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Riassunto compelto del libro di marketing

Marketing (Università degli Studi di Ferrara)

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CAPITOLO 1: IL MARKETING MANAGEMENT


2.GLI OBIETTIVI DEL MARKETING AZIENDALE
2.1. CREARE VALORE PER IL CLIENTE E L’IMPRESA
La finalità del marketing è creare valore per i clienti e per l’impresa.
Il marketing aziendale persegue l’obiettivo di soddisfare i clienti a cui l’impresa rivolge la propria offerta ed è
efficace se concorre anche ad aumentare la redditività e la competitiva dell’impresa.

2.2 IL VALORE PER IL CLIENTE


Il valore per il cliente deriva dalla diffetenrenza tra beneficio (ciò che il cliente può trarre dal possesso e
dall’utilizzo del bene/servizio) e sacrificio (ciò che da come contropartita).
La determinazione del valore per il cliente è complessa per 5 motivi:

1. Ha carattere multidimensionale: il beneficio può comprendere componenti funzionali e gratificazioni


psicologiche, sociale, esperienziali, e il sacrificio può comprendere, oltre all’onere monetario, anche
costi di esercizio (tempo), costi di adattamento e apprendimento.
2. È un elemento soggettivo: varia a seconda dei soggetti, delle loro esigenze ed aspettative e del loro
potere di acquisto.
È compito del marketing definire a chi risolvere l’offerta, ovvero individuare il mercato-obiettivo e le
relative esigenze ed aspettative materiali ed immateriali, per proporre un servizio-prodotto
appropriato.
3. Ciò che conta è il valore differenziale dei prodotti, ossia il valore rapportato a quello che i clienti
attribuiscono agli output che vengono offerti.
L’impresa deve quindi sviluppare analisi comparate dei benefici offerti e dei sacrifici richiesti.
4. Il valore per il cliente condiziona gli atteggiamenti ed i comportamenti di scelta solo se viene
adeguatamente percepito. Il marketing deve selezionare gli elementi che possono migliorare la
percezione del valore dell’offerta dell’impresa da parte dei clienti.
5. Va considerato anche il valore sperimentato dal cliente, ossia il valore percepito può variare a
seguito dell’esperienza di acquisto e di consumo (a seconda del grado di soddisfazione del cliente).

Il concetto di valore per il cliente va inteso come valore differenziale percepito dai clienti potenziali ed anche
come valore differenziale percepito e sperimentato dai clienti attuali a cui l’impresa rivolge l’offerta.

2.3 IL VALORE DI SCAMBIO


Il valore di scambio di un’unità di un unico output offerto da una specifica impresa corrisponde al prezzo
netto di cessione di tale output.
Il valore di scambio di una pluralità di output offerto da una specifica impresa corrisponde ai suoi ricavi netti
di cessione.
Fondamentale per il marketing è l’individuazione dei fattori dai quali dipende il valore di scambio, che non
sono generalizzabili perché variano al variare della forma di mercato e dello stato della concorrenza che
caratterizza tale mercato.

FORME DI MERCSYO E STATI DELLA CONCORRENZA


Le forme di mercato possono essere individuate sulla base di 2 elementi, da considerare congiuntamente:
1. Numerosità delle imprese operanti nel mercato
2. Grado di sostituibili dei loro output

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Modello della concorrenza perfetta


Le imprese sono molto numerose e nessuna può influire con i propri comportamenti sulla struttura del
mercato.
Gli output sono fortemente sostituibili, cioè non vi è alcuna differenziazione dei prodotti e i prezzi sono
uniformi.

Modello della concorrenza imperfetta


Le imprese sono molto numerose e nessuna può influire con i propri comportamenti sulla struttura del
mercato.
Gli output offerti però non vengono percepiti comò omogenei, cioè sono facilmente sostituibili l’uno con
latro.
Ciascuna impresa opera con proprie politiche di differenziazione e di prezzo.

Modello dell’oligopolio
Vi è un numero limitato di imprese con politiche di mercato interdipendenti, nel senso che le decisioni ad
esse relative si basano anche sulle congetture che ogni oligopolista formula sul probabile comportamento
degli altri.
• Oligopolio omogeneo: la concorrenza si basa sul prezzo che non si forma automaticamente nel
mercato ma è la risultante delle intraprendenza oligopolistiche. Gli output sono facilmente
sostituibili.
• Oligopolio differenziato: gli olipolisti operano in modo interdipendente sia con politiche di prezzo sia
con politiche di differenziazione. Gli output sono differenti e tendenzialmente non sostituibili.

Si distinguono 3 stati della concorrenza:


1. Collusivi: con accordi o adattementi delle rispettive politiche di mercato, gli oligopolistk tendono a
mantenere immutate le quote di mercato presidiate da ciascuno di essi, mantenendo elevati i
sacrifici per gli utilizzatori dei propri output ed appropriarsi del maggior valore di scambio che ne
deriva.
2. Equilibrati:prevale tra gli oligopolisti l’obiettivo di mantenere le rispettive quote di mercato, ma il
grado di sfruttamento delle loro posizioni dominanti, fonte di extra profitti, resta limitato.
3. Aperti e dinamici: si manifestano quando un oligopolista, che può fruire rispetto agli altri vantaggi
assoluti di costo o di una struttura dei costi in cui prevalgono le componenti fisse, decide di
abbassare il prezzi del suo output con l’obiettivo di rifurre in misura significativa le quote di mercato
degli avversari più deboli e, al limite, di costringerli a uscire dal mercato.

Modello del monopolio contendibile


Vi è un solo soggetto di offerta in un determinato settore-mercato. Tuttavia il suo output presenta per gli
utilizzatori benefici funzionali che possono essere offerti anche da imprese operanti in altri settori-mercati.

Modello del monopolio puro


Un’unica impresa o un unico gruppo di imprese offre in uno specifico settore un output, almeno
temporaneamente non sostituibile e sviluppa politiche di mercato tali da consentirgli di appropriarsi il
maggiore surplus possibile di utilità.

Dal punto di vista del marketing sono rilevanti solo mercati riconducibili ai modelli intermedi (concorrenza
imperfetta, oligopolio e monopolio contendibile) e all’interno dell’oligopolio sono più rilevanti l’oligopolio
differenziato e gli stati della concorrenza equilibrati e quelli aperti e dinamici.

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2.4 CREARE VALORE PER L’IMPRESA


Ogni output che viene venduti dall’impresa ha:
1. Valore per il cliente
2. Valore di scambio
3. Valore costo, intendendo il valore monetario
Il marketing aziendale deve contribuire in modo determinante all’immissione sul mercato, da parte
dell’impresa, di output dotati di benefici percepiti superiori ai sacrifici richiesti e dotati di un valore di
scambio superiore al valore costo.
Deve conservate ed accerescre la redditività e la competitività dell’impresa, in una prospettiva di medio
periodo, restando coerente con la finalità che caratterizza l’impresa stessa.

3.IL MARKETING COME FILOSOFIA DIREZIONALE E GESTIONALE

3.1 IMPRESE ORIENTATE AL MERCATO ED I LORO PROCESSI DECISIONALI


Nelle imprese orientate alla produzione l’efficienza de processi produttivi in senso stretto viene considerata
come il fattore chiave per acquisire vantaggi competitivi sui concorrenti.
Nelle imprese orientate al prodotto su punta sulle innovazioni tecnologico funzionali dei prodotti.
Nelle imprese orientate alle vendite la promozione delle vendite e la distribuzione commerciale sono
considerate, indipendentemente dai prodotti offerti, come i fattori fondamentali di successo.

Gli orientamenti alla produzione, al prodotto e alle vendite, sebbene diversi fra loro, hanno in comune la
concezione secondo la quale la condotta dell’impresa deriva in primis da considerazioni di natura interna
riguardanti ciò che gli imprenditori e i managers ritengono che le loro imprese sappiano e vogliono fare
meglio.
L’orientamento al mercato configura processi decisionali che seguono un percorso opposto in quanto
partono da un’analisi di ciò che l’impresa può fare e di ciò che deve fare per varie successo.

1º passo logico: analisi degli ambienti generali, del mercato (domanda e concorrenza) e dell’ambiente
interno all’impresa.
2º passo logico: determinazione della strategia di marketing da adottare, delle politiche di mercato da porre
in atto e la loro gestione operativa. Definire cioè a chi rivolgere l’offerta, che cosa e come offrire.
3º passo logico: controllo ed efficacia.

Chiariti tali aspetti, l’impresa può procedere ad articolare e svolgere le sue attività operative di marketing,
tra loro integrate e sinergiche, ovvero il marketing mix:
• Product (politiche del prodotto)
• Price (politiche di prezzo)
• Promotion (politiche di differenziazione e di comunicazione)
• Place (politiche di distribuzione)

3.2I PRINCIPI ED I VALORI SU CUI SI BASANO LE IMPRESE ORIENTATE AL MERCATO


1º gruppo di principi
Riguarda il loro orientamento ai clienti, cercando di capirli in profondità e di coinvolgerli il più possibile
anche nella progettazione dei sistemi prodotto.
Nei rapporti coni clienti occorre anche interpretare molti segnali deboli per offrire soluzioni creative ai loro
bisogni e problemi.
2º gruppo di principi
Riguarda il continuo monitoraggio delle dinamiche dell’ambiente generale, non solo economiche e socio
culturali, ma anche fisico ecologiche e dell’ambiente mercato.
Il continuo esame dei punti di forza e di debolezza dei concorrenti e dei loro concreti comportamenti offre
alle imprese informazioni e valutazioni utili per accrescere il proprio vantaggio competitivo.

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3º gruppo di principi
Riguarda l’importanza che le imprese danno alle emozioni ed alle esperienze gratificanti dei consumatori.
4º gruppo di principi
Riguarda l’essere imprese che allr3 dono continuamente dall’esperienza (learning organizations) e aperte al
cambiamento.
5º gruppo di principi
Riguarda il carattere proattivo dei rapporti con il mercato di sbocco, ossia la capacità di adattersj ai
condizionamenti ambientali e, al tempo stesso, di condizionare le variabili ets1erne in modo da favorire una
coevoluzione della domanda e dell’offerta.
6º gruppo di principi
Riguarda gli aspetti più organizzativi ed ai valori ad essi sottostanti.
Lo sviluppo di un impegno nei confronti dei clienti e la ricerca di vantaggi competitivi devono coinvolgere
tutta l’organizzazione tramite la diffusione, anche nelle funzioni non preposte ai compiti di marketing, delle
conoscenze base sui suoi clienti e sui suoi concorrenti.

L’orientamento al mercato investe l’insieme dei processi aziendali, perseguendo obiettivi di generale
interesse per l’impresa:
- Accrescere la soddisfazione e la fedeltà del cliente
- Accreditare la marca e il suo valore
- Facilitare tempestivi e continui processi di cambiamento per cogliere le opportunità
- Stimolare l’innovazione ed ktientarla verso la creazione del valore per i clienti e verso
l’acquisizione di valtaggi competitivi
- Favorire lo sviluppo di competenze distintive market based, fondate cioè su una maggiore
capacità di comprendere il mercato e di creare relazioni con i clienti
- Contribuire a focalizzare l’attenzione e ad orientare l’azione di tutte le componenti
dell’impresa verso i processi più critici per il successo competitivo.

4.LE FASI DEL PROCESSO DI CREAZIONE DEL VALORE PER IL CLIENTE

1.Ricerca del valore


Crea le basi conoscitive su cui devono fondarsi i processi decisionali in un’impresa orientata al mercato.
Implica ricerche su:
• Caratteristiche dell’ambiente generale, che possono influire sulla domanda e sui processi di acquisto
• Caratteristiche dell’ambiente competitivo, con riferimento ai punti di forza e di debolezza
dell’impresa nei confronti dei suoi concorrenti
• Formazione delle aspettative dei consumatori (motivazioni, percezioni, valutazioni)
• Comportamenti di acquisto e di consumo
• Soddisfazione e fedeltà

2.Progettazione del valore


Richiede di procedere alla scelta dei target a cui rivolgersi, in quanto alla stessa offerta può essere attribuito
un valore differenziale differente da parte dei segmenti di consumatori diversi.
Si procede poi alla formulazione della customer value proposition, ovvero all’identificazione delle
caratteristiche (value elements) del sistema prodotto che devono distinguere e rendere superiore l’offerta
di valore.
Implica anche definire come l’offerta dovrebbe essere percepita dai consumatori (posizionamento del
prodotto)
Da queste analisi e decisioni deriva l’eleborazione del concept del prodotto da realizzare e lanciare nel
mercato.

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3.Produzione del valore


Riguarda l’insieme di attività attraverso le quali il valore progettato può essere concretamente realizzato,
con l’impiego di risorse e competenze interne ed esterne all’impresa.
È la direzione generale e non il marketing che deve decidere quanto e dove investire, quali competenze
sviluppare e come creare le condizioni tecniche, comportamentali ed organizzative necessarie.
Il marketing pio offrire supporto per le decisioni che attendono la politica del prodotto e l’innovazione.

4.Comunicazione ed il trasferimento del valore


Per la maggior parte dei value elements ci si avvale di segnali di valore, ovvero di indicatori dai quali si
desume il valore dell’offerta. Sono:
• Marca: permette di identificare il prodotto e contribuisce a differenziarlo. Le politiche di
comunicazione hanno la finalità di far conoscere il prodotto e la marca e di orientare la percezione e
l’immagine.
• Prezzo: insieme al valore vendita contribuisce a determinare il ROL dell’impresa.
Le politiche di prezzo rientrano anche tra le attività di trasferimento del valore, insieme alle attività svolte
dalla direzione commerciale e del trade marketing.

5.Valutazione e misurazione del valore


Richiede un costante monitoraggio dei dati consuntivi per cogliere eventuali scostamenti tra quanto
programmato ed i risultati conseguiti in termini reddituali, competitivi, di notorietà ed immagine della marca
e nelle relazioni con i consumatori.
È importante sia per procedere tempestivamente a modifiche nelle politiche adottate, sia per favorire
processi di apprendimento basati sull’esperienza.

5.GLI ATTORI DEL MARKETING ED IL MARKETING INTEGRATO

I rapporti tra i diversi attori determinano gli spazi di autonomia decisionale della funzione di marketing ed il
ruolo che assume il vertice aziendale nelle decisioni di marketing.
Per la loro efficacia è necessario che i processi di marketing si configurino come un ordinato insieme di
integrazioni e di interazioni tra processi diversi e attori e ruoli concettualmente distinti.

5.1I RUOLI DIREZIONALI E IMPRENDITORIALI NEI PROCESSI DI MARKETING


Nella visione del marketing considerato come metodologia direzionale diretta alla composizione dei rapporti
azienda mercati, il marketing si confidura come processi direzionale e richiede l’impostazione di un’attività
manageriale secondo i principi di management process approach, ovvero caratterizzata da processi di
pianificazione, realizzazione, controllo e azione correttiva, che lo porta a collocarlo sul lato della
responsabilità direzionale, distinguendo il titolo manegariale/direzionale dal ruolo imprenditoriale.
I referenti devono limitarsi ad una analisi del macro ambiente nel quale l’impresa è inserita, delle dinamiche
che caratterizzano bisogni e consumi. Le scelte strategiche sono da concordare con il vertice aziendale
perché devono essere coerenti con la strategia aziendale.

• MARKETING MANAGERIALE: corrisponde al contenuto di marketing che può essere assegnato al


ruolo di manager in posizione direzionale e di responsabilità assunta per effetto di deleghe assegnate
dal vertice.
• MARKETING IMPRENDITORIALE: corrisponde al contenuto di responsabilità diretta dell’organo
amministrativo che assume determinate funzioni di tipo strategico, politico ed organizzativo
nell’ambito di impresa.
Si interfaccia con l’innovazione e con il cambiamento.

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5.2 IL MARKETING INTEGRATO


Gli attori del marketing possono essere il risultato di cooperazione tra organizzazioni (consorzi di
promozione).
I consumatori possono dar luogo a forme organizzate (sindacati dei consumatori) che promuovono iniziative
a tutela del consumo attraverso la diffusione di informazioni ed il potenziamento delle possibilità di scelta e
della consapevolezza dei consumatori rispetto a prodotti, marche ed imprese.

Il marketing integrati è in grado di garantire all’impresa una più forte connessione e coordinamento tra
funzioni interne anche diverse da quella di marketing.
L’integrazione si caratterizza per la presenza di una maggiore cultura di mercato diffusa nell’organizzazione a
vari livelli.
Queste dinamiche impongono una eterogeneità dei contesti di riferimento delle singole aree funzionali.
Il marketing integrato può essere inteso in due dimensioni:

1. Approccio INTERNO: diffuso all’interno dell’organizzazione, per cui il marketing integra fra loro
funzioni e queste con il mercato (tipico delle imprese di servizi).
Detiene un coordinamento interfunzionale, orientato a conseguire coerenza tra le iniziative delle
varie aree dell’organizzazione impegnate in attività di marketing.

2. Approccio ESTERNO: guarda al rapporto con altre aziende a vari livelli, comprendenti vari attori del
mercato, quali:
• Clienti finali, consumatori e imprese utilizzatrici di beni industriali e di servizi.
• Clienti intermedi: grossisti e dettaglianti.
• Concorrenti: concorrenza diretta, attori dell’offerta di prodotti sostituibili, potenziali entranti,
fornitori e clienti.
• Prescrittori: coloro che non clienti consumatori sono in grado di definire e orientare le
richieste degli acquirenti, senza far parte dell’organico dell’impresa (forza vendita).
• Strutture politiche ed amministrative, le istituzioni di ricerca (università, realtà associative e
di rappresentanza (sindacati dei lavoratori, dei datori di lavoro).
Detiene un coordinamento interorganizattivo, orientato a conseguire una adeguata coerenza tra
iniziative delle varie unità organizzative con le quali l’impresa si raccorda nei processi di marketing.

Le due dimensioni di coordinamento sono parte di uno stesso processo.


La gestione dei processi di marketing assume un:
• Ruolo coesivo interno: all’organizzazione, affermando un carattere culturale in termini di
orientamento organizzativo.
• Ruolo coesivo esterno: nei confronti dei clienti, concorrenti e fornitori.
Il marketing si propone come orientamento culturale che esce dai confini funzionali ed assume una valenza
strategica come elemento di integrazione della rete di attori attraverso i quali l’impresa compone la propria
catena del valore.
6.TENDENZE EVOLUTIVE NEL MARKETING

6.1L’OGGETTO DI STUDIO DEL MARKETING


Il focus del marketing è rappresentato dai comportamenti e dalle interazioni sociali poste in atto per
attivare, orientare e concludere scambi finalizzati a conseguire in modo efficiente i livelli di risultato cercati.
Il marketing si avvale del contributo di molteplici discipline, tra cui le discipline aziendali, la psicologia, la
sociologia, l’antropologia, la matematica, la statistica, la micro e la macro economica.
Il marketing ha la capacità di cogliere la complessità dei fenomeni oggetto di analisi, grazie allpprocio
interdisciplinare adottato per la loro descrizione ed interpretazione.

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6.2ORIGINI E SVILUPPO DELLA FUNZIONE E DELLA DISCIPLINA DI MARKETING


Lo sviluppo degli studi di marketing è sempre stato fortemente influenzato dai mutamenti nei rapporti tra le
imprese ed i loro mercati di sbocco.

Orientamento alla produzione


Tra la 1º e la 2º guerra mondiale si assiste all’introduzione della standardizzazione produttiva nelle imprese,
a cui si associa una crescita delle dimensioni aziendali, degli investimenti, dei rischi industriali e commerciali.
Si sviluppano di conseguenza le prime politiche di marketing, al fine di consentire l’identificazione del
produttore e rendere possibili forme di differenziazione del prodotto ed i primi investimenti pubblicitari.
Prevale un orientamento alla produzione e la funzione commerciale ha compiti solo di carattere operativo.

Orientamento alle vendite


Le basi della disciplina di marketing si creano a partire dagli anni ’50.
Nel 1960 McCarthy presenta il modello della 4 P per la gestione delle politiche commerciali.
In quegli anni il forte sviluppo economico ha determinato una crescita del reddito delle famiglie, da cui
deriva una mahhiore importanza dei bisogni secondari e dei fattori psicologici e sociologici nell’orientare le
scelte dei consumatori.
I consumi e le comunicazioni di massa (radio, televisione) creano le basi per un nuovo ruolo della funzione
commerciale, con il duplice obiettivo di sostenere le vendite e differenziare l’immagine di marca per ridurre
l’elasticità della domanda al prezzo.
Si afferma l’orientamento alle vendite e la funzione di marketing rende ad assumere un ruolo operativo-
creativo.

Orientamento al mercato
A partire dalla 2º metà degli anni ’60 i mutamenti dei mercati dei beni di consumo di massa e lo sviluppo deli
studi di marketing creano i presupposti per una modifica del ruolo della funzione di marketing.
La domanda presenta una maggiore articolazione, derivata dalla complessità della struttura sociale e dalla
convivenza di stili di vita differenti.
Aumenta la necessità e la difficoltà di comprendere le possibili motivazioni d’acquisto dei beni, per cui gli
interventi volti ad influenzare il processo di specificazione delle aspettative, presupponendo studi di
mercato più approfonditi ed efficaci strategie di segmentazione del mercato e di posizionamento del
prodotto.
Si passa all’orientamento al mercato ed alla funzione di marketing vengono attribuiti compiti anche
strategici.

L’impresa ha la necessità di pianificare la sua attività e di acquisire capacità di previsione e controllo


sull’ambiente.
Il marketing consente di ridurre l’incertezza e la complessità ambientale (accrescendo l’efficacia
dell’impresa) e di ampliare le capacità di analisi e di previsione dell’impresa e dunque le possibilità di
adattamento, assicurando un maggior controllo sul mercato.
In questo periodo avviene la sistematizzazione dei concetti e delle tecniche su cui si fonda il marketing
manageriale. Il marketing diviene una disciplina di studio con contenuti propri ed una strumentazione
concettuale originale.
Il marketing risulta concepito in funzione del tipo di rapporti che si instaurano fra venditori ed acquirenti nei
mercati dei beni di consumo di massa.
L’approccio è di tipo normativo, cioè detta le regole di comportamento per i singoli operatori per
raggiungere gli obiettivi ricercati con gli scambi.

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6.3LE TENDENZE EVOLUTIVE NEL MARKETING


Negli ultimi 30 anni la disciplina di marketing si è sviluppata lungo 2 traiettorie:
• Con studi rivolti ad approfondire applicazioni del marketing a specifici contesti per accrescere
l’efficacia
• Con l’eleborazione di nuovi concetti e metodologie per adeguare le strategie e le politiche ai
cambiamenti dell’ambiente e della tecnologia

Cambiementi nelle aspettative e nei comportamenti dei consumatori


I consumatori sono divenuti meno passivi e condizionabili, più esigenti, più competenti e capaci di valutare e
confrontare i benefici ed i sacrifici connessi all’acquisto ed all’utilizzo delle diverse Marche.
Risulta più complesso affregare i consumatori in segmenti di mercato omogenei, per la tendenza di ogni
consumatore ad avere molte identità ed a far convivere scelte di consumo diversificato.

Sviluppo e diffusione di nuove tecnologie di informazione e di comunicazione


La diffusione di internet e dei mobile device hanno generato nuovi canali di comunicazione e di vendita e
hanno creato nuovi Intermediari, modificando la natura delle relazioni tra imprese e consumatori.
Il cliente parla sul web, cerca, confronta e interagisce con i produttori e con altri utenti.
I social creano nuove aggregazioni sociali e offrono alla imprese la possibilità di disporre di più dettagliate
informazioni sui consumatori che consentono attività di marketing mirate e controllare.
Tutto ciò richiede alle imprese nuovi investimenti, nuove competenze e maggiore trasformazione, capacità
di dialogo e di coinvolgimento.

Maggiore potere contrattuale della GDO (Grande Distribuzione Organizzata)


La crescente competenza di marketing della GDO ha rafforzato le capacità di condizionamento delle scelte
dei consumatori mediante promozioni e politiche di visual merchandising e ha ampliato le possibilità di
commercializzare prodotti con proprio marchio (private label).
Questo ha indotto i produttori industriali a considerare le imprese della GDO sia come cavalli attraversi i
quali far giungere i prodotti ai consumatori sia come clienti da soddisfare e con i quali ricercare rapporti di
partnership.

Crescente pressione competitiva


Deriva dalla dinamica della domanda e dalla globalizzazione e affermazione di tecnologie che hanno creato
per le imprese nuove opportunità derivanti da offerte che si collocano tra settori diversi.
Di conseguenza diventa sempre più importante soddisfare e fidelizzare i consumatori e realizzare modelli di
business con vantaggi competitivi significativi e difendibili.

Mutamenti nei processi produttivi


I processi produttivi hanno avuto un’evoluzione con il passaggio da tecnologie rigide a tecnologie flessibili di
produzione, che consentono maggiore varietà e variabilità dell’offerta.

Queste dinamiche hanno orientato la disciplina di marketing verso nuovi campi:

Con riferimento alle STRATEGIE DI MARKETING


Vanno sottolineati 5 aspetti:
1. Le strategie devono essere elaborate partendo dall’analisi dei consumatori e dell’ambiente
competitivo.
Il market driven collega la capacità di cogliere le opportunità creare dalle dinamiche ambientali
all’orientamento del mercato e all’adozione di modelli organizzativi e gestionali per creare strategie
innovative di tipo proattivo.

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2. Ci si focalizza sulla differenziazione e comunicazione del prodotto per la creazione di valore per il
consumatore.
Ciò implica un’analisi di tutti i driver del valore nelle fasi che precedono l’acquisto, nelle fasi di
acquisto, consumo e post consumo.

3. L’innovazione deve essere finalizzata alla formulazione di proposte di valore orientate a creare nuovi
mercati per poter acquisire posizioni di leadership, basate sul marketing esperienziale e sensoriale.

4. È importante coni volgere il consumatore nei processi di progettazione e creazione del valore, in
quanto portatore di conoscenze d’uso e di relazioni. Ciò implica adottare strategie rivolte al
customer engagement, ovvero a creare rapporti di fiducia e legami psicologici forti tra il brand e il
consumatore.

5. La nascita e lo sviluppo del trade marketing nasce come risposta ai cambiamenti intervenuti nei
rapporti con il trade. I soggetti della GDO sono clienti da soddisfare mediante piani di marketing
specifici coordinati con i piani di marketing di prodotto.

Con riferimento alle RICERCHE DI MARKETING


Ci sono stati sviluppi in vari campi, di cui 2:
1. Gli studi sulle informazioni ricavabili da internet. Importanti sono anche gli studi sviluppati sulle
comunità online e sui fattori che ne condizionano gli orientamenti (netnografia)
2. Il neuromarketing che applica le metodologie delle neuroscienze ed i progressi tecnologici
intervenuti negli strumenti di analisi di cui esse si avvalgono per comprendere a fondo i meccanismi
che regolano le emozioni e l’attenzione ed il ruolo del cervello inconscio nei processi decisionali.

Con riferimento al LIVELLO OPERATIVO


Il marketing digitale (e commerce, organizzazione del sito, social media) serve per informare, offrire nuovi
servizi e dialogare con i consumatori. Gli aspetti più importanti sono:
• Content marketing: ovvero la formulazione dei contenuti editoriali trasmessi nel web che devono
informare sui prodotti e attirare l’attenzione suscitando interesse.
• Orientamento dei percorsi (customer journey) seguiti dal consumatore nel web per portarlo a
compiere date azioni
• Politiche omnichannel, volte a gestire in modo integrato le politiche di comunicazione, di
distribuzione e di vendita nei canali tradizionali e online
• L’analisi delle metriche per misurare le per finance aziendali online (risultati dei siti web, efficacia
delle pubblicità)
Il marketing non convenzionale consente di raggiungere con elevata efficacia gruppi anche ampi di
consumatori con costi molto ridotti.
Il marketing metrics è un sistema organico di indicatori e di modelli per valutare, pianificare e controllare
tutte le implicazioni reddituali e finanziarie per l’impresa delle attività attività di marketing.

6.4AUTOMAZIONE E CONFINE TRA MARKETING OPERATIVO E MARKETING STRATEGICO


Marketing automation: si intende il supporto automatico alle decisioni di marketing su internet.
La grande disponibilità di dati consente l’assunzione di decisioni per azioni di marketing in forma automatica
a partire da parametri impostati avvalendosi di appositi software e attraverso l’adozione di algoritmi.
Gli strumenti di automated marketing decision support consentono di migliorare la produttività dei
marketers, di migliorare la qualità delle decisioni e di avere in migliore ritorno degli investimenti e di
rafforzare la soddisfazione e la fedeltà del cliente.
L’idea centrale della marketing automation è quella di avvalersi di modelli per far fronte all’ammontare di
dati prodotti automaticamente per reagire in modo ad attivo alle scelte dei clienti e per produrre proposte
più efficienti.

