare il
comportamento del consumatore on-line e permette di verificare le effettive preferenze del
proprio target di riferimento e quindi adottare gli stili comunicativi più indicati.
Gli elementi da considerare per definire una strategia di content marketing efficace sono:

• Di natura demografica: Localizzazione geografica, status del cliente, settore di appartenenza


dell’azienda.

• Di natura comportamentale: Interessi, il tipo di interazione e coinvolgimento ricercato, tempo


a disposizione.

• Di tipo logistico: Il device utilizzato, il livello di partecipazione e coinvolgimento nei social


network.

L’analisi dell’user experience offre la possibilità di gestire i contenuti strutturati e non, di realizzare
campagne di comunicazione integrate on-line e off-line.
Alla capacità di analisi segue la ricerca di nuove modalità di engagement, ovvero di ricerca del
coinvolgimento emotivo e intellettuale dei consumatori attuali e potenziali nei confronti
dell’organizzazione e dei prodotti offerti.
La progettazione di una strategia di content marketing deve essere:

• Integrata: a tutti i sistemi che coesistono in azienda devono integrarsi per avere una reale
gestione integrata delle informazioni del cliente.

• Coerente: agli utenti percepiscono immediatamente eventuali differenti approcci sui media.

• Contestuale: con i tempi e modi della comunicazione non sono più sotto il controllo esclusivo
dell’azienda come avviene con le campagne pubblicitarie classiche.

• Ottimizzata: l’ottimizzazione del messaggio riguarda sia gli aspetti tecnici sia il contenuto
stesso. Il linguaggio e il tono usato, il tipo di medium determinano la facilità con cui il messaggio
è fruito aumentando il livello di coinvolgimento.

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TESTIMONIANZA RED BULL:

Esempio di smaterializzazione dell’offerta e di come dalla vendita del prodotto si passi alla vendita
di un concetto tramite eventi e sport (beneficio psicolgico).
Si distaccò da “propter and gamble”, all’epoca non esisteva un mercato per redbull. Il beneficio del
prodotto è stimolare la mente e il corpo e la positioning è spingersi al limite realizzando le proprie
idee in termini di performance. È un brand individuale che mira al nuovo e all’innovazione,
unpolitically correct e genius, originalità e imprevedibilità, socialità e passaparola e il be contextual
sono le parole chiave.
Il target sono i millenials e generazione Z.

Company story
video promozionale: Felix si lancia in caduta libera e supera la velocità del suono 2012 → video
emblematico, infatti il PURPOUSE di Redbull è “mettere le ali” alle persone e alle idee, realizzando
eventi epici.
Redbull nasce grazie a Blendax, un manager e CEO della Redbull, che dovendo viaggiare molto e
per grandi distanze, soffriva di jetleg, decise di creare una bevanda energetica. Redbull venne
lanciata in Austria. Da li l'azienda ha intrapreso una serie di partner ships quali formula uno. Redbull
è presente in 171 paesi.

Why
Il benefit di prodotto è quello di stimolare mente e corpo, mentre il posizionamento di brand è
“Redbull ti mette le ali”. Questa immagine spinge il consumatore ad aspirare a qualcosa di più, a
puntare in alto. I tratti distintivi di redbull sono:

• Innovativo → cerchiamo di creare qualcosa di inedito, sopratutto nei nostri eventi


sponsorizzati;
• Individuale → sappiamo di non piacere a chiunque, ma abbiamo una discreta self confidence
per rivolgerci a chi abbraccia la causa e i propositi del marchio
• Non conformisti → non seguono le convenzioni anche alle volte non politicamente corretti
(es:pubblcità in cui l'uomo a cui il piccione ha cagato in testa prende redbull e gli fa pipi sopra
grazie alle ali acquisite);
• Ironici → abbiamo due team che partecipano in formula uno, ma allo stesso tempo creiamo
gare di non professionisti con auto poco potenti per ironizzare e divertirci
• Professionalità nell'organizzazione e negli eventi a cui partecipiamo
• Ingenious → giochiamo su alcuni aspetti che normalmente sono fonte di stress ironizzando e
cercando di trasmettere il sorriso ai nostri consumatori
• Cerchiamo di avere un atteggiamento un po' più rilassato
• Siamo autentici, non scendiamo a compromessi, è un brand che polarizza molto tra chi ci può
amare e chi no. È chiaro che il nostro obietivo è quello di allargare la base del consenso ma
sappiamo di non essere un brand che va bene in ogni occasione;
• Love life, è un brand che ama la vita
• È un brand imprevedibile
• Mistico → molte sono le leggende legate al logo e a ciò che ci può dare la bevanda, ci piace
giocare e utilizzare a nostro favore con il misticismo.

