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CAPITOLO 1 Il concetto tradizionale di marketing

1.1 Il concetto tradizionale di marketing


La definizione di marketing è: soddisfare bisogni in modo redditizio.
Il concetto tradizionale di marketing ha 3 principi:
• Orientamento del cliente: le azioni manageriali derivano dalla comprensione dei bisogni e desideri
del cliente;
• Integrazione dell’attività: è necessario un coordinamento con le altre funzioni dell’impresa;
• Obiettivo di reddittività: l’impresa realizza dei profitti grazie alla soddisfazione del cliente.
In mercati competitivi e instabili viene applicata la filosofia di business market driven: implica la produzione
di beni e servizi solo dopo una chiara definizione dei bisogni dei clienti, ovviamente considerando anche gli
altri interlocutori.
Secondo il marketing tradizionale perseguire gli interessi dei clienti favorisce anche l’impresa, quindi si crea
un rapporto win-win.

MARKETING STRATEGICO VS OPERATIVO


Marketing strategico: processo di
medio-lungo periodo, orientato
all’analisi e incentrato
sull’individuazione dei bisogni e
delle strategie di sviluppo
dell’impresa.
Marketing operativo: processo
orientato all’azione in un periodo
temporale di breve-medio periodo
e si indirizza a mercati o segmenti
già esistenti.

CONFRONTO TRA MARKETING


STRATEGICO E OPERATIVO

Marketing strategico
Il marketing strategico si basa sull’analisi dei bisogni degli individui.
Segue l’evoluzione del mercato di riferimento e identifica i differenti prodotti/mercati/segmenti attuali o
potenziali, in base all’analisi dei diversi bisogni da soddisfare.
Questi prodotti/mercati rappresentano delle opportunità economiche di cui poi si valuta l’attrattività
attraverso il suo ciclo di vita. Esso dipende anche dalla competitività dell’impresa e se esso ha un vantaggio
rispetto ai suoi concorrenti.

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Il suo ruolo è:
• La risposta alle opportunità esistenti
• La creazione di nuove opportunità interessanti per l’impresa.
Marketing strategico reattivo e proattivo
Le innovazioni provengono:
• Dal mercato= market-pull
• Dall’impresa=technology push
Quindi nel marketing strategico esistono due approcci complementari: di risposta e di creazione dell’offerta.
1. Marketing strategico reattivo o di risposta: l’obiettivo è individuare bisogni e desideri del
consumatore e soddisfarli. Il compito del marketing è quello di incrementare la domanda esistente o
sviluppare un mercato potenziale. “è fattibile?”
2. Marketing strategico proattivo o guidato dall’offerta: identifica i bisogni latenti o non espressi
ricercando soluzioni nuove a bisogni già conosciuti. Il compito del marketing è di creare nuovi
mercati. “esiste un bisogno?”
Marketing operativo
L’obietto del marketing operativo è quello di raggiungere il fatturato programmato (Cioè vendere e ottenere
ordini). Tale obiettivo si traduce in programmi di fabbricazione, stoccaggio e distribuzione, prezzo e
comunicazione.
Il piano strategico non può funzionare senza il marketing operativo.
Marketing operativo transazionale e relazionale
Il marketing transazionale si focalizza sulla singola transazione e la relazione finisce con la conclusione della
vendita. I bisogni sono contrapposti (l’acquirente vuole un buon prezzo, il venditore un profitto alto).
Il marketing relazionale si focalizza sulla relazione con il cliente e cerca di ottenere un rapporto che duri nel
tempo. Questo rapporto crea opportunità di condividere i vantaggi nell’attività di scambio.

MARKETING MIX (4P)


Product, price, place, promotion.
Sono tecniche specifiche con cui si cerca di soddisfare i bisogni del consumatore.
Vengono aggiunte altre 3P: people, process e physical evidence.
Critiche:
• mancanza di contenuto strategico, che li rende inadeguati come strumenti di pianificazione poiché
danno per scontato i business da realizzare, i clienti da servire ecc.
• il marketing mix da una visione di mercato dall’interno verso l’esterno, mentre il marketing vuole
essere un approccio che da priorità ai clienti.
• Focalizza le transazioni di mercato di breve termine e non sulla relazione con i clienti.

SAVE
1. Soluzione: le aziende pongono il proprio modello di business non più sul prodotto, ma sulla soluzione
che esso offre.
2. Accessibilità: focalizzazione sull’accessibilità e non sulla priorità grazie a internet e dalle nuove
tecnologie.
3. Valore anziché prezzo.
4. Educazione anziché comunicazione.

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CAPITOLO 2 Il nuovo concetto di orientamento del mercato
2.1 Il concetto di orientamento al mercato e il modello Esteso di Orientamento al Mercato
“L’orientamento del mercato è una cultura di business, diffusa nell’organizzazione d’impresa attraverso il
coordinamento interfunzionale, con l’obiettivo di progettare e promuovere, a condizioni redditizie per
l’impresa, soluzioni di valore superiore ai clienti e agli stockholder coinvolti nel mercato.”
• Progettare: si riferisce alla funzione svolta dal marketing strategico;
• Promuovere: si riferisce al marketing operativo;
• Con soluzioni di valore superiore: combinazioni di prodotti che soddisfano i clienti e sono migliori
della concorrenza;
• Coordinamento interfunzionale: è il veicolo utilizzato per diffondere nell’organizzazione la cultura di
OM;
Le dimensioni dell’orientamento del mercato

• Cultura: è la filosofia di business d’impresa che pone l’accento sul processo di creazione di valore per
i partecipanti al mercato, in maniera compatibile con l’obiettivo dello sviluppo sostenibile di
raggiungere gli obiettivi di redditività.
• L’analisi: si riferisce alla mente strategica o alle caratteristiche strategiche dell’impresa per sviluppare
strumenti sensibili al mercato e per progettare soluzioni di valore sostenibili atte a risolvere i
problemi dei clienti e per differenziare queste soluzioni dalla concorrenza.
• L’azione: si riferisce al braccio commerciale e ai suoi strumenti di marketing operativo usati per
rendere la proposta di valore conosciuta, accessibile e con un prezzo accettabile dai clienti del target.
Il modello esteso OM

La visione di questo modello è la visione del mercato come un complesso raggruppamento di


stakeholder: clienti, concorrenti, distributori, influenzatori e altri stakeholder.
Si possono identificare 4 elementi differenti tra il MT e EOM:

Marketing tradizionale Esteso di Orientamento al Mercato


Orientato al cliente Orientato sia al cliente, ma anche agli altri attori del
mercato.
Innovazione market-pull Oltre market-pull anche su technology-push
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Orientato all’azione Approccio di soluzione ai problemi dei clienti
Limitato alla funzione marketing Cultura organizzativa diffusa a tutti i livelli e in ogni
funzione dell’impresa

2.2 Gli attori del mercato globale


In un’economia di mercato un ecosistema è un complesso gruppo di attori che ottengono vantaggi
reciproci l’uno dell’altro.
• Clienti diretti e clienti finali (domanda diretta): la soddisfazione del cliente è al centro dell’EOM.
Bisogna capire i bisogni, creare valore e anticipare i problemi del cliente a seconda del tipo di
organizzazione e del tipo di mercato 2B2 e B2C.
• Produttori di beni e servizi
• Partner e domanda indiretta, da raggiungere quando il prodotto si realizza solo accompagnato ad un
altro, e perciò può affidarsi a dei partner (es. aggregatori e integratori)
• Distributori e intermediari
• Concorrenti diretti e indiretti e produttori di beni sostitutivi
• Influenzatori
• Gli investitori e gli altri stakeholder
• I nuovi attori nei mercati elettronici
• I marketplace
• Gli informediari

2.3 L’approccio di “soluzione” e il mercato virtuale


Una soluzione è una combinazione di beni e servizi che crea un valore superiore alla somma delle sue parti.
Molte imprese non hanno successo nell’adozione di questo approccio per una delle tre ragioni seguenti.
1. Alcune imprese credono di vendere soluzioni
semplicemente accorpando prodotti e/o servizi
che creano poco valore quando vengono offerti
assieme e incontrano poi difficoltà e ottenere un
prezzo maggiore.
2. Molte imprese sottovalutano la difficoltà della
vendita di soluzioni.
3. Molte imprese commercializzano soluzioni nello
stesso modo con cui vendono beni fisici, ma non
adottano una strategia di vendita di tipo
relazionale anziché transazionale.
È il livello di personalizzazione e integrazione a porre la soluzione al di sopra dei prodotti e servizi o delle
combinazioni di prodotti e servizi e a giustificazione una maggiorazione del prezzo.
I fornitori vendono soluzioni come combinazioni integrate e personalizzate di beni e servizi, dall’altro i clienti
vedono le soluzioni come un insieme di processi relazionali cliente-fornitore che comprendono:
1. La definizione delle richieste dei clienti;
2. La customizzazione e l’integrazione di beni e servizi;
3. Il loro sviluppo;
4. La disponibilità di supporto ai clienti per soddisfare i bisogni.
L’approccio di “soluzione” e il marketing mix
L’obiettivo è la comprensione dei problemi del cliente. I clienti non cercano un prodotto ma una soluzione
globale, che può implicare l’uso di un pacchetto di beni e servizi. È un rapporto orientato dall’esterno verso
l’interno a differenza del marketing tradizionale che è orientato all’offerta.

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L’approccio di soluzione ai problemi dei clienti propone un modo diverso di guardare gli elementi del
marketing mix:
- Prodotto: una soluzione a un problema e il pacchetto di benefici che il prodotto rappresenta;
- Distribuzione: un comodo accesso alla soluzione cercata dal compratore;
- Prezzo: i costi monetari e non sostenuti dal cliente per acquistare una risorsa;
- Comunicazione: le info, i messaggi e i segnali comunicativi relativi alle soluzioni disponibili e alle loro
caratteristiche distintive;
- Vendita: il processo di negoziazione con il potenziale cliente, nella ricerca della soluzione più adatta
al suo problema.
Per ottenere la soluzione desiderata i clienti vengono coinvolti in diverse attività direttamente o
indirettamente collegate al risultato cercato.
Che cos’è un mercato virtuale?
I mercati virtuali conducono a un’offerta o a un assortimento di offerte, definite con riferimento a tutte le
attività svolte e a tutti i servizi richiesti dalla clientela, per raggiungere uno specifico risultato, con lo scopo
di soddisfare un bisogno generico.
Un mercato virtuale rappresenta una sequenza temporale completa di attività logicamente collegate nello
spazio cognitivo dei clienti, mentre cercano di soddisfare un bisogno generico.
Le attività intraprese dai potenziali clienti sono in genere trasversali, di conseguenza i mercati virtuali
assorbono una percentuale molto più elevata di spesa del cliente.
La sfida dell’impresa è passare dal concetto piuttosto astratto di mercato virtuale a quello di metamercato
che consiste in un’offerta o in un assortimento di offerte definite con riferimento a tutti gli elementi compresi
nello spazio cognitivo del cliente.
L’agente che rappresenta i diversi partener che collaborano nel fornire la soluzione nel metamercato viene
definito metamedario.
I metamedati risolvono 4 problemi dei consumatori: tempo di ricerca, garanzia di qualità, facilitazione di
transazioni per acquisto collegati, informazioni imparziali sui contenuti. La chiave del suo successo è
rappresentato dalla fiducia dei consumatori.
Il concetto di ciclo di attività del cliente
Un altro modo di rappresentare il mercato virtuale si fonda sul concetto di ciclo di attività del cliente. Essa
descrive una sequenza di attività direttamente o indirettamente correlate, intraprese dal cliente prima o
dopo la decisione d’acquisto.
Questa metodologia può aiutare i manager a valutare l’opportunità di offrire nuovi tipi di servizi, per colmare
eventuali lacune nella catena di attività che porterebbero a trasformarsi in opportunità per i concorrenti.
I benefici attesi dell’approccio di “soluzione”
La decisione di un’impresa di vendere soluzioni è centrata su due obiettivi:
a. Ottenere margini di profitto più elevati di quelli ottenibili dalla vendita di soli prodotti;
b. Generare relazioni più durature con i clienti.
I principali vantaggi del concetto di mercato virtuale possono essere riassunti come:
- È orientato alle esigenze del cliente;
- La comunicazione con i potenziali clienti viene facilitata;
- Le entrate sono sempre maggiori di quelle dei prodotti-mercati;
- Il concetto offre la possibilità di fidelizzazione della clientela;
- Si possono individuare possibilità di crescita in attività direttamente o indirettamente legate alle
attività di base;
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- Il cliente contribuisce a individuare chi sono i concorrenti indiretti o potenziali.

CAPITOLO 5 L’analisi del bisogno del cliente


5.1 La nozione di bisogno
Il bisogno è la necessità e la sua soddisfazione permette all’individuo di vivere meglio.

• Bisogni generici: un problema che un consumatore cerca di risolvere acquistando beni e servizi;
• Bisogni derivati: è la risposta tecnologica a un bisogno generico e rappresenta l’oggetto del desiderio
del consumatore.
I bisogni derivati sono alternativi e competono fra loro, prenderà il sopravvento sugli altri quello che ha le
caratteristiche che soddisferà il consumatore.
I nuovi prodotti sul mercato non derivano quindi da nuovi bisogni generici, ma dalla saturazione di quelli
presenti.

• Bisogni assoluti: sentiamo qualunque sia la condizione altrui;


• Bisogni relativi: le soddisfazioni di tali bisogni ci porta al di sopra dei nostri simili facendoci sentire
superiori.
I bisogni assoluti sono saturabili, quelli relativi insaziabili.

• Bisogni consapevoli e non


consapevoli: sono bisogni di cui il
potenziale cliente non è
consapevole sono latenti e si
attivano quando si manifestano
determinate circostante.

• Bisogni esistenziali: si possono distinguere in primari e acquistabili, essi soddisfandoli contribuiscono


all’equilibrio e al benessere esistenziale dell’individuo.
• Bisogni esperienziali: sono azioni compiute per piacere che si prova mentre le si fa e senza obiettivi
specifici.

5.2 La motivazione del cliente finale


La motivazione può essere definita come l’energia che ci spinge a mettere in atto un comportamento
finalizzato a un preciso obiettivo.
La motivazione può derivare secondo la filosofia da:
• Approccio comportamentale: è l’approccio che studia il comportamento senza fare riferimento alla
consapevolezza dell’individuo;
• Approccio cognitivista: attribuisce consapevolezza e volontà all’individuo, il quale ragionando è in
grado di decidere come comportarsi.
Teorie della motivazione
• La teoria della riduzione delle pulsioni o teoria statistica: secondo tale teoria la motivazione è legata
all’equilibrio delle pulsioni che genereranno uno Stimolo-Risposta;
• Comportamento motivato o diretto a uno scopo: l’attesa del risultato sia il motore principale
nell’orientare la condotta;
• Teoria dell’incentivo: il comportamento è regolato da una relazione costi-benefici;
• Teoria dell’attivazione: l’organismo ha un’attività naturale che costruisce una sorta di auto
motivazione.

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I bisogni di stimolo
Berlyne dimostrò che per spiegare i processi dipinta
apprendimento occorreva introdurre nuovi concetti
come quello di complessità dello stimolo e di novità.
La novità stimola e piace soprattutto quando genera
sorpresa, cambiamento, ambiguità, incongruità,
dissonanza cognitiva e la forza di indurre incertezza.
Gli stimoli provocati dalla proprietà più attraenti dei beni rappresentano dunque un importante punto di
soddisfazione per gli individui. La preoccupazione di soddisfare questa aspettativa di stimolo è alla base di
numerose azioni di marketing.
Il bisogno di piacere
Gli psicologi sperimentali hanno evidenziato l’esistenza del piacere come fenomeno diverso dall’assenza di
sofferenza o dalla presenza di benessere. Le sensazioni di piacere nascerebbero dalle variazioni del livello di
risveglio.
Si possono identificare due fonti di piacere: quella che deriva dal processo di soddisfazione di un bisogno e
dalla riduzione di tensione che procura; quella che deriva dallo stesso stimolo.
- La ricerca del piacere è un fatto determinante del comportamento umano e della forza motivazionale
fondamentale, da prendere in considerazione in tutti i tentativi di interpretazione dei comportamenti
individuali d’acquisto.
Le determinanti del benessere individuale
E’ possibile individuare tre forze motivazionali che determinano il benessere individuale:
- La ricerca di comfort: che deriva da due tipologie di comportamento: una che riduce le tensioni per
mezzo della soddisfazione dei bisogni omeostatici; l’altra che lotta contro la noia con stimoli legati a
novità, cambiamento ecc
- La ricerca di piacere: deriva da due fonti: il piacere inerente alla riduzione delle tensioni e quello
derivante dalla stimolazione.
- La ricerca di stimolazione: non solo per combattere la noia ma come obiettivo in sé.
La ricerca di confort si propone di colmare una mancanza e di assicurare così un bene negativo; il piacere e
la stimolazione hanno lo scopo di assicurare un bene positivo.

5.3 La struttura multidimensionale dei bisogni


L’elenco dei bisogni di Murray
Murry fornisce un elenco abbastanza schematico dei bisogni dell'individuo, che classifica secondo quattro
dimensioni:
- bisogni primari e secondari, a seconda che abbiano origine fisiologica o meno;
- Bisogni positivi o negativi, a seconda che il soggetto sia attirato o respinto dall'oggetto
- Manifesti o latenti a seconda che il bisogno conduca a un comportamento reale o immaginario;
- Bisogni di cui l'individuo è consapevole o inconsapevole, a seconda che mantenga nei loro confronti
un atteggiamento introspettivo o meno.
Murray Fornisce una lista di 37 bisogni egli suddivide in categorie.
Egli ritiene che tutti gli individui abbiano gli stessi bisogni, ma che la loro espressione possa variare da persona
a persona, in base a differenze caratteriali o di contesto. I bisogni possono essere indotti da stimoli interni o
esterni e la loro intensità può variare a seconda dei momenti. Si possono distinguere tre stati diversi:
a. Refrattario, in cui nessuno stimolo è in grado di risvegliare il bisogno;
b. Inducibile, in cui bisogno è inattivo ma può essere risvegliato;

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c. Attivo, in cui il bisogno determina il comportamento dell'organismo.
L’analisi di Murray ha orientato gli esperti verso una comunicazione pubblicitaria maggiormente basata sul
contesto d’acquisto e sull’uso dei prodotti, che incidesse dunque sui bisogni inducibili.
La gerarchia dei bisogni di Maslow
Raggruppa i bisogni fondamentali in 5 categorie: i bisogni fisiologici, di sicurezza, sociali, di stima e di
autorealizzazione.
Questa gerarchia ha un ordine prioritario nei bisogni, cioè un individuo comincia a ricercare la soddisfazione
dei bisogni prioritari prima di passare alla categoria successiva. Ci sarebbe così un’attenuazione progressiva
dell’intensità dei bisogni soddisfatti e un’intensità crescente per quelli di ordine superiore non ancora
soddisfatti.
L’analisi di Maslow è interessante perché riesce a mettere in evidenza oltre la struttura multidimensionale
dei bisogni, ma anche il fatto che essi non siano presenti con la stessa intensità in tutti gli individui.
La lista dei valori di Rokeach
I valori sono le idee che ci facciamo su ciò che è desiderabile.
Esistono due tipi di valori:
- Valori terminali: sono i nostri convincimenti riguardo agli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere.
- Valori strumentali: indicano i nostri convincimenti sulle modalità di comportamento da adottare per
raggiungere i valori terminali.
Dato che i valori si acquisiscono attraverso la cultura, la maggior parte delle persone appartenenti a una
stessa società possiede gli stessi valori, anche se in misura diversa.
La preminenza di alcuni valori cambia inoltre dal tempo. Rokeach ritiene che il numero totale di valori
presenti in ogni individuo sia relativamente basso e ha identificato 8 valori terminali e strumentali.
La logica di questo modello si può riassumere: per comprendere le motivazioni individuali, cominciamo a
conoscere e a comprendere i valori i quali sono legati gli individui, in particolare quando si tratta di prodotti
che rivestono una certa importanza per il consumatore. La comprensione dei cambiamenti nei valori,
all’interno di una società, faciliterà lo sviluppo di strategie efficaci nell’affrontare la dinamica del
cambiamento sociale.
Il modello della catena “mezzi-fini”
L’obiettivo del modello MEC (Means End Chain Model) è utilizzare le ricerche di marketing in modo
produttivo dal punto di vista analitico e previsionale, per confrontare il comportamento del consumatore con
i suoi valori.
È un modello che cerca di spiegare come il consumatore
scelga i prodotti che gli serviranno a ottenere le
conseguenze desiderate, che a loro volta lo condurranno
al raggiungimento della condizione finale cui mira. I mezzi
sono i beni e i servizi acquistati, mentre i fini sono i valori
terminali desiderabili e ricercate dagli individui attraverso
il processo d’acquisto.
Essa è la rappresentazione di tre elementi:
a. Caratteristiche dei prodotti;
b. Gli attributi, cioè le conseguenze derivanti dal
comportamento di consumo diretto o indiretto da parte del consumatore;
c. I valori strumentali e terminali.

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La teoria dei valori del consumo di Sheth Newman, Gross
Applicando il concetto di valori ai comportamenti d’acquisto descrivono la decisione d’acquisto come un
fenomeno multidimensionale, che chiama in causa valori diversi: funzionali, sociali, emozionali, epistemici e
circostanziali che vengono definiti nel modo seguente:
1. Valore funzionale: l’utilità percepita di un’alternativa, derivante dalla sua capacità di svolgere il
proprio ruolo funzionale, utilitario o fisico;
2. Valore sociale: l’utilità percepita di un’alternativa derivante dalla sua associazione a uno o più gruppi
sociali;
3. Valore emozionale: l’utilità percepita di un’alternativa derivante dalla sua capacità di suscitare
sentimenti o reazioni affettive.
4. Valore epistemico: l’utilità percepita di un’alternativa derivante dalla sua capacità di suscitare
curiosità, di apportare del nuovo o di soddisfare un desiderio di conoscenza.
5. Valore circostanziale: l’utilità percepita di un’alternativa derivante da una situazione o da un contesto
specifico nel quale si viene a trovare chi deve decidere.
Questi 5 valori apportano contributi diversi in una situazione di scelta; infatti, alcuni hanno maggiore
importanza rispetto ad altri ed sono tutti indipendenti rispetto gli altri.
5.4 La motivazione del cliente industriale
In ogni economia esiste una parte dell’attività commerciale che è incentrata sulle transazioni fra
organizzazioni o imprese (business-to-business).
Le principali differenze tra il marketing B2B e B2C possono essere raggruppate in tre categorie:
La domanda di beni industriali
La domanda industriale, o di business, è una domanda derivata, da un’organizzazione che utilizza prodotti
acquistati all’interno del suo sistema di produzione per poter rispondere a domanda sia di altre organizzazioni
sia del consumatore finale. La domanda industriale è molto instabile reagisce bruscamente una debole
variazione della domanda finale (principio di accelerazione).
Il cliente industriale
L’impresa industriale si trova di fronte a clienti multipli: i suoi clienti diretti e i clienti dei suoi clienti diretti
che fanno parte della filiera industriale. A ogni livello della catena il cliente industriale possiede una struttura
collegiale; un gruppo di persone, il centro di acquisto, esercita una serie di funzioni differenti e possiede
competenze e motivazioni distinte.
Il cliente industriale è una cliente professionista tecnicamente competente; l’atto d’acquisto implica quindi
un livello di standardizzazione non rintracciabile nel processo di acquisto del consumatore finale.
Il prodotto industriale
Il prodotto ricercato è generalmente indicato con precisione dal cliente industriale, che sa ciò che vuole; le
prestazioni attese sono chiaramente specificate e il margine di manovra del fornitore è limitato.
Il cliente industriale (B2B) come centro decisionale d’acquisto
In un’impresa industriale e le decisioni di acquisto sono prese quasi sempre da un gruppo di persone
chiamate: gruppo d’acquisto o centro decisionale d’acquisto.
Si definisce centro d’acquisto un gruppo di individui che devono prendere insieme una specifica decisione
d’acquisto. Ognuno di essi esercita un ruolo specifico nel processo decisionale. Il gruppo d’acquisto è
caratterizzato dalla presenza di un sistema di comunicazione o d’interazione e da un insieme di valori o di
norme condivise che orientano e vincolano, al contempo, il comportamento di ogni membro del centro
d’acquisto.
Il centro d’acquisto è composto cinque ruoli:
a. L’acquirente, colui che ha il compito di formulare le condizioni d’acquisto (direzione acquisti);

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b. L’utente, colui che utilizza il prodotto (ingegnere o operario);
c. Il prescrittore, è in grado di influenzare la decisione finale (ricerca e sviluppo, ingegneri, consulenti);
d. Il decisore, la persona responsabile della scelta finale delle marche e dei venditori (consiglio di
amministrazione);
e. I filtri, coloro che controllano il flusso d’informazioni all’interno del gruppo stesso e che possono
influenzare direttamente il processo d’acquisto (coloro che sono incarcati della ricerca preliminare
d’informazioni o del servizio di segreteria).
Queste persone sono coinvolte a vario titolo
nell’atto di acquisto stesso e sono diversamente
occupate per le sue possibili conseguenze
dall’attività d’impresa.
Bisogni generici dei clienti industriali
Quello che si potrebbe chiamare bisogno generico
del cliente industriale va definito il riferimento ad almeno cinque dimensioni:
- tecnologica (specifiche del prodotto);
- finanziaria (competitività del prezzo, costo del trasporto, dell’installazione e della manutenzione e
termini di pagamento, puntualità della consegna);
- di assistenza (servizio post-vendita di assistenza);
- d’informazione (comunicazione, qualificazione del personale di vendita, accesso prioritario
all’innovazione, formazione, business intelligence etc.);
- strategica (rapporti reciproci, compatibilità delle modalità di organizzazione, reputazione della marca
o dell’impresa etc.).

CAPITOLO 6 Il comportamento d’acquisto del cliente


IL COMPORTAMENTO D’ACQUISTO DEL CLIENTE
6.1 I Diversi ruoli del cliente
Il cliente può assumere 3 ruoli diversi: l’acquirente, pagante e consumatore.

• Il cliente nei mercati B2C può essere: acquirente, utilizzatore-consumatore e pagante.


• Nei mercati B2B: acquirente, utilizzatore, prescrittore, decisore e filtri.

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Ambito di analisi del comportametno d'acquisto del cliente

6.2 Il processo d’acquisto e consumo nei mercati B2B


Il processo d’acquisto ha diverse fasi tipiche del processo di risoluzione di un problema da parte del cliente.

L’acquirente viene considerato come un soggetto attivo dominato dall’inconscio e indifeso di fronte alle
strategie di vendita dell’azienda e dei pubblicitari.
Il principio di razionalità limitata
Secondo il principio di razionalità limitata il comportamento d'acquisto non è causale ma razionale, cioè nei
limiti delle capacità cognitive e di apprendimento degli individui.
Le ipotesi di tale principio sono:

• Le scelte sono soggetto di una riflessione preliminare da parte del cliente secondo l’importanza del
rischio percepito;
• Le scelte si effettuano sulla base delle previsioni di dati futuri e non solo sulla base di osservazioni di
breve periodo;
• Le scelte sono guidate dal principio di scarsità generalizzata.
Quindi i comportamenti adottati saranno considerati razionali nella misura in cui si dimostreranno coerenti
rispetto agli obiettivi fissati inizialmente.
I diversi approcci risolutori
Esistono tre diversi comportamenti risolutori.
• estensivo: verrà adottata dal cliente qualora il valore delle informazioni e/o il rischio percepito siano
elevati
• limitato: l’acquirente si trova davanti ad una marca sconosciuta all’interno di prodotti già noti. I
criteri di scelta sono definiti ma ci sarà una ricerca di informazioni e valutazione.

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• di routine: quando il cliente ha già in possesso informazioni ed esperienza del prodotto e acquisterà
fiducia e l’acquisto diventerà ripetitivo senza ricerca di informazioni.
La ricerca di informazioni
La ricerca di informazioni viene ampliamente svolta in un comportamento risolutorio estensivo e viene man
mano a calare fino ad essere assente in quello di routine.
Da cosa dipende la quantità di informazioni ricercata prima di effettuare una scelta d’acquisto?
1. Il rischio percepito;
2. Il grado di coinvolgimento
3. La familiarità e la competenza con la tipologia di prodotto;
4. Lo stile di shopping
Il rischio percepito dipende dall’incertezza delle conseguenze negative derivanti dalla scelta da compiere,
esistono diversi rischi:
• Rischio funzionale: le caratteristiche del prodotto non corrispondono alle attese;
• Rischio finanziario: in caso di prodotto difettoso o riparazioni da compiere;
• Rischio di perdita di tempo: ore dedicate a resi, reclami ecc..
• Rischio fisico: prodotto che può presentare problemi alla salute;
• Rischio sociale: il prodotto trasmette un’immagine non corrispondete alla personalità del cliente;
• Rischio psicologico: perdita di autostima o insoddisfazione generale.
Per ridurre il rischio percepito prima dell’acquisto l’acquirente rincorre a informazioni di natura: personale
(familiari), commerciali (pubblicità) e pubbliche.
Il forte coinvolgimento comporta un livello elevato di riflessione preliminare e una forte reazione affettiva;
a un basso livello invece i consumatori investono poco in termini di riflessione e sentimento.
La familiarità si riferisce alle precedenti esperienze che l’acquirente ha avuto con il prodotto, mentre la
competenza corrisponde alla conoscenza specifica del prodotto, come ad esempio le sue caratteristiche
tecniche o il suo funzionamento.
Lo stile di shopping invece può essere funzionale, economico o ricreativo.
I costi dell’informazione
• Costi di ricerca: sono sostenuti per conoscere i mercati e delimitare l’insieme delle opportunità che
il cliente può inserire nell’insieme di possibili alternative.
• Costi di percezione: sono sostenuti al fine d’identificare le caratteristiche dei beni inseriti nell’insieme
sotto esame (luogo si acquisto, prezzo ecc.);
• Costi di valutazione: valutano il grado di presenza delle caratteristiche percepite e di verificare
l’autenticità dei segnali inviati del mercato sulla qualità dei beni.
Il costo in termini di tempo viene misurato dal costo-opportunità e varia da individuo a individuo.
Le fondi dell’informazione
I costi dei prodotti varino a seconda della loro osservabilità, infatti più le caratteristiche sono esterne e visibili
e meno costi l’acquirente sosterrà, più sono interne e non verificabili e il consumatore dovrà acquistare il
bene per conoscerlo.
Tuttavia esistono diversi modi di raccolta delle informazioni:

• Fonti d’informazioni dominate dai produttori: pubblicità, consigli venditori ecc..


• Fonti d’informazione personale: amici, familiari ecc...
• Fondi d’informazioni neutre: articoli giornale, riviste specializzate ecc...

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6.3 Il prodotto come paniere di attributi
Un prodotto è percepito dal potenziale cliente come un “paniere di attributi” e di “associazioni mentali” che
forniscono insieme l’utilità totale del prodotto.
Le caratteristiche oggettive e gli attributi
Le caratteristiche oggettive degli attributi sono le caratteristiche fisico-tecniche che producono gli attributi e
che ne costituiscono la cosiddetta “scheda tecnica”.

Esempio: il fluoro (caratteristica oggettiva) in un dentifricio per bambini, fornisce l’attributo anticarie
(beneficio ricercato dal cliente).

Ogni prodotto costituisce un paniere specifico di attributi. Per attributo d’intende il servizio offerto o il
beneficio ricercato dal cliente e utilizzato come criterio di scelta.
Tali attributi possono essere classificati in base
alla presenza percepita e all’importanza in:

• Servizio o beneficio di base: utilità


funzionale o vantaggio generico della
categoria di prodotto.
• Servizi o benefici necessari:
accompagnano di norma il servizio di
base e ne rappresentano le modalità di
produzione.
• Servizi o benefici aggiunti: benefici non
legati al servizio di base, offerti in più dal
prodotto o dalla marca e che
rappresentano un importante elemento
di distinzione.
L’importanza degli attributi
Ogni attributo assume importanza diversa agli occhi del cliente. Infatti ogni attributo riflette i valori o le
proprietà che tale individuo riserva a ciascuno dei vantaggi offerti dal prodotto.
Ogni persona ricerca il massimo in cambio del minimo, questo obiettivo è inconciliabile. Infatti l’individuo
trova dei compromessi e decide quali sono per lui i benefici più importanti.

Esempio paniere:
• Soluzione: potenza
• Paniere di servizi (attributi): potenza, affidabilità, energia, consumo, resistenza, velocità di
risposta, sicurezza, peso
• Applicazioni: distributori di benzina (non provoca scintille)
Strumentazione medica (affidabilità)
Macchine da cucire (resistenza a frequenti interruzioni)
Pompe per sistemi di irrigazione (continuità)
Computer portatili (dimensione, peso)

6.4 I livelli di risposta del cliente


Si possono identificare diversi livelli di risposta del cliente nei confronti dell’informazione e degli stimoli
provenienti dall’impresa.
Per “risposta” si intende ogni attività mentale e fisica provocata nel cliente da uno stimolo.
Esistono 3 diversi tipi di risposte:

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1. cognitiva, chiama in causa le info possedute e la conoscenza;
2. affettiva, analizza l’atteggiamento e il sistema di valutazione;
3. comportamentale, descrive l’azione sia durante che post acquisto.
Gli esperti sostengono che questi tre livelli vadano in ordine gerarchico e che l’individuo li percorra in
sequenza quando è coinvolto nella sua decisione d’acquisto.
Il modello di coinvolgimento
I differenti percorsi del processo di risposta possono essere ricollocati in un quadro più generale evidenziando
non solo il quadro di coinvolgimento, ma anche la percezione e le modalità d’apprendimento della realtà.
L’incrocio tra il grado di coinvolgimento e le modalità d’apprendimento della realtà porta alla matrice nella
quale possiamo identificare 4 differenti percorsi.
1. Questa situazione implica una forte necessità di informazione dovuta all’importanza del prodotto e
dei ragionamenti a esso connessi.
2. Troviamo tutti i prodotti di rilevante valore sociale o emotivo, come abbigliamento profumi ecc…
3. Rientrano in questa categoria la
maggioranza dei prodotti alimentari,
anche prodotti che raggiungono la
fase di maturità.
4. I prodotti mirano a soddisfare i gusti
personali che hanno a che fare con
l’immaginazione e con la
soddisfazione immediata (cioccolata,
birra…).

6.5 Il comportamento del cliente dopo l’acquisto


(Obiettivo del CRM è costruire rapporti redditizi, durevoli e reciproci con buoni clienti.
Per farlo, è necessario:
• monitorare la soddisfazione del cliente.
• gestire correttamente i reclami dei clienti insoddisfatti.
• trovare soluzioni appropriate ai loro problemi.
• ricompensare i clienti che dimostrano fedeltà.)
il comportamento del consumatore insoddisfatto

I clienti che pongono dei problemi sono:


a) quelli scontenti e non si lamentano;
b) quelli contenti ma non soddisfatti.

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Le perdite provengono da questi due gruppi e costituiscono una forma di pubblicità negativa tramite
passaparola.
Le ricerche sul comportamento sono arrivate a tre conclusioni:

• il livello di soddisfazione o d’insoddisfazione dei clienti rappresenta un dato fondamentale nel


sistema informativo del marketing;
• un reclamo non è in sé un elemento negativo, poiché il cliente accetta un problema purchè ci sia una
soluzione;
• i reclami sono importanti fonti di informazione per l’impresa che permette di conoscere i bisogni dei
clienti e la loro percezione di qualità.
Metodi di misurazione della soddisfazione/insoddisfazione
Esiste una proceduta che si articola in tre fasi che indaga sull’insoddisfazione del cliente. Viene stabilito il
livello generale di soddisfazione dell’intervistato, gli viene chiesto di attribuire un punteggio alla performance
di ciascun attributo e infine vengono misurate le intenzioni volte a una ripetizione d’acquisto.
Quest’analisi da vita a una matrice:
• Soddisfazione omogenea: gli attributi della marca o dell’impresa hanno un punteggio medio
superiore a quello del settore e una deviazione standard inferiore alla media. Significa che i clienti
sono soddisfatti e lo affermano.
• Soddisfazione distribuita: gli attributi della marca hanno un punteggio superiore alla media, ma la
deviazione standard è alta. Significa che i clienti esprimono
opinioni differenti. Bisogna capire le cause dei clienti non
soddisfatti e rimuoverle.
• Insoddisfazione distribuita: la soddisfazione è al di sotto
della media e la devianza standard è alta. Significa che la
maggioranza dei clienti sono insoddisfatti, alcuni meno di altri,
forse perché il prodotto è inadeguato alle esigenze di alcuni.
• Insoddisfazione omogenea: i consumatori sono insoddisfatti
e lo dicono.
Stili di risposta legati alla soddisfazione e all’insoddisfazione
I clienti si esprimono in maniera differente di fronte alla soddisfazione e all’insoddisfazione.
Esistono 6 profili del comportamento di fedeltà:
1. L’apostolo: cliente molto soddisfatto che parla della sua esperienza.
2. Il fedele: cliente soddisfatto ma non parla;
3. Il disertore: cliente insoddisfatto ma sta zitto;
4. Il terrorista: cliente insoddisfatto ma che parla troppo;
5. Il mercenario: cliente abbastanza soddisfatto che farebbe qualsiasi cosa per ottenere un miglior
trattamento;
6. L’ostaggio: cliente che, a prescindere se soddisfatto o no, non ha scelta.

