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CAP.

6 → LE STRATEGIE COMPETITIVE E I MODELLI DI ANALISI DI MERCATO

1: il rapporto tra strategia complessiva e strategia competitiva


Il disegno strategico aziendale si fonda sulla capacità dell'impresa di poter competere con successo nel o nei mercati
in cui decide di entrare. La ricerca del vantaggio competitivo è alla base delle scelte imprenditoriali che definiscono la
strategia complessiva perseguita nella gestione. Il vantaggio competitivo deriva dalle risorse che l’azienda possiede o
ritiene di poter acquisire, risorse che le consentono di avvantaggiarsi rispetto alla concorrenza.
La decisione di essere presenti in più mercati o aree d'affari non potrà che essere fondata sulle probabilità di
competere efficacemente in cui mercati o in quelle aree di affari. La strategia complessiva verrà così a configurarsi
come il risultato ultimo delle strategie competitive applicabili con successo in più settori merceologici, in più zone
geografiche, in più segmenti o porzioni di mercato. (A.S.A = area strategica di affari)

ORIENTAMENTO STRATEGICO DI FONDO → VISIONE E MISSIONE


Visione → proiezione dello scenario immaginato dall’imprenditore nel futuro.
Missione → il sentiero da seguire per realizzare la vision.

Es. Walt Disney: visione = creare situazioni dove i bambini e le famiglie possano divertirsi insieme.
missione = rendere felici le persone.

2: i paradigmi teorici per la definizione della strategia competitiva


La decisione di ingresso in un mercato è legata allo studio delle sue caratteristiche e alla possibilità non solo di
entrarvi, ma di rimanervi e, con le risorse disponibili, poter competere efficacemente. I rapporti tra l'impresa e
l'ambiente assumono un ruolo fondamentale e uno dei problemi principali nella gestione dell'impresa riguarda i vincoli
esterni che essa deve rispettare o può tentare di modificare tramite i suoi comportamenti.
Secondo gli studiosi strutturalisti è la struttura del mercato che incide sul comportamento delle imprese ed è
quest'ultimo che, a sua volta, determina il risultato della gestione aziendale. Questo paradigma classico viene però
criticato da coloro che ritengono che sia invece il comportamento delle imprese a influire sulla struttura del mercato.
In questa ottica, l'impresa è vista, in realtà, come elemento che influenza l'ambiente, che produce degli output che
finiscono per modificare il settore in cui opera, e non come soggetto che deve semplicemente adattarsi adesso.
Poiché le imprese competono fra di loro acquisendo dei vantaggi durevoli e poiché qualsiasi vantaggio cessa nel
momento in cui diviene generale (perché diffuso a tutti i concorrenti), la produzione di novità non è il risultato soltanto
delle trasformazioni ambientali, ma soprattutto l'effetto della ricerca e dello sfruttamento di nuove opportunità da parte
delle imprese.
Nella versione comportamentistica il ruolo dell'impresa si trasforma da passivo inattivo perché non subisce più il
condizionamento della struttura ma, con le proprie condotte reagisce alla situazione in essere e si propone di
modificarla a proprio vantaggio. Da ciò deriva la visione dell'interdipendenza tra struttura e condotte, che è quella più
vicina alla realtà. Va peraltro osservato che l'ampiezza e l'intensità del ruolo giocato dall'impresa si legano non solo
alle sue caratteristiche ma anche all'effettiva possibilità di incidere sul settore o spazio di mercato in cui è o vorrebbe
collocarsi. Al paradigma SCP tende a sostituirsi un altro paradigma fondato sulle capacità dell'impresa di influenzare i
risultati gestionali. Il nuovo paradigma RCP riduce quindi l'influenza del settore e accresce il peso dei fattori endogeni
nella formulazione delle scelte strategiche. L'impresa, con i comportamenti innovativi che è in grado di attuare in virtù
delle risorse specifiche possedute, sarebbe in grado di mutare l'assetto del settore a cui si rivolge riuscendo a
modificare le regole del gioco e migliorando le probabilità di successo competitivo.
La teoria sullo sviluppo dell'impresa hai inoltre contribuito a delineare anche un altro modello. Il KCP trae spunto dalla
teoria di Nonaka sull’impresa che crea e utilizza conoscenza (impresa come sistema cognitivo) e dalla considerazione
che le capacità sono in grado di ispirare condotte atte a generare il successo competitivo.

