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•Le opzioni strategiche (analisi strategica)

Ogni impresa ha diverse alternative strategiche rispetto alle quali andare a scegliere. Ci sono due
riferimenti/modalità che possiamo riconoscere a livello di impresa.
Ci sono imprese che tendono a far prevalere come elemento guida una dimensione detta dimensione della
produttività: le scelte strategiche saranno focalizzate su tutto ciò che consente di realizzare un vantaggio
che si misura in termini di costi; una dimensione legata alla produttività (quanto mi costa andare a ricercare
il prezzo migliore ecc..).
Una seconda alternativa è definire la strategia avendo come riferimento il livello della prestazione e quindi
andando ad agire sul livello qualitativo del prodotto finito, sulla variabile prezzo, sapendo di poter agire sul
proprio potere di mercato che mi consente di aumentare il prezzo di vendita, tale da coprirmi i costi legati
al miglioramento della prestazione.

L’impresa per poter identificare la sua opzione dovrà valutare quale dimensione far prevalere tenendo
conto dei punti di forza e di debolezza suoi e dei concorrenti (swot analisi) perché è necessario tener conto
delle possibili reazioni dei concorrenti.
All’analisi interna deve corrispondere sempre un’analisi esterna che tiene conto sia della domanda che del
comportamento dei concorrenti attuali o potenziali.
L'impresa poi deve cercare di valutare se il suo obiettivo è lavorare su ciò che già oggi è identificato come
possibile mercato di riferimento (cioè qualcosa che è noto nelle sue caratteristiche: mercati esistenti), o se
intende lavorare sui costi, produttività, sulle prestazioni in termini di mercati futuri (identificare nuove
modalità di consumo cioè nuove fasce di clientela, nuovi mercati, ricercare nuove opportunità ad esempio).
Il processo decisionale è perciò complesso. Quando si parla di strategia parla di una cosa complessa;
decidere qual è l’opzione ottimale significa essere dotati di una buona capacità di analisi.

- Prima opzione: l'imprenditore decide di lavorare su ciò che già conosce. Conquistare i mercati esistenti
può apparentemente essere la scelta più facile; nella realtà se mi muovo all’interno di mercati che già
esistono la competizione è molto più forte perché è un ambito dove già in molti probabilmente stanno
esercitando. Se lavoro avendo come riferimento qualcosa che già conosco posso agire identificando quelli
che sono elementi di successo e che possono incrementare il mio vantaggio competitivo rispetto ai
concorrenti. Devo essere in grado di sfruttare elementi per il vantaggio competitivo e devo saper
identificare ambiti all’interno delle quale i concorrenti non sono in grado di operare al mio stesso livello.
Quindi non solo devo aumentare la mia competitività ma nella scelta di come aumentarla devo essere certo
di avere una posizione difendibile per un certo lasso temporale cioè che non sia una posizione facilmente
imitabile dai concorrenti, qualcosa che il concorrente non può sfruttare nelle mie stesse modalità e
tempistiche. Con la conquista dei mercati esistenti lavoriamo con due strategie fondamentali che vengono
dette strategie competitive di base: vantaggio di costo (o leadership di costi) e differenziazione.
Esiste una terza alternativa che è la focalizzazione (non è nulla di originale perché è la combinazione delle
prime due, assume alcune caratteristiche proprie delle due precedenti).

- Seconda opzione: l’imprenditore decide di aprirsi verso un qualcosa di sconosciuto e vuole intraprendere
un’attività, sviluppare un approccio strategico in modo tale che gli consenta di conquistare mercati di cui
oggi non ha una definizione precisa; cioè la ricerca di mercati futuri che possono rappresentare delle
opportunità, che possono garantire il proprio vantaggio competitivo più lungo nel tempo rispetto all’agire di
qualcosa che già conosco. Chi ragiona nella conquista di mercati futuri sta mettendo in dubbio tutto ciò sul
quale oggi lavora; ragiona andando a cercare possibili altri riferimenti.
Tutto è mutabile nel tempo, non ha senso ragionare solo sul conosciuto e pensare che tutto si replichi, si
ripeta costantemente; l'imprenditore deve ragionare come se le condizioni attuali (ovvero i mercati con le
caratteristiche che conosce) possono anche non essere l’unico riferimento da assumere e possono anche
modificarsi (ad esempio perché entrano nuovi soggetti che distruggo ecc..), tutto ciò che è stabile
dobbiamo metterlo in dubbio, dobbiamo avere un'alternativa. Chi lavora sui mercati futuri deve avere
molta fantasia, deve essere un intuitivo, (l'imprenditore ha queste caratteristiche) perché per lavorare sui
mercati futuri deve capire che cos'è di maggiore interesse per il cliente, deve cercare di lavorare su quello
che il cliente apprezza maggiormente per riuscire a crearmi uno spazio competitivo.

Ad esempio tutto ciò che è legato al design. Un prodotto che viene acquistato per la sua funzione d’uso ma
che il cliente apprezza maggiormente perché ha un contenuto di design quindi non è più la funzione d’uso a
trainare la decisione di consumo e acquisto ma il contenuto di design. Chi si è mosso in anticipo in questo
contesto è riuscito a creare un nuovo settore; per esempio Alessi è un soggetto che si è mosso andando a
sviluppare un prodotto di uso quotidiano ma con un elevato contenuto di design; hanno creato un nuovo
settore (vado a vendere una pentola non per la funzione d’uso che svolge la pentola ma per il suo
contenuto di design).

Obiettivo: anticipare i possibili sviluppi di mercato, sviluppare competenze per trarre vantaggio da future
opportunità.

L’altro elemento può essere quello non tanto di lavorare sull’immaginario ma andare a risolvere il problema
del cliente; questo potrebbe essere un modo per creare nuovi mercati, nuove fasce di clientela. La
domanda che bisognerebbe porsi per essere dei buoni imprenditori e quindi di lavorare su mercati nuovi è
quello di pensare a cosa dovrei fare se iniziassi da zero, dimenticando tutto quello che si ha fino ad oggi;
perché un problema dell'impresa è quello di essere legati a quello che si conosce già, e non avere la forza
sufficiente per allontanarsi da ciò che ho.

