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Modello di Sales Force Management

Comportamenti dei venditori dipendono da:


- Motivazione dei venditori
- Attitudini personali
- Competenze: Conoscenze e capacità
Questi comportamenti generano attività che portano risultati. Io come management devo
cercare di guidarlo.

La prima cosa sono strategie e cultura aziendale.


Strategia di mass market e arrivare dappertutto devo avere un sacco di venditori. Selettiva,
punto su premium price, giustificare perché il mio prodotto vale di più, obiettivi diversi e
influenza su cosa chiedo ai venditori. Questi obiettivi diventano poi in parte alle vendite o in
parte al marketing (non solo, anche R&D o altre funzioni), parte della strategia aziendale
diventa di marketing e vendite.
Cultura ⇒ Può influenzare come chiedo ai venditori di lavorare, cultura di innovazione si
trasmette in strategia e poi anche su persone. Come traduco un’idea in comportamenti?
Quante idee mi porti? Vai dal cliente e devi scoprire i problemi, non valuto in fatturato.

Il secondo blocco logico sono le scelte di struttura.


Dimensione della rete? Tipologia? Organizzazione? Mix di canali?
La tipologia, può essere diretta, dipendenti oppure liberi professionisti che lavorano per
me (ma anche per altri volendo).

Organizzazione, ne ho 10 dipendenti, posso organizzarli in maniera diversa, vende solo


prodotto a? O a, b, c ma ad un cliente? Specializzazione di cliente o di prodotto..
Alcuni specializzati nel trovare nuovi clienti altri in sviluppare nuove opportunità con quelli
esistenti. Canali diretti? O mediati dalla tecnologia?

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Successivamente ci sono le scelte di processo.
Mi serviranno processi di ricerca e selezione; che attitudini? che competenze e
motivazioni?
Poi li devo formare, che dipende da cosa devono fare. Devo fare coaching e motivarli,
gestire ricompense e incentivi, implementare leadership che indirizzi la motivazione e le
competenze, devo definire obiettivi, di risultato e attività (quante visite fare in un mese).
Supervisione e monitoraggio, affiancare, andare con loro a clienti, valutare performance e
dare un feedback. L’insieme di queste cose ha l’obiettivo di influenzare il comportamento
(risposte individuali) per facilitare il raggiungimento dei risultati.

Importante:
- Coerenza: Strategia e struttura sono coerenti?
- Interdipendenza: Quello che faccio da una parte ha effetto da un'altra parte del
modello. Modo migliore di esercitare leadership sui venditori? Dipende; se sono
dipendenti il modo è diverso rispetto ad avere dei liberi professionisti, che gestirò in
maniera diversa. Modo migliore dipende da quanto è coerente con una serie di
cose.

Vuoi fedeltà? Non puoi incentivare basando sul fatturato. Fidelizzare ti richiede tempo, che
puoi dedicare andando da un nuovo cliente.

Semplificare scomponendo in macroprocessi:


1. Prima fase: Formulazione del sales program. Spesso le reti di vendita hanno una
sotto cultura diversa dal resto dell’azienda. Sono persone che spesso sono fuori
dall’azienda. Hanno una mentalità di autonomia e indipendenza, con pro e contro.
Mentalità diversa, la loro quotidianità è fatta di routine diverse. Molto più di altre aree
sono remunerati in base alle performance. La cultura dell’azienda non per forza
conforma le vendite, quella delle vendite deve essere allineata/riconosciuta.
Strategia: Si deve aumentare del 10%, come? A volte sono definite dagli
headquarters, ma poi a livello operativo? In come tradurre ho molti margini di
manovra. Come oriento gli investimenti? Assumo nuove persone? Pago di più le
mie?

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2. Implementazione Sales program: Acquisire e sviluppare il capitale umano.
Età media nelle vendite più alta. Quelli del marketing sono più sostituibili, hanno
meno potere rispetto ad un venditore. Se voglio evitare che se ne vadano, devo
avere un’idea di talent management. Motivo per cui venditori se ne vanno più
spesso è il cattivo rapporto con il supervisore.

3. Guidare ed indirizzare lo sforzo:


Definire obiettivi, dare ricompense, esercitare leadership.

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4. Controllo e valutazione: Definire obiettivi, supervisione e monitoraggio, valutazione
e feedback.
Nel corso cercheremo di toccare tutti questi aspetti. Verranno trattati per blocchi ma
è necessario mantenere una visione complessiva.

SINTESI: Sales management significa gestire la funzione di


produzione dei venditori.

La maggior parte delle aziende non vede la vendita come un processo. Se non penso a
come influenzarne il processo e valuto solo le performance (outcome based). Così non so

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spiegare perché una persona performi meglio di un altra. Quanto poi sei capace di replicare
quella best practice di quel venditore? Perdi l’opportunità di replicarla. Se raggiungo
obiettivi, vengo adeguatamente ricompensato, a quel punto sono soddisfatto, ho maggior
passione per quello che faccio, alimento un circolo vizioso.
Lavorare nella chiarezza di ruolo, aumenti il 10%? Fai questa politica, spingi su questi
prodotti e su queste leve.
Gli input sono influenzati dall’azienda.
Performance:
- Fatturato: (prodotto o cliente)
- Margine
- NPS
- Copertura/penetrazione
- Crediti/pagamenti
- Immagine
Attività: Quante sono le attività giornaliere di un venditore? Ricerca dice 121, tra cui gioco a
golf con il cliente. Quanta connessione c’è tra attività e performance?

COME E PERCHÉ SI ORGANIZZANO LE RETI DI


VENDITA SUI MERCATI: FOCUS SULLA
SPECIALIZZAZIONE

➔ Perché le scelte di design delle reti di vendita sono così importanti nelle strategie di
marketing delle aziende?
➔ Come si sviluppano le decisioni chiave nell’organizzare una forza vendita di
successo sul mercato?
➔ Come si remunera e motiva la forza vendita a eccellere sul mercato?

Strategia ⇒ Struttura ⇒ Gestione (della forza vendita) ⇒ Per avere comportamenti


attesi e per che sviluppino determinate attività.

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Questo dovrebbe contribuire a dei risultati:
- Di tipo economico
- La mia rete contribuisca a volumi, fatturato, margini/profitti, mix di prodotti
comprati
- Di tipo relazionale:
- Immagine, partnership, customer satisfaction e NPS ⇒ Net promoter score,
indicatore per misurare la propensione al passaparola positivo riguardo i
vostri prodotti/brand, misurato da 1 a 10, dal 6 in giù sono detractor, tra 9 e
10 promoter e in mezzo neutrali. Alcune aziende legano il valore del proprio
brand a questo tipo di indicatore, valore di marca sale se associato ad un
NPS più alto, viene usato anche nella remunerazione. CRR ⇒ Customer
retention rate o Churn Rate ⇒ Tasso di abbandono; cross-selling e
up-selling, capacità del venditore di vendere nuovi prodotti e servizi dove si
hanno margini più elevati
- Di tipo competitivo:
- Quota di mercato, spingere per penetrarlo, aumentare quota, passare da
posizione follower a leader.

N.B (Questa è una semplificazione del modello visto in precedenza)

Devi aprire un nuovo mercato; che tipo di struttura scegli?


➔ Dimensionamento (Salesforce sizing): Decidere il numero di venditori di cui ho
bisogno per raggiungere determinati risultati economici, competitivi e relazionali. Le
reti di vendita sono tra i costi più importanti, oggi mondo si sta digitalizzando, una
parte del processo d’acquisto si sposta sui canali digitali e rende meno utili i loro
venditori, che in alcune aziende si stanno riducendo. Pfizer per esempio, aveva 2000
informatori scientifici del farmaco (venditori nel farmaceutico), ora ne ha poco più di
500. Perché? Perché in alcuni mercati su cui hanno lavorato tradizionalmente, alcuni
prodotti sono diventati generici. Aziende farmaceutiche hanno iniziato a parlare non
solo verbalmente ma digitalmente, quindi, ti servono ancora 2000 persone?
Uno che entra in un mercato ha il problema opposto, deve decidere quante
persone? Usi tanto il digital? O il venditore è necessario ad approcciare i clienti?
➔ Outsourcing Vs Hiring: Rete diretta o indiretta? Questo ha delle implicazioni su
strategia e risultati non banali. Esempio: Vodafone ⇒ 2 mercati, uno consumer e uno

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business. Ora ci occuperemo del mercato business. Chi sono i clienti di Vodafone a
cui si rivolge? A clienti come Lavazza , Enjoy, Yoox, Eni, aziende che hanno bisogno
di connettività in senso ampio. Un altro target è le SMI-SME (Small and medium
enterprises) e infine Micro/Soho (partite Iva e liberi professionisti). Vodafone ha un
targeting su tutti e tre i segmenti, quello che offrono è differenziato in base alla
dimensione del cliente. Chi, cosa, ma come? Come approccia i mercati?
Vodafone ha circa 250 venditori dipendenti, le numeriche dei grandi clienti sono
piccole, nelle medie e micro, ci sono 1900 venditori, che sono agenti, venditori
indipendenti. Luxottica ci racconterà la loro organizzazione e come è cambiata.
➔ Ruolo: Ruoli più “tradizionali”, “da battaglia” o moderni? capaci di leggere
l’organizzazione di una grande azienda e di interfacciarsi con i loro esecutivi?
➔ Territorio: Quale venditore deve andare su quale territorio e da quale cliente.
➔ Specializzazione: Nel sales management un dilemma riguarda la scelta tra
venditori generalisti e specialisti. I primi solitamente sono presenti in aziende con
un'offerta limitata e una clientela target poco segmentata, gestibile con processi di
vendita semplificati. I generalisti sono più comuni tra le aziende di piccole e medie
dimensione, almeno fino al punto in cui lo stimolo alla crescita e la complessità dei
mercati non richiedano l’adozione di processi e competenze più focalizzati.
Pragmaticamente, la scelta organizzativa tra venditori generalisti e specialisti è
influenzata da tre vettori tra loro interdipendenti: dal livello di eterogeneità e
strategicità dei clienti target; dal livello di complessità dell’offerta;
dall’articolazione del processo di vendita sui singoli target. Ogni vettore è
influenzato da fattori di contesto legati da un lato all'ambiente e al sistema
competitivo in cui opera la forza vendita, dall’altro agli obiettivi e alle strategie di
marketing dell’azienda. Il problema è quindi di valutare se, e che misura, il compito
assegnato (generalista o specializzato) è gestibile dal venditore. In seguito si tratta di
stimare in che misura genera efficienza ed efficacia commerciale per l’azienda.
◆ Prodotto/Brand: Specializzato per Luxottica solo su Chanel. Non potrò
mandarlo a vendere Oakley. Cliente deve essere ambasciatore del brand, e
venditore umanizzarlo al cliente Wholesale, in modo che trasferisca questo
valore. Oakley non è Chanel.
● Category: Vendo per Prada e gestisco la categoria sportiva.
Quando i portafogli prodotti crescono a seguito delle innovazioni di
marketing e delle operazioni di acquisizione e fusione, le aziende devono
domandarsi se, e in che misura, i venditori generalisti saranno ancora in
grado di valorizzarne appieno il valore, e di gestirne in modo soddisfacente la
complessità. Le possibilità di specializzare la forza vendita per
prodotto/brand o categoria di prodotto sono diverse e riconducibili alla
tecnologia, alla categoria merceologica di bene e servizi, al gruppo/linea di
prodotto e al brand. Il coordinamento sui clienti comuni e sul territorio, ha
luogo a livello dei supervisor commerciali.

Un’azienda con focalizzazione per area geografica può chiedere alla propria
forza vendita di dedicarsi maggiormente o esclusivamente alla promozione e
vendita solo di certi prodotti/brand. In questo modo (caso a della figura) si
introduce una specializzazione prevalente per prodotto.

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Quando:
- Prodotti complessi
- Assortimento ampio ed eterogeneo
- Necessità di positioning forte del prodotto/brand
Pro:
- Competenza specifica
- Efficacia nella vendita del singolo prodotto
Contro:
- Mancanza di vista a 360 gradi del cliente
- Moltiplicazione visite al cliente e costi di coordinamento
- Moltiplicazione interfacce per il cliente
◆ Territorio: Qualunque prodotto dell’azienda a qualunque cliente in
determinate aree geografiche.
Gruppo di venditori il cui elemento di connotazione fondamentale è il
territorio (zona, area di vendita) assegnato. Il venditore generalista può
vendere qualunque prodotto in portafoglio a qualsiasi tipo di cliente ma solo
entro i confini assegnati. Le zone o le micro zone possono essere più piccole
della media (in funzione della densità di clienti attuali e prospettici).
Solitamente questo tipo di venditore è presente in aziende con un’offerta
limitata e una clientela target poco segmentata, gestibile con processi di
vendita semplificati. I generalisti sono più comuni tra le aziende di piccole e
medie dimensioni, almeno fino al punto in cui lo stimolo alla crescita e la
complessità dei mercati non richiedano l’adozione di processi e competenze
più focalizzati. Sono operativi in zone di vendita più ristrette, con tempi di
spostamento mediamente più contenuti, e tempo da spendere sui singoli
clienti mediamente più elevato. In presenza di un portafoglio prodotti ampio,
di una clientela eterogenea, e di processi di vendita più complessi, questo
tipo di soluzione è meno efficace.
Quando:
➔ Clientela dispersa
➔ Clienti piccoli e omogenei
➔ Pochi prodotti omogenei
Pro:
➔ Minimizzazione costi e tempi di spostamento
➔ No duplicazione e sovrapposizioni
➔ Responsabilizzazione venditore
➔ Maggiore facilità di valutazione del venditore (potenziale definito su
base geografica)
Contro:
➔ Maggiore difficoltà nella definizione delle zone.

◆ Mix: Azienda moda con due linee, uomo e donna, ho un venditore per linea
e, a volte, su alcuni clienti si incontrano.
◆ Tipo di cliente/canale/industry: Away from home? O consumer? Hanno
bisogni capaci di vendere solo a Hotel, ristoranti e bar, altri alla Gdo e altri
alla distribuzione minore. Clienti diversi, processi di acquisto diversi, tipi di

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servizi completamente diversi. Ci vuole venditore capace di lavorare in
ognuno di questi.
Il terzo vettore di specializzazione, probabilmente il più sfidante degli ultimi
anni, è quello di target, in altre parole per settori di appartenenza e tipologia
di clienti finali o intermedi/canale. In questi casi il venditore diventa
responsabile a 360 gradi di un tipo particolare di cliente, solitamente
all’interno di un dato mercato. È questa la soluzione più comune, specie alla
presenza di strategie di marketing molto orientate al cliente. Offerte molto
personalizzate e diverse per target richiedono, infatti, un elevato
coinvolgimento del venditore sia in fase di comunicazione e adattamento,
che di comprensione approfondita del segmento target e del cliente. Questo
tipo di specializzazione è tanto più critica quanto maggiore è l’esigenza da
parte dell’azienda di non vendere solo prodotti, ma soluzioni possibilmente
co-creando valore con i clienti più importanti. Un esempio interessante è
quello della forza vendita di Apple presente negli Apple Store. I venditori che
vestono la t-shirt azzurra sono rivolti principalmente alla clientela consumer,
quelli con la t-shirt scura alla clientela business. Nel settore dell’energia, e in
generale delle public utility, è abbastanza comune la specializzazione per
dimensione dei clienti: Grandi utenze, PMI e alle micro utenze. Nei FMCG
(Fast Moving COnsumer Goods) è ormai una prassi competitiva consolidata
l’avere forze vendita specializzate per Canale. Sono richieste, infatti,
competenze di vendita tremendamente diverse a seconda che ci si relazioni
con i buyer della GDO, DO, DIstribuzione Tradizionale / Ho.Re.Ca. (Away
from Home). Analogamente, per le aziende che vendono prodotti e servizi
tecnologici, sono richieste competenze molto diverse e specialistiche a
seconda che il cliente sia Pubblico o Privato. Tra le forme di specializzazione
vi è poi quella per importanze strategica dei clienti (Key Account vs. Normal
Account).
Quando:
➔ Clientela eterogenea per bisogni, dimensioni e processi di acquisto.
Pro:
➔ Comprensione cliente quale base per l’adattamento dell’offerta e
delle condizioni.
Contro:
➔ Necessità di conoscenza di tutti i prodotti da parte dei venditori
➔ Alti costi di viaggio
➔ Necessità di coordinare le condizioni fra diversi clienti nelle stesse
aree.
Vodafone ha una specializzazione per cliente.
In alcuni casi, alcune aziende possono prediligere una visione della rete di vendita più per
mercato che per prodotto.

Poste Italiane ⇒ Poste Business ⇒ Logistica, assicurativo, finanziario. Anche loro hanno
large, smi e micro. I venditori che vanno su grandi/medi, sono suddivisi per industry, clienti
retail, public utilities, manufacturing, etc. (IBM ha anche una struttura simile, classifica
medio/grandi clienti e li divide per industrie. Viene fatto perché la vocazione per settore è

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considerata un aspetto differenziante) Poste vende a due settori, privato e pubblico
(pubblica amministrazione), dividono in venditori Pack e venditori Pall. Vendere alla pubblica
amministrazione centrale necessita di competenze diverse. KAM ⇒ Key account manager,
venditore specializzato per importanza strategica del cliente, gestisce i clienti più importanti.
➔ Specializzazione per “attività: Hunter vs. Farmer: I sales manager hanno a loro
disposizione un'altra possibilità per rendere la propria forza vendita vincente rispetto
ai competitor: la specializzazione per attività svolta o per fasi del processo di
vendita. È il caso ad esempio dei venditori “business developer”. Il loro primario
obbiettivo è di acquisire clienti nuovi, in numero e qualità. Difficilmente questi
venditori spendono del tempo nel gestire il cliente e riacquisti. Questo compito è
assegnato ad altri venditori (incluso il Customer Service) che si prendono in carico il
cliente una volta acquisito. Vi sono poi i “business manager” dediti principalmente
all’attività del cross selling, della quota sul cliente, della fidelizzazione e profittabilità.
Questa specializzazione ha una ragion d’essere alla presenza di mercati e obiettivi
aziendali particolari come nel caso di imprese che per periodi sufficientemente
lunghi vogliono perseguire obiettivi di crescita rapidi, continui e a fronte di grandi
potenzialità di mercato. È quanto successo per diversi anni nei settori delle
telecomunicazioni e dell’energia sui segmenti PMI e in quelli Consumer. I business
developer si sono dimostrati veramente incisivi ed efficienti fintantoché le logiche
competitive l’hanno permesso. Solo di recente, nuovi trend e dinamiche competitive
hanno suggerito alle stesse aziende di ripensare i processi di vendita e con essi le
forme di specializzazione.

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Specializzazione IBRIDA: un mix di diverse specializzazione per target di clientela
L'ibridazione può concretarsi a livello Macro e Micro. In questo secondo caso si tratta di
definire formule di sub-specializzazione della forza vendita ad esempio all’interno di
segmenti specifici. La figura 5 sintetizza un esempio di ibridazione in cui convivono diverse
soluzioni. In cima alla piramide troviamo una specializzazione per cliente sui segmenti Large
e Medium giudicati più meritevoli di un approccio orientato al cliente e personalizzato. Alla
base domina invece la specializzazione oltre che per clienti piccoli (di numero superiore e
maggiormente polverizzati sul territorio) anche per cluster di prodotti. Nel primo caso la
numerosità dei prodotti in portafoglio in parte è gestita dalle superiori capacità
imprenditoriali degli account manager designati, in parte dal supporto di product specialist.
Questi ultimi sono in grado di assicurare in loco un livello superiore di personalizzazione e
consulenza. All’account manager spetta infine la responsabilità della strategia e dei risultati
di vendita sul cliente, quindi del coordinamento e implementazione delle attività funzionali al
raggiungimento degli obiettivi. Nella parte bassa della piramide prevale invece una logica di
maggior standardizzazione dei servizi e soluzioni, quindi di una vendita individuale senza
l’assistenza sistematica dei tecnici di prodotto o promoter locali.

Gestione:
➔ Remunerazione, incentivazione
➔ Recruiting
➔ Training e formazione
➔ Coaching

CASO:
Chi? Cosa? Value proposition, cosa vogliamo vendere sul mercato? Come?
Comunicazione, distribuzione, ecc. Analizzare nel caso come Precise ha gestito in passato

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e come dovrebbe gestire in futuro. Parleremo di scelte di struttura e di gestione in senso
stretto.
Questo è un prodotto business, un software gestionale. Avevano un prodotto storico che
non ritenevano più strategico, per gestire database. Volevano lanciare nuovo prodotto,
molto più potente, per far schizzare fatturati in giro di pochi anni. Quando azienda deve
lanciare nuovo prodotto altamente strategico deve prendere una serie di decisioni, che
prezzo, che distribuzione, forza commerciale? Dovremo mettere insieme queste 3 decisioni.

Valutare a 360 gradi sull’opportunità di marketizzare il prodotto sul mercato in occasione


dell’Open world. Valutare pros and cons della decisione.

