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L’APPROCCIO TES MARKETING – Dal delivered mix alla fidelizzazione

Cap. 1- Lo stato dell’arte: marketing un cammino lungo 65 anni

La disciplina del marketing ha circa 65 anni di vita durante i quali sono state elaborate diverse definizioni di
marketing, alcune di queste definizioni però si discostano da ciò che realmente viene messo in pratica dalle
aziende. Il ruolo del marketing oggi è un tema molto dibattuto in letteratura, soprattutto negli ultimi venti
anni. Negli ultimi anni si è parlato di marketing postmoderno, in seno al quale sono state individuate delle
panacee ovvero dei rimedi universali (indicati spesso con neologismi come per es. authenticity,
empowerment, exponential, neural, scarcity, undercover) da applicare quando emergono dei problemi di
marketing nelle aziende. L’orientamento al consumatore tuttavia non può essere l’unica soluzione a tutti i
problemi e il ricorso al marketing e alle sue strategie spesso non basta a risolvere le questioni delle aziende.
Si è inoltre osservato che marketing strategico e marketing operativo stanno prendendo due strade ben
delineate e separate: il primo viene riservato solo ai centri decisionali delle grandi multinazionali (è
considerato come qualcosa di elitario), mentre il secondo si sta assestando su attività di routine (per es.
promozioni) che non apportano quel valore aggiunto specifico in grado di rendere le aziende differenti a
livello di performance finale rispetto ai competitors. Infatti, marketing e vendite non sempre dialogano e
vengono considerati due mondi diversi e distaccati.

Nel corso della storia del marketing sono state date numerose definizioni della disciplina che rispecchiano il
contesto storico, economico e sociale in cui le imprese hanno operato negli anni. Generalmente con
marketing si intende la realizzazione di attività di business dirette verso e connesse al passaggio di beni e
servizi dal produttore al consumatore o utilizzatore. Dal 1948 al 2013 i temi affrontati più importanti sono
stati: la centralità del cliente, i suoi bisogni, esigenze e aspettative, la creazione di prodotti che li
soddisfacessero, la creazione di prodotti legati al soddisfacimento, la soddisfazione del cliente come
priorità, la creazione di valore per il cliente come driver di profitto per l’impresa, il marketing mix (che
implica la presa in considerazione di più elementi), la distribuzione, il rapporto costo-beneficio, le strategie
aziendali per trovare e mantenere clienti.

I cambiamenti nei rapporti tra le imprese e i loro mercati di sbocco hanno influenzato gli studi di marketing
e i temi di cui essi si sono occupati. Cozzi e Ferrero hanno individuato 5 fasi storiche del marketing:

1. in origine gli studi erano orientati alla produzione;


2. nella fase dello sviluppo verso le vendite;
3. nella fase della maturità verso il mercato;
4. nella fase di ri-orientamento (1980-1990) vengono introdotti i concetti di marketing strategico,
trade marketing e customer satisfaction;
5. nella fase di evoluzione ci si accorge che sono necessarie nuove strategie di marketing perché le
precedenti sono inadeguate.

È stata poi aggiunta una nuova fase, quella attuale, che si concentra sulle logiche service dominant
(concezione secondo la quale i beni materiali si stanno trasformando in un mero supporto fisico finalizzato
alla vendita di servizi, es. ipod-> itunes), sulla nuova centralità del cliente (the customer is the value creator
cit. Gronroos) e nella quale vengono introdotte tecniche creative di coinvolgimento del cliente come il
guerrilla marketing (tattiche non convenzionali di marketing anche con budget molto esigui).

Oggi il marketing necessita nuovi approcci perché il cliente ha subito una grande evoluzione e i suoi
consumi sono sempre più complessi (individualistici, edonistici e creativi). Da una prospettiva prodotto-
centrica si è inoltre passati a una prospettiva servizio-centrica. Le variabili che hanno influito sul
cambiamento del marketing sono: la domanda variabile, la richiesta di personalizzazione e l’attenzione al
value for money, le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione che permettono ai
consumatori di accedere a più informazioni sulle aziende, le risorse immateriali che permettono di acquisire
vantaggio competitivo (es. marca), la visione del marketing come qualcosa che coinvolga tutta l’azienda e
non sia relegato solamente a un dipartimento.

Sono stati individuati tre principali aree di miglioramento su cui le aziende devono lavorare oggi anche in
conseguenza della maggiore attenzione all’ambiente:

1. area relazionale (il consumatore è sempre più attento all’ambiente e l’azienda deve agire di
conseguenza cercando di essere più sostenibile);
2. area competitiva (la saturazione del mercato- ci sono tantissimi competitor, ogni giorno sempre di
più);
3. area tecnologica (rinnovare le proprie tecnologie in modo che siano compatibili con le
problematiche ambientali). Altri problemi che le aziende devono affrontare oggi in un mondo
sempre più caratterizzato dalla globalizzazione sono per es. l’espansione nei paesi esteri (problemi
legati all’esternalizzazione- rivolgersi ad aziende estere per supporto; o alla delocalizzazione-
introdurre sedi dell’azienda all’estero), le preferenze del cliente in base alla cultura di
appartenenza, la nascita di mercati regionali e globali, i problemi nell’esportare (dazi doganali).

Inoltre, un’altra grande questione è quella del cambiamento delle preferenze del cliente che comporta
cambiamenti nell’atteggiamento nei suoi confronti: il cliente avanza una pretesa di unicità del prodotto,
che porta dunque alla necessità di introdurre una customizzazione, ovvero una personalizzazione del
prodotto. Il cliente non viene più visto come target, ma come entità da avvicinare e conquistare (quindi non
più una comunicazione one way, ma una comunicazione come dialogo con il cliente, è necessario costruire
una relazione con il cliente, bisogna trattare il cliente come unico, nella sua individualità). Il consumatore ha
sempre più un comportamento di acquisto e consumo indefinito e viene infatti detto hybrid consumer:
generalmente cerca prodotti e servizi poco costosi, ma a volte opta per prodotti più costosi in particolari
occasioni o per certi tipi di bisogno.

La questione più spinosa dell’attualità è la presenza di grosse differenze tra la teoria di marketing e la sua
pratica che sono particolarmente visibili nel tema della social responsability: l’azienda sostiene (fa un
claim) di essere sostenibile e lo comunica sia sui packaging dei propri prodotti che nelle proprie pubblicità,
ma nella pratica non lo è. Si tratta del problema della responsabilità dell’impresa nei confronti della società
e del consumatore). Inoltre, troppa attenzione viene spesso posta sul marketing (ovvero sulle strategie di
comunicazione e di vendita) e non sulla ricerca di innovazione e sulla produttività. Bisogna cambiare la
teoria per diverse motivazioni: perché ci sono nuove tipologie di consumatori, la prospettiva è diventata
servizio centrica, il valore viene co-creato da cliente e impresa, i mercati internazionali sono sempre più
complessi.

La mancanza di dialogo tra reparto marketing e reparto vendite (che ha molte informazioni sui clienti) è
un altro enorme problema. Marketing e vendite possono avere 4 tipi di relazione (Kotler):

1. indefinita (si sono sviluppati separatamente),


2. definita (ci sono processi per evitare conflitti),
3. allineata (interagiscono e sono flessibili),
4. integrata (condividono obiettivi e metodi e sono coordinati nel perseguirli).

Analizzando il modello delle panacee di marketing di Cova et al. (i quali individuano 5 gruppi principali di
panacee ovvero rimedi universali a problemi di marketing: market environment, market niche, client
relationship, subjective experiences, competences of the customer) sembrerebbe che tutto sia
riconducibile al marketing e che esso rappresenti la disciplina più importante attraverso la quale tutti i
problemi possono essere risolti, ma non è così perché nel corso del tempo il marketing ha perso la propria
validità in alcune occasioni.
Il prof ha individuato 7 situazioni che hanno indebolito la validità di ciò che è stato proposto dal marketing
nel corso degli anni, 7 problemi importanti per il marketing individuati in più di 200 aziende italiane e non.

