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MARKETING DELLE IMPRESE CULTURALI

Il marketing bisogna immaginarlo come una funzione che è dentro l'impresa, delle persone che si
occupano del marketing. Ma cosa fanno queste persone, qual è lo scopo che ha il marketing
all'interno dell'impresa? Chi si occupa di marketing gestisce la comunicazione dell'impresa, i media
da utilizzare.. MA NON E' SOLO COMUNICAZIONE, è tanto di più. Il marketing ha uno scopo,
quello di creare valore per l'impresa e per i consumatori; che vuol dire creare valore per i
consumatori e l'impresa? Il marketing deve offrire dei prodotti o dei servizi al consumatore che lo
soddisfino il più possibile, creare valore per il cliente significa capire le sue esigenze e di fare dei
prodotti che riescano a creare benefici. Tu cliente per entrare in possesso della mia marca sei
disposto a pagare un prezzo più alto del normale e così l'impresa guadagna; creare valore per
l'impresa significa anche che il consumatore ci percepiscapiù bravi della concorrenza.
Come si fa a creare valore per l'impresa e per il consumatore?

VALORE PER IL CLIENTE: quando si crea valore? quando noi al nostro cliente generiamo un
beneficio o un vantaggio, che deve essere superiore al beneficio che il cliente fa per ottenere quel
bene. Il valore ha tante dimensioni, il beneficio non è solo funzionale reca anche un valore
psicologico, oppure ci possono essere gratificazioni sociali, perchè ci piaceva mostrare quel
prodotto al gruppo a cui apparteniamo. Il sacrificio cosa è? Anche l'investimento che faccio per
cercare il prodotto, per ottenere soldi, ecc.

L'impresa non può creare valore per tutti, bisogna definire per chi si crea valore.

DIFFERENZIALE: è molto importante sapere quanto l'impresa crea valore per noi rispetto ai
competitors.

Quando si parla di marketing abbiamo due parametri: i consumatori e la concorrenza; bisogna


creare soluzioni nei prodotti in modo tale che quel valore sia più superiore per i consumatori
rispetto alla concorrenza. Il valore esiste quando viene percepito, bisogna lavorare molto sulla
comunicazione evidenziando il valore che vogliamo far percepire al cliente.
Valore sperimentato: quando compriamo un prodotto, facciamo un'esperienza di acquisto lo
sperimentiamo. Non percepiamo e basta, sperimentiamo. La sperimentazione è un banco di prova,
è importante.

Chi fa marketing deve creare valore, un altro concetto importante è il VALORE DI SCAMBIO cioè il
cliente quando compra un prodotto paga un prezzo --> quando noi compriamo un prodotto,
l'azienda ci vende il prodotto applicando un prezzo, il prezzo che andiamo a pagare dipende da
diversi fattori: dai concorrenti, forma di mercato, ecc.; di solito il marketing stabilisce un prezzo in
modo tale che rifletta il valore che il consumatore ha percepito. Es. CANDEGGINA: Era un
mercato caratterizzato dall'offerta di prodotti indifferenziati dove prevaleva la concorrenza del
prezzo; oggi è leader con il brand ACE quale candeggiante che è in grado di dare risultati migliori
preservando i tessuti. ACE ha usufruito per anni di un premium price.
Ogni prodotto che viene venduto dall'impresa ha un valore per il cliente, ha un valore di scambio;
Il marketing per creare il valore di scambio deve riconoscere beneficio e vantaggio che il servizio o
prodotto crea, deve essere disposto a pagarlo ad un prezzo superiore.
Ogni prodotto che viene venduto dall'impresa ha un valore per il cliente, ha un valore di scambio
( a me crei beneficio ) ti pago un prezzo ed ha anche un valore di costo (quanto costa all'impresa
produrre quel bene).

Quindi abbiamo tre livelli:


- Il valore che il marketing crea ed è il beneficio che io riconosco, successivamente avrò un prezzo
da pagare (VALORE DI SCAMBIO) e l'impresa avrà anche un valore di costo perchè per creare il
prodotto dovrà pagare la produzione, materie prime, ecc. Quindi che deve fare il marketing? Deve
creare un valore di scambio che sia maggiore rispetto al valore di costo; il marketing crea valore
per l'impresa eper il consumatore quando il valore di scambio è superiore al costo che l'azienda è
in grado di sostenere.
L'impresa crea valore per il cliente quando il consumatore riconsoce i benefici, il marketing crea
valore per l'impresa quando il prezzo che il consumatore paga proprio perchè riconosce i benefici
è superiore al costo che l'azienda deve sostenere per realizzare quel bene. Se il valore di scambio
è superiore al valore di costo (quanto mi costa a me impresa produrre quel bene) vuol dire che io
sto creando valore sia per il consumatore che per l'impresa.

Creare valore per l'impresa non è facile. Non in tutte le imprese si riesce a creare il meccanismo
descritto sopra, quello che diventa importante per creare valore è che all'interno dell'impresa ci sia
una filosofia aziendale orientata al mercato, vuol dire che all'interno dell'impresa le persone e il
marketing credono che sia importante definire cosa vendere, quali servizi fare, quale marca offrire,
tenendo conto che la soddisfazione del cliente è importante. C'è consapevolezza nell'impresa che
si lavora per IL CLIENTE. Se noi si pensa ai grandi brand, Nespresso è nata con questa idea:
trovare soluzioni, creare valore per il cliente. Cliente: sovrano, mio faro, io devo creargli dei
benefici.

Un'impresa che fa seriamente il marketing, dove è importante davvero chiedersi come creare
valore per il cliente, che i benefici per il cliente siano superiori rispetto ai suoi sacrifici ha bisogno di
una filosofia di mercato dove il cliente è SOVRANO. Questo orientamento è diverso da altri
orientamenti, per esempio l'orientamento alla produzione --> x queste imprese la produzione è
fondamentale, è importante l'efficienza produttiva, è importante produrre il più possibile a costi più
bassi. La logica asiatica, cinese è questa. L'orientamento in certe aziende è verso la produzione,
come bulloni, materie prime, ecc. L'orientamento al prodotto: le imprese che si orientano al
prodotto ovviamente hanno al centro il prodotto, significa che andiamo a concentrare tutti i nostri
sforzi sul prodotto, a creare innovazioni sul prodotto. Quando è nata la prima macchina da caffè è
nata in un'impresa dove erano orientati al prodotto, tante innovazioni tecnologiche nelle aziende
nascono per il prodotto. Nelle imprese culturali c'è L'ORIENTAMENTO AL PRODOTTO, pensiamo
ad un direttore artistico, quando fa uno spettacolo crea qualcosa di completamente innovativo, non
lo fa di tendenza. O in un film, un film particolare, NO CINEPANETTONE, film espressione della
sensibilità di un'artista, è chiaro che a lui interessa il prodotto, l'aspetto creativo, ARTISTICO. Nel
mondo culturale questo elemento è più forte rispetto ad altre imprese. E poi c'è l'orientamento alle
vendite, quelle imprese dove è centrale la vendita, l'importante è vendere e si utilizzano anche
tecniche di vendita aggressive (gas, luce) -> politica di vendita aggressiva per fare in modo che
certi prodotti arrivino al cliente finale. Questi orientamenti sono diversi rispetto all'orientamento al
mercato, in questi orientamenti si ragiona: i manager, gli imprenditori scelgono questi orientamenti
considerando cosa le imprese sanno fare, so lavorare sul prodotto? Bene creo prodotti innovativi;
ecc. ecc. Nell'orientamento al mercato non è così --> io faccio quello che so fare però NON
FACCIO SOLO QUESTO, decido anche di fare ciò che mi da successo; io posso lavorare sul
prodotto ma allo stesso tempo mi chiedo cosa posso fare lavorando sul prodotto per avere
successo, studio il mercato. L'orientamento al mercato studia il consumatore, cerca di sforzarsi per
creare soluzioni che possano soddisfare le esigenze del consumatore. Poi a quel punto adegua il
prodotto, tecniche di produzioni, ecc, ascolto il mercato e mi adatto.

TRE PASSAGGI LOGICI CHE CARATTERIZZANO L'ORIENTAMENTO AL MERCATO


Un'impresa che è orientata al mercato come deve ragionare, quali sono i processi decisionali che
mette in atto un'impresa orientata al mercato? Prima di tutto, un'impresa di questo tipo analizza
l'ambiente, determina le strategie da adottare, ecc. entriamo nei dettagli: Un'impresa orientata al
mercato studia il consumatore e cerca di capire perchè ha certe esigenze, le motivazioni alla base
di certi bisogni e allo stesso tempo indaga la domanda cercando di capire perchè il consumatore
richiede certi servizi, se capisco perchè ho informazioni più interessanti, ecc. ecc. poi devo andare
a capire cosa fanno i concorrenti con riferimento a certi beni e e servizi, faccio un'analisi della
domanda e della concorrenza, vado a definire la strategia di marketing ovvero io devo decidere nel
momento in cui ho fatto un'analisi del mercato e ho capito quali sono le esigenze del consumatore,
per me è importante chiedere a chi mi rivolgo? chi è il mio cliente? chi è il mo target? cosa gli
offro? quali sono i benefici che vado ad offrire al mio cliente? Questo è un tema importante, l'altro
tema importante è: come glieli offro? che strategie di marketing utilizzo? qui entrano in gioco le
quattro leve del marketing -->
A CHI RIVOLGO LA MIA OFFERTA?
CHE COSA OFFRO?
COME GLIELI OFFRO?
Il marketing una volta che ha messo a fuoco il target, (per es. la nespresso inizialmente sbagliò
target perchè era rivolto a persone professionistiche che facevano il caffè al bar); poi dopo come te
lo offro? Dandoti il prodotto e le cialde, capsule, ecc., devo definire la mia campagna di
comunicazione, trasmetto l'eleganza, l'unicità ecc. ''What's else?'' e poi come te lo vendo.
E anche qual è il beneficio che gli offro rispetto al sacrificio?
1. definisco il prodotto.
2. il prezzo
3. la produzione
4. la comunicazione
5. controllare l'efficacia --> bisogna sempre procedere a controllare i risultati; quali sono i risultati
economici che ho conseguito? e chiaramente dovrò fare questo confronto vedendo anche i risultati
dei concorrenti, facendo un controllo dei risultati, se i risultati non sono quelli che mi ero
programmato dovrò rimettermi un po' in discussione.

Il marketing studia il consumatore, le tendenze di consumo, dei vari concorrenti, ha una


dimensione di analisi, il marketing deve definire il mix, come distribuirlo, il prodotto da vendere,
come comunicarlo.
DIMENSIONE IDEOLOGICA: marketing come sistema di pensiero
DIMENSIONE DI ANALISI: insieme di strumenti di analisi necessari per conoscere nuovi mercati,
nuovi bisogni, monotorizzare la concorrenza
DIMENSIONE DI AZIONE: insieme di metodi operativi da realizzare in modo integrato per
conquistare i mercati e controllare i risultati

Il marketing deve riuscire ad orientare l'impresa per creare valore per il cliente.
Le imprese devono essere orientate al mercato, le imprese che sono in grado di creare valore per
il cliente, dove il cliente è sovrano, che imprese sono? Sviluppano un orientamento al CLIENTE
(mercato) --> cliente sovrano, quali sono i suoi principi? Prima di tutto questo orientamento al
mercato si basa sul fatto che il cliente è centrale, ingloba un orientamento al cliente. Bisogna
studiare il cliente, capirlo, il cliente è difficile da conoscere; bisogna mettersi nella mente del
cliente. La psicologia, sociologia aiutano chi fa marketing, perchè vanno in profondità, ti fanno
capire perchè, le emozionalità che ci da un brand rispetto ad un altro, ecc. ecc. Io devo essere
sufficentemente geniale nel proporre al cliente qualcosa di nuovo. Chi fa marketing deve studiare
sempre le dinamiche dell'ambiente, bisogna studiare i concorrenti, capire cosa fanno, quali sono i
loro punti di forza e di debolezza. Questo è un tema importante: studiare cosa fanno gli altri,
perchè? Perchè noi creiamo valore per il cliente, ma lo creiamo quando conosciamo bene i
concorrenti e facciamo qualcosa di diverso. Il marketing è un lavoro di raffinatezza, es: Gucci e
Dolce e Gabbana sono molto simili, in che cosa si differenziano? Nel marketing. E' importante
studiare l'ambiente perchè quell'ambiente ci da degli spunti sull'innovazione. L'innovazione è il
pane quotidiano dello sviluppo aziendale. L'eccesso dell'innovazione invece fa l'effetto inverso. Chi
si occupa di marketing da importanza alle esperienze gratificanti, ovvero che, il marketing deve
gratificare il cliente, deve fargli vivere delle emozioni; noi siamo fatti dell'80 per cento di emozioni,
noi a seconda di come viviamo le esperienze ci ricordiamo quelle situazioni; e il marketing per
questo deve coinvolgere il cliente a 360 gradi. Bisogna anche essere aperti al cambiamento, chi si
occupa di marketing deve essere sempre affamato, curiosi, capire le dinamiche ambientali ed
essere aperti a cambiare; forse la funzione marketing è quella che traina l'azienda verso il
cambiamento. Pensiamo alla nespresso che lancia una cosa quando nessuno pensava di farsi il
caffè a casa come al bar --> loro hanno anticipato il cambiamento. L'altra cosa importante: il
marketing viene lasciato solo agli uomini di marketing, quest'attenzione al cliente diventa una
filosofia aziendale, ovvero che: anche se io lavoro alla produzione mi devo chiedere ''se faccio il
prodotto in questo modo il cliente ne trae beneficio?'' --> mi occupo un minimo di marketing anche
se nell'azienda faccio tutt'altro. In questo senso c'è una sorta di dialogo all'interno per creare
questa filosofia. Il digital marketing ha reso il marketing in generale più centrale. A cosa serve il
marketing nell'impresa? A creare soddisfazione e fedeltà nel cliente, ad avviare processi di
cambiamento visto che studia concorrenti e mercato, favorisce l'innovazione, all'interno
dell'impresa tutti sono guidati da dinamiche di mercato, aiuta l'impresa a ragionare su termini
competitivi. Entriamo sul processo di creazione del valore: noi come azienda marketing dobbiamo
creare valore per il cliente differenziandosi dal cliente, come si fa ? Bisogna capire cosa creare per
il cliente per differenziarsi (nespresso non è nata così, ha studiato il mercato prima di innovare).
Bisogna progettare, sviluppare e produrre il valore, dobbiamo creare un'organizzazione all'interno
dell'impresa, nuove competenze, ecc. ecc., dobbiamo capire come produrlo, dobbiamo
comunicarlo, ecc. ecc. Dobbiamo trovare e identificare il valore, non lo facciamo di punto in bianco,
c'è uno studio dietro, cosa significa studiare il mercato? Bisogna studiare l'ambiente in generale, le
tendenze di mercato, il mercato che diventa sempre più green e ricerca prodotti sempre più
autentici, qual è l'ambiente competitivo, dobbiamo confrontarci con i concorrenti, capire quali sono
i nostri punti di forza e di debolezza rispetto ai competitor. La BMW sa che l'audi è più innovatrice
sul punto di vista tecnologico, compete su altre cose, per saperlo bisogna studiare i concorrenti e i
consumatori; cercare di capire come io posso creare valore al cliente, capire la testa del cliente,
cosa ci trovate in un certo prodotto, perchè lo acquistate, le vostre percezioni, le valutazioni, ecc.
Se io voglio studiare voi come consumatori di caffè perchè voglio creare un nuovo tipo di caffè
devo sapere cosa bevete, perchè lo bevete, come lo valutate, quali sensazioni provate. Il
marketing ora studia il centro delle emozioni : neuromarketing --> lettura delle emozioni in
profondità. Poi bisogna capire cosa crea soddisfazione e fedeltà per i consumatori. Costa di più
fare un cliente nuovo che mantenere un cliente che abbiamo di già, per questo la fedeltà è
importante. Solo studiando il cliente si può capire come generare valore per il cliente. Chi lavora
nel marketing deve essere brillante. Poi bisogna progettare il valore, dopo che nespresso ha
sviluppato la macchina del caffè che ha certe caratt
eristiche deve anche definire il target: a chi la vendo? Quello che crea valore a me non lo crea ad
altre persone. Se io devo comunicare a delle persone di età matura devo farlo in modo diverso
rispetto ad un target giovane, è ovvio. Dobbiamo definire il beneficio, perchè io ti do il beneficio?
Identifichiamo gli elementi che ci danno valore. Compro nespresso perchè? Eleganza, potenza,
innovazione, la tecnologia... compro un nuovo modo di fare quel caffè, sviluppo un concetto.
Dopodichè bisogna produrre il prodotto. Allora mettiamo delle risorse a disposizione dell'azienda, ''
ci si crede nel creare questo progetto innovativo?'' Bene, dobbiamo avere delle risorse, dobbiamo
investire in questo progetto, quanto vogliamo investire? Qui entra in gioco la direzione generale,
l'imprenditore, gli alti vertici dell'azienda e si capisce quante risorse dobbiamo avere per creare il
valore. Dopo dobbiamo anche definire il prezzo, una volta prodotto il valore c'è da comunicare
questo valore --> qui entra in gioco un tema importante: LA COMUNICAZIONE (quanta roba c'è da
fare oh) è importante perchè noi si può fare il progetto più bello del mondo ma se non lo
comunichiamo è come se non esistesse; la comunicazione è fondamentale. Il cliente può ricevere
informazioni dall'impresa, diciamo che molte volte se noi siamo marca la marca ci crea già una
percezione del valore --> quando si compra una marca tipo apple si attribuisce subito il design; la
comunicazione sia gestita dall'impresa, che il passaparola sono importanti. Noi e le aziende
comunichiamo (blog, forum, ecc., noi clienti raccontiamo, se ne parliamo bene creiamo valore
positivo, se ne parliamo male creiamo un valore negativo). Come gli influencer. Creare una
percezione di valore è importante a livello di prodotto e di marca. Poi bisogna trasferire il prodotto,
come si fa a farlo ad arrivare a casa? Tipo la barilla --> come entro a contatto di quel prodotto?
Andando nella grande distribuzione. Come si entra in possesso del valore? Se il mio prodotto è un
film per possederlo devo andare al cinema. Pensando ai prodotti alimentari, il valore viene
distribuito con la grande distribuzione come la coop, l'esselunga, ecc. Anche se ormai la grande
distrubuzione ha creato le sue marche commerciali (marca coop, marca esselunga). La
distribuzione influisce a distribuire il valore, è l'intermediario per certe imprese; sono dei partner.
Noi del marketing sintetizziamo il valore nel prezzo --> dobbiamo fare ricerche di marketing,
cerchiamo di capire che valore gli dà il consumatore prima di sintetizzare il prezzo. L'ultimo
passaggio: bisogna valutare, misurare il valore; valore per il cliente --> è anche valore per me, i
risultati? Le vendite? Devo fare i conti con quello che riesco ad ottenere da tutta questa
operazione. Sulla base dei risultati poi dovrò riparare. Es.: nespresso, inizialmente avevano
sbagliato, vendevano solo ai professionisti. I referenti marketing non sostituiscono nessuno, ma
aiutano gli altri ruoli. Il marketing oggi in azienda deve definire la fonte del valore, progettare,
produrre, trasferire, comunicare, valutarlo.. il marketing non ha domicilio solo nella funzione
marketing; oggi si parla di marketing integrato perchè indica che tutta l'azienda deve avere questa
attenzione al mercato, al consumatore, alla concorrenza, ecc. ecc.; il cliente, la concorrenza.. sono
importanti, ma non solo questo! L'impresa, chi si occupa di marketing, dove c'è una filosofia di
marketing orientata al cliente e al concorrente è un'impresa in cui non bisogna solo ragionare solo
sul cliente o sulla concorrente, ma anche sul distributore, pre scrittore e contesto socio
economico. Es: oggi, sono barilla, devo creare valore per il cliente. La barilla non lavora sugli
aspetti funzionali ma psicologici, c'era la campagna pubblicitaria con uno chef che cuoceva la
pasta --> ''barilla è ambizione, possibilità di arrivare, è qualità'', per capire che, io barilla creo valore
per il cliente ma diventa importante anche il cliente intermedio, devo far sì che coop e esselunga
mi tengano nel loro punto vendita, devo negoziare con loro perchè vengo collocata nei loro punti
vendita. Pre scrittore --> sono gli ''attori'' che sono presenti sul mercato tipo influencer, blogger,
ecc. Contesto socio economico: cambiamenti a livello di mercato, dobbiamo renderci conto che la
società, le persone ecc. cambiano. Come si è evoluto il marketing? Noi si passa da un
orientamento alla produzione ad uno delle vendite.
Orientamento alla produzione: siamo nella fase post bellica, dopo la seconda guerra mondiale,
dove la domanda è superiore all'offerta, perchè? Perchè le aziende erano state belliche fino a
cinque minuti prima, si stavano riconvertendo; in questa fase per le aziende era importante
PRODURRE, da produzione bellica a produzione industriale.
Negli anni 60 --> in quel momento lì le aziende si erano riconvertite, avevano soddisfatto le
domande, cosa succede? Crescono le imprese, nella fase precedente si produceva un sacco,
quindi si andò verso una fase che quello che producevo era anche troppo, quindi in quel caso era
importante VENDERE. Le imprese investivano un sacco nella comunicazione, pubblicazione,
promozione, il chiodo fisso non era più produrre ma vendere. Inizia a nascere il marketing e cosa
fa? Di distribuzione, bisognava collocare il prodotto su tantissimi punti vendita, si occupa di
comunicazione, del prezzo, delle offerte, ecc.
Anni 70-90: tante aziende, la concorrenza diventa importante, ora come ora è un momento
fondamentale per il marketing perchè in questi anni le imprese si rendono conto che fino ad allora
facevano un prodotto e lo vendevano sul mercato, ma si rendono conto che c'è troppa
concorrenza, ma non andava bene, bisognava studiare il mercato, capire il cliente e poi produrre
un prodotto apposito per il cliente. Non si poteva più ragionare in modi senza ragionare, bisognava
studiare, sviluppare prodotti e servizi che fossero in linea con le esigenze di mercato -->
cambiamento epocale, di mentalità molto importante.
Il marketing oggi è tantissimo. Diventa filosofia. Ci sono tanti ''attori'' che diventano importanti per
chi fa marketing: cliente finale, contesto economico (che cambia rapidamente), pre scrittore, ecc.
Le dinamiche bisogna tenerle sotto controllo.

- MANCA ROBA

LO STUDIO DEL CONSUMATORE COME TEMA INTERDISCIPLINARE


L'analisi del comportamento del consumatore ha un carattere interdisciplinare, studiarlo, capire
quello che pensa è molto difficile, non si arriva mai a capire quello che il consumatore pensa. Per
fare questo il marketing fa appello ad altri studi: economia, PSICOLOGIA, sociologia -> quando noi
studiamo il consumatore non lo vediamo come singolo, ma vediamo i rapporti che ha con le alt
persone ed antropologia.Nel campo dell'economia, l'economia è partita per prima a sviluppare

modelli di comportamento del consumatore che sostanzialmente erano modelli di comportamento


che sono sintetizzati in equazioni strutturali (utilità che io vado a ricercare nell'acquisto e funzioni).
Gli economisti rappresentano dei comportamenti all'interno di equazioni di utilità in cui ci dicono il
consumatore si comporta in questo modo perchè ricercando quell'utilità massima dell'acquisto
diventano importanti certi fattori dell'acquisto. Utilità -> Funzione. Questo approccio economico
non dà grosse prospettive di analisi, il marketing collabora di più con la psicologia, sociologia e
antropologia.
La psicologia ha fornito elementi molto importanti per l'analisi del comportamento del consumatore;
la psicologia prende in considerazione tre elementi: analisi della motivazione--> gli psicologi
studiano le motivazioni alla base di certi comportamenti.. cosa è la motivazione? è un fattore
interiore all'individuo, di cui quest'ultimo può esserne consapevole oppure no, e induce l'individuo
ad intraprendere una certa energia; motivazione -> forza interiore che ci fa sprigionare certe
energie. Quali sono i determinanti della motivazione, quali sono i driver? Il fine ultimo dell'individuo
è il benessere generale, diciamo che se la motivazione principale che l'individuo persegue è poi
benessere generale, quali sono i driver della motivazione che portano al benessere generale? - Il
comfort, visto che l'inviduo è spinto a perseguire il benessere generale, come si fa a raggiungerlo?
L'individuo ricerca due cose: il comfort e la novità. In qualche modo, quando si va a perseguire il
benessere, dobbiamo lavorare su due fronti: riduzione di uno stato di tensione con la soddisfazione
dei bisogni. Ma allo stesso tempo, il benessere si persegue attraverso la ricerca di novità, molte
volte, l'individuo si trova a dover contrastare la noia e quindi nuovi stimoli, la novità sono elementi
importanti che ci portano a soddisfare la motivazione di base per poi raggiungere il benessere.
studiano l'apprendimento --> gli psicologi sono interessati a capire come cambia il nostro
atteggiamento dopo un'esperienza, è importante perchè quando si va a studiare l'apprendimento,
per es: io propongo un'esperienza, creo un punto vendita, mi interessa capire quanto
quell'esperienza vi faccia cambiare comportamento.
e studiano gli atteggiamenti -> l'atteggiamento è inteso come un modo di essere positivo o
negativo ma come ci si pone su un determinato prodotto o su una certa marca; io consumatore
come mi pongo su una marca o su un prodotto?L'atteggiamento si articola in tre componenti: la
componente cognitiva ovvero idee e convinzioni sviluppate dall'individuo, una componente affettiva
con reazioni affettive e una componente comportamentale che è uno sviluppo di certi
comportamenti.
La psicologia aiuta in tutto, anche solo nell'aprire un negozio.
La psicologia è importante perchè l'individuo è ricettore di stimoli, siamo portati poi ad elaborare
questi stimoli in una serie di informazioni e sviluppiamo dei nostri modi di ragionare, e alla
psicologia interessa studiare questo. La psicologia studia i processi mentali che hanno portato a
quel tipo di atteggiamento e apprendimento.
Prospettive di analisi dei processi decisionali e di percezione del valore dei consumatori: a noi
interessa studiare il processo di acquisto e di consumo x il consumatore, dove si informa prima
dell'acquisto, che informazioni sceglie, con chi si confronta, come matura la scelta, che fa il
consumatore, che valutazioni fa, ecc., a noi interessa studiare il processo di acquisto. Cosa
interviene nei processi di percezione e di valutazione da parte dei consumatori delle alternative
loro offerte? fattori economici --> gli economisti sono quelli più lontani dal marketing, ma si parte
da lì perchè gli economisti sono quelli che hanno iniziato a porsi il problema sul comportamento di
acquisto e di consumo, però secondo loro noi consumatori siamo guidati dall'utilità economica
massima durante le nostre scelte, vogliamo massimizzare l'utilità economica, massimizzare la
soddisfazione dei nostri acquisti a condizioni vantaggiose, tenendo conto dei bisogni, dei vincoli di
bilancio, ed i sistemi dei prezzi. Le preferenze non vengono studiate, si considerano rivelatedai
loro comportamenti, si suppone che il consumatore conosca tutte le alternative di scelta disponibili
ed i loro prezzi, il bisogno del consumatore è inteso come stato di carenza o di pena, che può
essere ridotto dalla disponibilità di beni o servizi atti a soddisfarlo. Gli economisti danno per
scontato questi due ultimi punti. Le preferenze sono rilevate, significa che gli economisti non si
pongono il problema di chiedersi quali sono i bisogni dei consumatori, ma in realtà è un problema
importante; alcuni economisti hanno superato questo limiti ed hanno studiato i bisogni dei
consumatori: Keynes distinue i bisogni assoluti che significa bisogno di mangiare, dormire, che
fanno parte della natura umana, sono bisogni che abbiamo sempre, sono saturabili; e i bisogni
relativi che non sono saturabili; il bisogno derivato... che evolve nel tempo e non è saturabile;
un'altra distinzione : bisogno generico e bisogno derivato, dietro questa funzione di
massimizzazione dell'utilità; katona di fronte a situazioni pessimistiche fa discendere le variazioni
della domanda dal diffondersi di aspettative congiunturali che finiscono con l'autoavverarsi. Ci
sono anche dei limiti, per esempio il consumatore che conosce tutte le alternative di acquisto,
questo limite è incontrasto con il marketing, il marketing assume la presenza di condizioni di
razionalità limitata e di incertezza di tutti gli agenti economici consumatori compresi, le cui scelte
sono vincolate dalle loro capacità cognitive e dal loro apprendimento. e poi i limiti: il limite che il
consumatore conosca tutte le alternative di acquisto, o il limite di quando il bisogno è uno stato di
carenza o di mancanza che pul essere ridotto dalla possibilità di disporre di beni e servizi.

Quali sono i contributi che vengono dati dalle diverse discipline?

Ci sono tanti fattori che influenzano il comportamento d'acquisto. Noi studiamo il consumatore
durante tutto il suo percorso di acquisto e di consumo.
I fattori hanno diversa natura, possono essere economici, psicologici, fattori sociologici, sociali.. e
anche culturali. I fattori culturali sono importanti, la nostra cultura italiana è diversa da quella
americana.

I FATTORI DI NATURA PSICOLOGICI: La psicologia è rilevante quando ci si occupa di marketing,


chi lavora nel marketing lavora anche con gli psicologi, perchè è importante entrare nella mente di
quella persona. La psicologia e il marketing: oggi si sta rafforzando ancora di più questa alleanza.
I primi tentativi di ingresso della psicologia nel marketing:
- Behaviorismo (anni 20): i comportamenti sono intesi come risposte che l'organismo dà a certi
stimoli ambientali. Uno degli assunti principali è il meccanismo di condizionamento, secondo il
quale la ripetizione dello stimolo induce, nel tempo, una risposta condizionata.
- Prospettiva cognitiva (anni 60): focalizza l'attenzione sui processi mentali sottostanti ai
comportamenti soggettivi ed in particolare sui processi con cui le informazioni esterne vengono
recepite, elaborate ed utilizzate, è particolarmente rilevante ai fini degli studi del marketing. Con
questa prospettiva diventa importante capire COME ragiona un individuo.

L'oggetto di studio della psicologia è tanta, tanta roba, ma prendiamo in prestito quattro concetti
che diventano oggetti chiave nel marketing:
1. motivazioni -> studiare le motivazioni del consumatore, il perchè di certi consumatori.
2. percezioni -> come ci percepisce il consumatore
3. apprendimento ->come faccio a far cambiare comportamento al consumatore? apprendimento
significa come cambiare comportamento sulla base di esperienze che io azienda vi posso offrire.
4. atteggiamenti -> che atteggiamento hanno nei confronti della mia marca?

1. LE MOTIVAZIONI
Sono stimoli interni alla psiche di una persona, che la inducono ad assumere comportamenti volti
ad un certo obiettivo: sono l'insieme dei fattori che spingono un individuo verso una certa azione.
Secondo una prospettiva classica (teoria pulsionale biologica), le motivazioni nascono da uno stato
di bisogno, ovvero da uno stato di difetto rispetto ad una situazione desiderata. Tensione
nell'individuo per ripristinare il livello di benessere (equilibrio omeostatico). Meccanismo alla base
delle motivazioni primarie (fisiologiche).
Per il marketing sono rilevanti le motivazioni di tipo cognitivo (motivazioni secondarie) alla base di
comportamenti di acquisto.
LA PIRAMIDE DI MASLOW
Maslow ci parla dei bisogni che ci portano ad una motivazione, in ordine gerarchico:
1. bisogni fisiologici (mangiare, dormire)
2. bisogni di sicurezza (sentirci parte di un contesto sociale)
3. bisogni di appartenenza (sentirsi parte di un gruppo)
4. bisogni di autostima
5. bisogni di autorealizzazione

LA PROSPETTIVA DI MCCLELLAND
Lui da un contributo ulteriore a Maslow e dice che i bisogni più importanti sono tre: bisogno di
successo per paura di fallire, bisogno di appartenenza che riflette la paura del rifiuto da parte degli
altri e la ricerca di socialità, il bisogno di potere che si caratterizza per il timore della dipendenza e
la ricerca del controllo e dell'esercizio della propria influenza sugli altri.

2. LA PERCEZIONE
Percepire la realtà, aspetto importante per il marketing, la percezione è un processo mentale che
mettiamo noi in atto, quando selezioniamo, elaboriamo certe informazioni su un tipo di realtà. Non
tutti diamo importanza agli stessi particolari per esempio di una campagna pubblicitaria, dopo aver
elaborato certe informazioni assumo un atteggiamento che sarà sempre diverso rispetto ad altri.
La percezione è influenzata da tre processi:
1. per l'attenzione selettiva ---> noi ormai siamo sottoposti a tanti stimoli, se vediamo una
campagna pubblicitaria che anche quella è fatta di tanti stimoli, noi non è che prestiamo attenzione
a tutti quegli stimoli, noi diamo importanza agli stimoli che sono più vicini al bisogno che abbiamo
in quel momento.
2. distorsione selettiva: ce l'abbiamo quando interpretiamo la realtà, e non è facile, perchè la
nostra interpretazione non è mai oggettiva, è influenzata dai nostri preconcetti (cultura, contesto
sociale, personale).
3. ritenzione selettiva: dopo avere interpretato questi stimoli dobbiamo memorizzarli, non
ricorderemo tutto nel tempo, la ritenzione selettiva concerne la memorizzazione degli stimoli: solo
una parte di ciò che viene colto ed interpretato viene memorizzato sia perchè la memoria di un
individuo è limitata sia perchè si tendono a privilegiare le informazioni coerenti al proprio insieme di
convinzioni.

3. APPRENDIMENTO
Quelli del marketing organizzano delle esperienze nel punto vendita per apprendere, esperienze
che permettono di determinare un cambiamento in quello che è il comportamento dell'individuo. Di
solito gli effetti sono due:
1. generalizzazione: quando c'è la tendenza delle persone ad adottare lo stesso comportamento di
fronte a stimoli simili (il primo meccanismo consente di capitalizzare le esperienze precedenti
inducendo atteggiamenti simili di fronte a stimoli simili).
2. discriminazione: si ha quando noi aziende mettiamo in atto stimoli simili ma che vengono
considerati diversi dal consumatore, quindi quando l'individuo riconosce delle differenze negli
stimoli simili.

4. ATTEGGIAMENTO
E' come noi ci poniamo nei confronti di un bene, servizio, idea. E' un orientamento psicologico
complessivo, espresso in termini di valutazione negativa o positiva nei confronti di un concetto e
caratterizzato da una certa durata. L'atteggiamento è l'insieme delle opinioni, positive o negative
che ha l'individuo nei confronti di una certa idea, bene o servizio. Gli atteggiamenti si formano sulla
base dell'esperienza, delle conoscenze e delle convinzioni individuali, ma sono condizionati anche
dai gruppi sociali cui si appartiene. L'atteggiamento positivo verso un certo prodotto ne favorisce
l'inserimento nell'ambito dell'insieme evocato: quindi l'analisi degli atteggiamenti è importante per il
marketing.