146
Il marketing mix:

Il brand si affianca alla cultura giovanile e allo sport.


MARKETING MIX → il nostro intento finale è quello di diffondere il passa parola tramite tutte le
nostre iniziative, preferiamo che si parli di noi piuttosto che parlare noi stessi.
Opinion leader programmes= sono i nostri influecer, sono persone che hanno uno stretto rapporto
con il brand e che ci credono (artisti, atleti). Le “wings” sono le nostre ragazze che promuovo il
prodotto nelle città. I due fenomeni su cui promuoviamo di più sono:

• Culture → musica, arte e danza, sono luoghi dove si creano dei rapporti tra le persone.
Coinvolgiamo moltissimi artisti in tutto il mondo. Abbiamo circa 11 etichette discografiche
nel mondo. (ES EVENTO: concerto sull'acqua di Ghali e … ).
• Sport → i nostri atleti sono i migliori ambasciatori nel mondo (sono più di 300, in più di 70
Saesi e diversificati in diverse discipline). Non vogliamo vendere solo il prodotto, ma tutto il
mondo che gira intorno al prodotto.

Nonostante le avversità e le contingenze cerchiamo di essere consistenti nel nostro playgrand, nella
nostra finalità ecc. Il centro del nostro brand è mettere le ali alle persone e alle idee. Cerchiamo di
offrire esperienze che portino ad esplorare e a scappare della realtà, ad andare oltre.
Mettere le ali vuol dire farlo anche alla comunità, (dipinto campo di basket a roma), per questo
avviamo una serie di iniziative. Vogliamo far percepire Redbull come un brand che può adattarsi in
diverse occasioni, sopratutto nei contesti sociali e di festa, oltre che di studio, guida, sport ecc.
Il nostro piano dell'anno prossimo vuole promuovere la sostenibilità, anzi vorremmo migliorare i
luoghi dove organizziamo gli eventi, vogliamo lasciargli qualcosa. Inoltre, vogliamo promuovere il
riciclo, ripulire i fondali ecc tramite iniziative.

Reparto vendite:
Si manifesta in due reparti: home premies (40%) party e socializing off premies retail study working
(60%). I grossisti principali sono 2 e 300 minori.
WHY? Cioè perchè esistiamo come azienda.
HOW? Come esistiamo.
Abbiamo due canali di consumo: quello dei locali (40%circa del consumo) e quello dei rivenditori
come supermercati(60% circa del consumo). Tendenzialmente il nostro prodotto coinvolge sia il

147
mondo del socializing e party sia il mondo dello studio, del lavoro e dello sport. Vi è un terzo canale
di consumo è detto IMPULSE, ovvero acquisto immediato per consumo imediato.

• WHS (canale del socializing e party) → commercio all'ingrosso


• IMPULSE → (autogrill, mediaword) → realtà dove si può verificare l'acquisto impulsivo del
prodotto, in questi luoghi abbiamo frigoriferi con all'interno il nostro prodotto
• RETAIL → (supermercati, amazon)

quando avviamo una collaborazione è necessario definire il prezzo massimo del prodotto, la sua
promozione e il suo collocamento nello store. All'interno della funzione vendita abbiamo dei
sottogruppi:

• Key account manager;