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I passaggi del sistema di marketing automatico sono:


1. Definizione della strategia: obiettivi, analisi interna ed esterna.
2. Scelta della tecnologia di supporto: in termini di ambiente software.
3. Definizione del data input: come sistema di acquisizione di dati.
4. Selezione del set of rules: inteso come insieme di regole utilizzate per passare dai dati alle decisioni.
5. Realizzazione di un monitoring interface: inteso come processo di controllo delle performance del
set of rules.
6. Valutazione degli interventi di modifica: adeguamento o cambiamento.

L’adozione di sistemi software di supporto per il marketing automatico impatta sull’attività di marketing
strategico e sull’attività di marketing operativo.
Per il marketing strategico, l’adozione di un tipo di software rispetto ad un latro ha un impatto sul linguaggio
impiegato per la rappresentazione del mercato e sull’innovazione dei prodotti e servizi offerti.
Per il marketing operativo, l’adozione di soluzioni software di marketing automatico può definire un
cambiamento di efficacia ed efficienza nell’impiego dei dati relativi ai clienti.
Il processo di automazione ha implicazioni anche sul rapporto/confine tra marketing strategico ed operativo.
I nuovi strumenti integrano strumenti di marketing strategico con le iniziative di marketing operativo.

7.ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE SUGLI EFFETTI MACRO DEL MARKETING

7.1NESSUNA RIVOLUZIONE COPERNICANA


Negli anni ’60 il marketing veniva presentato agli operatori economici ed alla pubblica opinione come una
rivoluzione copertnica, nel senso che la soddisfazione dei consumatori sarebbe divenuta una condizione
necessaria per la sopravvivenza e lo sviluppo delle imprese e la loro finalità ultima.
Questo concezione è stata superata.
4 fatti per valutare i possibili effetti macro del marketing:
1. La finalità caratteristica dell’impresa non cambia con lo sviluppo del suo orientamento al mercato
2. La creazione di valore per il cliente e per l’impresa comportano lo sviluppo di una logica win-win,
ossia basata su vantaggi reciproci
3. La soddisfazione del cliente è strumentale alla soddisfazione dell’impresa, è una condizione
necessaria ma entro certi limiti
4. Il marketing contribuisce a ridurre i confronti competitivi basati principalmente sul prezzo ed a
creare nuovi mercati e segmenti di sbocco.

7.2SOVRANITÀ DEL CONSUMATORE E SOVRANITÀ DELL’IMPRESA


Il concetto di sovranità del consumatore, su cui si regge la cultura di marketing, non può essere considerato
senza tenere conto della sovranità dell’impresa.
Il consumatore può liberamente scegliere e dispone di strumenti che gli consente, entro certi limiti, di
orientare attivamente le imprese nella ricerca di soluzioni più appropriate alle sue aspettative e di
condizionare l’operato con valutazioni critiche ad ampia diffusione.
Anche le imprese sono sovrane, nel senso che possono scegliere il target a cui rivolgersi, i benefici da offrire,
le modalità con cui competere con altre imprese.
Le loro scelte tendono, non solo a soddisfare i consumatori, ma anche a valorizzare la capacità distintiva
dell’impresa, sviluppando strategie e politiche per accrescere vantaggi competitivi.

Dal punto di vista degli interessi collettivi, la sovranità delle imprese nel rapportarsi con i mercati di sbocco
non si traduce nella mahhiore soddisfazione di tutte le esigenze dei consumatori.
Molte aspettative e molti bisogni primari restano insoddisfatti, almeno pro tempore, poiché non diventano
elementi rilevanti per il marketing perché le imprese non reputano conveniente o ritengono troppo
rischioso.

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8.RENDERE IL MARKETING AZIENDALE APPROPRIATO AI SUOI DIVERSI AMBITI APPLICATIVI

Per renderlo appropriati alle loro specificità non è sufficiente cercare di adattare i principi ed i metodi che
caratterizzano il marketing dei beni di consumo. Occorre riferirsi a modelli teorici diversi.

Differenze del marketing delle piccole imprese rispetto alle grandi/medie imprese
Le differenze sono la scarsa disponibilità di risorse umane e finanziarie da dastinare alle ricerche di mercato
ed alle azioni di marketing e le modalità di indirizzo e di gestione guidate dalla vision dell’imprenditore.
L’imprenditore si avvale di un’organizzazione molto semplice con distribuzione dei compiti di carattere non
specialistico e con modalità di auto coordinamento e di auto controllo al suo interno.

Implicazioni di marketing delle piccole imprese


Le forme di marketing appropriate devono allontanarsi dal modello del marketing manageriale, ma deve
configurarsi come una particolare forma di marketing imprenditoriale.
È l’imprenditore che, attraverso relazioni con i principali clienti ed alcuni concorrenti, raccoglie informazioni
e sviluppi modelli interpretazione del mercato.
Nelle piccole imprese vi è una conoscenza profonda delle aspettative e dei comportamenti dei principali
clienti, il cui potere contrattuale rischia di far prevalere politiche di mercato più adattive che proattivo.

Come rendere più efficace il marketing nelle piccole imprese


Gli imprenditori devo evitare di condurlo in modo eccisavamente monocratico consentendo, entro i limiti
delle risorse disponibili, il graduale emergere di una microstrittura organizzativa ibrida, nella quale le loro
intuizioni imprenditoriali e le loro conoscenze derivanti dall’esperienza e dalle relazioni dirette con i clienti
possano tradursi in programmi, procedure e strumentazioni più sistematiche.

CAPITOLO 2: METODOLOGIE DI ANALISI PER L’IDENTIFICAZIONE DEL VALORE

3.PROSPETTIVE DI ANALISI DEI PROCESSI DECISIONALI E DI PERCEZIONE DEL VALORE DEI


CONSUMATORI

3.2.3FASI DEL PROCESSO DI ACQUISTO E CONSUMO IDENTIFICATE IN BASE AI PROCESSI PERCETTIVO E


COGNITIVO
Si tratta delle fasi di:
1. Pre acquisito: comprendente l’emergere del bisogno e la sua trasformazione in desiderio, la raccolta
delle informazioni, la valutazione delle alternative.
2. Acquisto: comprendente la scelta del prodotto, la negoziazione del prezzo, il finanziamento, la
definizione dei tempi di consegna.
3. Post acquisto: comprendente l’installazione, l’apprendimento per l’utilizzo, l’esperienza d’uso, la
possibilità di sostituzione o aggiornamento, la soddisfazione o l’insoddisfazione.

Gli stadi del processo di acquisto e consumo sono:

Stadio percettivo e cognitivo


Il consumatore, avvertendo un bisogno insoddisfatto, procede alla raccolta ed elaborazione di informazioni
relative alle possibili alternative di scelta.
Le ricerche di marketing possono sostenere l’azione dell’impresa individuando ed interpretando le
somiglianze e le differenze percepite dal consumatore tra prodotti e marche appartenenti alla stessa classe
e definire conseguentemente le politiche di comunicazione.

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Stadio degli atteggiamenti


Il consumatore identifica e valuta le alternative d’offerta.
L’obiettivo delle ricerche di marketing è comprendere gli atteggiamenti del consumatore nei confronti delle
alternative possibili, le loro cause ed individuare gli eventuali correttivi da adottare o i propri punti di forza.

Stadio dei comportamenti


Si sviluppano, da parte del consumatore, le intenzioni e le decisioni di acquisto e di riacquisto.
Lericerche di marketing si occupano di rilevare aspetti oggettivi e dati quantitativi

Stadio dell’apprendimento
Sulla base dell’esperienza derivante dal consumo del bene/servizio e del confronto che le sue aspettative, il
consumatore definirà il proprio grado di soddisfazione/insoddisfazione.
È importante per le imprese rilevare il livello di soddisfazione/insoddisfazione e, nel caso di insoddisfazione,
individuarne le cause al fine di rimuoverle.
È importante rilevare anche l’esperienza, ossia ciò che è accaduto al consumatore nel processo di acquisto e
uso del prodotto.

3.2.4IL CUSTOMER JOURNEY


È il viaggio che il consumatore compie durante il processo di acquisto e che gli consente di interagire con
impresa, attraverso una molteplicità di punti di contatto (touch point).
Il costumer journey mapping si riferisce ad un processo di ricerca sul consumatore, basata sulla raccolta ed
analisi di dati, che mira ad individuare tutti i momenti di interazione con l’impresa.
Il fine è descrivere il percorso del cliente target, assumendo il suo punto di vista.
Consente all’impresa di avere una Chiara consapevolezza su come i clienti si muovono nel Processo
d’acquisto, passando, attraverso le varie fasi.

Il sistema informativo e le ricerche di marketing (SIM)

4.1LE RICERCHE DI MARKETING: CONTENUTI E PROCESSO DI IMPLEMENTAZIONE


Le ricerche di marketing danno luogo alla produzione di informazioni per la soluzione di specifiche decisioni
di marketing. Sono effettuati internamente all’impresa oppure da appositi istituti di ricerca.
Gli istituti di ricerca formulano ricerche ad hoc composte da tali fasi:
1. Definizione del problema e degli obiettivi di ricerca: si chiude con la definizione del brief, ossia di un
documento in cui sono formalizzati: l’obiettivo e l’oggetto della ricerca, le condizioni aziendali, i
tempi e il budget per la realizzazione dell’intero processo di analisi.
2. Sviluppo del piano di ricerca: l’istituto di ricerca si propone di individuare percorsi di ricerca
alternativi free quali il committente dovrà scegliere. Ogni percorso può essere il risultato della
combinazione di metodologie qualitative e quantitative.
3. Raccolta delle informazioni (field-work): le metodologie e le tecniche di analisi concordate con la
committenza sono implementate. Si tratta di una frase critica della ricerca: da essa dipende la qualità
del risultato e l’effettivo rispetto del costo stimato.
4. Elaborazione e analisi delle informazioni: i dati raccolti durante il field-work sono elaborati e
analizzati.
L'esito è un rapporto finale quale documento di sintesi del percorso e dei risultati di ricerca e
contiene:
• Gli obiettivi della ricerca
• Un executive summery con una breve sintesi dei risultati
• Le implicazioni emergenti in termini di scelte di marketing
• Una descrizione dei risultati
• Appendici tecniche, utili per attestare l’affidabilità delle metodologie impiegate e dei risultati
conseguiti

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4.2LE METODOLOGIE PER LE RICERCHE DI MARKETING


Vi sono metodologie qualitative e quantitative.
Si tratta di metodologie che possono essere impiegate le une Indipendentemente dalle altre o in modo
combinato.

4.2.1LA RICERCA QUALITATIVA


La ricerca qualitativa consente all’impresa di esplorare in dettaglio un fenomeno di mercato, di conoscerlo
nei suoi elementi costitutivi e di indagare aspetti motivazionali a esso correlabili.
È impiegata anche per approfondire la conoscenza di fenomeni noti al fine di cogliere la complessità.
La ricerca qualitativa produce come risultato dati qualitativi nella forma di testo, immagini e composizioni
grafiche.
La qualità dell’analisi dipende dal ricercatore-analista, che assume un ruolo critico nella raccolta, nell'analisi
e nell’interpretazione dei dati.
Ha il compito di individuare gli elementi costitutivi del fenomeno indagato, di analizzarli, di collegare fra loro
dati con l’obiettivo di sviluppare approcci interpretativi.
Le metodologie della ricerca qualitativa ricorrono a tecniche di differenti discipline: psicologia, psicoanalisi,
sociologia, antropologia culturale, semiotica, etologia.
Le principali metodologie della ricerca qualitativa sono:

Intervista in profondità
L'intervista in profondità presuppone un rapporto diretto fra ricercatore-analista e intervistato.
Si ricorre a questa metodologia quando si ricerca una prospettiva individuale e si indaga su aspetti riservati
propri della sfera personale.

Focus group
Il focus group è una metodologia basata sull’interazione all’interno di un gruppo di persone che sono
stimolate a discutere sul fenomeno oggetto di ricerca.
Il gruppo è coordinato da un moderatore che introduce gli argomenti di riflessione e gestisce l’interazione
tra i partecipanti.
L’interazione, se attiva, permette di produrre informazioni maggiori rispetto all’intervista.
Il focus group coinvolge un numero maggiore di partecipanti a costi più contenuti e in tempi più brevi e
consente un maggior grado di flessibilità di analisi in quanto il dinamismo prodotto dall’interazione di
gruppo mette il moderatore nella condizione di individuare argomenti emergenti su cui animare la
discussione.

Osservazione
L’osservazione consente di acquisire informazioni che i partecipanti a interviste in profondità e a focus group
non riescono o non sono intenzionati a fornire.
Si tratta di una metodologia che è efficace per analizzare il comportamento di acquisto e le modalità di
utilizzo di determinati prodotti.
Permette di fornire informazioni su fenomeni difficili da descrivere verbalmente ma non è in grado di
rilevare le motivazioni alla base di certi comportamenti di acquisto.

4.2.2LA RICERCA QUANTITATIVA


La ricerca quantitativa si pone l’obiettivo di fornire misurazioni del fenomeno di mercato indagato.
Attraverso la ricerca quantitativa si determina quanti sono i consumatori che acquisteranno quel prodotto in
corrispondenza di specifiche motivazioni di acquisto o quanti sono gli acquirenti che compreranno prodotti
identificati determinati nomi.
I dati quantitativi sono raccolti attraverso questionari somministrati a campioni rappresentativi dell’universo
indagato.

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Una volta identificati gli obiettivi conoscitivi, la ricerca quantitativa prevede la definizione del piano di
campionamento, la scelta del metodo di contatto e l’elaborazione del questionario quale strumento di
rilevazione.

Il piano di campionamento
Il piano di campionamento implica tre principali decisioni che sono:
• Definizione dell’unità-campione
• Determinazione della numerosità campionaria
• Scelta della procedura di campionamento: il campionamento può essere probabilistico, se ogni unità
ha una probabilità nota e diversa da zero di essere inclusa nel campione, o non probabilistico, se ci
sono delle unità della popolazione che non hanno nessuna probabilità di essere selezionate

I metodi di contatto
I principali metodi di contatto sono:
• Intervista personale: prevede un contatto face to face tra intervistato e intervistatore che pone le
domande secondo un questionario di rilevazione impostato su domande prevalentemente chiuse.
• Intervista telefonica: consiste nel chiamare, in modo casuale, unità del campione al telefono e nel
somministrare loro uno specifico questionario di rilevazione.
• Intervista postale: prevede l’invio di un questionario all’unità campionaria che dopo aver provveduto
alla sua compilazione, lo rinvia al organizzazione che si occupa della ricerca.
• Web based: l’intervistato riceve il questionario tramite posta elettronica, provvede alla sua
compilazione e al suo rinvio in modo semplice e rapido.

Il questionario
Lo strumento di raccolta dati della ricerca quantitativa è costituito dal questionario la cui elaborazione
richiede capacità individuali di sintesi logica.
Il contenuto delle domande deve essere tale da consentire agli intervistati di poter fornire le informazioni
richieste. Le domande possono essere aperte o chiuse.

4.2.3IL DIALOGO TRA RICERCA QUALITATIVA E QUANTITATIVA


Si assiste a un loro impiego congiunto secondo una sequenzialità temporale di metodologie che prevede:
• Un’analisi qualitativa, diretta a disegnare il fenomeno nella sua articolazione complessa
• La redazione del questionario di rilevazione, avvalendosi del contributo informativo prodotto dall’
indagine qualitativa
• Un'analisi quantitativa, finalizzata a misurare le dimensioni del fenomeno
Le metodologie qualitative precedono quelle quantitative tutte le volte che: il problema da affrontare con la
ricerca è nuovo per l’impresa e le variabili determinanti il fenomeno devono essere identificate nella loro
complessità ed articolazione.
Il rapporto sequenziale presentato tra metodologie qualitative e quantitative non è una regola.
Esistono situazioni in cui la ricerca qualitativa segue quella quantitativa.

Le ricerche online

Le ricerche di marketing sono state profondamente influenzate dallo sviluppo di internet.


Le ricerche on-line presentano numerosi vantaggi:
1. Consentono di ridurre notevolmente i costi
2. Forniscono i risultati in tempi più rapidi
3. Rendono possibile la personalizzazione dell’indagine
4. Consentono di proporre all'intervistato una maggiore ricchezza di contenuti
5. Favoriscono un tasso di risposta comparativamente piu’ elevato
6. Consentono di effettuare indagini su individui difficilmente raggiungibili

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Vi sono anche alcuni svantaggi:


1. Non tutte le zone geografiche hanno disponibilità di accesso ad internet
2. Le indagini on-line rischiano di selezionare i rispondenti, ossia di favorire la partecipazione di
individui residenti nelle aree più sviluppate è in prevalenza giovani
3. Difficoltà ad identificare il rispondente
4. Possibilità che possa fraintendere i contenuti del questionario
5. Difficoltà a rendere nota l’esistenza dell’indagine

5.1TIPOLOGIE DELLE RICERCHE SU W3B QUANTITATIVE E QUALITATIVE


Le ricerche on-line di tipo qualitativo includono:

Chat interview: è un’intervista che avviene in modalità sincrona tra ricercatore e intervistato, utilizzando
software presenti gratuitamente on-line per la gestione della comunicazione simultanea.
Focus group online: ripropongono la logica dei focus group tradizionali, utilizzando chat e supporti
multimediali. L’interazione è meno personale e si perde la visione della comunicazione non verbale.
Video conference interview: è un’intervista face-to-face, ma condotta a distanza, utilizzando gli strumenti
online.

Le ricerche on-line di tipo quantitativo includono:

Email interview: le persone da intervistare sono contattate tramite email che contengono un link a
questionario on-line.
Web based interviewsl: consente numerosi vantaggi: rapidità del processo, costi contenuti e i dati sono
immediatamente elaborabili, consentendo di risparmiare tempo e denaro.

5.2NUOVI SPAZI DI INTERAZIONE: LE COMUNITÀ ONLINE


Le nuove tecnologie di comunicazioni legate ad internet e i social media hanno modificato l’interazione tra
individui e la loro percezione dello spazio fisico inteso come luogo, di fatto hanno annullato lo spazio fisico.
Tra le diverse comunità che possono sorgere on-line, le comunità di marca sono quelle più interessanti per il
marketing.
Costituiscono uno spazio on-line dedicato al dialogo, allo scambio di idee e, informazioni ed esperienze dei
consumatori, che può essere creata dalle imprese, oppure in maniera spontanea da parte dei consumatori.
Rappresentano quindi un’importante fonte di dati per le ricerche di marketing.

CAPITOLO 3: L’IDENTIFICAZIONE DEL VALORE. I CAMBIAMENTI NELL’AMBIENTE


SOCIO ECONOMICO E NEI COMPORTAMENTI DEI CONSUMATORI

6.NUOVE TECNOLOGIE E POTENZIALITÀ DI INNOVAZIONE DELL’OFFERTA

6.1MARKETING E TECNOLOGIA NEI PROCESSI DI CREAZIONE DEL VALORE


Il contesto economico, sociale, competitivo e di mercato in cui le prese si trovano è caratterizzato da
tendenze che impongono nuove sfide.
Mentre si si trovano a fronteggiare un contesto Il cambiamento sotto il profilo tecnologico.
Il marketing gioca un ruolo chiave nella creazione del vantaggio competitivo attraverso la traduzione delle
potenzialità tecnologiche in un’opportunità di mercato.
La digitalizzazione offre anche l’opportunità di migliorare la capacità di risposta al mercato e il servizio al
cliente e allargano gli orizzonti delle possibilità di innovazione.

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L’impatto delle nuove tecnologie digitali sui processi aziendali può essere analizzato secondo alcune
direttrici strettamente integrate:
1. Utilizzo dei dati, potenza di calcolo, connettività, big data, internet-of-things, machine-to-machine,
cloud-computing: per la centralizzazione delle informazioni la loro conservazione
2. Analytics, ossia le applicazioni che consentono di estrarre valore dai dati raccolti e, attraverso il
Machine Learning, rendere le macchine in grado di perfezionare la loro resa imparando dai dati
raccolti e analizzati
3. Interazione Uomo Macchina
4. Manifattura additiva (stampa 3D), robotica, comunicazioni ed interazioni machine-to-machine,
nuove tecnologie per immagazzinare e utilizzare l’energia In modo mirato, razionalizzando i costi e
ottimizzando le prestazioni

6.2LA CREAZIONE DI VALORE PER IL CLIENTE E CON IL CLIENTE ATTRAVERSO L’INTERNET DELLE COSE
Fra le tecnologie suscettibili di esercitare un elevato impatto sul mercato dei beni di consumo viene internet
delle cose (IoT).
È l’acronimo di internet-of-things, ossia una rete di oggetti dotati di sensori e connessi ad una rete di
trasmissione dati, in grado di comunicare con l’utente o con altri oggetti/macchine.
Gli oggetti:
• Possono essere identificati
• Sono in grado di trasmettere informazioni sullo stato
• Sono in grado di interagire con l’ambiente circostante
• Possono adattare alle performance alle condizioni del contesto

Dal punto di vista concettuale, l’IoT si basa sulle seguenti caratteristiche degli oggetti:
1. Identificabilità
2. Comunicabilità
3. Interazione

Dal punto di vista tecnico, l’Iot si basa sull’utilizzo combinato di:


1. Sensori: hanno il ruolo di recepire le informazioni sullo stato di una situazione specifica
2. Microprocessori: interpretano l’informazione e reagiscono secondo le modalità con cui sono stati
programmati

Grazie alla tecnologia, i prodotti intelligenti e connessi sono in grado di svolgere funzioni di monitoraggio e
controllo con modalità e a condizioni più vantaggiose per l’utilizzatore.
La tecnologia IoT consente di ottimizzare le performance degli oggetti ed attribuisce loro anche
caratteristiche di autonomia.
Le funzionalità degli smart connected products ( monitoraggio, controllo, ottimizzazione, autonomia)
rappresentano elementi su cui le imprese possono basare la ricerca di nuove modalità per creare valore per
l’utilizzatore, rispondendo ai cambiamenti nel sistema di valore e nei trend di consumo.

CAPITOLO 4: PROGETTAZIONE DEL VALORE

2.SEGMENTAZIONE E LA SCELTA DEL TARGET

2.1RILEVANZA DELLA SCELTA DEI MERCATI-OBIETTIVO


La maggior parte dei mercati è costituita da acquirenti che:
• Valutano il valore dei prodotti e dei servizi acquistabili sulla base di criteri differenti, con riferimento
ai benefici ricercati e ai sacrifici da sopportare.

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• Adottano processi D’Acquisto differenti, caratterizzato da una diversa incidenza dei fattori razionali
rispetto a quelli effettivi ed emotivi, una diversa attenzione e di importanza attribuita alle varie fonti
informative ed ha specifici segnali di valore.
A seconda delle tipologie di acquirenti muta l’efficacia di una specifica value preposition e delle diverse
configurazioni che possono assumere le politiche del marketing mix.
Nel contempo, a seconda della tipologia di clientela alla quale l’offerta viene di volta possono cambiare i
concorrenti, la pressione competitiva, i punti di forza e di debolezza dell’impresa.

La scelta del target group a cui indirizzare la propria offerta rappresenta una delle più importanti decisioni
preliminari da assumere per una efficace elaborazione della value preposition e delle politiche di marketing
mix, e può condizionare il successo competitivo e la redditività di un prodotto o di un brand.
La scelta dei mercati obiettivo deve essere finalizzata a:
• Consentire un’elevata soddisfazione degli acquirenti valorizzando le capacità distintive dell’impresa
• Favorire le possibilità di differenziazione e innovazione della value preposition
• Contenere la pressione competitiva e prospettare una redditività soddisfacente
• Garantire una domanda potenziale coerente con la dimensione e gli obiettivi di sviluppo dell’impresa

2.2I LIVELLI DI SEGMENTAZIONE


I mercati possono essere rappresentati mediante strutture gerarchiche che giungono progressivamente
identificare i segmenti crescentemente omogenei sotto il profilo delle aspettative dei consumatori, dei
comportamenti d’acquisto e delle capacità risorse necessarie alle imprese per operare con successo.
Lambin (1991) distingue tre livelli di segmentazione:

Segmentazione strategica
Identifica il macrosettore da assumere come riferimento base per l’analisi.
Sarà definita in modo più o meno ampio in funzione delle caratteristiche dell’impresa, delle finalità
perseguite e dei processi di selezione già operati fase precedenti del processo decisionale.
In molti casi viene definito in funzione della classe di prodotto.
Talvolta all’indicazione del prodotto si aggiunge il gruppo di clienti a cui è diretto o il tipo di uso a cui il bene
è destinato.
La definizione del macrosettore non deve essere troppo ampia, per evitare eccessivi costi di analisi,
necessariamente ristretta, per non perdere opportunità interessanti.

Macrosegmentazione
Identifica, secondo criteri pluridimensionali, combinazioni di prodotto sul mercato all’interno del
macrosettore che presentano fattori critici di successo e livelli di attrattività differenti.
La creatività può essere valutata in funzione della:
• Migliore intensità della concorrenza: determina la possibilità di appropriarsi del valore creato
• Struttura del settore: determina i fattori critici di successo e la possibilità di acquisire vantaggi
competitivi
• Corrispondenza tra gli obiettivi perseguiti e le caratteristiche del mercato

Decidendo in quale ASA operare (ampiezza orizzontale del business) l’impresa sceglie anche contro chi
competere e le regole competitive a cui dovrà sottostare, che derivano dalla struttura del mercato
prescelto.
La definizione dell’ ampiezza del business è la base per valorizzare le capacità dell’impresa al fine di ottenere
un vantaggio competitivo sostenibile.
Microsegmentazione
Individua, all’interno dei confini dei mercati definiti negli stadi precedenti, sottogruppi di acquirenti, ognuno
dei quali risulta, nel modo di reagire specifiche politiche del marketing mix, il più possibile omogeneo al suo
interno e significativamente differenziato rispetto agli altri.
Consente di definire i target group a cui indirizzare l'offerta e le strategie di marketing da perseguire.

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Le decisioni relative alla segmentazione del mercato dovrebbe essere assunte in base a una procedura
articolata in 4 fasi:
1. delle basi di Identificazionesegmentazione
2. Descrizione del profilo dei segmenti
3. Valutazione della attrattività e praticabilità
4. Selezione dei segmenti obiettivo e della strategia di segmentazione

2.3LA SCELTA DEI CRITERI PER LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO


Per essere efficaci i criteri adottati devono possedere:
• Capacità identificatrice: devono consentire di fornire l’identikit dell’individuo medio che caratterizza
il segmento
• Capacità discriminante: devono individuare segmenti omogenei al loro interno e nel contempo il più
possibile differenziati l’uno rispetto all’altro
• Capacità esplicativa: devono consentire di formulare fondate ipotesi sui fattori sottostanti
Le variabili utilizzabili per segmentare i mercati dei beni di consumo possono essere classificate in tre gruppi:
1. Criteri di tipo descrittivo (o di correlazione)
2. Criteri basati sul comportamento d'acquisto e di consumo
3. Criteri basati sui benefici ricercati con l’uso del prodotto (benefit segmentation)

I criteri di tipo descrittivo


Impostano La segmentazione del mercato sulla base di caratteristiche dei consumatori correlate a processi
decisionali differenti, sia nella fase che precede l’acquisto, sia nelle modalità di acquisto e di consumo.
Le variabili sono:
• Variabili socio demografiche: sesso, età, livello di istruzione e occupazione, dimensione e
composizione del nucleo familiare, religione o il gruppo etnico
• Variabili economiche: fanno riferimento al reddito familiare
• Variabili geografiche: zona geografica e dimensione del centro di residenza
• Variabili psicografiche: stili di vita delle persone, rilevati con analisi che considerano congiuntamente
i valori, gli interessi e le attività
I principali vantaggi che hanno contribuito alla popolarità e all’utilizzo dei criteri descrittivi per la
segmentazione dei mercati sono:
• Facilità di misurazione, avviene su scale definite di semplici e complessi bilità
• Facilità di riferimento ed elevata oggettività ed attendibilità dei dati
• Semplicità delle tecniche che ne supportano l’impiego
• Disponibilità di servizi general-purpose

I criteri basati sul comportamento d’acquisto e di consumo


Spostano l’attenzione Dalle caratteristiche dei consumatori e loro processi decisionali, al comportamento
d’acquisto ed al rapporto con il prodotto, con la marca, con il fornitore.