1. Convinzione/finzione: in alcune aziende il reparto marketing non è mai stato introdotto, l’area
marketing è presente solo sulla carta perché per esempio è stato aggiunto a divisioni già esistenti,
come per esempio quella delle vendite, il nome di area marketing, ma non vengono effettivamente
svolte le funzioni ad essa collegate.
2. Me too: ci sono aziende che copiano aziende concorrenti o player di successo introducendo l’area
marketing, copiando sostengono meno costi per esempio di ricerca, ma non raggiungono vantaggi
competitivi in termini di innovazione perché arrivano sempre seconde.
3. Studia e applica: alcune aziende hanno eseguito scrupolosamente ciò che viene scritto nei sacri
testi della letteratura di marketing senza però incentivare il coinvolgimento necessario per ottenere
vantaggi competitivi.
4. Marketing come centro di potere: la sezione marketing in alcune aziende viene vista come un
centro di potere che dispone di grandi budget da spendere e come prestigiosa per le innovazioni
che apporta. Essa tuttavia non collabora con le altre sezioni come dovrebbe perché si crede sia
un’entità superiore. Inoltre, non viene data attenzione al cliente che è il vero re, colui che
veramente detiene il potere.
5. Miopia relazionale: le aree marketing non collaborano con le altre aree (logistica, amministrazione
e produzione) e non riescono quindi ad avere una funzione catalizzante e di leadership.
6. Mancanza o paura di contaminazione: l’area commerciale viene vista come fondamentale in
quanto concretizza gli sforzi dell’intera azienda (vende i prodotti), il marketing viene percepito
come più teorico e lontano dalla realtà. In realtà dovrebbero collaborare perché le vendite essendo
perennemente a contatto con il cliente hanno accesso a informazioni di mercato.
7. Chi è il cliente?: le aziende spesso non si pongono questa domanda e dovrebbero perché il cliente è
sovrano e deve essere conosciuto attraverso ricerche di mercato e insight attesi dai propri clienti.
Molte aziende hanno fatto scelte di marketing che non hanno tenuto conto degli insight dei propri
clienti come nei seguenti casi:
- prodotti nati morti: non incontrano le attese di gusto dei consumatori.
- formati errati: prodotti con formati troppo grandi che non stavano negli scaffali o
considerati non comodi (bottiglia di coca cola da 2 litri).
- cambio di packaging: che non incontra il gusto dei consumatori. In generale vi è la
necessità di una maggiore considerazione del cliente e anche richiesta dagli stessi
consumatori che si lamentano e così facendo forniscono insight che dovrebbero essere
sfruttati dalle aziende a proprio favore.

Cap. 2 – L’agire strategico: quattro elementi per aumentare l’efficacia delle azioni di marketing

In questo capitolo viene definito l’agire strategico delle imprese, ovvero l’insieme di attività che hanno
come obiettivo la fidelizzazione della clientela. Tra gli elementi che lo compongono vi è la consapevolezza
del valore dell’offerta: il consumatore deve percepire l’offerta come “unica” e “originale” e questa unicità
deve essere migliorata di continuo dall’impresa per creare ulteriore valore aggiunto. Il concetto di unicità, o
di differenziazione rispetto ai propri concorrenti è stato introdotto nel 1961 da Rosser Reeves che propose
il concetto di Unique Selling Proposition, ovvero una tecnica pubblicitaria in grado di porre l’accento non
sulle caratteristiche del prodotto, ma sulle sue diversità rispetto ai suoi concorrenti. Tale concetto
pubblicitario è stato poi trasportato nel marketing generale e ha dato origine a una strategia consumer-
oriented, volta alla differenziazione del proprio prodotto/servizio da quello dei competitor. L’unicità della
propria offerta è considerata da Porter una fonte primaria di vantaggio competitivo per le imprese che la
devono preservare in maniera continua per aumentare la distanza che le separa dalla concorrenza,
monitorando costantemente gli elementi considerati dai clienti nella scelta del loro prodotto/servizio
(fattori chiave d’acquisto) e favorendoli, stimolando la clientela a fare scelte di acquisto ripetute
(fidelizzazione). Unicità e differenziazione sono dunque le chiavi che consentono alle imprese di creare e
difendere il proprio vantaggio competitivo. In un contesto caratterizzato dalla presenza di moltissimi
concorrenti è necessario che le imprese siano dinamiche e in grado di anticipare le mosse della
concorrenza. Lo fanno attraverso il rolling competitive advantage (o vantaggio competitivo continuo
dinamico): le imprese devono continuamente individuare un insieme di vantaggi competitivi da giocare sul
mercato anticipando la concorrenza o rispondendo a sue mosse imitative, è la necessità di avere sempre
pronta una contromossa in risposta alle mosse dei concorrenti. La rolling competitive strategy (o strategia
competitiva dinamica/continua) consiste in un controllo costante dei risultati e degli atteggiamenti della
concorrenza e nell’analisi del marketing mix individuando i suoi punti di forza e di debolezza. Analizzando i
punti di debolezza l’impresa può non commettere gli stessi errori della concorrenza perché ne è ormai a
conoscenza.

Il percorso che conduce dall’acquisto alla fidelizzazione si articola in quattro passi: acquisto, riacquisto,
retention e fidelizzazione.

1- Il primo passo è l’acquisto, con il quale si entra in possesso di un determinato bene o servizio che era
oggetto di desiderio. Ogni acquisto è legato a due driver: il concetto di bisogno (fase identificativa) e il
processo psicologico (fase sequenziale). Vi sono diverse definizioni di bisogno, spesso viene ricollegato
al concetto di mancanza, in termini economici viene definito come la necessità o il desiderio di un bene
o servizio che quando si accompagna a una adeguato potere di acquisto si traduce in domanda, ancora
viene definito come divario tra lo stato attuale e lo stato desiderato. È importante però distinguere tra
bisogno e desiderio, l’ultimo rappresenta la soluzione, l’alternativa, la scelta tramite la quale i
consumatori ottengono ciò che cercano e a loro manca. Ci sono bisogni esistenti (di cui si è
consapevoli) e latenti (che emergono all’improvviso in modo continuo, periodico). Ci sono bisogni
innati (teoria della piramide di Maslow: fisiologici, di sicurezza, sociali, stima, autorealizzazione) o
acquisiti, i secondi derivano dall’interazione dell’individuo con l’ambiente socioculturale (famiglia,
gruppo di riferimento). Ci sono bisogni motivazionali di potere, di realizzazione e di affiliazione.

Il processo di acquisto si verifica quando l’offerta proposta dall’impresa è percepita dal consumatore
come rispondente alle proprie aspettative. Il processo di acquisto si articola in 5 stadi:
1. percezione del bisogno a partire da uno stimolo interno o esterno (pubblicità),
2. ricerca delle informazioni sulle alternative di offerta in grado di soddisfare il proprio bisogno,
3. valutazione delle alternative confrontandole in base a dei criteri personali,
4. decisione d’acquisto dell’offerta che genera un valore più elevato,
5. consumo e valutazione post-acquisto.

Il processo dura di meno per beni acquistati di impulso o per acquisti ripetitivi. Il valore complessivo
dell’offerta è il valore percepito dal cliente, ottenuto dal prodotto e dalla componente di servizio (tutti i
servizi annessi al prodotto). Acquisto= F (delivered mix, Percezione)

Il delivered mix è la concretizzazione del marketing mix, ovvero dall’insieme di strategie di marketing
elaborate che vengono dunque messe in pratica. Il processo di acquisto per i servizi è più difficile:
mentre un prodotto viene prima prodotto, poi venduto e consumato, il servizio viene prima venduto,
poi prodotto e consumato simultaneamente. Inoltre, essi sono intangibili quindi difficili da valutare e il
loro acquisto dunque si basa sulla comunicazione da parte delle imprese del loro valore aggiunto e su
delle promesse che devono essere mantenute.