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Il rapporto soddisfazione-fedeltà
Se il livello di soddisfazione del cliente è alto, la sua fiducia crescerà e diventerà il principale motore della
performance finanziaria a lungo termine.
Si tende a pensare che il rapporto tra soddisfazione e
fedeltà sia di tipo lineare, in realtà non è così.
Nei mercati non competiti il grado di soddisfazione ha un
impatto limitato sulla fedeltà, in questi mercati i clienti
non hanno scelta e sono vincolati.
Nei mercati competitivi invece vi sono notevoli
differenze tra i clienti soddisfatti e pienamente
soddisfatti poiché limitare a soddisfare i clienti non è più
sofficiente per conservare la fedeltà. Soltanto quelli
pienamente soddisfatti saranno clienti fedeli.

Fasi del processo d’acquisto del cliente industriale


● Identificazione dei bisogni
● Determinazione delle specifiche e
programmazione dell’acquisto
● Identificazione delle alternative d’acquisto
● Valutazione delle alternative d’acquisto
● Scelta dei fornitori
● Controllo e valutazione della performance

Capitolo 7 Il sistema informativo di


marketing
7.1 Struttura del sistema informativo di marketing
Sono pochi i manager soddisfatti del tipo di informazioni di mercato che ricevono. I motivi sono:

• non corrispondono alle informazioni di cui si ha bisogno,


• eccesso di informazioni che ne impedisce un uso efficace,
• le informazioni sono disperse all’interno dell’impresa e difficili da rintracciare,
• le informazioni fondamentali arrivano troppo tardi per essere utili,
• alcuni manager tengono per sé le informazioni senza passarle ad altri,
• è difficile verificare l’attendibilità e la precisione delle informazioni.
Il sistema informativo di marketing è una struttura stabile e interattiva formata da persone, procedure,
attrezzature, che si propone di raccogliere, selezionare, analizzare, valutare e distribuire in tempo utile
informazioni pertinenti e accurate destinate a fungere da supporto ai decisori di marketing nella
pianificazione, implementazione e controllo del processo di marketing.
La figura mostra la struttura del SIM, collocandola rispetto al contesto macro marketing che il management
deve monitorare. I flussi d’informazione provenienti da tale contesto vengono captati e analizzati da quattro
sottoinsiemi:

• il sistema di contabilità interna;


• Il sistema analitico;
• il sistema di business intelligence

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• il sistema di ricerca marketing
Il sistema analitico si occupa dell’elaborazione dei
dati provenienti dagli altri sottosistemi e del
trasferimento delle informazioni al management a
supporto della comprensione, decisione e controllo.
Il ruolo del SIM è molto più vasto e organizzato su
base permanente rispetto alla ricerca del marketing
che è chiaro e limitato a specifici problemi decisionali.
Sistema di contabilità interna
La raccolta dei dati interni fa parte della routine quotidiana e vengono raccolti per scopi diversi rispetto alla
ricerca, sono definiti dati secondati interni.
I dati permettono di stilare un report mensile che viene classificato per prodotto, gruppo di clienti e territorio
di vendita per permettere di:

• Confrontare le vendite del periodo e dell’anno precedente;


• Analizzare il mix di prodotti sul fatturato totale;
• Analizzare il tasso di concentrazione del fatturato per cliente;
• Valutare l’efficacia delle vendite attraverso l’area, la frequenza delle visite e del profitto medio di
ogni visita.
Per strutturare questo report ci sono dei determinati requisiti:

• Tempestività
• Flessibilità
• Inclusività
• Accuratezza
• Comodità
Il sistema di business intelligence
I dati forniti dal sistema di contabilità interna devono essere completati con informazioni sul contesto macro-
marketing e sulla concorrenza.
Questi dati consentono di tenere costantemente sotto controllo forze e debolezze della posizione
competitiva dell’impresa nel mercato di riferimento.
Per raccogliere queste informazioni esistono diversi metodi:
1. Metodo casuale: i manager stessi ricercano informazioni tramite giornali, dialoghi con i fornitori
ecc..;
2. Forza vendita: i venditori ricevono i dati e la motivazione necessarie a registrare e trasmettere i dati
relativi al mercato, sono i più utili per capire la situazione del mercato o per individuare eventuali
trasformazioni;
3. Centri informativi: hanno la possibilità di avere del personale che può effettuare delle ricerche.
4. Ricerche commissionate da vari clienti a società specializzate, che raccolgono e vendono dati su
quote di mercato, prezzi al dettaglio ecc…
Il sistema della ricerca di marketing
Il ruolo della ricerca di marketing consente di fornire dati e informazioni relativi al mercato.
La ricerca di marketing comporta la diagnosi delle esigenze informative e la selezione di variabili rilevanti e
collegate fra loro, in base alle quali vengono raccolte, registrate e analizzate informazioni valide e attendibili.
Quindi assolve a 4 funzioni:

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1. Deve diagnosticare l’esigenza d’informazione;
2. Deve selezionare le variabili da misurare;
3. Deve assumersi la responsabilità della validità interna ed esterna delle informazioni raccolte;
4. È necessario che le trasmetta al manager per aiutarlo nella comprensione, nella decisione e nel
controllo.
Importanza della ricerca di marketing a livello manageriale
La ricerca di marketing ha tre obiettivi diversi:
1. Supporto alla comprensione: scopre, descrive, analizza, misura e prevede i fattori di mercato e la
domanda.
2. Supporto alla decisione: individua le strategie e gli strumenti di marketing più appropriati a
determinare il livello ottimale d’intervento.
3. Sopporto al controllo: propone di valutare la performance e i risultati dei programmi di marketing.
Il primo è legato alle decisioni di marketing strategico, le altre due al marketing operativo.
Vincoli alla ricerca di mercato
La domanda più frequento che si pone un manager è se avviare o meno una ricerca di marketing, in tal caso
deve tenere conto dei seguenti vincoli:
• I vincoli di tempo;
• La disponibilità dei dati;
• Il valore per l’impresa.

7.2 Ricerca di marketing e metodo scientifico


Le regole del metodo scientifico si propongono l’obiettivo di garantire due tipi di validità dei risultati, interna
ed esterna.

• Validità interna: riguardale relazioni tra variabili. Uno studio ha validità interna solo se possiamo
ritenere che esista realmente una relazione di causa-effetto tra le variabili esaminate;
• Validità esterna: riguarda la possibilità di generalizzare i risultati osservati. Consente di rispondere,
ad esempio, alla domanda “a quale popolazione posso applicare i risultati ottenuti?”.
Il problema della validità scientifica è fondamentale, poiché l’impresa assumerà in base ai risultati della
ricerca decisioni importanti, come il lancio di un prodotto.
Caratteristiche della conoscenza scientifica
La conoscenza scientifica stabilisce i fatti, i quali a loro volta permettono di chiarire le teorie stesse; poi cerca
di descriverli e spiegarli.
1. La scienza va oltre i semplici fatti;
2. La conoscenza scientifica è verificabile;
3. La scienza è analitica;
4. La conoscenza scientifica è chiara e precisa;
5. La conoscenza scientifica è comunicabile;
6. La conoscenza scientifica ha valore generale.
Fasi del processo di ricerca
Ogni indagine richiese una pianificazione attenta. Anche la ricerca di marketing segue cinque fasi del
processo:
1. Definizione del problema: il manager e l’analista di mercato definiscono il problema e concordano
sull’obiettivo dello studio. Stabiliscono le informazioni che potrebbero migliorare la decisione da
prendere e la introducono nel brief.

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2. Disegno della ricerca: l’analista completa un piano di ricerca dove
specifica i metodi e i procedimenti di raccolta e analisi dei dati
richiesti;
3. Raccolta di informazioni;
4. Elaborazione analisi dei dati: i dati devono essere convertiti in una
forma che risponda agli interrogativi del manager.
5. Presentazione del processo di ricerca: la fase finale consiste
nell’interpretare le informazioni e nel trarre le conclusioni utili alle
decisioni del manager.
Tipologie di ricerca di marketing
È possibile classificare le ricerche di marketing in base alla tecnica
utilizzata o alla natura del problema affrontato.
Esistono tre tipi di ricerca di marketing:
1. Ricerca esplorativa;
2. Ricerca descrittiva;
3. Ricerca causale.
In linea di principio la ricerca esplorativa e quella descrittiva precedono la ricerca causale e spesso sono
considerate fasi preliminari a quest’ultima, ma non vanno escluse altre sequenze.

7.3 La ricerca esplorativa


Si rincorre alla ricerca esplorativa allo scopo di trovare le spiegazioni più plausibili che verranno poi verificate
empiricamente.
I suoi principali obiettivi sono:

• Esaminare un problema rapidamente o cogliere le opportunità;


• Formulare in modo più preciso un problema vagamente definito, per avviare un’indagine più
approfondita;
• Formulare ipotesi o congetture in merito al problema;
• Raccogliere e analizzare tempestivamente le informazioni disponibili;
• Chiarire un concetto.
Sviluppo delle ipotesi
La ricerca esplorativa è utile nella prima fase del processo di ricerca (nella fase di formulazione del problema).
L’obiettivo è quello di sviluppare ipotesi verificabili.
In che modo l’analista genera ipotesi? È possibile identificare 4 ipotesi:
1. Le teorie;
2. L’esperienza dei manager con problemi simili;
3. L’utilizzo dei dati secondari;
4. La ricerca di tipo esplorativo (Se le quattro prime
sono insufficienti).
Al termine l’analista dovrebbe essere in grado di sapere
quali dati raccogliere per verificare o smentire spiegazioni
contrapposte.
Non essendo richiesto nessun piano di ricerca formale, essa sarà flessibile e il fattore chiave sarà
l’immaginazione del ricercatore.
Le techine della ricerca esplorativa sono:

• L’uso dei dati secondari;

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• Indagini presso informatori chiave;
• Analisi di casi selezionati;
• Focus group;
• Tecniche proiettive.
L’uso dei dati secondari
I dati secondati possono essere classificati come interni o esterni.
I dati interni sono centralizzati nel sistema di contabilità interna,
mentre quelli esterni provengono da una vasta gamma di fonti
come pubblicazioni, libri ecc e sono reperibili a basso costo.
Per cominciare è bene iniziare dai dati secondati evitando di
sottovalutare l’utilità, poiché sono facilmente reperibili.
Ovviamente hanno degli svantaggi come il fatto che possono
essere non aggiornate o non coerenti.
L’indagine presso informazioni chiave
Dopo aver esaminato le fonti secondarie vengono intervistati le persone dotate di conoscenza es esperienza
in merito al problema in esame.
Queste persone si dividono in operatori (cioè coloro che partecipano allo scambio come grossisti e fornitori)
ed esperti (coloro che hanno informazioni privilegiate in virtù della loro professione come economisti e
personale di ricerca e sviluppo).
I questi sondaggi non servono campioni casuali, ma è importante intervistare persone con punti di vista
differenti. Le interviste sono svolte in modo informale e non si avvalgono di questionari così si permette di
stimolare le idee.
Benchmarking e analisi dei casi selezionati
Un terzo metodo usato consiste nell’analisi dettagliata di casi simili al fenomeno studiato, alla ricerca di
spiegazioni o per decidere come comportarsi.
Diffusioni all’interno di focus group
L’intervista con il focus group è un tipo più complesso di ricerca esplorativa.
Si riuniscono dalle 8 alle 12 persone e si discute liberamente su una marca, una pubblicità o l’idea per un
nuovo prodotto.
I vantaggi che offre è che crea un ottimo meccanismo di creazione di ipotesi, è flessibile ed è in grado di
indagare differenti casi e che gli intervistati si stimolano a vicenda.
Gli svantaggi sono che gli intervistati non rappresentano un campione della popolazione e i risultati sono
soggettivi e dipendono dalla personalità dell’analista.
Tecniche proiettive
Le tecniche proiettive costano di modalità indirette usate per formulare e sottoporre le domande agli
intervistati, per fare in modo che essi proiettino convinzioni e sentimenti su un soggetto o oggetto esterno
quando esposti a uno stimolo non strutturato.
Limiti della ricerca esplorativa
i limiti della ricerca esplorativa sono due:
• I risultati non sono rappresentativi della popolazione totale e non sono pertanto proiettabili su un
campione più vasto.
• Vi è un elevato grado di ambiguità nei risultati, dovuto alla loro interpretazione da parte dell’analista.

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Il vero rischio legato a questi limiti è che venga scartata un’idea valida che non è stata presa in considerazione
per via dell’analisi esplorativa.

7.4 La ricerca descrittiva


È studiata per descrivere le caratteristiche di una determinata situazione o di una determinata popolazione
di soggetti.
Obiettivi della ricerca descrittiva
Gli obiettivi sono:
- Descrivere l’organizzazione, i canali di distribuzione o la struttura competitiva di un mercato o di un
segmento specifico;
- Valutare le proporzioni il profitto socio-demografico di una data popolazione che adotta un
determinato comportamento;
- Prevede il livello della domanda primaria in un dato mercato negli anni successivi;
- Descrive il comportamento d’acquisto di determinati gruppi di consumatori;
- Descrive come i consumatori percepiscono e valutano gli attributi di una o più marche rispetto alle
marche concorrenti;
- Descrive l’evoluzione degli stili di vita tra segmenti specifici della popolazione.
La ricerca descrittiva deve basarsi sulla conoscenza e la comprensione a priori del problema, per poter
definire con esattezza la procedura di raccolta dei dati.
Prima di iniziare una ricerca di questo tipo è importante rispettare tre condizioni:
1. Formulare una o più ipotesi o congetture;
2. specificare chiaramente il chi, il che cosa, il quando ecc
3. vuoi specificare il metodo seguito nel raccogliere le informazioni.
È possibile individuare due tipi di studi descrittivi: trasversali o longitudinali.
- Trasversali si riferiscono a un campione di popolazione, le cui caratteristiche vengono rilevate una
sola volta e un solo momento.
- Longitudinali si riferiscono a panel e forniscono misure ripetute nel tempo, sia in base alle stesse
variabili sia in base a variabili diverse.
Metodi di raccolta di dati primari
Si distinguono tra diversi modi di raccogliere i dati primari: le osservazioni, le survey e le sperimentazioni.
Metodi di osservazione
L’osservazione scientifica è il processo sistematico di registrazione degli schemi comportamentali di persone,
senza interrogarlo comunicare con loro.
Si verificano almeno cinque diversi fenomeni:
• Le azioni e le prove fisiche;
• I fattori temporali;
• Le relazioni e le localizzazioni spaziali;
• I comportamenti espressivi;
• Le informazioni pubblicate.
Vantaggio: carattere non invasivo, poiché non è necessaria alcuna forma di comunicazione con l'oggetto
dell'osservazione
Limite: non è utili nello studio di motivazioni, attitudini, preferenze e intenzioni. per questo motivo il loro uso
è limitato alla raccolta di dati primari sul comportamento.

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Metodo basato sui sondaggi (survey)
Le ricerche prevedono che si rivolgano delle domande all’intervistato ottenendo le informazioni desiderate
mediante uno strumento di raccolta: il questionario.
Le domande le risposte possono essere orali o scritte.
Ci sono quattro metodi per raccogliere i dati di un sondaggio: interviste personali, interviste telefoniche, i
questionari postali, sondaggi online.
Una buona strutturazione dei questionari è la chiave che consente di ottenere risultati soddisfacenti.
Strutta dei questionari
Un questionario è un insieme di domande selezionate allo scopo di produrre i dati necessari agli obiettivi di
un progetto di ricerca. L’elaborazione un questionario potrebbe apparire semplice, specie a chi non abbia
mai fatto in precedenza. Strumento di misurazione che costituisce il canale principale attraverso cui le info
vengono raccolte dagli intervistati e trasmesse ai ricercatori, i quali a loro volta passano questa forma di
conoscenza certificata ai manager, che la useranno nel processo decisionale.
Canale con due ruoli comunicativi:
- Deve comunicare a chi risponde qual è l’obiettivo della ricerca;
- Deve comunicare al ricercatore che cosa ha detto l’intervistato.
Il questionario rappresenta l’interfaccia tra i 4 partecipanti all’indagine: il DECISORE, che necessita di
informazioni specifiche per risolvere un problema decisionale; L’ANALISTA DI MERCATO, il cui ruolo consiste
nel tradurre un problema di ricerca in domande di ricerca;
L’intervistatore deve raccogliere informazioni attendibili presso gli intervistati; gli intervistati devono
accettare di comunicare le info richieste.
Metodi di campionamento
Il campionamento e la selezione ai fini dell'indagine
Il campionamento e la selezione ai fini dell'indagine, di una porzione di popolazione target da esaminare,
onde poter trarre conclusioni generali sull’intero target.
Le tecniche di campionamento sono divise in due ampie categorie: probabilistiche e non probabilistiche.
Campioni probabilistici
- Campioni casuale;
- Campione stratificato;
- Campione a stadi;
- Campionamento per aree.
Campioni non probabilistici
- Campioni di convenienza;
- Campioni a scelta ragionata;
- Campioni “per quote”.
Generalmente la scelta fra completamento probabilistico non probabilistico comporta un compromesso tra
la capacità di estendere con una certa accuratezza risultati ottenuti dal campione all’intera popolazione e le
esigenze di contenimento di tempi e costi.
Gli errori della ricerca
Una delle principali responsabilità del ricercatore consiste nel valutare l’accuratezza e l’attendibilità dei
risultati dell’indagine. L’errore TOTALE associato alla ricerca può essere suddiviso in due categorie: errore di
campionamento (può essere ridotto o controllato) ed errore non di campionamento, detto anche errore
sistematico (più difficile da controllare).

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PROCESSO TRASFORMAZIONE DATI → ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE
Una volta completata la raccolta dei dati, il processo più importante consiste nella loro analisi, cioè nella
trasformazione dei dati “grezzi” in informazioni, che contribuiranno a rispondere alle domande del decisore.
Dalla raccolta dati all’acquisizione delle conoscenze
Il processo dell’analisi consiste in:
a. Conversione dei dati
Comprende la loro trascrizione, codifica, classificazione e schematizzazione per ottenere un insieme
organizzato che si presti all’analisi à Banca Dati.
b. Analisi descrittiva
Fornisce un’idea iniziale sulla natura dei dati e comporta la misura della concentrazione della
dispersione dei dati per ognuna delle variabili considerate.
c. Analisi referenziale
Si propone di analizzare la portata e la natura delle possibili associazioni tra coppie di variabili, di
verificare le ipotesi sulla popolazione target ed esaminare la rilevanza statistica delle differenze.

7.5 La ricerca causale


La ricerca casuale utilizza una tabella a doppia entrata per scoprire la relazione esistente tra due variabili.
Rappresenta la forma più ambiziosa di ricerca si propone di trovare delle relazioni di causa ed effetto.
Obiettivi della ricerca causale
Nella ricerca descrittiva è impossibile separare in modo netto l'effetto di una variabile da quello delle altre
variabili. La ricerca casuale aggira questo problema, organizzando la raccolta dei dati in modo da consentire
un'interpretazione univoca degli stessi.
• Definire la direzione e l’intensità di un nesso causale fra una o più variabili d’azione e una variabile di
risposta;
• Misurare, in termini quantitativi, il tasso di influenza di una variabile d’azione su una variabile di
risposta;
• Elaborare previsioni su una variabile di risposta in base diversi livelli di variabile azione.
Per poter determinare l'esistenza di una relazione causale è necessaria la presenza di tre condizioni:
- La variabile d’azione deve precedere la variabile di risposta;
- Deve sussistere una forte correlazione tra un’azione e un risultato rilevato tramite osservazione;
- L’influenza di altri possibili fattori causali deve essere stata eliminata o essere sotto controllo.
La validità dei risultati di un esperimento può essere valutata su tre piani: interno ed esterno.
• Interno: La validità interna concerne l'effettiva riconducibilità dei risultati dell'esperimento alla
relazione di causa-effetto tra le variabili di interesse per il ricercatore
• Esterna: Riguarda la possibilità di estendere i risultati di un esperimento dai soggetti esaminati
all'intera popolazione e a situazioni più generali.
Ecco le principali minacce alla validità interna di un esperimento:
- Storia;
- Maturazione;
- Effetto test;
- Effetto mortalità;
- Effetto selezione.

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Definizione della sperimentazione
È una forma di indagine scientifica in cui il ricercatore manipola e controlla una o più variabili d’azione e
osserva i valori assunti dalle variabili di risposta, corrispondentemente a tali manipolazioni.
Le unità sperimentali sono le entità che subiscono gli effetti del trattamento e di cui si misurano le risposte.
Un piano sperimentale comporta la definizione dei seguenti elementi: i trattamenti da sottoporre a
manipolazione; le unità sperimentali da utilizzare; le variabili di risposta da misurare; la procedura di gestione
delle variabili estranee.
Esistono due tipi di sperimentazione:
- Esperimento di laboratorio: il ricercatore crea una situazione che presenta le condizioni desiderate
per poi manipolare alcune delle variabili e controllarne altre;
- Esperimento sul campo: organizzato in una situazione realistica o naturale, anche se comporta
comunque la manipolazione di una o più variabili d’azione in condizioni accuratamente controllate.

CAPITOLO 8 L’analista dei mercati attraverso la segmentazione


8.1 Il processo di segmentazione strategica
Nella maggior parte dei mercati è impossibile soddisfare tutti i clienti con un unico prodotto o servizio. Le
imprese sono spinte quindi ad abbandonare le strategie di marketing di massa e cercare di segmentare il
mercato.
La segmentazione è un processo teso a identificare, nel mercato di riferimento, sottoinsiemi di consumatori
o imprese omogenei in termini di bisogni, comportamenti e motivazioni d’acquisto.
La segmentazione si compone in quattro fasi:

• Analisi di segmentazione: suddividere il mercato di riferimento in gruppi potenziali acquirenti avente


le stesse aspettative o richieste;
• Individuazione del segmento target: selezionare uno o più segmenti a cui rivolgersi, in base
all’ambizione strategica dell’impresa e alle sue capacità distintive;
• Posizionamento sul mercato: decidere la posizione che l’azienda vuole occupare nel mercato, in base
alla posizione dei concorrenti alle qualità distinte del prodotto;
• Programmazione di marketing: sviluppo e la messa in opera di specifici programmi di marketing,
elaborati per conquistare il posizionamento desiderato nel segmento.
La prima fase viene suddivisa in due momenti:
• L’analisi di macro-segmentazione;
• L’analisi di micro-segmentazione.

8.2 L’analisi di macro-segmentazione


Attraverso la macro-segmentazione si realizza la suddivisione dei mercati in relazione a caratteristiche di
ampia portata, come settori o tipo di clienti.
Definizione del mercato di riferimento in termini di bisogni generici
La realizzazione di una strategia di segmentazione del mercato presuppone la definizione della mission
d’impresa, cioè il suo ruolo e la sua funzione in un’ottica di orientamento al mercato.
Le domande che bisogna porsi sono:

• Qual’è il settore di attività?


• In quale settore vogliamo operare?
• In quale settore di attività NON vogliamo operare?

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Le risposte vanno date in base alla prospettiva del cliente. Infatti l’approccio che bisogna avere si fonda
sull’idea che il cliente identifichi il prodotto col la soluzione che esso offre.
Per un’impresa orientata al mercato è quindi importante definire il proprio settore di attività in termini di
bisogni generici, piuttosto che in termini di prodotto.
La concettualizzazione del mercato di riferimento
Occorre perciò definire il mercato di riferimento dal punto di vista del cliente tramite uno schema di tre
dimensioni proposto da Abell:
• i bisogni o le funzioni da soddisfare: si fa riferimento ai bisogni o alle funzioni che il bene o il servizio
deve soddisfare;
• i clienti, o chi occorre soddisfare : i diversi gruppi di clienti potenziali dell’impresa. A livello di macro-
segmentazione si considerano normalmente le sole
caratteristiche generali dei clienti,
• le tecnologie utilizzate per soddisfare i bisogni:
rappresentano i modi alternativi in cui può essere
realizzata una particolare funzione per risolvere un
problema del cliente. Questa dimensione è dinamica,
poiché una tecnologia può sostituirne un’altra nel tempo.

La definizione dei confini del mercato di rifermento


Dal modello di Abell possiamo distinguere tre concetti:

• Il prodotto-mercato: gruppo specifico di clienti che cerca


una determinata funzione basata su una singola
tecnologia;
• il mercato-soluzione: insieme delle tecnologie che
possono svolgere una determinata funzione per uno
specifico gruppo di clienti;
• industria o settore: una determinata tecnologia, rispetto
a qualsiasi gruppo di clienti e qualsiasi funzione.
La nozione di industria è la più classica ma anche la meno soddisfacente poiché è orientata all’offerta e non
al mercato.
La nozione di mercato-soluzione si avvicina molto al concetto di bisogno generico e presenta il vantaggio di
enfatizzare l’esistenza di prodotti o tecnologie sostitutive per realizzare la stessa funzione.
La nozione prodotto-mercato è la più conforme al concetto di orientamento al mercato e aderisce alla realtà
del mercato. L’unico difetto è che è difficile trovare misure di mercato appropriate, dato che la maggioranza
delle statistiche istituzionali sono basate sull’industria e non sul mercato.

8.3 L’analisi di micro-segmentazione


L’obiettivo della micro-segmentazione è l’analisi dettagliata della diversità nelle richieste dei vari gruppi di
clienti, all’interno dei prodotti-mercati, identificati attraverso l’analisi di macro-segmentazione.
L’analisi si propone di identificare gruppi di clienti che cercano nel prodotto gli stessi benefici, ciò permette
un miglioramento del servizio e quindi una soddisfazione delle richieste del cliente.
La segmentazione prevede quattro metodi:

• la segmentazione descrittiva;
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• la segmentazione in base ai benefici o vantaggi perseguiti;
• la segmentazione in base allo stile di vita;
• la segmentazione comportamentale.
La segmentazione descrittiva o sociodemografica
È un metodo indiretto che si basa sul presupposto che i clienti con diversi profili sociodemografici abbiano
anche diversi bisogni e aspettative nei confronti di prodotti e servizi.
Le variabili più usate sono: età, sesso, reddito, provenienza geografica ecc..
I vantaggi sono: il costo ridotto, la facilità di applicazione e l’accessibilità delle fonti.
I limiti invece sono rappresentati da un’analisi posteriori di uno specifico segmento, che descrive il segmento
piuttosto di spiegarne le ragioni. Un altro difetto è rappresentato dal suo limitato valore previsionale, che
tende a diminuire le economie industrializzate, in seguito alla standardizzazione delle modalità di consumo
nelle diverse classi sociali.
La segmentazione in base ai vantaggi perseguiti
Nella segmentazione basata sui vantaggi perseguiti si basa sulle differenze all’interno dei loro sistemi di
valore. Due individui con un identico profilo socio-demografico possono presentare sistemi di valori molto
diversi, mentre la stessa persona può attribuire valori diversi a ciascun prodotto acquistato.
La realizzazione di una segmentazione in base ai vantaggi perseguiti richiede la conoscenza del sistema di
valori dei clienti. Ogni segmento è definito in base al paniere completo di attributi ricercati, è questo che
consente di distinguere i segmenti tra loro.
Il vantaggio è che si concentra nell’individuare gli attributi da privilegiare.
Il limite di questo metodo riguarda l’identificazione degli attributi da privilegiare.
La segmentazione comportamentale
La segmentazione comportamentale si propone di classificare i consumatori rispetto al loro reale
comportamento al momento d’acquisto.
I criteri di segmentazione più frequenti sono l’utilizzo del:

• prodotto: si può tracciare una distinzione fra utilizzatori, non utilizzatori e utilizzatori al primo
acquisto;
• volume d’acquisto: si fonda sul presupposto che in molti mercati una piccola percentuale di
consumatori concentra su di sé un’alta percentuale di vendite.
• il tipo di fedeltà: i clienti possono essere suddivisi in clienti a fedeltà incondizionata, a fedeltà non
esclusiva e non fedeli.
Questo metodo di segmentazione è alla base del CRM.
La segmentazione tribale
La segmentazione tribale gli individui si raggruppano spontaneamente in base a caratteristiche comuni.
Infatti in resistenza alla solitudine molte persone cercano ad oggi di creare legami sociali e la società si evolve
verso la ricostruzione delle tribù; cioè:
microcomunità nelle quali gli individui sono stretti da forti legami emotivi e da una sorta di coltura comune.
Queste tribù al giorno d’oggi sono più volatili ed effimere delle comunità tradizionali, poiché ogni individuo
resta libero di uscirne quando lo ritiene opportuno.
Le specificità delle tribù
Le tribù si differenziano perciò dai segmenti per tre aspetti:

26
TRIBU SEGMENTI
Emergono in modo spontaneo Sono creazioni volute da analisti
È una realtà È un artefatto intellettuale
L’affiliazione a una tribù può essere plurima ed
effimera

Infatti l’idea di segmentazione è basata su caratteristiche proprie dell’individuo, mentre la tribù di una
segmentazione comportamentale, poiché un individuo presenta uno stesso comportamento nei riguardi di
un bene o servizio.
In una segmentazione tribale si intende a sviluppare offerte che servono a individui e che uniscono diversi
individui in una stessa comunità.
L’utilità di una segmentazione tribale è a livello della ricerca di:

• differenziazione dell’offerta, evidenziando il valore del legame funzionale del bene e servizio;
• fidelizzazione dei clienti, attraverso lo sviluppo di una fedeltà affettiva fondata sul sentimento di
appartenenza a una comunità;
• immagine, attraverso l’iscrizione della marca e dell’impresa nella tendenza socioeconomica della
coltura tribale.
La segmentazione socio culturale per stili di vita
La segmentazione socio culturale viene in sostegno a quella demografica, aggiungendo elementi personali e
quindi con l’obiettivo di fornire un ritratto più umano dei clienti.
Quando si parla di stile di vita si intende il modo in cui una persona vive, come trascorre il tempo e come
spende il suo denaro. Esso si può misurare su tre livelli:

• a livello più stabile e solido si trovano i valori individuali e le caratteristiche della personalità;
• a livello intermedio si trova invece l’insieme di attività, interessi e opinioni;
• a livello superficiale di trova l’insieme dei beni e servizi acquistati e il modo in cui essi vengono
consumati.
Questi sistemi di analisi degli stili di vita riguardano le Attività, Interessi, Opinioni (AIO) misurando:

• le attività degli individui, come impiegano il loro tempo;


• gli interessi, cioè quanto reputano importante per se stessi nel proprio ambiente;
• le opinioni;
• alcune caratteristiche demografiche di base, come reddito, istruzione ecc…
Il limite che presenta questa segmentazione è la perdita dei dati demografici.

8.4 L’analisi di microsegmentazione nei mercati dei beni industriali


La segmentazione descrittiva
Il modo più semplice per segmentare un mercato industriale è quello di utilizzare delle caratteristiche che
descrivano il profilo del cliente. Infatti molte imprese scelgono di vere due diverse aree vendite, per clienti
piccoli e quelli grandi.

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La figura presenta la segmentazione del
mercato nel corporate banking. Infatti uno dei
contributi di questa analisi è stata la
constatazione del fatto che un numero di
organizzazione senza scopo di lucro detenevano
risorse finanziarie molto elevate, mentre i
servizi bancari offerti erano tutti concepiti per
organizzazioni a scopo di lucro e inadatti alle
esigenze specifiche di quelle no-Profit.
La segmentazione in base ai vantaggi perseguiti
Nei mercati industriali questo metodo di segmentazione giunge a classificare i clienti in base al settore o
all’utilizzo finale del prodotto. Gli utenti finali sono alla ricerca di vantaggi, funzioni o prestazioni differenti in
un prodotto.
Questa segmentazione permette d’identificare i bisogni prioritari e la loro relativa importanza. La
segmentazione per vantaggi perseguita è più facile da realizzare nei mercati industriali rispetto ai mercati di
beni di consumo, perché gli utenti sono dei professionisti che hanno meno difficoltà a esprimere i bisogni e
a qualificare l’importanza relativa degli attributi di un prodotto.
La segmentazione comportamentale
Il suo obiettivo è adattare le strategie d’approccio ai clienti industriali in rapporto alle strutture e alle
caratteristiche di funzionamento del centro decisionale d’acquisto. Il grado di formalizzazione del processo
d’acquisto può variare a seconda della complessità delle decisioni da prendere e delle strutture organizzative.

8.5 I requisiti di una segmentazione efficace


Per essere efficace una segmentazione deve rispettare 5 condizioni: risposta differenziata, dimensione
sufficiente, misurabilità, accessibilità e attivabilità.
• Risposta differenziata: massimizzare le differenze tra i segmenti (condizione di eterogeneità) e
minimizzare quelle nei segmenti (condizione di omogeneità).
• Dimensione sufficiente: potenziale sufficiente a giustificare una strategia di marketing specifica.
• Misurabilità: stabilire le sue dimensione, potere d’acquisto e comportamento d’acquisto.
• Accessibilità: Accessibili in modo selettivo (copertura controllata o autoselezione).
• Attivabilità: Proponibilità di una specifica offerta e programma di marketing.

Capitolo 9 L’analisi di attrattività del mercato


9.1 I fondamentali dell’analisi della domanda
La domanda di un determinato prodotto corrisponde alla quantità venduta.
La domanda primaria di un determinato prodotto rappresenta il volume delle vendite realizzare per un dato
gruppo di clienti, in un luogo e in periodo specifici e in un determinato contesto economico e di marketing.
La definizione di domanda primaria comporta l’identificazione preliminare del prodotto-mercato o del
segmento di riferimento, ed è funzione degli investimenti di marketing.
La domanda relativa al prodotto, alla marca o all’impresa rappresenta la quota della domanda primaria
detenuta dal prodotto, dalla marca o dall’impresa in una determinata categoria di prodotto, in un
determinato segmento o prodotto-mercato e in un determinato momento.
Qualunque interpretazione della performance dipende dal benchmark selezionato, che dipende a sua volta
della segmentazione del mercato presa in esame.

28
Es. la marca A presenta un incremento dei volumi di vendita del 15% l’anno. La domanda primaria di mercato
di riferimento cresce del 15%, quindi la performance risulta modesta, poiché la marca è riuscita al massimo
a mantenere la quota di mercato.
La domanda primaria espandibile e non espandibile
La domanda primaria è detta espandibile quando il livello delle vendite è influenzato da fattori del contesto
macro marketing, nonché dall’intensità degli sforzi di marketing.
La domanda primaria viene detta non espandibile quando il livello totale delle vendite non è più influenzato
dal contesto macromarketing e degli sforzi di marketing delle aziende concorrenti. I mercati in questo caso
sono stagnanti.
La domanda primaria come funziona di risposta
La domanda primaria è rappresentata da una funzione che mette in relazione il livello delle vendite alle cause
che lo determinano.
A determinare il livello di vendite intervengono due categorie: fattori controllabili e non controllabili, cioè
esogeni.
L’influenza dei fattori di marketing controllabili
Il rapporto tra la domanda di mercato e la
pressione totale di marketing del settore è
illustrato nell’immagine da una curva a forma di
S.
Tale curva fa riferimento a un ambiente macro
marketing considerato costante.
La funzione non è lineare. Con l’aumento della
pressione totale di marketing aumentano anche
le vendite, ma a un tasso decrescente.
L’effetto del contesto macromarketing
Il livello della domanda primaria è influenzato da fattori esogeni. Una modifica comporta uno spostamento
verso l’alto (o basso) della curva di risposta.
Il mercato potenziale attuale e assoluto
Il mercato potenziale attuale è rappresentato graficamente dal limite verso il quale tende la domanda
primaria per una pressione di marketing totale del settore tendente all’infinito, in un dato contesto e in un
determinato periodo di tempo.
Il mercato potenziale assoluto può essere invece come il limite massimo della dimensione del mercato,
nell’ipotesi fittizia di una copertura ottimale del mercato di riferimento.
Il mercato potenziale assoluto corrisponde al livello di vendite totali osservabili in concomitanza con i tre
prerequisiti:
1. Tutti gli utilizzatori potenziali di un prodotto sono anche utilizzatori effettivi;
2. Ciascun utilizzatore usa il prodotto in ogni occasione d’uso;
3. Ciascun utilizzo del prodotto avviene nella misura massima possibile.
Il mercato potenziale assoluto dipende dal tempo; il suo valore evolve nel tempo sotto l’influenza di fattori e
di imitazione o a causa di fattori esogeni.
L’impresa non ha alcun controllo diretto su questi fattori, che tuttavia influiscono in modo decisivo
sull’evoluzione de mercato.

