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STEFANO MARAZZINI

MARKETING
INDUSTRIALE E
STRATEGIE DI
DISTRIBUZIONE

ANNO ACCADEMICO 2022/2023


IL MARKETING B2B E IL PROCESSO DI MARKETING

ALCUNE DEFINIZIONI DI MARKETING

 Kotler 1972:
Il marketing è un’attività umana diretta a soddisfare bisogni ed esigenze
attraverso processi di scambio.

 AMA (American Marketing Association) 1985:


Il processo di organizzazione e di esecuzione del concepimento, della politica
dei prezzi, delle attività promozionali e della distribuzione di idee, beni e
servizi per creare scambi commerciali e soddisfare gli obiettivi degli individui e
delle organizzazioni.

 AMA (American Marketing Association) 2013:


Marketing è l’insieme delle attività, delle ”institutions” e dei processi per
creare, comunicare, consegnare e scambiare offerte che danno valore ai
consumatori, ai clienti, ai partner e alla società nel suo insieme.

LE QUATTRO POSSIBILI CONCEZIONI DELLA GESTIONE DEL MERCATO

La gestione del mercato può essere concepita secondo diversi orientamenti:

 Secondo un orientamento al prodotto o alla tecnologia, si cerca di fornire


prodotti eccellenti per attirare e soddisfare i clienti e per ottenere profitti.

 Con un orientamento alla vendita si cerca di concentrarsi sulla strategia di


vendita per ottenere profitti.

 L’orientamento al mercato prevede di offrire un qualcosa ad hoc per le


esigenze di gruppi di clienti (segmenti) al fine di soddisfarli e ottenere profitti.

 Seguendo un orientamento al cliente si cerca invece di offrire qualcosa ad


hoc per ogni singolo cliente al fine di soddisfarlo e ottenere profitti.

Questi due ultimi orientamenti sono molto simili tra loro e rappresentano entrambi
il concetto di marketing.
L’ORIENTAMENTO ALLA CREAZIONE DI VALORE PER IL CLIENTE
All’interno di un’azienda nella quale si ha un orientamento alla creazione di valore
per il cliente, gli investimenti di marketing vengono considerati prioritari come
quelli tecnologico-produttivi, la comunicazione con il cliente avviene usando il suo
linguaggio, e l’obiettivo finale è quello di soddisfare realmente il cliente.
Inoltre, si raccolgono informazioni sul mercato (clienti, concorrenti, canali) e le si
considera fondamentali, si presta costante attenzione ai fattori esterni che possono
influenzare il mercato o la posizione dell’azienda sul mercato, si sviluppano i
prodotti/servizi come risposte alle esigenze dei clienti, si progettano tutte le
decisioni aziendali che hanno influenza sui clienti tenendo conto di questi ultimi, e
infine ci si chiede continuamente quali potranno essere gli effetti delle decisioni
aziendali sul cliente.

I NOVE PRINCIPI CHE DERIVANO DAL CONCETTO DI MARKETING

Di seguito vengono riportati i nove principi che derivano dal concetto di marketing:

 Offrire problem solving al cliente.

 È la percezione che fa decidere il cliente.

 La concorrenza è quella “percepita”.

 Costruire valore per il cliente.

 La fedeltà si basa sulla fiducia.

 I clienti sono lo scopo aziendale primario.

 Il processo di marketing comporta una rivoluzione.

 Il marketing è una disciplina ad ampio spettro.

 I processi aziendali vanno orientati al mercato/al cliente.

IL PROCESSO DI MARKETING COMPORTA UNA RIVOLUZIONE


Per influenzare le preferenze e quindi il comportamento dei clienti, il processo di
marketing (insieme delle operazioni di marketing), va progettato e realizzato
secondo una sequenza che rivoluziona quella tradizionale:

• A chi intendiamo rivolgerci: al target di mercato.

• Che cosa intendiamo offrirgli: la promessa di base.

• Come intendiamo farlo: con il marketing mix.

La sequenza di progettazione del processo di marketing deve subire il


cambiamento descritto dalla seguente immagine:

Devono dunque cambiare le basi del marketing tradizionale, che tradizionalmente


prevedono di sfruttare in modo più razionale e sistematico le opportunità offerte
dallo sviluppo dei mercati, di allargare la quota di mercato (nella fase di sviluppo è
meno difficile), e infine di conquistare nuovi clienti.
Ma oggi la situazione è cambiata: i clienti hanno esigenze più evolute e difficili da
soddisfare, la concorrenza è sempre più accesa e internazionale, i cicli di vita dei
prodotti si accorciano, ed è sempre più difficile basare il proprio vantaggio
competitivo sulla tecnologia del prodotto.
L’aspetto più importante riguarda il fatto che i clienti sono diventati la risorsa più
scarsa per un’azienda poiché è costosa da acquisire (costa molto di più acquisire
che trattenere un cliente, di circa 5 – 10 volte tanto), e per questo motivo si
predilige un marketing relazionale.

ALCUNE DEFINIZIONI DI MARKETING RELAZIONALE


• Gummesson:
Il marketing relazionale è basato sull'interazione in network di relazioni.

• Berry:
Il marketing relazionale consiste nell’attrarre, nel mantenere e – in
organizzazioni di multi-servizi – nell'estendere le relazioni con i clienti.

• Grönroos:
Lo scopo del marketing è di identificare, stabilire, mantenere, accrescere e, se
è necessario, interrompere le relazioni con i clienti (e con le altre parti) in
modo da raggiungere gli obiettivi, economici e non, di tutte le parti coinvolte.
Ciò è attuabile attraverso lo scambio reciproco e l'adempimento delle
promesse.

• Morgan e Hunt:
Il marketing relazionale si riferisce a tutte le attività di marketing dirette a
stabilire, sviluppare e mantenere scambi relazionali di successo.

• Porter:
Il marketing relazionale è il processo per cui entrambe le parti – l’acquirente e
il fornitore – stabiliscono una relazione efficace, efficiente, piacevole,
entusiastica ed etica: una relazione che risulti gratificante sia sotto il profilo
personale e professionale, sia sotto quello della redditività.

Di seguito viene riportato uno schema che sintetizza l’universo delle relazioni:

IL MARKETING È UNA DISCIPLINA AD AMPIO SPETTRO


Limitarsi a fare qualche ricerca di mercato o avere un budget destinato alla
pubblicità non significa fare marketing, ma svolgere alcune attività che ne fanno
parte (neanche vendere significa fare marketing). L’attività di marketing implica
concepire, progettare e realizzare tutta l’offerta dell’azienda (prodotti/servizi,
prezzi, vendita e distribuzione, comunicazione) in funzione delle esigenze del
mercato che si intende servire per soddisfarle meglio dei concorrenti, raggiungendo
gli obiettivi aziendali.

I PROCESSI AZIENDALI VANNO ORIENTATI AL MERCATO/AL CLIENTE

L’approccio di marketing è realmente operante e dà i suoi frutti quando tutto il


processo aziendale (di tutte le funzioni) viene sistematicamente svolto nel rispetto e
nelle priorità delle esigenze dei clienti che l’azienda si è prefissata di soddisfare.
Non basta disporre in azienda di una struttura di marketing (anche brillante) e di
strumenti di marketing (anche sofisticati), ma è indispensabile anche una cultura di
orientamento al mercato/al cliente nelle funzioni “non-commerciali”: il marketing
deve essere filosofia interiorizzata da tutti i membri dell’organizzazione e ogni
azione deve essere finalizzata in modo diretto o indiretto al soddisfacimento dei
bisogni dello specifico mercato che si vuole servire. Un elemento che può facilitare
questa sintonia generale è il potere esercitato dal processo di marketing, che è più
facilmente ottenibile se è direttamente garantito e presidiato dal vertice aziendale.

IL PROCESSO DI MARKETING STRATEGICO E OPERATIVO

Nel corso del tempo, il processo di marketing si sposta gradualmente da una


connotazione strategica ad una connotazione
operativa. Questo passaggio si esplicita in
particolare con la messa in atto delle leve del
marketing mix.
Nel marketing strategico vengono definite le
esigenze e i bisogni del cliente, compiendo
un’analisi strategica dell’ambiente esterno in
merito alla coerenza interna ed esterna. Nel
marketing operativo invece viene modificato
il modello di produzione del bene o di
erogazione del servizio in funzione di quanto è
stato stabilito nel marketing strategico.
IL MARKETING DEI BENI INDUSTRIALI (B2B) E DEI BENI DI CONSUMO (B2C)

Un mercato B2B prevede un’interazione tra due entità organizzative, mentre un


mercato B2C prevede un’interazione tra un’entità organizzativa ed un consumatore
finale. Si ritiene che il valore degli scambi tra i clienti business e i loro fornitori in un
anno sia 3/4 volte quello degli scambi nel mercato dei consumatori.

Le caratteristiche principali dei mercati B2B sono la concentrazione e la continuità


(che portano ad uno scambio relazionale e allo sviluppo di interdipendenze), il
cambiamento continuo (che porta ad una dinamica evolutiva), e l’eterogeneità.
Oggi, nel marketing relazionale B2B, per ogni azienda è fondamentale capire la
situazione d’acquisto presente sul mercato di riferimento, individuare le variabili di
successo, sviluppare le capacità dell’azienda con l’intento di perseguire queste
variabili, segmentare i propri clienti su criteri di attrattività, impostare i programmi e
le azioni di marketing differenziate per le diverse tipologie di clienti, controllare i
risultati, e riflettere su questi temi in occasione del processo di pianificazione.