L’acquisto e il consumo di un bene non rispondo sempre a un calcolo di utilità, ma possono essere
anche attribuiti a motivazioni affettive, simboliche o a influenze sociali, pulsioni psicologiche e
sociologiche latenti. Esistono infatti anche fenomeni di acquisto ostentativo, ovvero acquisto di beni
con funzione segnaletica, per esibire il proprio status e la propria ricchezza. Dopo aver definito le
motivazioni che spingono i consumatori a comprare, le imprese ricorrono alla benefit segmentation,
procedura con la quale si identificano segmenti di consumatori omogenei in base alle conseguenze che
essi desiderano ottenere dal prodotto (es. sicurezza, comodità di un’auto a trazione integrale). Quindi,
in definitiva l’impresa deve studiare attentamente la struttura del processo decisionale d’acquisto, le
sue fasi e la loro durata per scegliere le strategie di marketing più efficaci nel suo caso.

Soprattutto per quanto riguarda i prodotti alimentari si è assistito a una evoluzione delle modalità di
acquisto: prima i consumatori tendevano ad acquistare prodotti di marca, poi quelli in promozione, poi
quelli di private label, e infine prodotti proposti da discount. Il comportamento del consumatore è
cambiato perché influenzato sia da variabili esterne, come la pubblicità e le promozioni, sia da variabili
interne, come il proprio potere d’acquisto e le pratiche emulative.

Nell’ultima fase, quella della valutazione, il consumatore mette a confronto le sue attese generali, le
sue attese riferite allo specifico prodotto scelto e la performance percepita/ottenuta. Quando il
consumatore percepisce una performance di base dalla performance del prodotto coerente con le
proprie attese possiamo parlare di basic customer satisfaction. La soddisfazione può portare poi al
riacquisto, il primo passo verso la fidelizzazione.

2- Il riacquisto consiste nell’acquistare nuovamente il prodotto/servizio dallo stesso produttore dal quale
si è già fornito. È determinato da due fattori: la soddisfazione dopo il primo consumo e la mancanza di
motivazione al cambiamento. Riacquisto= F (Soddisfazione delivered mix, Mancanza di motivazione al
cambiamento). La soddisfazione (customer satisfaction) può essere definita come il confronto tra i
benefici e i costi sperimentati e i benefici e costi attesi. La mancanza di motivazione al cambiamento
può essere dovuta alla mancanza di informazioni sulla concorrenza o per il timore di non ottenere lo
stesso mix di prestazioni a parità di investimento. Per raggiungere la soddisfazione del cliente è
necessario che l’impresa comprenda i desideri, le aspettative e progetti e realizzi dei prodotti/servizi
che li soddisfino. L’insoddisfazione è dovuta a dei gap tra: il valore che l’impresa intende offrire al
cliente (valore pianificato), il valore che il cliente intende ottenere (valore desiderato), il valore per il
cliente recepito dall’impresa (valore recepito), il valore realmente offerto (valore offerto), il valore
riconosciuto dal cliente (valore percepito). Si crea fiducia quando l’impresa è capace di offrire un valore
congruente a quanto atteso dal cliente e riesce dunque ad accumulare stock di fiducia, ovvero ottiene
credibilità come ritorno di tutti gli investimenti e performance precedenti. Il cliente riacquisterà anche
per mancanza di volontà di assumersi nuovi costi cognitivi per analizzare le offerte della concorrenza e
percepirà come non affidabili le imprese non ancora note. Quindi la customer satisfaction: qualità
percepita/ attese >= 1

La customer satisfaction è determinata da 3 fattori secondo Levitt: customer service, total quality
management (qualità in ogni aspetto del business), relationship (relazione basata sulla conoscenza e
sulla fiducia tra impresa e cliente). È anche influenzata dalla soddisfazione e fidelizzazione dei
dipendenti stessi dell’impresa (che si ottiene attraverso il marketing interno), perché sono poi i
dipendenti che andranno ad interfacciarsi con i clienti, e se loro in primis non sono soddisfatti e
fidelizzati, sarà più difficile che i clienti percepiscano l’impresa come degna di fiducia.
Essa si ottiene in un percorso in 5 step (ciclo positivo della customer satisfaction):
1. Ascoltare il cliente;
2. Adeguare la struttura dell’azienda;
3. Mettere in pratica ciò che si è imparato dal cliente;
4. Attivare la miglior difesa contro le manovre concorrenziali;
5. Aumentare la redditività.
L’ascolto del cliente in tutte le fasi diventa dunque un passaggio fondamentale per definire i suoi
bisogni e le sue attese, sia durante l’erogazione che dopo l’erogazione per monitorare l’esito. L’impresa
è chiamata a confrontare le informazioni ottenute dai clienti con gli indicatori interni di qualità e di
processo, anticipare le attese della clientela con un comportamento proattivo, usare una logica di
partnership, ovvero di collaborazione tra azienda e consumatore, il quale diviene un co-progettista e
co-produttore dando suggerimenti e contributi su come realizzare i prodotti, informazioni che devono
essere poi interpretate rapidamente dall’impresa e tradotte in azioni di miglioramento. Ci sono
comportamenti di riacquisto ripetitivi che però non devono essere confusi con il concetto di customer
loyalty perché mancano dell’elemento fondamentale della fiducia: essi possono essere dovuti a scarsa
propensione al cambiamento, tendenza a legittimare le decisioni prese in passato, la modesta
differenziazione, vincoli di natura distributiva. Ci sono clienti che si preoccupano più del prezzo di un
prodotto e sono dunque molto influenzati nelle loro scelta dalle promozioni. Inoltre, il riacquisto può
avere un termine e ciò può essere determinato da diversi fattori: promozioni, espositori speciali,
assenza del prodotto specifico sullo scaffale, prezzo, competizione, etica, word of mouth e relazioni
sociali.

3- La retention è il terzo passo che consiste nel trattenimento del cliente da parte dell’impresa, la quale
svolge un ruolo attivo. Il termine deriva dal verbo inglese to retain che significa sia trattenere che
conservare/mantenere, dando quindi l’idea della presenza di un oggetto passivo (il cliente) e un
oggetto attivo (l’impresa). F (delivered mix, marketing relazionale – CRM).
Non bisogna confondere il concetto di customer retention con quello di riacquisto o di fedeltà: la
customer retention consiste in un acquisto ripetuto innescato dal marketer, mentre il riacquisto non è
per forza determinato dal marketer. Il concetto di retention si basa sul marketing relazionale, ovvero
quella serie di riflessioni che si svilupparono inizialmente nel settore dei servizi, per poi diffondersi
anche negli altri comparti e che consiste nel creare, mantenere e rafforzare profittevolmente le
relazioni con i clienti e gli altri partner, così che gli obiettivi di tutte le parti siano raggiunte. Viene
anche chiamato retention marketing, ovvero la capacità di impostare una storia di rapporto
commerciale, finalizzata ad accrescere quanto più possibile il valore generato dal consumatore nel
tempo per l’impresa. Nel corso del tempo sono stati introdotti degli indicatori per misurare la customer
retention, tra cui i più importanti sono il customer retention rate (CRR), ovvero il numero di clienti
mantenuti rapportato al totale dei propri clienti; e il tasso di defection, il numero di clienti persi
rapportato al totale dei propri clienti (tassi che però non tengono conto di fattori come livello di
apprezzamento e coinvolgimento dei clienti, quindi misurano solo in termini quantitativi e non
qualitativi). Tra le conseguenze positive in termini di profitti che la customer retention porta alle
imprese possiamo nominare: l’incremento degli acquisti, la riduzione dei costi operativi, l’attivazione di
un passaparola positivo verso clienti attuali e potenziali, la possibilità di applicare un premium price.
Tuttavia, la customer retention può manifestarsi anche in modo negativo: l’impresa crea barriere in
uscita per “trattenere” il cliente. In questo caso di parla di customer detention in cui l’impresa passa da
essere partner a owner e può essere determinata da costi alti già sostenuti per avviare la relazione (che
vengono percepiti come investimenti), alti switching costs che obbligano il cliente a continuare ad
acquistare, ma non sviluppa nessun coinvolgimento (es del settore sanità, giustizia e istruzione).
Per ottenere la customer retention l’impresa deve mettere in moto attività di customer relationship
management, ovvero crea con software specifici un database delle clientela contenente diverse
informazioni per ogni cliente effettivo o potenziale (caratteristiche e identità del cliente; prodotti
acquistati, richieste, interessi; fattori di RFM- Recency: quando il cliente ha acquistato l’ultima volta,
Frequency: quante volte ha acquistato, Monetary: quanto ha speso unitariamente; mezzi di
comunicazione/azioni che hanno influenzato la transazione; storia del rapporto con il cliente) allo scopo
di individuare tecniche di vendita e di comunicazione volte al raggiungimento di una customer
retention nel lungo termine.
4- Il quarto stadio è quello della fidelizzazione in cui il cliente esprime la propria fedeltà (loyalty) in
termini di atteggiamenti (è favorevolmente disposto nei confronti della marca), preferenza (la marca
viene acquistata con maggiore frequenza rispetto alle altre marche presenti nella medesima categoria
di prodotto), allegiance, fedeltà comportamentale nel lungo periodo (il cliente continua ad acquistare la
marca per lunghi periodi di tempo). La fedeltà si raggiunge quando vi è la motivazione del cliente, nel
processo valutativo e nella soddisfazione. L’impresa deve essere in grado di far credere ripetutamente
al cliente di ottenere un rapporto valore/prezzo superiore a quello ottenibile da qualsiasi fornitore
alternativo (stock di soddisfazione). È in sintesi una relazione tra cliente e impresa leale, di fiducia
reciproca. Il cliente si trasforma in un partner, una risorsa a lungo termine su cui fare affidamento nel
futuro. La fedeltà è multidimensionale perché include una dimensione cognitiva (convinzioni del
cliente relativa alle competenze/abilità possedute dall’impresa, una dimensione affettiva (sentimenti
ed emozioni positivi derivanti dalla ripetuta conferma delle aspettative di comportamento
dell’impresa), una dimensione conativa (crescente commitment a adottare comportamenti
collaborativi, volti a garantire la longevità della relazione). Fidelizzazione = F (soddisfazione delivered
mix, coinvolgimento, relazione).