29
9.2 La struttura della domanda primaria di beni di consumo
Il ruolo dell’analista di mercato è quello d’identificare e stimare le componenti chiave del potenziale di
mercato. La domanda è strutturata in modo diverso a seconda si tratti di domanda di beni di consumo, di
servizi o di beni industriali.
La domanda di beni di consumo
Il numero di unità di consumo potenziali (n) e le quantità acquistata da ciacuna unità (q):
Q=n x q
Q indica la domanda totale in quantità. Il volume d’affari totale di determina nel modo seguente:
R=n x q x p
P è il prezzo medio per unità.
La domanda di beni di consumo non durevoli
Domanda totale di un bene di consumo non legato all’uso di un bene durevole si può determinare ricorrendo
a:

• Numero di unità di consumo potenziali;


• Percentuale di consumatori che utilizzano il prodotto;
• Dimensione o frequenza degli acquisti.
È necessario per poter identificare gli obiettivi prioritari di una strategia di sviluppo di mercato.
Quando il bene di consumo è legato all’utilizzo di un bene durevole bisogna considerare il numero di unità
di consumo dotate del bene durevole e la frequenza del suo impiego, si necessita quindi:

• Numero di unità di consumo potenziali;


• Tasso di dotazione del bene durevole;
• Tasso dii utilizzo del bene durevole;
• Consumo per occasione di utilizzo.
La domanda di beni di consumo durevoli da finire
9.3 La domanda di servizi nei mercati di consumo
La domanda di servizi si determinano esattamente come la domanda di beni, basandosi sul numero di unità
di consumo potenziali e sul tasso di utilizzo.
Classificazione dei servizi
Esistono tantissimi tipi di servizi diversi.

• Servizi alla persona non specializzati;


• Servizi alla persona specializzati;
• Servizi professionali;
• Servizi al consumatore di massa;
• Servizi hi-tech.
Caratteristiche tipiche dei servizi
Intangibilità
I servizi sono immateriali. L’utente potenziale non ha la possibilità di esaminare il servizio prima dell’acquisto.
L’impresa di servizi vende una promessa di soddisfazione.
Dal punto di vista del cliente vi è dunque un maggior grado d’incertezza.
Deperibilità
I servizi non sono conservabili e questa caratteristica è dovuta alla loro intangibilità.

30
Il potenziale introito, derivante dai servizi non erogati e non erogabili.
Es. se un aereo parte con 20 posti liberi, il guadagno potenziale di quei 20 posti liberi è perso per sempre.
Una sfida importante per una società di servizi consiste nel riuscire a sincronizzare domanda e offerta,
adeguando la capacità produttiva, ma anche riorganizzando la domanda attraverso incentivi sui prezzi o
offerte promozionali.
Inseparabilità
I servizi vengono prodotti nello stesso istante in cui vengono consumati e il cliente partecipa direttamente al
processo di produzione. Questo comporta 2 conseguenze:

• Chi fornisce il servizio deve avere un contratto diretto con il cliente che rende difficile il processo di
standardizzazione;
• Il cliente partecipa al processo di produzione, l’interazione tra cliente e fornitore del servizio può
influire sulla qualità del servizio stesso.
Variabilità della qualità
È la mancanza di standardizzazione, di diversità di qualità nell’erogazione del servizio, a causa del fattore
umano. Il problema è riducibile tramite selezione e formazione dei dipendenti, a cui richiedere chiara
comprensione degli standard di performance del servizio.
Le implicazioni per la gestione dei servizi
Le imprese di servizi devono cercare di conciliare:
a. Vincoli di produttività, che le spingono alla standardizzazione e all’utilizzo massiccio delle tecnologie
informatiche;
b. Obiettivi di controllo della qualità, che le spingono a privilegiare le interazioni dirette con il cliente;
c. Obiettivi di differenziazione.
È possibile descrivere le diverse attività di servizio in base a due dimensioni e su due livelli: dal grado
d’intensità della manodopera richiesta per l’attività di erogazione del servizio e dal grado d’interazione e di
adattamento al cliente.
Si possono identificare 4 gruppi:
1. Fabbriche di servizi: si tratta di società di servizi con un’intensità relativamente bassa di lavoro e
d’interazione con il cliente, come le linee aeree, il trasposto terrestre, gli hotel.
2. Negozi di servizi: il grado d’interazione con il cliente e di personalizzazione del servizio è maggiore,
queste società di servizi si servono di grandi strutture e macchinari, ma offrono interazioni e
personalizzazione, come ospedali e ristoranti.
3. Servizio di massa: l’intensità del lavoro è alta, ma è basso il livello d’interazione e di personalizzazione
del servizio, esempio scuole, negozi al dettaglio e pulizie.
4. Servizio professionale: quando il livello
d’interazione con il cliente aumenta e/o
la parola d’ordine diventa
personalizzazione come medici, avvocati
e contabili.
Questa classificazione dei servizi non è fissa, le
società di servizi innovano e modificano le loro
attività di servizio.

9.4 La domanda industriale


La domanda industriale è una domanda derivata da quella del mercato di consumo finale.

31
La previsione della domanda industriale può diventare molto complessa per il produttore, quando il suo
output ha tante applicazioni diverse. La domanda industriale si struttura in modo diversa in caso si tratti di
beni di consumo, di componenti o di attrezzature industriali.
La domanda di beni industriali di consumo
Si tratta di prodotto che l’impresa industriale utilizza nella sua attività produttiva e che non vengono
incorporati nel prodotto finito.
Le componenti della domanda sono:
• Numero di imprese potenziali;
• Percentuale di utenti effettivi;
• Livello di attività per utente effettivo;
• Tasso d’impiego per occasione d’uso.
La domanda di componenti industriali
I componenti industriali vengono incorporati nel prodotto
fabbricato dal cliente industriale. In questo caso la domanda
dipende direttamente dalla quantità prodotto dell’impresa
industriale cliente.
Si hanno le seguenti componenti:

• Numero di utenti industriali potenziali;


• Percentuale di utenti effettivi;
• Quantità prodotta per utente effettivo;
• Tasso d’impiego per unità di prodotto.
Quello automobilistico rappresenta un ottimo esempio.

la domanda di beni industriali strumentali


rientrano prodotti come le macchine utensili o i computer. Si tratta infatti di beni durevoli.
La domanda di primo acquisto di beni strumentali si determina nel modo seguente:

• Numero di imprese dotate del bene durevole;


• Incremento della capacità produttiva;
• Numero di nuove imprese utilizzatrici;
• Capacità di produzione.
Allo stesso modo per la domanda di sostituzione si avranno:
• Dimensioni del parco esistente;
• Distribuzione dell’età e del livello tecnologico del parco;
• Distribuzione della durata di vita dei prodotti;
• Tasso di disoccupazione;
• Effetto di sostituzione dei prodotti;
• Effetto della riduzione della capacità produttiva.
Effetto di accelerazione
La domanda di beni strumentali industriali dipende direttamente dalla capacità produttiva delle imprese
clienti e quindi una variazione anche minima della domanda finale che si traduce in un cambiamento
sostanziale della domanda di beni strumentali.

32
9.5 L’analisi delle opportunità di crescita nel mercato esistente
Lo scarto fra il livello attuale e il livello assoluto della domanda primaria rappresenta un indicatore del grado
di sviluppo di un prodotto-mercato. Maggiore è lo scarto, più il potenziale di crescita della domanda primaria
sarà elevato.
La Gap anaysis sviluppa uno schema per studiare lo scarto tra il mercato potenziale assoluto e le vendite
attuali delle imprese, identificando 4 tipi di gap, che rappresentano altrettante opportunità di crescita: nella
distribuzione, nell’utilizzo, nell’offerta delle linee di prodotti e nella concorrenzialità.
La concorrenzialità è legata alla vendita di marche in concorrenza diretta all’interno del prodotto-mercato e
alla presenza di prodotti sostitutivi.
Gap della rete distributiva
Le carenze della distribuzione sono dovute a una assenza o a un’adeguatezza della rete di distribuzione nel
prodotto mercato. Si verificano tre situazioni:

• Una copertura insufficiente, quando le linee di prodotti non sono distribuite in tutte le aree
geografiche desiderate;
• Un’intensità di distribuzione insufficiente, quando è presente nell’area geografica in cui l’impresa ha
una copertura distributiva, ma in numero troppo basso di punti di vendita;
• Un’esposizione insufficiente, quando le linee di prodotto dell’impresa sono mal presentate o mal
valorizzare sugli scaffali o nella loro distribuzione, all’interno dei punti vendita che lo distribuiscono.
Gap nell’utilizzo del prodotto
Può risiedere in un insufficiente impiego del prodotto.
Ci sono tre tipologie di gap:
1. Una carenza nei numeri di utenti, quando molti utenti potenziali non utilizzano il prodotto;
2. Una carenza nelle occasioni di utilizzo del prodotto quando gli utenti effettivi non utilizzano il
prodotto in tutte le possibili occasioni d’impiego;
3. Una carenza d’impiego, quando gli utenti effettivi utilizzano una quantità ridotta di prodotto a ogni
impiego.
Gap nelle linee di prodotti
L’inadeguatezza delle linee di prodotti è dovuta alla mancanza di una linea completa. Si possono verificare 7
situazioni:
1. Gap nella dimensione dei prodotti;
2. Gap nelle opzioni disponibili nelle linee di prodotto;
3. Gap nello stile, colore, gusto o profumo della linea di prodotti;
4. Gap nella forma;
5. Gap di qualità nelle linee di prodotti;
6. Gap nelle linee di prodotti con marca del distributore;
7. Gai di copertura dei segmenti con linee di prodotti.
Queste situazioni d’inadeguatezza delle linee di prodotti costituisce in realtà opportunità di crescita,
mediante politiche di innovazione o di differenziazione del prodotto.

9.6 Il modello del ciclo di vita del prodotto


Il ciclo di vita del prodotto (CVP), ossia dell’evoluzione della
domanda potenziale nel tempo.
Essa è composta da 5 fasi; quella di lancio (introduzione), una
crescita esponenziale, una di turbolenza, una di maturità e infine
di declino.

33
L’evoluzione della tecnologie favorisce lo sviluppo di prodotti nuovi con prestazioni migliori che rendono
obsoleti i prodotti esistenti e l’evoluzione delle norme di consumo o di produzione, rende alcuni prodotti
inadeguati al mercato e ne richiede altri.
La fase di introduzione
Nella fase di introduzione il mercato è spesso caratterizzato d auna crescita lenta delle vendite, dovuta a
diversi fattori tipici:

• l’incertezza tecnologica, quando l’impresa innovatrice non domina ancora completamente la


tecnologia e deve sfruttare il vantaggio dell’innovatore;
• la distribuzione, può mostrarsi restia in questa fase nell’offrire un prodotto non ancora affermato su
ampio mercato, il distributore deve familiarizzare il prodotto;
• i clienti potenziali, essi possono essere lenti a modificare le loro abitudini di consumo o di produzione,
in ragione di un atteggiamento cauto nei riguardi dell’innovazione e dei costi legati a essa;
• concorrenza, l’impresa innovatrice è senza concorrenti diretti, almeno per un certo periodo, la cui
durata dipenderà dal suo grado di protezione dell’innovazione.
Questa fase è caratterizzata da un alto grado d’incertezza poiché la tecnologia non è ancora in evoluzione,
non si sono identificati i concorrenti, il mercato è mal definito e l’informazione è scarsa.
È caratterizzata inoltre da fattori interni, come flussi di cassa fortemente negativi, elevate spese di marketing,
altri costi di produzione e spesso investimenti in ricerca e sviluppo da ammortizzare.
La durata dell’introduzione dipende dalla velocità con cui i clienti meno ricettivi all’innovazione adotteranno
il prodotto.
L’obiettivo strategico in questa fase consiste nel creare la domanda primaria velocemente, allo scopo di
uscire velocemente da tale fase d’incertezza. Occorre:
• rendere nota l’esistenza del prodotto;
• informare il mercato sui vantaggi del nuovo prodotto;
• incoraggiare i potenziali clienti a testare il prodotto;
• assicurare canali di distribuzione nel presente e nel futuro.
Per assicurarsi ciò si dovrà:
• una concezione di base del prodotto;
• una distribuzione selettiva o esclusiva;
• una situazione di scarsa sensibilità ai prezzi;
• un programma di comunicazione di tipo informativo.
La fase di crescita
Se il prodotto con successo il test dell’introduzione sul mercato, entra nella fase di crescita sono i seguenti:

• i primi clienti soddisfatti ripetono i loro acquisti e influenzano gli altri potenziali clienti con il
passaparola;
• la maggiore disponibilità del prodotto dovuta a una più ampia distribuzione gli conferisce una
maggior visibilità;
• l’entrata di nuovi concorrenti determina un aumento della pressione totale di marketing sulla
domanda;
una caratteristica importante di questa fase è la diminuzione regolare dei costi di produzione, dovuta
dall’aumento dei voluti prodotti e all’effetto d’esperienza che comincia a manifestarsi.
Per far fronte a questa situazione, cambiano anche gli obiettivi prioritari del marketing strategico, che
diventano:

34
• estendere la dimensione del mercato totale;
• massimizzare il tasso di disoccupazione del mercato;
• costruire una forte immagine di marca;
• creare la fedeltà alla marca.
Per raggiungere questi nuovi obiettivi il programma di marketing dovrà essere modificano attraverso:
• il miglioramento del prodotto, arricchendolo di caratteristiche;
• adozione di un sistema di distribuzione intensivo e l’adozione di una strategia di distribuzione
multicanale;
• l’adozione di una strategia comunicativa mirata alla costruzione dell’immagine.
La fase di turbolenza
Il periodo di turbolenza rappresenta una fase di transazione, durante la quale il tasso di crescita delle vendite
subisce una decelerazione, pur rimanendo superiore a quello dell’economia generale.
La caratteristica fondamentale del periodo di turbolenza è rappresentata dal complicarsi dello scenario, a
causa del rallentamento della domanda totale.
L’attenzione da un punto di vista strategico, si sposta dallo sviluppo della domanda primaria alla creazione o
massimizzazione della quota di mercato.
I nuovi obiettivi sono:

• segmentare il mercato e identificare i segmenti target prioritari;


• massimizzare la quota di mercato in questi segmenti target;
• posizionare chiaramente la marca nella mente dei clienti;
• creare e mantenere la fedeltà alla marca.
Per raggiungere tali obiettivi, il programma di marketing dovrà adottare:

• una differenziazione dei prodotti guidati alla segmentazione di mercato;


• un’espansione della distribuzione per ottenere la massima copertura del mercato;
• politiche di prezzo basate sulle caratteristiche distintive delle marche;
• una pubblicità che mira a comunicare caratteristiche al mercato il posizionamento rivendicativo.
La fase di maturità
Nel momento in cui la crescita della domanda primaria continua a rallentare per poi assestarsi al ritmo di
crescita del PIL in termini reali, o al ritmo della crescita demografica, il prodotto è entrato nella fase di
maturità.
Le cause di questa stabilizzazione sono:

• tassi di disoccupazione e di penetrazione del prodotto nel mercato sono molto elevati;
• la copertura del mercato tramite la distribuzione intensiva e non può essere aumentata;
• la tecnologia si è stabilizzata e bisogna aspettarsi solo modifiche del prodotto.
Il mercato è molto segmentato e le imprese si sforzano di coprire l’intera gamma dei bisogni, offrendo una
vasta scelta di varianti dello stesso prodotto. È nel corso di questa fase che si fa più elevata la probabilità di
un rilancio tecnologico del prodotto, mentre tutti i concorrenti nel mercato si sforzano di prolungarne la vita
media.
In questa fase bisogna:
• differenziare il prodotto;
• entrare in nuove nicchie o segmenti di mercato;
• acquistare un vantaggio competitivo basato su variabili del marketing mix non legate al prodotto.

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Il rallentamento della crescita di mercato ha un impatto sul clima concorrenziale. La concorrenza basata sul
prezzo si fa più frequente, ma ormai ha un impatto scarso o nullo sulla domanda primaria, divenuta anelastica
rispetto al prezzo.
Fase di declino
La fase di declino si traduce in un decremento strutturale della domanda per uno dei seguenti motivi:

• compaiono nuovi prodotti tecnologicamente più avanzati


• le preferenze, i gusti, le abitudini del consumatore cambiano;
• cambiamenti dell’ambito sociale, economico e politico.
Quando le vendite e le previsioni di utile calano, alcune imprese disinvestono e si ritirano dal mercato, altre
cercano di specializzarsi sul mercato residuo nel caso in cui ecco rappresenti ancora un’opportunità valida,
cioè quando il calo delle vendite è graduale.

Capitolo 10 L’analisi di competitività dell’impresa


10.1 La crescente interdipendenza competitiva
Uno dei principali effetti della globalizzazione è l’interdipendenza tra i mercati.
L’evoluzione porta diverse implicazioni:
• le forme tradizionali di organizzazioni multidomestiche diventano obsolete e vengono sostituite da
strutture transazionali, che coprono una ragione oil mondo intero.
• Le acquisizioni e le fusioni sono passi necessari al raggiungimento della dimensione richiesta per
competere in un mercato allargato.
• La standardizzazione di marche e strategie comunicative è motivata dalla necessità di raggiungere
economie di scala per rimanere competitivi nel mercato globale.
È sempre difficile mantenere un buon equilibrio trai due obiettivi apertamente conflittuali: da una parte la
standardizzazione (supply-driven) e dall’altra il market driven.

10.2 La nozione di vantaggio competitivo


Per vantaggio competitivo s’intende l’insieme delle caratteristiche o attributi detenuti da un prodotto che gli
conferiscono un certo grado di superiorità dei confronti dei concorrenti diretti.
La superiorità relativa di un concorrente può essere il risultato di una molteplicità di fattori che sono suddivisi
in tre categorie in base al vantaggio competitivo: vantaggio competitivo di qualità, di costo o basato sulle
competenze chiavi.
Il vantaggio competitivo di qualità
Un vantaggio competitivo di qualità si basa su alcune qualità distintive del prodotto che forniscono un valore
superiore al cliente, sia attraverso la riduzione dei costi del suo utilizzo, sia attraverso l’incremento della sua
performance, permettendo di stabilire un prezzo di vendita più alto rispetto a quello dei concorrenti.
Per il successo di una strategia fondata sul vantaggio competitivo esterno, il supplemento di prezzo (premium
price) che il cliente è disposto a pagare deve essere superiore al costo necessario a conferire il valore
supplementare al prodotto.
Il vantaggio competitivo di costo
Un vantaggio competitivo di costo (o interno) si basa sulla superiorità dell’impresa nel controllo dei costi di
produzione, di amministrazione o di gestione del prodotto. Essa apporta un valore al produttore,
garantendogli un costo unitario inferiore a quello del principale concorrente.
Un vantaggio competitivo interno è il risultato di una maggiore produttività.
Per il successo di una strategia fondata su un vantaggio di costo, l’impresa deve offrire al cliente un valore
accettabile, in modo che il prezzo praticato si avvicini al prezzo medio della concorrenza. Se si sacrifica
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eccessivamente la qualità per ottenere un vantaggio di costo, la riduzione di prezzo richiesta dai clienti sarà
più che compensata dal vantaggio di costo stesso.
La ricerca di posizionamento competitivo sostenibile
Questi due tipi di vantaggio competitivo sono spesso incompatibili perché comportano abilità e culture molto
differenti.
Sull’asse orizzontale è rappresentato il prezzo di vendita massimo accettabile, mentre nell’asse verticale
indica il costo unitario.
L’asse verticale della produttività permette all’impresa di posizionarsi rispetto al concorrente principale in
termini di vantaggio o svantaggio di costo; un posizionamento nella parte superiore del grafico denota uno
svantaggio di costo, mentre un posizionamento nella sua parte inferiore indica un vantaggio di costo.
L’asse orizzontale rappresenta la dimensione del potere di
mercato permette di posizionale l’impresa in termini di
prezzo di vendita massimo accettabili dal cliente rispetto al
concorrente principale. Un posizionamento alla parte destra
denota un elevata forza dell’impresa e una capacità di far
accettare al mercato un prezzo superiore, mentre un
posizionamento nella parte sinistra indica che l’impresa ha
un potere di mercato limitato e deve praticare prezzi inferiori
rispetto al concorrente principale.
La linea bisettrice individua quattro gruppi:
1. Nel quadrante superiore sinistro, il posizionamento è più sfavorevole, poiché gli svantaggi di
accumulano. L’impresa soffre uno svantaggio di costo rispetto al concorrente diretto e non dispone
di alcun potere di mercato per compensare questo handicap con un aumento di prezzo. Prima o poi
s’imporrà un disinvestimento o una strategia di ritirata.
2. Il quadrante inferiore destro descrive la situazione più sfavorevole: prezzi bassi grazie a un’alta
produttività e i prezzi largamente accettati grazie a un elevato potere di emrcato.
3. Il quadrante inferiore sinistro descrive il posizionamento di un’impresa che gode di un vantaggio di
costo, ma dispone anche di un potere di mercato limitato rispetto al suo concorrente diretto. La
strategia consisterà nello sfruttare i segmenti sensibili al prezzo, riducendo al minimo i costi del
marketing operativo, eventualmente subappaltandolo a una catena di vendita al dettaglio.
4. Il quadrante superiore destro descrive una situazione frequente nelle economie industrializzate:
l’impresa dimostra uno svantaggio in termini di costi, ma gode di un potere di mercato
sufficientemente alto per compensarlo con un prezzo di vendita superiore ma accettato dal mercato.
La strategia da utilizzare consiste nella ricerca di attività a valore aggiunto più elevato o di maggiore
qualità agli occhi dell’acquirente che permetteranno di praticare un costo più elevato.
Lo scopo di un’analisi di competitività è permettere all’impresa di individuare la propria posizione rispetto a
queste dimensioni, di ricavarne indicazioni strategiche e di definire gli obiettivi prioritari per ognuno dei
prodotti facenti parte del suo portafoglio di attività.
Per posizionarsi sull’asse del potere di mercato si utilizzeranno le informazioni fornite dagli studi d’immagine
di marca.
Per posizionarsi sull’asse della produttività si farà ricorso alla curva di esperienza altrimenti si utilizzeranno
le informazioni ottenute attraverso il sistema di marketing intelligence.
Il vantaggio competitivo basato sulle competenze chiave
Si definisce competenza chiave una capacità o una tecnologia particolare, che crea un valore unico per il
cliente.

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Le capacità specifiche di un’impresa di concretizzano nell’insieme delle conoscenze delle persone che vi
lavorano e nelle procedure organizzate d’interazione fra dipendenti. Queste competenze chiave possono
essere considerate il fondamento del vantaggio competitivo d’impresa.
Le competenze chiavi possono rappresentare fonti sostenibili di vantaggio competitivo durato nel tempo.
Una competenza chiave per essere sostenibile deve:

• Generare valore un valore significativo e stimabile per i clienti rispetto all’offerta dei concorrenti;
• Essere difficile da imitare o reperire nel mercato, creando quindi una barriera dei concorrenti;
• Consentire all’impresa l’accento a numerosi settori di attività apparentemente non collegati fra loro,
grazie alla combinazione tra abilità e tecnologie trasversali rispetto ai settori tradizionali.
Per identificare e sviluppare le competenze chiave, l’impresa deve isolare le abilità più importanti e affinarle
all’interno di una definizione delle forze vitali dell’organizzazione.
Il vantaggio competitivo strategico e operativo
È possibile stabilire la differenza tra vantaggio operativo e competitivo strategico.
Ottenere un vantaggio competitivo operativo in un dato mercato comporta lo svolgimento delle stesse
attività dei concorrenti, ma in modo più efficiente. Ciò significa essere migliori:

• Offrire una qualità superiore ola stessa qualità a prezzo inferiore;


• Offrendo dei prodotti che riducono i costi dei clienti;
• Offrendo più rapidamente dei concorrenti;
• Collocandosi più vicino al cliente e fornendo maggiore assistenza.
Il miglioramento continuo dell’efficienza operativa è un obiettivo necessario, ma non sufficiente, per
mantenere una reddittività superiore.
Per ottenere un vantaggio competitivo strategico comporta un elemento di differenziazione che può essere
di due tipi:
a) Esercitare nel mercato di riferimento delle attività differenti da quelle dei concorrenti diretti;
b) Esercitare attività simili, ma in modo diverso, con l’obiettivo di proporre al mercato un insieme di
valori unico.
Il posizionamento strategico risulta più sostenibile a lungo termine rispetto a quello operativo.

10.3 Le forze competitive che guidano la concorrenza nel settore


La minaccia dei nuovi entranti
I potenziali concorrenti in grado di entrare in un mercato costituiscono una minaccia che l’impresa deve
circoscrivere e contro la quale deve proteggersi, creando barriere all’entrata.
La rilevanza della minaccia dipende dal livello delle barriere all’entrata e dall’intensità delle relazioni che il
potenziale entrante può attendersi. Le possibili barriere all’entrata possono essere:

• Economie di scala;
• Brevetti;
• Differenziazione del prodotto e l’immagine di
marca;
• Fabbisogno del capitale;
• Costi di trasferimento;
• Costi di trasferimento
• Accesso ai canali di distribuzione;
• Effetto di esperienza.

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Altri fattori che influenzano il grado di determinazione del nuovo entrante sono le aspettative dell’intensità
delle reazioni dei concorrenti affermati e dalle rappresaglie che questi possono organizzare.
La minaccia dei prodotti sostitutivi
I prodotti si definiscono sostitutivi quando svolgono una funzione simili per lo stesso gruppo di clienti,
basandosi però su tecnologie diverse.
Questi prodotti costituiscono una minaccia permanente, in quanto la sostituzione è sempre possibile. La
minaccia può aggravarsi quando a seguito di un cambiamento tecnologico, il rapporto qualità/prezzo del
prodotto sostitutivo si modifica rispetto a quello del prodotto-mercato di riferimento.
I prodotti sostitutivi da tenere sotto controllo sono quelli soggetti a un miglioramento del rapporto
qualità/prezzo rispetto al proprio prodotto nel settore di riferimento.
È necessario un sistema di monitoraggio permanente delle principali scoperte tecnologiche che permette
l’adozione di un comportamento proattivo e non solo reattivo.
Il potere contrattuale dei clienti
I clienti detengono un potere di contrattazione nei confronti dei propri fornitori. Possono influenzare la
redditività potenziale di un’impresa costringendola a concedere riduzioni di prezzo, servizi più estesi e
condizioni di pagamento più favorevoli.
Un’impresa può migliorare la propria composizione competitiva attraverso una politica di selezione della
propria clientela, con l’obiettivo di realizzare una buona ripartizione del portafoglio clienti e di evitare
qualsiasi forma di dipendenza nei confronti dei gruppi di clienti serviti.
Il potere di contrattazione dei fornitori
Il potere dei fornitori nei confronti dei propri clienti deriva dalla possibilità, per i primi, di aumentare i prezzi
delle forniture, di ridurre la qualità dei prodotti o di limitare le quantità vendute a un dato cliente.
Le condizioni che assicurano a un fornitore un elevato potere contrattuale sono: avere una situazione di
monopolio, il gruppo dei fornitori è denominato da poche imprese, il cliente non è importante per il fornitore
ecc…
L’identificazione dei concorrenti
Il modello delle cinque forze concorrenziali non consente di identificare i concorrenti più pericolosi.
Il diagramma può risultare utile per ottimizzare la consapevolezza del management nei confronti delle
minacce competitive e per classificare le tipologie di concorrenti che affrontano o che devono affrontare in
futuro.
Possiamo identificare 4 tipologie di concorrenti:
1. I concorrenti diretti, le aziende che registrano un punteggio alto sia nella soddisfazione dei bisogni
del cliente sia nella dotazione tecnologica;
2. I concorrenti potenziali, che hanno un punteggio alto della dotazione tecnologica ma non soddisfano
gli stessi bisogni a cui si svolge l’impresa in esame;
3. I produttori di beni sostitutivi, che servono i
medesimi bisogni del mercato, utilizzando
però risorse o tecnologie diverse rispetto
all’azienda in esame;
4. I concorrenti dormienti, che per ora
rappresentano una minaccia minima, avendo
un target diverso e utilizzando diverse
tecnologie.

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10.4 Il vantaggio competitivo basato sul potere di mercato
Nell’analisi di una situazione di mercato ci sono diverse strutture concorrenziali proposte dagli economisti e
sono quattro:
1) concorrenza pura o perfetta;
2) oligopolio;
3) concorrenza monopolistica o imperfetta;
4) monopolio.
La concorrenza pura o perfetta
Il modello di concorrenza pura o perfetta è caratterizzato dalla presenza sul mercato di un gran numero di
venditori da un lato e di acquirenti, dall’altro. I prodotti sono perfettamente sostituibili tra loro e si vendono
al prezzo di mercato. In questa situazione i venditori non detengono alcun potere nel mercato e i loro
comportamenti non sono influenzati dalle rispettive azioni.
Le caratteristiche chiave sono:
- Numero elevato di venditori e acquirenti;
- Prodotti indifferenziati, sostituibili perfettamente;
- Assenza completa di potere di mercato per ciascun concorrente;
- Trasparenza del mercato;
- Libertà per ciascun operatore di entrare/uscire dal mercato.
A breve termine, è essenziale tenere sotto controllo i livelli di produzione della concorrenza e l’entrata di
nuovi concorrenti.
A lungo termine, l’impresa ha interesse a uscire dall’anonimato della concorrenza pura. Per uscire da questa
impasse competitiva sono necessarie due fasi: una ricerca sistematica delle opportunità di differenziazione e
una segmentazione accurata del mercato.
Un altro modo per evitare la concorrenza consiste → nello svilupparsi a valle della catena industriale,
integrando attività che incorporano il prodotto, con l’obiettivo di stabilizzare il livello della domanda e
proteggersi contro fluttuazioni selvagge del prezzo.
Oligopolio
L’Oligopolio è una situazione in cui l’interdipendenza tra imprese rivali è molto forte, a causa del numero
ridotto di concorrenti o della presenza di alcune imprese dominanti.
La dipendenza tra concorrenti è tanto più forte quanto più sono indifferenziati i prodotti delle imprese a
confronto.
Si distingue quindi tra: oligopolio indifferenziato e oligopolio differenziato, in cui i beni presentano
caratteristiche distintive rilevanti per il cliente.
In condizioni di oligopolio indifferenziato i prodotti sono percepiti come commodity e la scelta del cliente
dipende in larga parte del prezzo e dal servizio. Si parla allora di situazione leadership di prezzo: il prezzo
proposto dall’azienda dominante funge da riferimento per l’insieme dei concorrenti. Se invece si sviluppa
una competizione sul prezzo, si va a generalmente verso la diminuzione della redditività di tutte le imprese
rivali.
- L’assenza di collaborazione o di disciplina tra i concorrenti si traduce in un peggioramento della
situazione per tutti;
- In un mercato non espandibile la concorrenza diventa un gioco di spartizione del mercato.
L’atteggiamento da adottare nei confronti della concorrenza è un elemento centrale della strategia. SCOPO
ANALISI CONCORRENZA: individuare la natura e il grado di successo dei cambiamenti strategici che ciascun
concorrente potrebbe verosimilmente intraprendere, le reazioni probabili di ogni concorrente di fronte alle

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possibili mosse strategiche delle altre imprese e le loro probabili reazioni di fronte all’insieme delle più ampie
trasformazioni che potrebbero verificarsi nell’ambiente e nel settore. (PORTER)
Concorrenza monopolistica o imperfetta
La situazione di concorrenza monopolistica si colloca a metà strada tra la concorrenza pura e monopolio. I
concorrenti sono numerosi e le forze sono equilibrate ma i prodotti sono differenziati. La differenziazione
può assumere forme diverse.
La competizione monopolistica si fonda dunque sulla strategia di differenziazione pensata per generare un
vantaggio competitivo esterno.
Per avere successo, una STRATEGIA DI DIFFERENZIAZIONE deve rispettare una serie di condizioni:

• La differenziazione deve conferire un elemento di unicità;


• Tale unicità deve rappresentare un valore agli occhi del cliente;
• Questo valore può rappresentare per il cliente o un aumento della sua performance d’impiego o una
diminuzione del suo costo;
• Il valore per il cliente deve essere sufficientemente importante perché questi accetti di pagare un
supplemento di prezzo per beneficiarne;
• L’elemento di differenziazione deve essere sostenibile;
• Il supplemento di prezzo pagato dall’acquirente deve essere superiore al supplemento di costo
sostenuto dall’impresa per produrre e mantenere l’elemento di differenziazione.
→La differenziazione ha l’effetto di conferire all’impresa un certo potere di mercato, in ragione delle
preferenze e della fedeltà accordata di clienti. Il risultato è una sorta di mini monopolio. →La differenziazione
protegge inoltre l’impresa dagli attacchi della concorrenza. → Infine, la differenziazione permette all’impresa
di difendersi meglio dal potere di contrattazione dei fornitori e dai prodotti sostitutivi.

Capitolo 11 Il mercato target e le strategie di posizionamento


11.1 strategie di copertura del mercato di riferimento
Strategie di focalizzazione
La strategia di focalizzazione è quella dello specialista alla conquista di una grossa quota di mercato all’interno
di un segmento ristretto. L’impresa concentra le sue risorse sui bisogni di un numero ridotto di segmenti, se
non uno soltanto, adottando dunque una strategia specialistica.
La specializzazione può riguardare una funzione o un determinato gruppo di clienti l’impresa svolge un
numero ridotto di funzioni ma si rivolge a una vasta gamma di clienti. I confini del mercato sono ristretti dal
punto di vista della funzione, ma molto ampi per quanto concerne il gruppo di clienti. In questa categoria
rientrano le imprese che producono componenti intermedi. Nel secondo caso si ha una situazione in cui i
confini del mercato sono definiti in modo ampio dal punto di vista della funzione e ristretto in merito al
gruppo di clienti verso i cui bisogni è diretta l’attenzione. In questa categoria rientrano le imprese
specializzate come gli alberghi.
La strategia di focalizzazione permette all’impresa di raccogliere i frutti della specializzazione e di utilizzare
più efficientemente le risorse interne.
Copertura totale di mercato
In questa strategia, i confini del mercato di riferimento sono definiti in modo ampio sia dal punto di vista
della funzione sia da quello dei gruppi di clienti: l’impresa si rivolge all’intero mercato.
L’azienda adotta una strategia di copertura totale del mercato può poi scegliere tra una strategia di marketing
differenziato e indifferenziato.
Se adotta una strategia di marketing indifferenziato l’impresa ignora le diversità nei bisogni dei clienti e
decide di rivolgersi all’intero mercato come un tutt’uno, senza servirsi dell’analisi di segmentazione.