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3: l’analisi di settore secondo lo schema della concorrenza allargata
Uno dei più noti schemi di analisi di settore è quello comunemente noto come schema delle 5 forze o della
concorrenza allargata dovuto a Porter. Il modello porteranno della concorrenza allargata basato sulle 5 forze
competitive fa difatti riferimento al paradigma struttura-condotta-risultato perché parte dall’analisi della struttura per
delineare la strategia competitiva mirata al più appropriato posizionano del mercato.
Secondo Porter la scelta di un mercato è guidata non solo dalla relativa attrattività, cioè dalle tendenze espansive
della domanda e dei margini lucro abili, ma anche dalla posizione competitiva che l'azienda potrà assumere, cioè
dalle situazioni di vantaggio che sarà in grado di acquisire rispetto alla concorrenza e che gli assicurano la conquista
di una soddisfacente quota di mercato. L'attrattività di un settore potrà essere cioè valutata analizzando cinque forze
che interagiscono e determinano condizioni di minore o maggiore attrattività. Le cinque forze competitive sono:
- La rivalità tra i concorrenti presenti (concorrenza reale)
- L’entrata di nuovi concorrenti (concorrenza potenziale diretta)
- La minaccia di sostituti dei prodotti (concorrenza potenziale indiretta)
- Il potere contrattuale dei clienti
- Il potere contrattuale dei fornitori

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Il concetto di fondo è che in qualsiasi mercato i costi e i margini sono funzione non solo della clientela e dei fornitori,
ma anche della pressione concorrenziale. Quest’ultima, però, non è generata solo dalle imprese già presenti nel
settore, ma si collega anche a coloro che potrebbero trovare convenienza ad entrarvi.
Nel modello porteriano un ruolo centrale è attribuito alle barriere mercato ovvero agli ostacoli che si frappongono
all’ingresso in un particolare spazio di mercato, all’allargamento di questo spazio e anche all’uscita dallo spazio
occupato.

4: le barriere della concorrenza


Nella definizione della strategia competitiva è basilare l'analisi delle barriere alla concorrenza.
Per quanto riguarda le barriere all'entrata, si deve constatare che le varie forme di mercato si possono
fondamentalmente distinguere in rapporto alla libertà di ingresso di nuovi produttori. Questa libertà è uno degli
elementi qualificanti il regime di libera concorrenza, mentre la sua assenza contraddistingue il caso del monopolio.
Siccome però i casi concreti di mercato si ordinano secondo forme diverse di oligopolio, il fattore discriminante non è
la presenza o l'assenza di barriere, ma la diversa consistenza che esse possono assumere da mercato a mercato.
Queste barriere possono differenziarsi in:
• Esterne: quando impediscono l’ingresso di nuovi competitori
• Interne: quando tutelano la posizione di ciascun produttore nei confronti delle azioni espansive degli altri produttori
già presenti nel mercato.

Per valutare le possibilità di superare tali barriere, occorre conoscere se esse si leghino:
- Alle economie ottenibili nelle funzioni di gestione (economie di scala, di apprendimento, di scopo e di relazioni)
- Alla disponibilità di brevetti know-how
- Alla scarsa disponibilità di fattori produttivi essenziali
- Alla differenziazione dei prodotti