Una componente importante della fidelizzazione è il coinvolgimento del cliente, ovvero l’atto che
esprime la volontà del cliente nel desiderare la continuità del rapporto con il fornitore e che può
derivare da diversi fattori: di performance, emotivi (legati al momento), emozionali (legati alle
sensazioni provate), ludici (legati al piacere del gioco). Il coinvolgimento può essere stimolato
dall’impresa attraverso attività di marketing (campagne promozionali, incontri di sensibilizzazione,
incontri con leader d’opinione).

Le tappe della relazione tra impresa e cliente (Dwyer) sono:


1. Awareness,
2. Esplorazione (il cliente sviluppa un percorso di apprendimento per tentativi ed errori);
3. Espansione (inizia a nascere interdipendenza tra impresa e cliente);
4. Commitment (il cliente rimane ancorato alle sue scelte, pur essendo consapevole delle
opportunità presenti sul mercato);
5. Dissoluzione della relazione (può avvenire in una delle fasi precedenti, ma più la relazione evolve
più la dissoluzione sarà costosa).
Ci sono diversi livelli di fedeltà del cliente: prospectus (individui potenzialmente interessati), purchaser,
client, supporter, advocate, partner. L’azienda deve lavorare sulla relazione con i prospectus fino a
renderli partner. La relazione tra impresa e clienti può essere statica (basata meramente su un
rapporto commerciale) o dinamica (mettere in atto azioni per conservare nel tempo una relazione
attiva e viva con il cliente).
È importante quando si parla di fedeltà e coinvolgimento nominare il marketing tribale: l’eccessiva
frammentazione sociale che caratterizza i nostri tempi ha portato a un crescente bisogno di nuovi
legami sociali, di tribù, ovvero micro-gruppi composti da individui eterogenei per età, sesso e reddito
accomunati dalla condivisione di una passione, di una soggettività o di una emozione. Il marketing
tribale è dunque una strategia che ha come obiettivo stimolare la nascita e crescita di una comunità
attorno a un prodotto o a un servizio per creare un valore che risiede nel legame stesso tra gli
appartenenti a tale gruppo. Anche la strategia di learning relationship è importante per rafforzare la
relazione con il cliente: si realizza attraverso nuovi mezzi di contatto on-line che consentono di
realizzare un’interazione più costante e stretta con i clienti, più personale, e di coinvolgere questi ultimi
permettendo loro di esprimere le proprie esigenze e interessi nel corso del tempo (usabilità del sito,
informazioni utili per il cliente-utente, posta elettronica, newsgroup, forum, newsletter, FAQ, chat per
assistenza tecnica, blog). In questo modo il cliente difficilmente si rivolgerà ad altre imprese perché gli
occorrerebbe troppo tempo per far conoscere le sue esigenze.
Il livello di soddisfazione può essere messo in relazione con la frequenza dei contatti rivelando quattro
tipologie di cliente:
1. livello di soddisfazione e frequenza dei contatti alti: cliente consolidato e fedele;
2. livello di soddisfazione alto e frequenza bassa: la performance percepita dall’azienda erogante è
convincente, la relazione tra le parti è ancora in fase di start-up;
3. livello di soddisfazione basso e frequenza alta: cliente per inerzia/abitudine e/o presupposti per la
detention
4. livello di soddisfazione basso e frequenza bassa: cliente non soddisfatto cerca di evitare contatti
con l’azienda e si limita solo a quelli necessari, prossimità di un plugging.

*Matrice profittabilità potenziale/fedeltà prevista (controlla appunti).

L’impresa deve avere un atteggiamento proattivo in termini di relazione e coinvolgimento per diminuire
i tempi del processo di fidelizzazione. Mettendo in relazione il comportamento dell’azienda con la
durata del processo di fidelizzazione emergono 4 situazioni:
1. durata breve e comportamento passivo: casi particolari, praticamente inesistenti;
2. durata breve e comportamento proattivo: area d’eccellenza, rapida trasformazione del cliente in
cliente fedele;
3. durata lunga e comportamento passivo: il delivered mix è coerente con le aspettative del cliente,
ma le poche iniziative prese rallentano il processo;
4. durata lunga e comportamento proattivo: la validità dell’azione aziendale è confermata nel
risultato, ma non nell’efficienza.

Con customer equity si intende la somma del valore di tutti gli attuali clienti attivi dell’azienda che
genera il valore dell’impresa, determinato dal customer lifetime value, ovvero i profitti che i clienti
procurano nella durata del rapporto commerciale. La customer equity si divide in:
1. Value equity (opinioni dei consumatori in termini di credibilità, qualità e commerciabilità dei prodotti
servizi dell’impresa),
2. Brand equity (valutazioni dei consumatori in merito all’immagine di marca),
3. Relationship equity (valore generato dalla relazione tra impresa e cliente);
4. Social network equity (valore creato dalle reti sociali virtuali o reali in cui il cliente si colloca).