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L’impresa si concentra sui punti in comune nei bisogni dei clienti, tralasciandone le differenze. Si tratta di un
metodo difficile da applicare, perché raramente un prodotto o una marca soddisfano le esigenze di tutti.
Se si adotta una strategia di marketing differenziato l’impresa si rivolge sempre all’intero mercato, ma con
programmi di marketing su misura per ciascun segmento. Tale strategia permette di operare in diversi
segmenti di mercato, adottando i prezzi, sistemi di distribuzione e di comunicazione ad hoc. Il rischio è quello
di ipersegmentate il mercato, aprendo la strada al cannibalismo tra marche della stessa impresa.
Strategia mista
L’impresa diversifica le sue attività in termini di funzioni e/o di gruppi di clienti. Garantire che il portafoglio
dell’impresa sia equilibrato e ben diversificato rientra tra gli obiettivi dell’analisi di portafoglio. La scelta di
una di queste strategie di copertura del mercato dipenderà dal numero di segmenti identificabili e
potenzialmente redditizi nel mercato di riferimento e dalle risorse dell’impresa. Se queste ultime sono
limitate, probabilmente la strategia di focalizzazione rappresenta una scelta obbligata. Le strategie di
copertura del mercato sono definite solo sa due dimensioni: bisogni-funzioni e gruppi di clienti, perché le
imprese in genere utilizzano un solo tipo di tecnologia, anche in presenza di alternative tecnologiche.
Ipersegmentazione di mercato e controsegmentazione
• Ipersegmentazione: Prodotti su commissione atti a soddisfare bisogni individuali: l’impresa offre
molte opzioni e una vasta gamma di funzioni secondarie a costi elevati.
• Controsegmentazione: Prodotto base, senza fronzoli, con poche opzioni e a prezzo molto ridotto.

11.2 le decisioni di posizionamento strategico


Dopo aver deciso il tipo di copertura del mercato, il passo successivo sarà la scelta della strategia di
posizionamento da adottare all’interno di ciascun dei segmenti target.
Definizione del posizionamento
Il posizionamento è la decisione dell’impresa relativa al beneficio che il prodotto o la marca deve possedere
per conquistare una posizione distintiva nel mercato.
La posizione si può descrivere rispondendo a quattro domande:

• Per che cosa? promesse della marca e benefici per il cliente


• Per chi? Segmenti target
• Per quando? Situazione d’uso o di consumo
• Contro chi? Concorrente diretto
Le strategie di posizionamento è la modalità adottata per introdurre elementi di differenziazione basati:
1. Analisi interna dei punti di forza e di debolezza dell’impresa;
2. Sul contesto competitivo;
3. Sul tipo di beneficio distintivo e unico che il prodotto o la marca può fornire il cliente.
L’obiettivo dell’impresa sarà quindi comunicare nettamente questo elemento di differenziazione ai potenziali
clienti, in modo che sia chiaramente delineato nella loro mente.
Modalità di posizionamento rispetto ai concorrenti
Eisstono diversi modi di posizionamento un prodotto o una marca nei confronti dei concorrenti, enfatizzanso
gli elementi di differenziazione dell’offerta.
Si possono distinguere:

• Differenziazione del prodotto: il modo più classico per posizionare un’offerta è quello di fare levasui
benefici del prodotto;
• Differenziazione del prezzo: alcune imprese possono utilizzare il prezzo per distinguersi dai
concorrenti;

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• Differenziazione dell’immagine: in molti settori le marche non sono differenziabili sulla base di
caratteristiche tangibili.
Credibilità del posizionamento scelto
Alcune imprese adottano una strategia di posizionamento basata su più benefici. La sfida è convincere i
consumatori che il prodotto è in grado di offrire tutti i benefici rivendicati.
Nel posizionamento bisogna evitare quattro errori fondamentali:
1. Sottoposizionamento: i clienti potenziali hanno solo un’idea vaga del fattore distintivo rivendicato
dalla marca, quindi non ci vedono nulla di speciale;
2. Sovrapposizione: i clienti hanno un’immagine troppo limitata della marca, perché la percepiscono
come troppo specializzata o non abbordabile;
3. Posizionamento consumo: i clienti non sono in grado di valutare l’offerta perché l’impresa avanza
troppe rivendicazioni sul suo prodotto, oppure cambia troppo spesso posizionamento;
4. Posizione ambiguo: i potenziali clienti non riescono a credere ai vantaggi promessi della marca alla
luce dei suoi trascorsi, o di quelli del prezzo o del produttore.
La mappa percettiva basata sugli attributi
La mappa percettiva basata sugli attributi è la modalità
grafica con cui si possono rappresentare le percezioni dei
consumatori verso un prodotto o una marca, in rapporto
all’offerta della concorrenza, utilizzandone gli attributi
rilevanti.
Mediante la mappa percettiva si possono poi valutare
posizioni di forza o debolezza delle offerte attuali, in rapporto
a quelle dei concorrenti, sulla base delle percezioni dei
consumatori.
Strategie per cambiare posizionamento
Nel determinare quale strategia adottare per modificare un posizionamento sfavorevole, è importante capire
il modo in cui i consumatori percepiscono i prodotti concorrenti all’interno di un segmento.
Esistono sei strategie diverse:
1. Modificare il prodotto. Se la marca non corrisponde alle aspettative del mercato in merito a una
determinata caratteristica, si può modificare il prodotto aggiungendo o rinforzando la caratteristica
che risulta carente.
2. Modificare il peso degli attributi. Si tratta di convincere il mercato che deve essere attribuita
maggiore importanza a una determinata caratteristica.
3. Modificare le convinzioni relative alla marca. Il mercato può essere mal informato e sottostimale
alcune caratteristiche realmente distintive della marca.
4. Modificare le convinzioni relative alle marche concorrenti. Questa strategia va usata se il mercato
sovrastima alcune caratteristiche dei concorrenti.
5. Attrarre l’attenzione verso attributi finora ignorati. Implica la creazione di un nuovo vantaggio, non
ancora considerato un segmento di target.
6. Modificare il livello di attributi richiesti. È possibile che il mercato si aspetti un determinato livello
qualitativo, almeno per un certo tipo di applicazione del prodotto.

11.3 La catena del valore nell’analisi di differenziazione


Nell’identifica una strategia di differenziazione è importante evitare due errori: da una parte, individuare un
elemento di unicità apprezzato dai clienti, ma che l’impresa non è in grado di offrire; dall’altra identificare un
elemento di unicità che l’impresa è in grado di offrire, ma che è apprezzato dai clienti. Risulta utile il modello
della catena di valore di Porter.

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Qualunque impresa può essere descritta mediante un insieme di attività volte a ideare, produrre,
commercializzare, distribuire e sostenere i propri prodotti. Come in figura queste attività possono essere
raggruppate in due grandi categorie: attività primarie e attività si supporto. Si costituisce una catena del
valore per una determinata impresa, tenendo conto
dell’importanza e della separabilità di ciascun attività,
oltre che della capacità di rappresentare un elemento
di differenziazione per l’impresa.
L’obiettivo consiste nell’individuare i fattori di unicità
di ogni attività, ovvero variabili e/o le azioni attraverso
le quali l’impresa può acquistare un elemento di
unicità che la differenzi dai concorrenti e la valorizzi
agli occhi del cliente. Lo scopo del modello della
catena del valore è quello di mettere in evidenza che
la ricerca di un vantaggio competitivo sostenibile
interessa ogni funzione dell’organizzazione e non solo
la funzione di marketing.
Forza della marca e fedeltà
La forza della marca dipende dal grado di attaccamento o di fedeltà dei clienti alla marca stessa o all’impresa.
È possibile individuare cinque indicatori della forza di una marca:

• Più limitata sensibilità al prezzo: una marca forte resiste al meglio all’aumento di prezzo rispetto alle
marche concorrenti;
• Accettazione di premium price: una marca è forse se i clienti sono disposti a pagarla di più rispetto
alle marche concorrenti;
• Tasso di esclusività: il consumatore più fedele è quello per cui la marca detiene una percentuale
maggiore di requisiti all’interno della categoria;
• Tasso di fedeltà dinamico: la percentuale di possibilità che un cliente acquisti nuovamente la stessa
marca;
• Misure attitudinali positive: indicatori dell’atteggiamento quali il grado di familiarità con la marca, il
grado di stima, la qualità percepita.

11.4 targeting e posizionamento internazionali


Nella segmentazione globale si possono adottare tre approcci distinti:
a) Identificazione di gruppi di Paesi che richiedono prodotti simili;
b) Identificazione di segmenti presenti in più Paesi;
c) Scelta di segmenti target diversi in ciascun Paese, pur con lo stesso prodotto.
Gruppi di Paese target
Il mercato globale viene in genere segmentato in base a variabili geografiche (raggruppando Paesi simili per
condizioni climatiche ecc).
Tale approccio presenta tre grandi limiti:
a. Si basa su variabili legate al Paese e non agli schemi di comportamento dei clienti;
b. Presuppone l’esistenza di un’omogeneità totale all’interno del raggruppamento di Paesi;
c. Trascura il fatto che vi sono segmenti omogenei di consumatori che possono valicare i confini
nazionali.
Posizionamento in segmenti universali
Sono molte le tendenze che influenzano il comportamento del consumatore su scala globale, e molti prodotti
di consumo sono sempre più accettati su scala mondiale.

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Anche se i bisogni sono diversi, può esistere un segmento del mercato che presenta bisogni identici in ogni
Paese come il mercato automobilistico.
Rivolgersi a segmenti differenti in ogni Paese
Anche se i bisogni sono differenti in ogni Paese, si può vedere lo stesso prodotto in ciascun Paese ma in
segmenti diversi, adottando un posizionamento specifico sulla base di variabili come il network distributivo,
la pubblicità o il prezzo.
Questo approccio richiede una serie di notevoli adattamenti delle strategie di comunicazione e di vendita,
aumentando i costi o impedendo di beneficiare di una loro diminuzione grazie alla standardizzazione.
Il caso dei segmenti universali
L’approccio globale alla segmentazione dei mercati ha l’obiettivo d’individuare le similitudini tra Paesi,
mentre l’approccio internazionale classico è multidomestico e tenderebbe a ignorare i punti di contatto.
L’obiettivo non è di ottenere una gamma uniforme di prodotti in tutto il mondo, bensì di sviluppare la gamma
di prodotti più standardizzata possibile, riconoscendo nel tempo la necessità di adattamenti locali.

Capitolo 12 La formulazione di una strategia di marketing


12.1 L’analisi del portafoglio prodotti
L’obiettivo di un’analisi del portafoglio prodotti è aiutare un’impresa multibusiness a decidere come allocare
risorse limitate fra i diversi prodotti-mercati nei quali compete.
Sono stati sviluppati vari metodi di analisi di portafoglio, che usano rappresentazioni matriciali, in cui vengono
adottati indicatori diversi per misurare i parametri di attrattività e competitività. I due metodi più usati sono:
a. Metodo BCG;
b. Matrice portafoglio multifattoriale (General Electric).
La matrice crescita-quota di mercato relativa del BGC
La matrice BCG è costruita sulla base di due criteri: il tasso di
crescita del mercato di riferimento, che funge da indicatore di
attrattività e la quota di mercato rispetto al concorrente più
pericoloso, usato come indicatore di competitività.
Definire le tipologie di business
È possibile identificare quattro gruppi di prodotti-mercati molto
differenti per esigenze finanziarie e/o di contribuzione alla
redditività.

• Cash cow: questi prodotti generano maggiore liquidità rispetto a quella necessaria per mantenere la
propria posizione sul mercato. Essi rappresentano una fonte di finanziamento a sostegno di attività
di diversificazione o di crescita in altri mercati. La strategia da adottare è quella della raccolta dei
frutti.
• Dog: sono prodotti la cui quota di mercato relativa è bassa in un settore a bassa crescita: è la
posizione peggiore e meno desiderabile. Essi operano con uno svantaggio di costo e hanno poche
opportunità di crescita. Mantenere in vita una simile attività si traduce generalmente in un’emorragia
finanziaria, senza speranza di miglioramento. L’obiettivo è disinvestire.
• Problem child: ricadono prodotti con una quota di mercato relativa modesta in un mercato in rapida
espansione. Nonostante il loro handicap rispetto al leader, questi prodotti hanno ancora la possibilità
di veder crescere la loro quota di mercato, perché quest’ultimo è in evoluzione. Per sostenere questi
prodotti, c’è bisogno di mezzi finanziari che consentono di adottare strategie di crescita della quota
di mercato e bilanciare i bassi margini di profitto. Senza un sostegno finanziario consistente, tali
prodotti si trasformerebbero in dog. L’obiettivo consiste nell’accrescere la quota di mercato o nel
disinvestire.

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• Star: sono prodotti leader nel loro mercato, che attraversano una rapida crescita. Richiedono mezzi
finanziari notevoli che ne sostengono la crescita, grazie alla loro posizione però generano profitti
notevoli, da reinvestire per mantenere la posizione di mercato. Con l’ingresso nella fase di maturità
del ciclo di vita, tali prodotti entreranno a far parte della categoria cash cow.
L’utilità dell’analisi del portafoglio prodotti
• La posizione nella matrice da indicazioni sulla strategia adottabile per ogni prodotto.
• La posizione nella matrice permette di valutare le esigenze finanziarie e il potenziale di redditività.
• L’allocazione in base alla reddittività complessiva delle vendite o alla contribuzione al profitto per
ciascun quadrante permette di valutare l’equilibrio del portafoglio.
Strategie conseguenti all’analisi del portafoglio prodotti
L’impresa può individuare diverse strategie volte a mantenere
o a ripristinare l’equilibrio del suo portafoglio prodotti.
Esistono due traiettorie di successo e due d’insuccesso. Quelle
di successo sono:

• Dell’innovatore: utilizza le risorse finanziarie generate


dalle cash cow per investire in R&S e per penetrare il
mercato con un prodotto del tutto nuovo, destinato a
soppiantare le star esistenti.
• Dell’imitatore: utilizza le risorse fornite dalle cash cow, entra come problem child in un nuovo
mercato dominato da un leader e adotta una strategia aggressiva di sviluppo della quota di mercato.
Le due traiettorie di insuccesso sono:
• Del disastro: si riferiscono all’eventualità in cui un prodotto star deva diminuire la sua quota di
mercato a causa di investimenti insufficienti nel suo mantenimento e si trasformi così in problem
child.
• Della mediocrità permanente: descrivono situazioni in cui un problem child finisce nella categoria dei
dog, quale conseguenza dell’incapacità di creare quota di mercato per il prodotto.
I limiti della matrice crescita-quota di mercato relativa
a. Il ricorso a questa tecnica di analisi solo qualora sussista l’effetto di esperienza, cioè nelle industrie
operanti su elevati volumi di produzione.
b. Il metodo si basa esclusivamente sulla nozione di vantaggio competitivo interno e non considera
alcun tipo di vantaggio competitivo esterno del quale l’impresa o una marca possono beneficiare
grazie al successo di una strategia di diversificazione.
c. Possono presentarsi difficoltà di misura.
d. Le raccomandazioni ricavate da un’analisi di portafoglio restano generiche e costituiscono tutt’al più
degli orientamenti che devono essere precisati.
Lo sviluppo di una griglia multicriteri
Dato che ogni situazione è diversa, l’elenco dei fattori rilevanti va stilato caso per caso, per costruire una
griglia multicriteri è specifica per ogni impresa.
Una volta costruita la grigia, ogni prodotto-mercato viene valutato rispetto a ciascun indicatore. Al contrario
di quanto accade con il modello BCG, i giudici di attrattività e competitività si basano dunque su valutazioni
soggettive.
Interpretazione della griglia multicriteri
Si ottiene un sistema di classificazione a due dimensioni. È consuetudine dividere ciascuna dimensione in tre
livelli (basso, medio ed elevato), il che conduce a definire nove casi, ognuno corrisponde a un posizionamento
strategico specifico.

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• Zona C: i fattori di attrattività del prodotto mercato e la capacità competitiva potenziale dell’impresa
sono elevati; l’orientamento strategico da seguire è quello di una crescita aggressiva (star);
• Zona A: attrattività e competitività sono ridotte; l’orientamento strategico è quello del
mantenimento senza investimenti o del disinvestimento (dog);
• Zona B: il vantaggio competitivo è basso, ma l’attrattività del
mercato di riferimento è elevato (child);
• Zona D: il vantaggio competitivo è alto, ma l’attrattività è
bassa. Questa situazione richiede una strategia di scremature
o di mantenimento della propria posizione senza affrontare
nuovi investimenti (cash cow).
Le posizioni intermedie corrispondono a posizioni strategiche mal
definite e spesso difficili da interpretare.
La valutazione della matrice multicriteri
Il metodo ha un’applicazione più generale, in quanto non poggia su alcuna ipotesi particolare; supera limiti
della BCG, ha una più vasta applicabilità ed è dotato di grande flessibilità, perché gli indicatori vengono scelti
in funzione di ciascuna impresa.
Esistono però dei limiti:

• I problemi di misura sono più delicati e il rischio di soggettività è qui molto maggiore.
• Quando il numero di criteri considerati e il numero di attività da valutare sono elevati, il
procedimento diventa pesante e difficile, specie quando le informazioni disponibili sono scarse e
imprecise.
• Il risultato varierà a seconda del metodo di valutazione e di ponderazione adottato.
• Come per il modello BCG, le indicazioni che si traggono dall’analisi rimangono molto generiche e
vanno precisate.
L’analisi SWOT
L’analisi SWOT acronico mi punti di forza, debolezza, opportunità e minacce. È una tecnica molto usata per
organizzare le informazioni raccolte dal sistema informatico aziendale e dall’ambiente macromarketing.
Le due differenze che presentano rispetto gli altri modelli sono:
a. È di tipo puramente qualitativo e non tenta di giungere a misure oggettive o dati sensibili;
b. Definisce in modo diverso i concetti di attrattività.
Questo metodo serve da catalizzatore per elaborare un piano di marketing adeguato. Eseguire questa analisi
significa valutare strutturalmente ciò che l’impresa può fare (punti di forza) e ciò che non riesce a fare (punti
di debolezza) in un dato istante, mettendo in relazione questi fattori con le condizioni ambientali che la
favoriscono (opportunità) o sfavoriscono (minacce).
L’analisi SWOT aiuta l’impresa a evidenziare i suoi punti di forza e a minimizzare quelli di debolezza, per
perseguire le opportunità che le si offrono ed evitare le minacce.
La semplicità del metodo e la mancanza di una struttura teorica alla base portano spesso a difficoltà
d’interpretazione.

12.2 Le opzioni strategiche di base


Le strategie di base varieranno a seconda del tipo di vantaggio competitivo ricercato, cioè in base al fattore
che dipendano dalla produttività o da un elemento di differenziazione.
Porter ipotizza che esistano quattro strategie competitive di base per superare la concorrenza in un dato
settore: di differenziazione, il dominio di costo, la focalizzazione con la differenziazione e la focalizzazione sui
costi.

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Strategie di dominio attraverso i costi
Questa strategia di base si fonda sulla dimensione della produttività ed è generalmente legata alla presenza
di un effetto di esperienza. L’esistenza di un vantaggio di costo rappresenta una difesa efficace contro le
cinque forze concorrenziali.
Rispetto ai concorrenti diretti l’impresa può resistere meglio a un’eventuale guerra dei prezzi, riuscendo a
guadagnare, anche adottando il livello di prezzo minimo dei concorrenti. I costi ridotti rappresentano una
barriera contro la loro entrata. I costi ridotti difendono l’impresa dagli aumenti di costo e garantendole una
posizione favorevole nei confronti dei prodotti sostitutivi dei concorrenti nel settore.
La differenziazione
L’obiettivo è di conferire al prodotto caratteristiche distintive per il cliente, creando un’offerta percepita
come unica. L’impresa tenderà a creare una situazione di concorrenza monopolistica, nella quale essa detiene
potere di mercato, grazie all’elemento distintivo.
Essa isola l’azienda dalla rivalità competitiva, perché accresce la fedeltà alla marca, diminuisce la sensibilità
al prezzo e migliora di conseguenza la redditività, rendendo non indispensabile il contenimento dei costi. La
conseguenze fedeltà dei clienti e l’unicità del prodotto, genereranno barriere all’entrata verso nuovi
concorrenti, mentre la redditività più elevata accresce la capacità dell’impresa di resistere agli aumenti di
costo imposti da eventuali fornitori influenti.
Permette quindi di realizzare profitti più elevati, grazie al prezzo più elevato che il mercato è disposto ad
accettare e malgrado i cosi, generalmente più alti.
La focalizzazione
L’obiettivo è di scegliere un target ristretto e di soddisfare i bisogni specifici meglio dei concorrenti che si
rivolgono alla totalità di mercato. Questa strategia può comportare sia la differenziazione che il dominio dei
costi, ma limitatamente al segmento d’interesse.
I rischi delle strategie di base
• Dominio attraverso i costi: investimenti sostenuti, elevata competenza tecnica, rigido controllo dei
costi di fabbricazione e distribuzione e prodotti standardizzati.
• Differenziazione: solide competenze di marketing e avanzate competenze tecnologiche, capacità di
analizzare e prevedere l’evoluzione del mercato, coordinamento di R&S, produzione e marketing.
• Concentrazione: tutte le caratteristiche precedenti nel segmento strategico di interesse.

12.3 Le strategie di crescita


Un’impresa può definire un obiettivo di crescita a tre livelli diversi:
• Nell’ambito del mercato di riferimento in cui opera (crescita intensiva)
• Nell’ambito della filiera industriale, attraverso un estensione laterale, a monte o a valle della sua
attività di base (crescita integrata);
• Nell’ambito di opportunità esterna al suo campo di attività abituale (crescita per diversificazione).
Le strategie di crescita intensive
La strategia di crescita intensiva è giustificata per un’impresa che non ha ancora sfruttato completamente le
opportunità offerte dai prodotti di cui dispone nei suoi mercati naturali di riferimenti. È possibile attuare
diverse strategie:
a. Penetrazione del mercato;
b. Sviluppo incentrato sui mercati;
c. Sviluppo incentrato sui prodotti.
La strategia di penetrazione del mercato
Una strategia di penetrazione del mercato consiste nel cercare d’incrementare o mantenere le vendite dei
prodotti attuali nei mercati esistenti. Si possono seguire diverse vie.

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1. Sviluppo della domande primarie: espandere la domanda primarie allo scopo di aumentare la
dimensione del mercato totale.
2. Aumento della quota di mercato: aumentare le vendite, attirando i clienti delle marche o delle
imprese concorrenti con investimenti significativi nel merketing mix.
3. Acquisizione di mercati: aumentare la quota di mercato con una strategia di acquisizioni o creando
delle joint-venture.
4. Difesa di una posizione di mercato: difendere la quota di mercato detenuto, rafforzando il marketing
operativo.
5. Razionalizzazione del mercato: modificare in modo significativo i mercati serviti, allo scopo di ridurre
i costi e/o mantenere l’efficacia del marketing operativo.
6. Organizzazione del mercato: influenzare il livello di competitività di un settore per cercare di
migliorare la redditività.
Le strategie di sviluppo incentrate sui mercati
Una strategia di sviluppo incentrata sui mercati si propone di aumentare le vendite introducendo i prodotti
attuali dell’impresa sui mercati nuovi o futuri.
1. Il primo approccio prevede di focalizzarsi sui bisogni latenti, consiste dunque nel produrre soluzioni
a bisogni che i consumatori non hanno ancora percepito.
2. Il secondo è incentrato sui nuovi segmenti di mercato e prevede che l’impresa si rivolga a segmenti
di clienti non serviti nello stesso mercato geografico.
3. Il terzo è incentrato sui nuovi canali di distribuzione e consiste nell’introdurre il prodotto in una rete
di distribuzione diversa, complementare a quelle esistenti.
4. Il quarto si basa sull’espansione geografica, dunque sull’insediamento in altre aree del Paese o in altri
Stati.
Le strategie di sviluppo incentrate sui prodotti
Una strategia di sviluppo incentrata sui prodotti si propone di aumentare le vendite perfezionando i prodotti
o sviluppandone di nuovi per destinarli ai mercati già serviti dall’impresa.
1. Innovazioni di rottura: lanciare un nuovo prodotto o servizio che offre ai consumatori benefici
radicalmente diversi e richiede da parte loro un diverso comportamento di utilizzo;
2. Aggiunta di caratteristiche;
3. Estensione della linea di prodotti: accrescere la linea introducendo nuove varianti per aumentare o
mantenere la quota di mercato;
4. Ringiovanente di una linea di prodotti.
5. Miglioramento della qualità;
6. Acquisizione di una gamma di prodotti
7. Razionalizzazione di una gamma di prodotti
L’elemento su cui fanno leva è il settore R&S. Tali strategie sono generalmente più costose e rischiose delle
strategie di sviluppo incentrate sui mercati.
Le strategie di crescita integrata
Motivate in un’impresa che è in grado di migliorare la sua redditività controllando diverse attività
d’importanza strategica, nella filiera industriale a cui appartiene.
Le strategie d’integrazione a monte
Generalmente alimentate dall’intento di consolidare, o difendere, una fonte di approvvigionamento
d’importanza strategica. Un altro obiettivo può essere quello di assicurarsi l’accesso a una tecnologia chiave
essenziale al successo dell’attività di base.
Le strategie d’integrazione a valle
Ha come motivazione di base quella di garantire all’impresa il controllo degli sbocchi vitali per la sua stessa
esistenza. Per un’impresa che fabbrica beni di consumo si tratterà di assicurarsi il controllo sulla distribuzione.

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Talvolta l’integrazione a valle si pone come obiettivo semplicemente quello di ottenere una migliore
comprensione dei bisogni dei clienti. In questi casi l’impresa crea una filiale che svolge il ruolo di unità pilota.
Strategie d’integrazione orizzontale
L’obiettivo è quello di rafforzare la posizione concorrenziale, assorbendo o controllando determinati
concorrenti.
Strategie di crescita basate sulla diversificazione
Attuabile quando la filiera industriale della quale l’impresa fa parte non presenta più alcuna opportunità di
crescita o di redditività. Questa situazione si verifica perché la concorrenza occupa una posizione troppo forte
o perché il mercato di riferimento è in declino. Una strategia di diversificazione comporta l’entrata in
prodotti-mercati nuovi per l’impresa; è una strategia rischiosa.
Strategia di diversificazione concentrica
L’impresa esce dalla sua filiera industriale e commerciale e cerca di aggiungere attività nuove, complementari
a quelli esistenti sul piano tecnologico e commerciale. L’obiettivo è quello di beneficiare degli effetti della
sinergia, di attrarre nuovi gruppi di clienti e di ampliare il mercato di riferimento dell’impresa.
Strategie di diversificazione pura
L’impresa entra in attività nuove che non hanno collegamenti con le sue attività tradizionali, tanto sul piano
tecnologico quanto su quello commerciale. L’obiettivo è di orientarsi verso settori completamente nuovi per
rinnovare il portafoglio di attività.

12.4 Scelta delle strategie competitive


Le strategie del leader di mercato
L’impresa leader è quella che occupa la posizione dominante ed è riconosciuta come tale dai concorrenti.
Lo sviluppo della domanda primaria L’impresa leader è quella che generalmente contribuisce in modo più
diretto allo sviluppo del mercato di riferimento, consiste nello sviluppo della domanda primaria. L’impresa
leader, dunque, estende il mercato di riferimento, il che va a beneficio dell’insieme dei concorrenti. Questo
tipo di strategia si osserverà soprattutto nelle prime fasi del CVP, quando la domanda primaria è espandibile
e la tensione competitiva è bassa.
Le strategie difensive
Strategia tipica dell’impresa che detiene una quota di mercato elevata: il suo obiettivo è proteggere la quota
di mercato contrastando l’attività dei concorrenti più pericolosi.
Spesso questa strategia viene adottata dall’impresa innovatrice.
Strategie difensive: l’innovazione e il vantaggio tecnologico, in modo da scoraggiare la concorrenza; il
consolidamento del mercato grazie a una distribuzione intensiva e a una politica distributiva volta a coprire
tutti i segmenti; oppure il confronto diretto attraverso la guerra dei prezzi o la pubblicità comparativa.
Le strategie aggressive
L’obiettivo è trarre il massimo beneficio dall’effetto di esperienza e migliorare così la redditività. Questa
strategia poggia sull’hp dell’esistenza di una relazione tra la quota di mercato e la redditività. Se da un lato
l’impresa ha interesse ad accrescere la sua quota di mercato, dall’altro è evidente che esiste un limite al di là
del quale il costo di un ulteriore aumento della quota di mercato diventa proibitivo. Le aziende dominanti
risultano inoltre più vulnerabili agli attacchi delle associazioni di consumatori.
La strategia di demarketing
Consiste in una riduzione volontaria della quota di mercato dell’impresa, al fine di evitare le accuse di
monopolio o di quasi monopolio. Si può applicare il demarketing attraverso incrementi di prezzo o riduzione
dei servizi offerti. Un’altra strategia possibile consiste nella diversificazione verso prodotti-mercati alternativi
a quelli in cui l’impresa detiene una posizione dominante.
In alcuni casi intervengono le leggi antitrust, intimando alle aziende di ridurre le loro dimensioni.
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Le strategie dello sfidante
Lo sfidante adotta strategie aggressive, il cui obiettivo dichiarato è quello di prendere il posto del leader.
I due problemi chiave che lo sfidante deve affrontare sono: da una parte, la scelta del campo di battaglia sul
quale attaccare l’impresa leader e, dall’altra, la valutazione della capacità di reazione e difesa di quest’ultimo.
Nella scelta del campo di battaglia lo sfidante ha 2 possibilità:

• l’attacco frontale, che consiste nell’opporsi in modo diretto al concorrente utilizzando le sue stesse
armi, senza puntare sui punti deboli;
• l’attacco laterale, che mira a opporsi al leader su una dimensione strategica rispetto alla quale il
concorrente è debole o impreparato.
La strategia classica di uno sfidante consiste nell’attaccare l’impresa dominante sul piano del prezzo.
Le strategie del follower di mercato
Il follower, disponendo di una quota di mercato ridotta, assume un comportamento adattivo, allineandosi
alle decisioni prese dai concorrenti e perseguendo un obiettivo di coesistenza pacifica. Di conseguenza,
adotta un atteggiamento conforme a quello del leader riconosciuto dal mercato. Questo tipo di
comportamento si osserva principalmente nei mercati monopolistici.
Il fatto che l’impresa detenga una quota di mercato scarsa accresce l’importanza di obiettivi strategici
chiaramente definiti. Caratteristiche principali nelle strategie attuate dalle imprese con basse quote di
mercato, ma con elevata performance:
• segmentazione creativa del mercato. L’impresa con una bassa quota di mercato deve limitarsi a
competere in un ridotto numero di segmenti;
• efficiente utilizzo dell’attività di R&S. la funzione deve concentrarsi sul miglioramento dei processi
per la riduzione dei costi;
• pensare in piccolo. Viene messo l’accento sugli utili piuttosto che sull’incremento delle vendite o
della quota di mercato, sulla specializzazione piuttosto che sulla diversificazione;
• onnipresenza del dirigente.
Le strategie delle nicchie di mercato
L’impresa che si specializza s’interessa a uno o più segmenti anziché alla totalità del mercato. Una nicchia è
redditizia quando:
- presenta un potenziale di crescita
- è poco attraente per la concorrenza
- corrisponde alle competenze distintive dell’impresa
- dispone di barriere difendibili all’entrata.
Il problema, dunque, è individuare la caratteristica o il criterio su cui costruire la sua specializzazione.

Capitolo 14 Le decisioni di lancio di nuovi prodotti


14.1 il ruolo strategico dell’innovazione
• Innovazioni market-pull o technology-push:
Le innovazioni market-pull sono richieste dal mercato mentre quelle technology-push sono il
risultato del reparto Ricerca e Sviluppo e che soddisfanno bisogni latenti. Le innovazioni provenienti
dalla tecnologia sono le più rischiose e hanno bisogno di un processo di sviluppo ben orientato al
mercato. Il market-pull è un tipo di marketing strategico di tipo reattivo, mentre quello di technology-
push proattivo.
• Le innovazioni tecnologiche di rottura:
Si intendono quelle che cambiano le regole del gioco competitivo, cioè che sono diverse da quelle
adottate dai leader di settore e in conflitto con esse.

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Le innovazioni portano alla ricerca di collaborazioni partner in grado di sopportare lo sviluppo
tecnologico. E tale processo porta le imprese a definire il loro mercato di riferimento in termini di
bisogni generici o servizi e non di tecnologie e prodotti, perché le tecnologie cambiano rapidamente.
Componenti dell’innovazione
Un’innovazione deve essere composta da tre elementi:

• Un Bisogno: da soddisfare o una funzione da espletare;


• Un Concetto di un oggetto o di un’entità che soddisfa il bisogno
• L’insieme degli input che danno modo al concetto di diventare operativo.
Il grado di rischio associato all’innovazione dipenderà da due fattori: dal rischio di mercato e dal rischio
tecnologico. A questi fattori di rischio va aggiunto il rischio strategico.

14.2 L’organizzazione del processo di sviluppo dei nuovi prodotti


• Comitato nuovi prodotti: è un comitato permanente interfunzionale che si riunisce periodicamente.
È formato dai responsabili delle diverse funzioni e presidiato dal direttore generale. Il comitato ha la
responsabilità di organizzare le relazioni tra le diverse funzioni e di gestire il processo di sviluppo dei
nuovi prodotti dal momenti in cui nasce l’idea fino alla fase di lancio.
• Gruppo a progetto: è un’epique interfunzionale costituita apposta per sviluppare un progetto
specifico. È composto da membri dei diversi reparti, il gruppo si distacca temporaneamente dalle
attività ordinarie per concentrarsi sulla creazione di una nuova attività.
Qualunque modello adotti, l’importante è l’esistenza di una struttura di sostegno delle idee di nuove offerte.
I possibili processi di sviluppo di un nuovo progetto o prodotto adottati dalle imprese innovative sono due:
sequenziale e di sviluppo.
Il processo di sviluppo sequenziale
Il processo di sviluppo sequenziale consiste in una serie di
stadi che compongono il progetto di un nuovo prodotto, il
quale passa da uno stadio all’altro: dalla fase
dell’elaborazione e della verifica del concetto, all’analisi di
fattibilità, allo sviluppo del prototipo, al test di mercato
fino alla produzione.
La procedura sequenziale non favorisce di per sé
l’integrazione delle diverse funzioni, dato che ognuna di
esse trasmette il progetto alla funziona che interviene nella
fase successiva. Il passaggio alla fase successiva avviene
soltanto quando tutte le esigenze della precedente sono
state soddisfatte; il sopraggiungere di un ritardo in una
qualunque delle fasi ritarda, e in alcuni casi blocca, l’intero
processo a valle.
Quindi a base di questo processo c’è la lentezza per evitare
errori e fallimenti, ma questo può accrescere i rischi di
fallimento anziché ridurli. Ci sono nove motivi per ritenere
la velocità una fonte di vantaggio competitivo:
1. Il vantaggio competitivo non è mai totalmente
sostenibile;
2. Evitare il bisogno di prevedere il futuro;
3. La legge dei grandi numeri;
4. Profitti dai nuovi prodotti;
5. Cicli di vita dei prodotti più brevi;
6. Più competizione nei mercati di crescita;
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7. Imitazioni incontrollate;
8. Guadagnare in fretta spazio sugli scaffali;
9. Alimentare il senso della creatività e della sperimentazione.
Guardare pag 372
Il processo si sviluppo parallelo
Questo processo velocizza il processo di sviluppo dei nuovi prodotti, basandosi su team a progetto, i cui
membri lavorano insieme dall’inizio alla fine.
Esso non si evolve in fasi rigidamente predeterminate,
ma è il risultato di interazioni spontanee tra i
componenti del team. Uno dei vantaggi del processo di
sviluppo parallelo è la sovrapposizione dei compiti
espletati dei vari reparti.
Vantaggi:
- Il sistema consente un maggior coordinamento interfunzionale, giacché ogni funzione è associata.
- È possibile svolgere contemporaneamente varie attività, il che accelera il processo.
- Ogni attività riceve un maggior controllo, poiché determina le altre attività che dipendono
direttamente da essa.
- Il lavoro più intenso e il coordinamento spontaneo che ne deriva consentono di realizzare un
notevole risparmio di tempo.

