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Chamberlain sviluppa questa prima struttura logica dell’analisi dei mercati: il modello Struttura Comportamento
Performance (SCP).
- Quesiti di base dell’analisi: imprese hanno potere di mercato (fissare P>CMg)? Come fanno ad acquisire e
mantenere il potere di mercato? Quali sono le conseguenze dell’esercizio di questo potere di mercato? Le
politiche pubbliche possono impedire l’esercizio del potere di mercato? (passaggio dall’antitrust alla
regolazione).
Monopolio naturale: impianti distribuzione del gas, antieconomico duplicare. In questa situazione, attraverso
la regolazione, è possibile stabilire regole di comportamento con lo scopo di ridurre il loro potere di mercato
- Struttura: fattori che determinano il grado di concorrenzialità del mercato
- Comportamento dell’impresa: condotta delle imprese nel mercato
- Performance: dalla sintesi della struttura e del comportamento si ottengono i risultati cioè la capacità del
mercato di produrre benessere per i consumatori (quanto i prezzi si avvicinano ai CMg di produzione). Data la
struttura dato il comportamento quanto il prezzo è prossimo ai CMg?
La struttura di un mercato è caratterizzata da:
- numero di compratori/venditori
- presenza o meno di barriere all’entrata
- esistenza di differenziazione tra i beni
- integrazione verticale, le imprese controllano più fasi del processo produttivo?
- Diversificazione, le imprese producono varietà diverse?
Queste condizioni sono influenzate da condizioni di base:
- Domanda: elasticità, sostituibilità beni, stagionalità, marcato maturo/in crescita, localizzazione (mercati
locali/globali), modalità d’acquisto (acquisti avvengono su base continua o concentrati in specifici momenti
del tempo)
- Produzione: tecnologia (economie di scala, costi fissi irrecuperabili/non recuperabili), materie prime e grado
di sindacalizzazione (che attengono al potere di mercato del fornitore), bene durevole o meno (trasportabile
o non trasportabile), presenza di economie di scala
Comportamento dell’impresa: politiche di prezzo, R&S, fusioni/accordi.
Struttura + Condotta = Risultati economici: efficienza produttiva (min costi produzione), equità (distribuzione del
surplus)
Ruolo delle politiche pubbliche, che influenzano comportamento struttura e risultati economici: regolamentazione,
barriere all’entrata, sussidi, politiche macroeconomiche che potrebbero determinare un diverso tasso di crescita dei
mercati che a loro volta influenzano l’andamento dei prezzi.
Il limite di questa analisi: si sviluppa in anni quando non c’era la teoria dei giochi (veniva applicata in ambiti militari) e
adotta una logica unidirezionale, secondo cui è la struttura del mercato ad influenzare il comportamento delle imprese.
Nella pratica però anche le imprese possono influenzare la struttura del mercato, logica bidirezionale.
Nuove tendenze: Chicago School
Ammette che un fenomeno non osservabile serva a disciplinare e indurre a fissare un prezzo più basso, un esempio è
la minaccia di entrata di concorrenti. In determinate condizioni se non ci sono costi irreversibili, la semplice minaccia
di entrata è una condizione per cui un monopolista si comporta come se fosse in concorrenza perfetta. Questo
determina l’utilizzo di un approccio strategico (la teoria dei giochi).
Oggi: Post Chicago
- Teoria dei giochi
- Sviluppo di un’analisi econometrica che consente di definire con precisione politiche corrette in casi concreti
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C’è bisogno di una definizione di CMe più ristretta, che prende il nome di costo medio radiale.
Esempio: impresa produce due beni, con rispettive Q1 e Q2 prodotte. Supponiamo che il rapporto sia costante 2:1.
𝑄1 = 2/3𝑄 𝑄2 = 𝑄/3
Più in generale, i prodotti vengono prodotti nel rapporto costante 𝜆1 /𝜆2 con 𝜆1 + 𝜆2 = 1
I costi medi radiali sono definiti come:
𝐶 (𝜆1 𝑄, 𝜆2 𝑄)
𝐶𝑀𝑅(𝑄) =
𝑄
Rapporto del costo totale ottenuto mantenendo fisse lamba e le quantità, rapportato a Q.
Per le imprese multiprodotto, bisogna considerare oltre alle economie di scala anche le economie di scopo, che
tengono conto dell’andamento del costo totale in virtù del fatto che l’impresa produca separatamente o
congiuntamente i prodotti.
Indice delle economie di scopo:
𝐶 (𝑄1 , 0) + 𝐶 (0, 𝑄2 ) − 𝐶 (𝑄1 , 𝑄2 )
𝑆𝐶 =
𝐶 (𝑄1 , 𝑄2 )
L’indice è dato dal rapporto tra la differenza dal costo che l’impresa sosterrebbe producendo congiuntamente i beni
meno la produzione congiunta fratto la produzione congiunta.
Se la differenza al numeratore è positiva: economie di scopo e viceversa.
Fonti di economie di scala/scopo
- Riferite alla produzione
o Riduzione dei costi fissi:
Dovuta al miglior utilizzo della capacità produttiva (breve periodo)
Determinata dal cambio della tecnologia (lungo periodo)
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o Scorte: detenute dalle imprese per evitare esaurimenti di magazzino che, oltre alle mancate vendite,
influenzano negativamente la fedeltà dei clienti. Imprese di dimensioni maggiori possono sostenere
scorte maggiori rispetto ad imprese di dimensioni minori
o Regola Cubo-Quadrato: raddoppiando il diametro di una sfera, il volume aumenta di otto volte mentre
la superficie solo di 4. La capacità produttiva è proporzionale al volume, mentre i costi sono
proporzionali alla superficie; questo determina una riduzione dei costi.
- Altro
o Acquisti: grandi compratori possono ottenere sconti sulle quantità acquistate, poiché il costo medio
si riduce.
o Pubblicità: grandi imprese sostengono costi inferiori per ciascun cliente potenziale rispetto ad imprese
più piccole e sono in grado di convertire una maggiore proporzione di clienti potenziali in clienti
effettivi.
Nuovi prodotti, in presenza di un marchio conosciuto, possono essere più facilmente introdotti nel
mercato.
o R&S: la dimensione riduce il costo medio dell’innovazione
o Accesso alle reti di distribuzione
o Rapporti più solidi con la politica ed il governo
Oltre una certa dimensione, la crescita ulteriore dell’impresa può produrre degli svantaggi, le fonti di queste
diseconomie di scala sono: aumento del costo di lavoro, effetti di burocratizzazione, scarsità di risorse specializzate.
Produzione flessibile
Forma estrema di economia di scopo, che si realizza quando le unità produttive sono in grado di produrre una gamma
di prodotti diversi con un minimo intervento manuale. Le unità di produzione, dunque possono essere adattate a
diverse produzioni con costi limitati.
Un esempio è un bene che si differenzia da altri per una sola dimensione (peso, colore, grassi...), in modo che sia
possibile rappresentare questa differenza su un segmento.
Nel caso di una bevanda è possibile rappresentare su un segmento il contenuto di zucchero presente, ponendo agli
estremi 0 e 1 per rappresentare rispettivamente basso e alto contenuto zuccherino.
Il passaggio dalla produzione del prodotto base ad una varietà comporta:
- Costi di adattamento pari a s
- Costi marginali pari a r moltiplicati per la distanza della variante dal prodotto base sul segmento
- Costi condivisi (fissi) F
In assenza di costi condivisi l’impresa specializza impianti produttivi diversi risparmiando su s e r; se l’impresa decide
di produrre congiuntamente devono esserci costi condivisi.
Il costo totale per l’impresa è dato da:
𝐶 (𝑧𝑗, 𝑞𝑗 ) = 𝐹 + (𝑚 − 1)𝑠 + 𝛴 [(𝑐 + 𝑟 |𝑧𝑚 − 𝑧𝑠 |)𝑞𝑠 ]
F: costo fisso
𝑚 è il prodotto base e 𝑠 la variante
Somma dei costi che l’impresa sostiene: CMg + r (distanza nel segmento base varietà) per la quantità prodotta.
Se la produzione fosse pari a 100 unità per ogni prodotto:
- Un prodotto ad impresa con 3 imprese 𝐶3 = 3𝐹 + 300𝑐
- Una sola impresa che produce i 3 prodotti 𝐶1 = 𝐹 + 2𝑠 + 300𝑐 + 100𝑟
Un’impresa multiprodotto è preferita a tre imprese specializzate se:
𝐶1 < 𝐶3 ; 2𝑠 + 100𝑟 < 2𝐹; 𝐹 > 50𝑟 + 𝑠
Economie di scopo tanto più probabile quanto più rilevante sono i costi congiunti
Altre determinanti della struttura di mercato
Economie di scala e di scopo influenzano struttura mercato ma assieme ad altri fattori:
- Dimensione del mercato
- Presenza di esternalità sulla domanda: utilità che deriva dal consumo di un bene deriva dal consumo degli altri
individui; non ha senso avere il telefono se sono l’unico utente (economie di rete).
Tipicamente i mercati sono dominati da poche imprese, perché l’utilità del consumatore cresce al crescere
delle dimensioni e questo influenza il dominio di un’impresa
- Politiche del governo: che può attuare politiche espansive o di regolazione del mercato
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Se aumenta la domanda dell’industria, è possibile praticare un prezzo maggiore che permette un aumento della
quantità per l’impresa (intersezione tra prezzo e costi marginali), questo genera un extraprofitto.
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L’extraprofitto spinge altre imprese ad entrare nel mercato, dunque la curva di offerta aumenta spostandosi verso
destra provocando un abbassamento dei prezzi, questo processo di entrata si arresta quando si esaurisce
l’extraprofitto.
La singola impresa riduce le quantità eguagliando CT e RT dato che CMg e RMg si eguagliano. Nel lungo periodo in
concorrenza perfetta il prezzo al quale il bene viene venduto è il prezzo più basso possibile che non genera profitti ma
nemmeno perdite. Il prezzo è uguale al minimo dei costi medi variabili.
𝑃 = 𝑚𝑖𝑛 𝐶𝑀𝑒𝑉
La condizione di permanenza sul mercato per l’impresa è:
𝑃 ≥ 𝑚𝑖𝑛 𝐶𝑚𝑒𝑉
La curva di offerta aggregata di breve periodo è la somma orizzontale delle curve di costo marginale delle singole
imprese.
Esempio: tre imprese
1. CMg = 4q+8
2. CMg = 2q+8
3. CMg = 6q+8
Per sommare bisogna invertire le funzioni di costo esprimendo Q in funzione di P:
1. Q = CMg/4-2
2. Q = CMg/2 - 4
3. Q = CMg/6 – 4/3
La somma è uguale a 11CMg/12 – 22/3
Invertendo nuovamente CMg= 12Q/11 + 8
Esempio: 80 imprese
Ognuna con CMg=4q+8 Q = CMg/4 – 2
Aggregando:
80 1
𝐶𝑀𝑔 − 2 ∗ 80 → 𝐶𝑀𝑔 = 𝑄+ 8
4 20
Monopolio
Nel monopolio non c’è distinzione tra domanda di mercato e domanda individuale. La conseguenza è che se il
monopolista decide di vendere un’unità in più deve ridurre il prezzo anche di tutte le unità precedentemente prodotte.
Non è più rispettata RMg = P.
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La decisione di aumentare la quantità provoca una perdita di un’area di ricavi; i ricavi, però, aumentano in quanto
aumentano le quantità, l’effetto finale è dato dalla somma di valori con segno opposto.
I ricavi marginali sono i ricavi netti G – L (differenza tra area guadagno e area di perdita).
Il RMg è inferiore al prezzo, poiché non è influenzato solo dal prezzo dell’ultima venduta ma anche dalla riduzione di
prezzo di tutte le unità infra marginali (prodotte precedentemente).
Ipotesi:
𝑃 = 𝐴 – 𝐵𝑄
𝑅𝑇 = 𝑃𝑄 = 𝐴𝑄 – 𝐵𝑄2
𝑑𝑅
𝑅𝑀𝑔 = = 𝐴 – 2𝐵𝑄
𝑑𝑄
La retta dei ricavi marginali ha stessa intercetta e inclinazione doppia della curva di domanda. (regola)
Il potere di mercato è dovuto all’inclinazione negativa della curva di domanda individuale. Nell’indice di Lerner del
monopolio l’elasticità non è infinita dunque il mark up non è zero.
Il monopolio genera una perdita di benessere, in quanto la domanda non viene soddisfatta pienamente è la
disponibilità a pagare dei consumatori è maggiore del costo marginale per produrre ulteriore quantità.
Un certo numero di scambi non possono realizzarsi perché il monopolista fissa un unico prezzo e sa che ridurre il
prezzo comporta la riduzione del prezzo di tutte le unità inframarginali e quindi una riduzione dei profitti.
Nel monopolio breve e lungo sono uguali perché non c’è possibilità di entrata
Sconto e Valore attuale
Denaro oggi ha un valore diverso dal denaro domani. È fondamentale per effettuare decisioni di investimento
valutarne la profittabilità, c’è bisogno dunque di una misura.
Esempio:
Disponibilità di 1000€ che può essere depositata in banca con interesse del 5% o darla in prestito per un anno a
un’impresa.
La somma minima che dovrà restituire l’impresa è almeno il 5%.
1000 ∗ 1.05 = 1050€
Generalmente:
𝑌 (1 + 𝑟)
In altri termini:
1050/1.05=1000 che è il valore oggi di 1050 ricevuti tra un anno al 5%
Valore attuale di una somma Z tra un anno a r uguale a:
𝑍
1+𝑟
Il fattore di sconto, che determina il valore attuale di una somma ottenuta tra un anno, è definito come:
1
𝑅 =
1+𝑟
Il valore attuale di Z tra un anno è perciò RZ
Per prestiti ripagati tra 𝑡 anni:
𝑌 𝑌
=
(1 + 𝑟)𝑡 𝑅𝑡
Il valore attuale di Z ricevuto tra 𝑡 anni è: 𝑅𝑍 𝑡
Consideriamo progetto di investimento che produce ogni anno un rendimento, il valore attuale è dato da:
𝑉𝐴 = 𝑅𝑍1 + 𝑅2 𝑍2 + ⋯ + 𝑅𝑡 𝑍𝑡
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L’applicazione delle tecniche di valore attuale permette di selezionare i progetti di investimento che un’impresa
dovrebbe attuare per massimizzare il proprio valore, cioè quelli il cui valore attuale copra almeno il valore attuale delle
spese (Tutti quelli con VAN>0, valore attuale netto positivo)
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Secondo: analisi del comportamento dei clienti, per esempio analizzando dove effettuano i loro acquisti. È probabile
che nelle ore di lavoro il consumatore tende ad effettuare acquisti nell’area del lavoro per alcune categorie
merceologiche (beni di largo consumo). In virtù della categoria dei beni la determinazione del comportamento dei
consumatori produce un risultato diverso.
Le innovazioni tecnologiche permettono acquisti online, ciò incrementa il numero di concorrenti. Tutti i beni non
experience possono essere acquistati online; ma categorie via via più complesse, che si avvicinano a experience goods,
sono comunque largamente venduti online perché i servizi associati al commercio elettronico rendono meno
problematico l’acquisto (resi).
Analizzare la provenienza dei clienti diviene un esercizio banale: la catchment area è influenzata anche da altri fattori,
come il costo dei trasporti e le barriere doganali.
Elemento strutturale del mercato
- Grado di concentrazione: in che grado la produzione di un dato mercato sia concentrata in un numero di
imprese. Monopolio e concorrenza rappresentano i due estremi.
Fattori che la influenzano:
- Numerosità complessiva delle imprese operanti nel mercato
- Distribuzione dimensionale delle stesse che influenza molto direttamente gli indici di concentrazione
Per verificare che ci sia esercizio di potere di mercato si effettuano delle misure di concentrazione, sintetizzando la
numerosità delle imprese e la loro distribuzione dimensionale. Non è semplice, però, costruire un unico indice e
stabilire una misura adeguata
Misure di concentrazione
N-firm concentration ratio: somma delle quote di mercato (quantità venduta dall’impresa su quantità totale venduta
nel mercato) delle prime 𝑛 imprese ordinate in termini dimensionali.
𝐶𝑅𝑛 = 𝛴𝑆𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑖 = 1, 2, 3, … . 𝑛 < 𝑁
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Oligopolio: 0.2 < 𝐻𝐻𝐼 < 0.6 e con intensità della concorrenza che dipende dalla natura della concorrenza tra imprese
Nel caso di monopolio la concorrenza è molto bassa a meno che non vi sia minaccia d’entrata, che induce esiti simili
alla concorrenza perfetta.
Un mercato tra due sole imprese può registrare livelli di concorrenza molto forti (P=CMg) e in concorrenza
monopolistica è il tipo della differenziazione a determinare la concorrenza di prezzo.
Misurazione del potere di mercato/performance
La performance è la capacità del mercato di massimizzare il surplus totale. Una misura dell’esercizio del potere di
mercato, che influenza la perdita di benessere e dunque la performance, è l’indice di Lerner (markup).
Tanto più alto è il potere di mercato tanto maggiore è la capacità dell’impresa di porre un prezzo maggiore del CMg.
- In concorrenza perfetta Lerner = 0 perché P=CMg
- In monopolio Lerner = 1/η
Come calcoliamo Lerner in mercati diversi? Necessario calcolare un indice che sia una media ponderata.
Nel caso di oligopolio con beni omogenei, con unico prezzo.
𝑃 − 𝛴𝑆𝑖 𝐶𝑖
𝐿𝐼 =
𝑃
Media ponderata del costo marginale dove i pesi sono rappresentati dalle relative quote di mercato.
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Entrambi i paesi otterrebbero la vincita più alta se entrambi mantenessero la pace. La peggiore è la situazione
asimmetrica di pace e guerra.
Ipotesi: i due paesi scelgono cosa fare senza poter osservare la mossa del rivale.
Quale è l’esito del gioco? Bisogna esplicitare il comportamento (razionale: nel perseguire l’obiettivo, i giocatori si
comportano in modo razionale) e l’obiettivo (massimizzazione della vincita) dei giocatori. I giocatori hanno
informazione perfetta e completa (conoscono l’identità del rivale, conoscono le azioni proprie e del rivale, le funzioni
di payoff e le regole del gioco).
La domanda è come prevediamo le azioni scelte dai giocatori? È necessaria una nozione di equilibrio.
𝑎¬𝑖 (a non i): è l’elenco delle azioni dei giocatori eccetto le azioni del giocatore i esimo. Nell’esempio 𝑎 = (𝑎𝑖 , 𝑎¬𝑖 )
Concetti di equilibrio
Equilibrio in azioni dominanti
Un’azione 𝑎̃ è detta dominante se assicura al giocatore che l’adotta un payoff più elevato (massimizza la vincita del
giocatore), indipendentemente dalle azioni degli altri giocatori. L’azione produce un payoff più elevato rispetto ad
altre azioni. Deve essere dunque rispettata questa condizione: il profitto di 𝑎̃ è maggiore delle altre azioni 𝑎𝑖 .
Se esiste un’azione dominante, dato che i giocatori hanno perfetta informazione, esiste una azione dominata. Nel
nostro caso guerra è l’azione dominante e garantisce payoff alto indipendentemente dall’azione dell’altro giocatore.