Le imprese, secondo il prof, dopo aver raggiunto la fidelizzazione devono seguire due direttrici, due
ulteriori passi: l’oltre addizionale, analizzare ciò che devono raggiungere o incrementare nella loro
performance per aumentare la fidelizzazione del cliente, e l’oltre esplorativo, identificare componenti
diverse da quelle strettamente riferite al cliente che permetterebbero di aumentare le probabilità di
successo. Diventa importante quindi l’analisi della performance sul cliente: individuare i motivi che
hanno indotto il cliente a preferire il prodotto dell’impresa rispetto alle offerte concorrenti, quindi da
un’altra prospettiva individuare le abilità messe in campo dall’azienda nel creare un’offerta il più
possibile vicina a quella attesa dal cliente, le capacità di performance sul cliente. In primis è necessaria
un’analisi dei fattori chiave d’acquisto che sono visti come attributi del prodotto che hanno
determinato la scelta del cliente. Ci sono fattori di acquisto hard (caratteristiche fisiche, concrete,
misurabili, tecniche, prestazionali per es. assistenza tecnica), riferiti alla performance del prodotto e
quindi alla parte razionale della decisione, e quelli soft, legati agli aspetti relazionali, emozionali ed
esperienziali (per es. ascolto del cliente). I fattori chiave d’acquisto si distinguono in: attributi del
prodotto, benefici che il consumatore può trarre da tali attributi, valori individuali che riflettono gli
obiettivi perseguiti dal consumatore sul piano sia dei comportamenti e della considerazione sociale, che
dell’autostima e delle condizioni di esistenza. Gli attributi sono quelli che di solito nel processo
decisionale del cliente lo convincono al primo acquisto, mente benefici e valori sono quelli su cui le
imprese devono lavorare per incentivare la fidelizzazione perché accrescono il coinvolgimento del
cliente. Quindi l’impresa deve prima individuare attraverso ricerche di mercato i fattori chiave
d’acquisto tecnici e relazionali a partire dai quali impostare la propria offerta. Successivamente deve
individuare i fattori chiave d’acquisto relazionali-emozionali-esperienziali specifici per customizzare la
propria offerta e lo fa attraverso diverse metodologie: procedure congiuntive, disgiuntive,
lessicografiche e quelle proposte da Fishbein (vedi appunti) oppure attraverso il multivoting (si creano
due liste ristrette contenenti i fattori di acquisto fondamentali che vengono poi combinati, con pesi
specifici differenti, nel delivered mix che viene consegnato al cliente) o con la conjoint analysis
(l’impresa individua gli attributi rilevanti, elabora profili di offerta da sottoporre al giudizio degli
intervistati, fa interviste sul campo, elabora le informazioni e individua segmenti tramite la cluster
analysis, simula quote di preferenza a livello aggregato e per cluster).
Dopo avere individuato i fattori chiave d’acquisto l’impresa rinforza quelli che sono emersi come
determinati creando vantaggio competitivo dinamico (continuo mantenimento di distanza tra la
posizione dell’impresa e quella della concorrenza). Attraverso questionari somministrati ai clienti
l’impresa può anche misurare la performance sul cliente e confrontarla con le autovalutazioni della
performance erogata svolte dai dipendenti. Da questo confronto potrebbero emergere dei gap che
dovranno poi essere colmati migliorando la qualità della performance sul cliente per fidelizzarlo. In
seguito, è necessario fare un’analisi della performance del cliente, ovvero quanto il cliente cede
complessivamente all’azienda fornitrice, nel singolo contratto o nel rapporto commerciale. Questo
procedimento viene illustrato con la matrice della fidelizzazione: generalmente all’inizio si identificano
i principali clienti e si classificano secondo un ordine di importanza stabilito dal compilatore della
graduatoria, spesso secondo il fatturato e senza considerare una serie di fattori tecnici e relazionali che
invece incidono. Nella matrice della fidelizzazione invece questi fattori vengono presi in considerazione
(fattori tecnici es: dimensioni, potenzialità, settore specifico; fattori relazionali es: assistenza, rapporti
umani, velocità). L’impresa sceglie a seconda della propria situazione specifica e della propria strategia i
fattori da prendere in considerazione e quale peso dargli. Per ciascuno dei fattori individuati occorre poi
valutare le performance dei clienti attribuendo un punteggio da 1 a 10. Sommando le performance si
ottiene la valutazione finale del cliente. In questo modo non si tiene conto solo del fatturato dei clienti
ma si valuta l’intero concreto apporto dei clienti all’azienda.

Allo scopo di conseguire economie di scala, redditività e posizioni competitive importanti, l’azienda
deve sviluppare il suo intero business. Questo percorso avviene in quattro fasi:
1. Fidelizzazione e rifidelizzazione;
2. Penetrazione sul cliente;
3. Clusterizzazione e customizzazione;
4. Penetrazione sul target cluster.

1. La rifidelizzazione è il processo incrementale della fidelizzazione di un cliente attivo già fidelizzato


che viene confermato come tale (tipico delle attività consulenziali in cui il rapporto tra azienda e
cliente viene confermato o meno alla fine del periodo previsto del progetto e per cui l’impresa è
chiamata a proporre una nuova offerta in modo tale mantenere il rapporto). Si manifesta sia come
conferma di un precedente acquisto che come acquisto di un ulteriore prodotto o servizio della
stessa azienda. Per ottenerla l’impresa deve mantenere con il cliente una relazione attiva e viva e
per farlo deve sostenere diversi costi (gestione del database, studio e realizzazione della
comunicazione, contatto con la clientela da fidelizzare, personalizzazione dell’offerta in caso di
richiesta, modifiche delle proprie offerte in risposta a modifiche della concorrenza) che però sono
comunque minori rispetto a quelli che dovrebbe sostenere per acquisire un nuovo cliente (acquisire
un nuovo cliente costa 5 volte di più che fidelizzarlo).
2. La penetrazione sul cliente si attua attraverso il cross-selling, ovvero l’aumento della gamma di
prodotti venduti dall’azienda al cliente (diverso dall’up-selling, l’aumento della quota di mercato nel
cliente). L’impresa deve dunque riverificare l’esattezza del mix proposto, individuare nuove
esigenze non presidiate dalla concorrenza, definire e proporre un nuovo delivered mix. Per
esempio, attraverso l’upgrading di un servizio (conto corrente bancario). Per il cliente è positivo per
la logica dell’one stop shop: un’unica azienda gli fornisce più prodotti e servizi che gli servono, non
deve trovare un’altra azienda che gli fornisca ciò che cerca le quali incontrano per questo motivo
barriere all’entrata.
3. Clusterizzazione: dopo che l’impresa ha individuato il delivered mix che ha avuto successo tra i suoi
primi clienti deve identificare altri cluster di clienti a cui proporlo, ovvero tipologie similari o
assimilabili di clienti per bisogni ed esigenze. Una volta individuate si procede con le modifiche di
customizzazione attraverso attività di fine tuning, ovvero di identificazione dei bisogni più specifici
del cluster preso in considerazione e di adattamento del delivered mix che si andrà a proporre.
4. Penetrazione sul target cluster: si ripete la seconda fase sui cluster. Attraverso attività di cross-
selling si cerca di vendere nuovi prodotti e servizi dell’impresa all’intero cluster individuato.

3. Il TES Marketing

Con TES marketing si intende un marketing più pratico che fa un passo in più (the extra step) per
aumentare l’efficacia delle azioni di marketing sul mercato: oltre a erogare un prodotto o un servizio e a
fidelizzare la clientela, l’impresa verifica l’efficacia sul cliente e sul mercato e ciò gli permette di riorientare
la propria offerta (delivered mix) al fine di aumentare ulteriormente la fidelizzazione. Si concretizza in una
maggiore cura del cliente nella fase di costruzione e messa a punto del prodotto/servizio (coprogettazione,
valorizzazione dell’offerta, comunicazione efficace e distribuzione con strutture dedicate e specifiche). Un
elemento importante è la partnership dell’impresa con la clientela che porti a una soddisfazione reciproca.

L’approccio del TES marketing si basa su sei presupposti strategici: comprensione, compressione,
considerazione, consapevolezza, comportamenti, compromessi.