14.3 La generazione di idee di nuovi prodotti


Il processo di sviluppo delle innovazioni inizia dalla generazione di idee di nuovi prodotti che siano coerenti
con la strategia di sviluppo scelta.
In generale le idee arrivano spontaneamente; bisogna quindi organizzarsi e stimolarne lo sviluppo. La
creatività può quindi essere definita come: l’esercizio intellettuale che consiste nel collegare delle
informazioni in maniera imprevedibile al fine di produrre nuove combinazioni.
I metodi per generare nuovi prodotti si dividono in due macroaree:
- Metodi di analisi funzionale: studia i prodotti per individuare i possibili miglioramenti;
- Comprende i metodi che si rivolgono ai clienti per scoprire bisogni insoddisfatti o mal soddisfatti dai
prodotti esistenti.
Metodi di analisi funzionale
I metodi di analisi funzionale sono utili in quando danno agli stessi utilizzatori di un prodotto la possibilità di
suggerire come cambiarlo e migliorarlo.
Essa è legata allo studio del comportamento dell’utente, e ha lo scopo d’identificare i problemi derivanti
dall’utilizzo del prodotto. Ogni problema emerso può dare vita a una nuova idea su possibili modifichi o
miglioramenti.
Gruppi di creatività e brainstorming
I metodi non strutturati si basano essenzialmente su immaginazione e intuizione e sono in genere adottati
sotto forma di gruppi di creatività. Il gruppi di individui è più creativo degli individui che operano
isolatamente, grazie a un effetto di sinergia e d’interazione tra i membri del gruppo.
Il brainstorming è il metodo più popolare, poiché è semplice da organizzare, esso serve per produrre nuove
idee. Si riuniscono da 6 a 10 persone di esperienza e formazione molto variegata, alcune al di fuori
dell’impresa.

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La generazione di idee di nuovi prodotti da parte dei clienti
Nel settore dei beni di consumo il ruolo del consumatore è quello di chi risponde e si esprime solo se
interpellato. Nei settori industriali, invece, è spesso compito del potenziale cliente sviluppare l’idea di un
nuovo prodotto e selezionare un fornitori che sia in grado di realizzarla, quindi l’iniziativa aspetta al cliente.
Qualsiasi esternazione di un bisogno fatta da un cliente nei mercati industriali contiene informazioni sulla
produzione più adatta al problema.

14.4 La selezione delle idee di nuovi prodotti


L’obiettivo di questa fase del processo di sviluppo consiste nel valutare le idee generate per eliminare quelle
incompatibili con le risorse o con gli obiettivi dell’impresa o non interessanti per quest’ultima. Lo scopo è
individuare e abbandonare al più presto le idee irrealizzabili e individuare i progetti che meritano uno studio
più approfondito.
Il comitato nuovi prodotti si trova nella posizione migliore per procedere al filtraggio delle idee. Un metodo
semplice è quello della griglia di valutazione. Questo procedimento si assicura che tutti i fattori più importanti
siano sistematicamente presi in considerazione, senza privilegiare l’uno o l’altro, e nel garantire il rispetto
degli obiettivi e dei vincoli dell’impresa.
Nella valutazione dei giudizi attribuiti è preferibile adottare un approccio congiuntivo e non accontentarsi di
effettuare la media ponderata dei giudizi ottenuti. Questo porta a identificare le idee che non sono
compatibili con gli obiettivi o con le risorse dell’impresa. L’approccio congiuntivo comporta che siano
specificati i livelli massimi e minimi che tutti i programmi dovranno soddisfare. Verranno prese in
considerazione solo le idee che soddisfano tutte le soglie così stabilite.

14.5 Lo sviluppo del concetto del nuovo prodotto


In questa fase del processo si esce dal campo delle idee per entrare nella fase del concetto di prodotto.
Il prodotto è una descrizione scritta delle caratteristiche fisiche e percettive del prodotto e del paniere di
attributi che rappresenta per un gruppo target di consumatori potenziali.
Lo sviluppo di un concetto di prodotto “verde”
Il rispetto dell’ambiente rappresenta oggi un elemento indispensabile al successo, e l’impresa deve valutare
le implicazioni di un nuovo prodotto in questo senso. Nell’adozione del concetto di prodotto “verde” è
necessario agire con prudenza, assicurarsi delle legittimità del posizionamento rivendicando ed essere in
grado di provarlo scientificamente, facendo riferimento al ciclo di vita completo del prodotto.
Il test del concetto del nuovo prodotto
Il test del concetto del nuovo prodotto è il primo investimento che l’impresa deve compiere nel processo di
sviluppo. Si tratta di sottoporre la descrizione del concetto del nuovo prodotto a un opportuno gruppo di
utenti target, per misurarne il grado di accettazione.
La descrizione del concetto di prodotto può essere effettuata in due modi: in forma neutra o in forma di
annuncio pubblicitario fittizio, presentando il nuovo prodotto come se esistesse già.
Il primo metodo è il più semplice da attuare e consente di evitare l’ostacolo dell’influenza, difficilmente
controllabile, esercitata dall’elemento creativo dell’annuncio. L’annuncio pubblicitario presenta il vantaggio
di riprodurre meglio le circostanze d’acquisto del futuro prodotto e di rendere così più realistico il test del
concetto.
I risultati del test vanno interpretati con cautela poiché chiedendo ai clienti di esprimere il loro interesse per
un prodotto che non hanno mai visto o usato potrà non piacere a molti e magari l’idea del prodotto è geniale.

14.6 Analisi di business e programmazione di marketing


Una volta sviluppato e accettato il concetto di prodotto da parte della direzione generale, è al marketing che
spetta quantificare le opportunità di mercato e lo sviluppo di programmi di marketing alternativi. Ciò implica

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la formulazione delle previsioni sulle vendite e sulla curva di penetrazione nel segmento target per diversi
budget di marketing.
Stimare il volume delle vendite
Il primo problema che si pone è quello di stimare il volume di vendite che potrà essere realizzato nei primi
tre anni di lancio. Esistono diversi metodi per affrontare questa problematica:
- Metodi soggettivi: è l’insieme delle informazioni che riguarda le vendite dei prodotti concorrenti, i
dati forniti dai distributori e dalla forza vendita.
- Fattibilità: hanno lo scopo di raccogliere le informazioni mancanti sul campo, interpellando
direttamente i potenziali clienti e i distributori.
- Test di mercato: si osservano i comportamenti d’acquisto per come si manifestano in un ambiente
reale.
I tre metodi non sono esclusivi e possono essere utilizzati congiuntamente. La funzione marketing deve
fissare un obiettivo in termini di volume d’affari e stimare se le vendite saranno sufficienti a garantire un
profitto adeguato.
I modelli tipici di curva delle vendite
L'evoluzione nel tempo della domanda di un prodotto nuovo sarà diversa a seconda che si tratti di beni
strumentali che si acquisiscono una sola volta, di un bene durevole o di un prodotti soggetti ad acquisti
ripetuti.
Per un bene strumentale acquistato una volta, inizialmente la curva delle vendite prevista registra un
aumento costante, poi raggiunge un massimo e infine decresce progressivamente, finché non vengono a
mancare i clienti potenziali.
La domanda di un bene durevole si suddivide in domanda di primo acquisto e domanda di sostituzione.
- La domanda di primo acquisto dipende dal tempo ed è determinata da variabili legate al reddito;
- la domanda di sostituzione è invece determinata dalla scienza del prodotto.
La domanda di prodotti ad acquisto ripetuto si può scomporre
in due elementi: primo acquisto e riacquisto.
Ciò che conta è il tasso di riacquisto, che rivela il grado di
soddisfazione dei clienti ai quali alla fine diventeranno clienti
fedeli. La curva delle vendite totali raggiungerà infine un livello
stabile
I metodi di proiezione dei dati dei panel
Si può suddividere la quota di mercato in tre componenti distinte:
- tasso di penetrazione della marca, definito come il totale cumulato di primi acquisti;
- tasso da questo ripetuto, sotto forma di percentuale sugli acquisti totali nel settore di appartenenza;
- tasso di intensità, buona confronto le quantità medie acquistate dai clienti della marca con le
quantità medie acquistate dall'acquirente nella categoria di prodotti.
La quota di mercato prevista viene stimata moltiplicando i tre valori appena citati.

14.7 Il processo di adozione da parte del cliente


La progettazione del lancio di un nuovo prodotto deve basarsi su una buona conoscenza del processo di
adozione dell'innovazione seguito dal gruppo target di consumatori.
Il processo di adozione si compone di una sequenza di fasi che il nuovo consumatore attraversa, dalla
scoperta dell'innovazione fino alla possibile adozione o al rifiuto del prodotto commercializzato.
il processo si compone di sei fasi:

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1. conoscenza: il potenziale cliente scopre l'esistenza del prodotto;
2. comprensione: si basa sulla conoscenza e rappresenta la concezione che l'individuo ha del prodotto
e delle funzioni che può svolgere;
3. atteggiamento: si intende la predisposizione dell'individuo a valutare un oggetto presente nel suo
ambiente in modo favorevole o sfavorevole;
4. Convinzione: l'individuo sviluppa un atteggiamento
favorevole, si convince che il prodotto è superiore e
che acquistarlo è la cosa giusta da fare;
5. prova: l'individuo utilizza il prodotto in piccola
quantità;
6. adozione: l'individuo decide di adottare l'innovazione
e continuare ad acquistarla.
Fattori di ricettività dell'innovazione
Sono stati identificati 5 fattori che influenzano la velocità di diffusione:
1. vantaggio relativo: l’innovazione è considerata superiore all'alternative esistenti;
2. complessità: il grado di difficoltà associato all'idea o al prodotto nuovo;
3. compatibilità: il grado di inserimento dell'innovazione nelle abitudini dei potenziali consumatori;
4. comunicabilità: la facilità con cui si riesce a trasmettere al potenziale utilizzatore l'essenza
dell'innovazione;
5. verificabilità: la capacità dell'innovazione di essere provata su scala ridotta prima dell'acquisto,
riducendo in tal modo il costo di adozione.
Intervengono anche delle incertezze che accompagnano l'innovazione, che sono:
1. l'incertezza sulle evoluzioni tecnologiche future e sulla durata del ciclo di vita e dell'innovazione;
2. l'incertezza sulla reale consistenza dei vantaggi annunciati dall’innovatore;
3. l'incertezza sui costi di adozione.
l'identificazione di questi fattori prima del lancio delle innovazioni è utile per valutare al meglio la durata
della fase introduttiva ed elaborare un programma di comunicazione.
Categorie di clienti che adottano un'innovazione
Rogers classifica coloro che adottano un'innovazione in 5 categorie in base al tempo necessario all'adozione.
1. innovatori: sono coloro ad acquistare per primi il prodotto innovativo, sono consumatori
indipendenti coraggiosi e desiderosi di provare idee nuove, anche rischiando;
2. adottatori precoci: adottano rapidamente nuove idee e nuovi prodotti, ma con relativa prudenza;
3. maggioranza precoce: individui che adottano idee
nuove prima della persona media, ma hanno
bisogno di informazioni e non sono dei trascinatori;
4. maggioranza tardiva: gli individui sono scettici
infatti adottano le innovazione solo dopo che la
maggioranza l’ha testata;
5. ritardatari: ovvero consumatori legati alle tradizioni
sono sospettosi e resistenti al cambiamento.

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Capitolo 15 La gestione della marca
15.1 il ruolo strategico della marca
La marca è un nome, un simbolo, un disegno o una combinazione di questi elementi, che ha l’obiettivo
d’identificare beni e servizi di un venditore o gruppo di venditori, differenziandoli da quelli concorrenti.
Le marche sono ormai ovunque: esistono perché generano una fiducia basata sulla stretta relazione costruita
negli anni con i consumatori. Maggiore è il livello del rischio percepito più sarà importante il ruolo della marca
per minimizzarlo (capitolo sei).
L’importanza delle marche
Verso gli anni 80 si andava diffondendo una prospettiva che considerava la marca come un asset reale che
poteva dare un forte vantaggio competitivo all'impresa che la possedeva. La marca costituiva una forte
barriera all'ingresso e una forte di redditività poiché generava redditi costanti, grazie all'alto tasso di fedeltà
del cliente.
Per molte aziende multinazionali è stato fondamentale compiere questo passo per diventare leader a livello
globale.

15.2 Le funzioni della marca


Le funzioni della marca per il cliente nei mercati 2BC
Si possono identificare cinque funzioni di utilità diretta della marca per il cliente e sei funzioni d’importanza
strategica per il produttore.
Le funzioni per il consumatore finale sono:
1. Funzione di orientamento. La marca è percepita dal potenziale acquirente come una lista che
contiene uno specifico assortimento di attributi, tangibili e non tangibili; il cliente utilizza queste
informazioni per orientare le proprie scelte in funzione delle necessità o delle situazioni di consumo
che si trova ad affrontare.
2. Funzione di praticità. La marca è per il cliente un mezzo comodo e pratico per associare un nome a
un determinato assortimento di attributi, agevolandone la memorizzazione.
3. Funzione di garanzia. Una marca identifica e responsabilizza il produttore in modo durevole, nel
senso che questi si impegna a fornire al cliente un livello di qualità specifica e costante.
4. funzioni di personalizzazione.
5. Funzione ludica.
Le funzioni della marca per il produttore nei mercati B2C
A queste funzioni si aggiungono altre funzioni della marca che permettono all’impresa di difendersi sul piano
concorrenziale a lungo termine.
1. Funzione di posizionamento. La marca da all'impresa la possibilità di posizionarsi rispetto ai
concorrenti e di far conoscere al mercato le qualità distintive che essa rivendica per il suo prodotto.
2. Funzione di comunicazione. Consente all'impresa di comunicare direttamente con i suoi consumatori
finali.
3. Funzione di protezione. I diritti di proprietà proteggono l'impresa contro eventuali imitazioni e
contraffazioni.
4. Funzione di capitalizzazione. Sulla marca si cristallizzano non solo le ricadute delle iniziative
pubblicitarie, ma anche lo stock di soddisfazione che la marca generato.
5. Funzione di fedeltà. Permette di creare una relazione con i clienti.
6. Funzione di barriera all'entrata. L'insieme delle funzioni elencate trasforma le Marche in barriere
all'ingresso di nuovi concorrenti sul mercato.
Le funzioni della marca nei mercati B2B
Le funzioni della marca per l'impresa del settore B2B sono simili a quelle descritte per le Marche dei prodotti
di largo consumo, a eccezione della funzione ludica.
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Esistono altre differenze dovute ha due caratteristiche proprie dei mercati industriali: l'acquisto abilità e la
visibilità. La marca industriale, che si rivolge agli interlocutori professionisti delle aziende clienti, non è
necessariamente visibile, ne talvolta acquistabili dal cliente finale.
- l'acquistabilità, può essere definita come la possibilità, per il grande pubblico, di acquistare o meno
il prodotto industriale considerando questo bene isolatamente e non associato al prodotto finale.
- La visibilità delle marche può essere definita come la possibilità, per il grande pubblico di conoscere
la marca di un bene industriale, sia attraverso la visione diretta della marca, sia attraverso un'azione
di comunicazione. Si possono distinguere diversi livelli di visibilità: al momento dell'acquisto,
durante, allo smontaggio o senza alcuna visibilità.
Per il cliente diretto industriale sono particolarmente rilevanti le seguenti due funzioni della marca B2B: la
prima è collegata all'asse purezza e alla garanzia e la seconda al ruolo della marca del fornitore per il cliente
incorporatore.
La funzione di rintracciabilità
La nozione di rintracciabilità indica la possibilità di seguire le tracce del prodotto incorporato ed identificare
parti e componenti del prodotto finale.
In caso di problemi in termini di qualità, l'impresa cliente che fabbrica il prodotto finito può accertarsi che la
responsabilità a monte del fornitore esiste e sarà facilmente dimostrabile per ottenere la riparazione di un
prodotto o il rimborso del suo valore.
Funzione di facilitazione
Si possono evidenziare aspettative specifiche da parte delle imprese industriali clienti nei confronti dei
fornitori.
Le aspettative positive si raggruppano in quattro categorie in ordine di importanza decrescente:
1. le agevolazioni della performance di produzione: la capacità della marca di migliorare il processo di
produzione dell'impresa cliente, attraverso una manutenzione di livello superiore o una migliore
gestione della qualità.
2. le agevolazioni della performance di innovazione: la capacità della marca di un fornitore di migliorare
la concezione del prodotto finale dell'impresa cliente.
3. le agevolazioni della performance nel marketing operativo: la capacità della marca del fornitore di
trasmettere una motivazione commerciale o un profilo distintivo grazie alla sua fama.
4. le agevolazioni del processo decisionale: la capacità di aumentare il grado di accettazione dei
cambiamenti riguardano i processi o nuovi materiali.
I timori nei confronti delle marche forti dei fornitori
Si prende in esame i principali rischi percepiti associati all'adozione delle marche dei fornitori leader:
1. Un prezzo eccessivo;
2. la dipendenza dalla marca del fornitore;
3. l'influenza eccessiva o l'intervento diretto della marca dei fornitori sull'organizzazione interna
dell'azienda;
4. l'atteggiamento arrogante del personale della marca del fornitore.
La sfida delle marche “invisibili” dei fornitori
Le funzioni specifiche della marca del fornitore descritte vengono esercitate principalmente nei confronti
degli interlocutori professionali delle imprese clienti e non del grande pubblico. Poiché molte marche dei
fornitori non sono né acquistabili né visibili dai privati, e se sono quasi sempre sconosciute al grande pubblico.
Da qualche anno si registra un ricorso crescente, a strategia di comunicazione indirizzata al grande pubblico
e non solo ai professionisti. I motivi possono essere:

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- L'impresa può essere spinta dalla volontà di differenziare i propri prodotti e di dotarli di un valore
aggiunto.
- può essere anche legato alla preoccupazione di comunicare l'identità del fornitore, in modo da
accrescerne la notorietà presso aziende e privati.
- può porsi l'obiettivo di rispondere alle aspettative del cliente consumatore finale che cerca
un'informazione più completa, nonché una garanzia.

15.3 Concetti chiave nella gestione della marca


Il posizionamento della marca
Dopo aver segmentato il mercato di riferimento, l'azienda decide di dare priorità a uno o più segmenti e di
posizionare la sua offerta in modo che risponda alle aspettative dei consumatori, differenziandosi al tempo
stesso dai prodotti dei concorrenti.
L'identità di marca
Il concetto d’identità di marca si avvicina a quello del
posizionamento, ma è più completo, perché comunica altri
elementi propri della marca e strategicamente importanti per il
suo sviluppo.
Il prisma dell'identità di marca definisce l'identità di marca
attraverso le sei facce della figura:
1. aspetto fisico: gli attributi tangibili della marca;
2. personalità: può essere descritta e misurata usando i
tratti tipici dei caratteri umani;
3. cultura: l'insieme di valori su cui la marca è costruita;
4. relazione: stile della relazione tra la marca e i
consumatori;
5. riflessione: il modo in cui i consumatori che utilizzano
la marca desiderano essere visti;
6. immagini di se: l'immagine che le persone hanno di se
stesse e quando utilizzano la marca.
Il concetto dell'identità di una marca viene utilizzato
nell'elaborazione di messaggi pubblici. Si tratta di un approccio
molto impegnativo perché richiede grande coerenza espressiva
in quanto nella costruzione dell'identità, forma, stile e tono
sono più importanti della sostanza.
L’immagine di marca
L'immagine di marca è l'insieme delle rappresentazioni mentali, cognitive e effettive che una persona, o un
gruppo di persone, si fa di una marca o di un'impresa.
È utile stabilire una distinzione fra i tre livelli di analisi dell'immagine di marca:
1. corrisponde all'immagine percepita: cioè al modo in cui il segmento di riferimento vede e percepisce
la marca. È una prospettiva dall'esterno verso l'interno.
2. Fa riferimento all'immagine reale: ovvero alla realtà della marca con i suoi punti di forza e di
debolezza. Viene qui adottata una prospettiva del tutto interna.
3. l'immagine desiderata della marca: l'analisi ha come oggetto il modo in cui il responsabile della marca
desidera che la stessa sia percepita dal segmento target. Tale immagine deriva da una decisione di
posizionamento o da una scelta d’identità.
Il concetto di brand equity
Il brand equity è il valore supplementare percepito dal consumatore che si aggiunge al valore funzionale di
un prodotto, quando questo è associato a una marca specifica.
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il concetto è bipolare: da una parte, è una definizione economica utile a valutare il valore finanziario della
marca; dall'altra parte il concetto riguarda il valore della marca dal punto di vista dei consumatori, ed è
composto dall'insieme di associazioni fatte dai consumatori, associazioni che generano la forza della marca.

15.4 Costruire una marca di successo


L'architettura della marca
Con architettura della marca si intende il modo in cui
le marche costituiscono il portafoglio di un'impresa
sono legate tra loro.
L'architettura dovrebbe specificare i ruoli delle
marche e le relazioni che fra esse intercorrono.
Si identificano tre strategie possibili per creare il
nome di una marca:
- Strategia della marca aziendale: questo sistema permette di minimizzare i costi di comunicazione e
di promozione, dato che tutti i prodotti, avendo lo stesso nome, possono beneficiare della fama e
dell'immagine della marca capofila, che viene utilizzata come marca ombrello.
- strategia della famiglia di marche: questa strategia consente all'impresa di coprire lo stesso mercato
con marche diverse o di rivolgersi ai segmenti specifici con la marca adatta. Ognuna è indipendente
e non ha alcun rapporto evidente con la casa madre. Se si dovesse insorgere un problema di qualità
con una marca, non nè risentirebbero, né la reputazione dell'azienda.
- Strategia della marca garantita: le marche, pur rimanendo indipendenti, sono sostenute dalla marca
aziendale o dal nome dell'impresa. in questo modo si diversificano i nomi, senza però partire da zero.
Il nome della marca e la selezione del logo
Trovare il nome giusto è importante, perché aiuta a comunicare i benefici e la personalità della marca. Il
nome deve andare d’accordo con l’identità.
Bisogna ricordarsi che:
- Deve essere semplice e facile da memorizzare;
- Deve essere internazionale;
- Non deve essere né troppo descrittivo, né troppo generico.
Il logo rappresenta per la marca una sorta di bandiera.
La configurazione del portafoglio marche
Quando si possiedono diversi prodotti o brand occorre che le
relazioni voi che intercorrono tra di essi siano organizzate in
modo logico all'interno del portafoglio e gestita in maniera
coordinata.
Il portafoglio marche di un'impresa è solitamente strutturato
secondo una logica gerarchica su più livelli.
A livello base, ci sono le singole varianti di prodotto o
referenze, ciascuna con un proprio nome o codice identificativo.
A livello intermedio, le varianti sono raggruppate in linee di prodotti.
A livello più alto, ci sono le singole marche che costituiscono il portafoglio dell'azienda.
Ciascuna impresa deve pianificare il numero di prodotti che lo compongono, e poi decidere se, e quando,
procedere al suo sviluppo. Lo sviluppo può avvenire secondo quattro modalità:
1. l'estensione di linea: Non tradurre nuove varianti di prodotto a fianco di prodotti già esistenti con lo
stesso nome di marca. Questo consente di offrire nuovi modi di soddisfare un bisogno ai clienti

60
appartenenti ai segmenti di mercato già serviti e consente di penetrare nuovi segmenti dello stesso
mercato, introducendo nuovi prodotti appartenenti alla stessa categoria, ma con un prezzo più alto
o con un prezzo più basso.
2. l'estensione di categoria: persegue l'obiettivo di entrare in un nuovo mercato, senza intervenire con
un brand da zero, ma sfruttando un nome di marca già conosciuto.
3. marche multiple: riguarda l'introduzione di prodotti con nome di marca differente all'interno della
stessa linea di prodotti. Consentono alle imprese di avere in assortimento prodotti appartenenti alla
stessa categoria, ma che rispondono a motivazioni d'acquisto differenti e che si rivolgono a segmenti
diversi.
4. nuova marca: è una decisione rischiosa da prendere e normalmente coincide con l'entrata in un
nuovo mercato molto diverso da quello in cui già si opera.
Il co-branding
Il co-branding consiste nell'associare nomi di due marche per la commercializzazione di un solo prodotto o
per una promozione.
Vantaggi di valore aggiunto:

• la possibilità data a ciascuno dei contraenti dell'accordo di beneficiare anche della fama dell'altro,
allargando il suo target di consumatori e quelli della marca partner.
• permette poi di acquisire il vantaggio tecnologico e gli altri tipi di know-how del partener.
• riduce i costi per lo sviluppo di iniziative nuove, perché essi vengono suddivisi tra le due aziende.
Limiti:

• Spesso i tempi per arrivare alla conclusione degli accordi sono lunghi, e c'è il rischio che il nuovo
prodotto cannibalizza uno di quelli esistenti.
• Bisogna assicurarsi che le Marche siano alla pari e quindi possono entrambe trarre vantaggi dall'altra.
esistono due tipi di co-branding:

• Strategico: rappresenta associazioni a lungo termine e investimenti consistenti da parte di entrambi


i partner;
• Tattico: rappresenta alleanze a breve termine che in generale riguardano lanci promozionali e
comportano investimenti relativamente bassi da parte dei partner.
Il rischio di cannibalizzazione
I cerchi rappresentano i clienti, mentre le intersezioni rappresentano quelli che passano da una marca
all'altra. Il mercato potenziale totale è definita da tutta l’area esterna ai cerchi. La marca X VR rappresenta
l'insieme delle marche concorrenti.
• la prima situazione è la peggiore possibile: la nuova marca non apporta alcun vantaggio e condivide
le vendite con la marca preesistente dell'impresa. È tollerabile solo nel caso in cui il margine lordo
della nuova marca sia molto superiore a quello della vecchia.
• la seconda situazione è migliore della prima, la nuova marca ha contribuito a estendere il mercato
totale e la quota di mercato dell'impresa, senza tuttavia sottrarre ai clienti al concorrente.
L'operazione si rivela redditizia se il margine realizzato
sulle vendite dei nuovi clienti è superiore a quello perduto
sulle vendite della vecchia marca.
• nel terzo scenario, la nuova marca fa presa sul mercato sia
della vecchia marca dell'impresa sia della marca
concorrente. Bisogna vedere se la marca differenza tra
margini guadagnati e perduti determina un guadagno
netto.

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• la quarta situazione è quella ideale, senza cannibalizzazione. Io non va marca intacca le vendite della
concorrenza e raggiunge i nuovi clienti.
L'obiettivo da perseguire per l'impresa e pertanto posizionare le diverse Marche in portafogli non solo
rispetto ai concorrenti diretti, ma anche l'una rispetto all'altra.

15.5 la gestione della marca a livello internazionale


Le marche internazionali e globali apportano grossi vantaggi all’azienda, in primis permettono di generare
forti economie di scala. Permettono, inoltre, grossi risparmi nei costi di packaging e di comunicazione. Un
altro vantaggio è la possibilità di sviluppare un’unica immagine della marca in Paesi diversi; anche la velocità
della commercializzazione dei nuovi prodotti è rilevante. L’essere globali ha un forte impatto sulla percezione
dei consumatori, dando “un’aura di eccellenza” alle marche internazionali.
vantaggi delle marche locali
• sono ben conosciute e spesso hanno un rapporto duraturo con i consumatori locali;
• le marche locali si orientano meglio ai mercati locali;
• il prodotto locale è dotato della flessibilità necessaria a catturare la domanda specifica dei
consumatori locali;
• possono essere più flessibili a livello di prezzo, in quanto permettono di offrire prezzi in linea con la
forza della marca;
• può anche essere usata per rispondere alla concorrenza, sia locale, sia internazionale, sia delle
marche dei distributori;
• infine, consentono di equilibrare il portafoglio marche, riducendo il rischio globale.
Marca e posizione a livello globale
I nomi delle marche e il posizionamento sono globalizzati, quindi forniscono in ogni Paese gli stessi attributi
ai consumatori che le scelgono.
Marca a livello globale e posizionamento locale
Vi è la globalizzazione della marca e la localizzazione del posizionamento. Queste aziende utilizzano lo stesso
nome di marca in tutto il mondo, ma le modalità comunicative usate per il posizionamento sono adattate al
singolo Paese.
Marca a livello locale e posizionamento armonizzato a livello globale
Aziende che armonizzano il posizionamento della marca mantenendo i nomi locali, che quindi hanno
sviluppato il loro portafoglio di marche grazie ad acquisizioni successive.
Marca e posizione a livello locale
È una strategia adottata in ambienti in cui le forze locali sono solide; prevale nel settore alimentare.

CAP 16. LE DECISIONI DI DISTRIBUZIONE


Un canale di distribuzione può essere definito come una struttura formata da partner interdipendenti che
mettono beni e servizi a disposizione dei consumatori (B2C) o delle imprese industriali clienti (B2B).

Le funzioni della distribuzione per i produttori


1. trasporto: rende i beni disponibili in luoghi prossimi ai consumatori o agli utenti industriali;
2. frazionamento: rende i beni disponibili in quantità o volumi adatti alle abitudini di acquisto dei
clienti;
3. stoccaggio: rende i beni disponibili nei momenti di consumo;
4. assortimento: costituisce una selezione di prodotti;
5. contatto: stabilisce relazioni personalizzate con i clienti;
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6. informazione: raccoglie e distribuisce info sui bisogni del mercato;
7. promozione: spinge la vendita dei prodotti attraverso attività pubblicitarie e promozionali
organizzate nei punti vendita.

I flussi di distribuzione
L’esercizio di queste funzioni genera dei flussi commerciali
fra partner nel processo di scambio. Si possono identificare 5 tipi di flussi:
❖ il flusso del titolo di proprietà rappresenta il passaggio del titolo di proprietà legale del prodotto
da un’organizzazione all’altra;
❖ il flusso fisico descrive gli spostamenti del prodotto fisico dal produttore al consumatore finale;
❖ il flusso degli ordini individua gli ordini dei clienti e degli intermediari, che risalgono verso i
produttori;
❖ il flusso dei pagamenti illustra gli acquirenti in successione che pagano i propri conti ai venditori
tramite istituzioni finanziarie;
❖ il flusso delle informazioni identifica la diffusione delle informazioni al mercato e/o al produttore
su iniziativa del produttore e/o degli intermediari.

I vantaggi dei canali distributivi


 L’efficienza dei contatti. Un sistema di scambi centralizzato che utilizza gli intermediari è più
efficiente di un sistema decentralizzato, avviene quindi una de-moltiplicazione dei contatti

 Le economie di scala. Raggruppando i prodotti offerti da più produttori, l’intermediario è in


grado di esercitare una o più tra le funzioni di sua competenza con maggiore efficienza rispetto
ai produttori.

 La riduzione delle disparità di funzionamento. I produttori possono evitare di scaglionare la


produzione in base agli ordini dei singoli clienti, beneficiando di economie di scala. I clienti, a
loro volta, possono acquistare piccole quantità senza impegnare un capitale in quantità
consistenti di merci.

 Il migliore assortimento offerto. Il ruolo degli intermediari consiste nel creare vasti assortimenti,
che permettono ai clienti di acquistare una grande varietà di prodotti dalla stessa fonte in
un’unica operazione.

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 Il miglior servizio. L’intermediario si trova generalmente più vicino all’utente finale, pertanto
conosce meglio le sue esigenze e i suoi desideri.

16.2 Possibili strutture della rete di distribuzione


Esistono vari tipi di intermediari:
 I grossisti. Questi intermediari vendono ad altri rivenditori; essi acquistano dai produttori ingenti
quantità per poi rivendere il prodotto in quantità più piccole ai dettaglianti. Esistono due tipologie
di grossista: quello detto cash & carry ha un negozio tipo magazzino in cui il consumatore sceglie e
porta via da sé i suoi acquisti; i grossisti a consegna, invece, portano direttamente la merce dal
magazzino all’acquirente.
 I dettaglianti o retailers. Vendono beni e servizi direttamente ai clienti finali e il loro guadagno è
rappresentato dal margine tra il prezzo d’acquisto corrisposto e il prezzo di vendita al cliente.
 La distribuzione moderna (GDO). L’organizzazione della distribuzione ha subito cambiamenti
radicali. La formula di vendita self-service ha avuto un notevole successo in Europa perché dispone
di un vasto assortimento e un’ampia gamma di articoli popolari, il prezzo al pubblico è contenuto
grazie ai grandi volumi d’acquisto e a un forte potere contrattuale nei confronti dei fornitori. Infine,
possiede economie di scala nella distribuzione fisica e una politica promozionale dinamica.
 I discount alimentari. Si tratta di un sistema di vendita al dettaglio caratterizzato dalla pratica
generalizzata e permanente di prezzi contenuti, grazie a una politica sistematica di compressione
dei costi e di riduzione del servizio (MD).
 Gli agenti. Si tratta di intermediari funzionali che gestiscono la vendita o l’acquisto di prodotti per
conto di un mandante. Il loro guadagno è rappresentato dalla provvigione.
 Le società di servizi. Società commerciali che assistono le imprese nelle funzioni di distribuzione
che esulano da quelle d’acquisto, vendita e trasferimento del titolo di proprietà.
 Intermediari online. Nuove tipologie di intermediari che svolgono funzioni di:

- aggregazione: la domanda aggregata dagli acquirenti a un intermediario o l’aggregazione di più


fornitori presso un distributore riduce i costi di transazione e favorisce le economie di scala;

- fiducia: gli intermediari possono garantire e proteggere gli acquirenti rispetto a comportamenti
opportunistici del mercato;

- semplificazione: un intermediario può rendere più rapidi gli scambi offrendo servizi associati;

- sovrapposizione: gli intermediari trovano gli acquirenti seguendo diverse vie, e viceversa.

La distribuzione moderna in Italia


Per moderna distribuzione al dettaglio s’intende l’insieme delle forme distributive protagoniste
dell’evoluzione della struttura commerciale del nostro Paese: la grande distribuzione succursalista di tipo
capitalistico e cooperativo (GD) e la distribuzione organizzata (DO). Tali imprese hanno acquisito una elevata
autonomia e un forte potere contrattuale nei confronti dei loro interlocutori. Hanno introdotto elementi di
innovazione con riferimento alla localizzazione, all’assortimento, alle logiche espositive e alle prestazioni
accessorie.

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La configurazione di un calane di distribuzione
I canali di distribuzione possono essere caratterizzati dalla quantità di livelli intermedi che separano il
produttore dall’utente finale.
Nel canale di distribuzione diretto, o sistema di marketing diretto, non ci sono intermediari; dunque, il
produttore vende direttamente all’utente finale.
Nel canale indiretto vi sono uno o più intermediari che partecipano e avvicinano il prodotto all’acquirente
finale. Un canale indiretto si dice “lungo” o “breve” a seconda della quantità di livelli intermedi fra produttore
e utente finale.

Tipi di concorrenza fra distributori

➢ la concorrenza orizzontale: concorrono fra loro intermediari dello stesso tipo, i quali operano allo
stello livello nel canale di distribuzione;
➢ la concorrenza orizzontale intertipo: oppone intermediari diversi ma situati allo stesso livello;
➢ la concorrenza verticale: concorrono tra loro intermediari situati a livelli diversi;
➢ la concorrenza fra canali di distribuzioni: vede la contrapposizione di intere reti che agiscono come
unità.

16.3 Fattori che determinano le strutture dei canali distributivi


Le dimensioni del mercato sono determinate dal numero di clienti potenziali. Se il mercato è grande è più
probabile che ci sia bisogno degli intermediari. Analogamente, quanto più un mercato è distribuito su un’area
geografica vasta, tanto più l’organizzazione della distribuzione sarà difficile e costosa.
I modelli di comportamenti di acquisto incidono sulla struttura del canale distributivo.
Le caratteristiche dei prodotti incidono sulla struttura del canale distributivo: prodotti altamente deperibili
dovranno prediligere un canale distributivo breve, così come prodotti voluminosi e difficili da trasportare.
Il canale breve consentirà inoltre all’impresa di esercitare un controllo più efficace sulle attività di promozione
dei prodotti innovativi nella fase introduttiva del ciclo di vita del prodotto.
Un canale lungo è adatto alla distribuzione di prodotti molto standardizzati e di basso valore unitario.
Le variabili chiave legate all’impresa rappresentano la dimensione e le risorse finanziarie del produttore. Le
grandi imprese hanno la capacità di svolgere autonomamente diverse funzioni, riducendo il grado di
dipendenza dagli intermediari. Il ricorso agli intermediari comporta un costo proporzionale al volume di
attività: le piccole imprese ricorrono volentieri agli intermediari.