Linee guida per il futuro: Che prezzo? Che rete commerciale? Guardate cosa avete in casa
prima, valutate in base alle informazioni disponibili della loro passata strategia, a chi
vendevano, a che prezzo, era una strategia assennata/dissennata? Come si approcciavano
a comunicazione e vendita del prodotto?

SOLUZIONE:
Obiettivo: Simulare un’analisi e pianificazione strategica di marketing & sales di BM/P e di
L/P.
Approfondire il ruolo e il significato strategico delle decisioni di struttura e dei processi di
gestione della forza vendita - Focus su specializzazione per prodotto

STEP ∅
1. Chi? Sono clienti business non consumer, quindi bisogna capire anche a chi
indirizzare gli sforzi all’interno. Cliente non aveva vocazioni di settore (di qualunque)
ma erano generalmente grandi.
a. Territoriale:
i. Nord america, circa 60% fatturato.
ii. Mercati internazionali.
b. Clienti:
i. Tendenzialmente large.
1. Dentro parlavano con DBA (database administrator, il target
principale), questi avevano autonomia (potere di spesa) di
spesa/budget. Questi avevano tra 15 e 25 mila dollari di
autonomia. A seconda delle circostanze serviva parlare con
l’IT manager.
2. IT manager
2. Cosa? Value proposition, azienda di medie/piccole dimensioni, piccolo portafoglio
prodotti, il prodotto core, SQL, è un prodotto di nicchia, per aiutare a gestire il
database, altri prodotti. SQL era diverso perché integrato, questo permetteva di
gestire 4 funzionalità tutte assieme, diversamente si dovevano prendere diversi
software, il problema è che poi si devono far dialogare questi software. SQL era un
semplificatore di gestione.
a. Portafoglio prodotti
i. SQL

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1. Integrazione
2. Velocità
3. Impatto
ii. Presto, etc.
b. Pricing, strategie passate
i. SQL: tra 15 e 25 k $, ciclo di vendita tra 1 e 4 mesi.
Il ciclo di vendita, lunghezza temporale di un processo di vendita, dal momento in cui
contatto il cliente, al momento in cui chiudo la vendita e viene firmato il contratto. Alcuni
prodotti cicli brevissimi, altri lunghissimi.
3. Come?
a. Canale
i. Diretto in Nord America. Nel mercato core hanno diretto, c’è
coerenza.
ii. Indiretto nei mercati internazionali.
b. Forza vendita
i. Nel canale diretto, avevano una forza vendita. Success rate del 25%.
Pagata però, meno della media

STEP 1
Prima domanda era: Era giusto andare con questo prodotto, Insight, durante la fiera di
Oracle?

Vantaggi Svantaggi
Novità / “posizionamento”. Vantaggio Assenza di user experience, fattore di
first-mover. Nella quota di mercato, rischio alto.
dettando lo standard di prezzo e qualità. Se
entri per primo stabilisci le regole, poi però
devi essere bravo a difenderle.

Ciclo vendita di Insight lungo, visto che ci Rischio prodotto incompleto ⇒ Possibile
vuole del tempo, lo sviluppo continuerebbe imitazione.
parallelamente. Dubbi sulla brevettabilità.

OpenWorld ⇒ Acceleratore di contatti Rischio “reazione”/impreparazione della


rete di vendita. Dovuto al lancio di un
prodotto incompleto. Grave errore spesso
nel ruolo marketing, quando chi è lì non è
mai stato nelle vendite.

Accelera “ciclo di incassi” ⇒ Valore Effetto ancora nel pricing

Possibili problemi sulla customer


satisfaction e, di conseguenza,
sull’immagine.

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Anche il servizio post vendita deve essere
preparato. E loro, non erano abituati a
gestire le lamentele e contenziosi.

Risposta: Lanciare, perché la situazione economico finanziaria era troppo compromessa,


fattore tempo era chiave per dare giusto peso a ciascun elemento, peso di alcuni pro dei
vantaggi è superiore agli svantaggi. Condizione, si può andare solo con leadership
fortissima, se dovessimo accettare la sfida di anticipare un lancio, significa “mettere alla
frusta” R&D e rete commerciale.
Un manager deve valutare la propria propensione al rischio, alcuni propensi e altri
conservativi.

STEP 2
DOMANDA: Valutare strategia passata

- Benefici: Intangibili (psicologici) Tangibili (funzionali ed economici)

Beneficiari:

Database Alibi. Risparmio di tempo ⇒ Produttività ⇒ Se so


Administrator No blame-storming. costo annuale di questa persona, posso
- DBA Maggior tranquillità. stimare il risparmio. Stimato intorno il 25%
Autonomia. di circa 14K$, ovvero 150K$ per cliente.

IT Manager Immagine. L’aumento del punto precedente, è


Tranquillità. importante per l’IT manager.
Delega della responsabilità della Spostamento in avanti dell’hardware,
gestione. beneficio stimato 95K$.

Utilizzatori finali Qualità del lavoro Aumento velocità⇒ produttività (+12/15%).


Stimabile risparmio economico ⇒ 4/4,5K$
per utente; x 215 ⇒ 800K$ per cliente

General Risparmio complessivo 1135K$.


Manager-Business
Unit Manager

Valutare customer ROI ⇒ Dipende da rapporto dove numeratore dato da benefici


economici generati dal cliente (140K$) - l’investimento che il cliente ha dovuto fare /
(140+95+800𝐾$) − 20𝐾$
investimento fatto X 100. ⇒
20𝐾$
* 100
Se la struttura del IT manager è più efficiente, si razionalizzano i DBA. Di conseguenza,
grazie ai software, licenziando DBA. Se IT manager sta sviluppando la struttura, invece di
10, assume 7-8 persone.

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Questa analisi ci fa capire che il problema era sul cosa, ci da indicazioni importanti sul
futuro, ci dice dove andare a vendere e con quali argomentazioni.

STEP 3 Strategia di breve-medio periodo:


Chi, targeting di Insight:
➔ Targeting: Nord America, canale indiretto è più difficile da adattare.
➔ Clienti: Sempre su Large o anche medio-piccoli? Azienda non può deviare su target
su cui deve cambiare strategia; quindi mantenere Large. E, solo a nuovi clienti? O
solo a vecchi? In parte sui nuovi e in parte sui vecchi.
Cosa, prodotto:
➔ Insight: Quando hai tempi di sviluppo ristretti, devi fare pacchetto completo, poi, con
il tempo puoi “spacchettare”. Prezzo maggiore di 250K.
➔ SQL: Alzare il prezzo sviluppa dei meccanismi, problema di quelli che arrivano dopo.
Per prendere 10K$ in più si deve scalare di ruolo, di conseguenza richiede più
tempo, problema quindi nelle dimensioni della forza vendita e nel tempo dedicato ad
“Insight” il nuovo prodotto strategico. Prezzo quindi in linea.
Come:
➔ Channel:
➔ SQL: Diretto
➔ Insight: Diretto
➔ Forza vendita:
➔ 1 o 2? 2
➔ Sizing:

VANTAGGI SVANTAGGI

Focus su un prodotto (conoscenza, velocità Rischio eccesso di orientamento al


di apprendimento). prodotto. O meglio, intercettare che non c’è
terreno per Insight, ma magari potrei
vendergli SQL. Difficilmente accadrà però
se non si offrono incentivi ⇒ Eccessiva
focalizzazione sul prodotto da parte della
rete di vendita.

Diversi cicli di vendita. Problema di gestione, due reti contattano


lo stesso prospect, servirà maggior
coordinamento e controllo ⇒ Costi di
supervisione.

Diversi sistemi di remunerazione / Motivazione SQL, serie B.


incentivazione. Come remuneri venditore di
Insight? Fisso elevato e commissione
variabile. Chi vende SQL premio in base a
contratti/fatturato.
Su insight come fai? Numero di
contatti/proposte/visite. Se venditore
percepisce nuovo prodotto come rischioso,

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preferisce soldi certi e quindi SQL.

Concetti chiave del 6 febbraio:

Il dettaglio delle decisioni di design della forza vendita

Il significato di "specializzazione" della Forza vendita e "forme" (in aula ne abbiamo viste per
ora solo tre più i mix, ma ne esiste una quarta che tratteremo il 10 febbraio)

Il legame tra specializzazione, segmentazione e targeting strategico fatto in azienda

Il concetto di "specializzazione mista"

Esempi applicativi di specializzazione per prodotto/brand (Prada, Luxottica, Precise SW


Solutions), per cliente "canale" (Findus), per cliente "dimensione" e "natura" (es. Vodafone
Enterprise e Poste Business)

Caso Precise: si vedano Foto Lavagna 1 contenente gli "obiettivi di apprendimento" e le


slide distribuite in cartaceo in aula. Sintetizzano gli elementi di apprendimento. In aggiunta
l'approfondita discussione del caso ha permesso di evidenziare:

Le implicazioni di marketing e vendite (rete e post vendita) in presenza di lanci di nuovi


prodotti fortemente innovativi e strategici per il business dell'azienda
Metodo di analisi integrata del valore generato per il cliente (benefici intangibili e tangibili) vs
catturato per la propria azienda (pricing), del processo di vendita sui ruoli di decision
making, influenza e gatekeeping nell'azienda cliente.
Planning delle linee guida integrate di marketing e vendita (CHI-COSA-COME). Legame tra
targeting geografico, sui clienti (dimensione, stadio della relazione) e ruoli nei clienti
business
una modalità di valutazione (pros/cons) delle opzioni di struttura commerciale (focus sulla
specializzazione, sizing e "territorio")
Le logiche di scelta e valutazione di impatto e fattibilità delle scelte gestionali coerenti con
quelle di struttura della forza vendita
Ruolo della motivazione e dei sistemi incentivanti come "driver" della performance di
marketing e vendita nelle relazioni B2B.
Le criticità dei processi di recruiting e training della forza vendita nelle transizioni
organizzative commerciali

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Concetti chiave del 10 febbraio:

1. Mappa dei ruoli di vendita in funzione del tipo di rapporto contrattuale: "Diretta"
(dipendenti) vs "Indiretta" (Agenti, Procacciatori, Distributori/Grossisti)
2. Definizioni di Agente Mono/Plurimandatario e di Distributore (assimilato a
business partner commerciale ma al tempo stesso anche cliente intermedio parte
fisica e legale del Canale Distributivo)
3. Esempi di reti indiretta (focus su Agenzie) e di agenti principali (si vedano le foto
della lavagna)
4. Simulazione di entrata in un mercato nuovo: valutazione del contesto di mercato (es.
Turchia e Germania), segmentazione della distribuzione (ottica trade marketing
strategy), targeting dei retailer (strategia differenziata per Paese), valutazione delle
sinergie incrociate sui retailer dei due Paesi, strategie di canale Corto vs. Lungo e
rispettive scelte del tipo di venditori da attivare (agenti vs. dipendenti)
5. Analisi in profondità dei principali Pros & Cons associabili ai Distributori e agli Agenti
(Mono/Pluri Mandato).
6. BEP tra Reti agenziali e di dipendenti applicata ai costi (n.b. nelle slide è presente
anche una formula di calcolo del fatturato di pareggio in ipotesi comparativa delle
due tipologie di Reti. Va studiata in ogni caso).
7. Evoluzione delle scelte di struttura in funzione degli stadi del ciclo di vita del
business nel mercato e dei prodotti venduti.
Fare riferimento agli appunti presi in aula e alle slide qui allegate.

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1. Business development: Hunters ⇒ Obiettivi: # nuovi clienti
2. Manutentori: Farmers⇒ Obiettivi: X selling, NPS, immagine, collaborazione, CRR,
Churn. Non sempre presenti, solo in alcune stagioni. Hanno senso quando
un’azienda vuole crescere velocemente, volendo sviluppare velocemente una base
clienti, quando si entra in un mercato nuovo, non ben sviluppato.
Es. Mercato dell’energia: Enel, alcuni anni fa ha perso il monopolio; qualcuno decide
che ci siano nuovi entranti e non più solo monopolio, nuovi entranti fanno operazioni
di marketing e avranno rete di vendita molto combattiva e cerchi di rubare clienti al
monopolista. In un mercato in cui la clientela non è matura riguardo la qualità, quindi
livello di servizio è stato abbastanza basso e il mercato è in forte sviluppo.
In quel caso ho bisogno di gente che in poco tempo porti dentro l’interlocutore.
I sales manager hanno a loro disposizione un’altra possibilità per rendere la propria forza
vendita vincente rispetto ai competitor: la specializzazione per attività svolta o per fasi del
processo di vendita. E’ il caso ad esempio dei venditori “business developer”. Il loro
primario obbiettivo è di acquisire clienti nuovi, in numero e qualità. Difficilmente questi
venditori spendono del tempo nel gestire il cliente e i riacquisti. Questo compito è
assegnato ad altri venditori (incluso il Customer Service) che si prendono in carico il cliente
una volta acquisito. Vi sono poi i “business manager” dediti principalmente all’attività di
sviluppo delle vendite sui clienti esistenti, votati alla logica del cross selling, della quota sul
cliente, della fidelizzazione e profittabilità. Questa specializzazione ha una ragion d’essere
alla presenza di mercati e obiettivi aziendali particolari come nel caso d’imprese che per
periodi sufficientemente lunghi voglio perseguire obiettivi di crescita rapidi, continui e a
fronte di grandi potenzialità di mercato. E’ quanto successo per diversi anni nei settori delle
telecomunicazioni e dell’energia sui segmenti PMI e in quelli Consumer. I business
developer si sono dimostrati veramente incisivi ed efficienti fintantoché le logiche
competitive l’hanno permesso. Solo di recente, nuovi trend e dinamiche competitive hanno
suggerito alle stesse aziende di ripensare i processi di vendita e con essi le forme di
specializzazione.

Questo modello presenta dei problemi, quando il mercato si stabilizza e barriere


deboli (clienti entrano ed escono facilmente), clienti non gradiscono un venditore
prima e un altro dopo. Devo presidiare il cliente dall’inizio alla fine.

Queste aziende, dopo aver acquisito una base di clienti preferiscono tornare ad un
approccio più normale.

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La volta precedente abbiamo analizzato caso precise con riferimento a mix prodotto e
territorio. Venditori erano differenziati solo territorialmente e abbiamo deciso di passare
anche a specializzazione di prodotto (uno per SQL e uno per Precise).
Un’altra situazione, diametralmente opposta, aziende iniziano con un mix territorio-prodotto
e poi decidono di seguire un percorso differente, fanno migrare focalizzazione per prodotto
ad una per cliente.
Es. XEROX: Fotocopiatrici, azienda che per prima ha iniziato a legare performance dei
dipendenti alla soddisfazione del cliente. Hanno insegnato la customer centricity.
Avevano organizzazione commerciale di questo tipo:
- Medi clienti
- Grandi clienti
- Piccoli
- Third parties (assemblatori)
- Pubblici

Avevano una rete dedicata alle fotocopiatrici, una alle stampanti, una ad “office systems”,
una ad “information processing systems” e altra a “Sales engineering”.
Vendere queste macchine richiedeva una fortissima focalizzazione.
In questo modo però, diventa difficile fare cross-selling, non si è in grado di vendere
soluzioni ai propri clienti in ottica consulenziale. Si rischia perdita di visione a 360° del
cliente. L’azienda si rese conto che questo approccio era perdente; che hanno fatto???
Azienda vuole diventare orientata al cliente; CCC⇒ Customer centric company.
Rete vendita organizzata così non andava bene, quindi⇒ Riorganizzata completamente.

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Specializzando per tipo di cliente. Si deve vendere soluzione; confezionare mix di prodotti e
servizi, azienda recupera visione a 360°, rete per grandi, piccoli, assemblatori e per
Institutional customers. Un passaggio di questo genere comporta una complessità:
1. Formazione: Rischio venditore specializzato in fotocopiatrici può non essere capace
di vendere il resto, devo fare tantissima formazione.
2. Costi organizzativi/logistici.
3. Re-disegno del territorio: Non è automatico, ma potremmo comportare possibili
tagli. Potrei rendermi conto che ho troppa gente capace di vendere tra small,
third-parties e institution e poca su clienti medi e grandi. Cosa faccio di queste
persone? Dovrò fare dei tagli su alcune persone, salvo che le possa ricollocare e,
devo attivare recruiting per account management.
4. Rischio/certezza di demotivazione, una parte della rete vendita potrebbe non sentirsi
a suo agio.
5. Diverso sistema di incentivazione.
Qualunque cambiamento al sistema di struttura, si riflette sulla gestione. Il training non è
solo sui prodotti ma è manageriale, il venditore deve avere un approccio consulenziale.
OGGI: Struttura ancora diversa, divisa per settore/industria.

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Quello che cambia è il peso specifico dei large account, introducendo verticalizzazione per
industry. Non è cambiato solo targeting ma anche proposition.

Quindi; di quali tipi di venditore si può avvalere un’azienda? In che contesto?


Una tipologia molto comune è la forza di vendita diretta (La Diretta). Nel mercato italiano le
reti più comuni solo le reti indirette:

- Agenti:
Definizione:
Agente di commercio e contratto di agenzia
E’ certamente la figura di vendita più comune nelle Reti indirette. Ha l'incarico di
promuovere stabilmente, per conto dell'altra parte, detta "preponente", e contro
retribuzione, la conclusione di contratti in una zona predeterminata.
In Italia il rapporto sottostante, basato sul “Contratto di Agenzia” è disciplinato dal
codice civile(artt. 1742 a 1753) e prevede la possibilità di lavorare per conto di una o
più imprese mandanti dando origine alle due categorie: mono e plurimandatari. E’
importante osservare che l’Agente nello svolgimento della sua attività non conclude

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alcun contratto ma si limita a promuoverlo. La contrattualizzazione è a cura
dell’impresa.

Figura più comune, gli agenti sono venditori indiretti, autonomi, hanno rapporto di
collaborazione stabile, questo permette all’azienda di far pianificazione contando su
questi venditori. Esiste il contratto di agenzia, da mandato all’agente, di promuovere
affari per conto di una sola azienda (agente monomandatario) e per più
(plurimandatario), con vincolo di che non siano direttamente in concorrenza
(solitamente). In Italia sono entrambe molto diffuse. L’agente, rispetto al
procacciatore si assume dei rischi imprenditoriali maggiori, remunerato tipicamente
sulla base di un incentivo variabile (provvigioni⇒ Percentuali sul venduto o anche
premi/bonus).
Recap:
- venditore indiretto
- rapporto di collaborazione stabile
- opera sulla base di un mandato nel contratto d’agenzia
- promuove affari per conto d’una o più aziende
- si assume maggiori rischi imprenditoriali
- remunerazione principalmente variabile (provvigioni, premi e bonus)
- Procacciatori: Indiretto, hanno rapporti di tipo occasionale con le aziende, se
chiudessero un contratto gli viene data una percentuale. L’azienda non ha titolo per
chiedere cose al venditore, se procaccia clienti viene pagato sennò no e non è
tenuto a cercarne; figura presente solo in alcune vendite particolari.
Recap:
- Venditore indiretto
- Rapporto di collaborazione occasionale
- Promuove affare per conto d’una o più aziende
Per l’azienda:
- Residuale (salvo eccezioni)
- Limitato controllo
- Limitato indirizzo dell’azione
- Distributori (figure ibride, un po’ clienti e un po’ venditori, detto anche business
partner): Anche il distributore, solitamente ha un rapporto stabile, acquista beni e
servizi e rivende in nome proprio, è responsabile della mancata vendita. Ha
un’elevatissima indipendenza dal punto di vista gestionale.
Recap:
- soggetto «Ibrido», cliente e «venditore» al tempo stesso
- rapporto di collaborazione stabile
- acquista beni e servizi dal fornitore
- rivende per conto del fornitore, ma in nome proprio
- responsabile in proprio della mancata vendita
- elevata indipendenza gestionale
Pro:
- presidio capillare e forte dei mercati target
- necessità di decentrare l’erogazione di servizi post vendita
- poter contare su acquisti minimi garantiti

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- trasferimento a valle sul canale di una parte di rischi della mancata vendita
- fare magazzino in loco
Molto spesso, sugli agenti si tende a fare confusione; partiamo da una differenza, tra agente
e distributore.
Distributore ha una caratteristica, compra e rivende, lo fa per conto di un’azienda. Se uso
un agente, questi non compra e rivende nulla, promuove solo l’acquisto e il contratto si
perfeziona tra l’azienda mandante e il cliente. L’azienda può rifiutarsi di formalizzare il
contratto, esempio di clienti morosi, anche se l’agente continua a cercare di acquisire il
cliente l’azienda si può rifiutare.
I distributori acquisiscono la proprietà; spesso sono business partners dell’azienda.
Eccezioni: Nella moda, alcuni agenti, durante le campagne vendite comprano collezioni
(campionari). Non tutte hanno clienti che vengono in showroom, hanno agenti che vanno a
presentare collezioni ai negozi. Problematica è che campionari sono molto costosi, aziende
moda non si possono permettere di spendere questi soldi, vendono campionario all’agente
che è autorizzato a venderlo nei canali distributivi (a certe condizioni), questa è l’unica cosa
che comprano e rivendono gli agenti.
Come si decide quando lavorare con distributori, agenti o venditori diretti?
GB foods ⇒ Nata dalla fusione di star e azienda spagnola. Per una serie di motivi si sono
concentrati solo su alcuni mercati, decidono di targetizzare Germania e Turchia. Non
abbiamo notorietà né brand awareness, sono mercati vergini, dobbiamo decidere come
entrare. Decidere su che retailer, ma non basta (retail diretto viene escluso),
● Grandi?
● Piccoli?
● Moderni?
● Con che tipo di struttura? Distributori? O agenti? O dipendenti?
● Pensare Pro e Contro di questo.