LE STRATEGIE DI MARKETING INDUSTRIALE


SEGMENTAZIONE, TARGETING E POSIZIONAMENTO

QUALIFICAZIONE DEL MERCATO

Per identificare un target bisogna prima di tutto connotare il mercato e procedere


con la segmentazione.

 Mercato potenziale: numero di clienti che si esprime con il tendere all’infinito


dell’investimento di marketing. Sono tutti i possibili acquirenti del
prodotto/servizio considerato, che possono diventare effettivi a fronte di
modifica dell’offerta e/o aumento dell’investimento di marketing (prodotto,
prezzo, comunicazione, distribuzione).

 Mercato disponibile: consumatori/acquirenti che hanno interesse, reddito e


possibilità di accesso all’offerta presente sul mercato.

 Mercato disponibile qualificato: consumatori del mercato disponibile che


hanno anche i requisiti richiesti dall’offerta (ad esempio l’età).

 Mercato servito: è la parte del mercato disponibile qualificato alla quale


l’impresa decide di rivolgersi. Sono tutti i consumatori (clienti e tutti i non-
clienti) per i quali l’impresa costituisce una soluzione possibile con la sua
offerta attuale o con modifiche minori (consumatori che si “prova a servire”).

 Mercato penetrato (o coperto): consumatori che, facenti parte del mercato


servito, effettivamente acquistano il prodotto (attuali clienti).
LA SEGMENTAZIONE

Con l’approccio del marketing indifferenziato, l’impresa si rivolge all’intero mercato


con un’unica strategia di ampia validità (l’offerta è rivolta a tutti i consumatori, come
ad esempio Coca Cola e Microsoft).
Con l’approccio della segmentazione l’impresa individua, all’interno dell’universo
dei consumatori, gruppi omogenei (dal punto di vista di certe caratteristiche) a cui
possa essere indirizzata un’offerta commerciale specifica in termini di marketing
mix. La segmentazione può essere quindi definita come il processo di marketing
attraverso il quale l’impresa suddivide un ampio mercato in vari sottogruppi con
profili di domanda tra loro distinti, ma al proprio interno sufficientemente
omogenei, rispetto ai quali sviluppa specifici programmi di marketing allo scopo di
meglio soddisfarne le esigenze. La strategia di segmentazione può assumere due
aspetti:

 Marketing concentrato, quando l’impresa si orienta su un segmento ben


definito con un’unica value proposition (ad esempio Ferrari).

 Marketing differenziato, quando l’impresa si orienta verso più segmenti


adattando a ciascuno di essi una particolare offerta commerciale
caratterizzata da marketing mix dipendente dalla scelta del come porsi
all’interno del sistema competitivo.

Si definisce mercato obiettivo (o target market) un ben determinato gruppo di


clienti per un prodotto o servizio su cui viene concentrata l’offerta.
Bisogna segmentare perché se lo spazio ambientale è eccessivamente esteso le
risorse dell’organizzazione saranno incapaci di dominarlo, e perché uno spazio
ambientale troppo ristretto non sarà sufficientemente ricco di risorse per consentire
all’organizzazione la sopravvivenza economica. Ciononostante, la segmentazione
richiede un importante impegno e comporta la responsabilità di soddisfare la
clientela e la necessità di gestire eventuali variazioni della domanda.
LE STRATEGIE DI TARGETING

Adottando un modello di marketing differenziato, è possibile seguire diverse


strategie di targeting:

 La product specialization prevede l’offerta di un’unica value proposition per


più segmenti.

 La market specialization prevede l’offerta di più value proposition per un


unico segmento.

 La selective specialization prevede l’offerta di più value proposition per più


segmenti.

LE CARATTERISTICHE DEI SEGMENTI

Le principali caratteristiche che deve avere un segmento sono le seguenti:

 La misurabilità, perché deve essere possibile misurarne la dimensione e il


potere di acquisto al fine di stabilire se sia opportuno farne oggetto di una
specifica strategia di mercato.

 L’accessibilità, perché deve essere possibile raggiungerlo in termini reali o


ragionevolmente potenziali. Bisogna prestare attenzione perché può non
essere possibile raggiungere i compratori a costi ragionevoli di distribuzione,
comunicazione, o personal selling.

 L’omogeneità e l’eterogeneità, perché deve essere omogeneo rispetto ad


almeno una delle basi di segmentazione scelte ed eterogeneo rispetto ad altri
segmenti analogamente valutati.

 L’importanza, perché deve essere sufficientemente profittevole o avere un


potenziale tale da giustificare l’azione di marketing mirata e il suo
investimento.

 La durata, perché deve essere sfruttabile per un certo periodo di tempo.


I METODI DI SEGMENTAZIONE

In generale, esistono due macro categorie di approcci al processo di segmentazione:

• Gli approcci statistico-matematici utilizzano tecniche ed algoritmi statistico-


matematici, come ad esempio l’analisi fattoriale, la cluster analysis, o la
conjoint analysis.

• Gli approcci euristici sono metodi empirici per la ricerca e la selezione delle
basi di segmentazione, come ad esempio l’approccio ad eliminazioni
successive di Porter.

L’APPROCCIO AD ELIMINAZIONI SUCCESSIVE DI PORTER

L’approccio ad eliminazione successive di Porter prevede lo svolgimento dei


seguenti step:

1. Individuazione delle basi di segmentazione all’interno delle loro categorie


(aspetti geografici, aspetti organizzativi, canali distributivi, caratteristiche
intrinseche dell’acquirente, caratteristiche personali dell’acquirente).

2. Esplorazione creativa sull’esistenza di nuove o diverse basi che possano


rappresentare nuovi segmenti.

3. Definizione delle modalità con cui si presentano le basi, ossia accoppiamento


delle basi a due a due impiegando lo strumento grafico della matrice.

4. Eliminazione delle contraddizioni o degli incroci non significativi.

5. Identificazione di ogni possibile varietà di prodotti creando adeguate


categorie in termini di funzione d’uso.

6. Costruzione della matrice prodotti-mercati (o segmenti-value proposition).

7. Valutazione del segmento: analisi del macro-ambiente esterno (STEEP


Analysis), analisi del micro-ambiente esterno (Cinque Forze di Porter), analisi
interna (Value Chain di Porter), analisi dei differenziali competitivi e delle
opportunità (SWOT Analysis).
IL POSIZIONAMENTO E LA SUA MODIFICA

Il posizionamento è il processo con cui l’azienda definisce la propria offerta in modo


che essa ottenga, nella percezione dei clienti, una specifica caratterizzazione rispetto
ai concorrenti. Ciò implica un continuo raffronto tra tre parti in gioco:

L’impresa può ricorrere ad una o più mappe delle percezioni (positioning map) per
rappresentare gli attributi con cui il prodotto/servizio è percepito significativo da
parte del cliente ai fini della decisione di acquisto (tali attributi sono esplicitati a
coppie). La scelta del posizionamento sul mercato è perciò il criterio guida per
sviluppare un programma di azioni di marketing (marketing mix) che convergano
tutte verso un obiettivo comune, cioè siano coerenti e quindi più efficaci:

Il posizionamento però non dura in eterno: per cause ambientali, di domanda o di


concorrenza, il posizionamento di un prodotto può subire un processo di
obsolescenza. Il riposizionamento è realmente necessario solo quando si è in
presenza di un cambiamento del consumatore o di una mossa concorrenziale
veramente strategica. Inoltre, poiché l’immagine di un prodotto è sempre radicata
nella mente del cliente, riposizionando il prodotto stesso è consigliabile mantenere
degli elementi di continuità con il passato che facilitino il processo di identificazione
del prodotto da parte del cliente.
LA POSITIONING MAP

Le due componenti per la costruzione della mappa di posizionamento sono i fattori


che il cliente considera per valutare un’offerta (aree di bisogni, che costituiscono gli
assi della mappa) e la percezione dei clienti sulla rispondenza dei diversi
prodotti/marche rispetto agli attributi (profilo di immagine, che costituisce la
collocazione dei prodotti/marche rispetto agli assi). Di seguito vengono riportati un
modello ed un esempio di positioning map:

Un posizionamento è efficace se è indirizzato ad un preciso segmento di clienti e se


per quest’ultimo è rilevante, circoscritto, semplice, chiaro, univoco, duraturo e
coerente nel tempo.

TARGET MARKET STRATEGY

La sequenza logica dei passi che portano all’accoppiamento del marketing mix con
il mercato obiettivo è la seguente: identificazione dei segmenti, scelta dei segmenti
più convenienti, individuazione e scelta dei criteri di posizionamento, messa a punto
della strategia più adatta ad affrontare il segmento (target market strategy) con il
conseguente marketing mix.
IL PROCESSO DI ACQUISTO

Il processo di acquisto avviene quando due soggetti business interagiscono tra loro
attraverso una transazione dovuta al manifestarsi di un bisogno da parte del cliente,
il quale dovrà essere soddisfatto dal prodotto/servizio realizzato dall’altro soggetto.
La transazione può avvenire solo se vi è accordo e consenso tra le parti contraenti,
ed è spesso preceduta da un processo di negoziazione per la ricerca delle condizioni
di reciproca convenienza, ossia di soddisfacimento reciproco di determinati bisogni.
Questo tipo di processo può essere più o meno lungo e complesso in relazione al
tipo e al valore dell’oggetto dello scambio.