1º criterio: si basa sulle risposte cognitive ed emozionali dei consumatori altri simili a cui sono sottoposti.
Consente di evidenziare i processi decisionali e le azioni differenti tra categorie di consumatori offrendo
indicazione al marketing per impostare politiche più efficaci per ogni categoria.
2º criterio: si basa sui fattori condizionanti il processo di acquisto e di consumo (gradi di conoscenza del
prodotto, rapporto con la tecnologia, atteggiamento verso il prodotto).
3º criterio: si basa sui rapporti con i fornitori, si possono distinguere i consumatori fedeli ad una sola marca e
i consumatori che tendono ad acquistare ad ogni occasione Marche differenti a seconda delle condizioni di
convenienza offerte.

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I criteri basati sui benefici ricercati


Raggruppano i consumatori di una determinata classe di prodotti in base alla similarità dei benefici da essi
ricercati ed al valore atteso.
L’utilizzo di questo criterio comporta inizialmente lo sviluppo di una ricerca qualitativa per identificare i
benefici ricercati e successivamente dovrà essere svolta un’indagine presso un campione rappresentativo Di
consumatori per rilevare l’importanza assegnata ad ogni beneficio.
Le difficoltà che incontra questo tipo di segmentazione sono di varia natura:
• I benefici ricercati tendono a variare rispetto alla situazione d’uso
• Se questo tipo di segmentazione non si connette assolutamente conforme appropriate di
segmentazione descrittiva, L’impresa che se ne avvale non è in grado di sviluppare coerentemente le
proprie politiche di mercato
Un vantaggio della benefit segmentation e di consentire all’impresa di affrontare in modo unitario e con
l’uso delle medesime tecniche di analisi e propri problemi di segmentazione del mercato e quelli di
posizionamento competitivo del prodotto.

2.4DESCRIZIONE DEL PROFILO DEI SEGMENTI


Dopo aver identificato i segmenti, occorre raccogliere tutte le informazioni che possono contribuire a
valutarne l’efficacia ai fini del marketing, cioe:
• Attrattività: dimensioni, dinamica, redditività potenziale
• Praticabilità: possibilità per l’impresa di acquisire vantaggi sui concorrenti

I segmenti devono possedere due requisiti base:


1. Misurabilità: cioè la possibilità di quantificare alcune caratteristiche fondamentali del segmento per
poter stimare gli obiettivi conseguibili e le risorse necessarie per pperseguirli
2. Accessibilità: ossia la disponibilità di media e veicoli che consentano di sviluppare politiche Mirate sul
segmento senza eccessiva dispersione di risorse

Le informazioni da raccogliere sono di tre tipologie:


• Informazioni quantitative sul segmento: occorre stimare la dimensione del segmento nel rapporto al
mercato complessivo e occorre descrivere le caratteristiche socio demografiche dei consumatori che
ne fanno parte. Occorre anche valutare le quote di mercato delle varie marche acquistate dal
segmento e le loro variazioni nel tempo.
• Informazioni quali-quantitative volta comprendere i fattori critici di successo nel segmento e le
politiche da praticare: è necessario cercare di capire quali sono le principali motivazioni d’acquisto. i
criteri adottati per valutare le offerte, l’importanza attribuito al prezzo, i comportamenti d’acquisto e
di utilizzo, i segnali di valore presi in considerazione, in media con cui entrano in contatto.
Si tratta di considerare il livello di consapevolezza (Brand awareness) delle diverse marche, la loro
share of voice e il loro posizionamento.
• Informazioni sul grado di variabilità dei segmenti di mercato: occorre valutare se i fattori differenziati
sono destinati a perdurare nel tempo o potranno esaurirsi prima di poter ammortizzare gli
investimenti necessari per affermarsi.

2.5VALUTAZIONE DELLA ATTRATTIVITÀ E PRATICABILITÀ DEL SEGMENTO


L’attrattività può essere valutata in base a molteplici parametri, la cui importanza dipende dalle
caratteristiche dell’impresa e dagli obiettivi che intende conseguire.
Possiamo identificare tre tipologie di parametri:
1. Ampiezza e prospettive della domanda: la valutazione del grado di attrattività della dimensione della
domanda è fortemente condizionato dalle risorse di cui l’impresa dispone e dal ruolo che attribuisce
a quel business.

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2. Pressione competitiva: dipende dai rapporti quantitativi tra domanda ed offerta, dalla numerosità
delle Marche presenti nel segmento, dal clima competitivo, dalla concorrenza rappresentata da
prodotti sostitutivi e dalle barriere all'entrata.
La pressione competitiva si riflette sui margini realizzabili e sulle risorse necessarie per acquisire una
quota di mercato significativa.

3. Possibilità di differenziazione ed innovazione: ossia la possibilità di ridurre l’elasticità della domanda


al prezzo e di acquisire vantaggi Modificando le regole del gioco.

La praticabilità è riferita alla possibilità per l’impresa di acquisire nel segmento vantaggi significativi sui
concorrenti.
Per valutarla occorre porre in relazione alle caratteristiche dell’impresa con quelle del segmento e dei
concorrenti che in esso operano.

2.6SCELTA DEL TARGET E STRATEGIE DI SEGMENTAZIONE


Dopo aver formulato le ipotesi sui criteri di segmentazione imprese possono seguire differenti strategie:

1.Strategie di segmentazione rivolte alla copertura dell’intero mercato

Strategie indifferenziate
Consistono nell’offrire prodotti destinati Indifferentemente a tutto il mercato con politiche di mercato
uniformi.
L’impresa tende ad attribuire alla linea di prodotti connotazioni tali da poter risultare attrattiva per un’ampia
gamma di consumatori.
Con riferimento ai singoli prodotti o linee di prodotto, queste strategie possono essere efficacemente
adottato si è consumatori valutano il valore solo sulla base di uno dei pochissimi attributi o non presentano
esigenze particolari.
se l'impresa è in grado di differenziarsi dai La strategia indifferenziata risulta vincente concorrenti per gli
attributi giudicati dei consumatori più rilevanti, raggiungendo livelli di eccellenza a prezzi competitivi o
offrendo una qualità accettabile a prezzi molto più convenienti di quelli dei concorrenti.

Strategie differenziate
L’impresa tende a coprire ampia parte del mercato Rivolgendosi ai vari segmenti con differenti politiche di
marketing mix.
Richiedono ingenti risorse umane, tecniche e finanziarie, ma possono consentire di raggiungere elevati
volumi di vendita.

2.Strategie di segmentazione indirizzate pozioni specifiche del mercato

Strategie di specializzazione sui segmenti multipli


Consistono nell’individuazione di vari segmenti obiettivo, che possono essere aggregati per alcune similarità
in un macro segmento oppure essere considerati distinti ma raggiungibili con un prodotto che presenta
caratteristiche tali da risultare attrattivo per tutti.
Queste strategie possono consentire di ampliare i mercati di riferimento contenendo i costi.
Talvolta danno luogo a modalità innovative di segmentazione del mercato, che possono essere alla base del
successo competitivo di un prodotto.

Strategie concentrate
Selezionando un segmento come mercato obiettivo, ma configurano l’offerta In modo tale da poter risultare
di interesse anche per gli altri segmenti.

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Strategie focalizzate
Consistono nella scelta di un solo, circoscritto, segmento obiettivo, in funzione del quale è progettata la
value’ preposition in modo da garantire una prestazione ad elevata appropriatezza.
Può essere adottata per prodotti pensati per funzioni o esigenze molto specifiche o per marchi che si
caratterizzano per significati simbolici fortemente connotativi di specifici gruppi.
Nell’ambito delle strategie focalizzatevi sono alle strategie di nicchia.
La nicchia è uno spazio di mercato di dimensioni contenute e, formato da consumatori che presentano
esigenze specifiche e sono disposti a riconoscere un plusvalore alle imprese in grado di soddisfarle con
offerte appropriate.
Sono richieste capacità distintive acquisibili solo con investimenti specifici che determinano consistenti
barriere all’entrata nei confronti dei concorrenti potenziali.

Strategie di marketing One To One


Gestisce il singolo individuo consumatore come controparte dell’impresa.
Il marketing individualizzato comprende e serve gli interessi e i bisogni di gruppi selezionati Di consumatori,
in cui profili sono ben noti all’impresa e implica all’adattamento e la personalizzazione dell’intero sistema di
offerta.
e di diventare one-to-one marketer, capaci di ottenere da ogni clienti informazioni sui suoi specifici biQueste
politiche richiedono all’impresa di realizzare prodotti personalizzati di massa (mass customizer) sogni e
desideri.
Richiedono cambiamenti gestionali che non riguardano solo il marketing, ma anche l’organizzazione della
produzione, la logistica e la stessa cultura di impresa.

3.Segmentazione inversa
Questa metodologia si fonda su un processo di autoselezione dei clienti, puntando a replicare i casi di
successo. Può rivestire notevole interesse per le piccole imprese.
La segmentazione inversa richiede di adottare la seguente procedura:
1. Analisi dei rapporti con i clienti attuali
2. Valutazione del livello di soddisfazione, fedeltà, partnership
3. Individuazione del profilo dei clienti che manifestano la più alta soddisfazione. In questa fase é anche
possibile identificare più gruppi di clienti che basano la positività del loro giudizio su caratteristiche
differenti nel sistema di prodotto offerto
4. Aggregazione dei clienti con piu alta soddisfazione in segmenti
5. Valutazione delle possibilità di sviluppo nei segmenti ottenuti.. Definizione dei nuovi clienti da
ricercare e contattare. Impostazione delle politiche di marketing da adottare per replicare i casi di
successo

3.LA VALUE PROPOSITION

3.1MULTIDIMENSIONALITÀ DEL CONCETTO DI VALORE


Il valore per il cliente è (custumer value) deriva dal differenziale tra i benefici che riceve dall’acquisto e
l’utilizzo del bene e di sacrifici che deve sopportare per poterli conseguire.

I benefici possono essere diverse natura:


Benefici funzionali
Fanno riferimento al ruolo che sistema di prodotto offerto può avere per migliorare i risultati dei processi
nell’ambito dei quali viene utilizzato.
Sono originati dalle funzioni d’uso primarie e secondarie del prodotto, le modalità con cui vengono assolte,
la durata, l’affidabilità e gli attributi estetici.

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Benefici esperienziali
Rispondono alla ricerca di esperienze di acquisto e di consumo piacevoli e coinvolgenti.
L’esperienza è da intendere come una nuova forma di dialogo col consumatore, il quale cerca di soddisfare
desideri e vivere situazioni sempre più coinvolgenti.

Benefici sociali
Possono essere riferiti ai significati simbolici Ed espressivi del bene della marca oppure ai riflessi sulle
relazioni sociali e le altre tipologie di benefici generati dal bene possono avere.

Benefici psicologici
Quando l’acquisto è l’utilizzo del bene concorrono all’autorealizzazione, generano autostima, sicurezza,
sono vissuti come tramite sono vissuti come tramite per la realizzazione di ideali e obiettivi di vita.

I sacrifici possono essere di natura:


Sacrifici transazionali
Dipendono dal sistema di offerta e di consegna.
Sono ad esempio corsi formativi, valutativi, di riferimento.

Sacrifici economici
Prezzo d’acquisto, costi di esercizio, costi di conversione alla fine del ciclo di vita del bene, modalità di
pagamento ed eventuali finanziamenti ottenibili.

Sacrifici psicologici
Ansia e insicurezza derivanti dai rischi connessi all’acquisto del bene, che possono essere di tipo funzionale,
sociale ed economico.

Sacrifici di apprendimento
Connessi all’acquisizione di adeguate capacità di utilizzo del prodotto e consistenti nel tempo da dedicare,
l’impegno richiesto e nelle difficoltà da superare.
Molto importanti sono i servizi e l’assistenza forniti nella fase post acquisto.

Nella progettazione del valore va considerato tutto il ciclo di attività del consumatore, dalle fasi pre-
acquisto, alla fase dell’acquisto, fino alle fasi di utilizzo post acquisto e di dismissione e sostituzione del
bene.
In ognuna di queste fasi si può intervenire per accrescere i benefici o ridurre i sacrifici per il cliente.
Il problema è più complesso in quanto:
• Occorre valutare anche le offerte dei concorrenti
• Alcuni acquisti avvengono di impulso senza una comparazione dei benefici sulla sacrifici che ne
derivano
• Possono sussistere situazioni di mercato o di contesto che inducono all’acquisto anche se la
transazione risulta sfavorevole e viceversa

V = B – S: lo scambio risulta interesse per i consumatori se il valore che ne deriva è > 0


V = B/S: lo scambio risulta interesse per i consumatori e se il valore che ne deriva è > 1

ΔV = (Bx/Sx) – (By/Sy)

ΔV: indica il valore differenziale attribuito dal consumatore


Bx e By: indicano rispettivamente i benefici percepiti per i prodotti delle imprese X e Y
Sx e Sy: indicano rispettivamente i sacrifici percepiti per i prodotti delle imprese X e Y

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Perché un consumatore sia indotto all’acquisto occorre che sia l’equazione 1 che l’equazione 2 risultino
maggiori di 1, cioè occorre che tragga un vantaggio dalla transazione e che tale vantaggio sia superiore a
quello riconosciuto alle offerte dei concorrenti.

3.2LA FORMULAZIONE DELLA CUSTOMER VALUE PROPOSITION


La costumer value preposition definisce il valore progettato, specificando come la prestazione fornita al
consumatore deve generare un valore differenziale.
Identifica gli elementi che distinguono e vendono superiore l’offerta di valore dell’impresa.
È un’espressione verbale che precisa alle linee guida da seguire nella progettazione del sistema di prodotto
e nella formulazione delle politiche di marketing.

È necessario esaminare come la prestazione si inserisce nei processi mediante i quali i consumatori cercano
di conseguire gli obiettivi che perseguono nella vita.
Occorre considerare che i prodotti sono mezzi per raggiungere dei fini, quel cui vanno progettati in base alle
relazioni che sussistono tra gli obiettivi che il consumatore vuole raggiungere e la decisione di acquistare un
determinato bene/servizio.
3 elementi vanno considerati:
Valori individuali: sono rappresentazioni mentali di importanti finalità che il cliente vuole raggiungere nella
vita. Possono essere strumentali, cioè funzionali al conseguimento di fini I livello superiore o terminali, come
la felicità.
Benefici ricercati: rappresentano il contributo che esso può dare alla soluzione di problemi o al
conseguimento di specifici obiettivi. Possono essere di tipo funzionale o psico-sociale, connessi al significati
simbolici e comunicazionali del bene.
Attributi dei prodotti: rappresentano le caratteristiche del bene o del servizio che i consumatori associano a
determinati risultati funzionali o di immagine. Possono essere concreti o astratti.
Progettare la customer value proposition adeguandosi alle richieste che i consumatori formulano rischia di
impoverire la capacità di innovazione dell’impresa.
Occorre adottare un approccio proattivo basato su un attenta valutazione delle sue aspettative e dei suoi
vincoli e sul perseguimento della sua soddisfazione.
Implica analizzare le relazioni che sussistono, nelle percezioni dei consumatori, tra:
• Prodotti-attributi: per comprendere perché per perseguire specifici obiettivi i consumatori si
orientano verso determinate tipologie di prodotti
• Prodotti-benefici: per capire quali attributi assumono maggiore rilievo nella stima del valore del
sistema prodotto
• Attributi-benefici: per esaminare le associazioni mentali che il consumatore adotta pone in relazione
i singoli attributi del prodotto con i benefici o i sacrifici che ne conseguono

La progettazione deve basarsi sul confronto a quelle offerte dei concorrenti.


La formula della comparazione del valore offerto due concorrenti è:

VP (x-y) = [Ʃ I * BA(ix)/ Ʃ I * SA(zx)] – [Ʃ I * BA(iy) / Ʃ I * SA(y)]

VP(x-y): indica il differenziale tra il valore del prodotto dell’impresa X è quello dell’impresa Y
I: indica l’importanza data ai singoli benefici e sacrifici
BA(i): indica il livello del beneficio associato alla tributo Ai dei prodotti delle imprese X e Y
SA(z): indica il livello del sacrificio associate alla tributo Az dei prodotti delle imprese X e Y

Questa formula ipotizza che eventuali convinzionk negative su alcuni attributi possono essere compensate
da convinzioni positive su altri attributi.
È vero solo in parte quanto per alcuni benefici esistono soglie minime al di sotto delle quali il prodotto non
viene acquistato anche se presenta vantaggi significativi rispetto ad altri attributi.

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Si distinguono:

1. Attributi BASIC: in caso di bassa performance determina una elevata insoddisfazione e in caso di alta
performance l’impatto positivo è limitato.
2. Attributi EXCITING: sono determinanti per la soddisfazione ma hanno un impatto marginale in
termini di insoddisfazione.
3. Attributi ONE DIMENSIONAL: hanno una relazione lineare con la soddisfazione possono
rappresentare fattori di differenziazione positiva e fattori di penalizzazione dell’offerta.

Infine va considerata la coerenza con gli obiettivi e la strategia competitiva perseguiti dall’impresa, che può
seguire 3 strategie base:
• Strategia di leadership di prodotto, focalizzata sull’innovazione, sulle prestazioni del prodotto, sugli
attributi estetici e sui suoi significati simbolici
• Strategia incentrata sulla vicinanza al cliente, che punta sui servizi offerti, sulla personalizzazione
delle prestazioni, sulla creazione di relazioni basate sulla fiducia e l’equità
• Strategia che mira all’efficienza, rivolta a garantire standard di risultati accettabili con costi e sacrifici
contenuti

4.IL POSIZIONAMENTO DEL PRODOTTO

4.1DEFINIZIONE ED OBIETTIVI DEL POSIZIONAMENTO DEL PRODOTTO


Con l’espressione posizionamento del prodotto si indica come esso si colloca nella mente dei consumatori
Con riferimento all’insieme evocato, ovvero alle alternative di scelta percepite per soddisfare un bisogno o
un desiderio, e in base agli attributi che determinano risposte differenziate degli acquirenti.
Nell’ambito degli elementi di parità possiamo distinguere le caratteristiche del prodotto considerate
essenziali da quelle che invece possono essere oggetto di differenziazione:
• Elementi di parità di categoria: corrispondono al prodotto atteso e possono variare nel tempo in
funzione dell’evoluzione tecnologica e delle attitudini dei consumatori.
• Elementi di parità competitivi: possono essere oggetto di differenziazione e sono riferiti agli attributi
del prodotto che due marche presentano con intensità analoga.

Il posizionamento di un prodotto o di una marca è determinato dei suoi punti di parità e dei fattori che lo
differenziano dai concorrenti.
L’obiettivo delle decisioni di posizionamento è di definire e far percepire gli attributi tangibili ed intangibili
del prodotto in funzione di rilevanti benefici attesi, differenziando l’offerta da quella dei concorrenti, in
modo da creare una stabile preferenza della marca da parte ogni target definito.
Per essere realmente efficace il funzionamento dovrebbe essere esplosivo, basato su fattori di scelta
rilevanti per l’acquirente, difficilmente imitabile dai concorrenti.
Un posizionamento è:
• Appuntito: quando un numero rilevante di persone lo percepisce nello stesso modo, gli attribuisce le
stesse caratteristiche.
Crea più elevate barriere nei confronti dei concorrenti e può accrescere la fedeltà della marca ma,
nel contempo, circoscrive e limita i possibili acquirenti.
• Disperso: quando differenti gruppi di consumatori attribuiscono alla marca connotazioni diverse.
Dà la possibilità di rivolgere l’offerta ad un mercato più ampio, ma ha un minore potenziale di
identificazione differenziazione.

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4.2ALCUNE METODOLOGIE PER DECIDERE IL POSIZIONAMENTO


Delle analisi di posizionamento possono essere utilizzate:

Tecniche empiriche basate su intuizioni o valutazioni solo qualitative.


È un metodo di tipo disgiuntivo perché considera solo gli attributi gli anni marca giudicati più significativi.
Permette di capire se un attributo:
- Non è associato a nessuna marca e può rappresentare un’opportunità di differenziazione
- È associato solo ad una marca e può avere una posizione dominante tra i consumatori
- È associato ad un gruppo di marche che risultano in diretta concorrenza tra loro
- È associato a tutte le marche e rappresenta un punto di parità e non di differenziazione

Metodologie sofisticate che si avvalgono di strumenti matematici ed informatici e che forniscono le tecniche
basate su analisi statistiche multivariate.

Dalle analisi sul posizionamento competitivo dei propri prodotti o delle proprie marche possono essere
tratte utili indicazioni sulle strategie da adottare. Possono essere:

1. Strategie conservative: rivolti a mantenere e rafforzare il posizionamento esistente se esso risulta


adeguato agli obiettivi dell’impresa.
2. Strategie di riposizionamento: tendenti a modificare la percezione che consumatori hanno della
marca.
3. Strategie di affiancamento: quando viene lanciato un nuovo prodotto che si affianca a quelli
dell’impresa già esistenti, destinato ad occupare un posizionamento diverso dagli altri.
4. Strategie di spostamento delle preferenze: di gruppi di potenziali acquirenti, per assicurare una
migliore corrispondenza fra prodotti ideali e posizionamento della propria marca.
5. Strategie di modifica delle basi di posizionamento: però vengono definiti dei nuovi assi in base ai
quali posizionare i prodotti offerti e quelli ideali, rivoluzionando le precedenti per percezioni sul
grado di similitudine e di differenziazione fra le diverse marche, con l’obiettivo di assumere
un’identità fortemente differenziata dai concorrenti.

Per tradurre queste strategie in politiche operative occorre comprendere le chiavi del posizionamento,
ovvero gli elementi che maggiormente influiscono sulla percezione del possesso di un determinato attributo
da parte di una marca.
Il posizionamento voluto costituisce il principale punto di riferimento per la formazione delle politiche del
marketing mix.
Il marketing mix deve essere la realizzazione e la gestione coerente, creativa e permanente del
posizionamento.
La customer value preposition e le scelte di posizionamento devono poi tradursi nella progettazione di un
sistema di prodotto coerente con le strategie di marketing.
Il concept del prodotto definisce le caratteristiche fisico funzionali, estetiche, comunicazionali e di servizio
che devono caratterizzare l’offerta dell’impresa.

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CAPITOLO 5: PROGETTAZIONE E PRODUZIONE DEL VALORE: STRATEGIE


COMPETITIVE D’IMPRESA E STRATEGIE DI MARKETING

3.ANALISI DELL’AMBIENTE COMPETITIVO

3.1FATTORI STRUMENTALI DELL’AMBIENTE COMPETITIVO


La prima area di analisi riguarda l’identificazione dei potenziali concorrenti e dell’impresa e della loro
capacità di esercitare un azione competitiva in grado di ridurre l’efficacia delle strategie di marketing
dell’impresa.
Il modello delle 5 forze competitive è composto:

Concorrenti diretti
Sono le imprese operanti nel business che offrono un prodotto mirante a soddisfare la stessa funzione d’uso
attraverso la medesima tecnologia rispetto al prodotto dell’impresa.
L’intensità della competizione discende da una serie articolata di fattori (tasso di crescita del settore, grado
di differenziazione, livello dei costi).
Ogni fattore incide sul intensità competitiva sia singolarmente che in combinazione con gli altri.

Potenziali entranti
Sono le imprese che non operano nel business dell’impresa e che possono avere un potenziale interesse per
un ingresso nel settore.
È fondamentale comprendere la possibilità per l’impresa che già opera nel settore di fare leva su delle
barriere all’entrata, In grado di ostacolare l’ingresso di questi nuovi potenziali competitor.

Produttori di prodotti sostitutivi


Sono le imprese che propongono un prodotto che si caratterizza per il soddisfacimento della stessa funzione
d’uso del prodotto di un’impresa ma attraverso una tecnologia differente.
Per l’impresa non è agevole stimare il livello di sostituibilità del proprio prodotto con altri, dato che è un
aspetto connesso anche alle percezioni dei clienti.
Un indicatore che può essere utilizzato è l’elasticità incrociata, che misura la variazione % della quantità
venduta di un prodotto (prodotto A) rispetto alla variazione % del prezzo di un altro prodotto (prodotto B).
In presenza di due prodotti sostituibili per il cliente: all’aumentare del prezzo del prodotto B si assiste ad un
incremento della quantità venduta del prodotto A.

Acquirenti
Sono i clienti dell’impresa, il cui comportamento può esercitare pressione competitiva sull’impresa.
Sono in grado di influenzare la marginalità dell’impresa all’aumentare del potere di negoziazione e di cui
sono detentori, che dipende da una serie di fattori come:
• Volume degli acquisti: maggiore è il volume degli acquisti del singolo cliente maggiore sarà il potere
negoziale
• Possibilità di ricorrere ad altri fornitori: più alternative sono disponibili all’acquirente maggiore sarà il
potere negoziale
• Grado di concentrazione degli acquisti del cliente rispetto al totale degli acquisti dei clienti
dell’impresa: maggiore è l’incidenza del cliente rispetto agli altri clienti dell’impresa Maggiore sarà
anche il suo potere negoziale

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Fornitori
Possono porre in essere azioni in conflitto con le strategie aziendali.
Minore è il numero dei fornitori cui l’impresa può rivolgersi, maggiore sarà il potere che si possono
detenere.
Nell’ultimo decennio è stato rilevato come l’analisi della struttura dell’ambiente competitivo debba in alcuni
ambiti competitivi tenere conto di fenomeni di convergenza intersettoriale o di concorrenza ibrida,
rendendo difficile delineare gli spazi competitivi. Sono:

1. incide sullaTecnologia: possibilità per attori anche lontani dal business dell’impresa di esercitare una
forza competitiva
2. Livello di competizione tra le imprese del settore duepunti stimola l’innovazione tecnologica e la
ricerca di nuove soluzioni di prodotto e spinge verso lo sviluppo di nuove funzioni
3. Dinamiche della domanda: ossia il cambiamento dei bisogni e l’apprezzamento da parte dei
consumatori finali per beni che offrono contemporaneamente più funzioni

3.2LA VALUTAZIONE DELLE RISORSE E DELLE CAPACITÀ ALLA BASE DEL. MODELLO DI BUSINESS DEI
COMPETITOR
La seconda area di analisi dell’ambiente competitivo riguarda la valutazione del modello di business dei
competitor e delle risorse e capacità che ne sono alla base (modello di benchmarking).
Si parte dall’idea identificazione dei competitor sui quali realizzare un analisi competitiva.
Lo studio dei modelli di business può avvenire attraverso strumenti che consentono di mappare in termini
generali le varie componenti (modello Canvas).

Il business model Canvass


Il business model Canvass è un modello di riferimento per la mappatura del modello di business di
un’impresa. Si considerano 9 dimensioni:
1. Segmenti di clientela
2. Value preposition
3. Canali attraverso i quali la value preposition è veicolata
4. Tipologia di relazione tra impresa i clienti
5. Modalità attraverso le quali l’impresa ottiene ricavi dal mercato
6. Risorse chiave che sono alla base del modello
7. Attività chiave box dall’impresa
8. Partnership dell’impresa con altri attori
9. Tipologia e struttura dei costi dell’impresa

Tra le varie dimensioni occorre focalizzare l’attenzione su come il competitor riesca ad organizzare le risorse
interne e le risorse esterne, considerando le possibili sinergie tra queste.
in ambiti di business completamente diversi, per trarre indicazioni in merito a strategie implementabili
Occorre anche sottolineare come nell’analisi comparativa l’impresa debba tenere conto di attori operanti
anche nel business dell’impresa.

3.3L’ANALISI DELLA QUOTA DI MERCATO


La terza area di analisi dell’ambiente competitivo riguarda l’analisi della quota di mercato dell’impresa, che
può essere espressa a quantità ed a valore.

Quote di mercato a quantità


È il rapporto in percentuale tra il volume totale in quantità dei prodotti venduti dall’impresa ed il volume in
totale della quantità dei prodotti venduti da tutte le imprese nell’area di business in un determinato tempo
in un determinato ambito geografico.

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Quota di mercato a valore (assoluta)


È il rapporto in percentuale tra il fatturato dell'impresa è il fatturato totale dell'area di business in un
determinato tempo in un determinato ambito geografico.

Quota di mercato relativa


È il rapporto in percentuale tra la quota di mercato dell’impresa è la quota di mercato di un concorrente
rilevante. È utile per comprendere le performance competitive rispetto ad un concorrente prioritario.