I FATTORI SOCIOLOGICI
L'uomo è un animale sociale: i processi sottostanti alla formazione delle aspettative e dei
comportamenti sono condizionati dalle relazioni sociali in cui è immerso, ne segue che per le
imprese è importante approfondire la conoscenza dei fattori sociologici ed è fondamentale
comprendere i comportamenti di acquisto e di consumo. Tra i fattori sociali di maggior rilevanza ci
sono i gruppi, la classe sociale, la cultura e le subculture.

I FATTORI SOCIO CULTURALI (un altro elemento che incide sul comportamento di acquisto -> lo
stile di vita)
Lo stile di vita può essere definito come l'insieme dei valori, atteggiamenti, interessi, opinioni e
comportamenti dei consumatori.
Lo stile di vita si articola normalmente su tre livelli:
- l'insieme dei valori e delle norme individuali, che rappresentano il livello stabile e duraturo nel
tempo, e sono costituiti dai principi fondamentali in relazione ai quali gli individui maturano
orientamenti, decisioni e azioni (valori etici, sociali, attenzione all'ambiente, valori politici, religiosi,
ecc.); l'aspetto valoriale è la parte più stabile dello stile di vita.
2. l'insieme degli interessi, delle opinioni e delle convinzioni di un soggetto che costituiscono il
livello intermedio, essi tendono a variare più velocemente rispetto ai valori e risultano più
strettamente legati a fenomeni concreti (famiglia, tempo libero, lavoro, hobby, sport, politica,
cultura, società).
3. l'insieme dei prodotti acquistati e consumati in relazione ai due livelli precedenti, è il livello più
periferico e instabile; all'interno di questo livello rientrano i comportamenti degli individui che hanno
un impatto sui consumi (beni acquisti con riferimento a hobby, sport praticato e tempo libero).
Seguendo questo approccio, l'insieme delle persone che hanno lo stesso stile di vita --> danno
luogo a un segmento, un gruppo omogeneo con notevoli uniformità in termini di comportamento di
consumo.
Essendo composti da tanti fattori, lo studio degli stili di vita risulta complesso e implica l'utilizzo di
tecniche statistiche che analizzano simultaneamente molteplici variabili, la psicografia è la
disciplina che studia come i fattori psicologici e gli stili di vita influenzano i comportamenti di
consumo, gli istituti di ricerca di marketing svolgono analisi di tipo psicografico, esse sono sia ad
hoc che multi client, questi ultimi indagano l'evoluzione degli stili di vita a livello generale, ma
possono essere focalizzate su settori ben determinati (alimentare, servizi bancari, servizi sanitari,
ecc.)

Perchè ci serve l'analisi dello stile di vita? per la segmentazione, dobbiamo definire il target di
riferimento e possiamo definirlo secondo un gruppo di persone che ha un certo stile di vita. Le
analisi sullo stile di vita permettono di ottenere profili del consumatori più completi e di avere più
informazioni per la scelta del target, aiutano nelle scelte dello stile di comunicazione delle imprese:
i messagi pubblicitari possono essere costruiti in modo tale da renderli attrattivi per i consumatori
che seguono un certo stile di vita; le analisi guidano nella scelta dei media da usare per la
comunicazione e queste analisi consentono di disporre di informazioni affidabili su media
pubblicitari a cui i soggetti che adottano uno stile di vita sono maggiormente esposti.
Ci sono dei limiti all'analisi dello stile di vita:
I consumatori ormai sono sempre più nomadi e mutevoli, i comsumatori modificano spesso il loro
stile di vita e ne adottano anche più di uno contemporaneamente, poi il continuo mutare di identità
degli individui ha reso gli stili di vita sempre più eclettici tali per cui essi integrano al proprio interno
credenze e valori apparentemente contrastanti e provvisori. Lo studio degli stili di vita sembra
perdere la sua utilità, esso lascia spazio ad altri tipi di analisi come quella sulle generazioni di
consumatori.

I FATTORI SITUAZIONALI
Fattori che incidono sul comportamento di acquisto, legati alla situazione, come il luogo dove
facciamo l'acquisto che incide molto sul nostro comportamento (luce, musica, ecc.), queste
condizioni ambientali costituiscono una delle leve (merchandising) con cui le imprese di
distribuzione possono intervenire più efficacemente nel processo di acquisto dei consumatori.
La disponibilità di tempo: condiziona la scelta del punto vendita, se si ha poco tempo da dedicare
alla spesa, un unico pnto di vendita, in cui si possa trovazre tutto il necessario, con orari flessibili, è
sicuramente una scelta preferibile, sia dei prodotti (se si ha poco tempo per cucinare, si
preferiranno i piatti pronti).
Lo stato d'animo che caratterizza l'individuo durante il processo di acquisto, il nostro umore
condiziona la nostra propensione ad effettuare gli acquisti.
Il contesto sociale all'interno del quale si compie la scelta d'acquisto condiziona il processo di
acquisto, le nostre scelte variano molto a seconda che un'occasione conviviale sia costituita da
una pizza tra amici, avvenga in un'occasione formale di lavoro o in famiglia.

MODELLI INTERPRETATIVI DEL PROCESSO DI ACQUISTO


1. PERCEZIONE DEL BISOGNO: il processo di acquisto inizia con la percezione del bisogno,
ovvero quando l'individuo avverte di trovarsi in una situazione diversa da quella desiderata, questa
percezione dà l'avvio da parte del consumatore, ad un processo decisionale che lo condurrà
all'acquisto di un prodotto o servizio in grado di soddisfare il suo bisogno.
2. RICERCA DELLE INFORMAZIONI: una volta che si percepisce lo stato di bisogno si aprela fase
della ricerca delle informazioni, che è utile all'individuo per individuare i prodotti e i servizi in grado
di soddisfare il proprio bisogno.
Quali sono le fonti impiegate nella ricerca delle informazioni?
- l'esperienza pregressa e le informazioni memorizzate in occasione di precedenti acquisti.
- la prova diretta, con la prova del prodotto o visione di anteprime o l'uso di demo online.
- le fonti personali come consigli, suggerimenti, opinioni sui social, ecc.
- le fonti istituzionali: imparziali e competenti (stampa giornalistica, televisiva e web)
- le fonti commerciali: pubblicità, volantini, siti web aziendali, consigli di venditori e distributori, ecc.

Dopo che ho cercato le informazioni ho delle alternative, che dovrò valutare: questa fase può
riguardare la scelta del prodotto/marca e del punto di vendita/insegna, valutando i prodotti
alternativi e dove acquistarli. Questa scelta può avvenire contemporaneamente o in successione
(prima il punto vendita e poi il prodotto marca o viceversa).
Poi il consumatore procede con la decisione relativa al prodotto o al punto vendita (online store),
per i beni più costosi e complessi come un'auto oltre alla decisione relativa al prodotto vengono
compiute altre scelte, relative per es. alla negoziazione del prezzo, finanziamento, e anche definire
i tempi di consegna.
La quinta fase è l'utilizzo del prodotto, il consumatore compie le attività quindi per impiegare il
prodotto e queste attività possono richiedere apprendimento all'uso come le istruzioni, oppure
installazioni e adattamento al contesto.
Dopo ci sono le valutazioni post acquisto: se qualche elemento dell'offerta non corrisponde a
quanto atteso, ne risulterà una situazione di insoddisfazione, e in caso di insoddisfazione il
consumatore può decidere di non ripetere l'acquisto, passare alla protesta esplicita anche con i
social fino al boicottaggio, un cliente soddisfatto è invece un cliente che maturerà un
atteggiamento positivo nei confronti del prodotto o servizio che, nel tempo, potrebbe trasformarsi in
fiducia e fedeltà (al prodotto, marchio, al punto vendita).

Il processo di acquisto e di consumo può essere complesso, la ricerca di informazioni, la scelta


delle alternative è combattuta a volte dal consumatore, e quando avviene questo? Quando i rischi
legati all'acquisto sono alti.
I rischi possono essere:
. funzionali: quando le caratteristiche e gli elementi del prodotto non corrispondono alle attese.
. economico-finanziari: dovuti ad una scelta sbagliata per la propria situazione reddituale o
patrimoniale.
. perdita di tempo: ad esempio per mancata consegna del prodotto.
. fisici: dovuti alla possibilità che un prodotto non adeguato possa comportare un pericolo per la
propria salute.
. sociali: il prodotto acquistato possa recare un danno d'immagine rispetto alla propria cerchia
sociale.
. psicologici: per le conseguenze derivanti alla propria autostima dall'aver effettuato l'acquisto
sbagliato.
Un altro elemento che coinfluisce nel processo di acquisto è il coinvolgimento: quanto è importante
per noi quell'acquisto --> se lo è ovviamente raccoglierò molte informazioni prima di acquistarlo.
Sulla base del rischio percepito si individuono tre comportamenti che il consumatore mette in atto:
1. estensivo: quello più complesso, si ha quando io non ho mai acquistato quella macchina o quei
prodotti, in questo caso il rischio percepito dal consumatore è elevato, così come le informazioni
ricercate.
2. limitato: in questo caso il consumatore conosce già la categoria di prodotti ma non la marca, in
questo caso i criteri di scelta sono già definiti, ma l'individuo dovrà comunque raccogliere
informazioni ed effettuare valutazioni.
3. routnario: quando il processo di acquisto avviene in modo automatico praticamente senza
ricerca di informazioni, questo avviene quando il consumatore ha maturato un elevato livello di
esperienza su prodotti e marche.
ACQUISTI DI IMPULSO: non rientrano in queste categorie, sono acquisti che si fanno
all'improvviso, senza cercare informazioni, tipo quelli che troviamo alle casse al supermercato.

Il marketing ha un ruolo importante: creare valore per il consumatore, e diventa importante capire il
consumatore, noi abbiamo visto che ci sono molti elementi che entrano in gioco per studiare il
consumatore, che poi vanno ad influenzare il comportamento di acquisto e di consumo.
Come si studia il consumatore? Quali sono gli strumenti che il marketing usa per studiare il
consumatore? Si fanno delle ricerche di marketing. Cosa vuol dire studiare il comportamento del
consumatore? Cerchiamo di capire prima del sistema informativo del marketing: quando si
assumono delle decisioni di marketing bisogna avere informazioni sul mercato, sull'ambiente,
ecc.; perchè bisogna prendere decisoni tenendo conto delle dinamiche che ci sono intorno, sul
mercato. Quesste informazioni riesco a ottenerle solo con le ricerche di marketing? No. Ci sono
tante informazioni di cui l'impresa ha bisogno e che non derivano solo dalle ricerche di marketing,
l'insieme delle informazioni che circolano nelle aziende possono derivare dalle attività di ricerca di
marketing ma anche dalle rilevazioni interne e comprende documenti contabili ed extra contabili
aziendali redatti nel corso del ciclo ordine spedizione fatturazione da cui ricavare informazioni su
variabili aziendali come la produzione, le vendite, i clienti ed i risultati aziendali (database
aziendali). Poi ci sono le informazioni di marketing inteligence: inteligence indica un'attività di un
qualcosa che non è facile da ottenere come informazioni, arriva per vie non tradizionali, sono
informazioni di natura strategica importante, sono informazioni non confidenziali, si possono
ottenere con canali non tradizionali. Subsistema delle ricerche di marketing: sono analisi affidate
soprattutto a specialisti esterni, sono l'insieme di strumenti di conoscenza indirizzati a fornire
presupposti oggettivi, basati su tecniche di rilevazione professionale per l'assunzione delle
decisioni di marketing e per il controllo della validità delle scelte effettuate. Subsistema delle analisi
a supporto delle decisioni di marketing: genera informazioni con un insieme di strumenti statistici e
di modelli decisionali (alcuni di questi hanno natura matematica).

Le ricerche di marketing sono effettuate direttamente dall'impresa oppure da istituti di ricerca, per
creare una nuova campagna, per testare un nuovo prodotto, ecc.
Gli istituti di ricerca sono delle imprese specializzate che lavorano per committenti privati e
pubblici, gli istituti di ricerca effettuano ricerche ad hoc basate su un processo di ricerca su misura
oppure ricerche multiclient finalizzate ad indagare una tematica generale; nelle ricerche ad hoc il
committente diventa l'unico proprietario delle informazioni prodotte. Nelle ricerche Omnibus
consentono di acquisire informazioni su un campione molto ampio ad un costo contenuto ma non
forniscono risultati il cui livello di approfondimento non può essere tale da consentire l'analisi. La
prima cosa che fa l'istituto di ricerca: definisce il problema e gli obiettivi di ricerca e in questa fase
venono coinvolti il responsabile marketing, l'account e il ricercatore; la seconda fase è quella di
sviluppare il piano di ricerca e vengono coinvolti il ricercatore, il responsabile del field work e gli
intervistatori; la terza fase è la raccolta delle informazioni, la quarta è la fase delle analisi ed
interpretazione delle informazioni e vengono coinvolti il ricercatore e il responsabile marketing; la
quinta e ultima fase è la presentazione dei risultati e vengono coinvolti il ricercatore, il vertice e i
responsabili aziendali.

LA RICERCA QUALITATIVA (O MOTIVAZIONALE)


Studia le motivazioni alla base di un certo comportamento, ha una natura interdisciplinare, le
discipline che entrano in gioco: psicologia, etnomusicologia, semiotica, ecc. La ricerrca qualitativa
o motivazionale consiste nella raccolta di informazioni per conoscere un fenomeno del tutto nuovo
per l'impresa o per approfondire la conoscenza di un fenomeno di mercato. La ricerca qualitativa
ha una natura diagnostica perchè cercadi capire il perchè, cerca di entrare nei meccanismi
psicologici, perchè ti piace questa campagna? Perchè fai questi acquisti? Cerco di entrare nella
logica del perchè, coinvolge campioni esigui e produce come risultato dati qualitativi nella forma di
testo, immagini e composizioni grafiche. La ricerca qualitativa rende necessario il ricorso a
metodologie contraddistinte da un approccio interdisciplinare; i dati, essendo raccolti su campioni
esigui non si possono generalizzare su una quantità di soggetti ampi. Con questa ricerca emerge
un ruolo critico del ricercatore: individua gli elementi significativi da approfondire, pone le domande
in modo da favorire l'interazione con i soggetti coinvolti nell'analisi, collega gli argomenti con quelli
emersi precedentemente, riconduce i dati raccolti a modelli interpretativi del fenomeno analizzato.
Quali sono le principali metodologie della ricerca qualitativa?
- L'intervista in profondità (in depth interview): si basa sul rapporto diretto fra un intervistatore ed
un intervistato con lo scopo di permettere a quest'ultimo di esprimersi liberamente sull'argomento
di indagine. Quando si fa l'intervista in profondità invece del focus group? quando sono cose più
personali che non si possono discutere in gruppo, o quando affrontare certe tematiche davanti a
troppe persone sono difficili da affrontare, per ottenere anche risultati più ottimali.
- La discussione di gruppo (focus group) -> è una metodologia qualitativa in cui la raccolta di
informazioni avviene con il coinvolgimento di tante persone che sono stimolate a discutere, per un
intervallo temporale compreso tra una e due ore, su argomenti che costituiscono l'oggetto della
ricerca. Il gruppo è composto da 8-12 persone a cui si aggiunge il moderatore che è chiamato a
gestire l'interazione tra i diversi partecipanti. Il moderatore segue una traccia predefinita dove gli
argomenti sono affrontati passando da tematiche generali a tematiche più circoscritte; l'utilizzo
nella fase finale del focus group di tecniche proiettive proprie della psicologia contribuisce a
rendere più esplicative le opinioni dei partecipanti. Numero dei focus group: almeno tre sullo
stesso argomento; reclutamento: coinvolgimento di professionisti esterni; partecipanti ad ogni
focus group (omogenei in termini di età, ceto sociale, livello di istruzione e competenze sul
prodotto, servizio, brand, oggetto di indagine). Location: interna all'istituto di ricerca oppure
esterna; ci saranno i sistemi di registrazione audio video e la presenza del moderatore è
importante perchè assolve un ruolo critico per la riuscita del focus group.
- Osservazione: quando io voglio capire il comportamento di acquisto osservo il consumatore,
l'osservazione consiste nel raccogliere dati primari con l'osservazione di soggetti, di loro azioni e di
situazioni significative che essi vivono. E' una metodologia che deriva dall'etnografia e permette di
analizzare le interazioni all'interno di processi di acquisto o di utilizzo, costituisce un inevitabile
strumento di analisi quando si vuole analizzare: il comportamento di acquisto all'interno di superfici
di vendita, le modalità di utilizzo di determinati prodotti, i comportamenti della forza vendita o degli
addetti al front office di imprese erogatrici di servizi.

LA RICERCA QUANTITATIVA (molto legata alla ricerca qualitativa)


Ha come obiettivo quello di fornire un'accurata misurazione del fenomeno indagato o dei fattori
determiannti (items) il fenomeno stesso, producendo dati quantitativi che rappresentano il
fenomeno nel suo aspetto dimensionale, questi dati sono raccolti con questionari strutturati o semi
strutturati, somministrati a campioni rappresentativi dell'universo indagato. La sua realizzazione si
articola nella: definizione del piano di campionamento, nella scelta del metodo di contatto, nella
redazione del questionario.
. L'intervista personale: prevede un contatto facfe to face tra intervistato ed intervistatore che pone
le domande secondo un questionario di rilevazione più o meno rigido. Consente di inserire
domande precodificate e aperto, viene impiegato il sistema CAPI, offre maggiori garanzie in termini
di qualità dei dati raccolti, gli svantaggi sono legati soprattutto ai costi e ai tempi di rilevazione.
. intervista telefonica: consiste nel chiamare, in modo casuale persone al telefono e nel
somministrare a queste le domande, l'intervistatore ha un telefonino e le cuffiette e fa un
questionario che è già su una piattaforma, le domande dovrebbero essere semplici, circa quindici
minuti, però ha dei limiti perchè non verificando l'identità non posso sapere se dice la verità. Se si
vuole intervistare i giovani non è buono come metodo.
. intervista postale: realizzata attraverso l'invio di un questionario, delle istruzioni per la
compilazione e di una busta per il rinvio, ha la possibilità di utilizzare supporti visivi alla
compilazione, ha un costo più basso rispetto alle interviste personaloi e telefoniche, c'è un rischio
di campione autoselezionato ed ex ante con tempi di attesa lunghi, e c'è una grande possibilità di
errori di compilazione in assenza dell'intervistatore.
. le ricerche online: consentono di ridurre notevolmente i costi, si azzerano quasi totaolmente i
costi sostenuti per contattre gli intervistati, per la produzione di materiale cartaceo di supporto alle
indagini e per il personale come stipendi, trasferte per effettuare le interviste, o di gestione di call
center. Forniscono i risultati in tempi più rapidi: le ricerche online infatti consentono di rendere
immediata la somministrazione di questionari alla popolazione e automatizzare la raccolta dei dati
in formati direttamente elaborabili. Rendono possibile al personalizzazione dell'indagine: le indagini
online consentono una maggiore personalizzazione, potendo essere facilmente adattate
all'intervistto, senza interazione diretta con il ricercatore. Consentono di proporre all'intervistato
una maggiore ricchezza di contenuti come immagini, suoni, filmati ed animazioni a costi contenuti
e con vantaggi in termini di coinvolgimento. Favoriscono un tasso di risposta comparativamente
più elevato, rispetto alle tradizionali modalità di effetuazione delle indagini; Consentono di
effettuare indagini su individui difficilmente raggiungibili per ragioni di distanza geografica o di stile
di vita (chi per esempio lavora di notte). Le ricerche online usano prevalentemente gli stessi
strumenti utilizzati da tempo nelle ricerche di marketing tradizionali, ma concepiti in modo tale da
sfruttare i vantaggi di questo canale, la multimedialità e l'interattività. Le ricerche online di tipo
qualitativo includono le chat interview, i focus group online e le video conference interview. Le chat
interview: è un'intervista che avviene in modalità sincrona tra ricercatore e intervistato, utilizzando
software per la gestione della comunicazione simultanea, le chat possono essere one to one o
chat di gruppo. Il primo tipo di chat, che consente di comunicare con una persona alla volta, è
utilizzabile con contatti personali e contenuti in una rubrica. Le chat di gruppo consentono la
comunicazione contemporanea di più persone, in quanto i messaggi sono contemporaneamente
inviati a tutte le persone che sono collegate al gruppo. Ci sono anche i focus group online che
ripropongono la logica dei focus group tradizionali nel mond di internet, usando chat e supporti
multimediali. Rispetto ai focus group tradizionali, l'interazione è meno personale e si perde la
visione della comunicazione non verbale; ha però il vantaggio di ridurre l'inibizione e
l'omogeneizzazione delle opinioni su quelle dei partecipanti dominanti, il reclutamento dei
partecipanti può avvenire sia online che offline è però necessario che i partecipanti abbiano
dimistichezza con il web e l'accesso ad esso.
Le video conference interview: è un'intervista face to face ma condotta a distanza, utilizzando gli
strumenti online che sono accessibili, oltre che tramite computer, anche con smartphone o tablet,
questo tipo di intervista consente, nonostante la distanza, di condurre interviste in profondità,
cogliendo anche la comunicazione non verbale. Consentendo di effettuare in rapida successione
più interviste a persone anche lontane, di velocizzare il processo di raccolta dati e contenrne i
costi. Ne consente inoltre la registrazione, utile per successive elaborazioni delle informazioni. I
limiti possono essere costituiti da limiti qualitativi della connessione a internet o degli strumenti
informatici.
Tra le tecniche con cui condurre indagini di tipo quantitativo si segnalano le email interview e le
web based interview che consistono nella versione online delle survey (indagini personali,
telefoniche o postali) con grandi vantaggi in termini di contenimento dei costi e dei tempi di
risposta. Sono tutte asincroniche. Recentemente, vista la diffusione di software gratuiti per la
redazione e gestione di indagini via web, la mail contiene un link al questionario online, per cui
essa diventa semplicemente la modalità di contatto dell'intervistato, che viene quindi invitato a
partecipare ad una web interview.
Le comunità online: in queste community, il consumatore può generare contenuti partecipando,
condividendo esperienze ed esprimendo le sue idee.
NETNOGRAFIA E TEXT MINING:
nuovi mercati da esplorare: le comunità online, son spazi come forum, blog dove i consumatori
interagiscono esprimendo in forma scritta i loro pensieri, le loro idee sui prodotti, servizi e marche.
Metodologie applicate: la netgrafia e il text mining, entrambe si fondano sulla raccolta e lo studio di
corpora linguistici, mentre la prima è una metodologia qualitativa basata sull'osservazione diretta
del consumatore nelle comunità online, la seconda è una metodologia quantitativa che impiegando
software linguistici, analizza insiemi estesi di dati testuali per trarre informazioni come categorie
semantiche, combinazioni linguistiche e relative frequenze. La netnografia è intesa come
l'etnografia applicata alla rete internet e ai social media, è uno dei metodi di ricerca che si basa su
tenche di osservazione dirette delle conversazioni che vengono generate online rispetto ad un
argomento specifico, ad un brand o ad un prodotto. La ricerca netnografica si prefigge quindi di
leggere il mondo con gli occhi dei membri delle comunità online, documentandone le interazioni
con una combinazione di osservazione e partecipazione da parte del ricercatore, che si immerge
nelle conversazioni degli utenti, diventanto membro stesso delle community che analizza e da cui
cerca di trarre informazioni. Segue poi la fase di analisi e interpretazione del contenuto raccolto,
che può avvalersi anche di metologie quantitative di text mining, questi tipi di analisi sono forme
particolari di data mining in cui i dati sono costituiti da testi destrutturati, da cui si cerca di estrarre,
attraverso metodi automatici o semi automatici, saperi e conoscenza utili per le imprese. L'analisi
interpretativa dei dati a disposizione permette di individuare ed estraarre dalle comunità online
diversi tipi di insights, utili per molteplici decisioni di marketing, in particolare, è possibile ricavare
informazioni sull'atteggiamento e sulla valutazione dei consumatori relativamente al valore
percepito dei prodotti dell'impresa o al brand, sulla reputazione della marca e sul grado di
soddisfazione dei consumatori.

PROGETTAZIONE DEL VALORE


- la scelta del segmento obiettivo ha dei riflessi importanti sull'elaborazione del valore dell'offerta e
delle politiche di marketing mix, può condizionare dunque il successo competitivo e la redditività di
prodotti e di marca.
- Si definisce la customer value proposition ovvero si idenificano gli elementi che rendono la nostra
offerta superiore rispetto ai concorrenti l'offerta dell'impresa.
- Questo passaggio è preliminare allo sviluppo del posizionamento competitivo: questo indica
come il prodotto, la marca, l'offerta si colloca nella mente dei consumatori rispetto alle loro
aspettative ed ai prodotti concorrenti. La scelta dei mercati obiettivo deve essere finalizzata ai
seguenti obiettivi::
- x consentire un'elevata soddisfazione degli acquirenti valorizzando le capacià distintive
dell'impresa;
- favorire le possibilità di differenziazione e innovazione della value proposition;
- contenere la pressione competitiva e prospettare una redditività soddisfacente;
- garantire una domanda potenziale coerente con la dimensione e gli obiettivi di sviluppo
dell'impresa.

SEGMENTAZIONE
E' un tema importante nel'ambito del marketing, segmentazione significa un'azienda che tra le
tante cose che deve fare quando si occupa di marketing, deve avere le idee chiare su chi sono i
suoi segmenti, ovvero i gruppi di clienti ai quali si rivolge. Esempio Patrizia Pepe: quando nacque
decise di rivolgersi a donne con taglia massima 44 e che avevano una personalità dinamica, età:
30-45 anni. Quando nacque nespresso il target fu sbagliato perchè erano per i professionisti. Noi
non si può generare valore per tutto il mondo, dobbiamo pensare a chi è destinato quel valore.
Questa è la MICROSEGMENTAZIONE. Bisogna fare un passo indietro, prima di fare una
microsegmentazione del mercato, l'impresa deve fare due scelte:
1) quella dela segmentazione strategica: la prima cosa che deve fare l'impresa prima di arrivare al
segmento, deve scegliere in che settore operare, il settore come si definisce? io posso lavorare nel
settore dell'abbigliamento, trasporto, ecc.... bisogna scegliere prima di tutto il settore dove
vogliamo sviluppare la nostra attività. Alla base della segmentazione c'è il settore. Come si
definisce? Si definisce in base alle caratteristiche dell'impresa come le risorse produttive, le
tecnologie disponibili, le capacità sviuppate. In molti casi è definito in funzione alla classe di
prodotto e a cui si aggiunge il gruppo di clienti a cui è rivolto o il tipo di uso a cui il prodotto è
destinato. La definizione non dovrebbe essere troppo ampia per evitare costi di analisi e neanche
troppo ristretta per non perdere opportunità interessanti. Dopo aver definito il segmento, l'impresa
definisce i macrosegmenti dei prodotti del mercato: ovvero che quando ho scelto, per esempio, di
lavorare nell'abbigliamento devo definire il prodotto mercato. Il prodotto mercato è una
combinazione delle tecnologie, gruppi di acquirenti e bisogni. Noi facciamo abbigliamento sportivo,
bene, si può fare abbigliamento sportivo casual wear, o sennò sport diversi come per il tennis, o il
calcio, ecc. Non si definisce solo che lavora nell'abbigliamento, o che lavoro nell'abbigliamento
sportivo per bambini, bisogna definire molte più cose: adolescenti? terza infanzia? inizio età
adulta?
Scegliere il prodotto mercato significa scegliere l'area del business, ovvero l'ASA (area strategica
di affari, ovvero area di business, ovvero prodotto mercato), io devo scegliere una di queste
combinazioni, una volta scelta vado poi a segmentare il mercato. Come faccio a sceglierla?
Sceglierò una di queste combinazioni in base alla minore intensità della concorrenza, a seconda
della struttura del settore, cioè, si scelgono prodotti/mercato in cui vi è la possibilità di acquisire
vantaggi competitivi, in base alle caratteristiche dei prodotti/mercato (dimensioni e tasso di crescita
del mercato, rischi che presenta, entità delle risorse necessarie per operarvi, ecc.). Dopodichè
scelgo il mio prodotto mercato e dentro il prodotto mercato creo i miei segmenti, ovvero lavoro sul
gruppo di acquirenti, tecnologie e bisogni, e bisogna spacchettare il tutto.
La microsegmentazione significa lavorare all'interno di un prodotto mercato, e significa individuare
degli acquirenti all'interno del prodotto mercato a cui rivolgercil ognuno dei quali deve risultare il
più possibile omogeneo al suo interno e significatamente differenziato rispetto agli altri nel modo di
reagire a specifiche politiche di marketing mix. E' questo il livello di disaggregazione che consente
di definire i target group a cui indirizzare l'offerta e le strategie di marketing da perseguire.
Segmentare il mercato significa:
1. IDENTIFICARE LE BASI DELLA SEGMENTAZIONE (individuare i criteri della segmentazione,
per esempio Patrizia Pepe adottò la taglia). I criteri utilizzabili per segmentare i mercati dei beni di
consumo possono essere classificate in quattro gruppi, i criteri per essere efficaci devono fornire
l'identikit dell'individuo medio che caratterizza il segmento, i segmenti forniscono fondate ipotesi
sui fattori sottostanti alla varietà dei fenomeni osservati, i segmenti sono oogenei al loro interno e
differenziati l'uno rispetto all'altro. Vediamo i vari criteri:
- Criterio di tipo descrittivo: La segmentazione del mercato si basa su variabili descrittive dei
consumatori che sono correlate a differenti modalità di valutazione e scelte d'acquisto, le variabili
più usate sono: variabili socio demografiche come il sesso, l'età, l'istruzione, l'ocupazione, la
composizione del nucleo familiare, la regione, l'etnia), variabili economiche e variabili geografiche,
queste variabili portano ad avere lo stesso comportamento di acquisto di queste persone che sono
accomunate con queste cose. Con queste variabili si possono creare tanti segmenti. Quali sono i
vantaggi dei criteri di tipo descrittivo? La facilità di misurazione che avviene su scale definite e di
semplice comprensibilità, la facilità nel reperimento ed elevata oggettività e attendibilità dei dati,
semplicità delle tecniche che ne supportano l'impiego, disponibilità di servizi general purpose (a
costi contenuti) che consentono incroci articolati tra le suddette variabili. Questo criterio però ha
dei limiti, persone che sono simili per le variabili avranno sicuramente lo stesso comportamento di
acquisto? Non è detto, anzi, questo è il limite di questo tipo di segmentazione;proprio per questo
limite si introduce:
- Criteri basati sui benefici ricercati: è un a segmentazione che recupera, ingloba la segmentazione
descrittiva; consiste nell'andare a segmentare il mercato, nel creare gruppi omogenei di persone
tenendo conto dei benefici che le persone ricevono da quel prodotto. Utilizzando questo criterio
creiamo gruppi omogenei di persone, e sono oogenei perchè ricercano in quel prodotto lo stesso
beneficio; Io devo fare una lista dei possibili benefici che possono essere ricercati all'interno di un
determinato prodotto, si effettua un'indagine su un campione rappresentativo di consumatori per
rilevare l'importanza assegnata ad ogni beneficio, e poi vengono suddivisi i consumatori in gruppi
omogenei in base alle diverse valutazioni espresse, e questa è la cluster analysis. Quali sono le
difficioltà che incontra questo tipo di segmentazione? Sono di varia natura, per esempio i benefici
ricercati che tendono a variare rispetto alla situazione d'uso, per cui può rendersi necessario
sviluppare l'analisi considerando diverse modalità di utilizzo del prodotto; questo tipo di
segmentazione deve connettersi a forme appropriate di segmentazione descrittiva, altrimenti
l'impresa che se ne avvale non è in grado di sviluppare coerentemente le proprie politiche di
mercato. Ciò perchè le mancano riferimenti omogenei che le consentano di scegliere i media
comunicazionali preferiti dal segmento cui essa indirzza la propria offerta, i canali distribituvi di cui
tale segmento maggiormente si avvale, e così via. Un vantaggio della benefit segmentation è di
consentire all'impresa di affrontare in modo unitario e con l'uso delle medesime tecniche di analisi
sia i propri problemi di segmentazione deol mercato, sia quelli di posizionamento competitivo del
prodotto. Esempio: Yankelovich nel 64 ha fatto la prima segmentazione del mercato degli orologi,
aveva individuato il segmento del risparmio che costituiva il 23 per cento del campione indagato,
gli individui che appartengono a questo segmento sono alla ricerca di un orologio che funzioni in
modo accettabile al prezzo più basso possibile, questi soggetti sono disposti a sostituire questo
orologio anche entro un anno qualora presenti difetti di funzionamento. Il segmento durata e
qualità di cui facevano parte il 46 per cento del campione indagato: i soggetti di questo segmento
ricercano un orologio che si caratterizzi per una lunga durata, dotato di design e che sia di fattura
artiginale, questi soggetti sono pronti a pagare un prezzo elevato. E poi il segmento simbolismo, di
cui facevano parte il 31 per cento del campione indagato, i membri componenti il segmento sono
alla ricerca di un orologio con caratteristiche a forte valenza affettiva ed estetica, il prodotto ha in
questo caso un significato simbolico, su questi clienti esercitano una forte influenza la marca e
l'influenza dell'orologiaio-gioielliere.
- Criteri basati sul comportamento di acquisto del consumatore: questi spostano l'attenzione dalle
caratteristiche dei consumatori al loro rapporto con il prodotto, con la marca, con il fornitore. Un
primo criterio adottato solo in anni molto recenti a seguito degli studi del neuromarketing si basa
sulle risposte cognitive ed emozionali dei consumatori agli stimoli a cui sono sottoposti. Studi di
neuromarketing mostano che i motivi che spingono gli uomini allo shopping sembrano essere più
utilitaristici, mentre i motivi dello shopping femminile tendono ad essere edonistici. Qui quindi ci si
basa sui connotati ricercati del prodotto, e ci si concentra sul rapporto che il consumatore ha con la
marca, con il prodotto, ecc. Si va a segmentare il mercato sulla base del comportamento di
acquisto. Come vado ad operare? Vado a segmentare il mio mercato, creo i miei segmenti
tenendo conto del comportamento di acquisto di un prodotto, per esempio del cioccolato: per
consumo, per regalo, o per fare dolci. - > sono tre segmenti diversi. Sennò posso segmentare il
mercato a seconda dell'intensità d'uso del prodotto: i consumatori forti, medi e deboli. Oppure
posso segmentare il mercato sulla base del rendimento, in base a quanto spendo,si possono
classificare i clienti in funzione del rendimento che possono assicuraare all'impresa, al netto del
costo del tempo che occorre loro dedicare e dei servizi specifici che richiedono. Oppure posso
segmentare il mercato sulla base della fedeltèà alla marca: si indaga la sequenza degli acquisti
effettuati dai consumatori rispetto alle marche, si possono distinguere i consumatori fedeli ad una
sola marca oppure a due o più marche, dai consumatori che tendono ad acquistare ad ogni
occasione marche differenti.
- Criteri basati sullo stile di vita: segmento il mercato in base allo stile di vita, raggruppa i
consumatori in base alle motivazioni individuali, alle personalità ed agli stili di vita in rapporto al
consumo. Un segmento è formato da persone che hanno in comune valori, interessi e attività.
L0'insieme dei valori che rappresentano il livello stabile e duraturo nel tempo, e sono costituiti dai
principi fondamentali in relazione ai quali gli individui maturano orientamenti, decisioni e azioni
(valori etici, valori sociali, attenzione all'ambiente, valori politici, valori religiosi, ecc.), l'insieme degli
interessi, delle opinioni e delle convinzioni di un soggetto che costituiscono il livello intermedio, loro
tendono a variare velocemente rispetto ai valori e risultano più strettamente legati a fenomeni
concreti (famiglia, tempo libero, lavoro, hobby, sport, politica, cultura,, società). L'insieme dei
prodotti acquistati e consumati in relazione ai due livelli precedenti: è il livello più periferico e
instabile, all'interno di questo livello rientrano i comportamenti degli individui che hanno un impatto
sui consumi (beni acquisti con riferimento a hobby, sport praticato e tempo libero). Nike è un
esempio, segmenta il mercato sulla base degli stili di vita: non conta l'essere sportivo, ma avere
uno stile di vita sportivo, elemento: motivazione che è connotato e caratterizza ch iha uno stile di
vita sportivo.
Dopo aver scelto i criteri di segmentazione bisogna analizzarli:
2. DESCRIZIONE DEL PROFILO DEI SEGMENTI (descrivere la quantificazione dei fattori di
successo delle tendenze evolutive) --> 2quindi si procede a descrivere i segmenti raccolti
raccogliendo poi tutte le informazioni necessarie per valutarne l'attrattività (dimensioni, dinamica,
redditività potenziale) e la praticabilità (vantaggi competitivi sui concorrenti). Per esssre utili da un
punto di vista di marketing, oltre ai reqquisiti indicati, i segmenti devonoe ssere dotati di due
caratteristiche: misurabilità --> possibilità di quantificare alcune caratteristiche fondamentali del
segmento per poter stimare gli obiettivi conseguibili e le risorse necessarie per perseguirli, e
accessibilità: disponibilità di media, canali o altro che consentano di sviluppare politiche mirate sul
segmento senza eccessiva dispersione di risorse. Più è grande il segmento più è interessante,
sapere il numero, la quantità del segmento è importante, e anche come lo posso raggiungere è
importante da sapere.
3. VALUTAZIONE DELL'ATTRATTIVITA' E DELLA PRATICABILITA' (valutare la domanda, la
pressione competitiva, la possibilità di differenziazione, la possibilità di vantaggio competitivo).
Bisogna vedere la dimensione e la prospettiva di crescita della domanda, quanta gente c'è dentro i
segmenti, dovrò non solo vedere quante persone ci sono all'interno, ma dovrò vedere anche come
si evolverà; poi devo vedere la pressione competitiva che dipende dai raporti quantitativi tra
domanda ed offerta, dalla numerosità delle marche presenti nel segmento, dal clima competitivo,
dalla concorrenza rappresentata da prodotti sostitutivi, dalle barriere all'entrata. Poi dobbiamo
vedere la possibilità di differenziazione e di innovazione: possibilità di acquisire vantaggi
competitivi modificando i fattori sui quali i concorrenti hanno finora fatto leva nel definire le loro
offerte di valore.
4. SELEZIONE DEI SEGMENTI OBIETTIVO, SCELTA DELLA STRATEGIA DI SEGMENTAZIONE
(le strategie possono essere: indifferenziata, differenziata, con segmenti multipli, concentrata,
focalizzata, one to one), questo è un tema delicato, una volta che noi abbiamo selezionato i nostri
segmenti, dobbiamo decidere come coprire questi segmenti, abbiamo diverse alternative, noi
possiamo adottare una strategia di copertura indifferenziata, pensiamo a nutella e coca cola,
strategia indifferenziata significa che l'impresa offre i prodotti che sono destinati in tutti i segmenti,
ipotizziamo che abbiamo scelto tre segmenti, li copriamo vendendo a tutti e tre i segmenti lo stesso
prodotto, li vendiamo a tutti nello stesso prezzo, una volta scelta i nostri segmenti, fatta l'analisi
dell'attrattività e praticabilità decidiamo di vendere a tutti allo stesso modo. Es: nutella e coca cola,
due aziende che si rivolgono a tanti segmenti perchè sono variegat, su mercati nazionali ed
internazionali: stesso prezzo, stessa modalità di vendita, ecc. Questa è una strategia
indifferenziata, quando si usa? Si adottano quando le persone valutano il prodotto secondo pochi
attributi, perchè sono prodotti standarizzati. Questo ragionamento si fanno sui prodotti conosciuti
sul mercato e che hanno una distribuzione capillare. E' un vantaggio per l'iprsa questa strategia, di
costo.. non devo adattare il costo sul target, di distribuzione sul target, faccio lo stsso marketing
mix per tutti i segmenti. Però presenta il rischio di erosione di quote di mercato di imprese che
fanno offerte di valore sui singoli segmenti.
Le strategie differenziate: diversamente dalle indifferenziate, nella strategia differenziata, ogni
segmento che ho scelto, copro quei segmenti, variando per ogni segmento il mio marketing mix. Io
posso realizzare dei prodotti che si rivolgono a segmenti diversi, possono cambiare quello che è il
marketing mix, con differenti politiche. Esempio: Volskwagen, le case automobilistiche hanno
strategie differenziate, hanno brand diversi che si rivolgono a pubblici diversi, a ognuno di quei
segmenti fa un marketing mix diverso: il cliente della polo non è il cliente della volskagen, ecc. ecc.
Queste strategie richiedono ingenti risorse umane, tecniche e finanziare, ma possono consentire di
raggiungere elevati volumi di vendita perchè consentono di concliare politiche di offerta differenti
senza che si danneggino reciprocamente sul piano dell'immagine.
Strategie di focalizzazione: in cosa consiste? Può essere una strategia di specializzazione su
segmenti multipli --> vuol dire che io vado a focalizzarmi su dei segmenti dove uno è multiplo
dell'altro, sono segmenti diversi ma che sono simili, aggregati per similarità, come lo shampoo
johnson che è destinato al segmento dei bambini, ma è venduto anche agli adulti che vogliono uno
shampoo delicato. L'impresa individua vari segmenti obiettivo che possono esere distinti anche se
raggiungibili con un prodotto che presenta caratteristiche tali da risultare attrattivo per tutti. Es: I
produttori di SUV rivolgono lo stesso prodotto a chi ha bisogno di un fuoristrada per esigenze
funzionali, sia ad un segmento di consumatori che sceglie il SUV per ragioni di prestigio. Queste
strategie possono consentire di ampliare i mercati di riferimento contenendo i costi.
Strategie concentrate: mi rivolgo ad un segmento ben preciso ma configuro comunque l'offerta in
modo da poter risultare interessante anche per altri segmenti; come gli orologi sector che nascono
per gli sportivi ma già fin dall'inizio sono stati creati tenendo conto che non fossero solo per gli
sportivi.
Strategie focalizzate: ci si concentra davvero su un solo segmento obiettivo e si va a soddisfare
quel segmento, quando è nata perlana black magic che viene usato per lavare i capi ner e quindi
non quelli colorati --> prodotto specifico. Qui il segmento è netto.
Strategie di nicchia: nicchia -> qualcosa di più piccolo di un segmento, la nicchia è uno spazio di
mercato di dimensioni contenute, formato da consumatori che hanno esigenze specifiche e sono
disposti a riconoscere un plusvalore alle imprese in grado di soddisfarle con offerte appropriate.
Questo richiede capacità distintive acquisibili con investimenti specifici. Esempio: FIAM, impresa di
produzione di articoli in vetro curvato, realizzato seguendo processi artigianali ed industriali.
(Anche la Ferrari è un prodotto di nicchia).
Strategie di Marketing One to One: il ''marketing individualizzato'' comprende e serve interessi e
bisogni di gruppi selezionati di consumatori i cui profili sono noti all'impresa e implica l'adattamento
e personalizzazione dell'intero sistema di offerta, a partire dal prodotto/servizio fino a fatturazione,
package, servizi logistici e ditributivi, comunicazione, prezzo.