I BISOGNI INDIVIDUALI

I bisogni individuali a livello macro, ossia legati al consumatore finale, vengono


rappresentati attraverso la piramide di Maslow:

L’interpretazione della piramide avviene con una priorità che va dal basso verso
l’alto: prima si soddisfano i bisogni fisiologici, poi quelli legati alla sicurezza, poi
quelli sociali, poi quelli connessi alla stima, e infine quelli di realizzazione personale.
I BISOGNI AZIENDALI

I bisogni aziendali a livello operativo vengono suddivisi in due diverse categorie,


quella dei bisogni generici e quella dei bisogni derivati:

 Secondo Kotler i bisogni generici rappresentano un’esigenza di fondo e


funzionale, mentre i bisogni derivati rappresentano le caratteristiche
dell’oggetto specifico che devono esprimere particolari funzionalità (ossia le
diverse modalità attraverso le quali si riesce a soddisfare un bisogno
generico).

 Secondo Abbott i bisogni generici percorrono strade indipendenti pur


influenzandosi a vicenda, mentre i bisogni derivati sono soggetti al ciclo di vita
provocato dal processo tecnologico. Il bisogno generico rimane sempre
uguale, mentre quello derivato varia a seconda del contesto e delle diverse
possibilità.

L’andamento del bisogno generico potrebbe essere rappresentato dalla curva di


inviluppo dei bisogni derivati.
Il marketing deve definire le strategie in
relazione ai bisogni generici piuttosto che a
quelli derivati, sempreché l’impresa abbia le
capacità per padroneggiare l’evoluzione della
tecnologia (ciclo di vita del prodotto).

IL CLIENTE

Tutti i clienti sono importanti indipendentemente dalle loro dimensioni, ma non tutti
i clienti sono importanti allo stesso modo. Infatti, alcuni clienti possono
rappresentare una parte considerevole del business del fornitore e garantire un utile
maggiore rispetto ad altri (legge di Pareto). Inoltre, esiste anche una differenza
legata al costo di servizio di un cliente: esistono clienti low cost to serve e clienti
high cost to serve. Per questi due motivi è fondamentale compiere un’analisi
incrociata su questi due aspetti, per poter classificare i clienti in base alla loro
importanza e in base alla loro complessità di gestione in termini di costo.
Altri fattori da tenere in considerazione consistono nel fatto che il cliente è costituito
da un sistema di persone (nel B2B vi è sempre almeno un professionista
dell’acquisto o della vendita) e nel fatto che può essere di diversa natura (cliente di
canale, cliente finale, cliente del cliente).
IL MODELLO DI KANO
Il modello di Kano è un modello basato su una metodologia in grado di rilevare la
soddisfazione in funzione delle singole componenti che la determinano. Questo
strumento è utile per comprendere i fattori più sensibili per la soddisfazione del
cliente:

 I requisiti di base (must be) sono i requisisti essenziali che un certo


prodotto/servizio deve assicurare al cliente. Essi sono ovvi e scontati per il
cliente e sono, per così dire, dovuti. In loro assenza si verifica una grave
insoddisfazione, mentre in loro presenza ci si limita ad evitare
l’insoddisfazione senza creare particolare soddisfazione.

 I requisiti prestazionali sono i requisiti attesi la cui qualità contribuisce a


definire il livello di qualità complessiva del prodotto/servizio per il cliente. Essi
sono ricercati dal cliente e, maggiore è la loro presenza, maggiore è la
soddisfazione (e viceversa).

 I requisiti di attrattività sono i requisiti insperati che potrebbero influenzare


maggiormente la soddisfazione del cliente, poiché spesso neppure se li
aspetta. La loro presenza produce un grado elevato di soddisfazione, mentre
la loro assenza non incide sul livello di soddisfazione.

Dopo aver identificato e classificato i bisogni, si procede con il processo di acquisto


individuando i fattori che influenzano il comportamento di acquisto, conoscendo e
risolvendo le difficoltà gestionali nel processo di acquisto, e infine stabilendo le
persone e i ruoli che intervengono nel processo di acquisto.

FATTORI CHE INFLUENZANO IL COMPORTAMENTO DI ACQUISTO


I fattori che influenzano il comportamento di acquisto sono molti:

 I fattori esterni sono il livello di domanda primaria, le prospettive


economiche, il cambiamento tecnologico, le regolamentazioni e normative, e
lo sviluppo della concorrenza. Occorre tenere sotto osservazione questi
fattori, perché non si può far molto per influenzarli.

 I fattori organizzativi sono gli obiettivi, le politiche, le procedure, le strutture,


e i sistemi. Occorre conoscere approfonditamente questi fattori.

 I fattori interpersonali sono l’autorità, lo status, l’empatia, e la persuasività.


È consentito conoscere poco questi fattori, senza approfondirli ulteriormente.

 I fattori individuali sono l’età, il reddito, l’educazione, la posizione di lavoro,


l’atteggiamento verso il rischio, la personalità, e la professionalità. È utile
conoscere il più possibile questi fattori (face to face).

LE FASI DEL PROCESSO DI ACQUISTO

Le fasi del processo di acquisto sono le seguenti:

1. Anticipazione o riconoscimento del bisogno/problema.

2. Individuazione delle caratteristiche del prodotto in grado di soddisfare il


bisogno o risolvere il problema.

3. Definizione/scelta del prodotto e delle caratteristiche.

4. Individuazione delle fonti alternative d'acquisto.

5. Valutazione alternative/scelta della fonte (fornitore).

6. Acquisto.

7. Valutazione dell'esperienza.

DIFFICOLTÀ GESTIONALI NEL PROCESSO DI ACQUISTO


Le difficoltà gestionali nel processo di acquisto sono principalmente legate
all’incertezza, al tipo di acquisto, e al tipo di problema che si presenta:

 Ci si può imbattere in incertezze di bisogno (legate alla difficoltà di


interpretazione di un reale bisogno), di mercato (legate alla differenza tra i
vari fornitori alternativi), e di esecuzione della transazione (legate alla
diversità tra acquirente e fornitore, ma anche alla mancanza di conoscenza
dell’altra parte con la quale viene eseguita la transazione).

 Si può avere a che fare con un riacquisto invariato, con un riacquisto


modificato, o con un nuovo acquisto.

 Si possono riscontrare problemi di routine, problemi di procedura, problemi


di performance, e problemi politici.

La difficoltà gestionale aumenta o diminuisce in base al seguente criterio:

Inoltre, nel processo di acquisto intervengono più persone e ruoli: l’iniziatore


avverte il bisogno, l’influenzatore orienta la scelta, il decisore decide l’acquisto, il
compratore effettua l’acquisto, e l’utilizzatore fruisce del prodotto/servizio. Perciò
l’azienda non deve soddisfare una singola persona ma un’intera unità decisionale.
IL FORNITORE
L’azienda fornitrice deve garantire l’efficienza di costo (spendere il meno possibile
per realizzare prodotti di qualità) una migliore proposta di valore, un miglior
posizionamento competitivo, e una più precisa focalizzazione (ossia deve definire il
proprio ruolo nel supportare le core competence attuali e future del cliente,
attraverso differenziali di costo e di attrattività). La soddisfazione del cliente viene
misurata attraverso diverse modalità di ascolto:

La matrice di segmentazione delle forniture di Kralijc stabilisce come valutare un


fornitore, classificando la fornitura in base alla sua importanza e alla sua reperibilità
(fornitori di prodotti leva, di prodotti strategici, di acquisti non critici, di prodotti colli
di bottiglia):

Il cliente, inoltre, può fare uso del vendor rating per valutare i diversi fornitori a sua
disposizione.
L’OGGETTO DELLA TRANSAZIONE
In una transazione ciò che viene transato è un prodotto o un servizio:

 Un prodotto è un oggetto risultante della trasformazione di attività con


eventuale impiego di materiali in un bene che può essere offerto sul mercato
al fine di soddisfare desideri o bisogni.

 Un servizio è un’attività o una serie di attività di natura più o meno intangibile


che di solito, ma non sempre, si manifesta con interazioni tra il cliente e il
personale erogatore e/o risorse fisiche o beni e/o sistemi dell’ente erogatore
allo scopo di dare soluzioni ai problemi del cliente.

IL LUOGO DELLA TRANSAZIONE


Le transazioni si realizzano su un mercato, ossia il punto di incontro tra domanda e
offerta (un luogo che può essere virtuale o fisico). La caratterizzazione del mercato
avviene con il modello delle sei «O»:

Fattore Descrizione
Offerta Ciò che interpreta i bisogni del mercato
Occupanti I soggetti che formano un mercato
Occasione Momento nel quale si attiva il processo di acquisto
Organizzazione La rete di attori che partecipa al processo di acquisto
Obiettivi Gli scopi per cui un acquisto viene fatto
Operazioni Le modalità con cui un acquisto è effettuato

ACQUISTO DI TRANSAZIONE E ACQUISTO DI RELAZIONE

Si ha a che fare con un marketing di transazione quando ogni volta si realizza una
transazione a sé stante, mentre si parla di marketing relazionale quando si cerca di
costruire una relazione durevole entro la quale si sviluppa un flusso di forniture:

 In un marketing di transazione si guarda al prezzo come variabile di maggior


importanza, si ha un orizzonte di breve periodo, si sviluppa una bassa
interdipendenza cliente/fornitore, si sostengono bassi switching cost, si
compiono poche azioni di investimento, si ha una ridotta esposizione
percepita al rischio, e si ha un focus sul prodotto o sulla vendita.

 In un marketing relazionale si guarda alla qualità e al servizio come variabili


più importanti, si ha un orizzonte di lungo periodo, si sviluppa un’alta
interdipendenza cliente/fornitore, si sostengono alti switching cost, si
compiono sostanziali azioni di investimento, si ha una più alta esposizione
percepita al rischio, e si ha un focus sulla tecnologia o sull’azienda nel suo
insieme.