Le economie di scala, cioè il fenomeno di abbassamento dei costi unitari di produzione di vendita a raggiungimento
di determinati volumi di operazioni (più cresce la produzione più tendono a ridursi i costi per unità di prodotto), sono
ottenibili non solo nella fase tecnica o di trasformazione dei beni, ma anche in quella di approvvigionamento delle
materie e dei servizi e di commercializzazione delle produzioni finali.per questo in determinati mercati la dimensione
minima necessaria è abbastanza elevata, perché se non si raggiungono certi volumi produttivi non è possibile avere
dei costi competitivi ed assumere la forza indispensabile per acquisire una sufficiente quota di mercato.
Le economie di scala possono essere inoltre legate all'approvvigionamento, assicurando sotto questo profilo dei
significativi vantaggi differenziali alle imprese più grandi. Sotto questo aspetto è utile tenere presente una distinzione
concettuale tra economie di scala di impianto (economie reali) e di impresa (economie pecuniarie) perché,
nell'ipotesi di un'azienda organizzata con più stabilimenti, le economie deriveranno sia dalla taglia di ciascun impianto
sia dal volume complessivo delle operazioni di approvvigionamento, distribuzione, promozione ecc., raggiunto a livello
dell’intera impresa.
Bisogna ancora osservare che le economie di produzione possono accrescersi sia in rapporto al processo di sviluppo
dimensionale sia in funzione della realizzazione dei comportamenti aziendali, conseguente al processo di
apprendimento, maturato attraverso l'esperienza acquisita.il produttore che intende inserirsi in un nuovo mercato
viene difatti a trovarsi in condizioni di inferiorità rispetto ad altri produttori già presenti da tempo nel particolare
mercato: questo divario di esperienza finisce in realtà per rappresentare un ulteriore ostacolo all'ingresso, ostacolo
che ovviamente sarà tanto più consistente quanto più i fenomeni di apprendimento giocano sulla razionalizzazione dei
comportamenti aziendali.

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Le economie di interrelazione, ovvero interne all'impresa, si dilatano anche sul piano esterno per effetto
dell'inserimento dell'azienda in reti pluri aziendali, dando origine ad una nuova forma di economia delle relazioni, che
appare sempre più caratterizzare la moderna organizzazione produttiva. L'economia delle relazioni è divenuta un
fattore importante di vantaggio competitivo, in quanto consente di instaurare dei rapporti di fiducia con clienti e
fornitori, che contribuiscono a migliorare le posizioni di mercato e il conto economico aziendale. Disporre di buone
relazioni nel mercato di produzione, del lavoro, finanziario e di vendita rende più efficace l'azione dell'impresa sia
nell'ambiente transazionale sia in quello competitivo. In certi mercati, dunque, la barriera all'ingresso può essere
rappresentata proprio dalle sinergie derivanti dalle alleanze strategiche tra le imprese già presenti.
Le barriere possono esistere, in altre situazioni, allorché il patrimonio tecnologico si concentra nelle mani di uno o di
pochi imprenditori. Il possesso di brevetti o di know-how impedisce l'entrata di concorrenti fino a quando non sia
possibile sfruttare tali diritti intangibili o per lo spirare dei termini di protezione brevettuale o per il ricorso a brevetti e
know how sostitutivi. Se si considerano i diritti relativi alla proprietà industriale fra i fattori di produzione, si può
includere tale tipo di barriera fra quelle dipendenti dalla scarsezza di risorse essenziali. Gli impedimenti all’ingresso
derivano dal fatto che, una volta che tali fattori sono stati acquisiti dalle imprese che operano nel mercato, non resta
alcuno disponibilità per coloro che aspirerebbero ad entrarvi.
Un ultimo tipo di barriera si collega alla differenziazione dei prodotti. In questo caso di avrebbero delle barriere
collegate alle economie di scala e delle altre correlate alla differenziazione. Quest’ultima gioca prevalentemente un
ruolo interno, in quanto consente a ciascun produttore di isolarsi rispetto ad altri concorrenti. Questo fattore però
svolge anche un ruolo esterno nel senso che l’acquisizione di un vantaggio competitivo nei confronti di imprese già
presenti nel mercato richiede un rilevante sforzo promozionale e l’impegno immediato di notevoli capacità finanziarie e
organizzative.
Per quanto riguarda le barriere all’uscita: vincolano le imprese a permanere nel mercato e finiscono per irrigidire e
turbare i comportamenti concorrenziali. Dall’altra parte è intuibile che le barriere all’uscita rendono rigide le situazioni
di mercato, penalizzando spesso tutte le imprese presenti. Sotto questo profilo dunque, alte barriere all’uscita
finiscono per diventare elevate barriere all’entrata perché possono dissuadere i nuovi entranti ed inserirsi in un
mercato dal quale risulterà poi difficile l’eventuale uscita.