Lavorare su mercati futuri è più complesso, le varie alternative strategiche sono numerose, posso avere
molti possibili elementi su cui andare ad agire. Le strategie sono quelle di:

- Crescita: vengono declinate per aumentare quote di mercato, crescita in termini di unità prodotto.
- Diversificazione: strategie di ricerca di mercato futuri; si chiamano anche strategie di gruppi nel
senso che con la diversificazione posso andare a creare dei gruppi che riuniscono intorno alla stessa
identità attività produttive che appartengono a settori molto diversi tra di loro.
- Strategie di integrazione verticale: mi occupo solo di una fase della filiera produttiva posso decidere
di integrare chi sta a monte e chi a valle, cioè significa cercare mercati nuovi.
- Integrazione orizzontali : raggruppare sotto il proprio brand soggetti che lavorano come in una
specializzazione di fase specifica.
- Strategie offensive e difensive: si manifestano quando decido di accrescere mercati futuri; posso
mettermi in posizione di attacco o difesa riconoscendo che qualcuno si sta muovendo in mercati
nuovi quindi anziché subire cerco di difendermi.
- Strategie multinazionali, locali, globali : la strategia di crescita su mercati futuri comporta l’uscire dai
confini territoriali noti.
L’opzione strategica che si basa sul vantaggio di costo o leadership dei costi.
Il vantaggio di costo si fonda sulla dimensione produttiva, significa quindi che l’impresa reputa che sia la
produttività l'elemento guida. Chi lotta per una strategia di base di leadership dei costi deve essere abile
nell'analisi di costi di funzionamento.

L’analista dei costi è l’elemento chiave da cui dobbiamo partire.


Devo riuscire ad avere per esempio perfetta conoscenza del livello qualitativo del contenuto del prodotto e
del processo di produzione del prodotto. Devo capire se ci sono degli investimenti che possono portare
risultati positivi nel momento in cui sfrutto l'esperienza maturata, quindi se ha senso analizzare il passato
per identificare delle pratiche da seguire. Se investo sullo studio del passato ho un ritorno, una valenza.
Devo fare quindi un’analisi dal punto di vista economico e produttivo di quella è che l’esperienza.
Una volta che sviluppo un’economia di leadership dei costi devo sapere ragionare sulla possibilità di
conseguire delle economie interne ma anche esterne, di scala, di scopo, di apprendimento; devo avere
chiaro il costo come si può produrre in modo alternativo, stressando le economie di scala? Le economie che
derivano dall’esterno? ecc..
L'obiettivo chiave della leadership dei costi che è quello di riuscire a produrre quella unità prodotto al costo
inferiore a quello del concorrente, così da potere controllare la leva prezzo.
Se riesco a produrre a un costo inferiore posso immaginare di riuscire a vendere a un prezzo ridotto, al di
sotto del mio concorrente, però prima di iniziare a ridurre il prezzo devo essere certo di riuscire a
mantenere quella posizione di leadership a livello di costo.

La condizione necessaria e l’elemento di criticità è la disponibilità di dati e la capacità di trasformare questi


dati in informazioni utili e necessarie per sviluppare quindi il processo decisionale interno.
Ho bisogno di dati sempre più grandi e di informazioni sempre maggiori per riuscire a sviluppare un’attività
che mi garantisca di competere in termini di costo.

Come si sviluppa una strategia di leadership di costo


La strategia di leadership dei costi si sviluppa in modo abbastanza semplice. Ogni impresa che persegue
questo obiettivo deve riuscire a capire su quali elementi di criticità andare ad agire per poter arrivare a
conseguire un prodotto finale che sia a un costo inferiore a quello dei concorrenti.
Ci sono delle osservazioni che vengono poste sotto osservazione: tutto ciò che è collegato alle economie
interne ed esterne che si possono consentire. Le possibili determinanti possono essere anche le tecnologie,
la capacità di dotarsi delle tecnologie più innovative, significa cioè la disponibilità delle risorse per poter
sostenere degli investimenti e innovazioni tecnologica. Tecnologia che coinvolge tutto il processo
produttivo; la tecnologia non è più una tecnologia di una macchina ma è una tecnologia che si applica nella
gestione delle forniture a monte e nella distribuzione del prodotto a valle (la gestione del magazzino),
tecnologie che mi consentono di processare più rapidamente i vari processi.

Si parla anche di economie di apprendimento, la progettazione (l'essere consapevoli e l’aver informazioni in


ordine a chi progetta) /modalità di progettazione. Perseguire la leadership dei costi non gestendo
l’organizzazione all’interno può essere molto rischioso. Devo capire se ho la credibilità necessaria e
sufficiente a ottenere risorse finanziarie per sostenere la ricerca e lo sviluppo.
Lavorare sulla leadership dei costi significa anche lavorare su tutta la filiera, dall’ideazione fino alla
distribuzione del servizio.
La localizzazione delle attività produttive rientra nello sviluppo di un’analisi strategica. Chi persegue la
leadership dei costi va dove le risorse costano meno.
Altro aspetto è che devo pormi un problema del mio potere contrattuale dei fornitori e il grado di utilizzo
della capacità produttiva. Posso modificare il mio approccio strategico in funzione del potere contrattuale
con i fornitori.
Inoltre devo pormi il problema del potere contrattuale nei confronti dell’ultima catena della filiera; arrivo al
cliente finale molto spesso con un canale distributivo di cui non controllo i vari passi intermedi.

Risorse e competenze necessarie per l’implementazione leadership di costi. Devo disporre di risorse
finanziarie per investire nei processi produttivi, nelle tecnologie, devo avere disponibilità finanziaria e per
averla devo valutare qual è la mia credibilità, il mio grado di esposizione, devo presentare dei progetti di
ristrutturazione e di budget.
Devo sempre tenere conto della capacità finanziaria di cui dispongono, sapendo che perseguire la
leadership dei costi comporta grossi investimenti.
La leadership dei costi è un’opzione che comporta anche competenze tecniche.
Chi persegue questa leadership è consapevole di produrre qualcosa che è fortemente standardizzato; la
standardizzazione è condizione necessaria per poter perseguire la leadership dei costi. Non posso ambire di
fare leadership dei costi se ho in mente una logica di varietà di gamma, non mi consente la fantasia ma
deve essere standardizzato.
Le risorse competenze che mi vengono richieste sono legate alla conoscenza dei processi di produzione e
distribuzione. Devo essere in grado di avere informazione sufficiente per intervenire nelle diverse fasi.
Ad assumere il ruolo primario, nella leadership dei costi, è la produzione.