Canale:
- Diretto: X
- Indiretto:
- Corto:
- Lungo:
Germania è un mercato più concentrato rispetto alla Turchia, questa ha una conformazione
di distribuzione al dettaglio con molti piccoli e piccolissimi dettaglianti.
La Germania e la GDO locale, è un mercato vicino. L’uso di un distributore può generare
una disintermediazione, quindi scelgo canale corto. Tuttavia, dovrò decidere con che tipo di
venditore andare a parlare:
- Dipendente? Garantirebbe il massimo controllo, minori rischi, ma anche costi fissi
- Agente?
Turchia: Mercato totalmente diverso, GDO locale? O internazionale (se esistente)?
➔ Con quella internazionale possiamo usare venditori dipendenti e fare sponda dai
mercati internazionali per arrivarci, opzione più facile, per non usare distributore,
salvo eccezioni, questo facilita comunicazione immediata con l’interlocutore.
➔ Se GDO è locale, la cosa è più complessa. Vado con dipendenti o uso un
distributore o degli agenti? Qui è dove ci può essere qualche problema, ho bisogno
di qualcuno che conosca gli interlocutori.

24
◆ Usare distributori? Sarebbero una porta d’accesso. Essendo soggetto che
compra e rivende, fa stoccaggio, gestisce problematiche amministrative,
toglie un po’ di potenziali rischi di natura commerciale e relazionale. Hanno
altra caratteristica, normalmente, se hanno un’esclusiva sul mercato, siglano
accordi per quantitativi minimi.
◆ Seconda possibilità, più rischiosa, è quella di andare su un agente: Potrebbe
essere monomandatario, abbiamo un portafoglio prodotti, quali sono
vendibili in Turchia? Il marketing mi deve dire quanto di quel portafoglio
prodotto è marketizzabile, se abbiamo portafoglio abbastanza ricco,
possiamo trovare agenti, se però sono pochi non sono sufficienti a far
campare l’agente. Dovremmo quindi ricorrere ad un plurimandatario, questo
genera problema di controllo.
Più papabile nell’immediato usare un distributore.
Nel dettaglio tradizionale invece?
➔ Rischio è la dispersione, l'inefficienza, il credito e gli insoluti, è un pulviscolo
che è difficile che un’impresa che entra nel mercato possa permettersi di
gestire, a maggior ragione se non è nel mercato spagnolo o italiano. Si
rischia “bagno di sangue”. Si va con l’intermediazione, uno con la sua rete
commerciale, i suoi venditori, ordini minimi e marketing d’insegna. Altrimenti
servirebbe una rete abbastanza rischiosa. Ho bisogno di qualcuno che
conosca molto bene il tessuto locale. In questo caso specifico potrei
identificare qualche area o sotto area del mercato turco dove potrei decidere
di assumere rischio imprenditoriale un po’ maggiore (Istanbul ad esempio) e
usare un agente mono o plurimandatario. Ci sono dei mercati su cui a volte
la scelta del distributore è quasi obbligata, in alcuni mercati e per alcune
categorie di beni e servizi, nell’ultimo miglio, ci sono delle logiche di acquisto
e relazioni commerciali ci sono logiche “border-line”. Mercati meccanici,
public utilities, meglio un distributore che si assume la responsabilità della
pratica commerciale.

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CONDIZIONI DI MERCATO
Le reti composte di agenzie si prestano più facilmente a:
➔ una gestione di mercati particolarmente frammentati, e con processi di acquisto da
parte dei clienti molto decentrati;
➔ la promozione e gestione di un portafoglio prodotti non particolarmente ampio e
complesso, specie in presenza di prodotti con cicli di vendita brevi;
➔ una migliore conoscenza locale del territorio e al rafforzamento dei processi di
comunicazione di brand poco noti ai mercati target (inclusa l’insegna dell’azienda);
➔ generare, ove possibile, vantaggiose sinergie commerciali tanto per il preponente
che per il cliente. Nel caso dei pluri-mandatari si potrebbe beneficiare dell’eventuale
complementarietà e sinergia d’offerta e della semplificazione degli sforzi richiesti per
le attività di sviluppo di contatti sul territorio;
➔ una gestione che richieda una contenuta rotazione territoriale tra venditori;
➔ attività votate principalmente allo sviluppo della base clienti, e in misura minore alla
gestione di quelli già in portafoglio;
➔ una gestione delle attività di back-office che non siano particolarmente complicate e
dispendiose in termini di tempo.
CONTROLLO E ALLINEAMENTO
Data la natura imprenditoriale e contrattuale del rapporto di agenzia, si configura per
l’azienda un problema a livello di valutazione, controllo e incentivazione. Questi meccanismi
con gli agenti si basano tipicamente su metriche oggettive di performance, non qualitative o
di attività. Per un’azienda sensibile al controllo di marketing del territorio e ad approcci di
vendita orientati alla gestione dei clienti, la limitazione è penalizzante. Al minore controllo, si
aggiunge il problema della resistenza delle agenzie verso attività di marketing intelligence e
di alimentazione dei database aziendali. Molti di questi vincoli hanno origine
contrattualmente, spesso rendendo ostica la gestione del territorio a livello delle rotazioni
dei venditori sul territorio. Vanno infine ricordate altre due criticità: la prima si riferisce al

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potenziale minore livello di identificazione e vicinanza culturale con l’azienda; la seconda
all’eventualità di un’improvvisa cessazione del rapporto con l’agente. In questi casi è
prevedibile che i venditori cerchi per tempo di salvaguardare il suo capitale relazionale
facendo il possibile per portare con sé i clienti gestiti, specie in assenza di clausole
particolari.

STRUTTURA DEI COSTI ED ECONOMICITÀ’


Impatto economico e relazionale. La natura imprenditoriale dell’agente fa sì che possa
mettere in campo uno sforzo commerciale mediamente superiore a quello richiedibile a una
forza vendita Diretta. Ciò vale in particolare per i monomandatari che hanno un rapporto di
esclusiva con l’azienda. Il sistema remunerativo provvigionale, alla presenza di rigidi
obiettivi quantitativi di sviluppo, e in assenza di particolari vincoli a livello di processi di
vendita e post vendita, rappresenta sicuramente un acceleratore formidabile delle
performance con importanti economie di velocità. Non va dimenticato che tale velocità può
dipendere anche dal fatto che gli agenti sono selezionati anche in virtù del loro portafoglio
di relazioni, veicolo di efficienza e di vantaggio competitivo per l’impresa. Da una
prospettiva meramente economica, gli agenti generano strutture di costi prevalentemente
variabili. Ciò implica che la convenienza economica possa variare secondo i volumi di
vendita e che l’azienda possa beneficiare di una maggiore flessibilità finanziaria.

Analisi BEA (break even) comparativa tra costi rete diretta e indiretta.
Rete diretta: Costi fissi, pagato con un salario; CF e, in alcuni casi, quote parti di costi
variabili, incentivi, premi. Totale ⇒ CF totali + costi variabili totali.
Rete indiretta: Costi totali ⇒ Costi variabili + contributi di spese d’agenzia, può succedere
che abbiano un mini salario. Questo può generare dei costi fissi. Situazione speculare
rispetto alla precedente. Se è chiara questa semplificazione, proviamo a vedere come può
essere rappresentata.

Tende ad essere più conveniente, all’inizio una rete indiretta, poi, all’aumentare delle
quantità una diretta.

La rete indiretta è più motivata alla vendita della diretta; il fatto che un venditore sia
incentivato sulla base di una provvigione, fa si che questo abbia una spinta molto più forte.
La buona conoscenza non è solo del venditore verso il mercato, ma anche viceversa, il
mercato conosce il venditore. Spesso sono locals, hanno relazioni consolidate sul mercato.

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Se sono plurimandatari possono essere più efficaci grazie alla complementarietà dei
prodotti e al possesso di clienti. La fiducia che hanno i venditori funge da “cavallo di Troia”,
quando si lanciano prodotti in mercati sconosciuti, spesso si usano reti indirette che hanno
già relazioni con aziende.
Cons di una rete diretta:
➔ Rischio di minor conoscenza (e immedesimazione) dell’azienda e dei suoi prodotti.
➔ Criticità flussi informativi: Azienda ⇒ Venditore ⇒ Mercato. Agente ha timore di
fornire dati all’azienda per paura di perdere controllo sul cliente/sentirsi controllati.
Maggiormente sono plurimandatari, minore è la probabilità che questi condividano
informazioni.
➔ Incentivazione, solo su variabili “quantitative/oggettive”. Se stipendio dipendesse
anche da NPS e soddisfazione del cliente, qualcuno ci prova, soprattutto se ha un
grande brand. Legalmente è border-line perché posso misurare solo su variabili
quantitative/oggettive. Difficilmente potrò remunerarlo su conoscenza del prodotto,
qualità del comportamento. Se chiedi di investire sul cliente è improbabile che lo
faranno perché remunerati sulle vendite. Azienda, salvo situazioni particolari, quando
ci sono segmenti più maturi o strategici per l’impresa, preferiscono lavoratori
dipendenti rispetto ad agenti.
Vedi ciclo di vita⇒ Fase introduttiva agenti mono e plurimandatari, mano a mano che si
sviluppa e maturità si avvicina, reti iniziano ad essere sempre più miste, si affiancano
dipendenti e crescono. Mano a mano che si esaurisce la spinta a “razzo” non ho bisogno di
venditori motivati a vendere ma di gestori. Entrano in gioco anche analisi sui profitti, può
essere, infatti più economico avere dipendenti; c’è bisogno “disperato” di maggior
controllo. Quando le aziende iniziano il declino, tornano sugli agenti, rendendo variabili i
costi e scaricando sulla rete il rischio.
Vale anche per la specializzazione, inizialmente no, poi sempre di più.

Per sintetizzare: Quanto più mercati o segmenti che stanno diventando maturi e alcuni più
strategici, marketing e vendite tireranno verso venditori dipendenti.

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Concetti chiave dell'11 febbraio:

1. Il ruolo e l'importanza della dimensione della Forza Vendita nei conti economici delle
imprese e nell'implementazione delle strategie di marketing
2. Valutazione degli effetti collaterali di un cattivo dimensionamento (es. trattato in aula:
hp di sottodimensionamento della FDV).
3. Metodo dell'incidenza % delle spese di vendita sul Fatturato (metodo
"Amministrativo")
4. Metodo dei carichi di lavoro (Workload Method) basato sugli effort di vendita stimati
per raggiungere gli obiettivi di marketing & sales pianificato in un dato periodo.
Formula ed esempi applicativi.
sessione introduttiva abbiamo sinteticamente condiviso il significato di motivazione per la
forza vendita e il ruolo strategico del compensation plan quale driver fondamentale del
comportamento e delle performance dei venditori nei mercati.
Concetti chiave :
- Motivazione: significato
- Compensation plan: finalità
- Compensation Plan: Modello delle 3 C (requisiti strategici che un piano efficace
dovrebbe soddisfare)
- Design di un piano di successo: Modello delle 7 decisioni chiave
Il 18 febbraio seguirà la discussione in plenaria del Caso FedEx e l'approfondimento di
questi punti con esempi addizionali

SIZING:
Riorganizzare e ridimensionare la forza vendita, questa è uno dei costi più importanti per le
aziende nel CE.
A volte, le reti hanno troppi clienti-prospect da gestire o troppi prodotti. Alcune aziende
cercano di spremere il più possibile la rete di vendita, allargando continuamente i territori,
per un certo periodo può andare bene, ma poi da delle conseguenze. Come cattiva
gestione dei clienti (poco tempo⇒ calo della customer satisfaction, commettere errori,
prodotto non ha specifiche richieste perché il venditore nella fretta ha commesso degli
errori), calo della motivazione. Ci potrebbe essere anche il problema di dedicare poco
tempo a capire quali sono i bisogni del cliente.
Una delle determinanti della performance (relazionale ma anche di business) è che la rete è
stata ridimensionata (più o meno consciamente). Es. Durante la crisi, maggior parte delle
aziende hanno cercato di ridurre il numero della rete o dare più prospect, poi, superata la
crisi hanno continuato questa practice e ora hanno problemi.
Dall’altra parte, ci sono situazioni diametralmente opposte (Pfizer da 2000 a 600
venditori). Quali possono essere la cause?
➔ Downsizing: Per calo di performance, situazione competitiva e ciclo di vita di una
relazione, profitti di settore, concentrazione dei settori (pensare alla moda, due
gruppi si spartiscono il business), cambiamenti tecnologici/strategici vedi # canali di
comunicazione/vendita (inside sales ⇒ grandi tecnologia come Microsoft,
Salesforce per interagire con il cliente senza essere presenti sul campo),

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Alcuni metodi per fare sizing (dimensionamento della rete): Direttore commerciale deve
portare margini, fatturato, NPS, il problema del direttore commerciale è: Di quanti venditori
ho bisogno per raggiungere gli obiettivi (right sizing)?
➔ Metodo del peso % delle spese di vendita sul fatturato: Molto comune nelle
grandi aziende (metodo amministrativo). Il problema di questo metodo è che, se
applicato ad un contesto dinamico (situazione che rendono meno predittive le
valutazioni passate) vi è il rischio che non si intercetti questo cambiamento.
➔ Metodo dei carichi di lavoro: Parte dal presupposto che non dipenda solo dal
budget ma anche dal tempo, stima il # di venditori in funzione del carico temporale
necessario a raggiungere gli obiettivi (metodo workload).
𝑀𝑜𝑛𝑡𝑒 𝑜𝑟𝑒 𝑛𝑒𝑐𝑒𝑠𝑠𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑔𝑒𝑟𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑜𝑏𝑖𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖
𝑀𝑜𝑛𝑡𝑒 𝑜𝑟𝑒 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 𝑥 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑓𝑒𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜
Cosa determina il tempo mercato targettizzato? Monte ore mercato, cosa lo
determina?
➔ Concentrazione (numero clienti target), che tipo di clienti voglio targettizzare.
➔ Tempo dedicato al processo di vendita (status cliente).
Ovvero: # clienti, # visite/call, # tempo visita/call
◆ Valore del contratto.
◆ Prodotti.
◆ Complessità dei clienti.
➔ Localizzazione e raggiungibilità dei clienti.
Denominatore: Monte del venditore, variabili classiche per stabilire quanto un
venditore deve lavorare per vendere
➔ # giornate effettive per venditore (tra 200 e 230 giorni all’anno per i
dipendenti)
➔ # medio di ore giornaliere
Numero medio di visite per cliente di fascia A (18 clienti) è 4 visite mensili (50 volte all’anno).
Medium: 3 volte (57 clienti); Regular: 2 volte (273 clienti); Marginal: 1,5 volte (482)
Leve su cui poter intervenire se il numero di venditori stimato è diverso da quello che
ci consente il budget…

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Remunerazione e incentivazione della forza vendita:
I punti chiave che analizzeremo
Perché remunerazione e incentivazione sono così importanti per la motivazione
Quali sono le decisioni chiave che impattano su motivazione, comportamento e
performance di marketing&sales
Come si leggono «managerialmente» alcune di queste decisioni
Come un sistema di incentivazione può supportare le strategie commerciali (Caso FedEx)

Cos’è la motivazione?
La motivazione aiuta a spiegare perché differenti stimoli possono portare allo stesso
risultato. E perché il medesimo stimolo può portare a diversi risultati….

“Esprime e misura lo sforzo che il venditore è disposto a mettere sul campo, nel back-office,
nell’interazione con i colleghi, per raggiungere gli obiettivi che gli sono stati dati.”
A volte non è così; per capi, per sistema di remunerazione (una delle principali cause), etc.
Cercheremo di capire quali sono le finalità di un buon sistema di compensation, con un
approccio di design di questo sistema, non solo a cosa serve ma anche come può essere
strutturato e gestito.
La motivazione è una variabile difficile da osservare direttamente ed è solitamente il risultato
dell’azione congiunta di diversi «fattori»…
Il processo di formazione delle motivazioni

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Progettazione e gestione dei sistemi di incentivazione «driver» della performance
commerciale
Nei mercati più evoluti e competitivi motivare, indirizzare e governare i comportamenti
virtuosi della forza vendita richiede un profondo ripensamento delle tradizionali logiche di
remunerazione e incentivazione. I sistemi di compensation devono essere in grado di
comunicare e lanciare sfide che generino entusiasmo intorno agli obiettivi, che sostengono
il cambiamento e alimentino comportamenti etici, oltre che la crescita di una cultura
commerciale più evoluta.

Il tema è molto sentito nelle aziende, talvolta un vero nervo scoperto. Non a caso, in una
recente ricerca internazionale a fronte del 61% di manager che ha dichiarato di aver
introdotto innovazioni nei sistemi di compensation, solo il 48% si è detto soddisfatto dei
risultati e il 27% disponibile a introdurre a breve nuovi cambiamenti.

Un sistema di remunerazione (detto anche di “compensation”) deve stimolare la forza


vendita a performare in modo straordinario e coerente con gli obiettivi di marketing e
vendita dell’azienda, contribuendo a farne evolvere la cultura commerciale. Svilupparlo e
implementarlo con successo necessitano da un lato di sales manager con visione
manageriale, creatività, coraggio, equilibrio sociale e una solida leadership; dall’altro la
presenza di alcune precondizioni gestionali sintetizzate nella slide successiva.

L’analisi della motivazione


Studi sui “Contenuti” della motivazione: quali sono i bisogni e i benefici realmente motivanti
per il venditori
Studi sui processi di formazione della motivazione: cosa e come impatta sulla motivazione
del venditore

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Finalità:

➔ Motivare e orientare i venditori, indicare la strada.


➔ Fidelizzare i venditori, perché non vadano via; è per il clima aziendale? O per altro?
A volte vanno via perché non ritengono compensation adatta a quello che loro
portavano. Non ci sono piani che funzionino sempre, le reti sono fatte di persone, i
cui bisogni cambiano. Es. una rete di trentenni, le motivazioni, i bisogni, sono diversi
rispetto a venditori di 40/50 anni. Un giovane, più attento a possibilità di apprendere,
fare esperienze (anche internazionali), uno di 50 ha altre preoccupazioni (più
economiche).
➔ Conquistare e attrarre i talentuosi
➔ Assicura economicità e gestione
➔ Rispetta i vincoli normativi
➔ Remunera le vendite
Tre quesiti di fondo

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Filosofia di fondo di un sistema di compensation
Raggiungere gli obiettivi di sales & marketing è una condizione NECESSARIA ma NON
SUFFICIENTE. Per essere efficace ed equilibrato…un sistema di incentivazione deve
essere:
➔ Sistema è coerente?
◆ Con strategie di marketing e vendite? Es. Azienda che sta virando verso la
customer centricity; cosa accade se sistema di remunerazione spinge il
venditore a comportamenti non il linea? Se lasciate venditore libero di
vendere qualunque cosa, cercherà di vendere il più possibile. Questo può
produrre lamentele e ridurre performance aziendali. Capire quanto il piano di
remunerazione è coerente con le strategie. (Cosa vendere?)
◆ Con processi di vendita: (Come vendere)
◆ Con i ruoli di vendita: Un key account ha un sistema di remunerazione
diverso da uno normale. (Con chi vendere)
➔ Compatibile:
◆ Con sistemi di performance management: Cs e NPS; se il sistema non è
affidabile e remunerate in funzione di CS avrete problema con venditori.
Coerenza tra quello che misuro e quello che lego alle performance dei
venditori.
◆ Il sistema di selezione, recruiting e training
◆ Con la cultura della forza vendita: Multinazionali hanno culture e subculture.
➔ Consistente/Rilevante
◆ Risultati d’impresa
◆ Soddisfazione per i clienti
◆ Forza vendita (qualità, comportamenti e attività)
Decisioni chiave
Quali sono le decisioni chiave in un sistema di compensation?
1. Target: Definire chi è il destinatario del piano e del sistema incentivante: ruolo,
individuale e/o team
a. Ruolo e rapporto/inquadramento contrattuale del venditore. (Key Account o
venditore comune? Account manager o specialista di prodotto? Dipendente?
o agente?
b. Obiettivi personali o di team?
2. Pay level: Definire il livello di remunerazione, quanto complessivamente sono
disposto a remunerare?
a. Sopra la media del mercato
b. In linea con la media del mercato
c. Al di sotto della media del mercato
Per scegliere dipende da varie cose, in generale, dipende dal valore aggiunto
apportato dal venditore, dal tipo di prodotti che questi vende e dalla facilità con cui
si vendono.