1. Comprensione: comprendere può significare sia intendere che includere. L’impresa deve sapere
con chiarezza chi è il cliente, che cosa vuole, che cosa si aspetta, dove sta puntando l’attenzione
(fattori chiave d’acquisto) e cosa gli può offrire di diverso rispetto ai concorrenti (vantaggio
competitivo). Deve conoscere gli elementi che contribuiscono alla soddisfazione del cliente e alla
formazione di esperienze particolarmente positive attraverso strumenti come il SERVQUAL (misura
le aspettative dei consumatori su ciò che dovrebbero fornire le industrie di un determinato settore
e le loro percezioni sulle prestazioni effettive di un prodotto di un determinato fornitore- in termini
di aspetti tangibili, affidabilità, capacità di risposta, sicurezza, empatia) o la critical incident
technique (procedura che si serve di interviste qualitative somministrate ai clienti riguardo a
incidenti, eventi particolari, problemi o processi incontrati nell’utilizzo del prodotto/servizio, a
come l’impresa si occupa di questi inconvenienti e gli effetti percepiti alla fine di tutto). Dato che il
mercato è in continuo cambiamento (demograficamente, etnicamente, sensibilità a tematiche
etiche e sociali, ambientali) le imprese devono monitorarlo costantemente e introdurre
metodologie sempre più sofisticate. La comprensione deve realizzarsi anche su un altro lato: anche
il cliente deve aver ben chiara l’offerta dell’impresa e per questo l’impresa deve comunicare in
modo chiaro e sottolineando i fattori chiave d’acquisto individuati attraverso le ricerche di mercato.
2. Compressione: si intendono le pressioni a cui le imprese sono sottoposte, derivanti dalla riduzione
dei tempi. Il tempo è una risorsa che i consumatori considerano nella scelta di un prodotto e quindi
l’impresa deve tenerne conto: ci sono imprese concorrenti che potrebbero arrivare prima,
innovando, alla creazione di un prodotto che soddisfa le nuove esigenze del mercato, oppure
imprese che erogano in tempi molto più rapidi la propria offerta. Anche per quanto riguarda il
servizio al cliente, il tempo deve essere gestito bene dalle imprese, evitando i ritardi, dimostrando
un profondo rispetto nei confronti del tempo del cliente e rendendolo un’esperienza piacevole per
le operazioni che presuppongono la presenza del cliente e il contatto dunque con i dipenditi
(quando questo non è necessario, si fa risparmiare tempo al cliente interagendo online).
3. Considerazione: riconoscimento dell’importanza del cliente per l’azienda non solo perché porta
fatturato, ma anche perché fornisce informazioni che creano valore per l’azienda permettendole di
realizzare un prodotto specifico per lui e altri clienti. Il cliente co-produce il valore con l’impresa,
infatti essa può coinvolgere alcuni consumatori avanzati (lead user) nella fase di progettazione del
prodotto.
4. Consapevolezza: il cliente è consapevole del proprio valore e del proprio potere discrezionale e
esprime una domanda sempre più sofisticata e attenta. Questa consapevolezza ha portato al
consumerismo e al prosumerismo. Il consumerismo è un movimento organizzato da cittadini e
soggetti istituzionali per migliorare i diritti e l’autorità dei consumatori. Questi movimenti si
impegnano a formare i clienti rendendoli consapevoli dei loro diritti, li aiutano in caso di conflitti
con le imprese, valutano la responsabilità sociale ed etica delle imprese. A questi si aggiungono i
movimenti ambientalisti che invece pretendono che le imprese abbiano come scopo non più la
massimizzazione del consumo, ma quella della qualità della vita. Il prosumerismo si verifica quando
il cliente collabora attivamente alla progettazione, produzione e consumo del prodotto/servizio
(home-banking: il cliente svolge da solo tramite app tutte le attività che precedentemente venivano
svolte all’interno della banca). Un eccessivo favoreggiamento di questi fenomeni potrebbe portare
troppi vantaggi al consumatore e danneggiare gli interessi delle imprese.
5. Comportamenti: le imprese devono integrare la propria offerta con comportamenti adeguati in
termini di etica e responsabilità sociale. Deve fare propri i valori etici, ecologici e ambientali perché
la sostenibilità sociale è un investimento che ha un ritorno economico nel medio-lungo termine in
quanto può rappresentare un vero e proprio vantaggio competitivo. Attraverso adesione a cause
sociali, come per es. la certificazione SA800 (attesta impegno per uno sviluppo etico e socialmente
responsabile). Il consumatore è disposto a pagare un sovrapprezzo per questi sforzi dell’azienda,
che vengono comunicati da quest’ultima sui propri media, nelle campagne pubblicitarie e sui
packaging. Un esempio di strategia di social responsibility è il green marketing che si manifesta
attraverso la comunicazione di alcune attività portate avanti dall’impresa a favore dell’ambiente:
basso impatto ambientale nella produzione o per lo smaltimento, uso di componenti naturali,
dotazione di packaging eco. Con comportamenti si intendono anche quelli che l’impresa deve
assumere quando deve rispondere alle critiche.
6. Compromessi: situazioni in cui l’impresa non può consegnare tutto ciò che era stato richiesto dal
cliente e quindi deve comunicare con lui affinché sia consapevole della situazione e accetti la
consegna ripartita, raggiungendo un compromesso con lui.
*Dieselgate: scandalo di Volkswagen-> aveva applicato un software al sistema anti-inquinamento di
alcune vetture con motore a gasolio che rivelava quando l’auto veniva sottoposta a test in
laboratorio e modificava automaticamente il funzionamento di un filtro che faceva sembrare che
l’auto consumasse di meno.

Il TES marketing configura come obiettivo la verifica dell’efficacia globale dell’intera azione di marketing
(percezione del bisogno, vendita del prodotto, fidelizzazione del cliente), misurando la performance delle
azioni di marketing sul mercato per aumentarne l’efficacia attraverso marketing metrics (indicatori di forza
vendita, prodotto, ritorno sugli investimenti). Il TES marketing dal punto di vista teorico si articola in 4
approcci che hanno lo scopo di soddisfare i clienti e differenziare l’impresa dai competitor:

1. I CARE- mi preoccupo della soddisfazione del mio cliente: il cliente è un partner con cui costruire
un percorso di reciproca soddisfazione, devo quindi conquistare uno share of heart, uno spazio nel
cuore del cliente, instaurare un rapporto di natura affettiva con il cliente.
2. I CURE- mi occupo di realizzare la soddisfazione del mio cliente: dato che il cliente è un mio
partner la sua soddisfazione coincide con quella dell’azienda. Produco un prodotto che soddisfi le
aspettative di entrambi, gestisco il personale interno in modo che esso sia soddisfatto e che poi
trasmetta soddisfazione anche alla clientela.
3. HIGH CORE- so dove risiede il fulcro della differenziazione del mio approccio: consapevolezza
della mia differenziazione dalla concorrenza e valorizzazione degli elementi distintivi nei confronti
della clientela attiva. Attraverso le ricerche di mercato continuative e sistemi di CRM (customer
relationship management) conosco il cliente, ciò che attende e apprezza.
4. I CHEER- condivido con il mio cliente la gioia per la sua soddisfazione: entrambi siamo soddisfatti e
l’impresa è ancora più soddisfatta perché i suoi competitor, a causa delle barriere all’entrata,
difficilmente potranno instaurare relazioni profonde con la clientela come quelle che è riuscita ad
instaurare lei.

Il coinvolgimento del consumatore è il pilastro su cui si basa il TES marketing: il coinvolgimento si raggiunge
prima con la consapevolezza del cliente, ovvero il cliente riconosce il valore dell’offerta dell’impresa,
percependolo come diverso da quello della concorrenza e che è customizzato sui suoi bisogni, poi con
l’involvement, ovvero la fiducia generata dall’esperienza e dal valore creato dall’azienda e dal brand (il
brand è un nome, un termine, un segno, un simbolo o qualunque altra caratteristica che ha lo scopo di far
identificare i beni o i servizi di un’impresa e distinguerli da quelli delle altre imprese e che trasmette un
valore emozionale portando vantaggio competitivo all’impresa, detto brand equity, in grado di stimolare la
fedeltà del consumatore). Il valore per il cliente è la differenza tra benefici percepiti e costi monetari e
cognitivi sostenuti dal cliente per assicurarsi l’offerta. La percezione del valore per il cliente si basa su una
valutazione comparativa, confrontando le diverse imprese. L’impresa è dunque chiamata ad aumentare il
valore percepito dai clienti, fornendo non solo un prodotto/servizio soddisfacente, ma anche fornendo una
relazione piacevole con il cliente, attraverso esperienze ed eventi positivi, coinvolgendolo nella co-
creazione di valore.