Altro modello di analisi di mercato è quello rappresentato dalla definizione di business secondo Abell, ossia della
porzione di mercato in cui l’azienda intende operare.
La definizione di business può avvenire sulla base di 3 elementi:
• I gruppi di consumatori a cui rivolgersi
• Le funzioni d’uso da soddisfare
• Le modalità (tecnologie) secondo cui tali funzioni sono assolte
Abell osserva che uno stesso prodotto può rispondere a differenti funzioni d'uso e che queste ultime possono essere
soddisfatte tramite tecnologie differenti, per cui l'obiettivo di mercato può essere chiaramente definito in rapporto a
questo schema tridimensionale.

5: le fonti del vantaggio competitivo: la catena del valore


La formulazione della strategia competitiva può fondarsi, sempre secondo Porter, sulla catena del valore. Lo studioso
sostiene che l’azienda, con la sua attività, crea un valore per il cliente, valore che misurato dal prezzo che questi paga
o sarebbe disposto a pagare per il prodotto. Il valore creato si distingue in due parti:
• I costi sopportati per la presentazione delle attività necessarie a progettare, produrre, vendere, distribuire e fornire
assistenza.
• Il margine che rimane all’azienda.

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Il maggior valore deriverebbe sopratutto
dalla maggior efficienza nella prestazione
delle attività.
Il concetto di catena del valore aiuta a
comprendere quali sono le fonti del
vantaggio competitivo, prevenendo ad una
distinzione delle funzioni di gestione in due
gruppi: le attività primarie e le attività di
supporto.
Le prime rappresentate dalle funzioni di
produzione e vendita, le seconde classificate
con criteri di maggiore elasticità.

Le attività primarie riguardano il ciclo produzione-vendita con terminali a monte nella logistica interna e a valle nei
servizi alla clientela.
Le attività di supporto, cosi chiamate perché intese a fornire le basi per la concreta realizzazione delle attività primarie,
sono invece costituite dall’approvvigionamento, dallo sviluppo delle tecnologie, dalla gestione delle risorse umane e
dalle attività infrastrutturali dell’impresa. L’infrastruttura dell’impresa finisce, per essere costituita dalle funzioni che,
secondo Porter, rappresentano la premessa per l’efficace attuazione delle attività primarie e delle altre attività di
supporto. Il concetto teorico di catena del valore consente di identificare specificamente le cause del vantaggio
competitivo che, a seconda dei casi, possono essere rinvenute nella progettazione (differenziazione) del prodotto,
nell’efficienza del sistema di produzione, nell’economicità delle funzioni di approvvigionamento e nellìefficacia del
marketing.

6: la formulazione della strategia competitiva


L’impresa, dunque, può costituire il suo vantaggio competitivo o perché è in grado di realizzare con maggiore
efficienza le attività inserite nella catena del valore o perché riesce a differenziare la sua offerta. Nel primo caso il suo
vantaggio poggia su un livello più elevato di organizzazione e innovazione, nel secondo sull’abilità ad isolarsi dalla
concorrenza tramite azioni di differenziazione.
Nell’analisi della competizione punto obbligato di partenza è il concetto di differenziazione produttiva. Il concetto di
differenziazione dei prodotti ha assunto un ruolo centrale, in quanto con la sua affermazione è caduto uno dei
presupposti essenziali della concorrenza perfetta. Questa è legata alla condizione dell’omogeneità dei prodotti offerti
sul mercato, cioè all’impossibilita di differenziarli e individuarli a seconda del produttore, della zona, dell’epoca di
produzione e di altri caratteri distintivi della qualità e divisibilità dell’offerta. Come insegna l'azione economica, solo
quando tutti i produttori appaiono uguali agli occhi dei compratori, l'elemento determinante di scelta e il prezzo, che si
colloca nel punto di incontro delle curve di domanda e di offerta. Ma la condizione di omogeneità dei prodotti e dei
venditori deve essere considerata l’eccezione anziché la regola, con la conclusione che è difficile trovare dei mercati
in cui non vi siano prodotti differenziati. L'esistenza di prodotti differenziati comporta, in realtà, il frazionamento del
mercato in tanti sub mercati, ciascuno dei quali è in certi limiti separato dagli altri e relativamente indipendente nelle
sue regole di funzionamento. Il grado di isolamento e di indipendenza crescerà all’aumentare della differenziazione
del prodotto.

