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MARKETING E COMUNICAZIONE D’IMPRESA

Cap. 1 La natura del marketing

1.1 Che cos’è il marketing?

Il moderno concetto di marketing può essere inteso come “il raggiungimento degli obiettivi aziendali
attraverso la capacità di rispondere alle esigenze dei clienti e di superarle meglio della concorrenza”. Vi sono
3 principali condizioni affinché il marketing si realizzi:
 le attività dell’impresa devono focalizzarsi sulla soddisfazione del cliente piuttosto che sulla semplice
fabbricazione di prodotti. L’orientamento al mercato esterno non è scontato in quanto le aziende
sono rivolte al proprio interno. L’azienda non ha le capacità di dialogare direttamente con tutti i suoi
consumatori
 raggiungere la soddisfazione del cliente è il risultato di uno sforzo integrato in quanto tutto il
personale è responsabile è orientato alla soddisfazione dei consumatori. Il fatto che il marketing sia
una responsabilità condivisa presenta una sfida significativa per la gestione aziendale
 affinché lo sforzo integrato sia efficace, l’obiettivo primario della direzione marketing deve essere la
soddisfazione della clientela. Gli obiettivi aziendali devono essere allineati alle esigenze dei
consumatori

Le aziende rivolte verso l’interno hanno l’obiettivo di fornire beni/servizi focalizzando la propria attenzione
sull’efficienza con cui le operazioni e i processi interni sono svolti. Le aziende rivolte verso l’esterno
costruiscono la propria strategia partendo dalla comprensione dei need and wants dei consumatori

Il marketing può essere definito come un complesso di attività pianificate, organizzate, controllate, che
partono dallo studio del cliente/consumatore e, più in generale, della domanda e della concorrenza e,
attuandosi in forma integrata, sono volte al conseguimento degli obiettivi aziendali di lungo termine,
attraverso la soddisfazione del cliente/consumatore e la sua fedeltà”

1.1.1 Che cosa rappresenta il valore per il cliente?

La creazione, la gestione e il mantenimento del valore nel tempo rappresenta una sfida per qualsiasi
azienda. Il valore per il cliente è uguale ai benefici percepiti meno il sacrificio percepito.
I benefici percepiti possono provenire dal prodotto, dal servizio associato e dall’immagine dell’azienda. Il
sacrificio percepito è il costo totale associato all’acquisto del prodotto. Comprende il costo monetario, ma
anche dal tempo e dell’energia spesi nell’acquisto
I marketer devono tener conto anche del costo psicologico potenziale legato al fatto di non aver perso la
decisione giusta. Un ulteriore elemento necessario è fare in modo che il valore offerto superi quello dei
concorrenti. Una volta che il prodotto viene acquistato, la soddisfazione del cliente dipende da come
percepisce le prestazioni rispetto alle proprie aspettative ed è raggiunta se queste sono eguagliate o
superate. Se le prestazioni non si dimostrano all’altezza, nel cliente sorge un sentimento di insoddisfazione
Il modello di Kano è utile per capire il concetto della soddisfazione del cliente, poiché
aiuta a separare le caratteristiche che causano insoddisfazione da quelle che causano insoddisfazione. Tre
elementi alla base del modello: l’essenziale (must be), il gradito (more is better), e l’entusiasmante
(delighter)

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le caratteristiche considerate essenziali sono spesso date per scontato. Es i pendolari si aspettano che il
treno parta puntuale e che rispetti gli orari. L’assenza di queste caratteristiche causa fastidio ma la loro
presenza porta la soddisfazione fino a un livello “neutro”. Le caratteristiche gradite possono portare la
soddisfazione oltre al livello neutro fino alla soddisfazione positiva. Le caratteristiche entusiasmanti sono
rappresentate da peculiarità del prodotto “inaspettate”, sorprendono il cliente superandone le aspettative

Quattro forme di valore per il cliente

 valore del prezzo uno dei motori principali all’acquisto è legato al prezzo, alla percezione dei
consumatori del fatto che un prodotto sia più economico rispetto a quelli offerti dai concorrenti.
Sfruttata in molti settori: per esempio le compagnie aree economiche hanno eliminato molti
elementi che prima caratterizzavano il viaggio aereo come l’offerta di pasti in volo, il check-in in
aereo porto e l’assenza di restrizioni sui bagagli
 valore della prestazione alcuni clienti sono propensi a prestare attenzione alle prestazioni del
prodotto. La priorità per le aziende che operano in questo ambito è quella di essere costantemente
innovative per finire prodotti con caratteristiche e funzionalità sempre nuove
 valore emozionale una delle grandi sfide affrontate dalle aziende moderne consiste nel trovare
modi efficaci per differenziare i propri prodotti da quelli di altri produttori, basati sugli stessi
elementi di prestazione. L’unica vera differenza tra i marchi sta nella mente del consumatore ed è
proprio egli a determinare il valore emozionale di un bene o servizio. Questo valore permette anche
di comprendere perché alcuni consumatori sono pronti a pagare un sovrapprezzo per marchi di
lusso
 valore relazionale il suo ruolo è particolarmente rilevante nell’industria dei servizi come la
ristorazione. Quando il cliente trova un fornitore di servizi di buona qualità, può essere disposto a
restare con questo fornitore fino a che si instaura un alto livello di fiducia. La nozione del “valore a
vita” di un cliente è centrale (CLV). Il concetto di CLV è legato alla profittabilità del cliente. Tutte le
aziende sono ormai esperte di sistemi di gestione delle relazioni con i clienti, per conoscere meglio i
propri clienti e interagire con loro. Il valore è considerato sempre più come qualcosa che è co creato
dalle aziende e dai clienti
Aziende che raggiungono una posizione di leadership come Ryanair o Louis Vitton tendono ad avere più
successo dei concorrenti; questo perché hanno una proposta di valore per il cliente (UVP)
chiaramente definita. Motivo principale che spinge i clienti a rivolgersi sempre alla stessa azienda.
Il ruolo chiave del valore per il cliente ci porta a dare la seguente definizione di marketing: il marketing è
fornire valore ai clienti con profitto
I 2 elementi centrali del marketing sono il valore e il profitto

1.2 Lo sviluppo del marketing

Il marketing moderno può essere ricondotto alla rivoluzione industriale che ebbe luogo in Gran Bretagna
nel 1750 e poi negli USA e Germania. Il marketing in quanto campo di studi nacque nella prima metà del
ventesimo secolo, germinando da corsi che affrontavano questioni e problemi relativi alla distribuzione.
L’attenzione dei corsi di marketing negli anni ‘50 e ‘60 verteva sulle diverse modalità di vendita, ponendo
l’enfasi sulle tecniche di marketing. Recentemente ci si è interessati alla filosofia del marketing, in quanto
strumento per fare business.
Nonostante la tradizione, non c’è garanzia che tutte le imprese adottino un orientamento al marketing:
molte sono rivolte al proprio interno.

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Orientamenti di business alternativi:

Questi 3 orientamenti si sono presentati in ordine cronologico: orientamento alla produzione (anni ‘30),
seguito dall’orientamento alle vendite (anni ‘50) e negli anni ‘60 e ‘70 è emersa l’importanza
dell’orientamento al cliente
Gli studiosi prestano grande attenzione al marketing sociale, detto anche sostenibile. Una delle maggiori
preoccupazioni delle imprese e della società risiede nella consapevolezza che le risorse del pianeta sono
limitate e che le varie attività economiche ne consumano una quantità significativa.
Il concetto di marketing sociale sostiene che le aziende dovrebbero al tempo stesso mantenere e migliorare
il benessere della società e del consumatore. Oltre a soddisfare le esigenze dei clienti, le imprese
dovrebbero anche impegnarsi in attività “sociali”. Non sempre l’attenzione alle esigenze del cliente non
sempre riesce a fornire le informazioni che le aziende si aspettano. Infatti i consumatori non sempre
riescono ad esprimere i propri bisogni e desideri.
Le aziende guidate dal mercato o rivolte verso l’esterno cercano cercano di anticipare e di
identificare le esigenze del consumatore e di costruire profili-risorsa necessari per soddisfare le richieste
attuali del mercato e per anticipare quelle future.
Questi due tipi di impresa possono essere considerati due estremità di uno stesso spettro. Quelle
all’interno vengono definite “narcisiste”, le aziende guidate dal mercato si concentrano sui clienti attraverso
tutte le loro attività.

1.2.1 La pianificazione e la strategia di marketing

La pianificazione di marketing riveste un ruolo fondamentale non solo per la sopravvivenza dell’impresa,
ma soprattutto per la creazione di valore che porti al vantaggio competitivo dell’impresa stessa. La
pianificazione include l’analisi dell’ambiente e delle proprie capacità, per arrivare a formulare strategie e
azioni di marketing che dovranno essere continuamente monitorate.

In materia alla pianificazione del marketing di devono porre delle domande chiave:
 A che punto siamo?
 Dove vorremmo essere?
 Come ci arriviamo?

1.3 La missione e la strategia aziendale

Il collante che lega tutte le attività di marketing è la missione d’impresa: una dichiarazione di intenti
chiara, dettagliata e durevole nel tempo, che distingue un’impresa da altre attività dello stesso tipo
(Ackoff)
Questa definizione cattura due elementi essenziali della mission statement: è durevole e specifica a una
singola impresa. Una missione aziendale efficace infonde a un’impresa uno scopo essenziale e definisce gli
ambiti in cui opera.
La personalità e il credo di chi gestisce l’impresa danno forma alla missione aziendale. La vision aziendale è
un’affermazione coerente e potente di ciò che l’azienda dovrebbe mirare a diventare. La vision dovrebbe
servire a motivare il personale a raggiungere gli obiettivi stabiliti nel piano.
La strategia aziendale è l’altra faccia della missione aziendale ed è legata ai processi necessari per
raggiungere il vantaggio competitivo nel mercato coerentemente alla propria mission e vision. Il segreto per
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ottenere una performance superiore in un mercato competitivo risiede nell’’ottenere e mantenere un
vantaggio competitivo.
Le imprese possono realizzarlo differenziando l’offerta di prodotti, o facendo in modo di avere costi di
produzione più bassi. Se si combinano queste due strategie di vantaggio competitivo si generano 4 tipologie
principali di strategie potenziali: differenziazione, leadership di costo, focus sulla differenziazione e focus
sui costi. La strategia di differenziazione e la strategia di leadership di costo cercano un vantaggio
competitivo in un vasto numero di segmenti di mercato, mentre le strategie di focus sulla differenziazione e
di focus sui costi sono confinate a un segmento.
Queste due posizioni di vantaggio abbracciano le quattro forme di valore: es, le aziende possono perseguire
una strategia di differenziazione offrendo prestazioni emozionali superiori o valore relazionale; in
alternativa possono usare una posizione di leadership di costo per offrire una proposta di valore di prezzo.
Altri aspetti della strategia aziendale contribuiscono a orientare le decisioni in materia di pianificazione di
marketing.

1.4 L’audit di marketing

L’informazione è cruciale per sviluppare un piano di marketing efficace. Uno dei punti di partenza della
pianificazione è l’analisi della situazione dell’azienda, operazione conosciuta come audit di marketing e
che mira a identificare le questioni strategiche, le aree problematiche e le opportunità per l’impresa. Si
distingue tra audit interno ed esterno: il primo si concentra sulle aree che sono sotto il controllo del
management aziendale, il secondo si focalizza sulle forze su cui il management non ha controllo. I risultati
dell’audit sono determinanti per la direzione futura del business e possono essere all’origine della
ridefinizione della missione aziendale.
Un modo conciso di presentare i risultati di un audit di marketing è rappresentato da un riassunto delle
forze interne ed esterne che impattano sull’azienda. Il processo, definito analisi SWOT prevede l’analisi
dei punti di forza e delle debolezze interne all’azienda. Affinché sia utile, bisogna seguire delle linee guida:
l’analisi dovrebbe concentrarsi sui punti di forza e sulle debolezze relativi piuttosto che assoluti (tener
conto di ciò che fa la concorrenza); i punti di forza devono essere considerati in modo obiettivo, poiché
potrebbero trasformarsi in punti di debolezza; poi dovrebbero essere inclusi solo i punti di forza a cui il
cliente attribuisce un valore significativo. Infine, opportunità e minacce dovrebbero essere elencate come
eventi o tendenze previste al di fuori

1.5 Gli obiettivi di marketing

Devono essere l’orientamento strategico e gli obiettivi strategici.


L’orientamento strategico comprende le decisioni relative al modo in cui l’azienda sceglie di crescere.
Può scegliere tra quattro opzioni generiche

In un’azienda si deve anche decidere quali siano gli obiettivi strategici specifici per ogni classe di
prodotto. Punto importante in questa fase è che costruire vendite e quote di mercato non è l’unico obiettivo
strategico relativo al prodotto. Mantenere, raccogliere e disinvestire possono essere preferibili in certi casi.
Gli obiettivi di marketing devono essere SMART: specifici, misurabili, realizzabili, realistici e opportuni.

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1.6 La strategia di marketing

Gli elementi chiave della strategia riguardano le decisioni relative alla segmentazione del mercato, al
targeting e al posizionamento.

1.7 Le azioni di marketing

L’insieme delle decisioni nel marketing è stato descritto come mix di marketing dell’azienda. Si fa
generalmente riferimento alle “4P” di prodotto, prezzo, promotion e placement.
Le decisioni relative al prodotto si riferiscono alle scelte fatte in merito ai beni/servizi e ai vantaggi
connessi, che verrano offerti a un particolare gruppo di clienti. Il prezzo si riferisce a tutte le decisioni prese
in merito al prezzo di vendita dei prodotti dell’impresa nonché a tutte quelle decisioni riguardanti
l’aumento o la riduzione dei prezzi in risposta all’attività della concorrrenza e alla domanda dei
consumatori. L’ampiezza dell’attività di comunicazione svolta da un’organizzatrice è detta mix
comunicativo. L’ultima variabile si riferisce alla distribuzione, cioè ai processi attraverso cui i beni e i
servizi vengono distribuiti e consegnati ai clienti.
Sono state individuate altre “p” che possono essere considerate parte del mix di marketing come people,
process, physical environment.

1.8 La valutazione delle prestazioni

Tutti i piani marketing devono essere valutati per determinare se gli obiettivi stabiliti all’inizio del piano
siano stati raggiunti o meno.
I benefici legati all’adozione di un approccio pianificato al marketing includono la coerenza strategica,
l’adeguamento aziendale, lo stimolo del manager e dei dipendenti verso il conseguimento degli obiettivi e
un processo logico di assegnazione alle risorse. Ma nella pratica, la pianificazione comporta difficoltà: per
esempio le scelte legate alla pianificazione possono avere conseguenze per il personale dell’azienda. Può
diventare una scelta eminentemente politica, in quanto diversi individui o dipartimenti dell’azienda cercano
di difendere il proprio territorio creando resistenze al cambiamento o ottenere accesso a maggiori risorse.
Quindi una leadership forte e una chiara comunicazione rappresentano le caratteristiche fondamentali alla
base di una pianificazione efficace

1.9 Il marketing e la performance aziendale

Il marketing funziona? È una domanda controversa e la difficoltà circonda la definizione del marketing e il
suo carattere intangibile. Molte organizzazioni pensano di impegnarsi nel marketing ma sono
semplicemente impegnate nella vendita o nella promozione e, se non raggiungono gli obiettivi prefissati,
possono ritenere i propri sforzi di marketing inefficaci. La vendita e la promozione sono solo una parte del
processo.
In altre aziende, il marketing è visto come il motore centrale della crescita del business. Queste considerano
le spese come un investimento e continuano a spendere per il marketing anche quando vendite e domanda
calano.
Alcuni sostengono che il marketing sia una strategia atta a convincere le persone ad acquistare prodotti di
cui non hanno realmente bisogno. Il marketing funziona, bisogna farlo funzionare in ogni situazione.

Elementi di base. L’efficacia del marketing si testa tramite l’effetto che ha su indici aziendali come la
redditività e la quota di mercato. Narver e Slater, hanno esaminato la relazione tra l’orientamento al
marketing e la performance aziendale. Hanno raccolto i dati in 113 unità di business strategiche di
un'importante società statunitense. Il loro studio ha rilevato che la relazione tra l’orientamento al mercato e
la redditività era lineare.
Doyle sostiene che il marketing soffra di uno status relativamente basso perché i collegamenti tra gli
investimenti di marketing e la redditività aziendale a lungo termine non sono stati messi in luce. Doyle
propone il concetto di marketing basato sul valore: lo scopo del marketing è di contribuire alla
massimizzazione del valore per gli azionisti, che è diventato l’obiettivo generale degli amministratori
delegati in un numero di aziende sempre più crescente nel tempo.
Rust e i suoi colleghi hanno identificato la catena di produttività del marketing che dimostra come gli
investimenti di marketing alla fine si trasformino in risultati aziendali

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La catena inizia con la strategia di un’azienda, tradotta in tattiche specifiche come le campagne che hanno
impatto sui clienti, che a loro volta alimenta l’impatto sul mercato e l’impatto finanziario; aumentando il
valore dell’azienda.

1.10 Le metriche del marketing

Vi sono due elementi chiave della misurazione del marketing: l’efficacia delle attività del marketing
operativo e l’impatto del marketing sui risultati di bilancio. Misurare l’efficacia delle attività del marketing
operativo dipende dal tipo di attività di marketing intrapresa. Per esempio, l’attività di distribuzione può
essere misurata esaminando i livelli di inventario. Le decisioni di marketing devono contribuire alla
creazione di valore per l’azienda e per i consumatori, e sono chiamate ad aumentare i profitti.

1.11 L’ambito di applicazione di marketing


Fino ad ora l’attenzione era volta sull’applicazione del marketing in contesti commerciali. Ma questo
concetto può essere applicato in molti ambiti, come per esempio i partiti politici spesso criticati per il loro
eccessivo uso di marketing

Cap. 2 Le ricerche di marketing


L’obiettivo primario delle ricerche di marketing è quello di fornire informazioni per assumere decisioni
efficaci. I responsabili di marketing devono riconoscere che anche nel progetto di ricerca meglio eseguito
possono nascere insidie; la ricerca non è in grado di prevedere in assoluto quello che succederà in futuro;
dovrebbero prendere decisioni anche in base alle loro personali esperienze.
Allo stesso modo la ricerca di marketing può limitare i rischi insiti nell’introduzione di un nuovo prodotto

Anche se vi sono diversi tipi di ricerca, è possibile riconoscere il processo attraverso cui si realizza:

1. Il primo passo è l’esplicita determinazione dei suoi obiettivi. Manager e ricercatori devono
analizzare e definire la situazione attuale, per giungere a una chiara raffigurazione del problema.
Alla fine della fase dovrebbero essere d’accordo su: il contesto di riferimento, la natura del
problema, domande alle quali la ricerca dovrebbe trovare una risposta
2. Un piano di ricerca enuncia la natura della stessa e comprende una spiegazione ai vari elementi
quali la determinazione del campione scelto, le misurazioni e le metodiche analitiche. Incidono sul

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piano di ricerca tre interrogativi: necessità di dati primari o secondari, se la ricerca deve essere
quantitativa o qualitativa, se l’azienda procederà autonomamente o si affiderà a uno specialista
2.1 i dati primari sono i dati raccolti specificatamente per la questione affrontata dalla ricerca; i dati
secondari sono i dati raccolti in precedenza per altri scopi, più economici ma meno validi per le strategie
aziendali
2.2 in seguito è necessario decidere se la tecnica migliore risieda in una ricerca qualitativa o quantitativa.
Quando si decide di fare entrambe, è preferibile avviare prima la fase qualitativa.
 Le ricerche qualitative hanno una finalità prevalentemente “esplorativa”: servono a trovare
indicazioni utili per la soluzione di un problema. Non è richiesta la rappresentatività statistica dei
campioni utilizzati
I due generi di ricerca qualitativa più comuni sono i focus group e le interviste in profondità. I primi si
basano su discussioni fra un numero ristretto di partecipanti coordinati da un moderatore e servono a
generare nuove intuizioni e idee. Il moderatore svolge un ruolo di stimolatore della conversazione. Il focus
group facilita l’interazione tra i partecipanti e contribuisce quindi a generare informazioni utili
Nelle interviste in profondità l’intervistatore si rivolge a un unico soggetto e sviluppa per diverse ore un
certo tema; la funzione di questa tecnica è quella di sviscerare argomenti quali i significati attribuiti da un
individuo a vari prodotti o marchi. Si cerca di approfondire le percezioni delle persone in un ambientazione
protetta. Queste interviste permettono di eliminare le mediazioni e i condizionamenti che possono
riscontrarsi in un’intervista di gruppo.
 Le ricerche quantitative hanno come finalità quelle di descrivere i fenomeni fornendone una
dimensione. I quattro generi comunemente usati sono:
 l’osservazione utilizzata per esempio nei supermercati per determinare quale percorso compiano i
clienti all’interno, le informazioni poi possono essere sfruttate per progettare i nuovi punti vendita
 La survey comporta la raccolta di dati mediante un questionario. Utilizzata per indagare le
condizioni, il grado di soddisfazione della clientela. Le survey personali sono molto valide ma
costose
 Per attuare una ricerca sperimentale si agisce su un’unica variabile, per esempio modifica del solo
prezzo in un solo negozio
 La ricerca a modello matematico sovente viene realizzata su dati secondari che tramite equazioni
correla le diverse variabili e, grazie a tecniche econometriche e statistiche, analizza l’efficacia sulle
vendite di tattiche e strategie
2.3 ricerca interna e ricerca esterna
3. Per condurre la ricerca, bisogna attrezzarsi per la raccolta dei dati e quindi procedere al loro
effettivo reperimento. Nella raccolta dei dati effettivi è importante riuscire ad ottenere e registrare la
maggior quantità possibile di informazioni utili. Una raccolta di dati mal riuscita porterà a uno
stadio piuttosto povero di risultati, mentre uno scarso rispetto dei soggetti intervistati solleverà
problemi di natura pratica ed etica.
Nelle indagini quantitative, il questionario è lo strumento intorno al quale ruota la raccolta di dati. Devono
essere progettati tenendo conto degli obiettivi della ricerca e si basano su alcuni aspetti chiave
I. La scelta del tipo di domanda
II. La modalità di formulazione
III. L’ordine delle domande

I. Vi sono quattro tipologie di domande presenti in un questionario: aperte, chiuse, filtro, di


controllo. Le prime due individuano il tipo di risposta che l’intervistato è chiamato a fornire; le altre
costituiscono espedienti tecnici, per velocizzare la somministrazione e verificare la coerenza delle
risposte fornite in precedenza.

II. Per la formulazione delle domande, bisogna seguire regole fondamentali, in maniera da evitare
distorsioni nelle risposte:
a. essere sintetici e precisi
b. ricorrere a un linguaggio semplice e scorrevole
c. evitare di essere invasivi della sfera privata dell intervistato

III. L’ordine delle domande deve favorire la massima fluidità nelle risposte (es ricercando una
successione logica degli argomenti)

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Le tecniche di ricerca si sono affinate nel tempo, di conseguenza oggi non si parla più soltanto di ricerche
qualitative e quantitative ma anche di ricerche destinate a finalità mirate. Alcune che vengono
maggiormente svolte dalla maggioranza degli Istituti di ricerca:
1. Product test. Test prevalentemente qualitativo che rileva gli aspetti ( emozionali, razionali, di
esperienza) che legano i consumatori all’uso e all’acquisto di un prodotto. Può essere “comparato”,
perché messo a confronto con prodotti della concorrenza, o “monadico”, se viene sottoposto da solo
al consumatore
Blind test. I prodotti vengono proposti al giudizio del consumatore senza indicazione della marca o altri
elementi che possano favorirne il riconoscimento
2. Package test. Indagine qualitativa in cui si misura l’impatto complessivo generato dalla confezione.
Si mostra una foto o il package vero e proprio e gli intervistati devono valutare gli aspetti estetici e la
funzionalità
3. Pricing test. Test utilizzato per verificare come si modifica l’intenzione di acquisto in funzione del
prezzo
4. Advertising test. I messaggi pubblicitari vengono sottoposti a specifiche indagini per misurare
l’efficacia della comunicazione e la qualità dei contenuti creativi. Prima del lancio dello spot, ciò
avviene sul piano qualitativo. Una volta che lo spot è stato mandato in onda, si effettua un test
quantitativo, dove si misurano alcune variabili:
 la risposta cognitiva dell’audience obiettivo: valutati aspetti percettivi legati alla
visione della pubblicità
 la risposta affettiva come atteggiamento verso la marca e coinvolgimento verso il
prodotto
 la risposta comportamentale persuasività e stimolo all’acquisto del prodotto

4. Questa fase include la preparazione dei dati per l’analisi e l’analisi vera e propria. La preparazione
comporta la messa in ordine, la strutturazione e la codifica per l’analisi dei dati raccolti. I vari database
devono essere classificati e contrassegnati con chiarezza. I dati provenienti da ricerca qualitativa consistono
di registrazioni delle interviste, il cui contenuto sarà valutato nella prospettiva di una ricerca di idee e di
nuove conoscenze. Il punto critico di questa fase è l’interpretazione e la valutazione dei risultati. Le ricerche
di marketing presentano sempre delle ambiguità.

5. La relazione conclusiva è un documento nel quale viene presentato un resoconto completo delle attività
intraprese. I limiti della ricerca vanno attentamente segnalati. La relazione deve essere chiara e priva di
ambiguità rispetto a ciò che si è fatto e alle raccomandazioni che ne emergono

5.3 I sistemi informativi di marketing

I sistemi informatizzati sono utilizzati dagli operatori di marketing per raccogliere, ordinare, conservare,
elaborare e distribuire le informazioni funzionali alle decisioni. Un sistema informativo molto in uso è
MDSS Marketing Decision Support System. Si tratta di un sistema coordinato che prevede raccolta dati,
strumenti idonei e tecniche che necessitano di hardware e di software. Questo genere di sistema richiede tre
tipi di software:
 software di gestione di database
 software di gestione base di modelli
 sistema di dialogo che permetta all’operatore di esplorare i database e sfruttare i modelli per
generare informazioni funzionali

I sistemi di supporto sono designati a gestire le informazioni provenienti da fonti interne e/o esterne.
Quelle interne includono dati come per es la registrazione delle vendite. Quesire informazioni sono molto
importanti per valutare l’efficacia e l’efficienza delle varie strategie di marketing. Le informazioni esterne
sono relative ai cambiamenti ambientali che potrebbero influenzare le strategie di marketing. Risultano
necessarie in riferimento a cambiamenti nelle economie e nelle società globali.

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Cap. 3 L’ambiente globale di marketing

Un’azienda orientata al mercato deve guardare all’esterno, verso l’ambiente in cui opera e deve adattarvisi
per sfruttare le opportunità emergenti e minimizzare le minacce potenziali. L’ambiente di marketing si
divide in microambiente e macroambiente.

Il microambiente è costituito dagli attori dell’ambiente o del sistema di business, immediatamente


circostante all’impresa. Gli attori principali del microambiente sono i fornitori, i distributori, i clienti e i
competitor. Il macroambiente è costituito da un più ampio ventaglio di forze che influenzano non solo
l’azienda, ma anche gli altri attori che operano nel microambiente.

2.1 Il macroambiente

l’analisi delle forze del macroambiente è definita “analisi PESTEL”, dove le lettere indicano le forze analizzate (ovvero
Political, Economic, Social, Technological, Environmental, Legal)

2.1 Le forze economiche


L’ambiente economico può avere un’influenza determinante sul successo di un’azienda, poiché condiziona sia l’offerta
sia la domanda. Le forze economiche più rilevanti sono identificate in crescita economica e disoccupazione; tassi di
interesse e di cambio; imposte e inflazione

La crescita economica e la disoccupazione


L’economia tende a fluttuare in base al “ciclo economico". La maggior parte delle economie mondiali ha attraversato
un periodo di crescita negli anni dal 2000 al 2005. I capitali accumulati in settori come la vendita al dettaglio, i servizi,
i beni di consumo durevoli e le materie prime sono il risultato di questo modello economico.

Tasso d’interesse e tassi di cambio


Una delle leve che il governo usa per gestire l’economia sono i tassi d’interesse. Definito come tasso al quale il denaro è
preso in prestito dalle imprese e dai privati. I tassi d’interesse sono a livelli storicamente bassi. Ne è risultato un boom
dei prestiti al consumo per investimenti nel settore immobiliare. Ciò ha indotto un aumento delle vendite e dei profitti
per le imprese edili e per i rivenditori di mobili come Ikea. L'Indebitamento totale delle famiglie in termini di PIL è
aumentato negli ultimi due decenni, mentre il tasso di crescita è stato variabile.
I tassi di cambio sono i tassi ai quali una valuta ne compra un’altra. I tassi di cambio tra la maggior parte dei paesi
europei sono fissi. I tassi ai quali l’euro, il dollaro, lo yen sono scambiati sono ancora variabili e incidono sulla
redditività delle operazioni internazionali di un’impresa.

Le imposte e l’inflazione
Esistono due tipi di imposte personali: dirette e indirette. Le imposte dirette riguardano il reddito e il patrimonio.
L’imposta sul reddito è importante per il marketing perché determina i livelli di reddito che i consumatori hanno a
disposizione. Quando le tasse diminuiscono, i consumatori conservano una parte maggiore dei loro guadagni e hanno
più denaro da spendere. Le tasse indirette comprendono l’imposta sul valore aggiunto (IVA), le accise e le tariffe e
sono incluse nel prezzo dei beni e dei servizi che acquistiamo. Esse incidono in maniera importante sulle variabili nel
marketing mix. Le differenze nei livelli di tassazione indiretta tra Paesi all’origine del problema dell’importazione
parallela.

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L’importazione parallela rappresenta una sfida per i distributori che operano nei Paesi ad alto costo, poiché
non gli è consentito accedere a questa fonte di approvvigionamento. L’inflazione è la misura del costo della
vita in una data economia. Il tasso di inflazione è monitorato calcolando le variazioni di prezzo su un
paniere di prodotti quali gli affitti/i rimborsi di mutui, il petrolio, l’abbigliamento, i prodotti alimentari e i
beni di consumo durevoli. Aumenti rapidi dell’inflazione riducono anche il valore futuro dei risparmi, degli
investimenti e delle pensioni.

2.1.2 Le forze sociali

Quando si esamina l’ambiente sociale, si devono esaminare due elementi principali: i cambiamenti
demografici e le differenze culturali esistenti all’interno dello stesso Paese e tra Paesi.

Le forze demografiche
Il termine demografia si riferisce ai cambiamenti nella struttura della popolazione. Il fattore più
significativo nelle società è la rapida crescita della popolazione mondiale negli ultimi 200 anni. Da un lato,
ciò offre ai marketer opportunità interessanti perché molti mercati sono in crescita, dall’altro desta
domande sulla sostenibilità di questa crescita globale. Un secondo fattore significativo riguarda le variazioni
nella crescita della popolazione. La globalizzazione ha generato altri due effetti demografici interessanti: le
migrazioni tra Paesi e l’aumento delle classi medie e alte nei Paesi con un basso PIL pro capite. Riguardo al
primo ha generato ingenti spostamenti di manodopera, in particolare dalle aree più povere dell’Europa
centrale e orientale verso i più ricchi Paesi dell’Europa occidentale.
Riguardo al secondo effetto ha prodotto vasti segmenti di consumatori facoltosi in Paesi con bassi salari
medi, come la Russia e l’Indonesia.
Un altro importante cambiamento demografico che continua ad influenzare la domanda dei beni e servizi è
l'aumento della popolazione di età superiore ai 60 anni e il contestuale declino del segmento di età più
giovane. L’aumento degli over 55 crea notevoli opportunità di marketing: questo segmento ha molti meno
impegni legati al rimborso di mutui rispetto ai giovani. Queste tendenze implicano che molte aziende
potrebbero aver bisogno di riposizionare la propria offerta di beni e servizi per tenere conto dell’aumento
del cosiddetto potere d’acquisto ‘grigio’. Sta emergendo però l’importanza di nuove coorti generazionali,
come i Millennial o la Generation Z. Infine, una tendenza demografica che sta emergendo è la crescita del
numero di unità domestiche e la diminuzione delle loro dimensioni. Le persone scelgono di sposarsi più
tardi o di rimanere single, i tassi di divorzio sono in aumento e le famiglie sono più piccole di quanto non lo
fossero in passato.

Le forze culturali
Le differenze culturali influenzano il modo in cui le attività economiche vengono condotte. I marketer
internazionali devono prestare attenzione al possibile impatto della cultura sulle percezioni e le abitudini di
acquisto dei consumatori. È importante considerare che esistono sottoculture anche all’interno dello stesso
Paese. Il rapido movimento delle popolazioni ha portato sottoculture etniche creando mercati di nicchia
potenzialmente redditizi.
Inoltre le tendenze sociali e le mode generano ulteriori sottoculture caratterizzate dal fatto che gli
appartenenti si vestono e si comportano uniformemente.

Le forze politiche e legali


Le decisioni di marketing possono essere influenzate dalle forze politiche e legali che determinano le regole
secondo le quali si può fare business. Le forze politiche riflettono spesso i legami tra politici e uomini
d’affari. Queste relazioni sono spesso coltivate dalle aziende per monitorare il clima politico, ma anche per
influenzarlo.
Le decisioni politiche possono avere conseguenze importanti per le imprese. Per esempio, possono portare
alla creazione o al trasferimento di interi settori o imprese. La produzione e la vendita di marijuana sono
illegali nella maggior parte dei paesi, il Colorado è diventato il primo stato degli Stati Uniti a consentirne la
vendita legale. Ciò ha generato un nuovo settore, nonché una nuova fonte di entrate fiscali per lo stato.
Inoltre, le decisioni politiche possono incidere profondamente sulle attività economiche: in reazione alla
decisione degli Stati Uniti di invadere L Iraq, alcune aziende leader sono state attaccate e alcuni prodotti
americani boicottati.

L’unione Europea
In passato, l’unità economica di base era il Paese, che godeva di ampia autonomia in materia di decisioni
economiche e in relazione all’offerta e alla domanda. Negli ultimi trent’anni la situazione è rapidamente
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cambiata, a causa del processo di globalizzazione. Le più grandi aziende del mondo, come Google, ora sono
più grandi di molti Paesi. Alcuni Paesi si sono uniti per formare aree economiche in modo da gestire più
efficacemente i propri affari. Allo stesso modo, Stati Uniti, Canada e Messico hanno siglato, nel 1994, un
accordo per il libero scambio denominato NAFTA.
I paesi dell’anello del Pacifico si sono riuniti, allo scopo di contribuire allo sviluppo economico, sociale e
culturale della regione, assicurandone stabilità, in un’associazione denominata ASEAN
Con la realizzazione dell’Unione economica sono migliorate le prospettive di adottare in tutta l’Europa una
strategia paneuropea o standardizzata. La standardizzazione dipende però dal tipo di prodotto.

La legislazione pro-concorrenziale
L’azione politica può anche tradursi in legislazione e in direttive meno formali, che possono incidere
profondamente sul modo in cui vengono svolte le attività economiche. Una delle principali aree d’azione dei
regolatori è garantire che la concorrenza sia equa e legale e che operi in modo tale che i consumatori e la
società in generale ne traggano vantaggio. In passato, il controllo dei monopoli in Europa era disciplinato
dall’articolo 86 del trattato di Roma, che mirava a prevenire “l’abuso” di una posizione dominante sul
mercato. Il controllo è stato intensificato nel 1990 quando l'UE ha adottato il suo primo meccanismo diretto
per regolamentare le fusioni e le acquisizioni: il Regolamento comunitario sulle concentrazioni. Al termine
di una battaglia legale durata nove anni, Microsoft ha ammesso la propria sconfitta nel 2007, dopo che la
Commissione Europea l’ha accusata di aver abusato della sua posizione dominante nel mercato del
software. Nel 2011, la Commissione ha ordinato un’indagine su Google che si è conclusa il 18 luglio 2018
con un’ammenda di 4,34 milirardi per violazione delle norme antitrust. Nello specifico, la Commissione
concluse che Google occupava una posizione dominante sui mercati dei servizi di ricerca generica su
Internet, dei sistemi operativi per dispositivi mobili intelligenti che possono essere concessi in licenza e dei
portali di vendita di applicazioni per il sistema operativo Android. AGCM in Italia è un’autorità
amministrativa indipendente le cui competenze riguardano la tutela della concorrenza, la totale del
consumatore, il conflitto d’interessi e il raiting di legalità.

La legislazione sui diritti dei consumatori


Molti Paesi europei hanno una legge sulla protezione dei consumatori che regola il modo in cui le aziende
interagiscono con i consumatori e pubblicizzano i loro prodotti. Queste legislazioni generalmente
proibiscono pratiche ritenute ingiuste, fuorvianti o aggressive. Nata nel 1922, l’Antitrust reprime la
pubblicità ingannevole, diffusa con qualsiasi mezzo. Dal 2000 ha iniziato a valutare anche la pubblicità
comparativa. Solo nel 2005 è stato riconosciuto all’Autorità il potere di imporre multe. Nel 2007 le
competenze sono state ampliate: è stata introdotta la tutela del consumatore contro tutte le pratiche
commerciali scorrette delle imprese nei confronti dei consumatori. La tutela contro le pratiche scorrette si
estende anche alle microimprese.
Le decisioni politiche e legali possono cambiare le regole del business molto velocemente.

I codici di condotta
Oltre alle varie leggi in vigore, alcuni settori hanno elaborato codici di condotta per proteggere gli interessi
dei consumatori. Tuttavia sono spesso violati, poiché gli inserzionisti forzano i confini di ciò che è
socialmente accettabile per aumentare il numero di like, condivisioni e commenti sui social media. Il settore
della ricerca di marketing ha elaborato un codice di condotta per proteggere le persone da attività non
etiche come l’utilizzo della ricerca di marketing come pretesto per la vendita di dati. Aziende come Coca-
Cola o Pepsi hanno iniziato a limitare le vendite di bibite gassate nelle scuole, nel tentativo di placare le
critiche ed evitare l’introduzione di regolamentazioni, come quella imposta in Francia, che vietano i
distributori automatici nelle scuole.
I marketing manager devono essere consapevoli dei vincoli che l’ambiente politico e legale impongono alle
loro attività. Costoro devono infatti valutare in che misura sia necessario influenzare le decisioni politiche
che possono avere un impatto sul business e in quale misura il settore debba essere autoregolato al fine di
mantenere standard elevati di soddisfazione del cliente.

Le forze ecologiche
Il cambiamento climatico è uno degli argomenti su cui più si è dibattuto negli ultimi anni. Molti sostengono
che l’attività umana acceleri l esaurimento dello strato di ozono, provocando un aumento graduale della
temperatura mondiale. A sua volta ciò provoca lo scioglimento delle calotte polari e causa eventi
meteorologici estremi. Esistono opinioni contrarie ed esse suggeriscono che il riscaldamento globale sia in
gran parte il risultato di un ciclo naturale e adducono come prova il fatto che le temperature globali siano
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cresciute molto più lentamente. Il riscaldamento globale implica che le imprese devono ridurre le proprie
emissioni di CO2 e devono trovare soluzioni di fronte al divieto dell’uso di clorofluorocarburi.
Ciò potrebbe indurre i consumatori a volare meno o potrebbe addirittura far sì che essi siano incoraggiati a
non volare, cosa che avrebbe ripercussioni sull’industria areonautica. Il CORSIA stabilisce che a partire dal
2019 le compagnie aeree dovranno monitorare e notificare i propri livelli di emissione di CO2.
L’inquinamento
L’ambiente può essere danneggiato dalla produzione, dall’uso e dallo smaltimento dei prodotti. Situazione
particolarmente problematica può essere registrata in Cina dove, nel primo quadrimestre del 2018,
l’emissione per l’uso del carbone è incrementata del 4%. La pressione da parte delle autorità di
regolamentazione e dei gruppi dei consumatori contribuisce alla lotta contro l’inquinamento che si esplica
attraverso anche tasse ambientali.

La conservazione di risorse scarse


La presa di coscienza del limite delle risorse mondiali ha fatto sì che molti ponessero la propria attenzione
sul ruolo della conservazione delle risorse stesse.
Questo si riflette per esempio nell’aumento della domanda di abitazioni ad alta efficienza energetica e di
auto a basso consumo di carburante. Nel Regno Unito c’è un forte incremento dell’installazione di pannelli
solari, incoraggiato da incentivi rivolti alle famiglie che producono elettricità in eccesso, la quale viene poi
rimessa in circolazione nella rete.
Le opinioni pubbliche mondiali sono sempre più coscienti che l’acqua potrebbe presto scarseggiare e che
quindi debba essere conservata.
La risposta delle imprese: nel 2007 il Consiglio europeo ha adottato alcuni obiettivi ambiziosi in ambito di
energia e cambiamenti climatici, da raggiungere entro il 2020. Obiettivo ultimo è rendere l’UE un leader
mondiale nel campo delle energie rinnovabili e garantire il conseguimento dell’obiettivo di un consumo di
energia da fonti rinnovabili pari ad almeno il 27% totale dell’energia consumata nell’UE entro il 2030.
Questo ha indotto una rapida crescita del settore delle turbine eoliche, che ha avuto due conseguenze. La
prima è che sono diventate impopolari presso i residenti locali, a causa delle loro dimensioni e dell’impatto
che hanno sul paesaggio. La seconda consegue la prima: molti parchi eolici sono stati spostati al largo.

Imballaggi riciclabili e anti-spreco


Negli ultimi 20 anni l’attività di riciclaggio è aumentata in tutta Europa. Ridurre gli sprechi legati agli
imballaggi non è solo rispettoso verso l’ambiente ma ha anche un significato dal punto di vista
commerciale. Per esempio la diffusione dei pc ha generato notevoli problemi di riciclaggio, poiché
contengono molte sostanze nocive e inquinanti. La legislazione UE obbliga i produttori ad affrontare il
problema del riciclaggio dei propri prodotti: una parte dei costi è presa in carico dalle aziende e il resto dai
consumatori.
La Direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche è diventata una legge europea nel 2003 e
impone la responsabilità dello smaltimento dei prodotti elettrici ai produttori. I consumatori hanno il
diritto di riportare i vecchi prodotti elettrici ai venditori, anche se il costo di questa attività è stato in gran
parte trasferito ai consumatori attraverso una tassa di riciclaggio aggiuntiva.

L’uso d’ingredienti rispettosi dell’ambiente

Gli ambientalisti sostengono l’uso di ingredienti biodegradabili e naturali. L’industria dei giocattoli è stata
criticata per l’uso eccessivo di materie plastiche e di altri prodotti non compatibili con l’ambiente. Alcune
startup come Green Toys e Anamalz hanno adottato un approccio diverso. La prima crea giocattoli di
plastica a partire da bottiglie di latte riciclate e li vende in confezioni di cartone riciclato. La seconda utilizza
legno anziché plastica.

I test sugli animali


Molti nuovi prodotti per ridurre il rischio che siano nocivi per l’uomo vengono testati sugli animali prima
della loro immissione sul mercato. Questo suscita opposizione. Body Shop per esempio ha riscontrato molto
successo per i valori aziendali, che prevedono che i prodotti non siano soggetti a test sugli animali.

