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Riassunti libro Organizzazione Industriale

Economia industriale? (Università degli Studi di Bari)

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Capitolo 1: Organizzazione industriale: cosa come e perché


Economia industriale o organizzazione industriale è lo studio del comportamento delle imprese che operano in mercati
diversi dalla concorrenza perfetta, dunque nei mercati reali. Questi mercati sono tutti caratterizzati da una qualche
imperfezione che li differenziano dalla concorrenza perfetta.
Come fa l’impresa a decidere quale e quando introdurre un nuovo prodotto sul mercato? Perché differenziare la
produzione? Quali fattori influenzano il numero e la varietà dei prodotti nei mercati? Perché le imprese decidono di
attaccare un mercato? Tutto questo ha a che fare con le strategie delle imprese.
L’elemento distintivo dell’economia industriale è il punto di vista strategico. Si fa uso di un’analisi specifica: la teoria
dei giochi (analisi strategica del comportamento dell’impresa).
Le imprese sono legate da un legame di interdipendenza strategica: il beneficio che trae un’impresa non dipende solo
dalle proprie decisioni ma anche dalla reazione delle imprese rivali a queste azioni. Un’impresa nel prendere decisioni
deve tener conto e prevedere la reazione dell’impresa rivale.
Economia industriale nasce dall’analisi di modelli concreti che le imprese incontrano nel loro operare.
Caratteristiche metodo analitico:
- Uso della teoria dei giochi
- Si concentra sulle interazioni tra agenti economici, sostanzialmente di due tipi: imprese e consumatori
L’analisi viene sviluppata attraverso dei modelli, cioè delle astrazioni che permettono di semplificare la situazione, allo
scopo di rendere la situazione trattabile.
Questi modelli però si prestano da un lato a una generalizzazione (estrarre i meccanismi fondamentali di un mercato),
ma dall’altro non tutti i modelli sono buoni. La bontà del modello deriva dalla possibilità di testarlo, attraverso
un’analisi econometrica. Quest’analisi consiste nel misurare empiricamente:
- Economie di scala
- Azioni di deterrenza all’entrata
- Funzionamento dei cartelli
- Impatto della pubblicità
- …
Perché si studia l’economia industriale?
Alla radice della nascita, come branca autonoma, c’è un antico problema: la preoccupazione circa il potere di mercato
delle imprese. Nasce come un’analisi del comportamento delle imprese e come strumento per definire modi per
limitare l’esercizio del potere di mercato (dannoso per i consumatori).
Possiamo quindi far risalire la nascita al 1890, la prima normativa anti-trust della storia (Sherman act), che nasceva
dalla preoccupazione riguardo il potere di mercato della Standard Oil.
Precedentemente a questa normativa, però, questa problematica era già stata analizzata da Adam Smith.
Lo Sherman act vieta la collusione tra imprese e rende illegale ogni tentativo di monopolizzare un mercato. Questa
normativa viene poi seguita da una serie di altri provvedimenti (sempre negli USA), per tutelare la concorrenza
dall’abuso delle imprese dominanti.
25 anni dopo: il Clayton Act, si pone come obiettivo quello di prevenire il monopolio prima della formazione. Si
analizzano quindi le determinanti che innescano il monopolio, e si rendono illegali quelle pratiche che potrebbero
limitare la concorrenza.
Allo scopo di vigilare viene fondata la Federal Trade Commission (FTC), che corrisponde all’antitrust statunitense.
L’applicazione di questi divieti è sottoposta alla Rule of Reason: si richiede, perché una condotta sia punibile, una prova
di intenzionalità, cioè la prova che quel comportamento ha come fine ultimo o esclusivo la creazione di una posizione
dominante. La normativa non punisce o non mira ad impedire una quota di mercato alta, dunque punisce il ridurre e
non il battere la concorrenza.
La Rule of Reason viene applicata per la prima volta con la sentenza US Steel del 1920, quando la Corte Suprema chiarì
che a suo parere “la legge non considera un reato le semplici dimensioni o l’esistenza di potere non esercitato: non
impone la concorrenza né esige che il possibile sia fatto per indurla”.
Per comprendere la natura anti competitiva o meno dai comportamenti delle imprese, era necessario sviluppare un
apparato teorico che consentisse di individuare un comportamento illecito a partire da dati osservabili.
Data questa finalità bisognava:
- Individuare le caratteristiche strutturali del mercato, per esempio la dimensione del mercato o mercato
rilevante, fondamentale poiché fornisce il denominatore della quota di mercato e in secondo luogo permette
di definire quali imprese operano sul mercato.
- Definire chiari legami tra struttura e risultati nel mercato