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Un esempio di matrice d’incentivazione venditore verso il “Team”

Gli incentivi di Team


Si applicano in presenza di processi di vendita e gestione dei clienti più complessi, laddove
è fondamentale l’apporto sistematico di valore da parte dei colleghi della Funzione Vendite
e di altre Funzioni aziendali. E’ questo il caso, ad esempio, dei programmi di key account
management (descritti nel capitolo 4).
Negli incentivi di team, la remunerazione variabile del venditore dipende in parte dal
raggiungimento di obiettivi assegnatigli individualmente, in parte da quelli assegnati al cui
team appartiene. I meccanismi utilizzati possono essere suddivisi in due grandi famiglie:
slegati o interdipendenti . Nel primo caso, se il venditore fallisce l’obiettivo individuale ma
non quello in team (o viceversa) può ancora portare a casa una parte del variabile. Nel
secondo, per accedere al variabile, deve essere in grado di superare le soglie minime
incentivanti su entrambi i fronti: sia individuale sia di team. I meccanismi interdipendenti
tendono a essere abbastanza radicali, quindi utilizzabili principalmente con forze vendita già
avvezze all’incentivazione di team. Il sales manager deve valutare la reale opportunità di
introdurre logiche di questo tipo. Il rischio è che possano rapidamente tradursi in motivi di
tensioni organizzativa. Più in generale l’incentivo di team ha senso se:
- è davvero chiaro al venditore e al team qual è il rispettivo contributo di valore dato al
processo commerciale e ai risultati.
- È percepibile il reciproco beneficio derivante da un approccio collaborativo di
squadra.
- Stimolano collaborazione e controllo sociale tra venditore e team.
- Esistono processi e strumenti interni atti a pianificare attività di team, e a misurarne e
controllare la performance.

3. Pay mix: Definire cosa deve comporre un piano


Remunero solo con salario? Quindi dipendenti; fisso + variabile? Solo variabile? Se
si, solo con commissione/provvigione o con anche premi/bonus/benefit.

35
Provvigioni. Sono forme di incentivazione solitamente tarate su orizzonti di breve termine,
variabili in funzione dei volumi, fatturato o profitti generati dal cliente. Si concretano nel
riconoscimento di una percentuale sul venduto (o di gettoni-quantità) . Le provvigioni sono
fisse, progressive o regressive. Nel primo caso la percentuale non cambia al variare dei
volumi; nel secondo aumenta o diminuisce secondo scaglioni provvigionali predeterminati.
La provvigione non è discrezionale, ed è tipicamente associata a forme di remunerazione
monetarie. Costituisce un elemento fondamentale della remunerazione variabile delle Reti
Indirette, ed è sicuramente uno strumento facile da comprendere e formidabile per spingere
le vendite. Usato come unico elemento variabile, funziona benissimo specie in presenza di
obiettivi di business development. Tuttavia, anche a causa del suo focus sulla performance
economica, manifesta dei forti limiti in presenza anche di obiettivi aventi natura relazionale e
competitiva, e che richiedono un controllo sulle attività di vendita, non solo sui risultati.

Premi. Il premio, in alcune aziende definito anche “bonus”, fa riferimento a una forma di
remunerazione monetaria e/o non monetaria che matura al superamento o raggiungimento
di uno o più obiettivi, assegnati a livello individuale e/o di team. Non è discrezionale
giacché, una volta fissato dalla Direzione e sottoscritto dal venditore, si attiva in modo
automatico in funzione del sottostante meccanismo di accesso al premio. Secondo i Paesi
in cui sono attivati, i premi possono essere disciplinati da precise normative. Il premio
rappresenta una componente incentivante versatile . Il suo utilizzo negli ultimi anni è
cresciuto enormemente sia nelle Reti Dirette, sia Indirette. La ragione risiede nel fatto che
può essere associato a obiettivi aventi nature molto diverse tra di loro: quali-quantitativi,
economici, relazionali (ad es. di customer satisfaction, cross-selling, fedeltà) e competitivi
(ad es. quota sul cliente). Il premio si presta anche a remunerare le attività di vendita (ad es.
visita e caring del cliente) oltre che i risultati, sia in forma monetaria che non monetaria

Bonus discrezionali. Si tratta di forme di remunerazioni attivate dalla Direzione in via


discrezionale a seguito di performance straordinarie della forza vendita o dell’azienda.
Tranne contesti particolari, queste forme addizionali di remunerazione non sono
contrattualizzate preliminarmente, e possono sommarsi occasionalmente al target
remunerativo pianificato per il venditore. Possono essere riconosciuti sia a livello

36
internazionale sia intra-funzionale, con una distribuzione lungo le vie gerarchiche. I bonus
discrezionali possono ad esempio riguardare la sola funzione commerciale (o parte di essa),
piuttosto che l’intera struttura o azienda. Svolgono un importante effetto sulla soddisfazione
generale del venditore, rafforzandone il senso di appartenenza alla forza vendita e
all’azienda . Così facendo alimentano la motivazione per le sfide future.

Fringe benefit. Costituiscono a tutti gli effetti una forma ibrida di remunerazione e
incentivazione della forza vendita. Sono utili soprattutto per soddisfarne i bisogni di
sicurezza e per rendere il pacchetto remunerativo visibilmente più attraente rispetto ai
concorrenti.
Consistono nell’assegnazione temporanea, ed ex ante, di benefici particolari riconducibili a
prodotti e servizi messi a disposizione del venditore e della sua famiglia. Solitamente i fringe
benefit nascono come una forma variabile di incentivazione ma, una volta assegnati,
tendono a essere rapidamente assimilati dal venditore a una parte strutturale e fissa del
piano remunerativo. Togliere i benefit a posteriori è sempre fonte di grandi tensioni con
l’azienda. Tra i fringe benefit più comuni, oltre alle versioni personalizzate di normali
strumenti di lavoro (es. telefoni, tablet, automobile), troviamo: il pagamento di alloggio,
buoni pasto, servizi al-la famiglia (ad es. asilo nido, scuole, assicurazioni sulla vita,
coperture previdenziali integrative), stock option, prestiti personali a tassi agevolati, cessioni
di prodotti aziendali a prezzi di favore.

4. Pay ratio: Definite in che % l’incentivo pesa sul totale della remunerazione del
venditore.
Il pay ratio è l’espressione in % del fisso e del variabile sul totale della
remunerazione. Quanto pesa il fisso sul totale e quanto pesa il variabile. Quanto più
pesa il variabile, più la rete di vendita è imprenditorializzata (se performi guadagni).
Questa è una variabile di progettazione; un sales manager può stimare a priori
quanto può essere questo mix, poi bisogna vedere quanto ha performato il
venditore.
Nel lavoro di affinamento e allineamento periodico del mix retributivo è necessario
che i sales manager decidano se, e quanto, incentivare i venditori. In altre parole
quanto gas è opportuno dare al motore commerciale in termini di livello retributivo e
mix. Figurativamente, quanto più pesante è la parte incentivante, tanto maggiore è la
potenza di un sistema in ottica incentivante. Un mix con un rapporto 70/30 è
considerato solitamente di media potenza . Pertanto le aziende che desiderano
mantenere un elevato controllo, specie alla presenza di mercati dinamici e sistemi di
misurazione non particolarmente complicati, prediligono mix di medio-bassa
potenza. Il passaggio potenze più elevate comporta una progressiva
imprenditorializzazione della forza vendita a fronte della quale però sono richiesti
superiori sforzi di supervisione, controllo e affiancamento sul campo. In generale
vale la regola che un sales manager debba prestare grandissima cautela nel
pianificare cambi di mix sulla medesima tipologia di venditori. E’ auspicabile che
questi avvengano in modo graduale e controllato per gestire le implicazioni a livello
della commerciale della forza vendita.

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Engagement Rate (ER): “indica la % della Forza vendita che è in grado di percepire
un incentivo (es. di accedere alla provvigione e/o al premio)
Quanto sfidante e selettivo è il sistema incentivante? Gestire l’”Engagement
Rate”

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Quali sono implicazioni manageriali dell’Engagement Rate?
ER Basso:
- Funziona in presenza di obiettivi molto sfidanti e ottime opportunità di guadagno per
i venditori
- Quando la Rete di vendita è composta da venditori caratterialmente molto
competitivi e determinati e che a fronte di un obiettivo mancato hanno voglia di
rivalsa
ER Alto:
- Approccio più distributivo del variabile
- Funziona in presenza di mercati dinamici e difficilmente prevedibili.
- Usato anche con Reti in cui l’impossibilità di raggiungere anche solo una parte del
premio risulti essere fortemente demotivante.
- Non gradito dai venditori «top»

5. Metriche e meccanismi: Definire le regole del gioco…come e perchè il venditore


può accedere all’incentivo
Metriche sono variabili obiettivo (% sulle vendite che sono variabili economiche,
variabili competitive, come la market share o relazionali come Cs, cross-selling, NPS
e metriche input, numero visite, tempo dedicato). Questo vale se Pay-mix prevede
un variabile, come un venditore accede ad un incentivo?
Esempi di meccanismo premiante su mix obiettivi quali-quantitativi

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6. Incentivi: Definire le forme di incentivazione (financial/non financial)
a. Denaro
b. Incentivi ⇒ Premio? Variabile in denaro? O master internazionale?
Il ruolo dei premi nel sistema percettivo dei venditori – un esempio extra caso
➔ 95% Premi in denaro
➔ 87% Formazione speciale
➔ 85% Opzioni su titoli
➔ 77% Viaggi
➔ 76% Riconoscimenti a meeting aziendali
➔ 46% Targhe • 35% Parcheggio riservato in azienda...
➔ 25% Pranzo con il Presidente...
SEGMENTAZIONE DELLE RISPOSTE
➔ Laureati: non considerano il denaro come l’incentivo più importante
➔ Giovani (25-34 anni) : i riconoscimenti ai meeting e i viaggi sono i più
importanti
➔ Giovanissimi (18-23) e Senior (35-64): i viaggi poco importanti
7. Timing della remunerazione: (Definire l’orizzonte temporale del piano e I tempi di
pagamento)
a. A variabile su orizzonte mensile, trimestrale, quarter, annuale. Cambia tra
dipendente ed agente.

I diversi tipi di incentivi


Il sales manager e l’azienda devono decidere se incentivare o meno esclusivamente su
base monetaria, o se invece è preferibile utilizzare anche quella non monetaria. La
convinzione che il denaro sia sempre e comunque l’unico vero strumento incentivante, o
che un tipo di premio deve per forza andare bene a tutti i venditori, sono indicatori di
presunzione manageriale e spesso fonte di problemi motivazionali. I venditori sono, infatti,
assimilabili a dei clienti interni dei quali è fondamentale comprendere i bisogni motivanti nel
tempo e cosa può soddisfarli. Essi dovrebbero essere idoneamente segmentati per poter
dar vita a un valido sistema di compensation. A tal fine diverso potrebbero essere le variabili

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da prendere in considerazione: i fattori ambientali esterni ai venditori (ad es. la situazione
economica e geo-politica); l’anagrafica personale del venditore (ad es. le origini, cultura, la
personalità, lo status familiare) e professionale (anzianità ed esperienza nel ruolo, nel
settore, nell’azienda); il background formativo; lo storico delle passate performance e
incentivazioni; la situazione finanziaria personale.

Prendiamo il caso di una forza vendita molto giovane e competitiva: potrebbe essere
sensibile oltre che al denaro anche a incentivi non monetari. Tra questi ad esempio la
formazione professionale al top (partecipazione a corsi e master molto qualificanti); i
pubblici riconoscimenti o la visibilità in azienda; la possibilità di fare dei viaggi all’estero da
soli o con altri colleghi. Gli stessi venditori, presi a distanza di anni, e in una fase del loro
ciclo di vita avanzata (ad es. con famiglia ed esposizioni finanziarie), potrebbero manifestare
un mix di bisogni e una sensibilità diversa agli incentivi. Gli esempi potrebbero essere
numerosi. Tra le forme non monetarie grande riscontro hanno trovato negli ultimi anni i
merchandise, i viaggi, la formazione speciale, i riconoscimenti e i servizi dedicati.

I merchandise sono tipicamente riferiti ad oggetti per la casa, per la persona e il tempo
libero. I viaggi incentive fanno parlare molto si sé e sono eccellenti strumenti di
comunicazione e immagine nei confronti dei venditori, offrendo loro occasioni di svago e di
tempo libero ma anche di team building. I viaggi trasmettono anche una percezione di
valore superiore al reale costo per l’azienda.
La formazione speciale si riferisce ai programmi realizzati da istituti tecnici e scuole di
management nazionali e internazionali. Sono incentivati se altamente qualificanti per il CV
del venditore, spesso occasione per fare esperienze manageriali nuove e uniche nel loro
genere. I riconoscimenti sono principalmente associati ad avanzamenti di carriera nella
funzione commerciale (ad es. da venditore a key account o global account manager,
responsabile di zona o area manager). Sono molto efficaci tra i giovani venditori che vedono
nuove opportunità di crescita. Meno per i venditori rimasti nel ruolo molto a lungo, e che
non contemplano più il passaggio di livello. I servizi dedicati, infine, si riferiscono ad una
categoria molto ampia di benefici. Tra questi ad esempio i parcheggi riservati in azienda o
servizi dedicati alla famiglia. Nel primo caso il beneficio percepito dal venditore può avere
una duplice valenza: di natura funzionale dovuta alla logistica del posto di lavoro; di natura
simbolica visto che in alcuni contesti culturali aziendali viene associato anche alla
temporanea dimensione di status personale. Sul fronte dell’incentivazione monetaria e con
particolare riguardo alla forza vendita Indiretta, vale poi la pena di ricordare la possibilità di
riconoscere all’agente gli anticipi provvigionali, i rimborsi per le spese di vendita, i contributi
a fondo perduto a sostegno dello sviluppo della struttura (ad es. nel caso di allargamento
della struttura o di apertura di una nuova agenzia).

QUESTE SONO LE 7 DECISIONI CHIAVE DI UN SISTEMA DI


COMPENSATION
Es FedEx: Preparare report, qualunque format. Vestire panni consulente e analizzare caso;
grande azienda, che ha cambiato la strategia di marketing e di conseguenza la struttura
della rete e la modalità con cui gestirla.

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Filosofie commerciali di UPS e FedEx sono differenti, nella visione del mercato, UPS visione
più customer centric, avevano rete commerciale non specializzata per linea ma per tipologia
di cliente. FedEx era con due linee e capisce di essere debole competitivamente, mancava
orientamento al cliente, per allinearsi quindi, riorganizza rete commerciale, decide di fondere
le due linee. Venditori dovevano vendere solo a certi clienti ma soluzioni, scelta di marketing
che si traduce nella vendita. Prima domanda da porre, come remunero i venditori?
Andare a prendere le due reti e fare una comparazione analitica. Non si può fare in tutti i
punti del modello, no pay level e no timing.

1. Effettuare comparazione analitica tra l’attuale sistema di remunerazione e


incentivazione per FedEx Express e FedEx Ground (RPS). Quali sono (e perché) le
principali diversità sulla base del modello delle 7 Key Decisions?
2. Pensando alla strategia di marketing & sales di FedEx, come avrebbe dovuto essere
strutturato il nuovo piano di remunerazione? Come lo strutturo a livello di target,
pay-mix, metriche, tipo di compensation.
marco.sisti@sdabocconi.it
masisti@gmail.com

CASO FEDEX: OBIETTIVI DIDATTICI


1. Comprendere e familiarizzare con strategie di motivazione e incentivazione della
forza vendita.
2. Comprendere come si applicano le decisioni di incentivazione.
3. Come si legano le scelte di struttura

RECAP SULLE DUE SESSIONI.


In questa sessione abbiamo applicato ad un caso reale il modello delle "7 key decisions ".
Concetti chiave della sessione
➔ ruolo del sistema di compensation nell'indirizzare i comportamenti della forza
vendite a fronte di una nuova strategia di marketing
➔ Le relazioni causali tra i fattori di contesto, la strategia CHI-COSA e le scelte di
struttura e gestione della forza vendita. Abbiamo esplorato cosa e perché giustifica a
volte importanti diversità nei sistemi di compensation della forza vendita
➔ Il "peso" specifico (a livello di numeriche, fatturato pregresso e politico) delle
strutture di vendita pre-esistenti e relative culture nelle nuove strategie aziendali
➔ L'importanza di considerare i propri venditori alla stregua di "clienti interni" di cui
conoscere profilo, bisogni da soddisfare compatibilmente con le risorse e le leve
aziendali
➔ il tradeoff tra semplicità e pragmatismo nelllo sviluppo e implementazione di
strategie di breve rispetto a soluzioni ideali,ma concretamente difficilmente
applicabili nel proprio contesto
➔ la possibilità di implementare soluzioni ibride di compensation in funzione dei diversi
segmenti di clientela target (es. in aula si è discusso della possibilità di implementare
soluzioni di compensation più complesse sui segmenti Large con numeriche di

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clienti e venditori più basse, lasciando soluzioni più semplici su quelli medium e
small)
➔ il ruolo e l'importanza delle diverse componenti e meccanismi di incentivazione (es.
fix/variabile e matrice incentivante individuale e di team/area)
➔ il significato e le criticità dei meccanismi di incentivazione di team
➔ Il significato e applicabilità di modelli di pay ratio e di ER (Engagement Rate) diversi

L'esercitazione, in modalità simulativa, è servita anche a condividere una logica di analisi e


planning delle leve di gestione in situazioni di cambiamento e innovazione aziendale
Nei materiali distribuiti in aula vi sono anche due allegati con esempi dei piani che l'azienda
ha sviluppato negli anni successivi. Il primo, come anticipato, troppo complesso e
scarsamente efficace. Il secondo più semplice ed efficace nell'indirizzare gli sforzi delle
nuovi reti di vendita. n.b. questi due esempi sono materiali integrativi facoltativi, quindi non
oggetto di possibile domanda d'esame.
PER LE SOLUZIONI DEL CASO VEDI SLIDE

43
44
45
Perché una divisione come Ground, che era un’ex azienda, aveva deciso di remunerare in
funzione di anche performance di team? Perché ground aveva bisogno di incentivare il
team?
➔ Ground (RPS) era follower di UPS.
➔ Difficile da vendere
➔ Express aveva un brand forte, processo di vendita semplice, avevano preferito
incentivare sulla base di individuali
Meccanismi di incentivazione di team vanno attivati quando vi è certezza di necessità di
approccio collaborativo. Quando venditori sono convinti di essere indipendenti; il fatto di
dare incentivi di team, ma lui è convinto che dipenda solo da lui è molto pericoloso e può
essere molto demotivante. Es. un venditore fa 0,3 invece che 1, un altro fa 0,5 e uno fa 1.
Questi vede più della metà del suo incentivo sfumare; o voi dimostrate che c’è terreno per
collaborazione o usare questi moltiplicatori può essere pericoloso. Azienda nell’esempio ha
dato esempio collaborativo ma senza esagerare, sennò invece che motivare si demotiva.
La tabella ci dice anche che il gate d’entrata (soglia di accesso al premio) è 80%; per
guadagnare qualcosa e che 120% è il “cap” tetto massimo.
Perché questo tetto?
➔ Contenimento costi
➔ Vincoli di produzione - logistica - soddisfazione del cliente
➔ Spingere ad aiutare i colleghi
Effetto collaterale:
➔ Rischio di demotivazione dei migliori venditori

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Su ground vi era convinzione che collaborazione fosse fattibile ed efficiente; questa può
essere funzionale o cross funzionale. Per questo a volte obiettivi non sono di area ma di
team interfunzionali (Key account, rappresentate logistica, amministrazione, customer
service, etc.)
Pay mix:
➔ Fisso (salario):
➔ Variabile (incentivo):
◆ Provvigioni (commissioni):
● Su fatturato
● Su profitto
◆ Premio (bonus):
● Non discrezionale: Azienda è obbligata a pagarlo al raggiungimento
◆ Bonus “discrezionali”: Al posteriori (normalmente) di una certa performance,
per dare un ulteriore riconoscimento, dare per esempio a tutto il team dei
soldi in più. La loro caratteristica è che non sono regolamentati ex-ante ma
distribuiti ex-post (spesso con regola gerarchica)
➔ Benefit: Incentivo riconosciuto ex-ante, prima che il venditore faccia qualcosa.
Atteggiamento di venditore nei confronti dei benefit è particolare, una volta
incassato, per qualche motivo, finisce ad essere assimilato ad un fisso (come se
fosse un salario), una volta dato, potrebbe essere difficile toglierlo. Per questo
benefit sono stati molto ridotti (più difficili da gestirsi managerialmente parlando)
Cosa è realmente un benefit? Macchina per esempio; si o no?

PROVVIGIONI PREMI

Monetarie Monetario + non monetario

Individuale Individuale e di team

Provvigioni su metriche 1 o più obiettivi


oggettive/economiche

Pay ratio:
82% - 18% Vs 70% - 30%
Vedi livello minimo di raggiungimento che era 50% Vs 96%.
Questa differenza è dovuta alla facilità di vendita
ENGAGEMENT RATE:
Indica quota parte in % della forza vendita, che, in un dato periodo è in grado di accedere
al variabile.
Che distribuzione? “Gaussiana” o più esclusiva? Dipende da varie cose, tra cui cultura
aziendale, competitività/fase del ciclo di vita del mercato.
METRICHE/INCENTIVI:
1. Attività (input): Si Vs No. Uno incentivava su input e profittabilità, il secondo solo
sulla base di fatturato e volumi. Ground, per essere venduto, era condizione
necessaria che il venditore facesse cene, eventi,etc. Quelle attività impatteranno sul
variabile; se voglio “obbligare” un venditore, devo legarlo ad una forma incentivante.