Per comprendere la dinamica e le variazioni della quota di mercato è necessario considerarla su 2 livelli:

Livello consumer
Si identificano tre componenti principali, verificando l’andamento con riferimento ai consumatori finali:

1. Tasso di penetrazione: misura quanto l’impresa riesce a coprire il mercato in termini di numerosità
dei clienti rispetto ai clienti totali
2. Tasso di fedeltà: esprime il livello di fedeltà dei propri acquirenti
3. Tasso di intensità: ossia la quantità media acquistata dal cliente dell’impresa rispetto alla quantità
media acquistata dai clienti nel mercato

Livello retail
Si identificano due componenti principali, verificando l’andamento della quota di mercato con riferimento
alla distribuzione commerciale:

1. Quota nei clienti trattanti: considera la quantità di prodotti dell’impresa rispetto al totale venduto
nella categoria da parte dei distributori
2. Copertura ponderata: considera la quantità venduta dai distributori dell’impresa rispetto alle vendite
totali di prodotti di tutti i potenziali distributori della categoria

CAPITOLO 6: PROGETTAZIONE DEL VALORE, POLITICHE DI PRODOTTO E


INNOVAZIONI

1.LE POLITICHE DEL PRODOTTO

1.1ELEMENTI DI CRITICITÀ DELLA POLITICA DI PRODOTTO


La politica di prodotto comprende l’insieme delle decisioni aziendali che riguardano i prodotti da offrire sul
mercato.
Rappresenta lo strumento fondamentale attraverso cui prende forma l’offerta di valore indirizzata
consumatore finale.
Gli elementi di criticità della politica di prodotto sono:
• Rilevanza strategica ai fini del successo competitivo dell’azienda
• Complessità di gestione, dovuto alla smisurata quantità di prodotti presenti nel mercato
• Trasversalità che caratterizza questo tipo di attività rispetto alle altre politiche del marketing mix
• Articolazione gerarchica del prodotto, che determina la necessità di assumere decisioni complesse e
coordinate su più livelli

1.2CONCEZIONE DEL PRODOTTO COME INSIEME DI ATTRIBUTI


Il concetto di prodotto può essere inteso come qualsiasi output produttivo (anche di tipo intangibile) che, a
motivo delle utilità derivanti dai suoi attributi (fisici o immateriali) tende a specificare e soddisfare le
aspettative di definiti gruppi di utilizzatori.

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Gli aspetti di queste definizione sono:


• Il primo riguarda la struttura multidimensionale del prodotto che viene concepito come paniere di
attributi composto da fattori di diversa natura
• Il secondo riguarda il ruolo del consumatore. Dal punto di vista del cliente il prodotto è concepito
come una soluzione ricercata per soddisfare le proprie esigenze e desideri

Molteplici funzioni del packaging


La confezione, oltre a costituire una parte essenziale del prodotto, rappresenta un importante elemento di
comunicazione del valore che favorisce la relazione tra il prodotto e il mondo del consumo.
Le funzioni del packaging si possono raggruppare in due categorie:

Funzioni tecniche
Comprendono la protezione e la conservazione del prodotto.
Il contenitore deve proteggere il prodotto da rischi di danneggiamento e deve conservare le caratteristiche
di integrità, funzionalità, fragranza, freschezza e igiene del prodotto.

Funzioni commerciali
Comprendono i ruoli di identificazione, differenziazione e comunicazione del packaging.
La confezione è elemento di identificazione che permessi di individuare riconoscere il prodotto ed asociale
ad una determinata categoria.
L’eterogeneità delle funzioni del Packaging portano imprese a prestare grande attenzione alla gestione di
questo elemento, perseguendo finalità strategiche oltre che meramente operative.
Modifiche e innovazioni nel Packaging possono favorire lo sviluppo di nuovi formati in grado di aumentare il
livello di differenziazione dell’offerta e di creare soluzioni sempre più personalizzate.

Livelli di prodotto
I diversi livelli di prodotto su cui intervenire ai fini della differenziazione sono:

Vantaggio essenziale:(core benefit) l’impresa può intervenire a questo livello cercando di associare il
prodotto al soddisfacimento di nuovi tipi di benefici ricercati dal consumatore.
Prodotto generico: l’impresa può intervenire sul prodotto generico, attraverso la definizione di nuove
soluzioni in grado di soddisfare il medesimo bisogno ma con modalità innovative rispetto a quelle
tradizionali.
Prodotto atteso: un prodotto atteso incorpora una serie di attributi, materiali e non, che rientra nelle
aspettative del cliente. A questo livello è possibile intervenire modificando alcuni attributi generalmente
associati al prodotto quali la confezione o il formato.
Prodotto ampliato: Questo è il livello di prodotto deve permettere di superare le aspettative del cliente
mediante l’aggiunta di attributi tecnici, simbolici ed emotivi in grado di migliorare le performance
complessive del prodotto
Prodotto potenziale: l’azienda potrebbe pensare, a livello di prodotto potenziale, all’offerta di programmi
formativi ad hoc per potenziarlo.

1.3CLASSIFICAZIONI DI PRODOTTO PIÙ COMUNI


Una prima distinzione vi è tra:
1. Beni destinati alla produzione (industriali): impiegati dalle imprese all’interno dei loro processi
produttivi al fine di creare prodotti finiti
2. Beni destinati al consumo: utilizzati dagli acquirenti finali per soddisfare i propri bisogni.

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Le classificazioni dei prodotti destinati al consumo sono:

1.CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA NATURA ECONOMICA


Prodotti complementari: l’utilizzo richiede la presenza di altri prodotti.
Prodotti indipendenti: non hanno diretti legami di utilizzo tra di loro.
Prodotti sostitutivi: l’utilizzo esclude la scelta di altri prodotti.

2.CLASSIFIFAZIONE IN BASE ALLA DURATA


Beni durevoli: sono destinati a produrre la loro utilità nel tempo.
Beni non durevoli: esauriscono la loro utilità in un’unica soluzione o in pochi utilizzi del prodotto.

3.CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLE CARATTERISTICHE E LA COMPLESSITÀ DEL PROCESSO D’ACQUISTO


Convenience good: beni di largo consumo, poco costosi, acquistati frequentemente. Richiedono uno sforzo
D’Acquisto minimo e sono presenti in molti punti vendita al dettaglio.
Preference good: simili ai prodotti convenience, comportano un maggiore coinvolgimento emotivo del
consumatore perché offrono maggiori benefici sociali e psicologici (grazie al brand).
Shopping good: beni a scelta meditata che richiedono modesto sforzo di pianificazione e molto tempo
dedicato al confronto tra marche e punti vendita (scarsa fedeltà alla marca). Sono acquistati meno
frequentemente e vengono venduti in un numero più ristretto e selezionato di punti vendita al dettaglio.
Speciality good: beni che presentano caratteristiche uniche e una forte identità di marca. Richiedono un
notevole sforzo di pianificazione ricerca. Hanno un elevato valore unitario e sono acquistati molto
raramente. Il consumatore che devo acquistarli ci documenta preventivamente e sa con precisione che cosa
vuole, formulando richieste molto dettagliate. Sono presenti in un numero illimitato di punti vendita al
dettaglio.

4.CLASSIFICAZIONE IN BASE AL GRADO DI TANGIBILITÀ


Search goods: beni con un discreto contenuto tangibile, facili da valutare prima dell’acquisto.
Experience goods: beni caratterizzati da un maggiore livello di intangibilità, correttamente valutabili solo
dopo averli sperimentati.
Credence goods: beni ad elevato contenuto in tangibile, difficili da valutare anche dopo il loro utilizzo.

1.4DECISIONI SUL PRODOTTO, LINEA DI PRODOTTI E LA GAMMA


Il management deve verificare se l’impresa soffrendo sul mercato prodotti in linea con le aspettative della
clientela è in grado di assicurare un beneficio superiore rispetto ai prodotti offerti dalla concorrenza.

1.4.1DECISIONI SUI PRODOTTI ESISTENTI


Con riferimento ai prodotti esistenti, dall’analisi possono scaturire tre gruppi di decisioni:

Mantenimento
Implica una riconferma delle decisioni, assunte nei precedenti cicli di gestione, che hanno generato i risultati
positivi in linea con le aspettative o addirittura superiori.

Adeguamento
Le scelte di adeguamento possono essere attuate attraverso i cambiamenti in una o più caratteristiche del
prodotto. Le aree di intervento considerate sono:

1. QUALITÀ: si basano perlopiù sull’utilizzo di nuovi materiali o sulla messa a punto di nuovi processi
produttivi. Impresa può agire sulla qualità in due modi:
- Incrementare il differenziale competitivo attraverso la qualità più elevata, con l’obiettivo di
conseguire una maggiore fedeltà del cliente e ridurne la sensibilità al prezzo

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- Orientare il prodotto verso un nuovo mercato target, offrendo un’alternativa a basso costo,
con l’obiettivo di dare risposta ad un segmento di domanda insoddisfatto dall’offerta di
mercato esistente

2. FUNZIONALITÀ: l’intervento richiede la riprogettazione del prodotto, ed è rientrato a migliorare la


sicurezza, l’efficacia e la versatilità. Rientrano le innovazioni incrementali che conducono allo
sviluppo di generazioni successive di prodotto.

3. ESTETICA: riguardano gli aspetti fisici del prodotto e vengono attuate con l’obiettivo di influenzare le
percezioni del consumatore. Si distinguono interventi di:
- Face lifting, quando la modifica del prodotto si basa su attributi estetici e in particolare sul
packaging
- Restyling

Eliminazione
Avviene a seguito della constatazione che le performance del prodotto sono negative e non presentano
margini di miglioramento.
È necessario, prima di decidere l’eliminazione del prodotto, valutare non solo il risparmio di costi diretti
atteso dalla sua eliminazione, ma anche eventuali maggiori costi comuni trasferiti su altri prodotti.
L’eliminazione del prodotto può venire secondo tre distinte modalità:
• Phase out, eliminazione graduale
• Run out, eliminazione per esaurimento
• Ritiro immediato dal mercato, quando le perdite sono troppo elevate

1.4.2DECISIONI SULLA LINEA DI PRODOTTI E GAMMA


Decisioni di completamento di linea di prodotti
Avviene attraverso il flankering, ossia l’aggiunta di varianti in funzione di specifici criteri nella fascia di
mercato dei prodotti attuali.
Agiscono sulla profondità, e rispondono a diversi obiettivi di tipo economico, finanziario e competitivo.
L’impresa ricorre a questo fratesi a conMmaggiore frequenza per categorie di prodotto in fase avanzata del
loro ciclo di vita, per mantenere alto l’interesse dei consumatori evitando la banalizzazione degli acquisti.
Si possono determinare:
• Effetti positivi: quando il nuovo prodotto suscita un incremento nelle vendite dei prodotti già
esistenti
• Effetti negativi: quando la nuova variante blocca le vendite di altri prodotti della linea

Decisioni di allungamento di linea di prodotti


Avviene attraverso l’aggiunta di nuove varianti di prezzo rispetto all’attuale configurazione.
Agiscono sulla lunghezza, ed implicano una estensione della linea verso l’alto, verso il basso o in entrambe le
direzioni.
• Le imprese posizionate nella fascia BASSA del mercato possono decidere di allungare la linea verso
l'alto, perché attratte da un tasso di crescita più elevato o da maggiori margini di profitto.
Si tratta di una strategia che richiede un'attenta gestione dell'immagine e delle identità di marca
marca, perché il mercato potrebbe non riconoscere all'impresa la capacità di soddisfare le esigenze
più sofisticate dei segmenti di fascia.
• Le imprese posizionate nella fascia ALTA del mercato possono decidere di allungare la linea verso il
basso, per raggiungere segmenti di mercati a tassi di crescita più elevati eper rispondere ad una
minaccia di un concorrente.
• Le imprese posizionate nella fascia INTERMEDIA del mercato possono allungare la linea in entrambe
le direzioni con l’obiettivo di soddisfare le esigenze dei vari segmenti di mercato.

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Decisioni sulla gamma


Riguardano la definizione del mix di prodotto dell’impresa, ovvero la gestione strategica degli insieme di
tutte le linee e di tutte le referenze che compongono ciascuna linea.
La gamma può essere stesa attraverso decisioni di volte ad agire sulla ampiezza, che si raggiunge attraverso
l’aggiunta di nuove linee di prodotto.
Si richiede un attenta valutazione della coerenza fra le diverse linee di prodotto, in funzione delle
competenze e capacità possedute e della reputazione a cui si aspira nei diversi settori di attività.

1.5MODELLO DEL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO


Durante la vita utile del prodotto, il product manager ha compito di adattare le politiche di mercato
(prodotto/prezzo/promozione/distribuzione) alle specifiche esigenze determinate dalle evoluzioni del
mercato (domanda, concorrenza, distribuzione) e dall’evoluzione della tecnologia e del contesto
macroeconomico ed istituzionale.
Uno strumento utile è il modello del ciclo di vita del prodotto, che mette relazione all’andamento delle
vendite con il progredire della durata di vita di un prodotto/mercato.
Che modello si basa sull’assunto che ogni classe di prodotto presenta una evoluzione delle vendite
caratterizzata da quattro frasi fondamentali:

Introduzione
I tassi di crescita delle vendite sono inizialmente contenuti in valore assoluto, per poi crescere
gradualmente.
L’impresa deve sopportare elevati costi, fronteggiando anche le resistenze all’adozione da parte della
maggioranza degli utilizzatori potenziali e dei distributori ad inserirlo nella assortimento.

Sviluppo
Si assiste ad una crescita esponenziale delle vendite.
Avviene una selezione fra produttori, si utilizzano le leve della differenziazione e del prezzo per battere la
concorrenza.
I tassi di sviluppo delle vendite, dapprima molto intensi, tendono a ridursi con l’avvicinarsi della domanda
primaria a livello di saturazione del mercato potenziale.

Maturità
Le posizioni competitive sono stabili e le imprese che vi operano tendono a competere con modalità tipiche
del oligopolio differenziato.
Le strategie di mercato sono rientrate al mantenimento delle posizioni acquisite e alla fidelizzazione della
clientela.
La durata di questa fase è indeterminata e dipende sostanzialmente dalla capacità delle imprese che
operano sul mercato di mantenere lo status quo.

Declino
Quando le vendite della classe di prodotti tendono a decrescere, A causa dell’ emergere di nuovi
opportunità tecnologiche e di cambiamenti nelle aspettative dei consumatori.

COSTI: il passaggio dalla fase di introduzione alla fase di maturità è contraddistinto da una progressiva
riduzione dell’incidenza delle componenti a struttura fissa rispetto a quelle a struttura variabile.
RICAVI: nella fase di sviluppo si osserva una crescita esponenziale del fatturato a motivo della riduzione dei
prezzi che normalmente si osserva.
REDDITIVITÀ DEL CAPITALE INVESTITO NETTO: è negativa o nulla nella fase di introduzione, aumenta in
modo consistente nella fase di sviluppo, raggiunge i massimi livelli nella fase di maturità, per poi decrescere
in quella di declino.

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FABBISOGNO FINANZIARIO NETTO: è molto elevato nella fase di introduzione e decresce rapidamente al
culmine della fase di sviluppo, nella fase di maturità e in quella iniziale di declino la generazione di risorse
nette è superiore al fabbisogno.

L’utilità del modello risiede nel fatto che, per ogni frase, metti in evidenza il comportamenti di marketing più
appropriati da seguire per gestire con successo il prodotto e battere la concorrenza.
Le principali implicazioni strategiche del modello sono:

Nella fase di introduzione


Le vendite aumentano in modo graduale ma lento e difficilmente il prodotto genera profitti, in quanto si
rende necessario recuperare i costi di ricerca e sviluppo e i corsi relative al lancio, che normalmente
eccedono i ricavi di vendita. Il nuovo prodotto necessita di un forte impegno da parte dell'alta direzione.

Nella fase di sviluppo


L’impresa è indotta ad adottare comportamenti aggressivi, orientate a conquistare un vantaggio competitivo
difendibile e duraturo e ad acquisire la maggiore quota di mercato possibile.
Tutte le risorse generate dal prodotto dovrebbero essere reinvestite per migliorarne la posizione sul
mercato.

Nella fase di maturità


Le risorse finanziarie generate che superano i diretti fabbisogno dei prodotti che si trovano in questa fase,
dovrebbero essere utilizzate per:
- Sostenere le vendite del prodotto attraverso la comunicazione
- Individuare nuove modalità di rivitalizzazione del mercato attraverso la ricerca
- Sostenere il processo di sviluppo dell’impresa secondo un ottica di portafoglio

Nella fase di declino


Si può nella decisione critica del mantenimento del prodotto in portafoglio o della sua eliminazione, qualora
il prodotto sia caratterizzato da:
- Crescita delle vendite nulle
- Profittabilità negativa
- Elevata percentuale di assorbimento di risorse

1.6STRUMENTI PER L’ANALISI STRATEGICA DEL PORTAFOGLIO PRODOTTI


Uno degli strumenti di analisi strategica del portafoglio prodotti maggiormente diffuso è rappresentato dalla
matrice tasso di crescita-quota di mercato (matrice BCG).
Lo strumento che utilizza due parametri per classificare i prodotti:
- Tasso di sviluppo delle vendite
- Quote di mercato relativa, ossia la portata quella del componente prioritario
Le ipotesi su cui si fonda il modello sono:
• Tanto più elevato è il tasso di sviluppo delle vendite del prodotto, tanto maggiore sarà il fabbisogno
di risorse finanziarie necessarie per sostenere il prodotto sul mercato (effetto ciclo di vita)
• Tanto maggiore è la quota di mercato relativa, tanto più il prodotto può sfruttare l’effetto
esperienza, che garantisce all’impresa una migliore redditività ai prezzi correnti di mercato rispetto al
concorrente prioritario

I risultati dell’analisi dei prodotti secondo le due dimensioni vengono visualizzati in una matrice a quattro
quadranti, che individua altrettanti tipologie di prodotti:

Enigmi(question marks)
Prodotti inseriti in un mercato caratterizzato da tassi di crescita delle vendite superiori alla media, con una
quota di mercato relativa bassa (inferiore a concorrente prioritario) (fase di introduzione o primo sviluppo).

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Stelle (stars)
Prodotti inseriti mercati caratterizzati da tassi di sviluppo delle vendite superiori alla media, con una quota di
mercato relativa alta (superiore al concorrente prioritario) (fase di sviluppo).

Vacche da mungere (cash cows)


Prodotti inseriti i mercati caratterizzati da tassi di sviluppo delle vendite inferiori alla media, con una quota
di mercato relativa alta (superiore al concorrente prioritario).

Cani (dogs)
Prodotti inseriti mercati caratterizzati da tassi di sviluppo delle vendite inferiori alla media, con una quota di
mercato relativa bassa (inferiore al concorrente prioritario).

La matrice di portafoglio BCG consente di visualizzare la composizione del portafoglio prodotti, per ciascuno
dei quali viene evidenziata l’importanza relativa.
Ogni prodotto viene rappresentato graficamente con una circonferenza la cui area è proporzionale
all’incidenza del prodotto su fatturato complessivo. È possibile effettuare:
• Analisi di tipo statico sulla composizione del portafoglio
• Analisi di tipo dinamico, che evidenzi i cambiamenti nel tempo dei singoli prodotti
La matrice BCG rappresenta uno strumento di riflessione in quanto la sua applicabilità è determinata dalla
specificità delle ipotesi su cui si fonda e dalla limitatezza delle variabili prese in considerazione nella
valutazione del grado di attrattività del mercato e di competitività del prodotto.

Per ovviare a tale limite sono state elaborate successive altre proposte, come la matrice McKinsey.
si basa sulla prelimLa matrice McKinsey inare identificazione di un numero variabile di fattori, di carattere
quantitativo e qualitativo, che influiscono sulla attrattività del mercato e sulla competitività delle imprese
che vi operano.
L’analista decide l’importanza relativa da assegnare ad ogni fattore, esprimendola in termini quantitativi
(coefficienti di ponderazione).
Viene valutato il grado di intensità (alto, medio, basso) con cui si presenta ogni fattore di attrattività nel
mercato di ogni prodotto ed il grado di presidio (alto, medio, basso) di cui dispone l’impresa, rispetto ai suoi
più diretti concorrenti, per ciascuno dei fattori di competitività considerati.
Le valutazioni effettuate vengono poi tradotte in punteggi ponderati.
Infine si posizionano i singoli prodotti su una matrice attrattività flash competitività che siete Cinzia risultati
dell’analisi (9 quadranti).
Il vantaggio di questo metodo consiste nella molteplicità di variabili assunte a riferimento.
Il limite è rappresentato dalla soggettività delle valutazioni.
Si consiglia di utilizzare questo metodo come stimolo alla riflessione.

2.L’INNOVAZIONE DI PRODOTTO

2.2INNOVAZIONE DI PRODOTTO E STRATEGIA AZIENDALE


L’innovazione rappresenta la strategia più appropriata per costruire un solido vantaggio competitivo e
sostenere lo sviluppo dell’impresa.
La strategia di innovazione implica gradi crescenti di complessità in relazione al progressivo allontanamento
dell’impresa dei mercati serviti e dal mix di prodotti in portafoglio.
L’incertezza (e il rischio ad esso connessa) aumentano in funzione del grado di novità, misurata rispetto alle
competenze tecnologiche e di mercato necessarie per la sua realizzazione ed introduzione sul mercato.

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Si distinguono due categorie di innovazioni:

Innovazioni competence enhancing


Sfruttano la base di conoscenza dell’impresa, sia rispetto alle tecnologie di prodotto e di processo, sia
rispetto al mercato, perseguendo miglioramenti incrementali che conducono ad un approfondimento e
allargamento delle combinazioni prodotto/mercato lungo percorsi di crescita organica.
Le imprese tendono normalmente al limitare rischio connesso all’innovazione, privilegiando progetti che
presentano le migliori opportunità di sfruttamento commerciale.

Innovazioni competence destroying


Hanno un effetto dirompente sull’impresa e sulle sue routines organizzative.
Le innovazioni competence destroying vengono introdotte sul mercato per lo più ad opera di nuove
imprese, stavolta anche grazie al supporto di imprese incumbent fortemente orientate all’innovazione e
propense ad adottare strategie di open innovation.

2.3COSA È INNOVAZIONE DI PRODOTTO?


È possibile identificare se tipologie di nuovo prodotto:

Prodotti breakthrough: sono novità assolute che danno luogo a mercati nuovi. Rappresentano le innovazioni
radicali, che richiedono nuove risorse ed uno sforzo di marketing significativo per la loro introduzione e
successiva diffusione.
Nuove linee di prodotto: sono prodotti nuovi per L’impresa che consentono di entrare in un mercato già
sviluppato. Richiedono uno sforzo innovativo sotto il profilo tecnologico e di marketing.
Estensione di linea: si tratta di prodotti nuovi per l’impresa, ma chiedi chiesa non sforzi inferiori in quanto si
integrano nell’ambito di una linea già esistente nella gamma dell’impresa.
Riposizionamenti: si tratta di prodotti esistenti nella gamma dell’impresa, che vengono riposizionati per un
nuovo Uso una nuova applicazione e rivolti a nuovi segmenti di mercato. Il prodotto è nuovo per il mercato
e può dare luogo ad innovazioni di carattere incrementale, per adattarlo alle esigenze del nuovo segmento.
Miglioramenti di prodotti esistenti: si tratta del lancio di versioni migliorate dei prodotti attualmente offerti
dall’impresa, spesso ricorrendo alla aggiunta di benefici.
Riduzioni di costo: sono prodotti che forniscono le stesse prestazioni a costi inferiori.

È importante fare leva su strategie di innovazione orientata creare nuovi spazi di mercato, a riparo della
concorrenza è in grado di attribuire alle novatore un significativo e quanto più possibile duraturo vantaggio
da first mover.
Si tratta di creare oceani blu, ossia generale prodotti e servizi in grado di dare vita a nuovi spazi di mercato
per una crescita forte e redditizia dell’impresa.

L’innovazione di valore per la creazione di oceani blu


Innovazione di valore pone la medesima enfasi sul valore e sull’innovazione:
• La ricerca del VALORE, quando manca l’innovazione, tende a focalizzarsi sulla creazione di valori su
scale incrementale, un’attività che accresce il valore, ma non è sufficiente a distinguere un’azienda
dai concorrenti sul mercato
• La ricerca dell’INNOVAZIONE, quando manca il valore, si risolve in uno sforzo unicamente
tecnologico Oppure in un approccio commerciale pionieristico

Innovazione di valore si verifica soltanto quando l’azienda unisce l’innovazione all’utilità, al prezzo e alle voci
di costo. Chi cerca di dare vita ad un oceano blu che segue lo stesso tempo L’obiettivo della differenziazione
e quello del contenimento dei costi.
La strategia oceano blu integra l’intera gamma di attività funzionali ed obiettivi dell’azienda. S richiede alle
aziende di ri-orientare l’intero sistema per arrivare ad un significativo aumento del valore creato, per gli
acquirenti e per le imprese stesse.

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I passaggi fondamentali per realizzare innovazioni di valore in grado di generare oceani blu sono:
1. La ricerca delle opportunità di innovazione deve essere condotta attraverso un approccio che
privilegia l’analisi trasversale dei settori alternativi, dei gruppi strategici, nei gruppi di acquirenti,
dell’offerta di prodotti e servizi complementari, dell’orientamento funzionale ed emotivo del settore
e del suo sviluppo nel tempo.
2. È necessaria l’adozione di un processo di pianificazione strategica che spinga il management a porre
l’attenzione sul quadro complessivo.
3. Si suggerisce l’abbandono della logica della segmentazione sempre più spinta, a favore di un
approccio che tende ad aggregare la domanda basandosi sui fattori che accomunano i non clienti, in
modo da massimizzare la dimensione della nuova domanda che si sta sbloccando.
4. Sì ribadisce la necessità di progettare un modello di business che porti il vantaggio ai clienti
all’impresa, ragionando sui legami tra utilità, prezzo e costi.

2.4RISCHIO E FATTORI DI SUCCESSO DEI NUOVI PRODOTTI


Imprese innovatrici e deve affrontare tre tipologie di rischio:
1. Rischio di mercato: determinato del grado di accettazione del nuovo prodotto/servizio
2. dell'innovazione
3. Rischio strategico: determinato dal grado di coerenzRischio tecnologico: determinata dalla fattibilità
tecnico/economica a dell’Innovazione rispetto ai business esistenti ed alla difendibilità
dell’innovazione dall’imitazione

I fattori in grado di determinare il successo dei prodotti riguardano:


• La strategia di innovazione e la gestione dei progetti e delle risorse disponibili secondo una logica di
portafoglio
• L’adozione di un processo strutturato, flessibile e market oriented per lo sviluppo del singolo
progetto
• La disponibilità di risorse umane altamente qualificate e di un clima organizzativo favorevole
all’innovazione
Le cause di insuccesso più frequenti sono:
• L’ambiguità della strategia di innovazione
• L’indeterminatezza del concetto di prodotto

• Costi di sviluppo elevati nuova Liga sovrastima delle reali dimensioni del mercato nuova Liga
definizL’insufficienza conoscenza delle aspettative del potenziale consumatore e della concorrenza
potenzialeione di un posizionamento il ratto
• Scarsa collaborazione intra ed inter organizzativa

Puntare sull’innovazione di prodotto come strategia richiede innanzitutto l’adozione di un processo


strutturato nel quale le attività necessarie allo sviluppo vengono organizzate secondo criteri orientati a
stimolare la creatività e gestire l’incertezza.
Il marketing gioca un ruolo essenziale all’interno del processo di sviluppo di nuovi prodotti, in quanto
fornisce due tipi di risorse fondamentali per il successo, che attraverso opportune scelte di tipo strategico ed
operativo possono contribuire a facilitare la diffusione sul mercato dei nuovi prodotti:
1. Risorse di conoscenza: basate sull’ascolto del mercato e, sull’analisi delle aspettative,
sull’individuazione di bisogni emergenti, su una valutazione delle scelte di prodotto intraprese
2. Risorse di fiducia: immagine di marca, le situazione, relazioni con i clienti

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2.5IL PROCESSO DI SVILUPPO DI NUOVI PRODOTTI


Il processo di sviluppo di nuovi prodotti si articola in un insieme di fasi fondamentali:
1. Generazione e selezione delle idee
2. Definizione del concept di prodotto e della strategia di mercato
3. Sviluppo del prodotto e test di mercato
4. Gestione del lancio
Vi sono due tipi di approccio lo sviluppo di nuovi prodotti:
• Approccio sequenziale: le varie fasi si succedono in maniera rigida e l’output di ciascuna fase (che
rappresenta l’input della successiva) viene rilasciato solo quando tutti i problemi specifici sono stati
risolti.
• Approccio parallelo: basato sulla sovrapposizione delle fasi, si segue la logica della parallelizazione
delle attività e si assiste ad una continua interazione fra i membri del team di progetto.