Segmentare il mercato: identificare un gruppo di persone a cui noi (impresa) ci rivolgiamo, e


questo gruppo di persone devono avere delle cose in comune. L’azienda deve vedere quanta
rendita gli da questo tipo di segmento. Bisogna fare l’analisi dell’attrattività a lungo periodo tenendo
conto dei concorrenti che sono importanti. Es: redbull, ha aperto un mercato nuovo: bibita
energizzante, non ha fatto una copia della coca cola. Bisogna studiare anche la praticabilità: se
sono in grado di entrare in quel mercato, ho le competenze, le risorse economiche per entrare in
quel settore? Dopo aver selezionato i segmenti obiettivo bisogna rispondere alla domanda:
‘’perché i consumatori che appartengono al nostro target ci dovrebbero comprare?’’ La risposta sta
in un sistema di prodotto che sia in grado di offrire ai nostri clienti un valore superiore a quello dei
prodotti concorrenti, e anche nella capacità di far percepire ai nostri clienti gli elementi di
superiorità della nostra proposta. Che tipo di benefici possiamo realizzare con il prodotto?
- Funzionali: offrono prestazioni rispetto ai prodotti della concorrenza.
- Esperienziali: rispondono alla ricerca di esperienza d’acquisto e di consumo piacevoli e
coinvolgenti
- Sociali: possono essere riferiti ai significati simbolici ed espressivi del bene o della marca (simboli
di status, espressione di stili di vita, segno d’appartenenza ad un gruppo, ecc.)
- Psicologici: quando l’acquisto e l’utilizzo del bene concorrono all’autorealizzazione, generano
autostima e sicurezza.
Accanto ai benefici ci sono i sacrifici, ovvio che quando facciamo gli acquisti oltre i benefici ci sono
anche i sacrifici:
- Transazionali: i costi informativi, valutavi, di reperimento.. il tempo che si perde per cercare
informazioni per quel prodotto.
- Economici: il prezzo d’acquisto, costo di esercizio, modalità di pagamento/finanziamenti
- Psicologici: ansia e insicurezza che derivano dai rischi connessi all’acquisto del bene che
possono dipendere da fattori di tipo funzionale, sociale ed economico.
- Di apprendimento: sono connessi all’acquisizione di adeguate capacità di utilizzo del prodotto e
consistenti nel tempo da dedicare, nell’impegno richiesto, nelle difficoltà da superare, ecc.

Noi creiamo valore per il consumatore quando i benefici sono maggiori rispetto ai sacrifici.

Noi offriamo dei benefici, dobbiamo definirli bene. Definire l’insieme dei benefici significa definire la
CUSTOMER VALUE PROPOSITION, che appunto definisce il valore progettato, specificando
come la complessiva prestazione fornita al consumatore deve generare un valore differenziale,
rispetto ai concorrenti, per il target scelto. Come provvede l’impresa a definire la customer value
proposition? Per definirla l’impresa deve identificare quali sono i fattori che determinano il valore
percepito della prestazione dell’impresa e quali sono i fattori su cui i concorrenti fondano la loro
offerta di valore e quali sono le capacità distintive e gli obiettivi strategici perseguiti.
Bisogna essere originali, andare oltre, ecco come nasce Nespresso, per esempio: un nuovo modo
di fare caffè. Bisogna considerare i benefici ricercati dal consumatore e le finalità che vuole
raggiungere ed, in funzione di questi, ricercare soluzioni innovative che gli consentono di
conseguire in modo più soddisfacente ed efficiente gli obiettivi perseguiti. Noi dobbiamo studiare il
posizionamento del prodotto o della marca, io impresa voglio capire come il mio brand è percepito
nella mente dei consumatori. Ogni azienda definisce il suo posizionamento, e quando definisco il
posizionamento definisco degli attributi che caratterizzano la mia offerta, la mia marca, poi dopo
chiedo ai consumatori come mi percepiscono.
Alcuni esempi di posizionamento: per la pasta può essere la tenuta di cottura, il prezzo
conveniente, l’esclusività della marca, la naturalità degli ingredienti, ecc. ecc..
Ci sono alcune strategie conseguenti all’analisi del posizionamento, e possono essere:
- strategie conservative: che servono a mantenere e rafforzare il posizionamento esistente.
- strategie di riposizionamento: tendenti a modificare la percezione e che i consumatori hanno della
marca (per esempio cenar era un prodotto associato a cilindri e quindi era percepito come bibita
per anziani, la sua immagine è stata riposizionata cambiando i canoni comunicativi).
- strategie di affiancamento: quanto viene lanciato un nuovo prodotto (o marca) che si affianca a
quelli dell’impresa già esistenti destinato ad occupare un posizionamento diverso dagli altri (come
nuova fiat 500 o nuova fiat panda)
- strategie delle preferenze: al fine di generare una migliore corrispondenza tra prodotti ideali ed il
posizionamento di una marca.
- strategie di modifica delle basi di posizionamento: vengono definiti i nuovi assi in base ai quali
posizionare i prodotti offerti (valori umanitari ed ecologici stanno caratterizzando sempre più
prodotti e marche diverse).

Vediamo il ruolo che ha il marketing nelle strategie di impresa:


Il marketing ha un ruolo importante, svolge un ruolo di attività permanente alla conoscenza del
mercato, del consumatore, le dinamiche sociali, porta delle novità all’azienda. Il marketing si è
evoluto lungo tre dimensioni:
- quella tattica: enfasi sulle decisioni operative e sui risultati di breve termine, espressi in volume
della vendita e quota di mercato (anni 70).
- Negli anni 80 emerge la dimensione strategica: studiare il consumatore.

E poi si studia anche la concorrenza, l’ambiente. Il marketing ha un ruolo importante per l’impresa
perché permette all’impresa dove stanno andando le dinamiche di consumo, cosa vogliono i
consumatori e cosa fa la concorrenza. Il marketing proprio perché fa questa analisi, aiuta l’impresa
a fare delle scelte strategiche:
- Strategie di crescita in senso stretto: Dove lo sviluppo può essere perseguito attraverso:
a. La penetrazione del mercato: l’aumento delle vendite dei prodotti attuali nei mercati già esistenti
(aumento dell’efficacia e dell’efficienza del marketing mix).
b. Lo sviluppo del mercato: aumento delle vendite introducendo prodotti attuali in nuovi segmenti
(canali distributivi, nuove aree geografiche).
c. Lo sviluppo del prodotto: incremento delle vendite creando nuovi prodotti per i mercati attuali (si
può espandere la gamma dei prodotti, rinnovare la linea di prodotti).

Strategia di integrazione: quando io impresa assumo il controllo di attività strategiche importanti


che sono collocate prima di me sulla filiera, l’obiettivo è quello di migliorare la redditività
assumendo appunto il controllo di attività diverse che hanno importanza strategica e sono
collocate nella filiera di cui si è parte:
a. Integrazione a monte: per consolidare o difendere una fonte di approvvigionamento di
importanza strategica (materie prime, semilavorati, componenti).
b. Integrazione a valle: per assicurare all’impresa il controllo degli sbocchi di mercato (controllo
della distribuzione attraverso l’apertura di punti vendita di proprietà).
c. Integrazione orizzontale: per rafforzare la posizione concorrenziale assunta in uno specifico
livello della filiera tramite acquisizioni o il controllo di gruppi specifici.

Strategia di diversificazione: si decide di operare in un’area completamente diversa rispetto a dove


lavoravamo prima.
a. Diversificazione concentrica: l’impresa decide di operare su mercati nuovi rispetto a quello di
origine con l’obiettivo di aggiungere al suo portafoglio nuove attività che siano complementari alle
attività esistenti sul piano tecnologico e/o commerciale. (Armani e Armani casa).
b. Diversificazione pura: l’impresa decide di entrare in nuove attività che non manifestano alcun
rapporto con le attività presidiate, né sul piano tecnologico, né su quello commerciale.
(Il marketing aiuta a scegliere dove e come diversificarsi, dove conviene investire)

Il marketing aiuta anche a studiare l’ambiente competitivo, permette all’impresa di studiare


l’ambiente: quali sono i nostri concorrenti, quali sono le forze competitive con quali dobbiamo
confrontarci, per fare quest’analisi usano il modello di porter: sul mercato ci sono dei concorrenti,
delle forze competitive, e sono cinque: potenziali entranti, fornitori, acquirenti, concorrenti diretti e
prodotti sostitutivi.
Chi sono i concorrenti diretti, ci dice quanto è intensa la competizione nel mercato che è dovuta a
diversi fattori che sono fra loro interrelati e tra questi troviamo: il tasso di crescita del settore, la
forza di marca dei singoli competitor, il grado di concentrazione del settore, il grado di
differenziazione tra i prodotti, la struttura dei costi fissi delle imprese del settore.
I potenziali entranti sono i soggetti che sono interessati al business e ad entrare nel settore,
entrano proponendo un’offerta di valore al mercato, le imprese che operano già nel settore
dovrebbero erigere delle barriere all’entrata, le barriere all’entrata sono per esempio la marca che
può essere un asset strategico che impedisce ai nuovi entranti l’acquisizione di clienti in virtù della
fiducia e fedeltà riconosciute nel tempo alla marca, la leva dei pricing sulla base di economie di
costo (economia di scala) che l’impresa riesce a detenere.
Prodotti sostitutivi: sono beni che pur avendo una tecnologia diversa svolgono la stessa funzione di
base, il grado di sostituibilità è misurato tenendo conto del grado di elasticità incrociata, essa
misura la variazione percentuale della quantità venduta di un prodotto rispetto alla variazione
percentuale del prezzo di un altro prodotto. Quando all’aumentare del prezzo del prodotto B si
assiste ad un aumento della quantità venduta del prodotto A, siamo in presenza di prodotti
sostituibili per il cliente.
Acquirenti: sono in grado di influenzare la marginalità dell’impresa all’aumentare del potere di
negoziazione di cui sono detentori. Questo è legato a diversi fattori: volume degli acquisti
(maggiore è il volume di acquisti del cliente maggiore sarà il potere negoziale con l’impresa),
alternative di fornitura (maggiore è il numero di alternative a disposizione del cliente rispetto al
prodotto dell’impresa, più alto sarà il potere negoziale). La possibilità del cliente di procedere a
processi di integrazione verticale a monte (il retailer oltre a detenere potere negoziale nei confronti
delle imprese industriali in virtù dell’incidenza sugli acquisti dei consumatori, hanno inserito in
assortimento prodotti a marca commerciale.)
I fornitori: rappresentano gli attori in competizione con l’impresa in virtù del potere di negoziazione
che possono detenere che discende dalla concentrazione dell’offerta (minore è il numero di
fornitori presenti sul mercato, maggiore è il loro potere negoziale); se l’offerta del fornitore
rappresenta una componente strategica per il prodotto dell’impresa, maggiore sarà il potere
negoziale da questa detenuto. E poi le strategie di integrazione a valle che vanno ad incidere sulla
pressione competitiva che i fornitori possono esercitare.
Quando noi studiamo i concorrenti, studiamo anche la quota di mercato, la dobbiamo confrontare
con i competitor. La quota di mercato è importante nel marketing; cosa ci dice la quota di mercato?
Ci dice quanto vendiamo noi rispetto a quanto vendono i concorrenti. La quota di mercato a
quantità è il rapporto in percentuale tra il volume totale in quantità dei prodotti venduti dall’impresa
ed il volume in totale della quantità dei prodotti venduti da tutte le imprese nell’area di business in
un determinato tempo in un determinato ambito geografico. La quota di mercato si può calcolare
anche a valore —> è il rapporto in percentuale tra il fatturato dell’impresa ed il fatturato totale
dell’area di business in un determinato tempo in un determinato ambito geografico.
Nel primo caso: quanti pezzi facciamo in più rispetto ai concorrenti, nel caso del calcolo a valore:
quanto io vendo di più rispetto ai concorrenti.
La quota di mercato a valore è quella più diffusa, la prima ha più senso con i prodotti di lusso.
La quota di mercato può essere anche lavorativa: misura il rapporto in percentuale tra la quota di
mercato dell’impresa e la quota di mercato di un concorrente rilevante.

VANTAGGIO COMPETITIVO: CARATTERI, STRATEGIE DI BASE E STRATEGIE COMPETITIVE


Un tema importante quando si parla di concorrenza è sviluppare un vantaggio competitivo,
l’azienda è ovviamente aiutata dal marketing per farlo. Il vantaggio competitivo vuol dire che io
marketing devo aiutare l’impresa a generare un vantaggio competitivo, devo fare in modo che il
valore che io genero in più per il consumatore, rispetto ai concorrenti, deve essere superiore al
differenziale di costo che si deve sostenere. Questo differenziale dipende dalle capacità distintive
dell’impresa:
Porter afferma che il vantaggio competitivo deriva fondamentalmente dal valore che un’azienda è i
grado di creare per i suoi acquirenti, che fornisce risultati superiore alla spesa sostenuta per
crearlo.
Grant evidenzia che quando due o più imprese competono all’interno dello stesso mercato,
un’impresa possiede un vantaggio competitivo sui suoi rivali quando ottiene in maniera
continuativa una redditività superiore, o quando ha la possibilità di superarla.
Noi dobbiamo distinguere che il vantaggio competitivo può essere di due tipi:
- vantaggio competitivo esterno: noi azienda creiamo valore al consumatore ad un costo più basso
rispetto ai concorrenti, il valore esterno è direttamente riconducibile al percorso di ‘’offerta di valore
differenziale’’ del prodotto. Si consegue una differenziazione rispetto ai concorrenti quando
un’impresa è in grado di offrire qualcosa di unico al quale gli acquirenti attribuiscono un valore che
va al di là delle offerte a più basso prezzo dei concorrenti; in questo’ottica i clienti sono quindi
disposti a comprare un bene riconoscendogli un premium Price rispetto alla media dei prezzi dei
competitors.
- il vantaggio competitivo interno: si basa invece sulla capacità dell’impresa di controllare i costi di
produzione, di amministrazione e/o di gestione della marca-prodotto in modo più efficiente di
quanto non riescano a fare i competitors. Questo vantaggio genera valore nella misura in cui
permetta all’impresa di vendere i propri output ad un prezzo unitario medio inferiore a quello dei
concorrenti e/o del concorrente più pericoloso. L’impresa riesce a raggiungere un livello di
redditività superiore (incremento delle vendite) potendo resistere ad una diminuzione del prezzo di
vendita liberamente stabilito dall’impresa o viceversa imposto dalla domanda e/o dalla
concorrenza.
Come si genera una quantità superiore? A causa delle:
- Economie di scala: sono una riduzione del costo unitario del prodotto che si può ottenere con
l’aumento della scala di produzione; i costi fissi unitari relativi alla produzione di livelli elevati di
output sono più bassi rispetto a quelli che si manifestano per livelli più bassi dello stesso output. Si
pensi alle considerevoli economie di scala che un’impresa agro alimentare come rana può ottenere
grazie ai volumi di produzione realizzati e commercializzati nei mercati del largo consumo; questa
impresa, presidiando una vasta domanda riesce in un dato tempo ‘’t’’ a generare costi medi di
produzione inferiori grazie alla minore incidenza dei costi di struttura sui prodotti realizzati e
venduti.
Effetto esperienza: immaginiamo una persona davanti alla catena di montaggio che ogni giorno fa
lo stesso lavoro, la stessa operazione, più produce più ha esperienza, più è bravo, è più veloce,
meno errori e quindi meno sprechi —> economia di esperienza, all’aumentare dell’esperienza si
riesce a ridurre i costi. E riducendo gli errori si è in grado di ridurre anche i costi aggiuntivi. L’effetto
esperienza si ha quando il costo unitario del valore aggiunto di un prodotto omogeneo, misurato in
unità monetaria costanti, diminuisce di una percentuale fissa e prevedibile ogni volta che la
produzione totale cumulata raddoppia,
Economie di scopo: si hanno tutte le volte in cui la produzione o la vendita di due beni differenti
all’interno di una determinata impresa consente di ottenere una riduzione dei costi rispetto alla
situazione in cui tali beni siano prodotti da due imprese distinte. Pensiamo che noi produciamo due
prodotti e in qualche modo li produciamo condividendo lo stesso impianto, questa cosa —> ho
delle economie di scopo, produco due bei diversi con lo stesso impianto. Appunto il presupposto
delle economie di scopo è che le diverse attività produttive possano condividere delle risorse,
siano esse materiali o immateriali, questo si ha condividendo delle capacità produttive o
condividendo strutture della rete di vendita. Le risorse immateriali possono essere importanti fonti
di economie di scopo visto che possono essere riutilizzabili potenzialmente in modo illimitato. Tra
queste troviamo la notorietà del marchio, la reputazione dell’impresa, il knew how tecnologico, la
conoscenza del mercato e la capacità di interpretare le preferenze dei clienti.
Il gruppo Calzedonia, ad esempio beneficia di economie di scopo derivanti dalle comuni attività di
interpretazione e di presidio del mercato per i propri brand.

LE POLITICHE DI PRODOTTO
Il prodotto è la leva principale del marketing mix, le politiche del prodotto comprendono l’insieme
delle decisioni aziendali che riguardano i prodotti da offrire sul mercato, considerati sia
singolarmente che nel loro insieme, il prodotto rappresenta l’output dell’attività aziendale che la
contraddistingue agli occhi del consumatore e la differenzia rispetto ai concorrenti, esso è anche
l’insieme degli attributi materiali e immateriali che definisce un sistema complesso di valore che il
consumatore ricerca per trovare soddisfazione ai bisogni.
Nella sua concezione ampia, il valore del prodotto è determinato non solo dagli attributi fisici ma
anche dalla marca, dal prezzo, dai servizi annessi e dal modo i cui esso è comunicato e distribuito
al cliente. Il marketing mix ruota intorno al prodotto, alla ricerca di uno sfruttamento sinergico di
tutti gli elementi che contribuiscono a completare l’offerta di valore dell’impresa e a renderla
percepibile e fruibile da parte del consumatore. Il prodotto è un output produttivo che, a motivo
delle utilità derivanti dai suoi attributi (fisici o immateriali), tende a specificare e soddisfare le
aspettative di definiti gruppi di fruitori o utilizzati.
Intorno al prodotto: aspetti estetici, accessori, esperienze, ecc. perché deve essere così? Perché
noi abbiamo davanti un consumatore complesso, il cliente anche nello stesso target è diverso,
quindi il prodotto deve essere pensato come una soluzione alle esigenze del consumatore che fa
parte di quel target. Quindi la struttura muldimensionale del prodotto è importante.
La concezione estensiva di prodotto: rileva le numerose possibilità di differenziazione (il prodotto è
un mix articolato di attributi materiali e non). L’impresa vende un prodotto generico, es: auto. Io
vendo solo auto? No, io vendo un prodotto atteso —> vendo l’auto, ma vendo anche delle
caratteristiche, oltre l’auto mi immagino che ci sia l’airbag, il navigatore, l’aria condizionata ->
elementi di base. Prodotto atteso : prodotto generico e prodotto ampliato, benefici aggiuntivi.
Inoltre, l’azienda può vendere anche un prodotto potenziale ovvero quello che è in più: per le auto,
per esempio —> la possibilità di cambiare gli interni della macchina.
Una distinzione è tra prodotti beni industriali e beni di consumo:
- beni industriali: sono impiegati dalle imprese all’interno di processi produttivi per creare prodotti
finiti.
- i beni destinati al consumo: sono invece usati dagli acquirenti finali per soddisfare i propri bisogni.
I beni di consumo, il prodotto che io creo per il consumatore.. quali sono? Posso fare dei prodotti
indipedenti quindi vendo samsung che fa tv, telefoni, pc; oppure prodotti complementari ovvero
stampanti e cartucce. Però io posso vendere anche prodotti durevoli: elettrodomestici; non
durevoli: alimentari, terminano dopo un uso o comunque in tempi brevi.

A noi di marketing ci interessa lavorare sul tema della distinzione del prodotto in base al processo
di acquisto, perché un prodotto per il consumatore può essere per esempio ‘’convenience goods’’
di alto consumo, acquistati spesso, il consumatore per acquistare non perde molto tempo, perché
sono: pane, latte, patatine, gomme, aspirina, ombrello, ecc. —> sono beni che il consumatore
acquista ‘’rilassato’’, non è che ci pensa. Qui il marketing deve lavorare molto sul packaging che
deve rilasciare l’impulso d’acquisto.
I preference gods: sono prodotti simili ai convenience, ma rispetto a loro generano un maggior
coinvolgimento emotivo, anche se pure qui il consumatore li compra senza dedicare troppo tempo
alla scelta, senza rischi, ecc. es: detersivo che ha un brand particolare, compro il brand, sono più
presa emotivamente.
Oppure ci sono gli shopping good: beni durevoli, prezzo elevate e bassa frequenza di acquisto, qui
il consumatore pensa ai rischi e ci perde più tempo prima di acquistare (auto, pc, ecc.)
Gli speciality goods: sono i prodotti esclusivi, come un Rolex, hanno un prezzo elevato,
caratteristiche di unicità e proprio in virtù di questa unicità il consumatore è disposto ad acquistarli.
Rientrano qui tutti i prodotti di lusso: auto, alta modo e anche articoli molto specifici come
macchine fotografiche ed attrezzature sportive.

I prodotti si distinguono in base al grado di intangibilità dell’offerta:


- i search goods: sono caratterizzati da un elevato contenuto tangibile che li rende facili da valutare
sulla base di informazioni acquisibili prima dell’acquisto (abbigliamento, gioielli, auto, ecc.)
- experience goods: sono caratterizzati da un maggior livello di intangibilità e sono correttamente v
valutabili dopo averli sperimentati (vacanze, ristorante, ecc.)
- credence goods: sono fortemente caratterizzati da elementi intangibili che difficilmente possono
essere valutati anche dopo averne usufruito (prestazione medica, riparazione auto, ecc….)

LEZIONE FRESCOBALDI
Frescobaldi ha diversi quartieri generali, uno di questi a Nipozzano.
Frescobaldi più che vendere il loro prodotto vende il brand.
Cosa succede nel mondo Frescobaldi? Parliamo di un’esperienza di Marketing:
Segmentazione —> segmentare un prodotto significa comunicare il prodotto ad un CERTO
TARGET, che hanno interessi e bisogni vicini a quel prodotto, una volta capiti quei bisogni si studia
e si costruisce un’offerta apposita.
Un’azienda, generalmente, prima di tutto fa una ricerca, Frescobaldi ha fatto 1500 interviste (ad un
target vicino all’azienda), hanno filtrato un mondo vicino a Frescobaldi (35 anni in su, che consuma
vino abbastanza spesso, con un livello di istruzione medio alta, che abiti in dieci città dove
frescobaldi è più presente). Le interviste: casi -> via internet, e poi quelle al telefono.
Questa analisi ha portato a cinque segmenti, cinque gruppi, cinque cluster:
- CLUSTER A: pesa per un 23 per cento del totale degli intervistati, viene chiamato il bevitore
appassionato, è un gruppo molto coinvolto nel vino e nell’acquisto, disposto a spendere un po’ di
più ed è curioso su tutto quello che riguarda il mondo del vino.
- CLUSTER B: pesa per un 37 per cento del totale degli intervistati, viene chiamato il bevitore
ecosostenibile, è quello che pesa di più, è un segmento moderno perché si sviluppato
recentemente, dichiara una possibile buona disponibilità di spesa per un vino di qualità e fa molta
attenzione a tutte le variabili che testimonino attenzione al territorio, alle materie prime ed alla
filiera.
- CLUSTER C: pesa per un 13 per cento del totale degli intervistati, viene chiamato il
tradizionalista morigerato, è adulto, beve molto ma spende poco per abitudine. E’ abbastanza
competente in materia, ma sfoggia le sue conoscenze solo in occasioni particolari.
- CLUSTER D: pesa per un 20 per cento del totale degli intervistati, viene chiamato il bevitore
sociale, giovane, età bassa, non particolarmente interessato a consumare solo vino, beve durante
le ricorrenze, in compagnia.
- CLUSTER E: pesa per un 7 per cento del totale degli intervistati, viene chiamato il bevitore
disinteressato, beve ma senza interesse e non è interessato al mondo del vino e sceglie quale
consumare non facendo molta attenzione al prezzo e alle promozioni.

Nello step successivo hanno provato a mettere questi cluster su una mappa, una mappa dove ci
sono gli assi della qualità del vino consumato e la quantità (quante volte comprano il vino), qui è
interessante notare che il cluster a (bevitore appassionato) è anche quello che è disposto a
spendere un po’ di più e anche più spesso, c’è anche il cluster b, che consumano spesso e ad un
prezzo alto. Dopodiché, il cluster più vicino a frescobaldi è senza dubbio il cluster a, il bevitore
appassionato, ma chi sono? E’ più coinvolto nell’acquisto, lo beve praticamente tutti i giorni,
spende per vino di qualità, vogliono sapere tutto del vino, cerca nel vino anche una dimensione
esperienziale, cerca la qualità non solo a casa ma anche fuori, più uomo che donna, 35-44 anni,
istruzione medio alta. -> questo è il target dove Frescobaldi vuole concentrarsi di più, dopo sono
andati a vedere dove si trovano questi cluster, hanno visto che il cluster ha un grande peso
soprattutto in tre città. Dopo aver capito chi è il target, dove si trova, devono capire che cosa fa; il
cluster ha consuma quattro/cinque volte la settimana il vino, spende di più. Facciamo un’ulteriore
approfondimento, quali sono i driver di scelta dei cluster? A sinistra ci sono delle scelte, qualità,
colori offerta, packacking — > l’andamento più caratteristico è quello della sensibilità agli sconti,
tutti i cluster sono sensibili agli sconti tranne il cluster e, gli dà un voto basso, non sono importanti,
le poche volte che gli piace qualcosa lo prendono a priori del prezzo.
Allora dopo si abbandonano tutti gli altri cluster e si lavora solo sul cluster A, che cosa cerca e
dove? Cerca la qualità, l’eccellenza, la tipologia dei vitigni, diviso per aree regionali, ricercano
l’esperienza—> vuol dire che queste persone non cercano solo un vino, vuole sapere chi l’ha fatto,
dove, perché, e quando bevono il vino devono raccontare tutto ciò che è intorno al prodotto e la
marca è tutto quello che sta intorno al prodotto. La marca è tutto quello che c’è intorno al prodotto.
Allora noi dobbiamo far innamorare queste persone, bisogna costruire un mondo intorno al
prodotto e farle innamorare di quel mondo.
Il passaggio da fare adesso: dal prodotto all’esperienza, creare un mondo intorno ai vini.
‘’In un mercato con sempre più prodotti, tende a diminuire la differenziazione e la fedeltà del
consumatore; se vogliamo tenere legato a noi il consumatore, va spostato il focus dal prodotto alle
esperienze. Il consumatore va ispirato non con caratteristiche funzionali, ma con fattori emotivi,
con esperienze di consumo appaganti, L’ESPERIENZA rende la marca memorabile e differenziata
dalle altre.’’ (L’esperienza non si può copiare)
Esempio di product experience: prendiamo il mondo del caffè, il packaging classico è la confezione
a forma di prisma, ad un certo punto un’azienda (Illy) si è inventata il packaging a barattolo —>
funzionava, e nasce il fenomeno ‘’mee too’’ ovvero copiare. Illy ha costruito anche la product
experience, partendo dal packaging, e dopo hanno fatto rendere il barattolo emozionale da alcuni
artisti contemporanei. E dopo accessori di disegn, il giro espresso, la latterina degli anni 60, ecc.
ecc. e poi, continuando sul filone dell’arte, la tazzina —> rivestita dagli artisti, con collezioni
annuali. Questo è il lavoro di costruzione dell’experience —> innamorarsi del mondo Illy.