47
Per Express l’importante era il fatturato, due realtà completamente differenti hanno
due sistemi completamente differenti.
2. Yield: Rendimento per collo, per evitare eccessivi sconti e margini ridotti.
3. Flessibilità: In un caso si, nell’altro no. Un mercato era abbastanza fluido, con
obiettivi periodicamente ridiscussi (da cui soglia di accesso molto più alta), nell’altro
caso erano più flessibili perché non aggiustati.
4. Livello minimo: 50% Vs 96%
TIPO REMUNERAZIONE:
Piramide Maslow, reti Express erano molto più competitive, avevano bisogno di apparire ed
emergere.
DOMANDA 2:
TARGET:
➔ Rete diretta
➔ Obiettivi di individuali (al massimo, di team per i clienti di maggiori dimensioni), poi
nel lungo periodo si considera.

ss. 13 (18 febbraio) : Meet the managers - LUXOTTICA - prof. Sisti


Testimonianza di Vittorio Perfetti (Direttore Commerciale) e Marco Carbonici (Field Sales
Manager di Ray Ban) - Luxottica Italia
L'obiettivo della testimonianza è stato quello comprendere, dalla prospettiva di una grande
azienda di successo come a fronte dell'evoluzione del protafoglio prodotti e dei mercati,
stanno rapidamente cambiando le strategie di canale e di organizzazione e gestione dei
venditori. Un'occasione di grande valore per comprendere il ruolo, l'importanza e le sfide
per le reti commerciali dalla viva voce della Direzione. al tempo stesso un'opportunità per
condividere i percorsi di crescita professionale nel marketing & sales

Concetti chiave della testimonianza


➔ crescente complessità di gestione di un portafoglio ampio e caratterizzato da
posizionamenti molto diversi (tra Home Brands e License Brands)
➔ evoluzione del canale wholesale (ottici) con crescente peso di retailer più grandi e
moderni
➔ trasformazione della strategia di canale di luxottica, passata in Italia da un puro
Wholesale Channel ad un canale MiX (con il controllo di Salmoiraghi Viganò e
potenzialmente di Grand Vision)
➔ Passaggio da una strategia di SELL-IN ad una strategia di SELL-OUT. Implicazioni a
livello di segmentazione del canale wholesale, di "modelli di servizio" per i diversi
cluster di ottici, di struttura (diretta vs indiretta), di ruolo e competenze dei venditori,
dei supervisor, di specializzazione della forza vendita, di sizing (dimensionamento)
➔ i tratti distintivi del venditore di successo in Luxottica
➔ il ruolo dei percorsi integrati di crescita professionale nel marketing & sales

Agenda
1. Kick-off: cosa intendiamo per sales management. Un modello generale di sales
force management
2. Realtà e falsi miti nelle vendite

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3. Quale è il ruolo delle vendite nelle imprese, e come sta cambiando?
4. Cosa fanno i venditori?
5. Quali sono le caratteristiche dei venditori di successo?

La vendita è un processo
- La vendita è un PROCESSO, cioè una serie di ATTIVITÀ’ sequenziali e
interdipendenti, da svolgere in modo coerente, coordinato e strutturato
- Ogni attività/fase del processo ha dei suoi OBIETTIVI e delle MODALITÀ’ DI
ATTUAZIONE più o meno opportune ed adeguate

Il tipico processo di vendita: una visione semplificata


1. Ricerca e profilazione opportunità
2. Primo contatto
3. Analisi dei bisogni
4. Preparazione dell’offerta/proposta
5. Presentazione
6. Negoziazione/chiusura
7. Follow up servizio

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Il tipico processo di vendita: una visione più realistica

…….
L’obiettivo della prima visita è fissarne una seconda.
Formulare una proposta specifica, in base a quanto è stato detto; le consiglio alternativa
a,b,c. Cercare cross selling e upselling
Fase post interazione: Chiedere feedback, sta usando il prodotto? Raccolta di contatti con
altri clienti potenziali, raccogliere referenze (non compra altre cose, ma mi dia il nome di
un’altra persona che potrebbe essere interessata). Richieste o proposte di aggiornamenti;

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attività di win-back su clienti persi. Quali sono tra i clienti che ho perso quelli che
potrebbero tornare ad acquistare?
Posso fare un'auto analisi, cosa ho fatto bene? Cosa posso migliorare?

Se noi interpretiamo la vendita come un processo potremmo cercare di renderlo più


efficienti, essere più produttivi nella gestione di un processo (risparmiare tempo, non
perdere qualità facendolo). Quanto tempo ci metti per visitare il cliente? 4 ore per una
polizza? Non è efficiente.

Se vendere è un processo, allora occorre essere efficienti e risparmiare tempo: come


si fa? Alcuni esempi legati all’uso di tecnologie digitali

«Poiché l’utilizzo di strumenti digitali fa risparmiare tempo, nella mia organizzazione fornisco
gratuitamente tutti gli strumenti di lavoro tranne il toner: i costi di stampa sono suddivisi tra
dipendenti e collaboratori che gravitano su quella sede. E’ un gesto simbolico ma serve a
creare un’abitudine»

«Il numero di app fatte scaricare ai clienti da ogni venditore indica quanto ha compreso che
far scaricare l’app ai clienti significa ridurre le chiamate in entrata, velocizzare la
condivisione di informazioni, facilitare l’apertura del sinistro, e significa che il venditore dà
valore al proprio tempo»
«Esiste un rapporto diretto tra prestazione commerciale e numero di spazi bianchi in
agenda. Se il venditore non compila l’agenda significa che non si sta organizzando, perciò
non incasserà e venderà quanto necessario, quindi non guadagnerà a sufficienza. Il numero
di spazi bianchi in agenda è l’alert fondamentale nella gestione dei venditori»

Caso L'Oréal:
I venditori sono passati da dover solo raccogliere gli ordini a pianificare promozioni,
controllare assortimente, gestire gli accordi commerciali, analizzare la concorrenza, lavorare
in team, raggiungere risultati.

Tempo che i venditori usano per vendere davvero è la minoranza ed è in diminuzione

Ruoli di vendita, in funzione di strategia aziendale, tipo di cliente.


- Alcuni Key account, gestione clienti rilevanti. Una loro caratteristica fondamentale è
che buona parte del loro tempo è dedicata a relazioni interne all’azienda per
costruire soluzioni per uno specifico cliente
- Venditore missionario: Caso dei farmaci, non può vendere, promuove.
- Venditore tecnico: ha competenza tecnica per aiutare nella vendita-post vendita per
identificare la soluzione migliore ai problemi del cliente.
- Venditore logistico: Presa d’ordine
- Business development: Cercare nuovi clienti
- Venditore consulente: Non solo rispondere ad esigenze tecniche, cercare
opportunità non sfruttate (compri questo, è deducibile), ruolo proattivo, a valore
aggiunto

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Caratteristiche tipiche dei venditori di successo: qualche risposta preliminare
Talenti personali
1. Motivazione
2. Capacità di costruire fiducia
3. Capacità di problem solving
4. Doti organizzative
Managers di qualità
Cosa determina la performance di un venditore?
➔ Ambiguità di ruolo
➔ Conoscenza
➔ Q.I.
➔ Capacità di adattamento
➔ Motivazione
Obiettivo di un sistema di sales force performance management
1. Capire l’origine del successo/insuccesso dei venditori: identificare i fattori gestibili
dal venditore (e quindi, a monte, dall’azienda) che sono all’origine delle differenze di
performance
2. Applicare continui correttivi per migliorare i risultati
a. Occorre capire il processo produttivo del venditore, ovvero come trasforma
input (tempo, risorse, capacità…) in output svolgendo attività (processi).
Il processo di sales force performance management

Determinanti della performance dei venditori

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Fatto: la valutazione della performance è una delle principali aree di miglioramento dei
sales manager

Cosa significa gestire strategicamente la valutazione dei venditori?


Valutare correttamente la performance dei venditori è fondamentale per varie ragioni:
1. aiuta a migliorare il processo di definizione degli obiettivi
2. influenza la definizione dei sistemi di ricompensa
3. ha un impatto decisivo sulla motivazione
4. Influenza i percorsi di carriera (es. promozioni)
5. indirizza i processi di selezione
6. influenza gli investimenti in training
La valutazione va inserita in uno strutturato e coerente sistema di sales force performance
management
Il tipico sale force performance management system

53
Un interessante spunto di riflessione
Negli USA, in media, ad un centimetro di statura in più corrisponde una remunerazione
annua maggiorata di 315 $
Attribuzione successo/insuccesso

Breve recap sul salesforce performance management:


Definire obiettivi ⇒ Tradurli in piani d’azione, questi piani vengono più o meno attuati e
producono dei risultati, devo monitorare, raccogliere, analizzare dei dati o semplicemente
osservare e raccogliere dei dati qualitativi; come il venditore comunica con un cliente, lo
posso fare solo osservando o andando in affiancamento.
Do la mia valutazione, sulla base di questa gestisco tutte le conseguenze, feedback,
interventi di supporto, affiancamento, intervento ⇒ Training, incentivi, più risorse a
disposizione e, in base alla valutazione; non solo intervengo a correzione ma anche
ridefinire tutto il mio circolo; obiettivi e piani di azione per l’anno successivo.

Questo è il framework dentro cui la valutazione entra; questo sistema può essere anche
interpretato come sistema di controllo della rete di vendita; la valutazione, nello specifico è
un pezzo di una cosa che io chiamo “come controllo i miei venditori”. Nella letteratura ci
sono due macro classi di controllo delle reti di vendita; ovvero Behaviour based e outcome
based:

54
Tipici sistemi di controllo delle reti di vendita

Il primo tipicamente corrisponde ad una filosofia gestionale in cui il manager pensa di


sapere come il venditore deve lavorare, da indicazioni su come deve farlo e verifica se lo fa
davvero così e interviene se non lo fa; l’assunto di base è: “io so come deve lavorare, se
lavora in un certo modo produce risultati”

Il secondo; lascia fare al venditore, tu sai come fare il tuo lavoro, gestisciti autonomamente,
purché porti dei risultati; io su quello ti valuto e imposto un sistema di controllo
performance basato su risultati non su attività.
Queste due stili comportano ovviamente delle differenze nello stile manageriale.
Quando vuoi maggiore controllo vai nel primo e viceversa.

Quando abbiamo parlato di salesforce management, di cui la valutazione e i sistemi di


controllo sono un pezzo, stiamo dicendo che l’obiettivo è di indirizzare, influenzare e gestire
la funzione di produzione dei venditori.
Sales force performance management = gestire la funzione di produzione dei
venditori

Quali sono i comportamenti che portano a raggiungere determinati risultati?


Es. Controllo sui venditore che mandano note spese pranzi/cene e controlli a campione.

Una scelta fondamentale che va fatta, come visto anche nel caso è cosa misurare, su cosa
definisco obiettivi e valuto la performance? Se seguiamo la logica della funzione di

55
produzione del venditore per prima cosa valuto i risultati, aziende normalmente misurano
output, normalmente quantitativi, ma possono essere di varia natura.
Cosa misurare: misure quantitative degli output di vendita
1. Vendite:
a. Fatturato, Fatturato per prodotto o linea, Tasso di crescita del fatturato,
Fatturato da nuovi clienti, Volumi totali, Volumi per cliente, ecc.
2. Quota di mercato
a. Quota di mercato assoluta, Tasso di crescita della quota di mercato, ecc.
3. Clienti
a. Numero di nuovi clienti, Numero di clienti persi, Customer retention rate, ecc.
4. Margini
a. Margini lordi e netti complessivi e per prodotto o per cliente, ROI, Margini %
sulle vendite, ecc.
5. Ordini
a. Ordine medio, ordini per visita, ordini cancellati, ecc.

Se voglio capire perché e come si arriva ad un certo risultato e voglio cercare di influenzare
quella funzione di produzione devo misurare qualcosa legato alle attività, i processi, cosa
viene fatto come, diversi indicatori possibili, molti quantitativamente misurabili, poi ci sono
anche quelli qualitativi.

Cosa misurare: misure quantitative dei processi/attività di vendita


1. Visite a nuovi clienti, a vecchi, di tipo a, b o c.
a. Numero di visite effettuate, Frequenza di visita ai clienti, ecc.
2. Costi di vendita
a. Spese totali e in % sulle vendite, Costo medio delle visite, ecc.
3. Misure varie relative alle attività svolte
a. Numero di report compilati, Numero di presentazioni effettuate, Numero di
incontri interni effettuati, ecc.
4. Utilizzo del tempo
a. Ripartizione % fra tempo dedicato ad attività di vendita e non, Numero di
giornate lavorative, ecc.

Come valuto cose qualitative? Per esempio con affiancamento e vedendo comportamento.
Se vado a vedere attività, classificazione delle 121 attività fatte dai venditori, anche giocare
a Golf, voglio misurare tutto? Devo misurare anche quello, devo scegliere bene quali
misurare, possono essere molto articolate. Problema; capire quante attività bisogna
misurare nel momento in cui ho l’obiettivo di misurare non solo i risultati ma anche le attività
perché voglio capire quali è più opportuno fare per raggiungere determinati risultati.
A monte, nella funzione di produzione, abbiamo tutti gli input ⇒ Capacità e competenze
delle persone; in ottica di buona gestione della rete di vendita dovrei idealmente non solo
capire quali attività, processi, behaviour portano determinati risultati, ma quali sono le
capacità e le competenze che permettono alle persone di lavorare in un certo modo, cioè di
gestire il processo nel modo che più porta risultati (idealmente).
Sulle competenze e capacità si apre “un altro mondo” ⇒ Quali competenze e capacità
misuro? Ogni azienda ha le sue.

56
Cosa misurare: parametri di valutazione qualitativi sugli input principali
Competenze e capacità:
➔ Conoscenze tecniche sui prodotti e sui concorrenti, Skills di vendita, Aspetto fisico,
Capacità di comunicazione, Spirito di iniziativa, Creatività, Intraprendenza, Time
Management, Capacità di pianificazione, Spirito di gruppo, Collaboratività, ecc.

Questo modello guida molte decisioni delle aziende, bisogna però verificare bene quelle
competenze; testarle ⇒ Chi ha detto che queste competenze rendono un commerciale
migliore? Lo hai mai testato?
Conclusione è che aziende pensano di sapere cosa serve per fare il commerciale ma, in
realtà, è un assunto non verificato e non testato che non aiuta a capire se queste
competenze guidano determinati risultati.

Come cercare di capirlo quindi? Come valutare? un esempio di incrocio di dati per la
valutazione della performance dei venditori
Esistono tanti indicatori possibili; come vanno messi assieme? la logica è di cercare di
metterli assieme in modo intelligente;

57
Es: abbiamo 3 indicatori; vendite aumentano (abbiamo 2 venditori in uguali condizioni; tutti
e 2 +5%, uno è cresciuto in un modo e uno nell’altro). Ci sono arrivati con segmento a e
con segmento b. Sisti ha lavorato su a aumentando le vendite (tratteggiato) ed ha
aumentato la quota di mercato; a però è in declino, nel frattempo le sue vendite sono
diminuite e ha perso quota su b che invece è aumentato. Sono arrivati allo stesso punto,
MA, Sisti lo ha fatto aumentando la quota in un segmento in declino mentre perdeva sul
segmento b che cresceva. Guenzi ha fatto il contrario, perso su quello in declino e
aumentato su quello in crescita.
Il dato semplice, la vendita aumenta, dipende; e la quota di mercato? e mercato stesso? Se
mi fermo lì direi che è bravo, ha aumentato ma meno del mercato, quindi concorrente
cresce di più. Se dato incrocio con aumento di quota di mercato positiva, allora
doppiamente bravo, ma anche qui, dipende, se è successo in un mercato che va a picco
non è positivo e viceversa se su un mercato che sta crescendo.
Singolo dato può essere fuorviante, se lo metto in un'ottica più allargata e lo incrocio con
altri dati, attribuisco significato corretto a quel dato se lo metto in relazioni ad altri che ha
senso prendere in considerazione congiuntamente

Come valutare: costruire un modello di analisi e valutazione della performance dei


venditori; Esempio banca:
Idealmente va costruito un sistema che, partendo dal ruolo assegnato ai venditori e dal
disegno del processo di vendita che essi dovrebbero seguire, identifichi, misuri e raccolga
indicatori di comportamenti (cosa viene fatto, quanto e come dai venditori rispetto al
disegno del processo di vendita: ad es. quanto tempo viene dedicato allo svolgimento di
certe attività) e di risultato in appositi database, e li metta poi in relazione tra loro (ad es.
tramite modelli di regressione) per identificare quali comportamenti influenzino
positivamente i risultati.

58
Hanno identificato una serie di attività; quali sono i comportamenti capaci di portare un
certo risultato?
I venditori brainstorming e hanno detto: vi è un insieme di comportamenti utili.
Ok, ora abbiamo una lista di comportamenti, li possiamo misurare? Alcuni si. Quante volte
fai questa cosa? Quanto ti ritieni bravo in questa attività? Lo posso chiedere ai supervisori;
lo posso chiedere ai clienti anche. Costruisco database comportamenti diversi in base al
ruolo di vendita, e vedere quali impattano sulla performance.
Loro avevano identificato circa 40 comportamenti, hanno raccolto dati su questa banca;
statisticamente, di questi 40, circa 8 avevano un impatto significativo sulla performance,
questo fa capire che alcuni comportamenti sono, statisticamente più predittivi di una certa
performance.
Visto che i comportamenti possono essere molto numerosi, come si può ricostruire la
funzione di produzione del venditore?
Come valutare: delineare un’analisi semplificata della funzione di produzione dei
venditori

Fase 2: analizzare più in profondità il tempo «produttivo» (per esempio tempo di


vendita o face to face) dei venditori, identificando un numero ragionevole di
processi/attività «rilevanti» (in termini di impatto sui risultati) rispetto alle quali sia

59
possibile assegnare obiettivi e valutare l’effettiva effettuazione, devo renderle gestibili
e misurabili.
Nel tempo di visita voglio misurare se è una visita di vendita o meno, se si di che tipo?
Questo è esempio telecomunicazioni, se fai cross-selling di che cos’è? Se non di vendita di
che tipo?

Come valutare: dall’analisi dei processi di vendita alla definizione di KPIs per fase: un
esempio
Fase 3: per i processi chiave è possibile:
1. Identificare sotto-fasi (dipende dal processo di vendita)
2. Definire metriche di performance per ogni fase (per ogni sottofase ho degli obiettivi?)
3. Individuare standard di performance medi per ogni metrica di ciascuna fase
4. Analizzare l’impatto delle varie metriche di processo sul raggiungimento degli
obiettivi commerciali

Come valutare: selezionare e misurare i KPIs di processo o risultato. Esempio: la


Pagellina di Valutazione del Punto Vendita di Henkel
Fase 4: selezionare obiettivi e valutare la performance sui processi/KPI specifici

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Mi aspetto che il venditore raggiunga certi risultati, Henkel aveva dato una pagellina di
valutazione in termini di quanto il venditore è capace di ottenere una serie di esposizioni di
prodotti nei punti vendita; l’obiettivo non sono risultati ma avere una certa esposizione dei
prodotti Henkel nei punti vendita. Se venditore ha un certo posizionamento nei punti vendita
gestiti, probabile che si raggiungano risultati.
Risultato non dipende da venditore, posizionamento si.

Come valutare: specificare gli obiettivi e i relativi indicatori di performance nel modo
più preciso possibile! Un esempio
(Più sono specifico nell’indicare degli obiettivi e tradurli in indicatori, più sono in grado di
indirizzare il lavoro della persona in modo preciso). Aumento fatturato, come? Vedi obiettivi
indicatori.
Obiettivi:
➔ Aumento della copertura dei clienti
➔ Aumento della penetrazione sui clienti
➔ Miglioramento del profilo dei clienti
➔ Miglioramento della performance finanziaria
➔ Miglioramento della performance economica
➔ Fidelizzazione base clienti
Indicatori:
➔ Numerica (nuovi clienti), coefficiente di attrazione
➔ Quota trattanti, cross selling, n° di referenze
➔ Incremento dell’ordine medio, qualità portafoglio
➔ Riduzione insoluti, ritardi, tempi medi di pagamento
➔ Riduzione sconti medi e costi commerciali, aumento prezzo medio
➔ Customer Satisfaction, Customer Retention, referenze

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Quali competenze considerare? E come stimarne l'impatto sui risultati? Un esempio;
analisi fatta per azienda su serie di competenze; avevano valutazione con diversi indicatori,
a volte oggettivi a volte soggettivi del supervisore o autovalutazioni su una serie di
competenze.
Venditore deve saper fare una serie di cose (capacità relazionali interne esterne, gestire
piattaforme, conoscere prodotti strategici), in parte di input e in parte di attività (numero
visite). Domanda, avete mai confrontato questo con la performance? No, ma sono cose
misurate, prof. ha fatto analisi per vedere se davvero fosse così.