Se ciò è vero poiché è un’azione dominante, l’unico equilibrio possibile è GG (poiché c’è razionalità).
Un esito è detto equilibrio in azioni dominanti se 𝑎̃𝑖 è un’azione dominante per tutti i giocatori i.
Questa nozione è attraente perché l’equilibrio se esiste è unico e i giocatori hanno un solo modo ragionevole per
giocare.
L’unico esito di equilibrio è però pareto dominato da un altro esito (PP), che garantisce un payoff maggiore. L’equilibrio
dunque non assicura necessariamente payoff massimizzato; nel nostro esempio non si sceglie la pace perché se il rivale
scegliesse la guerra il payoff sarebbe minore.
Purtroppo, la gran parte dei giochi non ammette un equilibrio in azioni dominanti; dunque è necessario un concetto
di equilibrio più ampio.
Esempio: Battle of sex
Rachele
Opera Calcio
Opera 2, 1 0, 0
Giacomo
Calcio 0, 0 1, 2
Se i due non si incontrano la vincita è zero, se invece si recano nello stesso posto vincono entrambi ma uno dei due ha
payoff maggiore. Non è verificata la nozione di equilibrio in azione dominante, perciò è necessario un nuovo concetto
di equilibrio.
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La rappresentazione è più articolata perché tiene conto dell’ordine delle mosse e le scelte non sono sempre uguali.
Bisogna distinguere il concetto di azione da quello di strategia, che nel caso precedente sono la stessa cosa.
Strategia (𝑆 𝑖 ): piano completo di azioni, una per ogni nodo decisionale nel quale il giocatore è chiamato a scegliere.
Esempio: pilota e terrorista
Un aereo che è decollato dall’Europa ed è destinato a NY; a bordo dell’aereo c’è un dirottatore che chiede di andare a
cuba sotto la minaccia di far esplodere l’aereo. Il pilota riceve minaccia e sceglie, e in funzione di questa decisione il
terrorista deve decidere se far esplodere o meno l’aereo.
La rappresentazione prevede azioni sequenziali e per ciascun nodo finale ci sono dei payoff:
- se l’aereo esplode i payoff sono negativi
- se va a cuba e non esplode 1 e 1
- se va a NY e non esplode 2 e 0 (terrorista viene arrestato)
Il gioco ha 8 possibili esiti (lista in cui viene indicata l’azione scelta da ciascun giocatore. Rappresentiamo in forma
strategica:
Terrorista
(B, B) (B, NB) (NB, B) (NB, NB)
NY -1, -1 2, 0 -1, -1 2, 0
Pilota
Cuba -1, -1 -1, -1 1, 1 1, 1
Ci sono tre equilibri di Nash:
(𝑁𝑌, (𝑁𝐵, 𝑁𝐵)), (𝑁𝑌, (𝐵, 𝑁𝐵)) 𝑒 (𝐶𝑈𝐵𝐴, (𝑁𝐵, 𝐵))
In nessuno dei tre esplode la bomba, in due di questi però il terrorista prevede di farla esplodere nella destinazione
non scelta dal pilota. L’esplosione non è mai ottimale per il terrorista.
È necessario un miglioramento dell’equilibrio di Nash nel quale si considera anche un’azione programmata ma non
realizzata.
Usiamo il concetto di sottogioco: si compone di un nodo decisionale del gioco completo e di tutti i nodi terminali che
seguono da questo. Nell’esempio i sottogiochi sono 3:
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Possiamo definire l’equilibrio perfetto nei sottogiochi (SPE) se questo induce un NE in ogni sottogioco del gioco
originario. L’SPE è un raffinamento, cioè è un equilibrio di Nash al quale aggiungiamo la condizione che l’esplosione
della bomba non è contemplata.
Nell’esempio l’unico SPE è (𝑁𝑌, (𝑁𝐵, 𝑁𝐵)),
Per individuare agevolmente l’SPE di adopera l’induzione a ritroso, partendo dai nodi decisionali più bassi e eliminando
i rami che prevedono azioni non NE.
Nell’esempio elimino le azioni che prevedono l’esplosione.
Capitolo 5: Discriminazione di prezzo e monopolio: prezzi lineari
È una pratica molto diffusa che verrà analizzata nel caso più semplice: il monopolio.
Perché in una libreria si può acquistare lo stesso libro in copertina rigida o flessibile, con un differenziale di prezzo non
giustificato da un pezzo di cartone? Questo è un esempio di discriminazione di prezzo.
Per discriminazione di prezzo s’intende il comportamento delle imprese che vendono lo stesso bene a prezzi diversi a
consumatori diversi.
Perché le imprese la applicano? Se lo fanno è perché aumenta i profitti.
Come fanno a fissare questi prezzi diversi e a far sì che consumatori diversi paghino prezzi diversi?
Da un punto divista di efficienza è desiderabile che imprese pratichino prezzi diversi a gruppi di consumatori diversi?
È necessariamente un male?
Per un’impresa che desidera discriminare si pongono due problemi:
- Identificazione: bisogna identificare la domanda, i diversi consumatori e i consumatori in mercati separati. La
caratteristica da analizzare nel consumatore è la disponibilità a pagare.
- Prevenzione dell’arbitraggio: evitare che i consumatori con disponibilità a pagare più bassa acquistino il bene
al prezzo basso per poi rivenderlo a un prezzo più alto, creando un mercato secondario. Questo implica
l’impossibilità di applicare la discriminazione.
In alcuni casi il problema non sussiste: discriminazioni per età, il giovane non può rivendere ad individui fuori
dalla fascia d’età agevolata poiché verrà chiesto di dimostrare l’età con un documento.
L’impresa può realizzare diversi tipi di discriminazione:
- Primo grado o prezzi personalizzati: consente al monopolista di far pagare ad ogni consumatore il proprio
prezzo di riserva per ciascuna unità consumata, è detta dunque discriminazione perfetta.
Si richiede che il monopolista conosca il prezzo di riserva di ciascun consumatore. È diverso dal dire conoscere
la curva di domanda di mercato ottenuta per aggregazione. Su questa base non posso conoscere l’identità di
ogni soggetto. Il livello di informazione non può essere preciso
- Secondo grado o menu pricing: il monopolista vende unità differenti di output a prezzi differenti, la differenza
consiste nel fatto che diversi consumatori che acquistano la stessa quantità pagano lo stesso prezzo. Esempio
tipico è lo sconto sulle quantità.
Il monopolista ha qualche informazione sulle diverse preferenze dei consumatori ma non conosce le
preferenze individuali. Per esempio i lettori di un libro si dividono in lettori impazienti e pazienti, cioè quelli
disposti ad acquistare dopo un po’ di tempo e quindi con minore disponibilità a pagare rispetto alla prima
categoria di lettori.
È possibile distinguere le classi dei consumatori, ma non si è in grado di indentificare a quale gruppo appartiene
il consumatore. Diventa importante l’auto selezione, nell’esempio è possibile usando il tempo. Chi compra
subito ha una disponibilità a pagare ampia, gli altri hanno minore disponibilità a pagare.
- Terzo grado o group pricing: il monopolista vende a gruppi di consumatori diversi a prezzi diversi. Ciascun
consumatore paga lo stesso prezzo per tutte le unità acquistate. Un esempio sono i libri di testo, che hanno
prezzi unici per i vari mercati (gruppi di consumatori).
Il monopolista possiede informazioni circa alcune caratteristiche del cliente e sa come queste sono correlate
alla disponibilità a pagare, poiché sono osservabili (età).
Discriminazione di terzo grado
- I consumatori si differenziano per alcune caratteristiche osservabili.
- Per ciascun gruppo omogeneo, rispetto alla caratteristica, il monopolista assegna diverso prezzo. Il prezzo è
lineare, poiché induce una spesa totale che è funzione lineare della quantità.
In che modo per ciascun gruppo il monopolista fissa il prezzo da praticare al gruppo?
- I consumatori con bassa elasticità della domanda dovrebbero pagare un prezzo più alto
- I consumatori con alta elasticità della domanda dovrebbero pagare un prezzo più basso
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Complessivamente si vende la stessa quantità (6,5), ma distribuita diversamente nei due mercati.
I profitti totali sono (20 − 4)4 + (14 – 4)2.5 = 89€ aumento di 4,5€ rispetto all’assenza di discriminazione
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- Con discriminazione
Il CMg non è costante, dipende dalla quantità complessivamente prodotta sui due mercati, dunque non posso
considerare separatamente i mercati.
Per risolvere è necessario aggregare i RMg e incrociarli con i CMg, ponendoli uguali. Otteniamo il RMg di equilibrio e
avremo delle quantità e un prezzo.
𝑎𝑠𝑠𝑢𝑚𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝐶𝑀𝑔 = 0.75 + 𝑄/2
Con o senza discriminazione la quantità prodotta totale non cambia poiché le domande sono lineari, ma la
discriminazione aumenta i profitti.
Per ogni tipo di domanda valgono due regole:
- I RMg devono essere uguagliati nei due mercati, essendo diverse le curve di domanda
- CMg aggregato = RMg aggregato
Discriminazione di prezzo ed elasticità
Dove l’elasticità è alta il prezzo è più basso.
Ipotesi di due mercati con uguale CMg e 𝑅𝑀𝑔 = 𝑃(1 − 1/𝜂)
Dalla regola (RMg uguali nei due mercati):
𝑅𝑀𝑔1 = 𝑅𝑀𝑔2 → 𝑃1 (1 − 1/𝜂1 ) = 𝑃2 (1 − 1/𝜂2 )
𝑃1 1 − 1/𝜂2 𝜂1 𝜂2 − 𝜂1
= =
𝑃2 1 − 1/𝜂1 𝜂1 𝜂2 − 𝜂2
Nell’ultimo passaggio, il primo termine è uguale e la differenza tra i prezzi (rapporto >1) dipende dal fatto che
l’elasticità 𝜂1 del numeratore (N) sia maggiore dell’elasticità 𝜂2 al denominatore (D).
𝑃1 > 𝑃2 𝑠𝑒 𝑁 > 𝐷 𝑑𝑢𝑛𝑞𝑢𝑒 𝑠𝑒 𝜂1 < 𝜂2 (c’è il segno meno)
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Ipotesi di:
- Due sottomercati la cui domanda sia 𝑃 = 𝐴 – 𝐵𝑄
- CMg uguali nei due sottomercati pari a 𝑐𝑖
- Consumatori del sottomercato I non possono acquistare nel sottomercato J
Uguagliate RMg e CMg nei sotto mercati
𝐴 − 𝑐𝑖 𝐴 + 𝑐𝑖 𝐴𝐼 − 𝐴𝐽 𝑐𝐼 − 𝑐𝐽
𝐴 − 2𝐵𝑄 = 𝑐𝑖 → 𝑄 = →𝑃= → 𝑃𝐼 − 𝑃𝐽 = +
2𝐵 2 2 2
È improbabile che la differenza dei prezzi sia uguale alla differenza dei CMg, poiché c’è un termine in più che influenza
il prezzo che rappresenta la differenza tra parametri della funzione di domanda.
Disponibilità a pagare Disponibilità a pagare
consumatori impazienti consumatori pazienti
Versione immediata 100 50
Versione ritardata 40 30
Numero di consumatori 40 60
I consumatori sono 100 senza applicare la discriminazione di prezzo; per semplicità assumiamo i CMg costanti e pari a
zero. Tra le due versioni è meglio produrre la versione con la disponibilità a pagare maggiore.
Se 𝑃 > 100 la domanda è nulla 𝜋 = 0
Se 100 < 𝑃 < 50 la domanda è 40 𝜋 = 100 ∗ 40 = 4.000
Se 𝑃 < 50 la domanda è 100 𝜋 = 50 ∗ 100 = 5.000
Nel caso di monopolista discriminante:
- Se il prezzo della versione ritardata viene fissato a 30 si vendono 60 unità, alle quali bisogna aggiungere 40 unità
di consumatori impazienti che ritardano l’acquisto per aumentare il surplus.
𝜋 = 30 ∗ (60 + 40) = 3.000
- Se prezzo della versione immediata viene fissato a 100, le unità vendute sono 40; ma, dato che il surplus è nullo,
tutti i consumatori posticiperanno l’acquisto annullando i profitti
𝜋 = 100 ∗ (40 − 40) = 0
Per indurre gli impazienti a comprare la versione immediata, bisogna fissare un prezzo minore che assicura lo stesso
surplus dell’acquisto posticipato a prezzo inferiore.
Fissando un prezzo pari a 90 per la versione immediata il surplus dell’impaziente è 10 (dato da 100 – 90), che equivale
al surplus per la versione ritardata (40 – 30).
Dunque si vendono 60 unità al prezzo di 30 e 40 unità al prezzo di 90.
𝜋 = 60 ∗ 30 + 40 ∗ 90 = 5.400
Il prezzo non può essere superiore alla disponibilità a pagare
Vincolo di compatibilità degli incentivi: se il monopolista decide di vendere entrambe le versioni, fissa il prezzo uguale
alla disponibilità a pagare per i pazienti ma deve tener conto del surplus per i consumatori impazienti per evitare che
posticipino l’acquisto.
Questo comportamento di discriminazione non ha nulla di nuovo, già nel 1849 Dupuit nota che la terza classe dei treni
ha un servizio di bassissima qualità che serve a scoraggiare l’acquisto di biglietti di terza classe.
Altri meccanismi di discriminazione di prezzo
- Pernottamenti obbligatori al sabato: consente di separare i gruppi di consumatori che viaggiano per lavoro o
piacere. I primi preferiranno tornare a casa per il weekend, i secondi preferiscono essere fuori casa.
- Divieto di apportare cambiamenti: vendere software di qualità minore e impedire che l’utente possa
migliorarla.
- Differenziazione in base all’ora di acquisto
- Discriminazione per luogo geografico
Esempio di discriminazione per luogo
Domanda per due mercati uguale P = A – BQ
Costo marginale nel mercato j è maggiore del mercato i per una differenza t: 𝑐𝑗 = 𝑐𝑖 + 𝑡
La differenza tra i prezzi tra i due mercati è diversa dalla differenza dei costi: monopolista attua discriminazione
Discriminazione aumenta il benessere sociale?
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In questo caso per benessere intendiamo la somma del surplus consumatore e del venditore (efficienza) e non come
questo viene distribuito nelle categorie (equità).
Ipotesi di due mercati: uno con domanda debole e uno con domanda forte e una disponibilità a pagare diversa
Supponiamo che CMg sia costante, calcolo domanda e prezzo con intersezione tra RMg e CMg
Il prezzo calcolato lo applichiamo ad entrambi i mercati; questo prezzo è inferiore rispetto al prezzo praticabile con la
discriminazione nel mercato a domanda forte ed è maggiore nel caso del mercato a domanda debole.
Il massimo guadagno è l’area G nel mercato a domanda debole e la minima perdita nel mercato a domanda forte è
l’area L.
Se mettiamo assieme:
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Se applico un prezzo unico sceglierò quello che massimizza il profitto. Se P = 6.000 𝜋 = 18.000
Nel secondo caso il surplus totale è 18.000 + 6.000 = 24.000 con una perdita di benessere di 6.000
La discriminazione perfetta è altamente remunerativa ma si richiede un tipo di informazione estremamente precisa. È
necessario conoscere l’identità di ogni consumatore e la relativa disponibilità a pagare e anche risolvere un enorme
problema di arbitraggio.
Il prezzo dell’ultima unità venduta è uguale al costo marginale: tutti gli scambi profittevoli sono realizzati dunque si
raggiunge la massima efficienza. Esempi che si avvicinano a questa condizione è il caso dei commercialisti/dottori che
hanno relazione 1:1 con il cliente e per i quali possibile stabilire la disponibilità a pagare.
È possibile replicare lo stesso esito della discriminazione perfetta con schemi alternativi più semplici: le tariffe a due
parti e il block pricing.
Tariffa a due parti
Esempio: club che serve due tipi di clienti: anziani e giovani con 𝑃 = 𝑉𝑎 − 𝑄𝑎 𝑒 𝑃 = 𝑉𝑔 − 𝑄𝑔
Ipotesi che il numero dei due tipi sia uguale.
Assumiamo che l’intercetta (disponibilità a pagare) sia maggiore per gli anziani
Il costo del club 𝐶(𝑄) = 𝐹 + 𝑐𝑄
Ipotesi: ingresso libero e drink a pagamento
Domanda aggregata 𝑄 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 ) − 2𝑃, invertiamo per trovare il prezzo e il RMg 𝑅𝑀𝑔 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 )/2 − 𝑄
CMg = RMg 𝑄 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 )/2 − 𝐶𝑀𝑔 → 𝑃 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 )/4 + 𝐶𝑀𝑔/2
E dunque:
3𝑉𝑎 − 𝑉𝑔 𝐶𝑚𝑔 3𝑉𝑔 − 𝑉𝑎 𝐶𝑚𝑔
𝑄𝑎 = − 𝑒 𝑄𝑔 = −
4 2 4 2
2
𝜋 𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑎 𝑔𝑖𝑜𝑣𝑎𝑛𝑒/𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑛𝑜 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 − 2𝐶𝑚𝑔)
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2
[(𝑉𝑎 − 𝐶𝑚𝑔)2 + (𝑉𝑔 − 𝐶𝑚𝑔) ]
𝜋 𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑎 𝑔𝑖𝑜𝑣𝑎𝑛𝑒/𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑛𝑜 𝑜𝑟𝑎 è =
2
Block pricing
Il monopolista fissa un prezzo che dà diritto a un certo numero di quantità del bene
Nell’esempio precedente si fissa un pacchetto entrata che comprende un numero x di drink.
Il monopolista deve:
- Porre la quantità offerta a ciascun gruppo di consumatori pari all’ammontare che quel gruppo comprerebbe
se P = CMg
- Porre la quota totale richiesta a ciascun gruppo di consumatori pari alla disponibilità a pagare totale per quella
quantità
La disponibilità a pagare è l’area del trapezio, ricavata dalla somma dell’area di un triangolo e di un rettangolo.
I prezzi medi pagati dai due gruppi sono diversi: il prezzo medio pagato da un anziano è maggiore perché la disponibilità
a pagare è più alta.
Questi prezzi sono identici ai prezzi lineari che il monopolista applicherebbe con discriminazione di terzo grado, ma il
profitto è maggiore poiché nella discriminazione di terzo grado si ha perdita di surplus e alcune trattative non vengono
effettuate.
Discriminazione di secondo grado
Partiamo da domanda: e se il venditore non riuscisse a distinguere i clienti?
Il monopolista sa quali sono le categorie di clienti, ma non è in grado di assegnare quel consumatore alle diverse
categorie di clienti, è in grado cioè di segmentare il mercato ma non è in grado di definire l’appartenenza al segmento
di un consumatore.
Se non risolve il problema, tutti i consumatori diranno di appartenere alla categoria agevolata.
Per risolvere: discriminazione di secondo grado, attraverso una forma di offerta che soddisfa due diversi vincoli:
- Il vincolo di partecipazione
- Il vincolo di compatibilità degli incentivi
Supponiamo che la discriminante sia il reddito che non è osservabile. Come si risolve?