Gli obiettivi di frescobaldi: Conquistare il cluster A, entrare nel segmento dell’aperitivo, frescobaldi
è focalizzata sui vini rossi, grandi chianti, brunello di Montalcino, il rosè era nuovo per frescobaldi,
ma per entrare nell’aperitivo doveva produrre questi. Hanno un packaging vicino a quelli degli
champagne, stile francese, ecc. —> frescobaldi ha pensato ma dove lo facciamo questo vino?
Avevano una tenuta a sud della toscana, vicino al mare, in condizioni simili a quelle della Provenza
(dove è nato il vino rosè) e hanno deciso che il rosè doveva venire da lì. Dopo dovevano decidere
il nome, sarà un rosè chiaro ma come lo chiamo? Quando si pensa al nome il nome deve
richiamare la costruzione del vino, quindi quello che è intorno, il luogo, ecc. .. essendo la tenuta
vicino al mare, il mare doveva essere l’elemento guida di quel vino, quindi hanno dovuto pensare
ad un nome che richiamasse il nome del mare, hanno esplorato il mondo delle sirene, che si
chiamano nereidi, e una delle più importanti e famose, richiamate nella storia e nella mitologia si
chiama ALIE —> facile, rievocativo, richiama il mondo da cui proviene. Dopo aver evocato il
mondo bisogna costruire il resto, dopo il nome arriva il packaging, come si è detto, questi vini della
Provenza richiamano un po’ il packaging dello champagne, e allora anche frescobaldi doveva
lavorare su questo:
- richiamare il mondo degli champagne
- esaltare il colore rosa chiaro, comunica freschezza, grande appeal
- comunicare premiumness (bottiglia di bella e di qualità)
La bottiglia di Alìe richiama la bottiglia di champagne, l’etichetta è piccola per far vedere il colore, il
rigonfiamento sotto è pronunciato perché da i riflessi chiari al vino.
Dopo bisognava lavorare all’experience, all’evocazione e gli obiettivi erano:
- richiamare il mare e trasformare la degustazione di alìe in un’esperienza
- costruire degli elementi visivi —> pattern grafico che richiama il mondo del mare (sirena, corallo,
ecc.)
- creare degli accessori dedicati —> hanno costruito un calice con il pattern grafico. E nella
bottiglia hanno usato delle doppie magnum.

Dopo, bisognava presidiare il momento dell’aperitivo —> hanno costruito delle ball con le Led, per
farsi notare ancora di più. C’erano anche dei kit in alcune serate alìe, alle ragazze veniva regalata
la pochette.
Questo prodotto è stato sostenuto anche con una campagna digital (video) con la bottiglia sempre
protagonista, l’anno successivo hanno spinto con lo spot su Sky durante Masterchef (target
perfetto). Hanno creato poi un sito web dedicato e hanno fruttato Instagram per aggiungere anche
altri obiettivi, non solo per gli aperitivi ma anche per uno spuntino, un picnic, e di strizzare l’occhio
anche verso l’elemento femminile, hanno usato Instagram per farlo capire e per far capire che
fosse adatto anche per la cucina asiatica e fusion, e anche per il dessert.

Aliè è il vino Frescobaldi che ha registrato le maggiori crescite, dal 2016 al 18 ha raddoppiato le
vendite ogni anno e oggi è uno dei vini rosè italiani di riferimento.
Alcuni hanno provato anche a copiarlo (strategie mee too).

LE DECISIONI SUI PRODOTTI ESISTENTI


Un’azienda quando si trova a dover gestire diversi prodotti deve fare anche delle decisioni,
esempio: tutti i biscotti della mulino bianco, tutte le paste della barilla, ecc. devo pensare se farò
degli adattamenti, se eliminarli, ecc. ecc. se noi abbiamo quindi questi tanti prodotti nel portafoglio,
alla fine, le aziende si trovano a prendere decisioni per esempio ‘’questo prodotto vale la pena
tenerlo? Vale la pena modificarlo? O lo devo eliminare?’’.
Con riferimento ai prodotti esistenti, dall’analisi possono scaturire fondamentalmente tre gruppi di
decisioni:
- mantenimento —> è una riconferma delle decisioni assunte nei precedenti cicli di gestione,
questo non significa assenza totale di cambiamenti nelle decisioni operative del marketing mix. Pul
essere necessario modificare alcune scelte operative (per esempio quella relativa ai media di
comunicazione o dei canali di vendita per tener conto dell’evoluzione dei comportamenti del
target.) Possiamo decidere di mantenere il prodotto, perché è storico, perché ci dà soddisfazione;
ma mantenerlo non significa non fare nulla, magari possiamo rendere quel prodotto più visibile
all’interno del punto vendita, possiamo cambiare canali di vendita, ecc. ecc.
- adeguamento —> ovvero modificarlo. E’ una scelta che viene presa abbastanza spesso;
l’adeguamento riguardano scelte che possono essere attuate attraverso cambiamenti in una o più
caratteristiche del prodotto. Le modifiche al prodotto possono riguardare la qualità (impiego di
nuovi materiali, di nuovi processi produttivi), possono riguardare la funzionalità quindi modifiche
funzionali (innovazioni incrementali che portano allo sviluppo di nuove generazioni di prodotti, con
miglioramenti di funzioni esistenti o l’introduzione di nuove funzioni), possono riguardare l’estetica
quindi interventi estetici come il miglioramento del packaging ed il restyling di prodotto.
- eliminazione: però i prodotti possono anche uscire dal portafoglio, e quando succede?
L’eliminazione avviene a seguito della constatazione che le performance del prodotto (in termini di
vendite, di quota di mercato, margini e contribuzione unitaria) sono negative e non presentano
margini di miglioramento, L’eliminazione del prodotto può avvenire secondo tre modi diversi: il ritiro
immediato che si presenta come l’unica soluzione se le perdite sono davvero elevate da rendere
improponibile qualunque tentativo di prolungarne la vita sul mercato; il ritiro graduale che p una
decisione appropriata quando è opportuno mantenere ancora in vita il prodotto, senza però
effettuare particolari sforzi per modificare la strategia di marketing e tentare il riposizionamento per
rivitalizzare il prodotto; il ritiro per esaurimento che è una strategia orientata a trarre dal prodotto il
maggiore risultato possibile, sfruttando ogni opportunità rimanente.

ESEMPIO LG: Dall’aprile del 2021 LG elettronics ha annunciato la chiusura della divisione mobile
e l’uscita dal mondo degli smartphone, la decisione approvata oggi dal consiglio d’amministrazione
(aprile), era attesa da tempo. La chiusura dell’attività porterà LG ad essere il primo grande marchio
di smartphone a ritirarsi completamente dal mercato. Nonostante abbia realizzato diversi modelli
coraggiosi e innovativi, l’azienda ha visto ridurre la propria quota di mercato in sette anni: nel primo
trimestre del 2013 era al terzo posto, nel terzo trimestre 2020 non era neanche tra le prime sette
del mercato avendo perso terreno rispetto ai produttori cinesi. Ha totalizzato perdite nel settore
degli smartphone per circa 4,5 miliardi di dollari.
Altre decisioni che ci troviamo ad affrontare:
- il completamento della linea dei prodotti (flankering) e l’allungamento della linea dei prodotti (line
estensione) le decisioni di completamento implicano l’aggiunta di nuove varianti ai prodotti
componenti la linea in funzione di specifici criteri (gusto, colore, confezione, ecc e sono decisioni e
sono decisioni che agiscono sulla profondità della linea, rispondono a obiettivi di tipo economico,
finanziario, competitivo: sfruttare la capacità produttiva eccedente, conseguire maggiori profitti,
soddisfare le richieste dei distributori, rispondere ad una mossa dei concorrenti, riguardano
categorie di prodotti in fase avanzata del loro ciclo di vita. L’aggiunta di nuove varianti può
determinare non solo effetti positivi (quando il nuovo prodotto suscita un incremento nelle vendite
dei prodotti già esistenti), ma anche effetti negativi (quando la nuova variante ‘’cannibalizza’’ le
vendite di altri prodotti della linea).
Ci sono anche le decisioni sull’allungamento della linea che agiscono sulla lunghezza ed implicano
un’estensione della linea verso l’alto, verso il basso o in entrambe le direzioni:
Le imprese posizionate nella fascia bassa possono decidere di allungare la linea verso l’alto
attratte da un tasso di crescita più elevato o da maggiori margini di profitto, si tratta però di una
strategia che richiede una attenta gestione dell’immagine e dell’identità di marca, perché il mercato
potrebbe non riconoscere all’impresa la capacità di soddisfare le esigenze più sofisticate dei
segmenti di fascia alta; le imprese posizionate nella fascia alta del mercato possono decidere di
allungare la linea verso il basso, sia per raggiungere segmenti di mercati a tassi di crescita più
elevati, sia per rispondere ad una minaccia di concorrente; le imprese che operano nella fascia
intermedia del mercato possono allungare la linea in entrambe le direzioni, con l’obiettivo di
soddisfare le esigenze dei vari segmenti di mercato.
Ovviamente le linee di prodotto fanno parte della gamma, le decisioni sulla gamma riguardano la
definizione del mix di prodotto dell’impresa, ovvero la gestione strategica dell’insieme di tutte le
linee e di tutte le referenze che compongono ciascuna linea. La crescita della gamma con
l’aggiunta di nuove linee di prodotto richiede un’attenta valutazione della coerenza fra le diverse
linee di prodotto, in funzione sia delle competenze e capacità possedute, sia della reputazione a
cui aspira il management nei settori di attività.

IL MODELLO DEL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO


Il product manager deve prendere le decisioni scritte sopra, ha il compito fondamentale di adattare
le politiche di marketing di un prodotto tenendo conto dell’evoluzione del mercato (domanda,
concorrenza, distribuzione) e, più in generale, della tecnologia e del contesto macroeconomico.
Uno strumento utile è il modello del ciclo di vita del prodotto, che mette in relazione l’andamento
delle vendite con il progredire della durata di vita di un prodotto/mercato. Il modello del cvd è stato
proposto in origine con riferimento ad una categoria di prodotto (e non ad un singolo prodotto o
marca) e non ha carattere previsionale, ma ha una valenza prescrittiva: indica a posteriori le scelte
di marketing da adottare nelle diverse fasi di vita del prodotto.
Il modello del ciclo di vita del prodotto mette in relazione due elementi: volume delle vendite e
tempo. E quali sono le fasi?
1. INTRODUZIONE: nella fase di introduzione la crescita delle vendite è inizialmente contenuta,
qui l’impresa opera con tecnologie ancora allo stato fluido e deve sopportare costi elevati relativi al
lancio, qui l’impresa si trova a fronteggiare le resistenze all’adozione da parte degli utilizzatori
potenziali e dei distributori ad inserire il prodotto in assortimento, L’obiettivo prioritario dell’impresa
innovatrice nella fase di introduzione è quello di far conoscere il prodotto al mercato finale,
informando sulle caratteristiche e cercando di stimolare il primo acquisto.
2. SVILUPPO: nella fase di sviluppo la crescita delle vendite aumentano, aumentano perché ci
sono nuovi concorrenti come noi, il fatto che ci siano concorrenti che ci imitano provocano il
‘’successo’’ di quei prodotti, nella fase di sviluppo i produttori usano le leve della differenziazione e
del prezzo per far fronte alla concorrenza, e l’obiettivo prioritario dell’impresa in questa fase è
quello di aumentare ed estendere il mercato, fin tanto che la domanda è espandibile, cercando di
massimizzare la propria quota di mercato.
3. MATURITA’: nella fase di maturità si arriva al top del volume delle vendite, qui le posizioni
competitive sono pressoché stabili e le imprese competono con modalità tipiche dell0oligopolio
differenziato: mantenimento delle posizioni acquisite e alla fidelizzazione della clientela, in questa
fase le imprese possono intraprendere progetti di sviluppo di nuovi prodotti anche se si tratta per lo
più di innovazioni di carattere incrementale orientate a prolungare lavata del prodotto e a
soddisfare consumatori sempre più esigenti. Qui i ricavi sono superiori ai costi, quindi c’è un
grande profitto, si coprono i costi iniziali, quindi più lunga è questa fase meglio è. L’obiettivo
prioritario per l’impresa in questa fase è la massimizzazione del profitto e la protezione della
propria quota di mercato dall’azione dei competitor.
4. DECLINO: nella fase di declino le vendite della classe di prodotti tendono a decrescere, a causa
dell’emergere di nuove opportunità tecnologiche e di cambiamenti nelle aspettative dei
consumatori, che preferiscono nuove categorie di prodotto rese disponibili dalle imprese produttive
che colgono in anticipo questi cambiamenti. Qui l’obiettivo prioritario per l’impresa è di gestire
l’uscita dal mercato, attraverso una progressiva riduzione dell’impegno attraverso decisioni di
disinvestimento.
Pensiamo al product manager che lancia il prodotto, nella fase di introduzione viene lanciato, il
prodotto vende, poi siamo nella diminuzione e poi il declino quando il prodotto viene eliminato.
Nella fase di maturità ci sono molte scelte di adeguamento (cambiamento).
Nelle diverse fasi assistiamo a cambiamenti economico finanziari:
I costi nella fase di introduzione sono alti e i ricavi sono bassi, la fase di maturità è contraddistinta
da una progressiva riduzione dell’incidenza delle componenti a struttura fissa rispetto a quelle a
struttura variabile. (Nella fase di maturità sto bene perché creo redditività).
I ricavi nella fase di sviluppo crescono esponenzialmente, anche se meno rispetto alle quantità, a
causa della riduzione dei prezzi che normalmente si osserva.
Il fabbisogno finanziario netto è molto elevato nella fase di introduzione e decresce al culmine della
fase di sviluppo, invece nella fase di maturità e in quella iniziale di declino la generazione di risorse
è superiore al fabbisogno. La redditività del capitale investito netto è negativa o nulla nella fase di
introduzione, aumenta nella fase di sviluppo, raggiunge massimi livelli nella fase di maturità per poi
decrescere in quella di declino.

Non tutte le aziende danno vita a questo ciclo di vita, questo ciclo che abbiamo visto è quello
standard, ma non tutte sono così. Es: nutella, coca cola hanno una fase di maturità che non finisce
mai. Il prodotto moda anche è un prodotto a cicli: esce, rientra sul mercato, riesce, rientra, non
arriva mai ad una maturità. E’ un andamento molto ciclico. Senno c’è l’apprendimento lungo: con la
fase di introduzione molto lunga. C’è anche il prodotto flop che non supera nessuna fase.

STRUMENTI PER L’ANALISI STRATEGICA DEL PORTAFOGLIO PRODOTTI


Solitamente le imprese operano con dei prodotti che sono collocati in diverse fasi del ciclo di vita,
che richiedono strategie di marketing appropriate alle specificità del contesto di mercato di
riferimento. I prodotti nelle fasi iniziali, di introduzione e sviluppo, sono normalmente utilizzatori di
risorse finanziarie in misura maggiore di quante non riescano a generarne, mentre i prodotti che
raggiungono la fase di maturità con un solido posizionamento di mercato, generalmente forniscono
elevate risorse finanziarie che possono contribuire a sostenere lo sviluppo futuro del business e
dell’azienda in generale. Diventa quindi importante effettuare un’analisi strategica del portafoglio
prodotti per poter realizzare un adeguato bilanciamento nell’uso delle risorse.
Uno strumento da usare per questa analisi può essere la matrice BCG*(Boston counsoulting
group) che usa due parametri per classificare i prodotti:
- il tasso di sviluppo delle vendite nel mercato - attrattività
- la quota di mercato relativa (rapportata a quella del concorrente prioritario) - competitività (ci dice
esattamente quanto è il volume delle vendite che noi facciamo rispetto a quelle dei concorrenti)
Le ipotesi su cui si fonda il modello sono:
- tanto più elevato è il tasso di sviluppo delle vendite del prodotto, tanto maggiore sarà il
fabbisogno di risorse finanziarie nette necessarie per sostenere il prodotto sul mercato (effetto
ciclo di vita)
- tanto maggiore è la quota di mercato relativa, tanto più ilprodotto può sfruttare il c.d. effetto
esperienza, che garantisce all’impresa una migliore redditività ai prezzi correnti di mercato rispetto
al concorrente prioritario.

PRODOTTI ‘’MUCCHE DA MUNGERE’’: sono prodotti inseriti in mercati caratterizzati da tassi di


sviluppo delle vendite inferiori alle media, con una quota di mercato relativamente alta, sono
prodotti che generano risorse finanziarie nette superiori a quelle assorbite che possono essere
usate per sostenere lo sviluppo di altri prodotti (enigmi), Il loro obiettivo strategico è la ‘’raccolta’’
ovvero il massimo sfruttamento della redditività generata da questi prodotti.

PRODOTTI ‘’CANI’’ (DOGS): sono prodotti inseriti in mercati con tassi di sviluppo delle vendite
inferiori alla media, con un quota di mercato relativamente bassa. Sono prodotti che genano
perdite di risorse, il loro obiettivo strategico è che sono prodotti soggetti a disinvestimento o a
meno che non vi siano presupposti per iniziative di rivitalizzazione da valutare per le implicazioni
finanziarie che generano.
Seguiamo la traiettoria BCG: noi possiamo essere enigmi, diventare star e poi mucche da
mungere. Se siamo enigmi e diventiamo ‘’cani’’ siamo prodotti flop.
Con la matrice bCG ogni prodotto viene rappresentato graficamente con una circonferenza la ui
area è proporzionale all’incidenza del prodotto sul fatturato complessivo; dalla matrice si
individuano le risorse eccedenti provenienti dalle vacche da mungere che possono essere
destinate a sostegno degli enigmi; emerge anche un’analisi dinamica che evidenzia i cambiamenti
nel tempo dei singoli prodotti, la loro capacità di seguire traiettorie di successo o viceversa
l’incapacità di evolvere. La matrice BCG rappresenta uno strumento di riflessione e non tanto un
vero e proprio supporto alle decisioni strategiche, la sua applicabilità risente della limitatezza delle
variabili prese in considerazione nella valutazione del grado di attrattività del mercato e di
competitività del prodotto.

MATRICE MCKINSEY
Ha introdotto un’altra matrice, si basa sulla preliminare identificazione di un numero variabile di
fattori, quantitativi e qualitativi, che influiscono sull’attrattività del mercato e sulla competitività delle
imprese che vi operano. Viene valutato il grado di intensità (alto, medio, basso) con cui si presenta
ogni fattore di attrattività nel mercato di ogni prodotto ed il grado di presidio (alto, medio, basso) di
cui dispone l’impresa, rispetto ai suoi più diretti concorrenti, per ciascuno dei fattori di competitività
considerati.

L’INNOVAZIONE DEL PRODOTTO


L’innovazione è importante, come si fa a creare un prodotto nuovo? L’innovazione costituisce la
strategia più adeguata per conseguire un vantaggio competitivo, è la leva dell’impresa, senza
innovare non si crea volumi di vendita. Bisogna innovare condividendo l’innovazione con i
consumatori, cercando di coinvolgerli mentre creano il nuovo prodotto, perché i nuovi consumatori
sono individui che ricercano prodotti e servizi personalizzati in una logica più di una condivisione e
che di accesso e di possesso. I nuovi consumatori sono sempre più connessi a reti sociali,
possono quindi avere un ruolo attivo nei processi di innovazione in quanto dotati dicompetenze e
conoscenze. I prodotti oltre ad essere beni tangibili sono anche contenitori di servizi, quindi è
importante per l’impresa cercare di creare un’offerta arricchita ed innovata con servizi specifici. La
concorrenza sempre più incessante e il continuo emergere di nuove tecnologie determinato un
contesto di mercato caratterizzato da livelli di complessità ed incertezza. L’incertezza pe reimpresa
è tanto maggiore quanto più alto è il livello di novità misurata rispetto alle competenze tecnologiche
e di mercato necessarie per realizzare innovazioni.

L’innovazione può essere:


- competence enhancing: quando l’impresa sfrutta le conoscenze (tecnologiche e di mercato) che
dispone ed apporta miglioramenti incrementali di prodotto.
- competence destroying: si tratta di innovazioni che hanno un effetto. Dirompente, sulle
competenze e conoscenze tecnologiche e di mercato. Sono innovazioni importanti e non tanto
frequenti.

L’innovazione può essere tale per l’impresa o per il consumatore e per entrambe; il grado di novità
deve essere valutato con riferimento all’impatto che ha sulle competenze dell’impresa e sulle
abitudini e comportamento di consumo.
TIPOLOGIE DI PRODOTTO:
- prodotti breakthrough: novità assolute che danno luogo a mercati nuovi:
- nuove linee di prodotto: nuovi prodotti che consentono di entrare in un mercato già sviluppato.
- estensioni delle linee di prodotto: prodotti che integrano una linea già esistente nella gamma
dell’impresa.

Sennò ci possono essere degli innovamenti a prodotti esistenti: ovvero lancio di versioni migliorate
dei prodotti attualmente offerti dall’impresa, per aggiungere benefici.
Sennò i riposizionamenti; prodotti esistenti riposizionati per un nuovo uso o una nuova
applicazione, senza modifiche radicali al prodotto.
Sennò riduzioni di costo: prodotti che forniscono le stesse prestazioni a costi inferiori.

Degli studi dimostrano come l’estensione della linea e miglioramenti dei prodotti esistenti sono le
principali strategie di innovazione, si tratta di strategie razionali in termini di costi e di rischio. Le
innovazioni incrementali rappresentano il 62 per cento del fatturato totale; il 14 per cento p
realizzato da innovazioni che aprono a nuovi mercati; le prime contribuiscono al 39 per cento dei
profitti tali, le seconde contribuiscono al 61 per cento dei profitti totali. Ne segue l’esigenza di
perseguire strategie di innovazioni orientate a creare nuovi spazi di mercato, in grado di mettere al
riparo dai competitors ed in grado di far ottenere un significativo e duraturo vantaggio da first over.
L’impresa innovatrice affronta tre tipologie di rischio:
- rischio di mercato: grado di accettazione del nuovo prodotto/servizio
- rischio tecnologico: fattibilità tecnico/economica de

ll’innovazione
- rischio strategico: coerenza o meno dell’innovazione rispetto ai business esistenti e difendibili
dell’innovazione dell’imitazione.

GENERAZIONI E SELEZIONE DELLE IDEE


Cosa vuol dire creare un nuovo prodotto, innovare? I social servono per creare una domanda
latente, i social sono importanti quando delle aziende storiche usano i social per comunicare e
promuovere un prodotto. Come si genera un nuovo prodotto? Come is crea? Il processo è
complesso, es: io sono una delle grandi realtà che fa mass marketing, e quasi tutti i giorni, chi
lavora nel marketing ha a che fare con l’innovazione del prodotto, quali lanciare sul mercato, ecc.
ecc. per creare nuovi prodotti si segue un vero e proprio processo:
Bisogna generare delle idee, poi selezionare, poi definire il concept e la strategia di mercato, poi
sviluppare il prodotto e fare dei test di mercato e poi gestire il lancio.

1. Cosa si fa per generare delle idee? Non è facile, le idee non si generano così facilmente, chi
genera le idee? Da fonti interne o esterne all’azienda. Sono tutti e due questi gruppi che
possono fornire delle idee per creare, innovare un prodotto. Funzione marketing e ricerca
sviluppo danno un grande contributo quando si crea un nuovo prodotto, la funzione marketing
studia il mercato, il marketing lo conosce, conosce il consumatore, dall’altro lato abbiamo la
ricerca e sviluppo ovvero gli ingegneri che possono dirci per es. quando è nato il navigatore in
macchina hanno pensato di applicare la tecnologia marittima (satellite) e adattarlo per la
navigazione terrestre? E così è nato il navigatore. Il marketing però serve perché conosce il
mercato, i concorrenti, i consumatori, ec. ecc. I consumatori, i clienti sono utili perché
ascoltandoli io posso capire come innovare. Anche grazie ai fornitori e anche grazie ai partner.
2. Come si fa a far venire fuori le idee? Con l’analisi funzionale, si lavora con l’addetto
marketing, con ricerca e sviluppo, si dice di prendere i prodotti esistenti, ci mettiamo su un
tavolo e ragioniamo come si possono cambiare quei prodotti, per migliorarne la performance
con azioni sugli attributi appunto esistenti, o con la ricombinazione degli elementi costitutivi del
prodotto e del sistema che ne rende possibile l’utilizzo. Sennò ci sono metodi basati sulla
creatività come il brainstorming —> in questo caso si prende un gruppo di persone e che
iniziano a discutere su un problema specifico (coordinate da un coordinatore), o la cassetta dei
suggerimenti —> dove prima i dipendenti che lavorano nell’azienda la mettono nella
‘’cassetta’ (ormai virtual box), e ha lo strumento di stimolare le idee innovative dei propri
dipendenti. Le idee possono venire anche dai clienti, come li ascolto i clienti? Con il focus
group, dove I clienti vengono coinvolti e gli viene chiesto loro di esprimere il parere sugli
attributi benefici esistenti del prodotto, sulle modalità di uso, sui problemi emergenti durante
l’uso e si cercano soluzioni. Sennò il cliente lo ascoltiamo con l’osservazione: è una tecnica
volta all’osservazione diretta del comportamento del consumatore nel contesto d’uso abituale
del prodotto, questa tecnica fa emergere difficoltà, incertezze e possibili reazioni nell’uso del
prodotto inducendo il ricercatore a trovare soluzioni creative ai problemi. L’osservazione è
spesso integrata con le interviste in profondità dove il cliente descrive la sua esperienza di
consumo. L’osservazione è molto importante.
3. Dopo aver generato le idee, bisogna selezionarle, bisogna eliminare quelle idee che
risultano essere meno promettenti. Come si seleziona? In azienda c’è un comitato di nuovi
prodotti che è composto da alcune persone: una che appartiene al marketing, una che
appartiene a ricerca e sviluppo, alla produzione, una che appartiene alle risorse umane
(perché quando sviluppiamo un’idea e diventa un prodotto, dobbiamo chiederci se abbiamo le
capacità per farlo) e la funzione finanza. Il comitato nuovi prodotti è un’entità mista di persone
che hanno diverse funzioni e che analizzano le idee. Il prodotto che verrà fuori da questa idea
risponde ad un bisogno effetti? Offre un valore superiore al cliente potenziale? Può essere
comunicato in modo distintivo? E’ coerente con il posizionamento dell’impresa? L’impresa
dispone delle risorse finanziarie ed organizzative necessarie per farlo? Quali sono le
probabilità che il prodotto realizzi le aspettative in termini di profitti?
4. Dopo sviluppiamo il concetto. Cosa è il concetto? Il concetto è una descrizione sintetica
dell’idea. Con il concetto si danno delle caratteristiche tecniche ed estetiche al prodotto. Il
concetto del parmigiano spalmabile: grande qualità ed uso molto facile. Quando apple ha fatto
il tablet il concetto era una tavoletta che dava design ed interattività: multifunzionalità. Il
concetto identifica il target, i benefici, le occasioni di uso del prodotto, e può anche identificare
l’ambito competitivo di riferimento e anche il posizionamento ricercato rispetto ai concorrenti.
Come si testa il concetto? Facendo delle tecniche di ricerca qualitative con i clienti, provo a
fargli immaginare il prodotto, gli faccio vedere una grafica, gli dico i benefici funzionali ed i
simboli di quel prodotto e si comprende la comprensibilità di quel prodotto, chiediamo a loro se
quel concetto ha un senso, capiamo anche se loro vedono un potenziale posizionamento che il
nuovo concetto può assumere, si identificano gli attributi chiave del prodotto che ne
dovrebbero conseguire. Si procede successivamente con tecniche di ricerca quantitative
applicando la conjoint Analysis, che coinvolge potenziali acquirenti e permette di misurare le
preferenze rispetto a concetti alternativi, con questa ricerca si individuano i valori di utilità che i
consumatori associano ai diversi set di attributi di prodotto, si arriva a fare una graduatoria dei
risultati tenendo conto dei diversi set testati, in questo modo è possibile testare il set di attributi
che genera la maggiore utilità percepita. Quando facciamo una ricerca quantitativa lavoriamo
con tantissime persone, ma non chiediamo solo quello, gli chiediamo se secondo loro questa
cosa che vogliamo fare se davvero riesce a soddisfare un bisogno, se lo acquisterebbe, se lo
vedono diverso da prodotti già sul mercato. Una elevata percezione del bisogno e del valore
differenziale del prodotto insieme ad una elevata intenzione di acquisto forniscono un
indicatore favorevole al successivo sviluppo.
5. Dopo dobbiamo sviluppare il prodotto: perora si è lavorato su cose immateriali, qui l’impresa
deve tradurre il concetto di prodotto in un prototipo funzionante che presenti le caratteristiche
desiderate dai potenziali acquirenti. L’obiettivo è quello di creare un prodotto che più si avvicina
alla descrizione del concept preferita dai consumatori in condizioni di funzionalità e a costi
allineati agli obiettivi di profitto previsti. Noi dobbiamo trasformare gli attributi desiderati dai
consumatori che rispondono ad una lista di attributi tecnici del nuovo prodotto. In questa fase si
fanno due test: alpha test —> è una verifica interna sulla funzionalità del prodotto; e poi il beta
test —> test che comportano il coinvolgimento dei clienti, possono assumere diverse forme dai
test di laboratorio all’uso sperimentale del prodotto da parte del consumatore. Dopo aver
testato il prodotto si fanno i test di mercato, il prodotto è pronto ma bisogna introdurlo sul
mercato in via sperimentale per verificare le reazioni dei consumatori e distributori, per valutare
l’efficacia dei programmi di marketing e il potenziale di mercato. Per i beni di consumo,
l’impresa cerca di stimare quattro variabili: l’acquisto di prova, il primo acquisto ripetuto,
l’adozione e la frequenza di acquisto. L’ideale per un’impresa è conseguire tassi elevati in
ciascuna di queste risposte:
- alto tasso di acquisto e basso tasso di riacquisto: c’è la necessità di rivedere il prodotto nel
caso sia difficile impostare un percorso di fidelizzazione.
- basso tasso di acquisto ed un elevato tasso di riacquisto: l’impresa deve identificare alcune
politiche di marketing mix (politiche di comunicazione, scelte promozionali) per raggiungere il
cliente finale.
- basso tasso di acquisto e basso tasso di riacquisto: occorre ripensare al lancio del prodotto
sul mercato.
- alto tasso di acquisto ed alto tasso di riacquisto: combinazione indicativa della prova riuscita

Come si vedono questi tassi? Chiediamo gli scontrini di alcune persone con le carte fedeltà,
attraverso la grande distribuzione, attraverso quei consumatori e con gli scontrini vediamo
l’andamento del nostro prodotto. L’obiettivo è quello di consentire di fare variazioni di marketing
mix raggiungendo un fine tuning con il mercato. Si può re intervenire sul prodotto.

6. Lancio del prodotto: Le decisioni più critiche da fare che caratterizzano la fase del lancio del
prodotto riguardano da un lato la previsione delle vendite e poi la decisione delle quantità da
produrre e dall’altro le azioni di comunicazione da compiere per sostenere lo sviluppo del nuovo
prodotto. Se io produco troppo e non vendo ho dei costi di magazzino, soprattutto se il prodotto ha
una scadenza, rischio di buttarlo via, la prima domanda è trovare una quantità giusta di volume del
prodotto tenendo conto di tutto il resto. Poi dobbiamo scegliere QUANDO entrare sul mercato (es.
il gelato non possiamo lanciarlo a gennaio), dobbiamo deciderlo dove commercializzarlo, sulla
grande distribuzione? Dobbiamo decidere a chi lo offro e come lo lanciamo il nuovo prodotto. Ma si
è definito già prima il target, o no? Sì, ma potrei avere un target circoscritto, posso lanciarlo
principalmente e comunicarlo in modo ancora più diretto ad una ‘’sottocategoria’’ di quella
categoria. es: faccio un grande evento per lanciarlo? Campagne pubblicitari? Campagne fb? Il
target ci aiuta a fare passaparola. La decisione di entrare sul mercato è importante, può creare una
reazione sulla concorrenza, sul consumatore che può provocare delle resistenze all’adozione e
anche sulla gamma dei prodotti come la cannibalizzazione delle vendite dei prodotti esistenti. Se il
lancio è importante la reazione dei concorrenti sarà aggressiva. Alla fine, in questa fase di lancio
l’azienda deve fare un piano di azione che prevede tutte le attività necessarie (produzione,
pubblicità, promozioni, vendita, servizio, ecc.) Dobbiamo individuare un target prioritario. Per
facilitare il coordinamento, il management potrebbe ricorrere a tecniche di pianificazione come la
critical path scheduling che mostra su un grafico tutte le attività da svolgere in sequenza ed in
parallelo, specificandone i tempi.

L’ADOZIONE DEL NUOVO PRODOTTO


Quando si adotta un nuovo prodotto, il problema è far fare il primo acquisto, il punto di arrivo del
processo mentale quando l’individuo passa dalla consapevolezza dell’esistenza del nuovo prodotto
alla decisione di usarlo regolarmente. Questo processo è caratterizzato da cinque fasi:
1. Consapevolezza: il consumatore che viene a conoscenza dell’innovazione, ma non possiede
sufficienti informazioni.
2. Interesse: il consumatore si attiva per acquisire informazioni,
3. Valutazione: il consumatore, sulla base delle informazioni acquisite, elabora un atteggiamento
positivo e si predispone alla prova.
4. Prova: per determinare il valore dell’innovazione.
5. Adozione: fare uso pieno e regolare del nuovo prodotto.