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Il concetto di sub mercato è caratterizzato dall'esistenza di una domanda che si rivolgerà preferibilmente all'offerta di
alcune imprese, le quali godranno di un vantaggio rispetto alle altre nella misura in cui riusciranno a creare e a
rafforzare tali preferenze.l'obiettivo sarà quello di disporre di un proprio spazio di mercato nel quale potersi muovere in
posizione quasi monopolistica. È chiaro che tale posizione sarà relativa per due ragioni:
- Perché i vantaggi connessi con la differenziazione del prodotto potranno essere controbilanciati da altri strumenti
concorrenziali (prezzo, condizioni di pagamento ecc.)
- Perché i migliori requisiti di qualità o di prestazioni del prodotto potranno essere annullati mediante la loro
imitazione da parte di concorrenti.
In pratica il vantaggio competitivo potrà essere conseguito puntando sulla leadership di costo, cioè sull'opportunità di
sfruttare il minore costo globale di produzione come fattore di vantaggio; ovvero sulla differenziazione del prodotto,
ossia sulla possibilità di conferire al prodotto caratteristiche e qualità tali da renderlo differente e preferibile rispetto a
prodotti della concorrenza, anche in segmenti meno ampi di mercato. L'obiettivo è di scegliere una strategia vincente
tra la leadership di costo, la differenziazione dell'offerta e la focalizzazione o specializzazione di mercato, che
rappresentano le possibili strategie competitive.

Abbiamo 4 tipi di strategie competitive:

Conseguenza di tutto ciò è che si


formeranno gruppi di concorrenti, che si
isoleranno tra di loro pur operando
all’interno dello stesso mercato. Il concetto
di vantaggio competitivo si rapporta così ai
meccanismi di isolamento, cioè alle
opportunità di creare delle barriere nei
confronti della concorrenza, in modo da
acquisire una rendita imprenditoriale di tipo
monopolistico.

Le barriere all'entrata non sono soltanto un dato oggettivo ma dipendono anche dalle condizioni soggettive
dell’impresa. È in funzione delle risorse specifica che certe barriere appaiono più o meno elevate o che addirittura
finiscono per annullarsi. Risorse aziendali sono definite come tutte le attività, le capacità, le competenze, i processi
organizzativi, le caratteristiche aziendali, le informazioni, le conoscenze e così via, che sono controllate dall'azienda e
che le permettono di formulare e implementare strategie che ne migliorano l'efficacia e l’efficienza. In base al
patrimonio di risorse posseduto ogni impresa può tentare di conquistare un vantaggio competitivo durevole e
assumere una posizione vincente nel mercato o nei mercati che ha deciso di servire. È intuibile che non tutte le
risorse pesano nella stessa misura in termini competitivi e che bisognerà puntare su quelle che potranno
effettivamente assicurare un vantaggio durevole. Su questo aspetto appare molto utile il modello VRIO.
Le risorse possono essere classificate in base:
• Al loro valore ovvero al contributo vincente che sono in grado di conferire all’azione competitiva
• Alla loro unicità o rarità ossia alla situazione di scarsa diffusione presso le altre imprese concorrenti
• Alla loro insostituibilità da parte dei concorrenti
• Alla loro durevolezza ovvero al persistere del loro valore nell’ambito dell’organizzazione