MATRICE STRATEGIA E LEVERAGE


MATRICE STRATEGIA E INTERAZIONE

IL MARKETING MIX
Prefissati gli obiettivi e le strategie di marketing, l’impresa deve stabilire le azioni da
intraprendere: si affronta dunque un passaggio dal marketing strategico al
marketing operativo. La definizione e l’attuazione delle tattiche idonee a sviluppare
o conquistare i mercati (o i loro sottoinsiemi, ossia i segmenti) costituiscono la base
del marketing operativo. Al fine di ottenere un dato obiettivo commerciale, il
responsabile di marketing ha a disposizione alcuni strumenti di azione, ossia le leve
del marketing mix (McCarthy, 1996):

 Nell’ambito dei prodotti, le leve del marketing mix sono anche conosciute
come le 4P: il prodotto (product), la vendita/distribuzione (place), il prezzo
(price), la comunicazione/promozione (promotion).

 Applicato all’ambito dei servizi, il concetto di marketing mix viene espresso


dalle 7P: si aggiungono le persone, i processi, e l’evidenza fisica (physical
evidence).

LA DISTRIBUZIONE
La distribuzione è la struttura atta a mettere fisicamente a disposizione del cliente il
prodotto o il servizio di riferimento. In una transazione commerciale, oltre al flusso
fisico della merce, vengono scambiati almeno altri due flussi che, nel mercato B2B,
assumono un’importanza crescente: il flusso informativo (necessario a definire il
contenuto della transazione) e il flusso finanziario (relativo al pagamento, per il
quale entrano in gioco anche operatori terzi).
La distribuzione contempla quindi aspetti di logistica distributiva (flussi fisici) e di
architettura dei canali (flussi informativi e finanziari), la quale mostra una sinergia
con altre due leve: la comunicazione e il personal selling.
La distribuzione diventa l’insieme di sistemi che trasferiscono informazioni e
prodotti (flussi informativi e fisici) da un produttore a un cliente (e viceversa) al fine
di concludere una transazione commerciale (flussi finanziari).

IL FLUSSO INFORMATIVO

Il contenuto informativo di
una transazione, però, può
variare a seconda del
contesto. Tra i fattori che
guidano la complessità della
transazione commerciale di un bene, si rilevano il grado di personalizzazione dello
stesso ed il suo contenuto o la sua complessità tecnologica: tanto più questi due
aspetti sono elevati, tanto più il contenuto di informazione necessario per
raggiungere la transazione commerciale diventa elevato. Nella zona a prevalenza
fisica la logistica distributiva è l’essenza della distribuzione, mentre nella zona a
prevalenza informativa assume una
maggiore importanza l’architettura del
canale.
LA DEFINIZIONE DI UN CANALE
DISTRIBUTIVO

La definizione di un canale distributivo


avviene sulla base dei seguenti elementi:
costi (efficienza economica del canale ed
economia di scala, perché anche i costi di
distribuzione possono essere meglio spartiti
su maggiori volumi distribuiti), controllo del
produttore sui canali e sui clienti (attraverso
i prezzi), possibilità di adattamento nel tempo, livello di servizio (supporto tecnico,
disponibilità dei prodotti, copertura geografica/settoriale), strategie, e vincoli
(dettati dai clienti).
Dopo aver tenuto in considerazione questi fattori, per definire un canale distributivo
è necessario stabilire la tipologia del canale, la dimensione del canale, e
l’allocazione delle responsabilità lungo il canale.

LA TIPOLOGIA DEL CANALE DISTRIBUTIVO

In generale, esistono due grandi tipologie di canale distributivo: in un canale


diretto si instaura un contatto diretto fra il produttore e il cliente (ad esempio le
piccole imprese), mentre in un canale indiretto una serie di operatori indipendenti si
interpone tra il produttore e il cliente. Il canale indiretto può essere breve (ad un
solo livello/stadio, ossia quello del dettagliante) oppure lungo (a due livelli/stadi,
ossia quelli del grossista e del dettagliante). Per entrare in nuovo mercato, è
preferibile passare attraverso canali indiretti perché sono presenti figure
intermediarie che si sono già sviluppate per differenti motivi).
La complessità di un canale distributivo aumenta con la sua lunghezza, intesa come
presenza di operatori intermedi nel canale stesso. Questo aspetto aumenta la
marginalità presente nel canale, giovando ai diversi intermediari ma minando
all’influenza che il produttore a monte ha sul cliente finale a valle. Quando si è in
presenza di un canale di intermediari, la vendita lungo il percorso distributivo si
manifesta in due fasi distinte: sell-in (vendita agli intermediari) e sell-out (o move-
out, ossia vendita degli intermediari). Le due azioni di vendita sono collegate fra
loro e si prestano a diverse politiche di vendita (Push, Pull, Trade Marketing) per
influenzare il rapporto con i clienti finali.

Con il passare degli anni, Internet ha accorciato la lunghezza dei canali facilitando
una maggiore relazione diretta fra produttore e cliente. Nella logica omni channel
dei canali digitali tutti i canali sono coordinati e gestiti in maniera sinergica, mentre
nella logica multi channel dei canali tradizionali la distribuzione avviene mediante
diversi canali (ad esempio tramite negozio e tramite agente).
LA TIPOLOGIA DI INTERMEDIARIO

Gli intermediari possono essere distributori (acquistano e rivendono i prodotti


all’ingrosso o al dettaglio, e possono essere
monomandatari o plurimandatari), agenti
(operano per conto del produttore e
percepiscono una commissione, e se
tengono scorte è solo in conto deposito),
broker (facilitano lo scambio e la
transazione, e percepiscono la commissione sia dal produttore che dal cliente), OEM
e VAR (Original Equipment Manufacturer e Value Added Resellers, prima della
rivendita inglobano nel prodotto componenti di altri prodotti in modo riconoscibile,
giocando maggiormente sulla marginalità).

LA DIMENSIONE DEL CANALE DISTRIBUTIVO

Dopo aver scelto il tipo di canale da utilizzare, è necessario definire la numerosità


dei punti di contatto che tratterranno il prodotto (punti di vendita, venditori
dipendenti, agenti, OEM, VAR). In funzione di questa numerosità, si presentano tre
diverse tipologie di distribuzione:

 Distribuzione intensiva quando sono presenti molti punti di contatto, con


ampia copertura geografica e con ampio assortimento (più marche, anche per
favorire la personalizzazione). Un esempio è Walmart.

 Distribuzione esclusiva quando sono presenti pochi punti di contatto,


specializzati e monomarca (meno volumi e margini più elevati).

 Distribuzione selettiva quando è presente un numero medio di distributori


specializzati, con una logica bilanciata di volume e di margine. Un esempio è
Apple.

L’ALLOCAZIONE DELLE RESPONSABILITÀ LUNGO IL CANALE

Dopo aver definito la lunghezza del canale di distribuzione e dopo aver capito qual è
il segmento finale di riferimento, bisogna definire i compiti di ciascuno affinché il
cliente riceva il prodotto nei tempi richiesti. Dall’emissione dell’ordine alla
consegna della merce, ogni attore del canale distributivo ha una responsabilità sul
prodotto: bisogna evitare ritardi ed evitare anticipi, garantendo la puntualità.
Le principali responsabilità che riguardano la distribuzione sono la ricerca delle
informazioni sul mercato, la promozione delle vendite, la consulenza tecnica, il
contatto con i clienti, l’adattamento commerciale del prodotto (quantitativo o
qualitativo), la negoziazione delle condizioni commerciali, la distribuzione fisica, il
finanziamento e l’assunzione del rischio commerciale.

PUSH, PULL E TRADE MARKETING

A completare la creazione della propria strategia distributiva, l’impresa produttrice


deve decidere su quale anello della catena dirigere in prevalenza il proprio sforzo di
marketing:

 Con una strategia Push il distributore spinge l’intera catena, e il produttore


concentra gli sforzi sul distributore che a sua volta convincerà il cliente finale.
Questo tipo di approccio è più facile in un canale selettivo ed è tipico per
prodotti da installare o adattare (OEM). La strategia Push è adatta per
un’elevata segmentazione, un’elevata personalizzazione del bene, una ridotta
dimensione del mercato, e una ridotta possibilità di accesso ai clienti finali.

 Con una strategia Pull il cliente finale tira l’intera catena, e il produttore
concentra gli sforzi sul cliente finale che a sua volta chiederà la merce al
distributore. Questo tipo di approccio è più facile in un canale intensivo ed è
tipico per prodotti finiti. La strategia Pull è adatta per una ridotta
segmentazione, una ridotta personalizzazione del bene, un’elevata
dimensione del mercato, e un’elevata possibilità di accesso ai clienti finali.

Con il Trade Marketing (marketing commerciale) l’insieme delle attività di


marketing sono rivolte al trade, ossia agli intermediari commerciali (distributori,
grossisti, dettaglianti). Attraverso tali attività, le imprese incoraggiano gli
intermediari ad inserire i propri prodotti in assortimento e a promuoverne le vendite
presso i clienti finali.
Spesso nelle imprese è presente una funzione organizzativa specifica, responsabile
della gestione e del controllo di tali attività. Ad essa spetta il compito di decidere
quali leve promozionali attivare nei riguardi dei canali di distribuzione.
È riconducibile al trade marketing, in particolare, l’attività di negoziazione con il
distributore per l’inserimento in assortimento di nuovi prodotti e per il loro
posizionamento nel portafoglio prodotti del distributore.
IL PREZZO

Delle 4P che compongono il marketing mix, il prezzo è la variabile che influisce in


maniera più tangibile e immediata sul risultato economico. Come ogni elemento del
marketing mix, il prezzo è interdipendente con tutti gli altri elementi (prodotto o
servizio, distribuzione, comunicazione).
La decisione di prezzo è importante per la redditività del business, per il livello di
domanda e di vendita, per l’immagine di marca e posizionamento rispetto ai
concorrenti, e per la visibilità. Spesso il prezzo viene erroneamente deciso
tecnicamente da uffici produttivi/amministrativi e non di marketing, non utilizzando
metodologie di marketing o comunque non con la stessa attenzione che si rivolge
alle altre componenti dell’offerta aziendale. La tematica della politica del prezzo
(pricing) è sottovalutata in molte aziende ed è gestita in una visione di breve
periodo tattica/reattiva, essendo vista semplicemente come una rapida
remunerazione dei costi. L’attività di pricing dovrebbe invece essere accompagnata
da una serie di ragionamenti di marketing, come ad esempio l’abbassamento o
innalzamento dei prezzi per prodotti stagionali (esempio settore moda).