L’impresa innovatrice può influenzare il processo di adozione con adeguate politiche di mercato,
non tutti i consumatori però si rapportano all’innovazione in modo uguale, Roger dimostra che è
possibile distinguere la popolazione in base alla propensione all’innovazione in innovatori, adottanti
precoci, maggioranza anticipatrice, maggioranza ritardataria ed i pigri.
Chi influenza l’adozione di nuove idee? Il fatto che ci sia un target che lo ha già comprato, sono
persone che possono influenzare la nostra scelta, oppure dipende dalla propensione
all’innovazione degli individui sul mercato potenziale e dalle azioni che un individuo può esercitare
sugli atteggiamenti di un altro determinandone le probabilità di acquisto.
E’ chiaro che l’adozione di un nuovo prodotto, dipende da alcune cose, ci sono dei fattori che
incidono:
- vantaggio relativo dell’innovazione rispetto ai prodotti utilizzati precedentemente per soddisfare lo
stesso bisogno.
- la compatibilità: il grado di coerenza con le esperienze, i bisogni, i valori già esistenti in me
- la complessità: ossia lo sforzo di apprendimento richiesto all’adottante nell’uso
- la comunicabilità: dei vantaggi (funzionali, psicologici e sociali) indotti dall’uso
- la sperimentabilità dei vantaggi: attraverso la prova, che consente ai potenziali utilizzatori di
acquisire esperienza prima dell’acquisto.

FRA ESPERIENZA E CO CREAZIONE


IL MARKETING ESPERIENZIALE
Non è concentrarsi sulle sole funzioni d’uso di beni e servizi, ma sulle esperienze che i
consumatori possono voler vivere a lungo le fasi del processo di acquisto. Quando si fanno vivere
esperienze al consumatore? In tutte le fasi del processo di acquisto, ovvero: nel pre acquisto
(durante la ricerca di informazioni e di pianificazione di acquisto), durante l’acquisto con la scelta
del prodotto, il pagamento, l’attesa, l’interazione con il personale di vendita, attraverso il consumo
con le sensazioni, le emozioni durante il consumo, e anche nel post consumo con un richiamo e un
ricordo dell’esperienza.
Quello che diventa importante è far vivere l’esperienza, come? L’esperienza lavora sui sensi, con
esperienze sensoriali (olfatto, udito, gusto, vista, tatto); lavora sul feel con esperienze affettive e
stimola sentimenti interni alle persone; lavora sul think con esperienze di apprendimento; lavora
sull’act con esperienze legate al fisico; lavora sul relate con esperienze aggreganti.

IL MARKETING TRIBALE
Il marketing tribale lavora sul creare dei gruppi, delle comunità di consumatori che condividono la
passione con quel brand, così si crea un legame, es: la comunità dei ‘’ducatisti’’. Il valore di
legame di un bene diventa centrale e dipende dai contributi che esso offre alla costruzione o al
potenziamento delle relazioni fra le persone. (Stessa cosa delle Harley Davidson). In nutella il
legame viene usato come leva di comunicazione, in ducati invece ci sono davvero degli eventi,
nutella parla del mondo nutella ma è solo un modo per comunicare.

MARCA: noi abbiamo parlato di prodotto, ma quando comunichiamo il prodotto molte volte dietro
c’è la marca, il brand. E’ importante aver le idee chiare sul brand, sulla marca per comunicare nel
migliore dei modi. La marca è un nome, un termine, un segno, un simbolo, un disegno o una loro
combinazione che identifica un prodotto o servizio di un venditore e che lo differenzia da quel
concorrente. (Kotler). La marca è la memoria di un’impresa, capace di racchiudere tutti gli
investimenti, le attività di ricerca, le tecnologie di processo e le innovazioni realizzate dall’impresa
nel corso del tempo riassumendone di fatto la sua storia. La marca è al contempo uno strumento a
a disposizione del cliente per esprimere le proprie specificità individuali, i propri orientamenti oltre
che palesare i bisogno che lo accompagnano.
Spot pubblicità che fa emergere la storia della fiat e come quell’auto ha una storia legata all’Italia,
al contesto sociale.
Andiamo dentro il brand: nella marca possiamo identificare una componente identificativa, una
fiduciaria, e una percettiva. Il brand è un qualcosa che è fatto di quello che è una componente
identificativa: un logo, un nome che permette al consumatore di identificare il mondo che c’è dietro.
La componente identificativa quindi riguarda tutto quello che può agevolare il consumatore
nell’identificare la marca; da questa componente identificativa discende la consapevolezza di
marca articolata nelle dimensioni di riconoscimento (brand Recognition) ovvero capacità della
marca di essere correttamente individuata dai consumatori ad essa esposti, e di richiamo (brand
recall) ovvero la capacità della marca di essere correttamente collegata ad una particolare
categoria di prodotto o a specifici benefici di occasione di uso. Quando si parla di notorietà si parla
di due tipi: riconoscimento —> livello meno profondo della notorietà, significa che noi siamo
davanti ad uno scaffale con diversi brand, vediamo che c’è la kellogs e associamo quel prodotto
alla colazione, ecc. anche se magari non la compriamo, sappiamo cosa fa. Il richiamo—> dove la
notorietà è più profonda, si ha quando per esempio noi stiamo pensando a cosa mangiare a
colazione, e stiamo pensando a cosa mangiare, e ci viene in mente kellogs, il gallo, senza vederlo,
non è indotta perché la vediamo quindi è più importante.
Il brand ha anche un’altra componente, quella percettiva, il brand esempio apple è fatto di tante
associazioni e significati, apple è innovativo, design, ecc., è fatto da una rete di associazioni che ci
fanno percepire diversi significati, dietro un brand c’è una percezione che tutti noi abbiamo.
E poi c’è una componente fiduciaria: se quel brand ci ha soddisfatto nel tempo, allora io lo
ricompro e quella marca entra a far parte della mia vita.
Per i clienti la marca assolve alle seguenti funzioni:
1. Di orientamento: la arca comunica la presenza di un dato insieme di attributi orientando le scelte
del cliente in base alle sue preferenze.
2. Di garanzia: la marca essendo una firma fa assumere una sorta di responsabilità dell’impresa in
modo inequivocabile e durevole impegnando l’impresa a garantire un livello di qualità specifiche e
costante.
3. Di personalizzazione: la arca consente ai clienti di esprimere la loro originalità, personalità
attraverso le scelte di acquisto ed utilizzo effettuate.
4. Di praticità: la marca è una scorciatoia cognitiva che permette al cliente di memorizzare le
caratteristiche di un prodotto associandole ad un nome specifico (marca).
5. Ludiche: certe marche soddisfano le esigenze di novità, di sorpresa, di complessità e rischio,

Quali sono i benefici che la marca da al produttore, azienda?


1. Protezione: la marca protegge l’impresa da imitazioni e contraffazioni.
2. Di posizionamento: l’impresa tramite la marca rivendica i suoi caratteri distintivi e di
differenziazione.
3. Di capitalizzazione: la marca è come un serbatoio che raccoglie valore degli investimenti di
comunicazione effettuati nell’arco degli anni ed il valore del capitale di soddisfazione e relazione
accumulato dall’impresa con i suoi clienti.

La marca ha un valore, nel marketing si parla di brand Equity, il valore di marca, il valore che noi
consumatori attribuiamo alla marca. Quando noi diciamo ‘’quale valore ha quel brand?’’ Perché
dimostra la nostra personalità, perché è tecnologico, tutto quello che c’è dietro un brand. E’ il
valore che noi attribuiamo. —> è innovativo, perché usa altri canali distributivi, ecc. ecc.
Come si fa a creare un brand che crea valore? La brand equity non si manifesta in modo
spontaneo ma si basa sull’unicità delle associazioni e delle esperienze di marca che si stratificano
nella mente degli acquirenti grazie agli stimoli di marketing loro veicolati. La brand equity non si
crea facilmente, secondo Keller questa si sviluppa con un processo sequenziale suddiviso in
quattro fasi, a piramide, il processo è chiamato ‘’customer based equity pyramid’’ -> alla base, il
primo step ‘’sviluppare la notorietà della marca’’ dobbiamo creare un’associazione tra il nostro
brand e una categoria di prodotti, quando creo una nuova marca, in una certa categoria, la prima
cosa è creare con la comunicazione un’associazione tra i consumatori tra quel nome e quello che
vendiamo. Nel secondo step c’è performance, noi dobbiamo dare informazioni al consumatore per
far si che lo compri, deve conoscere le qualità che gli offriamo, i servizi, ecc., al terzo step c’è la
ricerca di risposte affettive (feelings dei clienti), quali sono i sentimenti che vogliamo scaturire?
Dietro ad un auto per esempio, il sentimento della mercedes è quello dell’eleganza, audi e btw
sportività, grinta, dobbiamo lavorare sui sentimenti che vogliamo far trovare ai nostri consumatori,
e dobbiamo lavorare anche sul giudizio, perché il consumatore ci deve apprezzare al quarto step
la creazione della relazione tra la marca e il cliente, bisogna lavorare sulla community, social per
creare una relazione lunga. Esempio Starbucks: loro hanno lavorato per creare un ambiente dove
si beve il caffè, sulla performance, sull’immagine, prodotti fatti su misura, unicità del disegno,
quando venne fuori ci attraeva l’unicità dell’ambiente, il fatto che si poteva avere prodotti su
misura, ecc. ecc.
Una marca è come se fosse una persona, la marca ha una personalità, quando si parla di un
brand, il brand ha dei connotati di personalità simili ad una persona, appunto noi consumatori ci
rivediamo in qualche modo in determinati brand, noi riflettiamo il carattere nel carattere di altri
brand, Chanel: eleganza, sensualità, se noi vogliamo essere questo è chiaro che compriamo
Chanel, o pensiamo a Chanel. Le imprese hanno cercato di personificare le proprie marche in
modo tale che i consumatori potessero riflettervi la loro personalità, trovandovi elementi di
coerenza con i propri valori e quindi acquisendone i prodotti. La personalità di marca (brand
personality) è il ‘set di caratteristiche umane associate alla marca’’ -> 5 dimensioni per la
misurazione della personalità di marca: sincerità (onesto, realistico), eccitazione (sfidante, brioso,
ecc.), competenza,( ha una storia legata al saper fare) sofisticazione (di alta classe) e
durezza(mascolino e rude).

BRAND LOYALITY
Creare brand loyalty è importante. Una relazione duratura nel tempo con i propri clienti basata su
una logica di fedeltà, permette alle imprese di incrementare i loro profitti nel tempo:
i consumatori fedeli acquistano più prodotti, sono meno sensibili al prezzo e pongono meno
attenzione ai concorrenti, e generano un passa parola positivo.
Creare fedeltà è importante. Se noi riusciamo a rendere un cliente fedele che ci acquista questa
fedeltà ci costa meno rispetto a creare nuovi clienti. Perché la brand loyality è importante?
Aumenta l’intenzione di acquisto, riconoscimento di un premium Price (ti compro anche se costi di
più), soddisfazione, preferenza rispetto agli altri brand, switching costs, committente (impegno)
verso il brand. La fedeltà è un senso di attaccamento. Noi si può essere fedeli alla marca, essere
emotivamente legati a quel brand anche se non compriamo, se sono legata a quel brand e lo
ricompro quella è vera fedeltà; se io ho un atteggiamento fedele basso, quella è una non fedeltà.
Situazioni ibride: io sono legato a quel brand ma lo acquisto poco -> fedeltà latente,
Fedeltà spuria -> comportamenti dovuti all’inerzia, le ragioni alla base dell’acquisto ripetuto
possono essere dovute al risparmio di tempo nella scelta ao al basso rischio percepito.

LE STRATEGIE DI MARA
Strategia di marca multiprodotto: ovvero uso la stessa strategia per ogni prodotto, il vantaggio è
che si capitalizzano gli investimenti nella marca; i clienti sono soddisfatti ed altri fruitori dei prodotti
di una medesima impresa hanno modo di trasferire il loro atteggiamento positivo sui vari output
che riportano la stessa marca nella medesima classe di prodotto. (Si pensi a samsung e
microsoft=.
Si possono effettuare scelte di product line estensione —> ovvero, attraverso una stessa marca si
entra in nuovi segmenti di domanda all’interno della stessa classe di prodotto, il rischio è di attivare
fenomeni di cannibalizzazione.
Strategie di subbranding: posso affiancare la fiat ad altri brand, es: fiat 500, fiat panda.
Strategie di co branding: l’accoppiamento tra du Marche per uno stesso prodotto servizio, per
esempio i casi di fiat fuggi o il co branding tra Disney e ariete, il co branding permette alle imprese
di beneficiare della forza congiunta delle marche, spesso sfruttando la reputazione e l’esperienza
delle marche in certe categorie di prodotto.
Strategia di brand extension: usare una certa marca per entrare in una classe di prodotto diversa
(es. barulla per pasta e sughi pronti)
La strategia multmarca si usa quando si vuole indirizzare l’offerta verso molti segmenti di mercato,
implica investimenti importanti perché ogni linea è diversa, il vantaggio è che se un brand fallisce
la reputazione ‘’grande’’ non cambia.

POLITICHE DI COMUNICAZIONE
Perché si fa comunicazione? La comunicazione ha tre finalità:
1. Far conoscere il prodotto, il brand, l’impresa, se non ci conosce nessuno dobbiamo fare per
forza comunicazione, dobbiamo creare notorietà, creare una risposta cognitiva
2. Differenziare il prodotto e la marca, agendo sull’atteggiamento, per ricevere una risposta
affettiva.
3. Spingere alla prova, all’acquisto, al riacquisto (sfera comportamentale).

La comunicazione a chi è rivolta? Ai consumatori, la comunico anche internamente ovvero


comunico l’identità della marca anche ai miei dipendenti. Che comunicazione si fa? Commerciale,
istituzionale, gestionale, economico finanziaria.
1. La comunicazione commerciale: è volta ad influenzare le percezioni di valore o di sacrificio da
parte di clienti finali o intermedi.
2. Comunicazione istituzionale: volta ad influenzare le percezioni, di molteplici pubblici (interni ed
esterni) circa l’impresa nel suo complesso, i suoi valori e la sua mission,
3. Comunicazione gestionale: volta a migliorare le relazioni con i soggetti direttamente o
indirettamente coinvolti nella gestione d’impresa in modo da creare allineamento e commitment,
4. Comunicazione economico finanziaria: volta a migliorare le relazioni con i portatori di risorse e di
interesse (azionisti, lavoratori, banche, ecc., indicando aspetti patrimoniali, reddituali e finanziari
dell’impresa.
Quando si fa una comunicazione commerciale come funziona? Emittente, azienda che emette un
messaggio pubblicitario usando la tv, questo mess è codificato, ovviamente, si fa una pubblicità
dove si usano suoni e immagini per far arrivare certe percezioni. La pubblicità arriva al ricevitore
che la decodifica e gli attribuisce un significato, sperando che venga attribuito il messaggio che è
stato voluto mandare dall’azienda. Poi c’è una reazione dai consumatori, ovvero il feedback,
l’azienda viene a conoscenza del feedback.

IL MIX COMUNICAZIONALE: LA PUBBLICITA’


E’ una forma di comunicazione a pagamento veicolata mediante mezzi impersonali, che comporta
il sostenimento di costi fissi. I canali pubblicitari preferenziali sono stati i mass media (tv, radio e
stampa); nel corso degli anni, il quadro della comunicazione è profondamente cambiato, con una
decisa frammentazione di media e bacini di utenza (si pensi ai canali tv tematici) e con la
diffusione del web come nuovo spazio di comunicazione. Per il consumatore di oggi la pubblicità è
tollerabile e può essere percepita come positiva ma deve essere utile, divertente e non banale. La
pubblicità deve perseguire obiettivi ampi e non circoscritti. Non è corretto valutarla indagando i
ritorni in una prospettiva di breve termine e considerando i soli dati di vendita.

VEDIAMO I MOLTEPLICI MEDIA:


Cartellonistica, è importante la scelta della location, dimensioni e formati, layout, grafica e
contenuti. E’ arrivata quando le donne andavano a lavorare e non potevano vedere la tv, così per
‘’seguirle’’ venne deciso di fare la pubblicità per strada
Volantinaggio
Cinema: prima si vedeva molta pubblicità prima del film, quella comunicazione per essere efficace
non deve essere un doppione di quella televisiva, quella nel cinema deve essere diversa
Stampa, radio e tv
internetn

FASI DI UNA CAMPAGNA PUBBLICITARIA


1. Definizione degli obiettivi: gli obiettivi devono essere specifici ed il più possibile misurabili in
modo da consentire il controllo dei risultati, possono essere obiettivi che riguardano la sfera
cognitiva, oppure la sfera degli atteggiamenti dei consumatori o quella delle intenzioni di acquisto e
riacquisto.
2. Definizione dello stanziamento pubblicitario, ovvero il budget: posso decidere di investire
rifacendomi ai dati storici ovvero quanto si è investito nel passato, ci si può rifare ai valori di
riferimento di quel settore (concorrenti), si può applicare una certa percentuale di fatturato, si può
stanziare un importo fisso per unità di prodotto che si prevede di vendere, si può perseguire una
certa parità concorrenziale: gli investimenti vengono tarati sulla base della quota di mercato
dell’impresa, del livello dei suoi prezzi e della situazione della concorrenza, si può perseguire
l’obiettivo compito: si parte dall’obiettivo da conseguire, si effettuano test di mercato per
quantificare l’investimento necessario per conseguire l’obiettivo e si valuta la sostenibilità
dell’investimento
3. Individuazione dei destinatari
4. Copy strategy: si fa insieme ai creativi, si definisce in qualche modo la strategia della nostra
pubblicità, dobbiamo aver chiaro la promessa: il concetto centrale, è il principale beneficio, il
motivo per cui il cliente dovrebbe comprare e preferire il nostro prodotto, deve venir fuori dalla
campagna pubblicitaria. Reason why: è dare delle evidenze che ci facciano capire che il nostro
prodotto è unico, supporting evidence: altri elementi oltre quello della reason why che supportano
la promessa, il Tone: lo stile, la personalità del brand, prodotto, con un’atmosfera comunicativa; il
must: vincoli imposti da norme, usi social, esigenze del target, ecc.
5. Scelta di mezzi e veicoli:: si identificano i destinatari target (primari e secondari) e gli obiettivi di
copertura e di frequenza della comunicazione. E’ possibile usare alcuni indicatori che consentono
di avere un’idea preventiva usl ritorno che ciascun media può garantire, si tratta dei: reach ->
indica la percentuale dei destinatari target dell’impresa che potrà essere raggiunta puntando su
uno o più veicoli specifici; dell’opportunity to see: ovvero il numero medio di esposizioni alla
campagna da parte delle persone in target che fanno parte del bacino di utenza dei veicoli
considerati; del Gross ratinò Point: ottenuto moltiplicando ‘’reach’’ e ‘’opportunity to see’’ ed
esprime il livello di pressione pubblicitaria espressa dalla campagna sul target di riferimento
6. Definizione del timing della campagna
7. Controllo risultati

COMUNICAZIONE DI MARKETING
Noi abbiamo parlato della pubblicità, vediamo altre forme di comunicazione, la pubblicità è quella
più nota. Cerchiamo di capire gli obiettivi in termine di risposta cognitiva, affettiva e
comportamentale (scelta di procedere all’acquisto), questi sono i grandi obiettivi che ci sono dietro
ad una comunicazione commerciale.
Andiamo a vedere le altre forme di comunicazione che compongono il marketing mix:
1. PRODUCT PLACEMENT: vuol dire che il brand, la marca si inserisce all’interno di alcune forme
di spettacolo, il brand entra dentro il film (cinema, tv) all’interno di un’artista mentre è in concerto,
ecc. ecc. anche i giochi. Il brand può entrare all’interno di forme di spettacolo, in cambio il brand da
all’azienda, a quel film, a quel cantante, a quello spettacolo, ecc. ecc. da del denaro oppure delle
attività congiunte promozionali. Entrare dentro un film ha molti vantaggi: l’impatto emozionale
perché incide sulla sfera del ricordo del brand quindi la notorietà e sugli atteggiamenti del
consumatore, riesce ad aggirare divieti normativi o barriere culturali che si impiegano nel product
placement brand destinati a segmenti di pubblico percepiti dalla collettività come diversi quando
non lo sono, per la cassa di risonanza che può avere con il cinema e la tv, ovvero che, più il fim è
di successo, più il brand viene ‘’ricelebrato’’ ogni volta che viene trasmesso sui canali tesevisi a
pagamento o nei circuiti dell’homevideo.
2. PROMOZIONE DELLE VENDITE: la promozione ha come obiettivo quello di generare vendite,
noi si fa un’attività promozionale per avere una risposta comportamentale (acquisto), ci sono
promozioni di convenienza ovvero a basso prezzo, io vendo un set di prodotti che è scontato, o il
3x2,. Queste sono forme di promozione dove si agisce sul prezzo. L’opportunità di risparmio offerta
al consumatore deve essere consistente, bisogna percepirla come occasione da cogliere al volo,
ben delimitata nel tempo non deve essere infinita, e deve essere ben comunicata. Le marche con
posizionamenti premium Price ottengono maggiori ritorni da politiche di questo tipo rispetto a
marche con livelli qualitativi più bassi. Diventa importante di evitare di rilanciare troppo spesso
queste promozioni perché ne potrebbe conseguire un avvistamento del prezzo di riferimento del
cliente il dato prodotto-brand e quindi una riduzione dell’intensità della risposta die clienti alle
promozioni. Se noi oggi decidiamo di fare promozione e vendiamo 100 unità (prima di fare
promozione), domani con la promozione ne vendiamo 150, 200, ecc., lunedì finisce la promozione
e cosa non deve succedere se vogliamo che la nostra promozione abbia avuto successo? Il
volume delle vendite non deve scendere mai al di sotto del 100, ovvero del volume di vendite che
aveva prima della promozione. Altre tipologie di promozione possono essere gli omaggi: ovvero la
consegna gratuita di nuovi prodotti per indurre i clienti alla prova, o le operazioni a premio ovvero
che dopo aver raggiunto certi acquisti si ottiene un oggetto in omaggio; o i concorsi a premio dove
si partecipa ad un concorso al termine del quale vengono estratti dei premi, una buona regola è
quella di aumentare il numero dei piccoli premi messi in palio per evitare che la percezione di non
aver probabilità di vincere qualcosa impatti negativamente sotto il profilo comportamentale e sotto
il profilo degli atteggiamenti verso il brand. Anche il passaparola fa parte del mix, passaparola. I
consumatori innestano un processo, dove loro parlano bene di noi, come si fa a generarlo? Come
si fa a far parlare bene di noi i consumatori? Con il fine tuning e customer care: noi azienda
dobbiamo farci vedere sempre disponibile verso il cliente e rispondere tempestivamente a lui,
oppure una collaborazione opinion leader, grazie ad un’influente, oppure offerta ai consumatori di
agevolazioni economiche sull’acquisto di un dato bene (sconto sul prezzo) o sugli acquisti
successivi qualora segnalino l’azienda ed i suoi prodotti nella propria rete di contatti oppure
quando accettano di mostrare il prodotto o il brand nel suo impiego quotidiano, è importante non
creare iniziative esclusivamente e palesemente commerciali in quanto il passaparola funziona solo
se è percepito come disinteressato.
3. IL MARKETING DIRETTO: una comunicazione personalizzata (aspetto caratterizzante) con
diverse possibilità di media (telefono, email, posta) come i gestori telefonici, la finalità è quella di
far conoscere i propri prodotti ed il proprio brand, campagne mirate alla fidelizzazione, può essere
di supporto anche a quella che è la forza vendita, io attraverso il marketing diretto vi dico che c’è
una certa offerta, chi è interessato va al punto vendita, quindi è supportare la forza vendita, e ho
generato anche il traffico nei punti vendita, perché ho fatto uscire quelle persone da casa. I
vantaggi del marketing diretto: raggiungere target precisi, che vivono in una certa area, una certa
età, ecc. e dall’altro lato è interessante perché è una proposta fatta su misura, gli effetti del
marketing diretto sono misurabili, si va a vedere quote persone ho chiamato, quante hanno
risposto, quante si sono convertite al nuovo gestore, quante sono le risposte ottenute rispetto ai
contatti generati? Si ottiene una ‘’redemption’’ calcolata quindi con numero di risposte ottenute su
numero di contatti generati e si moltiplica il risultato per cento.
4. LE PUBBLICHE RELAZIONI: cosa consiste? Comunicare ai pubblici, non solo ai consumatori,
non solo ai desideri, ma proprio alla società, molte informazioni sull’impresa, prodotti, su cosa
svolge. L’impresa si rivolge a giornalisti, blogger, racconta informazioni sull’impresa, la loro storia,
le loro mission, obiettivi, ecc. da molte informazioni che noi non potremmo avere, su cui i giornalisti
creano un articolo di giornale, trasferiscono elementi conoscitivi e caratterizzanti dell’azienda. Le
forme di pubbliche relazioni solo la conferenza stampa, la pubblicità ovvero quando le aziende
vanno nei programmi televisivi a raccontare la loro storia, oppure il comunicato stampa dove
bisogna essere sintetici e chiari per suscitare attenzione e curiosità nei destinatari, o con gli eventi
che possono essere svolti in un’unica location o essere itineranti. Inoltre possono essere
organizzati dall’impresa oppure da altri.

5. LA SPONSORIZZAZIONE: Si finanziano eventi, personaggi, team sportivi o progetti di interesse


collettivo in ambito culturale (restauro di un monumento importante) in modo da far risaltare il
brand dell’impresa. Gli effetti sono la notorietà del brand e la crescita dell’immagine del brand, ma
ci sono anche dei rischi come nel caso delle sponsorizzazioni sportive i quali rimanifestano nel
momento in cui il soggetto o l’evento sono coinvolti in scandali. Noi bisogna sponsorizzare eventi i
quali partecipanti all’evento possono rientrare nel nostro target.

6. COMUNICAZIONE PERSONALE: E’ una comunicazione fondamentale quando il contatto


ravvicinato con clienti e distributori, ascolto e risoluzione di problemi in tempo reale sono fattori
critici di successo. Il personale di contatto rappresenta per l’impresa, per cui è fondamentale
presidiare in modo competente gli aspetti di comunicazione personale su cui bisogna intervenire
con programmi di formazione specifici.

7. COMUNICAZIONE NON CONVENZIONALE: ‘’oceani blu’’, ‘’marketing genius’’, ‘’marketing


laterale’’ adottano marketing provocatorio che generano attenzione all’impresa. Richiama
l’attenzione sul fatto che lo scenario di riferimento per le imprese sia profondamente cambiato e
che sia importante trovare nuove leve di contatto e di interazione con il cliente. Comunicazione non
convenzionale: adottiamo una comunicazione virale, che fa effetto, che stimoli il passaparola. Il
guerriglia marketing: signore aspetta il bus e viene risucchiato dallo schermo pubblicitario, si usano
luoghi per inscenare eventi insoliti per coinvolgere i consumatori. Quando aprì il diesel a firenze,
alcune macchine avevano delle multe (finte) ma era un invito per partecipare all’inaugurazione del
nuovo punto vendita diesel, creano qualcosa che non si può non ricordare.

LA DISTRIBUZIONE
Cosa significa attività distributiva? Il prodotto deve entrare in possesso del consumatore. Il canale
di distribuzione è il percorso economico giuridico (non solo fisico) che un prodotto compie per
essere trasferito dall’impresa industriale produttrice al cliente finale (sia consumatore che
utilizzatore industriale). Sono parte del canale distributivo i produttori, gli intermediari commerciali
ed i consumatori. L’attività distributiva consiste nel trasferire i beni dai luoghi di produzione a quelli
di consumo, conservare i beni nel tempo in base alle richieste degli acquirenti, porre i beni a
disposizione degli acquirenti secondo le modalità di assortimento, di pagamento e di consegna ad
essi gradite. Il distributore permette di ridurre i contatti che l’azienda ha con il cliente, pesare
attraverso il distributore significa che vengono ridotte le relazioni dell’impresa. Il distributore svolge
funzioni primarie che sono orientate a colmare divari che si generano tra la fase di produzione e la
fase di consumo:
- deve ridurre il gap spaziale: ovvero la distanza fisica che separa il luogo della produzione dal
luogo del consumo, questo gap è ridotto grazie alla funzione di trasporto.
- deve ridurre il gap temporale: ovvero la distanza temporale che per esigenze produttive o per
aspetti connessi alla stagionalità, separa il Momento della produzione dal momento della richiesta
da parte dei consumatori, questo gap è ridotto tramite la funzione di magazzinaggio.
- adattamento gap quantitativo: la quantità di prodotto realizzata da un’impresa industriale di solito
è maggiore di quella utile ad un singolo consumatore, pertanto mediante la funzione di
adattamento quantitativo (frazionamento delle partite) le imprese commerciali rendono disponibile
agli acquirenti le quantità necessarie al loro fabbisogno.
- gap qualitativo: l’impresa commerciale riesce a costruir euna assortimento (mix di prodotti) adatto
alle esigenze degli acquirenti. Siamo in presenza di un adattamento qualitativo.

Funzioni secondarie distributive:


- finanziamento: questa funzione consiste nell’offrire eventuali dilazioni di pagamento e nel far
acquistare la proprietà della merce prima di pagare il corrispettivo.
- informazione: il distributore essendo a contatto con la domanda, riesce a raccogliere informazioni
proventi dal mercato e fornire ai clienti adeguate informazioni per agevolare il processo di scelta
riducendo i costi di ricerca e di transazione.
- assistenza pre e post vendita: diventa rilevante soprattutto nei beni ad acquisto ragionato e
consiste nel supportare il consumatore con consigli ed assistenza (servizio che genera vantaggi
competitivi differenziali)
- promozione: permette di agevolare mediante specifiche iniziative l’acquisto dei prodotti da parte
dei consumatori (raccolta punti, offerte speciali, gadget in regalo, ecc.)
Nello svolgimento di queste funzioni ci sono dei flussi:
- il flusso del titolo di proprietà: barilla vende al cliente, il cliente diventa proprietario della pasta
barilla, di quel pacchetto di pasta, è un flusso fisico, perché si sposta il prodotto, c’è un flusso di
ordine perché il cliente ordina al distributore e il distributore ordina a barilla, c’è un flusso
finanziario perché io cliente acquisto, pago Esselunga che paga barilla, e un flusso di informazioni
che è bidirezionale, io do informazione a te Esselunga e te la dai a barilla, e te Esselunga mi dai
informazioni sulle offerte, ecc. Solitamente gli intermediari son in grado di gestire questi flussi con
maggiore efficacia e costi minori rispetto a quanto potrebbe fare un’impresa industriale. A fronte
delle funzioni primarie e secondarie la distribuzione comporta dei costi di varia natura. Essi
comprendono i costi di trasporto, costi per la gestione dell’ordine, costo delle transazioni non
andate a buon fine, costi di gestione delle merci in magazzino, costi di confezionamento, costi per
la gestione materiale delle merci. L’obiettivo dei manager del canale è quello di ridurre al minimo ilc
costo totale di distribuzione mantenendo inalterate le altre caratteristiche del canale.

CANALE DI DISTRIBUZIONE: Noi all’interno del canale troviamo molti soggetti:


- imprese industriali: es. barilla che si occupano della produzione di beni destinati al consumatore
finale.
- grossisti: acquistano le merci dai produttori e le rivendono ai dettaglianti offrendo una serie di
servizi (trasporto, magazzinaggio, adattamento e finanziamento). Un grossista è cash e carry a
libero servizio, la metro (osmannoro) è una forma di ingrosso, compro certi prodotti se ho la partita
iva e li rivendo al consumatore; truck jobber: sono grossisti specializzati in ambito aumentare che
realizzano la tentata vendita tramite automezzi predisposti al trasporto ed alla conservazione della
merce venduta; rack jobber: è un’impresa grossista che mantiene la proprietà della merce, di solito
non di beni alimentari, anche quando questa è posta sugli scaffali del negozio, fattura al
dettagliante soltanto quando l merce è stata effettivamente venduta; drop shipper: acquistano la
proprietà del prodotto che trattano ma non effettuano su di essa nessuna operazione, essi si
limitano ad inviare l’ordine al produttore con i dettagli della spedizione presso il cliente dettagliante.
- dettaglianti: vendono beni e servizi direttamente ai clienti finali dopo averne acquisito il diritto di
proprietà dai grossisti o dalle imprese di produzione. Il loro margine è dato dalla differenza tra il
prezzo di acquisto corrisposto ed il prezzo di vendita al cliente. Alcuni dettaglianti possono essere
superette quando la superficie di vendita è di 200-400 mq, assortimento formato da un numero
quindi ridotti di referenze, con la tecnica di vendita mista self service e bianco a servizio; poi c’è il
supermercato con una superficie di vendita di 400-2500 mq, esercizio a libero servizio integrato da
reparti a vendita assistita e con pagamento all’uscita, localizzazione urbana. Poi c’è l’iper mercato
con una superficie di vendita di 2500 mq, localizzato in aree urbane periferiche, tecnica di vendita
a libero servizio integrata da reparti assistiti, assortimento vasto ma non necessariamente
profondo. Discount: superficie di vendita di 400-800 mq, presenza di prodotti non di marca; poi soft
discount: superficie di vendita 600-800 mq, presenza prodotti freschi e 1500 referenze.
- consumatori: sono i destinatari finali del prodotto.
Oltre agli intermediari commerciali ci sono altri attori che svolgono un ruolo importante nel
processo di commercializzazione anche se non è detto che acquisiscano la proprietà dei beni:
- agente: è un operatore al quale il produttore conferisce un incarico contrattuale per la vendita dei
prodotti in nome e per conto proprio in una data area geografica.
- broker: non ha un rapporto continuativo con l’impresa industriale limitandosi a facilitare la
transazione tra questa e l’acquirente e venendo remunerato soltanto in caso di conclusione del
contratto.

LE DECISIONI DI DISTRIBUZIONE DELL’IMPRESA INDUSTRIALE


I canali si distinguono in funzione del numero di stadi i cui si articolano, ovvero della lunghezza del
percorso che il prodotto compie per arrivare al cliente finale, possiamo individuare tre tipologie di
canale:
- 1 canale diretto: produttore - consumatore —> il produttore entra in contatto direttamente con il
compratore finale con punti vendita al dettaglio di proprietà, o con il ricorso al sito web di vendita,
questo canale è diffuso nel settore abbigliamento.
- 2 canale indiretto: può essere breve : produttore - dettagliante - consumatore: il produttore
rifornisce direttamente il dettagliante saltando il grossista. Può essere lungo: produttore-grossista-
dettagliante-consumatore: in questo canale operano due o più intermediari commerciali.