2.6IL CONTRIBUTO DEL MARKETING NELLE SINGOLE FASI


GENERAZIONE E SELEZIONE DELLE IDEE
La generazione di nuove idee costituisce la fase iniziale del processo Eli dei nuovi prodotti possono provenire
da molteplici fonti, interne ed esterne.
Per quanto riguarda gli approcci alla generazione di nuove idee di prodotto possiamo distinguere fra:

Metodi di analisi funzionale


Si basano sull’analisi dei prodotti esistenti, per identificare modalità di miglioramento delle performance,
attraverso:
• Azioni sugli attributi esistenti (lista degli attributi)
• Ricombinazione degli elementi costitutivi del prodotto (analisi morfologica)
• Analisi dei prodotti della concorrenza (tecniche di Reverse Engineering)

Metodi basati sulla creatività


BRAINSTORMING
Si basa sull’organizzazione di un gruppo di persone coordinate da un moderatore professionale, con
l’obiettivo di discutere su un problema presentato in un promemoria che viene consegnato ai partecipanti in
anticipo, in modo che la discussione sia oorientata e già basata su un sistema di associazione di idee
maturate sulla base di una personale riflessione.
I principi chiave su cui si basa il brainstorming sono: la libertà di espressione e l’interazione fra i membri del
gruppo.

CASSETTA DEI SUGGERIMENTI


Rappresenta uno strumento convenzionale, al quale le imprese fanno ricorso con l’obiettivo di stimolare
proposte spontanee da parte di dipendenti.
Per poter sfruttare tutte le possibili fonti di generazione di nuove idee di prodotto è necessario che
l’impresa abbia procedure esplicite di monitoraggio delle fonti esterne di conoscenza, di acquisizione e
valutazione degli input provenienti dall’esterno e ruoli specifici (product champion) dedicati all’articolazione
delle idee più promettenti.

MARKETING LATERALE
I marketing laterale, a differenza di quello verticale, seguono approccio esplorativo: modificando uno dei 3
elementi selezionati dal marketing verticale (bisogni, target, situazioni d’uso), immagini Kings laterale
conduce La ricerca di nuovi concetti di prodotto al di fuori dei mercati esistenti.
Il marketing laterale ha il compito di esplorare e creare mercati, in verticale di svilupparne potenziale.

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Processo del marketing laterale:


• Selezionare un Focus, costituito da un prodotto o servizio, un problema da risolvere, un obiettivo da
realizzare
• Provocare una dislocazione laterale, attraverso l’introduzione di un elemento esterno nella sequenza
razionale tra il Focus e le sue caratteristiche, che determina un vuoto come stimolo per generare
idee innovative
• Realizzare una connessione, partendo dalla dislocazione laterale per trovare un modo fattibile per
dar vita ad un’innovazione

Ascolto e coinvolgimento del cliente


I clienti rappresentano una fonte prioritaria di nuove idee di prodotto, specie se l’innovazione riguarda una
categoria di prodotto esistente. Le tecniche più diffuse sono:

FOCUS GROUP
Euro tecnica in cui la raccolta dei dati avviene tramite la produzione di un gruppo di clienti-utilizzatori ai
quali viene chiesto di esprimere le proprie valutazioni sugli attributi-benefici del prodotto e sulle modalità di
utilizzo, di descrivere eventuali problemi relativi all’uso, sollecitando a proporre soluzioni.
Il gruppo gestito da un moderatore che orienta la discussione fra i partecipanti.

OSSERVAZIONE
È una tecnica di indagine basata sull’idea che solo L’osservazione diretta del comportamento del
consumatore-utilizzatore nel contesto d’uso abituale del prodotto possa fare emergere difficoltà, incertezze,
reazioni ad esso collegate, inducendo il ricercatore a formulare soluzioni creative i problemi.

ANALISI DELL’ESPERIENZE D’USO


Sono interviste in profondità condotte su base individuale in cui il cliente descrive la propria esperienza di
utilizzo della classe di prodotto indagata, con l’obiettivo di indagare le tipologie di problemi più
frequentemente rilevati.

INDAGINE CONTESTUALE
Prevede che un componente del team di sviluppo conduca una interviste in profondità con il cliente mentre
questo utilizza il prodotto.

ANALISI MEZZI FINI


È orientata a far emergere le motivazioni sottostanti ai bisogni, attraverso la conduzione di interviste basate
su una sequenza di domande che considera gli attributi, i benefici e i valori personali sottostanti alle
preferenze dichiarate.

MET (METAPHOR ELI CITATION TECHNIQUE)


Prevede che sia lo stesso consumatore ad illustrare in forma metaforica, attraverso immagini, i significati
valori di cercati nel prodotto.

Le idee generate devono essere sottoposte ad un processo di selezione che risponde alle esigenze di
eliminare le idee poco promettenti nelle fasi iniziali dello sviluppo, quando i costi relativi al progetto sono
ancora limitati.
Le idee sopravvissute possono essere classificate utilizzando il metodo di valutazione che si basa su diversi
passaggi:
• Individuazione dei fattori chiave di successo in ogni funzione (marketing, finanza, produzione, ricerca
e sviluppo)
• Assegnazione di un peso a ciascun fattore, in funzione della sua importanza

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• Formulazione di un giudizio su ciascuna idea di prodotto e per ciascun fattore, che esprime la
valutazione del comitato sul livello di attrattività dell’idea e di competenza detenuta dall’impresa per
poterla sviluppare
Su queste basi è possibile compilare una graduatoria delle idee sottoposti a valutazione.
Tale procedura di selezione allo scopo di promuovere la discussione sulle nuove idee di prodotto.
Non rappresenta un modello decisionale ma più semplicemente un supporto alla decisione del
management.

DEFINIZIONE DEL CONCEPT E DELLA STRATEGIA DI MERCATO


Il concept di un nuovo prodotto è l’elaborazione della idea di prodotto secondo modalità che identificano: il
target il target, i benefici e le occasioni d’uso del prodotto.
Ad ogni idea possono corrispondere più concetti di prodotto.
Ciascun concetto si riferisce ad uno specifico scenario d’uso e identifica la categoria di prodotto è l’ambito
competitivo di riferimento.
Per ciascun ambito di riferimento l’impresa dovrà definire posizionamento distintivo ricercato e il
posizionamento di marca rispetto ai prodotti esistenti nel sul mercato.
di prodotto è necessario procedUna volta elaborato il concept ere alla sua valutazione, sottoponendolo ad
un campione di consumatori in target e raccogliendo le loro reazioni.
I concetti che hanno ottenuto la maggiore approvazione dei clienti potenziali devono essere sviluppati
sottoposti ad un ulteriore valutazione: si tratta di identificare gli attributi chiave del prodotto e misurare le
preferenze dei consumatori potenziali rispetto diverse alternative di configurazione del prodotto stesso.

ti consente di misurare le preferenze dei consumatori rispetto a concetti a Una tecnica di indagine molto
utile è costituita dalla CONJOINT ANALYSIS, lternativi di prodotto.
La tecnica si basa sull’individuazione dei valori di utilità che i consumatori associano a vari livelli degli
attributi di prodotto.
Consente di valutare la combinazione e il livello di attributi che genera la maggiore utilità percepito dal
campione analizzato e permette di stimare l’importanza relativa degli attributi, orientando così gli sforzi
della progettazione verso le dimensioni ritenute maggiormente rilevanti.

Un’altra tecnica utile consiste nella possibilità di comparare il concetto del nuovo prodotto con i profili dei
prodotti e delle marche con cui entrerà in competizione, una volta introdotto sul mercato.

Un’altra tecnica consiste nella conduzione di interviste nelle quali viene espressamente chiesto i potenziali
acquirenti di indicare le intenzioni d’acquisto, il grado di rilevanza del bisogno soddisfatto e il grado di
differenziazione rispetto ai prodotti esistenti.

di prodotto occorre sviluppareUna volta definito il concept una strategia preliminare di introduzione del
nuovo prodotto sul mercato. Il piano consiste in 3 parti:
1. La prima che scrive le dimensioni del mercato target, la struttura e comportamento d’acquisto del
consumatore potenziale, il posizionamento del prodotto, le vendite, la quota di mercato attesa e gli
obiettivi di profitto ricercati nei primi anni.
2. La seconda descrive le componenti e del marketing operativo: il prezzo, la strategia di distribuzione e
il budget di marketing per il primo anno.
3. La terza definisce le vendite attese, gli obiettivi di profitto e la strategia di marketing mix di lungo
periodo, specificando le ricerche di mercato orientate verificare il raggiungimento degli obiettivi
attesi.

La valutazione di attività del business richiede una stima delle vendite, dei costi e dei profitti totali, articolati
su un periodo di 3 anni dal lancio.
• La stima delle vendite totali varia in funzione della tipologia di prodotto e della frequenza D’Acquisto
relativa.

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Si distinguono: beni ad acquisto ripetuto, bene ad acquisto in frequente, bene ad acquisto unico. Il
compito dei manager è di stimare le vendite relative al primo acquisto in ciascun periodo
considerato ai fini dell’analisi.
• Per la valutazione dei costi ciascuna funzione coinvolta nello sviluppo (ricerca e sviluppo, produzione,
marketing, amministrazione controllo, finanza) procede ad una stima dei costi relativi alle attività che
rientrano sotto il proprio controllo specifico.
I dati vengono utilizzati per effettuare una valutazione economica del nuovo prodotto, attraverso
l’utilizzo di strumenti come il payback period, break even point analysis e l’analisi del rischio.

SVILUPPO DEL PRODOTTO E TEST DI MERCATO


L’impresa impegna elevati risorse per la realizzazione del prodotto.
si basa sulla lista degli attributi desiderati dai consumatori generata dUna metodologia utile allo scopo è il
QFD (Quality Function Deployment): alle ricerche di mercato e la traduce in una lista di attributi
ingegneristici.
La metodologia consente di evidenziare le relazioni tra aspettative dei consumatori, scelte di progettazione
e relativi costi, fornendo le basi per l’individuazione dei trade-off tra qualità attesa, performance del
prodotto e economicità.

La costruzione di prototipi fisici eventuale È un’attività molto importante in questa fase.


L’obiettivo è di realizzare il prodotto che maggiormente si avvicina la descrizione del concept preferite dai
consumatori, in condizioni di funzionalità mia così allineati agli obiettivi di profitto previsti dal piano
marketing.
I prototipi devono essere sottoposti a due tipi di verifiche:
1. Verifica interna, basata sulla funzionalità del prodotto. I test sono denominati AAlphatest e sono
orientati a verificare il funzionamento del prodotto nell’ambito di differenti applicazioni
2. Verifica esterna, basata sul potenziale cliente-utilizzatore. I test sono denominati Beta test e
comportano il coinvolgimento del cliente

La misurazione delle preferenze del consumatore rispetto a prototipi alternativi


Possono essere utilizzati diversi metodi:
• TEST MONADICO: il prototipo viene valutato da solo, senza un diretto confronto con le alternative,
chiedendo al consumatore di fornire una valutazione utilizzando una scala semantica.
È possibile ottenere informazioni sull’ordine di preferenza di ciascun individuo, sul livello qualitativo
delle preferenze personali e sulla distanza relativa fra le preferenze.
• LISTA DELLE PREFERENZE: al consumatore viene chiesto di definire una gerarchia tra le alternative
sottoposte a valutazione.
Hai preso della semplicità, ma presenta lo svantaggio di non fornire alcuna informazione sulle
effettive preferenze dei consumatori.
• VALUTAZIONE COMPARATIVA A COPPIE: al consumatore viene chiesto di fornire un giudizio di
preferenza su copie di prototipi alternativi.
Ha il pregio di focalizzare l’attenzione del potenziale acquirente su due sole alternative per volta,
portandolo a formulare i giudizi su vantaggi e svantaggi relativi.

I testi di mercato rappresentano la fase finale dello sviluppo.


Il prodotto viene introdotto sul mercato in via sperimentale con l’obiettivo di verificare le reazioni dei
consumatori e dei distributori e valutare l’efficacia dei programmi di marketing e il potenziale di mercato.
Possono essere condotti attraverso diversi metodi:

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Test di mercato in ambiente simulato


Si attuano attraverso interviste piccoli gruppi ai quali viene chiesto di esprimere la conoscenza dei brand e le
preferenze in una specifica categoria di prodotto.
Gli stessi vengono qua invitati a fornire un breve screening di comunicazioni pubblicitarie notte e nuove: una
di queste pubblicizza il nuovo prodotto.
I consumatori ricevono una somma di denaro da spendere in punti vendita laboratorio, nel cui assortimento
inserito il prodotto sottoposto a test.
I ricercatori osservano quali prodotti vengono acquistati, e la percentuale di coloro che acquistano il
prodotto.
A coloro che non scelgono il nuovo prodotto viene fornito in omaggio un campione di prova,
successivamente, tali individui vengono nuovamente intervistati per ottenere informazioni.
Questa tecnica consente di ottenere informazioni attendibili ad un corso è limitato su: efficacia della
comunicazione pubblicitaria, tasso di prova e di acquisto ripetuto.
Le informazioni ottenute possono essere utilizzate per formulare previsioni sul livello delle vendite post
lancio.

Test di mercato in ambiente controllato


Si basa su un panel di negozi che accettano di introdurre nuovo prodotto a scaffale dietro pagamento di un
compenso. I risultati di vendita vengono misurate attraverso lo scanner alle casse.
Un campione di consumatori vieni seguito intervistato per fornire le impressioni sul prodotto.
Questo tecnica presenta alcuni limiti dovuti al fatto che espone il prodotto all’attenzione della concorrenza e
che richiede la collaborazione di un campione di punto vendita.

Introduzione i mercati prova


L’impresa scegli alcune zone rappresentative del mercato potenziale (area test) ed in carica la forza vendita
di convincere i distributori ad inserire il prodotto in assortimento e a garantire una buona esposizione a
scaffale.
I test di mercato consentono di valutare l’impatto di marketing mix alternativi, modificando i programmi di
marketing ciascun area test.
Questo tecnica fornisce informazioni complete ed attendibili, ma presenta lo svantaggio di costi e tempi
elevati e fornisce informazioni alla concorrenza sul nuovo prodotto che possono accelerare il processo di
Imitazione.

GESTIONE DEL LANCIO


Un errore in questa fase implica dischi di tipo finanziario.
Nella commercializzazione del nuovo prodotto occorre assumere alcune decisioni chiave:
• La decisione di entrata sul mercato deve tenere conto dell’impatto che nuovo prodotto può
esercitare sulla concorrenza, sul consumatore e sulla gamma dei prodotti dell’impresa.
• La decisione riguardante il mercato di lancio è critica, Specie se nuovo prodotto a un mercato
potenziale esteso a livello internazionale e se l’impresa persegue una strategia di leadership.
All’interno del mercato prescelto l’impresa deve definire su target-group iniziale

L’introduzione sul mercato richiede un piano d’azione che preveda tutte le attività necessarie.
mostra su un grafico tutte le attività da svolgere in sequenza in parallelo specificando nei tempi.
In questo modo è possibile tenerePer facilitare il coordinamento e il management di correre spesso tecniche
di pianificazioni come la CPS (Critical Path Scheduling): sotto controllo la durata della fase di lancio,
intervenendo con correttivi nel caso in cui emergano problemi che causano ritardi o nel caso in cui si renda
necessario accelerare il processo.

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2.7COINVOLGIMENTO DEL CLIENTE E POTENZIALITÀ DEL WEB


Una sfida emergente per le imprese innovative è rappresentata dalle crescenti opportunità di
coinvolgimento del cliente ed alla relativa necessità di integrare l’approccio tradizionale allo sviluppo,
centrato sul produttore, con un approccio che riconosce anche al consumatore un ruolo attivo, di co-
generatore di conoscenza utile ai fini dello sviluppo.

Nella fase di generazione delle idee


Strumenti web based (survey on line, focus group online, suggestion box virtuali, comunità virtuali)
consentono di ottenere informazioni registrare commenti su possibili idee di nuovi prodotti in modo molto
ampio.
La coerenza e la qualità dei commenti offerti dei partecipanti può essere garantita da tecniche (information
pump) che prevedono una duplice valutazione, sia da parte di un esperto imparziale, sia da tutti gli altri
membri partecipanti al focus virtuale.

Nella fase di sviluppo e selezione del concept


La selezione dei concetti di prodotto può essere condotto on-line attraverso i Virtual Concept Test con un
aumento esponenziale di efficacia.
È possibile condurre on-line indagini estese basate su applicazioni della conjoint analysis, che possono
prevedere comparazioni tra coppie di attributi, classificazione relativa profili complessi di attributi o
chiedere al consumatore il compito di individuare la combinazione di caratteristiche ricercate nel prodotto
ideale.

Nella fase dello sviluppo del prodotto


di progettare il prodotto Fra Vai alternative.
Si tratta di sistemi composti da insiemi coordinate di applicazioni per la configurazione dei prodotti Uno
strumento potente che attribuisce al cliente-utilizzatore un ruolo attivo nello sviluppo è costituito da toolkits
for user innovation: consentono e sono destinate allo sviluppo di progetti mirati, richiedendo competenze
ad hoc relativamente a una specifica tipologia di prodotto.
Sono composti da una interfaccia grafica che consente una sperimentazione per tentativi e forniscono come
feedback una simulazione dei risultati.
L’impresa è così in grado di produrre il bene secondo le specifiche dei consumatori.

Nella fase dei test di mercato


Il ricorso a Virtual product test consente all’impresa di verificare il gradimento di un Maggiore numero di
alternative di prodotto, senza ricorrere ai prototipi fisici.
Inoltre alla possibilità di concettualizzare il prodotto attraverso tecniche di simulazione che creano ambienti
virtuali nei quali effettuare i test di prodotto.
Questa tecnica permette l’acquisizione di un elevato numero di informazioni da parte del consumatore in
fase molto precoce dello sviluppo.

Nella fase della gestione del lancio


L’impresa può fare leva sul consumatore per attivare iniziative di marketing virale e generare un passaparola
positivo su nuovo prodotto.
Il passaparola del marketing virale può essere favorito dall’azienda stessa attraverso l’introduzione di opzioni
come la predisposizione di pagine precompilate da inviare via email o incentivi ad hoc.

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2.8ADOZIONE DEL NUOVO PRODOTTO E FATTORI DI DIFFUSIONE


L’adozione il punto di arrivo del processo mentale attraverso cui hanno individuo passa dalla semplice
consapevolezza dell’esistenza il nuovo prodotto alla decisione di utilizzarlo regolarmente.
Il processo di adozione si compone di 5 fasi:
1. Consapevolezza: il consumatore viene a conoscenza dell’Innovazione ma non possiede sufficienti
informazioni
2. Interesse: il consumatore si attiva per acquisire informazioni
3. Valutazione: il consumatore, sulla base delle informazioni acquisite, e labbra un atteggiamento
positivo e si predispone alla prova
4. Prova: per determinare il valore dell’innovazione
5. Adozione: determinata dalle decisioni di fare uso pieno e regolare del nuovo prodotto

L'impresa innovatrice puoi influenzare il processo di adozione con adeguate politiche di mercato.
La diffusione è il processo secondo cui un innovazione viene comunicato attraverso determinati canali per
un periodo di tempo.
I processi di fusione dipende dalla propensione all’innovazione degli individui che popolano il mercato
potenziale e dalla possibilità di influenza, ossia dalle azioni che un individuo può esercitare sugli
atteggiamentidi un altro, determinandone la probabilità di acquisto.
È possibile segmentare la popolazione qui è rivolta nei novazioni 5 gruppi di individui distinti sulla base della
loro predisposizione alle innovazioni: innovatori, adottanti precoci, maggioranza anticipatrice, maggioranza
ritardataria, pigri.
differenze di tipo psicologico e coCiascuno di questi gruppi presenta mportamentale rispetto alla decisione
di provare fiutare innovazione.

I fattori che influenzano la velocità di adozione sono molteplici:


• VANTAGGIO RELATIVO dell’innovazione rispetto a prodotti/soluzioni e stilizzati precedentemente per
soddisfare lo stesso bisogno
• COMPATIBILITÀ, intesa come grado di coerenza con le esperienze, i bisogni e i valori già esistenti
presso la popolazione in cui si diffonde
• COMPLESSITÀ, ossia lo sforzo di apprendimento richiesto all’adottante nell’utilizzo
• COMUNICABILITÀ dei vantaggi (funzionali, psicologici e sociali) indotti dall’uso, ossia la possibilità di
osservarli e descrive lì ad altri soggetti con cui si entri in contatto
• SPERIMENTABILITÀ dei vantaggi, attraverso la possibilità di prova, che consente ai potenziali
utilizzatori di acquisirne esperienza prima dell’acquisto o della completa adozione

CAPITOLO 7: LA PROGETTAZIONE DEL VALORE E LA SUS COMUNICAZIONE

2.LA MARCA: CONCETTO, DIMENSIONE RELAZIONALE E PROCESSI DI BRANDING PER LA


FIDELIZZAZIONE

2.1IL CONCETTO DI MARCA


La marca è un nome, un termine, un segno, un simbolo, un disegno o una loro combinazione che identifica
un prodotto servizio di un venditore è quello differenze da quello del concorrente.
La marca è uno strumento che consente di identificare una specifica formula d’offerta (componente
identificativa della marca), generando una rete di associazioni cognitive e percezioni (componente
percettiva), confermando o meno le aspettative dell’acquirente (componenti fiduciaria).
La marca assume un ruolo di differenziazione ti posizionamento competitivo capace di orientare la
preferenza degli acquirenti.

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La marca si struttura su tre componenti di base:

Componente identificativa: attiene a tutto ciò che può agevolare consumatore nell’identificazione della
marca è nella distinzione della stessa delle alternative esistenti.
Componente percettiva: riguarda la rete di significati costruita dall’impresa intorno al brand name e
concerne un insieme di associazioni evocate nel sistema cognitivo dei consumatori della marca come: gli
attributi del prodotto (concreti, astratti), i benefici offerti dal prodotto (funzionali, esperienziali e simbolici), i
valori individuali correlati al prodotto.
Componente fiduciaria: Attiene al ruolo svolto dalla marca nel processo di acquisto e scaturisce dalla
conferma delle aspettative maturate da consumatore.

Le funzioni di utilità della marca in termini di benefici offerti ai CLIENTI sono:


• Orientamento: la marca comunica la presenza di un dato insieme di attributi orientando le scelte del
cliente in base alle sue preferenze
• Garanzia: la marca identifica e fa assumere una responsabilità all’impresa in modo inequivoco e
durevole, impegnando l’impresa a garantire un livello di qualità specifica e costante
• Personalizzazione: la marca consente ai clienti di esprimere la loro originalità, personalità attraverso
le scelte di acquisto ed utilizzo effettuate
• Praticità: la marca permette al cliente di memorizzare facilmente le caratteristiche di un prodotto
• Ludiche: soddisfa le esigenze di novità, di sorprese, di rischio, di complessità

Le funzioni di utilità della marca in termini di benefici offerti ai PRODUTTORI sono:


• Protezione: la marca protegge un’impresa da imitazioni e contraffazioni
• Posizionamento: l’impresa attraverso la marca di venti che i suoi caratteri distintivi e di
differenziazione
• Capitalizzazione: raccoglie il valore degli investimenti di comunicazioni effettuate nell’arco degli anni
è il valore del capitale di soddisfazione relazione accumulato dalle imprese con i suoi clienti

2.2IL MARKETING RELAZIONALE E LA MARCA: LA DIMENSIONE RELAZIONALE DELLA MARCA


Il marketing relazionale è l’insieme di tutte le attività di marketing svolte a stabilire, sviluppare e mantenere
scambi relazionali di successo.
La marca rappresenta uno strumento centrale ed efficace nel valorizzare il rapporto del libretto con i suoi
clienti, rendendolo profondo e duraturo.

Teoria delle basi relazionali


Nella teoria delle basi relazionali il concetto di personalità della marca costituisce un punto d’appoggio della
relazione assumendo senso biunivoco.
Il cliente tende infatti ad antropomorfizzare i prodotti e le marche, considerandoli dotati di personalità,
caratteristiche e qualità tipicamente umane.
La forza della relazione cliente-marca dipende sia Dalle caratteristiche del cliente sia delle caratteristiche
della marca.
Le basi di relazione della teoria delle basi relazionali si fondano su 5 categorie principali:
• REWARD BASE: la marca è in grado di fornire premi-incentivi
• EXPERT BASE: la marca è ad alto contenuto di know-how ed è espertw
• COERCIVE BASE: la marca costringe il cliente ad essere acquistata
• LEGITIMATE BASE: la marca è il legittimata in virtù di tradizione e cultura
• REFERENT BASE: la marca è vicina ai valori del consumatore

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Modello di auto-espansione
Secondo questo modello un individuo e motivato a iniziare mantenere uno stretto rapporto con la marca
per costruire se stesso, internalizzando risorse e, prospettive e caratteristiche dell’altro, o per comunicare se
stessi agli altri.
Questo meccanismo porta la persona ad agire pensare come se alcuni o tutti gli aspetti dell’altro fossero
personalmente parte della propria persona.
I consumatori scelgono i prodotti e le marche per il loro valore utilitaristici e per i loro benefici simbolici,
poiché con questi possono comunicare aspetti importanti della propria personalità ed esprimere aspetti
della propria identità.
Si parla di odio (brand hate) o di amore (brand love) verso il brand, quando la relazione con il cliente
raggiunge un’intensità particolarmente forte e duratura.
Il forte legame che si instaura tra il consumatore e la marca fa sì che il cliente sviluppi un rapporto di elevata
fedeltà che lo spinge a ripetere l’acquisto nel medio-lungo termine.

Le variabili che incidono nella relazione marca-cliente sono:


Soddisfazione
È intesa come la reazione del cliente ha una differenza percepita tra valutazione delle prestazioni e le
aspettative che lo avevano indotto all’acquisto.
Le aspettative non confermate portano e soddisfazione. La conferma delle aspettative porta la
soddisfazione.

Fiducia
Viene raggiunta E se un cliente crede che una marca sia affidabile che abbia un alto grado di integrità.
Maggiore è il grado di fiducia tra le parti, maggiore è la loro disponibilità scambiarsi in maniera chiara ed
esaustiva informazioni rilevanti, o a trasferire conoscenze su alcuni temi chiave.

Impegno
È in senso come l’orientamento del cliente verso una relazione con la marca lungo termine basata su legami
affettivi.

Le imprese possono decidere di agire su questi fattori portando avanti alcune iniziative di coinvolgimento
dei consumatori:

Brand engagement
È uno stato psicologico del consumatore che si verifica in virtù di esperienze interattive e co-creative con
una marca. Significa migliorare il valore complessivo della marca che i consumatori ricevono.
Si richiede all’azienda di disporre di maggiori informazioni al fine di poter interpretare al meglio le esigenze
le preferenze dei clienti.

Brand experience
Sono utili ad accrescere positivamente le associazioni al brand e e rafforzare il rapporto dei consumatori con
l’impresa.
Possono essere create sia all’interno dei negozi dove i prodotti vengono acquistati, sia mostrando
l’evoluzione del prodotto tramite tour negli stabilimenti produttivi.

2.5LA BRAND LOYALTY: CARATTERI E PROCESSI DELLA FIDELIZZAZIONE ALLA MARCA


La brand loyalty rappresenta un esito essenziale della relazione marca-cliente.
La creazione di una relazione duratura nel tempo con i propri clienti, basata su una logica di fedeltà,
permette alle imprese di incrementare i propri profitti in quanto i consumatori fedeli:
• Acquistano più prodotti
• Sono meno sensibili al prezzo e pongono meno attenzione alle offerte dei prodotti concorrenti
• Generano passaparola positivo

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La brand loyalty si può definire come il grado di attaccamento emotivo che uso materiali rispetto al brand ed
è composta da 6 dimensioni:
1. Intenzione a riacquistare il prodotto
2. Riconoscimento di un premium price
3. Soddisfazione
4. Preferenza rispetto agli altri brand
5. Switching cost
6. Committent verso il brand (impegno)

Il modello di fedeltà alla marca identifica quattro diversi tipi di fedeltà alla marca:
• VERA fedeltà: quando in elevate fedeltà comportamentale è accompagnata da un attaccamento
affettivo ed emotivo
• Fedeltà SPURIA: quando è il levato in termini di acquisto ma non accompagnato da un attaccamento
emotivo da parte del cliente
• Fedeltà LATENTE: quando vi è un elevato attaccamento al brand e un’elevata intenzione all’acquisto,
ma per influenze sociali o fattori situazionali tale atteggiamento positivo non si traduce in un elevata
fedeltà comportamentale
• NESSUNA fedeltà: quando ad un basso attaccamento emotivo si unisce una limitata frequenza nel
riacquistare il brand

2.6LE STRATEGIE DI MARCA


Le imprese possono decidere di seguire due strategie di marca principali:

Strategia di marca multi-prodotto


L’impresa utilizza una sola marca per tutti i suoi prodotti.
Consente la capitalizzazione degli investimenti nella marca favorendo un rafforzamento della brand equity.
Questa strategia consente di effettuare la product line extension: ovvero la pratica attraverso la quale
utilizzando una stessa marca si entra in nuovi segmenti di domanda all’interno della stessa classe di
prodotto.
Determina costi inferiori di comunicazioni di marketing.
Uno dei rischi più rilevanti è quello di attivare fenomeni di cannibalizzazione, dove le vendite derivanti
dall’estensione sono realizzate a detrimento degli altri prodotti della linea.
Alcune strategie di marca multiprodotto implicano scelte di subbranding che combinano il family brand con
un brand gerarchicamente meno rilevante.
Una forte brand equity consente di effettuare una brand extension, ovvero la pratica attraverso la quale si
utilizza una certa marca per entrare in una classe di prodotto diversa.
Una variante è il co-branding, ossia l’accoppiamento tra due marche per uno stesso prodotto. Permette alle
imprese di beneficiare della forza congiunta delle marche.