LE CARATTERISTICHE DI PREZZO CHE INFLUENZANO IL PROCESSO DI ACQUISTO

Alcune caratteristiche di prezzo che possono influenzare il processo di acquisto dei


beni industriali sono le seguenti:

 La negoziazione, ossia il processo per il quale il prezzo pagato non coincide


spesso con quello richiesto in offerta o con quello di listino. Un’alternativa alla
negoziazione possono essere le gare (appalti, ecc.).

 Le caratteristiche accessorie del prezzo, ossia quelle voci non strettamente


connesse al prezzo del bene in sé che aumentano comunque il valore del
prodotto e costituiscono un costo per l’acquirente (trasporto, installazione,
durata della garanzia, formazione del personale, ecc.).

 Il rapporto costi/prezzi, perché spesso il buyer è in grado di valutare il costo


di produzione del fornitore, che è quindi chiamato a spiegare la sua logica di
pricing o di richiesta di variazioni.

 I tassi di cambio, perché in contesti di import/export essi possono essere


elemento di sopravvivenza attiva o di pericolosa trappola.
I FATTORI CHE INFLUENZANO LA DETERMINAZIONE DEI PREZZI

I principali fattori che influenzano la determinazione dei prezzi sono i seguenti:

 La congiuntura e lo stato generale dell’economia, perché in periodi di


recessione economica è possibile assistere ad una diminuzione della crescita
dei prezzi (inflazione diminuita) o ad una diminuzione dei prezzi (deflazione).
L’anelasticità del prodotto offerto è un vantaggio competitivo enorme, perché
consente di ottenere gli stessi volumi di vendita aumentando il prezzo (è il
caso di Apple con la gamma dei prodotti Pro).

 Il ciclo di vita del prodotto, perché con il passare del tempo il prezzo varia
inesorabilmente (spesso diminuendo).

 La struttura dei costi, perché all’aumentare dei costi possono diminuire i


profitti. Per ovviare a questo problema è possibile aumentare i volumi di
vendita o aumentare i prezzi (in particolari circostanze si può anche trasferire i
costi ai clienti o agli intermediari).

 Le leggi e norme, perché in alcuni casi si può essere in presenza di prezzi


regolamentati da limiti inferiori o superiori. Inoltre, certe leggi possono
modificare la struttura dei costi (ad esempio le leggi per l’impatto ambientale
possono comportare un aumento dei costi).

 Il comportamento del sistema competitivo, perché un’elevata concorrenza


può provocare una pressione sui prezzi facendo diminuire i gradi di libertà
nella fissazione di questi ultimi.

Dati questi driver del prezzo, i passi logici per la sua determinazione sono i seguenti:

LA POLITICA DI PREZZO

La politica di prezzo (pricing) è l’insieme delle decisioni sui principi e sui criteri che,
in un’impresa, devono guidare la fase di determinazione dei prezzi delle linee di
prodotto e dei servizi; individua quindi le linee guida su cui innestare le successive
decisioni operative. Essa definisce il livello generale dei prezzi (strategia a lungo
termine dei prezzi), la variabilità dei prezzi, e il collegamento dei prezzi al ciclo di
vita. Oltre che ai volumi e ai profitti, il pricing ha come obiettivi anche
l’orientamento all’ambiente esterno (brand image e barriere all’ingresso) e alla
sopravvivenza (generare cash flow e aumentare il capitale circolante, dato dalla
differenza tra le attività correnti e le passività correnti).
Inoltre, il cliente paga in base al valore percepito da lui stesso e non in base al
valore oggettivo stabilito dall’impresa di riferimento. Questo significa che bisogna
lavorare sulla strategia di comunicazione, dare al cliente ciò che per lui è
importante, e valorizzare ciò che il cliente non riesce ad apprezzare
sufficientemente. La curva della domanda esprime la relazione fra il valore (prezzo
praticabile) e il volume della richiesta: all’aumentare della quantità richiesta, i prezzi
diminuiscono.

CRITERI E METODI DI DETERMINAZIONE DEL PREZZO

In generale, i criteri e i metodi di determinazione del prezzo si riconducono a tre


famiglie principali:

 I criteri orientati ai costi partono dal costo per arrivare al prezzo aggiungendo
dei ricarichi. Questi criteri sono i più utilizzati, e si fondano su concetti di costo
riferiti alla contabilità industriale e interna (punto di pareggio, curva di
apprendimento, ecc.). La struttura dei costi è formata dal costo pieno
industriale (prime cost o direct cost MP e LD + OH) e dai costi di periodo, a
dare il costo pieno aziendale.
I tre principali metodi di determinazione del prezzo orientati ai costi sono
quello del ROI, quello del markup, e quello del break-even: il primo si basa
sull’aggiunta al costo di una quota percentuale del capitale investito, il
secondo consiste nell’aggiunta al costo di una quota percentuale del costo
stesso, e infine il terzo prevede di stabilire il prezzo in base al punto di
pareggio (considerando eventualmente un certo livello di redditività obiettivo
o di utile operativo desiderato).

C F %ROI∗CI
P ROI =CV + +
Q Q

(
P MARKUP= CV +
CF
Q )
∗( 1+%MARKUP )

C F +UTILE DESIDERATO
PBE =CV +
Q BE

Tra i vantaggi di questi criteri si ritrovano la facilità e la rapidità di


applicazione, mentre il principale svantaggio consiste nell’estrema
concentrazione sull’ambiente aziendale interno (trascurando i competitor e i
clienti sul mercato).

 I criteri orientati al sistema competitivo consistono in una determinazione


del prezzo che ha come punto di partenza il prezzo del concorrente,
prendendo però in considerazione anche la sua reazione e il suo
comportamento (legato a strategie, struttura dei costi, situazione
economico/finanziaria). In genere, ogni prodotto ha una fascia di prezzo di
mercato limitata imposta dalla concorrenza, ma se il prodotto di riferimento è
distintivo, si può ottenere un prezzo premium.
I principali metodi di determinazione del prezzo orientati al sistema
competitivo sono quello del prezzo follower (ci si limita a seguire i movimenti
del market leader), quello del prezzo parallelo con i concorrenti (tacito
accordo di non belligeranza), quello del prezzo opportunistico
(mantenimento dei prezzi quando i concorrenti li aumentano in condizioni di
domanda debole, o viceversa in condizioni di forte domanda), quello del
prezzo predatore (abbassamento dei prezzi per competere), e quello del
prezzo contingente (adattamento del prezzo dei concorrenti in base a quanto
è disposto a pagare il cliente).
Il principale vantaggio di questi criteri consiste nella comprensione del
mercato e nell’ottenimento del posizionamento voluto, mentre i principali
svantaggi riguardano la necessità di un’approfondita analisi di mercato e il
rischio di seguire un concorrente con una politica di prezzo errata.

 I criteri orientati al mercato prevedono una determinazione del prezzo in


base a quanto il cliente è disposto a pagare, ragionando dunque a ritroso per
ottenere il costo di produzione massimo accettabile. Per poter aumentare il
limite che il cliente è disposto a pagare è necessario influenzare la sua
percezione del valore offerto.
I principali metodi di determinazione del prezzo orientati al mercato sono
quello del prezzo tradizionale (prezzo tondo), quello del prezzo psicologico
(ad esempio 99,99 €), quello del prezzo promozionale, quello del prezzo ad
hoc (prezzo speciale per ogni cliente), e quello del rapporto prezzo/qualità.
Esistono anche dei criteri innovativi che si basano sulla determinazione del
prezzo in base al livello di servizio offerto al cliente o al segmento (Yield
Management o Revenue Management).
Il principale vantaggio di questi criteri consiste nella comprensione del
mercato, mentre il principale svantaggio riguarda la necessità di
un’approfondita analisi di mercato e il rischio di perdita della visione
strategica.
La determinazione del prezzo può avvenire anche attraverso una combinazione di
questi tre criteri, quando non ci si vuole concentrare su uno solo dei tre elementi.
In generale, il pricing prevede un’evoluzione durante il ciclo di vita del prodotto:

I LIVELLI DEL PRICING IN RELAZIONE AI CANALI

In ogni passaggio del canale distributivo ci sono ricarichi di prezzo, che vanno
individuati per la propria azienda e per la concorrenza. Canali diversi possono avere
prezzi diversi, e il consumatore finale può trovare il prodotto a prezzi diversi.
Più forte è il posizionamento di un prodotto da parte del fornitore, maggiore è la sua
capacità di condizionare i canali di vendita e di imporre il proprio prezzo al
consumatore finale.