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Più le risorse possedute dall'impresa sono di
maggiore impatto sul valore più consistente e
permanente diviene il vantaggio competitivo.in
questo caso si può individuare un avere propria
situazione di rendita imprenditoriale definita come
una posizione di vantaggio differenziale,
difficilmente aggredibile perché la condizione di
superiorità deriva all'impresa dal possesso di
risorse, capacità, competenze e conoscenze
superiori esclusive (non disponibili per altre
imprese).
Sviluppando questo tipo di analisi, l'impresa sarà
in grado di prevenire efficacemente alla
formulazione della propria strategia competitiva,
che potrà distinguersi da quella dei concorrenti
per gli obiettivi specifici, per le linee generali in
cui si inquadra e per le politiche assunte a base
dei comportamenti di mercato. Con essa, si
realizza una sintesi dei rapporti tra l'impresa, la clientela e la concorrenza, in quanto si chiarisce il ruolo che la prima
intende svolgere nei confronti del mercato servito, mercato composto da clienti da competitori.
Nell'impresa l'innovazione è il portato della conoscenza ovvero dell'arricchimento del capitale umano, che assume
quindi il ruolo determinante nel contesto competitivo. Il capitale umano è all'origine del processo perché l'innovazione
parte sempre dalla mente umana, ma opera in senso più proficuo quando poi la struttura consente l'accumulo e la
formalizzazione della conoscenza. Per mantenere il successo bisogna curare la formazione del personale, assicurare
la disponibilità delle risorse finanziare e perseverare
l'efficienza dell'organizzazione, gestire le relazioni con gli
interlocutori aziendali e salvaguardare il consenso sociale.
Per tenere conto e valutare il peso di questi fattori
competitivi, l'analisi fondamentale è basata sul cosiddetto
modello SWOT che suggerisce di prendere in
considerazione i punti di forza e di debolezza dell'impresa
in rapporto alla possibile evoluzione del mercato e
dell'ambiente, da cui potranno derivare opportunità
favorevoli o minacce e di attenuare l'impatto negativo dei
punti di debolezza. Così l'impresa riuscirà a formulare
quella strategia competitiva che le permetterà di trarre
vantaggio dalla dinamica del mercato servito o di quello in
cui vorrà inserirsi e di ridurre i rischi di fallimento o di uscita
dal mercato di riferimento.

7: le strategie competitive e l’equilibrio fra la domanda e l’offerta: il mercato del venditore e il mercato del compratore
Struttura del mercato, differenziazione e barriere, consente di spiegare i rapporti esistenti fra coloro che già sono nel
mercato e quelli che vorrebbero penetrarvi; ma non offre tutti gli elementi necessari per definire le relazioni esistenti
fra venditori e compratori. Potere di ciascuno dei contraenti è legato in certa misura al controllo esercitato su quote
consistenti della domanda o dell’offerta. Un grosso acquirente o un grosso produttore è in grado di stabilire
determinati condizioni di mercato (es. i prezzi o sconti, modalità di consegna e di pagamento ecc.) Mentre i compratori
o produttori di minor importanza devono adeguarsi alle condizioni fissate dai primi. Il grado di controllo del mercato è
legato non solo al peso da ciascuno di essi esercitato, ma anche alla situazione di equilibrio, o meglio di squilibrio, che
può crearsi fra la domanda e l'offerta in un certo ambito territoriale e in una data epoca. È difficile ipotizzare il caso in
cui fra domande offerta si abbia un perfetto equilibrio.
Se la domanda tenderà a superare la capacità di produzione esistente nel mercato, i produttori assumeranno una
chiara posizione di vantaggio, in quanto non solo non sopporteranno rischi di vendita dei loro prodotti, ma potranno
avvantaggiarsi di una situazione di concorrenza fra gli acquirenti, che dovranno competere l'uno contro l'altro per
entrare in possesso della limitata quantità di beni disponibili. In questo caso (molto raro) il venditore avrà in pugno il
mercato e potrà stabilire le condizioni di contrattazione dei beni: questo è definito il mercato del venditore.
Situazione opposta, invece è il caso di una eccedenza dell'offerta, in quanto i produttori dovranno competere fra di
loro per acquisire la domanda disponibile. In questo caso il potere è del compratore, le cui opzioni di acquisto
decreteranno il successo o l'insuccesso delle singole aziende produttrici: questo è definito mercato del compratore.