In teoria si potrebbe facendo in modo che il consumatore nel realizzare la sua scelta riveli il suo vero tipo. Se il
monopolista chiedesse “lei appartiene a fascia di reddito alta o bassa?” non risolvo perché la controparte non ha
incentivo ha dichiarare il suo vero tipo, questo vale per il soggetto che dovrebbe pagare il prezzo più alto.
L’offerta del monopolista deve rendere conveniente dichiarare di avere reddito alto, cioè dichiarare il vero tipo.
Esempio:
𝑃𝑎 = 16 − 𝑄𝑎
𝑃𝑏 = 12 − 𝑄𝑏
𝐶𝑀𝑔 = 4
Nel caso di discriminazione di primo grado è possibile fissare una tariffa a due parti o un block pricing solo se il
monopolista dispone di informazioni dettagliate circa la domanda.
Se non è in grado di identificare i consumatori, quelli ad alto reddito sceglierebbero l’offerta disegnata per i soggetti a
basso reddito poiché aumenterebbe la loro utilità, che sarebbe azzerata se scegliessero l’offerta a loro destinata.
È necessaria un’offerta che riveli il vero tipo dei consumatori.
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Il venditore potrebbe ricorrere a un compromesso: formulare uno schema che permette di rivelare il gruppo di
appartenenza dei consumatori. Questo è il principio della discriminazione di II grado
Affinché l’offerta dei diversi menù di prezzo funzioni devono essere soddisfatti:
- Il vincolo di partecipazione: il consumatore aderendo all’offerta deve ottenere un livello di utilità, quindi il
prezzo che paga deve essere non superiore all’utilità che egli deriva dal consumo del bene.
- Il vincolo di compatibilità degli incentivi: mi dice che l’utilità che il consumatore di tipo 𝑖 ottiene pagando la
tariffa 𝑃𝑖 per la quantità 𝑥𝑖 è non inferiore a quella che otterrebbe aderendo all’offerta disegnata per l’altra
categoria di consumatori
𝑈𝑖 (𝑝𝑖 ; 𝑥𝑖 ) ≥ 𝑈𝑖 (𝑝𝑗 ; 𝑥𝑗 )
Il vincolo è rispettato per utenti a bassa disponibilità a pagare ma è violato nel caso di soggetti ad alto reddito.
𝑈𝑎 (𝑝𝑎 ; 𝑥𝑎 ) = 0 𝑒 𝑈𝑎 (𝑝𝑏 ; 𝑥𝑏 ) = 32
Domanda: il menù d’offerta che rispetta i due vincoli è anche il migliore che monopolista può offrire? La risposta è sì,
se si riduce il numero di unità offerte al consumatore a basso reddito.
La rendita informativa che il monopolista deve pagare al consumatore di tipo a è determinata come differenza tra
l’utilità che otterrebbe aderendo all’altra offerta e l’utilità che deriva dall’offerta dedicata a lui.
Se riduco l’offerta per b, supponiamo che a b siano offerti 7 drink e non 8, la disponibilità a pagare scende a 59,50€ e
i profitti sono 31,5 rispetto ai 32 precedenti.
Un consumatore a pagherebbe fino a 87,5€ per l’ingresso e 7 drink, riservando 28 di surplus. Dunque il pacchetto 12
drink non potrà costare più di 120 –28 = 92€ (28 è la rendita informativa).
Il menù d’offerta rispetta i due vincoli e i profitti sono:
- 44 per ogni consumatore a (aumentati di 4)
- 31,5 per ogni consumatore b (diminuiti di 0,5)
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Il caso del menù pricing è ambiguo perché il monopolista è indotto a introdurre una distorsione sul mercato a bassa
disponibilità a pagare.
Il monopolista riduce la quantità offerta al mercato con bassa disponibilità a pagare e l’aumenta per il mercato a
domanda alta ponendo uguale UMg = CMg
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∆𝑊 ≤ 𝐺 − 𝐿
Il primo termine è positivo, il secondo dipende dalla riduzione dell’output sia inferiore o maggiore all’aumento
dell’output sull’altro mercato. È necessario che la somma algebrica sia positiva. Dunque per migliorare il benessere è
necessario che aumenti output.
Raggruppamento di prodotti o vendita a pacchetto (bundling)
Spesso acquistiamo prodotti che sono venduti assieme ad altri; un esempio è il quotidiano che mette assieme sezioni
di notizie che potrebbero essere vendute separatamente. Altri esempi sono il sistema operativo, il pacchetto office...
Questi raggruppamenti sono venduti in due modalità: è possibile acquistare singolarmente le componenti o acquistare
il pacchetto, il cui prezzo è inferiore della somma dei singoli prodotti acquistati separatamente.
Il bundling aumenta la capacità di estrarre surplus del consumatore.
Un caso particolare sono le vendite abbinate, cioè quando l’acquisto di un bene è vincolato all’acquisto di un altro; un
esempio è la stampante, poiché si è obbligati all’acquisto di toner originale pena perdita garanzia.
Le vendite abbinate vengono utilizzate dal monopolista per estendere il potere di mercato a un altro settore.
L’abbinamento può essere
- Contrattuale: garanzia
- Tecnologico: solo un tipo di lamette vanno sul rasoio
Esempio:
Consideriamo due emittenti televisive che trasmettono due vecchi film, tra le quali è possibile l’arbitraggio.
La disponibilità a pagare delle emittenti è:
Disponibilità a Disponibilità a Disponibilità a
pagare per film A pagare per film B pagare totale
Emittente A 8000 2500 10500
Emittente B 700 3000 10000
Il monopolista che ha il diritto sui due film a che prezzo deve vendere film il film A?
Se il prezzo è superiore a 8000 non vende; se uguale a 8000 vende una copia; se ne vuole vendere 2 deve fissare il
prezzo a 7000.
Quale è il prezzo per il film B? 3000 per vendere una copia o 2500 per vendere 2 copie.
Se vengono venduti separatamente i profitti sono 19.000
Potrebbe fare di meglio abbinando le vendite dei due film?
Se fissa il prezzo a 10.000 per il pacchetto dei due film, vende due pacchetti con profitti pari a 20.000
Questo spiega perché i giornali hanno tutte le sezioni (cultura sport cronaca…)
Quando abbiamo una variabilità a pagare di diversi individui per i diversi componenti del pacchetto, il monopolista
può aumentare i suoi profitti attraverso il bundling in quanto la varianza della disponibilità a pagare per i singoli
pacchetti è sempre superiore alla varianza della diponibilità a pagare per il pacchetto. Questo rende profittevole il
bundling, poiché sfrutta la disponibilità a pagare aggregata.
Vendendo separatamente il monopolista lascia ai consumatori un surplus totale di 1500, che con il bundling si riduce.
Consideriamo un caso in cui esplicitiamo la presenza di costi e introduciamo il bundling misto, introdurre cioè la
possibilità di acquistare separatamente le componenti del pacchetto o l’intero pacchetto.
Esempio di due beni con prezzi di riserva diversi per i consumatori, i quali acquistano una unità se la disponibilità a
pagare è inferiore al prezzo.
Rappresentiamo su un piano cartesiano la situazione, nel quale un punto individua le disponibilità a pagare dei due
soggetti per i due beni.
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Immaginiamo che l’impresa fissi un prezzo P 1 per bene 1 e P2 per il bene 2, in questo modo i consumatori si dividono
in 4 gruppi: i consumatori del gruppo A acquistano entrambi i beni; il gruppo B acquista il bene 2; il gruppo D acquista
il bene 1, mentre il gruppo C non acquista nessuno dei beni.
Se il monopolista fa bundling puro e fissa un prezzo del bundle pari a 𝑃𝐵 = 𝑃1 + 𝑃2 , i consumatori si dividono in due
gruppi: situazione simile ad un vincolo di bilancio nella quale i soggetti al di sotto del vincolo non acquistano e
viceversa. Tutti i consumatori che sono localizzati sul segmento hanno un prezzo di riserva per il bundle uguale a 𝑃𝐵 .
I due prezzi sono soggettivi, per esempio il quotidiano è formato da: sport, esteri, politica e cronaca e costa 1,5€. Se
fossi interessato esclusivamente alla politica la mia disponibilità a pagare è maggiore o uguale di 1,5 e zero per le altre
tre sezioni del giornale.
Introduciamo nel grafico i costi marginali di produzione dei due beni e li consideriamo costanti. I consumatori
acquistano il bundle anche se la disponibilità a pagare per uno dei due beni è inferiore ai costi marginali, questo non
sarebbe possibile senza bundling.
Bundling misto
Abbiamo il prezzo dei singoli componenti acquistati separatamente e il prezzo del bundle con 𝑃𝐵 < 𝑃1 + 𝑃2
La fissazione di questi prezzi divide i consumatori, in funzione della loro disponibilità a pagare, in 4 gruppi: gruppo che
acquista il bundle, gruppo che acquista il bene 1, gruppo che acquista il bene 2 e il gruppo che non acquista nessuno
dei due beni.
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Consideriamo un consumatore x con 𝑃1𝑥 e 𝑃2𝑥 disponibilità a pagare che posso sommare.
Il surplus del consumatore derivante dall’acquisto del pacchetto è 𝑃1𝑥 + 𝑃2𝑥 − 𝑃𝐵 che è minore del surplus che rimane
dall’acquisto del bene 1, acquista dunque solo bene 1.
Siamo in grado di definire la scelta ottimale per l’impresa, non esiste però una regola che consente di dire quale
bundling è preferibile, generalmente è più efficace il bundling misto.
In alcuni casi però il bundling non è sempre la migliore strategia
Prezzo riserva Prezzo riserva
Consumatore Somma
bene 1 bene 2
A 50 450 500
B 250 275 525
C 300 220 520
D 450 50 500
Bundling misto
Pb = 500 p1 = 250 p2 = 450
Prezzo riserva Prezzo riserva
Consumatore Somma Profitti
bene 1 bene 2
A 50 450 500 250
B 250 275 525 250
C 300 220 520 150
D 450 50 500 150
Per A i surplus sono zero, scelta indifferente (acquista il pacchetto); B acquista il pacchetto; C acquista il bene 1; D
acquista il bene 1.
I profitti totali sono 800
La situazione migliora con i prezzi: p1 = 450 p2 = 450 e pb = 520 dai quali deriva un profitto di 1190
Cioè fissare il prezzo dei singoli componenti in modo da catturare i consumatori che hanno le disponibilità a pagare
per i singoli beni più estreme.
Stabiliamo regole:
- Bundling misto è più profittevole del puro
- Il misto è sempre meglio delle vendite separate
- Il bundling puro non è necessariamente migliore di altri bundle
- Il bundling è una forma di discriminazione di prezzo: quando compriamo il giornale ciascuno di noi paga un
diverso prezzo di riserva per le diverse sezioni.
Consideriamo le vendite abbinate; è come il bundling ma le proporzioni tra i beni sono variabili.
Consentono al monopolista di generare profitti sul bene che è abbinato, dunque consumatori diversi pagano prezzi
diversi in funzione dell’intensità d’uso del bene. Un esempio è il toner della stampante.
Se il consumatore usa poco il bene il prezzo d’uso è più basso rispetto a uno che l’utilizza molto
Agevola la discriminazione di prezzo poiché rileva le funzioni di domanda dei consumatori
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Se 𝑑 < 1/4, il prezzo massimo è quello dei consumatori in ½, i più distanti. I profitti sono crescenti in t(d) dunque d
dovrebbe essere aumentato, i negozi dovrebbero spostarsi verso il centro.
Con 𝑑 > 1/4, il prezzo massimo è negli estremi del segmento; d dovrebbe diminuire poiché i profitti sono decrescenti
in d.
All’ottimo quindi d sarà ¼
Il prezzo praticato da ciascun negozio è 𝑉 − 𝑡/4 (comandano i consumatori posti a maggiore distanza dal negozio).
I profitti di ciascun negozio sono dati dalla differenza tra 𝑉 − 𝑡/4 e i costi marginali.
Altro costo è 2F, cioè il costo fisso che il monopolista deve sostenere per attivare ciascun negozio. I profitti che il
monopolista realizza servendo l’intero mercato con 2 negozi sono
𝑡
𝜋(𝑁, 2) = 𝑁 (𝑉 − − 𝑐) − 2𝐹(𝑎𝑟𝑒𝑎 𝑏𝑙𝑢)
4
Se ci fossero 3 negozi?
Ciascuno è collocato a uguale distanza dall’altro: 1/6 1/2 5/6.
Se l’intero mercato è servito, il prezzo più alto determinabile è dato dal consumatore più distante: V-1/6.
I profitti del monopolista con tre negozi sono dati da 𝜋(𝑁, 3) = 𝑁(𝑉 − 𝑡/6 − 𝑐) − 3𝐹
Al crescere del numero di negozi il prezzo massimo è crescente, poiché diminuisce il costo di trasporto sostenuto dal
consumatore.
Possiamo estendere il concetto: all’aumentare del numero di varietà offerte dal monopolista aumentano i profitti,
contemporaneamente il fattore che limita la tendenza è il costo fisso, in quanto ciascun negozio richiede il sostenere
di costi fissi. Il numero ottimale di negozi è il bilanciamento tra i due elementi.
Quale è il numero ottimale di negozi?
Con n negozi questi si collocano a 1/n distanza tra l’uno e l’altro, con prezzo uguale a 𝑉 − 𝑡/2𝑛
I profitti aggregati sono dati da: 𝑁(𝑉 − 𝑡/2𝑛 − 𝑐) − 𝑛𝐹
Fino a quando il monopolista ha incentivo ad aprire l’ennesimo negozio? fintanto che il profitto aumenta rispetto alla
situazione con 𝑛 − 1 negozi. Cioè finché: 𝜋(𝑁, 𝑛 + 1) − 𝜋(𝑁, 𝑛) > 0
Il monopolista trova profittevole aggiungere un ulteriore negozio se 𝑛(𝑛 + 1) < 𝑡𝑁/2𝐹
Esempio
F=50.000 N=5miloni e t=1€
𝑡𝑁/2𝐹 = 50
Perché sia profittevole l’aggiunta di un nuovo negozio deve essere rispettata 𝑛(𝑛 + 1) < 50, ciò è vero per 𝑛 ≤ 6.
Se 𝑛 = 7 → 56 < 50 condizione violata
La condizione ci dice che il numero di negozi / varietà:
- È crescente nel costo di trasporto (disutilità del consumatore che deriva dal consumo di una varietà diversa
dalla preferita)
- È crescente nella dimensione del mercato, più grande è il mercato più grande è la quota di consumatori che
decidono di acquistare quella quantità
- È decrescente nei costi di avvio di un nuovo negozio
Il monopolista intende servire tutto il mercato, questa assunzione semplificava l’analisi ma non è necessariamente
verificata. Il prezzo potrebbe essere più alto se decidesse di servire solo una parte di mercato.
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Ogni negozio vende ai consumatori entro una certa distanza r scegliendo il prezzo sceglie il livello di 𝑟; prima il prezzo
era determinato allo scopo di servire anche i consumatori più lontani.
Per tutti i consumatori entro una distanza r deve essere verificata 𝑝 + 𝑡𝑟 = 𝑣 𝑟 = (𝑉 − 𝑝)/𝑡
La domanda totale per ciascun negozio è 2𝑁(𝑣 − 𝑝)/𝑡 poiché serve una quota della popolazione di N consumatori
pari a 2r; questa è la curva di domanda decrescente nel prezzo.
Al crescere del prezzo la quantità domandata si riduce, il raggio coperto (r) è minore
𝜋 = 2𝑁(𝑝 − 𝑐)(𝑉 − 𝑝)/𝑡 − 𝐹
Possiamo derivare rispetto a p, uguagliare la derivata a zero e ottenere il prezzo ottimo che il monopolista fisserà per
massimizzare i profitti. Otteniamo che 𝑝 ∗ = (𝑉 + 𝑐)/2
Se 𝑝(𝑁, 𝑛) < 𝑝∗ solo una parte del mercato dovrebbe essere servita cioè quando 𝑉 < 𝑐 + 𝑡/𝑛
Se 𝑉 < 𝑐 + 𝑡/𝑛 si serve solo parte del mercato al prezzo 𝑝∗ = (𝑉 + 𝑐)/2.
Se 𝑉 > 𝑐 + 𝑡/𝑛 si serve l’intero mercato al prezzo 𝑝(𝑁, 𝑛) = 𝑉 − 𝑡/2𝑛
Si serve parte del mercato se:
- Ci sono pochi punti vendita
- Se il prezzo di ricerca del consumatore è basso rispetto ai costi marginali di produzione e ai costi di trasporto
Quale è il numero ottimale di negozi dal punto di vista sociale? La produzione di varietà:
- Riduce costo di trasporto, perdita di surplus che non viene trasferito
- Il costo fisso è anch’esso uno spreco è un costo che non determina trasferimento di surplus.
La disponibilità a pagare totale è NV e il surplus totale è NV-CT
I CT non sono solo i costi di produzione ma anche quelli di trasporto e quelli fissi.
I costi di trasporto sono dati dall’area dei due triangoli moltiplicata per la densità dei consumatori N/1
L’area è 𝑡/4𝑛2
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Nel primo caso la disponibilità a pagare aumenta più per i consumatori inframarginali che per quelli marginali, la curva
ruota facendo perno sulle ascisse. Nel secondo caso la disponibilità a pagare aumenta maggiormente per i consumatori
marginali che per quelli che già acquistavano, la curva ruota facendo perno sull’intercetta delle ordinate.
Il monopolista opera una scelta più articolata: deve scegliere qualità e quantità/prezzo.
Svolge due problemi di maxπ:
- Dato un certo livello di qualità, l’output ottimale è dato dall’uguaglianza tra RMg e CMg dell’incremento
unitario della quantità
- Data la quantità i costi marginali per un incremento del livello ottimale della qualità uguagliano i RMg
Per il teorema dell’inviluppo questo problema può essere risolto sequenzialmente: derivo il livello ottimo di quantità
dato un livello di qualità. 𝑃 = 𝑍(𝜃 − 𝑄) dove Z è indice della qualità
Fissiamo un generico livello della qualità, immaginiamo che il CMg=0 costante. Il costo della qualità 𝐶 (𝑍) = 𝛼𝑍 2 il
costo cresce esponenzialmente.
Il costo marginale della qualità 𝑑𝐶(𝑍)/𝑑(𝑍) = 2𝛼𝑍
I profitti dell’impresa sono dati da:
𝜋(𝑄, 𝑍) = 𝑃𝑄 − 𝐶 (𝑍) = 𝑍(𝜃 − 𝑄)𝑄 − 𝛼𝑍 2
Ho una funzione da massimizzare che dipende da due parametri applico il teorema di inviluppo e trovo il livello
ottimale del primo parametro (Q) in funzione dell’altro parametro (Z).