Strategia multimarca
di prodotto dell'impresa.
Questa opzione è utile quando si decide di ind Implica che venga assegnata una specifica marca ad ogni
prodotto/linea irizzare la propria offerta verso una pluralità di segmenti di mercato.
Implica investimenti di comunicazione superiori ma ha il vantaggio che un eventuale credito e fallimento di
una delle marche non affliggerà direttamente la reputazione è il posizionamento di mercato ottenuto dalle
altre.

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2.7I LIVELLI DELLA MARCA


Le principali due tipologie di brand al fine di rappresentare in modo adeguato i processi di interazione che
intercorrono tra le marche sono:

Produce brand
Il prodotto è un insieme di attributi (tangibili e intangibili) tesa a soddisfare i bisogni dell’acquirente.
Il brand e va ben oltre il prodotto, funge da interfaccia relazionale tra l’impresa e i suoi stakeholders.
È la declinazione della marca connessa sia ai prodotti sviluppati dai national manufacturer i (industrial
brand) sia a quelli sviluppati dai retailer.

Retail brand
Il concerto di reteil brand si lega al tema della personalità e della immagine del punto vendita.
si configura come la cLa retail store image ognizione le emozioni individuale generate dagli stimoli percettivi
legati ad un punto vendita.
sono elementi costitutivi della relazione trLo store environment e la retail experience a clienti e di impresa.
La condizione mentale che consumatori hanno dello store image è fondamentale per far percepire il retailer
as a brand.

Product brand e retail brand sono coinvolti in processi di interazione.


Tali fenomeni possono essere analizzati considerando tre ambiti:

Influenza reciproca tra product brand e retail brand


La presenza di un brand di prodotto ad elevata immagine determina un’influenza positiva sull’immagine del
punto vendita e del retail brand.
Viceversa, l’immagine del brand di prodotto risulta influenzata dall’immagine del retail brand.

Interazione tra brand loyalty e store loyalty


La product (brand) loyalty è la fedeltà manifestata dai clienti nei confronti di un certo product brand.
La store (retail brand) loyalty è legata alla scelta di un particolare punto vendita effettuata dal cliente.
Le due fedeltà manifestano livelli di integrazione. A favore di queste interpretazioni sussistono due ragioni:
• La prima riguarda i caratteri costitutivi della fedeltà al punto vendita che è ancora fortemente
determinata dalla capacità di una superficie commerciale di offrire quei prodotti e quelle marche
verso le quali il cliente manifesta maggiore propensione d’acquisto
• La seconda deriva dal fatto che la brand experience si realizza maggiormente in store

Percorsi di vertical branding


Numerose imprese industriali e reteiler cercano di presidiare più livelli di filiera ponendo in essere percorsi
di integrazione verticale.
Le imprese industriali sono impegnate ad aprire punti vendita monomarca attraverso i quali
commercializzare i propri product brand.
I retailer sono impegnati nella creazione di private labels da inserire nella sortimente dei propri punti
vendita.
Il vertical brand è inteso come l’intersezione tra product brand e retail brand, ossia la capacità di ciascun
attore di sviluppare un posizionamento competitivo basato sul controllo di ambedue le declinazioni del
brand e sulla possibilità di decidere il livello ottimale di integrazione.
Punta a generare un esperienza complessiva ed integrata della marca veicolata dal prodotto, dalla
comunicazione e dal punto vendita.

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3.LE POLITICHE DI COMUNICAZIONE

3.1STRUTTURA E CRITICITÀ DEI PROCESSI DI COMUNICAZIONE


La comunicazione a vuole centrale nell’ambito del trasferimento del valore, come fonte privilegiata di
segnali di valore per il consumatore. Le politiche di comunicazione sono finalizzate a:
• Far conoscere il prodotto, il grande e l’impresa (interventi sulla sfera cognitiva del consumatore)
• Differenziare il prodotto e la marca (interventi sulla sfera degli atteggiamenti dei consumatori)
• Spingere alla prova, all’acquisto, al riacquisto del prodotto (iinterventisulla sfera dei comportamenti
di consumo)
Gli effetti ricercati con la comunicazione sono:
• Stimolo della domande e sviluppo delle vendite
• Riduzione dell’elasticità della domanda al prezzo e incremento della fedeltà del consumatore
• Sviluppo di barriere verso i competitors
Negli ultimi anni lo scenario della comunicazione è mutato con la saturazione di molti canali di
comunicazione, con la maggiore resistenza da parte dei consumatori ai messaggi veicolati dalle imprese e
con la disponibilità di nuovi strumenti, canali e modalità di contatto con il mercato.

In base alla tipologia di destinatari cui è rivolta la comunicazione può essere:


• Interna: verso i dipendenti
• Esterna: verso i consumatori ed altri pubblici
In base ai contenuti la comunicazione può essere:
• Commerciale: volta ad influenzare le percezioni di valore o di sacrificio da parte di clienti finali e
intermedi
• Istituzionale duepunti volta di influenzare le percezioni di molteplici pubblici circa l’impresa nel suo
complesso, i suoi valori e la sua mission.
• Gestionale: volta migliorare le relazioni con i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti nella
gestione di impresa
• Economico-finanziaria: volta migliorare le relazioni con i portatori di risorse di interesse e
specializzando aspetti patrimoniali, reddituali e finanziari dell’impresa

I processi di comunicazioni presente una struttura tipica, che comprende:


1. Emittente: è il soggetto che decide i contenuti della comunicazione, le linee guida per chi si occuperà
di creare il messaggio sulla base degli obiettivi perseguiti.
2. Codifica: è il processo attraverso cui il comunicatore da forma al messaggio, mediante simboli,
immagini, suoni, parole, in coerenza con le indicazioni fornite dall’emittente.
Il messaggio deve risultare chiaro, complessibile e accattivante per il pubblico.
3. Mezzi/Media: sono i canali generici attraverso cui il messaggio viene dei dei colato ai destinatari e si
distinguono:
- Mezzi di massa, permettono di raggiungere in modo indistinto ampi pubblici
- Mezzi non di massa, permettono di raggiungere in modo mirato e selettivo specifici pubblici
4. Veicoli: sono i canali specifici scelti per veicolare il messaggio, nell’ambito di un certo media
5. Decodifica: è il processo mentale attraverso cui chi riceve il messaggio lo interpreta, conferendogli il
significato.
6. Destinatari: sono coloro ai quali il messaggio indirizzato.
Maggiore è la percentuale di destinatario-target all’interno dell’audience dei veicoli scelti, maggiore
si rivela l’efficacia degli investimenti in comunicazione (si riduce il costo a contatto).
Il digitale offre importanti opportunità perché consente di impostare delle campagne in modo molto
specifico rispetto al bacino di utenza-obiettivo.
7. Risposta: è l’insieme delle reazioni dei destinatari è seguito della decodifica del messaggio.
8. Feedback: e quella parte delle reazioni dei destinatari che le emittenti è in grado di riconoscere che
permette di misurare i ritorni della comunicazione.

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3.2IL MIX COMUNICAZIONALE


Il mix-comunicazionale (comunicazione esterna) comprende:

3.2.1PUBBLICITÀ
La pubblicità è lo strumento di marketing e comunicazione più conosciuto.
Si tratta di una forma di comunicazione a pagamento veicolata mediante mezzi impersonali, che comporta il
sostenimento di costi fissi. Caratteristica importante della pubblicità è che persegue obiettivi ampi.
La misurazione dei ritorni di una campagna pubblicitaria (feedback) e chiede indagini di mercato ad hoc su
base quantitativa. Si effettuano indagini per individuare:
• Il brand TOP OF MIND: all’intervista te viene chiesto a digitare la prima marca che gli viene in mente
relativamente ad una certa categoria di beni e servizi.
Si rileva la percentuale di persone che hanno citato per primo il grande di interesse all’interno della
categoria.
• La NOTORIETÀ SPONTANEA di un brand: agli intervistati viene chiesto di indicare i brand che gli
vengono in mente In relazione ad una certa categoria di beni e servizi.
Si rileva la percentuale di persone che hanno citato spontaneamente (ma non necessariamente per
primo) il brand oggetto di analisi.
• La NOTORIETÀ AIUTATA di un brand: gli intervistati visionano una lista di brand e devono spuntare
quelle appartenenti ad una specifica categoria di beni o servizi.
Si rileva la percentuale di persone che hanno indicato correttamente il brand e fra quelli
appartenenti alla data categoria.

La pubblicità può essere veicolata mediante molteplici media. Per ognuno di essi vi sono specifiche criticità
da gestire:
• Cartellonistica: bisogna studiare con attenzione le location, le dimensioni e informati, il layout, le
scelte grafiche e i contenuti.
• Volantinaggio: bisogna prestare attenzione a chi provvederà alla distribuzione, a dove verranno
distribuite come, dimensioni formato del volantino, materiali, layout, scelte grafiche e contenuti.
• Stampa, radio, tv: bisogna scegliere i veicoli che per bacino di utenza, contenuti e posizionamento
siano coerenti con gli obiettivi dell’impresa. Bisogna definire il timing, ossia l’inizio e la fine della
campagna e la frequenza del messaggio e le modalità specifiche di codifica.
• delicato che si presta a una comuniSale cinematografiche: è un canale cazione concisa è immediata.
• Internet: non è possibile traslare le logiche classiche di comunicazione pubblicitaria basata sul
modello “interruption and repeat”, ovvero sull’inclusione del messaggio nel processo di fruizione dei
contenuti da parte dell’utente.

La gestione di una campagna pubblicitaria passa attraverso 7 fasi:

Definizione degli obiettivi


Gli obiettivi di una campagna devono essere specifici e il più possibile misurabili in modo da agevolare il
controllo dei risultati.
Si può trattare di obiettivi riguardanti la sfera cognitiva, la sfera degli atteggiamenti dei consumatori e la
sfera delle intenzioni di acquistor/iacquisto.

Definizione del budget (stanziamenti pubblicitari)


Possono essere definiti mediante valutazioni più:
1. Specifiche (interne), come dati storici, valori di riferimento del settore, applicare una certa
percentuale al fatturato, stanziare un importo fisso per unità di prodotto che si prevede di vendere.
2. Strutturate e complesse (esterne), come
- Parità concorrenziale: dove gli investimenti vengono tarati sulla base della quota di mercato
dell’impresa, del livello dei prezzi e della situazione della concorrenza;

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- Obiettivo-compito: si parte da l’enunciazione dell’obiettivo da raggiungere, si effettuano test


di mercato per quantificare un investimento necessario per raggiungere l’obiettivo e si valuta
la sostenibilità dell’investimento

Individuazione dei destinatari-target

Definizione il messaggio e della copy strategy


Gli elementi costitutivi della copy strategy sono:
• Promise (promessa): è il concetto centrale della comunicazione, il principale vantaggio, il beneficio
che il prodotto vuole offrire, la principale ragione per cui il consumatore dovrebbe preferire il
prodotto.
• Reason-why (giustificazione): è l’evidenziazione della principale caratteristica del prodotto, che
giustifica o accredita la promessa. Deve essere convincente, dimostrabile e differenziante.
• Supporting evidence (supporto): è l’insieme degli eventuali ulteriori elementi che motivano o
supportano la promessa.
• Tone (tono): indica lo stile, la personalità che il prodotto/brand vuole assumere, ovvero l’atmosfera
della comunicazione.
• Must (obblighi): sono i vincoli imposti alla comunicazione da norme, usi sociali ed esigenze specifiche
del consumatore-obiettivo.

Scelta di mezzi veicoli


Gli indicatori che onsentono di avere un’idea preventiva del ritorno che ciascun media potrà garantire. Sono:
1. REACH: indica la percentuale dei destinatari-target dell’impresa che potrà essere raggiunta puntando
su uno o più veicoli specifici.
2. OPPORTUNITY TO SEE (OTS): indica la frequenza media della campagna pubblicitaria, ovvero il
numero medio di esposizioni alla campagna da parte delle persone in target che fanno parte del
bacino di utenza dei veicoli considerati.
3. GRASS RATING POINT (GRP): ottenuto moltiplicando reach e opportunity to see, che esprime il livello
di pressione pubblicitaria espressa dalla campagna sul target di riferimento.

Decisioni sulla sequenza temporale della campagna (timing)

Controllo dei risultati

3.2.2PRODUCT PLACEMENT
Il product placement consiste nell’inserimento di un prodotto/brand all’interno di specifiche forme di
spettacolo in cambio di una somma di denaro o dell’impegno in attività promozionali congiunte.
I principali contesti di applicazione sono: film, video musicali, concerti, spot pubblicitari e video games.
Le modalità di inserimento sono 3:
1. Visuale (screen placement)
2. Verbale (script placement)
3. Integrata (plot placement)

Il product placement rappresenta uno strumento comunicazionale a forte impatto emozionale, non invasivo,
capace di incidere in particolare sulla sfera del ricordo di prodotti e brand (notorietà) ma anche su quella
degli atteggiamenti del consumatore.
La resistenza del consumatore è minore perché i placement non vengono percepiti alla stregua di spot
pubblicisti.
Inoltre consente di aggirare ostacoli e barriere dal punto di vista comunicazione, che possono derivare da
normative o da valori e convincimenti prevalenti in ambito socio-culturale.
Un altro vantaggio è dato dalla cassa di risonanza che può ottenere un film di successo, perché il brand verrà
ricelevrsto ogni volta che il film verrà trasmesso.

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3.2.3PROMOZIONI
Le iniziative promozionali presentano obiettivi più orientati alle risposte comportamentali dei consumatori
(acquisto e riacquisto) e comportano il sostenimento di costi variabili, anziché fissi.
Ogni intervento deve essere coerente con obiettivi e linee-guida del piano di marketing e deve essere
oggetto di attenta programmazione, in modo da consentire opportuni controlli sulle performance raggiunte.
Esistono 4 tipi di promozioni:

Promozioni di convenienza
Mirano a una riduzione temporanea del sacrificio di prezzo percepito dal consumatore, come incentivo agli
acquisti. Sono:
• Cut – price: riduzione esplicita del prezzo del prodotto
• Economy – pack: offerta di un insieme di prodotti della medesima impresa ad un prezzo complessivo
scontato
• 3x2
• Vendita abbinata: offerta di un prodotto già noto con l’aggiunta di un nuovo prodotto in omaggio o a
prezzo scontato
• Buono sconto: distribuzione di un coupon che consente di ottenere uno sconto sull’acquisto di uno
specifico prodotto
• Supervslutazione dell’usato: valutazione temporanea conveniente di un prodotto usato concessa a
chi effettuerà acquisti di rinnovo

Vi sono alcuni importanti fattori da considerare:


• L’opportunità di risparmio offerta al consumatore deve essere consistente, ben delimitata nel tempo
e ben comunicata
• Le marche con posizionamenti premium price tendono a ottenere maggiori ritorni da politiche di
questo tipo rispetto alle marche con maggiori quote di mercato ma livelli qualitativi dell’offerta più
bassi
• A parità di condizioni le promozioni di convenienza dei marchi a maggior quota e di quelli dal
posizionamento più alto prevalgono su quelle delle marche minori e su quelle del trade
• Bisogna evitare di rilanciare troppo spesso queste promozioni perché la conseguenza sarebbe un
abbassamento del prezzo di riferimento del cliente per il dato prodotto/brand, quindi una
progressiva riduzione dell’intensità della risposta del cliente alle sollecitazioni delle promozioni

Omaggi
Consistono nella consegna gratuita di nuovi prodotti per indurre i consumatori alla prova.

Operazioni a premio
Prevedono la possibilità per i consumatori che abbiano raggiunto un certo numero di acquisti di un dato
prodotto di ottenere un oggetto in omaggio (collection) oppure consistono nell’offerta temporanea di
confezioni speciali riutilizzabili per scopi diversi una volta consumato il prodotto (reusable pack) oppure
abbinano all’acquisto del prodotto piccoli omaggi di prodotti complementari o gadget (gift in pack).

Concorsi a premio
Gli acquirenti partecipano ad un concorso, al termine del quale vengono estratti dei premi, di valore più alto
rispetto alle operazioni a premio.

3.2.4PASSAPAROLA
Il passaparola (positivo) è un fondamentale segnale di valore, che a fronte dei cambiamenti in atto dal lato
della domanda sembra essere più efficace di altri strumenti di comunicazione.

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Il passaparola è un processo spontaneo innescato da consumatori soddisfatti, ma può essere agevolato o


stimolato da parte delle imprese con una serie di interventi:
1. Fine tuning e customer care: ovvero cercando di ascoltare il consumatore e rispondere in modo
ottime e tempestivo alle sue richieste
2. Ottenere la collaborazione degli opinion leader: nell’ambito dei social network, dove risulta agevole
individuare gli influencer
3. Offrire ai consumatori agevolazioni economiche sull’acquisto di un dato bene o sugli acquisti
successivi, qualora essi segnalino l’azienda e i suoi prodotti nella propria rete di contatti, o qualora
accettino di mettere in mostra il brand nel suo utilizzo quotidiano
4. Stimolate il coinvolgimento emozionale dei consumatori mediante gadget, campioni di prodotto o
altri omshhi, eventi ad hoc e intrattenimento sul web.

3.2.5MARKETING DIRETTO
Le operazioni di marketing diretto consistono nell’indirizzsre verso i consumatori forme di comunicazione
personalizzata mediante diversi possibili canali (telefono, email, posta cartacea).
Le finalità di queste iniziative possono essere molteplici:
• Portare a conoscenza dei consumatori i prodotti dell’impresa
• Proporre iniziative mirate di fidelizzazione
• Supportare la forza vendita
• Generare traffico nei punti vendita
Uno dei vantaggi è la possibilità di raggiungere in modo mirato specifici raggruppamenti di consumatori-
obiettivo.
Inoltre consentono di effettuare una puntuale ed agevole misurazione dei risultati ottenuti e presentano un
costo a contatto contenuto.

3.2.6PUBBLICHE RELAZIONI
Le pubbliche relazioni sono rivolte a più ampi pubblici fino a ricomprendere anche l’opinione pubblica
generale e gli stakeholders.
Mirano a fornire ampie informazioni sull’impresa, sui suoi prodotti, sulle sue attività a comunicatori
professionali, in modo che questi dispongano di materiale potenzialmente interessante su cui potranno
elaborare spontaneamente articoli da veicolare mediante i media.

Publicity
Consiste nel provocare l’elaborazione di redazionali o di servizi radio televisivi incentrati sui nuovi prodotti
che l’impresa ha lanciato o si appresta a lanciare sul mercato, di cui si parla in modo solo apparentemente
neutrale perché queste comunicazioni finiscono per rafforzare segnali di valore relativi alle caratteristiche
distintive del prodotto già veicolati tramite altri strumenti e canali di comunicazione.

Conferenze stampa
Dove bisogna curare al meglio gli aspetti di comunicazione personale ed avere un chiaro copione dei punti
salienti da toccare e delle informazioni da fornire ai presenti.

Comunicati stampa
Dove bisogna risultare sintetici, chiari e suscitare attenzione e curiosità da parte dei destinatari.

Eventi
Possono essere svolti presso un’unica location oppure essere itineranti e possono essere organizzati
autonomamente dall’impresa oppure organizzati da altri.

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3.2.7SPONSORIZZAZIONI
Con le sponsorizzazioni si finanziano in tutto o in parte eventi, personaggi o team sportivi, oppure progetti di
interesse collettivo in ambito culturale o sociale, in modo da far risaltare il brand dell’impresa, garantendo
ritorni in termini di notorietà e di immagine.
Si tratta di iniziative che possono presentare rischi che si manifestano nel momento in cui il soggetto o
l’evento sponsorizzato siano coinvolti in scandali o altri avvenimenti problematici non preventivabili.

3.2.8COMUNICAZIONE PERSONALE
Si tratta di uno strumento importante soprattutto nei mercati dove il contratto ravvicinato con clienti e
dealer, l’ascolto e la risoluzione di problemi in tempo reale rappresentano fattori critici di successo e dove
l’impresa produttrice gestisce in forma diretta la distribuzione.

3.3COMUNICAZIONE NON CONVENZIONALE


Il marketing non convenzionale è il tentativo di dilatare gli spazi di incontro tra marche e consumatori.
Le nuove condizioni di contesto dal punto di vista della comunicazione prevedono 3 principali cambiamenti:
• Frammentazione dei media
• Attention deficit
• Difesa dal brand spam
Molte di queste tecniche sono finalizzate a raggiungere il lubick nei luoghi in cui vive, lavora, si muove, si
diverte abitualmente. Si corre il rischio di risultare invasivi esattamente come gli strumenti di comunicazione
più convenzionali.

Fra gli strumenti non convenzionali maggiormente utilizzati sono:


1. AMBIENT MARKETING : si sfrutta la normale ambientazione cittadina per incuriosire e sorprendere i
passanti con particolari installazioni
2. GUERRILLA MARKETING: si utilizzano stazioni ferroviarie, strade cittadine, piazze, college universitari,
in cui il brand sia visibile, riconoscibile o dove possa essere in qualche modo evocato.

4.L’EVOLUZIONE DELLA COMUNICAZIONE NELL’ERA DIGITALE

4.2ECOSISTEMI DIGITALI E CUSTOMER JOURNEY


Sono principalmente 4 le proprietà degli ambienti digitali che generano nuove sfide di marketing per le
imprese:
1. Apertura e ubiquità: il web consente di entrare in contatto con un numero più ampio di clienti e in
modo coinvolgente, ma bisogna saper comunicare in modo appropriato e bisogna saper gestire le
relazioni.
2. Vastità informativa: il web fornisce nuove possibilità per seguire, conoscere e profilare i clienti
rispetto ad abitudini di consumo e preferenze d’acquisto. Ciò richiede di abbandonare logiche
tradizionali.
3. Velocità: le opportunità di interazione con i consumatori si moltiplicano.
4. Mutabilità: gli ambienti digitali evolvono in continuazione obbligando le imprese a un apprendimento
continuo, per cogliere al meglio le sfide e le opportunità emergenti.

Oggi la sfida è quella di progettare, implementare e gestire più complessi ampi ecosistemi digitali, composti
da tutti i possibili punti di contatto tra imprese e consumatori, con l’obiettivo di rendere il più possibile
soddisfacente l’esperienza di quest’ultimi (customer journey).

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4.3LE SPECIFICITÀ E I TECNICISMI DEL SOCIAL MEDIA MARKETING

4.3.1LA SCELTA DEI SOCIAL NETWORK E LA DEFINIZIONE DELLA STRATEGIA DI FONDO


I social network rappresentano un ambito ampio e variegato ancora in profonda evoluzione.
In un contesto decisamente volatile si assiste alla rapida ascesa di nuovi social network e altrettanto rapido
declino di altri.
Per l’interesse si pone la necessità di effettuare una scrematura, individuando i migliori spazi entro i quali
essere presenti e le migliori modalità di presenza e di rafforzamento delle relazioni con la propria clientela di
riferimento.

4.3.2LA CREAZIONE DEI CONTENUTI


I social network nascono per creare coinvolgimento emotivo.
I contenuti (testuali, fotografici, video) rappresentano una componente essenziale unitamente ai tecnicismi
per la loro ottimale diffusione.
La creazione dei contenuti deve essere ispirata da una chiara linea editoriale (coerente con la Brand
strategy) che indichi i temi di maggiore interesse, da sviluppare quotidianamente con uno o più post su
ognuno dei social network presidiato, e deve essere organizzata mediante un preciso piano di pubblicazione,
che preveda quanti e quali contenuti pubblicati in base al calendario alle fasce orarie.
Sono 2 gli approcci più utilizzati negli ultimi anni:

Storytelling
È la costruzione di un racconto fatto di più puntate, in cui la marca emerge in modo credibile e coinvolgente
come un leader empatico capace di ispirare.

Real time marketing


Consiste nella capacità di intercettare rilevanti fatti di cronaca o avvenimenti con un rilevante seguito presso
il grande pubblico, rielaborando lì In modo ironico o autoironico, offrendo in questo modo al brand una
potente cassa di risonanza.
Un altro importante aspetto da considerare è chi produce contenuti. Oltre all’impresa possono essere:
• Consumatori stessi: in particolare quelli più fedele alla marca
• Influencer: le nuove categorie di comunicatori professionali sul web
• Nuove community dall’alto tasso di viralità

4.3.3L’IMPORTANZA DELLE ATTIVITÀ DI ANALISI


Ai fini di una presenza di successo sui social network è fondamentale prestare importanza sistematica
all’analisi dei dati che i vari provider offrono o che si possono acquisire autonomamente dalla rete,
manualmente o mediante l’utilizzo di specifici software.
Ciò vale per l’impostazione e l’ottimizzazione delle campagne sponsorizzate sui social network, con la
possibilità di selezionare in modo estremamente fine i pubblici di interesse da raggiungere commessaggio
più possibile mirati.

4.4LE NUOVE OPPORTUNITÀ PER LE PMI


Il crowfunding, fenomeno riconducibile agli schemi della sharing economy, consiste nella collaborazione tra
soggetti alla pari, ovvero fra chi ha un progetto per il quale chiede il supporto finanziario e chi è disposto a
supportarlo (Baker), con l’infomediazione di specifiche piattaforme web che possono essere generaliste o
settoriali e che possono prevedere la partecipazione al capitale da parte di conferisce il proprio denaro
(equity-based crowfunding) oppure no (reward-based crowfunding).
Queste piattaforme offrono la possibilità di approvvigionarsi di risorse finanziarie necessarie per sostenere i
propri progetti e la possibilità di ottenere una serie di vantaggi sotto il profilo del marketing come:
• Ulteriore messa a punto del progetto
• Visibilità del progetto
• Accesso al mercato

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CAPITOLO 8: LA PROGETTAZIONE DEL VALORE ED IL SUO TRASFERIMENTO

2.IL RUOLO DELLA FUNZIONE DISTRIBUTIVA NEL MERCATO

L’attività distributiva di base consiste nel:


• Trasferire i beni dai luoghi di produzione a quelli di consumo
• Conservarli nel tempo in modo da immeterli nel mercato in ragione delle graduali richieste degli
acquirenti
• Porli a disposizione secondo le modalità di assortimento, di pagamento e di consegna.
Tale attività è assolta da una particolare categoria di operatori economici: Intermediari commerciali (trade).
La presenza degli intermediari commerciali è utile per ridurre il numero delle transazioni che l’impresa
industriale dovrebbe gestire per raggiungere un elevato numero di clienti finali e di conseguenza ridurre
anche il costo complessivo per il sistema.

Le funzioni commerciali possono essere distinte in due categorie:

Funzioni commerciali primarie


Sono orientate a colmare un divario che si crea fra la fase di produzione e la fase di utilizzo e consumo.
Tale divario è di varia natura:

• GAP SPAZIALE: ovvero la distanza fisica che separa il luogo della produzione d luogo del consumo.
La riduzione di tale gap avviene grazie alla funzione di trasporto (trasferimento nello spazio).
• GAP TEMPORALE: ovvero la distanza temporale che, per esigenze produttive, separa il momento
della produzione dal momento della richiesta da parte dei consumatori.
La riduzione di tale gap avviene grazie alla funzione di magazzinaggio (trasferimento nel tempo).
• GAP QUANTITATIVO: la quantità di merce prodotta da un’impresa industriale è maggiore di quella
utile ad un singolo consumatore mediante la funzione di adattamento quantitativo (frazionamento
delle partire) le imprese commerciali rendono disponibile agli acquirenti le quantità necessarie al
loro fabbisogno.
• GAP QUALITATIVO: l’impresa commerciale non interviene negli attributi fisici di un prodotto e la
funzione di adattamento qualitativo va intesa come la costruzione di un assortimento (mix di
prodotti) adatto alle esigenze dei compratori, anche attingendo da imprese di produzione differenti.