La responsabilità sociale d’impresa (RSI)


Termine che descrive una forma di autoregolamentazione esercitata dalle imprese e basata sul principio
etico che una persona o un’organizzazione sono responsabili del modo in cui le loro azioni influenzano
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l’ambiente e il pubblico. I marketer manager devono sempre ricordare che le aziende fanno parte della
società e che a essa devono rispondere delle proprie azioni. Le aziende sono sempre più consapevoli della
necessità di comunicare le proprie attività socialmente responsabili. È stato introdotto così il termine
“green marketing” per descrivere gli sforzi di marketing per produrre, promuovere e rigenerare prodotti
sostenibili per l’ambiente. Nel tempo questo concetto si è evoluto sensibilmente, fino ai nostri giorni in cui
si parla di “eco marketing” definito come una componente dei nuovi approcci di marketing che
rifocalizzano, modificano e migliorano la filosofia e la pratica di marketing esistenti, offrendo una
prospettiva dissimile.
Si può affermare che la responsabilità sociale delle imprese è parte fondamentale della strategia aziendale
che è esaminata attentamente da alcuni stakeholder in particolare, come i gruppi di pressione, gli azionisti
privati e gli investitori istituzionali.
Da questi sviluppi derivano due risultati:
 la crescita del social reporting. Consiste negli audit indipendenti commissionati dalle aziende,
riguardo alle proprie performance sociali, e ai relativi risultati. Attualmente la maggior parte delle
più grandi aziende del mondo produce report di sostenibilità
 Il Cause-Related Marketing (CRM) è definito come “processo di formulazione e implementazione di
attività di marketing che sono caratterizzate da un sistema di offerta di parte del brand, il quale
devolve una certa somma a una causa designata quando il consumatore acquista beni o servizi
dell’impresa, soddisfacendo obiettivi di natura individuale e organizzativa

La caratteristica che accomuna tutte le azioni di CRM è che l’azienda si lega a una causa designata con la
finalità di aumentare l’engagement del consumatore nei propri confronti, e aumentare anche le transazioni
generando dei mutual benefits.
Il CRM è finalizzato al raggiungimento di 3 obiettivi:
 miglioramento dell’immagine dell’impresa verso un determinato segmento di mercato attraverso
l’associazione con una causa
 Promozione dell’immagine dell’impresa come attore economico socialmente responsabile
 Aumento dei profitti grazie all’aumento della quota di mercato nel segmento target

Esistono 3 tipologie fondamentali:


 Le promozioni transaction based, che sono incentrate attorno alle transazioni sul mercato, come per
esempio l’acquisto di un prodotto
 Le promozioni joint issue avvengono quando una o più organizzazioni no profit e imprese si
uniscono per affrontare un problema sociale attraverso tattiche come la pubblicità o la distribuzione
di prodotti. Queste promozioni possono includere degli eventi specifici per aumentare il supporto
alla causa
 Il licensing avviene quando una compagnia usa un aspetto di un’organizzazione no profit in cambio
del pagamento di una fee (parcella).

L’etica del marketing


Con etica si intendono i principi morali e i valori che governano le azioni e le decisioni di un individuo o di
un gruppo. L’etica include valori che indicano se una condotta è ritenuta giusta o sbagliata. Si può
distinguere tra legalità e l’eticità delle decisioni di marketing.
L’etica riguarda i valori e i principi morali personali, mentre le leggi riflettono i principi della società e le
norme applicabili nei tribunali. Di conseguenza, non tutte le pratiche non etiche sono illegali.
Molti dilemmi etici sorgono dal conflitto tra i profitti e l’operato delle aziende. Per esempio, utilizzando il
lavoro minorile, il costo di produzione è mantenuto basso e dunque aumentano i margini di profitto.
Il movimento dei consumatori
Si intende un insieme di individui, gruppi e organizzazioni il cui scopo è quello di salvaguardare i diritti dei
consumatori. Oltre ad offrire informazioni tratte da test indipendenti sui vari prodotti e a fare campagna
contro pratiche aziendali sleali, s’interessano anche alle qualità e alla sicurezza dei prodotti e all’accuratezza
delle informazioni.
Il movimento non dovrebbe essere considerato come una minaccia dalle imprese: i marketer dovrebbero
considerare le preoccupazioni che esso esprime come un’opportunità di creare nuovi beni e servizi per
soddisfare le esigenze di segmenti di mercato emergenti.

Le forze tecnologiche

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Molte innovazioni tecnologiche hanno cambiato le regole della competizione. Monitorare l’ambiente
tecnologico può aiutare a scoprire opportunità di business e d’investimento in nuove aree tecnologiche.
Possono creare nuovi mercati, ma anche destare preoccupazione.
La velocità con cui la tecnologia può diventare parte della nostra vita è illustrata dalla rapida penetrazione
di applicazioni di software o app.
La chiave per un investimento tecnologico di successo è il potenziale di mercato, non la sofisticazione
tecnologica fine a se stessa. In sintesi, una grande varietà di forze presenti sul macroambiente incide su
un’azienda. Queste forze hanno in comune quello di essere fuori dal controllo dell’impresa e possono
rappresentare sia un’opportunità sia una minaccia per il suo futuro
2.2 Il microambiente

2.2.1 I clienti
I clienti determinano il successo o il fallimento di un business. La sfida per l’azienda è quella di identificare
le esigenze del mercato a cui non viene data risposta e ottenere e mantenere una base di clienti. Questo
implica da un lato che l’azienda deve essere attenta alle esigenze sempre in cambiamento del mercato e,
dall’altra, che deve essere flessibile e adattarsi per sfruttare le opportunità che si presentano e combattere le
minacce potenziali

2.2.2 I distributori
Alcune aziende, come le imprese di vendita per corrispondenza, le società di musica online e i fornitori di
servizi, distribuiscono direttamente ai clienti.

2.2.3 I fornitori
Il futuro di un’azienda non è influenzato solo dai distributori, ma anche dai suoi fornitori. La catena di
approvvigionamento può essere molto semplice o molto complessa. Per esempio, un’auto ordinaria
contiene circa 15000 componenti. Di conseguenza, l’industria automobilistica è servita da tre livelli di
fornitori. Le aziende del primo livello realizzano sistemi completi come i sistemi elettrici o i sistemi di
frenatura. Queste aziende sono a loro volta rifornite da fornitori del secondo livello, come quelli che
producono cavi. A loro volta, le aziende del secondo livello sono fornite da aziende del terzo livello.
Come i distributori, i fornitori potenti possono ricavare redditività da un settore limitando la fornitura di
componenti essenziali facendone lievitare il prezzo.
I fornitori devono attenersi alle regole di sostenibilità, altrimenti una loro deviazione dalle direttive
dell’azienda potrebbe causare un disallineamento tra le dichiarazioni di sostenibilità dell’azienda e il suo
reale comportamento.

2.2.4 I competitor
I livelli di concorrenza variano a seconda dei settori.
Uno strumento molto utilizzato per analizzare il microambiente è il modello delle cinque forze di Porter. Si
è interessato al motivo per cui alcuni settori sembrano intrinsecamente più redditizi di altri e ha concluso
che l’attrattiva di un settore è funzione di cinque forze: la minaccia di entrata di nuovi competitor, la
minaccia di sostituti; il potere di negoziazione dei fornitori; il potere di negoziazione degli acquirenti; la
rivalità tra i competitor già sul mercato.

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La minaccia di nuovi competitor
La minaccia dipende dalle barriere all’ingresso. Esistono alte barriere in alcuni settori. Tra le principali
barriere di accesso:
 le economie di scala
 I requisiti di capitale
 I costi del cambiamento
 L’accesso alla distribuzione
 Le possibili ritorsioni

Il potere di contrattazione dei fornitori


Il costo delle materie prime e dei componenti può pesare notevolmente sulla redditività di un’azienda. Più
elevato è il potere di contrattazione dei fornitori, maggiori sono questi costi. Sarà elevato quando:
 ci sono molti acquirenti e pochi fornitori dominanti
 I prodotti offerti sono differenziati e di alto valore
 I fornitori minacciano di integrarsi a valle nel settore
 Gli acquirenti non minacciano più di integrarsi a monte nella fornitura
 Il settore non è composto da clienti fondamentali per i fornitori

Un’azienda può ridurre il potere di contrattazione dei fornitori cercando nuove fonti di
approvvigionamento, minacciando di integrare il settore della fornitura a monte e progettando componenti
standardizzati in modo che molti fornitori siano in grado di produrli

Il potere di contrattazione degli acquirenti

È maggiore quando:
 ci sono pochi acquirenti dominanti e molti venditori
 I prodotti sono standardizzati
 Gli acquirenti minacciano di integrarsi a monte nel settore
 I fornitori non minacciano più di integrarsi a valle nel settore dell’acquirente
 Il settore non è composto da fornitori fondamentali per gli acquirenti

La minaccia dei sostituti


Dipende da:
 la volontà degli acquirenti di sostituire un prodotto
 Il prezzo relativo e le prestazioni dei sostituti
 Il costo del passaggio a un sostituto

I competitor del settore


L’intensità della rivalità tra competitor in un settore dipende da:
 la struttura della concorrenza: la rivalità è più intensa quando ci sono tanti piccoli competitor o
quando ce ne sono pochi ma dello stesso livello; la rivalità è minore quando è presente un leader
 La struttura dei costi: alti costi fissi favoriscono il taglio dei prezzi per lavorare a piena capacità
 Il grado di differenziazione: i prodotti di base incoraggiando la rivalità, mentre i prodotti altamente
differenziati sono associati a una rivalità meno intensa
 I costi di cambiamento: tali costi possono essere alti perchè un prodotto è specializzato, perché il
cliente ha investito molte risorse per imparare ad usarlo o ha fatto investimenti su misura che
andrebbero persi con altri prodotti e fornitori
 Gli obiettivi strategici: quando i competitor perseguono strategie di costruzione/creazione è
probabile che la competizione sia più intensa rispetto a quando adottano strategie di mantenimento
o raccolta
 Le barriere all’uscita: quando un attore deve superare alte barriere per lasciare un settore, a causa di
fattori come la mancanza di altre opportunità, l’alta integrazione verticale

2.3 Il monitoraggio dell’ambiente

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Il monitoraggio e l’analisi dell’ambiente di marketing di un’azienda costituiscono una pratica nota come
environmental scanning. Il primo passo consiste nel definire un intervallo di forze ragionevole cui
applicare il monitoraggio. Questo intervallo è costituito dalle “forze ambientali potenzialmente rilevanti”
che hanno maggiore probabilità di influenzare le prospettive future del business. Una tecnica molto diffusa
per gestire questo compito consiste nello sviluppo di scenari, ovvero immaginare situazioni future fittizie
combinando un certo numero di variabili. Il vantaggio è quello di consentire ai manager di riflettere e
discutere sul modo in cui gestirebbero i probabili cambiamenti futuri dell’ambiente. La seconda condizione
è progettare un sistema che fornisca una risposta rapida a eventi che sono solo parzialmente prevedibili.
Il monitoraggio è condotto dai membri del senior management team. La modalità più appropriata per il
monitoraggio dipende dal contesto specifico in cui si trova un’azienda.
Il monitoraggio dell’ambiente fornisce le informazioni necessarie per creare una correlazione
strategica

tra strategia, organizzazione e ambiente.

Le aziende rispondono in vari modi ai cambiamenti dell’ambiente.

2.3.1 Ignoranza
Se il monitoraggio dell’ambiente è mediocre, le aziende possono non rendersi conto che alcune forze
importanti stanno già influenzando le proprie prospettive future. Non introducono nessun cambiamento.

2.3.2 Ritardo
La risposta successiva, una volta che ci si rende conto dell’influenza di una determinata forza, è di agire, ma
in ritardo. Questo può essere dovuto a processi burocratici che ostacolano un’azione rapida. La “miopia del
marketing” può rallentare anche la risposta se la gestione è orientata al prodotto piuttosto che al cliente.
Una terza fonte di ritardo è la “miopia tecnologica”, quando un’azienda non riesce a rispondere al
cambiamento tecnologico. La quarta causa è il “rifiuto psicologico” dei manager, che vedono il
cambiamento come una minaccia e quindi difendono lo status equo.

2.3.3 Taglio dei costi


Questo tipo di risposta mira a risolvere i problemi di efficienza, ma trascura quelli di efficacia. Di fronte a
un calo delle vendite, il management riduce i costi che consentono un periodo di profitti più alti, ma non
argina il calo delle vendite

2.3.4 Riposizionamento strategico graduale


Questo approccio comporta un adattamento graduale, pianificato e continuo al cambiamento dell’ambiente
di marketing.

2.3.5 Riposizionamento strategico radicale


Se procrastinare si traduce in una crisi, la direzione dell’intero business dev’essere radicalmente modificata.
È molto più rischioso perchè è probabile che l’azienda fallisca.

Parte seconda. Capire i consumatori e i mercati

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Cap.4 Il comportamento del consumatore
4.1 Il processo d’acquisto del consumatore
Le azioni che una persona compie quando compra e utilizza prodotti e servizi, compresi i processi mentali e
sociali che precedono e seguono tali azioni.
Dietro ogni acquisto si cela un processo decisionale che è necessario analizzare in ogni sua fase, e che viene
definito processo decisionale d’acquisto o processo d’acquisto.

Si compone di 5 fasi:
 La percezione del problema è la fase che innesca il processo decisionale e consiste nel
riconoscimento di una differenza fra una situazione ideale e quella reale. Questa differenza genera
nell’individuo uno stato di bisogno o di desiderio che lo motiva ad agire. Il marketing può agire su
questa fase attraverso la pubblicità o il personale di vendita evidenziando le caratteristiche dei
propri prodotti che risultino desiderabili per il consumatore perché i beni che possiede o quelli della
concorrenza non le hanno
 La ricerca di informazioni permette al consumatore di identificare in modo più chiaro il problema e
le modalità di risoluzione perchè 1 fornisce i criteri in base ai quali effettuare l’acquisto; 2 individua
le marche che soddisfano tali criteri 3 sviluppa nel consumatore la percezione del valore.
Il consumatore prima mette in atto una ricerca interna, cioè fa riferimento alle esperienze già avute
con determinati prodotti. Questa ricerca è sufficiente nel caso di prodotti ad alta frequenze d’acquisto.
Infatti viene integrata con una ricerca esterna. Le principali fonti di informazione esterna sono: 1 fonti
personali 2 fonti pubbliche 3 fonti commerciali
 la valutazione delle alternative. Fa ordine tra le informazioni raccolte suggerendo criteri da
utilizzare per l’acquisto, producendo marchi che potrebbero soddisfare i criteri e sviluppando la
percezione del valore per il consumatore. Le informazioni raccolte servono per procedere alla
selezione di una fra le possibili alternative. La valutazione avviene sulla base di criteri di valutazione,
ovvero le caratteristiche funzionali e simboliche associate a una certa categoria di prodotti che il
consumatore utilizza per confrontare le diverse marche e individuare l’alternativa più adatta. Il
ruolo del marketing in questa fase consiste nel comprendere quali sono i criteri più rilevanti per la
scelta. A partire da tutti i prodotti disponibili sul mercato, il consumatore seleziona quelli che
rispondono ai suoi criteri, che andranno a comporre l’insieme considerato (consideration set), per
poi individuare fra questi il prodotto che meglio risponde alle sue esigenze
 La decisione di acquisto. Il consumatore può procedere all’effettivo acquisto e questo comporta
decisioni relative a dove farlo e quando farlo. La scelta del luogo dipende da diversi fattori, relativi ai
criteri di scelta di un punto di vendita o di un sito e commerce. La scelta del momento è spesso
determinata da fattori come la presenza di saldi. L’uso di internet per raccogliere informazioni
aggiunge una dimensione tecnologica al processo decisionale e all’esperienza di acquisto del
consumatore
 Comportamento post acquisto. L’eventualità che il consumatore non sia soddisfatto del prodotto
può dipendere da effettive carenze o da aspettative troppo elevate. Nella prima ipotesi bisogna
rivedere le caratteristiche del prodotto; nella seconda l’impresa dovrebbe verificare che le eccessive
aspettative non siano state generate da una comunicazione non corretta e quindi, se modificarla. Un
altro aspetto rilevante è relativo alla possibilità che si manifesti una dissonanza cognitiva. Questa è
una condizione psicologica generata dal dubbio che un individuo può avere circa l’adeguatezza della
propria decisione.

4.2 Coinvolgimento e percorsi di scelta

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Non tutti i processi d’acquisto si svolgono allo stesso modo. Possono richiedere tempi molto lunghi o in
modo rapido. Questo dipende dal grado di coinvolgimento che, a sua volta, può dipendere dal tipo di
prodotto, dalla situazione e dalle caratteristiche del consumatore.
Un acquisto a coinvolgimento elevato si ha quando: ha un costo elevato, può avere importanti conseguenze,
può influenzare la propria immagine sociale. In base al grado di complessità dell’acquisto, il processo
decisionale può essere distinto rispetto a 3 situazioni:

 problem solving esteso


 Problem solving limitato
 Problem solving di routine

Un’altra classificazione è quella proposta da Assael, che associa al livello di coinvolgimento anche il grado di
differenze percepita fra le marche.

4.3 Influenze situazionali


Hanno un ruolo importante nel processo d’acquisto. Le variabili situazionali sono:
 la finalità dell’acquisto
 L’ambiente sociale: comprende le persone presenti al momento della decisione dell’acquisto, che
possono influire sulla decisione stessa
 L’ambiente fisico: l’atmosfera e l’affollamento in un negozio possono alterare il modo in cui la
decisione viene presa
 Il fattore tempo
 La situazione antecedente: comprende tutti gli elementi che precedono e influenzano il modo in cui
il consumatore affronta il momento della scelta

I marketer visualizzano il processo d’acquisto e l’esperienza del consumatore attraverso la lente dei
touchpoint e delle Customer journey map.
I consumer touchpoint sono tutti i punti di contatto di un prodotto, servizio o marchio con il consumatore. I
touchpoint creano un’esperienza di consumo ogni volta che i consumatori e le aziende si impegnano a
scambiarsi informazioni. Una consumer journey map è una rappresentazione visiva di tutti i touchpoint che
un consumatore può utilizzare per entrare in contatto con i prodotti.

3.4 Influenze psicologiche sul comportamento del consumatore


La psicologia offre un contributo importante alla comprensione del come e del perchè del comportamento
dei consumatori.

Motivazione: forza che stimola un determinato comportamento in vista della soddisfazione di un


determinato bisogno
Si è affermata la consapevolezza della natura gerarchica dei bisogni, ovvero l’idea che l’individuo dia
precedenza ai bisogni di base, per poi passare a quelli più complessi. Piramide di Maslow

Personalità: dimensione psicologica che determina la regolarità degli atteggiamenti e dei comportamenti di
risposta a situazioni simili nel corso del tempo.
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Le caratteristiche che contraddistinguono la personalità vengono rilevate dalla sua immagine di sè, cioè dal
modo in cui ci si vede e si crede che gli altri ci vedano, e ogni individuo ha un immagine di sè reale e una
ideale: la prima riflette il modo in cui effettivamente si vede, la seconda il modo in cui egli vorrebbe essere
visto dagli altri

Percezione: processo in base al quale l’individuo seleziona, organizza e interpreta le informazioni contenute
negli stimoli cui è sottoposto per crearsi una raffigurazione significativa del mondo

Distorsioni della percezione

L’individuo ottimizza le sue risorse di attenzione attraverso un processo denominato percezione selettiva, in
base al quale seleziona le informazioni, valutando se è il caso o meno di comprenderle e memorizzarle
L’esposizione selettiva si verifica quando gli individui prestano attenzione esclusivamente ai messaggi che
giudicano in sintonia con i loro atteggiamenti e convinzioni.
La comprensione selettiva consiste nell’ interpretare le informazioni conformemente ai propri
atteggiamenti e convinzioni
La memorizzazione selettiva implica che i consumatori non trattengono tutte le informazioni che ricevono e
alle quali vengono esposti durante la fase di ricerca. È interesse delle imprese trovare modi per favorire la
memorizzazione delle caratteristiche dei prodotti che offrono.

Rischio percepito
Il rischio percepito è conseguenza dell’incertezza che il consumatore prova per le possibili conseguenze dei
suoi acquisti. Qualunque sia la forma che il rischio assume, più è elevato, più attenta ed estesa sarà la sua
ricerca di informazioni. Il rischio infatti è motivato da incertezza che nasce da una mancanza di
informazione.

Apprendimento
 comportamentale: processo attraverso il quale si sviluppano risposte automatiche a situazioni che si
ripetono nel tempo. Gli individui apprendono dalla reiterazione di una stessa esperienza e ciò
avviene sulla base di quattro variabili fondamentali: la motivazione è il bisogno che spinge
l’individuo ad agire in un determinato modo; lo stimolo è ciò che sollecita il consumatore; la risposta
è l’azione che il consumatore compie per soddisfare la sua motivazione; il rinforzo è la ricompensa
che ne trae
Ci sono due concetti derivanti dalla teoria dell’apprendimento comportamentale: la generalizzazione dello
stimolo consiste nella generalizzazione della risposta a fronte di stimoli simili e in base a essa un’impresa
può decidere di utilizzare lo stesso brand nome per i vari prodotti che commercializza. L’altro concetto è
quello di discriminazione dello stimolo e si ha quando l’individuo è in grado di percepire le differenze fra
gruppi di stimoli simili e organizza la propria risposta di conseguenza
 cognitivo: i consumatori apprendono anche utilizzando processi mentali come il pensiero. Questo
comporta la creazione di una serie di connessioni fra due o più idee o l’osservazione delle
conseguenze del comportamento degli altri individui per adeguare poi il proprio.
Esiste un legame molto stretto fra abitudini e brand loyalty, ossia l’atteggiamento favorevole verso una
marca e il suo acquisto reiterato nel tempo. È il risultato del rinforzo positivo di azioni precedenti e
permette al consumatore di ridurre i rischi legati al rischio e di risparmiare tempo e risorse.

Valori, credenze e atteggiamenti

Formazione dell’atteggiamento. L’atteggiamento può essere visto come una disposizione dell’individuo
a rispondere in modo favorevole o sfavorevole a un oggetto o a una classe di oggetti. Gli atteggiamenti di un
individuo sono determinati dai suoi valori e dalle sue convinzioni. I valori possono variare in base al grado
di specificità. Il marketing si concentra su quello personale perchè plasma gli atteggiamenti e che determina
l’importanza che l’individuo attribuisce alle diverse caratteristiche di un prodotto.
Le credenze corrispondono alle percezioni soggettive che il consumatore sviluppa sulle caratteristiche di un
prodotto o di una marca. Sono determinate dall’esperienza personale, dalla pubblicità e dallo scambio di

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opinioni con altri individui e sono di fondamentale importanza perchè possono orientare l’atteggiamento
del consumatore

Variazione dell’atteggiamento. Il marketing si serve di 3 metodi per tentare di modificare gli


atteggiamenti dei consumatori.
1. Modificare le credenze sviluppate su alcune caratteristiche della marca
2. Modificare l’importanza attribuita alle caratteristiche
3. Aggiungere nuove caratteristiche al prodotto

Stile di vita
Può essere definito come il modello che l’individuo adotta nell’interazione con l’ambiente, quindi
comprende comportamenti e atteggiamenti che riguardano l’uso del tempo e delle risorse a sua
disposizione. Per sapere quali sono le motivazioni che spingono i consumatori ad acquistare o utilizzare
determinati beni o servizi, si fa riferimento alla psicografia. Attraverso ciò è possibile tracciare profili di
consumatori basati su opinioni, atteggiamenti, interessi e caratteristiche socio-demografiche.
Un esempio di classificazione è quella proposta dal modello VALS elaborata dalla SRIC-BI. I consumatori
motivati dagli ideali sono guidati da determinate convinzioni e si suddividono in due gruppi: i riflessivi,
individui maturi, con un buon livello di istruzione e che danno grande importanza all’ordine, alla
conoscenza e alla responsabilità. Ricercano informazioni liberamente e valutano un prodotto in base alla
sua funzionalità e durata. I secondi sono individui che dispongono di poche risorse, conservatori e
tradizionalisti, le cui convinzioni sono fondate su codici radicati e convenzionali.
I consumatori motivati dalla realizzazione gli arrivati, individui con uno stile di vita molto attivo che si
dedicano alla carriera e alla famiglia. Gli aspiranti invece seguono la moda ma rispetto agli arrivati sono
meno sicuri di sé e hanno livello di istruzione e reddito più bassi.
I consumatori motivati dalla libera espressione della propria personalità desiderano essere socialmente
attivi e fisicamente e amano la varietà e il rischio. Gli sperimentatori sono consumatori giovani,
caratterizzati da un alto grado di impulsività. I pratici, invece, dispongono di scarse risorse economiche, il
loro approccio alla vita e all’azione è finalizzato alla realizzazione di cose concrete e tangibili.
Esistono poi due gruppi. I primi sono individui di successo predisposti al comando e alla leadership e che
dispongono di un elevato livello di risorse. Questi consumatori attribuiscono grande importanza
all’immagine come espressione di raffinatezza. I secondi costituiscono il gruppo che dispone delle risorse
più scarse e si concentra sulla soddisfazione dei bisogni primari.

4.5 Influenze socio culturali sul comportamento del consumatore

Le influenze socio culturali si formano dai rapporti formali e informali, che un consumatore intrattiene con
gli altri individui e influiscono sul suo comportamento chiamando in causa alcuni fattori:
 l’influenza personale. Gli individui che esercitano sugli altri un’influenza sociale diretta o
indiretta vengono definiti opinion leader. Sono persone che posseggono un grado di conoscenza
elevato relativamente ad alcuni prodotti o che li usano abitualmente. Una delle sfide maggiori per le
aziende è quella di identificare gli opinion leader, raggiungerli e influenzarli. Altre imprese
promuovono i propri prodotti utilizzando mezzi di comunicazione specifici per raggiungere gli
opinion leader di riferimento, oppure optano per sistemi più diretti,
 Passaparola. È una delle più potenti e autentiche fonti di informazione, poiché avviene fra amici o
individui che godono di fiducia reciproca. Il potere dell’influenza personale ha spinto le aziende a
favorire il passaparola positivo a quello negativo. Le opinioni sui prodotti che gli individui si
scambiano, però, possono essere anche sfavorevoli e dare luogo a un passaparola negativo. La rete
Internet ha contribuito ad amplificare questo potere attraverso social, siti web, forum
 Gruppo di riferimento. Costituito da insieme di persone che hanno un’influenza sugli
atteggiamenti e comportamenti di un individuo e quindi ne condizionano anche gli acquisti
Il gruppo di riferimento esercita una grande influenza sull’acquisto di prodotti di lusso, orientando il
consumatore verso la scelta di una determinata marca
I gruppi di riferimento rilevanti per il marketing sono 3:

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 Il gruppo di appartenenza, quello del quale il consumatore fa parte e comprende la famiglia e
per esempio associazioni, ed è l’obiettivo privilegiato per le imprese che operano in settori quali
quello assicurativo e il turismo organizzato
 Il gruppo di aspirazione è quello al quale il consumatore vorrebbe appartenere o comunque con
il quale vorrebbe essere identificato
 Il gruppo di dissociazione, dal quale il consumatore vuole mantenere una certa distanza

 l’influenza della famiglia. La famiglia costituisce l’unità sociale fondamentale. Le esperienze


vissute nell’età della formazione continuano a influenzare i bisogni, le motivazioni e le attitudini
dell’individuo in una qualche misura anche una volta che questo si è distaccato dal nucleo
famigliare. Il ruolo della famiglia è rilevante in relazione a tre temi:
La socializzazione al consumo. Processo attraverso il quale gli individui acquisiscono le capacità, le
conoscenze e gli atteggiamenti necessari per poter diventare consumatori.
L’evoluzione del ciclo di vita familiare. Il concetto di CVF descrive le diverse fasi che una famiglia attraversa
dalla sua formazione al pensionamento.
Il processo decisionale all’interno della famiglia. Le decisione di una famiglia si distinguono da quelle
individuali perchè il processo decisionale è congiunto; i ruoli sono specializzati. In questa prospettiva è
meglio parlare di nucleo familiare. Le famiglie possono essere distinte in tradizionali e non tradizionali.
Quelle tradizionali possono essere distinte in nucleari ed estese.
Facendo riferimento al nucleo familiare come unità di analisi, uno studio ha messo in evidenza come nel
contesto italiano il comportamento di consumo e d’acquisto delle famiglie sia stato condizionato da cinque
fenomeni:
 reddito disponibile reale, cioè L’effettiva capacità di spesa al netto del prelievo fiscale e
dell’incidenza dell’inflazione.
 La propensione al risparmio ha risentito della situazione di incertezza dell’’economia con differenze
di comportamento in base ai nuclei familiari.
 La ricchezza accumulata, costituita soprattutto da attività immobiliari, ha beneficiato del forte
sviluppo del mercato delle abitazioni. La ricchezza derivante dalle attività finanziare ha in media un
peso molto limitato e ha risentito sia dello sviluppo dell’investimento immobiliare sia della crisi dei
mercati finanziari avvenuti dal 2001 in poi.
 Il tempo disponibile nelle famiglie si è ridotto a causa dell’aumento di quello destinato al lavoro e
degli spostamenti. Questo ha determinato un cambiamento nel modo in cui sono ripartite le risorse
economiche.

La classe sociale di appartenenza del consumatore influenza il suo comportamento in modo molto più
sottile del contatto diretto con gli altri individui. La classe sociale viene definita dal lavoro dell’individuo,
dalla sua fonte di reddito, dal suo grado di istruzione, variabili che hanno permesso di stabilire tre classi
sociali: alta, media e bassa.
Cultura e subcultura. La cultura si riferisce a un insieme di valori, ideali e atteggiamenti che sono
appresi e condivisi dai membri di un gruppo. La subcultura è costituta da un gruppo che condivide le
principali caratteristiche della società a cui fa riferimento, ma possiede tradizioni, abitudini e valori
distinguibili.

Cap. 5 Segmentazione del mercato e targeting

La segmentazione del mercato è definita come “l’dentificazione d’individui o di aziende con caratteristiche
simili che incidono sulla progettazione della strategia di marketing”. La segmentazione rappresenta il primo
step del processo strategico denominato “STP Process” che consente alle aziende di: identificare e
descrivere i diversi segmenti esistenti sul mercato; scegliere il segmento specifico al quale offrire i propri
prodotti; infine, definire il posizionamento strategico che le differenzierà in modo competitivo sul mercato.
I segmenti di mercato rappresentano “un gruppo di consumatori che condividono un determinato insieme
di bisogni e di desideri ovvero ricercano lo stesso insieme di benefici”. L’obiettivo è quello d’identificare
gruppi di clienti che hanno bisogni simili al fine di servirli efficacemente. Le dimensioni di questi gruppi
devono essere tali da garantire che il bene o il servizio siano forniti in modo economicamente efficiente.

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La segmentazione del mercato è al centro del marketing strategico, poichè costituisce lo strumento
principale tramite cui i marketer capiscono i propri mercati e sviluppano strategie per servire i clienti in
modo migliore rispetto alla concorrenza.
Vi sono varie ragioni che indicano l’importanza della segmentazione

La segmentazione del mercato dei consumatori

Le variabili principali utilizzate dalle imprese per segmentare il mercato dei consumatori sono:
 variabili comportamentali, possono essere considerate il criterio fondamentale della segmentazione
 La segmentazione psicografica viene utilizzata quando i ricercatori ritengono che il comportamento
d’acquisto sia correlato alla personalità o allo stile di vita dei consumatori
 La segmentazione in profili, definiti in base al gruppo socio-economico o alla posizione geografica

5.2 Le variabili della segmentazione dei consumatori

I benefici ricercati
La segmentazione in base ai benefici permette di capire perchè le persone acquistano in un mercato e può
aiutare a identificare nuove opportunità di business. Vi sono due categorie di benefici: i benefici funzionali
di un prodotto, ovvero i vantaggi reali, e i benefici simbolici di prodotto, i vantaggi legati a una sfera più
emozionale e relazionale.

Il comportamento d’acquisto
Il grado di fedeltà al marchio in un mercato è un criterio utile per segmentare i clienti

L’uso
Si possono segmentare i clienti anche in base al fatto che siano utenti “pesanti”, “leggeri” o non utenti, di
una determinata categoria di prodotto.
Analizzare le categorie degli utenti leggeri e dei non utenti può fornire spunti per sviluppare delle strategie
di seduzione che la concorrenza non ha e creare nuove opportunità di business
In base alla segmentazione d’uso, vi sono due tipologie di sub-segmenti:
 status verso il prodotto
 Situazione d’uso del prodotto

Lo stile di vita

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La segmentazione secondo lo stile di vita categorizza le persone in base al modo in cui vivono, che si riflette
nelle loro attività, nei loro interessi e nelle loro opinioni

L’età
Questo criterio prevede la segmentazione dei consumatori attraverso la divisione degli stessi in diverse
coorti generazionali.
1. Baby Boomer. Caratterizzati da un alto potere di spesa, sono individualisti, politicamente attivi e
hanno affrontato diversi cambiamenti sociologici, economici e tecnologici. La loro soddisfazione è
legata ad aspetti del brand pragmatici, come la qualità
2. Generazione X. Presenta elevati livelli di istruzione e preferisce le relazioni sociali rispetto alle
relazioni online. Essendo stati colpiti dalla crisi economica durante gli anni della loro crescita, sono
generalmente scettici ma pronti al cambiamento
3. Generazione Y. I Millenial rappresentano la prima generazione high-tech e preferiscono brand
innovativi. La loro soddisfazione non è più legata a valori funzionali ma emotivi, e valutano
maggiormente l’immagine che il brand comunica, che dovrà rispecchiare le caratteristiche di
personalità individuali e la promessa del brand stesso
4. Generazione Z. Nata con il telefono in mano e cresciuta in un mondo altamente digitale. Questa
generazione ha comportamenti totalmente differenti rispetto alle precedenti. Non dimostrano
fedeltà al brand e sono disposti a cambiarlo repentinamente sulla base di ciò che hanno bisogno

I bambini hanno un ruolo importante nel determinare gli acquisti delle famiglie. I pubblicitari usano
l’espressione “pester power” per descrivere il processo attraverso cui i bambini influenzano i propri genitori
convincendoli ad acquistare un prodotto. Si stima che oltre i due terzi delle famiglie che acquistano una
nuova automobile siano influenzati dai figli durante il loro processo di acquisto.

La classe sociale
Il comportamento delle classi sociali tende a variare per quel che riguarda il consumo dei media: ciò
significa che le classi sociali possono essere considerate come gruppi di riferimento dai pubblicitari

La geografia
Negli ultimi anni si è diffusa una combinazione di variabili geografiche e demografiche, chiamata
geodemografia. Nei Pesi che producono dati di censimento, esiste il potenziale per classificare i
consumatori sulla base combinata della loro localizzazione e di determinate informazioni demografiche.
Due dei sistemi geodemografici più noti sono ACORN prodotto da CACI Market Analysis e MOSAIC
prodotto da Experian.
Un’altra area in cui vengono utilizzata i dati dei censimenti è l’acquisto degli spot pubblicitari televisivi. Le
agenzie dipendono dalle informazioni trasmesse dai panel di telespettatori che registrano le loro abitudini
in modo che i pubblicitari possano sapere chi guarda cosa. Ciò significa che i pubblicitari che desiderano
raggiungere un particolare gruppo geodemografico possono scoprire quali sono i programmi preferiti dallo
stesso e acquistare spot televisivi di conseguenza.
Un punto di forza della geodemografia è che può collegare il comportamento dell’acquirente a un gruppo di
clienti.

5.3 La segmentazione del mercato aziendale

 La dimensione dell’azienda
La segmentazione del mercato in questo caso può essere effettuata in base alle dimensione delle aziende
acquirenti. Le grandi aziende hanno un potenziale di ordine più grande. Di conseguenza, possono costruire
importanti segmenti target del mercato e richiedono strategie di marketing mix su misura

 Il settore
Il settore industriale è un’altra variabile di segmentazione molto usata per il mercato industriale.
Comprendendo a fondo le esigenze di ogni settore, è possibile progettare un marketing mix più efficace.

 La localizzazione geografica
Può essre suggerito dalle variazioni regionali nelle pratiche e nei bisogni d’acquisto
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 I criteri di scelta
Il mercato aziendale po' essere anche segmentato in base ai criteri fondamentali che vengono utilizzati dagli
acquirenti quando valutano le offerte dei fornitori. Un gruppo di clienti considera il prezzo come criterio di
scelta principale, un altro può preferire la performance del prodotto, mentre un terzo essere orientato verso
il servizio

 Le aziende acquirenti
Altre variabili di segmentazione possono essere rappresentate dagli acquisti decentrati oppure centralizzati.
Gli acquisti centralizzati sono associati a specialisti dall’acquisto che diventano esperti nell’ acquistare una
certa gamma di prodotti e sono particolarmente diffusi in settori come la vendita al dettaglio di generi
alimentari. È stato riscontrato che gli acquirenti centralizzati abbiano maggiore potere all’interno dell’unità
decisionale.
Rispetto ai decentralizzati, spesso non hanno le competenze e lo status di specialista necessari per
contrastare l’opinione dei membri dello staff tecnico.

5.4 I criteri di una segmentazione efficace

1. Significatività: ogni segmento identificato deve essere costituito da clienti con esigenze
relativamente omogenee ma significativamente diverse da quelle di altri segmenti
2. Misurabilità: deve essere possibile identificare i clienti del segmento proposto e comprenderne le
caratteristiche e i modelli di comportamento
3. Accessibilità: l’azienda deve essere in grado di formulare dei programmi di marketing efficaci per i
segmenti che identifica
4. Attuabilità: l’impresa deve avere le risorse per sfruttare le opportunità identificate attraverso lo
schema di segmentazione
5. Redditività: l’elemento più importante è che i segmenti devono essere abbastanza grandi da rendere
redditizio il fatto di servirli. Questo è ciò che si intende con l’espressione tipica di marketing “C’è un
mercato nello spazio lasciato vuoto?”

Il target marketing designa l’azione di scegliere quali specifici segmenti le aziende intendono servire e
rappresenta un elemento fondamentale della strategia di marketing. Prima di tutto, per decidere quali
segmenti servire, un’azienda li deve valutare in base ai cinque criteri. Un’azienda valuta i segmenti di
mercato al fine di scegliere su quali concentrarsi. La selezione del mercato target implica pertanto la scelta
di quali e quanti siano i segmenti di mercato in cui competere.

Il target marketing indifferenziato


A volte l’analisi del mercato non trova nelle caratteristiche dei clienti differenze abbastanza pronunciate da
incidere sulla strategia di marketing. Altre volte, implementare un marketing mix specifico per diversi
segmenti può costare di più dei guadagni che potrebbe generare. In questi casi, un’azienda può decidere di
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sviluppare un unico marketing mix per l’intero mercato. Quest’assenza di segmentazione è detta
marketing indifferenziato. Questo tipo di marketing è più conveniente per i manager, poichè devono
sviluppare una sola strategia di marketing. Un tipico esempio è rappresentato dal brand Coca Cola, che
poteva essere definito un mass brand che non serviva particolari segmenti, ma l’intera popolazione. Ma a
causa dei recenti trend competitivi, anche Coca Cola ha dovuto cominciare a differenziare il proprio
mercato di riferimento offrendo prodotti ad hoc per segmenti diversi

Il target marketing differenziato


Questa strategia è molto diffusa in diversi settori, come quello automobilistico, alberghiero e dei fashion
retailer. Un altro vantaggio di questa strategia è da ricollegare al fatto che la stessa consente alle imprese di
realizzare economie di scala e di distribuire i costi su una vasta gamma di potenziali gruppi di clienti.

Il target marketing mirato


Questa strategia è appropriata per le imprese che dispongono di risorse limitate, come le piccole imprese. Il
marketing mirato consente alle attività di ricerca e di sviluppo di concentrarsi sul soddisfacimento delle
esigenze di un gruppo di clienti e anche le stesse attività manageriali saranno dedicate a capire e a
rispondere a tali specifiche esigenze.
Una delle sfide degli operatori del marketing mirato consiste nel far evolvere la propria strategia di
targeting man mano che il mercato evolve nel tempo.

Il target marketing personalizzato


Quando singoli clienti hanno esigenze uniche e di grande potere d’acquisto in uno specifico mercato, si può
progettare un marketing mix specifico rivolto ad ognuno di essi. Viene effettuato soprattutto nei mercati
aziendali, a causa dell’alto valore degli ordini e delle esigenze speciali dei clienti. Per esempio, i produttori
di locomotive progettano e costruiscono prodotti in base alle specifiche fornite loro dai vari operatori di
trasporti ferroviari.
Il marketing personalizzato è spesso associato a una relazione stretta tra fornitori e clienti, perchè il valore
dell’ordine giustifica un grande sforzo di marketing e di vendita, incentrato su ciascun acquirente
Negli ultimi decenni si è assistito a una graduale crescita dell’applicazione del marketing personalizzato
anche nei mercati di consumo. È importante sottolineare che i progressi della tecnologia facilitano lo
sviluppo di questo tipo di marketing.
Il marketing personalizzato riflette il modo in cui oggi si pensa al marketing: come a un processo di co-
creazione di valore basato su una relazione stretta tra azienda e cliente.

Cap. 6 Il valore attraverso i brand


I brand coinvolgono ogni aspetto della vita e, per questo, sono stati analizzati in diverse discipline. Nel
tempo, il concetto di brand si è evoluto.
La definizione maggiormente utilizzata è quella dell’American Marketing Association (AMA), la più grande
associazione americana di marketing. Il brand è quindi un nome, un termine, un simbolo che ha due
principali funzioni: identificare i prodotti e distinguerli da quelli della concorrenza. Questa prima
definizione enfatizza il ruolo del brand per le aziende e le organizzazioni.
Nel 1998 Keller mette l’accento sul ruolo del consumatore e il valore del brand. Anche Aaker lega il valore
del brand ai consumatori e si focalizza sui benefici funzionali ed emozionali/sociali potenzialmente
raggiungibili dai consumatori attraverso l’acquisto di un particolare brand.
Al giorno d’oggi, il valore del brand non è più creato in modo unilaterale dall’impresa, bensì esso richiede
un processo attivo, creativo e sociale basato su una continua collaborazione tra aziende e i suoi stakeholder.

6.2 Fondamenti di architettura del brand

È fondamentale distinguere tra product brand e corporale brand.


Esempio: brand Algida e Mc Donald’s
Entrambi hanno un logo e un nome altamente riconoscibili e sono associati ad emozioni, idee e memorie.
rappresentano sim-boli culturali legati al proprio Paese d’origine. Al di là di queste similitudini, questi
brand sono mol-to diversi. McDonald’s è un corporate brand che integra tutte le attività di una corporation
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che non solo vende fast-food, ma ha influenzato, e ancora influenza, la cultura americana del cibo. Algida,
nonostante sia un brand iconico e globale, è solo uno dei tanti product brand del Gruppo Unilever, il quale è
a sua volta un corporate brand.

Definite le differenze, bisogna comprendere la brand architecture, ovvero come diversi product brand si
relazionano con il corporale brand.
Vi sono due tipologie principali di brand architecture. La prima è “House of brand” e considera i product
brand in modo individuale o separato. È utilizzata da imprese che usano diversi brand name è per ogni
prodotto e il corporate brand è nascosto e non compare nella comunicazione del product brand. Il vantaggio
risiede nel fatto che qualora uno dei product brand dovesse fallire, non ci saranno effetti a catena sugli altri
product brand del gruppo.
Opposta a questa strategia, è la Branded House, dove un corporate brand monolitico domina la scena e fa
da ombrello a tutti i product brand afferenti lo stesso gruppo.
La maggior parte dei brand con un’alta brand equity sono corporate brand che usano dunque una strategia
a ombrello, come Amazon, Apple, Virgin, McDonald’s ecc.

6.3 I diversi ruoli (e benefici) del brand

6.31.I benefici dei brand per le imprese

Il valore aziendale
Il valore delle aziende può essere notevolmente migliorato dal possesso di brand forti.

La lealtà dei consumatori e il vantaggio competitivo


I brand forti possono avere effetti positivi sulle percezioni e preferenze dei consumatori. La forza del-la
fedeltà al brand è ravvisabile anche quando le aziende cercano di cambiare il nome del brand (brand name),
come l’introduzione sul mer-cato di una nuova Coca-Cola, la New Coke, che si è rivelata un fallimento
nonostante le ricerche di mercato (blind test) indicassero che i consumatori avrebbero preferito una Coca-
Cola dal sapore più dolce. Questo perchè potrebbe non essere sufficiente per minare il leader di mercato.
Possiamo affermare che i brand contribuiscono a mantenere nel tempo la lealtà dei consumatori,
assicurando quindi il vantaggio competitivo sul mercato. È importante sottolineare come recentemente la
fedeltà dei consumatori, specialmente appartenenti alle generazioni Millenial e Gen Z, sia legata al
comportamento dei brand sui social media.