Ci sono limiti e rischi: ogni imprenditore/soggetto, dal momento in cui fa una scelta, deve essere attento ai
cambiamenti di natura tecnologica che annullano totalmente il suo vantaggio competitivo acquisito grazie a
investimenti, la sua esperienza passata e deve cercare di verificare se il suo sistema gli consente un
adattamento, gli consente di svilupparsi in modo adeguato rispetto ai cambiamenti.
Il rischio può essere anche determinato dal fatto che la tecnologia che, ha acquisito sostenendo dei costi
relativamente alti, risulta oggi disponibili a basso costo a tutti.
Un altro rischio è il ritardo nel rilevare esigenze di cambiamento nei prodotti, a causa della eccessiva
concentrazione sui costi; non percepisce i cambiamenti del consumatore, le nuove esigenze.
Un altro rischio è che pur riuscendo a ridurre i costi di produzione l’imprenditore non riesce a rientrare su
questi con dei prezzi perché il concorrente, come lui, sa agire sul prezzo di vendita e quindi quel
differenziale non è più tale da garantirglii la copertura dei costi perciò l’analisi del comportamento dei
concorrenti è fondamentale.

Per acquisire un vantaggio di costo devo lavorare sulle economie interne ed esterne che posso sviluppare;
massimo sfruttamento delle economie di produzione (economia di scala, scopo, apprendimento),
innovazione di processo o prodotto, riorganizzazione geografica dell’attività produttiva, riduzione
sistematica delle inefficienze e ri-configurazione della catena valore (l’impresa modifica l’impianto
organizzativo delle attività).
•Economie di scala: le economie di scala si riferiscono ai risparmi di costi generati dall’aumentare la scala
di produzione di un prodotto.
L’aumento degli input impiegati nel processo produttivo provoca una riduzione del costo unitario.
Ho risparmi di costo nel momento in cui aumento la scala di produzione di un determinato prodotto. Quindi
è vero che io aumento la quantità di input a livello del processo produttivo ma è anche vero che nel
momento in cui io incremento questo input il costo della singola unità prodotto si riduce.
Poter conseguire un’economia di scala è una condizione necessaria per poter sviluppare una leadership dei
costi poiché se ci troviamo nelle condizioni produttive che all’aumentare degli input ho una riduzione del
costo unitario, saprò gestire la leadership dei costi e quindi potrò creare un vantaggio competitivo.
Se questo non avviene non è perseguibile una leadership dei costi, è il primo segnale di attenzione sulla
rischiosità di perseguire una leadership dei costi. Si lavora su costi di entrata, sono dei numeri/rapporti che
vado a determinare quindi è più semplice da identificare.

POSSIBILE DOMANDA: quando suggerireste a un soggetto imprenditore di sviluppare una leadership dei
costi? Significa sottolineare le condizioni necessarie perché la leadership abbia senso.
Quando non è consigliabile un approccio leadership dei costi? Leggere i fenomeni.
Prima condizione: esiste un’economia di scala? Si no? Si, si procede.

•Economia di apprendimento: è più complessa e può essere difficile da quantificare/rappresentare in


modo chiaro. Grazie alle curve di esperienza riesco a modificare i costi legati alle produzioni di un’unità di
bene/servizio. La curva di apprendimento si base un concetto molto semplice che ognuno di noi sperimenta
quotidianamente che è l’apprendimento continuo grazie all’esperienza (learning by doing): quanto più mi
metto in gioco tanto più apprendo e accumulo esperienza; accumulando esperienza divento sempre più
abile nell’esercizio di una determinata attività.
L’economia di apprendimento si può applicare in qualunque contesto (da quello imprenditoriale a quello
del singolo individuo che si confronta con situazioni problematiche dalle quali cerca in qualche modo di
formulare una risposta). Quanto più è complesso il processo produttivo tanto è più significativa la
dimensione dell’economia di apprendimento perché significa che quella complessità riesco a risolverla e
renderla molto più lineare e semplice da affrontare.
Nelle organizzazioni siamo alla ricerca dello sviluppo di routine organizzative in modo tale che il gruppo
sappia meglio lavorare, coordinarsi e apprendere così da conseguire queste economie legate a
un’esperienza che però è legata a un’abilità del gruppo, della capacità di interazione di più soggetti.
Questo significa che se sviluppa una buona routine organizzativa, tutti i soggetti sono in grado di contribuire
al miglioramento delle performance dell’organizzazione stessa.
L’altro elemento importante è quello di sviluppare competenze/abilità individuali soprattutto sviluppare nei
singoli individui la capacità di problem solving; quindi quando un soggetto si trova di fronte a una difficoltà
non si ferma di fronte ad essa ma assume comportamenti che tendono a risolverla, utilizzando gruppo,
esperienze, competenze, vari elementi ecc.. ma quello che è fondamentale è utilizzare questa logica di
problem solving (cercare di formulare una soluzione e non riconoscere la criticità);
l’approccio di problem solving è qualcosa possiamo avere innato o che si acquisisce con il tempo grazie
all’abilità che si può acquisire, allo sviluppo di conoscenze tramite lo studio ecc..
La logica è sviluppare routine organizzative e sviluppare una logica di solving.
•Economie di scopo: necessarie per valutare se perseguire una leadership dei costi. Esistono economie di
scopo quando ci sono vantaggi di costo derivanti dall’utilizzare una risorsa in molteplici attività condotte
congiuntamente anziché indipendentemente. La leadership dei costi trova spazio di crescita e quindi può
essere orientamento strategico nel momento in cui riesco a conseguire dei risparmi di costo ma questo
risparmio non è legato all’aumento del volume produttivo di quella tipologia specifica di bene, ma
quell’input che sto organizzando può essere esteso anche ad altri bene. Quindi c’è una condivisione di
competenze tecniche con altri.