Quali sono i fattori che influenzano la scelta della lunghezza del canale?
1. Caratteristiche del mercato (domanda): dispersone geografica. Comportamento di acquisto dei
clienti, servizio commerciale richiesto.
2. Caratteristiche del prodotto: prodotti deperibili o prodotti ad alto valore unitario (canali che
riducono il numero di passaggi).
3. Caratteristiche dell’impresa: i canali brevi implicano lo svolgimento di certe funzioni e sono
accessibili ad imprese con adeguate caratteristiche dimensionali ed organizzative.
4. Componenti della concorrenza: si possono usare canali alternativi alla concorrenza con
l’obiettivo di innovare dal lato della distribuzione e raggiungere nuovi segmenti o gli stessi
segmenti con modalità differenti.
5. Caratteristiche degli intermediari: l’impresa deve individuare intermediari idonei e disponibili a
portare a termine i compiti loro affidati, in assenza di una struttura distributiva efficiente, la
tendenza è verso canali più brevi.

Un altro elemento da considerare per il canale è k’ampiezza, l’intensità della distribuzione del
prodotto nel mercato: quindi il numero di aziende commerciali alle quali l’impresa produttrice
reputa opportuno affidare le vendite del prodotto in un’area geografica ben definita. All’ampiezza
del canale si lega il concetto di copertura del mercato che può essere determinata dal rapporto tra
il numero di clienti raggiungibili ed il numero totale dei clienti potenziali inuma data zona
geografica, e le strategie possono essere:
1. Distribuzione intensiva: es vigorsol, mira a fare ricorso a tutti i punti vendita disponibile per una
capillare presenza sul territorio, è molto diffusa, nel caso dei prodotti conveniente soprattutto che
anno un elevato tasso di sostituzione e non necessitano di particolari servizi.
2. Distribuzione selettiva: es lavatrice, è adottata dalle imprese che effettuano una selezione degli
intermediari presso i quali distribuire i propri prodotti. Il rischio di questa scelta è non raggiungere
una copertura sufficiente del mercato. I vantaggi: dato rapporto più stretto con l’intermediario,
l’impresa può ottenere un maggiore controllo sul merchandising e prezzi. E’ molto adottata per gli
shopping good.
3. Distribuzione esclusiva: es max Mara, si verifica quando un solo intermediario (grossista o
dettagliante) in una zona ben definita ottiene il diritto alla distribuzione del prodotto. Esso si
impegna a non vendere marche concorrenti con quella dell’impresa che ha concesso l’esclusiva.
E’ molto impiegata per gli speciality good. Una forma di distribuzione esclusiva è il franchising,
quando un’impresa concede ad un’altra il diritto di usare la propria formula commerciale in un
territorio delimitato, secondo norme definite o con un’insegna o marca date. Il franchisor (impresa
affiliante) offre ai franchisee (impresa affiliata) assistenza continua; il franchismo si impegna, per
contratto, a versare al franchismo una quota iniziale e delle percentuali sulle vendite realizzate. Le
motivazioni del franchismo sono poter accedere a una fonte di capitali senza perdere o allentare il
controllo sul sistema di marketing; evitare gli elevati costi fissi imposti da un sistema di
distribuzione con negozi propri; collaborare con imprenditori locali ben integrati nel contesto
cittadino, regionale o nazionale; realizzare un rapido aumento delle vendite; beneficiare di
economie di scala. Il franchisee è motivato da: il vantaggio dell’esperienza; la possibilità di avviare
un’impresa con un capitale ridotto; la situazione del rischio e dell’incertezza; una formazione ed
un’assistenza continue da parte del franchisor; un maggior potere di acquisto presso i fornitori
della catena affiliata; una costante attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e servizi; la
possibilità di creare un’attività propria ed indipendente, pur appartenendo ad una grande
organizzazione. Nelle politiche di vendita selettive ed esclusiva un aspetto critico è dato dalla
selezione degli intermediari commerciali di cui si tiene conto: la dimensione in termini di volumi di
affari e mercato servito, la qualità del servizio offerto per il prodotto dell’impresa che dipende dalle
conoscenze e competenze tecniche del distributore; il posizionamento competitivo e la qualità
percepita dall’insegna commerciale; l’affidabilità finanziaria dell’intermediario ovvero la capacità di
far fronte agli impegni presi con l’impresa e di investire risorse per gli sviluppi futuri dell’attività; la
presente di prodotti concorrenti nell’assortimento, la capacità di svolgere le funzioni logistiche.

Il distributore e l’impresa sono due soggetti diversi che perseguono obiettivi diversi, e questo rende
più complessa la collaborazione. L’industria è interessata alla vendita ed alla redditività del singolo
prodotto mentre la distribuzione preferisce vendere l’intero assortimento e presta attenzione alla
profittabilità della categoria merceologica. Il distributore assume un ruolo duplice nei confronti
dell’impresa industriale, perché è cliente visto che acquista i prodotti ed è anche concorrente
perché compete con i produttori per la conquista dei consumatori finali sul punto vendita. Una
situazione di conflitto si ha quando i distributori con l’offerta sul mercato di prodotti a marchio
proprio, entrano direttamente in concorrenza con l’industriale per l’acquisizione delle preferenze
del consumatore sul prodotto. Si sviluppa quindi una concorrenza tra soggetti che operano
all’interno del canale. Nello specifico emerge una concorrenza verticale che si caratterizza per la
diversità delle leve impiegate: il marketing mix dell’industria è centrato sul prodotto
(differenziazione e innovazione) e sulla comunicazione (pubblicità) mentre quello della
distribuzione usa come leve la fiducia nell’insegna, il prezzo ed il merchandising. Tuttavia
all’interno del canale sia produttori che distributori si pongono un obiettivo comune che è quello di
assicurare grazie ad una gestione efficace ed efficiente delle attività una posizione di vantaggio
concorrenziale riaspettò ad altri canali garantendo la soddisfazione del cliente finale. Ne segue che
le relazioni che si vengono a sviluppare tra gli attori del canale non sono solo di tipo competitivo
ma anche collaborativo.
A partire dalla seconda metà degli anni 70 le condizioni economiche (inflazione, riduzione del tasso
di crescita) e cambiamenti nei processi di acquisto dei consumatori stimolano un processo di
razionalizzazione del commercio a favore di forme distributive moderne; esse consentono di
acquistare prodotti a prezzi più bassi. Pensiamo al femminile, la donna inizia a lavorare davvero
negli anni 70, e questo ha favorito anche il successo della grande distribuzione organizzata, le
donne avevano meno tempo per le attività domestiche e avevano bisogno di negozi accessibili, la
grande distribuzione andava incontro a queste esigenze. Anche la diffusione dell’auto, a partire
dagli anni 60, boom economico, fiat, 500, si diffonde l’auto, il frigorifero si diffonde negli anni 50,
però a questo punto nelle famiglie italiane si diffonde anche questo elettrodomestico con altri
accessori, tipo il congelatore e anche questo ha favorito la crescita della grande distribuzione.
Negli anni 70 la situazione cambia: nasce l’industria di marca, e diciamo che il grossista perde
ruolo e nasce invece la grande distribuzione, e il dettagliante. Nel corso degli anni 80 e 90 c’è un
vero sviluppo della grande distribuzione, si diffondono anche le catene nazionali e internazionali:
Carrefour, ecc. penny market, ecc. e riemerge un po’ il dettagliante specializzato, accanto alla
grande distribuzione organizzata quello che resiste ancora è il dettagliante specializzato. Quindi si
è assistito ad una modifica nei rapporti di forza industriale e distribuzione a favore del retail; i
retailer hanno acquistato un ruolo strategico sempre più rilevante e la distribuzione ha cessato di
essere una variabile sotto l’esclusivo controllo dell’industria. L’evoluzione osservata ha indotto le
imprese industriali ad ampliare le proprie politiche di marketing da quelle orientate al cliente
consumer a quelle orientate al cliente trade. Emerge così il trade marketing —> considera le
insegne come se fossero dei clienti finali, coop, Esselunga, Conad, Carrefour, ecc., prende le
singole insegne le considera dei consumatori nel senso he si chiede quali saranno le esigenze che
hanno queste imprese a livello dell’assortimento? Io voglio fare una promozione con coop, come
faccio? Magari devo fare una cosa diversa rispetto ad una promozione con Esselunga, quindi è
probabile che con distributori diversi si negozia in modo differente.

Il trade marketing al pari del consumer marketing ha leve di marketing proprie costituite dalle
condizioni di vendita, del merchandising industriale, dalle promozioni e dalla logistica integrata.
Ci consente di:
- negoziazione delle condizioni di vendita: relativamente a sconti, buoni, condizioni di pagamento.
- in store merchandising: il merchandising all’interno di un punto vendita ha un impatto rilevante
sulle vendite di un prodotto. Impresa industriale e distributore collaborano per migliorare le
performance di rotazione e/o di redditività di prodotto o di reparto.
- Politiche promozionali: per l’impresa industriale è importante poter condividere e collaborare con
il distributore al fine di rendere efficaci le politiche di pricing ma anche di coordinare questo
strumento con le altre leve del marketing per attuare un’adeguata politica di branding.
- integrazione delle funzioni logistiche: nell’integrazione si collabora al fine di massimizzare il livello
di efficienza operativa e minimizzare i costi nella gestione dei flussi fisici della merce. Un elemento
importante nella grande distribuzione è la nascita delle marche private, le private label, i prodotti di
private label si identificano come prodotti di consumo realizzati da o per conto di imprese
commerciali e venduti con la denominazione oppure con un marchio della stessa impresa
all’interno dei suoi punti vendita. I dati relativi alla diffusine della marca commerciale mostrano un
fenomeno in costante crescita: la quota di mercato delle private label è aumentata dall’11,3 per
cento nel 2003 al 18,5 per cento nel 2016 ed è arrivata al 20,3 per cento nel 2020. La presenza di
prodotti a marca commerciale presuppone la presenza di un copacker e quindi di un’impresa
industriale che fornisce all’impresa commerciale i prodotti richiesti, Il distributore è in grado di
offrire al cliente un prodotto generalmente ad un basso prezzo rispetto a quello delle conosciute
marche industriali. I fattori che permettono al distributore di mantenere un prezzo più basso ad una
qualità sostanzialmente invariata rispetto alla produzione industriale sono tre:
- la possibilità di ottenere i prodotti dai fornitori a basso prezzo sfruttando la capacità produttiva in
eccesso delle imprese industrial (la domanda è inferiore all’offerta, le imprese industriali per non
perdere la possibilità di beneficiare di economie di scala produttive si trovano costrette a vendere i
propri prodotti ad un prezzo inferiore).
- la riduzione delle spese di marketing e di sponsorizzazione tipiche del prodotto delle imprese
industriali che devono investire in promozione e innovazione.
- gestione dello scaffale: le marche del distributore hanno un trattamento preferenziale rispetto ai
prodotti a marca industriale; ne segue la possibilità del trade id riservare alle proprie offerte
commerciali uno spazio maggiore ed una posizione migliore sugli scaffali.
Dall’altro lato il distributore ha sempre il potere contrattuale nei confronti dell’impresa, il distributore
vuole far crescere la marginalità media della categoria, la marginalità è dovuta dalla differenza tra i
minori costi sostenuti per l’acquisto e la promozione della marca privata ed il prezzo di vendita; è
interessato alla differenziazione dell’assortimento rispetto ai rivali rivenditori, e anche alla
fidelizzazione del cliente finale e a creare ‘’lo store loyality’’

Le marche commerciali possono essere classificate in diverse categorie:


- marca generica: prodotti caratterizzati da una semplice confezione e dal minimo sforzo grafico e
puntano ad attrarre il cliente sensibile al prezzo.
- marchi di fantasia: che non identificano il distributore, sono marchi di proprietà del distributore ma
che non permettono una chiara associazione ad esso.
- prodotti bandiera: simili ai precedenti ma hanno un livello di qualità del prodotto superiore ed una
chiara associazione con il nome del prodotto. Sono il primo step verso la realizzazione di una
politica di marca commerciale fortemente identificata (Esselunga top, Esselunga bio).
- marca insegna: sono prodotti della marca privata, sono commercializzati con il nome dell’insegna
commerciale. Sono prodotti di qualità medio alta con un packaging simile a quello della marca
industriale ma ad un prezzo leggermente inferiore.

LE POLITICHE DI PREZZO
Le scelte di prezzo rappresentano una emanazione operativa delle decisioni relative alle strategie
competitive o di sviluppo. Dalle politiche di prezzo dipende il fatturato, la redditività, la domanda e
più in generale la competitività dell’impresa. Il prezzo contribuisce a determinare il posizionamento
del prodotto nella percezione dei clienti. Quali sono i fattori che incidono sul prezzo?
I fattori interni:
- il prezzo è allineato alla strategia aziendale: il prezzo può rappresentare una derivazione di scelte
strategiche e di obiettivi di carattere generale dell’impresa come la massimizzazione dei profitti, la
leadership in termini di quota di mercato o di qualità di prodotto.
- Prezzo e marketing mix: il marketing mix include variabili che costituiscono elementi di un’unica
strategia e necessitano un forte coordinamento.
- prezzo e costi: questo è un parametro che andremo ad indagare.
- prezzo e struttura organizzativa: individuazione di chi ha la responsabilità delle scelte di pricing
(imprenditore, responsabile di prodotto o responsabile marketing). Nelle PMI il processo di
determinazione del prezzo è il risultato di una concertazione che coinvolge differenti funzioni
aziendali (commerciale, rete di vendita, direzione, amministrazione).
Prezzi esterni:
- Prezzo e natura del mercato e domanda: la forma di mercato (a concorrenza perfetta, a
concorrenza monopolistica, oligopolistica o monopolio) e le caratteristiche della domanda
influenzano il prezzo, per quanto riguarda quest’ultimo fattore è importante considerare l’elasticità
della domanda rispetto al prezzo.
- prezzo e concorrenza: la concorrenza acquista importanza quando gli operatori presenti sul
mercato si condizionano reciprocamente; la determinazione dei prezzi sulla base della
concorrenza deve prendere in considerazione non solo il livello dei prezzi ma anche la funzione di
costo dei competitor.
- Altri fattori ambientali: i retailer incidono sulla determinazione del prezzo al consumatore finale;
agenti rappresentanti che possono decidere di ridurre il prezzo in fase di negoziazione; aziende di
credito che influiscono sul prezzo da cui dipende anche la remunerazione delle risorse finanziarie
erogate; l’operatore pubblico può incidere sul prezzo di alcuni prodotti (farmaci) stabilendo una
base normativa.

Il costo si stabilisce in base ai costi, domanda e concorrenza. Il prezzo l’azienda lo stabilisce in


base ai prezzi. Il prezzo base: definisco un prezzo che mi copre i costi variabili e fissi. Costi fissi:
quelli che non variano nonostante la produzione (tipo i dipendenti) e questo prezzo corrisponde al
sotto costo ovvero ai prezzi variabili. Il prezzo tecnico corrisponde al punto di equilibrio ed è il
prezzo che permette di recuperare i costi variabili e quelli fissi; il prezzo target permette di
recuperare i costi fissi e variabili a cui si aggiunge una parte di marginalità. Il modello del punto di
pareggio ci permette di stimare la struttura dei costi ed il prezzo di vendita e anche il volume di
produzione di pareggio. Si definisce il prezzo anche in base alla domanda, la curva della domanda
mette in relazione le unità vendute di un prodotto con i diversi livelli di prezzo, oltre al prezzo sulla
domanda agiscono anche le preferenze che hanno i consumatori, la disponibilità dei prodotti
sostitutivi, le condizioni economiche dei consumatori. Il management indaga l’elasticità della
domanda rispetto al prezzo: la domanda elastica è quando la domanda si riduce all’aumentare del
prezzo o aumenta alla riduzione del prezzo; la domanda inelastica o rigida è quando la domanda
non si modifica al variare del prezzo; la domanda con elasticità positiva è quando la domanda
cresce al crescere dei valori del prezzo come nei beni del lusso: il prezzo elevato influisce sulla
percezione del cliente che associa al prezzo alto un’elevata qualità.
Le imprese ricorrono spesso a metodi alternativi rispetto a quello dell’elasticità della domanda
basati sul valore percepito dal consumatore. Fra i vari approcci si collocano:
- analisi del profilo del potenziale: si associa differenti livelli di prezzo in relazione agli attributi che il
cliente impiega per selezionare il prodotto. Questo metodo permette di comprendere il valore
associato ai singoli attributi ed a confrontarsi con prodotti concorrenti per comprendere se il cliente
è disposto a pagare un premium Price.
- analisi del valore di uso: con questo metodo la determinazione del prezzo del prodotto avviene
aggiungendo al prezzo scaturito dall’analisi dei costi un margine in funzione del valore di suo
percepito dal cliente si considerano tutti i benefici oggettivi e soggettivi che il cliente attribuisce al
prodotto e che possono influire sul prezzo. Il prezzo si definisce anche in base alla concorrenza.
Price competition: il prezzo è la principale variabile competitiva: non Price competition:
differenziazione rispetto ai prodotti dei concorrenti. Individuazione dei competitori diretti o indiretti e
della loro rilevanza, si considera l market share ed il tasso di sviluppo della domanda che ha
giustificato in passato scelte di penetrazione aggressive pur di mantener un’alta quota di mercato;
livelli dei prezzi (max., min. Media); funzione di costo dei competitor, la possibilità di conoscere
quanto il concorrente può spingersi al ribasso mantenendo una marginalità positiva, diventa
importante conoscere l’entità dei costi variabili per unità di prodotto; strategie di pricing
(scrematura o penetrazione). Quando si stabiliscono le strategie di prezzo e si lancia un nuovo
prodotto soprattutto, dobbiamo adottare la strategia di penetrazione: quando l’impresa che decide
di entrare in un mercato determina il valore del bene commercializzato in modo da contenerne il
prezzo il più possibile, con l’obiettivo di incrementare sensibilmente e velocemente le vendite
acquisendo una market share significativa. Si usa quando si ha la necessità di un sistema
distributivo intensivo, azioni promozionali, perché da una capacità produttiva fin dal momento del
lancio, la domanda elastica rispetto al prezzo, il prodotto nuovo è minacciato da una oste
concorrenza breve, una volta soddisfatte le fasce alte la politica di penetrazione serve a sviluppare
il mercato. E le strategie di scrematura: quando l’impresa mantiene un prezzo relativamente
elevato del bene commercializzato con l’obiettivo di limitare l’offerta in quantità, sviluppando ampi
margini e qualificare l’acquisizione di solo alcune tipologie di clienti. Con questa strategia si vende
il nuovo prodotto ad un prezzo elevato ad acquirenti disposti ad acquistarlo in modo da ottenere
rientri finanziari a breve termine; ciclo di vita del prodotto è breve, è un prodotto del tutto nuovo per
il cliente che non dispone di elementi di confronto; lanciare un prodotto ad un prezzo elevato
consente una prima segmentazione del mercato in gruppi in base alla loro elasticità rispetto al
prezzo.

DIGITAL MARKETING SOCIAL MEDIA MARKETING


Enrico Marchetto titolare di una società importante in ambito digital, uno dei pionieri.
Che mestiere fa lui? E’ un social media strategist, ha un’azienda ‘’Noiza’’ che ha una caratteristica:
FPMP —> Facebook prefer marketing partner —> lavora in partnership di fb (compreso ig), il suo
mestiere consiste nel fare strategie social per le aziende. Le aziende sono su fb, su ig, ma perché i
sono aziende dentro i social? Che obiettivi hanno? Lui accompagna le aziende nell’accompagnarle
nell’obiettivo, ovvero per la vendita online. Lui lavora per veralab, per Benetton, ecc; tutte le
campagne social di verabal le creano loro. Si parla di marketing, il web marketing è semplicemente
un pezzo del marketing. Lui nell’abito del web marketing si occupa del social media marketing,
nell’ambito del social media marketing si occupa dei contesti pubblicitari all’interno di ig e fb.

COME CONOSCIAMO UN CONTESTO DAI LIBRI DI MARKETING? Uno dei concetti più usuali :
le 4 p: prodotto, prezzo, prodotto e promozione (invenzione di Kotler) —> è interpretato, chiamato
storicamente le 4 p che compongono il marketing mix. Ma siamo pieni di inquadrare un marketing
sotto questa griglia vecchia, dobbiamo uscire dalla dinamica televisiva, che ormai non sono più
valide per un quadro legato al web marketing, come non funziona più così l’idea che in un mercato
di marketing ci siano 7,8,9 gruppi, come le mutinazionali.. adesso i ‘’grandi’’ come coca cola non
sono dominatori del mercato. Il mercato è cambiato. Vediamo un video che ci mostra l’andamento
e la crescita dei marchi dal 2007 fino al 2020, dobbiamo tener conto della posizione di Google nel
2008, non c’è neanche Amazon, una sorta di corsa dei cavalli, nel 2012 guardiamo la apple,
google, tutti i marchi tech scavalcano, e Amazon soprattutto, nel 2015 apple fa ancora da padrona,
i marchi più importanti, e poi abbiamo il momento della rottura: settembre 2016 il marchio con più
valore diventa amazon. Se noi arriviamo alla fine del grafico le prime sei posizioni sono occupate
da: amazon, apple, google, Microsoft, samsung e Facebook. Questo è il contesto in cui stiamo
operando nel 2021, tutti quei marchi che hanno il più alto valore di mercato sono tutti marchi che
operano nel digital marketing. Abbiamo una situazione dove nel 2013: 30 miliardi di pagine web,
2016 130 miliardi, e così via.
Qual è il social network più popolato in Italia? Partiamo da quello che ha il numero maggiore di
iscritti: Facebook —> 40 milioni di abitanti (quasi tutta la popolazione italiana è presente su fb), è in
declino perché i giovani sono su ig, ma gli over 50, 60 ecc sono su Facebook. Su Instagram ci
sono 25 milioni di persone attive, su LinkedIn 20 milioni di persone attive, su tik tok 15-18 milioni,
su twitter 10 milioni di utenti. Un social network che sta crescendo tanto è twitch. L’intera
popolazione italiana è all’interno di fb, quindi è molto importante per un’azienda lavorare nel gidital
di fb per tutte le persone all’interno della piattaforma.
Youtube: nel 2011 un ora di video caricata ogni minuto, nel 2014 72 ore di video caricate ogni
minuto, nel 2018 400 ore di video caricate ogni minuto.
Da un marketing dominato dalle 4 ‘’p’’ noi ora abbiamo un contesto completamente cambiato, qui è
una questione soprattutto di tempo, nel suo mestiere si dice che la giornata non è più di 24 ore,
quando lavoriamo in un contesto di consumo dobbiamo aumentare la giornata alle 30-31 h,
vediamo la divisione della giornata in attività (perché alcune si possono fare in contemporanea):
es. andiamo in palestra e ascoltiamo un podcast, guardiamo la partita della Juve nel mentre
commento la partita su whatsapp, molte azioni sono fatte in modalità multitasking. Una delle
strategie più adottate nel social media marketing è lavorare in una double screen strategy —>
quando noi guardiamo la tv, per esempio Masterchef, io ho un’azienda di cibo, faccio la pubblicità
durante quel programma, perché nel mentre quelli che stanno guardando hanno il cellulare
acceso, quindi il pattern televisivo e social è molto rinforzante. Noi abbiamo un contesto dove tutto
è molto mescolato. Il customer journey (viaggio del consumatore, ciclo di consumo) che è molto
complesso, ci sono molti contatti con il lavoratore: stimolo ig, fb. Spotify, Netflix, ecc. Lavoriamo in
un eco sistema estremamente complesso e gli stimoli che abbiamo durante una giornata sono
molteplici e agiscono in contemporanea. Abbiamo un problema: di sicuro non abbiamo scarsità di
contenuto, questa è la nostra capacità di consumare il contenuto: in ambito social e digital la
quantità di contenuto prodotto è superiore alla nostra capacità di fruire di quel contenuto (effetto
Netflix -> stare davanti a Netflix, passare id schermata in schermata, avere troppa abbondanza di
contenuti e non sapere cosa scegliere) noi passiamo molto tempo a livello di ‘’scelta’’; quindi il
modello delle quattro p, ora si aggiunge una ‘’a’’ —> attention, una guerra di attenzione, lavoriamo
su un marketing improntato all’attenzione. Una cosa che dobbiamo immagazzinare: un pilastro di
quello che è il web marketing, Facebook e google, oltre ad essere delle piattaforme dominanti in
ambito web marketing, hanno anche delle piattaforme di studio e di ricerca, la piattaforma di fb si
chiama fb iq —> noi troviamo una miriade di ricerche e di studi, poi degli inside sull’ambito covid,
sull’era dello shopping ibrida (online, offline), molti studi, naturalmente google non è da meno,
anche lui ha uno spazio di riflessione ‘’google Think’’; nel 2011, all’interno della piattaforma google
thinking esce uno studio: ‘’il momento zero della verità’’ —> è uno studio epocale perché questo
studio dimostra come non è più il consumo, non è più un tragitto da un punto a ad un punto b, il
tragitto non si conclude con l’acquisto del prodotto, ma esiste un punto finale che si chiama
esperienza del prodotto che diventa il punto a per un altro consumatore. Es: in ambito turistico,
quando andiamo in un posto, il consumo di quel posto non si esaudisce con la nostra presenza in
quel posto, ma lavora nella condivisione dell’esperienza: ig stories. E quindi, quella nostra
condivisione diventa il punto di partenza potenziale per un ulteriore ciclo di consumi: grazie ad una
storia altrui noi veniamo ispirati a seguire quel percorso: social Proof. Fare un’azione perché
qualcuno prima di noi l’ha fatta, e noi di quel qualcuno ci fidiamo.
L’estetista cinica lavora su un concetto di social Proof molto esteso: io voglio vedere una stories
che mi ispira una certa azione, il mio acquisto ispira un’azione altrui, e così via. Quando arriva il
pacco di veralab lo condividiamo nei social.
Ragioniamo su un concetto basilare per comprendere le due grandi meccaniche che spingono,
che sono il motore del marketing digitale:
la prima domanda è ‘’banale’’ : a cosa serve un sito web? Tendenzialmente, noi quando lavoriamo
in un sito web, è così scontata l’idea che non ci domandiamo bene che ruolo abbia il sito web in
una strategia di marketing; quando siamo nell’incertezza nell’ambito marketing, noi siamo
concentrati sulla parte operativa, ‘’dobbiamo fare’’, invece no, dobbiamo iniziare dalla parte
analitica, dobbiamo capire Come le persone entrano nel sito web, le persone entrano in un sito in
tre modi:
- in modo diretto: per fare questo dobbiamo conoscere il sito, es. ‘’Unifi’’, per forza di cose io devo
partire da un punto di inizio, ovvero che lo conosco già quel sito. (15 per cento)
- referall: fonti esterne, es. la ferragni che pubblicizza qualcosa di Balenciaga, il sito Balenciaga poi
ha molti ingressi grazie alla ferragni. (20 per cento)
- search: il grosso del traffico lo fa la search, la maggior parte delle persone arriva ad un sito web
perché proviene da una ricerca esterna fatta sul motore di ricerca; esempio: io decido di cercare
silvia ranfagni su google, la risposta del motore di ricerca è una risposta che mi condurrà al sito
primo nella lista, che mi parla della ranfagni. (60 per cento).

Se la maggior parte delle visite ad un sito web proviene dai motori di ricerca e tutte le ricerche
sono DOMANDE. A cosa serve un sito web? A dare delle ricerche, quindi il mio sito web non è un
sito web vetrina o per dare informazioni; il mio sito viene costruito per dare la miglior risposta
possibile alle mie domande di mercato. Quando ho un sito web devo studiare la mia domanda di
mercato, come si studia? Per esempio su google trends, che ti spiega l’andamento dell’interesse
su una certa parola. Es. ‘Hell raton’’ -> per sapere chi fosse il nuovo giudice di xfacor, poi inizia
xfactor e non ne parla più nessuno, è in calo. Un altro sistema: answerthepublic, indaga la mia
domanda di mercato, posso scegliere la lingua italiana e posso mettere ‘’università di Firenze’’
questo sito mi analizza le domande più frequenti che vengono fatte attorno all’università di Firenze.
Che domande fanno i miei consumatori? Lo scopro con questo sito, e io posso costruire la risposta
migliore. Per dare una risposta ottimale devo studiare bene la domanda. Qual è il problema? Il
marketing farebbe davvero schifo se dovesse rispondere solo a delle domande, il marketing in
modo diretto risponde a delle domande, ma se rispondesse solo a delle domande farebbe schifo, il
marketing deve anche ispirare, far sognare, deve lavorare su chi in quel momento non ha nessuna
domanda. Se noi siamo su ig e su fb: la nostra è una domanda di ‘’entertaiment’’ non di prodotto,
ma solo di intrattenimento. Non usiamo fb per un prodotto o un servizio, siamo lì per ispirazione,
per entertaiment. Quindi le aziende non sono dentro fb e ig per dire ‘’compra’ ma sono lì per
sollevare una domanda, si chiama domanda latente -> noi siamo dentro fb, e ig, producendo una
domanda di intrattenimento, io azienda uso fb e ig e attraverso l’intrattenimento, in base alle
conoscenze che ho di voi provo a stimolare l’emergere di una domanda.
Noi dobbiamo metterci in testa una cosa: quando accettiamo un patto con fb o ig, la merce di
scambio è il dato, cioè —> fb e ig ci mettono a disposizione l’utilizzo della piattaforma, in cambio si
prendono più o meno tutto quello che possono sapere di noi. Fb e ig assorbono dati dalla nostra
presenza su fb e ig, i nostri comportamenti dentro fb e ig vengono tracciati dalla piattaforma. Fb e
ig assorbono dati dalla nostra presenza anche fuori fb e ig, fb non traccia solo quando siamo
dentro, ma anche quando siamo fuori, per esempio: lui si occupa di un cliente come Lazzari o
come veralab, quando io sono dentro Lazzari -> guarda sotto.
Compito: andiamo su pixel helper, ci installa un quadrato, questo quadratino ci segnala quando
siamo tracciati o meno, quando siamo su Lazzari siamo tracciati, su questo sito c’è un tracciatore
di fb, quindi questo sito traccia tutte quelle persone che hanno un account fb e ig. Esempio, sono
attratto dal montgomery, il quadratino blu dice che uno che di fb è andato su Lazzari, e che è
attratto da un montgomery; io seleziono la taglia, l’aggiungo al carrello e l’acquisto, il tracciatore di
fb dice che c’è qualcuno che ha guardato Lazzari e che adesso sta comprando il prodotto; quindi
quando noi siamo fuori da fb e da Instagram siamo comunque tracciati, fb sa la nostra taglia, sa
quanto abbiamo speso, sa il colore che abbiamo scelto, sa che abbiamo messo un prodotto nel
carrello e non lo abbiamo comprato, morale: tutto si basa sul dato, sul nostro comportamento, sul
nostro interesse, sulle nostre scelte. Lavorando in un contesto dove non stiamo producendo una
domanda esplicita, loro lavorano in un contesto dove lavorano sulle nostre caratteristiche, degli
interessi aggregati, in base ai nostri interessi e comportamenti loro provano a stimolare una
domanda di prodotto basata sulle nostre caratteristiche. La campagna fb è una campagna che
vuole raggiungere delle persone, è una campagna di interazione, una campagna per promuovere
dei post di fb, per es: io posso dire a fb: vai a raggiungere le persone che vivono nel cap ‘’50060’’
—> pelago. Io posso targettizzare quella popolazione che vive in quel quartiere, sapendo anche
quante persone ci sono, posso anche dire vai a lavorare sui tifosi della fiorentina, fb li individua
2100 in quel quartiere, oppure posso dirgli di lavorare in quel quartiere con le persone che hanno
un figlio da 0 a 12 mesi, oppure gli posso dire di lavorare in un contesto italiano.

Campagna Benetton con ghali: indirizzata a persone che sono interessate al trap, a ghali, lavoro
sull’interesse per potenziare la domanda latente su Benetton.
Benetton lavora sul territorio nazionale, lo studio dentistico (esempio) lavora sul territorio locale.

Il social media manager deve essere in grado di creare il contenuto, ma non basta quello, non
sono contenuti vuoti da buttare così, bisogna fare un contenuto strategico, la seconda cosa è che
sicuramente deve avere ben chiaro come distribuire quel contenuto, deve avere una sensibilità in
generale verso la psicologia del consumatore. Queste sono le tre caratteristiche professionali che
si cercano in un contesta di social media e marketing.
Gli hashtag su fb non contano niente, su ig, twitter e LinkedIn contano 4 da 1 a 10.
Fb meta: ci sono ancora grossi dubbi sul concetto del futuro di meta.
La start up è penalizzata rispetto alle grandi aziende, le aziende che hanno un passato è più facile
possano lavorare; il social media marketing aiuta la start up ma non molto.
Il covid: con il covid siamo entrati in un mondo nuovo per il lavoro dei social media manager.