𝑅𝑀𝑔 = 𝐶𝑀𝑔 → 𝑍𝜃 − 2𝑍𝑄 = 0 → 𝑄∗ = 𝜃/2 intercetta orizzontale del RMg
Sostituiamo l’espressione nella funzione di profitto e otteniamo il prezzo ottimale 𝑃 ∗ = 𝑍𝜃/2
I ricavi totali sono uguali a 𝑃 ∗ 𝑄∗ = 𝑍𝜃 2 /4
𝑅𝑀𝑔(𝑍) = 𝜃 2 /4 𝑒 𝐶𝑀𝑔(𝑍) = 2𝛼𝑍
∗ 2
Uguagliano RMg e CMg 𝑍 = 𝜃 /8𝛼
È decrescente in α e crescente in θ (parametro che spiega quanto la curva di domanda va in alto al crescere di Z).
La qualità offerta è troppo alta o bassa?
Se il monopolista aumenta la qualità da Z1 a Z2 si determina un aumento di surplus dell’area in verde meno i costi
dovuti all’incremento di qualità.
Poiché l’aumento del surplus totale è superiore rispetto all’incremento dei profitti, il monopolista produce troppa
varietà con qualità troppo bassa.
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Assumiamo che 𝜃1 > 𝜃2 : consumatori di tipo 1 valutano la qualità più dei consumatori di tipo 2
z1 > z2 = 0 i consumatori di tipo 1 comprano solo se la qualità è superiore a z1 mentre i consumatori 2 comprano
qualsiasi qualità purché il surplus non sia negativo (prezzi bassi).
Le imprese non possono distinguere le due tipologie di consumatori, devono adottare strategia che portino i
consumatori ad auto selezionarsi.
Bisogna convincere i consumatori 1 ad acquistare beni di alta qualità a prezzi alti e i consumatori 2 ad acquistare il
bene di bassa qualità ad un prezzo inferiore, pari alla loro massima disponibilità a pagare.
L’impresa può produrre qualità compresa tra 𝑧 𝑒 𝑧 con costo marginale pari a zero per entrambe.
Ai consumatori di tipo 2 viene imposto il prezzo massimo pari alla disponibilità a pagare per qualità 𝑧2 , cioè 𝑝2 = 𝜃2 𝑧2
Deve essere vero che consumatori 1 preferiscono acquistare z1 pagando p1
Perché sia verificata: il prezzo imposto per bene di alta qualità non può essere superiore ad un certo limite superiore
𝑝1 ≤ 𝜃1 𝑧1 − (𝜃1 − 𝜃2 )𝑧2
Considerando l’equazione 𝑝1 = 𝜃1 𝑧1 − (𝜃1 − 𝜃2 )𝑧2
(𝜃1 − 𝜃2 ) 𝑎𝑢𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎 𝑎𝑙𝑙 ′ 𝑎𝑢𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑧2
Il secondo membro è crescente nella differenza tra z1 e z2 e nelle valutazioni della qualità zi.
La qualità può essere fatta pagare molto quando è apprezzata e l’impresa ha incentivo a differenziare le qualità dei
due beni per ridurre la competizione tra di loro.
Supponiamo che ci siano N1 consumatori di tipo 1 e N2 consumatori di tipo 2, i profitti, che sono funzione del livello
della qualità perché p e q sono fissati, sono 𝜋 = 𝑁1 𝑝1 + 𝑁2 𝑝2 = 𝑁1 𝜃1 𝑧1 − (𝑁1 𝜃1 − (𝑁1 + 𝑁2 )𝜃2 )𝑧2
I profitti sono crescenti in z1 dunque z1 è il massimo possibile 𝑧1 = 𝑧
Per z2 la decisione è più difficile, l’effetto di z2 dipende dal segno di (𝑁1 𝜃1 − (𝑁1 + 𝑁2 )𝜃2 )𝑧2
Caso 1: (𝑁1 𝜃1 − (𝑁1 + 𝑁2 )𝜃2 ) 𝑝𝑜𝑠𝑖𝑡𝑖𝑣𝑜
z2 dovrebbe essere basso ma non sotto un certo livello; 𝑝1 = 𝑧1 − (𝜃1 − 𝜃2 )𝑧2 ridurre z2 aumenta p1. Ma ciò richiede
che 𝛩1 (𝑧1 − z1 ) − 𝑝1 ≥ 0
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American
PH=€500 PL=€220
PH=€500 (€9000, €9000) (€0, €3600)
Delta
PL=€220 (€3600, €0) (€1800, €1800)
Non abbiamo strategie dominate ma due equilibri di Nash (€9000, €9000) e (€1800, €1800).
Tra i due non siamo in grado di scegliere il preferito, ma dato che il primo genera profitti più elevati, il primo esito è
più probabile.
Esistono tre modelli di oligopolio:
- Cournot (statico)
- Bertrand (statico)
- Stackelberg (dinamico)
Si distinguono in base:
- Alla variabile strategica scelta dalle imprese
- Alla tempistica con cui si svolge il gioco
Modello di Cournot
Duopolio nel quale le imprese producono un bene indifferenziato (acqua minerale estratta dalla stessa fonte).
La domanda è data da: 𝑃 = 𝐴 − 𝐵𝑄 = 𝐴 − 𝐵(𝑞1 + 𝑞2 )
I CMg sono costanti e uguali per le imprese e li fissiamo pari a 𝑐
Regole: le imprese competono sulla quantità e in ogni periodo le imprese devono scegliere la quantità da produrre
formando una certa aspettativa delle quantità prodotte dall’altra impresa.
𝑃 = (𝐴 − 𝐵𝑞1 ) − 𝐵𝑞2
𝑚𝑎𝑥𝜋1 = (𝐴 − 𝐵𝑞1 − 𝐵𝑞2𝑒 )𝑞1 − 𝑐𝑞1
𝑚𝑎𝑥𝜋2 = (𝐴 − 𝐵𝑞1 − 𝐵𝑞1𝑒 )𝑞2 − 𝑐𝑞2
𝑞2𝑒 aspettativa dell’impresa 1 sulla quantità prodotta dall’impresa 2 e viceversa per 𝑞1𝑒
𝛿𝜋1 𝑒 ∗
𝐴 − 𝐵𝑞2𝑒 − 𝑐
= 𝐴 − 2𝐵𝑞1 − 𝐵𝑞2 − 𝑐 = 0; 𝑞1 = ≡ 𝑅1 (𝑞2 )
𝛿𝑞1 2𝐵
𝐴 − 𝐵𝑞1𝑒 − 𝑐
𝑞2∗ = ≡ 𝑅2 (𝑞1 )
2𝐵
𝑅1 e 𝑅2 sono funzioni di reazione che forniscono le quantità da produrre per l’impresa che massimizzano i profitti data
la scelta di output dell’altra impresa.
Più alto è il livello atteso più basso è il livello ottimale da produrre (relazione inversa).
Il concetto di equilibrio di Cournot è identico a quello di Nash
Se rappresento graficamente le funzioni di reazione:
𝐴−𝑐 𝐵 1
𝑞1 = 0, 𝑞2∗ = 𝑐𝑜𝑛 𝑖𝑛𝑐𝑙𝑖𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 − =−
2𝐵 2𝐵 2
L’equilibrio è dato dall’intersezione delle due curve, che si trova lungo la bisettrice (equilibrio simmetrico).
Ciascuna impresa produce livello ottimo data la quantità prodotta dall’altra impresa.
L’equilibrio si ottiene analiticamente con il sistema tra 𝑞2∗ e 𝑞1∗ cioè tra le due funzioni di reazione; ma essendo
simmetrico, 𝑞1𝑐 𝑒 𝑞2𝑐 sono uguali, piuttosto che risolvere il sistema impongo la condizione di simmetrica (𝑞2 = 𝑞1 ) più
semplice.
𝐴 − 𝑐/2𝐵 output ottimo prodotto dall’impresa sulla base di aspettativa di output di altra uguale a zero, quindi è output
di monopolio. Se unisco i due punti del grafico sono in grado di concludere che nell’equilibrio l’output totale
𝑄𝐶 > 𝑄𝑀
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Inoltre, il profitto realizzato da ciascuna impresa è inferiore al profitto realizzato dal monopolista
𝜋1𝑐 + 𝜋2𝐶 < 𝜋 𝑀
Come calcolare quindi output di equilibrio e prezzi?
𝐴 − 𝑐 𝑞2 𝐴 − 𝑐 𝑞1
𝑞1∗ = − 𝑒 𝑞2∗ = −
2𝐵 2 2𝐵 2
𝐴 − 𝑐 𝐴 − 𝑐 𝑞 2
𝑞2∗ = − +
2𝐵 4𝐵 4
𝑐 𝑐
𝐴−𝑐
𝑞1 = 𝑞2 =
3𝐵
2(𝐴 − 𝑐)
𝑜𝑢𝑡𝑝𝑢𝑡 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 → 𝑄𝐶 =
3𝐵
2 (𝐴 − 𝑐 ) 3𝐴 − 2𝐴 + 2𝐶 𝐴 + 2𝐶
𝑃 𝐶 = 𝐴 − 𝐵𝑄𝐶 = 𝐴 − 𝐵 = =
3𝐵 3 3
L’impresa con il costo più basso ha la quota di mercato più elevata, la riduzione relativa dei costi oltre ad aumentare i
profitti genera anche un aumento di quantità prodotta
Graficamente una riduzione dei CMg porta ad uno spostamento verso destra della funzione di reazione (e viceversa)
e dunque ad una variazione dell’equilibrio.
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La domanda è discontinua: è zero per tutti i prezzi superiori a 𝑃1 , a 𝑃1 = 𝑃2 si serve metà mercato e per i prezzi inferiori
a 𝑃1 si serve l’intero mercato.
La discontinuità della domanda comporta una discontinuità nei profitti
𝜋2 (𝑃1 , 𝑃2 ) = 0 𝑠𝑒 𝑃2 > 𝑃1
𝜋2 (𝑃1 , 𝑃2 ) = (𝑃2 − 𝑐)(𝑎 − 𝑏𝑃2 ) 𝑠𝑒 𝑃2 < 𝑃1
(𝑃2 − 𝑐)(𝑎 − 𝑏𝑃2 )
𝜋2 (𝑃1 , 𝑃2 ) = 𝑠𝑒 𝑃2 = 𝑃1
2
I valori dipendono da 𝑃1
Ipotesi di un prezzo fissato molto alto da impresa 1 superiore a quello di monopolio 𝑃 𝑀 = (𝑎 + 𝑐)/2𝑏
I profitti sono zero per prezzi inferiori ai costi marginali e l’impresa non produce; cominciano a crescere superato il
CMg e raggiungono il massimo nel prezzo da monopolio. A 𝑃2 = 𝑃1 il mercato di divide e superato 𝑃1 i profitti si
annullano.
Dunque se l’impresa 1 fissa un prezzo a destra di 𝑃 𝑀 il prezzo che dovrebbe praticare l’impresa 2 è quello del
monopolista che massimizza i profitti.
Se ipotizzo un prezzo 𝑃1 = 𝑃 𝑀 , l’impresa 2 ha incentivo a fissare un prezzo (𝑃2 = 𝑃1 − 𝜀) inferiore poiché a 𝑃 𝑀 i profitti
sarebbero la metà. E questo vale anche per qualsiasi 𝑃1 < 𝑃 𝑀 , nel quale l’impresa 2 ha sempre incentivo a ridurre di
un epsilon il prezzo per non dividere i profitti e servire l’intero mercato.
𝑃2 = 𝑃 𝑀 𝑠𝑒 𝑃1 > 𝑃 𝑀
𝑃2∗ = 𝑓(𝑃1𝑒 ) = {
𝑃2 = 𝑃1 − 𝜀 𝑠𝑒 𝑃1 ≤ 𝑃 𝑀
𝑃1 = 𝑃 𝑀 𝑠𝑒 𝑃2 > 𝑃 𝑀
𝑃1∗ = 𝑓(𝑃2𝑒 ) = {
𝑃1 = 𝑃2 − 𝜀 𝑠𝑒 𝑃2 ≤ 𝑃 𝑀
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Perché la coppia di prezzi < 𝑃1∗ , 𝑃2∗ > sia un equilibrio di Nash è necessario che 𝑃1∗ = 𝑓1 (𝑃2∗ ) 𝑒 𝑃2∗ = 𝑓2 (𝑃1∗ ) cioè che i
prezzi all’equilibrio siano uguali, questo avviene solo al prezzo uguale al costo marginale. In queste condizioni si replica
un esito equivalente a quello concorrenziale, con surplus sociale massimizzato e profitti delle imprese azzerati.
In questo aspetto il modello si differenzia da Cournot, dove per raggiungere una situazione equivalente alla
concorrenza perfetta è necessario un numero infinito di imprese.
Nel modello di Bertrand, dunque i profitti di equilibrio sono pari a zero (paradosso di Bertrand).
Ovviamente qualsiasi prezzo inferiore al costo marginale non è di equilibrio poiché l’impresa farebbe meglio a non
produrre.
Possiamo rappresentare graficamente le funzioni di reazione delle due imprese nello spazio 𝑃2 𝑃1
Per tutti i 𝑃2 < 𝑐 la risposta ottima dell’impresa 1 è fissare un prezzo pari ai costi marginali (tratto orizzontale)
Per tutti 𝑐 < 𝑃2 < 𝑃 𝑀 la risposta ottima dell’impresa 1 è fissare un prezzo 𝑃2 − 𝜀, ed è per questo che il tratto obliquo
ha inclinazione diversa di un ε dalla bisettrice
Se 𝑃2 > 𝑃 𝑀 la risposta ottima è fissare 𝑃1 = 𝑃 𝑀 (tratto orizzontale)
Viceversa per l’impresa 2
L’equilibrio è nel punto di intersezione che si trova al livello del CMg, essendo lungo la bisettrice avremo che 𝑃1 = 𝑃2 .
La concorrenza di prezzo genera una pressione competitiva più forte di quella sulla quantità, poiché porta
all’azzeramento dei profitti.
Proviamo a vedere quanto robuste sono le condizioni di Bertrand in caso di modifiche delle condizioni di base
- Assenza vincoli di capacità
- Differenziazione prodotti
Vincoli di capacità
Se a P=c l’impresa 1 non è in grado di fornire tutto il livello di output necessario, per l’impresa 2 fissare un prezzo
maggiore di P1 non implica che la domanda vada a zero poiché c’è una quota di domanda insoddisfatta.
L’equilibrio dipende dalle ipotesi fatte sullo schema di razionamento; ipotizziamo (razionamento efficiente) che i
consumatori con la più alta disponibilità a pagare siano i primi a comprare e che quindi l’impresa 2 può comportarsi
da monopolista rispetto alla curva di domanda residuale; in questo caso l’ipotesi di Bertrand salta.
Esempio
Domanda Q=6000-60P che viene servita da 2 impianti con una capacità giornaliera rispettivamente di 1000 e 1400 che
sono fisse.
Il costo marginale pari a €10 per entrambi gli impianti e viene fissato un prezzo pari a €10; questo implica l’esistenza
di un vincolo di capacità produttiva poiché la quantità domandata è 6000-600=5400 che è maggiore dell’offerta.
La domanda per ciascuna impresa è dunque pari a 2700, l’impianto con capacità maggiore può fissare un prezzo
maggiore comportandosi da monopolista sulla domanda residuale ottenendo profitti positivi, perciò P=€10 non può
essere un equilibrio.
Ipotesi con razionamento efficiente che massimizza il surplus totale.
Assumiamo P=60 con domanda totale pari a 2400 che esaurisce la capacità totale.
Il primo impianto serve 1000 clienti, l’altro serve la domanda residuale pari a
𝑄 = (6000 − 1000) − 60𝑃; 𝑃 = 83,33 − 𝑄/60
𝑅𝑀𝑔 = 83,33 − 𝑄/30
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Per verificare se P=60 è una scelta ottimale per gli impianti bisogna valutare se siano incentivati a modificare il prezzo.
- Dato che 𝑅𝑀𝑔 > 𝐶𝑀𝑔 non si ha incentivo ad alzare i prezzi per evitare di perdere clienti
- Dato che viene impiegata tutta la capacità produttiva, un abbassamento di prezzo non comporterebbe un
aumento di clienti
Dunque P=60 è equilibrio di Nash, che garantisce un profitto.
Le imprese che competono sui prezzi vendendo prodotti identici raramente sceglieranno la capacità necessaria a
servire la domanda totale di mercato disponibile a prezzi concorrenziali. Di conseguenza, sia l’output sia la capacità
saranno inferiori al livello concorrenziale il che a sua volta implica che i prezzi debbano salire a un livello al quale la
domanda è pari alla capacità totale dell’industria, un livello che è necessariamente superiore al costo marginale.
Perciò, la proprietà di efficienza della soluzione di Bertrand può venire meno in presenza di vincoli di capacità.
Differenziazione di prodotto
In presenza di omogeneità è facile sottrarre clienti al rivale, questo porta ad annullare i profitti con divisione del
mercato in parti uguali.
In presenza di differenziazione tra i prodotti non è detto che si riesca a sottrarre tutti i consumatori riducendo di un ε
il prezzo, poiché parte dei consumatori è disposta a continuare a consumare il bene anche se l’altro è più conveniente.
Il costo da sostenere per sottrarre i consumatori è crescente alle preferenze dei consumatori al bene rivale.
L’incentivo a ridurre il prezzo diminuisce per entrambe le imprese e porta a migliorare la situazione di entrambe (i
prezzi sono maggiori dei CMg). Il mark-up è crescente in funzione della forza delle preferenze per quella varietà,
l’obiettivo del marketing è dunque differenziare.
Paradosso di Bertrand: due sole imprese sono sufficienti al raggiungimento delle condizioni concorrenziali, condizione
che viene meno rimuovendo l’ipotesi di assenza di vincoli alla capacità produttiva.
Vediamo adesso cosa accade all’equilibrio se manteniamo l’ipotesi di assenza di vincoli produttivi ma rimuoviamo
l’ipotesi di omogeneità del prodotto, cosa che nella realtà accade in molti mercati nei quali le imprese producono
varianti differenti di uno stesso bene. Consideriamo un’ipotesi di differenziazione orizzontale, che fa sì che le imprese
possano praticare prezzi diversi e questo non induce tutti i consumatori a spostare le proprie scelte d’acquisto verso
il prodotto che diventa più economico.
Esempio di coca e pepsi, stime econometriche stimano la domanda pari a:
𝑃𝑒𝑟 𝑙𝑎 𝐶𝑜𝑐𝑎 𝐶𝑜𝑙𝑎: 𝑄𝐶 = 63,42 − 3,98𝑃𝐶 + 2,25𝑃𝑃 𝑐𝑜𝑛 𝐶𝑀𝑔 = 4,96
𝑃𝑒𝑟 𝑙𝑎 𝑃𝑒𝑝𝑠𝑖: 𝑄𝑃 = 49,52 − 5,48𝑃𝑃 + 1,40𝑃𝐶 𝑐𝑜𝑛 𝐶𝑀𝑔 = 3,96
L’elasticità incrociata della domanda è positiva per i due beni
Ci sono almeno due modelli per ottenere i prezzi:
𝜋𝐶 = (𝑃𝐶 − 4,96)(63,42 − 3,98𝑃𝐶 + 2,25𝑃𝑃 )
𝜋𝑃 = (𝑃𝑃 − 3,96)(49,52 − 5,48𝑃𝑃 + 1,40𝑃𝐶 )
Deriviamo le due funzioni di profitto per i prezzi e uguagliamo a zero la derivata, così facendo abbiamo un sistema di
due condizioni del primo ordine che risolvo ottenendo il prezzo di equilibrio oppure graficamente dall’intersezione
delle due curve di reazione.