Questi tre elementi sono elementi di riferimento che devo verificare se esistono, se si possono manifestare
prima di poter consigliare un soggetto di intraprendere un’opzione strategica di leadership dei costi.

Per acquisire un vantaggio di costi l’impresa si muove su elementi come una riconfigurazione di tutto
quello che è l’impianto organizzativo dell’impresa, può concentrarsi sulla ricerca di modalità per rinnovare il
processo produttivo, cercare di ricollocare geograficamente il proprio processo produttivo.
L’altro elemento potrebbe essere quello di agire sulle risorse umane per riuscire a ridurre le inefficienze;
l’impresa in quanto soggetto che ragiona sulle sue diverse componenti, sa identificare delle aree di
inefficienza.
Dove potrebbero crearsi delle inefficienze. Normalmente si riconosce a livello di organizzazione delle
risorse umane: non si sfruttano le competenze dei singoli individui, non si sa far emergere le
competenze/professionalità dei singoli individui, non si ha correttamente identificato quale può essere il
ruolo degli individui ecc..; posso agire per far sì che gli uomini che sono parte della mia impresa abbiano lo
spirito giusto per cercare di migliorarsi continuamente.
Posso avviare una serie di attività volte a supportare i comportamenti che siano comportamenti virtuosi
quindi partecipare, non sfruttare i vuoti organizzativi; sviluppare questi meccanismi possono essere
incentivi di natura economica o di gratificazione per l’individuo. Su alcuni livelli di organigramma lo
strumento più efficiente per attivare comportamenti virtuosi è l’incentivo economico perché il valore di un
incremento della capacità di spesa di un soggetto è molto significativo.

Per un dirigente l’incentivo economico può essere ancora un elemento che lo induce a migliorarsi
ulteriormente? Molto spesso si rivela neutrale nel senso che l’incentivo economico in sé non ha elementi di
stimolo perché ormai ha raggiunti livelli molto alti.

Devo eliminare queste situazioni di inefficienza, far si che tutti siano coinvolti infatti molto spesso le
imprese per coinvolgere il personale, per renderlo parte dell’attività organizzata giornate in cui ci si
conosce, c’è modo di scambiarsi opinioni. Questo elemento viene riconosciuto essere premiante dal punto
di vista dell’incentivo ad essere sempre miglior a proporre soluzione sempre innovative.

L’altro strumento è il fatto di costruire un sistema di rilevazione di tutte quelle che possono essere
situazioni di inefficienza. Oggi le tecnologie ci consentono di controllare qualunque movimento dei nostri
dipendenti; ci consentono di sapere quanto tempo un soggetto sta al computer, quanti clienti serve in un
giorno, quanto produce in un minuti di attività ecc.. con controlli di questo tipo vado a punire chi manifesta
comportamenti non corretti.

L’altro elemento è giocare sulla responsabilizzazione: fissando degli obiettivi o agire nel senso di premiare o
punire, trasferimento di responsabilità su tutti i livelli dell’organigramma e quindi un miglioramento che
può aumentare la possibilità di conseguire vantaggi perché ci sono meno inefficienze.

L’altro aspetto è la ri-configurazione della struttura organizzativa: prendono l’impresa e la modificano


radicalmente, la riorganizzano modificando la struttura, i livelli gerarchici, le responsabilità, i compiti ecc..
questa riorganizzazione può essere sia interna (coinvolge l’organizzazione nel suo organigramma
gerarchico) sia un’organizzazione che vada ad agire sul processo produttivo. Modificare la struttura
organizzativa per ridurre livelli gerarchici e aumentare la responsabilizzazione.
Per conseguire dei vantaggi di costo molto spesso le imprese sono obbligate a perseguire la logica
dell’outsourcing cioè a esternalizzare delle attività (ad affidare lo sviluppo di attività economiche a soggetti
terzi) perché si riconosce di essere meno efficienti dei concorrenti e meno efficienti di coloro che
quell’attività possono eseguirla in modo professionale e produttivo con determinate competenze.
L’outsourcing serve a riuscire a migliorare l’efficienza.

A volte il processo a volte si esaspera. Sono un assemblatore ma il rischio è quello di non garantire più il
livello qualitativo che inizialmente riuscivo ad avere controllando tutte le fasi del processo. In alcuni casi i
soggetti sono costretti a fare un passaggio contrario, dall'essere assemblatori quindi nell'aver mandato in
outsourcing tutto al dover ricercare di controllare nuovamente almeno le fasi più essenziali, quelle che
qualificano e che garantiscono il livello qualitativo del prodotto che vado a offrire sul mercato.
Frequentemente nella leadership dei costi si assiste all’outsourcing come logica per migliorare e ottenere
un vantaggio di costi però possono esserci anche situazione in cui si rivede tutto il processo produttivo e si
riporta all'interno il controllo che si vuole fare.

Altro fenomeno che si riconosce sempre più frequentemente è il trasferimento di potere nel
consumatore/cliente. Questo trasferimento di potere al cliente non è controllabile dall'impresa ma può
essere soltanto assorbito; devo cercare di rendere questo potere contrattuale che lui ha acquisito un
elemento che possa essere a mio vantaggio e non a mio svantaggio. A questo trasferimento di potere posso
reagire cercando di promuovere attività che siano portate a coinvolgere i diversi soggetti. Si parla allora di
co-innovazione, co-produzione, co-immaginazione ecc.. una serie di attività che riconoscono come il potere
sia a favore del cliente e cercare di riportare questo cliente con il suo coinvolgimento a sviluppare delle
attività che siano per il nostro vantaggio, che ci consentono di conseguire vantaggi in termini di costo.
Possiamo sviluppare quindi iniziative attraverso per esempio coinvolgimento di soggetti leader, (il problema
sarà capire quali sono i leader e quali gli innovatori, i soggetti che possono trainare ad esempio nel processo
decisionale), avere come partecipi alla progettazione, all'innovazione dei soggetti che hanno la capacità di
sviluppare nuove idee.