• field force managment;
• field sales managment;

trade marketing: gestisce le relazioni tra la produzione e il trade, e tra il trade e il consumatore. Il
trade marketing di redbull si suddivide in tre pilastri:
- insight: intuizioni sulle modalità di consumo, interagisce con i players, fornitori di dati, cioè su
quanto sto vendendo e quanto è grosso il mercato, oppure chi è il nostro cliente e come e perchè
compra il nostro cliente. Con tutti questi dati si cerca di creare un report e alla fine si forma un
insight, ovvero una sintesi che ci da delle intuizioni per il management;
- pos management: ci aiuta a portare il nostro prodotto, a comunicare il nostro brand, è un veicolo
per lo shopper marketing. Noi sviluppiamo internamente i materiali su cui esponiamo i nostri
prodotti (frigorifero a forma di lattina) perchè vogliamo distinguerci. Lo sviluppo di questi materiali
ha un costo che assorbe buona parte del budget di questa sezione. Nel 2019 abbiamo avviato una
campagna 360 gradi, infatti abbiamo creato una lattina dedicata all'atleta di motocross Tony Cairoli
e poi attraverso tre step abbiamo coinvolto lo shopper. Dopo aver acquistato la lattina (step 1) si
poteva accedere al sito internet e provare ad emulare l'atleta “train with Tony” (step 2) e vincere
un premio (step 3). Abbiamo creato un contenuto intorno alla lattina, siamo usciti dal locale e
abbiamo attirato più shopper.
- category management: dobbiamo parlare non solo di come far crescere Redbull ma anche di come
far crescere la categoria, poi in base alla quota di mercato che deteniamo della categoria
cresceranno anche le nostre vendite. È un processo tra retail e manufacturers, in cui ogni categoria
cerca di aumentare il consenso degli shoppers. É un processo che si articola in 8 step. Le tattiche del
category management comprendono: assortimento, prezzo, promozione, spazio sullo scaffale.

148
L’obbiettivo di implementare le 4P del marketing: product, price, promotion, place.

Schema del reparto marketing:

Si hanno anche fornitori di dati (insighter o shopper data o sell out data e shopper reaserch).
Nuovo progetto è la vendita dei mini-frigoriferi di redubull.
Lo shopper marketing, si dedica alle politiche di marketing sul punto vendita pos marketing
trade marketing.
Category management l’obbiettivo e quello di far crescere la categoria ed espandere il settore
in generale in modo da trarre beneficio generale sulle vendite (il focus è sull’intera categoria
lavorando sul rapporto tra i produttori e il consumer).

149
Le tattics definition del category management sono: energy zone nel punto vendita

DOMANDE:

1) La finalità prima di una sponsorizzazione/investimento sportiva è quella di lavorare sulla


notorietà del brand e dell'awarness, ma è ovvio che un ritorno nelle vendite è qualcosa che ci si
aspetta. Il ritorno in termini di vendite sopratutto in certe aree, come la formula uno, è molto
efficace, dall'altra parte la gara di tuffi a Polignano ha come obiettivo primario quello di
promuovere il territorio piuttosto che gli incassi.
2) Perchè investire in category se potreste avvantaggiare anche i competitors? Un category
management non è obbligatorio, ma è utile e necessario quando nella curva delle vendite si
vuole continuare a crescere. Serve a stimolare la curva di crescita della categoria, e quanto essa
è radicata nella mente del consumatore. Serve per ampliare la categoria, questo si sviluppa in
parallelo alle vendite, le quali si ampliano di conseguenza, ma non sono collegate internamente,
il ricavo non è l'obiettivo primario.
3) Avete una linea di prodotto zero zuccheri? Si è stata lanciata quest'anno la “Zero”, in alternativa
alla classica e alla “sugar free”.
4) Data l'emergenza covid, non potendo investire in eventi dal vivo, investirete maggiormente nei
settori esports? Nel 2019 abbiamo prodotto 4.5 miliardi di minuti di video, nel 2020 ne
produrremo molti di più a causa del Covid. Il covid è stato una sfida ma anche una opportunità
di spostarsi dalla vendita di una singola lattina a un pacco di lattine, sono cambiate le abitudini
del consumatore.
5) Come pensate di intervenire sulla lattina a seguito della direttiva europea riguardante la plastica
monouso entrante in vigore l'anno prossimo? Abbiamo di recente lanciato una linea di prodotti
in lattina, sono Redbull, ma non energy drinks (i nostri competitors sono fever-tree e

150
schweppes), ci siamo appena affacciati su questo nuovo mercato. Dal punto di vista della
sostenibilità del packing siamo messi abbastanza bene.
6) quali sono state difficoltà di inserimento nel mercato francese? Così come qualsiasi tipo di
novità, lanciare un prodotto la cui categoria non esiste comporta anche delle difficoltà
normative. Ovviamente, se non vi è categoria non vi è una normativa specifica. Dunque a causa
della burocrazia francese abbiamo avuto delle difficoltà a livello di tempistiche.