Altro metodo è uguagliare CMg e RMg riorganizzando le funzioni di domanda per calcolare RMg. Risolvo per le quantità
e ottengo l’equilibrio.
Le condizioni del primo ordine ricavate sono le funzioni di reazione delle imprese; indicano quale è il prezzo ottimale
dell’impresa in funzione di un prezzo atteso fissato dalla rivale. Sono entrambe positivamente inclinate.
𝑃𝐶 = 10,44 + 0,2826𝑃𝑃 𝑒 𝑃𝑃 = 6,49 + 0,1277𝑃𝐶
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𝑡 è anche la misura di disutilità sopportata dal consumatore quando acquista una varietà diversa dalla preferita,
dunque è una misura delle preferenze e del grado di differenziazione dal lato della domanda. La differenziazione è la
chiave per ridurre la pressione competitiva di due imprese che competono sul prezzo: quando 𝑡 è più grande la
competizione si attenua; quando 𝑡 è piccolo la competizione è più accesa.
Posso avere una situazione con prezzi fissati esogenamente, nella quale le imprese devono scegliere dove andarsi a
localizzare. Possiamo dimostrare che in un modello di questo genere le imprese tendono a localizzarsi al centro una
accanto all’altra.
Ciascuna impresa ha incentivo a servire la quota più grande del mercato, se considero un’altra localizzazione il rivale
si posiziona in modo da servire una quota maggiore del mercato e a sua volta impresa si sposterà sempre con lo stesso
obiettivo. L’unica coppia di localizzazioni di equilibrio è quella centrale poiché non si ha più incentivo a modificare la
localizzazione, dato che si serve la quota maggiore possibile.
In realtà dato che le imprese scelgono la varietà e il prezzo, possiamo dimostrare che non esiste equilibrio di Nash; ma
se consideriamo le due come scelte sequenziali (più ragionevole), allora riotteniamo il risultato di tendere a localizzarsi
distantemente per ridurre omogeneità.
Osservazione: abbiamo visto che in Cournot e Bertrand le funzioni di reazioni hanno inclinazioni diverse.
- Negativa per Cournot: più alta è la quantità attesa, minore è quella che produco
- Positiva per Bertrand: il livello ottimale del prezzo è funzione crescente del prezzo atteso
Se le funzioni sono negativamente inclinate le variabili che formano oggetto di concorrenza tra le imprese sono detti
sostituti strategici viceversa sono detti complementi strategici.
Esempio: imprese che competono su qualità del prodotto, la variabile sulla quale le imprese competono costituisce un
complemento strategico. Si ha una tendenza all’aumento di qualità come risposta alla scelta del rivale.
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Sappiamo che la funzione di reazione del leader è quella derivata in Cournot abbiamo però un problema: il livello di
output prodotto non è quello ottimale dato dall’intersezione tra le funzioni di reazione. Non c’è equilibrio di Nash tra
𝐴 − 𝑐/4𝑏 e 𝐴 − 𝑐/2𝑏, ma perché è un equilibrio? Perché abbiamo postulato che il leader non possa modificare il
livello di output una volta che è stato scelto. Se abbandoniamo questo postulato l’equilibrio risultante è quello di
Cournot.
Concludendo:
- Chi muove per primo, ipotizzando che sia in grado di vincolarsi al livello di output, è in grado di sfruttare una
posizione di vantaggio con maggiore quantità e profitti.
- In Stackelberg c’è maggiore concorrenza e quindi i profitti aggregati sono inferiori a quelli di Cournot.
Come fa l’impresa leader a vincolarsi al livello di output?
- Costruendosi una reputazione di impresa aggressiva che sceglie quella quantità perché sa che altrimenti
perderebbe profitti
- Investendo in capacità produttiva addizionale
- Sottoscrivendo impegni contrattuali per rendere irreversibile la scelta fatta dagli acquirenti
Essere leader è sempre vantaggioso? No se consideriamo una competizione sui prezzi.
Ipotesi di un mercato con imprese simmetriche e beni omogenei, nel quale il leader fissa un prezzo maggiore ai CMg
mentre il follower ne fissa uno inferiore, sottraendo tutti i profitti del first mover. Se leader fissasse un prezzo pari ai
CMg prevede la contromossa del follower ma si torna alla situazione del gioco simultaneo. Non c’è dunque vantaggio
della prima mossa per il leader.
Supponiamo una differenziazione tra i prodotti che in Bertrand faceva cadere l’ipotesi di azzeramento dei profitti.
Con prodotti differenziati, il follower che fissa un prezzo inferiore non sposta tutte le preferenze dei consumatori.
Come nel modello spaziale assumiamo che esistano due imprese ma ora l’impresa leader può stabilire prezzo per
prima vincolandosi ad esso.
Conosciamo le funzioni di domanda delle imprese:
𝑁(𝑝2 − 𝑝1 + 𝑡) 𝑁(𝑝1 − 𝑝2 + 𝑡)
𝐷1 (𝑝1 , 𝑝2 ) = 𝑒 𝐷2 (𝑝1 , 𝑝2 ) =
2𝑡 2𝑡
Il leader, conoscendo la funzione di reazione del follower, incorpora le informazioni e sostituisce 𝑝2∗ a 𝑝2
𝑝1 + 𝑐 + 𝑡 𝑁(𝑐 + 3𝑡 − 𝑝1 )
𝑝2∗ = → 𝐷1 (𝑝1 , 𝑝2∗ ) =
2 4𝑡
𝑁(𝑝1 − 𝑐)(𝑐 + 3𝑡 − 𝑝1 ) 𝛿𝜋1 𝑁(2𝑐 + 3𝑡 − 2𝑝1 ) 3𝑡
𝜋1 = → = → 𝑝1∗ = 𝑐 +
4𝑡 𝛿𝑝1 4𝑡 2
Sostituendo nella funzione di reazione del follower:
∗
𝑝1∗ + 𝑐 + 𝑡 5𝑡
𝑝2 = =𝑐+
2 4
I prezzi sono maggiori rispetto al gioco simultaneo 𝑝∗ = 𝑐 + 𝑡
Il leader fissa un prezzo maggiore rispetto al follower e ha dunque una quota di mercato minore.
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3𝑡 5𝑡 3
𝑐+ + 𝑡𝑥 𝑚 = 𝑐 + + 𝑡(1 − 𝑥 𝑚 ) → 𝑥 𝑚 =
2 4 8
18𝑁𝑡 25𝑁𝑡
𝜋1 = 𝑒 𝜋2 =
32 32
Non c’è il vantaggio di prima mossa, ma la competizione di prezzo avvantaggia il second mover in quanto i profitti sono
maggiori per il follower.
Ritorniamo sul tema della credibilità delle mosse, permette a chi li ascolta di sapere che quanto dichiarato rispecchia
la realtà. In generale dobbiamo porci il problema di come la credibilità influenzi i vantaggi.
Quando abbiamo una concorrenza sulle quantità il fatto di avere ordine delle mosse consente al first mover di ottenere
vantaggio nella misura in cui l’impresa è in grado di alterare irrevocabilmente le condizioni nelle quali la competizione
si svolge. La concorrenza è irrevocabilmente modificata rispetto al caso di Cournot, perché per ipotesi l’impresa leader
è in grado di scegliere uno qualsiasi dei punti della funzione di reazione del follower.
In quali condizioni il leader è in grado di modificare le condizioni nelle quali la concorrenza si svolge?
Consideriamo un caso generale di gioco dinamico e analizziamo l’importanza dell’impegno irrevocabile. Semplice
esempio di due imprese:
- Novasoft sceglie per prima se entrare o meno sul mercato
- Megasoft è un incumbent e può scegliere se ostacolare o accomodare l’entrata di Novasoft
Megasoft
Ostacolare Accettare
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Se Megasoft minaccia di ostacolare l’entrata con payoff 0, 0, Novasoft sa però che la minaccia non è credibile dato che
l’ostacolare non è una risposta ottima all’entrata di Novasoft. L’accomodare ha payoff 2, 2.
Il problema deriva dal fatto che il gioco è giocato una sola volta, se così non fosse l’equilibrio potrebbe essere diverso.
Se il gioco continua Megasoft potrebbe rendere effettiva la minaccia, perdendo payoff ma è un investimento poiché
rende l’entrata di altre imprese in altri frangenti meno probabile.
Immaginiamo che esista un numero finito di mercati e che i giochi si realizzino in maniera sequenziale. Procediamo
con un’analisi a ritroso, qualsiasi cosa Megasoft abbia scelto nei primi mercati, come si comporterà nell’ultimo
mercato? La situazione strategica sarà la stessa del gioco singolo, accomoderà l’entrata. Nel penultimo Megasoft
continua ad accomodare l’entrata e così via. Risolvendo si ha il paradosso della catena dei negozi, in quanto l’entrata
viene accomodata in tutti i mercati.
Nei casi analizzati però non è considerata l’incertezza sul futuro (informazione imperfetta e incompleta), che
caratterizza i mercati reali; per esempio introducendo un nuovo prodotto non ci conosce la domanda (per esempio i
gusti dei consumatori).
Nei casi analizzati: competizione sulle quantità di Stackelberg + informazione perfetta + impegni credibili -> vantaggio
della prima mossa.
Rimuovendo l’informazione perfetta, analizziamo cosa ne è del vantaggio di muovere per primi quando c’è incertezza
sulla domanda, incertezza tecnologica e quando il bene che l’impresa produce abbisogna di beni complementari
prodotti da soggetti terzi.
La conclusione è che il vantaggio della prima mossa di natura strategica è un vantaggio che può essere eroso dal fatto
che chi muove dopo, muove in condizioni di informazioni sulla domanda e sulla tecnologia migliori rispetto al first
mover. C’è un trade off tra il vantaggio di muovere per primi e il rischio derivante, in quanto chi muove dopo opera in
condizioni di minore incertezza.
Capitolo 11: Prezzo limite e deterrenza all’entrata
I comportamenti strategici dell’impresa finalizzati a ridurre la minaccia competitiva rappresentata da altre imprese,
sono riconducibili a due famiglie:
- Prezzo limite/Strategia deterrente: prezzo sufficientemente basso che l’incumbent pratica allo scopo di
disincentivare l’entrata di nuove imprese
- Prezzo predatorio/Strategia predatoria: prezzo praticato dall’incumbent con finalità di far uscire dal mercato
imprese già presenti.
L’eliminazione dei rivali o la prevenzione dell’entrata sono azioni che l’impresa dominante realizza allo scopo di ridurre
la concorrenza, l’idea di fondo è che questi prezzi siano così bassi non perché rispecchino un vantaggio di costo ma
perché sono tenuti artificialmente bassi per perseguire quell’obiettivo. Dunque investire in R&S per ottenere riduzione
dei costi, non è un’azione predatoria o deterrente.
Caratteristiche dell’entrata:
- L’entrata è molto frequente
- Avviene su piccola scala
- La sopravvivenza però è bassa
- L’entrata è fortemente correlata con l’uscita, più alto è uno e più cresce l’altro
- È difficile dimostrare l’esistenza di azioni predatorie condotte dalle grandi imprese
Intuitivamente: se B entra sul mercato, A abbassa i prezzi dato che la concorrenza è aumentata provocando la
fuoriuscita dell’impresa B; essendoci meno concorrenza i prezzi tendono a salire, tornando dal prezzo di concorrenza
perfetta a quello di monopolio. Questo non è sanzionabile dall’autorità antitrust perché la variazione dei prezzi non
presuppone alcun intento predatorio nell’impresa che ha fissato i prezzi.
Le azioni legali si concentrano sui prezzi predatori perché è più facile individuare la vittima della pratica costretta ad
uscire sul mercato, rispetto al caso dei prezzi deterrenti.
Consideriamo il modello del prezzo limite: come fa l’incumbent a determinarlo?
Il leader che volesse fissarne uno dovrebbe impegnarsi a produrre una quantità di output tale che la curva di domanda
residuale del follower sia tale che il prezzo che verrebbe praticato assicuri profitti non positivi.
Ipotizziamo che incumbent produca 𝑞1 , la curva residuale per l’entrante sarà la domanda meno 𝑞1 . L’obiettivo è fissare
una quantità tale da scoraggiare l’entrata. Ma a 𝑞1 i profitti sono non negativi per il follower il prezzo è maggiore del
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costo medio. È necessario dunque produrre più di 𝑞1 , ipotizziamo 𝑞𝑑 che sposta la curva di domanda residuale più in
basso. In questo modo qualsiasi prezzo per il follower è inferiore al costo medio e nessun livello di output permette di
coprire i costi medi. 𝑞𝑑 quindi è la quantità sufficiente ad impedire l’entrata di una nuova impresa. Il massimo che può
ottenere il follower è profitti azzerati in corrispondenza del punto di tangenza tra domanda residuale e costi medi.
Abbiamo un problema: chi assicura che l’incumbent producendo quella quantità stia massimizzando i profitti? Quanto
è realizzabile la minaccia di produrre 𝑞𝑑 ?
Un possibile meccanismo per rendere la minaccia credibile è installare capacità produttiva prima della produzione, è
necessario però che l’investimento sia costoso e irreversibile perché costituisca un impegno credibile.
Nel modello del prezzo limite dunque la credibilità della minaccia fatta dall’impresa è legata a quanto l’impresa è in
grado di modificare la propria capacità produttiva.
Il modello di Dixit
Consideriamo un gioco in due stadi:
Nel primo stadio l’incumbent installa un livello di capacità produttiva 𝐾1 , ad un costo unitario 𝑟; il costo totale di
installazione è pari a 𝑟 ∗ 𝐾1 . Per ipotesi non è possibile ridurre la capacità produttiva nel secondo periodo, dunque
l’investimento in 𝐾1 è irreversibile.
Nel secondo l’incumbent può produrre fino a 𝐾1 al costo unitario w. I costi totali saranno pari a:
- 𝐶𝑇 = 𝑟 ∗ 𝐾1 + 𝑤 ∗ 𝑞 𝑠𝑒 𝑞 ≤ 𝐾1 → 𝐶𝑀𝑔 = 𝑤
- 𝐶𝑇 = (𝑟 + 𝑤)𝑞 𝑠𝑒 𝑞 > 𝐾1 → 𝐶𝑀𝑔 = 𝑤 + 𝑟
Scegliendo opportunamente 𝐾1 nel primo periodo l’impresa sceglie quale curva di costo marginale presentare al suo
rivale.
L’entrante, se sceglie di entrare sul mercato, deve installare 𝐾2 che costa 𝑟 ∗ 𝐾2 con costo di produzione unitario pari
a 𝑤. I costi marginali sono dati da 𝑤 + 𝑟.
Ipotizziamo la solita domanda di mercato: 𝑃 = 𝐴 − 𝐵(𝑞1 + 𝑞2 )
Se le due imprese entrano giocano alla Cournot, con l’unica differenza che il costo marginale dipende da K.
Analizzando le funzioni di reazione delle imprese, si nota che:
- per livelli inferiori a 𝐾1 l’intercetta della funzione di reazione è più alta
- per 𝐾 = 0 il modello è Cournot standard
Scegliendo 𝐾1 dunque si sceglie la forma della curva di reazione dell’incumbent.
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In Stackelberg l’impresa 1 è in grado di scegliere qualsiasi punto sulla sua curva di reazione, qui è in grado di
determinare l’equilibrio scegliendo la forma della propria curva di reazione. Prima l’output non era credibile dato che
non era nell’intersezione tra curva di reazione cosa che abbiamo in dixit.
Il modello del prezzo limite mostra come un incumbent, vincolandosi a una scelta di output per ragioni postulate,
determina condizioni che possono disincentivare l’entrata di altre imprese sul mercato. Scegliendo accuratamente la
quantità può spingere l’entrante a desistere poiché la coppia prezzo-quantità genera profitti nulli.
Questo modello presenta un problema legato alla credibilità dell’impegno dell’incumbent a produrre quella quantità
𝑞𝑑 e in più non è stato verificato se a quella quantità corrisponde un livello del profitto più alto rispetto ai profitti
derivanti dal giocare alla Cournot. Per discutere di questo problema abbiamo iniziato a trattare del modello in cui
l’incumbent ha la possibilità di investire in capacità produttiva nel periodo precedente a quello in cui si realizza la
concorrenza: il modello di Dixit.
Nel primo stadio l’incumbent installa capacità 𝐾1 e nel secondo stadio produce l’output; per tutti i livelli di output
inferiori a 𝐾1 sostiene solo il costo w, viceversa dovrebbe sostenere 𝑤 + 𝑟. In entrambi i casi l’impresa sostiene un
costo fisso d’entrata. La funzione di costo marginale dell’impresa è dunque:
Scegliendo 𝐾1 l’impresa sceglie il livello di output in corrispondenza del quale c’è la discontinuità, la quale influenza
anche la curva di reazione dell’impresa 1.
I costi del potenziale entrante sono uguali all’incumbent cioè 𝑤 + 𝑟 in quanto la scelta delle imprese avviene
simultaneamente; se decidesse di entrare, sosterrà dei costi fissi d’entrata e le imprese competeranno alla Cournot.
Per induzione a ritroso determiniamo cosa succede nel secondo periodo per individuare cosa accade nel primo.
Le funzioni di reazione sono:
Essendoci dei costi fissi d’entrata l’impresa ha un limite inferiore nella quantità da produrre necessaria per coprire i
costi fissi, se li consideriamo pari a zero il livello minimo è 𝑞 > 0.
L’equilibrio dipende da due discontinuità: 𝐾1 che è una scelta dell’incumbent (endogena) e 𝐹2 cioè il punto in cui i costi
fissi non sono ripagati il quale non è influenzabile dall’impresa follower (esogena).
Rispetto a Stackelberg, nel quale non avevamo una funzione di reazione del leader che si limitava a scegliere l’output
sulla funzione del follower, in questo modello il leader mostra irrevocabilmente la propria funzione di reazione al
potenziale entrante, ipotizzando il livello di produzione irrecuperabile.
Tutti gli equilibri possibili devono essere compresi tra T e V, cioè tra 𝐹2 = 0 e 𝐹2 massimo; non sono possibili equilibri
a destra di V e a sinistra di T perché l’equilibrio sarebbe di Cournot simmetrico.
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𝑉 è la capacità massima in cui incumbent è disposto ad investire, poiché superare quel punto è sprecare denaro dato
che l’intersezione tra le funzioni di reazione non va oltre V.
Scegliendo 𝐾1 l’impresa leader sceglie il punto lungo la funzione di reazione del follower lungo il quale ci sarà Cournot.
C’è o meno deterrenza? Dipende dal punto in cui si realizza la discontinuità della funzione di reazione:
- A destra di V l’entrata non può essere scoraggiata
- Tra T e V l’entrata può essere scoraggiata in quanto per il leader è possibile produrre una quantità idonea alla
non entrata
- A sinistra di T l’entrata non è una minaccia, dunque il leader non deve modificare comportamento da
monopolista.