Risultato: la mappa della priorità delle competenze


Performance: Come performano su un indicatore (oggettivo, autovalutazioni o da parte di
supervisori).

Alcune competenze dell’esempio, come conoscenza prodotti strategici e tempo dedicato a


promuoverli, ha un’importanza molto alta sul raggiungimento degli obiettivi ma è poco
posseduta dai commerciali; ho un venditore che è basso in termini di possesso di una

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competenza che è molto importante in termini di impatto sul risultato. È importante
sviluppare quella competenza che la possiede poco ed ha molto impatto; altre cose
(numero visite) hanno poco impatto sulla performance, questa analisi mette in relazione
input e attività nel modello di funzione della produzione; dice all’azienda, sulla base dei dati,
alcune cose sono più rilevanti di altre sulla performance.

Legame tra sistema di sales performance management e valutazione con la


motivazione:
Motivazione vista con Sisti; la maggior parte delle teorie della motivazione, sono teorie di
riduzione dell’incertezza, variano su cos’è l'oggetto dell’incertezza delle persone ma
fondamentalmente dicono che le persone sono più motivate se io riduco in loro una serie di
incertezze. L’adeguata gestione del sales performance management può aumentare la
motivazione agendo sulla riduzione di incertezza in merito a:
➔ Su come vengono definiti gli obiettivi e la realizzabilità degli obiettivi (Goal setting
Theory)
➔ Se l’azienda ha messo in campo strategie e azioni adeguate per raggiungerli (Path
Goal Theory)
➔ Ricompense e modalità di loro attribuzione (Expectancy Theory)
➔ Proprie capacità e competenze per raggiungere un certo risultato (autostima)
(Self-efficacy Theory)
➔ Equità e correttezza, ad es. nella valutazione o nell’assegnazione di opportunità,
condizioni di partenza eque (Equity Theory)

Se costruisco un buon sistema di pianificazione e controllo in ambito commerciale, riduco


notevolmente l’incertezza che le persone hanno su queste cose; se il mio sistema (obiettivi,
piani, attività, monitoraggio, valutazione e feedback) se io gestisco bene tutte queste cose
in modo coerente tendo a spegnere in partenza le incertezze che le persone hanno sugli
obiettivi.

Caso Pupa Flavios: obiettivi


➔ Esercizio sulla valutazione dei venditori, e sul relativo feedback da dare loro
➔ Nel caso, volutamente, mancano dati importanti e sono inclusi dati inutili o fuorvianti
➔ L’obiettivo è utilizzare al meglio i dati disponibili, nell’intento di massimizzare l’equità
percepita e la correttezza della vostra valutazione: siete Mrs Ribeiro e dovete cercare
di giustificare al meglio le vostre decisioni. Cercate di essere il più possibile obiettivi.
➔ Poiché dovrete comunicare il vostro feedback, inclusa la valutazione di chi è il
migliore venditore, a tutti i venditori, dovete avere argomenti credibili
Caso Pupa Flavios: linee-guida
1. Rispondete alle seguenti domande:
a. Quale venditore può essere considerato il migliore? Perchè? Quali fattori
avete considerato, e perché?
b. Quali suggerimenti dareste a ciascun venditore per aiutarlo a migliorare la
sua performance? Definite un metodo per affrontare questo processo e
applicatelo a tutti i venditori.
c. Indicate max 3 informazioni/dati mancanti essenziali per assumere migliori
decisioni in questo caso

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2. Poiché avete informazioni mancanti e incomplete, esplicitate le eventuali
ipotesi/assunti alla base dei vostri ragionamenti

Il modello delle 7 “C” per un buon sistema di valutazione della performance


1. Correttezza
2. Completezza
3. Chiarezza
4. Coerenza dei criteri usati rispetto agli obiettivi
5. Coinvolgimento
6. Credibilità personale del decisore
7. Costruttività Ma… come ottenerli?

Caso Pupa Flavios


Commenti sulle presentazioni:
1. Tema chiarezza, facilità di comunicazione, trasmissione ai commerciali è importante,
perché parti dal presupposto che queste cose vanno comunicate prima, in modo da
guidare le loro azioni. Quindi, se non è chiaro su cosa andranno valutati, il rischio è
che poi facciano cose diverse fra di loro e disallineate rispetto alla strategia, quindi
comunicabilità è importante, sicuramente matrici aiutano per la visualizzazione
grafica. È da verificare quanto i commerciali hanno capito il sistema.

Soluzione prof:
Ci sono alcuni presupposti da cui nasce il ragionamento, c’è area di Lisbona dove ci sono
tanti venditori che si dividono un potenziale molto alto, l’ipotesi che facciamo è che sia ben
distribuito, ci sono 5 venditori, ciascuno avrà un quinto del potenziale.
L’altro presupposto è che i venditori siano paragonabili tra di loro come anzianità, seniority e
siano nello stesso territorio da un arco temporale sufficientemente esteso, per cui si
possono valutare comparativamente delle performance rappresentative della loro
performance normale.

PROF: Partito da 7C, variabili di base per costruire il miglior modello di valutazione delle
performance

Il modello delle 7 “C” per un buon sistema di valutazione della performance


1. Correttezza: per discorso etico e per motivazione, se ho sistema equo, teoria
dell'equità mi dice che per motivare le persone è importante che queste
percepiscono che il sistema sia equo, ma anche per l’azienda, se capisco cosa
determina la performance riesco a fare interventi migliori.
2. Completezza: C’è necessità di bilanciare tra completezza e chiarezza, se vado
molto nel dettaglio avrò un sistema completo ma potenzialmente complicato, devo
trovare compromesso ragionevole; proposta del prof. cerca di trovarlo, con un
proposta di buonsenso, modello di valutazione a 2 fasi, prima di sintesi e generale,

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facilmente comprensibile ed una seconda che entra più nel merito, persona per
persona di dove si può migliorare (questo concilia completezza e chiarezza)
3. Chiarezza
4. Coerenza dei criteri usati rispetto agli obiettivi: Se obiettivo è trimestrale, anche
indicatori devono esserlo.
5. Coinvolgimento: È una dimensione di processo, come arrivo a definire i parametri
da utilizzare nel modello di valutazione. Parametri li definisco io e li impongo? O li
coinvolgo a definire questi parametri di valutazione? È un aspetto positivo, in
generale, se una persona è stata coinvolta ha un elemento in meno per dire che il
sistema non funzioni. Coinvolgere non significa necessariamente fare quello che
dicono.
6. Credibilità personale del decisore: Non avrò mai sistema perfetto, correttezza,
equità, dipendono da quanto i follower (commerciali) ritengono credibile chi li valuta
(il leader).
7. Costruttività: Sempre dimensione di processo, come comunico il sistema e la
valutazione delle persone, si dovrebbe cercare di essere costruttivo più che punitivo,
se vedo casi/comportamenti devianti rispetto agli standard posso essere punitivo
(vedi mercato farmaceutico, se persone non seguono norme, intervengo anche in
modo punitivo), ma in generale, costruttività è cercare di far capire che valutazione
approfondita e dettagliata ha obiettivo non di fustigare ma di aiutarla a performare
meglio, questo è spesso un punto critico, soprattutto chi è molto autonomo che fa
fatica a sentire fiato sul collo di uno che controlla il suo operato, perché vuole
autonomia, e non piace molto ai commerciali, se però il controllo ha una finalità
costruttiva e aiuta poi a performare meglio viene anche accettato meglio. Come si
rende costruttivo? Molto comunicazione e molto di decisione. Se, sulla base
dell’analisi fatta costruisco un piano di sviluppo della persona, nei fatti è una
valutazione con una conseguenza costruttiva, investi per migliorare la persona.
Costruisci con i fatti e con modalità di comunicazione.

Ma… come ottenerli?

Premessa: considerare la confrontabilità delle condizioni di partenza


Equità deve essere anche delle condizioni di partenza, valutazione è fatta rispetto a degli
obiettivi; questi obiettivi devono tenere conto anche della condizione di partenza, non
posso confrontare pere con mele, devo avere una confrontabilità delle condizioni di
partenza; ovvero ⇒ quanto è facile o difficile raggiungere un certo obiettivo; es: Quanto
simili sono le persone? Quanto è probabile che possano raggiungere un certo obiettivo? Se
una lavora da 20 anni e una da ieri, non sono confrontabili, mi aspetto che le loro capacità
di raggiungere obiettivi sia diversa, non è ragionevole usare stessi parametri e aspettative.
Le aspettative dipendono in parte dalla capacità della persona, che non deve essere,
macroscopicamente diversa in termini di anzianità aziendale dall’altro lato da fattori
esogeni, qual’è il contesto dentro a cui le persone possono cercare di raggiungere
l’obiettivo? Nel caso Pupa, Quali sono gli indicatori più importanti per desumere
confrontabilità delle condizioni di partenza:
➔ Esperienza e anzianità aziendale, il caso ci dice che sono simili
➔ Key account non sono paragonabili all’agente (quello dell’Algarve)

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➔ Competizione, non ci sono condizioni di difficoltà per differenza nello scenario
competitivo; sarebbe molto diverso; da una parte è molto più difficile rispetto all’altra
➔ Differenza delle dimensioni dei clienti, fattore esogeno? Dipende da presenza o
meno? O da capacità del venditore di andare con grandi o piccoli?
➔ Tutti i venditori vendono tutti i prodotti in portafoglio
➔ Area in cui lavorano e potenziale di mercato ⇒ 2 pescatori con 10 pesci, se li ha
presi in vasca con 11 pesci o in lago con 100. Faticosità nel raggiungere il risultato.
➔ Serve omogeneità o similarità del potenziale
➔ Omogeneità o similarità del carico di lavoro, quanto è complicato raggiungere quel
potenziale.
➔ Tutti dovrebbero partire dallo stesso punto, potenziale stesso per tutti e carico
anche, normalmente non è così
➔ Devo cercare di relativizzare i risultati rispetto a condizioni di partenza diverse,
devo tenerne conto per essere equo, valuto performance identica ottenuta in
condizioni diverse.
Devo relativizzare la performance rispetto al potenziale, dimensione del territorio può essere
apporossimatore della quantità di lavoro, anche se non è detto, può essere che il territorio
sia grande e i clienti concentrati. Altro approssimatore può essere il numero di clienti
potenziali se, a parità di potenziale fatturato, sono 10 volte di più in un territorio, avrò molto
più lavoro da fare.

Se vado a vedere dimensione media dei clienti (fatturato/numero clienti) è molto


eterogenea, alcuni molto alta e altri bassa ed è un dato di fatto.

Come lo interpreto? Può essere frutto di decisione di modo di lavorare del venditore, va
solo su grandi o su piccoli. Oppure è il frutto del fatto che in una zona ci siano clienti grandi
e in un’altra piccola. Come lo capisco?
Guardando il rapporto fra numero di clienti potenziali e potenziale del territorio:

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Se faccio questa analisi vedo che ho una correlazione perfetta, è assolutamente
proporzionale, più sono i clienti, maggiore il potenziale, il che significa che il potenziale
medio dei clienti è sempre lo stesso, vedo che potenzialmente la dimensione media è la
stessa, però se guardo la matrice precedente vedo che la dimensione effettiva non è la
stessa; quindi, alcuni vanno su clienti grandi e altri su piccoli, potenzialmente hanno tutti
clienti della stessa dimensione.

Questo è un esempio di valutazione che va fatta per cercare di capire se esistono


condizioni di partenza paragonabili, alcune sono riferite ai commerciali, altre sono esogene
(carico di lavoro e potenziale di mercato)

PRIMA DOMANDA: Quale venditore può essere considerato il migliore? Perché?


3 regole generali per rispondere alla domanda:
➔ Regola #1: non usare dati incompleti e fuorvianti, almeno in una prima fase ad es.:
1. Numero di visite, numero di ordini, numero di nuovi clienti acquisiti ⇒ sono
misure di risultato parziali e potenzialmente fuorvianti, perché ad esempio
non considerano, rispettivamente, il tasso di successo delle visite (tasso di
conversione), la dimensione media degli ordini e la qualità (es. fatturato
medio) dei clienti acquisiti.
Se ho 2 venditori che portano 10 nuovi clienti, in un mercato con potenziale
100, tasso sviluppo base clienti è uguale, ma 10 grandi Vs piccoli fa molta
differenza. Uguale con numero medio ordini senza valore ordini
2. Fatturato e tasso di crescita di per sé non sono necessariamente significativi:
il loro valore (assoluto) dovrebbe essere relativizzato rispetto al potenziale

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territoriale o alle vendite complessive nel territorio (quota di mercato), e
rispetto al tasso di saturazione già raggiunto nel medesimo territorio.
Dove hai un potenziale maggiore mi aspetto fatturato maggiore rispetto ad
altro collega che lavora in zona a scarso potenziale (vasca con 100 pesci Vs
lago con 11), se non relativizzo commetto un errore, tasso di crescita ⇒ Se
venditore è in una zona già satura, ottima copertura del mercato è normale
che abbia tasso di crescita più basso, ma magari ha già tutto perfetto, nuovi
clienti non avrebbero senso, si invece sviluppare gli esistenti. Se uno ha
quota del 15% ha più facilità a crescere rispetto a chi ha 90%
➔ Regola #2: attenzione all’uso delle classifiche, perché il dato ordinale può
“nascondere” le distanze fra le performance. Primo 1 mln, secondo 999.999 e terzo
32 mila, perdo distanza tra performance
➔ Regola #3: la valutazione dovrebbe conciliare la completezza con la semplicità e la
parsimonia. E’ opportuno considerare misure sia di efficacia che di efficienza dei
venditori.
Esempio: ha senso usare il numero di clienti acquisiti?
Devo scegliere che indicatori hanno più senso e quali sono problematici, torno su clienti
acquisiti (spesso usato come approssimatore della crescita), se lo relaziono con la crescita
del fatturato negli ultimi anni, vedo che non c’è correlazione.

LA CRESCITA DI FATTURATO NON È CORRELATA AL NUMERO DI CLIENTI ACQUISITI!


QUEST'ULTIMO NON CONSIDERA I CLIENTI PERSI NE' LA DIMENSIONE MEDIA DEGLI
ACQUISITI E DEI PERSI!
Suggerimento: Fare 2 step;

Step 1: Valutazione di sintesi


Per ragioni di semplicità di analisi e facilità di comunicazione ai venditori, è consigliabile
partire da una valutazione di sintesi che concili completezza (ovvero considerazione sia di
efficacia sia di efficienza) e parsimonia

Fra gli indicatori SINTETICI di efficacia e di efficienza utilizzabili nel caso, i migliori sono
quelli esposti nelle slides seguenti.

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La penetrazione (efficacia) relativizza il risultato di ogni venditore rispetto al potenziale del
territorio in cui esso opera.
L’incidenza dei costi sul fatturato (efficienza) esprime le risorse utilizzate per generare i
ricavi.

Incrociati, i due indicatori di sintesi permettono di identificare una matrice con 4 tipologie di
venditori.

Quanto ogni venditore ha sfruttato il potenziale del territorio dentro cui era?
Nel caso, non ho valore monetario del potenziale, ho un dato %, per confrontare, devo
percentualizzare i valori economici; come? Percentualizzo sul totale, ogni venditore, a fine
anno, quanto ha contribuito al totale del fatturato della sua azienda percentualmente?
Fatturato venditore/fatturato complessivo azienda = Contributo % al totale del fatturato; poi
relativizzo l’indicatore alla percentuale di quanto il suo territorio, percentualmente avrebbe
dovuto garantire rispetto alla totalità del mercato portoghese.
Guenzi territorio che vale 5% mercato ma ha contribuito al 10% del fatturato dell’azienda,
ha sovraperformato rispetto a quello che il territorio gli permetteva; se ognuno sfruttasse il
potenziale proporzionalmente a quanto vale sul totale del mercato, dovrebbe contribuire al
fatturato dell’azienda allo stesso modo. Territorio 5% e contribuisce per 5%, porta quello
che area gli permette. Se rapporto fra suo contributo % al totale del fatturato aziendale /
potenziale del suo territorio rispetto al totale. Se questo rapporto è maggiore di 1, il
venditore sta sovraperformando, se inferiore, è vero l’opposto.

Nel caso, l’indicatore è la penetrazione, quanto ogni commerciale sfrutta il territorio rispetto
al suo potenziale.
Comparazione performance venditori: l’efficacia

Comparazione performance venditori: l’efficienza

Infatti esprime le risorse che ogni venditore impiega per conseguire un certo risultato
Stesso fatturato, uno sostiene costi molto alti e un altro molto bassi.
Comparazione performance venditori: un quadro di sintesi

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Comparazione performance venditori: un quadro di sintesi
Applicazione al caso

Step 2: Valutazione di dettaglio


Per poter identificare COME ogni venditore ha raggiunto i propri risultati di fatturato
(indicatore utilizzato sia nel calcolo di efficienza che in quello di fatturato) e poter quindi
dare un feedback mirato ad ogni venditore sulle sue aree di miglioramento, si consiglia di
utilizzare il MODELLO A 4 FATTORI, che scompone il fatturato nelle sue determinanti:
1. Clienti
2. Visite medie
3. Tasso di conversione
4. Ordine medio
Ciascuno di essi è un indicatore parziale, perché spiega solo in parte come e perché il
venditore raggiunge un certo fatturato: considerare solo alcuni di essi isolatamente in un
modello di valutazione è perciò fuorviante.

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In compenso, le analisi sui dati compresi nei 4 fattori permettono di comprendere in buona
parte la “funzione di produzione” di ogni venditore. Perché il fatturato? Perché inserito in
entrambi gli indicatori del modello efficacia - efficienza.

Scomposizione performance: esempi

Venditori possono essere uguali in indice di efficacia ed efficienza; ma esserci arrivati in


modo totalmente diverso (poche visite, pochi clienti, tutte le visite erano ordini grandi), la
combinazione aiuta a capire come un venditore è arrivato ad un risultato. Se considero solo
un indicatore, sto perdendo una parte, magari l’altro venditore compensa con un altro
indicatore.
Mi aiuta a capire come lavora il singolo venditore, spara nel mucchio? Pianifica e seleziona?
Che funzione di produzione ha?
Valutazione Performance analitica, esempio applicazione

Regole generali: il modello delle 7 “C”

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1. Correttezza = sistema che permetta di massimizzare la comparabilità dei risultati,
ovvero avere delle condizioni di partenza il più possibile simili e, se sono diverse
tenerne conto nella valutazione relativizzando i risultati; sia in termini di omogeneità
di potenziale che di calcoli lavoro, con metodo del carico di lavoro; in un certo
territorio, c’ho un certo numero di clienti, dimensionalmente diversi, ho le visite
necessarie e posso stimare il carico di lavoro per coprire quel potenziale:
a. Numero, dispersione e ripartizione per classe dimensionale dei clienti
potenziali per zona (carico di lavoro, geomarketing, ovvero stimare tempi di
percorrenza in funzione della dispersione dei clienti)
b. Quota di mercato raggiunta per zona, tassi di crescita, ecc.
2. Completezza:
a. Dati medi pluriennali con relativo trend (importanza storicità)
b. Molteplici indicatori, es. mix di prodotti venduti, acquisizione nuovi clienti,
tasso di fidelizzazione (retention), ecc.
c. Analisi dettagliata dei risultati: ad esempio, per i costi, considerare
soprattutto quelli “discrezionali” (es. promozioni, sconti) e “gestibili” (es. resi,
insoluti, ecc.)
3. Chiarezza:
a. Comunicabilità e semplicità di comprensione
4. Coerenza dei criteri usati rispetto agli obiettivi (es. premio vs. promozione)
5. Coinvolgimento
6. Credibilità personale del decisore
7. Costruttività: legare la valutazione a processi di training

Classifica?
Sconsigliata, va bene al massimo con variabili qualitative, ma meglio con una scala che con
una classifica, meglio con numeri e dati; non c’è valore aggiunto di classifica.

Leading sales teams


Leadership, soprattutto team leadership: concetti chiave
➔ Leadership ⇒ Influenza interpersonale su risposte cognitive (quello che persone
sanno o pensano), affettive (su stati emotivi delle persone) e comportamentali di
followers
➔ I leaders influenzano cosa i followers fanno e come lo fanno: in particolare i
comportamenti discrezionali dei followers, ci sono una serie di cose che dipendenti
devono fare perché “costretti”, nella maggior parte dei lavori intellettuali l’energia
messa in molti comportamenti è del tutto discrezionale. Per esempio, inserire dati
nel CRM, può fare tanto, poco, bene o male; posso controllare se lo fa, ma se lo fa
bene o male non posso saperlo; devo influenzare che lo faccia bene.
➔ Principali classi di comportamenti:
◆ Legati ai compiti e ai conseguenti risultati
◆ Legati al clima/ambiente psico-sociale (esempio: CCO = Comportamenti di
cittadinanza organizzativa, ovvero quelli volti ad aiutare i colleghi; sono
totalmente discrezionali)

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➔ Quindi i leaders influenzano processi e risultati sia individuali che collettivi, ad
esempio sviluppando il “capitale sociale” di un team
➔ Importanza di Social Learning, persone dentro ad un’organizzazione sociale tendono
ad imparare cosa è giusto, sbagliato, come comportarsi, osservando altri come
forma di apprendimento sociale, chi sono quelli da cui imparano? Dai modelli di
ruolo⇒ Role Modeling, alcune persone più influenti di altre nel determinare uno
standard di riferimento a cui le persone tendono ad adeguarsi, sono le persone più
riconosciute e legittimate, in ruolo gerarchico alto, tendono ad avere maggiore
influenza; non sempre così, capi non modello e colleghi non alti gerarchicamente ma
che sono un modello ad esempio.