TESTIMONIANZA COTY:

Divisione fragranze e marketing plan, processo che l’organizzazione porta avanti per
commercializzare il proprio prodotto, è espresso sotto forma di documento dinamico pubblicato
nell’azienda. Si lavora in un contesto di competizione al fine di ottenere un vantaggio competitivo.
Il marekting planing è n processo che può permettere ad un'organizzazione di opportunità
concentrato con gli obiettivi di aumentare le vendite e raggiungere un vantaggio competitivo
sostenibile.
COTY “come lanciare un nuovo brand sul mercato” → business plan, marketing di paese vs
marketing mondiale
Giuseppina Violante CEO della Coty, multinazionale che tratta cosmesi.
Claudia di Modica per talent acquisition
Coty lavora su diverse categorie che riguardano la bellezza. Il PURPOSE di Coty è “to celebrate and
liberate the diversity of your beauty” → tema della diversità e della sostenibilità.
Hanno tre divisioni:

• coty luxury (profumeria selettiva)


• coty consumer beauty
• coty professional beauty

Coty nasce (1904) da Francois Coty, che ebbe l'idea agli inizi del Novecento di creare delle fragranze
che invece di essere dedicate ad un'elitè della società, che potessero essere dedicate ad una
distribuzione più ampia.

Marketing plan
David Aaker è considerato il padre del branding moderno. Il marketing planning è un documento
dinamico, è un processo che l'azienda porta avanti per poter raggiungere i suoi obiettivi. Per
vendere un prodotto è necessario saper come allocare le risorse per ottenere un beneficio →
strategy planning.
Importanti sono le tre C:

• Company
• Customer
• Competition

Le cinque cose quando facciamo un piano di marketing sono:

• darsi degli obiettivi → GOAL


• dobbiamo studiare i consumi e capire cosa vogliono e a chi il nostro prodotto è adatto
• capire che beneficio avrà il nostro prodotto sui clienti

151
• creare offerta
• agire a livello pubblicitario

e-commerce funziona se c'è “traffico”, cioè se molte persone interagiscono con il prodotto e poi lo
acquistano.
Vi sono degli step di vendita:

• vendita al distributore
• vendita al consumatore finale → tanto più saremo bravi a convincere il consumatore finale
a volere il nostro prodotto e tanto più il retailer sarà disposto ad accettare la nostra offerta