Supponiamo ora che il follower non entri poiché F2 è elevato e non c’è un output idoneo al pareggio dei costi. Il leader
sceglie M1 che corrisponde ad un equilibrio di Stackelberg e possiamo dire che non andrà mai sotto questo livello
perché l’output minore che il leader produce è quello di monopolio. Se scegliesse un livello inferiore dovrebbe essere
aumentato per raggiungere M1.
Supponiamo che la funzione di reazione dell’entrante sia discontinua in 𝐵𝐿 , l’incumbent sceglie 𝑀1 e c’è deterrenza
all’entrata.
Se la discontinuità è in 𝐵𝑆 , la funzione di reazione dopo 𝐵𝑆 va a zero che è a sinistra di 𝑀1 dunque l’entrata è scoraggiata
continuando a produrre output di monopolio.
Supponiamo che avvenga in 𝐵𝑅 , l’entrata è accomodata perché in Stackelberg l’impresa sceglie sempre la quantità di
monopolio.
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La convenienza a impedire l’entrata dipende dal livello dei costi fissi che l’entrante deve sostenere ma dipende anche
dal vantaggio in termini di costo marginale che l’incumbent ottiene. Stackelberg è un equilibrio perfetto nei sottogiochi
e può risultare un equilibrio in tutti i casi in cui F2 è molto piccolo o molto grande con discontinuità a destra o a sinistra
di S.
Consideriamo il fattore tempo e studiamo l’interesse dell’incumbent a prevenire l’ingresso di entranti producendo in
anticipo rispetto al rivale oppure completando la gamma delle varietà di prodotti.
Consideriamo un mercato nel quale l’incumbent realizza 𝜋 𝑀 e che si aspetta che il mercato raddoppi nel secondo
periodo, rimanendo costante nel tempo a 2𝜋 𝑀 . Per soddisfare l’aumento della domanda si richiede una capacità
addizionale ad un costo pari a F, i profitti risultanti saranno 2𝜋 𝑀 − 𝐹.
La nuova capacità può essere aggiunta nel primo o nel secondo e può essere aggiunta dall’incumbent o dal nuovo
entrante. Senza nessuna minaccia di entrata l’incumbent installa la capacità all’inizio del secondo periodo e il fattore
tempo non ha molto valore.
Con la minaccia d’entrata potrebbe voler installare la capacità in anticipo, consideriamo quindi qual è la scelta nel
primo periodo dell’entrante.
Se entra al periodo 1 realizza un profitto 𝜋 𝐶 + 2𝜋 𝐶 /(1 + 𝑟) − 𝐹 (abbiamo attualizzato per ottenere il valore attuale).
L’entrata al periodo 2 dà all’entrante 2𝜋 𝐶 /(1 + 𝑟) − 𝑅𝐹 (F viene sostenuto nel secondo periodo).
Decide quale dei due in funzione dei profitti. Entra nel secondo periodo se è soddisfatta la seguente condizione:
(1 + 𝑟)𝜋 𝐶 < 𝑟𝐹
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L’incumbent potrebbe non far niente nel primo periodo e guadagnare 2𝜋 𝑐 /(1 + 𝑟), oppure installare capacità
addizionale nel primo periodo causando deterrenza all’entrata con profitti 2𝜋 𝑐 /(1 + 𝑟) − 𝐹.
Se valore attuale dei profitti addizionali provenienti dal mantenimento del monopolio è maggiore dei costi fissi,
installerà capacità in anticipo.
Esempi reali:
- Alcoa aumentò capacità in anticipo rispetto all’aumento della domanda allo scopo di ridurre entrata
- Al banco di Sardegna venne vietata l’apertura di nuovi sportelli poiché l’investimento venne visto con
l’obiettivo di deterrenza
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Nel primo nodo la natura determina se l’incumbent ha costi bassi o elevati; nel secondo l’incumbent deve scegliere se
fissare un prezzo alto o basso; infine nel terzo nodo l’entrante deve decidere se entrare o meno in funzione delle scelte
dell’incumbent. Escludiamo a priori il ramo di scelta prezzi alti nel caso la natura dell’incumbent sia a costi bassi. La
figura rappresenta i profitti dei giocatori in tutte le situazioni.
Per induzione a ritroso risolviamo il gioco partendo dai nodi terminali. Per il momento non consideriamo l’incertezza
e assumiamo che l’entrante nel momento in cui è chiamato a scegliere conosce i costi del incumbent. Siamo in grado
di semplificare il gioco:
- Se l’incumbent ha costi bassi eliminiamo l’entrata dell’entrante
- Se l’incumbent ha costi alti l’entrata si verifica in ogni caso
- Dato che l’incumbent con costi alti sa che l’entrata si verifica in ogni caso, preferisce avere prezzi alti
- Eliminiamo il “rimane fuori” se incumbent ha costi alti ma si spaccia per incumbent a costi bassi.
Ci sono solo due rami a seconda della natura del incumbent costi alti o costi bassi. Il prezzo limite non è dunque un
equilibrio perfetto nei sottogiochi.
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Considerando l’incertezza:
L’entrante non sa se il prezzo è basso artificialmente o meno, dunque i due nodi tratteggiati indicano l’incertezza
dell’entrante. Andando alla ricerca dell’equilibrio perfetto nei sottogiochi per induzione a ritroso non siamo in grado
di eliminare con certezza rami decisionali. Sappiamo però che l’incumbent con costi elevati ha incentivo a far finta di
avere costi bassi e lo sa anche l’entrante, quindi osservare il prezzo non è sufficiente a dissuadere l’entrata in quanto
non è un segnale fedele dei costi. Per l’entrante è rilevante la probabilità che i prezzi bassi indichino costi bassi: è
possibile calcolare un valore soglia di probabilità al di sotto del quale farebbe meglio a non entrare.
Se incumbent pratica prezzi bassi nel primo periodo, i profitti dell’entrante sono:
- 20 con probabilità 1-P se incumbent ha costi elevati
- -20 con probabilità P se incumbent ha costi bassi
- I profitti attesi sono dunque 20(1 − 𝑃) − 20𝑃 = 20 − 40𝑃
Se osserva un prezzo basso entra o meno? Dato che se rimane fuori i profitti sono zero, dobbiamo risolvere per P la
disequazione: 20 − 40𝑃 > 0 → 𝑃 > 1/2
Nel nostro esempio esiste una probabilità alta che l’incumbent abbia costi bassi tale da indurre l’entrante a restare
fuori. Nel momento in cui incumbent si aspetta che la finzione dei prezzi bassi sarà efficace, ha incentivo ad adottare
il prezzo limite.
Se la probabilità fosse maggiore di 1/2 il profitto atteso dell’entrante è maggiore del non entrare, dunque l’incumbent
fissa un prezzo basso che non corrisponde alla sua natura perché sa che questo scoraggia l’entrata nel II periodo.
Il modello dimostra che il potere di monopolio persiste anche a costi elevati per l’incumbent: mentre nel gioco senza
l’asimmetria informativa l’incumbent con costi elevati non riesce a impedire l’entrata; nel gioco con l’incertezza questa
fa sì che, a certe condizioni di probabilità sufficientemente alte, l’entrante decida di non entrare anche se l’incumbent
ha costi alti.
Abbiamo recuperato dunque il concetto di prezzo limite come equilibrio perfetto nei sottogiochi, ma solo se
introduciamo l’asimmetrica informativa.
Se la probabilità di un prezzo basso è associata a una probabilità di avere costi bassi e se la probabilità è alta, per
l’entrante è meglio non entrare; al contrario, l’entrata avviene solo se la probabilità che l’incumbent abbia costi elevati
tenda a uno. Dunque entranti efficienti spingono fuori dal mercato incumbent meno efficienti.
Un’altra modalità attraverso la quale possiamo razionalizzare l’equilibrio alla Stackelberg è immaginare che il leader
sia in grado di sottoscrivere contratti con clienti, precedentemente all’entrata dell’entrante, con i quali si obbliga a
vendere una certa quantità di prodotti. Al primo stadio dunque non decide solo la quantità da produrre ma anche i
contratti che vincolano i clienti, questo permette di ottenere un vantaggio strategico.
Ma ai clienti conviene firmare questi contratti prima che si realizzi l’entrata della seconda impresa?
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Essendo il prezzo in Cournot più basso di quello in Stackelberg, è irrazionale sottoscrivere contratti con un leader di
Stackelberg. L’acquirente non può essere obbligato a firmare un contratto contro propri interessi; l’unico modo è
garantire ai consumatori una parte del surplus derivante dalla non entrata del rivale.
Esempio:
L’acquirente è disposto a pagare 100 per un bene, l’incumbent ha un costo pari a 50 e l’entrante ha costi 𝑐 distribuiti
tra 0 e 100 con probabilità uniforme: la probabilità che il costo dell’entrante sia inferiore uguale a 50 è di 0.5.
Il contratto viene redatto nel primo periodo ma si riferisce al secondo periodo e il prezzo deve rendere conveniente
sottoscrivere assicurando un profitto maggiore di Cournot. Dopo l’entrata la competizione è alla Bertrand.
Consideriamo la situazione senza il contratto:
- Incumbent pratica un prezzo pari a 100 uguale al prezzo di riserva dell’acquirente
- L’entrata avviene solo se i costi dell’entrante sono inferiori a 50, altrimenti tutto il mercato viene servito
dall’incumbent
- La competizione implica che l’entrante non pratichi un prezzo superiore a 50
- In questo scenario il prezzo atteso dal cliente è 1/2 ∗ 100 + 1/2 ∗ 50 = 75 che assicura un surplus di 25.
25 è il livello minimo di surplus che incumbent deve assicurare con il contratto, pena la non sottoscrizione.
L’incumbent può offrire un contratto che renda l’entrata meno probabile?
Consideriamo il seguente contratto: prezzo pari a 75 (vincolo di partecipazione soddisfatto, poiché non inferiore alla
situazione senza siglare il contratto) e acquirente acquista dall’incumbent a meno che non paghi una penale di 50€.
L’entrante, per soddisfare il vincolo di partecipazione, non può far pagare più di 25 al compratore per via della penale,
in quanto il prezzo più la penale non può superare 75. Questo si verifica con una probabilità del 25% (1/4 delle volte),
cioè solo quando i costi dell’entrante sono inferiori a 25.
Per quanto riguarda l’acquirente: onora il contratto ¾ delle volte e ¼ delle volte paga la penale acquistando
dall’entrante.
Verifichiamo se l’incumbent ha interesse ad offrire il contratto:
- Senza contratto vince la competizione ½ delle volte, cioè se il costo dell’entrante è maggiore di 50, vendendo
a 100 con costi di 50 e profitto atteso di 25.
- Con il contrato ¾ delle volte vince la competizione nel secondo periodo, vendendo a P=75 e pagando costi pari
a 50 con profitti attesi 0.75*25=18,75. ¼ delle volte però riceve la penale non subendo costi e i profitti attesi
saranno 0.25*50=12.50.
Complessivamente i profitti attesi con il contratto sono maggiori rispetto all’assenza di contratto (31.25 > 25), dunque
l’incumbent preferisce proporre il contratto inoltre: rende meno probabile l’entrata dato che senza contratto
l’entrante entra se ha costi inferiori a 50, con il contratto se il costo è inferiore a 25; il surplus del consumatore è lo
stesso con o senza contratto.
Il contratto viene offerto ma è inefficiente, poiché il guadagno netto per l’incumbent (31.2 – 25=6.25) è inferiore della
riduzione del surplus dell’entrante:
- Surplus entrante senza contratto: (50 − 25) ∗ ½ = 12.50
- Surplus entrante con contratto: (25 − 12.5) ∗ ¼ = 3.13
∆𝑠𝑢𝑟𝑝𝑙𝑢𝑠 = 12.5 − 3.13 = 9.37
9.37 > 6.25
Si riduce l’efficienza del mercato.
Evidenza empirica
L’esistenza di un prezzo predatorio è difficile da dimostrare, anche perché non è un’azione dominante per l’incumbent.
La difficoltà consiste nel fatto che non è facile distinguere un prezzo predatorio da un prezzo più basso determinato
da efficienza di costo.
Bisogna individuare degli standard che consentano di individuare il prezzo predatorio: allo scopo sono stati stabiliti
due requisiti per procedere all’incriminazione:
- Un costo molto basso rispetto ai costi è indicativo di una politica predatoria con l’unico scopo di far uscire
dal mercato i competitor
- Acquisire delle prove che confermino che l’impresa che realizza la politica predatoria possa recuperare le
perdite subite in quel periodo, dunque una prova di razionalità della scelta.
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Il problema è che le regole non permettono di distinguere tra una politica predatoria e una concorrenziale, dunque
sono state proposte delle regole ancora utilizzate: se il prezzo predatorio è inferiore al costo medio variabile di breve
periodo è indice di predazione (Areeda – Turner).
Si parla di CMe variabili poiché per l’antitrust possono essere più facilmente individuabili dal bilancio, a differenza dei
costi marginali. L’idea è che il CMe variabile approssimi il costo marginale, ma sappiamo che potrebbe essere di molto
inferiore al costo marginale, questo dipende dalla forma del CMe: l’approssimazione è adeguata se i costi marginali
fossero costanti, ma all’aumentare delle economie di apprendimento il CMe tende a scendere grazie all’ottimizzazione
dei fattori della produzione.
Capitolo 13: Collusione e giochi ripetuti
Cartelli: accordi organizzati da due o più imprese volti a ridurre o annullare la concorrenza tra imprese, perché
sappiamo che produce effetto negativo sui profitti. Gli accordi collusivi dunque tendono a restringere l’output
prodotto allo scopo di mantenere i prezzi alti.
Obiettivo dell’accordo collusivo è la massimizzazione dei profitti congiunti, situazione diversa dall’oligopolio dove
ciascuna impresa massimizza il proprio profitto. In generale se le due imprese sono identiche l’output che massimizza
i profitti è quello di monopolio; se hanno costi diversi la suddivisione dell’output non corrisponde necessariamente a
quella del monopolista. Bisogna solo scegliere accuratamente 𝑞1 e 𝑞2 in modo da massimizzare la loro somma.
Problema: il cartello è vietato dalla legge in tutte le economie moderne e sono sanzionabili, tranne che in alcuni casi
espliciti come l’OPEC. Dovendo operare in maniera clandestina non è possibile sottoscrivere un contratto tra le due
imprese, dunque eventuali deviazioni dall’accordo non possono essere sanzionate dalla legge. Questa caratteristica è
la causa dell’instabilità, è quindi necessario raggiungere la stabilità attraverso sistemi diversi da quelli legali.
I cartelli sono difficili da dimostrare ma se dimostrati le multe sono molto elevate e sono una funzione crescente della
dimensione del cartello, della quota di mercato controllata dal cartello e della quota di mercato delle singole imprese.
I cartelli esistono e sebbene siano illegali, le imprese infrangono la legge perché permettono alle imprese di smettere
di farsi concorrenza; il problema è in che modo i cartelli possono essere sostenuti, data la loro instabilità?
L’output totale ripartito tra le due imprese non è una risposta ottima alla scelta dell’altra impresa, ognuna vorrebbe
produrre di più tendendo all’output di monopolio allo scopo di aumentare i profitti: forte incentivo a deviare
dall’accordo di cartello.
𝜋 𝐶𝑜𝑢𝑟𝑡𝑜𝑛 < 𝜋 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑢𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 < 𝜋 𝐷𝑒𝑣𝑖𝑎𝑛𝑡𝑒
L’accordo di cartello non è un equilibrio di Nash perché le scelte non sono risposte ottime alle scelte del rivale; è però
un esito del gioco che domina in senso paretiano l’equilibrio di Nash poiché entrambe le imprese realizzano profitti
maggiori.
Esempio: due imprese simmetriche alla Cournot che sostengono CMg costanti pari a 30, con domanda uguale a 𝑃 =
150 − 𝑄 dove 𝑄 = 𝑞1 + 𝑞2
𝜋1 = 𝑞1 (𝑃 − 𝑐) = 𝑞1 (150 − 𝑞1 − 𝑞2 − 30) = 𝑞1 (120 − 𝑞1 − 𝑞2 )
Per massimizzare bisogna derivare rispetto alle due quantità per ottenere le funzioni di reazione:
𝑞2 𝑞1
𝑄1∗ = 60 − 𝑒 𝑄2∗ = 60 −
2 2
𝑄1∗ = 𝑄2∗ = 40 𝑒 𝑃 ∗ = 70.
𝜋 𝐶𝑜𝑢𝑟𝑛𝑜𝑡 = (70 − 30)40 = 1600
Attraverso il cartello l’output totale di 60 è ripartito in due, il prezzo è pari 90 con profitti per ciascuna impresa uguali
a 1800.
C’è però incentivo a deviare, poiché 30 non è risposta ottimale alla scelta di produrre 30 dall’altra impresa. Se andiamo
a sostituire nelle funzioni di reazione, la risposta ottima a 30 è 45 con prezzo di 75, in questo modo:
- 𝜋 𝑑𝑒𝑣 = (75 − 30)45 = 2025
- 𝜋 𝑐𝑜𝑙𝑙 = (73 − 30)30 = 1350
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(D, D) è l’unico equilibrio di Nash, ma dato che defezionare assicura un payoff sempre più alto è un equilibrio in azioni
dominanti.
È possibile trasformare (M, M) in un equilibrio di Nash? Per farlo bisogna considerare il gioco ripetuto un numero n di
volte, in questo caso è importate distinguere tra giochi ripetuti un numero finito di volte e giochi ripetuti un numero
indefinito/infinito di volte.
Se la concorrenza avviene nel tempo emerge possibilità di punire il comportamento deviante e di premiare il rispetto
delle condizioni.
Giochi a ripetizioni finite: il numero delle ripetizioni è conosciuto in anticipo dalle imprese e c’è la possibilità di adottare
una strategia premio/punizione detta anche tit for tat. Le ripetizioni possono essere finite per una serie di ragioni per
esempio le risorse non sono rinnovabili o i brevetti scadono dopo un certo numero di anni.
Consideriamo la strategia dell’impresa 1 che adotti il tit for tat, cioè sceglie di cooperare come prima mossa e come
seconda di cooperare solo se l’altra ha cooperato.
La strategia non è d’equilibrio poiché la promessa non è credibile: all’ultimo stadio cooperare non è un’azione Nash e
non definisce un equilibrio perfetto nei sottogiochi. L’impresa 2, anticipando la mossa del secondo periodo, ha
incentivo a defezionare per prima. Il risultato è lo stesso per ogni numero di ripetizioni.
Questo risultato è un’applicazione del teorema di Selten: se abbiamo un gioco ripetuto una sola volta con un unico
equilibrio, questo equilibrio è anche l’equilibrio del gioco ripetuto n volte. Questo teorema è valido se esiste un unico
equilibrio e se il gioco viene ripetuto un n finito di volte. Dunque in ogni stadio in cui viene ripetuto il gioco l’equilibrio
è Cournot.
Consideriamo cosa accade se il gioco viene ripetuto su orizzonte temporale infinito o indefinito, in questo caso non
siamo in grado di definire uno stato finale a partire dal quale, per induzione a ritroso, determinare l’equilibrio. Allora
il cartello potrebbe continuare indefinitamente, con una probabilità maggiore di zero che il gioco si ripeta alla fine di
ogni ripetizione. Si può inoltre premiare o punire credibilmente i comportamenti.