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16.4 I sistemi verticali di marketing
Nella struttura verticale convenzionale tutti i livelli del canale di distribuzione si comportano
indipendentemente l’uno dall’altro come entità di business separate e cercano di ottenere il massimo
profitto.
Nella struttura verticale coordinata invece i soggetti che prendono parte al processo di scambio si
comportano come partner e coordinano le attività in maniera da realizzare economie di gestione e rafforzare
il loro impatto sul mercato, nonché la loro forza di negoziazione.
I sistemi verticali di marketing si distinguono in:
 Sistemi verticali di marketing d’integrazione
Un’azienda internalizza tutto, il produttore arriva fino alla distribuzione, al fine di evitare i
conflitti e migliorare le performance.
 Sistemi verticale di marketing contrattuali
Imprese indipendenti coordinano, ai diversi livelli del canale, i propri programmi di azione
sulla base di contratti che definiscono in modo preciso i diritti e i doveri di ognuno.
 Sistemi verticali di marketing controllati
Le imprese partecipanti coordinano le loro attività sotto la guida informale o semplicemente
l’influenza di uno dei membri del canale. L’impresa che fa da capofila assume questo ruolo
grazie alla sua importanza (in genere il produttore)

16.5 Le strategie di copertura del mercato


Se il produttore decide di usare degli intermediari per organizzare la distribuzione dei suoi prodotti, deve
decidere quanti usarne per ciascun livello. Esistono diverse strategie di copertura del mercato, ma prima
bisogna fare una distinzione tra i diversi beni di consumo.
✓ I prodotti di acquisto corrente (convenience good) sono quelli che in genere il consumatore
acquista con il minimo sforzo possibile, di frequente e in piccole quantità.

• i prodotti di prima necessità sono acquistati regolarmente;

• i prodotti d’impulso vengono acquistati senza alcuna premeditazione;

• i prodotti d’urgenza vengono acquistati per soddisfare un bisogno inaspettato e urgente.

Per queste tipologie di prodotti l’impresa non ha scelta, è necessaria la massima copertura del mercato.
✓ I prodotti di acquisto ragionato, (shopping good) sono prodotti per i quali si percepisce un livello
elevato di rischio e per cui i consumatori investono tempo e impegno per girare e confrontare le
caratteristiche di prodotti alternativi in base a dei criteri. Per questi prodotti la copertura massima
del mercato non è necessaria, mentre è del tutto indicata la copertura selettiva.

✓ I prodotti esclusivi, (speciality good), sono prodotti con caratteristiche uniche e per i quali i clienti-
acquirenti non procedono a confronti tra le marche. La distribuzione esclusiva rappresenta la
migliore soluzione.

✓ I prodotti non ricercati sono prodotti che i clienti non conoscono, o prodotti per il cui acquisto non
c’è interesse spontaneo; richiedono sforzi di vendita notevoli. La collaborazione dell’intermediario
è indispensabile, oppure sarà necessario adottare un sistema di marketing diretto.

66
Analizziamo ora le diverse strategie di copertura del mercato:

Distribuzione intensiva
L’impresa cerca il maggior numero possibile di punti vendita per il proprio prodotto per assicurare la massima
copertura dell’area di vendita e la massima esposizione per la marca. Presenta il vantaggio di massimizzare
la disponibilità del prodotto e di generare una quota di mercato consistente grazie all’elevata esposizione
della marca.
Può, però, comportare inconvenienti: il volume d’affari realizzato differisce notevolmente fra un distributore
e l’altro, mentre il costo di contatto è identico; l’impresa rischia di perdere il controllo della sua strategia di
marketing e di faticare per prevenire la concorrenza sleale; questo tipo di distribuzione è spesso
incompatibile con la salvaguardia di un’immagine di marca coerente e di un posizionamento preciso nel
mercato.

Distribuzione selettiva
Il produttore ricorre, in una determinata area geografica, a un numero di intermediari inferiore rispetto al
numero di intermediari disponibili. Una distribuzione selettiva può anche essere una scelta obbligata dal
rifiuto dei dettaglianti di accettare il prodotto nel proprio assortimento. Il rischio principale di un sistema di
distribuzione selettivo è quello di non garantire una copertura sufficiente del mercato. Il produttore deve
dunque assicurarsi che il cliente finale sia in grado d’identificare facilmente il distributore.

Distribuzione esclusiva e i sistemi di franchising


In un sistema di distribuzione esclusiva in una zona predeterminata, un solo distributore ottiene il diritto
esclusivo di vendere la marca e s’impegna, in cambio, a non vendere marche concorrenti della stessa
categoria di prodotti. È una strategia utile quando il produttore vuole differenziare il prodotto con una
politica di alta qualità.
Una forma particolare di esclusiva è il franchising, cioè una forma di marketing verticale contrattuale
integrato che fa riferimento a un sistema completo di distribuzione dei beni e dei servizi. Esso implica una
relazione contrattuale continua in cui l’impresa affiliante, chiamata franchisor, dà ai suoi affiliati, i franchisee,
il privilegio di vendere il proprio prodotto, offrendo loro un’assistenza continua, in cambio di una quota
iniziale e delle % sulle vendite realizzate.

16.6 Le politiche di comunicazione nella rete distributiva


I distributori, per conseguire gli obiettivi dell’impresa, devono collaborare. L’impresa può scegliere tra due
politiche comunicative:
▪ Politica push, consiste nel concentrare prioritariamente gli sforzi di comunicazione e di promozione
sugli intermediari, in modo da stimolarli a collaborare con l’azienda, inserire il prodotto nei loro
assortimenti, immagazzinarlo in quantità consistenti e garantirgli lo spazio di vendita adeguato.

L’obiettivo è quello di sollecitare la collaborazione volontaria del distributore che, a seconda degli
incentivi, tenderà naturalmente a privilegiare il prodotto ogni volta che potrà. Lo strumento di
marketing più importante è rappresentato dalla forza vendita o dalla comunicazione personale.
In una politica push i costi sono proporzionali ai volumi di vendita. Il cliente è l’intermediario.
▪ Politica pull, concentra gli sforzi di comunicazione sul consumatore finale, tagliando fuori gli
intermediari e cercando di costruire la domanda aziendale rivolgendosi direttamente ai potenziali
consumatori nel segmento target. L’obiettivo comunicativo è quello di creare una forte domanda
da parte del consumatore finale e di sviluppare fedeltà alla marca.

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Una politica pull richiede ingenti risorse finanziarie, necessarie a coprire i costi delle campagne
pubblicitarie che promuovono l’immagine di marca, si può considerare un investimento a lungo
termine. Il cliente è il consumatore finale

16.7 L’analisi dei costi di distribuzione


I costi di distribuzione sono misurati dalla differenza tra il prezzo unitario di vendita pagato dal consumatore
finale e il prezzo pagato al produttore dal primo acquirente.
Il margine di distribuzione s’identifica con il concetto di valore aggiunto dal canale distributivo. Laddove più
intermediari intervengono, il margine di distribuzione è costituito dalla somma dei margini dei diversi
intermediari. Il margine di un singolo distributore è dato dalla differenza tra il prezzo a cui vende il prodotto
e il prezzo a cui lo acquista.
Il margine di distribuzione si esprime di solito in % ed è rappresentato da:
𝐷 =𝑃−𝐶
Dove P è il prezzo di vendita, C è il costo d’acquisto e D è il margine di distribuzione.
Il margine del distributore “sul prezzo di vendita” sarà:
𝑃−𝐶
𝐷 ∗ (𝑠𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜) =
𝑃
Il margine del distributore “sul costo di acquisto” invece sarà:
𝑃−𝐶
𝐷𝑜 (𝑚𝑎𝑟𝑘 𝑢𝑝) =
𝐶

Confronto tra prezzo di listino, di fattura e finale


❖ Prezzo di listino: è il prezzo ufficiale, pubblicato nel tariffario o nel listino d’azienda;

❖ Prezzo di fattura: è il prezzo di listino al netto delle deduzioni “in fattura” che andrebbero
conteggiate in aggiunta allo sconto standard previsto per il distributore (es: sconti speciali);

❖ Prezzo finale: è il prezzo di fattura senza le deduzioni “aggiunte fuori fattura” (es: sconto per
pagamento contanti);

Sottraendo dal prezzo finale il costo di questi servizi si ottiene il margine finale, ossia la misura reale della
redditività del prodotto.

Confronto tra costi di distribuzione


Nel canale indiretto lungo, la maggior parte dei compiti fisici di distribuzione sono svolti quasi interamente
dai grossisti e i costi sono ampiamente proporzionali al volume d’affari del fabbricante e coperti dal margine
del grossista e del distributore. Il produttore deve mantenere un servizio commerciale minimo, con spese
fisse a suo carico ridottissime.
Nel canale indiretto breve, la quota di spese fissa diventa preponderante rispetto al costo totale di
distribuzione; il fabbricante deve sostenere le spese della distribuzione fisica e organizzare una rete di
magazzini e un’amministrazione delle vendite di ben altra entità. Quindi, più il canale è lungo, più i costi fissi
sono bassi e i costi variabili sono alti.
In generale, le prospettive in termini di volume d’affari variano dall’uno all’altro canale di distribuzione;
l’indice di redditività si calcola:
𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑑 ′ 𝑎𝑓𝑓𝑎𝑟𝑖 − 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒
𝑅=
𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒
68
16.8 L’impatto di internet sulle decisioni di distribuzione
Internet potrebbe consentire alle imprese di trattare direttamente con il cliente finale, scavalcando le reti di
distribuzione esistenti e riducendo i costi di transazione. È ciò che si definisce disintermediazione. Bisogna
ricordare però che le applicazioni online non sostituiscono sistematicamente le operazioni tradizionali.
Offrendo gli stessi prodotti agli stessi clienti con la stessa marca contemporaneamente online e offline, si
possono generare conflitti interni o esterni.
I conflitti interni sono quelli tra due o più canali di commercializzazione impiegati dall’impresa, ossia:
• cannibalizzazione tra canali; la creazione di un nuovo canale di vendita potrebbe mangiare i
vecchi canali
• sottoutilizzazione delle infrastrutture fisiche; l’investimento in beni fisici potrebbe non essere
ammortizzato
• discriminazione di prezzo tra canali: l’impresa si troverà a competere con imprese che operano
esclusivamente sul web e che hanno costi inferiori e prezzi più bassi;
• desincronizzazione dei canali; online e offline si gestiscono in modo diverso e indipendente,
creando problemi

I conflitti esterni, invece, coinvolgono terze parti, e sono:


• eliminare i dettaglianti tradizionali;
• perdere il controllo del canale;
• spostamento del valore a monte: alcune attività a valore aggiunto che venivano realizzate a valle,
oggi possono essere adempiute dallo stesso produttore;

Esistono diverse opzioni per conciliare canali online e offline, riducendo i conflitti:
 inserire sul sito web dell’impresa una presentazione e un catalogo di prodotti senza listino
prezzi, così che il sito sia un supporto promozionale;
 usare nel sito web lo stesso prezzo di mercato, ma aggiungendo le spese di consegna;
 vendere il prodotto sul sito web, ma riconoscendo una provvigione ai distributori situati
nella zona geografica in cui il prodotto è venduto;
 adottare la stessa politica di prezzo dei distributori.

I problemi di sicurezza nell’e-commerce


La maggior parte dei consumatori esprime riserve sugli acquisti online per:

 la scarsa fiducia nella sicurezza dei pagamenti elettronici;

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 le incertezze circa la consegna della merce;
 la tutela della privacy.

CAP 17. LA MARCA DEL DISTRIBUTORE


Nei mercati B2C non è sufficiente essere orientati ai consumatori (consumer-driven), ma l’impresa deve
divenire orientata anche ai distributori (distributor-driven) per evitare il rischio di essere esclusa dagli
assortimenti.

Il potere dei dettaglianti


Diversi sono i fattori che spiegano il passaggio del potere dai produttori ai dettaglianti:
1. La crescita dimensionale dei dettaglianti, soprattutto nel mercato dei beni di largo consumo.
2. L’adozione da parte dei dettaglianti di sofisticate politiche di marca (private label) orientate a
segmenti in genere tralasciati dai produttori.
3. Le strategie d’internazionalizzazione che diversi dettaglianti stanno oggi adottando.
4. L’affermarsi dei discount.

I più importanti cambiamenti della distribuzione


In molti Paesi ormai la grande distribuzione rappresenta un settore in fase di maturità, tanti escono dal
mercato. Parallelamente alla crescita dell’economia, il tasso di crescita del fatturato è in forte decelerazione;
la quota di mercato della grande distribuzione nel mercato ha smesso di crescere e sta addirittura declinando
in alcuni mercati.
Inoltre, la proliferazione del numero di distributori ha generato una situazione di eccesso di capacità
produttiva, tale per cui ogni intermediario deve affrontare un gran numero di concorrenti.
La concorrenza poi è intensa e in tutti i prodotti di marca si basa quasi esclusivamente sul prezzo. Infine, in
molti Paesi europei si osserva un’elevata concentrazione negli acquisti fra i grandi distributori. Questi
distributori hanno un potere d’acquisto e di contrattazione considerevole.

I cambiamenti nei comportamenti d’acquisto del consumatore


Oggi i consumatori al dettaglio sono divenuti più esperti e professionali nelle loro decisioni d’acquisto. Il
consumatore diventa perciò un acquirente accorto; ha a sua disposizione le informazioni, perciò si informa
circa i prodotti che lo interessano, è in grado di confrontare e scegliere. Inoltre, è capace di distinguere le
diverse caratteristiche dei prodotti e dei servizi forniti dal punto vendita. Riconosce anche marche diventate
simili tra loro, perciò non acquisterà necessariamente una marca molto nota solo perché gli è familiare, è più
difficile da fidelizzare. Il prodotto dev’essere percepito come portatore di un valore superiore.

17.2Le strategie di differenziazione del distributore


Dal pdv del consumatore, il luogo di vendita può essere considerato un paniere di attributi. Un punto vendita
si descrive usando sei attributi/variabili d’azione. I consumatori utilizzano queste caratteristiche come criteri
di paragone tra i vari punti vendita:
➔ l’ubicazione (location), ossia la copertura territoriale all’interno del quale il distributore sviluppa
rapporti d’affari;
➔ l’assortimento, cioè la varietà di prodotti offerti, descritto in termini di larghezza e di profondità per
ciascuna linea di prodotti;
➔ il livello di prezzo praticato; la pratica del prezzo civetta, promozioni e sconti
➔ i servizi; pre-acquisto (ordini telefonici, camerini) e post-vendita (consegna, assistenza, garanzia)
➔ il tempo da dedicare allo shopping, in funzione della vicinanza ma anche degli orari di apertura e
chiusura, etc.;
➔ l’atmosfera, intesa come l’ambiente, il contesto.

70
Le strategie di posizionamento del punto vendita del distributore

I punti vendita si possono distinguere per due dimensioni: il livello del margine lordo e la natura del beneficio
ricercato nel prodotto dal cliente. Si ottiene quindi uno schema a due dimensioni dove emergono quattro
quadranti e quindi quattro diverse strategie di posizionamento. Due strategie sono riferite ai prodotti
funzionali, due ai prodotti di tipo simbolico.
Tra i prodotti funzionali venduti a margine elevato ci sono i dettaglianti specializzati, sono i prodotti ricercati.
Tra i prodotti funzionali a margine ridotto figurano i prodotti alimentari di base di supermercati e
ipermercati.
Per quanto riguarda i prodotti simbolici, quelli a margine elevato sono venduti nei negozi specializzati di
prestigio; mentre quelli a margine ridotto sono presenti negli outlet.
Si possono distinguere tre strategie di posizionamento per il dettagliante:

 la differenziazione dei prodotti: è basata su un assortimento di prodotti molto diversi come diverse
marche;
 l’aumento del servizio e della personalizzazione: l’assortimento di prodotti non si differenzia da
quello della concorrenza, ma si distingue per la qualità e la personalizzazione del servizio offerto nel
punto vendita;
 leadership di prezzo: stessi prodotti, a prezzi inferiori.

Lo sviluppo delle marche della distribuzione (private label)


La grande distribuzione ha adottato con successo strategie di differenziazione basate sullo sviluppo di marche
proprie. Sul mercato esistono diverse tipologie di marca del distributore, ciascuna caratterizzata da elementi
che riflettono diverse combinazioni di tre fattori, quali: rapporto qualità-prezzo, l’apposizione o meno del
marchio insegna del distributore, l’adozione o meno di specifiche politiche di marketing. Dalla combinazione
di questi tre fattori nascono diverse tipologie di marca:
• prodotto generico: prodotto base venduto con l’apposizione del nome del bene utilizzato per
offrire un’alternativa conveniente ad una qualità accettabile con un prezzo inferiore;
• prodotto generico garantito (o prodotto bandiera): prodotto simile al generico ma con un
rapporto qualità-prezzo superiore;
• marca di fantasia non riconoscibile: nome, immagini e simboli che non consentono agli
acquirenti l’immediata associazione con il distributore;
• marca di fantasia riconoscibile: permette il riconoscimento del distributore;
• marca insegna: marca contenente o coincidente col nome del distributore;
• marca ombrello: il distributore segmenta il mercato finale, offrendo a ciascun segmento una
linea di prodotti specifica, con uno specifico posizionamento.

71
Gli obiettivi strategici del distributore
Per il dettagliante, le marche proprie possono essere utilizzate per contrastare il potere dei produttori, per
eliminare i concorrenti minori, ma possono essere anche usate come strumento di miglioramento dei margini
nella categoria di prodotti. Il distributore può adottare quattro diversi posizionamenti in termini di rapporto
qualità/prezzo.

 Può scegliere di mantenere la stessa qualità della marca leader, ma di praticare un prezzo più
conveniente.
 Può scegliere di abbassare sia la qualità sia il prezzo, adottando la
strategia della qualità inferiore ad un prezzo più conveniente.
 Può far leva sulla qualità, offrendo prodotti migliori di quelli della
marca leader; dunque, si adotta una politica della qualità
migliore allo stesso prezzo
 Può scegliere di migliorare la qualità e di praticare un prezzo più
costoso.

17.3 Le opzioni strategiche per le marche dei produttori


Il produttore deve decidere quale strategia difensiva adottare per contrastare la grande distribuzione.
Esistono quattro opzioni base:
 la politica pull è basata su una segmentazione dettagliata del mercato: la pubblicità è rivolta al
cliente finale, il distributore è costretto a inserirle nel proprio assortimento;
 la strategia di marketing diretto prevede che si scavalchi il dettagliante: gli acquisti si effettuano da
casa e le consegne sono a domicilio;
 la strategia della delega del marketing operativo: vengono delegate le funzioni del marketing
operativo a un gruppo ben variegato di distributori;
 l’utilizzo del trade marketing consiste nel trattare il distributore come un cliente intermedio e nello
sviluppare un programma di marketing orientato al distributore (ex un distributore che acquista
grandi quantità avrà uno sconto).

Reazioni e controreazioni strategiche nell’ambito di una politica pull

Dal punto di vista del produttore, la situazione ideale è quella di avere una marca ben differenziata, in modo
che il distributore sia obbligato a inserire la marca nel suo assortimento. Questo però non è sempre possibile,
anche i grandi produttori possono essere minacciati dai distributori e reagire in diversi modi:
• aspettare senza reagire;
• incrementare la distanza dalle marche dei distributori (ad esempio dando di più allo stesso
prezzo oppure offrire prodotti nuovi e migliorati);
• ridurre la differenza di prezzo: piccole differenze di prezzo aumentano le vendite unitarie delle
marche industriali nei confronti delle marche dei distributori;
• formulare una strategia “me too”: introducendo una sottomarca, in modo da rendere più
“affollato” il mercato per combattere le marche dei distributori. Il rischio è di cannibalizzare le
vendite della marca più costosa;
• produrre per il distributore.

Il trade marketing
Consiste nell’applicare il concetto di orientamento al mercato ai distributori; questi ultimi sono visti come
partner o come clienti veri e propri. Il processo di marketing rivolto ai rivenditori o distributori prevede
quattro fasi:

72
✓ la segmentazione dei distributori, identificandoli in gruppi;
✓ la scelta di uno o più segmenti target a cui il produttore dà la priorità;
✓ l’analisi dei bisogni generici dei distributori;
✓ l’elaborazione di un programma di marketing adeguato.

CAP 18. LE DECISIONI DI PREZZO


18.1 La percezione del prezzo da parte del cliente
Da un punto di vista formale, il prezzo monetario può essere definito come un rapporto che indica
l’ammontare di moneta necessaria per acquistare una quantità data di beni o di servizi:

𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑑𝑒𝑛𝑎𝑟𝑜 𝑐𝑒𝑑𝑢𝑡𝑎 𝑑𝑎𝑙 𝑐𝑙𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒


𝑃𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 =
𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑏𝑒𝑛𝑖 𝑐𝑒𝑑𝑢𝑡𝑎 𝑑𝑎𝑙 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑜𝑟𝑒
Il prezzo come misura del valore
Il prezzo rappresenta il valore che assume, agli occhi del cliente, l’insieme di vantaggi o benefici tratti dal
prodotto.
Il prezzo, dal punto di vista del cliente, è considerato come il valore dell’insieme di vantaggi che porta un
determinato prodotto, caratterizzato da funzioni di base e servizi aggiuntivi e supplementari. Il prezzo deve
essere considerato anche come la contropartita dell’insieme di soddisfazioni offerte, perciò dev’essere
fissato in funzione del valore totale di utilizzo o dell’unità globale percepita dal cliente.

Il costo totale di acquisizione di un prodotto


Dal punto di vista del cliente, la nozione di prezzo va ben oltre quella di prezzo monetario e comprende tutto
l’insieme dei vantaggi offerti dal prodotto, nonché l’insieme dei sacrifici (monetari e non) sostenuti dal cliente
(ad esempio i costi di transazione dovuti al trasferimento da un fornitore all’altro, investimenti per acquistare
nuove attrezzature per nuovi prodotti). La misurazione della sensibilità del prezzo da parte dei clienti deve
quindi tenere conto di tutte queste variabili. Il prezzo, pertanto, si definisce come segue:
[𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 (𝑚𝑜𝑛𝑒𝑡𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑒 𝑛𝑜𝑛)𝑎 𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑙𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒]
𝑃𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 =
[𝑣𝑎𝑛𝑡𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑖 (𝑡𝑎𝑛𝑔𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖 𝑒 𝑛𝑜𝑛)𝑓𝑜𝑟𝑛𝑖𝑡𝑖 𝑑𝑎𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑜]

Esistono sette metodi per modificare questa equazione:


- quantità di denaro ceduta dal cliente pagante
- quantità di beni o servizi offerti dal venditore
- qualità offerta dal venditore
- i premi e le riduzioni offerte con quantità elevate acquistate
- tempo e luogo del trasferimento di proprietà
- modalità di pagamento accettate
- nome o marca del prodotto

L’importanza delle decisioni di prezzo


Le decisioni riguardanti le politiche di prezzo sono importanti perché:

• Il prezzo influenza direttamente il livello della domanda e determina, di conseguenza, il livello di


attività;
• Il prezzo di vendita determina direttamente la redditività dell’attività;

73
• Il prezzo di vendita influenza la percezione globale del prodotto o della marca e contribuisce, di
conseguenza, al posizionamento della marca tra quelle note ai potenziali clienti;
• Il prezzo si presta più facilmente delle altre variabili di marketing al confronto tra prodotti o
marche concorrenti;
• La strategia di prezzo dev’essere compatibile con le altre componenti del marketing mix;
• L’accelerazione del progresso tecnologico e l’accorciamento del CVP implicano che un’attività
nuova debba diventare redditizia in un intervallo di tempo molto più breve rispetto al passato;
• Ci sono vincoli legali, normativi e sociali che limitano l’autonomia dell’impresa nell’ambito della
determinazione dei prezzi;
• La contrazione del potere d’acquisto nella maggior parte dei sistemi economici occidentali rende
i consumatori più attenti ai prezzi (ex crisi economiche).

Gli obiettivi delle decisioni di prezzo


L’obiettivo è sempre quello di perseguire la redditività dell’impresa a lungo termine. Gli obiettivi possono
essere catalogati in tre categorie:
• Gli obiettivi orientati al profitto

Fra gli obiettivi incentrati sul profitto rientrano sia la massimizzazione del profitto, sia la realizzazione di un
tasso di redditività sufficiente sul capitale investito. È necessario calcolare un prezzo sufficiente, ossia un
prezzo che, previsto il livello di attività, assicuri un ritorno ragionevole sul capitale investito (Return Of
Investment).
• Gli obiettivi orientati al volume

L’obiettivo di massimizzare la quota di mercato -o assicurare un tasso di crescita sufficiente delle vendite-
comporta l’adozione di un prezzo di penetrazione, al fine d’incrementare il più rapidamente possibile il
volume e, di conseguenza, la quota di mercato.
La decisione di attuare un prezzo di scrematura, invece, si prefigge di raggiungere un ingente fatturato,
approfittando del fatto che certi gruppi di clienti sono disposti a pagare un prezzo elevato per l’alto valore
distintivo (reale o percepito) del prodotto. L’obiettivo è realizzare un volume d’affari il più possibile
consistente attraverso una politica di prezzo elevato anziché di volume elevato.
• Gli obiettivi orientati alla concorrenza

Mirano alla stabilizzazione dei prezzi o all’allineamento con i concorrenti. In questo caso si cerca una
concorrenza basata su fattori diversi dal prezzo.

18.2 Metodi di determinazione del prezzo


Si cerca la migliore combinazione prezzo-quantità tenendo conto dei vincoli di costo imposti dal mercato. Le
imprese possono adottare metodi diversi.

La determinazione del prezzo basata sui costi


Essa rappresenta l’approccio più naturale e più immediato, essendo il costo il limite inferiore del prezzo
stesso. L’analisi dei costi permette di individuare quattro tipi di prezzi basati sui costi:
 Prezzo soglia è il prezzo corrispondente ai costi variabili (C), che permette di recuperare solo il
costo di sostituzione del prodotto, con un margine lordo nullo:

𝑃𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑠𝑜𝑔𝑙𝑖𝑎 = 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑢𝑛𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑣𝑎𝑟𝑖𝑎𝑏𝑖𝑙𝑒


Il prezzo soglia, detto anche prezzo marginale, è il prezzo minimo al di sotto del quale l’impresa non può
assolutamente scendere. Naturalmente non è possibile applicare il prezzo soglia a tutti i prodotti venduti
dall’impresa, può essere applicato per esempio nel caso i cui si voglia utilizzare capacità produttiva in eccesso

74
utilizzata per produrre per conto di altri, oppure per un prodotto che possa attirare clienti grazie al prezzo
basso, facendo aumentare le vendite degli altri prodotti in portafoglio (prodotti civetta).
 Prezzo tecnico o BEP (Break-Even Point), è il prezzo corrispondente al punto di pareggio, cioè al
prezzo che copre i costi variabili e i costi fissi per un dato volume di vendite. Esso garantisce,
oltre al recupero del valore di sostituzione del prodotto, la copertura dei costi fissi (F).
(𝐶 + 𝐹)
𝑃𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑡𝑒𝑐𝑛𝑖𝑐𝑜 𝑜 𝐵𝐸𝑃 =
[ 𝐸(𝑄)]
E(Q) rappresentano le quantità di prodotto che ci si aspetta di vendere.
Il prezzo tecnico rappresenta dunque il costo complessivo, mentre il livello di attività serve come base per la
ripartizione dei costi fissi. Esso dipende dal volume di attività e quindi equivale solo a quel determinato livello
di attività.
 Prezzo target o prezzo sufficiente, comprende oltre ai costi variabili e fissi, un vincolo di profitto,
cioè un margine di profitto generalmente determinato considerando un “normale” tassi di
redditività (r) sul capitale investito (K).
𝐶 + 𝐹 𝐾
𝑃𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑡𝑎𝑟𝑔𝑒𝑡 = + 𝑟∗
[𝐸(𝑄)] [𝐸(𝑄)]
K indica il capitale investito e r il tasso di redditività considerato sufficiente o normale. Esso dipende dal
volume di attività.
 Prezzo di ricarico o mark-up price, si calcola aggiungendo un ricarico standard al prezzo tecnico.
Questo metodo ignora del tutto la domanda e la concorrenza: si otterrà il margine desiderato
solo al raggiungimento del livello di vendite atteso.
𝑝𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑡𝑒𝑐𝑛𝑖𝑐𝑜
𝑃𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜 =
1 − 𝑚𝑎𝑟𝑔𝑖𝑛𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑠𝑜

Il rischio di ragionamento circolare


I metodi del prezzo target e di ricarico sono molto diffusi per la loro semplice e sicurezza derivante dalla
certezza (apparente) di garantirsi un margine, poiché permettono di conseguire l’obiettivo di profitto,
l’inconveniente è rappresentato dalla mancata considerazione del rapporto prezzo-volume.
Questi metodi si basano su un ragionamento circolare implicito: il volume determina i costi, che determinano
il prezzo, che a sua volta determina il livello della domanda. Tale comportamento si scontra con la logica
economica: l’impresa, che nel determinare i prezzi si lascia guidare esclusivamente dai bisogni interni, rischia
di rinunciare al profitto.
Se tutte le imprese di un settore adottassero lo stesso ricarico o lo stesso obiettivo di redditività, i prezzi
tenderebbero ad uniformarsi e la concorrenza sui prezzi andrebbe riducendosi.

L’utilità dei prezzi basati sui costi


I costi non possono essere l’unica base per la determinazione del prezzo perché non considerano la domanda,
il valore percepito del prodotto, la concorrenza. Tuttavia, l’analisi dei costi è il primo passo necessario per
inquadrare il problema, mettendo in evidenza le implicazioni economiche e finanziarie dei diversi prezzi
possibili per l’impresa.
Con questi dati l’impresa è meglio preparata ad affrontare gli aspetti qualitativi del problema, in particolare
la sensibilità della domanda al prezzo e le reazioni dei concorrenti.

75
Le decisioni di riduzione dei prezzi
Il ricorso ad una riduzione di prezzo in un’ottica di stimolazione della domanda è opportuno solo quando la
domanda primaria è espandibile; in caso contrario, se l’impresa diminuisce i prezzi e tutti i concorrenti
reagiscono allineandosi, diminuiranno i profitti di tutti e le rispettive quote di mercato resteranno identiche.
Esistono tuttavia alcune situazioni che possono essere favorevoli ad una diminuzione dei prezzi in un mercato
non espandibile, per esempio quando i concorrenti presentano costi superiori e non possono ridurli senza
intaccare la propria redditività. Oppure ci sono situazioni in cui le imprese devono confrontarsi con
concorrenti di piccole dimensioni che diminuiscono i prezzi, in quanto rappresenta per loro un investimento
meno pesante rispetto alle altre imprese, che saranno costrette a reagire su un altro fronte. Un’impresa può
quindi decidere di non allinearsi alla diminuzione del prezzo, soprattutto quando il valore del suo prodotto è
superiore a quello dei concorrenti.

La valutazione del costo di una riduzione di prezzo


Il costo di una diminuzione del prezzo è spesso molto alto, specie per un’impresa nella quale l’incidenza dei
costi variabili è elevata. L’impresa che presenta costi variabili più bassi ha quindi interesse ad avviare una
riduzione considerevole di prezzo, poiché sa che le altre imprese non saranno in grado di seguirla. In
corrispondenza di una diminuzione dei prezzi, l’aumento delle vendite necessario per mantenere lo stesso
livello di redditività sarà così determinato:
𝑋
𝐼𝑛𝑐𝑟𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑑𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑎 (%) = ∗ 100
𝑀° − 𝑋
Dove x è la percentuale di variazione di prezzo espressa in decimali e considerata in valore assoluto; M° è la
percentuale di margine lordo sul prezzo di vendita prima della diminuzione di prezzo.

Le decisioni del rialzo dei prezzi


L’impresa che dà il via al rialzo dei prezzi deve accertarsi della volontà di fare altrettanto da parte dei
concorrenti. Come per una diminuzione del prezzo, l’impresa ha interesse a valutare il margine di manovra
di cui dispone prima di avviare tale iniziativa. La riduzione del volume tollerabile, che lascia cioè invariato il
precedente profitto, si determina come:
𝑋
𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑡𝑜𝑙𝑙𝑒𝑟𝑎𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑒 (%) = ∗ 100
𝑀° + 𝑥
Dove x rappresenta la percentuale prevista di aumento del prezzo espressa come decimale.

18.3 La determinazione del preso basata sulla domanda


In un’economia di mercato è il cliente a scegliere i prodotti che verranno venduti; quindi, il punto di partenza
del processo decisionale è rappresentato dal prezzo accettabile da parte del mercato, che a sua volta
determina il costo target. La determinazione del prezzo in base alla domanda avviene pertanto in una
prospettiva in cui la sensibilità del cliente, rispetto al prezzo, occupa un ruolo centrale.

Il concetto di elasticità al prezzo


L’elasticità misura in modo diretto la sensibilità dei clienti rispetto al prezzo e permette di calcolare le
quantità che saranno richieste a diverse livelli di prezzo. L’elasticità al prezzo è la percentuale di variazione
delle quantità unitarie vedute di un prodotto, determinata da una variazione di prezzo dell’1% vale a dire:
% di variazione delle quantità vendute
𝜀 =
% di variazione del prezzo

L’elasticità al prezzo assume quasi sempre valori negativi, poiché un aumento di prezzo determina
generalmente una riduzione delle quantità vendute, mentre una diminuzione di prezzo comporta un

76
incremento delle vendite. La domanda varierà tanto più sarà elastica, viceversa varierà meno se sarà rigida o
anelastica.

I fattori che determinano la sensibilità al prezzo


La sensibilità dei clienti al prezzo varia da una situazione all’altra a seconda dell’importanza della
soddisfazione offerta dal prodotto o in funzione dei sacrifici che il suo acquisto comporta. La sensibilità può
essere rivolta sia al prezzo della domanda primaria, sia al prezzo della marca.
Per valutare la sensibilità al prezzo dei clienti, è necessario che l’impresa prenda in esame le seguenti
questioni:
1. L’effetto del valore unico, se un prodotto ha qualità distintive rispetto agli altri, la sua variazione di
prezzo non varierà molto la domanda poiché il cliente sa di poter trovare quelle qualità solo in questo
prodotto
2. L’effetto della notorietà dei sostituti, più sostituti esistono più la domanda sarà elastica
3. L’effetto della difficoltà di confronto, più è difficile confrontare diversi prodotti o fornitori e meno il
cliente sarà disposto a cambiare, anche a fronte di un aumento di prezzo
4. L’effetto della spesa totale, quanto incide l’acquisto sul reddito disponibile
5. L’effetto del vantaggio finale, quanto è disposto a spendere il cliente pur di avere determinati
benefici
6. L’effetto del costo condiviso, se si paga la totalità del prezzo del prodotto (ex l’intimo femminile si
paga separato)
7. L’effetto dell’investimento passato, capire se il prodotto è utilizzato insieme ad un altro già
acquistato
8. L’effetto del rapporto qualità-prezzo
9. L’effetto scorta, se il cliente ritiene importante fare scorta del prodotto
Sensibilità al prezzo del cliente industriale
Porter rileva come i clienti che non sono sensibili al prezzo presentino una o più delle seguenti caratteristiche:
• Il prezzo del prodotto rappresenta una minima parte del costo del prodotto del cliente e/o del suo
budget di approvvigionamento;
• La perdita subita a causa di un difetto del prodotto è elevata rispetto al costo del prodotto stesso;
• La performance del prodotto (o servizio) consente un notevole risparmio o un netto miglioramento dei
risultati per il cliente;
• Il cliente adotta una strategia di qualità elevata, a cui il ridotto contribuisce notevolmente;
• Il cliente ricerca un prodotto molto specifico o realizzato su ordinazione;
• Il cliente presenta un’ottima redditività e/o può far sostenere facilmente il costo del prodotto acquistato
ai propri clienti;
• Il cliente è male informato sul prodotto e/o non acquista in base ad esigenze specifiche;
• Le motivazioni del centro d’acquisto responsabile della decisone non sono rappresentate dal risparmio.

Il calcolo del prezzo ottimale basato sull’elasticità


La teoria economia sostiene che il prezzo ottimale, ovvero quello che massimizza gli utili, è inversamente
proporzionale all’elasticità della domanda di un prodotto. Se l’elasticità rispetto al prezzo è nota, il prezzo
ottimale si calcola:
(𝐶 ∗ 𝜀)
𝑃 𝑜𝑡𝑡𝑖𝑚𝑎𝑙𝑒 =
(𝜀 + 1)

oppure
𝑃 𝑜𝑡𝑡𝑖𝑚𝑎𝑙𝑒 = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑢𝑛𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑜 ∗ 𝑟𝑖𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜 (𝑚𝑎𝑟𝑘 − 𝑢𝑝)
77
dove
𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑖𝑡à 𝑎𝑙 𝑝𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜
𝑟𝑖𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜 (𝑚𝑎𝑟𝑘 𝑢𝑝) =
𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑖𝑡à 𝑎𝑙 𝑝𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 + 1

Quando l’elasticità al prezzo è elevata, come accade nei mercati altamente competitivi con prodotti non
differenziati, il coefficiente di maggiorazione è vicino all’unità; il potere di mercato dell’impresa è perciò
limitato ed il prezzo accettato dal mercato si avvicinerà al costo unitario.