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8: riepilogo su strategia competitiva e analisi di mercato
In questo capitolo il problema affrontato è stato quello della formulazione della strategia competitiva, ovvero della
definizione del modello secondo cui fronteggiare e tentare di vincere la sfida della concorrenza.atteso che le imprese
operano normalmente in mercati concorrenziali e considerato che la minaccia di perdere il vantaggio competitivo è
sempre viva per effetto dell'inasprirsi della competizione sul piano interno e internazionale, diviene fondamentale la
ricerca di una strategia di successo destinata a durare. L’obiettivo è quello di acquisire un vantaggio durevole nei
confronti degli oppositori che salvaguardi la posizione di mercato già detenuta. Per la formulazione della strategia
competitiva la teoria a costruito una serie di modelli, che possono aiutare l'imprenditore ad assumere le scelte finali.tra
questi, i più diffusi sono quelli della concorrenza allargata e della catena del valore di Porter, della definizione del
business di Abell, della SWOT analysis e della VRIO analysis. È un processo di valutazione di elementi esterni ed
interni l'imprenditore deve scegliere una strategia competitiva che può essere di leadership di costo o di servizio, di
differenziazione o di focalizzazione.

APPENDICE → LA SWOT ANALYSIS A SUPPORTO DELLE DECISIONI STRATEGICHE

1: l’analisi swot
Uno strumento che può sopportare il management nella formulazione delle decisioni strategiche è l’analisi swot.
L’acronimo swot suggerisce la natura olistica di questo modello, che si prefigge l’obiettivo di identificare tutte le
variabili, interne ed esterne, suscettibili di influenzare la performance e le scelte strategiche dell’impresa,
raggruppandole in una matrice che offra una visione di insieme sui principali punti di forza e debolezza dell’impresa,
rispetto ai concorrenti, cosi come opportunità e minacce, più critiche derivanti dall’evoluzione del contesto ambientale.
I primi due gruppi di variabili riguardano fattori endogeni e prendono in considerazione elementi sui quali l’impresa può
potenzialmente agire direttamente, mentre i fattori esogeni fanno riferimento ad un insieme di condizioni di contesto in
relazione alle quali il potere di azione dell’impresa è decisamente più limitato (se non nullo).
Operativamente, lo svolgimento dell’analisi
richiede:
1. L’individuazione delle forze/debolezze che
caratterizzano l’azienda
2. L’analisi ambientale, per individuare minacce
e opportunità
3. L’analisi combinata di fattori di origine interna
ed esterna per determinare gli elementi di
maggiore criticità
4. L’individuazione delle più opportune
alternative di intervento

2: individuazione di debolezze e analisi ambientale


I fattori di ordine interne possono essere ricondotti alle risorse e competenze dell’impresa e possono essere distinti in:
• Risorse tangibili, come le risorse fisiche (dimensione, ubicazione e avanzamento tecnico degli impianti) e quelle
finanziarie (liquidità, capacita di indebitamento e di investimento)
• Risorse immateriali interne (brevetti, proprietà intellettuali, laboratori di ricerca, sistema informativo aziendale) ed
esterne (reputazione dell’impresa nei confronti di clienti, fornitori, e altri stakeholder, immagine del brand, ampiezza)
• Risorse umane, come il livello di addestramento ed esperienza dei dipendenti, le competenze, la motivazione, e la
lealtà di cui questi sono portatori ecc.
• Competenze aziendali (tecnologie, di marketing, organizzative), in particolare le cosi dette competenze distintive,
ossia le attività che l’impresa svolge con particolare abilita rispetto ai suoi concorrenti.
L’analisi di tali variabili va condotta considerando la situazione concorrenziali e i fattori critici di successo per la
specifica area strategica di affari. In questi termini, un punto di debolezza è realmente se tale impresa presenta una
minore dotazione rispetto ai propri competitor con riferimento ad una determinata risorsa/competenza e se tale risorsa
è rilevante e strategica per competere in un determinato ambito di operatività, generando maggior valore e maggiore
soddisfazione per i clienti.
È importante che, nello svolgimento dell’analisi, il management adotti un approccio imparziale e si sforzi di analizzare
forze e debolezze non solo secondo il proprio punto di vista, ma anche nella prospettiva del cliente. In questa
direzione, può essere utile classificare le variabili interne alla luce di una matrice importanza-performance. La

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