Un fenomeno che ha sempre maggiore impatto è il consumer empowerment ossia il trasferimento di


potere. Ad esempio il cliente può controllare alcune variabili di marketing.
Al manifestarsi di situazioni di consumer empowerment la possibile reazione dell’impresa è rappresentata
dal co-creare con il cliente nelle diverse possibili forme:

- Co-innovazione: i clienti sono coinvolti nella fase di progettazione del nuovo prodotto/servizio o del
marchio/logo.
- Co-promozione: attraverso concorso vengono coinvolti un elevato numero di consumatori per
produrre immagini, filmati per nuove campagne pubblicitarie.
- Co-produzione: il consumatore interviene con la sua esperienza per personalizzare l’offerta (unicità
della proposta di vendita, il prodotto è costruito su misura per il cliente).
- Co-immaginazione: creazione di piattaforme comunitarie per facilitare l’interazione tra
appassionati di un marchio/prodotto/servizio.

Per dare vita a politiche di co-creazione è necessario creare le condizioni perché si sviluppi una buona
interazione tra l’impresa e il cliente. L’impresa in questo senso può agire su:

- Canali di inter-azione: al consumatore deve essere riconosciuta la massima libertà di scelta sul
come e quando interagire; l’impresa è chiamata ad attivare canali multipli.
- Valori: al cliente deve essere consentito di effettuare scelte che riflettono i suoi valori (contenuto
etico, linguaggio, uso delle immagini ecc..)
- Transazioni: l’elemento di riferimento è l’esperienza che il soggetto vive nel corso della transazione.
È un momento essenziale per riuscire a migliorare, anche in termini di efficienza e non solo di
efficacia, l’attività dell’impresa.

7 marzo

La seconda strategia di base che viene considerata è quella della differenziazione: (siamo nella posizione
opposta della leadership dei costi) si propone di lavorare sulle caratteristiche dell'offerta dell'impresa in
modo da risultare unica, originale, diversa rispetto a tutti i potenziali concorrenti attuali e anche futuri.
L'obiettivo, per le imprese che perseguono la strategia di differenziazione, è un obiettivo che si rappresenta
normalmente in una forma di mercato che è l'esito ottimale/il raggiungimento.
L'obiettivo è quello di arrivare a operare in condizioni di concorrenza monopolistica.
Posso dire di aver utilizzato tutte le logiche della differenziazione se il risultato finale è dar vita a una forma
di mercato che è in concorrenza monopolistica.

Concorrenza monopolistica: logica della differenziazione.

Attraverso la differenziazione riesco ad arrivare a isolare delle nicchie di mercato, dei sotto-mercati, delle
partizioni del mercato all'interno delle quali sono in condizioni di monopolio.
Il mercato nel suo insieme è in condizione di concorrenza pura; io però lavoro sulla creazione di un
prodotto unico e ho, all'interno di una nicchia di mercato, una posizione di assoluto monopolio perché sono
l'unico a riuscire a offrire quella tipologia di prodotto a quel cliente che ho identificato come la mia impresa
di riferimento.
Con la differenziazione mi sto creando una situazione di monopolio in un mercato dove c'è concorrenza;
per farlo devo rendermi così unico, diverso dagli altri in modo da poter essere identificato come l'unico
soggetto in grado di rispondere alle esigenze di quel cliente con quelle caratteristiche di prodotto/servizio.

L'esercizio della concorrenza monopolistica è quella di riuscire a sviluppare una posizione da monopolistica
all'interno di un sistema che in realtà potrei governare in condizioni di concorrenza. Sono posizioni di
vantaggio perché se riesco ad essere monopolista all’interno di una nicchia di mercato, gestisco tutto
liberamente (gestisco la politica di prezzi, tipologie di servizi, condizioni contrattuali ecc..)
È una situazione molto difficile da gestire e tenere stabile nel tempo però quando definisco l'obiettivo di
una strategia di differenziazione, la strategia di differenziazione deve ambire ad arrivare a questo, ad avere
l'impresa in una situazione di monopolio rispetto alla nicchia di mercato.

Tutti possono fare differenziazione? No. Così come la leadership dei costi non è accessibile a tutti, anche la
differenziazione richiede alcune condizioni di base.

Le condizioni necessarie sono: unicità (l'offerta di prodotto servizio con la quale questa impresa si propone
al mercato deve avere caratteristiche di unicità, originalità), unicità in sè non ha valore se non è
accompagnata al valore proprio dei fattori di unicità quindi la difficoltà di essere imitato, la complessità nel
raggiungere lo stesso livello di prestazione nel prodotto che ritengo essere il mio elemento di forza.
Poi il destinatario della mia offerta deve percepire i fattori di unicità e attribuire a essi un valore.
Devo essere originario, unico ma devo far sì che quegli elementi di unicità vengono percepiti dal
destinatario del mio prodotto servizio. Significa quindi che ho preventivamente analizzato la potenziale
domanda del mio cliente.
Deve esserci anche sostenibilità economica nel senso che sto creando qualcosa di unico, riservato a una
nicchia di mercato però devo applicare un prezzo di vendita che mi consenta un ritorno adeguato rispetto ai
costi che sto sostenendo.

La differenziazione può manifestarsi in molteplici forme: l'immagine di marca perché la differenziazione,


elemento di unicità, può essere la marca; il differenziale di prezzo è legato all'immagine di marca.
L'altra logica di differenziazione è che lavoro sul primato tecnologico. Sono in grado di anticipare le
innovazioni, porre in essere le innovazioni.
Poi posso lavorare sulla rete vendita, sul servizio post vendita, sulle componenti esteriori (la confezione, il
gioco non è sulla qualità intrinseca del prodotto ma sulla confezione), quindi il differenziale di prezzo è
legato a quel valore di unicità.