Motivazione è un tema rilevante, è un fattore di input che influenza la performance di un


venditore. Venditore ha estremo bisogno di essere motivato, vista la natura del suo lavoro;
esistono diverse forme di motivazioni (intrinseca, estrinseca), può essere stimolata tramite
sistemi di incentivazione però può essere stimolata direttamente o indirettamente attraverso
l’influenza interpersonale. Aziende sono fatte di persone (sono sistemi sociali), meccanismi
di influenza fra persone che appartengono ad un gruppo sociale.
Leadership ha a che fare con una influenza interpersonale che qualcuno esercita nei
confronti di qualcun altro soprattutto con finalità di motivazione che guida una serie di
comportamenti.

L’influenza del leader attraverso il team coaching: un modello

3 forme di influenza secondo cui la leadership


si esercita sia a livello individuale che di team;
3 forme di coaching
- Educativo
- Motivazionale
- Consulenziale
Un leader può influenzare i suoi follower
individualmente e collettivamente motivandoli,
sviluppandone le competenze (educativo) e
tramite consulenziale, aiutando cioè a
sviluppare strategie e modalità per
raggiungere obiettivi.

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Queste cose sono molto importanti nel caso dei venditori; gli input fondamentali per cui un
venditore svolge la sua funzione di produzione sono la motivazione, capacità e
competenze, chiarezza di ruolo/in che direzione deve andare; queste 3 componenti sono tra
loro interdipendenti. In ottica leadership; quello consulenziale e quello educativo sono
strettamente legati alla motivazione; le frecce ci dicono che sono interdipendenti tra loro.
Perché se faccio bene coaching consulenziale; chiarisco bene cosa deve essere fatto,
come è possibile raggiungere obiettivi e lo faccio in modo convincente (numeri,
argomentazioni, evidenze), la persona si sentirà più motivata.
Se costruisco buon sistema di pianificazione e controllo, riesco a dimostrare con dei numeri
e con dei fatti che il venditore può raggiungere migliori risultati lavorando magari in modo
diverso. Gli do una guida, quello visto ieri, la valutazione della performance che obiettivo
ha? Quello di tornare dal venditore con un feedback e dirgli, se lavori in questo modo è più
probabile che tu raggiunga gli obiettivi perché c’è qualcun’altro che lo fa e ottiene risultati
migliori, oppure perché tu l’hai fatto in passato e hai ottenuto risultati migliori. Questa è una
forma di coaching consulenziale, gli sto spiegando come fare meglio il lavoro; perché è
motivazionale? Perché la maggior parte delle teorie sulla motivazione umana sono teorie di
riduzione dell’incertezza.
Goal setting theory ⇒ Persona è motivata a raggiungere un obiettivo se pensa che
quell’obiettivo sia stato definito in maniera credibile e ragionevole. Se ho un buon sistema di
analisi e valutazione della performance posso dire che quell’obiettivo è raggiungibile, non è
campato per aria, motiva la persona a dire “non è irraggiungibile”, convince che lo è.
“Path goal theory” ⇒ Una persona è motivata a raggiungere un obiettivo più o meno
raggiungibile se vede che sono messe in campo le risorse necessarie per raggiungerlo, se
per esempio ha abbastanza tempo; ancora una volta, se io faccio bene il mio sistema di
valutazione e controllo della performance posso dimostrare che non solo l’obiettivo è
raggiungibile, ma che ha a disposizione tempo, risorse, budget, scontistica per raggiungere
quel tipo di risultato, quindi gli riduco l’incertezza sul fatto che ci siano le risorse per
raggiungere quell’obiettivo.
Se il leader fa bene coaching consulenziale riesce a motivare la persona, la stessa cosa
succede con coaching educativo, le persone sono motivate a fare certe cose per
raggiungere un obiettivo se pensano di possedere le competenze e le capacità per farlo. Mi
dici salta 1,5 m in altezza, se penso di non essere capace non lo faccio, se lo penso, mi
alleni, alla fine lo faccio o comunque accetto la sfida.

“Self-efficacy theory” dice ⇒ Le persone sono motivate a fare certe cose e a raggiungere
certi obiettivi se tu gli riduci l’incertezza sul fatto che possiedano le doti e competenze
necessarie per affrontare quella sfida o svolgere quell’attività, è una percezione soggettiva
che può essere influenzata tramite educational coaching, sviluppo delle competenze,
trasferisco delle capacità, a livello interpersonale do suggerimenti, consigli, trasferisco
competenze tecniche, di prodotto, sul cliente, in parte posso tramite training ma in parte
anche a livello interpersonale fra un leader ed un follower, questo ha una conseguenza
motivazionale. Leader può influenzare persone anche agendo su coaching educativo

Coaching educativo e motivazione

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“Leadership è la capacità di rendere chi ti sta intorno migliore e più produttivo. Tutti i team
members dovrebbero comportarsi da leaders. Non conta tanto o solo se vinciamo, conta
soprattutto se stiamo migliorando. Sentire che si sta migliorando è la più bella
esperienza del mondo, aiuta a costruire autostima. Nessuno può darti fiducia in te
stesso: questa dipende da quanto ti senti preparato e quanto ti sei impegnato. Ti sei
meritato il diritto di avere fiducia in te stesso? Nessuno ti abbatterà se pensi davvero di
avere dato tutto te stesso per questo” (Jack Clark)
Jack Clark⇒ Se sviluppi capacità e competenze delle persone attraverso coaching
educativo riesci anche a motivarle; molti allenatori hanno questa visione, traggo il meglio
dalle mie persone (impegno, determinazione) se il mio ruolo è quello di insegnargli come
fare al meglio il loro mestiere.
Molti sales manager interpretano il loro ruolo di leader in termini di mentore, educatore,
qualcuno con più esperienza in grado di trasferirla alle persone e in questo modo motivarle
perché aumenta la loro autostima attraverso questa influenza

Coaching consulenziale e motivazione Clear thought. Clear talk. Clear task


Se uno ha idee chiare, le comunica chiaramente, da dei compiti chiari, motiva le persone; la
chiarezza nel decidere una strategia, comunicarla e trasferirla è estremamente motivante;
l’assunto è che le persone hanno bisogno di chiarezza come riduttore di incertezza.

Esperimento su Harvard Business Review: Delle persone dovevano fare degli esercizi
fisici e potevano avere di fianco un coach virtuale che dava indicazioni precise o coach
virtuale che dava indicazioni generiche, hanno scoperto che un coach che non dice nulla o
che da indicazioni generiche è come non avere un coach, se uno dà indicazioni precise poi
si è più motivati a fare gli esercizi. Sintesi ⇒ O si è chiari/precisi a dare delle indicazioni
oppure, dare delle indicazioni generiche non serve a niente, non motiva le persone. “Dai
ragazzi impegniamoci di più” non serve a nulla!!
Dirlo in modo chiaro è attraverso un buon sistema di pianificazione e controllo che deve
essere tradotto in una buona comunicazione interpersonale tra leader e follower in termini di
strategia personale di quella persona ma anche di come gli viene comunicata, sia in termini
di assegnazione obiettivo che di assegnamento di feedback.

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Recap; differenza tra coaching consulenziale ed educativo:
➔ Consulenziale: Io definisco a livello personale e di team quali sono gli obiettivi da
raggiungere e come è più probabile raggiungerli, cosa deve essere fatto a livello
individuale, quotidiano per raggiungere quegli obiettivi; è coaching, non sto
imponendo di fare così, gli dico: “ Guarda che ho fatto tutta una serie di analisi,
questo è il modo più probabile per raggiungere l’obiettivo”, do una guida, una
direzione precisa, dico che strada seguire e come seguirla. Posso scegliere se
essere impositivo o suggerimento. Coaching consulenziale ha questo obiettivo.
➔ Educativo: Gli dico cosa deve fare! Quando vai dal cliente bisogna spiegare
prodotto A, è diverso da B, ha queste caratteristiche, quando vai dal cliente , spesso
non ti chiede caratteristiche X e Y, se il cliente è Z, è molto interessante fargli capire
che ha la caratteristica X. Gli spiego, do una serie di competenze e capacità su
prodotto, mercato, cliente del mio cliente, su come gestire il processo di vendita
(comunicazione con il cliente), gli sto facendo “training on the job”.
In parte sono comunque interdipendenti.

Esempio LIPPI:
Intervista Prof. che ha chiesto, prima della partita della finale, cosa hai detto alla squadra?
Se voi eravate al suo posto, avete 10 minuti in spogliatoio, cosa dite e perché?
Es. Discorso Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”.
Normalmente manager dicono:
a. Fargli capire che è un momento unico, che devono dare il massimo, etc. Molto
Hollywoodiano
b. Mio ruolo è di rilassarli, perché sono già molto nervosi, devo ridurre stress e
pressione.
Antitetiche, entrambe hanno la loro logica, la cosa interessante è che la risposta è molto
diversa, né una né l’altra, lui ha detto: “Non me lo ricordo”. Come è possibile? Sembra

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scioccante, ma è estremamente interessante, ha detto non è importante, tu come leader
non devi dipendere da quei 5 minuti, se vedi film americani è così, in realtà leadership è
cosa diversa; io ti posso dire che cosa ho fatto il giorno prima, la settimana prima, perché è
stato un percorso di 4 anni, questo è il messaggio; la leadership è un processo, io devo lare
costantemente, quotidianamente sull’influenza che ho sulle persone e sul mio team, non
posso dipendere dalla genialata di 5 minuti in cui improvvisamente come una divinità che
mi permette di far scattare la molla nelle persone, è un processo. Se lavori bene nei 4 anni
non dipendi da quei 5 minuti; demistifica visione Hollywoodiana della leadership.

Team Leadership: il modello input-process-output


Leadership è un processo di influenza, leader ha caratteristiche, competenze e fa delle cose
che influenzano una serie di processi dentro al team che influenzano i risultati del team.
Bisogna capire che risultati si vogliono ottenere, alcuni ovvi, “voglio che vendano di più
alcuni prodotti”, ma anche “voglio maggior spirito di team, coesione, uniformità di visione
del mercato”, risultati più intangibili, devo influenzare una serie di processi che funzionano
dentro al team influenzando gli individui singoli e il team nel suo complesso.
Perché frecce tratteggiate? Perché ci sono dei meccanismi di retroazione, se il team ha
ottimi risultati il team leader ne beneficia, diventa più credibile. Spesso, giudichiamo la
qualità di un leader dai suoi risultati, se sono buoni (di team, gruppo,etc.) allora è bravo. C’è
effetto di retroazione, comportamenti del leader sono più capaci di influenzare i follower se
il leader è legittimato, da cosa dipende? Dai risultati ottenuti, ora e in passato, altrimenti
perde credibilità e quindi influenza.
La stessa cosa succede sui processi di funzionamento del team, se le cose stanno
andando molto male, questo può avere una ripercussione sui processi di funzionamento,
può deteriorare il clima dentro al team.
È un processo continuo, con anche meccanismi di retroazione.

Concentriamoci su processi di funzionamento, possono essere considerati da diversi punti


di vista, alcuni sono di natura strettamente cognitiva, per esempio la condivisione di
informazioni. Quanto i soggetti che fanno parte di un team condividono tra loro
informazioni, magari venditore in un territorio vede che concorrenti o clienti stanno facendo
determinate cose che potrebbero essere utili/interessanti anche per un collega di un altro
territorio.
Connotazioni affettive: Aiuto/supporto morale ⇒ Una persona in difficoltà (problemi
extralavorativi o lavorativi) e qualcuno si beve una birra con lui/da supporto morale, lavora
su stati emotivi delle persone.
Poi ci sono tutta una serie di comportamenti che caratterizzano i processi di funzionamento,
es. una visita in affiancamento di un venditore senior ad uno più junior in cui materialmente

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gli dimostra come relazionarsi di fronta ad un cliente, è un processo di tipo
comportamentale che ha un’influenza su come poi la persona lavora. Questi processi
possono avere diverse forme di interdipendenza, che è un concetto molto importante in un
team e sono fortemente connotati da relazioni orizzontali, cioè tra soggetti che fanno parte
del team.
Il leader influenza non solo l’individuo X, relazionandosi all’individuo X; ma, influenza
l’individuo X anche perché nel momento in cui il leader si relaziona al soggetto Y, poi il
soggetto Y può esercitare a ruota un’influenza nei confronti del soggetto X, i soggetti del
team si influenzano tra di loro positivamente e negativamente, in termini cognitivi, affettivi e
comportamentali, questo è una conseguenza, in parte, di quanto il leader riesce ad indurre
una serie di relazione che poi si verificano tra i soggetti del team.

Perché la Team Leadership è “speciale”:


gestire le relazioni orizzontali
Team leader da obiettivo di influenzare con
una serie di comportamenti i risultati
individuali i risultati individuali di team,
quindi deve influenzare quello che le
persone fanno dentro al team. Quello che
fanno dipende, in buona parte, da
motivazioni e competenze che hanno.
Queste sono influenzate direttamente dal
team leader, egli può direttamente motivare,
sviluppare le competenze delle persone
direttamente ma anche indirettamente, può
stimolare una serie di comportamenti laterali
virtuosi tra i membri del team per cui un
soggetto del team riesce a motivarne un
altro. Leader deve fare in modo che un suo
follower motivi (o non demotivi) un altro

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follower e trasferisca delle competenze ad un altro follower.
È un concetto di team leadership a cui, in questa relazione fra leader e follower si
aggiungono relazioni laterali tra follower e follower, indotte, stimolate, motivate dal leader.
Leader non solo influenza singolo, singolo deve influenzare altro singolo con effetti
moltiplicativi. Questo è quello a cui idealmente si dovrebbe cercare di arrivare, come si può
farlo?
Influenzando sia dei processi cognitivi che dei processi affettivi che comportamentali,
obiettivo è influenzare comportamenti e per farlo si può cercare di stimolare una serie di
processi di team; alcuni esempi:
1. Facilitare l’elaborazione collettiva delle informazioni su problemi, obiettivi, soluzioni,
piani di azione, risultati… (sense making) . Si fa una riunione per definire cosa facciamo,
come e perché. Già questo è un processo non semplice, se faccio ricerca su azienda e
chiedo a 50 venditori qual’è la strategia della tua azienda, te ne do 4. Uno si aspetta tutti lo
sappiano, invece, metà vi dice A, altri B, altri C e altri D, non c’è un’idea condivisa di cosa fa
l’azienda, dove voglia andare, capitato che non si sappia neanche bene come vada
l’azienda, per alcuni bene per altri meno, se vogliamo una chiarezza di dove siamo, cosa
stiamo facendo, quali sono gli obiettivi e dove dobbiamo andare, già questa è una cosa che
deve essere tipicamente stimolata, con una riunione, in tanti modi, si deve fare un processo
di sense-making ovvero fotografare tutti, nello stesso modo la realtà su queste cose.
2. Agevolare una meta-conoscenza (conoscenza comune e condivisa) collettiva su
origine dei problemi (perché sono successe certe cose), efficacia delle soluzioni sinora
adottate, possibili soluzioni alternative, ecc., cioè stimolare apprendimento tramite
condivisione delle relazioni causa-effetto sui fenomeni rilevanti (problemi, opportunità,
soluzioni, risultati…) (sensegiving) stimolare un’interpretazione omogenea di cosa serve fare
per raggiungere una certa direzione, in modo che tutti siano effettivamente convinti che
queste siano le cause dei problemi e queste delle modalità di intervento che effettivamente
avranno un impatto su certi risultati attesi. Es. Italia mondiale di pallavolo, persa semifinale,
intervista a 3 giocatori:
➔ Primo dice: “Abbiamo battuto molto male, battendo così è chiaro che non si poteva
vincere”
➔ Secondo dice: “in ricezione siamo stati insufficienti, abbiamo perso per quello”
➔ Terzo dice: “Oggi in attacco siamo andati davvero male”
Possono esserci molteplici motivi dietro un insuccesso, però qua coesistono 3
interpretazioni completamente diverse del perché non si è raggiunto un obiettivo, 3 giorni
dopo hanno giocato e perso contro una squadra alla portata;
Morale: Non si riesce a lavorare bene se abbiamo interpretazione diversa di dove siamo e
cosa dobbiamo fare per andare avanti diversamente
Sia sensemaking che sensegiving vanno stimolati, non fluiscono spontaneamente, spesso
grosse eterogeneità che portano a risultati subottimali.
3. Sviluppare modelli mentali condivisi: ad esempio su chi deve fare cosa, come quando
e perché (chiarezza di ruoli) e sui comportamenti attesi, cosa si aspetta che gli altri
facciano (norme sociali) Es. Clan ⇒ norme sociali, mi aspetto sia una norma di
comportamento che le persone arrivino in orario, rispondano sempre alle mail, etc. non
vengono controllate ma vengono condivise, nella mia azienda, un lavoratore bravo lavora
così, è una cosa che si può costruire, non esiste il modello ideale, va costruito; riuscire a
creare questa identità personale e collettiva e farla accettare, condividere, interiorizzare e

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far si che le persone si rinforzino l’un l’altro nei comportamenti ma anche nel condividere
che quello è un modello giusto e che tutti ci si conformano, va costruito! È un processo
cognitivo, devo farlo, come? Da un punto di vista pratico con ad esempio:

1. Adozione di uno stile di leadership partecipativo che faciliti il coinvolgimento, il


brainstorming, l’assunzione di responsabilità ed il senso di ownership.
2. Gestione delle riunioni, creiamo una condizione in cui le persone si confrontino
liberamente.
3. Gestione del feedback

Come gestire i processi motivazionali di team: creare autostima collettiva


Persone motivate a fare qualcosa se pensano che sono capaci di farlo (self-efficacy theory),
se hanno autostima, autoefficacia, affrontano sfide più difficili, mi impegno a fare cosa
difficile se penso di essere in grado, sennò mi auto tolgo.
Si può fare a livello di individuo (coaching consulenziale, educativo, creando maggiori
competenze) ma anche a livello collettivo, come creare autostima non solo nel singolo ma
anche collettiva? Le persone possono avere un’influenza virtuosa, chi pensa di far parte di
un team forte o pensa di non essere all’altezza o si sente, è stimolato a dare il suo meglio,
fa parte di un team forte e si sente forte anche lui.
Come fa il leader a stimolare?
Es. Vince Lombardi: Dopo partita persa, giornalista chiede di commentare sconfitta, Vince
dice, no, non abbiamo perso, semplicemente ad un certo punto è finito il tempo. Messaggio
è, che era un caso, se avessero giocato di più avrebbero vinto, per un caso non è andata
così. Voleva rafforzare l’autostima collettiva nel dire comunque siamo più forti.

Es. Sacchi: Prima di partita contro Real Madrid, sera prima della partita è andato da lui
giocatore del Milan molto nervoso per giocare contro uno più bravo, Sacchi gli ha detto si,
lui è più bravo di te a livello individuale, Sacchi gli ha detto, si, però quando la palla arriva a
lui a chi la da? Se perde la palla chi lo aiuta? Nella sua squadra sono tutti individualisti,
nessuno la recupera, se tu la perdi hai 3 compagni che ti aiutano e quando avrai la palla,
avrai 3 compagni che si propongono per prenderla, lui no; a livello individuale lui è più
bravo, ma a livello collettivo noi siamo meglio. Questo è rafforzare autostima collettiva
anche con risultati concreti, siamo organizzati meglio, abbiamo risorse collettive per cui
ciascuno di noi può esprimersi meglio, perché è dentro ad un contesto che lo riesce anche
a motivare, lo rassicura, lo fa sentire più efficace, aumenta la sua autostima, processo
stimolabile sia a livello individuale che collettivo; siamo più forti che la somma dei singoli e
questo aiuta a motivare. A livello team leadership può migliorare quella del team lavorando
su processi di motivazione laterale tra persone.

Cosa c’è di speciale nella team leadership? L’interdipendenza


Processo di influenza laterale richiama l’interdipendenza;
Esperimento Capuchin Monkeys: Più bella esemplificazione della teoria dell’equità,
esperimento fatto con scimmie, hanno preso 2, messe in due gabbie una di fianco all’altra,
quindi si vedono; ricercatrice chiede a scimmia di sinistra di svolgere un compito, deve
prendere sasso e restituirlo, se lo fa, da come ricompensa un pezzo di cetriolo, poi fa la
stessa con quella di destra, dopo un po’ di volte, a quella di sinistra continua a dare

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cetriolo, all’altra da acino d’uva, cosa succede alla prima quando continuano a dare
cetriolo? Scimmia si imbufalisce, lancia il cetriolo, lo tira alla ricercatrice, esperimento è
fantastico perché dimostra che motivazione è concetto relativo. È frutto di un processo di
comparazione, confronto me con qualcun altro di comparabile (collega) e metto in relazione
sforzo mio con ricompensa ottenuta e mi va bene se non è asimmetrica rispetto al collega.
Se do una ricompensa quanto è motivante? Dipende, se viene data a altra persona la
stessa ricompensa e non se lo merita perché ha fatto di meno, meno fatica, quella
ricompensa non è più motivante, può essere anche demotivante; ogni ricompensa vale in
termini relativi perché è frutto di un processo di comparazione fra lo sforzo e ricompensa
ottenuta, maggior parte persone vedono sforzo uguale e asimmetria (esempio monkeys),
quando questa si crea, ricompensa diventa demotivante. Anche in un esame 27 motivante?
Si, ma se lo prende uno che ha studiato metà vale meno. Capacità motivante di una
ricompensa è sempre frutto di un processo di comparazione che le persone consciamente
o inconsciamente fanno con un collega che è in situazione simile.