I metodi di misurazione dell’elasticità al prezzo


o Metodo del giudizio degli esperti. Consiste nel chiedere ai responsabili di marketing di formulare tre
previsioni sulla curva di risposta ai prezzi nell’ordine: al prezzo più basso, al prezzo più alto
realisticamente possibile, a un livello di prezzo intermedio;
o Indagini dirette e indirette presso i consumatori;
o Sperimentazione di prezzo, sul campo o in laboratorio;
o Analisi di dati storici, ovvero gli studi econometrici realizzati su dati presentati in ordine cronologico
o emersi dal panel.

Utilità delle misure dell’elasticità al prezzo


Conoscere l’ordine di grandezza dell’elasticità è utile sotto diversi aspetti:
• per sapere come agire sui prezzi al fine di stimolare la domanda ed aumentare il volume di affari;
• i confronti tra i valori di elasticità di marche concorrenti permettono d’identificare quelle in grado di
resistere meglio ad aumenti di prezzo, il che rivela il potere di mercato;
• i confronti tra i valori di elasticità di diversi prodotti permettono di modulare i prezzi all’interno della
categoria stessa;
• le elasticità incrociate permettono di prevedere gli spostamenti della domanda da una marca all’altra.

Limiti delle misurazioni dell’elasticità al prezzo


L’elasticità misura una relazione basta sul comportamento d’acquisto ed è pertanto misurabile solo a
posteriori.
• Il suo valore predittivo dipenderà dalla stabilità delle condizioni che si trovano alla base dell’osservazione,
non può servire a determinare il prezzo di prodotti nuovi;
• In molte situazioni il problema non è sapere come adattare i prezzi alla sensibilità attuale del mercato,
ma come intervenire su tale sensibilità per modificarla nel senso voluto dall’impresa;
• L’elasticità non misura l’effetto del prezzo sulla propensione a provare il prodotto, sull’acquisto ripetuto,
sulla percentuale di esclusività, ecc.
• Nella pratica è spesso difficile ottenere stime di elasticità rispetto al prezzo abbastanza stabili ed affidabili
da consentire di calcolare un prezzo ottimale di vendita su tale base.

L’approccio basato sul valore percepito


L’approccio basato sul valore percepito, che stabilisce il prezzo partendo dal consumatore, è una diretta
conseguenza del concetto di prodotto come paniere di attributi. Dal punto di vista del consumatore, un
prodotto corrisponde al paniere di vantaggi che derivano dal suo utilizzo. Perciò per un’impresa orientata al
mercato deve essere il valore percepito dal cliente dei benefici e dei costi del prodotto a guidare la
determinazione del prezzo.

Il valore percepito del prodotto


È il valore (del prodotto o della marca) percepito dal consumatore che dovrebbe determinare il prezzo.
Analizzando e misurando le percezioni dell’acquirente e le loro determinanti con un metodo diretto
“compositivo” si ottiene un punteggio del valore totale percepito che può essere utilizzato per determinare
i prezzi.

78
In realtà, il valore percepito di una marca non rappresenta il prezzo effettivamente praticabile, ma solo il
prezzo massimo praticabile.

Il prezzo massimo accettabile


Per valutare quanto il cliente sia disposto a pagare, la procedura prevede d’identificare tutti i vantaggi o i
servizi che il prodotto fornisce e i costi (diversi dal prezzo) che comporta.

𝑀𝐴𝑃 (𝑀𝑎𝑥𝑖𝑚𝑢𝑚 (𝐴𝑐𝑐𝑒𝑝𝑡𝑎𝑏𝑙𝑒 𝑃𝑟𝑖𝑐𝑒) = 𝑣𝑎𝑛𝑡𝑎𝑔𝑔𝑖 − 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖 𝑑𝑎𝑙 𝑝𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜

I vantaggi possono essere: funzionali (il servizio di base), finanziari, operativi o personali. I costi possono
essere: d’acquisizione, d’installazione, di rischio o di malfunzionamento, di modificazione delle abitudini, ecc.

18.4 La determinazione del prezzo basata sulla concorrenza


Di fronte alla concorrenza, il grado di autonomia dell’impresa in materia di prezzo è influenzato da categorie
di fattori: la situazione concorrenziale del settore di riferimento, caratterizzata tra gli agli altri aspetti, dal
numero di imprese concorrenti, e l’importanza del valore percepito del prodotto da parte dei clienti. Le due
dimensioni vengono rappresentate in una matrice:

Valore percepito del prodotto Intensità della concorrenza

Bassa Elevata

Elevato Monopolio o oligopolio differenziato Concorrenza monopolistica

Basso Oligopolio indifferenziato Concorrenza pura o perfetta

Quando l’impresa si trovi in una situazione di monopolio, essa ha grande autonomia in fatto di prezzi;
l’autonomia tende a diminuire se il numero di concorrenti aumenta.
Se esiste un elemento di differenziazione, percepito come un valore da parte del cliente, quest’ultimo
solitamente è disposto a pagare un prezzo superiore a quello del prodotto concorrente. L’impresa, in questo
caso, dispone di una certa autonomia in materia di prezzo.
Laddove il numero dei concorrenti è basso e il valore percepito del prodotto è elevato, ci troviamo vicini a
situazioni di monopolio o di oligopolio differenziato. Se invece i concorrenti sono numerosi e i prodotti sono
percepiti come beni di consumo, si tende verso una situazione di concorrenza pura, nella quale è
essenzialmente il gioco della domanda e dell’offerta a definire il livello del prezzo di mercato.
Quando il numero di concorrenti e il valore percepito sono bassi, corrisponde a una situazione di oligopolio
indifferenziato.
Infine, nel quadrante superiore destro si trovano prodotti molto differenziati offerti da molti concorrenti; è
la situazione di concorrenza monopolistica o imperfetta, nella quale esiste una certa autonomia di prezzo, sia
pure limitata all’intensità della concorrenza.

Prevedere il comportamento dei concorrenti


L’obiettivo di un’analisi della concorrenza in materia di prezzi consiste soprattutto nel valutare la capacità
d’azione e l’elasticità nella reazione della concorrenza e nel calcolare l’elasticità di reazione del concorrente
più pericoloso in caso di aumento o diminuzione del prezzo.

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Il rischio di una guerra dei prezzi è sempre presente in un mercato oligopolistico e spiega la reticenza delle
imprese a concedere riduzioni di prezzo. In alcuni casi, tuttavia, una guerra dei prezzi può consentire ad
alcune imprese di migliorare la propria posizione concorrenziale.

18.5 La gestione del prezzo


Le imprese non applicano mai un prezzo unico o fisso. Si parla di prezzi flessibili quando uno stesso prodotto
viene venduto a clienti diversi a prezzi diversi; questo approccio trova spiegazione nelle differenze tra i clienti,
che presentano una diversa sensibilità al prezzo, ma anche nelle differenze nei costi e negli obiettivi
promozionali.
Quando le variazioni adottate non sono giustificate a differenze nei costi, nella lettura economia si parla di
discriminazioni di prezzo.

Sconti nei mercati secondari


Questa situazione si presenta quando l’impresa ha un eccesso di capacità produttiva e ha l’opportunità di
vendere in un mercato nuovo senza veder aumentare i propri costi fissi o variabili e senza correre il rischio di
perdere vendite sul suo mercato principale. L’impresa non può adottare un prezzo inferiore a quello soglia,
che corrisponde al costo diretto unitario.

Lo sconto stagionale
In questa situazione alcuni consumatori vogliono acquistare solo all’inizio della stagione e sono poco sensibili
al prezzo, altri invece sono disposti ad acquistare sempre ma non molto sensibili al prezzo. Per sfruttare
questa eterogeneità della domanda potenziale, l’impresa venderà ad un rezzo elevato dall’inizio della
stagione, per poi abbassarlo sistematicamente alla fine. Questa caratteristica delle sistematicità permette di
rendere note e prevedibili le riduzioni ai clienti che si adegueranno di conseguenza.

Sconti casuali
In questo caso vi è un’eterogeneità della domanda nei confronti dei costi percepiti per la ricerca da parte dei
consumatori. L’obiettivo dell’azienda è duplice:
• vendere ad un prezzo più alto al maggior numero di clienti poco informati;
• evitare che i consumatori informati acquistino ad un prezzo più basso della concorrenza.
L’applicazione dello sconto ad intervalli non prevedibili è fondamentale di modo che gli acquirenti non
informati acquistino a caso, mentre quelli informati aspettino l’arrivo dello sconto.

I prezzi promozionali
Le imprese sono spesso indotte a ridurre temporaneamente i loro prezzi per stimolare le vendite. Rispetto
alla riduzione del prezzo di base, questa pratica promozionale presenta una serie di vantaggi per il
produttore:
• Il prezzo di base non viene modificato e l’impatto promozionale non comporta il rischio di danneggiare
l’immagine di marca;
• Il prodotto può offrire lo sconto direttamente al consumatore, svincolandosi dal distributore, che a sua
volta può mantenere lo stesso prezzo intascandosi la differenza;
• Il produrre può anche interrompere la promozione quando lo desidera per mettere a punto l’inventario o
rispondere ai concorrenti senza abbassare il prezzo;
• La promozione ha un basso costo, perché molti consumatori dimenticano di rispedire il coupon per
richiedere il rimborso a cui hanno diritto.

Gestione dei prezzi


Essa si traduce in un adattamento dei prezzi (o sconti) di listino in base alle condizioni di realizzazione della
vendita. Questi sono volti a ricompensare i clienti il cui comportamento d’acquisto permette all’impresa di
risparmiare sui costi delle transazioni (ex sconto cassa).

80
Il prezzo dei servizi e lo yield management
La pratica dei prezzi discriminatori è ampliamento diffusa nel ramo dei servizi, in particolare nei settori a
capacità produttiva limitata e fissa (es: compagnie aeree, l’industri alberghiera, ecc.). Questi settori sono
accumunati dalle seguenti caratteristiche:
- Il prodotto offerto è un servizio;
- Il servizio può essere prenotato in anticipo;
- La capacità di produzione è fissa e presenta un costo di accrescimento molto elevato;
- La domanda è segmentabile in base a criteri di flessibilità e sensibilità al prezzo.

I prezzi nel commercio online


Il commercio online favorisce le relazioni di tipo One-to-One e facilita quindi l’approccio della determinazione
del prezzo su misura, cioè in funzione della sensibilità al prezzo di ogni cliente.
Reinartz ha individuato cinque condizioni che devono verificarsi indipendentemente dal contesto mercato:
 I clienti devono essere eterogenei nella loro sensibilità al prezzo;
 Il mercato deve essere segmentabile;
 Le possibilità di arbitraggio devono essere limitate (i clienti che hanno acquistato a basso prezzo
non devono essere in grado di rivendere il prodotto con profitto ad un prezzo più alto);
 Il costo della segmentazione non deve superare il reddito derivato dalla personalizzazione della
vendita;
 La percezione di equità della transazione non può essere violata; s’intende la sensazione
dell’acquirente che la transazione sia conveniente per entrambe le parti.

La personalizzazione dei prezzi è una strategia molto rischiosa e va adottata con cautela.

Il confronto dei prezzi online


Una delle differenze più importanti rispetto ai mercati fisici è la facilità con la quale i consumatori online ed i
concorrenti possono accedere ad informazioni comparative sulle caratteristiche dei prodotti e sui relativi
prezzi. I consumatori adesso controllano regolarmente i prezzi online e poi li confrontano con quelli dei
negozi fisici. Una delle funzioni fondamentali svolte da questi siti di confronto è quella di facilitare il controllo
dei prezzi tra le imprese concorrenti, favorendo l’adattamento con poco sforzo.

I meccanismi d’individuazione dei prezzi su internet


Su un mercato online si individuano cinque meccanismi di transazione principali:
1. Nell’offerta di prezzo standard, i prezzi sono predeterminati per uno specifico prodotto o servizio;
2. Le aste sono un metodo con il quale un individuo partecipa con le proprie offerte contro altri per
comprare le merci da un terzo soggetto;
3. Le aste inverse sono un metodo di acquisto in cui un’organizzazione definisce il prezzo che è disposta
a pagare e i fornitori partecipano con la propria offerta;
4. Gli scambi: si confrontano offerte d’asta e domande d’asta in base a regole stabilite in precedenza e
note e tutti i partecipanti;
5. Negli acquisti di gruppo il fornitore offre un prodotto o un servizio ad un prezzo molto basso o
scontato e la transazione si realizza se l’acquisto viene effettuato da un numero minimo di persone
stabilite in anticipo dallo stesso venditore.

La pratica della price leadership


Le strategie di leadership in materia di prezzi sono adottate di frequente nei mercati in regime di oligopolio.
Intraprendere una campagna di aumenti di prezzo è tipicamente il ruolo dell’azienda leader sul mercato, che
adotta un comportamento anticipatorio e definisce periodicamente il livello dei prezzi. Le altre imprese
riconosco tale ruolo e adottano un comportamento da follower.

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La leadership dell’impresa dominante è quella dell’impresa che detiene la quota di mercato maggiore.
L’azienda dominante stabilisce un prezzo e lascia che gli atri vendano la loro produzione a quel prezzo.
La leadership “barometrica” consiste nell’avviare aumenti e diminuzioni di prezzo che si rivelano necessari,
alla luce delle variazioni dei costi di produzione e dell’andamento della domanda.
La leadership tacita è quella in cui l’azienda è tacitamente riconosciuta come leader senza che vi sia intesa o
accordo formale.

Secondo Corey, per esercitare la leadership in modo efficiente è necessaria la concomitanza di molti fattori.
Il leader deve:
• disporre di un sistema informativo di marketing molto efficiente, che consente di comprendere le
evoluzioni del mercato e di reagire di conseguenza;
• avere uno spiccato senso della strategia;
• preoccuparsi realmente dello stato di salute del settore
• utilizzare metodi per misurare la performance manageriale a lungo termine;
• saper guidare il settore in modo da preservare, a breve termine, la stabilità delle quote nel mercato
di appartenenza.

In generale la presenza di un leader è per il mercato un fattore di stabilità e riduce il rischio di una guerra dei
prezzi.

18.6 I prezzi di una gamma di prodotti


Il marketing strategico ha condotto le imprese a praticare strategie di segmentazione e di diversificazione
che hanno contribuito a moltiplicare il numero di prodotto commercializzati dalla stessa azienda o con la
stessa marca. Nella maggior parte dei casi le imprese hanno diverse gamme di prodotti e, all’interno di
ciascuna gamma, alcuni prodotti sono sostituti potenziali, mentre altri sono prodotti complementari.

La nozione di elasticità incrociata


Il concetto di elasticità incrociata permette di misurare il grado di interdipendenza fra i prodotti venduti con
una stessa marca, o da una stessa impresa, e di osservare il tipo d’interdipendenza se presente:
complementarietà o sostituibilità.

% 𝑣𝑎𝑟𝑖𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑢𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑎


𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑖𝑡à 𝑖𝑛𝑐𝑟𝑜𝑐𝑖𝑎𝑡𝑎 =
𝑣𝑎𝑟𝑖𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑜 𝐵

▪ Se positiva, fra i prodotti sussiste un effetto di sostituzione;


▪ Se negativa, fra i prodotti sussiste una relazione di complementarietà;
▪ Se l’elasticità è nulla o vicinissimo allo zero, i prodotti si dicono indipendenti.

L’analisi di redditività di una gamma di prodotti


Determinare i prezzi di una gamma di prodotti può rilevarsi complesso, perché spesso interviene
un’interazione che incide, oltre che a livello di domanda, a livello di costi.
Quando un’impresa vende una gamma di prodotti interdipendenti, il prezzo di vendita di ciascuno di essi
deve essere fissato in modo tale da massimizzare il profitto dell’intera gamma e non dei singoli prodotti.
I prezzi collegati
Nel caso di prodotti complementari o indipendenti (collegati ma non sostituibili gli uni agli altri), l’impresa
può offrire l’opportunità di prezzi collegati, per cui i prodotti possono essere acquistati separatamente
oppure in blocco, ad un prezzo sensibilmente inferiore alla somma dei prezzi individuali.
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Poiché i prodotti non sono sostituti, è possibile incoraggiare il cliente ad acquistare l’intera linea anziché
limitarsi ad un solo articolo.
Il premium price
La politica del premium price si applica quando per uno stesso prodotto si offrono più versioni o modelli (un
modello standard e uno superiore). La soluzione migliore consiste nello sfruttare le economie di scala e
l’eterogeneità della domanda, rispondendo alle esigenze dei due segmenti con un prodotto di fascia bassa
ad un prezzo contenuto (i potenziali clienti del modello base sono molto sensibili al prezzo) e un prodotto di
fascia alta ad un prezzo elevato. Questa strategia di prezzo è utilizzata soprattutto nel settore dei beni
durevoli.
Prezzo e immagine
Una variante della strategia del premium price assegna il prezzo in base all’immagine del prodotto. L’obiettivo
è lo stesso: segnalare agli acquirenti poco informati la qualità del prodotto e utilizzare il guadagno ottenuto
dalla versione più costosa per abbassare il prezzo della versione economica. È una prassi molto usata nei
mercati in cui il valore emotivo e/o sociale assegnato dal cliente ha grande importanza.
I prezzi dei prodotti complementari
Nella misura in cui i clienti sono fedeli alla marca e vogliono acquistare gli articoli o gli accessori originali,
l’impresa può praticare prezzi contenuti per l’attrezzatura di base ed un prezzo elevato per i prodotti
complementari. Nel valutare la possibile variazione del prezzo di un prodotto complementare sarà dunque
necessario analizzare l’effetto provocato non solo sulle vendite e i costi del prodotto direttamente coinvolto,
ma anche su quelle degli altri prodotti che ne risentono.

Il prezzo dei nuovi prodotti


Quanto più il nuovo prodotto è originale ed apporta una soluzione innovativa al soddisfacimento di un
determinato bisogno, tanto più esso è sensibile al prezzo. Il prezzo di lancio è allora fondamentale e
condiziona il successo commerciale e finanziario dell’operazione.

La strategia del prezzo di scrematura


La strategia del prezzo di scrematura consiste nel vendere il nuovo prodotto ad un prezzo elevato,
rivolgendosi volutamente all’estremità superiore della curva della domanda, in modo da garantirsi
rapidamente rientri finanziari, consistenti dopo il lancio. Questa strategia si applica, ad esempio, quando si
prevede che il ciclo di vita del nuovo prodotto sarà breve o che il prodotto verrà rapidamente imitato dalla
concorrenza.
Quando il prodotto è così nuovo per il cliente che ci si attende uno sviluppo lento del mercato, la domanda
è anelastica; l’impresa è quindi portata a sfruttare questo vantaggio adottando un prezzo elevato, per poi
adeguarlo progressivamente a mano a mano che il mercato entra in fase di maturità.
Il prezzo di lancio elevato permette di “scremare” i clienti poco sensibili al prezzo, mentre successive riduzioni
consentono di raggiungere segmenti in cui la domanda è più elastica. La strategia di scrematura è una
strategia prudenziale, più finanzia- ria che commerciale: essa, infatti, consente di liberare abbastanza
avidamente i capitali impiegati per poterli utilizzare in un’altra attività.
La strategia del prezzo di penetrazione
La strategia del prezzo di penetrazione consiste nel praticare prezzi bassi per occupare una quota di mercato
rilevante sin dall’inizio. Tale strategia presuppone di adottare un sistema di distribuzione intensivo, di
sviluppare la ricettività del mercato attraverso azioni pubblicitarie consistenti e, soprattutto, di predisporre

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un’adeguata capacità produttiva fin dal lancio del prodotto. L’ottica è, in questo caso, più commerciale che
finanziaria. Condizioni:
• la domanda deve essere elastica rispetto al prezzo in tutta la curva di domanda, poiché ci si rivolge alla
totalità del mercato con un prezzo sufficientemente basso da adattarsi al maggior numero di clienti;

• è possibile abbattere i costi unitari grazie a volumi di produzione più elevati, si apre a presenza di
economie di scala sia per l’effetto di esperienza;

• questa strategia può essere applicata anche per scoraggiare l’ingresso nel marcato di nuovi concorrenti; i
prezzi bassi rappresentano una barriera molto efficace.

CAP 19. LE DECISIONI DI COMUNICAZIONE DI MARKETING


Nel contesto attuale, la comunicazione aziendale assume un ruolo determinante, perché svolge la funzione
di coordinamento dell’intera vita relazionale dell’impresa, senza la quale non si potrebbe creare
quell’immagine corporate o di marca coerente con gli obiettivi strategici pianificati e determinante per il
successo. La comunicazione contribuisce a creare e sviluppare le relazioni di mercato, sviluppare fiducia e
apprezzamento, produrre credibilità e reddito.
L’approccio del marketing di massa ha dominato le politiche di comunicazione delle aziende negli ultimi 40
anni. La pubblicità è sempre stata il più importante strumento per poter raggiungere un vasto pubblico,
condizionando così lo sviluppo dell’intero settore.
Oggi il contesto mediatico è totalmente cambiato e la vita di chi si occupa di marketing e comunicazione sta
diventando molto più complicata rispetto al passato per due motivi principali:
- l’enorme massa di informazioni e messaggi cui ogni consumatore è esposto durante la giornata
rende necessario per le imprese escogitare nuovi modi per raggiungere i consumatori target e
convincerli a comprare i loro prodotti;
- la diffusione di internet ha condizionato, modificandole, abitudini, mentalità e il modo di
comunicare e relazionarsi delle persone. Anche i consumatori sono cambiati e hanno modificato il
loro rapporto con le imprese. Adesso possono informarsi, confrontare e scambiare informazioni
con estrema facilità e a costo nullo.

A causa di questi fattori di cambiamento, ci si trova davanti a una dispersione, ad una vera e propria
frammentazione dei media.

Il mix della comunicazione di marketing


Per comunicazione di marketing s’intende l’insieme dei segnali o dei messaggi emessi dall’impresa verso i
diversi pubblici a cui si rivolge, cioè i segnali indirizzati ai clienti, distributori, fornitori, azionisti, come anche
istituzioni pubbliche, nonché al proprio personale. I 5 strumenti principali della comunicazione di marketing
comprendono:
❖ la pubblicità rappresenta una forma di comunicazione di massa impersonale, a pagamento,
unilaterale, il cui emittente è un inserzionista che si presenta come tale; è concepita per creare
un atteggiamento favorevole nei confronti del prodotto pubblicizzato.

❖ la forza vendita ha l’obiettivo di organizzare un dialogo con i clienti potenziali ed effettivi,


fornendo un messaggio su misura, con l’obiettivo a breve termine di vendere. Ha anche il ruolo
di raccogliere informazioni per l’impresa.

❖ la promozione comprende l’insieme delle sollecitazioni a breve termine che, in modo non
permanente e spesso a livello locale, vanno a stimolare l’acquisto immediato e a incrementare
rapidamente le vendite.

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❖ le relazioni pubbliche implicano una serie di azioni diverse mirate a creare un’immagine
aziendale positiva e un clima psicologico di comprensione e fiducia reciproca tra
un’organizzazione e i suoi diversi pubblici di riferimento. In questo caso, perciò, non si tratta
tanto di vendere, piuttosto che ottenere un sostegno morale da parte dell’opinione pubblica per
le attività economiche dell’impresa.

❖ Internet, cioè il marketing diretto.


Pur essendo molto differenti, questi mezzi di comunicazione sono complementari. Il problema è decidere
come ripartire al meglio il budget globale di comunicazione tra questi di- versi elementi, considerando le
caratteristiche dei prodotti e gli obiettivi di comunicazione definiti.

Il concetto di comunicazione di marketing integrata


Lo sviluppo di tutti questi strumenti di comunicazione ha spinto le imprese a dover scegliere quali siano i
mezzi più efficaci da usare per ogni tipologia di obiettivo e a tentare di integrare le diverse opzioni al fine di
ottenere sinergie e guadagnare in efficacia. Tale approccio è noto con il termine di comunicazione di
marketing integrata. Essa consiste nel coordinare e integrare tutti gli strumenti di comunicazione a
disposizione dell’impresa per ottenere una maggiore coerenza ed efficacia nel processo comunicativo.
È una comunicazione di marketing pianificata che riconosce il valore aggiunto di un piano complessivo che
tenga in considerazione il ruolo strategico di una pluralità di strumenti di comunicazione, come la pubblicità,
il marketing diretto, la promozione delle vendite e le pubbliche relazioni, e le combina per fornire chiarezza,
coerenza e il massimo impatto comunicativo.
Per raggiungere l’obiettivo di una comunicazione di marketing integrata, tutti gli elementi del communication
mix devono essere pensati per trasmettere lo stesso messaggio, ma questo risulta molto difficile poiché la
maggior parte delle agenzie di comunicazione oggi è specializzata in un certo settore ed ha un proprio stile.

Il processo di comunicazione
Ogni tipo di comunicazione prevede uno scambio di segnali tra un emittente e un ricevente e il ricorso a un
sistema di codifica e decodifica che permette di esprimere e interpretare i messaggi. I 9 elementi che
compongono il processo di comunicazione sono:
• emittente, chi invia il messaggio;

• codifica, il processo per mezzo del quale le informazioni contenute nel messaggio vengono
trasformate in simboli, immagini, suoni, linguaggio etc.;

• messaggio, cioè le informazioni o l’immagine da comunicare al ricevente da parte


dell’emittente;

• media, i canali attraverso cui il messaggio viene veicolato dall’emittente al ricevente;

• decodifica, il processo con cui il ricevente attribuisce un significato ai simboli trasmessi;

• ricevente, il pubblico target a cui è destinato il messaggio;

• risposta, l’insieme delle reazioni del ricevente all’arrivo del messaggio;

• feedback, la parte di risposta del ricevimento che viene comunicata all’emittente;

• rumore, le distorsioni che disturbano il processo di comunicazione.

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Le relazioni che intercorrono tra questi fattori e permettono d’identificare le condizioni di una comunicazione
efficace si identificano in:
• Obiettivi della comunicazione. Gli emittenti devono stabilire con precisone i destinatari che
vogliono raggiungere, nonché il tipo di risposta che desiderano ottenere. A tal fine è necessario
scegliere un pubblico di destinatari e stabilire l’obiettivo preciso della comunicazione. Si tratta di
compiti che riguardano specificamente i responsabili del marketing strategico.

• Esecuzione del messaggio. Chi si occupa di comunicazione deve codificare il messaggio con
attenzione, tenendo conto delle abitudini del pubblico dei destinatari nel processo di decodifica.
Questo comporta che, nella progettazione della pubblicità, sarà necessario verificare che il gruppo
target la interpreti nel modo previsto per ottenere l’effetto comunicazionale desiderato.

• Scelta dei media. A questo proposito bisogna prendere due decisioni:

a. Selezionare i mezzi di comunicazione adatti a raggiungere il più efficacemente possibile il target


di riferimento;

b. Scegliere adeguatamente il calendario di inserzioni, ossia la frequenza di esposizione del


pubblico al messaggio necessaria per produrre l’effetto desiderato.

Questi compiti sono di solito svolti da agenzie pubblicitarie e/o specializzate nella programmazione
all’interno dei mezzi di comunicazione.
• Efficacia della comunicazione. L’inserzionista deve valutare la risposta del pubblico al messaggio
e verificare in che misura gli obiettivi di comunicazione siano stati raggiunti.

Applicare alla comunicazione il concetto di orientamento al mercato richiede quindi lo sviluppo di messaggi
che si ricollegano bene al campo di esperienza dei clienti, in particolare adottando un linguaggio che questi
ultimi possano decodificare.

La comunicazione personale e impersonale


I due strumenti più importanti della comunicazione di marketing sono la forza vendita e le diverse forme di
pubblicità sui mass media. Il problema è sapere in quali casi l’azione diretta del venditore possa essere più
efficace di quella realizzata dalla pubblicità.
La forza vendita è lo strumento di comunicazione di gran lunga più forte ed efficace. Contattare una persona
attraverso la visita di un venditore costa però circa 100 volte di più rispetto al contatto tramite un annuncio
pubblicitario.
Rispetto alla forza vendita la pubblicità presenta il vantaggio di poter raggiungere un gran numero di persone
in poco tempo, mentre il venditore può visitare solo un numero limitato di clienti al giorno.
Quando bisogna vendere un prodotto complesso e di difficile utilizzo a un numero limitato di persone, di
sicuro il venditore risulta più efficace della pubblicità, inevitabilmente troppo generica e semplicistica.
Mentre il venditore agisce direttamente e può ottenere dal cliente un ordine immediato, la pubblicità agisce
tramite la notorietà della marca e la formazione di un atteggiamento, effetti che si faranno sentire solo in
tempi lunghi. Di conseguenza, ogni volta che l’elemento personale della comunicazione non è essenziale,
l’impresa avrà interesse a usare la pubblicità, per motivi economici e di tempo.

Il costo delle attività di comunicazione


Il costo delle attività di comunicazione è di difficile valutazione, dato che le informazioni disponibili non sono
sempre chiare; inoltre, gli ordini di grandezza variano enormemente a seconda dei settori di attività. È stato
dimostrato che le spese di comunicazione di tipo personale destinate alla forza vendita sono nettamente
superiori alle spese pubblicitarie; esse sono inoltre maggiori nei mercati industriali rispetto ai mercati dei

86
beni di consumo. Il costo della vendita personale è in costante aumento, soprattutto sui mercati industriali;
il costo di un contatto attraverso la pubblicità tende a diminuire, grazie a una maggiore selettività dei media.
Dal confronto tra i costi consegue una rivalutazione dei ruoli rispettivi della pubblicità e della forza vendita,
una rivalutazione che si è resa necessaria soprattutto alla luce dello sviluppo dei nuovi mezzi di
comunicazione. Il costo della forza vendita è più elevato nei mercati B2B rispetto ai mercati B2C.

19.2 La forza vendita, ovvero la comunicazione personale


La vendita personale rappresenta, in determinate fasi del processo d’acquisto, il mezzo di comunicazione più
efficace, soprattutto quando è necessario sviluppare le preferenze del cliente e stimolare la decisione
d’acquisto.
Lo sviluppo di una strategia di comunicazione personale richiede di definire quale ruolo debba svolgere il
venditore nella strategia complessiva di marketing; ciò è possibile solo precisando per ogni singolo prodotto-
mercato il tipo di rapporto che l’impresa intende costruire con i propri clienti. Le mansioni abitualmente
esercitate dalla forza vendita possono essere raggruppate in tre tipi di attività:
 le attività di vendita, le quali comprendono la ricerca e l’avvicinamento dei potenziali clienti,
 la negoziazione delle condizioni di vendita
 la chiusura della transazione
Il venditore non è solo il braccio commerciale dell’impresa, ma anche un elemento importante del suo
sistema informativo di marketing. Si possono identificare le seguenti tipologie di venditori:
• •Il rappresentante-distributore svolge la sua mansione principale nel consegnare fisicamente il
prodotto
• •L’addetto alla vendita nel luogo di vendita è incaricato di assistere gli acquirenti nella scelta e di
raccogliere gli ordini
• •Il commesso viaggiatore visita distributori e dettaglianti ed è incaricato di raccogliere ordini
• •Il promotore-merchandiser si occupa di organizzare operazioni promozionali nei punti vendita e di
predisporre espositori per gli articoli in vendita
• •Il responsabile dello sviluppo commerciale si occupa di informare e indirizzare il potenziale cliente
• •Il venditore tecnico-commerciale possiede competenze tecniche ed esercita un ruolo di consulente
nei confronti del cliente, offrendogli assistenza e consiglio
• •Il rappresentante è un venditore indipendente di prodotti tangibili o di servizi per cui la creatività
nella vendita è importante
• •L’agente di vendita deve organizzare dal punto di vista finanziario operazioni industriali di alto livello

Il nuovo ruolo della forza vendita


Il vero ruolo del venditore resta legato alla necessità di soddisfare l’esigenza di comunicazione bilaterale
avvertita da clienti ben informati ed esigenti in fatto di conformità del prodotto ai suoi bisogni. Dal punto di
vista dell’impresa, la nuova efficienza dei venditori sarà legata principalmente all’abilità di raccolta e
trasmissione delle informazioni, in modo da velocizzare l’adeguamento alle trasformazioni del mercato. La
concezione del ruolo del venditore evolve verso una sua maggior partecipazione diretta al marketing
strategico. Accanto alle funzioni operative di marketing, i venditori esercitano anche diverse funzioni
strategiche, quali: fare accettare i nuovi prodotti, individuare nuovi clienti, mantenere la fedeltà della
clientela, garantire l’assistenza tecnica per facilitare la vendita, fornire informazioni sui prodotti e raccogliere
informazioni.
Il confronto tra la vendita transazionale e la vendita relazionale
Vendita transazionale Vendita relazionale

Termina con la conclusione della vendita, non si instaura Ha come obiettivo la creazione di una relazione duratura e
nessun tipo di rapporto tra fornitore e cliente positiva tra i diversi attori dello scambio

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Le parti hanno obiettivi contrapposti, l’acquirente vuole un Si cerca l’opportunità di condividere vantaggi
buon prezzo e il venditore vuole un profitto alto

Si concentra principalmente sul prezzo Si concentra anche su fattori non economici come i servizi, i
tempi di consegna, la certezza di una fornitura continua

Con il raggiungimento della fase di maturità di molti mercati è diventato evidente come sia meno costoso
per le imprese fidelizzare i clienti esistenti piuttosto che acquisire clienti nuovi, spesso conquistati con
strategie rischiose e complesse che comportano una concorrenza basata sui prezzi. Progressivamente nei
mercati in cui la domanda non è espandibile, l’obiettivo della customer retention ha acquisito maggiore
importanza dell’attrazione di nuovi clienti. Questo nuovo paradigma implica allora che conviene
massimizzare le quote dei clienti e non le quote di mercato.

Questa nuova prospettiva coinvolge molti aspetti del processo di marketing.


 Genera una nuova cultura, secondo la quale la relazione è più importante della transazione in sé. Il
successo non si misura con la quantità di transazioni riuscite, ma con il numero di relazioni durevoli
avviate.

 Crea un’evoluzione degli strumenti di analisi, le banche dati diventano fondamentali.

 Genera un cambiamento degli strumenti di vendita e di comunicazione usati, gli strumenti


dominanti sono quelli del marketing diretto.

 Favorisce lo sviluppo di un nuovo strumento gestionale, il CRM (Customer Relationship


Management), che rappresenta una nuova filosofia di business implicante una nuova
riorganizzazione profonda della gestione dell’impresa in tutte le funzioni dell’impresa. Il CRM
costituisce un’evoluzione naturale del movimento avviato dal market-driven management, con
un’insistenza molto più esplicita sulla relazione stessa.

I limiti della vendita relazionale


• In un certo numero di situazioni la relazione con il mercato è una relazione obbligata, specie quando i
venditori adottano costi di trasferimento che legano il consumatore, togliendogli ogni scelta possibile e
rendendolo “prigioniero”. Sono in questa situazione anche le imprese che ricorrono a tecnologie o a
impianti protetti da brevetti; lo stesso accade in presenza di contratti a lungo termine con un fornitore.
In ognuna di queste situazioni il venditore ha l’opportunità di trasformare la relazione in un limite.

• L’impresa che intrattiene una relazione a lungo termine con un cliente pratica di solito dei prezzi più
elevati (premium price) e diventa pertanto vulnerabile a forme di concorrenza sul prezzo da parte dei
concorrenti che praticano prezzi più bassi.

• Può capitare che alcuni clienti si rifiutino di dipendere da un unico fornitore, fattore critico soprattutto
nei mercati B2B.

• I clienti sono tentati di effettuare gli ordini facili con i fornitori a basso prezzo e di riservare quelli difficili
o meno redditizi con i fornitori che offrono maggiori servizi.

• In molti casi può mancare il mutuo interesse tra le parti.

La vendita relazionale è particolarmente utile nei mercati B2B, in cui il legame tra venditore e acquirente è
più stretto, duraturo e importante per entrambi. È la stessa filosofia alla base del trade marketing, nel
rapporto che lega il produttore ai distributori.