Diverse sono le caratteristiche che posso riconoscere per avere informazioni su quello che l'impresa fa per
seguire una logica di indifferenza o no.
Il primo segnale è andare a vedere qual è il prezzo di vendita del prodotto; se il prezzo di vendita è
superiore a quello dei concorrenti, è altissima la probabilità che questo soggetto stia perseguendo una
logica di differenziazione perché ho bisogno di avere un ritorno sui costi; quindi un elevato prezzo di
vendita è il segnale di scelta di differenziazione come orientamento però non posso fissare il prezzo di
vendita a un livello troppo alto perché rischio che questo prezzo di vendita non trovi l'accettazione da parte
del cliente infatti il mio cliente deve garantirmi la sostenibilità economica quindi è vero che posso
aumentare il prezzo di vendita ma devo misurare qual è il prezzo massimo accettato dalla domanda per
avere la disponibilità dei fattori di unicità.
Quando non riesco più a vendere posso abbassare il prezzo oppure aumentare la qualità, migliorare
ulteriormente l'elemento di unicità, renderlo ancora più esclusivo si quanto già non fosse.

L'altro elemento è l'investimento in attività di marketing perché se sto differenziando, se sto costruendo
una nicchia di mercato devo fare attività di marketing (devo far vedere concretamente, trovare
investimenti, devo avere un'analisi di mercato costante)

Le risorse e le competenze sono: solida capacità di marketing (nell'ambito della leadership dei costi il
marketing non ha una valenza perché ho concentrato tutto sull'elemento produttività, sul processo
produttivo, sulla capacità di controllare il processo produttivo), capacità analitico/conoscitiva (area che si
occupa di domanda ma anche di offerta, di concorrenti, devo conoscere cosa fanno i concorrenti, l'offerta
dei concorrenti, le potenzialità).                            
Domanda e offerta quindi sono i due aspetti che devono essere oggetto di analisi.
Un'altra analisi che devo fare è quella sulla rete di vendita perché devo trovare un distributore che sia
allineato alla mia immagine, che mi garantisca una corretta esposizione del prodotto, corretto servizio ecc..
quindi devo avere informazioni sulla domanda, offerta e a coloro che sono chiamati a rendere disponibile il
bene al cliente finale.
Devo cercare di prevedere l'andamento della domanda quindi i cambiamenti, le evoluzioni ecc..

L'altra cosa è che per essere distintivo devo riuscire a lavorare sulla ricerca e sviluppo, ricerca e sviluppo
legata a componenti di servizio immagine ecc.. devo sapere produrre perché fare differenziazione non
significa che non gestisco il processo produttivo (perché il processo produttivo mi consente poi di arrivare
alla fine con un'offerta prodotto che sia con caratteristiche qualitative adeguate ecc), devo coordinare (il
marketing mi dice che ci sono certi andamenti, la produzione percepisce certi andamenti e cerca di tradurli,
devo cercare di sfruttare i segnali che arrivano dall'analisi di mercato).
Quindi sono coinvolte tante funzioni aziendali, è un processo circolare quindi la comunicazione continua a
muoversi all'interno dell'organizzazione.
Rischi e limiti.
Posso optare per una strategia di differenziazione tenendo sempre presente che ho investito in questa
unicità ma il differenziale di prezzo che mi serve per riuscire a coprire i costi legati all'unicità sono prezzi che
non sono più accettati dal mercato quindi non riesco più a competere; quella situazione ottimale in cui
avevo il mio piccolo monopolio va in crisi perché il differenziale tra me e i concorrenti è così ampio che la
domanda non è più disposta ad accettare cioè il rischio è di non essere più accettato in termini di
differenziale di prezzo perché il concorrente riesce a offrire qualcosa che è valutato come equivalente o
sostituibile alla mia offerta a un prezzo nettamente inferiore.

Rischio a mantenere l'unicità ma ho bisogno di applicare differenziali e questo prezzo è troppo alto rispetto
a quello che il concorrente è in grado di fornire.

L'altro elemento è che talvolta il troppo successo, quindi l'essere riuscito ad aumentare il numero dei miei
clienti, quindi aver molto diffuso il mio prodotto differenziato, è un dato negativo, è un segnale di
insuccesso perché nel momento in cui questo prodotto è diffuso e conosciuto da una fascia di mercato
sempre più ampia, perde la sua valenza di originalità e unicità.
A fronte di un successo in termini di volume di vendita posso riconoscere una calo della domanda da parte
dei clienti.
Nel momento in cui un prodotto è troppo diffuso, è nella disponibilità di un numero troppo elevato di
persone, automaticamente il cliente originario cioè coloro che acquistavano per essere diversi dagli altri
non acquistano più e il fenomeno scompare.
Anche la diffusione del prodotto differenziato è un segnale di criticità.
L'indicazione è un altro elemento di criticità, il rischio che sto per incorrere.
Se l'elemento di unicità è facilmente imitabile, automaticamente l'imitato smette di comprare
quell'oggetto.

Come si sviluppa una strategia di differenziazione.


Se bisogna sviluppare una strategia di differenziazione si può lavorare sulle componenti tangibili dell'offerta
(lavoro su aspetti che modificano l'aspetto qualitativo del prodotto quindi lavoro sugli attribuiti del
prodotto: il peso, il materiale utilizzato).
Il mio problema sarà capire quali sono effettivamente gli attributi del prodotto, su quali posso andare a
decidere (vedere ad esempio i cambiamenti che alterano il processo produttivo e che mi impone di
utilizzare un materiale diverso, prodotto che vede interagire diverse materie prime eccc..) quindi c'è
sempre un processo produttivo da mettere sotto osservazione. In genere si confrontano i prodotti sulla
base di un numero limitato di variabili e li si classifica, li si posiziona creando una sorta di mappa.
Se so fare una buona analisi della domanda avrò dei segnali che poi potranno essere degli attributi rispetto
al quale andrò a lavorare per ottenere la differenziazione.

L'altro elemento sono le componenti intangibili: sono quelle rispetto alle quali posso andare a differenziare
aumentando la percezione di valore del cliente, lavoro sulla pubblicità del logo, sul servizio di pre vendita,
post vendita, servizio all'interno del punto vendita nel momento in cui sto mettendo a disponibilità del
soggetto determinato prodotto, modifico ciò che si accompagna al prodotto.