Supponiamo che i profitti netti siano indicati con 𝜋𝑡 e che R sia il fattore di sconto uguale a (1 + 𝑟)−1. Indichiamo la
probabilità che nel prossimo periodo il gioco continui con ρ.
Il valore attuale dei profitti, valutati al fattore di sconto aggiustato per la probabilità, è:
𝑉(𝜋𝑡 ) = 𝜋0 + 𝑅𝜌𝜋1 + 𝑅2 𝜌2 𝜋2 + ⋯ + 𝑅𝑡 𝜌𝑡 𝜋𝑡 + ⋯
Consideriamo un gioco che continui indefinitamente, al quale si applica una strategia con l’obiettivo di ottenere in
equilibrio la collusione. Si coopera finché tutti hanno cooperano nel precedente periodo oppure si devia se c’è stata
una deviazione.
Per esempio, se nel periodo 1 l’output è 30, nei periodi successivi si continua a produrre 30 se in quelli precedenti non
c’è stata deviazione; altrimenti si produce 40 deviando nel periodo attuale e in ogni periodo seguente.
I profitti attesi dalla partecipazione sono:
1800
𝑉 𝐶 = 1800 + 1800𝑅𝜌 + 1800𝑅2 𝜌2 + ⋯ 𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑒𝑛𝑑𝑒 𝑎
1 − 𝑅𝜌
I profitti attesi dalla deviazione sono:
1600𝑅𝜌
𝑉 𝐷 = 2025 + 1600𝑅𝜌 + 1600𝑅2 𝜌2 + ⋯ 𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑒𝑛𝑑𝑒 𝑎 2025 +
1 − 𝑅𝜌
Partecipare è meglio di deviare se 𝑉 𝐶 > 𝑉 𝐷 , ciò richiede che:
1800 1600𝑅𝜌
> 2025 + ; R𝜌 > 0.529
1 − 𝑅𝜌 1 − 𝑅𝜌
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Ogni punto del triangolo è un potenziale equilibrio del gioco ripetuto: questo risultato è importante perché anche
forme imperfette di cartelli possono essere equilibri.
Capitolo 14 La collusione: come identificarla e contrastarla
Il problema strutturale dell’accordo collusivo è l’instabilità, non contrastabile legalmente, legata a una motivazione di
carattere strategico: la risposta ottimale di uno dei partecipanti alla scelta dell’altro è la deviazione, con produzione di
un livello di output superiore a quello dell’accordo.
Una soluzione possibile all’instabilità è data dalla ripetizione del gioco un numero infinito o indefinito di volte, qui è
possibile con semplici strategie sostenere un qualsiasi livello di cooperazione come equilibrio perfetto nei sottogiochi
di un gioco non cooperativo.
La collusione è difficile da identificare: le autorità non dispongono di informazioni dettagliate sui costi, possono fare
solo un’inferenza sul comportamento. Questa inferenza deve poi sostenere la prova del giudizio, un processo di tipo
amministrativo.
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Dove è più probabile la collusione? Sappiamo che la cooperazione è necessaria per sostenere il cartello ma è difficile
da raggiungere, in un mercato popolato da molte imprese di piccole dimensioni è difficile sostenere un cartello rispetto
ad un duopolio.
Esempio: due duopolisti con costi differenti
Nel grafico rappresentiamo i livelli dei profitti dei due duopolisti e il profitto totale. La curva inclinata negativamente
è la frontiera delle possibilità di profitto, tramite la quale si può risalire, dato un certo livello di output di un’impresa,
al profitto massimo dell’altra; è inclinata negativamente perché i profitti delle due imprese sono inversamente
proporzionali. M è il punto di massimo dove si ha la massimizzazione del profitto congiunto. Se i costi delle imprese
fossero uguali la frontiera coinciderebbe con la retta 𝜋𝑚 , 𝜋𝑚 .
Consideriamo un equilibrio non collusivo, cioè una competizione alla Cournot; il punto C di equilibrio giace sotto la
frontiera perché non è collusivo. La collusione in M non è fattibile, poiché in M l’impresa due realizza un prodotto
inferiore di C. Per permettere la collusione è necessario prevedere un trasferimento di moneta tra le imprese: la quota
di extraprofitto in M dell’impresa 1 può essere utilizzata per ricompensare l’impresa 2 dato che entrambe le imprese
ci guadagnano. Introducendo la possibilità di trasferire moneta da 1 a 2, è possibile a partire da C raggiungere un punto
di equilibrio compreso tra E e D; in assenza dei pagamenti, a partire da C, è possibile trovare accordo collusivo che
sposti l’equilibrio in un punto tra A e B. La rappresentazione ci mostra come il set degli equilibri collusivi si restringe.
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- Similarità nei costi di produzione: se le imprese condividono tecnologie simili è più facile ottenere un accordo, in
quanto non è necessario il trasferimento di denaro. I trasferimenti sono costosi perché sono connessi ad accordi
illegali. Simili costi di produzione aiutano a risolvere dunque ambiguità circa il comportamento delle imprese
aderenti.
- Assenza di significativa differenziazione di prodotto: contesto più semplice poiché non bisogna concordare prezzi
e quote per ciascuna varietà di prodotto
- Basso costo di mantenimento dell’accordo: le imprese utilizzano vari meccanismi, apparentemente legali,
finalizzati al mantenimento dell’accordo:
o Clausola del cliente più favorito: sembra perseguire intento concorrenziale ma serve a mantenere l’accordo
collusivo, garantendo rimborsi se i clienti trovano prezzi più bassi altrove.
o Clausola “rispondere alla concorrenza”: garantire il prezzo più basso del mercato, queste clausole
permettono di ridurre la tentazione di deviare
Esempio:
Impresa 2
Prezzo
Prezzo alto
basso
Prezzo alto 12, 12 5, 14
Impresa 1
Prezzo
14, 5 6, 6
basso
Sempre la stessa situazione del dilemma del prigioniero con unico equilibrio Nash in 6, 6, pareto dominato dall’altro
esito del gioco che è l’accordo collusivo anche se non Nash.
Introduciamo la possibilità che le imprese utilizzino la clausola “rispondere alla concorrenza”: questo elimina gli
equilibri devianti.
L’impresa 1, in assenza della clausola, deviando genera profitti maggiori; con l’utilizzo della clausola però l’impresa 1
sa che la deviazione porta a Cournot, poiché scegliendo prezzo basso determina il prezzo dell’altra. Dovendo scegliere,
le imprese preferiranno tenere prezzi alti, dunque l’unico equilibrio di Nash è alto, alto.
La clausola tende a rendere più facile l’accordo collusivo anziché garantire la concorrenza, dato che disincentiva a
praticare prezzi più bassi e riduce la pressione competitiva.
Altri fattori facilitanti:
- Frequenza dell’interazione sul mercato: aumenta l’efficacia delle trigger strategy, le quali puniscono nell’esercizio
successivo il comportamento deviante dell’esercizio precedente. Se i due stadi del gioco sono separati da intervallo
di tempo di durata T (numero di anni, mesi ecc..), allora deviando nello stadio corrente l’impresa deviante realizza
un profitto più alto. La trigger strategy punisce nello stadio successivo portando le imprese a un profitto di Cournot.
Se T tende a infinito, il valore attuale della punizione tende a zero. Il fattore di sconto ponderato per la probabilità
tende a 1 se il gioco non è frequente e viceversa 0 se frequente.
- Stabilità del mercato: fluttuazioni nel livello della domanda determinato fluttuazioni nelle quantità e nei prezzi; si
pone dunque il problema di distinguere le fluttuazioni determinate da deviazioni dell’accordo o dalla modifica del
livello della domanda. Se è il mercato è stabile, è facile distinguere la deviazione, in quanto la variazione è
sintomatica di deviazione, ciò permette alle imprese di punire negli stadi successivi le imprese devianti. Questo
può essere anche un indicatore di cartelli per le autorità antitrust, poiché in mercati stabili l’accordo si realizza più
facilmente.
Individuare la collusione è molto difficile, molti dei cartelli sono stati scoperti grazie a delle spie in possesso di
informazioni. Per i membri di un cartello è possibile nasconderlo facendo apparire l’equilibrio come un equilibrio
competitivo di Cournot, piuttosto che di cartello.
Teorema dell’indistinguibilità: si illustra con il modello di Cournot
Poniamo in M l’accordo collusivo e cerchiamo di capire come possono le imprese giustificarlo rappresentandolo come
un esito di Cournot normale; a questo scopo, in M dovrebbero intersecarsi le funzioni di reazione.
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Per convincere le autorità, le imprese millantano costi più elevati e questo permette alle funzioni di reazione di
abbassarsi e intersecarsi in M. In questa situazione gli equilibri C ed M non sono più distinguibili in quanto l’osservatore
esterno non ha informazioni sui costi delle imprese.
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a pagare da parte dei consumatori per ogni livello di output. La pubblicità serve ad aumentare la disponibilità a pagare
dei consumatori.
Un’altra funzione potrebbe essere quella di differenziare il prodotto dell’impresa che fa pubblicità agli occhi del
consumatore, rispetto a quello dei concorrenti; questo permette di ridurre la pressione competitiva dovuta dalla
concorrenza di prezzo.
Essendo molto costosa, l’impresa la utilizza allo scopo di avere profitti più elevati nel futuro, si parla dunque di
investimento pubblicitario.
Per comprendere il rapporto tra potere di mercato e investimento pubblicitario, ipotizziamo che un’impresa affronti
una domanda inclinata negativamente che dipende dalla quantità di denaro investita in pubblicità (α).
𝑃 = 𝑃(𝑄, 𝛼)
La massimizzazione dei profitti implica l’uguaglianza tra CMg e RMg:
𝛿𝑃(𝑄 ∗ , 𝛼 ) ∗
𝑅𝑀𝑔(𝑄∗ , 𝛼 ) = 𝑃(𝑄 ∗ , 𝛼 ) + 𝑄 = 𝐶𝑀𝑔
𝛿𝑄
Notiamo che il prezzo dipende da α.
La condizione può essere rappresentata attraverso l’indice di Lerner, dove η p è l’elasticità della domanda rispetto al
prezzo:
𝑃 ∗ − 𝐶𝑀𝑔 1
∗
=
𝑃 𝜂𝑃
Dobbiamo determinare il livello ottimale di α, per ogni livello di output la pubblicità aumenta il prezzo.
𝛿𝑃 (𝑄, 𝛼 )
>0
𝛿𝛼
Se il segno della derivata fosse negativo il livello ottimale di α sarebbe 0 perché investire in pubblicità non porterebbe
a vantaggi.
I ricavi aumentano di un numero di volte pari all’incremento di prezzo moltiplicato per Q e la massimizzazione dei
profitti richiede che i RMg ottenuti dall’aumento della spesa pubblicitaria si uguaglino ai CMg della pubblicità (T) al
livello ottimo di pubblicità α*.
𝛿𝑃(𝑄, 𝛼 ∗ )
𝑄=𝑇
𝛿𝛼
Moltiplicando per α*/P* e dividendo per Q*:
𝛼 ∗ 𝛿𝑃(𝑄∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛼 ∗ 𝑇 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑎
= ∗ =
𝑃∗ 𝛿𝛼 𝑃 𝑄 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑒
Riscriviamo il termine:
𝛿𝑃(𝑄∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛿𝑃(𝑄∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛿𝑄
=
𝛿𝛼 𝛿𝑄 𝛿𝛼
E sostituiamo:
𝛼 ∗ 𝛿𝑃(𝑄 ∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛿𝑄 𝛼 ∗ 𝑇
=
𝑃∗ 𝛿𝑄 𝛿𝛼 𝑃 ∗ 𝑄
Moltiplichiamo per Q*/Q*:
𝛼 ∗ 𝛿𝑃(𝑄 ∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛿𝑄 𝑄∗ 𝛼 ∗ 𝑇
=
𝑃∗ 𝛿𝑄 𝛿𝛼 𝑄∗ 𝑃 ∗ 𝑄
𝛼 ∗ 1 𝛿𝑄 𝛼 ∗ 𝑇
=
𝑄 ∗ 𝜂𝑝 𝛿𝛼 𝑃 ∗ 𝑄
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Inoltre l’elasticità della domanda rispetto alla pubblicità possiamo definirla come:
𝛿𝑄/𝑄 𝛼 𝛿𝑄
𝜂𝐴 = =
𝛿𝛼/𝛼 𝑄 𝛿𝛼
Possiamo riscrivere:
𝛼 ∗ 𝑇 𝛼 ∗ 1 𝛿𝑄 𝜂𝐴 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡à
= = =
𝑃 ∗ 𝑄 𝑄∗ 𝜂𝑝 𝛿𝛼 𝜂𝑃 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑒
Viene fuori che il rapporto tra spesa pubblicitaria e volume delle vendite deve essere uguale al rapporto tra l’elasticità
della domanda rispetto alla pubblicità e l’elasticità della domanda rispetto al prezzo Condizione di Dorfman-Steiner
Il rapporto tra spesa pubblicità e ricavi totali cresce al crescere di ηA e al diminuire di ηP.
La condizione Dorfman-Steiner aiuta ad identificare la relazione tra il potere di mercato e la spesa pubblicitaria.
Consideriamo un mercato con ηP molto alta, la curva di domanda è progressivamente più piatta all’aumentare
dell’elasticità. Un’impresa che agisce su questo mercato concorrenziale deve azzerare gli investimenti pubblicitari;
inoltre, essendo P=CMg, aumentare il volume delle vendite non produce effetti sui margini di profitto dell’impresa
dato che per ogni unità in più riceve sempre P=CMg.
Essendo:
1 𝑃 − 𝐶𝑀𝑔
𝐿𝐼 = =
𝜂𝑃 𝑃
𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡à
= 𝜂𝐴 ∗ 𝐿𝐼
𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑒
Non è la pubblicità a generare potere di mercato ma sono le imprese con maggiore potere di mercato ad avere maggior
incentivo a effettuare investimenti in pubblicità.
Se ηA e ηP rimangono simili, ci aspettiamo simili investimenti pubblicitari nel tempo e nel luogo.
Sappiamo che ηP dipende dalla presenza di sostituiti stretti, differenziazione prodotto ecc…; la domanda è: ηA da cosa
dipende e perché i consumatori rispondono alla pubblicità?
Un primo obiettivo della pubblicità potrebbe essere di fornire informazioni ai clienti, il contenuto dipende dalla natura
dei beni da pubblicizzare. In particolare possiamo distinguere tra:
- Shopping goods: beni costosi acquistati di rado per i quali i consumatori investono in tempo per la raccolta di
informazioni
- Convenience goods: beni relativamente poco costosi (rapporto tra prezzo e reddito basso) acquistati di
frequente per i quali non vale la pena per il consumatore cercare cosa e dove è disponibile.
È possibile un’altra distinzione tra:
- Experience goods: l’incertezza del consumatore non riguarda il prezzo ma soprattutto la qualità del bene;
l’informazione sulla qualità si ottiene solo dopo l’esperienza di utilizzo. La pubblicità fornisce al consumatore
informazioni su quello che ci si può aspettare che non basta.
- Search goods: i consumatori conoscono la qualità e le caratteristiche ma cercano il luogo in cui fare l’acquisto
migliore
La conseguenza della distinzione è che potremmo attenderci che η A dovrebbe essere più alta per i beni
convenience/experience e più bassa per quelli shopping/search, poiché solo nel primo caso la pubblicità può indurre
effetti maggiori sulla disponibilità a pagare del consumatore rispetto all’altro caso dove per i consumatori è molto più
rilevante spendere tempo per cercare informazioni che dare importanza alla pubblicità.
Per quanto riguarda gli experience goods, l’interesse del produttore è convincere il consumatore della qualità del bene
per spingere alla prova: se la qualità percepita dal consumatore è alta tornerà ad acquistare molte altre volte. Quindi
solo chi ha prodotti di alta qualità effettuerà investimenti in pubblicità, perché se così non fosse il ritorno sui costi
cesserebbe a causa del non riacquisto del consumatore.
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Il messaggio pubblicitario non ha bisogno di essere informativo, poiché un prodotto molto pubblicizzato è assunto
come di qualità; la pubblicità racconta dei valori propri del marchio.
Questo modello, detto modello di Nelson, ha dei problemi:
- Il modello assume che il margine di profitto derivante dal vendere beni di qualità alta, eccede il margine della
vendita di beni di qualità bassa. Se però i profitti derivanti dalla vendita di prodotti scarsa qualità fossero assicurati,
anche un’impresa con prodotti di bassa qualità farebbe pubblicità e verrebbe meno il modello Nelson.
- Se la pubblicità segnalasse alta qualità, le imprese dovrebbero rendere pubbliche le proprie spese pubblicitarie;
evidentemente non è necessario poiché basta vedere una pubblicità in prima serata o cartelloni pubblicitari in
spazi strategici per valutare l’entità degli investimenti pubblicitari.
- Il modello si applica ai beni experience, ma è molto più intensa per i beni di consumo
Nessun modello ha la possibilità di interpretare tutti i fenomeni osservati, ma questo cattura l’elemento importante
che la pubblicità assume un valore indipendentemente dal contenuto; anche se non è sempre valido.
Altri economisti (Milgrom e Roberts) hanno costruito un altro modello che stabilisce come, piuttosto che la spesa in
pubblicità, possa essere il prezzo del bene utilizzato come indice di qualità. Ci sono studi che dicono che il consumatore
è portato a tenere che la qualità corrisponde al prezzo. Esempio della lista dei vini: nei menù solitamente ci sono
almeno 3 fasce di prezzo con un ordine crescente; l’inserimento della fascia di vini a prezzo alto non serve a vendere
o a soddisfare la domanda di consumatori con alta disponibilità a pagare, ma ad aumentare la vendita dei prodotti
rientranti nella fascia di prezzo media; questo vale per consumatori non esperti di vini. Questo viene anche chiamato
Goldilock’s pricing.
La pubblicità fraudolenta è da tenere distinta dalle altre forme di pubblicità, poiché la capacità dei consumatori di
reprimere le frodi è limitata:
- Se il bene è poco importante il consumatore si limiterà a non riacquistare
- I consumatori non possono giudicare prima di provare e questo da tempo alle imprese che hanno truffato di
sparire.
La pubblicità è un’arma di competizione tra imprese:
- Fa in modo che consumatori con diversi gusti possano acquistare la versione del prodotto da loro preferita
- Può anche essere una modalità di competizione molto dispendiosa
Consideriamo un semplice esempio nel quale le imprese possono investire poco o molto in pubblicità, se un’impresa
investe molto rispetto al rivale può innescarsi una guerra pubblicitaria che porta a spendere eccessivamente in
pubblicità le imprese.
Impresa B
Bassa spesa Alta spesa
pubblicitaria pubblicitaria
Bassa spesa
450, 450 375, 500
pubblicitaria
Impresa A
Alta spesa
500, 375 400, 400
pubblicitaria
L’equilibrio di Nash è 400, 400 e “bassa spesa” è azione dominata da “alta spesa”. L’equilibrio non garantisce la
massimizzazione del profitto congiunto e non genera alcun vantaggio per i consumatori; l’obiettivo è esclusivamente
sovrastare la spesa del rivale.