88
Le fasi del processo di vendita relazionale
L’attuazione di un approccio al cliente-acquirente fondato sul concetto della vendita relazionale si differenzia
dalla vendita tradizionale per l’importanza attribuita ai servizi pre e post-vendita.
Fasi della vendita relazionale:
• La ricerca sistematica di informazioni. Si individuano i potenziali clienti che possono avere
bisogno del prodotto e che potrebbero acquistarlo. È un’attività permanente.

• La selezione del target. L’obiettivo è quello di analizzare le ragioni oggettive che fanno di un
possibile cliente un cliente potenziale, che può avere ragioni per diventare interessato
all’acquisto. In questo caso è fondamentale chiedersi in quale mi- sura la nostra impresa può
essere utile a quel cliente.

• La conquista di buoni clienti. È importante che il venditore si impegni a conquistare clienti la cui
serietà e il cui potenziale giustifichino il tempo e gli sforzi che verranno loro dedicati. È la fase
della vendita vera e propria, che comprende la presentazione commerciale, la negoziazione, la
risposta alle obiezioni e la conclusione dell’accordo.

• La costruzione della relazione. Si tratta di conquistare la fiducia e, una volta in- staurato il
rapporto, di organizzare il proseguimento della relazione che deve garantirne la continuità. Il
venditore si comporta come un risolutore di problemi, che vende non più un prodotto, ma il
servizio (o la soluzione) offerto dal prodotto.

• Il mantenimento e il consolidamento della relazione. Il mantenimento della relazione consiste


soprattutto nell’offerta di servizi personalizzati, basati sulla conoscenza precisa dei bisogni del
cliente. Questa fase contribuisce al mantenimento di stretti contatti con il cliente e alla
fidelizzazione della clientela. In questo modo l’impresa costruisce una barriera che impedisce
l’ingresso dei concorrenti, perché passare a un altro fornitore comporta un costo di
trasferimento per il cliente.

19.3 Le decisioni di comunicazione pubblicitaria


Ruolo della pubblicità per l’impresa → informare, persuadere e ricordare ai clienti potenziali l’esistenza e le
caratteristiche della propria offerta e stimolare la loro preferenza, allo scopo di creare o di sviluppare la
domanda del prodotto.
Ruolo della pubblicità per il cliente → consente di conoscere le qualità distintive che il produttore attribuisce
al prodotto e di ridurre i tempi di accesso a tali informazioni, ottenute senza effettuare ricerche.
L’informazione pubblicitaria deriva da una fonte dominata dal produttore, ma agli occhi del consumatore
non ha lo stesso valore di altre fonti informative. È una sollecitazione all’acquisto che genera un’informazione
progettata per sottolineare gli aspetti postivi del prodotto. È un’informazione che svolge almeno due funzioni
a favore del consumatore:
1. Gli permette di conoscere quali sono le caratteristiche distintive rivendicate dal produttore e di verificare
se le promesse corrispondono a ciò che cerca;

2. Lo aiuta a risparmiare tempo, dato che le informazioni arrivano senza doverle cercare. Per il
consumatore è importante che il valore dell’efficienza del messaggio pubblicitario superi il costo
necessario per raccogliere le stesse informazioni con altri mezzi.

Gli obiettivi della comunicazione pubblicitaria


Per determinare gli obiettivi della comunicazione pubblicitaria si fa riferimento a tre livelli di risposta del
mercato (già analizzati):

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✓ Risposta cognitiva: riguarda la notorietà e la conoscenza delle caratteristiche del prodotto; a
questo livello corrispondono obiettivi d’informazione, di ricordo, di riconoscimento, di
familiarità.
✓ Risposta affettiva: riguarda la valutazione della marca in termini di sensazioni, giudizi favorevoli
o contrari e preferenze; gli obiettivi sono influenzare l’atteggiamento e creare l’intenzione
d’acquisto.
✓ Risposta comportamentale: riguarda il comportamento d’acquisto e successivo all’acquisto, ma
anche altre forme di risposta comportamentale conseguenti alla comunicazione.

Questi tre livelli di risposta del mercato sono gerarchici, vuol dire che i potenziali clienti attraversano queste
tre fasi in successione. Questa sequenza di reazioni è detta modello di apprendimento, modello che va
graduato in base al grado di coinvolgimento del cliente; anche se non è applicato universalmente è comunque
un modello prezioso per definire gli obiettivi prioritari della comunicazione.
Secondo Rossister e Percy partendo da questa gerarchia di obiettivi si possono identificare cinque effetti
comunicativi utilizzabili dalla pubblicità. Essi ripercorrono il processo seguito da un cliente di fronte a una
decisione d’acquisto e rappresentano altrettanti possibili obiettivi della comunicazione.

1. Lo sviluppo della domanda

L’esistenza di un bisogno è la condizione preliminare che determinerà l’efficacia di ogni attività di


comunicazione. Ogni prodotto risponde a una categoria di bisogni la cui percezione da parte dei potenziali
clienti può essere stimolata con la pubblicità, che contribuirà a sviluppare la domanda primaria della
categoria di prodotto.
Ci possono essere tre situazioni distinte:
 situazione in cui la categoria di bisogni è presente e ben percepita dai potenziali clienti; situazione
in cui non trova giustificazione una pubblicità generica; è il caso di numerosi prodotti a basso
coinvolgimento per cui l’approvvigionamento è ripetuto e consuetudinario.

 situazione in cui la categoria di bisogni è percepita, ma dimenticata o trascurata; in questo caso la


pubblicità generica può ricordarne l’esistenza, è il caso del prodotto il cui acquisto e impiego è poco
frequente (es. antidolorifici da banco).

 situazione in cui la percezione della categoria di bisogni è debole o inesistente nel gruppo target di
potenziali clienti; qui la pubblicità generica ha la funzione di promuovere i vantaggi apportati dalla
categoria di prodotti (es. campagna a favore dell’uso preservativi per combattere l’AIDS).

2. Creare la notorietà di marca

Questo è il primo livello della risposta cognitiva. La notorietà consiste nella capacità di un potenziale cliente
d’identificare una marca in modo sufficientemente dettagliato per proporla, sceglierla e utilizzarla. Ci sono
tre tipi di obiettivi pubblicitari centrati sulla notorietà.
✓ Creare o mantenere la “notorietà-riconoscimento”, cioè favorire il riconoscimento della marca e
portare così il cliente a riconoscere l’esistenza della categoria di bisogni.

✓ Creare o mantenere la “notorietà-ricordo”, cioè indurre l’acquirente a selezionare la marca nel


momento in cui si manifesta il bisogno.

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✓ Perseguire simultaneamente i due obiettivi precedenti.

Questi obiettivi implicano differenti contenuti pubblicitari: il primo enfatizza gli elementi visivi ed il secondo
è volto a creare delle occasioni per ripetere il nome della marca sia con il suono sia con l’immagine e associarla
al servizio di base.

3. Creare un atteggiamento favorevole rispetto alla marca

L’obiettivo consiste nel creare, migliorare, mantenere e modificare l’atteggiamento dei clienti nei confronti
della marca. Interviene in questo caso la risposta affettiva.
Le strategie di comunicazione per l’impresa possono essere di diversi tipi:
• Può convincere il gruppo target della superiorità tecnologica della marca nella categoria di bisogni, o la
necessità di conferire maggiore importanza all’attributo per il quale la marca è ben posizionata rispetto ai
concorrenti.

• Può rafforzare la percezione e la convinzione dei clienti della presenza nella marca di una caratteristica
determinante per la scelta, o può riposizionare una marca collegandola a un altro insieme di bisogni e/o
motivazione d’acquisto.

• Può essere una strategia finalizzata all’eliminazione di un atteggiamento negativo nei confronti della
marca, cioè riuscire ad associare la marca a valori positivi.

• Può attirare l’attenzione su attributi che non vengono presi in considerazione in automatico al momento
dell’acquisto; o modificare nei clienti la percezione del grado di presenza di un attributo determinante
nelle marche concorrenti.

Quest’ultimo tipo di comunicazione pubblicità è detta pubblicità comparativa. È importante tenere presenti
le ipotesi implicite di una strategia di comunicazione fondata sul concetto di atteggiamento nei confronti
della marca. L’impresa deve sforzarsi di mettere in evidenza le caratteristiche per cui gode del vantaggio
competitivo più evidente, comunque non bisogna cercare di modificare le percezioni di una marca quando
questa non ha le caratteristiche pubblicizzate realmente.

4. Stimolare l’intenzione d’acquisto

L’intenzione di acquistare è a metà strada tra la risposta affettiva e quella comportamentale. Ci possono
essere due situazioni:
- l’acquirente poco o per nulla interessato all’acquisto del prodotto verso il quale, a livello conscio,
non avverte alcuna intenzione d’acquisto, se non all’ultimo minuto, nel punto vendita. È il caso
degli acquisti di routine e dei prodotti a basso rischio percepito. In questa situazione l’obiettivo
pubblicitario non può consistere nello stimolare l’intenzione d’acquisto;

- l’acquirente esprime consapevolmente l’intenzione d’acquisto al momento dell’esposizione al


messaggio pubblicitario. In questo caso la pubblicità ha un ruolo da svolgere, usando degli stimoli
che affrettano la decisione d’acquisto o incoraggiano il riacquisto.

L’intenzione d’acquisto si manifesta solo in uno stato di mancanza, cioè quando si avverte un bisogno, perché
le due situazioni, di bisogno e di intenzione d’acquisto, sono strettamente legate.

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5. Facilitare l’acquisto

Questo obiettivo della comunicazione pubblicitaria chiama in causa le altre leve del marketing mix (le 4P),
senza le quali l’acquisto non potrebbe aver luogo: un prodotto che mantenga le promesse; la disponibilità
del prodotto nei punti vendita; un prezzo di vendita accettabile.
Se queste condizioni non sono soddisfatte, la pubblicità può comunque contribuire a minimizzare o a ridurre
i problemi.
La pubblicità online

 Nella pubblicità online sta emergendo un mercato dei venditori, che sta inoltre sperimentando
una trasformazione delle dinamiche di prezzo.

 I responsabili di marketing stanno chiedendo una più precisa quantificazione della redditività
degli investimenti pubblicitari; infatti, se paragonato ai mezzi tradizionali, internet ha una
maggiore misurabilità, sia per quanto attiene la marca sia per quanto riguarda la misurazione
della performance. Anche questo elemento contribuisce a spiegare perché tanti investimenti
pubblicitari siano online.

 I consumatori richiedono maggiore controllo, reagendo alla miriade di scelte, tra cui possono
optare e alla crescita vertiginosa dei messaggi pubblicitari; infatti, tra coloro che propongono
pubblicità sui media, vinceranno quelli che adotteranno più efficacemente il nuovo modello
imperniato sul consumatore.

I benefici della pubblicità online


Il più importante vantaggio della pubblicità online riguarda la disponibilità di informazioni. I consumatori
possono avere informazioni relative ai prodotti, che possono essere acquistati direttamente e in qualsiasi
momento.
Le imprese che usano Internet possono anche ridurre i costi per la minor necessità di forza vendita.
Internet può supportare l’espansione dai mercati domestici ai mercati nazionali e internazionali. In questo
modo si omogeneizza il contesto in cui si fronteggiano concorrenti grandi e piccoli, diversamente dai media
tradizionali.
Altri vantaggi offerti dalla pubblicità online: contrariamente ai media tradizionali, è facilmente misurabile,
perché permette di monitorare il numero di hit e click-through. La pubblicità online dà l’opportunità di
interagire immediatamente con i consumatori ottenendo feedback istantanei e permette di inviare messaggi
via web a gruppi di clienti target.

Internet come medium dominato dal cliente


La pubblicità in internet è molto diversa da quella in tv. Internet è un medium cognitivo, mentre la tv è un
medium emozionale.
Questo rende la tv più adatta per la pubblicità tradizionale; infatti, la tv è calda mentre il web è freddo.
L’esperienza online è dominata dall’utente; l’utente di internet è lì per uno scopo preciso e non vuole essere
disturbato dai suoi obiettivi dalla pubblicità, per questo la % di click-through è così bassa. Il coinvolgimento
attivo dell’utente rende il web più cognitivo, visto che l’utente deve pensare dove cliccare e come navigare.
L’utente non è nel web per vivere un’esperienza, ma per fare qualcosa. Il web è dominato dal cliente e non il

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contrario, che dispone della facoltà di scelta; infatti, non c’è modo di intrappolare gli utenti con la pubblicità,
se non sono loro a volerlo.
Come funziona la pubblicità online
Fino alla fine degli anni ’90 la pubblicità in internet significava banner pubblicitario. La pubblicità per mezzo
dei banner può avere due diversi obiettivi: un effetto branding, per imprimere nella mente del consumatore
il nome di un’impresa o di una marca; un effetto d’interazione, che si ottiene cercando di indurre il visitatore
online a fare una determinata cosa nel momento in cui vede la pubblicità. I pubblicitari capirono che i banner
non erano i veicoli più efficaci, perché piccoli, facilmente ignorabili e perché il tasso di risposta alla pubblicità
interattiva è piuttosto basso. Così i banner iniziarono la loro fase di declino e oggi vengono venduti in base ai
click che ricevono.
Internet e la comunicazione diretta di marketing
L’adozione di internet ha provocato profondi cambiamenti nel modo con cui le imprese si relazionano con i
propri pubblici di riferimento, sia esterni sia interni.
La comunicazione e la pubblicità online NON si possono intendere come una versione virtuale della pubblicità
tradizionale, perché le caratteristiche intrinseche del mezzo che veicola il messaggio agiscono
profondamente anche sui contenuti e sugli effetti del messaggio stesso.
I principali strumenti per la comunicazione, che si avvalgono della veicolazione su internet sono classificabili
in due categorie principali:
1. above the web: strumenti pubblicitari (web site, search engime, pubblicità display ecc).

2. below the web: mailing list, newsgroup e comunità virtuali.

Website
Il sito rappresenta l’impresa e la sua attività di comunicazione. È un veicolo ideale per diffondere informazioni
tempestive e gratuite.
Search engine
L’enorme quantità di informazioni disponibili in rete spesso rende necessario l’uso di motori di ricerca da
parte dell’utente. Un’adeguata progettazione della struttura del website aziendale è fondamentale per
assicurare la sua visibilità nelle prime posizioni dei motori di ricerca principali.
Pubblicità display
Sono annunci contenenti immagini o video e sono pubblicati in luoghi designati all’interno di un sito web.
Pubblicità per dispositivi mobili
Esistono formati di pubblicità che formattano le pagine in base alla dimensione dello schermo.
Retargeting o remarketing
Serve per farsi ricordare dai clienti o utenti che hanno dimostrato interesse per l’offerta (ex Intimissimi o
Pandora sui siti di cucina).
Email marketing e marketing video
Video che rappresentano in modo divertente e innovativo un determinato prodotto.
Piattaforme streaming

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Queste piattaforme sono ormai al centro della vita dei consumatori.
Mailing list
Consente di godere di un canale preferenziale di comunicazione. Possono garantire un risultato apprezzabile
in termini di comunicazione se gli iscritti sono numerosi. Si differenziano dalle altre forme di comunicazione
dal punto di vista funzionale (gli utenti ricevono messaggi e possono iscriversi e partecipare via e-mail);
gestionale (sono pubbliche, private o controllate).
Newsletter
Sono una sorta di notiziario inviato periodicamente ad un certo numero di iscritti, interessante ai fini della
comunicazione perché l’iscrizione è volontaria. Si rivolge a un pubblico selezionato, interessato ai contenuti
della comunicazione. Si avvicina molto a forme di comunicazione one-to-one e la sua efficacia si misura in
termini di direct response o di visite ottenute a seguito dell’inserzione.

Lo sviluppo dei social media


I contenuti dei social media sono creati dagli utenti che generano profili nelle varie app. All’interno troviamo
i blog -siti di discussione o informativi-, i business network -reti professionali basate su relazioni professionali
(Linkedin)-, social networking aziendali -piattaforme utilizzate dalle aziende-, forum -siti di discussione
online-, microblog -blog ridotti-.
Social media mobile
Si effettua l’accesso tramite dispositivi mobili come smartphone e tablet.
Contenuti virali
Sono quelli che con maggiore probabilità portano gli utenti a condividere i contenuti pubblicati da altri utenti.
Internet bot
I bot sono programmi automatizzati che abilitano l’automazione di molte attività di comunicazione.
Convergenza delle piattaforme
I vari social si evolvono e si sovrappongono.
Cross media advertising
Grazie all’uso di internet la comunicazione tra impresa e cliente si sviluppa in un percorso a due vie: i feedback
a mano a mano acquisiti rappresentano preziose risorse informazioni che, se usate adeguatamente,
permettono un rapido adeguamento dell’offerta.
Gli effetti della comunicazione online possono essere inoltre amplificati attraverso l’integrazione con gli
strumenti di comunicazione tradizionale. Nell’interazione con il cliente bisogna rispettare alcuni principi: le
nuove tecnologie non sostituiscono ma convivono e convergono con le tradizionali; il consumatore deve
restare al centro della comunicazione; egli mantiene i suoi bisogni “umani” adattandoli alle nuove tecnologie.

Le varie forme di comunicazione pubblicitaria


Si distinguono tre tipologie di pubblicità:
❖ Pubblicità d’immagine
È una comunicazione pubblicitaria con un obiettivo di tipo affettivo: mira principalmente a modificare
l’atteggiamento del cliente nei confronti della marca e creare un’immagine basata su una comunicazione
concettuale. Il suo ruolo è quello di costruire un atteggiamento favorevole che, a lungo termine, porterà un
eventuale acquisto.

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❖ Pubblicità promozionale
Ha l’obiettivo d’influenzare il comportamento d’acquisto anziché l’atteggiamento del consumatore; perciò,
lo scopo fondamentale è raggiungere un risultato a breve termine.
L’obiettivo è stimolare l’atto di acquisto e la sua efficacia si misura direttamente proporzionalmente alle
vendite realizzate. È lo stile di comunicazione più aggressivo, comunque, non è incompatibile con un obiettivo
di creazione d’immagine.

❖ Pubblicità interattiva
È un messaggio pubblicitario personalizzato, che comporta un’offerta e che ha l’obiettivo principale
d’instaurare un dialogo tra inserzionista e potenziale cliente, stimolando in quest’ultimo una risposta in base
alla quale l’impresa cercherà di costruire una relazione commerciale. Questo tipo di pubblicità tenta di
conciliare le caratteristiche dei due stili precedenti: costruire un’immagine e stimolare una risposta
comportamentale valutabile, che consenta di apprezzare immediatamente l’efficacia della comunicazione.
I presupposti della comunicazione pubblicitaria d’immagine
La pubblicità è il completamento, a volte indispensabile, di un processo più importante: quello del marketing
strategico. Affinché la pubblicità sia efficace è necessario soddisfare alcune condizioni preliminari.
La pubblicità può essere efficace solo quando operano anche gli altri elementi di marketing. Se si considerano
i diversi tipi di prodotti, la pubblicità si rivela utile per il cliente soprattutto quando si trova di fronte a scelte
d’acquisto di prodotti complessi, con qualità interne che non emergono con una semplice ispezione.
È in riferimento agli experience good (come i prodotti alimentari e gli shampoo) e ai credence good (l’olio per
la macchina o i servizi medici) che i clienti possono trarre notevoli vantaggi da una pubblicità realmente
informativa. In ognuno di questi casi, per essere efficace, la pubblicità deve mettere in luce una particolarità
specifica, una qualità distintiva del prodotto che lo posizioni nella mente del cliente come diverso da quelli
delle marche concorrenti.
Inoltre, la pubblicità ottiene il maggior impatto sul mercato quando la domanda primaria è espandibile; nei
mercati non espandibili la pubblicità serve soprattutto a stimolare la do- manda selettiva e a creare effetti
comunicativi a livello di marca. In più, il mercato di riferimento del prodotto pubblicizzato deve essere
sufficientemente ampio da assorbire i costi della campagna pubblicitaria.
Il posizionamento pubblicitario desiderato dev’essere in linea con il posizionamento di marketing adottato.

19.4 Lo sviluppo della campagna pubblicitaria

Fase 1: definizione degli obiettivi


Si definiscono gli obiettivi in riferimento al segmento di clientela target. Si traducono gli obiettivi di marketing
definiti in sede di pianificazione generale in termini di risposta cognitiva, affettiva o comportamentale.

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Obiettivo di tipo cognitivo → portare i clienti a conoscenza dell’introduzione di un nuovo prodotto o
nell’indicare dove poter acquistare un prodotto, o quello di ricordare l’esistenza della marca o dell’azienda
anche se fuori stagione.
Obiettivo di tipo affettivo → riguarda la modifica della percezione del pubblico di alcune caratteristiche del
prodotto, o la modifica dell’immagine di marca.
Obiettivo di tipo comportamentale → determinato dal tentativo di convincere il cliente all’acquisto
immediato, o predisporlo alla visita di un venditore.

Fase 2: sviluppo del brief


Il brief è un documento breve ma esaustivo, che sintetizza la strategia di marketing dell’impresa. È il
documento che viene dato all’agenzia di comunicazione. In poche pagine l’impresa precisa e comunica le
proprie scelte utili ai fini della definizione della copy strategy e del messaggio pubblicitario, in particolare con
riferimento alle prestazioni del prodotto, al posizionamento, ai concorrenti, al segmento target e agli obiettivi
della comunicazione.
Il brief deve contenere:
• descrizione del progetto, per spiegare perché si vuole eseguire una campagna pubblicitaria
• background di marketing, cioè qualsiasi informazione sull’impresa, sul mercato, sui clienti attuali e
potenziali, sul marketing mix e sui risultati degli anni precedenti;
• caratteristiche fondamentali della marca, del prodotto o dell’impresa, in termini di caratteristiche base,
di posizionamento e di quota di mercato;
• analisi della concorrenza, cioè qualsiasi informazione su settore e concorrenti chiave e relative politiche
di marketing;
• analisi delle campagne pubblicitarie sviluppate dall’impresa in precedenza con riferimento alla
marca/prodotto oggetto del brief e di quelle sviluppate dai concorrenti;
• pubblico target, cioè il segmento di mercato che si vuole raggiungere;
• obiettivi pubblicitari che si intendono perseguire;
• indicazione del budget e dell’investimento previsto per l’acquisto dei mezzi e per la produzione della
campagna;
• aspetti tecnici, come scadenze, informazioni legali, linee guida, clausole varie.

Fase 3: sviluppo della copy strategy


Si traducono gli obiettivi di comunicazione in parole, simboli, segni etc. che andranno a definire la copy
strategy e costituiranno le direttrici di fondo della campagna. Il contenuto della copy strategy discende
direttamente dal posizionamento scelto per il brand, e descrive le caratteristiche essenziali del messaggio,
con riferimento soprattutto al destinatario e al contenuto, ma non ancora alla forma. Una copy strategy di
successo deve essere specifica e concreta e basarsi su vantaggi legati al consumo del prodotto, non su
attributi troppo tecnici.

Fase 4: esecuzione creativa


I creativi dell’agenzia dovranno tradurre la copy strategy in parole e immagini, cioè in un’idea di messaggi
che sia interessante e il più possibile d’impatto. L’idea deve essere originale, accattivante e farsi ricordare,
perciò sono fondamentali le informazioni sul target fornite nel brief.

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Fase 5: presentazione delle idee e condivisione
L’agenzia pubblicitaria di solito presenta varie proposte di messaggi, rappresentate su schede o tavole dette
storyboard. Sarà importante per l’impresa valutare se le idee traducono il brief, se rispettano la copy strategy
e se possono avere un impatto nei confronti dei destinatari.

Fase 6: produzione
Dopo l’approvazione definitiva di una delle proposte dell’agenzia, inizia la fase della produzione che si
completerà con la preparazione dello spot.

La definizione di una strategia media


La strategia media ha attinenza con la scelta dei mezzi di comunicazione su cui veicolare la campagna
pubblicitaria. Ci sono diverse possibilità di scelta, la cui adeguatezza varia al variare degli obiettivi di
comunicazione, della complessità del messaggio e della situazione del mercato.
Una prima scelta contrappone gli obiettivi di copertura e ripetizione.

L’alternativa è tra:
• massima copertura: l’adozione di un piano media che consenta di raggiungere il maggior numero di
persone;
• massima ripetizione: l’adozione di un piano media che punti a raggiungere con la massima intensità
possibile un target relativamente ristretto.

La seconda scelta è quella tra continuità e intermittenza dei messaggi. L’alternativa è tra:
• la continuità per ottenere una maggiore memorizzazione del messaggio;
• l’intermittenza per allungare il periodo di esposizione.

La terza scelta vede contrapporsi un obiettivo di concentrazione e un obiettivo di diversificazione dei mezzi
usati. L’alternativa è tra:
• l’uso di diversi mezzi, per beneficiare della complementarietà ed ottenere una maggiore copertura netta
o una migliore ripartizione geografica,
• la concentrazione su un unico mezzo, per dominare il mezzo più adatto al target, personalizzare la
campagna e ottenere sconti o beneficiare di economie di scala.

La scelta dei media:


La scelta dei media è basata su criteri quantitativi e qualitativi. Tra quelli quantitativi rientrano:
❖ grado di copertura (reach) del target, cioè la % di potenziali clienti raggiunti dal messaggio;
❖ ripetizione o frequenza, cioè il numero medio di volte in cui un individuo viene raggiunto dal
messaggio nel corso della campagna;
❖ numero totale di contatti utili o GRP (Gross Raiting Point), cioè il numero di contatti da parte
degli individui appartenenti al target, che è dato dalla copertura moltiplicata per la frequenza
media;

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❖ OTS (Opportunity To See) o esposizione, cioè il numero di contatti a prescindere dal fatto che il
messaggio sia effettivamente visto, compreso o memorizzato;
❖ costo contatto, che è dato dal rapporto tra costo totale del messaggio e GRP.

Tra i criteri qualitativi invece rientrano:


❖ probabilità di ricezione del messaggio (es. elevatissima al cinema e bassissima in molte delle
affissioni urbane);
❖ durata del messaggio, cioè il periodo di tempo durante il quale il messaggio può essere ricevuto;
❖ contesto del media, cioè il prestigio, l’opinione di cui il mezzo pubblicitario gode tra il pubblico;
❖ possibilità espressive del mezzo, (il più completo è il cinema, per colore, animazione e audio);
❖ grado di saturazione cioè il volume pubblicitario totale del supporto e la presenza o meno della
concorrenza.

19.5 Le decisioni di promozione delle vendite


La promozione delle vendite comprende l’insieme degli stimoli che vengono usati dall’impresa per rafforzare
l’azione della pubblicità e della forza vendita per stimolare acquisti più rapidi. La promozione delle vendite è
quindi l’insieme di tecniche e strumenti utilizzati per stimolare la nascita o l’evoluzione di un comportamento
d’acquisto o di consumo a breve o a lungo termine.
Obiettivi
Dipendono dal tipo di promozione, quest’ultimo può essere esaminato dal punto di vista di chi fa l’offerta o
del target designato. Secondo la classificazione di Ingold, si considerano quattro tipi di promozione:
• promozione al cliente, consiste nel proporre al cliente un vantaggio immediato, differito o
ipotetico, per stimolare l’acquisto di un prodotto. La promozione al cliente è avviata dal
produttore e nella maggior parte dei casi, si avvale di un canale di distribuzione.
• promozione al distributore, propone alle imprese distributrici o ai grossisti vantaggi specifici,
soprattutto di carattere finanziario, per stimolarli ad adottare la marca, aumentare le proprie
scorte, promuovere la marca esponendo pubblicità o riduzione di prezzo e promuovere il
prodotto nei loro negozi.
• promozione commerciale, comprende le operazioni promozionali organizzate dai distributori a
vantaggio dei propri clienti che in parte usano le risorse finanziarie messe a disposizione dai
produttori.
• promozione alla forza di vendita o alla rete, si propone di stimolare tutti i partner interessati
dalla vendita del prodotto, usando incentivi individuali.

Le diverse tecniche promozionali


Le tecniche promozionali sono numerose e molto eterogenee, possono essere raggruppate in:
 le riduzioni di prezzo: si tratta di offrire la stessa cosa a un prezzo meno elevato, ricorrendo a diversi
meccanismi;
 le vendite con premi e omaggi: agli acquirenti di un prodotto vengono proposti piccoli oggetti
gratuiti, immediatamente o in seguito;
 le prove e i campioni: la distribuzione gratuita di prove o di campioni consente al cliente di testare il
prodotto;
 i giochi e i concorsi: sono competizioni a carattere ludico, che alimentano la speranza di vincite
elevate.

Le nuove tecniche promozionali apparse in questi ultimi anni, si basano sulle informazioni fornite dai codici
a barre (carte fedeltà, buoni elettronici). Dal punto di vista concorrenziale, gli effetti delle promozioni
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tendono a compensarsi, poiché un’azione promozionale riuscita suscita subito una “reazione promozionale”
da parte del concorrente, che cercherà di compensare la perdita subita. Se da un lato questa escalation
promozionale apporta un beneficio al cliente, dall’altro rende permanenti le promozioni,
compromettendone l’efficacia e generando comportamenti di attesa tra i clienti.

Gli effetti della promozione sulle vendite


Si distinguono gli effetti sui consumatori e sulla distribuzione. Gli effetti sui consumatori sono effetti
complessi, che possono verificarsi prima, durante e dopo la promozione.
• effetti di trasferimento interno: si tratta degli acquisti di consumatori abituali, che approfittano
dell’offerta speciale, ma avrebbero comunque acquistato la marca anche se non ci fosse stata la
promozione;
• effetti di anticipazione: si tratta del calo delle vendite osservato nel periodo precedente la
produzione, perché i consumatori attendono la promozione per acquistare. Maggiore è la
regolarità delle promozioni, più sarà evidente questo effetto;
• effetti di depressione: si tratta del calo degli acquisti conseguente all’accumulo di scorte
effettuato dal consumatore durante la promozione;
• effetti di cannibalizzazione: si tratta dei trasferimenti di acquisti che possono essere effettuati
tra diversi formati o varietà all’interno della stessa linea in occasione di un’attività
promozionale;
• effetti di sostituzione alla marca: questo è l’effetto ricercato con la promozione. Si tratta delle
vendite supplementari realizzate in occasione della promozione, grazie ad un trasferimento dalla
marca abituale alla marca in promozione;
• effetti di prova: la tecnica promozionale usata può indurre il consumatore a usare il prodotto;
sono importanti specialmente per un nuovo prodotto;
• effetti di rimanenza: sono gli effetti positivi che permangono dopo la promozione e che possono
collocare la marca a un livello di vendita superiore a quello osservato prima della promozione

Per quanto riguarda la distribuzione, le promozioni organizzate sul punto vendita hanno sempre un impatto
sul comportamento del distributore. Si possono distinguere tre effetti principali:
1. effetti di posticipazione: i distributori che sono a conoscenza del programma di marketing operativo
dei loro fornitori tendono a differire i propri acquisti per potersi rifornire in occasione dei periodi
promozionali.

2. effetti di sovra-stoccaggio: negli ordini trasmessi nei periodi di promozione, i distributori tendono a
rifornirsi per una durata compatibile con le proprie capacità di stoccaggio, il che comporta una
riduzione degli ordini successivi al periodo promozionale.
3. effetti degli approvvigionamenti devianti: alcuni distributori si riforniscono esclusiva- mente in
occasione di promozioni e si rifiutano di acquistare il prodotto a prezzo pieno (es. i discount).

Gli effetti negativi delle promozioni


Il ricorso troppo frequente alle attività promozionali rischia di avere effetti negativi sui comportamenti
d’acquisto e sull’immagine di marca. È possibile identificarne quattro tipi:
❖ Spirale promozionale. Il rischio di una promozione efficace è quello di generare un’escalation
promozionale, creando una situazione di promozione quasi permanente sul mercato, il che non
è auspicabile né per il produttore né per il distributore.

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❖ Banalizzazione dell’immagine della marca. Se troppo frequente, la promozione rischia di
contribuire a svalutare la marca agli occhi dei clienti, entrando in conflitto con la strategia di
posizionamento della marca stessa.
❖ Sviluppo di comportamenti speculativi. Se una parte crescente delle vendite viene realizzata in
condizioni promozionali, i clienti possono modificare il proprio comportamento d’acquisto
attendendo sistematicamente le vendite promozionali.
❖ Un atteggiamento di questo tipo priva la promozione della sua principale ragion d’essere:
stimolare le vendite nei periodi normali. L’effetto di anticipazione diventa perciò dominate.
Bisogna comunque distinguere tra i clienti che attendono il periodo dei saldi e quel particolare
gruppo che aspetta le azioni promozionali.
❖ Difficoltà di confronto tra i prezzi. La moltiplicazione delle offerte promozionali rende più difficile
per il consumatore valutare il prezzo corretto e confrontare i prezzi e rischia di ridurre la sua
sensibilità al prezzo.

Le decisioni di relazioni pubbliche e quelle non legati ai media


Le relazioni pubbliche comprendono le comunicazioni elaborate dall’impresa allo scopo di farne conoscere
l’attività, le finalità e il valore e sviluppare un’immagine favorevole nella mente del pubblico generalmente
inteso e dei principali attori del mercato, i distributori, i prescrittori e gli interlocutori istituzionali, finanziari
e commerciali. Le relazioni pubbliche si differenziano dalle altre forme di comunicazione di marketing per tre
aspetti:

1. Gli obiettivi raggiungibili con le relazioni pubbliche sono differenti: in questo caso all’impresa
non interessa vendere ma ottenere un sostegno morale che faciliti lo svolgimento della sua
attività economica. I target ai quali si rivolgono le relazioni pubbliche sono più diversificati.

2. Cercano di stabilire un contatto sia con i clienti sia con gli altri attori (stakeholder) che
partecipano al funzionamento diretto e indiretto del mercato in cui opera, compresa l’opinione
pubblica.

3. Usa i mezzi più vari, dal giornale aziendale al comunicato stampa, dalle sponsorizzazioni ai
patrocini. L’obiettivo è usare un tramite che aumenti la credibilità del messaggio.

Gli strumenti delle relazioni pubbliche


Gli strumenti usati dalle relazioni pubbliche sono molteplici e possono essere raggruppati in quattro
categorie:
❖ informazioni relative all’impresa: dopo aver selezionato l’informazione, spetta agli esperti di
relazioni pubbliche organizzare gli incontri con i giornalisti e preparare il comunicato stampa;
❖ pubblicazioni: oggi disponibili nel formato elettronico o direttamente accessibili dal sito web
aziendale;
❖ eventi;
❖ patrocinio, cioè la partecipazione dell’impresa a cause d’interesse generale, umanitarie, scientifiche
o culturali.
Gli ultimi due strumenti delle relazioni pubbliche rientrano in quella che viene definita la comunicazione
istituzionale, con cui l’impresa cerca di valorizzarsi nei confronti dell’opinione pubblica, presentandosi come
azienda socialmente responsabile.

La sponsorizzazione e il patrocinio
Sono due modalità particolari di pubblicità che intendono evitare il rischio tipico della pubblicità istituzionale,
cioè quello di stancare il pubblico, che potrebbe esserne infastidito, e considerare queste campagne come
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attività di auto celebrazione. Da qui la nascita di nuove modalità di comunicazione. L’obiettivo perseguito è
quello di accrescere la notorietà dell’impresa e migliorarne l’immagine associandola a valori positivi.
È da notare che la sponsorizzazione è un’operazione commerciale, che comporta un’equità tra diritti e doveri:
la responsabilità materiale o finanziaria dell’evento sponsorizzato e lo sfruttamento diretto e sistematico
dello stesso da parte dello sponsor. È questo aspetto a distinguere la sponsorizzazione del patrocinio, dove
deve prelevare il carattere disinteressato e generoso. Nei due casi cambia la forma pubblicitaria adottata, ma
sono diversi anche gli obiettivi perseguiti e dunque i metodi usati.

Le spese di sponsorizzazione nel mondo


La sponsorizzazione è un fenomeno mondiale. Una particolare forma di sponsorizzazione attualmente molto
diffusa è il sostegno fornito dalle imprese a cause d’interesse generale, che tende a sostituire la pratica delle
donazioni filantropiche o caritatevoli. Sono promozioni in cui l’impresa s’impegna a devolvere una parte del
proprio fatturato a sostegno di una causa o di un organismo senza scopo di lucro. Ad eccezione delle iniziative
promozionali legate ad una causa, l’impatto delle attività di sponsorizzazione e patrocinio è difficile da
misurare

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