L'altro elemento è lavorare sulla componente relazionale. La relazione che si può sviluppare, a livello di
leadership dei costi, per conseguire vantaggi competitivi in termini di costi, è anche elemento rispetto alla
quale lavoro nella differenziazione.
Costruisco quindi un prodotto su misura, creando una relazione duratura con il cliente e questo fa sì che il
cliente compri un altro prodotto della mia gamma, lo consiglia a qualcuno sviluppando un'attività che va a
valorizzare sempre di più la mia offerta.
Bisogna costruire quindi una mappa dove si vanno a considerare le diverse componenti, la potenzialità di
azione rispetto ai concorrenti, si deve mettere insieme un insieme di informazioni che poi arrivano a darci
un indicazione, a fare la scelta finale cioè differenzio o non differenzio.

Esiste un terzo possibile approccio strategico rappresentato dalla focalizzazione.


L’obiettivo è quello di ricercare una posizione di vantaggio assoluto.
La differenziazione cerca di lavorare avendo come riferimento il più ampio possibile mercato quindi il più
ampio possibile numero di clienti. Identifico una situazione in cui posso competere in una posizione di
concorrenza monopolistica ma il mio riferimento è la domanda nel suo insieme.
Nell'ambito della focalizzazione, al contrario, accetto fin dall'inizio di limitare il mio mercato; quindi sono io
stesso a trascurare la reale potenzialità del mercato nel suo insieme e a concentrarmi su una quota di
domanda che so essere estremamente limitata rispetto alle potenzialità che il mercato è in grado di offrire.
Quindi auto limito il mio mercato di riferimento, scelgo io i clienti e normalmente la focalizzazione è rivolta
a un numero molto limitato di clienti.

Ho una capacità di identificazione del cliente che deriva dalla massima specializzazione che ho.
L'avere identificato a priori il singolo cliente mi consente di avere la posizione di assoluto vantaggio rispetto
a qualunque concorrente attuale o potenziale. La focalizzazione si sfrutta a livelli e modalità diverse, il
problema principale è quello di identificare in modo corretto il segmento o nicchia di mercato, devo capire
qual è il criterio di identificazione eseguito. Un segmento che potrebbe avere delle caratteristiche
particolari ma che queste caratteristiche conosco bene.
Potrei immaginare di lavorare su funzioni d’uso e identificare un momento specifico rispetto al quale possa
intervenire con attività ad hoc.

Ad esempio: autovetture, sostituzione parabrezza. Ci sono realtà che hanno scelto una logica di max
focalizzazione, il segmento è rappresentato solo dalla funzione parabrezza e nient’altro. Questa è una logica
di focalizzazione per funzioni d’uso, la loro attività s i concentra solo su quello e nient'altro.
Loro hanno un vantaggio competitivo rispetto agli altri concorrenti perché controllano il processo
produttivo meno degli altri.

I rischi sono analoghi a quelli della differenziazione.


Un rischio si ha quando identifico un segmento specifico all'interno del quale formulare la mia domanda,
ma questo segmento al suo interno si suddivide ulteriormente in sotto segmenti che sono troppo piccoli ed
economicamente non sostenibili e quindi la focalizzazione viene ad annullarsi e vengono a mancare le
condizioni di base per poter mantenere questa situazione.

La logica della focalizzazione è una logica che si pone in una posizione intermedia tra la differenziazione e la
leadership dei costi. Questi ultimi due rimangono infatti gli elementi cardini di riferimento.

Come si sviluppa una strategia di focalizzazione.


Il punto di partenza è il segmento servito e non il vantaggio competitivo conseguito. Posso distinguere tra:
- una strategia di focaliz. incentrata sulla identificazione di gruppo di clienti obiettivo (una generazione).
- una strategia di focaliz. Incentrata su una specifica funzione d’uso.
- una strategia di focaliz. Incentrata sulla copertura geografica, riconoscere l’esistenza di aree terriitoriali
che esprimono bisogni differenti: una città di provincia rispetto ad altro.

L'obiettivo della differenziazione è quello di arrivare alla concorrenza monopolistica confidando nelle
strutture di mercato.
Per impostare la strategia d’impresa è necessario conoscere le diverse forme/strutture di mercato.
Esistono forme di mercato diverse (monopolio, oligopolio, concorrenza permetta, concorrenza
monopolistica ecc..), quando un'impresa si muove all'interno di un mercato deve prima di tutto riuscire a
comprendere qual è la forma di mercato all’interno del quale opera partendo da situazioni di concorrenza
perfetta che sono situazioni puramente teoriche in cui tutti possono entrare, uscire, non ci sono vincoli,
regole che possono condizionare l'attività; si passa attraverso forme più comuni e diffuse che sono quelle
rappresentate dall'oligopolio (concentrazione di soggetti che hanno poteri come quelli di fissare regole
ecc..) e poi le altre situazioni sempre più rare come quelle di monopolio in cui vi è un solo soggetto.
Un elemento ulteriore che dobbiamo considerare è che ogni singola impresa viene a operare in
contemporanea su una pluralità di mercati; quindi la complessità della gestione dell'attività d'impresa è
proprio quella di riuscire a lavorare in contesti che hanno caratteristiche differenti, pur essendo tutti ambiti
di mercato.

•Un'impresa in quanti mercati si trova a operare quotidianamente?


Il primo mercato in cui mi devo confrontare se sono un'impresa è quello della vendita, costituito dai
potenziali e attuali acquirenti.
Poi ci sarà il mercato su cui lavoro costantemente, continuo a fare scambio, cioè il mercato della
produzione; scambi business to business, mercato dei beni industriali, mercato finanziario (ne fanno parte
gli intermediari bancari e finanziari), mercato del lavoro (costituito dall’offerta di risorse umane).
In realtà l'attività di impresa si pone/muove sul mercato, ma su quale mercato? Devo essere consapevole
che l'impresa lavori su una pluralità di mercato e che il successo sarà dato dalla sua capacità di gestire in
modo efficace i rapporti, scambi all'interno di questi diversi mercati.