La matrice informazione-relazione, rapportando l’orientamento alla relazione a quello all’informazione,


individua quattro tipologie di clienti:

1. Clienti con basso orientamento alla relazione e basso orientamento all’informazione ->
orientamento alla transazione: questo tipo di clienti sono particolarmente attenti all’aspetto
economico, scelgono in base al prezzo, si fanno influenzare da promozioni, cercano il prodotto alle
migliori condizioni economiche possibili e si aspettano dall’azienda solo quanto previsto dal
rapporto commerciale, richiedono informazioni semplicemente sul funzionamento del prodotto e la
relazione tra loro e l’impresa è minima, il contatto è ridotto al minimo indispensabile. Sono dunque
difficili da fidelizzare, si spostano continuamente verso aziende disposte a offrire a migliori
condizioni.
2. Clienti poco attenti all’informazione ma molto alla relazione -> orientamento alla relazione: il
cliente apprezza gli sforzi di instaurare un contatto, l’impresa deve intraprendere una relazione
duratura con la clientela richiamandola spesso per es. attraverso interviste post-acquisto,
questionari di soddisfazione, contatti per fornire spiegazioni relative al prodotto o alla garanzia,
tutti atteggiamenti che vengono percepiti dai clienti come “coccole”. L’impresa deve disporre di
personale ben disposto verso gli altri e a dedicare tempo per la gestione dei contatti.
3. Clienti molto attenti all’informazione e poco alla relazione -> orientamento all’informazione:
questi clienti preferiscono un contatto con l’azienda limitato all’acquisizione di informazioni
riguardo al prodotto e alla sua gestione, o alla loro posizione come clienti.
4. Clienti molto attenti sia all’informazione che alla relazione -> orientamento alla partnership:
Quando i clienti percepiscono le aspettative di informazione e di relazione come entrambe
soddisfatte si può innescare il processo di coinvolgimento rendendoli dei partner e aumentando
ulteriormente la loro fidelizzazione.
Passiamo all’analisi del TES marketing mix, ovvero il cruscotto composto dalle 4 P di Mc Carthy: Product
(prodotto), Price (prezzo), Place (distribuzione), Promotion (promozione o comunicazione di marketing).

1. Prodotto
Il prodotto come risultato della co-progettazione: la co-progettazione, che si realizza grazie al
conseguimento di una relazione di partnership con il cliente definendo cosa lui si aspetta dal
prodotto e collaborando alla sua realizzazione, non si tratta di personalizzazione da parte
dell’impresa della progettazione, bensì di co-progettazione che si può realizzare attraverso focus
group allargati cliente-marketing-vendite supportati dall’analisi dei dati di mercato (si può applicare
solo ad alcuni settori, per es. al farmaceutico no perché i clienti non hanno formazione necessaria
per fornire input in materia di farmacologia).
Le ricerche di mercato come prodromo della co-progettazione: le ricerche di mercato sono
strumenti per ottenere il parere (attese, aspettative, preferenze) dei consumatori e possono essere
considerate come una fase costitutiva dell’impostazione della co-progettazione (percorso
congiunto tra azienda e cliente), il quale ne rappresenta un’evoluzione.
La co-progettazione: co-progettando con il cliente si genera valore. Il cliente può essere
ricompensato per la sua collaborazione tramite: ricompensa costitutiva (la soddisfazione che
deriva dall’acquisto di un prodotto che risponde perfettamente alle sue aspettative dato che lui
stesso ha collaborato alla sua progettazione), ricompensa economica (buoni benzina o sconti),
ricompensa motivante (autorealizzazione del cliente per aver potuto fornire il proprio autorevole
parere). Attraverso la co-progettazione possono nascere prodotti ibridi o nuove categorie di
prodotto. Possiamo distinguere tra 4 tipi di co-progettazione:
1. Co-progettazione vera e propria (coinvolgimento attivo you&me): il prodotto ancora non esiste
e viene realizzato dopo l’introduzione degli input derivanti dalla collaborazione in quantità
massive o di target cluster definito, non come unico esemplare.
2. Co-progettazione parziale (on-the-go): un prodotto già esistente non ottiene il successo
sperato dall’impresa (performance ridotta rispetto alle sue potenzialità), la quale decide di
rivolgersi al cliente e collaborando con lui cerca di porre rimedio.
3. Co-progettazione unica su unico committente: il prodotto su cui si collabora è unico, viene
realizzato su misura per una specifica impresa che ha bisogni e attese precisi (settore dei beni
industriali).
4. Personalizzazione su richiesta del cliente: viene applicata su prodotti di specifiche nicchie di
mercato (sartoria). La co-option è invece quando vengono fornite al cliente delle opzioni
possibili tra cui scegliere (customizzazione evoluta).

La GIFT theory come fondamento per la costruzione della co-progettazione: l’atto di donare può
scaturire a tre diversi tipi di relazione:
1. Generalized reciprocity: la persona che regala non lo fa per ricevere in cambio qualcosa, ma nel
caso il dono fosse ricambiato avverrebbe in un secondo momento e non avrebbe
necessariamente lo stesso valore economico di quanto regalato.
2. Balanced reciprocity: il regalo di ritorno è previsto in tempi brevi e di pari importo.
3. Negative reciprocity: colui che regala cerca di massimizzare il proprio vantaggio a spese
dell’altro.
La ricompensa per la co-progettazione deve basarsi sul secondo tipo di relazione, la balanced
reciprocity, perché altrimenti i benefici ricevuti rispettivamente dall’impresa e dal cliente non
sarebbero equi e uno dei due potrebbe decidere di sospendere la co-progettazione. La co-
progettazione è vantaggiosa per l’impresa perché: identifica sin dall’inizio il prodotto finale
atteso dai clienti e riduce quindi eventuali costi di adeguamento del prodotto e anticipa gli
insights del prodotto che viene infatti presentato in anteprima a questi clienti collaboratori. Es.
caso Nissan IDx (2013)- co-progettazione di due modelli con comunità di giovani nativi digitali.

2. Prezzo
Il tes marketing deve ripercorrere il percorso logico del cliente nel valutare il valore del prodotto,
dell’impresa e della persona che eroga il prodotto/servizio. Il valore è il trade-off tra costi e
benefici. Value = benefits (functional benefits+ emotional benefits) / costs (monetary costs, time
costs, energy costs, psychic costs)
Una relazione piacevole e positiva tra cliente e impresa fa aumentare i benefici percepiti dal
cliente. Essendo oggi quella predominante una logica service dominant, in cui il settore dei servizi
regola tutte le attività di produzione all’interno del sistema economico, diventa sempre più
importante come il cliente percepisce il servizio (quindi andando oltre al prodotto acquistato),
ovvero tutto ciò che sta intorno al prodotto (assistenza all’acquisto, post-acquisto). Il valore viene
creato in diverse fasi, attraverso:
1. processo produttivo: valore creato combinando quantità materiali e lavoro
2. utilità: capacità del prodotto di soddisfare desideri e bisogni del consumatore
3. scarsità: disponibilità limitata di un prodotto
4. cliente: massimizzazione del rapporto tra benefici e costi
5. relazione: interazioni reciproche tra impresa e cliente fondate sul mantenimento di una
promessa
6. immateriale: valori simboli significati che offrono un’esperienza coinvolgente
7. co-creazione: collaborazione tra impresa e cliente per creare prodotti che creino valori per
entrambi
8. valore sistemico: coinvolgimento di ogni parte del sistema per creare valore per il cliente.