Importanza del marchio commerciale
La pubblicità è un complemento del prodotto ed incrementa il suo valore: da un lato perché i consumatori preferiscono
acquistare marchi ben conosciuti con maggiore diponibilità a pagare; dall’altro fornisce informazioni che aumentano
il valore del prodotto attraendo nuovi clienti ed estendendo la portata del marchio commerciale. Sia che sia mezzo di
persuasione che informativo può essere considerata come elemento complementare al bene che ne aumenta la
disponibilità a pagare.
Troppa o troppo poca pubblicità?
Per rispondere bisogna capire se la pubblicità costruisce valore o estende la portata del mercato. In un mercato con
più imprese potrebbe esserci un eccesso di pubblicità, poiché potrebbe avere come unico scopo quello di sottrarre
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quote di mercato ai rivali. In questo caso l’investimento non genera un aumento del valore e dunque è probabile che
il gioco assomigli ad una inutile guerra pubblicitaria dove gli scambi rimangono gli stessi e la disponibilità a pagare non
aumenta. Se invece è volta a valorizzare il marchio l’eccesso di pubblicità è meno probabile, poiché consente di
praticare a clienti esistenti un prezzo più elevato.
Capitolo 19: Questioni di rete
Abbiamo considerato finora beni la cui utilità per il consumatore dipende esclusivamente dalle caratteristiche di quel
bene, cioè quanto il bene è vicino, in termini di prestazioni e gusti, al tipo preferito dal consumatore. Per tutti questi
mercati abbiamo derivato delle funzioni di domanda nelle quali il prezzo è funzione esclusivamente della quantità
(relazione inversa).
𝑚𝑎𝑥𝑈(𝑥1 , 𝑥2 )
𝑀 ≥ 𝑝𝑥1 + 𝑝𝑥2
𝑥1 (𝑝1 , 𝑝2 ) e 𝑥2 (𝑝1 , 𝑝2 )
La quantità domandata del bene dipende dai gusti dei consumatori (α e β) di Cobb-Douglas:
𝛽
𝑈 = 𝐴𝑥1𝛼 𝑥2
𝛼+𝛽 =1
𝛼𝑀 𝛽𝑀
𝑥1 = 𝑒 𝑥2 =
𝑝1 𝑝2
L’utilità derivante dal fatto di essere abbonati a WhatsApp dipende dalla diffusione dell’applicazione, cioè dalla
frazione della popolazione che utilizza lo stesso bene e anche dalle caratteristiche dello stesso.
Stiamo facendo riferimento a delle esternalità nel consumo, assunte finora nulle; nel caso di esternalità, l’utilità
derivante dal consumo/utilizzo del bene dipende anche da quante persone stanno utilizzando lo stesso bene/servizio;
ciò è evidente per tutti i mezzi di comunicazione.
Esistono altri esempi, come per il mercato dei sistemi operativi, nei quali al crescere della diffusione del sistema
operativo aumentano gli incentivi di parti terze a sviluppare software che siano compatibili con quel sistema operativo.
Siamo in presenza di mercati a due lati (two-sided markets): il valore del prodotto realizzato dipende dalla dimensione
degli sviluppatori e dei consumatori (imprese/consumatori).
Altro esempio tipico è il mercato delle carte di credito: abbiamo da un lato i consumatori e dall’altro i negozianti, i
quali acquistano un POS e accettano il pagamento della carta di credito, mentre i consumatori utilizzano la carta per
pagare. Quanto più è diffusa la carta maggiore è l’incentivo per i negozianti di accettare quella carta e allo stesso
tempo maggiore è l’incentivo di utilizzarla per i consumatori.
Il proprietario della piattaforma si trova a fissare prezzi diversi sui due lati del mercato e nel fissare il prezzo dovrà
tener conto dell’esternalità positiva che un mercato effettua sull’altro; se di comportasse da monopolista (CMg=RMg)
sui due mercati sarebbe un comportamento sub-ottimale, poiché non tiene conto delle esternalità. Tuttavia
l’interazione strategica in presenza di esternalità è piuttosto complessa.
Cosa avviene in presenza di esternalità di rete?
Consideriamo un modello semplificato in cui un monopolista offre un servizio telefonico con un costo di accesso e
l’utilizzo gratuito. Descriviamo i gusti della popolazione composta da un numero N di consumatori, questi consumatori
sono diversi tra loro per quanto riguarda la disponibilità a pagare: ipotizziamo che la valutazione di base del prodotto
sia distribuita uniformemente su un segmento di lunghezza 100, 𝑣𝑖 varia dunque tra 0 (bassa WTP) e 100 (alta WTP).
Con 𝑓 (0 < 𝑓 < 1) indichiamo la proporzione dei consumatori che aderisce al servizio; 𝑓𝑣𝑖 è quindi la disponibilità dei
consumatori a pagare, dato che una percentuale 𝑓 abbia aderito al servizio e data 𝑣𝑖 come la valutazione di base del
servizio.
Il prezzo più alto che il monopolista può fissare per non azzerare la domanda è 𝑓𝑣𝑖 ; se 𝑓 fosse pari ad 1 la disponibilità
a pagare sarebbe 100. Le esternalità di rete impediscono di fissare prezzi elevati perché la disponibilità a pagare
dipende da 𝑓.
La domanda dell’i-esimo consumatore 𝑞𝑖𝐷 è:
- 0 se 𝑓𝑣𝑖 < 𝑝
- 1 𝑠𝑒 𝑓𝑣𝑖 ≥ 𝑝
Dato un livello di prezzo, al variare di 𝑓 il consumatore può decidere di non acquistare (𝑓 è basso) o acquistare dopo
un certo valore di 𝑓.
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Consideriamo quindi il consumatore indifferente all’acquisto, per il quale 𝑓𝑣𝑖 = 𝑝; la sua posizione è data da:
𝑝
𝑣̃ = (𝟏)
𝑓
Una volta identificata tale posizione so che tutti i consumatori che hanno una valutazione 𝑣𝑖 inferiore a 𝑣̃ non
acquistano e viceversa. La frazione del mercato servita è:
𝑣̃
𝑓 =1−
100
Sostituiamo la (𝟏) nell’espressione e otteniamo:
𝑝
𝑓 =1− → 𝑝 = 100𝑓(1 − 𝑓)
100𝑓
Come trattiamo la funzione di domanda? Il monopolista sceglie di massimizzare i profitti
𝜋(𝑓) = 𝑝𝑓𝑁 − 𝐹
Dato che 𝑝 = 100𝑓(1 − 𝑓):
𝜋 = 100𝑓 2 𝑁(1 − 𝑓) − 𝐹
𝑑𝜋
= 100𝑁 (2𝑓 − 3𝑓 2 ) = 0
𝑑𝑓
𝑓 = 0 non è soluzione perché ho un costo fisso da coprire, quindi:
2
2𝑓 − 3𝑓 2 = 0; 2 − 3𝑓 = 0; 𝑓 =
3
Questo implica che il prezzo che massimizza i profitti è dato da:
2 1
𝑃 = 100 ∗ ( ) = 22,2
3 3
Tuttavia la situazione non è così semplice: in che modo il monopolista riesce a ottenere che i 2/3 dei consumatori
acquistino? Finora era risolto banalmente con la funzione di domanda, ma adesso 𝑝 = 100𝑓(1 − 𝑓) assume una
forma diversa non è solo decrescente.
La funzione di domanda è a campana: a 𝑓 = 0 nessuno sottoscrive il servizio, la disponibilità a pagare è quindi 0 per
tutti i consumatori. Al crescere di f cresce anche la disponibilità a pagare dei consumatori: anche i consumatori che
hanno valutazione di base bassa al crescere di 𝑓 passano ad avere valutazione positiva; questo continua fino a un certo
valore di 𝑓 superato il quale, un numero crescente di consumatori inizia a non voler più acquistare il bene e dunque la
curva di domanda inizia il suo tratto discendente.
Su questa curva è indicato 𝑃 = 22,2, dove abbiamo due possibili dimensioni del mercato 𝑓𝐿 (2/3) 𝑒 𝑓𝐻 e quindi due
possibili equilibri. Abbiamo anche un terzo equilibrio: se tutti i consumatori si formano l’aspettativa che nessun’altro
sottoscriverà il servizio, indipendentemente dal prezzo decideranno di non acquistare.
I consumatori sono interessati solo alla propria utilità, ma scegliendo influenzano 𝑓.
Tra i due equilibri solo 𝑓𝐿 è stabile: in questo punto se un consumatore decidesse di aderire al servizio, l’equilibrio si
porterebbe da 𝑓𝐿 a 𝑓𝐻 , poiché 𝑓 aumenta marginalmente e aumenta la disponibilità a pagare; una perturbazione
negativa riduce 𝑓 e sposta la disponibilità a pagare al di sotto del prezzo, questo determina la scomparsa dal mercato.
In 𝑓𝐻 se perturbiamo l’equilibrio, esso torna in 𝑓𝐿 o va a destra abbassando la disponibilità a pagare. Ci concentriamo
quindi su 𝑓𝐿 = 2/3.
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L’apice si raggiunge in P=25; supponiamo che l’impresa debba porre una tariffa superiore a 30 per coprire i costi fissi,
anche se il bene sia socialmente efficiente ciononostante la rete collasserà. P=25 determina 𝑓 = 0,5: i consumatori
che aderiscono hanno valutazione del bene tra 50 e 100 e i loro valori di 𝑓𝑣1 variano tra 25 e 50 con valore medio 37,5
superiore a 30; nonostante questo se P crescesse fino a 30 sappiamo che 𝑓 diminuirà e con esso diminuirà anche la
diponibilità media a pagare. Non esiste dunque un prezzo per il quale la disponibilità a pagare sia 30, poiché non fa
altro che ridurre gli aderenti, causando la perdita anche di quelli con alta disponibilità a pagare.
Introduciamo il concetto di massa critica, cioè la dimensione minima necessaria ad innescare il comportamento
“imitativo” dei consumatori. Nel nostro esempio il livello di massa critica è 1/3: per via delle caratteristiche di instabilità
dell’equilibrio, se il monopolista induce a sottoscrivere una quota superiore a 1/3 della popolazione l’equilibrio si
sposta; però se il monopolista fallisce nel tentativo il mercato collassa. In situazioni di questo genere può utilizzare
prezzi di penetrazione, tariffe agevolate ai nuovi clienti ecc… allo scopo di puntare a grossi gruppi di utenti.
Cosa accade se consideriamo la concorrenza tra imprese?
In questo caso il discorso si fa molto complesso, poiché occorre considerare una pluralità di casi che fanno riferimento
ad alcune ipotesi di base.
Immaginiamo di avere due imprese che producono due beni soggetti ad esternalità di rete: l’impresa A produce 𝑥𝐴 e
l’impresa B produce 𝑥𝐵 , i due beni potrebbero essere:
- Interoperabili o compatibili: possono essere differenziati ma utilizzano la stessa tecnologia, per cui l’utente di
A può interagire con l’utente di B. Se consideriamo la posizione di un consumatore che deve decidere se
comprare A o B interoperabili, ciò che rileva non è la semplice dimensione del network di utenti ma la loro
somma e la discriminante è il prezzo. (Bertrand)
- Non compatibili: in questo caso la discriminante è la dimensione di 𝑓𝐴 e 𝑓𝐵 , se la valutazione di base per tutti i
consumatori appartenenti alla popolazione è la stessa. Se i prezzi dei due beni fossero uguali e le aspettative
in relazione alla base installata fossero maggiori per 𝐴, B avrebbe incentivo a costruire un ponte tra le due
imprese allo scopo di perdere lo svantaggio competitivo. Questo spiega perché Apple ha abbandonato i vecchi
processori per passare a Intel. L’impresa A però fa di tutto per impedirlo, emerge dunque la guerra per lo
standard, nella quale l’impresa A cerca di imporre il suo standard contro B che vorrebbe imporre il suo.
Se siamo in presenza di incompatibilità ed esternalità, le incompatibilità si estendono anche agli asset complementari
durevoli utilizzati assieme alla tecnologia.
A questo punto, immaginate di essere il consumatore che deve decidere nuovamente, dopo un ciclo di consumo, di
ricomprare A o B; se sono incompatibili dovrete valutare i prezzi ma anche il valore degli asset durevoli accumulati
utilizzando una delle due tecnologie, asset non più utilizzabili nel caso di decisione di cambiare.
Emerge dunque lo switching cost (costo di transizione), cioè il costo ulteriore che il consumatore deve sostenere
qualora dovesse decidere di utilizzare una tecnologia incompatibile con quella utilizzata nel precedente ciclo di
consumo.
Un’altra forma di asset complementare è la conoscenza di una tecnologia: acquistando un bene incompatibile, parte
della conoscenza acquisita va sostituita con l’apprendimento di nuove conoscenze.
Il costo di transizione differenzia beni altrimenti omogenei; l’impresa A potrebbe fissare un prezzo maggiore di B, senza
che questo induca tutti i propri consumatori a cambiare tecnologia, finché il gap sia inferiore allo switching cost.
Immaginiamo che i beni siano soggetti ad innovazione tecnologica, si pone quindi il problema di compatibilità
all’indietro: se la nuova tecnologia è compatibile con la vecchia la base rimane invariata; ma l’avanzare della tecnologia
potrebbe porre problemi sulla quota di consumatori che utilizzano versioni molto precedenti.
Si innesca dunque un problema di trade off tra il miglioramento delle prestazioni, che dovrebbe aumentare la
disponibilità a pagare, e la perdita di base installata di chi utilizza le prime versioni del bene.
Normalmente le imprese scelgono lo staggered obsolescence, cioè le imprese “tagliano” la compatibilità oltre una
certa anzianità delle versioni precedenti sulla base di due considerazioni:
- Mantenere la compatibilità significherebbe impedire l’utilizzo delle novità tecnologiche introdotte nel
prodotto
- Progressivamente una quota sempre più piccola di consumatori utilizzerà le versioni più vecchie del prodotto
di conseguenza la compatibilità diventa inutile
Per esempio se decidiamo di installare la nuova versione di Windows, i file vecchi non saranno più compatibili.
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Di seguito abbiano degli esempi di realizzazioni delle dinamiche analizzate, allo scopo di dimostrare che la lotta per la
compatibilità induce a delle scelte tecnologia Pareto inferiori.
Impresa 2
Vecchia Nuova
tecnologia tecnologia
Vecchia
5, 4 2, 2
tecnologia
Impresa 1
Nuova
1, 5 6, 7
tecnologia
Sostanzialmente entrambe le imprese preferiscono coordinare le loro scelte, in quanto ritengono che il beneficio di
congiungere le basi installate sia maggiore del caso di tentare di imporre il proprio standard.
In questo caso restare sulla vecchia tecnologia, anche se dominato in termini paretiani dal passaggio di entrambe le
imprese alla nuova tecnologia, è meno rischioso perché se una delle due imprese cambiasse la tecnologia, passerebbe
da 5 a 1 se l’altra non dovesse coordinare l’innovazione. Questo fenomeno è stato definito dagli economisti Farrel e
Saloner come eccesso di inerzia (excess inertia).
Al contrario, possiamo avere una situazione che determina la scelta di un equilibrio di Nash pareto dominato
caratterizzato dall’adozione di nuova tecnologia, detto (excess momentum).
Impresa 2
Vecchia Nuova
tecnologia tecnologia
Vecchia
6, 7 2, 2
tecnologia
Impresa 1
Nuova
1, 5 5, 4
tecnologia
Anche in questo caso il timore di incompatibilità porta ad una scelta Pareto inferiore (nuova, nuova), sebbene sarebbe
preferibile mantenere la vecchia tecnologia.
Talvolta invece, in caso di tecnologie incompatibili, può scoppiare una guerra per lo standard; consideriamo altre
tipologie di situazioni:
Battaglia dei sessi
Impresa 2
Tecnologia 1 Tecnologia 2
Tecnologia 1 10, 7 6, 5
Impresa 1
Tecnologia 2 5, 4 8, 12
Entrambe le imprese concordano la necessità di standardizzare, ma ciascuna vuole imporre il suo standard sull’altra.
Siamo in presenza di due equilibri di Nash (1,1 e 2,2), l’uno preferito dall’impresa 1 e l’altro dall’impresa 2.
In che modo l’impresa 1 può affermare il primo equilibrio? Attraverso una serie di azioni:
- Potrebbe fare penetration pricing, allo scopo di accelerare la crescita di base installata
- Potrebbe convincere grandi gruppi di consumatori o consumatori autorevoli, per esempio convincere
Samsung della propria tecnologia
- Potrebbe accordarsi con i complementors, con la finalità di convincere i produttori di asset durevoli ad
investire sulla propria tecnologia
- Gestione delle aspettative: se le tecnologie sono nuove, il comportamento è guidato dall’aspettativa dei
consumatori; perciò la capacità di influenzare le aspettative diventa una leva importante per spostare gli
equilibri
Questi mercati pur in questo caso sono caratterizzati da tipping, ossia l’equilibrio tende ad essere caratterizzato da un
estremo o l’altro: poche tecnologie con una ripartizione delle quote di mercato che vedono l’impresa dominare.
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Impresa 2
Tecnologia 1 Tecnologia 2
Tecnologia 1 3, 3 8, 5
Impresa 1
Tecnologia 2 6, 7 2, 2
L’impresa 1 preferirebbe essere la sola ad usare la tecnologia 1; allo stesso modo l’impresa 2 vorrebbe essere l’unica
ad utilizzare la tecnologia 2. Le imprese non vogliono la compatibilità e preferiscono l’adozione di tecnologie diverse.
Se la tecnologia 1 dovesse essere precedente, l’impresa 2 deve decidere se adottare la tecnologia 1 o crearne un’altra,
dove la seconda ipotesi è la preferita. In questo caso le strategie possibili per ottenere l’equilibrio preferito sono:
- Essere primi sul mercato con capacità produttiva installata significativa
- Assicurarsi di avere assenso di complementors
Fratellino rompiscatole
Impresa 2
Tecnologia 1 Tecnologia 2
L’impresa 1 domina il mercato, con un’ampia capacità installata e una grande reputazione; essa preferirà
l’incompatibilità con un piccolo rivale, al fine di mantenere i propri clienti. Il rivale di dimensioni minori, l’impresa 2,
preferirà la compatibilità al fine di trarre i benefici della rete creati dall’impresa di dimensioni maggiori.
In questo gioco non ci sono equilibri di Nash in strategie pure, ma esistono in strategie miste.
L’impresa più grande, allo scopo di mantenere l’incompatibilità, può proteggere in modo aggressivo i propri diritti sulla
proprietà, brevettando la tecnologia, oppure cambiare frequentemente la tecnologia. Così facendo il gioco si modifica:
l’impresa 1 sceglie la tecnologia 1 e l’impresa 2 sceglie la tecnologia 2 unico equilibrio.
Questo tipo di mercati, a causa della presenza di imprese dominanti, tende a generare una forte asimmetria. La
domanda è: questi mercati vanno regolamentati in maniera diversa? Secondo alcuni le forze sono troppo forti per
impedirlo; per altri la regolamentazione non ha impedito gli avanzamenti tecnologici; per altri ancora è necessario
regolamentare perché l’impresa dominante abusa fortemente della situazione.
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