La gestione portafoglio e la protezione legale


I brand permettono alle aziende di gestire il sistema valoriate in modo efficace. Questa operazione è
fondamentale quando si fa riferimento a un corporate brand e i suoi product brand. Dunque,
rappresentando un forte asset dell’azienda con caratteristiche uniche, dovranno essere protetti legalmente,
spesso attraverso la registrazione del marchio, ivi inclusi brevetti e patenti

Estensione e co-branding
Un forte brand fornisce una base significativa per indirizzare le percezioni positive legate al corporate
brand anche verso le estensioni del brand, generando quindi nuovi product brand. Esempi di product brand
includono Amazon Prime (corporate brand: Amazon).
Similarmente, il valore del brand viene esteso anche nel co-branding, un accordo di partnership tra due o
più brand che decidono di collaborare per assicurare la propria immagine con quella del partner rispettivo.
Esempio di co-branding tra Coca-Cola e Versace
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I benefici dei brand per i consumatori
In primo luogo, i brand sono una fonte di infor-mazioni relative ai prodotti. Attraverso le comu-nicazioni di
marketing, le aziende comunicano informazioni su un prodotto ed enfatizzano i re-lativi benefici che
aiutano i consumatori a pren-dere una decisione di acquisto consapevole. Gli elementi associati al marchio
facilitano, inoltre, l’identificazione dei prodotti da parte dei consumatori. I benefici potranno essere
funzionali, ma anche simbolici ed esperenziali. Mentre gli ultimi sono benefici di esperienza legati all’uso
del prodotto e alla relazione (anche post-uso) dell’impresa con i propri consumatori, i benefici simbolici
offrono ai con-sumatori l’opportunità di esprimere sé stessi, perché sono legati maggiormente al constesto
sociale, dove i brand possono, per esempio, avere una forte influenza sulla personalità dei consumatori.
brand, infatti, comunica l’identità e i valori dell’azienda, che rappresenteranno una promessa di valore
simbolica nei confronti dei consumatori, che a loro volta compreranno il brand perché esso rispecchia la
propria identità. Quando un brand, attraverso le sue azioni, non rispecchia i valori comunicati, rompe la
promessa simbolica fatta precedentemente ai consumatori. Questo disallineamento può portare a
conseguenze negative per il brand, come la non soddisfazione del consumatore.

6.4 Elementi costitutivi del valore del brand


Il valore del brand è de-terminato da tre elementi costitutivi: l’identità del brand (brand identity), la
notorietà del brand (brand awareness) e l’immagine del brand (brand image). Mentre la brand identity si
riferisce agli elementi costitutivi interni all’impresa e determina il valore creato internamente all’impresa, la
brand awareness e la brand image afferiscono a elementi costitutivi esterni, dunque legati alle percezioni
dei consumatori e di tutti gli stakeholder esterni. In particolare, gli elementi esterni (quindi la brand
awareness e la brand image) definiscono la Customer-Based Brand Equity (CBBE), ovvero il valore (anche
monetario) del brand in relazione ai consumatori e alle percezioni associative che gli stessi mostrano nei
confronti del brand. In altre parole, la brand equity, ovvero il valore della marca, esprime la forza di un
brand sul mercato competitivo di riferimento. In particolare, Keller suggerisce che la notorietà e l’immagine
del brand definiscono il livello di brand knowledge (conoscenza del brand). In questo senso, Kotler e
Keller9 definiscono la CBBE come “l’effetto differenziale che la conoscenza del brand determina sulla
risposta del consumatore rispetto alle iniziative di marketing del brand”.

Brand identity
La brand identity definisce quella che è l’iden-tità del brand, rispondendo quindi alla domanda
“Chi sono io”? Rappresenta dunque quella che è anche chiamata la “brand promise”, cioè la promessa che il
brand fa ai propri consumatori. Specifica-mente, l’identità del brand definisce la “brand value proposition”.
Quando i brand affermano di avere una certa identità, con determinati valori, gli stessi s’impegnano in una
promessa di valore nei con-fronti dei propri consumatori. La brand identity include diversi elementi
costitutivi interni all’impresa, ovvero la vision, la cultura aziendale e la personalità del brand (brand
personality). Dunque, l’identità del brand deriva innanzitutto da una chiara vision dell’impresa, che
rappresenterà le linee guida per muoversi nel campo competitivo attuale e futuro. La cultura è invece legata
a valori core che rappresentano l’azienda è l aiutano a prendere decisioni all’interno della stessa. La brand
personality è la dimensione dell’identità di marca che si esprime attraverso gli attributi di personalità. Ne
ricordiamo 5 di Aaker:
1. Sincerità
2. Eccitamento
3. Competenza
4. Sofisticatezza
5. Natura rude

Brand awareness
La brand awareness è il primo elemento ne-cessario affinchè si possa ottenere una forte CBBE. Infatti, la
notorietà del brand può aiutare i consumatori nel prendere decisioni, anche in modo euristico. Essa, inoltre,
permette una di-screta fedeltà da parte di alcuni consumatori che, conoscendo il brand, ripeteranno
l’acquisto dello stesso anche in modo orizzontale (stesso brand, diversi prodotti). Ci sono diversi livelli di
brand awareness che includono:4 la brand re-cognition (riconoscimento della marca), la brand recall
(richiamo della marca), il top of mind (pri-mo in mente), e la brand dominance (dominanza del brand).

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Mentre la brand recognition rappre-senta la misura del grado di riconoscimento del-la marca presso il
pubblico obiettivo; la brand recall esprime la percen-tuale di consumatori appartenenti a un dato target
group che ricorda la marca disponendo di un indizio rilevante.
Esempio brand Ferrari: il primo livello di brand awareness risponde alla seguente domanda “Hai mai
sentito parlare del brand Ferrari?”, mentre il secondo riguarda il campo competitivo di riferimento e
risponde alla domanda “Considerando il settore delle au-tovetture di lusso, quali sono i brand che ti ven-
gono in mente?”; attraverso la risposta, si defi-niscono quali sono i brand che dominano i mer-cati (brand
dominance) mentre il brand che viene nominato per primo nella recall sarà definito “top of mind”.

Brand image
La brand image può essere definita come una sintesi delle opinioni che il pubblico ha di un’impresa e dei
suoi brand o prodotti. In particolare, Keller la definisce come una sintesi delle percezioni sul brand presenti
nella memoria dei consumatori e che si riflette in associazioni di varia natura sul brand stesso. Vi sono tre
tipologie di associazioni legate al brand, che riflettono: gli attributi del brand, i benefici del brand e le
attitudini dei consumatori.
Gli attri-buti (brand attribute) rappresentano le caratteri-stiche di un bene o servizio e possono essere le-
gati ad aspetti intriseci del prodotto e ad aspetti esterni che definiscono il pro-dotto stesso, come il prezzo,
ma anche l’imma-ginario del consumatore, che può derivare da ele-menti come la personalità e l’identità
del brand. Per quanto riguarda i benefici (brand benefit), questi possono essere funzionali, simbolici o
esperenziali.
Infine, le attitudini dei consumatori verso il brand (brand attitude) sono definite come le credenze/convi-
zioni (belief ) che un consumatore ha nei confron-ti del brand sulla base degli attributi e benefici associati al
brand stesso.
Le associazioni legate a un brand dovranno esssere valutate in base alla loro preferenza, forza e unicità.

6.5 Il posizionamento strategico


Il posizionamento strategico del brand rappresenta l’ultimo stadio del processo STP (Segmentation,
Targeting, Positioning). Non appena l’azienda conclude la fase di ricerca dei potenziali segmenti con cui
relazionarsi e dunque decide il target a cui dedicare la propria offerta, dovrà creare e gestire il proprio
posizionamento strategico di brand, il quale sarà legato al valore del brand e non al prodotto.
Lo strategic brand positioning può essere de-finito come:
“La progettazione dell’offerta di brand, affinché lo stesso occupi una posizione significativa e distinta nella
mente del cliente target e nei confronti dei brand concorrenti” e implica 4 fasi:

1. Scegliere un determinato “frame of reference” (quadro di riferimento) è una decisione chiave


perché determina quali siano le tipologie di brand association che si vogliono raggiungere tramite,
per esempio, il lancio di un nuovo brand.
2. Il secondo passo necessario per la determinazione del proprio strategic brand positioning richiede lo
studio e l’individuazione dei POP e dei POD, cioè i punti di parità e i punti di differenza del brand.
Per quanto riguarda i POP, questi rappresentano associazioni relative agli attributi o benefici del
brand che non sono unicamente ravvisabili nel brand considerato. Possiamo avere 3 tipologie di
associazioni POP: di categoria, correlazionali, competitive. I POP di categoria sono essenziali per
legittimare un’offerta di brand e per renderla credibile nel mer-cato di riferimento. I POP correlativi
descrivono associazioni mentali negative, che emergono dall’esistenza di un’associazione positiva. i
POP competitivi emergono alla luce dai POD dei concorrenti.
I POD sono attributi e benefici che i consumatori associano fortemente al brand. Dovranno
soddisfare 3 criteri: desiderabilità (desiderability), fattibilità (deliverability) e differenziabilità
(differentiability). Affinché un brand sia desiderabile, dovrà essere rilevante per il target scelto. Il brand
dovrà inoltre far sì che la propria offerta sia fattibile. Infine, dovranno offrire una gamma di prodotti che sia
altamente differente da quella dei brand concorrenti.

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3. Una volta selezionati i POP e i POD, le aziende possono creare delle mappe percettive di
posizionamento. Queste sono rappresentazioni visive delle percezioni dei consumatori riguardo a un
brand e ai suoi concorrenti, che usano attributi e dimensioni importanti per i consumatori
ravvisabili nei POP e nei POD. Le mappe percettive di posizionamento rappresen-tano un modo per
studiare la situazione attuale del brand e per comprendere come lo stesso pos-sa muoversi nel
presente e nel futuro.
Una volta concordata la strategia di posizionamento generale, il passo successivo è sviluppare una
dichiarazione di posizionamento. Generalmente viene indicata come play-off e indica l’essenza, l’identità e
l’immagine desiderata. I fattori fondamentali per un posizionamento di successo:
1. Chiarezza
2. Coerenza
3. Credibilità
4. Competitività

4. A questo punto i marketer dovranno creare un brand mantra, principalmente per scopi interni.
Definito come “ articolazione di 3-5 parole che rappresentano il cuore e l’anima del brand, e sono
strettamente legate a concetti come l’identità del brand e la sua promessa chiave”

6.6 La gestione e la creazione del brand


Kotler e Keller mostrano come siano necessari tre principali step per la creazione di un brand.
Innanzitutto, devono essere identificati gli elementi “hard” del brand; si fa riferimento a tutte quelle scelte
iniziali che devono rispecchiare nel concreto l’identità del brand e, possibilmente, il suo posizionamento.
Per essere efficaci, gli elementi del brand dovranno rispecchiare le seguenti caratteristiche: memo-rabilità,
significatività e piacevolezza.
Come secondo step, i marketer devono pianificare un’at-tività di comunicazione integrata di marketing,
includendo tutti i potenziali touchpoint brand-consumatore. È importante che la comunicazione sia
coerente, per evitare gap nell’immagine aziendale e per rinforzare tutte quelle associazioni che il brand
intende raggiungere, spesso legate alla propria identità e al proprio posizionamento. Infine il brand potrà
anche implementare un sistema di associazioni secondarie, che quindi possa includere anche persone.

Lo strumento principale di creazione di gestione è rappresentato dal posizionamento strategico. Oltre alle
mappe percettive di posizionamento, vi sono diversi modelli gestionali. Il primo è il modello di Brand
Resonance Pyramid, che vede la gestione del brand come una serie di step ascendenti, che vanno dalla
base di una piramide al vertice della stessa. Per prima cosa, i brand do-vranno assicurarsi una profonda
brand awareness. Dopo aver comunicato al mercato “Who are you” (notorietà del brand), i marketer
dovranno assi-curarsi che anche il significato del brand (brand meaning) e le sue associazioni siano
comprese dai consumatori, che combineranno elementi maggiormente funzionali legati alla performance,
ma anche tutte le associazioni legate a un mondo emozionale e simbolico. Durante questo stadio, le aziende
dovranno avere ben presenti i propri POP e POD e dovranno far sì che gli stessi ven-gano recepiti dai
consumatori attraverso la domanda “What are you?”. Il terzo stadio considera la risposta dei consumatori,
che dovrà essere po-sitiva alla domanda “What about you?”. In questo stadio, i consumatori hanno
comprato il brand, che verrà giudicato in base a elementi razionali (judgments) ed emozionali (feelings).
Infine, la punta della piramide considera la relazione che il brand è riuscito a instaurare con i suoi
consumatori, e la domanda da porsi è “What about you and me?”. Qualora la relazione soddisfi il
consumatore, l’apice della piramide porterà il brand al raggiungimento di una intensa e attiva fedeltà da
parte dei consumatori.

Hatch e Schultz propongono un modello che prende in considerazione tre variabili, due interne e una
esterna: visione e cultura aziendale vs immagine esterna. Il dilemma verte sempre sul raggiungimento della
concorrenza tra variabili interne ed esterne.

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6.7 La gestione strategica dell’architettura del brand
L’estensione del brand e il co-branding possono essere considerate decisioni strategiche relative a una
gestione straordinaria della propria brand architecture.
L’estensione del marchio rappresenta una decisione strategica fondamentale di branding. L’obiettivo
delle aziende che estendono il proprio brand è quello di sfruttare la conoscenza del brand dei propri
corporate brand perchè sono già conosciuti e amati dai consumatori. Quindi, le brand extension riducono il
rischio e i costi impliciti nel lancio di un nuovo product brand.
Dall’altra parte presentano anche potenziali svantaggi. Infatti, se un brand dovesse fallire potrebbero
danneggiare anche il corporate brand, la sua immagine e la sua reputazione nel tempo.

6.8 Il co-branding
Rappresenta una delle strategie a disposizione per estendere il proprio brand. Questa strategia prevede la
combinazione in un unico prodotto di due o più brand, spesso entrambi con un’alta brand knowledge. In
una prospettiva più ampia, si ha co-branding quando due o più brand name vengono presentati
congiuntamente al consumatore. Gli obiettivi possono essere funzionali o simbolici; nel primo caso avremo
due brand che creano congiuntamente un prodotto, nel secondo caso, invece, avremo uno scambio valoriale
determinato dall’accosta-mento dei due brand name. È importante notare come in questo secondo caso
spesso avvenga l’in-contro fra due brand che servono mercati com-pletamente differenti e distanti a livello
di posi-zionamento, come Coca-Cola, brand di massa per eccellenza, e Karl Lagerfeld, brand di lusso.
Attraverso co-branding le imprese creano valore e rinforzano la propria brand equity scatenando nuove
associazioni funzionali e simboliche nella mente del consumatore. Inoltre, entrambi i brand potranno non
solo migliorare il livello di soddisfazione dei clienti ma anche conquistare nuovi segmenti.

Cap. 7 Segmentazione del mercato e targeting


7.1 Che cos’è un prodotto?
Convenzionalmente, quando si pensa ai prodotti, le persone tendono a pensare a oggetti tangibili; in
termini di marketing però la definizione è molto più ampia.
Uno dei modi più efficaci di pensare ai prodotti è in termini del loro mix di componenti tangibili e non.
Apple, per esempio, commercializza articoli palmari innovativi come smartphone e tablet, ma l’esperienza
del negozio è una parte importante della sua offerta.
La distinzione successiva è tra prodotti e brand. Un prodotto può essere qualsiasi offerta aziendale che
abbia la capacita di soddisfare le esigenze del cliente fornendogli qualche forma di vantaggio o valore. I
brand, svolgono la funzione molto importante di distinguere l’offerta di un’azienda da quella di un’altra in
un ambiente competitivo.
Il branding è diventato un aspetto sempre più importante del marketing, rivestendo un ruolo strategico.
Questo è dovuto al fatto che le differenze tecniche dei prodotti stanno sfumando progressivamente e l’unico
elemento che differisce è il nome.
Il potere dei brand d’influenzare le percezioni è molto evidente nei blind test sui prodotti. Il potere dei
brand rispetto ai prodotti è riconosciuto anche nel fatto che spesso alcuni prodotti sono comunemente
conosciuti più dal nome del marchio che dal nome del prodotto

7.2 La differenziazione del prodotto

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Per comprendere a pieno la natura dell’offerta del prodotto, è consuetudine pensare in termini di diversi
livelli. Al livello più elementare, vi è il beneficio essenziale (core benefit), ovvero il vantaggio ricercato nel
prodotto, come le auto che forniscono trasporti. Il beneficio essenziale deve trasformarsi in “prodotto reale”
(actual product), acquistato dal consumatore; tale prodotto comprende caratteristiche quali funzionalità,
qualità, packaging, styling. Al terzo livello c’è il “prodotto aumentato” che si compone di vantaggi che
vengono aggiunti a un prodotto e in genere include elementi quali garanzie, servizi aggiuntivi e valori di
brand aggiuntivi. La differenziazione di prodotto è fondamentale per poter applicare un premium price
(prezzo migliore)

7.2.1 La differenziazione principale (core differentiation)


La differenziazione del prodotto più radicale avviene a livello principale e di solito si verifica quando vi sono
significative scoperte tecnologiche. Esempio: l’industria musicale è stata trasformata molte volte in quanto i
cambiamenti tecnologici hanno permesso ai consumatori di passare prima dagli album ai CD e poi dai CD al
download e allo streaming. Il primo cambiamento ha comportato un aumento significativo di profitti, il
secondo un calo.
La differenziazione principale si verifica anche a causa di cambiamenti nel pensiero strategico e nel
posizionamento del brand.

7.2.2 La differenziazione reale (actual differentiation)


Si verifica quando le organizzazioni mirano a competere sulla base di elementi del prodotto come la sua
qualità, il suo design, le sue funzionalità o il suo packaging.

La qualità è un aspetto chiave del prodotto. Si riferisce sia al fatto che un prodotto sia privo di difetti e sia al
fatto che lo stesso possa soddisfare le esigenze dei clienti. Problemi legati alla qualità possono
compromettere gli sforzi di marketing.
Con l’aumento della difficoltà di differenziare i prodotti molte aziende si rivolgono ad aspetti come il design
del prodotto. Per esempio, Evian è uno dei principali marchi europei di acqua in bottiglia, ma la sua
posizione è stata erosa da una serie di concorrenti locali in diversi Paesi.

Il packaging coinvolge tutte le decisioni sul tipo di contenitore o involucro utilizzato per il prodotto. In
passato, lo scopo principale era solo quello di proteggere il prodotto, ma nel marketing moderno è utilizzato
in termini di attirare l’attenzione, portare informazioni sul prodotto e trasmettere elementi legati al
posizionamento strategico. Un cambiamento di packaging potrebbe diminuire la riconoscibilità del
prodotto e alcuni clienti consolidati potrebbero non riconoscerlo
Esistono diverse dimensioni etiche. Il packaging ampio descrive una situazione in cui i prodotti sono
confezionati in contenitori sovradimensionati, dando l’impressione che contengano più di quello che
effettivamente danno.

7.2.3 La differenziazione aumentata (augmented differentiation)


Le organizzazioni possono decidere di differenziare le proprie offerte in base alle caratteristiche aumentate.
Per esempio, i produttori di cellulari cercano di migliorare caratteristiche come dimensioni dello schermo e
risoluzione dell’immagine. Ma questi vantaggi sono spesso di breve durata, in quanto vengono imitati dai
concorrenti o diventano parti standard dell’offerta di tutti i principali concorrenti.
Qualsiasi sia la base usata per differenziare i prodotti in un mercato, restano tre importanti problemi di
gestione dei prodotti.

7.3 Gestire portafogli di prodotti


Si possono distinguere in 6 tipologie fondamentali.

1. Famiglia di bisogni. “È un bisogno fondamentale da cui in genere ha avuto origine un portafoglio di


prodotti e che potrebbe a sua volta generare un insieme di bisogni fra loro fortemente correlati”.
2. Famiglia di prodotto. “Tutte le classi di prodotto che possono soddisfare il bisogno fondamentale
con efficacia”.
3. Classe di prodotto (o categoria di prodotto). “Questa include gruppi di prodotti all’interno di una
famiglia di prodotti che presenta una certa coerenza funzionale”.
4. Linea di prodotto. “Gruppo di prodotti appartenenti alla medesima classe e strettamente correlati
fra loro in quanto svolgono una funzione simile, sono venduti agli stessi gruppi di consumatori, sono

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offerti tramite lo stesso canale o nei medesimi punti vendita oppure rientrano nella stessa fascia di
prezzo. Una linea di pro-dotto potrebbe essere costituita da vari brand, una famiglia di brand
(family brand) o un brand che ha originato un’intera linea”.
5. Tipo di prodotto. “Gruppo di referenze o di singole varianti di un medesimo prodotto che,
all’interno di una linea, condividono una delle caratteristiche principali”. 6.
6. Referenza (articolo o unità di assortimento o variante di prodotto). “Unità di prodotto di-stinta
nell’ambito di una marca o di una linea di prodotto, riconoscibile per dimensioni, prezzo, aspetto o
altri attributi”

Il portafoglio prodotti (product mix o assortimento o gamma o combinazione di prodotti) è l'insieme di tutti
i prodotti e di tutte le referenze offerte da un venditore. Nel portafoglio prodotti rientrano più linee. Il
portafoglio prodotti si caratterizza per:
• ampiezza, ovvero il numero di linee trattate dall’impresa;
• lunghezza, ovvero il numero totale di referenze presenti nel portafoglio;
• profondità, ovvero la media del numero di va-rianti nell’ambito di ciascuna linea;
• coerenza, ovvero la correlazione fra le diverse linee di prodotto rispetto all’utilizzo finale, al-le
caratteristiche del processo produttivo, ai canali distributivi e altri fattori.

Il processo di gestione delle linee di prodotto si chiama pianificazione del portafoglio prodotti.
Questo può essere un compito importante e complesso. Alcuni linee saranno forti, altre deboli. In qualche
modo le aziende devono decidere come distribuire le proprie risorse limitate tra i prodotti in modo da
ottenere le migliori prestazioni.
La matrice crescita-quota del Boston Consulting Group (BCG) è uno strumento ampiamente utilizzato
nell’analisi strategica e permette di valutare la posizione concorrenziale delle Aree Strategiche d’Affari
(ASA).

La BCG rappresenta, dunque, uno strumento chiave che aiuta le aziende a prendere decisioni riguardo al
mix di prodotti e/o linee dei prodotti. Tale strumento consente di rappresentare i portafogli di prodotti in
una matrice 2×2, i cui tassi esprimono il tasso di crescita del mercato e la quota di mercato relativa.
Il tasso di crescita del mercato costituisce l'asse verticale e indica il tasso di crescita annuale del mercato in
cui opera ogni linea di prodotto. Tale variabile viene utilizzata come proxy per l’attrattività di mercato. La

quota di mercato relativa si riferisce alla quota di mercato di ciascun prodotto rispetto al suo principale
concorrente e viene indicata sull’asse orizzontale. Questa è utilizzata come proxy per la forza competitiva.
L’ascissa viene suddivisa in due aree rispetto al valore unitario: una quota di mercato relativa maggiore di 1
è considerata alta; una quota di mercato relativa inferiore a 1 è considerata bassa.
Le ipotesi di base per l’utilizzo della matrice sono:
1. Relazione forte fra liquidità generata e quota di mercato relativa, ovvero tanto più alta è la quota di
mercato relativa, tanto maggiore è la capacità di generare risorse finanziarie. Tale legame è spiegato
tramite le curve di esperienza
2. Relazione forte fra assorbimento di risorse finanziarie e tasso di sviluppo del mercato. Un mercato
in crescita ha un elevato bisogno di liquidità per finanziare l’espansione

In altri termini, un alto tasso di crescita del mercato indica “assorbimento di liquidità”; un’alta quota di
mercato relativa indica “generazione di liquidità”.

Una volta che tutti i prodotti dell’azienda sono stati inseriti, è facile vedere quante stars, punti interrogativi,
vacche da mungere e cani sono presenti nel portafoglio. Le risorse possono essere allocate alle diverse linee
di prodotto per garantire che venga mantenuto un portafoglio bilanciato

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Problemi chiave nell’utilizzo della matrice:
1. La matrice si basa sul flusso di cassa, ma forse la redditività (per es., il ritorno sull'investimento) è
un criterio migliore per allocare le risorse.
2. Poiché la posizione di un prodotto sulla matrice dipende dalla quota di mercato, ciò può portare a
una preoccupazione “negativa” con l'aumento della quota di mercato. Inoltre, la definizione del
mercato (che determina la quota di mercato) può essere molto difficile.
3. La matrice ignora le interdipendenze tra i prodotti. Per esempio, un cane potrebbe dover essere
commercializzato perché integra una star o una vacca da mungere. Oppure a clienti e distributori
può piacere rapportarsi con un’azienda che forni-sce una linea completa di prodotti. Per questi
motivi disinvestire dei prodotti perché rientrano in un determinato quadrante può essere
semplicistico.
4. Trattare il tasso di crescita del mercato come proxy dell’attrattività del mercato e la quota di mercato
relativa come indicatore della forza competitiva significa semplificare eccessivamente il
ragionamento, con conseguenze potenzialmente dannose per la strategia dell’azienda.

7.4 Il ciclo di vita del prodotto (PLC)


Un utile strumento per concettualizzare i cambiamenti che possono verificarsi nel tempo durante il quale
un prodotto è sul mercato, è il ciclo di vita del prodotto. Il classico si compone di 4 fasi:
1. Introduzione. Quando un prodotto viene introdotto nel mercato, la crescita delle vendite è lenta.
Questo accade per due ragioni: il target ancora non conosce il prodotto e i distributori sono ancora
pochi. L’obiettivo di marketing è costruire le vendite espandendo il mercato per il prodotto.
L’obiettivo del brand sarà quello di creare consapevolezza in modo che i clienti acquisiscano
familiarità con i vantaggi generici del prodotto. La comunicazione supporterà gli obiettivi del brand
sia favorendo l’acquisizione di consapevolezza per il marchio e per il tipo di prodotto stimolando la
sperimentazione. La pubblicità tradizionale è risultata più efficace all’inizio della vita del prodotto
rispetto alle successive fasi. In genere, il prezzo sarà elevato a causa dei pesanti costi di sviluppo e
del basso livello di concorrenza. La distribuzione sarà frammentaria poiché alcuni intermediari
saranno cauti nello stoccaggio del nuovo prodotto fino a quando non avrà avuto successo sul
mercato.
2. Crescita. Questa fase è caratterizzata da un periodo di vendite e crescita dei profitti più veloce. I
profitti potrebbero declinare verso le ultime fasi di crescita, mentre nuovi concorrenti entrano nel
mercato attratti dalla duplice calamita della rapida crescita delle vendite e dell’alto potenziale di
profitto. L’obiettivo strategico di marketing in questa fase è di costruire le vendite e la quota di
mercato. Il focus strategico è di penetrare il mercato costruendo la preferenza del marchio, grazie a
un’immagine positiva. Per raggiungere tale obiettivo, il prodotto verrà ridisegnato per creare
differenziazione e la comunicazione metterà in rilievo sia i benefici funzionali, sia i benefici
psicologici che derivano dalla differenziazione. La conoscenza e la sperimentazione sono ancora
importanti, ma la comunicazione inizierà a concentrarsi sui clienti che ripetono l’acquisto
(consumatori fedeli). Poiché i costi di sviluppo vengono coperti e la concorrenza aumenta, i prezzi
diminuiscono. L’aumento della domanda da parte dei consumatori e l'aumento degli sforzi di
vendita aumenteranno la copertura distributiva.
3. Maturità. La necessità di un’effettiva costruzione del marchio è sentita in modo più acuto durante
la maturità e i brand top of mind sono nella posizione più forte per resistere alla pressione sui
margini di profitto.
Secondo Kotler sono tre le modalità che si possono usare per modificare la traiettoria del ciclo di
vita.
1. Modificare il mercato. “L’impresa può cercare di espandere il mercato che si presenta maturo agendo su
due fattori che compongono il volume delle vendite: volume = numero di clienti della marca × tasso di
utilizzo per il cliente. Tuttavia, essa deve fare i conti con la concorrenza”.
2. Modificare il prodotto. “È possibile stimolare le vendite migliorando le prestazioni, la qualità, le
caratteristiche, il design o lo stile del prodotto”.
3. Modificare il programma di marketing. “I responsabili di prodotto possono cercare di incrementare le
vendite modificando elementi che non riguardano direttamente il prodotto ma il prezzo, i canali distributivi
o la comunicazione”.
4. Declino. Durante questa fase le vendite e gli utili diminuiscono. I budget di comunicazione e di
sviluppo del prodotto possono essere ridotti e i distributori marginali diminuiti, mentre i fornitori
cercano di mantenere (o aumentare) i margini di profitto.
In realtà, oltre al declino, si possono verificare altre due situazioni:

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- la pietrificazione, ovvero “l’assestamento delle vendite su un certo livello di volumi, con una condizione
produttiva e di mercato sostanzialmente fissa, assestata a livelli bassissimi di volumi o anche elevati ma
flat”
- la rivitalizzazione, “in cui qualche produttore riesce a innescare un nuovo ciclo di vita del
prodotto, introducendo un’innovazione tec-nica che lo rende adeguato ai tempi, o reinventando un mercato,
o ripensando gli attributi fondamentali del concept”.

Come la matrice BCG, il PLC è stato oggetto di molte critiche.


Non tutti i prodotti seguono la classica curva a forma di S. Per esempio, il cubo di Rubik negli anni ‘80 ha
visto una crescita di vendite fenomenale seguita però da un crollo rapido poiché il mercato dei giovani si è
spostato su altro.
Secondo, la durata delle fasi PLC è imprevedibile.
Infine, si è sostenuto che il PLC sia il risultato delle attività di marketing e non la causa. Come molti
strumenti, dovrebbe essere visto come un aiuto per le decisioni manageriali.

6.5 Lo sviluppo di nuovi prodotti


Linfa vitale del successo aziendale ma intrinsecamente rischioso.
Si possono considerare quattro categorie
1. Prodotti sostitutivi. Questa categoria rappresenta circa il 45% di tutti i lanci di nuovi prodotti e
include revisioni e miglioramenti di prodotti esistenti, riduzione dei costi
2. Aggiunte a linee esistenti. Questa categoria rappresenta circa il 25% dei nuovi prodotti lanciati e
prende la forma di nuovi prodotti che si aggiungono alle linee di prodotti già esistenti di un’azienda.
Ciò determina una maggiore profondità della linea.
3. Nuove linee di prodotto. Questa categoria rappresenta circa il 20% dei lanci di nuovi prodotti e
rappresenta il passaggio in un nuovo mercato. Per esempio, in Europa, Mars ha lanciato una serie di
marchi di gelati che hanno costituito una nuova linea di prodotti per questa azienda. Questa
strategia amplia il mix di prodotti di un’azienda.
4. Prodotti nuovi-per-il-mondo. Questa categoria rappresenta circa il 10% di nuovi lanci di prodotti e
crea mercati interamente nuovi. Per esempio, la console per videogiochi, il lettore MP3 e la
videocamera hanno creato nuovi mercati in virtù dei benefici per i clienti molto apprezzati

Il livello di rischio e di ritorni varia in base alla categoria sviluppata. L’ultima categoria (prodotti nuovi per
il mondo) generalmente è quella più rischiosa.

7.5.1 Gestione del processo di sviluppo di nuovi prodotti

 Generazione delle idee


Le fonti di idee per un nuovo prodotto possono essere sia esterne (distributori, fornitori, clienti) che interne
(scienziati, ingegneri, designer) all’azienda.
Mantenersi in stretto contatto con i clienti innovatori può essere una fonte proficua di nuove idee di
prodotto. I clienti di punta sono in grado di riconoscere i miglioramenti necessari prima degli altri in
quanto hanno esigenze avanzate.
La rilevanza di questa fase ha determinato lo sviluppo di tecniche specifiche per stimolare la generazione di
nuove idee; tra cui il brainstorming, il brainwriting e le mappe mentali

Oggi la disciplina del brainstorming si è evoluta, ma la filosofia di base ancora perdura e consiste nei
concetti fondamentali, concretizzati nelle diverse fasi necessarie a una seduta di brainstorming.
1. Evaluate later (valutazione a posteriori): per stabilire una comunicazione aperta. Rimandare la
valutazione sarà il primo passo verso la fiducia e il rispetto reciproco tra i membri del team, lasciandoli
liberi di far parlare le proprie menti. Ognuno dovrà avere il tempo di difendere e spiegare ampiamente le
proprie idee e, ovviamente, ognuna di queste dovrà essere valutata equamente. 2. Go for quantity (ricercare
la quantità): per la massimizzazione delle scelte. Il secondo passo sarà quello di “buttare giù” una larga
quantità di idee affinché il range di possibilità per l'individuazione di un’idea vincente aumenti. Questa
quantità avrà due dimensioni: la flessibilità (ci si riferisce a un range di idee appartenenti a classi diverse) e
l’allargamento (varietà di idee raggruppate intorno a uno stesso tema).

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3. Encourage wild ideas (incoraggiare idee folli): per massimizzare la creatività. Saranno proprio i pensieri
creativi (creative thinking) a portare di fronte alle persone idee folli. Una delle strade per scatenare la
creatività sarà percorribile usando (nel descrivere la propria idea) parole colorate, espressive e irriverenti.
4. Build on other ideas (costruire sopra altre idee): per sfruttare tutte le possibilità. "L'immaginazione è più
importante della conoscenza”, diceva Einstein. Dunque, le idee che emergeranno durante il brainstorming
potranno essere ispiratrici per ulteriori idee. Osborn credeva che modificando o combinan-do idee diverse
si sarebbe potuto arrivare a nuove e addirittura idee migliori. Sarà necessario espandere queste ultime ed
eventualmente indirizzare verso una nuova direzione (nella maggior parte dei casi questa elaborazione
avverrà spontaneamente).
5. Chiarezza per la condivisione delle idee. Rendere chiare le proprie idee sarà un semplice ma importante
passo. La valutazione delle idee deve venire a posteriori, ma in primis queste dovranno poter essere
comprese. Quindi, prima della condivisione, ognuno dovrà porsi delle domande e rispondersi, per poi
mostrare al gruppo la propria idea

Il brainwriting è una metodologia messa a punto dall’Istituto Batelle di Francoforte e rappresenta la


versione su carta del brainstorming. Il conduttore scrive sul foglio quanti sono i partecipanti del gruppo, la
frase stimolo e ciascuno ha a sua disposizione un minuto per scrivere sotto lo stimolo la prima idea che gli
viene in mente. Costui passerà il proprio foglio al compagno di destra, che leggerà l’idea sopra e ne
aggiungerà un’altra. Alla fine del giro ciascuno avrà un foglio con numerose idee formulate per iscritto e si
cercherà di sintetizzare un’unica e vincente idea.
Infine, la mappa mentale rappresenta una naturale espressione della mente umana, ed è una potente
tecnica grafica che fornisce una chiave universale per sbloccare il potenziale del cervello; questa ha quattro
caratteristiche:
 l’oggetto dell’attenzione è cristallizzato in un’immagine centrale
 I temi principali del soggetto si irradiano dall’immagine centrale come rami;
 i rami contengono un’immagine o una parola chiave scritta su una linea associata; gli argomenti di
minore importanza sono anch’essi rappresentati come rami attaccati ai rami di un livello più alto;
 i rami formano una struttura nodale connessa

7.5.3 Lo screening
Una volta sviluppate le nuove idee di prodotto, queste devono essere sottoposte a screening per valutare il
loro valore commerciale. Alcune aziende utilizzano liste formali di controllo per aiutare a giudicare se il
prodotto deve essere rifiutato o portato avanti per un’ulteriore valutazione. Alcune imprese possono usare
un approccio meno sistematico, preferendo una discussione aperta più flessibile tra i membri del comitato
di sviluppo del nuovo prodotto per valutare il probabile successo

7.5.4 La verifica del concetto


Consente l’inclusione delle opinioni dei clienti nella fase iniziale nel processo di sviluppo di nuovi prodotti.
Le intenzioni di acquisto dei potenziali clienti sono un fattore chiave nel giudicare se sia opportuno
sviluppare uno qualsiasi dei concetti

7.5.5 L’analisi del business


In questa fase sono effettuate la stima delle vendite, dei costi e dei profitti, basandosi sui risultati del test del
concetto di prodotto non è sul giudizio manageriale, ovvero l’analisi del business.
Per la stima delle vendite è necessario sviluppare una previsione relativa sia ai primi acquisti del prodotto
sia alla sostituzione. Per la stima dei costi, se il nuovo prodotto è simile ai prodotti esistenti dovrebbe essere
abbastanza facile produrre stime accurate dei costi. Quando si calcola la quantità che è necessario vendere
per coprire i costi, è possibile utilizzare l’analisi del pareggio per stabilire se il progetto è finanziariamente
fattibile. L’analisi di sensibilità può rilevarsi utile in questa fase

7.5.6 Lo sviluppo del prodotto


In questa fase è necessario integrare le competenze di progettisti, ingegneri, esperti di produzione, finanza e
marketing per garantire che lo sviluppo del prodotto sia il più veloce, meno costoso e si traduce in un
prodotto di alta qualità. In questa fase i costi sono controllati con il metodo del target costing.

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In questa fase si creano i prototipi fisici del prodotto che incorporano “gli attributi chiave descritti dsl
concetto di prodotto, che funzioni in modo sicuro in condizioni d’uso normali e che possa essere fabbricato
senza superare i costi di produzione previsti”. I prototipi poi devono essere sottoposti a prove sia sugli
aspetti funzionali sia sull’accettazione del consumatore prima di raggiungere il mercato. Superati si passa ai
test beta, ovvero i prodotti sono testati con i consumatori per verificarne l’accettibilità durante l’uso.

7.5.7 I test di mercato


Portano la misurazione dell’accettazione da parte del cliente, un fondamentale passo avanti rispetto ai test
sui prodotti. Esistono due metodi principali: il test di mercato simulato e il test marketing. I test di mercato
simulati presentano diversi va-rianti, ma l’idea di base è quella di creare una si-tuazione di mercato
realistica in cui un campio-ne di consumatori acquista prodotti dall’ente che conduce il test. I test di
mercato simu-lati sono utili in via preliminare per testare il marketing individuando eventuali problemi, per
esempio nel confezionamento e nella formula-zione del prodotto, che possono essere corretti prima del
lancio sul mercato. Il test marketing consiste nel lanciare il nuovo prodotto in una o poche aree geografiche
selezionate che sono rappresentative del mercato previsto. Il test marketing è il banco di prova dello
sviluppo di nuovi prodotti poiché il prodotto viene promosso come lo sarebbe in un lancio nazionale e ai
consumatori viene chiesto di sceglierlo rispetto ai prodotti della concorrenza come farebbero se il nuovo
prodotto diventasse nazionale. È un test più realistico del test di mercato simulato e, quindi, fornisce stime
più accurate della penetrazione delle vendite e degli acquisti ripetuti.

7.5.8 La commercializzazione
La fase finale di questo rigoroso processo è il lancio del prodotto sul mercato. Una strategia di
commercializzazione efficace si basa sulla gestione del marketing facendo scelte chiare sul mercato di
rifermento e lo sviluppo di una strategia di marketing che offra un vantaggio differenziale. La comprensione
del processo di diffusione dell’innovazione è un utile punto di partenza per la scelta di un mercato di
riferimento. È importante la consapevolezza del fatto che non tutte le organizzazioni e persone si trovano
nello stato di preparazione all’acquisto di un nuovo prodotto al momento del lancio. Le aziende che
lanciano nuovi prodotti mirano a rivolgersi all’inizio agli innovator perchè spesso avventurosi e amano
essere diversi; sono disposti a rischiare con un prodotto non sperimentato.
In sintesi, lanciare nuovi beni e servizi è la chiave del successo aziendale a lungo termine. È un’attività
rischiosa, ma è probabile che un approccio sistematico migliori le probabilità di successo.

Cap. 8 La gestione dei servizi


8.1 L’unicità dei servizi

I servizi sono attività o benefici intangibili offerti al consumatore o a imprese con modalità che implicano
un’interazione diretta fra chi li offre e chi li fruisce.
La distinzione tra beni e servizi sotto il profilo operativo è più attenuata. È difficile identificare un bene
materiale puro o un servizio puro: per quanto riguarda il bene materiale puro è necessario che il
consumatore tragga beneficio soltanto dal bene, mentre un servizio comporta la mancanza di qualsiasi
elemento materiale nella prestazione erogata al cliente.
Tra i due estremi costituiti da beni e servizi, è possibile individuare almeno due situazioni intermedie:
 bene tangibile integrato con servizi: un bene viene venduto insieme a uno più servizi che ne
aumentano l’attrattività
 Servizio integrato con beni tangibili: un servizio viene prestato offrendo anche beni di supporto che
lo completano e valorizzano
Sotto il profilo competitivo, la presenza di elementi tangibili nell’erogazione dei ser-vizi e il contenuto di
servizio associato alla vendita dei beni rappresentano ormai elementi di differenziazione fondamentali. Per
esempio, in riferimento all’attività alberghiera, è il mix fra aspetti tangibili e contenuto di servizio a
determinare la scelta di un hotel piuttosto che un altro: oltre al diritto di uso della camera (del letto, del
bagno ecc.), il cliente acquista un’esperienza che sarà determinata da un insieme di elementi tangibili e
intangibili, dal modo in cui viene accolto e assistito dal personale, all’atmosfera legata allo stile
architettonico dell’edificio.
Il marketing è infatti nato avendo come riferimento prevalentemente il mondo dei beni e solo negli ultimi
due decenni si è cercato di adattarne i principi anche ai servizi.

8.2 Le quattro I dei servizi


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I servizi sono caratterizzati da quattro elementi distintivi definiti, sulla base della terminologia
anglosassone, come le “quattro I dei servizi”: intangibilità (Intangibility), eterogeneità (Inconsistency),
inseparabilità (Inseparability) e deperibilità (Inventory).

Intangibilità. I servizi sono intangibili, nel senso che non si possono vedere o toccare prima di acquistarli.
Poichè i servizi si traducono in una prestazione per i consumatori, è molto più difficile valutarli prima di
averli effettivamente fruiti

Eterogeneità. La qualità di un medesimo servizio, come per esempio un’opera teatrale o la vendita di un
pacchetto vacanze, varia sia in base alla persona che eroga il servizio sia in base al momento. Infatti, mentre
la standardizzazione dei processi produttivi permette il mantenimento di un livello di qualità costante nel
tempo, nel caso dei servizi garantire uniformità è assai più difficile. Si pensi al servizio di vendita di
pacchetti vacanza: la capacità dell’agente di viaggio di erogare un servizio finale di qualità dipenderà anche
dal comportamento del cliente, per cui sarà più bassa se il cliente è scortese o poco chiaro sulle sue
aspettative.

Inseparabilità. Nella maggior parte dei casi, il consumatore non può separare colui che eroga il servizio dal
servizio stesso. Il grado di interazione fra il consumatore e il prestatore del servizio dipende dalla misura in
cui il consumatore deve essere fisicamente coinvolto per riceverlo.

Deperibilità. Non è possibile, al contrario di quanto accade per i beni, stoccare i servizi per regolarne il loro
utilizzo nel tempo. I beni possono essere prodotti in eccesso e immagazzinati per un certo periodo in attesa
della vendita, lo stesso non è possibile per i servizi. Nei momenti di calo della domanda ci sarà una
capacità produttiva inutilizzata, mentre nei momenti di picco si rischierà di non avere capacità
produttiva sufficienti, creando code e insoddisfazione nel cliente. Le conseguenze di questa difficoltà
nell’armonizzare il ciclo produttivo con quello della domanda nel processo produttivo dei servizi sono
notevoli in termini di costi, di qualità e di soddisfazione sia del cliente sia del personale. Si dovrà scegliere
fra due possibilità: un’impresa di servizio che punta all’efficienza tenderà a sottodimensionarsi per evitare
di ritrovarsi con un ammontare di risorse inutilizzate per molto tempo; una che invece punta all’efficacia
dovrà correre il rischio di sovradimensionarsi per evitare che nei momenti di picco una porzione di
domanda rimanga insoddisfatta.