Es. interdipendenza; quello che vivo nella mia azienda in termini di: Quanto mi impegno a
fare una cosa, quanto è giusto impegnarsi a fronte di una certa ricompensa, quanto è
motivante questa, è relativo, dipende da cosa succede a qualcun’altro, questo esiste e, per
questa ragione lo devo gestire, ecco perché la percezione di equità è importante. Se non
trasferisco alle persone la percezione che il sistema è equo, quindi che c’è un carico di
lavoro paragonabile, che se ci sono differenze, uno lavora più e meglio di un altro, ottiene
ricompense migliori, etc. sennò persone sono non contente, non motivate.
Interdipendenza può agire a diversi livelli, in questo caso è psicologica e legata alle
ricompense, non ai compiti. Altri contesti, compito di uno dipende da quello che fa l’altro,
se trade non fa una certa attività, io venditore non riesco a fare la mia; è un’interdipendenza
di compiti. La mia motivazione, capacità, risultato dipende da quanto e come qualcun altro
fa qualcosa (interdipendenza di compiti). Anche se questa non ci fosse; venditore è
autonomo, senza interdipendenze di compiti, può esistere su ricompense o confronto
comparativo con un altro che ha un impatto/conseguenze sulla mia capacità di lavorare in
un certo modo.

Gestire l’interdipendenza
Ce ne sono diverse forme:
➔ Obiettivi: Il tuo può essere influenzato da quello di qualcun altro, nelle vendite è
comune, obiettivo di un venditore può essere definito anche su risultati che ha fatto
un collega, se qualcun altro lo ha fatto allora lo puoi fare;
➔ Delle ricompense: Es. Sandro Gamba: Aveva punizione collettiva, quando
facciamo allenamento se giocatore fa qualcosa sbagliato/violava regole, non punivo
lui, punivo tutti tranne lui, gli altri dovevano fare esercizi faticosissimi, questo mi
serviva per rafforzare il concetto di interdipendenza, se fai qualcosa sbagliato ci
vanno di mezzo gli altri, te lo faccio capire punendoli. Creava pressione di clan, sono
loro che controllano il compagno, se sbagli ancora “mi senti”, questo sottolinea
l’interdipendenza, responsabilizza nei confronti degli altri. Gestione ricompense
stimola comprensione di quanto si è interdipendenti, questo non va sempre bene,
può creare conflitti, però è una soluzione pensata per far capire interdipendenza.

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Es. Se tutti crescete del 10% do 1.000€ a tutti, quindi può essere che uno, a
11.000€ vada ad aiutare gli altri.
➔ Dei compiti
➔ Sociale
Gestire attivamente l’interdipendenza psico-sociale: il caso di Coach K
Questo è un esempio di gestione attiva di un caso di interdipendenza psicosociale, persone
sono in grado di influenzarsi settando aspettative di comportamento, creando clima
positivo, stimolando gli altri. Coach K: Allenatore di pallacanestro, normalmente analizza
partite, fa vedere fasi di partita precedente, fa vedere cosa è stato sbagliato, lui fa anche
altra cosa; fa vedere immagini di giocatore che entrava in campo prima della partita e ha
chiesto ad un compagno: “quando vedi che entra con quella faccia cosa pensi?” e risponde
“già so che abbiamo vinto se ha quella faccia, rafforza la mia autostima” mi stimola a
pensare che ce la faremo, dice vedi qual’è la tua capacità di influenzare l’altro? Già la tua
faccia crea clima per cui persone si sentono più sicure e capaci di vincere. Succede nel
team, responsabilizza i giocatori sulla loro capacità di influenza sociale sugli altri anche con
così poco.

“Quando analizziamo le partite non ci limitiamo ad osservare come abbiamo tirato o difeso.
Ad esempio una volta ho fermato le immagini che mostravano Kevin Durant mentre entrava
in campo. Aveva un aspetto grandioso. Allora ho chiesto a un suo compagno, Russell
Westbrook, ‘Come ti senti quando vedi Kevin con questa espressione?’ E lui ha risposto:
‘Coach, quando ha quello sguardo, sento che vinceremo.’ Allora mi sono rivolto a Kevin e gli
ho detto, ‘Kevin, voglio che tu ti renda conto del potere che hai. Ancora prima di iniziare a
giocare, riesci a creare un’atmosfera per cui i tuoi compagni pensano che vinceremo. Ti
rendi conto?’”
Team Leadership: il modello input-process-output
Quali sono le caratteristiche del leader di successo? Chi può influenzare l’individuo, il
singolo componente del team, ma, soprattutto, le relazioni fra i soggetti del team, in modo
da moltiplicare la sua influenza.
Esistono diverse interpretazioni su cosa rende un leader di successo, la maggior parte dei
modelli non sono molto predittivi (affidabili), difficile se non impossibile dire il buon leader è
fatto così, ha molto più senso ragionare su una serie di contesti in cui la combinazione di
più caratteristiche è più o meno capace di portare risultati positivi, è prospettiva situazionale
della leadership.
Gestire persone in periodo in cui cose vanno molto bene è diverso da gestire le stesse
persone in un periodo in cui vanno molto male, in più, dentro al team, ho persone molto
diverse, questo crea complessità, non esiste lo stesso modo per influenzare persone molto
diverse in momenti molto diversi. È degno di riflessione concetto per cui giustizia non è
uguaglianza; due persone molto diverse non si aspettano di essere trattate allo stesso
modo (venditore senior Vs junior); eterogeneità è equa, sono effettivamente diversi.

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Ricerca la chiave del successo: Sintesi
Ricerca fatta da SDA su marketing e sales per avere successo.
Obiettivo: identificare i Key success factor(s) nella vita professionale dei marketing e sales
managers
Analisi del testo 7.020 parole 400 concetti
159 rispondenti ⇒ Scrivere chiave del successo nel tuo lavoro
Modello di riferimento per l’attribuzione dei concetti a categorie logiche di sintesi: Big eight
competencies model (20 classi in 8 gruppi)

Difficile fare modelli generali, se facevi questa ricerca con dei controller non venivano
probabilmente fuori le stesse cose. Passione è emersa come cosa più rilevanti; domanda,
come fai a far crescere questa chiave del successo e a stimolarla sugli altri? Se rilevante
per te deve esserlo anche per gli altri e, con curiosità come fai a stimolarla? Questo
ragionamento ha portato a considerazioni:
Es. Gamba: Per lui fondamentali curiosità, apprendimento e creatività
Quale è il tuo piano? Come allenare le chiavi del successo in se stessi e negli altri? Un
esempio su curiosità, apprendimento e creatività
Domanda: Come fai a stimolarle? Lui ha detto che negli anni ‘60 andava negli USA per
vedere come altri allenatori di pallacanestro allenavano perché voleva imparare dai migliori.

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Andava molto a vedere anche gli allenamenti di nuoto perché persone si annoiano negli
allenamenti, siccome si annoiano, devo gestire la noia, dove allenamenti sono noiosi? Nel
nuoto, quindi cerco di capire come fanno per evitare che si annoino.
Lui, tutte le partite scriveva cosa dire ai giocatori per dare indicazioni, ma era strumento di
apprendimento, alla fine lo rileggeva, si scriveva cosa non aveva detto o avrebbe dovuto
dire diversamente, in modo da stimolare autoapprendimento; progetto per imparare dai
migliori sul suo campo, dai migliori su altri campi e da se stesso. Questo è un esercizio
importante. Un leader dovrebbe riflettere su quali sono le caratteristiche che nella sua
visione sono rilevanti per avere successo e avere un piano per sviluppare questa
competenza/talento.

Cosa è la passione? Il concetto dello stato di «flusso»


Segue il modello del flusso, modello di origine psicologica, positive psychology, concetto è,
persone performano al loro meglio quando sono in uno stato di flusso. Quindi quando sono
talmente dentro quello che stanno facendo, gli piace talmente fare qualcosa e pensano a
farlo bene da perdere la nozione di tempo e spazio.
Es. Uno che suona pianoforte, sta facendo una cosa così bella, gli piace così tanto, che
perde connessione con tempo e spazio, potrebbe stare lì per delle ore. Come si fa a portare
le persone ad uno stato di flusso? Devo fare in modo che la persona percepisca un’alta
sfida in quello che fa e pensi di essere molto capace a farla. Quando ho combinazione di
questi due elementi, persona è in stato di flusso, da il suo meglio per qualcosa che pensa
sia estremamente meritevole, che lo costringa/stimoli a dare il meglio di sé ⇒ Questo è lo
stato di flusso; va oltre la motivazione (cosa più transitoria, meno profonda), passione/flusso
sono stati molto più estremi di questa condizione. Quando ho asimmetria ho stati
psicologici molto negativi (devo fare una cosa molto difficile e penso di non avere le
capacità) ⇒ Mancanza di self-efficacy, autostima, mi chiedi di fare cosa molto difficile,
penso di non essere in grado e vado in ansia, è difficile che performi meglio, estremo
opposto, stato di noia ⇒ Penso di essere un fenomeno e mi fai fare una serie di cose
semplici e mi annoio. Apatia ⇒ Penso di non essere capace e mi fai fare una cosa che è
banale.
Leader che vuole che persone diano il meglio dovrebbe portare ad uno stato di flusso;
Come? Trovando bilanciamento del singolo tra quanto è sfidante un certo compito/obiettivo
che deve raggiungere e che deve essere allineato al fatto che quella persona pensa di
possedere il talento e le capacità necessarie per raggiungere quell’obiettivo. Posso lavorare
da un lato nel rendere più sfidante un’attività per quella singola persona, dall’altro devo far
si che abbia una percezione di autostima adeguata rispetto a quella sfida, come posso
farlo? Per esempio stimolando il senso di appartenenza;

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Come stimolare la passione? Appartenenza
Es. Vialli: Io quando giocavo nella Sampdoria, il nostro allenatore Boškov diceva sempre
che andavamo a letto col pigiama della Sampdoria, tale era il nostro senso di appartenenza,
eravamo in un contesto in cui sentivamo un senso di appartenenza per cui davamo il
massimo, eravamo motivati a dare il nostro meglio, non tanto perché preparati ma perché
extra motivazione derivata dal senso di appartenenza. Quando sono diventato allenatore,
quando avevo un giocatore nuovo la prima cosa che facevo era portarlo nella sala dei trofei
per fargli vedere che era dentro ad una storia, non una singola partita (es. squadra ma
anche azienda). Portavo i nuovi giocatori a parlare ad esempio con quelli del marketing della
società, dovevano vedere che c’erano persone con cui non avrebbero interagito, ma che
lavoravano per loro; li portavo dai tifosi perché capissero che c’erano dei clienti fuori, molto
sensibili a loro, per cui loro sono importanti. Ci sono un insieme di significati, di relazioni, di
persone, di appartenenza, altri soggetti della tua organizzazione adesso (quelli del
marketing), in passato (museo e trofei), soggetti esterni (clienti - tifosi) con senso collettivo
di identità di cui tu fai parte, questo arricchisce il senso e significato della persona e può
contribuire ad appassionarla di più.
Stessa cosa dovrebbero farla le aziende, spesso domanda: “Quando assumi un nuovo
venditore, esiste un corporate museum? Che renda il senso di cos’è quell’azienda? Maggior
parte delle aziende hanno al massimo alcuni vecchi prodotti per dire che li hanno fatti, ma
non è un corporate museum. Il concetto è sviluppare il senso di appartenenza, può essere
fatto portando un neo assunto a parlare con altri soggetti dell’azienda, con i clienti,
facendolo partecipare ad un corporate museum; si tratta di passare dalla motivazione alla
passione cercando di creare uno scopo superiore al puro e semplice compito da svolgere
nel mestiere, stimolare orgoglio senso di appartenenza e leadership.

Dalla motivazione alla passione attraverso uno scopo superiore: orgoglio, senso di
appartenenza, leadership
Es. All Blacks e il loro motivational coach Gilbert Enoka: Il suo messaggio è che mettere
molta energia in qualcosa richiede sacrifici, ti devi appassionare a qualcosa; passione
deriva da pathos e pathos è sofferenza, quindi mi appassiono, è una cosa bellissima, ma

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sono talmente legato a quella cosa che sono disposto a soffrire, a fare dei sacrifici,
altrimenti non è passione.

“Per raggiungere risultati eccezionali, sono necessari enormi sforzi e impegno. Deve valere
la pena farli. Più senso ha per te lo scopo che devi raggiungere, più ti metti in gioco. Se stai
giocando ai massimi livelli, persino lo stress diventa un privilegio”

Lo scopo degli All Blacks: lasciare in eredità “Devi lasciare la maglia in condizioni migliori di
come l’hai trovata: cosa metterai dentro a questa maglia?”

Sintesi: cosa significa essere un leader?


Un leader non si giudica solo dai risultati (COSA OTTIENE - output), ma anche nelle scelte e
nelle azioni che lo caratterizzano (COME SI COMPORTA - process), e nei valori che lo
guidano (PERCHÉ AGISCE - input)

1. Il leader sa dove vuole e deve andare. HA VISIONE ED E’ ORIENTATO AGLI


OBIETTIVI
2. Il leader sceglie come arrivarci: chi guida, decide la strada. E’ COMPETENTE
3. Il leader sa mostrare agli altri cosa devono fare: COMUNICA IN MODO CHIARO
4. Solo chi decide può sbagliare la strada: il leader impara. E’ ORIENTATO
ALL’APPRENDIMENTO
5. Il leader rischia. HA CORAGGIO
6. Il leader fa, e dà l’esempio. E’ ORIENTATO ALL’AZIONE
7. Il leader si assume responsabilità. E’ ONESTO E RESPONSABILE
8. Il leader vuole essere leader. HA PASSIONE
9. Il leader fa fatica. SA SOFFRIRE
10. Il leader sa estrarre il meglio dagli altri. SA APPASSIONARE

Team Leadership: il modello input-process-output

Stili di leadership: un esempio

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Stile direttivo ⇒ Dire alle persone cosa devono fare, può essere utile, a volte persone
hanno bisogno di sentirsi dire da qualcuno più bravo e competente di loro cosa devono
fare.
Stile partecipativo ⇒ Coinvolgere, chiedere alle persone prima di dare direzioni, sono due
stili molto diversi in come si gestisce la relazione con le persone.
Il cosa è oggetto principale dell’attenzione del leader, diverse classificazioni, una dice, molti
leader sono legati ai compiti, pensano obiettivo loro sia far fare le cose alle persone; altri
sono legati alle persone, la cosa più importante è creare un rapporto positivo con le
persone, se lo faccio, poi loro faranno i compiti mentre, chi è orientato principalmente ai
compiti ha meno interesse a creare relazioni positive con le persone, mi interessa che le
persone facciano le cose, il COSA è l’oggetto dell’attenzione, compiti Vs persone o un
bilanciamento di queste due e COME mi relaziono con le persone, stile direttivo o
partecipativo, sono due esempi di possibili stili di leadership.

Esempi di orientamento alle persone


Le persone sono il mio museo. Io amo studiare le persone. “Tu mi capisci veramente” è uno
dei più grandi complimenti che i team leaders possano ricevere. Puoi motivare solo chi si
sente compreso da te (John Kirwan)
Se le persone pensano di essere capite hanno la predisposizione per fare i compiti che gli
chiedi, ma se non è così non importa cosa gli chiedi, non lo faranno con convinzione, la
cosa importante è osservare, ascoltare, capire le persone e farsi sentire capiti, una delle
cose per cui poi puoi fare leva sulla persona è quella di creare un’identità unica e valida per
ciascuna, cosa quella persona significa dentro al team, devi creargli tu come leader
un’identità unica, è diverso dagli altri, distintiva, deve essere forte, chiaramente connotato
qual’è il suo ruolo nel team e valida, cioè qualcosa di positivo, da cui la persona trae un
valore, è un esercizio per costruire rapporti con le persone.

Perché tutto giri al massimo, ciascuno deve andare al massimo. Tutti nel team devono
sentire di fare la differenza. Ciascuno nel team dovrebbe avere una identità unica, forte e
valida (John Kirwan)
All blacks don’t cry ⇒ libro consigliato

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Team Leadership: il modello input-process-output
Prospettiva che mette insieme molte cose dette finora sulla leadership è quella situazionale,
non esiste il giusto stile di leadership, esistono stili più o meno appropriati in funzione della
situazione.

Leadership situazionale: Es. modello Goleman, diverse prospettive

Goleman dice, stili diversi sono più o meno appropriati a seconda della situazione, uno stile
autoritario non è giusto/sbagliato, è opportuno quando persone hanno bisogno di una
direzione chiara, quando non sanno dove devono andare hanno bisogno di qualcuno che
glielo dica, anche uno stile autoritario può essere utile; quello democratico, bello, ma se
persona non sa dare un contributo crei una difficoltà, puoi metterlo in difficoltà, risorse
junior ha bisogno di sentirsi dire cosa deve fare.

Leadership situazionale e coaching differenziato: un esempio


Se mettiamo assieme motivazione e competenza del follower, una persona che è molto
competente e molto motivata a contribuire è una persona che ha bisogno di essere
coinvolta probabilmente con uno stile democratico, posso chiedere input a chi è
competente ed ha voglia di contribuire, se uno è all’opposto ha bisogno di stile direttivo.

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Team Leadership: il modello input-process-output
Team leadership è molto un aspetto di credibilità, questa credibilità può essere costruita a
diversi livelli, la mia capacità di influenzare i soggetti del team, dipende in buona parte dalla
credibilità che mi costruisco fuori dal team;

La leadership multi-livello
Prestazione del team dipende da mia capacità di motivare l’individuo, di creare spirito di
squadra, ma anche dalla capacità di lavorare fuori dal mio team e quindi sincronizzazione
delle risorse organizzative, devo riuscire a lavorare con altre funzioni organizzative, devo
avere la capacità di influenzare anche altre funzioni organizzative e poi anche reputazione
nell’ambiente (clienti, dealers, concorrenti), se mio venditore va da concorrente che gli dice
che il suo capo è in gamba è un effetto moltiplicativo; se leader è credibile, non solo nei
confronti dei suoi follower ma anche nei confronti di soggetti terzi, questo moltiplica la sua
capacità di influenza.

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Sales management: messaggi chiave
1. Specificità dei venditori: contatto con l’esterno, autonomia, accountability,
ricompense variabili… Vendere è difficile: il tasso di raggiungimento degli obiettivi è
55-60%

2. Il vantaggio competitivo è sempre meno incorporato da prodotti e brands. Per


sfuggire alla commodity trap ed alla competizione sul prezzo occorre partire dal
presupposto che come si vende è più importante di ciò che si vende.

3. Ciò impone di ripensare ruolo e gestione della forza vendita in ottica strategica da
«Ultimo miglio» (rete di vendita fondamentale per implementare le strategie) a
«Idee/Insights» (venditori come attivatori di innovazione value-creating e
customer-centric)

4. Coesistono diversi ruoli di vendita, e molteplici «talenti» sono rilevanti per i venditori.

5. Le Vendite hanno potere decisionale superiore al Marketing su molte leve del


«marketing mix»

6. La vendita è un processo, e come tale va gestito. Sales force management significa


gestire la «funzione di produzione dei venditori», che è complessa e difficilmente
ingegnerizzabile. Occorre adottare un modello di Sales Management strutturato,
integrato e coerente, suddivisibile in 4 macro fasi (formulazione del sales program,
acquisizione e sviluppo del capitale umano, indirizzo degli sforzi, controllo e
valutazione della performance)

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7. Un sistema di sales performance management aiuta a raggiungere gli obiettivi
commerciali ed a capire le cause del successo o insuccesso dei venditori. Analizzare
e capire il più possibile la funzione di produzione dei venditori permette di
individuare i drivers della performance, mettendo in relazione input, processi e
risultati

8. La valutazione della performance dei venditori comporta un investimento nella


corretta attribuzione di significato ai fenomeni: ciò implica soprattutto l’incrocio e la
considerazione congiunta di diverse classi di variabili di input
(capacità/competenze), di processo (attività/behaviours), e di risultato (output).
Alcune regole di fondo e modelli di analisi permettono di gestire la valutazione della
performance in modo strutturato

9. La team leadership può essere interpretata come un processo di influenza secondo


un modello input process-output, nel quale assume rilievo particolare la gestione di
varie forme di interdipendenza fra i followers

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