IL POCKET PRICE

Il pocket price è il prezzo che il cliente paga realmente al fornitore, al netto di tutti
gli sconti (e voci simili). Esistono varie tipologie di sconti (concordati o nascosti) che
devono essere tenuti in considerazione quando si fa una pricing policy perché
riflettono pesantemente sui conti aziendali e sono comunque spesso richiesti dal
mercato (tattiche di prezzo).
Tutti questi sconti devono essere considerati e monitorati continuamente, perché il
prezzo netto diviene il vero prezzo di riferimento su cui calcolare realmente il
margine ottenuto. È necessario quindi calcolare il pocket price per ogni key client o
per ogni segmento, e tentare di individuare le voci ove è possibile recuperare dei
margini se necessario.

ELEMENTI SOGGETTI AL PREZZO, GUERRA DEI PREZZI, LISTINO DEI PREZZI

Alcuni elementi del prodotto/servizio soggetti al prezzo sono la forma di


pagamento, il tempo e modo di consegna, la garanzia e la sua durata, l’installazione
manuale, l’addestramento, e così via.
La guerra dei prezzi è da evitare il più possibile, a meno che l’azienda non sia
assoluta leader di costo e di tecnologia e abbia vantaggi competitivi duraturi.
Strategicamente può servire “affondare” un competitor in difficoltà, ma si crea una
situazione psicologica di aspettative del cliente di un prezzo più basso anche nel
lungo periodo.
In molti mercati si tratta il prezzo in termini di listini, mentre in altri mercati si tratta
solo in termini di prezzi netti. Il listino esiste perché su di esso vengono regolate
tutte le politiche di sconto, ma esso perde di significato quando ci si avvicina al
mercato delle materie prime o dei prodotti di subfornitura.

TATTICHE DI PREZZO

Le tattiche di prezzo sono le prassi operative che riguardano la gestione del pricing:
prezzi di listino e prezzi netti, sconti quantità (logica riferita alle economie di scala),
sconti commerciali (contropartita del servizio reso dagli intermediari), sconti
finanziari (sconti per i pagamenti effettuati in anticipo rispetto agli accordi), sconti
stagionali (sconti in base alla disponibilità legata alla stagionalità), prezzi
consuetudinari/garantiti (riferiti ad acquisti ricorrenti, in modo tale che il cliente
abbia la certezza del costo per un arco prolungato di tempo).

LA MANOVRA DI PREZZO

Il prezzo non è un dato statico, ma deve essere adattato nel corso del tempo in base
al contesto (manovra di prezzo). Questa necessità di adattamento del prezzo deriva
da diversi possibili fattori, come ad esempio le modifiche nella struttura dei costi di
produzione, la volontà di ampliare la base di clienti, la volontà di adeguarsi al
market leader e infine la volontà di adattarsi ad una domanda cedente.
Riassumendo quanto detto nei paragrafi precedenti, la strategia aziendale e i costi
determinano gli obiettivi e la politica di prezzo, il posizionamento e il sistema
competitivo determinano i criteri e i metodi per la determinazione del prezzo, la
congiuntura e le leggi determinano le tattiche di prezzo, e infine il ciclo di vita e le
altre leve del marketing mix determinano la manovra sul prezzo.

LA COMUNICAZIONE

La comunicazione d’impresa è l’insieme delle attività svolte dall’azienda per creare


e mantenere nel tempo un’approfondita conoscenza diretta ed un alto grado di
riconoscibilità presso i pubblici di riferimento, sia interni che esterni.
Si parla di comunicazione B2B quando il pubblico di riferimento è costituito da
operatori economici, mentre si fa riferimento alla comunicazione B2C quando
l’utilizzatore finale del bene industriale è un privato. In generale, la comunicazione è
finalizzata a fidelizzare il soggetto a cui è rivolta.

GLI SCOPI DELLA COMUNICAZIONE B2B

I principali scopi di una comunicazione B2B sono i seguenti:

 Creare un clima favorevole al personal selling, ossia alla relazione personale


che si instaura tra i due soggetti delle due entità business coinvolte.

 Raggiungere influenzatori del processo di acquisto non altrimenti


raggiungibili dall’addetto alla vendita. La comunicazione deve definire le
responsabilità lungo il canale di comunicazione stesso, perché altrimenti è
possibile che l’agente di vendita non sia in grado di comunicare efficacemente
la proposta di valore al cliente finale (la comunicazione gestisce il flusso
informativo e finanziario lungo il canale di distribuzione). Le ragioni di un
rifiuto di contatto possono essere la percezione di un basso rapporto tempo
speso/benefici, la disparità del livello manageriale, l’argomento considerato
delegabile o non pertinente, e la volontà di non creare senso di impegno.

 Raggiungere influenzatori non noti.

 Raggiungere intermediari di canale.

 Stimolare la domanda derivata, concentrandosi sul cliente finale piuttosto


che sul cliente business (quando non è possibile influenzare direttamente la
domanda dell’utente business).

 Creare un’immagine favorevole alla società in relazione a temi attualmente


importanti (un tipico esempio è il marketing verde).
IL MODELLO AIDA

Il modello AIDA nasce nell’era dei media broadcast (soprattutto pubblicità


televisiva), dove le aziende attirano l’attenzione e l’interesse dei clienti, sostengono
la creazione di desideri, e trasformano il desiderio in azione. Il termine AIDA è infatti
l’acronimo dei seguenti step:
1. Attenzione: il primo passo consiste nell’attirare l’attenzione dei potenziali
clienti, perché un prodotto non può essere venduto se il mercato non è a
conoscenza della sua esistenza.

2. Interesse: l’attenzione non è sufficiente, le aziende devono suscitare


l’interesse dei clienti per il prodotto dimostrandone le caratteristiche, gli usi e
i vantaggi.

3. Desiderio: le aziende devono stimolare ulteriormente il desiderio dei clienti


convincendoli con la superiorità dei prodotti e la capacità di soddisfare
esigenze specifiche.

4. Azione: dopo aver convinto i potenziali clienti ad acquistare il prodotto, la


promozione deve poi spingerli verso l’effettivo acquisto.

LE FASI DEL PROCESSO DI COMUNICAZIONE B2B

Le diverse fasi che compongono il processo di comunicazione B2B sono le seguenti:

1. Identificazione del target (a chi comunicare), attività che è resa possibile


grazie alla precedente segmentazione. Il target può essere un cliente
potenziale (prospect), un cliente attuale, un decisore o influenzatore, e così
via. Inoltre, il target influenza l’oggetto, le modalità, il luogo e il momento
della comunicazione: la comunicazione messa in atto sarà differente in ogni
diverso periodo del ciclo di vita del prodotto di riferimento.

2. Determinazione degli obiettivi di comunicazione (che cosa comunicare);


bisogna creare consapevolezza circa l’azienda e i prodotti offerti (awareness),
costruire un’immagine positiva e differenziata associata alla marca e al
prodotto, identificare i potenziali clienti attraverso l’uso delle tecnologie,
sviluppare la relazione all’interno del canale distributivo a vantaggio dei
diversi attori del canale (approccio cooperativo), e mantenere i clienti
(fidelizzazione).
Anche i macro-obiettivi di comunicazione cambiano nel tempo, seguendo il
ciclo di vita del prodotto; solitamente si cerca innanzitutto di informare (nella
fase di introduzione), poi di persuadere (nella fase di crescita), e infine di
ricordare (nella fase di maturità). L’intensità e gli sforzi di comunicazione
tendono a crescere fino al periodo di maturità, per poi diminuire durante il
periodo di declino.
3. Elaborazione del messaggio (che cosa comunicare) chiarendo il contenuto, le
modalità in cui esprimerlo logicamente (struttura), le modalità in cui
confermarlo a livello simbolico (formato), e i soggetti designati per trasferire
questo messaggio all’esterno (fonte). L’obiettivo è quello descritto dal
modello AIDA: attirare l’attenzione, mantenere l’interesse, sollecitare il
desiderio, indurre all’azione. Al giorno d’oggi è molto importante attirare
l’attenzione, perché il consumatore è quotidianamente esposto a un’elevata
quantità di messaggi ma solo una piccola percentuale di essi attira
effettivamente l’attenzione.

4. Selezione del canale fisico o virtuale (come comunicare): store, phone, web,
mobile, catalogue, press (giornali), e così via. È un’attività che deve essere
coerente con la strategia di distribuzione precedentemente definita.

5. Definizione del budget totale di comunicazione (come comunicare): bisogna


capire come i costi di comunicazione riescono a generare ricavi, perché in
generale lo sforzo di marketing è molto maggiore rispetto alla quota di
mercato che consente di raggiungere. Vi sono alcuni elementi che influenzano
la decisione del budget di comunicazione: fase del ciclo di vita, quota di
mercato e dimensione complessiva del mercato stesso, concorrenza,
sostituibilità del prodotto.

6. Definizione del mix di tecniche di comunicazione (come comunicare). Tra le


tecniche più diffuse vi sono le seguenti:

a. Direct marketing --> è un insieme di forme di comunicazione


personalizzate (direct mail, cataloghi, vendita telefonica, e-mail, e-
commerce).

b. Advertising (pubblicità) --> è una forma di comunicazione non


personale a pagamento (tariffe spazio o tempo), priva di
personalizzazione e trasmessa mediante un mass media ad un pubblico
più o meno vasto.
c. Personal selling --> è una forma di comunicazione bidirezionale tra
emittente e destinatario, mirata a influenzare le decisioni di acquisto di
un soggetto o di un gruppo di soggetti.

d. Public relation (relazioni pubbliche) --> è una forma di comunicazione


che mira a influenzare gli atteggiamenti, le sensazioni, le opinioni di
clienti, azionisti, fornitori, dipendenti, altri stakeholder nei confronti
dell’impresa e dei suoi prodotti. Questa tecnica è affidata ad uffici
relazioni esterne, uffici stampa, e corporate communication. I principali
strumenti sono eventi, sponsorizzazioni, attività di lobbying, investor
relations, relazioni con i media, articoli redazionali.

e. Sales promotion (promozione delle vendite) --> è una forma di


comunicazione che consiste nell’offerta di un incentivo all’acquisto, per
un tempo limitato, utilizzata congiuntamente alla pubblicità e al
personal selling e indirizzata sia agli intermediari commerciali sia ai
consumatori finali. Questa tecnica viene utilizzata per incentivare
politiche di up selling sui clienti (scorte) e per attrarre nuovi clienti
(offerte prova).