Il service continuum
Consiste nella classificazione delle possibili forme di offerta a partire da quelle in cui predomina la
componente materiale fino ad arrivare a quelle in cui prevale la componente di servizio
L’insegnamento, l’assistenza infermieristica e il teatro sono attività intangibili, a prevalenza di servizi; in
questo caso per il marketing le quattro I hanno una rilevanza primaria
Oggi, per molte aziende è utile distinguere fra il prodotto principale, un bene o un servizio, e i servizi
integrativi. L’offerta di un servizio principale, come un conto corrente, per esempio, ha anche servizi
integrativi come l’assistenza e la consulenza sulla gestione del risparmio. Spesso, i servizi integrativi con-
sentono alle imprese di differenziare la loro offerta da quella dei concorrenti e di aggiungere valore per i
consumatori. Esistono diverse tipologie di servizi integrativi, ma le principali possono essere riportate alla
fornitura di informazioni, alla consulenza, alle modalità di accettazione degli ordini e di consegna, alle
procedure di fatturazione e alla flessibilità nei metodi di pagamento

I comportamenti d’acquisto nei servizi


Il processo d’acquisto
Molti aspetti dei servizi influiscono sulla valutazione dell’acquisto da parte di un consumatore.
I beni tangibili come l’abbigliamento o la gioielleria, hanno proprietà di ricerca, per esempio il colore, le
dimensioni e lo stile. Servizi come ristoranti e l’assistenza ai bambini hanno proprietà di esperienza, che
possono essere comprese solo dopo l’acquisto o durante il consumo

Valutazione della qualità del servizio


Quando il consumatore prova un servizio, per valutarlo confronta le sue aspettative con l’esperienza
effettivamente avuta. Le differenze fra le aspettative e l’esperienza possono essere individuate attraverso la

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gap analysis, che si basa sulla richiesta ai consumatori di valutare la distanza fra le attese e quanto

ricevuto rispetto a una serie di dimensioni che permettono di qualificare la qualità.


Nella figura sono definite le diverse dimensioni rispetto a 5 attributi fondamentali di qualunque esperienza
di servizio e permettono una valutazione analitica di quali aspetti sono risultati inferiori alle attese del
cliente e devono quindi essere oggetto di interventi correttivi.

Contatto con i clienti e marketing relazionale


I consumatori giudicano i servizi sulla base dell’intera sequenza di fasi che costi-tuisce il processo di
erogazione. Per focalizzarsi su queste fasi, indicate spesso con il termine service encounter si può sviluppare
un audit dei contatti con il cliente, cioè un diagramma dei punti di interazione fra il consumatore e il
prestatore dei servizi. Tale strumento risulta importante nei servizi ad alto tasso di contatto, come gli
alberghi, gli istituti scolastici.
La figura rappresenta un audit dei contatti con i clienti per il noleggio di un’auto presso Hertz e contribuisce
a chiarire come lo strumento dell’audit possa essere utilizzato. Un cliente decide di noleggiare un’auto e
contatta la società di autonoleggio (1). Un rappresentante del servizio clienti riceve le informazioni (2) e
verifica la disponibilità dell’auto nel luogo desiderato. Quando il cliente arriva sul luogo del noleggio (3), si
accede nuovamente al sistema di prenotazione e il cliente fornisce le informazioni relative al pagamento,
all’indirizzo e alla patente di guida (4). Viene assegnata un’auto al cliente (5), che si reca in autobus al ritiro
dell’automobile (6). Al ritorno al luogo di noleggio (7), il cliente effettua il check-in (8), un rappresentante
del servizio clienti raccoglie le informazioni sul chilometraggio, sul consumo di carburante e sui danni (9).
Infine, viene stampata la fattura (10).

La figura illustra anche una serie di fasi, indicate con le lettere da a a d. Queste fasi sono essenziali per
offrire un’auto pulita e mantenuta in buone condizioni, ma non sono punti di interazione con la clientela

Marketing relazionale: il contatto fra un prestatore di servizi e un clienti rappresenta un service encounter che
influenzerà la valutazione dell’esperienza da parte dell’acquirente. Il termine “marketing relazionale” è
usato per sottolineare questa necessità di capitalizzare tutti i momenti di incontro con il cliente e si presta in
modo particolare al caso dei servizi dove l’interazione è un dato fisiologico. L’obiettivo è quello di sviluppare
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un rapporto continuativo e personalizzato che permetta al cliente di legarsi a un singolo fornitore e, su
questa base, ottenere un servizio il più vicino possibile alle sue aspettative, senza dover ogni volta affrontare
un processo di valutazione.

La gestione del marketing dei servizi


Molti servizi dipendono dalle persone per la creazione e l’erogazione dell’esperienza di servizio al cliente. La
natura dell’interazione tra dipendenti e clienti influenza fortemente la percezione che il cliente ha
dell’esperienza di servizio.
Il marketing interno si basa sull’idea che un’organizzazione di servizi deve essere focalizzata sui suoi
dipendenti, che costituiscono un vero e proprio mercato interno, prima di poter offrire ai clienti programmi
di successo. Le imprese di servizio devono assicurarsi che i dipendenti abbiano le capacità e l’impegno
necessari per soddisfare le aspettative dei clienti e sostenerne la fedeltà. Una volta che i programmi di
marketing interno hanno preparato i dipendenti alle loro interazioni con i clienti, le organizzazioni possono
gestire meglio i servizi che forniscono. Il Customer experience management (CEM) è il processo di gestione
dell’intera customer experience con l’azienda. Gli esperti CEM suggeriscono che il processo dovrebbe essere
intenzionale e pianificato, coerente in modo che ogni esperienza sia simile, differenziata da altre offerte di
servizi e rilevante e preziosa per il mercato di destinazione.

Vi sono 3 elementi relativi alla P di prodotto che meritano attenzione:


 Esclusività. L’incentivo a innovare e, successivamente, il successo di un nuovo prodotto dipendono
dalla possibilità di brevettarlo, ottenendo così il diritto di sfruttare l’innovazione in modo esclusivo.
Un importante differenza tra beni e servizi è che questi ultimi non possono essere brevettati e
l’innovazione può essere copiata da imprese rivali.
 Branding. Poichè i servizi sono intangibili e più difficili da descrivere, il brand name è molto
importante per ottenere riconoscibilità e influire sulle decisioni d’acquisto dei consumatori. Per
esempio, UPS ha saputo gestire la sua strategia di branding, cambiando di recente il suo logo dopo
42 anni.
 Gestione della capacità di servizio. Il termine, processo, si riferisce alle procedure, meccanismi
e al flusso di attività con cui il servizio viene creato e fornito. La maggior parte dei servizi ha una
capacità limitata a causa dell’ inseparabilità del servizio da chi lo fornisce e della sua deperibilità.
Per esempio, per avere un taglio di capelli, il cliente deve essere nel negozio contemporaneamente al
parrucchiere, che in quel momento potrà servire soltanto un cliente. Questo processo è detto
gestione della capacità di servizio. L’obiettivo è quello di gestire la disponibilità di servizio in modo
che corrisponda alla capacita per la durata del ciclo della domanda e le risorse a disposizione
dell’impresa siano usate per massimizzare il rendimento del capitale investito.

Prezzo: a prescindere dal termine usato, la leva del prezzo nei servizi ha un ruolo di particolare rilievo
perchè può essere usata per cercare di bilanciare capacità e domanda. Per i cinema, le compagnie aeree è
normale il ricorso alla discriminazione temporale dei prezzi, che consiste nell’ applicare prezzi diversi nelle
diverse ore del giorno o della settimana per riflettere le variazioni nella domanda del servizio

Distribuzione: anche i servizi necessitano di un supporto distributivo. Storicamente, nel marketing dei
servizi si è dedica. ta poca attenzione alla distribuzione ma, con l’aumentare della concorrenza, si è
riconosciuto il valore di una distribuzione che avvicini il più possibile il consumatore al servizio desiderato.
La disponibilità della distribu-zione elettronica attraverso Internet offre oggi una copertura di livello
mondiale per i servizi di viaggio, bancari, di intrattenimento, assicurativi, di contrattazione in borsa e molti
altri servizi basati sulle informazioni.

Promozione: per molti servizi, il valore della promozione e, in particolare, della pubblicità consiste nel
mostrare i benefici del servizio per l’acquirente. Così andranno sottolineate la qualità della prestazione,
l’efficienza e la disponibilità del personale e, nei casi in cui la prestazione si svolge in un luogo particolare,
quest’ultimo andrà indicato e rappresentato.

I servizi nel futuro

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Molti dei cambiamenti saranno il risultato di due fattori: lo sviluppo tecnologico e l’opportunità di
espansione dell’economia mondiale. Il progresso tecnologico sta trasformando rapidamente il settore dei
servizi. I nuovi servizi basati su Internet, inoltre, rendono possibile ottenere video, film e libri di testo in
formato elettronico. Anche la globalizzazione dell’economia mondiale cambierà l’industria dei servizi, con
un’accentuazione delle politiche di internazionalizzazione delle imprese che richiederà al marketing una
maggiore attenzione alle implicazioni interculturali di un’offerta globalizzata.
Nel caso dei servizi, ancor più dei beni, sarà necessario seguire la regola del “pensare globale e agire locale”.

Cap. 9 Il valore attraverso la determinazione dei prezzi di vendita


Shapiro e Jackson hanno identificato 3 metodi che i manager usano per impostare i prezzi. Il metodo delle 3
C: costo, concorrente, cliente.
Il primo riflette un forte orientamento interno e “fornisce indicazioni circa il livello minimo di prezzo
praticabile, al di sotto del quale si genererebbe una perdita”. Il secondo consiste nel determinare i prezzi di
vendita in base alla concorrenza e alle possibili reazioni e “consente all’azienda di sta-bilire l’intervallo
intermedio all’interno del qua-le posizionare il proprio prezzo”.5 L’approccio finale è la determinazione dei
prezzi di vendita guidata dall’analisi della clientela

9.1 Determinare i prezzi di vendita basandosi sui costi

Determinare i prezzi di vendita basandosi sui costi è utile in quanto essi indicano il prezzo minimo da
addebitare per pareggiare i conti

Immagina di avere il compito di determinare il prezzo di vendita di un nuovo prodotto a partire dalle cifre
indicate in tabella. I costi diretti come la manodopera e i materiali sono di 2 euro per unità. Con l’aumento
della produzione, ci vorranno più persone e più materiali, quindi il costo pieno aumenterà. I costi fissi
ammontano a 200 000 euro. Questi costi (che comprendono gli uffici e gli impianti di produzione) non
cambiano con l’aumentare della produzione.
Una volta calcolati i costi rilevanti, si deve stimare quante unità venderemo. Crediamo che il nostro
prodotto sia di buona qualità e che, quindi, le vendite dovrebbero ammontare a 100 000 unità nel primo
anno. Per cui, il costo (totale) è di 4 euro per unità e, applicando un margine di profitto standard del 10%, si
raggiunge il prezzo di 4,40 euro. Per capire i problemi associati alla determinazione del prezzo basandosi
sul costo pieno, dobbiamo presumere che non si riesca a vendere 100 000 unità entro la fine dell’anno. In
questo caso il prezzo aumenta perchè aumenta il costo per unità. Questo avviene perchè i costi fissi sono
divisi per un volume di vendite più piccolo.
1. Il primo problema quindi è che i prezzi tendono ad aumentare in risposta al calo delle vendite.
2. Il secondo problema è che la procedura è illogica perchè si stimano le vendite prima di fissare il
prezzo
3. Il terzo è che l’attenzione è concentrata sui costi interni piuttosto che sulla disponibilità a pagare da
parte del cliente
Approccio però molto diffuso perchè i vantaggi sono altrettanti. Il principale è quello di fornire
un’indicazione del prezzo minimo necessario per realizzare un profitto. Una volta misurati i costi diretti e i
costi fissi, si può utilizzare un’analisi di pareggio (break-even analysis) per stimare il volume delle vendite
necessario per equilibrare entrate e costi a diversi livelli di prezzo.
Alcune imprese impostano i prezzi al di sotto del costo pieno (processo definito determinazione dei
prezzi a costo marginale)

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9.2 Determinare i prezzi di vendita in base alla concorrrenza
Si possono determinare i prezzi di vendita in base alla concorrenza in uno dei seguenti tre modi:
1. le aziende seguono i prezzi applicati dai principali competitor;
2. i produttori applicano il prezzo in corso;
3. i contratti vengono assegnati tramite una gara d’appalto.

Alcune aziende si limitano a confrontarsi con i principali concorrenti e decidono di stabilire i propri prezzi a
livelli superiori, uguali o inferiori a essi. Tale approccio può essere rischioso, in particolare se la posizione di
costo dell’impresa non è buona come quella dei suoi concorrenti. In altre circostanze, tutti i concorrenti
fissano lo stesso prezzo perché esso rappresenta il prezzo corrente di un certo prodotto. I prezzi correnti
sono applicati in genere a prodotti indifferenziati come il caffè in chicchi o la carne bovina. La sfida per il
marketing è quella di trovare un modo creativo per differenziare il prodotto al fine di applicare un prezzo
diverso
Inoltre, molti contratti vengono vinti o persi sulla base di gare d’appalto. Il processo più consueto consiste
nel redigere delle specifiche dettagliate per un prodotto e indire una gara. I potenziali fornitori propongono
un prezzo, noto solo a loro e al compratore (chiamato “offerta sigillata”), oppure l’offerta può aver luogo in
un’asta pubblica in cui tutti i concorrenti vedono quali sono i prezzi offerti. A parità di condizioni,
l’acquirente selezionerà il fornitore che propone il prezzo più basso. Per gli aspiranti fornitori, quindi, è
importante avere un’idea di quale sarà il prezzo proposto dai concorrenti.
Il principale vantaggio di determinare i prezzi di vendita in base alla concorrenza è che è un modo semplice
e facile, tranne nel caso delle gare d’appalto, in cui può essere difficile “indovinare” il prezzo proposto dai
competitor. Tuttavia, que-sto approccio soffre di due grandi limiti. Primo, non tiene conto degli eventuali
vantaggi diffe-renziali che l’impresa può avere e che possono giustificare il fatto di applicare un prezzo più
elevato rispetto alla concorrenza.

9.3 La determinazione dei prezzi di vendita guidata dal mercato


Un fattore fondamentale di marketing da considerare quando si fissano i prezzi è il valore che un prodotto
ha per il cliente.
Più un prodotto dà valore rispetto alla concorrenza, maggiore è il prezzo che può essere applicato.
I marketer hanno a disposizione tre principali tecniche per identificare come i clienti percepiscano il valore
di un prodotto: l’analisi del trade-off, la sperimentazione e l’analisi del va-lore economico per
il cliente (Economic Value to the Customer, EVC).

Analisi del trade-off


Misurare il trade-off tra il prezzo e le altre caratteristiche del prodotto consente di stabilire l’effetto delle
seconde sulla preferenza per il prodotto. Agli intervistati non vengono poste domande dirette sul prezzo, ma
vengono descritti dei profili di prodotto che comprendono le caratteristiche e il prezzo del prodotto stesso e
viene poi chiesto loro di indicare quale profilo preferiscono. Questo esercizio consente di misurare quale
impatto avrà l’aumento o la riduzione del prezzo sulle preferenze

La sperimentazione
Un limite dell’analisi del trade-off è relativo al fatto che non si domanda agli intervistati di confermare le
proprie preferenze acquistando il prodotto. “La ricerca sperimentale sulla determinazione dei prezzi di
vendita” tenta di superare questo inconveniente mettendo in vendita un prodotto in luoghi diversi con
prezzi differenti.

L’analisi EVC
Forbis e Metha definiscono l’EVC come il valore misurabile offerto al cliente, a partire dal confronto fra i
costi e i benefici offerti rispetto alle alternative di riferimento. Nello specifico, l’analisi EVC “consiste
nell’esame e nella valorizzazione delle caratteristiche tecniche del prodotto e dei processi aziendali che
hanno maggiore rilevanza – secondo le conoscenze e la sensibilità commerciale del management –
nell’influenzare il comportamento di scelta dei clienti”. L’analisi EVC, di solito, è particolarmente
interessante se applicata a prodotti il cui prezzo d’acquisto rappresenta una piccola percentuale dei costi per
il cliente
Il principale vantaggio di determinare i prezzi di vendita in base al mercato risiede nel fatto che si
considerano in modo prioritario le percezioni e le esigenze dei clienti. Tuttavia, in pratica, è più ragionevole

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che un’azienda adotti un approccio integrato alla determinazione dei prezzi di vendita, prestando attenzione
non solo alle esigenze dei clienti ma anche ai livelli di costo (determinando i prezzi di vendita in base ai
costi) e ai prezzi della concorrenza (determinando i prezzi di vendita in base alla concorrenza).

9.4 Altri fattori che influenzano le decisioni per determinare il prezzo:

 La strategia di posizionamento
I responsabili del marketing devono prendere decisioni fondamentali riguardo alla strategia di
posizionamento; esse includono la scelta del mercato di riferimento e la creazione di un vantaggio
differenziale. Ciascuno di questi fattori può avere un impatto enorme sul prezzo. Il prezzo può essere
utilizzato per trasmettere un vantaggio differenziale e per attrarre un determinato segmento di mercato. Le
principali catene di distribuzione europee come Aldi e Lidl si rivolgono a consumatori che fanno attenzione
al prezzo dei generi alimentari, attraverso una politica volta ad avere i prezzi più bassi su una gamma di
prodotti per la casa acquistati frequentemente. All’altro estremo dello spettro, diverse aziende fissano dei
prezzi molto alti per attirare persone con un alto patrimonio.
Il prezzo è un potente strumento di posizionamento perché, per molte persone, è un indicatore di qualità.
Ciononostante, recenti ricerche nel campo dell’economia comportamentale hanno dimostrato che i
consumatori hanno grandi difficoltà quando tentano di giudicare il prezzo e la qualità in modo obiettivo.
Poiché il modo in cui i clienti percepiscono il prezzo è importante, molte aziende s’impegnano in quella che
viene chiamata determinazione psicologica dei prezzi di vendita – cioè nell’attenta manipolazione
dei prezzi di riferimento che i consumatori hanno in mente. Di conseguenza, il prezzo della maggior parte
dei prodotti alimentari termina con “,99” perché la differenza psicologica tra 2,99 euro e 3,00 euro è
maggiore della differenza effettiva.

 La strategia di lancio di un nuovo prodotto


Quando si lanciano nuovi prodotti, il prezzo deve essere attentamente allineato alla strategia di
comunicazione. Una combinazione di prezzi elevati e spese di comunicazione elevate è chiamata “strategia
di scrematura rapida”. Una “strategia di scrematura lenta” combina un prezzo elevato con bassi livelli di
spesa per la comunicazione. Le aziende che combinano prezzi bassi con alte spese di comunicazione
praticano una “strategia di penetrazione rapida”. Infine, una “strategia di penetrazione lenta” combina
prezzi bassi con basse spese di comunicazione.
Strategie ad alto prezzo (strategie di screma-tura) e strategie a basso prezzo (strategie di penetrazione)
possono essere appropriate in situazioni diverse. Una strategia di scrematura è più adatta in situazioni in
cui i clienti sono meno sensibili al prezzo, per esempio quando il prodotto fornisce un valore elevato,
quando i clienti hanno una grande disponibilità economica e quando subiscono forti pressioni per
l’acquisto. Tuttavia, impostare il prezzo troppo in alto può portare a problemi nelle vendite.

 La strategia della linea di prodotti


Le aziende orientate al marketing devono anche analizzare come si relaziona il prezzo di un nuovo prodotto
rispetto alla linea di prodotti di cui fa parte. Le principali aziende produttrici di autovetture si comportano
in questo modo: esse propongono prodotti simili a prezzi differenti per diversi segmenti di mercato, vale a
dire, auto economiche, berline familiari, auto executive e così via. Alcune aziende preferiscono estendere le
proprie linee di prodotti piuttosto che ridurre il prezzo delle marche esistenti a fronte della concorrenza sui
prezzi. Lanciano “marchi da caccia” a prezzi ridotti per competere con i rivali che hanno prezzi bassi. Ciò ha
il vantaggio di mantenere l’immagine e i margini di profitto dei marchi esistenti.
Producendo una gamma di brand a prezzi differenti, le aziende possono coprire la diversa sensibilità al
prezzo dei clienti e incoraggiarli a cambiare per marchi più costosi e con margini più elevati. Tuttavia,
bisogna fare attenzione quando si sceglie questa strategia, poiché rischia anche di cannibalizzare le vendite
dei brand già esistenti.

 La strategia competitiva di marketing


Il prezzo dei prodotti deve anche essere determinato in relazione alla strategia competitiva dell’azienda.
Quattro obiettivi sono rilevanti per la determinazione dei prezzi di vendita:

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L’obiettivo costruzione
Per i mercati sensibili ai prezzi, la “costruzione” di un prodotto significa stabilire un prezzo inferiore a
quello della concorrenza. Se i concorrenti alzano i prezzi, anche l’impresa in analisi aumenterà i propri,
lentamente. Per i mercati non sensibili ai prezzi, non esiste una strategia di determinazione dei prezzi di
vendita che sia sempre la migliore. Il prezzo in queste circostanze dipende dalla strategia di posizionamento
che si considera appropriata per il prodotto.

L’obiettivo mantenimento
Quando l’obiettivo strategico è di mantenere le vendite e/o le quote di mercato, la strategia di
determinazione dei prezzi di vendita appropriata è quella di mantenere o di adeguare il prezzo in relazione
alla concorrenza. Ciò ha implicazioni per le variazioni di prezzo: se la concorrenza riduce i prezzi, anche i
prezzi dell’impresa in analisi devono calare.

L’obiettivo raccolta
L’obiettivo “raccolta” consiste nel mantenere o nell’aumentare i margini di profitto, anche se le vendite e/o
le quote di mercato diminuiscono. Ciò significa fissare prezzi elevati. L’azienda sarà più riluttante ad
adeguarsi alla riduzione di prezzo per i prodotti “raccolti”, piuttosto che per i prodotti “costruiti” o
“mantenuti”. D’altra parte, si adeguerà rapidamente all’aumento dei prezzi.

L’obiettivo riposizionamento
I cambiamenti del mercato e le alterne fortune di un prodotto possono rendere necessario riposizionare un
prodotto esistente. Ciò significa cambiarne il prezzo. La direzione e l’entità di tale cambiamento
dipenderanno dalla nuova strategia di posizionamento del prodotto.

 La strategia di gestione del canale di vendita

Quando i prodotti sono venduti tramite gli intermediari, il prezzo di listino proposto al cliente deve riflettere
anche i margini che questi richiedono. Quindi, la strategia di determinazione dei prezzi dipende non solo
dall’analisi del cliente finale, ma anche dallo studio delle esigenze degli intermediari che costituiscono il
legame tra il cliente e il produttore. Se le esigenze degli intermediari non possono essere soddisfatte, il
lancio del prodotto potrebbe non essere attuabile o potrebbe essere necessario trovare un sistema di
distribuzione diverso, come la vendita diretta

 La strategia di marketing internazionale

La strategia di marketing internazionale di un’azienda ha un impatto significativo sulle decisioni relative alla
determinazione dei prezzi. La formulazione della politica dei prezzi per i mercati internazionali dipende da
una serie di fattori, interni ed esterni all’impresa

Le principali difficolta relative alla formulazione e alla gestione della politica dei prezzi sono dunque dovute
alla complessità connessa alla necessità di rilevare, monitorare e gestire un’elevata quantità di informazioni.
Tra le varie sfide che i manager devono affrontare vi è quella della price escalation: lievitazione del prezzo
praticato al destinatario ultimo dell’offerta aziendale per effetto dell’allungamento che il canale distributivo
subisce quando si opera a livello internazionale. Canali altamente frammentati comportano un aumento del
numero degli stadi, ossia degli intermediari che si frappongono tra l’impresa esportatrice e il consumatore
finale, con conseguente, riduzione da parte dell’impresa di esercitare un adeguato controllo sui margini di
ricarico che i singoli intermediari si riservano. La situazione è aggravata dal fatto che l’effetto attivato da
ciascun fattore di costo si propaga esponenzialmente lungo il flusso che porta il prodotto dal magazzino
dell’impresa esportatrice fino al consumatore/utilizzatore finale, essendo ogni costo calcolato in percentuale
sulla somma di quelli che lo hanno preceduto

Tra i fattori di costo sono da considerare i dazi doganali, le tariffe addebitate sui prodotti importati, diversi
tassi delle imposte sulle vendite, i tassi di cambio e i tassi d’inflazione dei diversi Paesi
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La combinazione di tutti questi fattori implica che il prezzo praticato in un mercato estero è spesso molto
diverso da quello praticato nel mercato interno.

Un’altra sfida da affrontare sono le importazioni parallele. “Quando in due Paesi sufficientemente vicini
l’impresa cerca di attuare una politica di price di-scrimination (al fine di applicare prezzi differen-ziati in
funzione della particolare elasticità della domanda), non è infrequente che la clientela (so-prattutto quella
intermedia) appartenente a un determinato Paese cerchi di approvvigionarsi presso la fonte più economica”.
Si sviluppa così un “mercato grigio”, cioè una serie di transazioni tra i due mercati nelle quali l’impresa
produttrice non è coinvolta direttamente e che vanificano l’efficacia della politica di price discrimination
posta in essere.

Esempio: la società di musica online CD Wow è stata multata per 41 milioni di sterline poiché accusata di
ven-dere nel Regno Unito dei CD a prezzo ridotto importati da Hong Kong. Ma il commercio di prodotti
attraverso le frontiere interne dell’Unio-ne Europea è legale e quindi aziende come Che-milines hanno
potuto costruire un business di successo importando dagli stati aderenti all’UE prodotti farmaceutici nel
Regno Unito, dove i prezzi possono essere maggiori del 30%

9.5 Gestire le variazioni di prezzo

Vi sono tre questioni fondamentali che posso-no essere associate all’introduzione di cambiamenti di prezzo:
(1) le circostanze, che possono portare l’azienda ad alzare o ad abbassare i prezzi; (2) le tattiche, che
possono essere utilizzate; (3) la stima della reazione dei concorrenti.

- Circostanze. Le ricerche di mercato che rilevano che i clienti attribuiscono un valore


superiore al prodotto rispetto a quanto si riflette nel prezzo, possono indurre a un aumento del
prezzo. Un altro fattore che porta ad aumentare i prezzi è l’eccesso di domanda. L’impresa
che non è in grado di soddisfare la domanda dei suoi clientipuò scegliere di aumentare i
prezzi nel tentativo di bilanciare domanda e offerta. L’ultima circostanza è quando si prefissa
l’obiettivo di raccolta. I prezzi vengono alzati per aumentare i margini, anche se le vendite
possono diminuire. Allo stesso modo, l’abbassamento dei prezzi può essere giustificato dalla
constatazione che un prezzo è troppo elevato rispetto al valore che i clienti attribuiscono a un
prodotto, da costi ridotti e da un eccesso di offerta, che porta a un eccesso di capacità
- Tattiche. Il modo più diretto per mettere in atto gli aumenti e i tagli dei prezzi è il “salto dei
prezzi” che determina determina l’aumento o la diminuzione del prezzo in un colpo solo (calo
diretto del prezzo). Un salto dei prezzi evita di prolungare la sofferen-za di un aumento dei
prezzi su un lungo periodo, ma può aumentare la visibilità di tale aumento per i clienti. Il calo
diretto dei prezzi può avere un effetto drammatico di grande impatto che può essere
fortemente promosso, ma ha anche un impatto immediato sui margini di profitto. Si possono
anche usare delle clausole scala mobile per aumentare i prezzi. Questa consente al fornitore
di stipulare degli aumenti di prezzo in linea con un codice specifico. Un’altra tattica che
aumenta efficacemente i prezzi è la price unbundling (separazione dei prezzi). Molte offerte
di prodotti consistono in realtà in un insieme di prodotti per i quali è sta-bilito un prezzo
complessivo (per es., l’hardware e il software dei computer, un volo aereo ecc.). La
separazione dei prezzi consente di attribuire un prezzo separato a ciascun elemento
dell’offerta, in modo tale da aumentare il prezzo totale. Un’altra tattica consiste nel
mantenere il prez-zo di listino, abbassando gli sconti rivolti ai clien-ti. Per esempio, nei
periodi di forte domanda di autovetture nuove, i concessionari abbassano gli sconti rivolti ai
clienti.
Si possono anche manipolare gli sconti sulla quantità per aumentare il prezzo della
transazione per i clienti. Si può abbassare lo sconto percen-tuale per quantità o si può
aumentare la quantità associata a una particolare percentuale di sconto. Le imprese che
prevedono di ridurre i prezzi hanno tre opzioni oltre a un calo diretto dei prezzi.
1. Un’impresa che difende un marchio venduto a prezzo elevato che è sotto attacco da parte
di un concorrente a prezzo più basso può scegliere di mantenere il suo prezzo e di introdurre
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un marchio “combattente”. Il marchio affermato mantiene la sua posizione su un prezzo
elevato, mentre il marchio combatten-te compete con il rivale per aggiudicarsi i clienti
sensibili al prezzo.
2. Se beni e servizi che tendono a essere acqui-stati insieme hanno prezzi separati, si può usa-
re il price bundling per abbassare efficace-mente il prezzo. Per esempio, i televisori pos-
sono essere offerti con una “garanzia di ripa-razione gratuita di tre anni” o le auto con un
“servizio post-vendita gratuito per due anni”.
3. Infine, i termini di sconto possono essere resi più attraenti aumentando la percentuale o
abbassando i livelli a cui si applicano.
- Stima della reazione dei concorrenti. Le imprese devono analizzare quali reazioni avere
quando i concorrenti introducono dei cambiamenti di prezzo.
 Quando seguire? Seguire l’aumento dei prezzi è opportuno anche quando i clienti
sono relativamente poco sensibili ai prezzi, il che significa che l’azienda che segue
non otterrebbe grandi vantaggi resistendo all’aumento dei prezzi. Infine, è opportuno
che un’azienda segua l’aumento dei prezzi quan-do persegue l’obiettivo di raccolta o
di mantenimento perché, in entrambi i casi, si dà più importanza al margine di profitto
piuttosto che al raggiungimento di una maggiore quota di mercato/percentuale di
vendite.
Si seguiranno i tagli dei prezzi dei concor-renti quando essi sono generati dal calo dei
costi generali o dall’eccesso di offerta. Il calo dei costi consente a tutte le aziende di
ridurre i prezzi mantenendo i margini e l’eccesso di offerta si-gnifica che è
improbabile che un’azienda per-metta a un concorrente di realizzare guadagni sulle
vendite a proprie spese. Inoltre, si segui-ranno i tagli dei prezzi in mercati sensibili ai
prezzi, poiché in tali mercati permettere a un concorrente di ridurre i prezzi senza
ritorsioni implicherebbe un notevole aumento delle ven-dite per l’azienda che per
prima ha abbassato i prezzi. Alcune aziende si posizionano come produttori a basso
prezzo o punti vendita al dettaglio. In tali circostanze, sono meno pro-pense a
consentire che un concorrente intro-duca un taglio dei prezzi senza contrastarlo, poi-
ché ciò sarebbe incompatibile con la propria brand image (immagine di marchio).
Infine, è me-glio seguire i tagli dei prezzi quando l’azienda ha un obiettivo di
costruzione o di mantenimento. In tali circostanze segue il cambiamento aggressivo
dei prezzi di un concorrente per evitare di perdere vendite/quote di mercato
 Quando ignorare? Un’impresa ignorerà gli aumenti di prezzo quando i costi sono
stabili o in calo, ovvero quando non vi sono pressioni sui costi che impongono un
aumento generale dei prezzi. In una situazione di eccesso di offerta, un’azienda può
considerare che aumentare i prezzi possa potenzialmente rendere meno com-petitivo il
first mover e quindi può scegliere di non contrastare l’aumento, in paticolare quando i
clienti sono sensibili al prezzzo. Infine, le imprese che perseguono l’obiettivo di
costruzione possono decidere di non seguire l’aumento del prezzo di un concorrente
per ottenere vendite e quote di mercato. Le riduzioni di prezzo sono ignorate in una
situazione in cui i costi aumentano, in cui c’è un eccesso di domanda e in presenza di
clienti poco sensibili ai prezzi
 Tempistiche di reazioni. Se un’azienda decide di seguire una variazione dei prezzi,
può farlo rapidamente o lentamente. È meglio reagire rapidamente quando c’è un bi-
sogno urgente di migliorare i margini di profitto. Al contrario, una reazione lenta può
essere l’approccio migliore quando un’azienda vuole dare l’immagine di essere vicina
ai clienti. Alcune aziende hanno imparato l’arte d’imper-sonificare un fornitore a
basso costo non inizian-do mai aumenti di prezzo e seguendo gli au-menti dei
concorrenti lentamente.32 Il punto fondamentale per il successo di questa tattica è la
tempistica della risposta: se è troppo veloce, i clienti non se ne accorgono; se è troppo
lenta, il profitto è perduto. Il lasso di tempo ottimale può essere individuato solo
tramite l’esperienza ma, durante questo periodo, i venditori devono comunicare ai
clienti che l’impresa sta facendo tutto il possibile per mantenere i prezzi stabili il più a

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lungo possibile.

9.6 Il valore per il cliente attraverso la determinazione dei prezzi di vendita

Offrire i propri prodotti a prezzi bassi significa che i margini di profitto possono essere ridotti, a meno che le
imprese non trovino il modo di ridurre i propri costi o ulteriori elementi da far pagare.

Le aziende hanno a disposizione tre strumenti:

 Gestione dei rendimenti. Un altro strumento usato dalle imprese operanti a prezzi bassi è lo yield
management, ovvero il monitoraggio della domanda o dei potenziali modelli di domanda.
 La determinazione dinamica dei prezzi. A parte l’attenzione ai costi, uno dei motivi principali del
loro successo è ravvisabile in un approccio flessibile ai prezzi, noto come deter-minazione dinamica
dei prezzi. Ciò significa che i prezzi sono modificati e adattati continuamen-te, sia sulla base della
domanda effettiva, sia sul-la base della domanda potenziale. Quindi, men-tre i prezzi di alcuni voli
possono essere eco-nomici, quelli di altri voli, nonostante siano ero-gati dalla stessa impresa,
possono essere elevati se coincidono con periodi di vacanza o con eventi sportivi importanti. Inoltre,
se la doman-da di un certo volo aumenta rapidamente per un motivo qualsiasi, i prezzi vengono
rapida-mente rivisti verso l’alto.

Cap. 10 La gestione dei canali marketing


Che cos’è un canale di distribuzione?

Per canale di marketing si intende l’insieme di soggetti (aziende o privati) che svolgono le attività necessarie
per trasferire un bene e il relativo titolo di proprietà, o erogare un servizio, al consumatore. La gestione dei
canali è finalizzata a far sì che la distribuzione dei prodotti avvenga nei tempi, luoghi e secondo le modalità
desiderati dai consumatori.

Questi canali rendono possibile il flusso dei beni da un produttore a un acquirente, passando per gli
intermediari. Gli intermediari possono essere grossisti perché acquisiscono la proprietà dei prodotti, li
immagazzinano e li rivendono ai loro clienti; rivenditori o dettaglianti: i primi acquistano dai produttori e
vendono ad altri grossisti che operano in mercati geograficamente più limitati o ai dettaglianti; i secondi
possono acquistare dai produttori o dai grossisti e vendono ai consumatori finali. Altri, come i broker e gli
agenti, svolgono una funzione commerciale: il loro ruolo è quello di promuovere il prodotto e raccogliere
ordini d’acquisto, lasciando completare la transazione a chi detiene la proprietà ( es gli agenti immobiliari).

Il valore creato dagli intermediari

Gli intermediari svolgono un ruolo fondamentale perché rendono la vendita di beni e servizi più efficiente,
poiché minimizzano la vendita che un’impresa deve attivare per collocare sul mercato i suoi prodotti.

Funzioni:

- transazionale. Risiede nella attività d’acquisto e di vendita e nell’assunzione di rischio, perché si fanno
carico della proprietà di una scorta di merce senza certezza di poterla collocare tutta sul mercato

- logistica. Consiste nella raccolta, stoccaggio e distribuzione dei prodotti

- di agevolazione. Facilitano domanda e offerta, cioè aiutando i produttori a trasferire ai potenziali clienti
l’informazione necessaria per valutare le caratteristiche dei loro prodotti e a veicolare altre azioni di
marketing
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Benefici dei consumatori ottenuti dagli intermediari:

- Tempo. Utilità del tempo si riferisce alla disponibilità di un bene o un servizio nel momento
in cui se ne ha bisogno
- Luogo. Implica avere un bene o servizio disponibile dove se ne ha bisogno
- Forma. Consiste nel proporre un prodotto migliorandone le caratteristiche o le condizioni
d’acquisto e d’uso
- Possesso. Comporta lo sforzo da parte degli intermediari nel far sì che gli acquirenti riescano
ad ottenere facilmente un bene o servizio

Per trasferire i beni/servizi dal produttore all’acquirente finale si può scegliere fra varie alternative.
L’obiettivo del marketing consiste nel cercare la modalità più efficiente.

I canali di marketing per i beni/servizi di consumo finale

In base al numero di intermediari coinvolti si definisce la lunghezza del canale.

Canale diretto: canale distributivo in cui il consumatore si approvvigiona direttamente dal produttore, senza
ricor-rere a intermediari commerciali

Canale indiretto: tipologia di canali distributivi non diretti, che prevedono, cioè, l’esistenza di almeno un
intermediario (agenti, grossisti, distributori al dettaglio) fra il produttore e il consuma-tore finale

I canali di marketing per i beni/servizi per gli scambi fra imprese

Al contrario di quanto avviene per i prodotti di consumo, i canali aziendali sono più corti, con prevalenza del
canale diretto o la presenza di un solo livello di intermediazione.

I canali di marketing elettronico

Sono basati sull’utilizzo di Internet, che mette a disposizione delle aziende un’interfaccia a basso costo per
raggiungere direttamente i propri clienti. In questo modo, è possibile fare a meno dei tradizionali
intermediari o cercare nuove configurazioni miste, in cui anche questi ultimi trovano un nuovo ruolo per
creare utilità di tempo, luogo, forma e possesso per gli acquirenti.

I canali di direct marketing

Questa tipologia di marketing consente ai consumatori di acquistare i prodotti interagendo con diversi
media, senza un incontro diretto con un venditore. I canali di marketing comprendono la vendita per la
corrispondenza, la vendita da catalogo, il telemarketing, il teleshopping, e l’uso dei media interrativi.

Multicanalità e alleanze strategiche di canale

Quando i produttori possono utilizzare più di un canale per la propria distribuzione, si parla di distribuzione
a due o più canali. In alcuni casi, le aziende associano la scelta del servirsi di più canali a una strategia
multimarca per sfruttare al meglio le diverse opportunità offerte da ciascuno di essi ed evitare che si creino
conflitti fra canali che offrono la stessa marca a prezzi e con servizi molto diversi.

La recente evoluzione del marketing multicanale è la fusione di diversi canali di comunicazione e


distribuzione che si rafforzano reciprocamente nell’attrarre, mantenere e costruire relazioni con i
consumatori. Il marketing multicanale cerca di valorizzare le capacità di creazione di valore aggiunto dei
diversi canali. Per esempio, i negozi fisici possono consentire ai clienti di ritirare gli ordini effettuati on line
o, se lo desiderano, di restituirli.

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Una recent innovazione sono le alleanze strategiche di canale, in base alle quali il canale di marketing di
un’azienda viene usato per vendere i prodotti di un’altra azienda.

Sistemi verticali di marketing e partnership di canale

Sono canali gestiti in modo professionale e coordinati a livello centrale, che hanno l’obiettivo di permettere
economie nella gestione e di migliorare l’esecuzione delle politiche di marketing che svolgono.

- Sistemi aziendali. Quando un’impresa decide di svolgere direttamente tutte le fasi successive
alla produzione e di commercializzare direttamente ciò che produce in una rete distirbutiva di
sua proprietà, si avvale di un sistema verticale di marketing aziendale. I vantaggi dei sistemi
aziendali attuai dai produttori risiedono nel migliore controllo di tutte le fasi di distribuzione
e di quella di vendita al dettaglio
- Sistemi contrattuali. Imprese di produzione e di distribuzione indipendenti integrano i propri
sforzi su base contrattuale per raggiungere obiettivi analoghi a chi si avvale di sistemi
aziendali. Una prima forma che questo tipo di accodo può assumere è quella delle unioni
volontarie, promosse da un grossista che lega a sé contrattualmente un insieme di dettaglianti
indipendenti per standardizzare e coordinare le politiche d’acquisto, i programmi di
merchandising e il lavoro di gestione del magazzino. Una seconda tipologia è quella dei
gruppi d’acquisto, organizzazioni simili alle unioni volontarie, ma che vedono come
protagonisti piccole imprese commerciali al dettaglio indipendenti che costituiscono una
centrale d’acquisto comune alla quale assegnano le funzioni d’ingrosso e alcuni rilevanti
attività di marketing. La tipologia più nota è il franchising, un accordo contrattuale fra
un’impresa che fornisce beni o servizi e una rete di imprese che svolgono le funzioni di
commercializzazione dei suoi prodotti con la possiblità di usare il suo marchio. I contratti più
diffusi sono:
 I sistemi di franchising al dettaglio promossi dal produttore
 Sistema all’ingrosso sponsorizzato dal produttore
 Sistemi di franchising al dettaglio di servizi
 Sistemi di franchising di servizi
- Sistemi amministrati. Il coordinamento che viene concordato in una o più fasi della
produzione e della distribuzione non è la conseguenza di un titolo di proprietà, bensì
dell’influenza che un membro del canale riesce a esercitare sugli altri.

Partnership di canale. È costituita da accordi e procedure concordate fra i membri del canale relativamente
alle modalità di ordine, alla logistica, alla promozione e a qualunque altra fase o funzione svolta nel canale.

Scelta e gestione del canale


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I fattori che influenzano sono di quattro tipologie:

 Ambientali. Hanno un importante effetto sulla scelta e sulla gestione dei canali di marketing. Anche
l’evoluzione delle ICT e la penetrazione di Internet nella vita quotidiana sono fattori rilevanti che
hanno indotto molte imprese a cominciare ad affidarsi al commercio elettronico, affiancandolo, alla
presenza nei tradizionali canali al dettaglio. Molto rilevante è anche l’influenza del sistema di
regolamento del Paese in cui si opera
 Legati ai consumatori. Una volta identificati i segmenti obiettivo che si vogliono raggiungere, è
necessario rilevare la localizzazione, mobilità, tecnologie di cui dispongono, la frequenza con cui
compiono i loro acquisti, la fedeltà che esprimono i consumatori nei confronti di determinare insegne
distributive
 Legati ai prodotti. Prodotti altamente sofisticati devono essere veicolati attraverso canali che
permettono un efficiente trasferimento di informazione sulle caratteristiche della categoria
merceologica e dello specifico prodotto. Per questi prodotti può essere opportuno impiegare canali
diretti. Per i prodotti standardizzati e con basso valore unitario, è sufficiente il ricorso a canali
indiretti, che permettono una riduzione de costi distribuitivi
 Legati all’impresa. Le capacità tecnologiche, umane e finanziarie di un’a-zienda influiscono sulle sue
scelte di canale. Per esempio, l’azienda che non è in grado di sviluppare una forza vendita propria,
per mancanza di competenze o di risorse finanziarie, può fare ricorso ad agenti mono-o
plurimandatari per raggiunge-re grossisti e dettaglianti

La progettazione dei canali di marketing

- Copertura del mercato obiettivo: raggiungere la migliore copertura del mercato obiettivo
richiede attenzione alla densità della rete e al tipo di intemediari da usare. Esistono tre gradi
di densità di distribuzione:
 Intensiva. Si cerca di penetrare il maggior numero di punti di vendita possibile. È scelta per i prodotti
o servizi banali, come quelli alimentari, i giornali e le bibite. Anche il servizio di erogazion dei
contanti si caratterizza per una distribuzione intensiva perché corrisponde a un bisogno che quando si
determina richiede un’immediata risposta
 Esclusiva. Esatto opposto della distribuzione intensiva. I prodotti sono gestiti da un numero limitato
di negozi, ciascuno localizzato da una specifica area geografica strategica
 Selettiva. Si trova a metà tra i due estremi. Si realizza quando un’azienda seleziona alcuni negozi al
dettaglio in una specifica area geografica per affidare loro la vendita dei suoi prodotti sulla base delle
garanzie che essi danno in termini di qualità del servizio. Media i benefici delle altre due tipologie:
porta a una buona copertura del mercato e permette un buon controllo sull’attività di rivendita. Si
solito è associata a prodotti o servizi problematici, come gli orologi Rolex

- Soddisfare le esigenze degli acquirenti. Un’impresa deve considerare le esigenze legate al


processo d’acquisto del consumatore
1. informazione. Gli intermediari la forniscono con un grado di personalizzazione più o
meno elevato mediante espositori sul punto vendita, dimostrazioni e vendita
personale: è importante quando gli acquirenti hanno una conoscenza limitata o
desiderano dati specifici su un bene o servizio
2. Facilità di reperimento. Si definisce in relazione alla vicinanza e all’accessibilità del
punto vendita rispetto al luogo di residenza o di lavoro, al tempo necessario per
svolgere l’acquisto, alla possiblità di ottimizzare la spedizione d’acquisto, svolgendo
più attività nella stessa area
3. Redditività. È determinata dal margine ottenuto per ciascun membro del canale e per
il canale nel suo complesso. I costi di canale sono la dimensione fondamentale della
redditività e vanno computati includendo i costi di distribuzione, le spese pubblicitarie
e di vendita connesse ai diversi tipi di canale utilizzati

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Dimensioni globali dei canali di marketing

Il grado di concentrazione degli intermediari è uno dei fattori chiave di differenziazione delle scelte di
canale. Per esempio,in Europa esiste un livello elevato di concentrazione nella distribuzione al dettaglio ,
con pochi grandi operatori che dominano i singoli mercati nazionali. Ma in paesi come il Regno Unito, la
concentrazione è molto elevata e nella maggioranza dei settori dominano poche grandi catene distributive. In
altri, come Italia, la realtà è più frammentata e il commercio tradizionale nel suo complesso contende quote
di mercato rilevanti a quello moderno in molti comparti, come nell’abbigliamento.