MARKETING CULTURALE, DUCCESCHI


Cosa è il marketing? Consiste nell'individuazione e nel soddisfacimento dei bisogni umani e
sociali, è un processo sociale attraverso il quale gli individui e i gruppi ottengono quello di cui
hanno bisogn attraverso la creazione, l'offerta e lo scambio di prodotti e di servizi di valore. La
capacità di creare il prodotto giusto sulla base dell'analisi delle ricerche di mercato. La traduzione
dall'inglese vuol dire letteraomente ''piazzare sul mercato'' e si riferisce a tutte quelle azioni volte a
piazzare un prodotto sul mercato; ma non è solo un processo manageriale, ma anche un processo
sociale, basato sulla relazione tra chi vende e chi acquista. E' l'insieme di tutte le attività volte a
promuovere valori e soddisfare i desideri e i bisogni delle persone e dei mercati. Fare marketing
significa quindi ascoltare, interagire, trasmettere valore e comunicare con i clienti, studiarne i
bisogni e le preferenze per riuscire a soddisfarli nel modo migliore, instaurando una relazione
duratura e proficua. Il consumatore, quindi, con i suoi bisogni e desideri, è il perno attorno cui ruota
il marketing. Perchè uniamo marketing e cultura? I musei non sono macchine per fare soldi, ma
non sono neanche istituti a perdere per statuto, negli ultimi anni siamo andati sempre di più verso
una progressiva autonomia dei poli, e poi diventa anche una questione di sostenibilità -> solo
all'interno della Firenze card sono presenti cento musei.
MARKETING CULTURALE: L'arte di raggiungere quei segmenti di mercato che possono
potenzialmente essere interessati al prodotto, adattando le variabili commerciali (prezzo,
distribuzione, promozione) al prodotto, per raggiungere gli obiettivi coerentemente con la mission
dell'impresa culturale. (Colbert) --> per raggiungere gli obiettivi non si parla di soldi, per esempio la
mission del museo può essere anche la diffusione culturale (stessa cosa vale per il teatro, cinema,
ecc.) Ognuno ha una mission, maggio musicale, orchestra toscana che sono finanziati dalla
regione, perchè devono fare marketing? Perchè la loro mission è vendere per divulgare la cultura.
Cosa è un impresa culturale? sono imprese culturali e creative tutte le imprese o i soggetti passivi
di imposta in Italia che abbiano, come oggetto sociale, in via prevalente o esclusiva, l'ideazione, la
creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conversazione, la ricerca e la valorizzazione
o la gestione di prodotti culturali, intesi come beni, servizi e opere dell'ingegno inerenti alla
letteratura, musica, arti figurative, arti applicate, spettacolo dal vivo, cinematografia, audiovisivo,
archivi, biblioteche, musei, nonchè al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso
collegati. Perchè quindi c'è bisogno di fare marketing? Perchè il mondo è fluido, la società cambia
velocemente, con il covid lo abbiamo visto ancora di più, anche con gli acquisti online, una
tendenza che era già avviata, e il marketing serve proprio per questo: per capire come va il
mercato, i negozi (soprattutto delle grandi catene) ormai sono negozi vetrine, va di più l'acquisto
online. Poi ci sono crisi di valori, e allora le persone si rifugiano nella cultura. Nascono stili diversi,
consumismi, nuove economie. La tecnologia è padrona di tutto: si compra con i social, con il
telefono, il consumatore è sempre più consapevole, il venditore non ha più l'importanza che aveva
una volta. L'altra variabile: crescente sfiducia nella comunicazione tradizionale; ormai ci si fida del
passaparola, se dobbiamo andare a cena apriamo tripadvisor e guardiamo le recensioni, come lo
hanno giudicato gli altri, quindi non vale la pubblicità che ci sono in città, io mi fido dell'altro anche
se non lo conosco, il passaparola è un aspetto fondamentale. E poi cè l'evoluzione della funzione
dell'impresa culturale, perchè cambia proprio la funzione stessa: cambia la società, cambianol i
consumi e cambia anche la funzione dell'impresa culturale. Il museo nasce per conservare, è la
sua prima finalità: raccogliere e conservare, e poi la prevalente funzione didattica: si va al museo
per imparare, sono cose fatte ''vivere male'' che poi ci tengono lontani da quei luoghi, oggi, al
centro della propria attività collocano il pubblico: ovvero creare un rapporto con la comunità,
investire risorse nell'attrazione di un pubblico più ampio e diversificato. Così il comportamento del
visitatore e consumatore acquisisce un ruolo di rilievo all'interno delle imprese, e quindi dei musei.
''vado perchè vivo un emozione''. Lo studio del pubblico permette di capire le modalità con le quali
il museo può valorizzare, rendere leggibile e attraente l'offerta. L'obiettivo degli studi sul
consumatore non è sempre quello di aumentare la partecipazione, quanto rendere godibile
un'opera, sviluppare programmi innovativi e rendere emozionale l'esperienzadi visita. Conoscere il
pubblico può essere efficace per le istituzioni museali sia sul versante della strategia e delle
decisioni a medio lungo termine sia su quello operativo. La conoscenza del pubblico permette di
accrescere la soddisfazione dell'utente e migliorare la qualità complessiva della sua esperienza.
L'esperienza sulla realtà aumentata la portiamo a casa al 100% e la condividiamo, rispetto al
classico audio guida (es. michelangelo che scolpisce la pietà nello schermo del telefonino).
Il museo dell'opera del duomo: dà godibilità, per la luce, un grande effetto scenografico.
Altro fatto da tener presente: domanda e offerta: pochi visitatori in tanti musei; ormai tante persone
frequentano i classici musei ''perchè tanto ci devo andare'' ma così l'istituzione culturale perde.
Allestimento a incrostazione: poco importa la godibilità nel vedere, l'importante era esporre, far
vedere.
Nell'immagine a destra: musei dove si può toccare con mano.
Monitorare il nostro pubblico ci permette di capire cosa vuole il nostro pubblico e fare un'offerta
precisa. Il museo dell'opera: La Cupola era piena, gli altri no, facevano entrare tremila persone al
giorno, ed è tantissimo, quindi cosa hanno fatto? La godibilità della visita ne va a discapito
pesantemente, quindi diedero un numero massimo: 2600 persone. E hanno cercato di far capire
cosa voleva il suo pubblico e cercare di smistarli sul battistero e campanile. C'è un forte turismo di
massa, ma c'è anche un turismo di alto livello. Le persone che vanno nei cinque stelle cosa vuole?
L'esclusività.
Il Louvre perchè è famoso? Per la Gioconda. Come è posizionato? Non importa, nella mente delle
persone è il più importante al mondo e la Monna Lisa è l'immagine simbolo del Louvre, è distante
da noi 4 metri, un piccolo quadro, su una parete immensa....... non lascia nulla, troppo vetro
davanti. Ma tutti erano lì. Nella stanza per arrivare alla gioconda c'è un grande corridoio, in quel
corridoio c'è la vergine delle rocce di da vinci e nessuno la guarda. Dall'altro lato ''Leonardo Da
Vinci Experienze'' un falso, aperto a Roma, in via della conciliazione davanti a San Pietro, il
proprietario è un'azienda privata, funziona benissimo e mi da molta più esperienza rispetto al
Louvre. Cosa ha fatto? Ha acquisito spazi in quella via, grandi, ha chiamato un'azienda leader in
Italia che fa copie di autori e ha fatto fare le copie dei venti die più grandi capolavori di Da Vinci. La
società che li ha fatti va ogni anno a riparare i danni che i visitatori fanno. Ci sono anche cinquanta
modellini utilizzabili: il carro armato, il pedalò, la macchina prospettica.
Chi fa marketing lo fa in tutti i settori. A capo dei musei spesso c'è uno storico dell'arte per la
conversazione, la riforma franceschini invece ha introdotto dei manager.
Smith cosa ha fatto? Marketing. Gestione. Gestire queste grandi realtà come se fossero delle
imprese. Pensiamo in maniera estrema al covid e cosa è stato fatto; online, virtual tour, la gente
deve stare attaccata a noi. Gli Uffizi iniziarono a far di tutto online, anche il nuseo egizio di Torino.
Uffizi: CHIARA FERRAGNI. (per tutti: scandalo per i selfie), la settimana dopo c'erano un sacco di
ragazzi agli uffizi.
PERCHE' MARKETING E CULTURA? ''Ho lavorato per più di quindici anni come Marketing
Manager di brand di largo consumo. All'inizio mi sembrava dissacrante accostare quel mercato a
quello culturale e ho affrontato la comunicazione con pudore reverenziale; oggi la mia visione è
molto più pragmtica: i risultati derivano dalla qualità dell'offerta. Osservarei visitatori (esattamente
come osservavo i consumatori) mi è stato ed è estremamente utile anche al Museo Egizio.'' (Paola
Matossi, Direttrice Marketing e Comunicazione Museo Egizio Torino). Quando ha riaperto il
Rijksmuseum di Amsterdam per la grande riapertura venne organizzato un flash mob che ricreava
la ''Ronda di Notte'' di Rembrandt. --> l'opera principale, loro gli hanno dato vita, e l'ambientazione:
come a tutti, tutti ci si poteva riconoscere.
MARKETING
Come si compone?
- MARKETING ANALITICO (analisi del prodotto, target, mercato, competitor, ecc.)
- MARKETING STRATEGICO (raccoglie tutta la pianificazione delle strategie volte a raggiungere il
cliente e il posizionamento di un prodotto/servizio)
- MARKETING OPERATIVO: L'insieme delle azioni messe in campo per raggiungere l'obiettivo
strategico.

PROCESSI ANALITICI
- Analisi del MACRO AMBIENTE (analisi delle tendenze e del contesto)
- Analisi del MICRO AMBIENTE (analisi della domanda settoriale e analisi della concorrenza)

PROCESSI STRATEGICI
- Segmentazione della domanda e targeting (identificazione di gruppi di consumatori con
preferenze e motivazioni simili da servire)
- Posizionamento competitivo percettivo (definizione della posizione cognitiva immagine distintiva
che l'impresa aspira a detenere nelle percezioni dei consumatori)
- Differenziazione dell'offerta (definizione del sistema offerta da offrire al target, distinguendolo dai
competitor)
- PROCESSI OPERATIVI
- Prodotto
- Prezzo
- Comunicazione
- Distribuzione

...Questo è il marketing tradizionale, dove il punto di partenza è il mercato, quello che propone
Colbert nel manuale è un sistema più complessa, ogni realtà è diversa, lui realizza un altro
modello: se sono orchestra non posso cambiare il prodotto, farò musica sinfonica, e cerco di
trasmetterlo al mercato, quindi in questo caso si parte dal prodotto. E questo sarebbe il marketing
culturale; qual è la finalità di tutto ciò? Individuare i bisogni del consumatore potenziale, bisogni
che lui non sa di avere; e poi ovviamente bisogna soddisfare questi bisogni.
Ma quali sono i bisogni? ''Il bisogno può essere descritto come una necessità, una vera e propria
richiesta che proviene dall'interno del nostro corpo e la cui soddisfazione è necessaria per la
sopravvivenza o per mantenere un buon livello di equilibrio psico-fisico.

A quali domande risponde il marketing?


- a chi mi rivolgo, a chi voglio parlare; spesso si mette un prodotto sul mercato senza sapere chi è
il mercato.
- quali bisogni intendo soddisfare? impresa culturale -> esperienza, effetto wow..
- cosa mi caratterizza?
- cosa mi differenzia dai miei concorrenti?
- che tipo di relazione voglio instaurare con i miei clienti?
- che tipo di esperienza voglio fornire?
- come voglio essere percepito?

--> tutto ruota intorno al processo del valore, e sono tre fasi:
- creazione del valore (prodct management)
- comunicazione del valore (brand management)
- trasmissione del valore (customer management)

Come si analizza il consumatore? Noi tutti siamo tracciati ovunque.


Sappiamo davvero chi siamo? Cosa vendiamo? Chi sono i nostri clienti?
E gli altri cosa fanno? Chi sono i competitor?
E loro come sono posizionati?

Come si sono evoluti nel tempo gli studi sul consumatore? Abbiamo due approcci di analisi:
- un approccio sistemico economico, è legato alla politica, ad un bene comune.
Ne fanno parte gli studi di economia pubblica —> si inizia a studiare il consumatore dell’impresa
culturale nel 65 con un saggio di Baumol e Bowen. La sindrome di Baumol considera che l’attività
produttiva di un ‘economia è sviluppata e div sia in due settori, uno è il settore progressivo e l’altro
è quello stagnante (la cultura). La differenza è che l’aspetto progressivo cresce, rispetto alla
cultura perché incolpa gli sviluppi tecnologici nella sua funzione di produzione. Questa legge
riconosce la possibilità che l’economia nel suo complesso è in grado di sostenere il settore artistico
e culturale con un impegno finanziario della collettività se questo rientra nei suoi obiettivi. Quel che
resta irrisolto nel dibattito è il problema dell’identificazione degli obiettivi e delle preferenze della
collettività. Ci si chiede se la somma dei benefici sociali derivanti dalla produzione dell’arte dal vivo
e della cultura superi la somma dei costi necessari a tenere in vita tali attività.
Ne fanno parte gli Impact Studies che cercano di giustificare gli investimenti pubblici nell’arte e
nella cultura e porta a valutare come si può misurare il valore economico dell’arte e a domandarci
se esiste un mercato delle arti dal vivo. Questo approccio di studio ha cercato di distinguere tra
effetti diretti, indiretti ed indotti. Gli effetti diretti sono costituiti dall’occupazione e dai redditi
generati dalle attività culturali in un certo territorio; gli effetti indiretti sono generati dai consumi
connessi alla fruizione di cultura (trasporti, pernottamenti, ristoranti); gli effetti indotti sono effetti
moltiplicatori associati sia agli effetti diretti sia agli effetti indiretti. L’ottica degli impact Studies: sono
strumenti tecnici e hanno una visione strumentale delle arti, lai cultura come mero strumento di
creazione del valore Economico.
Ne fanno parte la Cultural Policy: questo approccio si focalizza su confronto internazionale delle
politiche culturali adottate dai diversi governi soprattutto Kawashima. Gli studiosi della cultural
policy hanno prodotto studi estensivi —> gli studi estensivi sono prodotti descrittivi che cercano di
capire come si comportano le politiche culturali in una macro area. Abbiamo studi specifici che si
concentrano sull’analisi di problematiche specifiche relativamente alle politiche culturali di governi
di paesi diversi (il ruolo del supporto privato alle arti, il ruolo degli artisti nelle città metropolitane, i
manager dell’arte, ecc. eecc.) Abbiamo gli studi sistematici che analizzano come i sistemi politici
diversi rispondono a problemi e a bisogni sociali comuni come i cambiamenti nei partiti di
maggioranza che incidono sui livelli di spesa nella cultura; abbiamo gli studi teorici che cercano di
dare un contributo nella costruzione di nuovi modelli per spiegare l’intervento dello stato nell’arte e
nella cultura e nell’analisi del concetto di politica culturale c come strumento di benessere sociale.
- approccio manageriale: meno omogeneo al suo interno, improntato soprattutto sulla
sperimentazione di paradigmi aziendali in grado di spiegar i meccanismi di creazione di valore
nelle istituzioni culturali.
Nei modelli manageriali si sposta l’attenzione dal nucleo organizzativo gestionale interno
all’impresa allo studio dei rapporti che ha l’impresa con l’ambiente esterno. E’ dunque in questo
passaggio che da una logica organizzativa interna che si passa ad una logica dinamica interattiva
che il mercato comincia a diventare un paradigma di riferimento per la definizione degli
orientamenti gestionali dell’impresa. Abbiamo l’applicazione e di parametri contabili per la
misurazione delle performance delle imprese culturali, le reti delle imprese culturali come forma
organizzativa complessa, cultura (arte) e conoscenza collettiva (ruolo sociale); le imprese culturali
alimentano un patrimonio collettivo e producono effetti cognitivi e formativi se riescono a mettere in
relazione i produttori di cultura e i suoi potenziali fruitori. Poi abbiamo cultura e mercato -> il
mercato inteso come insieme di fruitori diventa un paradigma di riferimento nella letteratura di
management culturale, ne derivano analisi del ruolo del marketing come disciplina in grado di
sviluppare e di intensificare le interazioni tra le imprese culturali ed i loro fruitori.
Cultura e mercato: il mercato inteso come insieme di fruitori diventa un paradigma di riferimento
nella letteratura di management culturale, ne derivano analisi del ruolo del marketing come
disciplina in grado di sviluppare e di intensificare le interazioni tra le imprese culturali ed i loro
fruitori.

CULTURA E CONOSCENZA COLLETTIVA: la NEA. Dove l’arte viene vista come una nuova forma
di conoscenza, un patrimonio sociale che diventa un capitale sociale, una risorsa che per effetto
del benessere collettivo deve arrivare al consumatore, bisogna sviluppare un orientamento al
cliente. L’accessibilità e la fruibilità dell’arte da parte del suo publico dipendono dal corretto
funzionamento di tutta la filiera dell’industria culturale, dal lavoro c combinato e coordinato degli
agenti che la compongono. In una sequenza da monte (arte) a valle (consumatori), gli agenti sono
costituiti, secondo Speranzi, dall’epistemologia che analizza lo stato conoscitivo dell’arte,
dall’estetica che si occupa della natura e della tecnica dell’arte, dalla critica che valuta e certifica la
produzione artistica, dalla pedagogia che definisce le tecniche più appropriate per dare ai
consumatori le chiavi di accesso alla cultura e dalla scuola dove i consumatori vengono educati
all’arte. Un posto rilevante all’interno della filiera spetta alla critica, quest’ultimo svolge nella filiera
un ruolodi Channel leader ovvero orienta le attività dell’intera filiera. ARTE, EPISTEMOLOGIA,
ESTETICA, CRITICA, PEDAGOGIA SCUOLA E CONSUMATORI —> sono interlocutori che
inhtheragiscono fra di loro per produrre i fondamenti cognitivi (epistemologia ed estetica) e le
conoscenze interpretative (critica, pedagogia, scuola) di cui il consumatore ha bisogno per
comprendere la cultura, il loro coordinamento spetta al management dell’arte che ‘è il responsabile
di uno sviluppo relazionale costruttivo tra l’ambito artistico e l’eterogeneo mondo dei consumi.

Qual è il processo che porta il consumatore all’acquist? I processi che entrano in gioco per
prendere una decisione sono influenzati dal rapporto fra: consumatore e prodotto; e consumatore
e situazione di acquisto. Nella situazione fa riferimento il periodo, l’economia, i gruppi di
riferimento.
- COINVOLGIMENTO: è uno stato di motivazione, eccitazione o interesse. Può essere strutturale
ovvero se un individuo può percepire il teatro come un prodotto con un livello constantemente alto
di coinvolgimento. Può essere congiunturale ovvero quando un individuo può percepire il teatro
come un prodotto con un livello costantemente alto di coinvolgimento solo in particolari situazioni.
Il coinvolgimento è una funzione del rischio che i consumatori associano con l’acquisto o l’uso di
un prodotto o di un servizio, il rischio è funzionale, economico, psicologico e sociale.

- L’ESPERIENZA: positiva o negativa accelerano il processo decisionale. Le esperienze nel caso


dei prodotti culturali, che sono spesso diversi gli uni dagli altri, possono non essere trasferibili
(quadri diversi dello stesso autore).

- PERSONALITA’ : La personalità è il modo di essere di un individuo, non sempre ad una


determinata personalità che si può associare ad un determinato consumo culturale.

- VARIABILI SOCIO DEMOGRAFICHE: Per variabili socio demografiche si fa riferimento all’età,


al reddito, al grado di esperienza, per comprendere certe motivazioni di acquisto occorre andare
oltre queste variabili.

- BENEFICI RICERCATI: l’acquisto di un prodotto culturale può essere funzionale ai benefici


ricercati, bisogna tener presente che il processo decisionale attuato dai consumatori può essere
dovuto a fattori emozionali e pertanto l’individuazione dei benefici perseguiti non è un semplice
esercizio.
Passiamo alla situazione…

- IL PERIODO: il periodo nel quale si fa un acquisto può influenzare il processo decisionale, basti
pensare al covid.

- DISPONIBILITA’ DI TEMPO: la quantità di tempo che un consumatore ha per prendere una


decisione influenza il processo decisionale adottato

- GRUPPI DI RIFERIMENTO: la presenza o l’assenza di gruppi di riferimento influenza il


processo decisionale.

- CLIMA ECONOMICO: nel caso in cui il consumatore vive in un periodo di recessione oppure è
molto consapevole della situazione economica.

- AMBIENTE FISICO: L’ambiento fisico (stimoli cognitivi, affettivi) è un altro elemento che può
influenzare le scelte del consumatore.

Il coinvolgimento può essere alto o basso, quindi dipende dall’esperienza che abbiamo avuto in
passato, l’esperienza di visita è importantissima.

Se non ho esperienza guardo le caratteristiche del prodotto o del servizio, ricerco le informazioni. Il
consumatore non esperto in prodotti culturali ricorre a processi decisionali cognitivi che, nel caso di
prodotti culturali possono essere di scarsa utilità per la presenza della componente affettiva ed
emozionale.

E se il coinvolgimento è alto e l’esperienza è poca? E non ho tempo per cercare informazioni? Le


decisioni sono basate sull’imitazione o sul consiglio di una terza parte (amici, parenti, critica, ecc.)

E poi ci sono le occasioni quando non ho esperienza e neanche delle valutazioni, lo faccio alla
cieca perché voglio crearmi l’esperienza.

Poi il caso di un alto coinvolgimento e di una notevole esperienza, dove l’atteggiamento


rappresenta un meccanismo efficace che consente al consumatore di prendere una decisione in
modo semplice, veloce ed efficace usando esperienze positive passate e perseguendo il giudizio
personale.

Poi abbiamo la variabile con basso coinvolgimento e debole esperienza, la collocazione di un


prodotto o i colori sulla confezione in questo caso visto che sono acquisti non programmati e con
conseguenze minime in termini di rischio sono sufficienti per spingere il consumatore all’acquisto.

Poi abbiamo bassissimo coinvolgimento ed elevate esperienza, l’abitudine comporta un modo


facile e di routine per scegliere un prodotto o una categoria di prodotti il cui acquisto o consumo
rappresenta un rischio molto basso. Dal momento che la maggior parte dei prodotti culturali
rappresenta un alto livello di coinvolgimento.

Ogni processo decisionale è basato su una quantità minima di informazioni. Il marketing manager
ha il compito di fornire informazioni ai consumatori le quali possono essere adattate sia al tipo, sia
alla struttura del processo scelto. C’è una relazione tra i vari processi decisionali, il livello di
informazione ricercato e le principali strategie di marketing delle imprese culturali.
In un processo cognitivo la portata delle informazioni è vasta, ho un’ampia portata di informazioni,
informazioni esterne. Quali sono le informazioni che cerco? Quelle che massimizzano le peculiarità
del prodotto. E poi ci sono i principi e le strategie di marketing, dare al consumatore le informazioni
sulle caratteristiche citate in modo che queste caratteristiche siano usate. Poi abbiamo il processo
subordinato dove abbiamo informazioni limitate e ci si basa su quello che dicono gli altri, qui i
principi di strategie di marketing contano su meccanismi di imitazione, allusione o considerazione
(un certo numero di spettatori ha già applaudito, per esempio), è un po’ il processo gregge. Il
processo decisionale è basato sull’atteggiamento, con una portata delle informazioni limitata, la
loro natura è basata sull’esperienza, e cerco caratteristiche del prodotto che possano rafforzare
l’atteggiamento del consumatore. I principi delle strategie di marketing in questo caso: per
l’azienda che trae beneficio da questo atteggiamento positivo: rafforzarlo e lavorare per mantenere
il livello di soddisfazione, Per altre aziende: introdurre qualcosa di sorprendente nel processo di
consumo.
Poi abbiamo il processo affettivo con informazioni limitate ed esterne, impressioni ed emozioni che
producono una reazione sensoriale, bisogna usare soprattutto strategie di comunicazione basate
sul valore simbolico del prodotto e sulle emozioni coinvolte. Negli acquisti di impulso: le
informazioni non vengono ricercate, il consumatore è come se e’’ci sbattesse contro’’, le
informazioni date devono attrarre il consumatore che può non cercarle attivamente.
Poi abbiamo il processo decisionale sulla base dell’abitudine, dove le informazioni sono ristrette ed
interne basate solo sull’esperienza, quindi c’è una ricerca passiva di informazioni: se mi arrivano
bene, se non mi arrivano io faccio comunque l’acquisto.

Come si traduce in concreto per l’impresa culturale? Come faccio nel concreto a reperire questi
dati? Il dato principe sono i dati di vendita, dati dalle biglietterie fisiche. Vendo prima dello
spettacolo, vendo online, vendo in pre vendita? A chi vendo? Non è banale chiedere l’età durante i
biglietti, si possono profilare dei possibili acquirenti. E. Commerce / Ticketing online —-> siamo
profilati ancora di più, il processo di acquisto online è immediato. Le rivelazioni interne: questionari,
che posso far fare a tantissime persone al giorno. Preso atto di chi è il nostro cliente: è davvero lui
che voglio attrarre? E come è cambiato con il tempo? E quali sono le previsioni per il futuro?
Bisogna capire come si sposta il mondo. Esempio: Come mai da qualche anno ci sono molti sud
americani che visitano l’Italia? Molte cause sono dovute al Papa Bergoglio, la forza carismatica del
papa aveva attratto queste masse.
Vediamo un blue printing, una mappa, dove ogni quadratino nella fascia orizzontale sono musei
diversi, ogni quadratino è un passaggio sul sito web, quando entriamo sul sito poi andiamo sulla
biglietteria, login: che sconforta il cliente. Noi dobbiamo facilitare e felicitare. Il consumatore ormai
è veloce, non ha pazienza, soprattutto perché l’effetto culturale è ampia e ricca, se non ci sono io
c’è qualcun’altro. Oggi il fruitore culturale è un mordi e fuggi: veloce. Parallelamente a questo,
cosassi può fare: analisi usabilità dei siti web interni e dei competitor, le osservazioni partecipate
(ricerche di marketing). Le analisi percettiva sul brand, sapere cosa pensano di me, se le persone
hanno un giudizio positivo o negativo. Bisogna sapere cosa pensa davvero il nostro cliente.
Bisogna sapere come vive la città. Noi siamo monitorati anche in questo momento, grazie agli
agganci delle cellule. ‘’Non solo cultura.. per fare cultura’’ : a Firenze si viene per tre motivi: culla
del rinascimento, sì, ma si viene anche per lo shopping e per l’enogastronomia. I russi sono tanti
ormai a venire in toscana, e non vengono per la cultura ma per l’enogastronomia. Il cinese non
entra nei monumenti, vengono per lo shopping. Bisogna essere attraenti verso tutti i tipi di turisti.
Progetti mirati per culture diverse: audience development del mercato russo —> castello del
trebbio, tour della congiura dei pazzi e inoltre si visita la cantina.
Progetto verso i cinesi: con Luisa Via Roma, esperienza per vedere i monumenti e dopodiché si va
al negozio di Luisa Via Roma —> se tra qualche anno ci sono più cinesi che europei io mi devo
aprire a questo turismo, devo prendere atto della cosa e trovare strategie.

TIPOLOGIA E STRUTTURA DEI PIANI MARKETING


Perché è importante fare un piano marketing? Il piano marketing è un documento scritto che ci
spiega perché siamo arrivati lì, perché ci vogliamo arrivare. Ne fanno parte la parte i pianificazione,
implementazione e controllo. Il piano marketing si fa per tre anni, non oltre. E’ un processo
circolare, presuppone una continuità di azioni e la possibilità che la fase di controllo possa
contribuire a ridefinire nel tempo gli obiettivi e scelte strategiche e operative del piano. E’ anche
multifunzionale perché anche se coordinato dalla funzione marketing, coinvolge la produzione, le
risorse umane, ecc.
E’ importante perché facilità il coordinamento interfunzionale, unisce le funzioni aziendali,
trasmette gli obiettivi, tutti si muovono in quella direzione, migliora la condivisione delle attività,
contribuisce a chiarire ruoli e responsabilità.
E’ uno schema concettuale, non è scolpito, è uno schema concettuale, una guida, ognuno deve far
proprio il piano marketing contribuendo gli obiettivi, a seconda della sua funzione. E’ più o meo
efficace in base ad alcuni parametri: bisogna stabilire obiettivi misurabili e raggiungibili, bisogna
definire piani semplici, chiari e specifici che si basano su fatti validi, bisogna costruire piani
completi che siano realizzabili e controllabili, bisogna creare piani coincisi affinché possano
contribuire a ridurre la confusione informativa cui sono esposti molti manager, bisogna creare piani
flessibili perché deve essere modificabile in presenza di situazioni impreviste. Uno dei punti
fondamentali è che il piano marketing sia coerente alle strategie di business ovvero la natura dei
vantaggi competitivi che l’impresa si propone di perseguire nei confronti dei concorrenti ed alla
strategia di base decisa; deve esserci coerenza rispetto alle caratteristiche del mercato, la
formulazione del piano presuppone una valutazione delle aspettative e dei comportamenti dei
potenziali clienti e delle politiche adottate dai concorrenti, serve anche coerenza interna tra
obiettivi, scelte strategiche e politiche operative di marketing che vengono stabilite.

Come è composto un piano marketing? Da un lato c’è un piano marketing che guida la politica
aziendale, dall’altro si possono notare che si fanno dei piani di comunicazioni —> che spesso ha
cadenza anche abbastanza serrata, annuale o mensile. Il piano marketing delinea anche lo
scenario competitivo di riferimento gli obiettivi fissati in termini di performance di mercato ed
economiche, le strategie e le risorse necessarie per realizzarle.

STRUTTURA PIANO MARKETING:


- sommario (cosa voglio fare)
- analisi (analisi interna ed esterna)
- obiettivi e scelte strategiche
- programmi operativi
- previsioni di conto Economico
- controllo
Il piano è predisposto dal product manager e viene verificato, integrato dal direttore di marketing;
una volta approvato diventa vincolante per tutte le funzioni aziendali coinvolte nella sua
realizzazione; e ne consegue la sua importanza come strumento di integrazione e di
consolidamento della cultura di marketing.

Le tre fasi principali di questi step:


ANALISI —> è composta dal sommario che presenta i contenuti, obiettivi, strategie; poi la fase di
analisi che contiene le premesse analitiche necessarie per giustificare le scelte strategiche ed
operative. Le analisi si dividono in analisi dell’ambiente esterno di cui fanno parte le forze
economiche, sociali, demografiche, tecnologiche e politiche. Ne fa parte il mercato di riferimento: le
dimensioni in volume e valore, le tendenze, la durata media della vita del prodotto; ne fa parte la
concorrenza quindi la presenza sul mercato della gamma dei prodotti, il target di riferimento, le
scelte di posizionamento, la situazione di mercato, gli obiettivi e le strategie perseguite. Ne fanno
parte gli intermediari commerciali come la rilevanza dei diversi canali, format distributivo, il potere
contrattuale di ciascun canale, le tendenze evolutive, ne fa parte il cliente finale quindi gli
atteggiamenti e il comportamento di acquisto. Le analisi dell’ambiente interno indagano alcune
variabili, per esempio l’offerta dell’impresa, la posizione che occupata nel mercato da ogni
prodotto, la fase del ciclo di vita, la quota del mercato, ecc.; le politiche di prezzo: strategie e
tattiche di pricing adottata e il loro impatto sul posizionamento del prodotto e sulle scale d’acquisto
del consumatore, le politiche di comunicazione: forme di comunicazione impiegata e relativi ritorni,
e politiche di distrubuzione: scelta di canale, tipologia di intermediari selezionati, organizzazione
della forza vendita, ecc. L’analisi dell’ambiente interno ha come obiettivo quello di identificare i
punti di forza e di debolezza dell’impresa. I punti di forza e di debolezza si traducono nella matrice
SWOT che permette di sintetizzare le informazioni rilevanti aiutando ad individuare le strategie più
adatte per utilizzare al meglio i punti di forza e di debolezza nell’impresa in relazione alle minacce
e alle opportunità del prodotto.
PIANIFICAZIONE: una volta analizzato il mercato, chi sono, cosa fanno gli altri, individuiamo i
nostri obiettivi, dove voglio arrivare come quota di mercato, volume delle vendite, fatturato. Gli
obiettivi devono essere realistici, sostenibili economicamente ed organizzativamente, Definiti gli
obiettivi bisogna procedere all’identificazione delle modalità strategiche previste per il loro
raggiungimento. Le scelte fondamentali che qualificano la strategia di marketing di prodotto sono
riferibili a : la definizione del target Group a cui l’impresa intende rivolgersi; i fattori su cui basare la
differenziazione del prodotto e l’offerta di un beneficio percepito superiore (value proposition e
posizionamento del prodotto); e poi le linee guida per l’impostazione del marketing mix.
Dopo gli obiettivi, le scelte strategiche —> ci si avvia all’azione con i programmi operativi, piani
annuali che incidono sulle quattro leve del marketing mix: prodotto, prezzo, comunicazione e
distribuzione, facendo attenzione ad assicurare la massima coerenza dei contenuti. Dopo si fanno
le previsioni del conto economico: sulla base delle analisi svolte, degli obiettivi definiti e delle
strategie programmate, occorre fare una dettagliata previsione di conto economico che è
necessaria per valutare la reale fattibilità delle azioni di marketing previste; operare una scelta tra
eventuali ipotesi alternative; disporre di parametri utili per effettuare il controllo del piano e
verificare la sua validità. La stesura del prospetto di conto economico previsionale può seguire due
diversi criteri: quello dell’utile netto oppure quello del margine di contribuzione.
Ci sono due modi per fare il prospetto del conto economico:
- quello dell’utile netto: sottrae al fatturato i costi diretti ed indiretti di marketing, e diretti industriali.
- quello del margine di contribuzione: considera solo i costi diretti.
CONTROLLO: la fase di controllo è fondamentale per riflettere sulle proprie capacità gestionali e
per impostare la pianificazione futura.
Sono fasi cicliche, le analisi vengono fatte continuamente, perché la società cambia
continuamente.