Un altro problema: l’impresa lavora all'interno di tanti mercati contemporaneamente ma lavora anche
all’interno di un settore di un'attività economica. Per chi si occupa dell'impresa oltre che a conoscere la
struttura di mercati e quanti sono i mercati all'interno del quale opera, deve conoscere anche il concetto di
settore.
Il settore è una forma di aggregazione di elementi più o meno omogenei tra di loro che mi aiuta a mettere
insieme più parti e a trovarne gli elementi comuni. Normalmente si va a condurre questa analisi di settore
cercando gli elementi di omogeneità; il settore può essere definito tenendo conto per esempio del processo
produttivo utilizzato, delle tecnologie, dei beni/servizi ottenuti dal processo produttivo: elementi da cui
deriva l’omogeneità.
I criteri per creare la forma di aggregazione possono essere diversi, e questi criteri sono funzionali
all'obiettivo che sto perseguendo.
Se so il perché di un'analisi di settore so anche trovare l'elemento da utilizzare per avere omogeneità al suo
interno. Le analisi di settore sono molto diverse tra di loro, posso fare analisi di settore che sono finalizzate
ad obiettivi finanziari, alla ricerca (strategica, scientifica ecc...).
Queste analisi mi forniranno dei risultati che mi serviranno per scoprire qualcosa di nuovo.
Posso fare analisi di settore che sono rivolti al processo decisionale di un'impresa; ho bisogno di fare
un'analisi di settore perché ho bisogno che questa impresa abbia informazioni in merito al decidere se
investire o disinvestire in una determinata attività economica.
Nell'analisi di settore possono esserci anche degli elementi di natura politica, significa che attraverso questa
analisi di settore avrò delle informazioni a livello normativo ad esempio.
Un problema della costituzione del settore è che i limiti del settore sono difficili da definire. Il problema di
fondo è riuscire a capire qual è il denominatore comune che riesce a mettere insieme dei soggetti, quindi si
potrebbe avere un’eccesiva eterogeneità e una complessità nell’inserire le unità osservate perché
diversificate, integrate verticalmente (ad esempio Illy, Ferrero).
Il rischio è di definire il concetto di settore con delle maglie troppo larghe che consentono a tutti di
rientrare nel contesto settoriale che sto osservando.

Il denominatore comune in genere, proposto nelle analisi, è l’esistenza di omogeneità tra le merci/servizi
prodotti. L’omogeneità è la capacità di soddisfare funzioni identiche o simili, quindi bisogni identici o
assimilabili degli utilizzatori/consumatori.

L'altro problema è che molto spesso mi trovo di fronte a gruppi industriali che si muovono su processi
produttivi diversi tra loro, che sono molto eterogenei al loro interno. Illy si può inserire in tre settori:
alimentare, nella meccanica, agroalimentare (controlla il prodotto da quando nasce).

Quando definisco i confini del settore devo capire l’oggetto di riferimento. Ad esempio è difficile capire il
settore di attività economica di Illy perché nella sua attività quotidiana si muove all’interno di settori di
attività completamente differenti.
Per cercare di dare a una risposta a questo problema di omogeneità e non omogeneità dei diversi settori si
afferma che la prima la posso identificare se vado a vedere il grado di intercambiabilità di un prodotto con
un altro; due soggetti si muovono all’interno dello stesso settore se il loro prodotto/offerta è sostituibile, se
un cliente può alternativamente rivolgersi a uno o all’altro.

Talvolta ci sono operatori che, pur avendo un’offerta diversa in termini di prodotto servizio, rispondono alle
stesse aspettative e bisogni. Questa situazione viene identificata come prodotti sostitutivi ad una forza
competitiva.
Omogeneità o non omogeneità può essere determinata anche dai prodotti che vengono utilizzati nei
processi produttivo, usati per realizzare l'oggetto dell'offerta. Tipico caso è quello del settore calzaturiero,
ho un prodotto che risponde agli stessi bisogni utilizzando però materiali diversi. Infatti è difficile
immaginare un settore calzaturiero omogeneo al suo interno perché presenta soggetti che utilizzano ad
esempio materie prime diverse.

Ogni settore di attività economica presenta al suo interno dei sotto-settori, raggruppamenti al cui interno
l'omogeneità è ancora più significativa per fare delle scelte.

Un’altra considerazione è utilizzare come elemento di riferimento per comprendere l’omogeneità o meno
del settore è l'elasticità della domanda al prezzo: oltre che osservare la tipologia del processo produttivo,
bisogna anche a verificare l’elasticità della domanda al prezzo.
Se rilevo che vi è relazione tra i cambiamenti di prezzi e di domanda, le imprese sono tra di loro omogenee,
ovvero i clienti percepiscono quelle imprese come omogenee e osservano il prezzo come elemento
indicativo delle loro scelte.
Analizzare il settore è un’attività complessa ma bisogna cercare di adottare un modello di riferimento
perché conoscere il settore, analizzarlo è importante, non solo per definire l’approccio strategico
dell’impresa ma anche perché conoscendo le caratteristiche del settore riesco a identificare l'intensità della
concorrenza.
Il modello più diffuso è il modello delle cinque forze competitive, proposto da Porter. Questo modello ci
dice che la redditività di un settore può essere evidenziata in modo schematico ricondotta all’agire
coordinato di 5 fattori che distingue in forze competitive di natura verificale e di natura orizzontale.

- forze competitive di natura orizzontale: - concorrenza dei prodotti sostitutivi


- - concorrenza nuovi entranti
- - concorrenza di imprese già operanti nel settore

- forze competitive di natura verticale: - potere contrattuale dei fornitori


- potere contrattuale dei clienti

Nella realtà dei fatti non è sufficiente analizzare chi è all’interno, chi ambisce a entrare, ma è necessario
definire dal punto di vista verticale il potere contrattuale dei soggetti che intervengono; significa cioè che ci
sono a monte dei fornitori che possono condizionare l’andamento del settore e poi vi sono dei soggetti a
valle, ossia i clienti, che possono a loro volta condizionare la forza competitiva di un soggetto. Integra
l’analisi di tipo verticale con un’analisi di tipo orizzontale; le interazione che a livello di filiera si
manifestano.

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