In altre aree, la polverizzazione degli intermediari è ancora più forte: in Giappone sono ancora numerosi i
piccoli negozi indipendenti, difficili da raggiungere senza costose reti commerciali e difficile entrare per la
limitatezza dello spazio disponibile per l’esposizione dei prodotti. Un’ultima considerazione riguarda i paesi
in via di sviluppo. Per esempio in Oriente esistono tantissimi piccoli negozianti che operano in mercati locali
e all’aperto. In questi Paesi, è difficile organizzare una rete distributiva, per la presenza di una serie di
barriere economiche e culturali.

Conflitto, cooperazione e regolamentazione

Conflitti nei canali di marketing. Il conflitto di canale sorge quando uno dei soggetti che ne fa parte ritiene
di essere penalizzato dai comportamenti messi in atto da un altro membro del canale che non gli permette di
raggiungere i suoi obiettivi. Esistono due tipi di conflitto: il conflitto verticale e quello orizzontale. Il
conflitto verticale ha luogo fra diversi livelli del canale di marketing, per esempio fra un produttore e un
grossista o un dettagliante, o fra un grossista e un dettagliante. Le cause di conflitto più comuni sono tre. Il
contenzioso può aprirsi quando un membro del canale scavalca un intermediario in un canale lungo,
vendendo o acquistando i prodotti direttamente; tale pratica viene chiamata disintermediazione. Un’altra
fonte di conflitto riguarda la ripartizione dei margini di profitto fra i membri del canale. Una terza situazione
si verifica, invece, quando i produttori ritengono che i grossisti e/o i distributori al dettaglio non stiano
curando in modo adeguato la vendita dei loro prodotti. Per esempio, un fornitore può entrare in conflitto con
i suoi distributori perché questi hanno accettato di distribuire un prodotto della concorrenza, oppure perché
non gli riservano uno spazio espositivo quantita-tivamente e qualitativamente adeguato sugli scaffali. Il
conflitto orizzontale ha luogo fra intermediari allo stesso livello del canale, come fra due dettaglianti o fra
due o più grossisti che gestiscono le marche dello stesso produttore. Le cause più comuni di conflitto
orizzontale sono due. Una prima si determina quando un produttore aumenta la sua copertura distributiva in
un’area geografica. Per esempio, un concessionario di automobi-li potrebbe lamentarsi con la casa madre
perché un altro concessionario è stato autorizzato a localizzarsi troppo vicino alla sua area di mercato di
riferimento, con la conseguenza di ridurre le sue vendite. Un secondo motivo di conflitto orizzontale nasce a
causa delle scelte di multicanalità di un fornitore.

Cooperazione nei canali di marketing. La cooperazione si fonda sul presupposto che ciascun componente,
collaborando con altri, sia in grado di ottenere profitti più elevati di quanto potrebbbe conseguire operando
in lro assenza. Un modo per evitare conflitti è quello di ricorrere a un “capitano di canale” cioè far sì che
un membro del canale assuma un ruolo di leadership e coordini, diriga e supporti gli altri.
Un’organizzazione diventa capitano del canale quando ha la maggior capacità di influenza sul
comportamento degli altri componenti, in virtù della sua forza economico-contrattuale. L’influenza di tipo
economico deriva da un’elevata quota di mercato, che si riflette in un alto potere contrattuale oppure dalla
capacità di generare profitti per tutta la filiera. La leadership di canale può derivare dal successo ottenuto nei
confronti del consumatore.

La regolamentazione. I conflitti di canale vengono risolti con negoziazione o esercizio dell’influenza da


parte dei membri del canale. Talvolta, possono sfociare in azioni legali creando situazioni di monopolio o
dando luogo a comportamenti competitivi sleali.

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Gli accordi esclusivi o vincolanti sono proibiti quando limitano la concorrenza o creano condizioni
monopolistiche. Gli accordi esclusivi si riferiscono a situazioni in cui un fornitore richiede ai membri del
canale di vendere solo i suoi prodotti o quando limita i distributori nel vendere i prodotti della concorrenza.
Gli accordi vincolanti si verificano quando un fornitore impone a un cliente interessato a un prodotto di
acquistarne altri presenti nel suo portafoglio, di non acquistare prodotti concorrenti e in generale di praticare
condizioni che lo favoriscono impendendo ai rivali di contendergli il mercato. In tuti i vasi si tratta di
accordi che limitano i gradi di libertà e presuppongono un elevato potere di mercato e l’intento di
mantenerlo o estenderlo.

Infine, anche se un fornitore ha il diritto legale di scegliere gli intermediari che lo gestiscono e rappresentano
i suoi prodotti, un rifiuto a trattare con i membri di canale esistenti può essere considerato illegale. Le
restrizioni a rivedere si riferiscono al tentativo di un fornitore di accordarsi in merito a quali distributori
possono rivendere i suoi prodotti e alle specifiche aree geografiche o territori in cui possono essere rivenduti

Cap. 11 La distribuzione al dettaglio


La distribuzione al dettaglio è l’insieme di tutte quelle attività che includono la vendita, il noleggio e la
fornitura di beni e servizi al consumatore finale per un uso personale, famigliare o domestico

Le imprese di distribuzione attraverso i loro punti vendita, forniscono all’acquirente quattro forme di utilità
legate al servizio che offrono. Per utilità di tempo e di luogo si intende la possibilità di acquistare i prodotti
nel momento e nel luogo desiderati. L’utilità di forma fa riferimento alla possibilità di ottenere un prodotto
modificato in base alle proprie esigenze. L’utilità di possesso fa riferimento a quanto viene fatto per
facilitare il passaggio del titolo di proprietà del prodotto. I distributori di solito offrono tutte queste tipologie
di utilità, in base alla strategia perseguita e alle politiche di formato e di insegna

La classificazione delle imprese di distribuzione

È utile classificare le imprese in base a: la forma di proprietà, il livello di servizio al consumatore e la


specializzazione/despecializzazione all’assortimento

Forma proprietaria: è possibile distinguere tra

 Distributori indipendenti. Piccole imprese di distribuzione che operano con un singolo punto di
vendita o con un numero limitato di unità. Questa tipologia si caratterizza per una gestione
tradizionale dell’impresa, mediante collaborazione di familiari, dimensione limitate dei negozi,
politiche commerciali semplici, assortimenti specializzati ma con un’offerta non molto profonda e
gestione accentrata nella figura del titolare
 Succursalisti. Grande imprese commerciali, identificate con il termine “grande distribuzione”, che
hanno la proprietà e il controllo di una rete estesa di punti di vendita che operano con la stessa
insegna. Godono di un consistente potere contrattuale nei confronti dei produttori ed esprimono
elevati livelli di efficienza. Inoltre, i maggiori volumi di vendita permettono loro di sfruttare meglio
le economie di scala e di praticare margini più contenuti. La componente “industrializzata” del
settore costituisce una risorsa strategica su tutti i fronti operativi. Sul fronte logistico le nuove
tecnologie hanno consentito rilevanti guadagni di efficienza
 Affiliati. I distributori indipendenti possono aderire alle diverse forme verticali di marketing di natura
contrattuale, affiliandosi. La variante di maggior successo dell’ affiliazione è il franchising: un
contratto in base al quale un’impresa, avendo acquisito o sperimentato con successo un patrimonio di
conoscenze in uno specifico mercato, concede ad altre imprese il diritto di sfruttare tale patrimonio
facendo uso dell’insegna, del marchio e dei metodi gestionali della propria organizzazione, in cambio

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di un corrispettivo annuale. I sistemi di franchising funzionano quando il franchisee, in cambio della
rinuncia a una parte della propria autonomia imprenditoriale, trova contropartita nel parte-cipare a
una rete organizzativa capace di impostare e gestire un percorso strategico che gli assicuri la
riduzione del rischio commerciale e l’incremento della capacità di reddito di medio-lungo periodo. Il
franchising si presente sotto 3 forme:
- Di distribuzione presuppone che l’affiliazione abbia messo a punto e sperimentato tecniche e
metodi commerciali che costituiscono il know how trasferito al suo affiliato
- Di servizi è un sistema nel quale l’affiliato non vende alcun prodotto, ma presta servizi
inventati, messi a punto e sperimentati dall’ affiliante
- Industriale, i partner in questo caso sono due imprese industriali. Il primo concede all’altro la
licenza dei brevetti di fabbricazione e i marchi, gli trasmette la sua tecnologia e gli assicura
un’assistenza tecnica costante. Il secondo, l’affiliato, fabbrica e commercializza le merci
prodotte dal proprio stabilimento applicando il know how e le tecniche di vendita
dell’affiliantte

Livello di servizio

- Libero servizio. Nei punti vendita a libero servizio i consumatori effettuano da soli tutte le
funzioni necessarie per individuare, confrontare e scegliere i prodotti da acquistare, ottenendo
in cambio un risparmio sul prezzo dei beni
- Servizio limitato. A volte, a causa delle peculiarità della categoria merceologica o dello
scenario competitivo, l’impresa commerciale può optare per integrazioni limitate del livello
di servizio. I clienti sono responsabili della maggior parte delle attività d’acquisto, ma il
personale di vendita è disponibile a intervenire a loro supporto
- Servizio completo. Nel punti di vendita a servizio completo il personale di vendita assiste là
clientela in tutte le fasi del processo d’acquisto. Oltre agli elevati costi di personale, si offrono
sistemi di pagamento dizionario, consegne a domicilio, ripartizioni e altre prestazioni
aggiuntive che elevano i costi di erogazione del servizio commerciale

Assortimento

I punti di vendita al dettaglio differiscono anche in merito all’ampiezza e alla profondità dell’assortimento
delle categorie merceologiche offerte ai consumatori. La profondità si riferisce al numero di articoli
(varianti) presenti all’interno di una categoria, in termini di brand, formato/stile, prezzo. L’ampiezza
riguarda invece il numero delle differenti categorie offerte. Nell’aumentare rispettivamente la profondità e
l’ampiezza del proprio assortimento un distributore caratterizza la propria offerta in termini di
specializzazione o despecializzazione.

Specializzazione: può riguardare una certa categoria merceologica o un certo processo di consumo. Quando
alla specializzazione dell’assortimento si unisce una politica di prezzo aggressiva, il distributore può arrivare
a dominare il mercato. In questi casi si parla di grandi superfici specializzate (GSS), cioè negozi di grandi
dimensioni specializzati su specifici comparti,localizzati in aree extraurbane e con ampia disponibilità di
parcheggi. Al fine di migliorare la loro capacità di attrazione, le GSS, puntano sempre più a curare
l’ambientazione di vendita e l’esperienza d’acquisto e a integrarsi in contenittori commerciali pianificati

Despecializzazione: combinazione nello stesso assortimenti di merceologie che non sono complementari dal
punto di vista del consumo, ma che lo possono diventare rispetto ai processi d’acquisto. L’esempio più
eclatante di assortimento despecializzato è l’ipermercato: punti di vendita a libero servizio con una
superficie di vendita che può superare i 10000 m2, suddivisa in reparti alimentari e non ali-mentari
(abbigliamento, bricolage, elettronica di consumo ecc.), localizzati in aree extraurbane nei pressi o lungo le
principali arterie di traffico. Per il consumatore, l’ipermercato offre il vantaggio di poter acquistare una
grande varietà di prodotti in un’unica spedizione d’acquisto, abbinando un adeguato livello qualitativo e
prezzi convenienti.

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L’ipermercato è una formula distributiva che sta perdendo quote in Europa a causa della crescente esigenza
di soluzioni che meglio si adattino alla ridotta disponibilità di tempo. La diffusione delle formule
despecializzate fa sì che un consumatore possa acqui-stare lo stesso prodotto presso diversi formati di
vendita. Per esempio, un telefono cellulare può essere acquistato presso un negozio del centro città, in un
centro commerciale, in una GSS o in un ipermercato. Questa tipologia di concorrenza fra formati distributivi
diversi è detta concorrenza intertype (o interformula) e si con-trappone a quella di concorrenza intratype (o
intraformula)

Non-store retailing

I distributori automatici: non richiedono l’interazione fra l’acquirente e il personale: tutto il processo si basa
sull’interazione dell’individuo con una macchina. Questa tipologia di vendita permette di superare i vincoli
di tempo e di spazio che invece hanno i negozi . Sono stati impiegati per la vendita di svariate categorie
merceologiche, soprattutto quelle legate agli acquisti di impulso e di occasione. Nonostante i suoi vantaggi è
un canale distributivo piuttosto costoso a causa degli oneri legati alla gestione dei rifornimenti, alla
manutenzione e alle riparazioni delle macchine erogatrici

La vendita per corrispondenza e su catalogo: applicato a qualsiasi prodotto che possa essere ordinato per posta
o per catalogo e consegnato a domicilio con relativa rapidità.

La vendita televisiva: i prodotti sono proposti al consumatore attraverso la tv, mentre la trasmissione
dell’ordine avviene, in genere, a mezzo telefono.

Il commercio elettronico: la vendita online permette ai consumatori di cercare, valutare e ordinare prodotti via
internet. I vantaggi riguardano la possibilità di fare acquisti 24 ore su 24, in qualsiasi luogo ci si trovi.
Internet consente anche di accedere a una grande varietà di offerta e di confrontare rapidamente prodotti
concorrenti senza dover visitare più punti di vendita. Il successo di internet come canale di vendita è legato
al valore funzionale

Vendita telefonica: o telemarketing, che comporta l’uso del telefono per interagire e vendere direttamente ai
consumatori. Nel caso della vendita televisiva, il telefono è impiegato solo per la trasmissione dell’ordine,
mentre nel telemarketing è il canale attraverso cui si svolge tutto il processo d’acquisto. Rispetto alla vendita
per corrispondenza, quella telefonica è considerata più efficiente ed è impiegata per una maggiore varietà di
prodotti, come servizi di riparazione, abbonamenti a riviste e polizze assicurative.

La vendita porta a porta: si avvale di incaricati che si recano presso i domicili dei potenziali clienti per
proporre e dimostrare il funzionamento e i pregi dei loro prodotti. Il punto di forza di questa vendita consiste
nel contatto diretto ed esclusivo fra venditore e consumatore, che permette di trasferire meglio
l’informazione sul prodotto e di esercitare una forma d influenza personale

Strategie della distribuzione

Posizionamento di una rete distributiva

La matrice di posizionamento consente di collocare le formule distributive sulla base di due dimensioni:
l’ampiezza dell’assortimento e il livello di servizio. L’ampiezza dell’assortimento definisce il grado di
specializzazione in termini di numero di differenti categorie merceologiche vendute, mentre il livello di
servizio prestato dipende da fattori come la localizzazione, l’informazione resa disponibile al cliente e il
comfort d’acquisto.

La matrice definisce quattro posizionamenti base:

1. Despecializzazione e alto servizio. Un esempio è rappresentato dai grandi magazzini, come Harrods
a Londra, che si basano su un’ampia varietà di offerta e su un servizio elevato. I punti di vendita in

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questo caso richiedono che venga prestata molta attenzione al design e all’ambientazione. I prodotti
vengono venduti con un margine medio elevato e sono di alta qualità
2. Despecializzazione e basso servizio. Tipico è l’ipermercato. La strategia combina la varietà di offerta
e la convenienza di prezzo e richiede bassi margini compensati da grandi volumi di vendita e da
elevate rotazioni
3. Specializzazione e alto servizio. Tipico dei negozi di lusso, ne deriva un posizionamento esclusivo
che offre al consumatore un valore legato allo status
4. Specializzazione e basso servizio. Tipico di insegne che offrono un assortimento limitato a poche
categorie merceologiche, proposte a prezzi molto competitivi. Es Zara, H&M

Una volta scelto il posizionamento desiderato, va implementato definendo il retailing mix, ovvero messo in
pratica attraverso l’uso di leve operative che rappresentano l’equivalente del marketing mix dell’industria. Il
retailing mix si compone di 4 leve principali:

- Livello di prezzi. Nel fissare i prezzi della merce, i distributori devono decidere i ricarichi da
applicare ( mark-up) e l’entità e la tempistica delle offerte promozionali (mark-down).
Spesso, nella definizione dei prezzi di rivendita, invece del termine ricarico si usa margine,
che ha significato diverso. Mentre, infatti, il ricarico viene computato a partire dal prezzo
d’acquisto, il margine commerciale lordo (gross margin) viene computato rispetto a quello di
vendita. Nell’esempio precedente, il margine, la differenza fra prezzo di vendita e d’acquisto,
è pari a 25, quindi è del 33%. L’entità del ricarico e del margine è il compenso che il
distributore riceve per i servizi che ha prestato e deve essere sufficiente per coprire i suoi
costi e generare un utile.
Nel definire i ricarichi, il distributore tiene anche conto che sarà di norma necessario offrire
periodicamente ai propri clienti degli sconti, in risposta a quanto fanno i concorrenti, per
collocare scorte di prodotti che si sono dimostrati difficili da vendere o per trarre vantaggio
dalla possibilità da favorire la vendita di più prodotti complementari attraverso la riduzione
del prezzo di uno di essi. Gli sconti promozionali costituiscono una componente molto
rilevante delle politiche di prezzo della distribuzione. Una delle ragioni che portano a offrire
sconti è costituita dalle modalità con cui si formano le valutazioni di convenienza di
un’insegna da parte del consumatore. Nel caso delle formule despecializzate, il consumatore
non è in grado di valutare facilmente se i prezzi sono più o meno convenienti e si basa su ciò
che acquista più spesso e le marche cui è fedele. Il distributore è spinto a scontare questi
prodotti, confidando sul fatto che il cliente comprerà anche i prodotti non promozionali. La
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pratica degli sconti nel lungo periodo può avere effetti indesiderati, compromettendo
l’immagine e la qualità dell’assortimento. Un’eccessiva pressione promozioaòe incoraggia
comportamenti opportunistici da parte del consumatore, il cherry picking, cioè il continuo
cambiamento del punto di vendita per trarre vantaggio dall’acquisto dei soli prodotti scontati.
Alcuni distributori puntano a una politica di every day low price. Nello scegliere fra le
politiche di prezzo, è bene ricordare che il livello dei prezzi costituisce un indicatore di
convenienza, ma anche di qualità. Un’altra politca di sconto è quella della vendita a prezzi
di realizzo, riferita all’offerta di beni a prezzi inferiori rispetto a quelli regolari, che
caratterizza alcuni formati distributivi. Non devono essere confuse con i discount. I
discounter acquistano prodotti a prezzo pieno e li rivendono con un margine ridotto, mentre
gli off-price retailer acquistano eccedenze di magazzino a prezzi scontati, sulle quali fissano
un prezzo finale conveniente. La variante più conosciuta della vendita a prezzi di realizzo è
quella praticata dai factory outlet centre, che offrono i prodotti di marca al 25% 30% in meno
rispetto al prezzo di vendita consigliato.
Infine c’è la problematica delle differenze inventariali cioè le mancate vendite dovute al
furto o alla rottura dei prodotti

- Localizzazione del punto di vendita. La localizzazione è il sistema ambientale, sociale e


commerciale in cui esso verrà inserito il retailing mix. La prima distinzione è tra
localizzazioni urbane ed extraurbane. La scelta della localizzazione è importante importante
perché va ad inserirsi in un contesto sociale e commerciale che influisce in modo
determinante sul suo successo. I “contenitori” possono essere naturali o pianificati (es Buenos
Aires a Milano sono considerati naturali, mentre i centri commerciali sono pianificati). Nel
contesto europeo, il centro storico è la più antica tipologia di contenitore commerciale. Nei
quartieri al di fuori del centro vi sono aggregati di vicinato, con negozi alimentari
tradizionali, piccoli supermercati, farmacie, lavanderie, cartolerie. In una posizione
intermedia si trovano le grandi vie commerciali, nelle quali si localizzano sia punti di vendita
di qualità sia un’offerta alimentare tipica del secondo. I centri commerciali pianificati
nascono a imitazione della logica che ha portato nel tempo alla concentrazione di attività
commerciali nel centro città, seguendo la crescita della popolazione in aree sempre più
lontane.
Altre due possibili localizzazioni di tipo extraurbano sono quelle dei parchi commerciali e dei
factory outlet centre.

- Comunicazione. Le attività di comunicazione svolgono un ruolo decisivo nel realizzare un


posizionamento efficace del punto di vendita e nella creazione della sua immagine.
L’immagine nasce infatti dal “modo in cui il negozio viene definito nella mente di chi fa
acquisti”, in parte in base alle sue qualità funzionali e, in parte, in base a un insieme di
attributi di natura psicologica. Il termine funzionale si riferisce a elementi del mix come il
livello dei prezzi, il layout della superficie di vendita, l’ampiezza e la profondità
dell’assortimento. Strettamente connessi al concetto di immagine sono l’atmosfera e
l’ambiente del negozio: molte ricerche hanno dimostrato che tutti gli elementi che
caratterizzano l’esperienza d’acquisto attraverso la sollecitazione dei cinque sensi, come i
materiali, il colore, l’illuminazione, i profumi e la musica, influenzano la percezione del posi-
zionamento delle insegne e i risultati di vendita.11 L’attenzione a questi elementi è cresciuta e
oggi costituisce una delle frontiere nella progettazione dei negozi

- Assortimento. Un approccio diffuso nella gestione dell’assortimento è il category


management. Questo metodo assegna a un manager la responsabilità della selezione di tutti i
prodotti utili alla soddisfazione di un certo bisogno di consumo, con l’obiettivo di

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massimizzare le vendite e gli utili della categoria

L’evoluzione della distribuzione al dettaglio

La fase della vendita al dettaglio costituisce l’aspetto più dinamico di un canale di distribuzione. Due teorie
principali:

- La teoria della ruota del dettaglio descrive il modo in cui nuove forme di vendita entrano nel
mercato. Secondo questo modello, i formati distributivi riescono a entrare nel mercato grazie
a un iniziale posizionamento basato sulla convenienza di prezzo: assortimento limitato,
livello di servizio basso, margini commerciali ridotti, ricerca dell’efficienza. In questo modo,
riescono a guadagnare quote di mercato a scapito degli altri formati già presenti, che sono
meno efficienti e, quindi, meno convenienti per gli acquirenti. Dopo questo successo iniziale
il distributore aumenta il livello di servizio, la qualità della sua offerta e, conseguentemente, i
prezzi, fino a raggiungere il livello dei prezzi praticati dalle forme distributive tradizionali.
Così facendo, si viene a creare un vuoto nell’offerta di convenienza che consente l’ingresso di
una nuova formula distributiva orientata al prezzo, determinando un nuovo giro della ruota
- La teoria del ciclo di vita dei formati distributivi è un’applicazione del modello del ciclo di
vita dei prodotti al settore commerciale. La crescita iniziale si caratterizza per un aumento
graduale della quota di mercato, benché i profitti possano essere bassi a causa dei costi di
impianto. Nella fase successiva, di sviluppo accelerato, sia la quota di mercato sia il profitto
raggiungono un massimo. Di solito, in questa fase, chi ha lanciato il nuovo formato cerca di
aprire quanti più punti di vendita possibile per saturare il mercato geografico e ostacolare
l’imitazione da parte dei concorrenti. Quando le nuove forme di vendita al dettaglio entrano
nella fase della maturità, si cerca di mantenere la propria quota di mercato, ricorrendo spesso
a politiche di prezzo aggressive. L’obiettivo è quello di ritardare l’ingresso nella fase di
declino, in cui la quota di mercato e il profitto calano rapidamente.

Il futuro della distribuzione

- Multicanalità. I principali operatori del settore puntano sempre più spesso alla multicanalità,
cioè all’impiego di diversi formati per rispondere meglio alle specifiche esigenze dei diversi
gruppi di clienti. L’integrazione fra canali fisici e virtuali è uno dei fenomeni più evidenti
della multicanalità, che permette ai clienti più comodità nei processi d’acquisto e all’impresa
di raggiungere un bacino più ampio di consumatori e di ridurre i propri costi. Internet è un
ottimo mezzo per la raccolta, gestione e condivisione delle informazioni. I canali on line e off
line possono cannibalizzarsi a vicenda, tuttavia se integrati, possono offrire molte opportunità
di interazione e creare valore per il consumatore. I vari canali diventano una serie di punti di
contatto tra loro complementari.

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I retailer che integrano i canali facendo leva sulle peculiarità di negozi fisici, cataloghi anche
cartacei e siti web, assistono ad un aumento delle vendite, talvolta consistente.
- L’impatto della tecnologia. L’impatto della tecnologia è stato notevole e continuerà ad
esserlo. È uno sviluppo destinato a continuare e che contribuirà su entrambi i principali fronti
strategici per la gestione delle imprese di distribuzione, quello della logistica interna e quello
del marketing.
- La trasformazione dei comportamenti d’acquisto. Le esigenze e le attese dei consumatori
nei confronti dei processi d’acquisto sono cambiate. La distribuzione dovrà trasformare la
propria offerta, rispondendo alla richiesta di maggiore comodità, dando un servizio meno
impersonale e migliorando tutti i fattori che incidono sulla percezione dell’esperienza
d’acquisto e sul tempo che a essa viene dedicato

Cap. 12 La comunicazione interna organizzativa


Le organizzazioni sono in un contesto di crescente competizione e complessità; per continuare ad avere
successo devono affrontare una realtà di costante cambiamento. Vivono quindi dalla ricerca di uno stato di
“equilibrio instabile”, caratterizzato dalla ridefinizione e dal costante rinnovamento dell’organizzazione per
affrontare la sfida del cambiamento continuo. Taleb (2014) definisce eventi rari che l’organizzazione deve
affrontare e che aumentano l’incertezza dell’ambiente e la sua ingovernabilità.

Negli ultimi decenni in particolare si è assistito a un incremento costante del ruolo della comunicazione
come modello per la creazione di valore economico e sociale dell’impresa. Le organizzazioni più innovative
collocano le attività di comunicazione al centro della propria strategia, al punto che molti osservatori dicono
che l’impresa per avere successo debba essere prima di tutto una media company orientata alle
conversazioni sociali. La comunicazione inoltre sta assumendo un ruolo centro all’interno delle
organizzazioni perché rappresenta un elemento di connessione e integrazione che permette la coerenza di
tutti i sistemi di dialogo con gli stakeholder.

La comunicazione interna è diventata una componente strutturale e costitutiva delle organizzazioni, in


quanto capace di supportare l’organizzazione nella duplice esigenza di fronteggiare i cambiamenti e
l’instabilità dello scenario competitivo, facendo leva sul patrimonio identitario e valoriale
dell’organizzazione e dei suoi talenti. La capacità di innovare delle organizzazioni non risiede solo
nell’adottare nuove tecnologie, ma nella capacità delle persone di adattarsi, di cambiare il loro modo di
agire, di imparare e di sperimentare.

La labilità e permeabilità dei confini tra organizzazione e ambiente competitivo e là sovrapponibilità tra i
segmenti dei pubblici sembrano determinare il superamento tra comunicazione interna ed esterna.

La comunicazione e interna può essere concepita come comunicazione organizzativa. I soggetti


organizzativi rappresentano non solo il primo pubblico con cui comunicare, ma anche il medium e il vettore
chiave di tutti i processi di comunicazione che scaturiscono da un’organizzazione stessa.

Definizione: ‘ La comunicazione interna può essere definita come l’insieme delle iniziative pianificate di
comunicazione e delle interazioni che avvengono all’interno di un’organizzazione. Tali iniziative,
supportano lo sviluppo e il successo dell’organizzazione così come quello degli stessi soggetti
organizzativi’. L’insieme delle numerose iniziative di comunicazione interna-organizzativa possono essere
comprese in 4 dimensioni che ne rappresentano anche gli obiettivi strategici:

1. La promozione dell’innovazione e del cambiamento


2. La costruzione e la condivisione dell’identità e dei principi guida
3. L’enablement e l’empowerment dei soggetti organizzativi
4. L’engagement degli stakeholder interni

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La dimensione dell’innovazione e del cambiamento è collocata in una posizione centrale nello schema.
Un’organizzazione per sopravvivere, in qualunque fase, deve cambiare in sintonia con i suoi ambienti di
riferimento, trasformare se stessa anticièando i cambiamenti ed evolvendo dinamicamente nei contesti dove
opera

Attraverso l’enablement e l’empowerment delle persone l’organizzazione assicura ai suoi dipendenti la


possiblità di svolgere efficacemente il proprio ruolo organizzativo. Attraverso le iniziative per l’engagment
la comunicazione interna aiuta i soggetti a diventare veri e propri attori dell’organizzazione come
contributori indipendenti alla realizzazione degli obiettivi e della strategia dell’organizzazione stessa

Trend chiave della comunicazione interna

- Non più solo comunicazione interna


- Comunicazione aperta
Le persone vogliono essere coinvolte e informate, avere riscontri
concreti per misurare l’efficacia di ciò che fanno. L’importanza
dell’interazione tra pari è sempre maggiore. Di fatto i dipendenti
diventano i primi abbassando dell’organizzazione in cui operano
- Comunicazione multicanale
La com. interna usa sempre più i social che la aiutano a imparare dalle
diverse community, capire quali sono i canali più opportuni da utilizzare
- Comunicazione focalizzata sul cliente
Nel passato il mittente determinava il canale e il destinatario doveva
adattarvisi. Oggi il potere di scelta si sta spostando verso il destinatario

La funzione comunicazione interna può operare come:

- Operational supporter: la com interna indirizza senior


manager e dirigenti per facilitare i processi organizzativi,
gestisce le attività di comunicazione, senza intervenire
direttamente nella pianificazione strategica
- Strategic facilitator: gestisce le attività e interviene nella
pianificazione strategica per raggiungere gli obiettivi
- Business adviser: contribuisce ad adattare le strategie
organizzative aggiungendo la dimensione comunicativa
alla formulazione strategica
- Isolated expert: opera come esperto isolato e può
contribuire allo sviluppo del business solo in modo
molto limitato

Dimensione 1 – Promuovere l’innovazione e il cambiamento

Il cambiamento è diventato la condizione naturale che le organizzazioni devono costantemente fronteggiare.

Il cambiamento organizzativo può essere definito come un’alterazione pianificata o emergente che può
interessare l’intera organizzazione o alcuni aspetti

Quando il cambiamento è pianificato è frutto di un programma predisposto dal top management, in risposta
a trasformazioni dello scenario competitivo. In questi casi parliamo di change management, facendo
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riferimento allo sforzo programmato e intenzionale di gestione di un processo di cambiamento volto a
implementare con successo il mutamento stesso. Un modello di concettualizzazione del cambiamento
pianificato è quello definito 3 Step di Kurt Lewin.

Secondo Lewin un piano di change management di successo deve comprendere 3 stadi consecutivi:

- Il primo è detto unfreezing, che comporta lo scongelamento, ovvero il riconoscimento della


necessità del cambiamento e la destabilizzazione di una situazione di equilibrio al fine di
aprire la via verso la rottura di tale equilibrio
- Il secondo è detto moving, dove il cambiamento viene progettato e implementato per
ridefinire una nuova condizione di equilibrio in sostituzione al precedente
- Il terzo è detto freezing che ha come risultato il consolidamento del nuovo equilibrio

Il cambiamento emergente accade quasi spontaneamente nel corso della vita dell’organizzazione e prevede
la costituzione di un nuovo equilibrio in assenza di intenzioni deliberate a priori. Nella prospettiva
emergente gli equilibri dell’organizzazione vengono costantemente ridefiniti

Le barriere al cambiamento

La problematicità dei cambiamenti deriva in gran parte dal conservatorismo degli individui che
tendenzialmente rifiutano i cambiamenti, opponendo una serie di barriere. L’impossibilità di prevedere gli
esiti del cambiamento genera infatti paure connesse al rischio percepito di un possibile fallimento. In
aggiunta al rischio, l’incertezza connessa all’ambiguità delle cause e dei risultati del cambiamento può
accrescere il senso di sfiducia e di impotenza dei collaboratori in una organizzazione. In alcuni casi i
soggetti organizzativi potranno resistere attivamente al cambiamento, attuando comportamenti che
ostacolano apertamente la realizzazione delle trasformazioni richieste (per esempio, rifiutandosi di lavorare,
scioperando per protesta o votando contro l’approvazione di una modifica); in altri casi si realizzeranno
forme di resistenza passiva ignorando i messaggi relativi al cambiamento o le richieste connesse alle sua
attuazione

La comunicazione interna per diminuire l’incertezza nel cambiamento: affinché il cambiamento venga
messo in atto solo attraverso un dialogo efficace e strategico, deve possedere 3 caratteristiche:

1 - essere altamente focalizzato sulle decisioni chiave da comunicare, evitare quindi la dispersione degli
sforzi comunicativi e della concentrazione dei collaboratori;
2 - essere basato sulla scelta di un registro di comunicazione in grado di adattarsi ai diversi interlocutori, in
modo da massimizzare la chiarezza e l’azionabilità delle decisioni comunicate;
3 - essere sostenuto dalla scelta del “giusto comunicatore”, in altre parole bisogna selezionare il giusto
leader come portavoce. La strategia è dialogo e questo dialogo deve essere orientato a uno scopo, flessibile e
portato in vita dal leader più idoneo

Sono state proposte 5 strategie di comunicazione alternative che i manager possono adottare nella gestione
dei cambiamenti.

 La strategia spray and pray prevede la diffusione ai dipendenti di tutte le informazioni disponibili
sul cambiamento nella speranza che questi comprendano i motivi del cambiamento e immaginino
come contribuirvi. Questa strategia si caratterizza per un livello basso di efficacia della
comunicazione, in quanto l’overload, l’eccesso informativo a cui sono sottoposti i dipendenti può
ostacolare il processo di comprensione dei motivi e degli obiettivi della scelta di nuove strade,
aumentando il senso di impotenza dei soggetti organizzativi di fronte al cambiamento.
• La strategia tell and sell si basa su uno sforzo compiuto a monte del processo di comunicazione da
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parte del management volto all’identificazione delle informazioni più rilevanti da diffondere affinché
i dipendenti condividano motivi del cambiamento e vi aderiscano. Le persone decidono così di
prendere parte ai processi di cambiamento. Il tentativo di selezione delle informazioni chiave
rappresenta un passo avanti in termini di efficacia della comunicazione rispetto alla precedente
strategia
• La strategia underscore and explore comporta la compartecipazione tra manager e dipendenti nella
gestione dei processi di cambiamento attraverso la discussione delle sue motivazioni e la
cooperazione nell’esplorazione dei suoi possibili esiti. Questa è considerata la più efficace in quanto
basata sulla ricerca del corretto bilanciamento tra azioni di comunicazione e di guida da parte del
management e iniziative di ascolto e di partecipazione da parte di tutti i soggetti organizzativi
coinvolti nel cambiamento.
• La strategia identify and reply rispetto alle precedenti introduce un ribaltamento di prospettiva: non
assume come punto di partenza la volontà del management di condividere un grado minore o
maggiore di informazioni, ma scaturisce dall’analisi dei bisogni di comunicazione e delle perplessità
dei dipendenti sul cambiamento per costruire le modalità e i contenuti più adatti a rispondere alle
aspettative informative dei soggetti organizzativi.
• La strategia withhold and uphold si fonda sulla ritenzione di tutte le informazioni da parte del
management, nella convinzione che la conoscenza rappresenti una forma di potere e quindi di
controllo e gestione dei cambiamenti. Nell’ambito di questa strategia i dipendenti vengono tenuti
all’oscuro dei motivi del cambiamento. Questa mancanza di chiarezza crea ostacoli e barriere alla
partecipazione da parte dei dipendenti ai processi di cambiamento

La comunicazione interna per incentivare la partecipazione ai cambiamenti

Il cambiamento è un processo partecipativo, la cui buona riuscita è legata alla disponibilità e alla volontà dei
soggetti organizzativi a cooperare e ad agire. Dato che la propensione al cambiamento varia da persona a
persona, il primo passo verso la progettazione di una strategia di comunicazione per il cambiamento. È
opportuno segmentare i pubblici interni sulla base dei loro atteggiamenti; per questo Quirkle suggerisce 4
categorie sulla base del grado di comprensione degli obiettivi del cambiamento e del livello di disponibilità a
parteciparvi con decisioni e comportamenti concreti:

- Gli slow burners si posizionano al livello più basso rispetto alle due variabili considerate: non
si sentono motivati a prendere parte ai processi di cambiamento e non ne comprendono le
finalità
- I refuseniks, i dissidenti, hanno in comune con i precedenti l’atteggiamento di rifiuto al
cambiamento. Comprendono gli obiettivi e la direzione verso cui l’organizzazione si sta
muovendo ma decidono di resistere al cambiamento
- Gli unguided missiles, sono estremamente proattivi verso i cambiamenti. Il loro limite è la
mancanza di una visione precisa riguardo gli obiettivi a lungo periodo
- Gli hot shots sono le persone più contributive nei processi di cambiamento. Sono le figure del
cambiamento. Coloro che hanno sviluppato una change mindset devono occupare una
posizione centrale nell’ambito del tessuto relazionale interno all’organizzazione lidentit

La com interna per vincere il conservatorismo e promuovere l’innovazione

Per realizzare con successo i cambiamenti occorre attuare un processo di sviluppo delle persone,
supportandole ad affinare le conoscenze utili a svolgere più efficacemente il loro lavoro. Il coinvolgimento
delle persone le spinge a contribuirvi, ridefinendo e rinnovando il loro modo di concepire il proprio ruolo
organizzativo e di svolgere la propria attività. La com interna viene impiegata al fine di supportare i
dipendenti nello sviluppare un’attitudine proattiva nei confronti del cambiamento e delle innovazioni,
promuovendo l’apprendimento e la sperimentazione finalizzati al miglioramento continuo delle modalità di
svolgimento del lavoro. A questo proposito si parla di comunicazione per l’innovazione ovvero della
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comunicazione intesa come un processo intenzionale e interattivo volto a trasmettere e co-costruire nuove
idee, sviluppare nuove intuizioni e consolidare nuove capacità attraverso la condivisione di esperienze. La
com interna supporta i dipendenti nella produzione di nuove idee e nella creazione di nuova conoscenza, in
modo da poter sviluppare nuove capacità e abilità competitive

Dimensione 2 – Costruire e condividere identità e valori guida

L’identità è un fenomeno composto da una molteplicità di aspetti che ne determinano le diverse


sfaccettature. Tra queste sono la visual identity, la corporate identity, l’organizational identity e la corporate
brand identity. In particolare, la visual identity definisce l’identità attraverso gli elementi iconici del design
grafico del sistema di identità visiva di un’organizzazione, la corporate identity riguarda gli elementi
distintivi che caratterizzano un’organizzazione nella sua realtà, l’organizational identity condensa nella
definizione di identità quello che l’organizzazione è e come viene percepita dai suoi stakeholder interni,
infine la corporate brand identity riguarda i tratti caratteristici della promessa di valore che l’organizzazione
propone ai suoi stakeholder.

Identità: è il complesso delle caratteristiche distintive di un’organizzazione quali i suoi valori di base, la sua
visione, la sua missione e la sua filosofia. L’identità è quindi parte di un processo strategico di definizione
dell’organizzazione collegato direttamente con i contenuti e gli attributi della strategia dell’impresa

Uno dei canali più utilizzati per raccontare l’identità di una realtà organizzativa è la intranet: ambito
informatico rappresenta la piattaforma aziendale, a esclusivo uso interno, in grado di raccontare
l’organizzazione alle sue persone, informare su progetti e risultati, fornire strumenti o modulistica alle
persone. Rappresenta in altre parole lo scrigno del sapere e del modo di essere dell’azienda. Alla intranet si
può aggiungere l’implementazione di altri social media usati per le comunicazioni interne. L’intranet si
propone di raggiungere una pluralità di di obiettivi
che prevedono diversi indicatori delle loro performance e sistemi per misurarne i risultati raggiunti

Dalla cultura ai valori guida di un’organizzazione

Il concetto di identità è legato a quello di cultura. È come se la cultura fornisse gli schemi per
contestualizzare e dare senso all’identita cioè alle risposte agli interrogativi “chi siamo?” E “cosa
facciamo?”

Cultura strategica: è costituita dall’insieme dei valori, delle credenze, dei riti e delle storie che il
management propone ai membri di un’organizzazione con lo scopo di offrire loro delle visioni di futuro
possibili e quindi di guidarli nel processo di costruzione dell’organizzazione e di realizzazione degli obiettivi
strategici. Gli elementi fondanti alla base di questa cultura possono rappresentare delle mappe di
navigazione per il futuro. Queste mappe sono indicate dai valori guida, i principi che costituiscono le
indicazioni volte a orientare l’organizzazione e a guidare i suoi membri verso il raggiungimento dei suoi
traguardi strategici

Trasmettere e condividere l’identità e la cultura

La diffusione dell’identità e dei valori guida (ma anche dei principi etici) avviene condividendo con i
soggetti organizzativi, attraverso diverse modalità come la comunicazione a cascata, alcuni elementi definiti
attrezzi identitari.

 Una definizione di chi è l’organizzazione, precisando questa definizione in termini differenziali


rispetto a quelli che possono essere considerati gli “altri”, cioè coloro che stanno al di fuori
dell’organizzazione. L’identità di un’organizzazione è costruita infatti sulla base delle caratteristiche
e dei tratti che la distinguono dalle altre organizzazioni, rendendola in qualche modo unica. Si tratta
di delineare un confine tra chi appartiene e chi non appartiene all’organizzazione, facilitando lo
sviluppo di una comunità unitaria con delle caratteristiche proprie.
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 I valori guida e i principi etici che compongono le fondamenta su cui poggia la cultura e stanno alla
base del modo di operare ritenuto appropriato nell’organizzazione. Tali indicazioni forniscono una
guida di orientamento ai comportamenti degli attori organizzativi. In altre parole i valori illustrano ai
soggetti organizzativi le regole del gioco per operare in una maniera conforme a ciò che è
ammissibile nell’organizzazione.
 Un vocabolario specifico composto non soltanto dai termini tecnici in cui si articola il linguaggio
proprio dei soggetti di una determinata organizzazione, ma comprendente anche un ventaglio di
motivazioni capaci di animare e guidare l’attività dei soggetti. Questo significa esplicitare e rendere
note le motivazioni che concorrono a creare il dipendente ideale e a guidarlo nelle sue azioni.
Ricevendo il vocabolario delle motivazioni, i soggetti organizzativi hanno modo di capire cosa ha
valore ed è significativo per l’organizzazione e possono dunque più facilmente orientarsi verso delle
visioni di futuro consone agli obiettivi dell’organizzazione

Il processo di identificazione tra individuo e organizzazione

La definizione del noi, dei principi guida e del vocabolario delle motivazioni forniscono il quadro entro cui i
dipendenti possono andare a collocarsi diventando a tutti gli effetti membri di un’organizzazione attivando
anche un processo di identificazione con l’organizzazione stessa. Affinché questo avvenga, i soggetti non
solo devono entrare in contatto con l’organizzazione e conoscerla, ma devono anche comprendere e sposare
ciò che l’organizzazione rappresenta, il suo credo e la sua visione del futuro. Tutti gli individui che entrano a
far parte di un’organizzazione sono prima di tutto portatori di una propria identità personale.