Funzioni commerciali secondarie


Possono attivarsi precedentemente, contestualmente o successivamente alle fasi di vendita e sono:

• FINANZIAMENTO: così se me lo privè dilazioni di pagamento, ovvero far acquisire compratori la


proprietà della merce prima di pagare il corrispettivo.
• INFORMAZIONE: il distributore, essendo diretto contatto con il cliente finale, riesce a rilevare meglio
le informazioni provenienti dal mercato e a fornire adeguate informazioni per agevolare il processo
di scelta del cliente riducendo i costi di transazione e di ricerca.
• ASSISTENZA PRE E POST VENDITA: consiste nel supportare il cliente finale prima e dopo l’acquisto
fornendo consigli e assistenza. Permette al distributore di acquisire dei vantaggi competitivi di
differenziali in quanto sono quelli più percepibili dall’acquirente finale.
• PROMOZIONE DELLE VENDITE: stimola, mediante specifiche iniziative l’acquisto dei prodotti da parte
dei consumatori. Può essere personalizzata sulla base delle preferenze di bisogni dei propri
consumatori.

Ogni impresa commerciale adotta un mix di servizi differenziato volto a soddisfare le esigenze della propria
clientela.

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Nello svolgimento di queste funzioni di generano diversi flussi commerciali tra i soggetti coinvolti nel
processo di scambio:
1. Flusso del titolo di proprietà del bene (impresa industriale/cliente)
2. Flusso fisico (spostamenti reali del prodotto, impresa industriale/cliente)
3. Flusso degli ordini (cliente/ impresa industriale)
4. Flusso finanziario (cliente/ impresa industriale)
5. Flusso di informazioni (flusso bidirezionale impresa industriale/cliente)

Gli intermediari sono in grado di gestire tali flussi con maggiore efficacia e minori costi rispetto a quanto
potrebbe fare un’impresa industriale.
Il concetto di costo totale di distribuzione è derivata dalla teoria dei sistemi.
In base a tale concetto, il canale di distribuzione è come un sistema composto da tanti sottoinsiemi internet
interdipendenti.
L’obiettivo del manager del sistema/canale è l'ottimizzazione del rendimento complessivo del canale, ovvero
la riduzione al minimo del costo totale mantenendo inalterate le altre caratteristiche.
I principali costi si quali operare sono:
1. Costi di trasporto
2. Costi per la gestione dell’ordine
3. Costo delle transazioni non andate a buon fine
4. Costi di gestione delle merci in magazzino comprendenti: costi del magazzino, costo del capitale
investito, imposte e tasse, assicurazioni, deterioramento dei prodotti
5. Costi di confezionamento
6. Costi per la gestione materiale delle merci

3.IL CANALE DI DISTRIBUZIONE E I SUOI ATTORI

Il canale di distribuzione é il percorso economico-giuridico che il prodotto compie per essere trasferito
dall’impresa industriale produttrice al cliente finale.
La funzione di distribuzione avviene con l’intervento di una serie di attori in senso stretto, ossia quei soggetti
che acquistano temporaneamente la proprietà del bene e poi cederla a terzi in un secondo momento. Sono:

Grossisti
Acquisto nelle merci dei produttori ottenendone il diritto di proprietà, per poi rivenderla ai dettaglianti
offrendo una serie di servizi quali: trasporto, magazzinaggio, adattamento qualitativo e quantitativo e
finanziamento.
Le differenti tipologie di formati di vendita all’ingrosso sono:
1. GROSSISTI A SERVIZIO COMPLETO: svolgono un insieme di funzioni a carattere:
• Logistico: deposito e trasporto
• Finanziario: finanziamento al produttore, credito al dettaglio
• Commerciale: assortimento e ricerca di sbocchi di vendita

2. GROSSISTI A SERVIZIO LIMITATO: svolgono ridotto numero di funzioni circoscritte alla compravendita
e che variano a seconda della specificità del mercato. Rientrano:
• Cash and Carry: è un magazzino all’ingrosso con vendita a Libero servizio, presso il quale
dettagliante può acquistare i prodotti direttamente, pagando in contanti alla cassa e
provvedendo al trasporto al proprio punto vendita.
• Grossista trasportatore
• Rack jobber: è un’impresa grossista che mantiene la proprietà della merce anche dopo che
questa è stata posta sugli scaffali del negozio al dettaglio. Agisce come intermediario per
conto ed in nome proprio e può fatturare la merce al dettagliante sono dopo che questo l’ha
venduta.

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• Truck jobbers: sono grossisti specializzati nel settore alimentare che hanno la possibilità di
consegnare immediatamente al dettagliante la merce che si portano al seguito.
• Drop shippers: acquistano la proprietà del prodotto che trattano, ma non effettuano su di
esso nessuna operazione. Si limitano ad inviare l’ordine al produttore con i dettagli della
spedizione presso il cliente dettagliante.

Dettaglianti
Vendono beni servizi direttamente ai clienti finali dopo aver acquisito il diritto di proprietà dei grossisti ed
alle imprese di produzione.
Il loro guadagno è rappresentato dalla differenza (il margine) tra al prezzo di acquisto corrisposto e il prezzo
di vendita al cliente finale.
Le differenti tipologie di formati di vendita al dettaglio sono:
1. SUPERMERCATO: esercizio di vendita al dettaglio operante nel comparto grocery ( alimentare e non
alimentare) organizzato a Libero servizio, integrato da reparti a vendita assistita e con pagamento
all’uscita, con una superficie di vendita compresa tra 400 e 2'500 mq e localizzazione urbana.

2. IPERMERCATO: esercizio dettaglio con una superficie di vendita superiore a 2'500 mq ( alimentare
non alimentare), è localizzato in aree urbane periferiche per utilizzare ampi spazi, adotta una tecnica
di vendita a libero servizio integrata da reparti assistiti, assorbimento vasto ma non necessariamente
profondo.

3. DISCOUNT: si possono individuare due tipologie principali:


• sviluppo delle immagini di convenienza prevalentementHard discount: superficie di vendita
di 400-500 mq, e offrendo prodotti non di marca, riduzione al minimo dei servizi offerti alla
clientela.
• Soft discount: superficie di vendita di 600-800 mq, presenze dei prodotti freschi e miglior
ambientazione del punto vendita.

Agenti di vendita
È un operatore al quale il produttore conferisce un incarico contrattuale per la vendita dei prodotti in nome
e per conto proprio, in una data area geografica.

Broker
Non ha un rapporto continuativo con i presa industriale. Si limita a facilitare la transazione tra queste
l’acquirente e viene remunerato soltanto in caso di conclusione del contratto.

Il canale di distribuzione non include mai imprese di trasporto e le banche, le quali offrono importanti servizi
per la commercializzazione del prodotto, ma non Giocano un ruolo fondamentale nella conclusione delle
operazioni di acquisto e vendita.

4.LE DECISIONI DI DISTRIBUZIONE DELL’IMPRESA INDUSTRIALE

4.1LA SCELTA DELLA STRUTTURA DEL CANALE: LA LUNGHEZZA


La formulazione della politica di distribuzione comprende:
1. La determinazione della struttura del canale (cioè quanti e quali tipi di intermediari commerciali),
ossia la determinazione della lunghezza e della larghezza del canale distributivo
2. La scelta tra ricorsa canali convenzionali di marketing o a sistemi verticali di marketing
3. La scelta delle singole aziende commerciali in ciascuno stadio del canale

Per determinazione della struttura del canale si intende di scegliere tra canale diretto/indiretto e tra canale
lungo/corto.

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I canali si distinguono in funzione del numero di stadi in cui si articolano, ovvero della lunghezza del percorso
che il prodotto compie per arrivare al cliente finale.
Vi sono tre tipologie principali di canale distributivo:
1. CANALE LUNGO: nel quale operano due o più intermediari commerciali, cioè almeno un grossista e
un dettagliante
2. CANALE CORTO: nel quale il produttore rifornisce direttamente il dettagliante saltando il grossista
3. CANALE DIRETTO: nel quale non esiste alcun intermediario commerciale tra il produttore e
consumatore. Il produttore prende contatto direttamente con il compratore finale mediante
l’apertura di punti vendita al dettaglio di proprietà o il ricorso ad un proprio sito web di vendita (e-
Commerce)

I principali criteri di scelta della lunghezza del canale sono:


• Caratteristiche del mercato: riguardano la domanda, la sua dispersione geografica, il comportamento
di acquisto dei clienti, in termini di abitudini del consumatore relative al luogo di acquisto e i beni da
acquistare.
• Caratteristiche del prodotto: riguardano il profilo merceologico, tecnico, fisico ed economico dello
stesso prodotto.
• Caratteristiche di un’impresa: riguardano la scelta di un canale di distribuzione. La dimensione
aziendale e la situazione finanziaria determinano quali funzioni possono e devono essere affidati agli
intermediari.
• Canali distributivi utilizzati dai competitor: riguardano la scelta di utilizzare i canali alternativi rispetto
a quelli già utilizzati dei propri concorrenti, con l’obiettivo di innovare la distribuzione e raggiungere
nuovi segmenti di mercato.
• Caratteristiche degli intermediari: riguardano la scelta della struttura ottimale del canale. L’impresa
deve individuare quali intermediari sono idonei e disponibili a portare a termine i compiti a loro
affidati.

Sempre più frequentemente nei imprese adottano strategie di multicanalità: consiste nell’adozione
contemporaneo di più tipologie di canale e di più tipologie di operatori per raggiungere i mercati che
richiedono diverse intensità di servizio distributivo, con lo scopo di accrescere la propria presenza sui
mercati stessi.

4.2LA SCELTA DELLA STRUTTURA DEL CANALE: L’AMPIEZZA E IL GRADO DI COPERTURA DEL MERCATO
L’ampiezza del canale è legata all’intensità della distribuzione del prodotto nel mercato: cioè al numero di
aziende commerciali, alle quali l’impresa industriale reputa opportuno affidare la vendita del proprio
prodotto in una data area geografica.
A questa variabile è strettamente collegato il concetto di copertura del mercato, che può essere misurata
mediante il rapporto tra il numero di clienti raggiungibili è il numero totale dei clienti potenziali una data
zona geografica.
Riguardo all’intensità distributiva il management può scegliere tra tre alternative:

Politica intensiva
Cioè vendere a molti rivenditori, per conseguire un’elevata copertura del mercato.
Questa politica punta fare ricorso a quanti più possibili punti vendita disponibili.

Politica selettiva
Cioè selezionare un ristretto numero di intermediari commerciali per ottenere una copertura del mercato
minore rispetto alla politica intensiva, con vantaggi nella gestione delle leve di marketing in quanto il
rapporto con ciascun intermediario selezionato è più stretto.
L’impresa industriale può ottenere un maggior controllo sui prezzi e sul merchandising e godere di una
superiore disponibilità a collaborare degli intermediari.

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Politica esclusiva
Cioè affidare la distribuzione del prodotto ad un solo commerciante il quale di solito si impegnano vendere
Marche concorrenti con quelli dell’impresa che ha concesso l’esclusiva.

6.I RAPPORTI INDUSTRIA-DISTRIBUZIONE TRA CONFLITTO E COOPERAZIONE

6.1EVOLUZIONE DEI RAPPORTI INDUSTRIA-DISTRIBUZIONE E LA RIVOLUZIONE COMMERCIALE


L’industria è interessata alla vendita e alla redditività del singolo prodotto.
La distribuzione è interessata a vendere l’intero assortimento e presta attenzione alla profittabilità della
categoria merceologica.
Il distributore assume un duplice ruolo nei confronti dell’impresa industriale:
• Cliente, che acquista i prodotti per distribuirli ai consumatori
• Concorrente, che compete con i produttori per la conquista dei consumatori finali sul punto vendita

La concorrenza verticale si caratterizza per la diversità delle leve usate.


Il marketing mix dell’industria incentrato sul prodotto (innovazione, differenziazione) e sulla comunicazione
(pubblicità).
Il marketing mix della distribuzione utilizza le leve della fiducia dell’insegna, del prezzo e del merchandising.
Un obiettivo condiviso tra produttori e distributori è quello di assicurare, grazie ad una gestione efficace ed
efficiente delle attività, una posizione di vantaggio concorrenziale rispetto agli altri canali garantendo la
soddisfazione del cliente finale.

6.2TRADE MARKETING: OBIETTIVI E LEVE


IIltrade marketing è l’insieme di tutte quelle attività che basate sul concetto di cliente/canale puntano a
conoscere, pianificare e gestire il processo produttivo in modo da ottenere:
• Un efficace impiego delle risorse aziendali
• Duraturi vantaggi competitivi nello scambio di prodotti
Il fine del trade e marketing è di realizzare gli obiettivi industriali, salvaguardando gli interessi dei
distributori, nell’ambito di una più generale azione di marketing rivolte a soddisfare i bisogni dei
consumatori finali.
Consiste nella strategia e nelle azioni finalizzate alla realizzazione di un vantaggio competitivo nel mercato
intermedio.

Il Trade marketing si serve di leve di marketing proprie, costituite principalmente dalle condizioni di vendita,
dal merchandising industriale, dalla logistica integrata, e dalla comunicazione integrata. Tagli leve sono:

1. Negoziazione delle condizioni di vendita: relativamente a sconti, a buoni, condizioni di pagamento.


2. In-store merchandising: il posizionamento dei prodotti all’interno del punto vendita ha un impatto
rilevante sulle vendite di un prodotto. È di interesse dell’impresa industriale sviluppare sistemi per
migliorare le performance di rotazione e di redditività di prodotto di reparto.
3. Definizione delle politiche promozionali: È interesse dell’impresa industriale poter condividere
collaborare con il distributore al fine di rendere efficaci le politiche di pricing e di coordinare questo
strumento con le altre leve del marketing al fine di garantire una adeguata attuazione delle politiche
di branding.
4. Integrazione delle funzioni logistiche: nella logistica integrata gli sviluppi collaborativi sono finalizzati
alla massimizzazione del livello di efficienza operativa e alla minimizzazione dei costi nella gestione
dei flussi fisici della merce.

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Rientrano nell’ambito del trade marketing alcune iniziative:


Marketing integrato tra industria e distribuzione
Si fa riferimento all’attivazione da parte dei distributori di rapporti di fornitura con i co-packer dei prodotti a
marchio.
Si viene a creare un rapporto di partnership di tipo strategico in quanto il distributore non ha interesse a
cambiare frequentemente l’impresa fornitrice per spuntare i migliori condizioni, perché questo vantaggio
sarebbe più che compensato dalla necessità di costruire da zero un rapporto di marketing con la nuova
impresa produttrice.

Fidelity card

Key account
È il responsabile di cliente, che svolge un’attività di tipo specialistico basata sulla gestione complessiva del
rapporto di vendita nei confronti dei grandi clienti (distributori).
Utilizza gli strumenti operativi di programmazione e controllo dei rapporti con la clientela commerciale.
Si avvale dell’offerta di nuovi servizi funzionali per favorire il passaggio delle logiche di sell-in a quelle di sell-
out e a massimizzare i livelli di efficienza nei rapporti verticali.
Realizza iniziative di marketing integrato per valorizzare maggiormente il crescente peso delle attività di
store promotion nelle strategie di comunicazione.

6.3PRIVATE LABEL
I prodotti di private label si identificano come prodotti di consumo realizzati da imprese commerciali e
venduti con la denominazione o con un marchio della stessa impresa all’interno dei suoi punti vendita.
La presenza dei prodotti a marca commerciale presuppone la presenza di un co-packer, ovvero di
un’impresa manifatturiera, che fornisce all’impresa commerciali i prodotti rispetto ai quali il distributore può
prevedere alcune varianti specifiche.
In questo modo il distributore è in grado di offrire al cliente un prodotto a basso prezzo accanto alle più
conosciute marche industriali.
I fattori che permettono ciò sono 3:
• La possibilità di ottenere i prodotti dai fornitori a basso prezzo sfruttando la capacità produttiva in
eccesso delle imprese industriali
• La riduzione dell’entità delle spese di marketing e di sponsorizzazione tipiche del prodotto delle
imprese industriali che devono investire nella promozione del marchio e dell’Innovazione costante
del prodotto
• La gestione dello scaffale: le marche del distributore fruiscono di un trattamento preferenziale
rispetto i prodotti a marca industriale

Tali fattori hanno determinato un forte aumento del potere contrattuale dei distributori, che possono
perseguire differenti obiettivi nella proposizione della propria private label:
1. Crescita della marginalità media della categoria
2. Differenziazione dell’assortimento rispetto ai rivali rivenditori
3. Fidelizzazione del cliente finale e creazione della store loyalty

Le marche commerciali possono essere classificati in diverse tipologie:


Marchi di fantasia
Non identificano il distributore. Sono marchi di proprietà del distributore ma che non permettono una
chiara associazione adesso.

Marca generica
Sono prodotti caratterizzati da una semplice confezione ed al minimo sforzo grafico, e che puntano ad
attrarre il cliente particolarmente sensibile al prezzo.
Accanto all’indicazione della tipologia merceologica è possibile notare la marca del distributore.

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Prodotti bandiera
Sono prodotti simili alla marca generica ma con un livello di qualità del prodotto superiore e una chiara
associazione con il nome del distributore.
Sono caratterizzati da un elevato budget pubblicitario, packaging comune e aree dedicate all’interno dei
punti vendita.

Marca insegna
I prodotti della marca privata vengono commercializzati con il nome dell’insegna commerciale che
contraddistingue le imprese di distribuzione.
Sono prodotti dalla qualità medio-alta, con packaging simile a quello della marca industriale ma ad un prezzo
leggermente inferiore. Il legame tra insegna commerciale e marchio è molto forte.

Marca premium
I prodotti sono caratterizzati da una qualità e prezzo più elevati del prodotto leader, i quali rispondono alla
domanda di prodotti ricercati, tipici e regionali.

L’introduzione delle marche private da parte delle imprese commerciali hanno avuto implicazioni nei:
• Rapporti orizzontali, ovvero tra retailer
• Rapporti verticali, ovvero tra retailer e di imprese industriali
Gli SVANTAGGI per le imprese industriali sono:
1. Aumento della concorrenza per accedere al mercato distributivo: il lancio di marche private da parte
dei distributori riduce lo spazio competitivo dei brand e industriali
2. Riduzione del potere contrattuale nei confronti del distributore
3. Perdita del controllo sulle informazioni relative ai consumatori e sul loro comportamento nel punto
vendita
I VANTAGGI per le imprese industriali sono:
1. Possibilità di vendere elevate quantità di prodotto senza sostenere i corsi di marketing di cui si fa
carico l’impresa commerciale
2. Utilizzo della capacità produttiva in eccesso
3. Possibilità di accedere al mercato del largo consumo

Vi sono tre differenti strategie che le imprese industriali possono adottare nei confronti del marchio
commerciale

Strategie di produzione e vendita della sola marca industriale: è percorribile solamente dalle marche
industriali leader, capaci di grandi investimenti in ricerca e sviluppo, produzione e marketing.
Strategia delle imprese terziste: le aziende manifatturiere possono decidere di produrre unicamente per le
marche commerciali o altre marche non di loro proprietà.
Strategia mista: l’impresa industriale produce sia per la marca commerciale sia per il proprio maschio.

6.4CATEGORY MANAGEMENT
Il category management rappresenta una strategia di collaborazione tra impresa industriale, la quale
rinuncia a focalizzarsi su singolo prodotto, e di impresa commerciale, che ragiona solo in termini di intero
assortimento.
Il focus è sul concetto di categoria di prodotti e sulla condivisione di informazioni che la riguardano.
I prodotti vengono suddivisi in categorie in funzione del tipo di acquisto da parte dei consumatori.
Ciascuna categoria viene gestita rispetto a specifici obiettivi di vendita e di profitto, ad uno specifico ruolo
all’interno dell’assortimento e mediante uno specifico retailing mix (assortimento, promozioni,
merchandising, layout, prezzo).
Uno dei principali obiettivi del category management è quello di definire e proporre al consumatore
all’interno dei punti vendita un offerta di beni servizi che risponda in modo ottimale alle sue specifiche
esigenze, facendo leva sulle caratteristiche peculiari di ciascuna categoria di prodotto.

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L’implementazione del category management comporta conseguenze diversi livelli, riguardanti un corretto
sviluppo del rapporto produttore-distributore-consumatore, per il miglioramento delle condizioni di
funzionalità duratura di tutte le imprese coinvolte.

È una strategia in grado di creare valore per tutti e tre gli attori in gioco:
Consumatore: esprime, attraverso i comportamenti di acquisto, le proprie esigenze al distributore, il quale
provvede a trasmetterle al produttore.
Produttore: può fornire beni quali-quantitativamente rispondenti ai bisogni del consumatore finale,
agevolando l’attività di vendita.
Distributore: grazie alle competenze e alle conoscenze condivise con il produttore, è in grado di
razionalizzare l’offerta aumentandone la trasparenza e facilitando le scelte del cliente.

7.IL NUOVO SCENARIO DEL COMMERCIO ONLINE

7.1E-COMMERCE: I NUOVI INTERMEDIARI ONLINE E LE TECNOLOGIE EMERGENTI


L’e-commerce è il processo di acquisto, vendita, trasferimento o scambio di prodotti, servizi e informazioni
via reti di computer e tramite internet.
Gli elementi chiave dell’e-commerce sono:

Persone e imprese
Venditori, compratori, intermediari di prodotti o di informazioni, specialisti di tecnologia, analisti e tutti i
soggetti che in un’organizzazione collaborano direttamente lo sviluppo dell’e-commerce, come gli addetti
alla funzione logistica.
Marketing e Advertising
Un progetto di commerce deve essere supportato da azioni di marketing e campagne di advertising
finalizzate a portare traffico di utenti nel sito web e anche inventare le vendite.
Servizi di supporto
Sono tutti quei Servizi complementari al commercio elettronico tra cui la creazione di contenuti, la gestione
dei pagamenti on-line e la gestione degli aspetti logistici legati alla consegna degli ordini.
Policy pubblica
Le politiche attuate dai governi locali materie come privacy, dazi doganali o regolamentazioni su prodotti,
influiscono sulle dinamiche del commercio on-line.
Partnership di business
Si possono instaurare numerose tipologie di partnership che servono a rendere la traslazione più efficiente
ed efficace.

Le principali tipologie di transazioni che possono avvenire on-line sono:


1. BUSINESS TO BUSINESS (B2B): sono alle transazioni che avvengono tre imprese o organizzazioni.
Rappresentano al 85% del totale delle transazioni on-line.
2. BUSINESS TO CONSUMER (B2C): sono alle transazioni al dettaglio (on-line retail) ovvero tra imprese
consumatore finale.
3. CONSUMER TO CONSUMER (C2C): sono alle transazioni tra utenti privati che avvengono tramite Le
piattaforme on-line in un ambiente dedicato e regolamentato.

I processi di vendita e di acquisto on-line possono essere basati su modelli di business differenti.
Dipendono da ruolo degli attori coinvolti e dalla modalità con cui l’azienda, l’organizzazione o l’utente finale
generano il flusso di ricavi proveniente da tale attività.

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Una distinzione fondamentale riguarda la presenza o meno del magazzino per lo stoccaggio dei prodotti:
• Il soggetto gestore del sito di e-commerce l’attività di vendita e possiede un magazzino per lo
stoccaggio delle merci.
• DROP SHIPPING: il sito di ecommerce vendi prodotti a cliente senza possedere un proprio
magazzino, per cui è un fornitore esterno ad occuparsi della gestione dello stoccaggio e della
spedizione della merce degli acquirenti.

7.2DALLA MULTICANALITÀ ALL’OMNICHANNEL: L’INTEGRAZIONE TRA CANALI ONLINE E OFFLINE


Ovvero la possibilità di acquistare prodotti e servizi tramite supporti mobili, è in costante creUn ruolo
sempre più rilevante svolto dai device mobili(smartphone e tablet): il mobile commerce, scita.
Questo percorso evolutivo è segnato dal passaggio dalla multicanalità, ovvero un utilizzo congiunto ma
separato di diversi canali commerciali on-line e off-line, alla omnicanalità, un approccio di tipo integrato in
cui l’esperienza d’acquisto del consumatore è omogenea e può essere migliorata e personalizzata
nonostante la pluralità e l’eterogeneità dei punti di contatto.
L’omnicanalità mira superamento dei limiti di una gestione organizzata per singolo canale, proponendo un
approccio più vicino al concetto di ecosistema di business in cui i diversi canali coesistono e condividono tra
loro dati informazioni e sono in grado di offrire al cliente, anche in tempo reale, l’esperienza d’acquisto più
idonea rispetto al suo profilo.

7.3LA MISURAZIONE DELLA PERFORMANCE COMMERCIALE ONLINE


Le tecnologie digitali consentono all’operatore di marketing di raccogliere una serie di dati quali, se
analizzate con opportune metriche, sono in grado di produrre nuove porzioni di conoscenza, funzionali a
compiere migliori decisioni di business.
Le metriche più significative per l’analisi e il monitoraggio di un sito di e-commerce sono:

Visite del sito web


Esprime il numero delle volte in cui sito web è stato digitato.
Fornisce una valutazione quantitativa rispetto al volume di traffico che il sito genera.
Durata media delle visite
Esprime il valore medio del tempo che gli utenti spendono nel sito.
È utile per quantificare il livello di interesse degli utenti nei confronti dei contenuti del sito.
Bounce Rate o frequenza di rimbalzo
Esprime il tasso di abbandono del sito o di una certa pagine da parte degli utenti.
È possibile valutare il grado di rilevanza dei contenuti del sito rispetto all’utente target che lo ha visitato.
Un elevato tasso di rimbalzo può far supporre che il sito non sia ben strutturato o che non sia in linea con il
pubblico che vi ha fatto accesso.
Carrelli abbandonati
Indica il numero di acquisti che non sono andati a buon fine.
Consente di comprendere il processo d’acquisto si sia interrotto.
Un elevato numero di carrelli abbandonati potrebbe essere un segnale di malfunzionamento delle fasi finali
del check-out
Conversion Rate o tasso di conversione
Esprime rapporto tra il numero di utenti che hanno effettuato un acquisto il numero di utenti che hanno
visitato il sito web.
Un elevato tasso di conversione può indicare che l’offerta, la strategia di marketing e il percorso da cui sono
stati progettati correttamente.

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CAPITOLO 9: LA PROGETTAZIONE DEL VALORE E LE POLITICHE DI PREZZO

2.PRINCIPALI FATTORI CHE INFLUENZANO LE DECISIONI DI PREZZO

Il prezzo è una delle componenti più significative del marketing mix. Dal suo livello dipende quello del
fatturato, della redditività, della domanda e la competitività che l’impresa è in grado di raggiungere.
I fattori che influenzano il processo di determinazione del prezzo si possono distinguere in fattori interni e
fattori esterni.

Tra i fattori interni:


Strategie aziendali di marketing
Prima di definire il prezzo risulta opportuno verificarne l'allineamento con la strategia aziendale.
Il prezzo per rappresentare una derivazione di scelte strategiche e gli obiettivi di carattere generale
dell’impresa.
Marketing mix
Un’altra storia importante legame fra il prezzo e le altre variabili del marketing mix.
Prezzo obiettivo: prima si attribuisce il prezzo e successivamente si definiscono le altre variabili di marketing.
Tale variabile risulta rilevante per il posizionamento del prodotto a fronte della correlazione fra precessione
del prezzo da parte dei consumatori e aspettativa in termini di qualità.
Costi
Mediante i costi possono essere definiti utilmente dei prezzi che, tuttavia non tengono in esame le variabili
esterne e la domanda.
Struttura organizzativa per la definizione del pricing
Il processo di determinazione del prezzo è risultato di una concertazione che coinvolge differenti funzioni
aziendali: commerciale e reti di vendita, direzione, amministrazione.
I rappresentanti di queste aree si confrontano sulla base delle informazioni che ciascuno il possesso e sulle
differenti immagini del mercato.
Il processo avviene effettuando un’analisi immediata dei fattori influenzanti (costo, domanda, concorrenza).

Tra i fattori esterni:


Natura del mercato della domanda
Le decisioni di prezzo sono influenzate dalla forma di mercato (concorrenza perfetta, concorrenza
monopolistica, concorrenza oligopolistica o monopolio) e dalle caratteristiche della domanda, di cui è
necessario considerare l’elasticità della domanda rispetto al prezzo.
Concorrenza
Tale elemento ha tanto più importanza tanto quanto gli operatori presenti sul mercato se condizionale
reciprocamente.
Le scelte relative alla fissazione dei prezzi sulla base della concorrenza deve tenere in considerazione il livello
dei prezzi è la funzione di costo dei competitor.
Altri fattori esogeni
Esistono differenti attori che possono intervenire nella definizione di tale variabile: reteiler, altri intermediari
commerciali, aziende di credito, operatore pubblico.
Specificità del pricing di beni industriali nel mercati esteri
dei mercati industriali presenti elementi di notevole La formulazione delle strategie di prezzo all’interno
complessità:
• Un 1º elemento riguarda la stretta connessione esistente tra le catene del valore del dei clienti con
quelle dei propri fornitori: ogni prodotto è allo stesso tempo output dell’impresa venditrice e input
dell’acquirente.
Il valore monetario espresso dal prezzo deve impastare su entrambe le catene e di venir elemento di
collegamento e di integrazione tra sistemi.