IL CASO DELL’OPERA DI SANTA MARIA DEL FIORE (otto anni fa)


L’Opera del Duomo è un ente che ha seicento anni di storia, nasce su spinta della repubblica
fiorentina, che affida le redini all’arte della lana. Oggi l’Opera è un’istituzione non profit, secolare e
indipendente, con un consiglio di amministrazione nominato per tre anni dal ministro dell’interno, in
accordo con il vescovo di Firenze, ma è completamente autonomo. Chi siamo 2012: ente statico,
struttura gerarchica piramidale, nessuna struttura interna volta al marketing e commerciale,
nessuna inclinazione al mercato. Nel 2012: cambio di cda —> non erano commercialisti,
professori, erano manager, capiscono che l’opera va messa sul mercato perché il mondo sta
cambiando. E allora loro hanno fatto il piano marketing: gli obiettivi, scenari, swot analisys,
posizionamento desiderato, poi hanno preso tutte le azioni del marketing mix per creare il tutto. Il
piano durava tre anni, doveva identificare e costruire un posizionamento distintivo per la realtà
storica, artistica e religiosa dell’opera nel generale contesto italiano; individuare le strategie per
l’affermazione e il consolidamento nel tempo, attivare una struttura interna all’opera che fosse
orientata al marketing e al commerciale e che fosse capace di rendere operative le indicazioni del
piano. Dopo fu fatta l’analisi degli scenari: il turismo nel mondo -> come si comporta? Flussi,
provenienze, volumi di spesa, interessi. Poi ci fu la necessità di individuare dei competitor,
bisognava fare dei confronti, paragonarsi con gli altri: con gli altri musei, e si fece un’analisi sui
musei più visitati e perché, e poi come si comportava il turismo culturale in Italia: tanti visitatori in
pochi musei; poi come è cambiata la tipologia dei turisti: city break —> a Firenze il mio
consumatore sta due/quattro giorni, e cosa vuole? Vuole vedere Botticelli, salire sulla cupola e
vedere il David. Si guardò quello che era il contesto fiorentino, le presenze complessive della
strutture ricettive fiorentine, che dicevano in quattro anni quali erano le tendenze di mercato.
Questa curva nel tempo non sarà più una curva, ma una linea dritta; bisogna suddividere la vasca
bassa e la fascia alta in questi dati. Oggi crescono sempre di più i cinque stelle, si cerca
l’esclusività. Poi si analizzò Firenze, cosa aveva sulla piazza, non solo città d’arte ma anche
shopping ed enogastronomia. Poi si passò al posizionamento: noi dalla mattina riceviamo diversi
input, non lo notiamo, ma lo vediamo, la mente seleziona, non si ricorda tutto, la mente per sua
natura comprende un messaggio semplice. Posizionare: collocare un marchio, una impresa, una
personalità…. Nella mente del consumatore. Posizionamento: collocamento della percezione del
prodotto sul consumatore. L’opera doveva identificare il suo posizionamento, hanno fatto lo swot
prendendo come riferimento anche uffizi, galleria dell’accademia, Louvre (come leader mondiale) e
poi i musei vaticani. E nei punti di forza e di debolezza per gli uffizi: vastità e ricchezza delle
collezioni, fama mondiale, l’icona di Botticelli, Firenze - uffizi (collegata), mostre ed eventi e
disponibilità dei confort; i punti deboli degli uffizi: lunghi e disagevoli tempi di attesa, qualità degli
allestimenti, scarsa flessibilità del percorso, affollamento. Punti di forza per l’accademia: Il David;
punti deboli dell’accademia: lunghi e disagevoli tempi di attesa, scarsità dell’offerta di opere,
assenza dei servizi, no eventi e aperture speciali. —-> oggi si sono corretti un po’.
Punti di forza musei vaticani: icona della cappella sistina, ‘’sono il museo del papa’’, Raffaello,
l’unica vista ‘’interna’’ al vaticano. I punti deboli: lunghe attese e disagevoli, mancanza di supporto
per i visitatori individuali, difficile fruizione delle opere. Punti di forza del louvre: il louvre è Parigi,
come gli uffizi sono Firenze, ampiezza e varietà delle collezioni, icona della gioconda e di venere di
Milo, risaputo di essere il più noto e visitato museo al mondo. Punti deboli: sito web solo in
francese.
Il problema dell’opera: non aveva immagine in Italia. Cos’è l’opera del duomo? C’era l’assenza del
posizionamento, punto debole: il 64 per cento dei visitatori veniva per vedere il panorama, non
avevano immagini iconiche che la rappresentassero; frammentazione dei siti e dell’offerta, difficoltà
di canalizzazione dei flussi, difficoltà di comunicazione e promozione. Punto di forza: il complesso
monumentale fiorentino più conosciuto al mondo, tutti i monumenti sono nella stessa piazza.
Concentrazione di opere d’arte unica al mondo: Giotto, Ghiberti, Pisano, Donatello, Brunelleschi,
Michelangelo, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Della Robbia, la collezione più ricca della
scultura rinascimentale. Prospettive di sviluppo: in quel momento Firenze contava 8 milioni di
turisti, stranieri ed italiani, la quasi totalità passava al duomo, questa era un’opportunità adottando
una buona comunicazione. Bisognava tener conto anche il limite della struttura: più di tremila al
giorno non c’entravano, persone in sovrappeso, con problemi di cuore, claustrofobia, quindi
bisognava investire non solo sulla cupola ma anche sul battistero, gioco, ecc. Bisognava trovare
un posizionamento nella mente del consumatore, Esempio: uffizi ‘’museo di Firenze’’ e primavera e
venere di Botticelli; accademia : ‘’David’’; musei vaticani; museo del papa, della chiesa; louvre; la
casa di monna lisa, il museo più importante al mondo —> posizionamenti dei competitor.
Dopo sono arrivati ai vantaggi competitivi: i monumenti dell’opera sono l’icona di Firenze nel
mondo, si trovano tutti intorno e al centro di un’unica piazza, la più importante della città,
costituiscono un sistema culturale unico: fede, storia, arte di una città che ha influenzato il mondi
per almeno quattrocento anni; le opere d’arte di valore assoluto, i miti: la cupola, il campanile, la
storia del battistero, la genesi della pietà bandini, l’opera del duomo ha maggiore possibilità di
applicazione di criteri gestionali moderni ed efficaci. Il piano fu operato a fine gennaio e venne
applicato praticamente subito. Posizionamento quindi: l’UNICUM, non più cinque biglietterie,
piazza del duomo: elemento unico, un unico biglietto. Monumenti vivi grazie alla ininterrotta
funzione religiosa ed alle attività culturali. .-> questo ha guidato tutte le scelte aziendali.
Modificarono un logo storico scrivendo: ‘’dal 1296’’ —> avere la storia alle spalle è importante. Per
alcune culture è fondamentale (tipo la cultura cinese)
MARKETING MIX: un unico luogo di aggregazione dei visitatori, come si fa? Con un’immagine
unitaria per ogni comunicazione, declinazione semplice dei monumenti, siti che facevano parte
dell’unicum, presenza sul web con un sito e portale unico, un target colto: volevamo un turista che
capiva quello che vedeva. Una comunicazione chiara ed efficace, alleanze con musei e fabbricerie
con lo scambio di opere e mostre, servizi adeguati al target grazie a privati, imprese ed istituzioni,
club e fondi a supporto per la conservazione ed il restauro anche al fine della awareness. Hanno
creato un nuovo brand: L’OPERA, IL MUSEO DEL DUOMO. DUOMO -> FIRENZE. Furono fatti
molto passaggi come anche una grafica unificante per logo, una comunicazione istituzionale,
merchandising (il font del titolo: ripreso da luca della robbia); hanno introdotto il biglietto unico,
biglietterie centralizzate, anche le biglietterie online e hanno reso la comunicazione chiara ed
efficace. Biglietto per tutti i monumenti valido tre giorni: anche se alle persone non interessava,
avendo pagato vedevano. Così anche san Lorenzo e gli uffizi iniziarono a discutere sul biglietto
unico. Presenza web istituzionale e brand: siti, profili social, blog. L’apertura del nuovo museo
dell’opera —> ristrutturare completamente, puntando sull’esperienzalità. Hanno fatto un
merchandising esclusivo e di alto livello, non doveva essere un’operazione commerciale (ne
avevano poco bisogno) oppure un’operazione di brand operation (?). Fatto da artigiani toscani,
Iniziative per una business class: aperture straordinarie per gruppi che pagavano di più, tour
speciali, eventi, cene, ecc. Operazioni di fidelizzazione, creazione di partnership. L’operazione di
fidelizzazione fu un flop, perché anche l’opera si adagiò, e li caddero perché non fecero il processo
di analisi; non cercarono di capire cosa voleva il consumatore, venderono solo cento carte (fidelity
card) in un anno, l’opera dove fare la member ship; e poi puntarono tutto sull’aspetto economico;
fidelity dura un anno, 100 euro - > difficile, non ha senso. Chi acquista la member ship lo fa per
sostenere, lo fa come donazione, benefit, ma che dal punto di vista economico non vanno a
giustificare il prezzo.
Dopo quattro anni cosa è successo? Aumento dei visitatori, aumento degli incassi, risonanza e
appeal mondiale, aumento dell’offerta, ci furono delle difficoltà interne di comprensione del
processo —> importanza di motivare il personale, importanza di rivedere e correggere il pM a
breve termine e di mantenere alto il livello di analisi del mercato e di beanchmarking, monitoraggio
continuo dei propri clienti, competitor e del sentimento, fondamentale mantenere vivo un museo.
Chi lavorava si lamentava del troppo lavoro, perché c’erano più visitatori ma vennero premiati con
un premio in soldi —> ottima idea. Non tutto è stato attuato ovviamente, il marketing mix non è
scolpito sulla pietra.

TESTIMONIANZA DI ANTONIO SCUDIERI —> manager culturale, ha gestito grandi aziende


culturali poi ha fondato ‘’capitale cultura’’ e soprattutto ‘’ART GLASS’’ leader mondiale della realtà
aumentata —> non divulga e basta, fa vivere l’esperienza.

Chi è artglass? Nasce nel 2003 con un progetto all’avanguardia, ovvero arricchire la realtà che ci
circonda con esperienze interattive sfruttando le potenzialità della realtà aumentata. Loro hanno
iniziato a sviluppare una piattaforma software brevettandola a livello nazionale e internazionale,
per la creazione di esperienze di realtà aumentata su dispositivi indomabili: gli smartglass, ovvero
occhiali trasparenti e intelligente di ultima generazione. L’esperienza pionieristica accumulato in
questo settore ha permesso negli anni di crescere, adottando nuove soluzioni, adatte ad ogni
esigenza e strumento e dedicate a differenti settori. Nel 2018 sono sbarcati negli usa con la loro
sister company americana artglass us, oggi art Glass è considerata leader nel settore della realtà
aumentata per il turismo, la cultura e non solo. Con la loro piattaforma si possono creare i modo
rapido ed efficiente, storytelling ed esperienze su tutti i tipi di Device: dagli smartglass agli
smartphone. E’ stata indicata dagli esperti di superventures usa tra le aziende leader nel settore
della realtà aumentata per il turismo.
Cosa fanno? Loro hanno scelto di concentrarsi sulla creazione di esperienze dedicate ai siti
culturali, il turismo e l’edutainment per avvicinare al loro patrimonio culturale, grazie alla realtà
aumentata, un pubblico il più ampio possibile. Oggi si occupano anche di eventi corporale per ogni
occasione: fiere, congressi, inaugurazioni, lanci di nuovi prodotti. ARTGLASS non è solo
tecnologia, ma è soprattutto creatività, il loro team è composto da esperti di creazione di contenuti
multimediali, sviluppatori, multimedia designers, archeologi, videomaker, 3d modelers, editors, che
lavorano a fianco del cliente per creare esperienze indimenticabili. Il sistema art glass, grazie ai
brevetti e alla sua unicità sul mercato consente alle pubbliche amministrazioni di avvalersi della
loro collaborazione adottano procedure snelle e semplificate.
La tecnologia: loro creano esperienze in realtà aumentata su smart glass (occhiali multimediali
intelligente che diventano indipendenti grazie alla loro tecnologia), si può fare con questi occhiali:
- un’esperienza autonoma: dove gli smartglass vengono consegnati agli utenti che svolgono
l’esperienza in autonomia
- un’esperienza guidata: dove un Group leader conduce la visita, comandando gli smartglass
attraverso l’app ag Assistant.
Si può lavorare anche su smartphone e tablet tramite:
- web app: dove l’utente usa il proprio smartphone o tablet senza necessità di scaricare nessuna
applicazione.
- app nativa: l’utente usa uno smartphone o tablet dove è presentata l’app artglass.

Dietro a questa tecnologia c’è un altro sistema di tecnologia che è un sistema di operazioni,
contenuti ed esperienze che è collaborativo: chiunque (designers, attori, produttori, ecc che
lavorano con loro) possono mettere i contenuti che creano in una piattaforma, e loro poi la fanno
diventare un’esperienza costruita per ‘’blocchi’’, per ‘’tappe’’. Per creare uno story telling.

Il concetto nuovo di una realtà aumentata anche sul tablet o sullo smartphone è un dibattito
importante:
Il dispositivo personale è diventato la chiave ancora di più per interagire con il mondo, l’utente usa
il proprio smartphone o tablet senza necessità di scaricare alcuna applicazione, inquadrando un
semplice qr code; si visionano video, immagini e ricostruzioni in 3d, ecc. ecc.

Loro continuano ad evolvere gli occhiali che diventano sempre più leggeri, non hanno bisogno di
connessione ad internet, si possono visionare video, immagini e ricostruzioni in 3d di realtà
aumentata, si può navigare in modo guidato all’interno dell’esperienza, c’è una narrazione audio
multilingue, una geolocalizzazione delle tappe dell’esperienza, interattività completa con gli oggetti
in realtà aumentata, un hardware adattabile al viso, un’esperienza autonoma e anche
un’esperienza guidata con un tour leader che conduce la visita.

Brand management culturale / - Marketing Esperienziale e


neuromarketing
Il concetto di marca:
La marca è un nome , simbolo, disegno o una combinazione con cui si identificano prodotti o
servizi di uno o più venditori al fine di differenziarli.

La BRAND IDENTITY
È l’insieme degli aspetti e degli elementi grafico/ comunicativi che determinano la percezione di
un brand da parte del suo pubblico.
Quella percezione profondamente emotiva ed istintiva, da cui dipenderà il gradimento e di
conseguenza il successo di un marchio.2

La BRAND REPUTATION
È la considerazione, o attenzione benevola , di cui un brand gode in virtù della sua capacita di
soddisfare le aspettative del pubblico nel corso del tempo.
Allo stesso modo dell’immagine, anche la reputazione svolge un ruolo centrale nelle strategie di
comunicazione aziendale, dal momento che permette alla marca di avere un posizionamento del
tutto particolare nella mente del consumatore e le consente di differenziarsi dai concorrenti

Quando il brand sostituisce il nome del prodotto

Il brand diventa un elemento fondamentale in tutto il mondo culturale, così come in quello
sportivo, nel momento in cui vi è un apertura forte al mercato.

Il Brand Museale
I musei oggi sono famosi non solo per le collezioni che raccolgono, ma ansi spesso una Brand
Identity e una comunicazione efficaci, finiscono per essere quasi per rendere il contenitore più
attrattivo del suo contenuto.
Diventano luoghi di moda, che si “devono" frequentare e dove si vive un’esperienza.
es: ne è un esempio perfetto la Tate Modern di Londra.

Le ultime sfide per il mondo culturale:


Neuromarketing e Marketing Esperienziale
Bisogno, Motivazione, Coinvolgimento, Esperienza
Per analizzare il pubblico di un Museo, bisogna studiare le relazioni e le associazioni che si creano
tra bisogno, motivazione, e coinvolgimento

Il Bisogno
“Il bisogno può essere descritto come una necessità, una vera e propria richiesta che proviene
dall’interno del nostro corpo e la cui soddisfazione è necessaria per la sopravvivenza o per
mantenere un buon livello di equilibrio psico-fisico”

Si possono suddividere secondo vari criteri, noi li divideremo principalmente in:

! Bisogni esistenziali
Quei bisogni la cui soddisfazione contribuisce all’equilibrio e al benessere esistenziale
dell’individuo.

! Bisogni esperienziali
Tutti quei bisogni la cui soddisfazione non prescinde da elementi esistenziali e si tratta di attività
che vengono svolte per il piacere che si prova nel corso dello svolgimento.

La Motivazione
“La motivazione può essere definita come la spinta in base alla quale il consumatore, riconosciuto
un bisogno non soddisfatto, si comporta in modo da soddisfarlo”

L’associazione Bisogno + Motivazione porta a due diverse reazioni:

! Reazioni automatiche e routinarie


nella quale il consumatore agisce senza pensare molto, poiché i bisogni che insorgono sono
quelli fisiologici;

! Reazioni pianificate
lo stimolo che si presenta è di natura occasionale e/o complessa; la mente si trova a elaborare
uno stimolo più complesso, si mette in atto perciò un processo che deve seguire l’analisi del
problema, e l’identificazione delle varie alternative.
Quest’ultimo processo descritto, ha natura cognitiva, poiché è il motivo che determina la
direzione in cui il comportamento viene orientato

Il Coinvolgimento
“Il consumatore si trova coinvolto con certi beni se le loro caratteristiche rispondono a valori
importanti e/o se essi rappresentano alternative soddisfacenti per dare sfogo a un’intensa
motivazione. Perciò il coinvolgimento consiste nell’importanza o rilevanza che il consumatore
attribuisce a un oggetto, a un’azione o a un’attività.”

Il coinvolgimento rappresenta uno stato di interesse, maggiore è il coinvolgimento maggiore è


l’interesse verso un prodotto.

L’Esperienza
L’esperienza, come il coinvolgimento è un fattore importante che determina le condizioni dei
processi decisionali poiché i consumatori categorizzano le loro esperienze precedenti in
sottogruppi. I consumatori in base all’esperienza passata prendono delle decisioni in modo più
veloce o più lento in base a come è stata l’esperienza fatta, che hanno avuto stando a contatto
con quel tipo di prodotto.

Oltre al fattore esperienza, vanno tenute in considerazione anche le variabili socio- demografiche,
la personalità dell’individuo e i benefici ricercati; tutti aspetti che influenzano il processo
decisionale

Il concetto di «bello e il sentimento del piacere


“Se le cellule cerebrali non reagissero agli stimoli, l’arte non esisterebbe. L’arte, dopotutto, deve
obbedire alle leggi del cervello.”
Semir Zeki, 2007

La fruizione di un'opera d'arte, come di una qualsiasi forma estetica, implica meccanismi biologici
che stanno alla base della percezione visiva. La visione è dunque la via d'accesso all'esperienza
emozionale che coinvolge i nostri processi fisiologici mentre apprezziamo il "bello". Noi pensiamo
di vedere con gli occhi quando è invece il nostro cervello che ci consente di emozionarci di fronte
al “capolavoro".

Il Marketing Esperienziale
Che cos’è l’Emozione

È lo stato mentale e psicologico associato a sentimenti, pensieri e comportamenti sia interni (fisici)
che esterni (sociali), che consente alle persone di definire determinati sentimenti.

Perché acquistiamo?

Le decisioni d’acquisto dei consumatori sono guidate da due tipi di bisogni:

funzionali e emozionali

Marketing Polisensoriale
La percezione è il processo attraverso il quale le
sensazioni fisiche sono organizzate e interpretate

Le sostanze chimiche
Le endorfine sono sostanze chimiche prodotte dal cervello e dotate di una potente attività
analgesica ed eccitante.
Molte molecole prodotte da nostro organismo incidono sui processi di acquisto. Sostanze come
dopamina, serotonina, ossitocina ad esempio, agiscono sulle emozioni e sullo stato d’animo, in
modo da predisporre o meno alla decisione d’acquisto.

La comunicazione nel processo di acquisto


Durante una conversazione, l’espetto verbale rappresenta sono il 7% della comunicazione
Esporre, illuminare, descrivere….

Il Neuromarketing
Il Neuromarketing è una disciplina che vuole individuare e agire sui processi decisionali che
portano all’acquisto, mediante l'utilizzo di tecniche neuroscientifiche.

Unisce il marketing tradizionale (economia) con la neurologia (medicina) e la psicologia (scienze


comportamentali) e vuole spiegare ciò che accade nel cervello in risposta ad alcuni stimoli, con
l'obiettivo di determinare le strategie che spingono all’acquisto.

Passiamo da Processi Automatici e Controllati a Processi Emotivi.


Molti processi che si verificano nei nostri sistemi neurali sono emozionali piuttosto che cognitivi
quindi i principi che guidano il sistema emozionale sono largamente in disaccordo con il concetto
economico standard di comportamento

Si basa sul concetto che il cervello è diviso in 3 parti:


-THE NEW BRAIN
rational
-THE MIDDLE BRAIN
emotional
-THE REPTILIAN BRAIN
instinctual

Il Cervello Rettiliano
Si occupa dei bisogni e degli istinti innati nell’uomo e viene attivato da questi 6 stimoli
L’idea è quella di fare appello al cervello rettiliano, per utilizzare l’istinto di un potenziale cliente e
guidare in modo razionale le decisori emotive
-La nostra coscienza gioca costantemente al recupero del nostro subconscio
L’egocentrismo è lo stimolo più importante
I potenziali clienti non si preoccupano di ciò che può offrire, si preoccupano solo di come li
influenza
" Accendi un fuoco sotto la loro sedia, poi presenti loro con un estintore
Il contrasto è lo stimolo più importante qui
-Come ti distingui?
Le affermazioni neutre non hanno alcuna importanza
Dimostrare di essere “la” soluzione, non uno di molti

Gli oggetti tangibili vengono elaborati dal nostro cervello ISTANTANEAMENTE (prima
inconsciamente)
Aiuta a identificare un’unicità che le parole non possono trasmettere
Se non faccia a faccia, espandere la comprensione attraverso la visualizzazione metafore.
Inizio e fine:
" L’attenzione è al massimo all’inizio e alla fine di una presentazione
-Visual
" Vantaggi simili allo stimolo tangibile
-Emozione
" Le emozioni derivano da sostante chimiche nel cervello che produrre movimento e
innescare decisioni

Sii credibile
La passione, l’energia e la convinzione possono essere percepiti dal cervello rettiliano del tuo
pubblico

Fai un buono Storytelling


Il cervello rettiliano non può differenziare tra la realtà e una storia ben raccontata, le storie sono
degli influenze molto efficaci

Semplifica la tua comunicazione


Il cervello rettiliano accoglie la semplicità
Rendi le cose facili per i tuoi potenziali clienti e immediatamente comprensibili

I Bias cognitivi
Cosa sono:
E’ la creazione di un giudizio che non corrisponde alla realtà

Sono errori sistematici che possono essere visti come delle scorciatoie poco efficaci che il nostro
cervello utilizza per risparmiare risorse e hanno effetti sul ragionamento e sul comportamento
Sono un elemento fondamentale nel funzionamento della nostra mente e non sono eliminabili.
Sono caratterizzati dal pregiudizio e possono quindi influenzare un comportamento, un ideologia.
Sono influenzati dalla parte più antica del cervello, ovvero come abbiamo già visto, da quello
Rettiliano.

Lo Scarsity Bias
È l’attribuzione di un valore più alto a un oggetto che è scarso in termini di quantità e un valore
inferiore a quelli che sono in abbondanza.

Il principio della scarsità è uno degli strumenti più utilizzati nelle comunicazioni di ogni giorno.
Agisce sulla base del fatto che il prodotto/servizio offerto sia quasi esaurito, oppure che sia
un’offerta che sta per scadere, per cui il potenziale acquirente istintivamente è portato ad un
acquisto d’impulso.

es: pensate al Black Friday appena trascorso, oppure ad una prenotazione su Booking con
l’indicazione del numero di camere residue e del numero di utenti che la stanno visualizzando.
Quante volte avete incontrato un’offerta a tempo? La quasi totalità degli e-commerce oggi
utilizzano queste tecniche.

-Lo Scarsity Bias non è solo lo stimolo ad affrettarsi a compiere un’azione, c’è un elemento molto
interessante in questo errore sistematico. Infatti, quando siamo esposti a comunicazioni
contenti questo Bias cognitivo tendiamo a credere che i prodotti abbiano un valore più alto.

-Questo fatto è legato anche alla riprova sociale, poiché esiste in noi la tendenza a sostenere che
un prodotto molto popolare sia di buona qualità: se molte altre persone l'hanno acquistato,
allora è sicuramente buono
Riepiloghiamo:
" Più è rara una cosa e maggiore sarà il valore che gli attribuiremo.
" !L’impossibilità di avere qualcosa ne incrementa il valore percepito.
" La privazione di libertà, in particolare di una libertà che prima avevamo, fa scattare questo
principio con una potenza incredibile.
" La liberalizzazione di un prodotto prima proibito, fa scemare così tanto il valore da non
risultare
più interessante.

Il Bandwagnon Effect
L'effetto carrozzone, o effetto Bandwagon, è un altro Bias che produce l’effetto di seguire le
preferenze della massa.
Spesso è utilizzato in senso dispregiativo chiamandolo istinto di gregge ,ovvero la tendenza a
seguire la folla. L'effetto carrozzone è alla base del successo di quelle argomentazioni basate
esclusivamente su opinioni molto diffuse.
L'effetto emerge quando l'interesse delle persone nei confronti di un certo prodotto aumenta
all'aumentare del numero di persone che acquistano quello stesso bene. Quest'interazione è
potenzialmente in grado di turbare i normali risultati della teoria della domanda e dell’offerta.

Misurare le risposte emotive


Il neuromarketing è basato sul legame tra dati neurofisiologici misurabili
e parametri riguardanti le emozioni

-l’eye tracking: strumento, occhiale ch permeate di veder Leo sguardo della persona; cosa
guarda all’interno di un digitale
-Le espressioni facciali FACS: sorpresa ; rabbia, tristezza, felicità, disgusto, disprezzo
-L’elettroencefalografia (EEG); ElettroCardoGrafia (ECG); Facial electromyography (fEMMG)

LA SCELTA E’ SOFFERENZA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Quando c’è sofferenza, non si conclude l’acquisto.

Un famoso caso di blind test


Agli inizi degli anni ottanta, PepsiCo lanciò una campagna pubblicitaria in televisione. Lo spot
prevedeva un esperimento: si facevano assaggiare sia la Pepsi che la Coca-Cola senza che i
consumatori sapessero quale fosse una e quale l’altra. I consumatori dovevano indicare la loro
preferenza in termini di gusto e la maggior parte degli intervistati preferirono senza alcun dubbio la
Pepsi.
Nonostante questi risultati, Coca-Cola continuava ad essere l’impresa con la maggior quota di
mercato. Dunque, ci doveva essere qualcosa aldilà del sapore che influiva sulla vendita.
LE ESPRESSIONI FACCIALI FACS: non sono determinate dalla cultura, dal luogo o dalla tradizioni, sono
universali ed uguali per tutto il mondo. Nel 1972, Ekman ha seguito una tribù isolata dal mondo in Papua
nuova guinea, e ha redatto le espressioni ‘’di base’’ universali: rabbia, disgusto, tristezza, gioia, paura,
sorpresa; poi ha ampliato anche la sua lista di emozioni nel 1992 aggiungendo: divertimento, disprezzo,
contentezza, orgoglio, sollievo, soddisfazione, imbarazzo, eccitazione, piacere sensoriale, vergogna, colpa.

IL CERVELLO RETTILIANO: si occupa dei bisogno e degli istinti innati nell’uomo e viene attivato da
questi sei stimoli:
• Contrast
• Tangible input
• The beginning and the end
• Visual stimuli
• Emotion

LO SCARSITY BIAS:
Più è rara una cosa e maggiore sarà il valore che gli
attribuiremo, l’impossibilità di avere qualcosa ne
incrementa il valore percepito, la privazione di libertà, in
particolare di una libertà che prima avevamo, fa scattare
questo principio con una potenza incredibile, la
liberalizzazione di un prodotto prima proibito, fa
scemare così tanto il valore da non risultare più
interessante; se è vietato il desiderio aumenta. ‘’La
politica della tolleranza non ha portato ad un maggior
consumo di droghe leggere: nei paesi bassi il 9,7% dei
giovani ragazzi consuma droghe leggere una volta al
mese, non paragonabile al livello in Italia (28,9%) e in
Germania (20,9%) ed inferiore a quelli del regno unito
(15,8%) e Spagna (16,4%). Queste percentuali si
ripetono riguardo alle statistiche sulle droghe pesanti;
nei paesi bassi ci sono 2,5 tossicodipendenti per ogni
mille abitanti, in Belgio tre, in Francia 3,9, in Spagna 4,9,
in Italia 6,4.’’
Ci sono tanti marketing:
marketing tribale: dove il legame conta più della marca
(tipo Harley Davidson).
marketing collaborativo: il modello della co creazione
del valore si basa sull’idea che l’azienda debba lavorare
con i clienti e non per i clienti, co creando valore con
loro, usando le competenze e le intuizioni.
Marketing relazionale: creare una relazione tra impresa
e consumatore e nel mantenerla attiva e stabile

FONDAZIONE PALAZZO STROZZI, A LABORATORY FOR ARTS AND CULTURE IN THE CITY OF
FLORENCE
La fondazione palazzo strozzi è un palazzo storico, simbolo del rinascimento, e di fatto però si trasforma,
non è un luogo privo di una storia solida però. Quando parliamo di palazzo strozzi, nel racconto, nella
comunicazione promuovendo le loro attività, il sesto di specificità del luogo è importante, è un concetto che
dobbiamo tener presente, è un tema però che riguarda qualsiasi luogo culturale. La creazione di contenuti, la
disseminazione di contenuti deve partire dalle potenzialità di quel luogo. Palazzo strozzi, simbolo di
rinascimento e nel cuore di Firenze, ha permesso con i suoi spazi:
- il piano nobile (dove c’è la mostra)
- la strozzina (cantine)
- lato spazio (cortile)
In questi tre luoghi si svolgono le loro attività, con dei record di visitatori per le mostre. Il cortile ospita
anche un bar. Facciamo un confronto tra palazzo strozzi del 2006 e palazzo strozzi di oggi, è per sottolineare
il ruolo che ha avuto la fondazione palazzo strozzi per rivitalizzare questo palazzo. Esiste da 700 anni, la
fondazione palazzo strozzi è nata nel 2006 per fornire a Firenze un luogo per vivere la contemporaneità a
Firenze, un modo di proporre contenuti, partecipazione, attività che mostrano sia cose contemporanee che
antiche, però fruite in modo differente.
Ci sono quattro punti della fondazione per capire la mission, le parole chiave, le strategie su cui lavorano
sono:
1. La programmazione delle mostre -> elemento fondamentale che veicola tutto il lavoro, la programmazione
è a 2/3 anni, è un qualcosa che rimane un fattore fondamentale per portare avanti le attività per avere una
buona riuscita, organizzazione, comunicazione; la programmazione a medio e lungo termine è uno degli
elementi centrali per lavorare al meglio.
2. Relazione con il territorio
3. Strategia ampia e diversificata di marketing
4. Il grande sviluppo del settore educativo
Il territorio, il marketing, e l’educazione sono i tre punti fondamentali per svolgere il tutto.
La campagna di comunicazione e marketing deve attrarre tantissime persone, la valorizzazione del rapporto
con il territorio significa ragionare con la regione, con scambi reciprochi per essere un ‘’catalizzatore’’ e
mostrare luoghi anche minori nelle vicinanze grazie ad una grande mostra o ad un grande artista. Palazzo
Strozzi, credono che il tema più importante sia ‘’accessibilità’’ —> rendere fruibili i contenuti a tutti,
attraverso le attività, alle didascalie, ecc. (scuole, famiglie, ecc.) . Non bisogna creare unymessaggio
‘’fighetto’’ ma di inclusione, tutto quanto diventa una specie di sinfonia per tutte le persone, e tutte le persone
devono sentirsi protagonisti. Per loro è fondamentale collaborare con la città e con la regione, per loro uno
degli elementi fondamentali è pensare che la specificità di palazzo strozzi è sì di essere un palazzo
rinascimentale, ma specificità di un luogo è pensare anche a dove sei, la città dove sei, un visitatore viene a
palazzo strozzi e quell’esperienza sarà inserita nell’esperienza di Firenze. Nessun luogo di Firenze è isolato
dalla città. L’esperienza del visitatore si inserisce in un circuito, in una città, e nella regione. Il ‘’Ai
weiwei’’ (canotti) segna un passaggio importante della fondazione strozzi, diventa nuovo direttore della
fondazione Arturo (specializzato nel 500), invece lui voleva fare subito invitare ai wei wei (artista cinese) a
lavorare sul palazzo, e ha cambiato così l’idea stessa di palazzo strozzi e inserire attività, mostre differenti,
non solo di arte contemporanea, l’idea del responsabile era lavorare, creare un dialogo con gli artisti.
Con i gommoni: quell’azione di reinquadrare le bifore del primo piano con questi gommoni da parte di Ai
Wei Wei era per ripuntare il dito sulla politica, e anche da parte del direttore ‘’vieni, lavoriamo insieme tra
l’architettura del palazzo e la tua proposta artistica’’. O Bill Viola, video arte contemporanea (a palazzo
strozzi nel 2016) ha accettato per la prima volta di esporre le sue opere a palazzo strozzi, confrontandole con
le opere del Passato.
Comunicazione: partiamo dalla pagina archivio del sito, dove si vedono le attività più recenti, si può notare
la varietà e il dialogo tra arte contemporanea e arte antica, in modo quasi strabico, dinamico, di alternanza di
contenuti diversi, questo pone sicuramente una sfida e un presupposto di partenza importante per la squadra,
pone una sfida di partenza: che ogni volta sembra di dover partire da capo, ogni volta c’è un contenuto
diverso, come le collezioni di moda, ogni volta devono reinventare un messaggio, ma in realtà non è così,
devono consolidare un messaggio, fidelizzare il pubblico, la potenzialità di avere sempre un programma
diverso —> bisogna sempre cambiare la comunicazione, importante è scegliere l’immagine guida della
mostra. Il coniglietto di jeef koons, per esempio (che c’è adesso) è fondamentale perché quella immagine
influenza tutto. Per ogni mostra, quella scelta visiva viene declinato in tantissimi modi di supporti visivi:
offline (pubblicità sui giornali), e anche online. La scelta di quell’immagine non è semplice, deve essere
comunicativa, rispettosa del progetto, ecc. es: il coniglio di koons è il famoso rabbit del 1986, una delle
opere più iconiche, ecc. la scelta di questo coniglio è stata una mediazione tra la fondazione e l’artista stesso;
loro per esempio puntavano molto su Hulk, inizialmente. Quando hanno selezionato il coniglio, il grafico ha
pulito l’immagine, l’ha resa più bella per i vari utizlizzi, ha pulito l’immagine all’interno, a koons non
piaceva perché avevano alterato troppo l’immagine, la stanza doveva vedersi riflessa nel coniglio. Per la
scelta di koons, il fatto era, attraverso una delle sue opere più iconiche, volevano comunicare il messaggio
dello ‘’shine’’ apparire, brillare e comunicare con l’intesa, inclusione, ecc.
La scelta dell’immagine avviene sei mesi prima della mostra, poi viene mostrata con le varie pubblicità
prima della mostra in sé, in parallelo c’è la creazione di una narrazione, di uno story telling che passa
attraverso altri formati: comunicato stampa, altre immagini della mostra, e nell’epoca in cui viviamo, la
creazione di un racconto attraverso i social media, video, ecc. Utilizzando i social media sia visivi (ig) che il
resto. La fondazione ha ripensato alla dinamica dei social per dialogare con il pubblico. L’utilizzo digitale a
palazzo strozzi è sempre stato importante, però nel 2020 tutto è cambiato, la dimensione sociale era l’unica
per tenersi vivi, e quell’unico luogo diventava un luogo non solo dove si faceva pubblicità ma dove le cose
succedevano davvero -> questo ha fatto nascere una piattaforma multimediale che creava contenuti, attività,
ecc.
La loro scelta strategica nel 2020 è stata quella di creare la parte di comunicazione digitale attorno a tre piani
integrati: newsletter, Facebook, Instagram.
Non hanno pubblicato niente fino al lancio della mostra, perché avviene in margini di tempo molto stretti,
legati alla dimensione social, per diventare virale deve essere ristretto e non annacquato.
Concetto di profitto: per le imprese culturali non è solo un profitto economico, perché la mission è anche
‘’solo’’ diffondere la cultura, far partecipare le persone ad un prodotto culturale, da un punto di vista
economico la fondazione strozzi divulga contenuti, ma quanto incide l’aspettò economico sulla fondazione?
La fondazione è di diritto privato, ogni anno ci sono delle istituzioni pubbliche e private che danno un
sostegno annuale alla fondazione, il budget che ha a disposizione la fondazione si basa su tre voci
fondamentali: risorse pubbliche (20 per cento), risorse private (35 per cento), e le risorse da proventi (40 per
cento), come si capisce da queste tre voci, la fondazione è nata nel 2006 come bilanciamento di queste tre
risorse e che potesse garantire alla fondazione autonomia, nel corso degli anni le cose sono cambiate, i fondi
pubblici si sono ridotti, quindi devono sostenere molto sui proventi diretti. Per palazzo strozzi nessuna
mostra si ripaga con i biglietti, ripagarsi tutto con i biglietti significa che scelte che si fanno dal punto di vista
artistico devono essere fatte per la vendita e questo non è possibile, termine ‘’sostenibilità del progetto
culturale’ non si può basare solo sull’introito diretto, ma se noi si punta solo sull’aspetto economico si va ad
intaccare la cultura. L’impatto economico non è solo quella di creare un ritorno strettamente economico, il
ritorno è un impatto di natura culturale ed economico in modo più esteso.

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