La sfida chiave per l’organizzazione è quella di riuscire a proporre un’identità coesa e una cultura forte. In
altre parole la sfida è quella di riuscire a creare una community forte tale da innescare un processo
d’identificazione tra individui e organizzazione per la quale operano. La forte condivisione di un’identità
comune fa sì che l’organizzazione possa guadagnare il consenso dei suoi dipendenti.

Il ruolo della com interna nel processo di identificazione

Il compito della comunicazione interna è dunque quello di svelare l’identità dell’organizzazione ai suoi
membri attraverso una combinazione di messaggi verbali, simbolici e comportamentali e l’uso integrato di
diversi veicoli di comunicazione, come per esempio la comunicazione interpersonale tra capo e
collaboratore, i manuali aziendali, la stampa, la radio o la televisione aziendali e i social media interni.

Il processo di costruzione di una forte identità richiede senza dubbio come primo passaggio la gestione delle
“visioni” e delle “espressioni” identitarie interne: un’organizzazione non verrà mai percepita come autentica
se i suoi dipendenti non credono nei suoi valori. Nel rapporto con l’ambiente esterno i dipendenti
rappresentano la personificazione degli attributi dell’identità, per questo motivo è essenziale che
l’organizzazione persegua l’allineamento dei valori personali degli individui con i valori guida. I dipendenti
sono il primo vettore di comunicazione e di posizionamento dell’identità.

Dimensione 3 – Enablement ed empowerment dei soggetti organizzativi

Tradizionalmente, il contributo dei dipendenti all’organizzazione è stato identificato con i contenuti della
mansione che erano chiamati a svolgere. Ad oggi, il reale valore aggiunto delle performance dei dipendenti
risiede nelle loro capacità di uscire dai confini della loro mansione per affrontare in maniera creativa e
relativamente autonoma, nell’ambito delle strategie organizzative, le sfide provenienti dal contesto
organizzativo e dall’ambiente competitivo. Oggi il dipendente ideale è sempre più colui che sa conquistare
un suo spazio di espressione all’interno dei meccanismi organizzativi, sviluppando la capacità di saper
bilanciare la sua individualità. Questa tensione oscilla alla ricerca di un delicato bilanciamento tra autonomia
e controllo nell’espressione delle motivazioni e dei comportamenti e nella negoziazione dei confini tra vita
personale e lavorativa.

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È necessario che l’organizzazione crei le condizioni affinché i dipendenti possano esprimere e attivare il loro
potenziale contribuitivo. Creare tali condizioni significa prima costruire un contesto che denoti
l’orientamento verso le persone nella progettazione degli spazi e nella gestione del clima organizzativo, in
modo tale che i dipendenti possano svolgere con successo il ruolo e le attività prescitte per loro
(enablement). In secondo luogo significa creare a livello strutturale e psicologico i presupposti e le
opportunità che consentano ai membri dell’organizzazione, di diventare veri e propri attori delle proprie
decisioni e processi lavorativi ( empowerment)

L’empowerment dei soggetti organizzativi

I diversi modelli manageriali con i quali sono gestiti un’organizzazione e le sue persone possono innalzare
ostacoli o creare le condizioni abilitanti (enablement) affinché i soggetti organizzativi possano diventare
attori proattivi e responsabili dei propri processi di lavoro. A questo proposito si parla di potenziamento o
empowerment degli individui e che può essere concettualizzato sotto due profili: l’empowerment strutturale
e l’empowerment psicologico.

Con il termine empowerment strutturale si fa riferimento a quell’insieme di tecniche manageriali volte al


potenziamento del ruolo dei soggetti organizzativi. L’empowerment è espresso dal diverso grado con cui ai
soggetti è consentito di gestire i propri processi di lavoro.

Se l’empowerment strutturale agisce sulle condizioni materiali di svolgimento del ruolo organizzativo del
dipendente, l’empowerment psicologico è rappresentato dalla reazione cognitivo psicologica sperimentata
dai soggetti in risposta al percepito potenziamento del proprio ruolo organizzativo. L’empowerment ha
effetto non solo sugli aspetti materiali legati al lavoro, ma anche sulla percezione di auto efficacia degli
individui. Più i soggetti organizzativi si sentono messi nelle condizioni di apportare un effettivo contributo al
successo dell’organizzazione, più si sentono efficaci e potenziati nel compiere il loro ruolo

La comunicazione per l’enablement e l’empowerment

Dal punto di vista delle condizioni strutturali, l’organizzazione non deve trascurare la valenza comunicativa
del luogo di lavoro. L’ambiente fisico non solo definisce il contesto all’interno del quale le azioni delle
persone hanno luogo, ma influenza le loro dinamiche di interazione e i flussi di comunicazione attivabili. Lo
spazio quindi supporta la generazione delle capacità e abilità dei soggetti che vi risiedono.

Questo acquisisce maggior importanza nel contesto di crescita digitale che consente di cambiare modalità di
lavoro. La definizione di smart working pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà
delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di
lavorare da remoto.

Il clima comunicazionale: è un elemento che le organizzazioni devono costantemente monitorare è gestire


predisponendo opportune indagini. È l’insieme delle credenze, aspettative e valori che riguardano le
percezioni che i soggetti organizzativi hanno della comunicazioni. Le indagini devono essere volte a valutare
il grado di supporto espresso dai superiori verso i dipendenti e il riconoscimento del loro valore attraverso la
comunicazione. L’organizzazione in seguito deve occuparsi di rispondere alle domande come “in che cosa
consiste il mio lavoro?” “I miei capi si interessano delle attività che svolgo?” Devono essere messi in chiaro
gli obiettivi finali che l’organizzazione vuole perseguire e le aspettative di ruolo che questa ripone sui propri
dipendenti

La trasmissione di queste informazioni rappresenta il ruolo tradizionale della comunicazione interna. Oggi la
com interna è molto più di un trasmettitore unidirezionale; deve dare voce alle decisioni che sono presa
localmente dalle persone nel corso dello svolgimento del ruolo.

Dimensione 4 – engagement degli stakeholder interni


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Rappresenta una priorità strategica delle organizzazioni.

Internal engagement: è sia un insieme di iniziative messe in campo dall’organizzazione per motivare e
coinvolgere il personale sia come uno stato psicologico individuale che rappresenta il risultato del processo
stesso di engagement

Obiettivo: stimolare i soggetti organizzativi a sviluppare una forte connessione con l’organizzazione, con il
proprio lavoro e i propri colleghi. Si esprime a tre livelli:

- Connessione cognitiva: i dipendenti si sentono intellettualmente coinvolti nello svolgimento


della propria attività
- Emotiva: rafforza il morale, la coesione e l’intensità delle relazioni all’interno dei gruppi di
lavoro
- Comportamentale: si esprime al livello di azioni concrete spese per svolgere con dedizione la
propria attività e per compiere con successo i propri compiti

La principale difficoltà sta nel fatto che l’engagement è una condizione individuale che non può essere
indotta forzatamente. È legato allo sviluppo da parte dei soggetti di un senso di appagamento legato al
proprio lavoro, da cui deriva un atteggiamento di dedizione, focalizzazione e assorbimento verso il proprio
ruolo lavorativo

I benefici dell’ internal stakeholder engagement

L’engagement tocca i capitali intangibili dell’azienda anche se ha un impatto anche su quelli tangibili. Per
quanto riguarda i soggetti organizzativi, lo sviluppo di un legame di engagement con il proprio lavoro può
portare a benefici come:

- Aumentare la motivazione
- Rafforzare il coinvolgimento
- Intensificare l’impegno
- Aumentare le soddisfazioni

L’engagement degli stakeholder interni può facilitare l’organizzazione nel raggiungimento di alcuni risultati
importanti:

- Ridurre il tasso di turn-over dei dipendenti


- Aumentare la capacità di trattare i talenti
- Migliorare le performance organizzative

Impatto dell’ engagement a livello economico:

- Risultati operativi
- Vendite
- Innovazione
- Benessere organizzativo

La comunicazione interna come leva per l’Inter al stakeholder engagement

L’attuazione di iniziative di com interna per l’engagement deve scaturire dall’analisi e della comprensione
dei bisogni di comunicazione dei dipendenti. Lo stile e i contenuti dei messaggi e delle azioni di com interna
dovranno essere orientati a dimostrare l’interesse dell’organizzazione verso il benessere dei propri

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dipendenti sia rispetto alle condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa sia alla gestione delle pause e
del tempo libero

Altra leva importante per favorire l’engagement delle persone è la com interpersonale tra capo e
collaboratore e tra colleghi, finalizzata a creare empatia, tanto con il proprio lavoro quanto con i
comportamenti del proprio team di lavoro

Infine l’engagement non è una condizione occasionale, ma uno stato durevole. Tutte le esperienze che ne
derivano entrano a far parte del legame tra individuo e organizzazione. La com interna può favorire un
engagement a 360 gradi su 3 piani di relazione.

 Allineamento delle persone con l’azienda e la sua cultura


 Comunità tra le persone
 Advocacy delle persone dell’azienda verso tutti gli stakeholder

La comunicazione interna e Smart working: la cultura cambia e dà vita a New Ways of Working

New Ways of Working significa ripensare in modo sistematico le modalità di lavoro: tecnologia, spazi,
policy, cultura. Punti cardini che definiscono e abilitano i nuovi modi di lavorare

Lo Smart working che comprende i quattro ambiti ha un impatto a 360 gradi sull’esperienza lavorativa delle
persone nella loro Employee Journey Experience (Methods)

Il modello proposto da Methods mette le persone al centro della work experience. Ogni elemento
del’azienda deve essere analizzato alla luce di una sola domanda: come si può sviluppare un ambiente che
possa massimizzare la convergenza tra la qualità della esperienza lavorativa delle persone e i risultati
dell’organizzazione? È un percorso che impone un cambiamento culturale dell’azienda.

Conclusioni: il modello delle dimensioni strategiche di com interna e dei relativi obiettivi ha messo in
evidenza la com come componente costitutiva delle organizzazioni, del loro successo nell’arena competitiva
e della loro sopravvivenza nel tempo. Secondo il modello proposto, la com gioca un ruolo centrale nello
stimolare l’organizzazione a ricercare un equilibrio tra la necessita di ridefinire costantemente sé stessa e
quella di conservare la sua identità e i suoi obiettivi strategici. Il raggiungimento di questo equilibrio passa
attraverso la motiviaone, il coinvolgimento e la preparazione dei soggetti organizzativi a contribuire alla
ricerca di questa sorta di “equilibrio instabile” fondamentale per il successo dell’impresa. Attraverso i
processi di enablement, empowerment e engagement la com interna partecipa a creare le condizione affinché
ciascun componente possa svolgere con successo il proprio ruolo organizzativo

Cap. 13 La comunicazione nelle situazioni di crisi


La crisi è un evento improvviso e a volte inaspettato il cui accadimento e la cui visibilità all’esterno e
all’interno minacciano di produrre un effetto negativo sulla reputazione dell’organizzazione, di interferire
con le normali attività di business, e di danneggiare i risultati economico-finanziari

La crisi di comunicazione è dunque caratterizzata da due principali aspetti:

a) l’eccezionalità dell’evento critico; b) la visibilità dell’evento negativo e dei suoi effetti


all’esterno delle “mura” dell’organizzazione, perché resi noti a vari stakeholder e amplificati
dai media.
a) L’eccezionalità dell’evento critico. Le crisi sono in genere eventi inaspettati, caratterizzati da
bassa probabilità di accadimento e da una potenzialmente elevata capacità di impatto. Le crisi
innescate da eventi improvvisi, quali sabotaggi, incidenti o terremoti, lasciano poco tempo
per elaborare una risposta in presa diretta e richiedono, per essere gestite con successo, la
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programmazione preventiva di piani di emergenza
Le crisi di comunicazione sono spesso accese da eventi straordinari, che tuttavia spesso sono
prevedibili e gestibili in modalità ordinaria. Le conflittualità in ambito sindacale, gli scandali
legati a casi di molestie sessuali sul lavoro, gli errati comportamenti del management, il
deterioramento dei prodotti o l’inquinamento dell’ambiente sono solo alcuni esempi di crisi
che hanno un periodo di incubazione spesso prolungato. Un corretto lavoro di analisi e
mappatura dei rischi di business e un’adeguata trasposizione in termini di comunicazione e di
difesa della reputazione aiutano molto il processo di prevenzione.
b) La visibilità dell’evento negativo. Gli eventi critici sono situazioni che attraggono
l’attenzione dei media, dell’opinione pubblica e di altri gruppi esterni come, per esempio, i
clienti, gli azionisti, i politici, i sindacati, le famiglie dei dipendenti, le associazioni
ambientaliste o altri gruppi di pressione. L’attenzione viene attratta non solo sull’evento e
sulle sue conseguenze, ma anche sull’organizzazione colpita e sulle sue attività. Da notare
che spesso nelle crisi capita che l’impresa sia esposta per la prima volta a pubblici totalmente
nuovi che in precedenza non conoscevano l’azienda e che quindi ne assorbono solo una
visione negativa derivante dall’evento critico. La visibilità mediatica dell’evento e la
percezione che di esso ne elabora il pubblico sono dunque aspetti cruciali per il professionista
di relazioni pubbliche.

Una crisi può essere definita come la percezione che un’organizzazione abbia deluso le aspettative dei propri
stakeholder. La consapevolezza dell’importanza delle percezione che della crisi hanno i pubblici deve
guidare tutta l’attività di comunicazione.

L’Integrated Crisis Mapping (ICM) Model

Negli ultimi anni si è manifestata la necessità di sviluppare un approccio sistemico di validità universale che
sia in grado di mappare i tipi di crisi e di risposta all’evento critico adottando una prospettiva emozionale e
percettiva.

Jin, Pang e Cameron (2009) hanno sviluppato un modello chiamato ICM volto a delineare lo spettro di
emozioni che i pubblici provano al verificarsi di un evento critico.
Asse ascisse: c’è la strategia di reazione alla crisi
messa in atto dai pubblici. È una strategia
cognitiva quando i pubblici effettuano una
rilettura mentale della crisi, pensandola e
interpretandone il significato nel modo che
consenta loro di preservare al meglio il proprio
benessere. È una strategia comportamentale
quando i pubblici si attivano per cambiare o
risolvere la situazione di crisi, intraprendendo
azioni o dimostrando l’intenzione di agire
Asse ordinate: è rappresentato il livello di
engagement dell’organizzazione in crisi. In
ciascuno dei quattro quadranti sono riportate i
diversi tipi di crisi mappati in letteratura e sono
associate l’emozione dominante e quella
secondaria
Quattro emozioni negative identificati come
quelle dominanti più provate dai pubblici nelle
situazioni di crisi: rabbia, paura, ansia e tristezza

La crisi come opportunità

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Le crisi possono diventare delle opportunità di apprendimento, di cambiamento e di consolidamento.
Riconoscere e sfruttare queste possibilità consente di trasformare la crisi da fonte di danno a fonte di
sviluppo della competitività aziendale

Opportunità:

- Il rafforzamento della reputazione dell’impresa. Una crisi ben gestita, può contribuire a
rafforzare la credibilità, la fiducia e la stima di cui gode un’impresa presso i suoi stakeholder.
Un’azienda che, in una situazione di crisi, dimostra di tenere la situazione sotto controllo e di
voler tutelare gli interessi dei suoi clienti e degli altri stakeholder, in primis le vittime della
crisi (cioé chi ne subisce le conseguenze in modo più forte), dà prova di competenza e di
serietà, rafforzando la sua reputazione.
- L’attuazione di cambiamenti e l’elaborazione di nuove strategie, che in assenza di
avvenimenti straordinari sarebbero più difficili da realizzare a causa della resistenza di
principi e prassi consolidate. La situazione destrutturante di una crisi fornisce invece il
contesto adatto ai cambiamenti e all’adozione di nuove strategie, consentendo di fare ciò che
sarebbe difficile o impossibile in situazioni normali: tutto ciò in tempi notevolmente
accelerati, come sempre accade nelle crisi.
- Il consolidamento dello spirito di corpo e del senso di appartenenza del personale. L’impresa
che riesce a superare una crisi, in genere può contare sul potenziamento dello spirito di corpo
fra i suoi dipendenti. Nessun’altra esperienza come una crisi contribuisce ad accrescere il
senso di appartenenza e la solidarietà tra i dipendenti. Ciò inoltre rafforza il processo di
identificazione del personale con l’impresa e l’impegno dei dipendenti per il perseguimento
degli obiettivi aziendali.
- La riduzione delle probabilità di manifestazione di nuove crisi. L’esperienza concreta di
gestione di una crisi offre un’opportunità di apprendimento per l’organizzazione. Per
trasformare le crisi in opportunità di apprendimento e di crescita occorre capitalizzare
l’esperienza vissuta durante la gestione della crisi stessa, attraverso specifiche valutazioni e
interventi.

Da crisis management a crisis leadership

Il crisis management è un processo sistematico di prevenzione e gestione delle situazioni di crisi. Esso è
finalizzato a prevenire il manifestarsi degli eventi critici; a programmare piani di intervento da attuare
quando si verifica una crisi; a realizzare e a gestire gli interventi previsti dal piano al fine di contenere i
danni derivanti dalla crisi; ad apprendere tutto ciò che la crisi ha insegnato al fine di ridurre le possibilità che
eventi critici si ripetano in futuro. La comunicazione costituisce l’essenza del crisis management e
qualunque crisi genera un fabbisogno crescente di informazione perché l’incertezza genera emozioni
negative presso gli stakeholder e una corretta e costante comunicazione aiuta a superare questa condizione
negativa

La comunicazione di crisi è una delle componenti più importanti del crisis management e ambito specifico
delle attività del professionista di relazioni pubbliche

Fasi di un modello di crisis management:

1.prevedere il manifestarsi di un evento critico, che comporta l’attivazione di un sistema di audit della crisi.
Il risk management, ovvero l’analisi dei rischi che un’azienda può affrontare, è un’ottima guida anche per i
comunicatori;
2. programmare e prepararsi alla gestione della crisi, ovvero elaborare dei piani di intervento ed esercitarsi
per testare procedure, processi e flussi;
3. comunicare e gestire la crisi per mitigare i danni derivanti dall’evento critico manifestatosi e proteggere
l’organizzazione colpita e la sua reputazione. In questa fase un ruolo centrale è svolto dall’attività di
comunicazione rivolta sia all’interno sia all’esterno;

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4. gestire il dopo crisi, ossia realizzare delle valutazioni a posteriori sui risultati conseguiti e sull’efficienza
dei piani di intervento e di comunicazione attivati durante la gestione e implementare piani di recovery a
seconda dei danni registrati alla reputazione e alla credibilità dell’organizzazione.

La prima fase del processo è di ascolto e previsione. Questa attività consente di conoscere e monitorare il
contesto di riferimento, i soggetti coinvolti, le opportunità e le criticità. L’obiettivo è quello di identificare
rischi e minacce prima che queste portino allo scoppio di crisi irrimediabili. Grazie all’attività di ascolto è
possibile prepararsi a intervenire sulle criticità per rimuoverle o contenerle prima che si trasformino in crisi
devastanti. È necessario attivare un sistema che comprenda due fasi: l’analisi dei rischi e il monitoraggio dei
segnali premonitori

 Analisi dei rischi. Consiste consiste nell’identificazione e nella valutazione dei rischi a cui è esposta
un’organizzazione. Il suo obiettivo è la costruzione di una scala di priorità che consenta di
individuare e di evidenziare le crisi più probabili, oltre che le più dannose, indicando le
caratteristiche e i modi con i quali esse si possono presentare. Il rischio infatti è la “possibilità” che
accada qualcosa che impatti sulle normali attività d’impresa, sino a mettere in pericolo la business
continuity dell’organizzazione stessa. La fondamentale importanza dell’analisi dei rischi negli ultimi
anni ha richiesto lo sviluppo di un approccio scientifico al risk assessment da parte delle
organizzazioni. Un approccio basato su di una sistematica attività di analisi dei costi emergenti
associati ai diversi tipi sia di rischi imprenditoriali (finanziario, legale, reputazionale) a cui è
sottoposta l’impresa in caso di crisi, sia di conseguenze in termini di risultati aziendali negativi
La situazione di crisi comporta, da un punto di vista economico, una serie di costi che si manifestano
in tre momenti temporali diversi: nel breve, nel medio e nel lungo periodo. I costi di breve periodo
sono connessi alla gestione della crisi e quindi sono costi straordinari, aggiuntivi rispetto a quelli
della gestione ordinaria. Tali costi possono comprendere, per esempio, le spese sostenute per la
ricostruzione degli impianti. I costi di medio periodo sono legati al calo delle vendite, magari per
effetto di boicottaggi verso il brand o per la disaffezione dei clienti, e al consolidarsi della perdita del
valore del titolo azionario sui mercati. di competitività dell’impresa sui mercati, la riduzione della
capacità innovativa, la diminuzione di produttività dei dipendenti causata dal protrarsi di un clima di
sfiducia e di rassegnazione sulle sorti dell’impresa, la perdita di efficienza del sistema produttivo e la
perdita di credibilità strategica e reddituale. All’origine dei costi di medio e di lungo periodo vi sono
la compromissione e il depauperamento da parte dell’impresa di due risorse immateriali strategiche
per il successo competitivo, ma anche per la sua stessa sopravvivenza: la reputazione e la rete di
relazioni intra e inter-organizzative che l’impresa ha sviluppato nel tempo. L’impatto negativo della
crisi sulla reputazione dell’impresa e sulla sua capacità di creare, mantenere e sviluppare reti di
relazioni nell’ambiente competitivo e sociale si riflette sui risultati economico-reddituali e
competitivi della stessa. Infatti, il peggioramento della reputazione e della qualità delle relazioni
dell’impresa sono la causa principale del sostenimento dei costi legati alla riduzione di efficienza, di
efficacia e di competitività. Per essere superata, una situazione di crisi richiede dunque la
ridefinizione della relazione fiduciaria tra l’organizzazione screditata, che deve rilegittimarsi come
fonte autorevole, e il suo pubblico.

In cosa consiste? Uno dei vantaggi offerti dall’analisi dei rischi è il coinvolgimento attivato e la
responsabilizzazione di ogni manager dell’organizzazione. Ciascuno di essi è chiamato a individuare,
stimare e discutere le criticità non solo del proprio ambito lavorativo, ma di tutta l’organizzazione nel
suo complesso. Coinvolgimento indispensabile per sviluppare e diffondere all’interno
dell’organizzazione una cultura dell’ascolto e della prevenzione delle crisi

 Monitoraggio dei segnali premonitori. Una volta identificate le potenziali crisi a cui
l’organizzazione è maggiormente esposta, è necessario definire una modalità per rilevare il loro
eventuale manifestarsi. Lo strumento preventivo utilizzato è il monitoraggio dei segnali premonitori
che le crisi producono prima di manifestarsi. Il monitoraggio interno riguarda le attività aziendali e la
rete di relazioni interne e sarà volto a individuare eventuali punti deboli, lacune o lamentele. Esempi
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di segnali premonitori interni possono essere le inefficienze dell’attività produttiva, il
malfunzionamento degli impianti, lo scarso o mancato rispetto delle norme sulla sicurezza, un video
denigratorio nei confronti dell’azienda pubblicato su YouTube dai dipendenti.. L’ascolto delle
conversazioni pubbliche sui social network oggi offre ampie possibilità nel registrare situazioni
critiche, classificarle per potenzialità di rischio e adottare gli opportuni correttivi. Tale prassi ormai è
consolidata verso il consumatore e molte aziende soprattutto di servizi seguono i clienti sulle
piattaforme social usando queste ultime come canale di comunicazione a due vie.
Il monitoraggio esterno coinvolge gli organi di informazione tradizionali e innovativi, la
concorrenza, l’andamento del settore di attività in cui l’impresa opera, le attività legislative e
governative e quelle di tutte le associazioni o gruppi di pressione in grado di influenzare l’opinione
pubblica. Segnali premonitori rilevabili all’esterno possono essere, per esempio, una particolare
attenzione critica dei giornalisti e delle comunità online nei confronti del settore di appartenenza
dell’organizzazione, eventuali crisi della concorrenza o l’evoluzione legislativa sfavorevole. Anche il
mondo politico ha iniziato a utilizzare in modo smisurato i social media (Facebook e Twitter in
particolare) come principale strumento di divulgazione del proprio pensiero e risulta sempre più
immediato il contatto tra stakeholder.

L’issue management: Si tratta di un processo manageriale strategico di carattere anticipatorio che consente
alle imprese di individuare e rispondere in modo adeguato a tendenze emergenti o cambiamenti nello
scenario socio-politico. Tali tendenze e mutamenti possono infatti cristallizzarsi per l’appunto in una issue,
che rappresenta una tematica delicata per l’impresa in quanto in grado di attirare l’attenzione e la
preoccupazione dei suoi stakeholder influenti, primi tra tutti i media tradizionali e nuovi. Le issue sono
spesso legate a tendenze ricorrenti nel settore di appartenenza e toccano tutti in modo più o meno omogeneo:
l’ambiente è una issue di alcuni settori, dal petrolifero al chimico; mentre la tracciabilità dei materiali
d’origine è una issue emergente per l’industria dell’alimentare o dell’abbigliamento.

L’issue si basa sulla capacità del professionista di relazioni pubbliche di governare accuratamente la
costruzione, il mantenimento e l’eventuale riparazione delle relazioni con gli stakeholder nelle situazioni più
delicate della vita dell’impresa.

Internet e social media impongono cambi di paradigmi:i social media hanno reso la circolazione virale e
spesso incontrollata o comunque molto difficile da gestire e intercettare. Quindi diventa estremamente più
difficoltoso e insidioso, ma anche essenziale per le imprese, gestire la visibilità del proprio nome e della
propria reputazione, così come di quella dei propri prodotti all’interno di blog, gruppi di discussione, forum.
Questi nuovi ambienti sono governati dal pubblico e attraversati da scambi di info many-to-many o one-to-
one. Le imprese devono quindi capire come essre presenti in modo da sviluppare conversazioni autentiche,
dirette e veicolate attraverso un tono informale, e di confronto aperto e sincero.

La seconda fase del processo è quella di programmare e prepararsi per gestire una crisi. Un modo per ridurre
il rischio sono i piani di crisi. Altrettanto importante è la preparazione pratica. L’obiettivo dell’elaborazione
preventiva di piani di crisi è di mettere a disposizione dell’organizzazione delle metodologie per contenere i
danni causati dalle crisi e frenarne lo sviluppo.

Le iniziative per realizzare un piano di crisi sono:

1 la costituzione del team di gestione della crisi;

2. l’allestimento di una Camera per la crisi;

3. l’attività di formazione;

4. la preparazione del piano di comunicazione di crisi;

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5. la redazione del manuale di crisi.

1. Il team di gestione della crisi è chiamato Crisis Management Team (CMT). È un’unità organizzativa
con poteri ben definiti collocata in staff e a fianco del vertice aziendale ed è finalizzata alla gestione
delle crisi con particolare riferimento all’attività di comunicazione. In caso di crisi, il CMT è
chiamato a svolgere una funzione di guida, definendo durante tutta la gestione della crisi stessa le
modalità di reazione che l’organizzazione deve adottare. In condizioni di normalità il suo compito è
quello di redigere il manuale di crisi, aggiornare la mappatura dei rischi, di formare e mantenere
preparate le persone e gli strumenti che saranno coinvolti nella gestione di una eventuale crisi. In
organizzazioni più sensibili al tema delle criticità, il CMT dà impulso alle attività di monitoraggio, ne
raccoglie i report e si riunisce regolarmente per essere aggiornato sulla situazione.

Composizione CTM. finanziarie e, in alcuni casi, mediche (Stocker, 1997; Bland, 1995). Il CMT è
di norma costituito da membri permanenti e membri temporanei, coordinati da un Team manager
nominato direttamente dal General manager o Amministratore delegato dell’azienda. Tra i membri
permanenti figurano, oltre al Team manager e al Direttore della comunicazione, il Direttore delle
risorse umane, il Responsabile della comunicazione interna e, di solito, quello dell’Ufficio legale e il
responsabile dei Public affairs. Tra i membri temporanei sono nominati i responsabili delle funzioni
aziendali di volta in volta coinvolte dall’evento critico ed eventuali consulenti esterni. I membri si
riuniscono periodicamente per coordinare la loro attività di formazione e prevenzione delle situazioni
di crisi. L’esistenza e la composizione del CMT dovrà essere resa nota a tutti i soggetti aziendali.
Molto importane è la scelta del portavoce aziendale, unico autorizzato a rilasciare dichiarazioni in
caso di necessità.

Scelta del portavoce aziendale. Attraverso la figura di un portavoce unico l’impresa riesce a
veicolare all’esterno messaggi omogenei e coordinati tra loro per tempi e modalità. Nel momento di
una crisi, versioni contrastanti dei fatti creerebbero disorientamento e sfiducia nel pubblico. Il
portavoce deve essere scelto con molta cura, adeguatamente formato e
informato di tutto ciò che accade all’interno e all’esterno dell’organizzazione. Dovrà possedere
ottime competenze di public speaking e di gestione dei rapporti con i media. Inoltre dovrà essere
molto comunicativo, saper suscitare empatia, condividere le emozioni con i pubblici coinvolti dalla
crisi, stimolare fiducia nei suoi interlocutori, capacità di chiedere scusa per conto dell’azienda e
garantire un supporto psicologico o materiale ai famigliari delle persone coinvolte dalla crisi.
In alcune occasioni straordinarie il ruolo di portavoce può essere svolto dal responsabile
dell’organizzazione. Questa scelta va ponderata attentamente a seconda della gravità dell’evento
critico, per almeno tre motivi. In primo luogo, perché il ruolo di portavoce può essere molto
impegnativo ed è invece opportuno che il General manager o l’Amministratore delegato dedichino la
gran parte del loro tempo alla gestione della crisi e alla gestione ordinaria dell’organizzazione
(Shankman, 2000). In secondo luogo, perché può essere utile riservare l’autorevolezza del loro
intervento in vista di un ulteriore peggioramento della crisi. In terzo luogo, perché l’esposizione in
prima linea del vertice aziendale può rivelarsi controproducente

Allestimento di una camera per la crisi. La camera per la crisi è una sala operativa destinata a
ospitare le attività dei membri del CMT e a fungere da centro di controllo. Al suo interno dovranno
essere presenti e sempre disponibili tutte le facilities e le strumentazioni di cui i componenti del team
possono necessitare. I professionisti di relazioni pubbliche hanno infatti bisogno in situazioni di crisi
di poter disporre immediatamente di un luogo sicuro dove poter ragionare senza interferenze sulle
corrette procedure da adottare per fronteggiare l’emergenza. Tale luogo dovrà essere attrezzato con
tutti i mezzi e gli strumenti per poter spedire e ricevere informazioni e dovrà essere vicino a una
seconda sala riunioni dove poter ricevere o comunicare con gli stakeholder in tempi brevi.
I mezzi e gli strumenti con i quali allestire la camera di crisi sono di tre tipi:.
a. Gli strumenti operativi di supporto all’attività di comunicazione sono costituiti da linee telefoniche
interne ed esterne dirette (cioè non passanti da centralino), computer collegati a internet con linee ad
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alta velocità, stampanti, fax, fotocopiatrici, televisione satellitare, videoriproduttori, radio,
registratori e apparecchiature per le video conferenze
b. L’archivio deve contenere tutte le informazioni sull’organizzazione, sugli impianti, sugli edifici,
sui processi produttivi, sui prodotti e sui servizi, nonché gli organigrammi, un archivio fotografico e
cartelle stampa.
c. I piani di crisi, le istruzioni per le procedure di emergenza e una mailing list costantemente
aggiornata dei giornalisti e degli altri stakeholder (media locali, nazionali e internazionali, membri
del CMT, dirigenti e consulenti aziendali, autorità locali, forze di polizia, polizia postale, ospedali,
vigili del fuoco) devono essere prontamente a disposizione

Durante la fase acuta della crisi che questa sala operativa svolge il suo ruolo più importante, perché
è il luogo dove i membri del CMT si ritrovano, raccolgono le info, valutano la situazione,
definiscono le iniziative da intraprendere, attivano la comunicazione monitorano l’andamento delle
situazione

Attività di formazione. La comunicazione di crisi è stata definita come il dialogo attivato


sistematicamente tra l’organizzazione e i suoi pubblici prima, durante e dopo il manifestarsi di un
evento critico. L’obiettivo della comunicazione in situazione di crisi è dunque quello di gestire il
flusso di informazioni tra l’azienda e i suoi stakeholder e viceversa sia all’interno sia all’esterno dei
suoi confini, per facilitare il superamento della crisi e per contenerne gli effetti negativi sulla
reputazione aziendale e sul rapporto fiduciario che lega l’organizzazione ai suoi pubblici. Il ruolo
della com non si limita alla solo diffusione di informazioni. L’elemento più imp è la sua capacità di
stimolare e coordinare azioni e interventi che possano influenzare l’andamento della crisi stessa
La comunicazione, per essere efficace nella gestione della crisi, deve essere: a. tempestiva e il più
possibile esaustiva; b. continuamente aggiornata; c. incisiva; d. centralizzata, per essere coerente; e.
trasparente, empatica e fortemente riferita a valori etici dichiarati; f. rivolta sia all’interno sia
all’esterno dell’organizzazione; g. business as usual.

Uno dei temi più cari agli studiosi di comunicazione è quello relativo alla scelta dei messaggi più
adeguati da diffondere a seconda del tipo di crisi in cui l’organizzazione è coinvolta. In particolare, le
due principali teorie di riferimento sono:
• lateoria basata sulla risposta alla crisi volta a ricostruire l’immagine aziendale (image-repair
theory)
• la teoria basata sulla risposta situazionale alla crisi (situation-based theory)

La image-ripair theory è stata applicata quando la situazione di crisi determina una notevole caduta
di immagine dell’impresa. Ciò accade quando l’impresa è ritenuta colpevole di aver commesso un
atto offensivo particolarmente grave da parte dei suoi stakeholder rilevanti. Questa posizione è
sempre meno attuale vista la crescente percezione dei pubblici che le aziende in un modo o nell’altro
sono responsabili per l’impatto che hanno sulla società e sull’ambiente: si è consolidato un principio
di responsabilità soggettiva, legato alle azioni che l’azienda compie in quanto attore sociale
La situation-based theory è alla base della scelta di un ventaglio di strategie di risposta alla crisi e si
conferma attuale nella sua articolazione.

Gli obiettivi della comunicazione.


- Mitigare le ricadute degli effetti negativi della crisi e dell’attribuzione della responsabilità
- cambiare le percezioni relative all’impresa stessa e orientare il dibattito durante la crisi;
- ridurre nel medio-lungo termine gli effetti negativi generati dalla crisi

È possibile identificare 3 strategie comunicazionali di risposta ad un evento critico sulla base delle
percezioni relative all’accettazione della responsabilità della crisi:

- Strategie di negazione. Cercano di rimuovere qualsiasi tipo di connessione tra l’impresa e


l’evento critico. In questo caso l’impresa deve sostenere con convinzione che non esiste
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alcuna crisi che la vede coinvolta. Se l’impresa viene creduta dai media e dagli stakeholder,
non corre alcun pericolo reputazionale. Questa strategia è efficace quando l’impresa è
pienamente consapevole di quanto sta accadendo. Negare responsabilità aziendali non
significa minimizzare una crisi; comunque si deve riconoscere il dolore delle vittime ed
esprimere partecipazione verso i loro sentimenti
- Strategie di ridimensionamento. Volte a sostenere che la crisi non è così grave come le
persone percepiscono, oppure che l’impresa non ha potuto controllare la crisi perdendo la sua
efficacia. Se i portavoce aziendali risultano credibili, il danno reputazioale per l’impresa sarà
ridotto. I manager aziendali devono supportare le loro affermazioni con fatti oggettivi. Queste
strategie falliscono se i pubblici rifiutano i contenuti dei messaggi dell’impresa (accade se
l’azienda non ha una solida reputazione). Le strategie di consolidamento vanno adottate in
presenza di un quadro di valori e di info molto chiaro è difficile da attaccare
- Strategie di ricostruzione. Hanno la finalità di cambiare le percezioni dell’impresa che sta
attraversando la crisi. I manager aziendali si impegnano nella presentazione al pubblico di
info nuove e positive cerca l’impresa o ricordano dei proèri passati comportamenti virtuosi.
Queste strategie sono utilizzate nel caso di crisi che presentano un elevato rischio
reputazionale per l’impresa. Questa strategia implica anche la consapevolezza della
leadership aziendale che la crisi può portare insegnamenti per migliorare o rivoluzionare
l’organizzazione

Le strategie di risposta a una crisi che si diffonde online implicano l’assunzione da parte dell’impresa di un
ruolo nel web attivo e propositivo nella gestione della crisi. In questo caso il professionista di relazioni
pubbliche dovrebbe: utilizzare i servizi di Search Engine Optimization (SEO) per far sì che l’impresa sia ai
primi posti dei risultati delle ricerche degli utenti; dare la massima visibilità alle informazioni aziendali
concernenti la crisi sia sul sito web corporate; enfatizzare link ai siti di terze parti per riceverne
l’endorsement; fornire consigli e istruzioni utili e tempestive ai pubblici coinvolti dall’evento critico;
utilizzare gli strumenti forniti dal web per effettuare rapidi sondaggi online sulle percezioni diffuse tra il
pubblico, per esempio circa la capacità dell’azienda di far fronte alla crisi; valutare le potenzialità di utilizzo
di una chat in tempo reale per far fronte alle domande degli utenti del web; coinvolgere il CEO nell’invio di
messaggi online al pubblico e nella risposta alle loro richieste.

Con chi comunicare

In una situazione di crisi è importante comunicare subito e contemporaneamente con almeno 3 categorie di
stakeholder:

- Le persome coinvolte direttamente nella crisi;


- I dipendenti;
- Tutte le persone esterne, clienti e fornitori compresi

Le prime iniziative mirate di comunicazione devono essere rivolte verso le vittime della crisi, cioé coloro
che sono stati o possono patire le conseguenze dell’evento straordinario chiunque esse siano.

Nei casi di elevata gravità, in cui si registrano delle vittime, la gestione dei rapporti con le persone colpite e
con i loro familiari è particolarmente delicata e spesso richiede la nomina, all’interno del CMT, di una
persona competente dedicata esclusivamente a questo compito. Tra le iniziative attuabili nei confronti delle
persone che hanno subito, o potrebbero subire, dei danni, se ne possono ricordare alcune tra le più rilevanti

• esprimere empatia e compartecipazione per i danni subiti;

• individuare e rimuovere al più presto ove possibile le cause della crisi, comunicandolo agli interessati;
• evidenziare prontamente i rischi ancora esistenti e indicare le corrette precauzioni da adottare come, per
esempio, sospendere l’assunzione di un farmaco o l’utilizzo di un prodotto;
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• adottare nel frattempo misure precauzionali, come ritirare il prodotto dal commercio per evitare altre
vittime;
•identificare le persone direttamente colpite dall’evento critico e i loro familiari e fornire o garantire loro
un’appropriata assistenza;
• fornire loro informazioni tempestive e costantemente aggiornate, per esempio attraverso comunicazioni
telefoniche, l’allestimento di centri di informazione e l’attivazione di numeri verdi, o con inserzioni
pubblicitarie o attraverso il sito internet aziendale o i profili social;
• verificare la possibilità di un risarcimento dei danni subiti facendolo sapere ai diretti interessati

Importanza dei pubblic interni

Gli obiettivi della com interna in momenti di crisi sono 2:

a. Rassicurare i dipendenti, collaboratori e le loro famiglie sulla serietà dell’azienda e


capacità del gruppo dirigente di controllare e gestire la crisi al fine di evitare che la
loro fiducia nelle capacità dell’azienda sia compromessa
b. Dimostrare attenzione e sensibilità nei confronti dei dipendenti, favorendo il loro
senso di appartenenza, coinvolgimento e quindi di solidarietà nei confronti della
posizione assunta dall’organizzazione

È importante che la com interna sia alimentata anche dopo la fase iniziale di crisi. I dipendenti devono
essere continuamente aggiornati sugli sviluppi della situazione, sugli esiti della gestione condotta, sulle
misure precauzionali poste in essere per contenere i danni

Comunicare con ke persone esterne attraverso i media

Anni di ottima gestione dei rapporti con i media possono essere compromessi da una cattiva gestione nel
periodo di crisi. Nella relazione con i media, l’impresa deve considerare che esistono fattori che rendono un
evento critico più interessante dal punto di vista mediatico, tra cui:

 il settore in cui l’azienda opera: esistono infatti settori più esposti di altri;
 la natura dell’incidente: un’esplosione o un intrigo di finanza e amore è più seguito di un evento
naturale;
 la tipologia delle vittime: categorie particolarmente indifese scatenano nel pubblico una forte
empatia;
 la reputazione pregressa dell’azienda coinvolta: alcune aziende godono di una cronica cattiva fama

La copertura mediatica di una crisi

La copertura di un evento critico effettuata dai media normalmente segue un processo articolato in fasi
distinte.