I leader di mercato sono più efficaci nell’advertising, mentre i nuovi entranti sono
più efficaci nella sales promotion.

7. Misura dei risultati ottenuti, perché lo strumento principale per valutare


l’efficienza pubblicitaria è rappresentato dalle ricerche pre e post
programmazione. La misurazione dell’efficacia, intesa come impatto sulle
vendite, è resa complessa dalla concomitanza di altri variabili del marketing
mix e dal fatto che in genere la pubblicità tende a produrre effetti sui volumi
nel medio-lungo termine.
Le ricerche pre-programmazione vengono condotte per scegliere la soluzione
migliore per il target di riferimento, e per valutare il potenziale impatto della
strategia di comunicazione prima di attuarla.
Le ricerche post-programmazione vengono condotte per rilevare potenziali
problemi qualitativi relativi al prodotto, misurare gli indicatori chiave di
prestazione dell'iniziativa, e monitorare l'impatto dell'iniziativa.

Riassumendo, i fattori che influenzano le fasi del processo di comunicazione B2B


sono il tipo di cliente, il ciclo di vita del prodotto, la consapevolezza del cliente e la
capacità di percezione, il posizionamento sul mercato, e i concorrenti.

NUOVI APPROCCI

Esistono nuovi approcci di marketing che sono correlati all’utilizzo su larga scala di
internet: il web marketing, il marketing virale, il marketing tribale (strategia che
punta a rafforzare la posizione di un brand agendo su legami spontanei che si creano
tra individui con interessi simili, ossia le cosiddette tribù), il marketing esperienziale
(si ricerca il coinvolgimento emotivo del cliente ponendo al centro dell’attenzione
non il prodotto in sé, ma il piacere e la sensazione di consumo) e infine il marketing
basato su blog, forum e social network.

MARKETING NELL’INNOVAZIONE
L’impresa, oltre a necessitare di una strategia che si esplicita nell’analisi
dell’ambiente esterno e dell’interazione di quest’ultimo con i punti di forza
dell’azienda, deve anche disporre di un piano operativo che possa implementare
tale strategia. Questo piano operativo viene definito con il marketing mix, con la
segmentazione e il targeting, e con la distribuzione.
Al pari della strategia e dell’operatività del marketing, l’impresa non deve trascurare
gli aspetti innovativi legati ai processi produttivi, organizzativi, ai prodotti e ai
servizi. L’azione del marketing è sia nella strategia che nell’innovazione.

IL CICLO DI VITA DI UN PRODOTTO/SERVIZIO

Nel ciclo di vita di un prodotto o di un servizio si distinguono quattro diversi stadi: lo


stadio di introduzione, quello di crescita, quello di maturità e saturazione, e infine
quello di declino.

 La fase di introduzione è caratterizzata da alti costi di comunicazione ed alti


rischi relativamente al volume venduto. Il prezzo del prodotto o del servizio
può essere alto se si vuole ammortizzare rapidamente l’investimento, mentre
può essere basso se si ha l’intenzione di scoraggiare i potenziali concorrenti.
La velocità di diffusione dell’offerta dipende dalla complessità del prodotto,
dal livello di novità, dalla rispondenza ai bisogni, dalla presenza di prodotti
fungibili, dall’entità dello sforzo di marketing, dal posizionamento del
prodotto, e infine dalla forza del brand.
In generale, lo stadio di introduzione prevede un’azione di marketing volta a
far provare e a convincere.

 Nello stadio di crescita, i prodotti che hanno maggiore successo manifestano


una più rapida crescita fino al momento in cui il mercato inizia a saturarsi. In
questa fase aumentano i canali di distribuzione, aumenta il numero dei
concorrenti e alcuni di essi iniziano a praticare prezzi più bassi avvalendosi
della tecnologia o accontentandosi di profitti inferiori pur di intensificare le
vendite.
In generale, lo stadio di crescita prevede un’azione di marketing volta a
convincere e a far preferire la propria marca.

 Il periodo di maturità e saturazione dura fino a che non compaiono prodotti


sostitutivi o mutamenti radicali nei bisogni dei consumatori o mutamenti
tecnologici che rendono obsoleto il prodotto. Si tratta della fase all’interno
della quale i prodotti sono considerati come cash cow e si inizia ad investire su
nuovi prodotti in previsione di una successiva fase di declino: il tipping point è
il punto in corrispondenza del quale le vendite del nuovo prodotto su cui si sta
investendo superano quelle del vecchio cash cow, ed è pertanto il momento
in cui inizia il vero e proprio declino di tale prodotto.
In generale, lo stadio di maturità e saturazione prevede un’azione di
marketing volta ad aumentare la fedeltà del cliente.

 Durante il declino si assiste ad un calo delle vendite a diversa velocità, ad una


depressione dei prezzi e dei profitti, a frequenti adeguamenti dei prezzi e
all’uscita dei concorrenti.
In generale, lo stadio di declino prevede un’azione di marketing volta a
raccogliere al meglio delle possibilità (rivitalizzazione o scoperta di nuovi
impieghi).
Per consentire la rivitalizzazione del prodotto è possibile aumentarne il valore
per il cliente attraverso un’aggiunta di ulteriori servizi, arricchire le sue
funzionalità, o infine modificarne il design.
In alternativa, è possibile esplorare e scoprire possibili nuovi impieghi per il
prodotto di riferimento.

N.B.: quello della discontinuità tecnologica è un fenomeno per il quale si assiste ad


una sostituzione improvvisa di una determinata tecnologia.
MODELLI DI DIFFUSIONE DELL’INNOVAZIONE

I modelli di diffusione
dell’innovazione hanno lo
scopo di rappresentare
l’andamento delle vendite (e
quindi dell’adozione
dell’innovazione) nel tempo in
funzione di un certo numero di
parametri valutabili sulla base di esperienze passate e market test, o sulla base
dell’andamento delle vendite in un periodo poco lontano dal lancio sul mercato. In
generale, esistono diversi modelli di diffusione dell’innovazione:

 La curva ad S.

 La curva a campana (rappresenta l’adozione dell’innovazione, le percentuali


indicano la numerosità dei soggetti presenti in ogni campo).

 Le traiettorie lineari (disruptive innovation).


Nel grafico che segue i prodotti A sono prodotti mainstream, mentre i prodotti
C sono i prodotti caratterizzati da una disruptive innovation. Questi ultimi
hanno un’innovazione più dirompente e rapida che consente di competere
con i prodotti mainstream e, successivamente, di prevalere sul mercato
rispetto ad essi.

 La shark fin.
Dal grafico che segue si evince che i prodotti caratterizzati da un’innovazione
digitale e disruptive (arancione) hanno un aumento delle vendite più rapido
rispetto agli altri (grigio), raggiungendo prima una fase di big bang e poi una
fase di big crunch.
BUSINESS PLAN E MARKETING PLAN

Nella sua concezione più semplice, la pianificazione consiste nel decidere oggi, sulla
base dei dati passati e delle ipotesi generali sul futuro, che cosa fare in futuro
definendo i tempi, i modi e le responsabilità per l’attuazione dei programmi.
In sostanza, la pianificazione è un bilanciamento tra mezzi disponibili e obiettivi da
raggiungere. L’arco temporale coperto dalla pianificazione, in ambito aziendale,
varia in funzione dell’azienda e del settore di riferimento: alcune aziende possono
avere un plan di pochi anni mentre altre possono avere plan di un lustro o più.
Alcune buone ragioni per pianificare sono le seguenti:

 Le risorse disponibili non sono infinite (scarse), ed è quindi meglio chiedersi


per tempo come utilizzarle.

 Il futuro è condizionato dalle decisioni di oggi (inerzia del sistema), pertanto è


utile tentare di capire in anticipo le conseguenze di queste ultime.

 Necessità di dirigere in maniera sistematica (organica ed anticipata), perché il


mercato e l’ambiente esterno cambiano ed è più competitivo chi ritarda
meno.

 Avere dei punti di riferimento (rotta), tanto più a fronte di un futuro incerto.
La flessibilità, che è indispensabile, non deve impedire di avere dei traguardi
nel medio/lungo termine.
Il numero di plan presenti in un’azienda varia in base alle dimensioni e alla cultura
aziendale. Nelle aziende più organizzate esiste un business plan in base al quale si
definiscono gli altri piani, compreso il marketing plan (a volte ci sono anche piani di
comunicazione): in queste aziende ci possono essere anche dei piani di marketing
specifici su alcune iniziative, in altre può esserci un piano finanziario con annesso
piano di marketing, in altre ancora può non esistere un piano di marketing.
Nelle aziende in via di sviluppo e di crescente complessità, i piani sono uno
strumento manageriale fondamentale. Nelle società quotate in borsa o con forti
rapporti con operatori finanziari, i piani sono obbligatori e sono alla base del
rapporto con gli investitori.