Marketing analysis and goals → analizziamo i dati, all'interno del mercato scelto vediamo come si
segmenta, cioè quali sono i competitors e quali sono le nicchie. É importante saper dove inserire il
proprio brand. Se per esempio un prodotto come CK one, che è presente da molto tempo sul
mercato e sta subendo la competizione di prezzo e di novità con altri prodotti, allora abbiamo un
problema di value porposition. È un prodotto che è stato lanciato anni fa(1995), perciò il target a
cui era riferito ora ha circa 40, è necessario rivitalizzare il prodotto, perchè chi ha una certa età vuole
sentirsi più giovani. CK one è stato il primo profumo unisex, ha creato pubblicità androgine e con
una sessualità non così esplicita ma comunque provocante. Ora con la nuova linea CK new vuole
proporre un'idea di autenticità, di inclusive e gender-free ecc. La sustainability nel beauty è un tema
centrale, sia nella produzione che nel packaging.
Value proposition → è il contenuto che mettiamo per la proposizione. La pima informazione è che
contiene il 79% di prodotti vegan cioè di origine naturale. Il prodotto mantiene la base del progetto
originario ma con qualche nuova componente. Il flacone si apre con un tappo poi si inserisce un
erogatore, non essendo uniti il flacone può essere riciclato nel vetro separando le componenti.
Offerta → Tipicamente, i profumi sono regalati, per questo è importante che siano proposte diverse
dimensioni. Infatti, normalmente per l'uso personale, se ci piace molto la fragranza, compriamo
flaconi maggiori, mentre se li regaliamo tendiamo a comprare flagoni minori a fronte di un prezzo
diversificato.
Merciandising e attivita' → parte di promozione vendita. A seconda di diversi punti vendita sono
stati forniti dei gifts per i clienti che acquistano il prodotto. Ovviamente è stato stabilito un budget
Communication strategy → piano media-diet, si studiano i comportamenti e gli audience di ogni
sistema di informazione (tv, social media ecc). Nel commercio di profumi la tv è ancora un mezzo di
comunicazione estremamente forte. La forza del digital è che la pubblicità può essere
personalizzata, poiché grazie ai big-data è possibili mostrare gli spot al target di riferimento.
L'outdoor (cartelloni pubblicitari, tutto ciò che è fisico) è un rinforzo importante dell'awarness. Oggi
è molto forte il mondo degli influencer, è una collaborazione tra l'influencer, che pubblicizza un
certo life-style con annessi una serie di prodotti, e l'azienda.
Ogni lancio è come un puzzle, ogni pezzo ha un senso, la composizione finale, se efficace ci porterà
al successo. Il successo non è solo nell'immediato, ma deve essere sul lungo periodo, i consumatori
devono essere convinti del prodotto e devono volerlo comprare ancora.
I claim fatti da Coty sulla sustainability sono stati confermati/suffragata da un agente esterno che
gli ha conferito un premio.

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Per comporre un marketing plan si utilizza il modello delle 7 P:

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Si ha un metodo per riuscire nella soddisfazione del cliente per quanto riguarda i profumi, il FUNNEL,
il lavoro di marketing si occupa di tutte le fasi del funnel. Fannel(step di acquisto del cliente):
awareness (ne ho sentito parlare), interest (mi potrebbe interessare), consideration(fa al caso mio),
intent(lo cerco per acquistarlo), buy.

Fannel fasi:
La parte più ampia è quella di comunicazione e meno fisica. L'awarness e interest sono creati senza
mostrare fisicamente il prodotto, ma tramite i grandi mezzi di informazione (tv, youtube). Nella fase
più di interest e consideration entra in gioco l'influencer e la dimensione fisica del punto vendita. In
italia e-commerce, cioè il commercio online riguarda in Italia solo il 5% e nonostante il lockdown
dove vi è stata una crescita enorme, appena possibile i consumatori sono ritornati al punto vendita.
L'intention to buy lo si crea normalmente con la vicinanza al punto fisico. Più sono in alto e più sono
immateriale, mentre più mi avvicino al momento d'acquisto e più diventa importante ciò che do al
cliente.

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Il lancio del prodotto di CK everyone, cash cown, si inzia con l’analisi del mercato, si hanno grandi
crescite su quote piccole:
Calo di vendite perché non riesco a prendere le nuove generazioni ma solo un grande parte della
generazione degli anni 90.

Profumo CK one, prodotto molto venduto e bisonga capire quale è il problema nel funnel in base ai
feedback del mercato, in particolare con un focus su prezzo spostamento verso premium price,
bisonga porre un obbiettivo di guadagnare 1 punto di market share.

Target market: a chi si vende? Considerare aspetti sociodemografici e culturali e generazionali per
rilanciare il prodotto, quindi variazione delle dimensioni del profumo per regolarsi al consumatore.
Le attivazioni in store per attività promozionali e per la comunication strategy si utilizzano i social
media, tv o special event e influencer e brand ambassador.
Il piano di marketing è un puzzel, cioè sono tanti piccoli passaggi per arrivare all’aumento di valore
del prodotto e di vendite dello stesso.
Ck one ha vinto una certificazione in modo da rendersi credibile e autentica nel suo progetto di
marketing mix. Quando si crea un piano di marketing e si articolano le leve del marketing mix,
tramite le certificazioni rendo concrete le idee e la comunicazione del marketing.
Sampling offetta pubblicitaria con campioncini.
Il concetto di liciensing, gestire un brand che nasce però in un altro settore di prodotto.
Il CK one + CK everyone esempio di cannibalizzazione.

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