L’approccio del TES marketing consiste nel ricostruire il processo seguito dal cliente nell’analisi e
nella disaggregazione della performance offerta nelle sue componenti che costituiscono il valore. Il
valore viene disaggregato in 3 macro- vettori: la persona (contatto tra impresa e clienti in senso
lato), il prodotto e l’azienda. A loro volta questi macro-vettori hanno al loro interno altri elementi
più dettagliati, aspetti creatori di valore per il cliente su cui l’impresa deve lavorare, che si
individuano attraverso interviste (es. settore assicurativo, persona: capacità di ascolto, competenza
tecnica, presenza post-vendita, capacità di risolvere problemi; azienda: tradizione di solidità;
prodotto: tutela in caso di richiesta danni). Solitamente il prezzo presentato nelle riviste
automobilistiche e quello richiesto dai concessionari sono diversi, essendo il secondo più alto.
Attraverso la disaggregazione del valore possiamo capire il perché di questa differenza. Dal
momento in cui la concessionaria ritira all’auto al momento in cui l’auto viene venduta a un nuovo
cliente viene attribuito valore agli elementi modificati in questo lasso di tempo, valore scomponibile
in più elementi: nome del concessionario, usato garantito, riacquisto (futuro), disponibilità
immediata, ricondizionamento esterno, tagliando motore. Si procede poi alla valorizzazione del
valoro creato: ad ogni elemento di valore viene assegnato un valore monetario. Infine, si riaggrega
il valore nei tre driver principali: ogni elemento viene assegnato a uno dei driver principali (persona:
credibilità e competenza del venditore, storia, originalità e innovazione; prodotto: auto acquistata,
il modello e il brand; azienda: concessionaria e tutte le sue attività di creazione del valore).

3. Promozione
La pubblicità come comunicazione cross-culturale: dato che ci troviamo in una società
multiculturale, caratterizzata da culture diverse che convivono nello stesso ambiente è necessario
che le imprese puntino alla creazione di messaggi pubblicitari accettabili dalle diverse culture
contemporaneamente presenti del mercato. Hofstede distingue quattro manifestazioni della
cultura:
1. Simboli: parole, gesti e immagini a cui viene attribuito un determinato senso che risulta
evidente solo a coloro che condividono una determinata cultura ma che sono facilmente
identificabili anche da chi non ha lo stesso background culturale.
2. Eroi: persone, anche immaginarie, che sono caratterizzate da visibilità e riconoscibilità
all’interno di una specifica società, diventando modelli di comportamento per essa.
3. Rituali: attività collettive considerate socialmente essenziali in una cultura, situazioni legate a
momenti sociali e pratiche religiose.
4. Valori: convinzioni permanenti che guidano le persone nella scelta tra un comportamento e
l’altro. sono più difficili da individuare perché risiedono nell’inconscio delle persone. Sono al
centro di tutta la cultura.
La figura utilizzata per rappresentare le diverse manifestazioni della cultura è quella
dell’iceberg: i simboli sulla punta (above the water line) sono soggetti all’influenza degli altri
gruppi sociali e sono più visibili; poi vi sono gli eroi, i rituali e infine valori (difficilmente vengono
a contatto e contaminati dalle altre culture e sono più difficili da individuare).

Esistono diversi tipi di comunicazione rivolta a un pubblico multiculturale:


1. Translation only: si limita a tradurre nella lingua del pubblico di riferimento un messaggio
pubblicitario standardizzato
2. Comunicazione culturalmente customizzata: l’impresa effettua degli adeguamenti quando si
rivolge a persone afferenti a culture diverse dalla propria, ma comunque all’interno del mercato
del proprio paese. Sono messaggi pubblicitari specifici e personalizzati per un target (es.
Western Union- servizi di trasferimento di denaro nei paesi di origine), quindi il ritorno
dell’investimento in essi può essere basso proprio perché devono essere realizzati per ogni
target di interesse individuato e saranno recepiti solo da questi target. La matrice della
comunicazione customizzata divide i target presenti nel mercato in aborigeni (residenti storici)
e indigeni (immigrati, cultura diversa), considerando i vari elementi della loro cultura si
potranno produrre 2 tipi di campagne pubblicitarie: la prima con solo un messaggio
indifferenziato senza tenere conto particolarmente dell’aspetto culturale (comunicazione di
massa- comunicazione culture free), la seconda con un messaggio culturalmente customizzato
che contiene solo gli elementi della cultura degli aborigeni e un messaggio culturalmente
customizzato che contiene solo gli elementi della cultura indigena (comunicazione culture
bound).
3. Comunicazione cross-culturalmente customizzata: l’impresa formula un unico messaggio in
grado di attraversare culture diverse, poggiando sui loro elementi comuni così da essere
compreso da tutti i target. Propone rituali, simboli e valori in cui si possono ritrovare più
culture. È necessario quindi studiare le diverse culture presenti nel mercato e identificare gli
elementi comuni da trasferire ai diversi target con i medesimi messaggi. Porta beneficio
economico per l’impresa. Ci si può limitare a una modifica/traduzione del testo e dello
speakeraggio. Il ciclo positivo della comunicazione cross-culturalmente customizzata:
adattamento, adattamento culturale, verifica del fit tra culture diverse, adattamento cross-
culturale, standardizzazione di ritorno (viene utilizzato anche in patria lo stesso messaggio
pubblicitario che era stato adattato).

4. Place (distribuzione)
La politica distributiva come nuova attenzione al retail: oggi viene confermata la tendenza a
cercare sempre più una stretta collaborazione tra industrie e distribuzione per ottenere sia la
soddisfazione delle due parti interessate sia del cliente (per es. industrie iniziano attività di
partnership con i distributori, come prodotti in esclusiva, fanno concorsi, formati speciali di
prodotti, promozioni dedicate). Attraverso la politica distributiva il TES marketing verifica
l’efficacia delle attività di marketing. La domanda del consumatore finale può essere influenzata
anche da leve specifiche utilizzate sul punto vendita che non sono condivise dall’impresa
portando dunque a risultati negativi. Secondo il prof, l’impresa dovrebbe fare un passo in più,
introducendo una nuova funzione, quella del team di TES retail specialist, che si reca sul punto
vendita e verifica che sia stato messo effettivamente in atto quanto fosse stato accordato (se i
prodotti sono esposti come si era deciso), al fine di ottimizzare l’azione di marketing impostata
a monte. Un membro della funzione marketing dell’impresa produttrice si interfaccia con un
suo alter ego nell’impresa distributrice. Il team ha i seguenti compiti: verifica, ottimizza e
comunica le eventuali distorsioni del marketing mix (offerta), aiuta a mettere a fuoco il trade
marketing mix ideale per il punto vendita in cui si sta operando, analizza le vendite e l’efficacia
dell’azione di marketing, comunica al cliente la validità della sua consulenza svolta a livello di
partnership. (cerca definizione di referenze).

Negli ultimi 5 anni il commercio elettronico è cresciuto esponenzialmente perché la


dimestichezza con gli strumento tecnologici in generale è aumentata e perché si tratta di un
canale molto conveniente. Inoltre, nell’ultimo anno, caratterizzato da lockdown dovuti alla
pandemia di Covid, questo tipo di acquisto online è aumentato ulteriormente. Le imprese sono
chiamate dunque a sfruttare gli strumenti web rendendoli parte integrante del proprio
business (e-tailing: vendita di prodotti e servizi online). L’e-commerce rappresenta un vero e
proprio canale distributivo. Esistono diversi tipi di e-commerce a seconda dei soggetti che
prendono parte alle transazioni: business to consumer, business to business, consumer to
consumer (Ebay), consumer to business. Abbiamo poi una distinzione tra canale diretto e
canale indiretto. Nel canale diretto i produttori vendono ai propri clienti attraverso il proprio
sito internet, dove espongono i propri prodotti come se fossero nelle vetrine e elencano le varie
informazioni relative. Dai siti possono inoltre reperire dati utili a fini commerciali e di
marketing. Nel canale indiretto invece i produttori vendono ai propri clienti attraverso dei
distributori digitali che possono essere specializzati, come Zalando per l’abbigliamento, o
multiprodotto come Amazon. Queste piattaforme vengono denominate e-marketplace e sono
luoghi virtuali di intermediazione tra domanda e offerta. La possibilità di interagire
direttamente con l’azienda o con le opinioni dei clienti passati è molto importante perché solo
così si rompe la diffidenza del consumatore incentivandolo all’acquisto. Migliorare la user
experience diventa uno degli obiettivi più importanti per le imprese di oggi: infatti la facilità di
comprensione del sito e delle modalità d’acquisto sono due elementi ricercatissimi dal cliente.
(es. jacks set- angelo zaninoni).

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