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• Un 2º elemento riguarda la complessità che induce a una valutazione su diversi fattori: l’esistenza di
prezzi multipli e lo sforzo relazionale da compiere prima della conclusione del contratto e del
complimento della transazione.
La politica di prezzo si fonda su fattori ed elementi peculiari che derivano dal ruolo svolto dalla relazione
della presenza di un rapporto stretto e continuativo tra le parti.
Ogni decisione da assumere con riferimento al prezzo deve essere necessariamente ricondotta alla
relazione.

3.DEFINIZIONE DEL PREZZO IN BASE AI COSTI DI MARGINALITÀ

Il costo è uno dei parametri più utilizzati per la determinazione del prezzo e può essere un adeguato punto
di partenza per le decisioni di pricing.
I diversi livelli di prezzo (prezzi interni) sono:

1. PREZZO BASE/MINIMO: è il prezzo che permette il recupero dei soli costi variabili di prodotto.
Prezzo base = costi variabili unitari
2. PREZZO TECNICO/DI EQUILIBRIO: è un prezzo che permette il recupero totale dei costi variabili e dei
costi fissi.
Prezzo tecnico = costi variabili unitari + (costi fissi/ quantità attesa di vendite)
3. PREZZO TARGET: permette oltre alla copertura dei costi fissi e variabili anche di recuperare una parte
di marginalità.
Prezzo target = prezzo tecnico + redditività attesa * (capitale investito/ quantità attesa di vendite)
Più frequentemente il prezzo target è calcolato incrementando il prezzo tecnico con un margine fisso o
prevedendo una percentuale di ricarico.

Modello del punto di parete (Bep)


Permette di stimare il volume di produzione e vendite di pareggio.
Ricavi totali = costi totali. Bep = costi fissi/ prezzo - costi variabili unitari
All’aumentare delle quantità vendute immagini di contribuzione va a coprire prima i costi fissi e poi
determina l’entità dell’utile.
A ogni livello di prezzo si otterrà un differente margine di contribuzione e di conseguenza indifferente
volume di pareggio.
L’analisi del punto di pareggio permette di effettuare simulazioni relative alla relazione tra prezzo e volumi.

4.DEFINIZIONE DEL PREZZO IN BASE ALLA DOMANDA

L’analisi delle caratteristiche dei consumatori e dei vari aspetti che definiscono il loro comportamento
rappresentano un altro rilevante fattore da tenere in considerazione nella determinazione dei prezzi.
La curva di domanda mette relazione le unità vendute di un prodotto con i diversi livello di terzo.
Ad agire sul livello delle quantità richieste sono, oltre al prezzo:
• Le preferenze dei consumatori, legate a fattori geografici, demografici, culturali e tecnologici
• La disponibilità di prodotti sostitutivi che rende la domanda più elastica
• Le condizioni economiche dei consumatori
Il prezzo determina spostamenti lungo la curva di domanda.
Gli altri fattori causano spostamenti della curva di domanda.
Il parametro necessario per ottenere indicazioni relative al prezzo è l’elasticità della domanda, che identifica
la variazione percentuale della quantità acquistata di un dato prodotto rispetto ad una variazione
percentuale del prezzo.
• Domanda ELASTICA: quando la domanda si riduce all’aumentare del prezzo e viceversa.
• Domanda RIGIDA: la domanda non si modifica al variare del prezzo.
• Domanda con ELASTICITÀ POSITIVA: quando cresce al crescere dei valori di prezzo.

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Le difficoltà operative nell’utilizzare la domanda nella definizione del pricing fanno sì che le imprese
ricorrono spesso a metodi alternativi rispetto a quello dell’elasticità della domanda, che si basano sul valore
percepito dal consumatore:

Analisi del profitto del potenziale


È possibile associare differenti livelli di prezzo in relazione agli attributi che il cliente utilizza per la selezione
di quel prodotto.
Permette di comprendere il valore associato ai singoli attributi ed a confrontarsi con dei prodotti
concorrenti per comprendere se cliente disposto a spendere un premium Price.
Analisi del valore d’uso (value in use price)
La determinazione del prezzo del prodotto avviene aggiungendo al prezzo scaturito dall’analisi dei costi un
margine in funzione del valore d’uso percepito dal cliente.
Permette di considerare tutti i benefici oggettivi e soggettivi che il cliente può attribuire al prodotto è che
possono influire sul prezzo e valutare il valore massimo accettabile dal cliente.

5.DEFINIZIONE DEL PREZZO IN BASE ALLA CONCORRENZA

Le scelte relative alla fissazione dei prezzi sulla base della concorrenza devono tenere in considerazione il
livello dei prezzi e la funzione di costo dei competitors.
Importante sul serio e tre stelle differenziazione del prodotto per amore distinzione fra due differenti
modalità di competere:
• Il prezzo è la principale variabile competitiva
• Si enfatizza differenziazione in relazione ai prodotti dei concorrenti
Le informazioni da ricercare nel momento in cui l’azienda vuole definire un pezzo sulla base della
concorrenza sono:

Individuazione dei competitor e della loro rilevanza


Può essere utile condurre l’analisi di competitive intelligence sui concorrenti diretti e tra le imprese che
commercializzano prodotti sostitutivi.
I parametri da controllare sono:
1. Quote di mercato: rilevante quando si è in presenza di mercati con fatturati concentrati ovvero
sviluppati da poche grandi imprese.
2. Tasso di sviluppo della domanda

Conoscenza del livello di prezzi applicati, delle funzioni di costo e delle scelte relative alle strategie di pricing
Oltre a conoscere il livello dei prezzi è necessario avere informazioni sulla funzione di costo dei concorrenti,
ovvero, è rilevante conoscere l’entità dei costi variabili per unità di prodotto che costituisce il prezzo minimo
(prezzo base) di vendita.
In una price competition conoscere questo parametro permette di avere informazioni per stimare fino a
quando il concorrente può spingersi al ribasso mantenendo una marginalità positiva.

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6.STRATEGIE DI PRICING

Le strategie e le tattiche che le imprese possono adottare solo:

1.OBIETTIVI DI MERCATO
Possono essere individuati tre differenti percorsi alternativi in relazione a come l’impresa sceglie di
posizionarsi nel mercato:

Politica di scrematura
La strategia di scrematura ha come obiettivo il mantenimento di un prezzo relativamente elevato del bene
commercializzato.
Permette di limitare le offerte in quantità e di sviluppare ampi margini e di qualificare l’acquisto di solo
alcune tipologie di clienti.
La scelta di scremare il mercato ha un orizzonte temporale limitato a cui servono scelte di contenimento dei
prezzi al fine di rivolgersi a fasce di mercato e di dimensioni maggiori.

Penetrazione
L’impresa che decide di entrare in un mercato determina il valore del bene commercializzato in modo da
contenerne e il prezzo.
Il management si pone l’obiettivo di incrementare sensibilmente velocemente le vendite acquisendo un
Market share significativo.
Solo nel momento in cui le quantità vendute siano ritenute adeguate l’impresa può procedere ad un
incremento del prezzo per permettere di ampliare immagini unitari senza sacrificare la quota di mercato.
Devono esserci alcune condizioni:
• La presenza di competitor attaccabili
• Alla crescita dei volumi di vendita deve accompagnarsi un incremento dei rendimenti di scala

Mantenimento della quota


L’impresa che perseguono che tipo difensivo di mantenimento della quota di mercato addosso una politica
di parity pricing, che consiste nel determinare il prezzo focalizzandosi sui prezzi praticati dai fornitori di
prodotti o servizi comparativi.

2.POLITICHE DI PREZZO PER GAMMA


La politica di prezzo deve essere determinata in termini di ampiezza, profondità e coerenza.
La determinazione del prezzo dei singoli prodotti diversi ed è realizzata analizzando la relazione che esiste
tra gli stessi nell’ambito della gamma produttiva, al fine di massimizzarne la redditività.
Le decisioni di prezzo della gamba sono correlate alle relazioni esistenti fra differenti prodotti e ruolo
assegnato ai vari prodotti all’interno della gamma. Si distinguono:

Prodotti per fasce di prezzo


Consiste nel fissare le fasce di prezzo dei prodotti compresi all’interno della medesima linea.
Tali fasce dovrebbero contemplare sia la valutazione delle caratteristiche dei prodotti da parte della
clientela sia i prezzi della concorrenza.

Prodotti con prezzi civetta


L’impresa fissa il prezzo di un prodotto di una linea ad un livello spesso inferiore al suo corso con l’obiettivo
di attirare i clienti sugli altri prodotti della linea venuti a prezzi più elevati.

Prodotti complementari
Consiste mi fissare un prezzo basso per il prodotto principale di una linea ed uno elevato per i prodotti
complementari, necessario per il suo funzionamento o potenziamento.

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3.POLITICA DEGLI SCONTI ED ABBUONI


Gli sconti ed abbuoni rappresentano una diminuzione del livello del prezzo che può manifestarsi secondo
differenti forme:

Sconti di quantità
Vengono concessi solo dall’impresa con finalità di aumentare i volumi delle vendite.
Può consentire una migliore organizzazione della capacità produttiva dell'impresa e il raggiungimento di
economie di scala. Si distinguono:
1. Non cumulativi: vengono calcolati sulla base di un singolo ordine composto da uno o più articoli.
2. Cumulativi: vengono riconosciuti al cliente quando ha raggiunto un determinato volume di acquisti.

Sconti commerciali
Sono applicati, partendo dai prezzi di listino, per remunerare le attività commerciali svolte dai vari attori del
canale di distribuzione.

Sconti di cassa
Vengono erogati dall’impresa per incassi anticipati rispetto ai normali standard.

Sconti stagionali
Vengono concessi a fronte di ordini emessi dall’azienda durante i periodi morti consentendo una migliore
organizzazione della capacità produttiva.

Sconti promozionali
Si tratta di sconti concessi dall’ impresa venditrice agli acquirenti che hanno offerto un determinato servizio
promozionale sui prodotti.

4.POLITICHE DI PREZZO DELLE IMPRESE COMMERCIALI


Sì possono individuare differenti modalità:

Prezzi unici
Con la politica del prezzo Nikon l’impresa applica lo stesso prezzo su tutti i prodotti acquistati dei differenti
clienti.
Contribuisce creare un immagini di fiducia nei confronti di un determinato venditore.

Prezzi differenziati per tipi di clientela


Con la politica dei prezzi differenziata l’impresa può vendere allo stesso tipo di clienti quantità simili di
prodotto apprezzi differenti.
È utilizzata per sottrarre clienti alla concorrenza e per iniziare una strategia di fedelizzazione verso un
potenziale cliente.

Indicazione del prezzo unitario nuova


Al fine di consentire al cliente di effettuare confronti di prezzo su prodotti similari, in aggiunta il prezzo
riferito alla confezione viene indicato anche quello per unità di misura.

Politica dei prezzi per linea di prodotti


Viene selezionato un numero limitato di livelli di prezzo per valorizzare l’intero assortimento

Loss leader/ prodotti civetta


Consiste nella diminuire il prezzo di prodotti di marca per attrarre li clientela all’interno del punto di vendita.
Una volta entrati i clienti saranno indotti ad acquistare altri beni, determinando in tal modo un effetto
positivo con un aumento dei livelli di vendita e dei profitti finali.

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Every day low pricing


Il dettagliate fisso presso costantemente più basso per i prodotti che costituiscono la sua testa , riducendo
ho rinunciato a promozioni o offerte speciali. I vantaggi sono:
1. Limita la guerra dei prezzi
2. Il ricorso alla pubblicità è ridotto
3. Regolarizza i flussi di clientela all’interno del punto di vendita
4. Migliora la gestione del magazzino
5. Migliora la marginalità

High low
Il venditore applique attrezzi prelevati ma utilizza con frequenze le promozioni per portare il prezzo di sotto
di quello della edlp. I vantaggi sono:
1. Favorisce processo di fermentazione della clientela
2. Genera entusiasmo della clientela
3. Promuove la rotazione della merce
4. Conferisce un elevato posizionamento al punto di vendita
5. Risulta più facilmente applicabile

CAPITOLO 10: PIANIFICAZIONE, METRICHE DI CONTROLLO E ASPETTI


ORGANIZZATIVI DEL MARKETING

1.IL PIANO DI MARKETING

1.1L’IMPORTANZA DELLA PIANIFICAZIONE DI MARKETING


La pianificazione di marketing è finalizzato a supportare la pianificazione strategica di impresa, definendo
piani più dettagliati incentrati su specifiche opportunità di mercato.
Il suo scopo è di comunicare in modo efficace a tutte le parti interessate le linee d’azione individuate
dall’impresa in relazione ai propri mercati.

Nelle organizzazioni complesse la pianificazione di marketing segue un processo articolato in tre fasi:
1. PIANIFICAZIONE: consiste nella stesura del piano di marketing, un documento scritto che sintetizza la
strategia di marketing.
2. IMPLEMENTAZIONE: si procede all’attuazione del piano di marketing previo ottenimento delle
risorse necessarie.
Si deve stabilire la tempistica delle azioni ed eseguire il programma elaborato in fase di
pianificazione.
3. ha come obiCONTROLLO: ettivo quello di verificare che programma definito si sviluppi secondo la
direzione stabilita.
Ciò richiede un monitoraggio costante dei risultati tesa rilevare, con tempestività, le eventuali
divergenze rispetto agli obiettivi stabiliti e ad agire su divari correggendo quelli negativi e sfruttando
quelli positivi.

È un processo circolare in quanto presuppone una continuità delle azioni e la possibilità che la fase di
controllo possa contribuire a ridefinire nel tempo gli obiettivi e le scelte strategico-operative del piano.

Nonostante i limiti della pianificazione legate a rischio di rigidità ed eccessiva burocratizzazione delle
procedure, la redazione scritta dei piani di marketing è molto utile in quanto consente una migliore
condivisione delle attività a livello organizzativo, stabilisce con chiarezza le responsabilità e fornisce un
memoria storica delle strategie di marketing.

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Il piano di marketing rappresenta uno schema concettuale da seguire per assumere le decisioni e condurre
le attività di marketing in maniera rigorosa ed ordinata, assicurando la necessaria integrazione
interfunzionale.
Deve essere concepito come una guida operativa che può e deve orientare l’impresa nel suo agire
quotidiano.

Uno dei requisiti essenziali per il successo della pianificazione di marketing e la sua coerenza che deve
essere garantita a diversi livelli:

Coerenza rispetto alle strategie di business: ossia rispetto alla natura dei vantaggi competitivi che l’impresa
si propone di perseguire nei confronti dei concorrenti ed alla strategia di base decisa.
Coerenza rispetto alle caratteristiche del mercato: la formulazione del Piano presuppone un attenta
valutazione delle aspettative e dei comportamenti dei potenziali clienti e delle politiche adottate dai
concorrenti, in modo da sviluppare strategie e programmi operativi in grado di offrire un beneficio percepito
superiore.
Coerenza interna: tra obiettivi, scelte strategiche e politiche operative di marketing che vengono stabilite.

1.2I CONTENUTI DEL PIANO DI MARKETING DI PRODOTTO


Oltre al piano di marketing complessivo le imprese possono realizzare piani più specializzati che possono
riguardare lo sviluppo di un prodotto, la gestione del brand o della comunicazione.
Nella maggior parte dei casi il piano di marketing si riferisce al singolo prodotto, ovvero ad un’intera linea o a
l’insieme dei prodotti commercializzati con un determinato marchio.
Delinea lo scenario competitivo di riferimento:
• Obiettivi fissati in termini di performance di mercato (fatturato, quote di mercato) ed economiche (
margine di contribuzione)
• Strategie (scelta dei target , definizione del posizionamento e marketing mix)
• Risorse necessarie per realizzarle

È predisposto dal product manager e verificato, integrato, approvato dal direttore marketing, che ha il
compito di coordinare e rendere coerenti fra loro i vari piani di prodotto, allocando le risorse necessarie.
Una volta approvato il piano di marketing diventa vincolante per tutte le funzioni aziendali coinvolte nella
sua realizzazione.
La struttura del piano di marketing è formata da:

SOMMARIO
Il piano di marketing si apre con una breve presentazione dei contenuti ed un indice del documento.
In due pagine al massimo vengono sintetizzatore visti discendenti , le strategie di fondo e di programmi
operativi prestabiliti.

ANALISI
È una sezione in cui si spiegano i presupposti del piano , ossia le premesse analisi che in grado di giustificare
le scelte strategico ed operative contenute nel documento.
Si compie un’analisi dell’ambiente esterno e di interno a l’impresa , riferita al presente , passate futuro, per
evidenziare:
• Tendenze generali
• Comportamenti dei vari interlocutori e delle forze competitive
• Posizione specifica dell’impresa nel mercato

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Ambiente esterno
L’analisi dell’ambiente esterno è utile per determinare la creatività del mercato.
L’analisi delle variabili esterne dovrebbe evidenzia rifatto di critici di successo su cui puntare per sviluppare
un vantaggio competitivo significativo e duraturo nel tempo. Riguarda:
1. Ambiente generale
2. Mercato di riferimento
3. Concorrenza
4. Intermediari commerciali
5. Cliente finale

Ambiente interno
L’analisi dell’ambiente interno riguarda le principali strategia di marketing e performance ottenute
dall’impresa nel recente passato.
Ha come obiettivo quello di valutare la capacità competitiva dell’impresa , attraverso l’identificazione dei
punti di forza e di debolezza sui quali basare lo sviluppo del vantaggio competitivo. Riguarda:
1. Offerte dell’impresa
2. Politiche di prezzo
3. Politiche di comunicazione
4. Politiche di distribuzione

OBIETTIVI E SCELTE STRATEGICHE


Gli obiettivi del piano di marketing di prodotto possono essere definiti in termini di performance di mercato
( volume delle vendite , fatturato , quota di mercato) ed economiche ( margini di contribuzione).
Gli obiettivi devono essere:
• Realistici: sostenibile dal punto di vista economico ed organizzativo
• Coerenti: rispetto alle aspettative manifestate dall’alto direzione, ai vincoli costituiti dalle risorse
disponibili ed alle possibilità consentite dal mercato
• Specifici: mirati e comprensibili in modo univoco
• Misurabili: al fine di poterli controllare

Definitivi gli obiettivi, occorre procedere all’identificazione delle modalità strategica previste per il loro
raggiungimento.
La definizione degli obiettivi e delle scelte strategiche è strettamente collegata e le decisioni si influenzano a
vicenda.
Le scelte fondamentali che qualificano la strategia di marketing di prodotto sono riferibili a:
1. Definizione del target group
2. Fattori su cui basare la differenziazione del prodotto e l’offerta di un beneficio percepito superiore
3. Linee guida per l’impostazione del marketing mix

PROGRAMMI OPERATIVI
Vengono formulati i piani operativi annuali di prodotto , prezzo , comunicazione e distribuzione , facendo
attenzione ad assicurare la massima coerenza dei contenuti.

PREVISIONI DI CONTO ECONOMICO


Sulla base delle analisi svolte , degli obiettivi definiti e delle strategie programmate , occorre fare una
dettagliata previsione di conto economico necessaria per:
• Valutare la reale fattibilità delle azioni di marketing previste
• Operare una scelta tra eventuali ipotesi alternative
• Disporre di parametri utili per effettuare il controllo del piano e verificare la sua validità
La stesura del prospetto di conto economico previsionale può seguire due diversi criteri:

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Metodo dell’utile netto


Sottrae al fatturato netto (non comprendente i margini commerciali dei distributori) tutti i costi, diretti e
indiretti, di marketing e industriali.
Tale metodo è più esaustivo ed attendibile in quanto evita il rischio di considerare positive delle situazioni
nelle quali una corretta valutazione di tutti i costi che possono evidenziare l’esistenza di perdite.
È più appropriato per effettuare previsioni di medio/lungo termine e riferite ad unità di pianificazione
ampie.
Un = F – (CDm + Cim) – (CDi – Cg)

Un = utile netto
F = fatturato
CDm = costi diretti di marketing
Cim = costi indiretti di marketing
Cdi = costi diretti industriali
Cg = altri costi generali

Metodo del margine di contribuzione


Considera solo i costi diretti. Con tale metodo si evita qualsiasi problema legato all’imputazione dei costi
indiretti.
È più appropriato per effettuare previsioni di breve termine e riferite a specifiche unità di pianificazione.

Mc = F – CDm - CDi

Mc = margine di contribuzione
F = fatturato
CDm = costi diretti di marketing
CDi = costi diretti industriali

CONTROLLI
La fase di controllo è fondamentale per riflettere sulle proprie capacità di ospedali e per impostare la
pianificazione futura.

2.MODELLI ORGANIZZATIVI E RUOLI DELLA FUNZIONE DI MARKETING

2.2COLLOCAZIONE DELLA FUNZIONE NEL CONTESTO AZIENDALE E MODELLI ORGANIZZATIVI INTERNI


I contenuti della progettazione organizzativa di marketing possono essere affrontati attraverso due livelli di
analisi riguardanti l’organizzazione delle attività e delle competenze all’interno dell’unità aziendale e la
scelta della sua posizione nell’organigramma aziendale, in rapporto agli altri livelli e unità funzionali.
L’orientamento al mercato è la filosofia di gestione che ispira l’impresa nel governo dei suoi rapporti con il
mercato esterno.
Influenza la collocazione del marketing all’interno della macrostruttura, l’entità e rilievo dei compiti svolti,
l’influenza esercitata sulle scelte di impresa, le relazioni e il tipo di interdipendenza e i meccanismi da
adottare per realizzare la necessaria integrazione.

Il passaggio dell’orientamento al prodotto a quello alle vendite e al marketing presuppone la situazione di


crescente complessità della funzione di marketing.

Nel caso di imprese orientate al prodotto, l’attenzione si rivolge soprattutto alla progettazione e alla
realizzazione degli output e all’acquisizione delle risorse finanziarie necessarie, mentre l’attività svolta dalla
funzione di marketing appare molto ridotta, limitata la cura dei rapporti con la clientela e alle azioni di
vendita e distribuzione dei prodotti.

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L’orientamento alle vendite potrebbe spingerli imprese a potenziare le strutture e i mezzi destinati alla
funzione marketing, al fine di disporre di un elevata capacità di vendita dei prodotti, secondo una logica
operativa che porta concepire i rapporti con il mercato in modo unidirezionale, volto ad influenzare gli
acquirenti nelle loro scelte, più che a comprendere le dimensioni e le caratteristiche del mercato stesso.

Nel caso di imprese orientate al marketing, tale funzione riveste un ruolo fondamentale nella fase di
definizione delle strategie aziendali ed assolve un importante ruolo di coordinamento intra/inter funzionale
tra tutte le attività aziendali che possono influire sul rapporto con il mercato.

1. Organizzazione per FUNZIONE: Basata sulla specializzazione dei compiti e delle mansioni assegnate
ai singoli individui.
Presenta limiti in termini di difficoltà di coordinamento, eccessiva burocratizzazione e scarso sviluppo
di competenze manageriali generali.

2. Organizzazione per PRODOTTI: prevede la presenza di un livello direzionale aggiuntivo (Product


Manager) da cui dipendono una serie di attività organizzate su base funzionale.

3. Organizzione per MERCATI/CLIENTI: prevede la presenza di un livello direzionale aggiuntivo (Market


Manager) da cui dipendono una serie di attività organizzate su base funzionale.

4. Organizzazione MISTA: combina la struttura per prodotti e quella per mercati e clienti, basandosi
sull’adozione contemporanea dei Product Manager e Market Manager, per cui alla linea di autorità
fondata sulle funzioni si sovrappongono due linee di influenza legate ai prodotti ai mercati.

2.3COMPLESSITÀ E TENDENZE EVOLUTIVE IN ATTO NELL’ORGANIZZAZIONE DI MARKETING


I cambiamenti in atto nella realtà operativa e concorrenziale in cui operano le imprese tendono a modificare
le modalità secondo cui le imprese si rapportano ai mercati, influenzando la criticità delle attività di
marketing e le modalità organizzative che vengono adottate.
In particolare:
1. Sviluppo di nuove modalità di lavoro che privilegiano l’integrazione interfunzionale e la logica
gestionale per processi
2. Progressivo dissolvimento dei confini organizzativi interfunzionali e sviluppo del marketing come
funzione diffusa
3. Affermarsi di nuove figure professionali nell’area di marketing, in grado di favorire una migliore
integrazione dell’impresa con i soggetti esterni di riferimento

2.3.1LAVORO IN TEAM E LOGICHE ORGANIZZATIVE PER PROCESSO


Dove è presente una funzione centrale di staff che gestisce i servizi e le attività di marketing per conto di
diverse unità, la crescente rilevanza strategica del marketing potrebbe rafforzare l’importanza della funzione
stessa come strumento di integrazione e coordinamento interfunzionale.
Si affermano nuove modalità di lavoro basate sulla gestione per processi enfatizzano il ruolo dei team di
lavoro e privilegiano l’integrazione e la collaborazione a tutti i livelli.
Tali logiche presuppongono una riduzione dei livelli gerarchici intermedi ed una redistribuzione del potere e
delle autorità all’interno delle singole unità organizzative.

2.3.2IL MARKETING COME FUNZIONE DIFFUSA


Nel momento in cui le imprese implementano un orientamento al marketing e la centralità del cliente
diviene il fulcro dell’operatività dell’impresa tende a verificarsi un dissolvimento della funzione di marketing,
ossia la scomparsa di un dipartimento dedicato e la conseguente identificazione del marketing con le più
generali attività di management.

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Il concetto di funzione diffusa applicato al marketing presuppone l’esistenza di una cultura di marketing
forte e condivisa che lo scenario di mercato attuale rende sempre più importante ai fini del successo e della
competitività aziendale.

Nelle piccole medie imprese spesso le attività di marketing non trovano formalizzazione in uno specifico
dipartimento per mancanza di risorse o per ragioni culturali che portano a privilegiate obiettivi di breve
termine.

Nelle grandi imprese, data la disposizione di maggiori risorse, si tende ad avere una cultura manageriale
maggiormente consapevole della criticità del marketing.
Non è sempre detto che a ciò corrisponda la presenza di un dipartimento funzionale di marketing
circoscritto e strutturato. Occorre considerare anche il modo in cui viene concepito il concetto di marketing.

2.3.3NASCITA DI NUOVE FIGURE PROFESSIONALI ED EVOLUZIONE DEGLI SPECIALISTI DI MARKETING


La ricerca di maggiore coordinamento ed integrazione interfunzionale tende a favorire cambiamenti anche
sotto il profilo delle mansioni e professionalità coinvolte nelle attività di marketing.
L’evoluzione delle competenze e degli specialisti di marketing può essere analizzata lungo 2 direzioni:

Sviluppo di nuove figure professionali legate al mondo digital


• Community Manager: ha il compito di gestire, amministrare e moderare una community onlinr
• Digital Strategist: predispone le strategie di promozione mixando vari canali con differenti messaggi
• Esperto SEO: ottimizza i contenuti di un sito internet per i vari motori di ricerca
• Digital Analyst: specialista nella gestione di metriche e dati prodotti dal web
• Web Content Strategist: progetta ed elabora i contenuti delle campagne sul web
In tale contesto sono indispensabili le Soft Skills: pensiero critico, creatività, capacità di negoziazione e
problem solving, capacità decisionale e di team work.

Sviluppo e potenziamento di figure professionali legate al marketing relazionale e alla gestione di relazioni
complesse
La necessità di rapportarsi con un numero crescente di soggetti, in possesso di conoscenze e capacità di
valutazione, determina una crescente delle attività di analisi e monitoraggio del mercato.
Ciò richiede un potenziamento delle posizioni addetta alla gestione della SIM, degli analisti di mercato, degli
specialisti di ricerche di mercato I cui compiti si ampliano.
La criticità delle relazioni con il mercato tende a favorire una crescita d’importanza dei livelli operativi
inferiori e delle posizioni di front line che assumono un ruolo decisionale più attivo.
Ciò riguarda le posizioni che si rapporta o con il consumatore finale, importanti per il ruolo informativo che
assolvono e per la loro capacità di interagire con il consumatore creando le condizioni per un maggiore
coinvolgimento nel processo di creazione del valore.

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