IL BUSINESS PLAN

Il business plan (piano strategico) è un documento in cui viene descritto un progetto


imprenditoriale definendone obiettivi, strategie, criteri di finanziamento, di vendita,
di produzione, di marketing e previsioni. Il business plan serve sia come guida
strategica all'interno dell'impresa sia come documento da presentare per la richiesta
di finanziamenti, riportando i principali risultati delle analisi e delle valutazioni
condotte.
Si tratta di un insieme di metodologie tradizionali sviluppate nell’ambito di diverse
discipline (strategia, marketing, accounting, ecc.) ricondotte all’interno di un unico
nuovo schema complessivo. Questo documento si utilizza nelle startup, in fase di
avvio, e nelle imprese già esistenti, di fronte a decisioni strategiche che richiedono
un’analisi a tutto tondo.
I principali obiettivi di un business plan sono la pianificazione (rilevanza dei
contenuti), il controllo (rilevanza della verifica delle performance) e la
comunicazione (rilevanza della forma).
I contenuti di un business plan sono la cover e l’executive summary, la descrizione
generale dell’impresa, la descrizione generale del prodotto/servizio, il piano
strategico (vision & mission, obiettivi e vincoli, SWOT analysis), il piano di
marketing, il piano operativo (mappatura dei processi), il piano delle risorse umane
ed organizzative (definizione di struttura organizzativa, posizioni, ruoli chiave,
formazione necessaria), le proiezioni economico-finanziarie, il piano finanziario e
infine il piano di startup.
IL MARKETING PLAN

Il marketing plan è un documento in cui vengono descritte le attività di marketing


necessarie per raggiungere gli obiettivi di marketing dell’azienda. I piani di marketing
sono importanti per consentire a un’azienda di definire i propri obiettivi.
Questo tipo di documento può assumere diverse sfumature: esiste il marketing plan
aziendale, quello della divisione, quello del brand, quello per il lancio di nuovi
prodotti, quello relativo a iniziative specifiche, e così via. L’approccio adottato può
essere top-down (analisi del mercato, previsione del fatturato, definizione della
strategia di marketing) oppure bottom-up (definizione della strategia di marketing,
previsione del fatturato, analisi del mercato).
Il formato può variare in funzione del pubblico di destinazione e degli obiettivi del
piano, anche se in alcune aziende può esserci un modello standard. Tuttavia, in
qualsiasi marketing plan devono esserci riferimenti alla definizione e agli obiettivi di
mercato, alle tendenze attuali e future del mercato, ai clienti e ai segmenti, ai
concorrenti, al posizionamento, al target, alla strategia proposta, alle 4P, alle azioni
specifiche da compiere, alle tempistiche, agli investimenti e ai risultati attesi.
Le condizioni per un efficace funzionamento della pianificazione del marketing sono
l’impegno diretto e visibile del top management, la diffusione del coinvolgimento, la
continuità, l’apprendimento dai piani precedenti, le informazioni credibili, gli addetti
con adeguata preparazione professionale e con capacità di interazione, e infine il
minimo rischio di un approccio scolastico.

IL POSSIBILE INDICE DEL MARKETING PLAN AZIENDALE

Il piano di marketing è un documento che può essere scritto in Word o Power Point
(dipende dalle aziende) e che può contenere da 20 a 40 pagine, più eventuali
appendici (esistono anche piani di 100 pagine).
Il piano marketing aziendale si riferisce solitamente ad un periodo di tre anni (segue
il business plan aziendale) con un riferimento molto forte alla pianificazione
annuale, ma anche in questo caso l’orizzonte coperto varia in base al contesto di
riferimento. Nel corso dell'anno le diverse azioni di marketing possono essere
riviste, tenendo conto dei risultati che derivano dalle azioni di marketing in essere.
Il possibile indice di un marketing plan aziendale è il seguente:

 Executive summary. Si tratta di una breve sezione del piano che riassume i
suoi punti principali, includendo ogni singolo capitolo sintetizzato e
accompagnato da brevi considerazioni.
 Corporate review. È il capitolo contenente le indicazioni strategiche aziendali
(vision & mission, strategic intent, obiettivi a medio e lungo termine, ROI,
quota di mercato, vendite, e così via).

 Comprensione del mercato. In queste pagine vengono riportate informazioni


riguardo l’andamento delle dimensioni del mercato, l’ambiente esterno e
l’analisi delle tendenze, la segmentazione del mercato, le esigenze del cliente,
l’analisi della concorrenza e le 4P. In generale, tutti questi punti devono essere
valutati (la profondità è l’attenzione dipendono dal contesto).

 Valutazione della posizione di mercato. È la sezione contenente l’andamento


delle vendite e dei margini, la soddisfazione dei clienti, i prezzi, l’analisi della
distribuzione e comunicazione, il ciclo di vita, la positioning map e l’analisi di
portafoglio (BCG o simili).

 Matrice SWOT.

 Definizione della strategia di mercato. Si tratta del capitolo contenente gli


obiettivi di marketing, la segmentazione e il targeting, il posizionamento e il
branding, la proposta di valore e le strategie di marketing.

 Definizione del programma di marketing. È l’essenza operativa del piano,


all’interno della quale devono essere presentate le quattro leve del marketing
mix con i loro obiettivi, tempistiche e persone coinvolte. Uno strumento utile
per descrivere l’operatività del piano è il diagramma di Gantt.

 Previsioni e conti economici. In questa sezione, scritta dal direttore marketing


in collaborazione con uffici di controllo gestione/amministrazione/finanza,
vengono riportate le previsioni, i budget, i dati finanziari ed economici e i
risultati attesi. Viene anche incluso il conto economico unitario di prodotto (o
di una famiglia di prodotti) e il conto economico totale del piano.

 Controllo. Anche questo capitolo è scritto dal direttore marketing in


collaborazione con uffici di controllo gestione/amministrazione/finanza, e in
particolare riporta l’analisi degli scostamenti, il controllo dei KPI, dei tempi,
dell’organizzazione e del budget. Le principali aree di controllo sono la
strategia, la profittabilità e le performance.

 Appendice. In appendice può anche essere inserita la funnel analysis, ossia la


mappatura e l'analisi di una serie di eventi che portano a un obiettivo definito.
ECONOMIA CIRCOLARE

L’economia globale attualmente è circolare solo per il 7,2%, ma in realtà questo


indice sta peggiorando di anno in anno, guidato dall’aumento dell’estrazione e
dell’uso dei materiali. Con un’economica circolare si potrebbe potenzialmente
soddisfare le esigenze delle persone con solo il 70% dei materiali che attualmente
vengono consumati.
In Europa, la penetrazione media di mercato dell’economia circolare nelle imprese è
compresa tra il 5 e il 10%. I materiali riciclati rappresentano attualmente l’8,6% delle
materie prime che entrano nel sistema economico, mentre la quota di prodotti
rigenerati rispetto alla nuova produzione è dell’1,9%.

IL PASSAGGIO DALL’ECONOMIA LINEARE ALL’ECONOMIA CIRCOLARE

L’economia lineare opera secondo un modello “take-make-dispose”, facendo un


uso illimitato delle risorse per produrre prodotti che verranno scartati dopo l’uso.
L’economia circolare, al contrario, ruota attorno al riutilizzo di prodotti e materie
prime e alla prevenzione di rifiuti ed emissioni nocive per il suolo, l’acqua e l’aria,
ove possibile.
Al giorno d’oggi c’è bisogno di un’economia circolare perché un modello di
economia lineare, con alti prelievi di risorse e materiali ed un’elevata produzione di
rifiuti dalle attività di trasformazione e consumo, non è più sostenibile; ormai si è
arrivati ad un punto in cui ci sono poche risorse e tanti rifiuti, e quindi la soluzione
consiste nel diminuire i consumi oppure reimpiegare i rifiuti.
Per definizione, l’economia circolare è la trasformazione del modo in cui le aziende
utilizzano le risorse, sostituendo il tradizionale modello di consumo lineare con un
sistema di produzione chiuso, dove le risorse vengono riutilizzate e mantenute in un
ciclo di produzione e utilizzo, consentendo di generare più valore (sia per i clienti
che per i produttori) e per un più lungo periodo di tempo.
La transizione da un modello lineare ad un modello circolare non coinvolge soltanto
i produttori, ma anche i fornitori e i clienti. Questo significa che per passare da
un’economia lineare ad un’economia circolare, tutta la supply chain si deve adattare
al cambiamento.
Per facilitare il passaggio ad un’economia circolare, bisogna concentrarsi a valle sul
cambiamento delle abitudini del consumatore finale e a monte sulla produzione di
beni che siano compatibili con un’estensione del ciclo di vita.
IL MARKETING MIX NELL’ECONOMIA CIRCOLARE

Nell’ottica di un marketing mix circolare, il focus sulle 4P si sposta sulle 4E:

 Passaggio dal prodotto (product) alla experience, intesa come esperienza di


consumo. Nell’economia circolare, l’idea è che chi utilizza il bene paghi per
l’utilizzo e non per il possesso.

 Passaggio da uno specifico luogo di acquisto (place) all’everyplace, inteso


come acquisto in nuovi e virtuali punti. Questo concetto si riferisce al fatto
che lo scambio può avvenire anche in maniera virtuale e non solo in maniera
fisica.

 Passaggio dal prezzo (price) all’exchange, inteso come scambio di valore


associato all’utilizzo del bene.

 Passaggio dalla comunicazione (promotion) all’evangelism, intesa come


evangelizzazione del consumatore, cioè indottrinamento per il cambiamento
economico e delle abitudini di consumo.

In realtà, questo modello potrebbe essere completato attraverso l’aggiunta di altre


2E: economic value (valore economico, che deve comunque essere creato per tutti
gli stakeholder) ed ecosistema (bisogna ragionare nell’ottica del rispetto
dell’ecosistema).

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