I. Le notizie flash: sintetiche e oggettive e spesso una copia di quanto comunicato dalle agenzie di
stampa
II. I titoli di apertura dei media online. Seguono il tg della sera e la prima pagina dei quotidiani del
giorno successivo: a questo punto, anche se mancano ancora molte info, il taglio della copertura
mediatica dell’evento è declinato. È influenzato anche dalla capacità dell’azienda di rispondere alle
domande che la crisi ha scatenato
III. Nelle successive 24 ore si scatena una tempesta mediatica dove i soggetti coinvolti nella crisi
rilasciano la propria opinione. In questo caso l’impresa non deve dare segni di nervosismo, quanto
piuttosto fornire ai media delle corrette e comprovate informazioni per riuscire a emergere dal coro
mediatico
IV. Nelle successive settimane, mesi le notizie sull’evento critico perdono di attrattiva e spariscono dai
social. Anche a distanza di mesi, vengono spesso pubblicati singoli articoli che riportano l’attenzione

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sul caso. È raccomandabile che l’azienda sia sempre la prima a fornire informazioni ai media sugli
sviluppi anche giudiziari dell’evento. Servirà a governare il più possibile i flussi informativi e fornirà
all’azienda la possibilità di ristabilire la propria posizione

I principi guida della gestione delle relazioni con i media

- Prendere l’iniziativa
- Garantire un flusso continuo di informazioni: far seguire al primo comunicato altri
comunicati, tanti quanti saranno necessari per mantenere aggiornati i giornalisti sugli sviluppi
della situazione e utilizzare una pluralità di strumenti di comunicazione diversi.
- Rivolgersi a tutti i media tenendo conto delle loro diverse esigenze e deadline: occorre
instaurare rapporti di trasparenza e di proficua collaborazione con tutti i media nel rispetto
delle loro peculiarità e delle loro necessità in termini di tempistica dell’informativa.
- Essere chiari ed esaustivi: fornire informazioni e non opinioni e limitare il no comment solo a
situazioni in cui l’organizzazione non ha a disposizione elementi chiari e certi. Se non si è in
grado o non si vuole rispondere, spiegarne i motivi e dare l’informazione non appena
possibile.
- Se si decide di pubblicare sul sito aziendale notizie, informare subito i giornalisti.
- Monitorare costantemente le informazioni veicolate dai media: questo anche allo scopo di
assicurarsi che le notizie siano riportate in modo corretto. In caso contrario è opportuno
avvertire le redazioni affinché apportino le dovute correzioni.
- Attivare un monitoraggio costante dei canali social dei giornalisti e degli opinionisti per
registrare eventuali nuove informazioni e per capire verso quale direzione si muove il mondo
dell’informazione

Strumenti da usare per dialogare con i giornalisti: le relazioni con i giornalisti tramite e-mail, telefono e vari
strumenti di messaggistica; il comunicato stampa; la conferenza stampa; le interviste; la press-room online;
il sito web aziendale; i social media

Gestire il dopo crisi

Il periodo che segue una fase di crisi acuta è spesso erroneamente sottovalutato. Nella fase del dopo crisi il
monitoraggio di tutte le fonti deve essere prolungato e l’analisi non deve fermarsi ai primi segni di
scomparsa di negatività. La realizzazione di analisi e valutazioni assolve a una funzione strategica ben
precisa: apprendere dalla crisi appena fronteggiata per rafforzare l’organizzazione e migliorare la sua
capacità di prevenire e gestire le future crisi

È opportuno effettuare la valutazione delle modalità con cui .l’organizzazione ha gestito la crisi, ovvero
l’analisi dell’efficacia del piano di crisi attivato, delle performance del CMT e, non ultimo, dell’attività di
comunicazione. Per stimare in che misura la com di crisi è riuscita a preservare la reputazione
dell’organizzazione si ricorre a una survey sull’opinione pubblica e/o delle indagini di clima. La prima è
finalizzata a monitorare l’evoluzione delle opinioni dei pubblici dell’organizzazione, le seconde a valutare le
percezioni e l’atmosfera diffusa tra i membri dell’organizzazione stessa. Queste analisi forniranno elementi
utili per apportare dei miglioramenti organizzativi, offriranno spunti per azioni di relazioni pubbliche e
nuove strategie di com finalizzate a superare lo stato critico. Visite all’azienda, conferenze stampa,
pubblicazioni sull accaduto, sono esempi di strumenti che possono essere impiegati per rassicurare i
dipendenti, i clienti e soprattutto la reputazione aziendale

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Il mix di comunicazione di marketing è definito come “la combinazione in-tegrata, sinergica e
coerente di diversi tipi di comunicazione personale e non personale messa in essere dall’azienda
durante un determinato periodo di tempo”; esso comprende i seguenti strumenti di comunicazione.
1. La pubblicità (advertising): “qualsiasi forma di comunicazione, non personale e a pagamento, di
brand, beni e servizi, diffusa attraverso stampa (giornali e riviste), trasmissioni via ete-re (radio e
televisione), reti di telecomunica-zione (telefono, televisione via cavo, reti sa-tellitari, reti wireless),
media elettronici (au-diocassette, videocassette, dischi ottici, pagi-ne Web) o media espositivi
(cartelloni pub-blicitari, insegne, manifesti)”.
2. La promozione delle vendite (sale promotion): in-centivi di breve durata per i consumatori o per
gli intermediari progettati per stimolare l’acquisto (concorsi, offerte speciali ecc.).
3. Le relazioni pubbliche (public relation): “comu-nicazione che mira a influenzare gli atteggia-
menti, le sensazioni, le opinioni di clienti, non-clienti, azionisti, fornitori, dipendenti e organismi
politici nei confronti dell’azienda e/o dei suoi prodotti
4. Il marketing diretto (direct marketing): comuni-cazione diretta con i consumatori via posta (direct
mail), via telefono (telemarketing), via cellulare (mobile marketing), via Web (e-mai-ling). Il
Capitolo 12 offre una disamina di que-sti strumenti
5. La vendita personale (personal selling): comuni-cazione orale mediante personale di vendita
(forza vendita) con i potenziali acquirenti al fine informarli sul prodotto e persuaderli al-l’acquisto.
6. Il marketing digitale: la distribuzione di pro-dotti, informazioni e benefici di comunicazio-ne
offerti ai consumatori e alle imprese attra-verso le tecnologie digitali

Per avere un posizionamento chiaro e privo di contraddizioni sul mercato, è fondamentale che
un’azienda scelga uno strumento di comunica-zione coerente con gli altri elementi del marke-ting,
come il branding, il prezzo e la distribuzio-ne. Inoltre, se l’impresa usa simultaneamente di-versi
strumenti di comunicazione, è anche im-portante che essi siano coerenti e che si com-pletino a
vicenda. Questo è ciò che s’intende per comunicazione integrata di marketing (CIM)

La comunicazione integrata di marketing


Ogni strumento di com ha i propri punti di forza e i propri limiti. I marketer devono soppesare questi
fattori rispetto agli obiettivi di com prefissati, per decidere quali e quante risorse investire in ogni
strumento.
Per scegliere il mix di com si devono prendere in considerazione 5 criteri.
1- La disponibilità delle risorse e il costo degli strumenti di comunicazione. Se l’azienda
non ha risorse sufficienti per una campagna pubblicitaria, può usare strumenti più
economici come il marketing diretto o le relazioni pubbliche
2- La dimensione e la concentrazione del mercato. Se un mercato è piccolo e
concentrato, la vendita personale può funzionare bene, ma in mercati di massa
dispersi, la pubblicità o il marketing diretto possono essere la scelta giusta
3- I bisogni dei clienti in materia d’informazione. Se per vendere il prodotto ci vuole una
complessa argomentazione tecnica, è meglio optare per la vendita personale. Se si
vuole trasmettere una certa immagine di brand, è meglio scegliere la pubblicità
4- Le caratteristiche del prodotto. Aziende che producono beni industriali tendono a
spendere di più per la vendita personale che per la pubblicità, mentre le aziende di
beni di consumo tendono a fare il contrario
5- Strategie pus vs strategie pull. La prima ricorre alla forza vendita del produttore, a
promozioni commerciali o altri mezzi per indurre gli intermediari commerciali a
trattare il prodotto, motivandoli a promuoverlo e venderlo al consumatore finale
La seconda il produttore utilizza la pubblicità, la promozione e le altre forme di com
per indurre i consumatori a richiedere il prodotto agli intermediari

Accanto alla crescita della gamma degli strumenti di com, aumenta la necessità di coordinare i messaggi e la
loro esecuzione. Questo problema è spesso esasperato dalla mancanza di coordinamento fra dipartimenti
dell’impresa. Ciò ha portato sempre più imprese ad adottare la com integrata di marketing. Definizione:
“un processo di pianificazione volto a garantire che tutti i contatti che un cliente o un potenziale cliente ha
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con la marca, un prodotto, un servizio o un’organizzazione abbiano rilevanza per il cliente stesso e siano
omogenei nel tempo”

Mentre il marketing digitale è un’importante area in crescita, la maggior parte delle aziende crea campagne
che abbiano sia una dimensione online sia una di-mensione offline. Adottare la comunicazione integrata di
marketing può portare a una maggiore coerenza comunicativa e può fare in modo che il posizionamento
delle aziende e dei loro brand sia più chiaro nella mente dei consumatori.

Le fasi dello sviluppo di una campagna di com integrata

Il processo inizia esaminando la strategia di marketing


complessiva dell’azienda, la sua strategia di posizionamento
e il suo pubblico target. Quale obiettivo cerca di raggiungere
l’impresa nel mercato e quale ruolo possono avere le com di
marketing? Se per es l’azienda cerca di riposizionare un
brand o di modificare l’atteggiamento dei consumatori, la
pubblicità può aver un ruolo importante ma deve essere
integrata con gli altri elementi del mix di marketing. Gli
obiettivi non devono essere solo individuati, ma anche
pianificati.
Successivamente, viene concordato il budget per la
campagna pubblicitaria. Dopo aver completato queste fasi,
l’azienda può iniziare a pensare a cosa dire, dove dirlo e
quando dirlo. Poi, la campagna è stata eseguita, è imperativo
valutarne l’efficacia

La pubblicità: definita come “ogni forma non personale di com di massa, a pagamento e con esplicita
indicazione dell’inserzionista, volta a indurre, direttamente o indirettamente, ad azioni vantaggiose per
l’inserzionista stesso”. Finora, non esiste un’unica teoria in grado di spiegare i meccanismi perché la
pubblicità può avere diverse funzioni. Sono almeno 2 gli approcci: l’AIDA ovvero Awareness, Interest,
Desire, Action, e ATR ovvero Awareness, Trial, Reinforcement. Secondo il primo, la pubblicità si rivolge a
un consumatore in gran parte passivo. Il secondo approccio, il ruolo fondamentale della pubblicità è quello
di difendere il brand, rafforzando le convinzioni dei consumatori in modo da trattenerli e renderli fedeli nel
tempo. Questa teoria considera che la maggior parte delle scelte d’acquisto si basino sull’abitudine e che lo
scopo della pubblicità sia in gran parte difensivo.

Altre prospettive recenti, interpretano la pubblicità in termini di trasferimento di significati (brand meaning).
La pubblicità agisce come una fonte di significati attraverso cui ci esprimiamo e comunichiamo con gli altri.
Per esempio, la comunicazione di marketing può avere un significato sociale e un gruppo di consumatori si
differenzia da altri gruppi consumando determinati prodotti.

Definizione degli obiettivi: il processo di ICM inizia con la definizione del target di riferimento. Una volta
selezionato, si devono definire gli obiettivi. La pubblicità può avere diversi obiettivi di comunicazione. (1)
creare consapevolezza riguardo a un marchio. È fondamentale quando si lancia un nuovo prodotto o quando
l’impresa entra in un nuovo mercato; (2) può essere utilizzata per stimolare la sperimentazione; (3) può
essere usata per aiutare a posizionare i brand nella mente dei consumatori. Gli altri obiettivi comprendono
correggere idee sbagliate su un bene o servizio, ricordare ai clienti l’esistenza di offerte speciali e, fornire
supporto alle forze di vendita dell’azienda
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Creazione del messaggio: il messaggio pubblicitario traduce la proposta unica di valore (UVP) di un’azienda
in una piattaforma pubblicitaria, ovvero in simboli, parole e immagini che siano attraenti e significativi per il
pubblico target. Per esempio, una campagna per Ebay si è concentrata sulla parola “it”. Immagini della
parola “it” sono apparse sulla stampa e in tv e hanno migrato online come campagna virale. Alla fine è stato
svelato che era parte dello slogan di Ebay “whatever it is, you can get it on ebay?” La maggior parte dei
consumatori che guarda una pubblicità sulla stampa, legge il titolo ma non il corpo del testo. Per questo,
alcuni pubblicitari vogliono che il nome dell’azienda o del brand appaiano nel titolo. Anche i messaggi
trasmessi in tv devono essere costruiti su una piattaforma pubblicitaria solida. Si possono usare vari approcci
creativi, dal lifestyle, all’humor, fino alla pubblicità shock. Ricorrere all’immaginario sessuale rimane una
tattica molto usata per catturare l’attenzione nella pubblicità, anche se ricerche recenti mettono in dubbio la
sua efficacia. La pubblicità comparativa è un altro metodo diffuso, usato spesso dalle compagnie low-cost.

Le nuove tecnologie consentono agli spettatori di non guardare le interruzioni pubblicitarie. I pubblicitari
hanno reagito in vari modi a queste tendenze. Per esempio, creando annunci live. In secondo luogo, cresce la
pubblicità generata dai consumatori, tramite cui i brand organizzano concorsi in cui i consumatori sono
invitati a presentare la propria idea di pubblicità o a partecipare alla creazione di pubblicità. Il rischio di
adottare questo approccio consiste nel fatto che alcuni contenuti possono essere negativi; ma se ha successo
tende a migrare rapidamente online come parte di una campagna virale. La strategia creativa è “il modo in
cui i marketing manager traducono i propri messaggi in comunicazioni specifiche”. Esse si distinguono in
richiami informativi e in richiami trasformati i. Infine, è sempre più diffuso l’uso di testimonial. Le fonti per
essere credibili e attrattive devono avere: competenza, attendibilità e simpatia

Definizione del budget: i metodi più utilizzati per impostare il budget sono 4

- Percentuale sulle vendite. Secondo cui l’importo assegnato all’investimento in pubblicità


deriva da una percentuale del fatturato attuale o previsto. Questo metodo presenta delle
debolezze: incoraggia ad abbassare la spesa dedicata alla pubblicità quando calano le vendite
e ignora le opportunità di mercato
- Un’azienda può impostare il proprio budget pubblicitario sulla base di quello dei propri
concorrenti o utilizzare una percentuale simile a quella delle vendite del suo principale
concorrente (metodo della parità competitiva). Questo metodo presuppone che la
concorrenza sia arrivata al livello di spesa ottimale da investire nella pubb e ignora le
differenze esistenti fra imprese nell’identificazione delle opportunità di mercato e negli
obiettivi di com
- A volte le aziende prendono una decisione in base alla propria condizione finanziaria
(metodo dell’accessibilità)
- Il metodo piu efficace è quello dell’obiettivo da conseguire. In questo caso, il budget della
pubblicità dipende dagli obiettivi di comunicazione e dai costi delle attività richieste per
raggiungerli. Di fatto, tale me-todo costringe il management a pensare agli obiet-tivi, ai livelli
di esposizione dei media e ai costi che ne risultano

Nei periodi di crisi economica, i budget pub-blicitari sono tra i primi a essere tagliati, anche se in realtà
(come si è visto per il caso Nokia), sono proprio questi i periodi in cui le spese pubblicitarie si rivelano più
efficaci

Selezione dei media

Scegliere quale tipo di media e quale specifico supporto sono due decisioni chiave. Ogni mezzo di com
presenta un insieme di qualità e limiti creativi. La tv può essere utilizzata per mostrare il prodotto in azione o
per usare suoni e colori che migliorino l’immagine del prodotto. Sebbene la tv è stata uno dei mezzi più
potenti, la frammentazione del pubblico è una delle preoccupazioni che ha portato molti dei principali
inserzionisti ad allontanarsene. Nonostante la pubb stampa stia subendo un declino, offre ancora diversi

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vantaggi. Questa può essere utile per fornire info fattuali e offre ai consumatori la possibilità di riesaminare
la pubb in una fase successiva. La radio è limitata all’uso del suono e in questo caso la pubb è più utile per
comunicare info reali piuttosto che per costruire un’immagine.

Sempre più utilizzata è la diffusione degli annunci pubb in spazi pubblici come cinema, aerei e gli stadi. In
cinema è (includendo inoltre le serie TV) un mezzo particolarmente interessante per i brand che cercano di
raggiungere un pubblico giovane. Inoltre, un altro media è il punto vendita; si parla infatti di pubblicità nel
punto vendita. Infine, anche il product placement ovvero la col-locazione intenzionale di prodotti e/o dei
loro lo-ghi nei film, in televisione, nelle canzoni e nei vi-deogiochi, solitamente in cambio di denaro, sta di-
ventando sempre più rilevante. La sempre maggior rilevanza del product pla-cement può essere spiegata per
i seguenti motivi: eccessiva frammentazione dei media, che implica una maggior difficoltà a raggiungere i
mercati di massa; il brand può beneficiare delle associazioni positive che ottiene dall’essere in un film o in
te-levisione; molti consumatori non si rendono con-to che il brand è stato inserito ad arte; la ripeti-zione del
film o della serie televisiva permette al marchio di essere visto più volte; scegliendo at-tentamente il film o
la serie televisiva ci si può rivolgere a determinati segmenti target; si posso-no sfruttare opportunità
promozionali e di mer-chandising sul sito Web del film/del programma televisivo. Il product placement sta
diventando molto popolare, ma è importante ricordare che implica dei rischi. Se il film o la serie non
riescono a decollare, l’immagine del brand può uscirne offu-scata, riducendone la potenziale esposizione. Il
pubblico può essere infastidito da un inserimen-to di prodotti evidente, elemento che ne dan-neggia
l’immagine, e i proprietari del marchio possono non controllare completamente come viene raffigurato il
proprio brand. Il product placement è soggetto alle stesse analisi che si applicano a tutti gli strumenti di com
analizzati in questo capitolo.

Altri fattori influenzano sulla scelta dei media: una considerazione è la dimensione del budget pubblicitario.
Alcuni media sono più costosi di altri. Un’ulteriore considerazione riguarda l’attività della competizione.
Un’azienda può decidere di competere sullo stesso mezzo di com usato da un concorrente o cercare di
dominare un altro mezzo. Infine, le opinioni del commercio al dettaglio influenzano la scelta del tipo di
media. La spesa pubblicitaria viene spesso utilizzata dalle forze di vendita per convincere i rivenditori
dettaglianti ad aumentare lo spazio sugli scaffali assegnato ai marchi esistenti e a immagazzinare nuovi
marchi.

Organizzazione e gestione

Un inserzionista ha 4 opzioni per organizzare lo sviluppo di una campagna. Le piccole imprese possono
sviluppare la pubblicità in collaborazione con lo staff dei media. Per esempio, la pubblicità può essere scritta
da qual-cuno dell’impresa, ma il layout finale della pub-blicità può essere creato dal giornale o dalla rivista
selezionati. In secondo luogo, la funzione pubbli-citaria può essere svolta internamente, creando un
dipartimento pubblicitario con personale di co-py-writer, media buyer e di produzione. Questa forma di
organizzazione colloca il controllo totale della pubblicità all’interno dell’azienda. In terzo luogo, a causa
delle competenze specialistiche richieste per lo sviluppo di una campagna pubblicitaria, molti inserzionisti
decidono di collaborare con un’agenzia pubblicitaria. Una quarta alternartiva è quella di utilizzare il
personale interno per alcune funzioni pubblicitarie, ma di usare agenzie specializzate per altre. L’attrattiva
dello specialista deriva in parte dal grande volume di affari che controlla. Ciò implica che ha un enorme
potere d’acquisto quando negozia i prezzi dei media, per es

Esecuzione

Una volta creato il messaggio e selezionati i media, lo stesso sarà inviato al supporto prescelto perché lo
pubblichi o lo trasmetta “on air”. Bisogna assi-curarsi che l’annuncio giusto raggiunga il media giusto al

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momento giusto.

Valutazione dell’efficacia

La valutazione dell’efficacia può avvenire in tre diversi momenti: prima, durante e dopo l’esecu-zione della
campagna. Il pre-test viene svolto pri-ma dell’esecuzione della campagna e fa parte del processo creativo.
Nell’ambito della pubblicità televisiva, vengono creati degli annunci grezzi, che poi sono testati con i
consumatori target. I risultati forniscono importanti imput da parte dei consumatori target e permette alle
aziende di non fare affidamento solo sulle opinioni delle agenzie pubblicitarie. Il post test può essere
utilizzato per valutare l’efficacia di una campagna una volta eseguita. Controllare se una campagna
pubblicitaria ha funzionato bene, può fornire info necessarie per pianificare quelle future. Le 3 misure
principali utilizzate nella ricerca pubblicitaria tv post test sono il cambiamentodell’immagine/atteggiamento,
la quota di mercato, le vendite e l’utilizzo. Si ritiene che il cam-biamento dell’immagine/dell’atteggiamento
sia una misura sensibile, capace di predire accurata-mente i cambiamenti comportamentali. Coloro che
favoriscono la misura delle vendite effettive sostengono che, nonostante la difficoltà di stabi-lire una
relazione di causa a effetto, il cambia-mento delle vendite rappresenti l’obiettivo prin-cipale della pubblicità
e quindi l’unica misura si-gnificativa

La promozione delle vendite

Le promozioni sono un incentivo progettate per stimolare l’acquisto. Principali ragioni della loro popolarità:

- Aumento degli acquisti d’impulso


- Aumento del costo della pubb ed eccesso di pubb
- Orizzonti temporali ridotti
- Attività dei competitor
- Misurabilità

Le vendite richiedono uno “shock breve e intenso” e le promo sono spesso usate per ottenere questo effetto.
Possono essere considerate come uno strumento tattico a breve termine. L’effetto a lungo termine sulle
vendite può essre pos, neg o neutro.

Come per la pubb. Deve essere adottato un approccio sistematico anche alla gestione delle promo; ciò
significa: specificazione degli obiettivi dells promo, decisione per la selezione degli strumenti più efficaci e
valutazione dell’efficacia della promo

Individuazione degli obiettivi

Il più comune è incrementare le vendite nel breve periodo. Un aumento delle vendite a breve termine può
essere necessario per numerosi motivi, tra cui la necessità di ridurre gli stock o di sanare il bilancio prima
della fine dell’anno finanziario. Un altro obiettivo è quello di incoraggiare la sperimentazione. La
distribuzione di campioni è un modo molto efficace per indurre i clienti a provare nuovi prodotti. Alcune
promo incoraggiano l’acquisto ripetuto di un marchio per un determinato periodo di tempo. Alcune promo
sono progettate per incoraggiare i clienti ad acquistare convenzioni più grandi. Infine, possono essere
progettate per ottenere spazio sugli scaffali del distributore.

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Quale promozione scegliere

Sconti: offrono un valore diretto al cliente e un incentivo inequivocabile all’acquisto; è dimostrato che
stimolano l’aumento delle vendite a breve termine. Gli sconti però possono essere eguagliati dai concorrenti
e, se usati spesso, possono svalutare l’immagine del marchio

Le confenzioni bonus: valore aggiunto offrendo ai consumatori una quantità extra senza costi aggiuntivi e
vengono spesso utilizzate nel mercato delle bibite, dolci e detersivi. Poiché il prezzo non viene abbassato,
questa forma di promo rischia meno di svalutare l’immagine del brand

Extra: qualsiasi merce offerta gratis o basso costo come incentivo all’acquisto al prodotto del marchio.
Possono avere 3 forme: regali in-pack oppure on-pack e offerte auto-liquidanti, tramite cui i consumatori
sono invitati a pagare una somma di denaro per coprire i costi della mer-ce. L’obiettivo principale degli extra
è quello d’in-coraggiare l’acquisto all’ingrosso e, pertanto, di mantenere la quota di mercato.

Campioni gratuiti: possono es-sere distribuiti in un negozio e sono usati per in-coraggiare la
sperimentazione. Quindi, rappresenta uno strumento efficace, anche se a volte costoso, per indurre i
consumatori a sperimentare nuovi brand o nuove brand extension

Coupon: possono essere trovati su riviste o giornali, o sulle confezioni del prodotto offerto nel punto vendita
e sono utlizzati per incorag-giare la sperimentazione o l’acquisto ripetuto. Si usano sempre di più i coupon
online. . I coupon sono una forma molto apprezzata di pro-mozione delle vendite, anche se di solito sono
meno efficaci nell’aumentare le vendite iniziali rispetto agli sconti perché non vi è un risparmio immediato e
attraggono quasi esclusivamente i clienti attuali

Premi: spesso usate per attirare l’attenzione o stimolare l’interesse per un marchio, sono tre quelle prin-
cipali: i concorsi, i sorteggi e i giochi

Le promozioni per i distributori

Le trade promotion sono promozioni rivolte agli intermediari (B2B). Tra queste rientrano gli scon-ti in
cambio di acquisti. Gli sconti possono essere parte di una promozione congiunta con la quale l’intermediario
accetta di dedicare uno spazio ag-giuntivo sugli scaffali, di acquistare quantità mag-giori, e/o di fare
dimostrazioni in negozio del be-ne/servizio scontato.
In alternativa, si possono offrire più articoli al-lo stesso prezzo (articoli gratuiti). Infine, un pro-duttore può
offrire un’indennità (una somma di denaro) agli intermediari che forniscono servizi promozionali in negozio
(indennità di visualizzazione).

Valutazione dell’efficacia della promozione

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Le principali tecniche di pre-test includono i focus group, per testare le idee su target po-tenziali; i test in
sala, portando un campione di clienti in una stanza dove vengono testate varie promozioni alternative; e la
sperimenta-zione, utilizzando due negozi e sviluppando promozioni alternative in ognuno di essi. Una volta
che la promozione delle vendite è stata implementata, se ne devono monitorare atten-tamente gli effetti.
Bisogna controllare con at-tenzione le vendite. In alternativa, se una promo-zione delle vendite al dettaglio
di beni di con-sumo durevoli (per es., cucine, frigoriferi, tele-visori) è accompagnata da alti tassi di commis-
sione per i venditori, questi ultimi possono ri-tardare le vendite fino al periodo promoziona-le.43 Se è
possibile che si verifichi un effetto anticipato, si devono monitorare le vendite prima della promozione.

Le pubbliche relazioni

Le pubbliche relazioni riguardano tutti questi gruppi essendo definite come una “forma di comunicazione
non personale che ten-ta di incidere sull’immagine complessiva del-l’azienda e dei beni e sevizi offerti
presso i diversi gruppi di riferimento”. I principali strumenti delle pubbliche relazio-ni di marketing sono: le
pubblicazioni, gli eventi (convegni, fiere, convention), le sponsorizzazioni, i rapporti con la stampa, le
donazioni in benefi-cenza, il lobbismo, i mezzi per veicolare l’identità aziendale (biglietti da visita, divise
ecc.). Tre fattori principali spiegano la crescita delle pubbliche relazioni: il riconoscimento da parte dei team
di marketing del potere e del valore delle pubbliche relazioni; l’aumento dei costi del-la pubblicità, che porta
a esplorare vie di comu-nicazione più convenienti; la migliore compren-sione del ruolo delle pubbliche
relazioni. La cre-scita dei social media ha rivoluzionato ulterior-mente il business delle pubbliche relazioni
tanto che si parla oggi di PR media digitali. La divulgazione è un elemento fondamen-tale delle pubbliche
relazioni. È definita come la comunicazione d’informazioni su un prodot-to o un’azienda mediante
l’inserimento di no-tizie su di essi nei media senza pagare diretta-mente il tempo o lo spazio usati

La diffusione delle informazioni può avvenire attraverso comunicati stampa, conferenze stam-pa, interviste,
articoli di approfondimento, ser-vizi fotografici e conferenze (per es., a congressi e seminari).
Indipendentemente da quale di que-sti mezzi venga usato per trasmettere le infor-mazioni, la divulgazione
ha tre caratteristiche importanti

- Il messaggio è credibile
- Nessun costo diretto per l’uso dei media
- Nessun controllo sulla pubblicazione

Le sponsorizzazioni

Definita come una relazione commerciale tra un fornitore di fondi, risorse o servizi e un individuo, un
evento o un’organizzazione che offre in cambio alcuni diritti e un’associazione che possono essere usati per
avere un vantaggio commerciale

Gli sponsor potenziali possono scegliere tra una vasta gamma di enti e attività, tra cui sport, arte, attività
comunitarie, squadre, tornei, individui o eventi, gare, fiere e spettacoli. I cinque obiettivi principali della
sponsorizza-zione sono: ottenere uno spazio di divulgazione, creare opportunità d’intrattenimento,
promuovere associazioni favorevoli legate al marchio e all’azien-da e migliorare le relazioni con la
comunità.

I. Ottenere uno spazio di divulgazione Eventi mondiali come i principali tornei di golf, di calcio e di
tennis sono la piattaforma ideale per ottenere una copertura mediatica globale. Per esempio, DHL, il
corriere tedesco, ha firmato un accordo per sponsorizzare la Major League di ba-seball negli Stati
Uniti. Questa sponsorizzazione era parte della strategia messa in atto da DHL per aumentare la
consapevolezza del proprio marchio (brand awareness) nel mercato statunitense, sede dei suoi due

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principali concorrenti globali, UPS e FedEx

II. Creare opportunità di intrattenimento Uno degli obiettivi principali di molte sponso-rizzazioni è
ravvisabile nella creazione di oppor-tunità d’intrattenimento per i clienti. La sponso-rizzazione della
musica, delle arti e degli eventi sportivi può essere particolarmente efficace
III. Promuovere associazioni favorevoli legate al marchio e all’azienda Il terzo obiettivo della
sponsorizzazione è creare associazioni favorevoli per il marchio (brand association), affinché i
consumatori associno al marchio stesso un’immagine positiva (brand image). Per esempio, Red Bull
ha costruito un marchio globale grazie alla sponsorizzazione di vari eventi, dalle corse
automobilistiche di Formula 1 agli sport estremi, come i tuffi dalle scogliere. Lo sponsor e l’attività
sponsorizzata vengono coinvolti in una relazione che implica un trasferimento di valori
IV. Migliorare le relazioni con la comunità. La sponsorizzazione di una scuola, per esempio fornendo
computer a basso costo come ha fatto Tesco, e il sostegno a programmi comunitari di varia natura,
possono promuovere la reputazione dell’azienda, che risulta essere socialmente re-sponsabile e
attenta ai bisogni della comunità

I nuovi sviluppi della sponsorizzazione

La sponsorizzazione ha registrato una crescita importante negli ultimi vent’anni. Tale crescita è stata
accompagnata dal fenomeno dell’ambush marketing. Originariamente, il termine si riferiva alle attività dei
brand che cercavano di associarsi a un evento senza pagare alcuna commissione al proprietario dell’evento.
La Nike ha fatto delle operazioni di ambush marketing molto riuscite in occasione di varie Olimpiadi ed è
emersa come il nome (brand name) che i telespettatori asiatici associavano più strettamente alle Olimpiadi di
Atene, anche se non era uno sponsor ufficiale dell’evento.54 L’attività è legale finché l’azienda non usa il
simbolo, il logo o la mascotte dell’even-to. Il fenomeno è così rilevante che alcune clau-sole della proposta
di legge delle Olimpiadi di Londra impedivano di usare le parole “oro”, “esta-te” e “2012” nella pubblicità
dei brand che non erano sponsor delle Olimpiadi del 2012. Come tutte le inizia-tive di comunicazione, anche
la sponsorizzazione deve essere attentamente valutata ex-post rispetto agli obiettivi iniziali per stabilire se ha
avuto suc-cesso o meno. Tuttavia, recenti ricerche hanno dimostrato che solo il 35% delle imprese misura
“sempre o quasi sempre” gli effetti, e dunque l’efficacia delle strategie di co-municazione legate alla
sponsorizzazione

Gli eventi sono “attività e programmi sponsorizzati dall’impresa per generare interazioni, regolari od
occasionali, fra i consumatori e la marca”

Cherubini e Pattuglia propongono un modello a 8 stadi, che identifica le principali attività da seguire per
pianificare e organizzare un evento: (1) event idea; (2) service concept; (3) economic analysis; (4) fattibilità;
(5) business plan e organizzazione; (6) esecuzione; (7) consuntiva-zione; (8) valutazione. gli eventi
presentano una tale complessità organizzativa che le funzioni coinvolte nell’orga-nizzazione di un evento
comprenderanno non solo la funzione marketing, ma anche quella lo-gistica, includendo inoltre aspetti
economici-fi-nanziari. Per questo, suggeriscono la presente de-finizione: “Un evento rappresenta un
complesso di attività che partono dall’analisi delle opportunità e dei rischi legati all’evento e che si svolgono
in forma integrata sia all’interno sia all’esterno dell’orga-nizzazione per raggiungere obiettivi a breve, me-
dio, lungo termine, attraverso la soddisfazione dei partecipanti all’evento (protagonisti e spet-tatori) e degli
stakeholder coinvolti”. Tra le diverse tipologie di eventi ci sono le fiere interessanti in quanto l’unico
strumento di comunicazione che riunisce acquirenti, venditori e competitor in un unico contesto
commerciale. Possono essere una fonte per ottenere info sulle esigenze e preferenze degli acquirenti. Hanno
diversi obiettivi, tra cui identificare i potenziali clienti e determinare i loro bisogni, costruire relazioni, fare
dimostrazioni di prodotti, vendere, raccogliere info sulla concorrenza e promuovere l’immagine
dell’azienda. Devono essere pianificate, gestite attentamente e valutate ex post per determinarne l’efficacia.

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CAP 15- GLI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE DIRETTA

Il database marketing

È un archivio elettronico contenente un elenco di nomi, indirizzi, numeri di telefono, info sullo stile di vita
dei consumatori e dati transazionali su clienti e potenziali clienti. Il database marketing è un approccio
interattivo al marketing che utilizza canali e mezzi di marketing indirizzabili individualmente per:

- Fornire info a un pubblico di riferimento


- Stimolare la domanda
- Stare vicino ai clienti registrando e archiviando un database elettronico ai clienti attuali,
clienti potenziali e di tutti i dati sulle loro comunicazioni e transazioni

Il database marketing presenta alcune caratteri-stiche specifiche. La prima è che consente di co-municare
direttamente con i clienti attraverso molteplici strumenti, tra cui le e-mail e il tele-marketing,
approfonditamente analizzati in questo capitolo. La seconda è che richiede che il cliente risponda in un
modo che consenta al-l’azienda di agire (contattandolo telefonicamen-te, inviandogli pubblicazioni od
organizzando vi-site di vendita). La terza è che si deve poter ri-salire dalla risposta alla comunicazione
originale. Il potenziale del database marketing è enorme. La tecnologia informatica offre la possibilità di
archiviare e di analizzare grandi quantità di dati provenienti da fonti diverse e di presentare le info in un
formato comodo, accessibile e utile. La creazione di un database si basa sulla raccolta d’info sui clienti, che
possono essere ricavate da:

Le info sui clienti e potenziali clienti includono in genere nome, indirizzo, numero di telefono, il nome dei
principali responsabili delle decisioni all’interno delle DMU (decision making unit) e le info
comportamentali generali.

Le info transazionali si riferiscono alle transizioni passate tra i contatti e la societa. I dati transazionali
devono essere abbastanza dettagliati da consentire l’estrazione d’info sulla frequenza, l’attualità e
l’ammontare e la categoria degli acquisti effettuati dai clienti.

Le info sulla promozione riguardano le campagne promozionali condotte, chi ha risposto e quali sono stati i
risultati complessivi in termini di contatti, vendite e profitti. Incrociare questi dettagli con le info
transazionali può rilevare un profilo clientelare più propenso ad acquistare un particolare prodotto o brand.

Le principali applicazioni del database sono:

I. Mail marketing (direct mail o comunicazioni postali dirette). Un database può essere usato per
selezionare i clienti per l’invio di offerte, annunci
II. Telemarketing. Un database può memorizzare i numeri di telefono dei clienti da contattare
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III. Loyalty marketing. Si possono selezionare clienti fedeli per offrire loro un trattamento speciale
IV. Target marketing rivolgersi a specifici gruppi d’individui o aziende specifiche in seguito all’analisi
dei dati del database
V. Sistemi di gestione dei distributori. Può essere strumento tramite cui si forniscono info ai distributori
e si monitorano le loro prestazioni

La gestione delle relazioni con i clienti (Customer Relationship Management, CRM)

Designa un “insieme integrato di competenze, tecnologie e procedure che consentono d’identificare, attrarre
e fidelizzare i clienti migliori al fine di generare una redditività sostenibile nel tempo”. In particolare, i
pacchetti software di CRM aiutano l’interazione tra cliente e azienda, consentendo all’azienda di coordinare
i propri sforzi di comunicazione in modo da presentare al cliente un messaggio e un’immagine coerenti ed
attrattivi. Le società di CRM offrono una gamma di servizi basati sulla tecnologia dell’info, come call center
e, analisi dei dati e gestione dei siti web.

È fondamentale che il personale che risponde al cliente, abbia un accesso immediato ai dati aggiornati sul
cliente. Il CRM deve essere integrato nella strategia complessiva dell’azienda.

I sistemi di CRM possono essere utilizzati per:

 Targeting. Rivolgersi a gruppi di clienti attuali e potenziali con proposte di valore definite
 Gestione delle richieste. Inizia non appena un individuo esprime un interesse e continua attraverso la
caratterizzazione, la gestione dello sviluppo e la segnalazione dei risultati
 Accoglienza. Riguarda i nuovi clienti e coloro che passano a un livello superiore di rapporto
 Familiarizzazione. I clienti devono essere convinti dell’importanza di fornire info personali, queste
devono essere archiviate, aggiornate e utilizzate
 Sviluppo del portafoglio clienti. Si devono decidere quali rapporti con i clienti debbano essere
sviluppati attraverso livelli più alti di attività di gestione delle relazioni e quali mantenere o eliminare
 Gestione dei problemi. Implica l’identificazione tempestiva dei problemi, la gestione dei reclami e
l’analisi delle cause principali che possono generare difficoltà a un vasto numero di clienti
 Win back. Attività che includono la comprensione delle ragioni della perdita dei clienti, la decisione
relativa a quali clienti provare a riconquistare e lo sviluppo di programmi di recupero che offrano ai
clienti la possibilità di tornare, grazie, per es a incentivi legati a una nuova offerta

Il direct marketing

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Definito come “l’utilizzo di canali di comunicazione e vendita diretti per raggiungete il consumatore e
distribuire beni e servizi senza ricorrere a intermediari”

Il direct marketing nasce da cataloghi di vendita per corrispondenza ed è considerato a volte come posta
spazzatura. Tuttavia, i marketer oggi utilizzano molti media per comunicare con i clienti. A differenze di altri
strumenti di comunicazione, il direct m. Richiede una risposta immediata, il che significa che si può valutare
quantitativamente l’efficacia della maggior parte delle campagne di direct m. Una campagna di questo
generare però è usata anche dalle aziende per sviluppare sviluppare relazioni durature con i clienti

Attualmente esistono diversi canali di direct marketing, ma ne analizziamo due:

- Mail marketing
- Telemarketing

La crescita dell’attività di direct marketing è spiegata da 5 fattori.

 La crescente frammentazione dei media e dei mercati.


 Gli sviluppi tecnologici
 Maggiore offerta di liste di destinatari. I list broker fungono da intermediari che forniscono elenchi
di proprietà di terzi. Aiutano il processo di ricerca, da parte delle aziende, di selezionare un elenco
adatto per i propri scopi di targeting
 Strumenti analitici sofisticati.
 Alti costi dei tradizionali strumenti di comunicazione, come la pubblicità, hanno portato un crescente
numero di aziende a sfruttare i vantaggi de direct m

Il primo passo prevede l’identificazione del target. Gli obiettivi


delle campagne possono essere gli stessi degli altri strumenti di
comunicazione: migliorare vendite e profitti, acquisire o
mantenere clienti o creare conoscenza. Uno dei vantaggi è che
di solito ha obiettivi definiti a breve termine, di cui si possono
misurare le prestazioni, il che rende facile valutarne l’efficacia. La
decisione successiva riguarda quali media utilizzare per
condurrre la campagna. Una volta selezionati i canali, si devono
prendere decisioni in merito all’approccio creativo. Il brief
creativo di solito contiene i dettagli degli obiettivi di
comunicazione, i benefici del prodotto, l’analisi del mercato
target, l’offerta che viene fatta, la com del messaggio e il piano
d’azione. Infine, la campagna deve essere eseguita e valutata.
L’esecuzione può essere effettuata internamente o tramite
agenzia specializzata
Come notato in precedenza, il direct marketing si presta a
misurazioni quantitative. Alcune dellemisure più utilizzate sono il
tas-so di risposta (la percentuale di contatti che ri-spondono), le
vendite totali, il tasso di vendita (la percentuale di contatti che
acquistano), il tas-so di richiesta, il costo per contatto o richiesta
o vendita e la percentuale di acquisto ripetuto

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Il mail marketing

Il materiale inviato tramite il servizio postale al domicilio (B2C) o all’azienda (B2B) del destina-tario, allo
scopo di promuovere un prodotto e/o di mantenere una relazione in corso, è chiamato mail marketing. Uno
dei principali vantaggi del mail marketing è il costo. Per esempio, nel marketing business-to-business (B2B),
potrebbe costare 50 euro visitare poten-ziali clienti, 5 euro telefonargli ma meno di 1 eu-ro inviargli
un’offerta tramite posta. Un fattore chiave dell’efficacia di una campagna di mail marketing è la qualità
della lista dei desti-natari. Infatti, le liste scadenti aumentano i costi e possono contribuire a far considerare
la campa-gna come “posta indesiderata”. Di conseguenza, è spesso preferibile affittare gli elenchi dalle
società fornitrici di liste piuttosto che acquistarli. Questo strumento facilita, inoltre, il targe-ting specifico.

Il mail marketing può includere anche la vendita di prodotti attraverso i cataloghi distribuiti agli agenti e ai
clienti, di solito per posta, o nei negozi se il proprietario del catalogo è proprietario del ne-gozio, e in questo
caso è chiamato marketing per catalogo. Questo metodo è molto usato in Europa da aziende come la tedesca
Otto-Ver-sand, la Next Directory nel Regno Unito, La Re-doute in Francia e IKEA in Svezia.

Una forma comune di marketing diretto per catalogo è il mail order (ordine postale); in questo sistema, sia i
cataloghi sia gli ordini vengono distribuiti per posta. Utilizzato in modo efficace, il marketing diretto per
catalogo offre ai consumatori un modo conveniente di selezionare pro-dotti e di discuterne in famiglia, in
un’atmosfera rilassata e lontano dai negozi affollati e dalle strade piene di negozi. Ciononostante, bisogna
sottolineare che i cataloghi sono costosi da produrre. La posta elettronica, o e-mail, ha molto in comune con
l’equivalente cartaceo. L’email marketing può essere definito come l’atto di inviare un mes-saggio
commerciale a un gruppo di persone via e-mail. La natura e la struttura delle cam-pagne via e-mail sono
molto simili a quelle della posta diretta. Richiedono lo sviluppo o l’acquisto di liste di e-mail, l’impostazione
degli obiettivi della campagna, la creazione e la consegna di contenuti e la valutazione dell’efficacia della
campagna. Varie ricerche hanno rilevato che i consumatori trovano le e-mail inde-siderate più intrusive e
irritanti rispetto alla posta diretta tradizionale. Inoltre, si stima che gli spam (o le e-mail non richieste)
costituiscano quasi la metà di tutte le e-mail ricevute e questo nono-stante la presenza di software e di filtri
antispam. L’e-mail marketing ha dato quindi origine al concetto di permission marketing, che prevede “un
esplicito consenso del consumatore a rice-vere messaggi commerciali da parte dell’impresa”. Questo tipo di
direct marketing di raggiungere molteplici obiettivi: (1) trattenere i clienti attuali; (2) acquisire nuovi clienti;
(3) aumentare la customer profitability; (4) costruzione/gestione del brand; (5) fare marketing online. Infine,
è importante sottolineare come le comunicazioni via e-mail dovrebbero includere una qualche forma
d’invito all’azione (call to action), in modo che i consumatori rispondano all’offerta.

Il telemarketing

Il telemarketing si riferisce all’uso delle teleco-municazioni nelle attività di marketing e vendita. È uno
strumento economicamente conveniente, flessibile e affidabile. Il telefono consente un dialogo istantaneo,
personale e adattabile al contesto.
I progressi tecnologici hanno notevolmente aiutato la crescita del telemarketing. La tecnologia ha migliorato
l’efficacia e l’efficienza del telemarketing in uscita. Può essere utilizzato in una serie di ruoli e questa
versatilità ha contribuito alla sua crescita. Può essere utilizzato per la vendita diretta (outbound, in uscita) o,
in alternativa, una telefonata in arrivo può essere il mezzo per effettuare un ordine in risposta a una
campagna di comunicazione diretta o tele-visiva (inbound, in entrata). In secondo luogo, può essere
utilizzato per supportare la forze vendita sul campo, per esempio, nelle situazioni in cui i venditori trovano
difficile contattare i propri clienti, data la natura del loro lavoro. In terzo luogo, il telemarketing può essere
utiliz-zato per generare una traccia, stabilendo un con-tatto (outbound) con i potenziali clienti e orga-
nizzando con le forze di vendita una visita da svolgersi direttamente nel punto vendita. Infine, un ulteriore
ruolo del telemarketing è quello di mantenere e aggiornare il database marketing dell’azienda.

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Ha una serie di vantaggi:

 Ha un costo minore
 Richiede meno tempo delle visite personali
 La crescente sofisticazione della tecnologia di telecomunicazione ha incoraggiato le aziende a
impegnare questo strumento
 Nonostante i costi ridotti, il telefono ha il vantaggio di offrire una comunicazione bidirezionale

Tuttavia, la vendita telefono è considerata intrusiva, portando i consumatori a lamentarsi di telefonate non
richieste. L’uso diffuso di cellulari e smartphone ha dato luogo a un forte aumento del mobile marke-ting che
indica l’uso di servizi di messaggistica breve (SMS), servizi di messaggistica multimedia-le (MMS) e
Mobile Display Advertising (MDA)

Una delle forme di mobile marketing che cre-sce più rapidamente sono le applicazioni per smartphone
(app). Negli ultimi anni, le app hanno registrato una crescita vertiginosa. Sono state sviluppate app che
consentono ai consumatori di pagare le bollette, acquistare prodotti e presentare richieste di risarcimento alla
loro compagnia di assicurazioni. Le app mobili dei diversi brand, che mostrano l’identità del brand e le
attività in essere, sono diventate molto popolari. Per esempio, l’app MaxWhite Photo Re-charger di Colgate
offre uno strumento di fotoritocco che consente agli utenti di rendere più brillanti i propri denti nelle foto,
grazie a uno spazzolino Colgate virtuale
Un’analisi del contenuto delle app di marca utilizzate da 106 brand globali ha rilevato che utilizzano
funzionalità avanzate di navigazione e di controllo degli utenti per migliorare il coin-volgimento dei clienti
con l’app. Le altre carat-teristiche che hanno migliorato i livelli di coin-volgimento sono: una grafica vivida
e le interfac-ce utente personalizzate. Altre ricerche hanno scoperto che le brand app, laddove i consumatori
possano accedervi a costo zero, attirano più uten-ti e sono un potente veicolo per comunicare la propria
immagine di marchio (brand image). In particolare, è stato rilevato che il mobile di-splay advertising sia
particolarmente efficace quando è utilizzato per prodotti ad alto coinvolgimento.

Il mobile marketing ha diversi vantaggi: è molto conveniente, può essere mirato e personalizzato, è
interrativo ( il ricevente può rispondere al messaggio di testo, creando l’opportunità d’instaurare un dialogo
bi-direzionale e di sviluppare una relazione con il brand), è flessibile nel tempo, può comdimtrrr ai
professionisti del marketing d impegnarsi nel marketing di prossimità che “attiva una co-municazione
contestuale e geolocalizzata, con in-formazioni o contenuti multimediali che sono as-sociati al luogo o al
punto d’interesse dove si tro-va il destinatario”

Infine, come altri strumenti di direct marketing, il marketing mo-bile è immediato e misurabile e può aiutare
nello sviluppo del database marketing.

Il passaparola ( o buzz marketing)

Il buzz marketing è definito come il passaggio d’informazioni su beni e servizi, tramite mezzi verbali o
elettronici in modo informale da consumatori ad altri consumatori

Il primo step per sviluppare un’efficace campagna consiste nell’identificazione degli obiettivi e nel targeting
dei consumatori “alfa” e delle “api”, che sono gli early adopter. La consapevolezza del marchio passa da
questi consumatori ad altri, che cercano di emulare il comportamento dei primi. In molti casi, gli alfa sono
celebrità che supportano direttamente o indirettamente determinati brand. Queste possono essere pagate per
promuovere i brand o divulgare i prodotti attraverso le proprie scelte. Elemento determinante è il fatto che
ogni gruppo sociale ha dei trend setter. Una nuova categoria di trend setter sono gli influencer. Devono
essere autentici, sicuri di sé, per trasmettere un senso di fiducia ai consumatori ed estenderlo al brand
rappresentato; interrativi e presenti sui social media.

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Una volta identificato il pubblico di destinazione, il secondo step consiste nel prendere decisioni in merito al
messaggio e al mezzo. Il messaggio può assumere forme come video clip divertente o allegato mail, blog o
una storia, un evento come un concerto unico. Come tutti gli altri aspetti del buzz marketing, l’unica
limitazione è l’immaginazione.

La forza vendita

Ultimo elemento importante del mix comunicativo. Le imprese potranno decidere se affidare la vendita
ricorrendo a risorse interne tramite venditori, o esterne tramite agenti/rappresentanti. Questo strumento
implica un contatto faccia a faccia con i consumatori e con i clienti, a differenza della pubb, della prom e
altre forme di com non personali. In tale comunicazione il venditore può identificare i bisogni e problemi
dell’acquirente e adattare la comunicazione. Tuttavia, nel marketing industriale oltre il 70% del budget è
speso per la forza vendita. La funzione di vendita personale sta cambiando: le aziende di recente ricorrono a
team di vendita specifici e dedicati, che servono i principali acquirenti anziché avere un gran numero di
venditori. Le 3 tipologie di venditori sono:

- I responsabili di ordini che raccolgono gli ordinativi dentro o fuori la struttura aziendale
- I creatori di ordini si trovano in settori come l’assistenza sanitaria e il loro compito è di
persuadere il medico a prescrivere o specificare i prodotti promossi dal venditore
- Gli intermediari di ordini sono i rappresentanti il cui obiettivo è la persuasione dei clienti
nell’effettuare un acquisto diretto

Le competenze richieste alla forza vendita

La responsabilità principale dei venditori è l’aumento delle vendite man svolgono attività aggiuntive come
la generazione di nuovi contatti ed eventuale qualificazione e individuazione di nuovi clienti. La
generazione di nuovi contatti comporta la ricerca di potenziali nuovi clienti e la creazione di un rapporto per-
sonale. I clienti potenziali possono essere identi-ficati tramite diverse fonti, tra cui le conversazio-ni con i
clienti esistenti e la ricerca sugli elenchi commerciali e sulla stampa del settore. La regi-strazione dei clienti
è un’attività importante per tutti gli addetti alle vendite in quanto le infor-mazioni sui clienti sono una delle
chiavi per mi-gliorare il servizio e generare fedeltà. In generale, il numero di venditori che coprono ruoli di
ge-stione delle relazioni con i grandi clienti aziendali è aumentato.

La preparazione: effettuata prima di una visita può incrementare le


prestazioni di un venditore nella relazione faccia a faccia con il cliente. Per
alcune situazioni non ci si può preparare , per esempio nel caso di
un’obiezione.

L’apertura: è importante creare un’impressione positiva iniziale sui clienti


utilizzando un approccio professionale, attento ai dettagli

Identificazione dei bisogni e dei problemi: solo in questo modo il venditore


può connettersi comn la situazione di ciascun cliente

Presentazione e dimostrazione: offrono l’opportunità al venditore di


convincere il cliente che il prodotto presentato sia la soluzione al suo
problema. Quest’ultima deve concentrarsi sui vantaggi per il cliente piuttosto
che sulle caratteristiche del prodotto

Gestione delle obiezioni: il segreto per affrontarle risiede in una corretta


gestione di aspetti di prodotto sostanziali/funzionali, ma anche emotivi. Se il
cliente si oppone al prezzo del prodotto, il venditore deve usare argomenti
convincenti per dimostrare che il prezzo non è troppo alto. I venditori devono
ascoltare l’obiezione senza interrompere, utilizzare la tecnica accetta e
contrasta, con cui si dichiara d’accordo con il cliente ma proporne un altro
punto di vista
Pagina 88 di 100 Chiusura della vendita: le tecniche di chiusura includono la richiesta
dell’ordine da parte del venditore, che dovrà riassumere i punti chiave e
chiedere l’ordine, od offrire un accordo speciale per chiudere la vendita
Vi sono 7 fasi nel processo di vendita:

La gestione delle vendite (sales management)

A causa della natura unica del lavoro di vendita, la gestione delle vendite è un’attività impegnativa. Per
esempio, molti venditori trascorrono gran parte del loro tempo sul campo, lontani dai loro manager, mentre
altri possono subire ripetuti rifiuti quando cercano di chiudere le vendite e questo può demoralizzarli

La progettazione della forza vendita

Le decisioni critiche di progettazione della for-za vendita riguardano la sua dimensione e or-ganizzazione. Il
metodo più pratico per decide-re il numero di addetti alle vendite è chiamato “metodo del carico di lavoro”.
Si basa sul calcolo del totale delle visite annuali previste, diviso per la media delle visite attribuibili a un
singolo venditore. Per quanto concerne l’organizzazione della forza vendita, sono almeno 3 le variabili che
si possono considerare: geografica, di clientela, di prodotto. Per area geografica, l’area è suddivisa in
territori in base al carico di lavoro potenziale e a ciascuno di essi è assegnato un venditore per tutta la
gamma di prodotti L’organizzazione per tipologia di prodotto può essere efficace quando un’azienda abbia
una gamma di prodotti diversificata che vende a clienti diversi. Nell’organizzazione sui tipi di clientela, la
forza vendita è organizzata sulla base dei segmenti di mercato e delle dimensioni degli account, ivi inclusi
clienti nuovi ed esistenti. Un tipo di forza vendita sui clienti diffusa è la gestione dei clienti chiave, che
riflette la crescente concentrazione del potere d’acquisto nelle mani di un numero ridotto di grandi clienti.
Una struttura di clienti chiave ha vari vantaggi, tra cui consentire stretti rapporti di lavoro con i clienti con
una miglior comunicazione e un migliore coordinamento.

La gestione della forza vendita

Comprende: la definizione di specifici obiettivi per i venditori, il reclutamento e la selezione, la formazione,


la motivazione, il compenso e la valutazione dei venditori. Gli obiettivi di vendita sono fissati in termini di
vendite compiute, ma si usano sempre più obiettivi di profitto, che riflettono la necessità di evitare che beni
e servizi vengano venduti a basso prezzo mediante uno sconto eccessivo L’importanza di reclutare venditori
di alto ca-libro non deve essere sottovalutata. Uno studio sulla pratica delle vendite ha posto ai responsa-bili
delle vendite la seguente domanda: “Se do-vessi inserire il venditore di maggior successo nel territorio di
uno dei tuoi venditori medi e non apportare altre modifiche, quale aumento delle vendite ti aspetteresti, per
esempio, dopo due anni?”34 L’aumento più comunemente di-chiarato era del 16-20% e un quinto di tutti i
re-sponsabili vendite si aspettava un aumento di ol-tre il 30%

Molti responsabili delle vendite credono che i loro venditori possano formarsi meglio solo facendo il proprio
lavoro. Questo approccio non tiene conto dei benefici di un programma di formazione, che fornisce un
quadro di riferimento in cui ha luogo l’apprendimento. Il successo nelle vendite arriva quando le
competenze vengono esercitate automaticamente. I venditori devono essere anche motivati. I manager
possono motivarli conoscendo i valori e le ambizioni di ogni venditore, aumentando la loro responsabilità
nei lavori ordinari, fornendo obiettivi raggiungibili e stimolanti e riconoscendo che i premi possono essere
sia finanziari che non.

La valutazione della forza vendita raccoglie le info necessarie per verificare se gli obiettivi sono stati
raggiunti e fornisce info non elaborate che aiuteranno a guidare la formazione e la motivazione. La
formazione può essere focalizzata sulle areee che hanno bisogno di essere sviluppate e gli incentivi possono
essere mirati ai pinti deboli. Spesso, le prestazioni sono misurare sulla base di criteri quantitativi come i
ricavi di vendita, i profitti generati o il numero di visite effettuate. Ma è importante utilizzare anche i criteri
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qualitativi come le competenze di vendita acquisite, i rapporti con i clienti, la conoscenza del prodotto e
l’autogestione

Cap. 16 Il marketing digitale


Per parlare di marketing digitale è importante distinguere tra un nativo digitale, cioè una nuova generazione
di studenti che hanno trascorso tutta la vita utilizzando tutti i giochi dell’era digitale. Mentre gli immigrati
digitali sono rappresentati dalla Generazione X e dai Baby Boomer. Le differenze sostanziali influenzano il
modo in cui i marketer comunicano con questi due segmenti

Il settore digitale

La crescita delle tecnologie digitali negli ultimi decenni è stata notevole. I consumatori hanno accesso ad
alte velocità di connessione attraverso più dispositivi. Anche se la maggior parte dei consumatori interagisca
con i brand online, il World Wide Web nasce nel 1989, grazie a ll’intuizione di un ricercatore del CERN Tim
Berners Lee. Per esempio: in quattro anni dal 2014 al 2018, la % della popolazione che utilizza internet è
passata da un terzo a poco più della metà. La crescita nell’utilizzo degli smartphone è importante perché è
rilevante nel fatto di poter dare accesso a internet.

La crescita è spesso spiegata attraverso i termini Web 2.0 e Web 3.0

Il Web 2.0 comprende una serie di cambiamenti introdotti nel World Wide Web alla fine degli anni ’90. Un
sito prevede:

- I clienti abbiano pagine del proprio profilo


- Capacità di creare reti tra clienti
- Possibilità di pubblicare contenuti ricchi sotto forma di foto video blog
- Altre caratteristiche tecniche tra cui una API pubblica per consentire miglioramenti di terze
parti, i “mashup” cioè incorporamento di vari tipi di contenuti

Il Web 3.0 sottolinea la convergenza digitale e comprende 4 fattori principali:

I. Connettività onnipresente
II. Presenza dei mobile consumer
III. Nuove fonti di crescita dei ricavi
IV. Il valore passa alle piattaforme

Una delle caratteristiche significative dell’ambiente digitale è che ha cambiato le interazioni tra aziende e
consumatori. L’ambiente digitale consente molte opzioni di com come B2C (Business to Consumer), B2B
(business to business) C2B (consumer to business) e C2C (consumer to consumer)

Inevitabilmente, tutta questa attività online ha costretto i marketer a riesaminare il modo in cui allocano i
propri budget. Due domande sono interessanti per i professionisti del marketing: che cosa fanno i
consumatori online e quante transazioni vengono gestite online

I consumatori sotto i 30 anni sono i maggiori utenti in rete, soprattutto grazie all’uso di social network. Gli
utenti tra 30 e 60 anni sono i più propensi nell’uso di internet attraverso i motori di ricerca, spesso per
trovare informazioni e ottenere le notizie online. Infine, mentre le donne sono utenti più assidui dei siti di
social networking, gli uomini lo usano per accedere a notizie

Le vendite globali di e commerce hanno raggiunto 2.3 miliardi di dollari nel 2017, con 1,66 mld di persone
che acquistano beni online.

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Social media termine comunemente dato a canali e strumenti per internet e per dispositivi mobili che
consentono agli utenti di interagire tra loro e di condividere opinioni e contenuti. Come suggerisce il nome,
i social media implicano la creazione di comunità o reti e incoraggiano la partecipazione e l’impegno

La comunicazione è passata da uni direzionale, bi direzionale a multi direzionale

I prinicipi fondamentali dei social media sono:

I. Copertura: consentono di raggiungere un pubblico globale


II. Accessibilità
III. Fruibilità: non richiedono competenze specialistiche o formazione per i propri utenti
IV. Immediatezza: offrono un dialogo in tempo reale tra gli utenti
V. Persistenza: sono più flessibili rispetto a quelli tradizionali in quanto offrono opzioni per modificare
o rimuovere i contenuti pubblicati

Gli obbiettivi del marketing digitale

 Sellìng la presenza di nuovi canali online consente ai marketer di raggiungere pubblici che non
potrebbero essere raggiunti offline
 Serve aggiungere valore attraverso ulteriori vantaggi ai clienti internet
 Speak avvicinarsi ai clienti creando un dialogo con loro, ascoltando i loro suggerimenti o chiedendo
la loro opinione. Coinvolgerli li fa sentire importanti e ha un’influenza positiva sulla loro fedeltà alla
marca
 Save risparmiare sui costi limitando i costi di stampa, di giacenza in magazzino e di affitto
 Sizzle (sfrigolio) la presenza di questo può essere fondamentale per la viralità spontanea del
messaggio

La mancanza di obiettivi chiari porta a carenze su progettazione, sviluppo e gestione della presenza online.
Un e-marketing mediocre ha un impatto negativo sulla reputazione del brand e sulla fiducia dei clienti

In particolare, sul fronte comunicativo, quando i brand sono attivit sulle piattaforme digitali possono avere 4
principali obiettivi

Consapevolezza. Le comunicazioni online sono un mezzo efficace per aiutare i consumatori a prendere
coscienza di un particolare bene/servizio. In un mercato digitale farsi sentire e creare consapevolezza sono
obiettivi cruciali

Coinvolgimento. Lavorando con clienti potenziali o esistenti, le aziende potrebbero usare le comunicazioni
online per provare a creare alti livelli di coinvolgimento

Conversione. L’obiettivo finale delle attività di marketing è quello di generare una vendita. Internet ha
permesso alle aziende d’impegnarsi nella pratica del re targeting, forma pubblicitaria che si rivolge agli
utenti sulla base delle loro precedenti azioni su internet. Quando gli utenti visitano siti spesso accettano
cookie, che sono codici informatici che le imprese usano per identificare i bisogni dei clienti mentre
viaggiano nel web

Conservazione. Le comunicazioni online possono essere progettate per aiutare a mantenere i clienti
interagendo con loro dopo l’acquisto o nello stesso momento. I social possono esssere un modo più rapido
ed efficiente d’intera gire con le aziende piuttosto che tentare di contattare tramite un call center e

A causa dei cambiamenti evolutivi determinati da internet, il processo decisionale del consumatore non è più
lineare e il numero di potenziali punti di contatto tra cliente, altri cliente e le organizzazioni è molto
cambiato

La progettazione Web
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La progettazione della presenza online deve essere diretta da 2 elementi chiave: gli obiettivi di business e i
requisiti del pubblico target. Costruire il sito solo sulla base delle capacita creative dei designer sarebbe
inefficace. Per ottenere un design centrato sull’utente e per sviluppare modi efficaci di comunicare con il
pubblico è necessario inserire nella gestione del sito web un’indagine delle loro esigenze

Un altro fattore da considerare nel processo di progettazione è il dispositivo di accesso previsto. La


soluzione iniziale utilizzata dai Web designer prevedeva la duplicazione del contenuto e la creazione di un
sito web per ogni dispositivo. Questa pratica però è poco comune oggi ed è sostituita dal RWD (Responsive
Web Design). I marketer con l’introduzione del RWD, possono concentrarsi sullo sviluppo di un unico sito
web, piuttosto che cercare di assicurare la coerenza delle informazioni presentate sui siti creati
specificatamente per i vari dispositivi

Una volta che gli obiettivi della presenza online sono stati identificati e che il pubblico target è stato
analizzato, inizia la progettazione vera e propria. La prima regola di un design efficace è quella di
concentrarsi non solo sull’aspetto della pagina digitale, ma anche sul suo funzionamento. I clienti devono
essere in grado di trovare ciò che cercano di completare quello per cui si sono collegati, sia esso un acquisto
o un tentativo di contattare l’azienda.

Per misurare l’efficacia di un sito web, possono essere usate varie metriche. La prima è la frequenza di
rimbalzo, cioè la percentuale di visitatori di un certo sito web che si allontanano dopo aver visualizzato solo
una pagina. Ogni risultato sotto il 40% è considerato eccellente, il 41-55% è nella media, il 56-69% è alto
ma potrebbe non essere motivo di preoccupazione a seconda del sito web, e qualsiasi risultato sopra il 70% è
considerato problematico. Anche il tempo di permanenza, che misura il tempo che un visitatore trascorre
su una pagina web prima di tornare a una pagina dei risultati di ricerca, è una metrica fondamentale.

Gli elementi basilari di una progettazione web efficace

La presentazione

Come qualsiasi altro strumento di comunicazione, occorre che il sito web progettato appaia professionale è
chiaro. Si è dimostrato che gli utenti online agiscono istintivamente e non vogliono imparare ad usare un
nuovo sito. Visto la quantità d’informazioni disponibili, se non riescono a trovarle in un sito, passano ad un

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altro. La standardizzazione di alcuni aspetti del design conferisce agli utenti una sensazione di padronanza e
di empowerment che porta al completamento del proprio obiettivo

La larghezza e la lunghezza della pagina sono fattori importanti di progettazione. Immagini, grafica e video
dovrebbero integrare il sito piuttosto che esserne l’elemento principale

La fruibilità

Consiste nella valutazione della facilità con cui l’utente può completare il proprio obiettivo online. Le
attività possono differire e possono andare dalla ricerca di informazioni al completamento dell’acquisto o al
contatto diretto con l’autore della pagina. La fruibilità è stata definita “l’efficacia, l’efficienza e la
soddisfazione con cui utenti specificati raggiungono determinati obiettivi in particolari ambienti”

Nel particolare:

 l’efficacia si riferisce all’accuratezza e alla completezza con cui specifici utenti possono raggiungere
determinati obiettivi in partico-lari ambienti;
 l’efficienza fa riferimento alle risorse spese in relazione all’accuratezza e alla completezza degli
obiettivi raggiunti;
 la soddisfazione, infine, riguarda la comodità e l’accettabilità del sistema di lavoro da parte degli
utenti e delle altre persone interessate dal suo utilizzo.28

La navigazione

La navigazione sul sito web non deve essere bella, ma permettere al visitatore di orientarsi. Deve essere
riconoscibile e facile da usare. Una buona navigazione aiuta i clienti a trovare ciò di cui hanno bisogno, a
tornare indietro se commettono un errore e riduce i casi in cui i clienti delusi lascino il sito perché si sono
perduti

Il test

Prima di pubblicare un sito web online, è necessario testarlo per trovare eventuali errori e verificarne le
prestazioni. A causa della molteplicità del browser web e dei dispositivi utilizzati, le aziende devono
garantire che ogni visitatore del proprio sito lo visualizzi esattamente come previsto

La revisione e la manutenzione

Il processo di progettazione non termina quando il sito web è online. In questa fase i clienti diventano tester,
le loro opinioni devono essere ascoltate e gli esperti di marketing devono reagire ai loro suggerimenti. Un
dialogo costante porta clienti soddisfatti e fedeli

La strategia di contenuto e il copywriting

Dobbiamo ricordare che scrivere per il Web dif-ferisce in modo significativo dalla scrittura a cui siamo
abituati.

Pulizzi e Barrettraccomandano alle aziende di cambiare mentalità per implementare una strategia di
contenuti digitali che abbia successo.

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Nello specifico, suggeriscono di utilizzare i se-guenti principi BEST (Behavioural, Essential, Stra-tegic,
Targeted ) per la creazione di contenuti per i media online.

• Behavioural (comportamentale). Il contenuto ha uno scopo? Quale azione vuoi attivare ne-gli utenti?

• Essential (essenziale). Non pubblicare conte-nuti solo per riempire lo spazio. Se i tuoi clienti visitano una
pagina che non ha con-tenuti significativi, se ne andranno e non tor-neranno mai più.

• Strategic (strategico). I contenuti pubblicati online devono supportare i tuoi obiettivi di business ed essere
parte integrante delle tue attività di marketing.

• Targeted (mirato). Non utilizzare lo stesso con-tenuto su una varietà di piattaforme. Ogni piattaforma
attrae persone diverse per un mo-tivo specifico, quindi assicurati che i tuoi con-tenuti siano sempre
pertinenti e originali.

L’ottimizzazione dei motori di ricerca

I motori di ricerca sono strumenti che permettono di cercare alcuni termini all’interno di una grande quantità
di siti web. La Search Engine Optimization (SEO, ottimizza-zione dei motori di ricerca) è quel complesso di
attività che consente a un sito di ottenere un miglior posizionamento sui motori di ricerca attraverso la
selezione e l’uso di determinate pa-role chiave (keyword). L’ottimizzazione consente una migliore analisi e
lettura da parte del mo-tore di ricerca cui potrà conseguire una scalata di posizioni nel ranking. Un miglior
posiziona-mento aumenta traffico di qualità in entrata, ov-vero di utenti interessati, e dunque autorità e Web
reputation. L’obiettivo principale per i motori di ricerca, come Google e Bing, è quello di fornire risultati di
ricerca pertinenti per i propri utenti che han-no inserito una determinata query di ricerca. Per-tanto, i risultati
vengono classificati utilizzando un algoritmo complesso che determinerà la po-sizione assegnata a ogni
singola pagina Web. L’al-goritmo di Google ha subito un processo di re-visione e perfezionamento costante
sin da quan-do l’azienda ha iniziato a operare nel 1998

Elementi che impattano sull’ ottimizzazione dei motori di ricerca.

1) Parole chiave. Sono essenziali per aiutare il motore di ricerca selezionato a comprendere la
potenziale inclusione della pagina nei risultati di una determinata query. Ne consegue che
un’importante decisione del marketing riguarda le parole chiave da utilizzare. Ogni pagina deve
essere otti-mizzata per le parole chiave pertinenti ed è importante evitare la pratica del keyword stuf-
fing (pratica con cui le parole chiave vengono ripetute più volte sulle pagine Web per au-mentare le
loro possibilità di essere trovate), che è penalizzato dall’algoritmo di Google
2) Contenuto. Migliore è il contenuto della pagina, più è probabile che gli utenti lo trovino fruibile.
3) Collegamenti. La qualità e la pertinenza di un sito possono riflettersi anche sul numero e sulla qualità
degli altri siti che vi si collegano
4) Localizzazione. Molte aziende attirano la maggior parte dei consumatori da un bacino vicino ai
propri punti vendita. La registrazione con Google Planes è un modo gratuito ed efficace per
potenziare la SEO, dal momento che Google ha cercato di personalizzare i risultati in base alla
posizione del ricercatore a pattine dal suo aggiornamento di Pigeon nel 2014, con l’obiettivo di
fornire risultati di ricerca locale di alta qualità.
5) Caratteristiche del design. I siti web devono essere progettati in modo tale da essere facilmente
scansionati. Sono diventati sempre più chiari e semplici e hanno ridotto la loro dipendenza da
linguaggi di programmazione tecniche

In sintesi, lo scopo dell’attività SEO è garantire che un sito Web raggiunga e mantenga, nel tem-po, la
posizione più alta possibile nelle classifiche di ricerca. Come abbiamo visto, questo obiettivo è
particolarmente difficile, non solo a causa del numero di variabili che determinano la posizione in classifica,
ma anche a causa dell’attività con-correnziale (e a volte scorretta) dei siti rivali. A tale riguardo, fornire
contenuti di alta qualità ri-veste un ruolo chiave per il successo delle atti-vità di comunicazione online

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Il content marketing

Le comunicazioni di marketing classiche, come la pubblicità televisiva, la pubblicità radiofonica.. sono


spesso descritte come forme di marketing in uscita. Di contro, una caratteristica chiave delle comunicazioni
di marketing online è che sono in entrata ovvero sono progettate per attirare il pubblico invogliandolo a
visitare un sito web o una pagina sui social. Si può raggiungere questo obiettivo creando contenuti efficaci,
potenzialmente condivisibili sui profili social, amplificandone l’effetto. Il content marketing è definito
come: un approccio di marketing strategico incentrato sulla creazione di contenuti di valore, pertinenti
e coerenti per attrarre e trattenere un pubblico chiaramente definito e, in ultima analisi, per gui-dare
l’azione dei clienti in modo che si riveli proficua

Gli stessi consumatori possono creare contenuti, noti come contenuti generati dagli utenti che, a loro volta,
le aziende possono utilizzare nelle proprie attività di marketing. Il content m. Esiste fin dalla nascita del
marketin, poi con l’avvento d internet è cresciuto vertiginosamente per vari motivi.

Il contenuto è una variabile fondamentale nelle classifiche di ricerca, elemento che ha contribuito molto
all’espansione di questo settore. In secondo luogo, la natura bidirezionale delle comunicazioni su internet ha
consentito agli utenti d’intera gire con i contenuti. In terzo luogo, il costo della distribuzione dei contenuti
online è praticamente nullo. Infine, si riscontra un aumento dell’interesse dei consumatori per i contenuti, sia
informativi sia d’intrattenimento.

Le campagne di content marketing

I contenuti possono essere di moltissimi tipi. Occorre quindi prestare attenzione agli obiettivi della
campagna, al contenuto che verrà creato, ai canali attraverso i quali sarà distribuito e, infine, a come sarà
misurata la sua efficacia.

La strategia e gli obiettivi

I contenuti online possono essere utilizzati per costruire il brand di un’azienda, allo stesso mo-do di una
campagna pubblicitaria televisiva. Pertanto, occorre prestare attenzione al posi-zionamento e alla strategia
del brand, affinché tutte le forme di contenuti prodotte da un’azienda riflettano e comunichino i valori e il
posizionamento del brand stesso. In secondo luogo, è impossibile valutare l’efficacia di una campagna di
contenuti se non si sono definiti chiaramente gli obiettivi. Il contenuto può es-sere utilizzato per creare
consapevolezza (brand awareness), per creare un’immagine positiva (brand image), per coinvolgere i
consumatori (brand engagement), per coadiuvare i processi decisionali o per aiutare i consumatori a risol-
vere i problemi che incontrano e così via. È ne-cessario conoscere bene il pubblico di destina-zione per
chiarire quali sono gli obiettivi

Il tipo di contenuto

Diversi tipi di contenuto svolgono ruoli differenti nella strategia di content marketing di un brand. Sono state
identificate delle peculiarità che caratterizzano un contenuto memorabile: la credibilità, la facilità di
condivisione, l’utilità o il divertimento, l’interesse, la pertinenza, la differenza e la coerenza con il brand. Ma
l’importanza di queste caratteristiche è condizionata dagli obiettivi del contenuto

Le piattaforme di distribuzione

La successiva serie di decisioni riguarda il modo in cui i contenuti sono distribuiti ed è influen-zata anche
dagli obiettivi della campagna e dal tipo di contenuto. I contenuti di breve e lunga durata come i blog e i
rapporti ufficiali possono essere pubblicati sul sito Web dell’azienda o su alcuni social come LinkedIn. I
contenuti con un carattere visivo o d’intrattenimento più marcato possono essere invece riservati a canali
social come Instagram, YouTube, Facebook e Twitter. I contenuti di buona qualità possono anche es-sere
seminati o raccolti tramite canali online e offline attraverso i blogger, gli influencer e i gior-nalisti, che ne
amplificheranno notevolmente l’effetto, generando un earned media effect. Questa dev’essere un’attività
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attentamente pianificata e non un’attività casuale. Un’azienda attiva pro-durrà una grande quantità di
contenuti, distri-buiti seguendo il calendario strategicamente pianificato

La valutazione dell’efficacia

Sebbene la distribuzione dei contenuti possa essere gratuita, la sua produzione non lo è. Perciò è essenziale
valutare il ritorno sull’investimento associato al content marketing. A seconda degli obiettivi della
campagna, l’efficacia può essere misurata tramite parametri come la copertura, i livelli di coinvolgimento, le
visite al sito web.

Il ruolo del content marketing

Il content marketing riveste un ruolo fondamentale e in costante crescita nelle comunicazioni integrate di
marketing. Ciò è in parte dovuto al riconoscimento dell’importanza della narrazione nel marketing.

Il content marketing offre ai brand una piattaforma per raccontare la propria storia e invitare i consumatori a
farne parte. Oltre che per i grandi brand, la narrazione è fondamentale anche per la crescita delle Start up,
delle imprese sociali e dei marchi personali online.40 I brand usano, pertanto, la narrazione per evidenziare i
propri valori e la propria iden-tità e, allo stesso tempo, per differenziarsi dagli altri brand presenti sul
mercato. Creare contenuti per internet non è così diverso da ciò che fa un giornale. Infatti, alcuni brand
leader hanno adottato formalmente le strutture e i processi della “sala stampa” per creare e distribuire
contenuti pertinenti, attuali, accattivanti. In particolare, brand come Adidas e Puma hanno adottato il
concetto di sala stampa, per sfruttare rapidamente gli eventi sportivi di ten-denza e, allo stesso tempo,
rendere coerenti le proprie comunicazioni online.42 Ciò implica che impiegano giornalisti e rispondono
rapidamente alle storie che possono interessare il loro pub-blico. La velocità di risposta è fondamentale per
l’efficacia di questo tipo di contenuti, che a volte vengono chiamati marketing in tempo reale. Il successo
di una strategia di content m. È ravvisabile nella crescita del settore. La letteratura del settore distingue tra
coinvolgimento passivo e coinvolgimento attivo, ma anche tra coinvolgimento positivo e coinvolgimento
negativo.

Le ricerche di marketing online

Internet può supportare la raccolta di dati, sia primari sia secondari. La quantità di dati memorizzati sui
server e di dati caricati quotidianamente online è una grande fonte d’informazioni sul mercato e sui
consumatori. La ricerca online richiede una progettazione più attenta per tenere conto dei seguenti aspetti:

- Qualità
- Affidabilità
- Etica
- Rappresentatività del campione

Mentre la ricerca che coinvolge aziende e organizzazioni è meno esposta a questi problemi, la ricerca sui
consumatori tende ad esseee più complessa

La netnografia

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La netnografia è una metodologia di ricerca sviluppata in seguito alla crescente diffusione di Internet nel
mondo. Essa si basa sulle tecniche della ricerca etnografica ed è un approccio di ricerca che consente ai
marketer di osservare i comportamenti di comunità e individui online senza influenzare i dati. Questo
approccio consiste agli operatori di marketing di raccogliere dati quantitativi e qualitativi sui
comportamenti, la cultura e il linguaggio specifico usato dai membri di un gruppo attraverso l’analisi di
blog, piattaforme di social media, forum ecc., la netnografia è oggetto di critiche poiché molte aziende
hanno utilizzato i dati ot-tenuti online senza seguire le regole della ricerca etica. Ma, se usato correttamente,
fornisce dati che consentono ai marketer e di comprendere meglio i propri clienti e quindi di soddisfare le
loro aspettative in modo più accurato

La comunicazione online

Come abbiamo visto, alcune delle principali atti-vità online riguardano l’utilizzo di motori di ri-cerca, la
visita di siti Web e la navigazione sui social. Di conseguenza, tutte queste attività rap-presentano anche
un’opportunità per gli opera-tori di marketing. Infatti, mentre gli utenti pos-sono considerare Google come
un motore di ri-cerca o Facebook come un social che consente loro d’interagire con gli amici, queste sono in
re-altà piattaforme di comunicazione che ottengono la maggior parte delle proprie entrate tramite gli annunci
pubblicitari. È bene sottolineare il ruolo dei testi sulle pubblicità. In secondo luogo, la pubblicità legata ai
motori di ricerca è molto mirata. Gli annunci vengono mostrati solo alle persone che hanno inserito de-
terminate parole chiave, il che significa che sono interessate al bene o al servizio in una fase di pre-acquisto.
In terzo luogo, la pubblicità legata ai motori di ricerca è flessibile e misurabile. Diverse versioni di una
pubblicità possono essere utiliz-zate e testate sul mercato, un procedimento chia-mato Test A/B.

La search advertising

I motori di ricerca offrono agli utenti anche l’opportunità di fare pubblicità sulla pagina dei risultati di
ricerca (SERP). Le aziende possono fare pubblicità sulle pagine dei risultati di ricerca per diverse ragioni.
In primo luogo, la pubblicità legata ai motori di ri-cerca (search advertising) può essere utilizzata per
indirizzare il traffico verso un sito Web in attesa degli effetti dell’ottimizzazione dei motori di ri-cerca. Gli
strumenti a disposizione per l’imple-mentazione del SEO, come l’uso di parole chiave e la generazione di
buoni contenuti, hanno effetti solo dopo qualche tempo, il che significa che le aziende arrivano lentamente
in cima alle classifi-che di ricerca. La search advertising a pagamento, invece, conferisce a queste aziende la
priorità, in quanto appaiono per prime sulla pagina SERP. In particolare, società specializzate nelle
pubblicità sui motori di ricerca (search engine ad-vertising) forniscono agli utenti una serie di me-triche che
possono essere utilizzate per testare l’efficacia dell’annuncio. Le più importanti sono la percentuale di click
(la percentuale di utenti che hanno fatto click sull’annuncio), la posizione del-l’annuncio (la posizione media
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dell’annuncio nelle classifiche), il tasso di conversione (il rapporto tra gli ordini o i clienti potenziali e il
numero di click) e il costo per click (l’importo medio pagato per click). Infine, e collegandoci all’ultima
metrica presa in considerazione, un vantaggio unico della pubblicità legata ai motori di ricerca (insieme ad
altre forme di pubblicità digitale) è che l’inser-zionista non paga l’annuncio da visualizzare (per es., come
farebbe se utilizzasse un cartellone pub-blicitario o la pubblicità in televisione) ma paga l’annuncio solo
quando un utente lo visualizza, cliccando sull’annuncio; in tal senso si fa riferi-mento al PPC (Pay Per
Click).

La display advertising

È la più vecchia forma di pubblicità online e designa gli annunci pubblicitari sulle pagine web. Ha varie
forme:

• Banner. Questi sono la forma originale e più popolare di display advertising digitale. Sono pubblicità
statiche di varie forme e dimensioni, che spesso appaiono in alto o sulla barra late-rale di una pagina Web

• Pop-up. Sebbene siano ancora molto comuni, le pubblicità pop-up sono tra le forme meno popolari di
display advertising, in quanto in-terrompono l’esperienza di navigazione. Il lo-ro utilizzo ha contribuito
all’aumento dell’utilizzo di software che bloccano gli annunci, che è cresciuto del 30% nel 2016.50

• Rich Media advertising. Le pubblicità Rich Media designano tutte le forme di visualizzazio-ne che hanno
caratteristiche attive, come i video, gli annunci video ignorabili (popolari su YouTube), gli annunci
contenenti informa-zioni in tempo reale e gli annunci che inte-ragiscono con il visualizzatore, per esempio
chiedendogli d’inserire il suo indirizzo e-mail.

La pubblicità programmatica: è definita come un sistema automatizzato per l’acquisto e la vendita di


display advertising online. Diversi attori sono coinvolti in questo processo. Le transazioni tra questi attori
possono essere facilitate da una serie di altri attori, in particolare: (1) i broker di annunci, che collegano gli
acquirenti e i venditori; (2) le Demand-Side Platform (DSP), piattaforme dal lato della domanda, che
permet-tono agli acquirenti di acquistare su varie piatta-forme tramite un’unica interfaccia; (3) gli ad ex-
change (scambi di annunci), tramite cui si vendono e si comprano le pubblicità. Uno sviluppo fondamentale
che illustra i punti di forza del processo automatizzato è la Real Time Bidding (RTB), una vendita all’asta in
tempo reale. In poche parole, quando un uten-te clicca su un link, negli istanti in cui la pagina Web si carica,
questa impression viene messa al-l’asta e proposta a potenziali inserzionisti tramite un sistema
automatizzato. La RTB ha svolto un ruolo importante nella cre-scita del retargeting, una forma pubblicitaria
che si rivolge agli utenti sulla base delle loro precedenti azioni su Internet.

Come per la search advertising, è necessario pianificare attentamente le campagne di display advertising
tenendo conto del pubblico target, degli obiettivi, dei budget, del messaggio pub-blicitario e della
valutazione dell’efficacia. Inoltre, attra-verso attività come il retargeting, ci si può rivol-gere a un pubblico
target preciso. Uno dei risul-tati interessanti degli sforzi di targeting è la cre-scita del targeting contestuale,
che è un pro-cesso mediante il quale le pagine Web o i siti social vengono scansionati in base alle parole
chiave, per poi servire annunci relativi a questo contenuto.

La pubblicità social e la pubblicità nativa

La pubblicità social si riferisce agli annunci pubblicati su piattaforme di social media come Facebook,
Instagram, Twitter, YouTube e Snapchat. Inoltre, la crescita è legata al maggiore uso di dispositivi mobili per
accedere a Internet. Inoltre, i social media sono particolarmente attraenti per gli inserzionisti perché
possono potenzialmente rivolgersi a un pubblico di nicchia. Ciò consente agli inserzionisti di specificare i
segmenti di pubblico ai quali desiderano rivolgersi (target) pubblicando i propri annunci. Come per le altre
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forme di pubblicità digitale, gli inserzionisti pagano sulla base del PPC e possono usare l’acquisto diretto o il
RTB. Un’altra forma di pubblicità online in rapida crescita è la pubblicità nativa, che il Native Advertising
Institute definisce come: pubblicità a pagamento che corrisponde alla forma, alle sensazioni e alla funzione
del contenuto dei media su cui appare. La pubblicità nativa è particolarmente popolare sui social media e
può assumere molte forme, come post sponsorizzati su Facebook, tweet promossi da Twitter, articoli con
brand BuzzFeed, video finanziati da inserzionisti o Web TV. Tale pubblicità si può anche trovare nel mondo
offline, sotto forma di pubblicità su giornali e riviste. Alcune stime indicano che la pubblicità nativa
rappresenti oltre la metà di tutti i ricavi della pubblicità digitale nel 2016 e gli studiosi ritengono che questa
percentuale crescerà rapidamente. Una delle principali ragioni di questa crescita è ravvisabile nel fatto che la
pubblicità nativa, per definizione, tenta di adattarsi perfettamente al contenuto desiderato dagli utenti.

La permeabilità dei confini tra contenuto e pub-blicità rappresenta una sfida crescente per gli utenti del Web.
Inoltre, dato che sempre più utenti Internet utilizzano i dispositivi mobili, gli annunci pubblicitari nativi più
attraenti degli annunci della display advertising, che non funzionano altrettanto efficacemente nel formato
mobile.

Le campagne di email marketing


Queste campagne iniziano con la definizione del pubblico target e degli obiettivi della campagna. L’impresa dovrà
creare una mailing list. Uno dei modi più comuni per crearla consiste nell usare contenuti specializzati sui siti web in
cui l’accesso a tali contenuti richiede all’utente di fornire il proprio indirizzo mail.
In terzo luogo, l’impresa dovrà pianificare la campagna e il contenuto del messaggio di posta elettronica. Per
esempio, il design è fondamentale per catturare l’attenzione del consumatore e per comunicare gli aspetti importanti
del messaggio.
L’elemento più importante di una mail è l’oggetto, che deve essere abbastanza coinvolgente da incoraggiare il
consumatore ad aprire il messaggio piuttosto che cancellarlo.

- la frequenza di rimbalzo – le e-mail rimbalzano via se l’indirizzo non è più valido o se l’e-mail è catturata da un
filtro antispam;
- • il tasso di apertura – la percentuale di utenti che hanno letto la mail;
- tasso di click – la percentuale di utenti che hanno cliccato sul contenuto della e-mail;
- • il tasso di conversione – la percentuale di e-mail che portano a una vendita;
- • il tasso di annullamento dell’iscrizione – il nu-mero di utenti che si sono cancellati dalla mailing list.

La gestione e la valutazione delle campagne online

La misurazione della presenza online di un’azienda è un’area, accanto al Web design, in cui i professionisti del
marketing devono lavorare a stretto contatto con gli esperti IT (Innovation Technology). Mentre gli esperti IT
dovranno im-plementare e recuperare i dati dal sistema di ana-lisi, il compito dei marketer sarà invece relativo
all’individuazione delle metriche rilevanti e al-l’analisi interpretativa dei dati, che possono essere molteplici, per
esempio:
1. quante visite verso il sito Web sono state generate;
2. quanti fan o follower sono stati direzionati sui canali dei social media;
3. quante volte è stata scaricata un’app

Le metriche dei social media possono essere suddivise in tre categorie principali, come descritto di seguito

1. Le metriche di attività (input). Queste metriche misurano l’input aziendale sui social media (per es., in termini di
numero di post, di fre-quenza e tipo di messaggi).
2. Le metriche d’interazione (risposta). Queste me-triche mostrano in che modo il pubblico tar-get interagisce con i
contenuti dell’azienda sui social media, riportando il numero di fan/like/follower, commenti, condivisioni, tag,
menzioni, viralità ecc.
3. Le metriche di performance (risultato). Queste metriche si focalizzano sui risultati dell’attività, come i risultati
finanziari dell’azienda, la sod-disfazione dei consumatori, la loro fedeltà ecc
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Il marketing virale
Gli sviluppi tecnologici e le piattaforme digitali hanno permesso al “buzz” di diffondersi molto rapidamente,
conducendo a una diffusione che ricorda quella di un virus e generando passaparola tra gli utenti della rete
Il marke virale è popolare grazie alla velocità con cui la comunicazione viene trasmessa tramite social media ed email.
Le aziende cercano di sfruttare questo effetto virale creando messaggi che siano coinvolgenti e che promuovano un
aspetto del proprio brand con contenuti che i clienti desiderano leggere e condividere sui social media
Può essere molto economico da produrre e molto efficace perché viene trasferito attraverso una rete paritaria (peer-
to-peer) ed è, quindi, meno probabile che venga rifiutato da un destinatario rispetto ad altre comunicazioni
elettroniche
si sposa perfettamente con alcune forme di comunicazione che possiamo definire “unconventional”. In particolare, in
questa sede si considerano l’ambient marketing e il guerrilla marketing. Il primo, si riferisce generalmente alla
pubblicità effettuata su supporti esterni che non rientrano nelle categorie consolidate della pubblicità in esterni,
come i cartelloni pubblicitari e i pannelli affissi sugli autobus; nello specifico, l’ambient marketing è quella pubblicità
che appare sui sacchetti della spesa, sugli sportelli dei vani portabagagli degli aerei ecc..
Il guerrilla marketing è strettamente legato all’ambient advertising. Il guerrilla marketing consiste nel trasmettere
messaggi pubblicitari at-traverso mezzi inaspettati e in modi che quasi “tendono un’imboscata” al consumatore (da
qui, l’origine del termine guerrilla), per attirarne l’attenzione.

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