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Chamberlain sviluppa questa prima struttura logica dell’analisi dei mercati: il modello Struttura Comportamento
Performance (SCP).
- Quesiti di base dell’analisi: imprese hanno potere di mercato (fissare P>CMg)? Come fanno ad acquisire e
mantenere il potere di mercato? Quali sono le conseguenze dell’esercizio di questo potere di mercato? Le
politiche pubbliche possono impedire l’esercizio del potere di mercato? (passaggio dall’antitrust alla
regolazione).
Monopolio naturale: impianti distribuzione del gas, antieconomico duplicare. In questa situazione, attraverso
la regolazione, è possibile stabilire regole di comportamento con lo scopo di ridurre il loro potere di mercato
- Struttura: fattori che determinano il grado di concorrenzialità del mercato
- Comportamento dell’impresa: condotta delle imprese nel mercato
- Performance: dalla sintesi della struttura e del comportamento si ottengono i risultati cioè la capacità del
mercato di produrre benessere per i consumatori (quanto i prezzi si avvicinano ai CMg di produzione). Data la
struttura dato il comportamento quanto il prezzo è prossimo ai CMg?
La struttura di un mercato è caratterizzata da:
- numero di compratori/venditori
- presenza o meno di barriere all’entrata
- esistenza di differenziazione tra i beni
- integrazione verticale, le imprese controllano più fasi del processo produttivo?
- Diversificazione, le imprese producono varietà diverse?
Queste condizioni sono influenzate da condizioni di base:
- Domanda: elasticità, sostituibilità beni, stagionalità, marcato maturo/in crescita, localizzazione (mercati
locali/globali), modalità d’acquisto (acquisti avvengono su base continua o concentrati in specifici momenti
del tempo)
- Produzione: tecnologia (economie di scala, costi fissi irrecuperabili/non recuperabili), materie prime e grado
di sindacalizzazione (che attengono al potere di mercato del fornitore), bene durevole o meno (trasportabile
o non trasportabile), presenza di economie di scala
Comportamento dell’impresa: politiche di prezzo, R&S, fusioni/accordi.
Struttura + Condotta = Risultati economici: efficienza produttiva (min costi produzione), equità (distribuzione del
surplus)
Ruolo delle politiche pubbliche, che influenzano comportamento struttura e risultati economici: regolamentazione,
barriere all’entrata, sussidi, politiche macroeconomiche che potrebbero determinare un diverso tasso di crescita dei
mercati che a loro volta influenzano l’andamento dei prezzi.
Il limite di questa analisi: si sviluppa in anni quando non c’era la teoria dei giochi (veniva applicata in ambiti militari) e
adotta una logica unidirezionale, secondo cui è la struttura del mercato ad influenzare il comportamento delle imprese.
Nella pratica però anche le imprese possono influenzare la struttura del mercato, logica bidirezionale.
Nuove tendenze: Chicago School
Ammette che un fenomeno non osservabile serva a disciplinare e indurre a fissare un prezzo più basso, un esempio è
la minaccia di entrata di concorrenti. In determinate condizioni se non ci sono costi irreversibili, la semplice minaccia
di entrata è una condizione per cui un monopolista si comporta come se fosse in concorrenza perfetta. Questo
determina l’utilizzo di un approccio strategico (la teoria dei giochi).
Oggi: Post Chicago
- Teoria dei giochi
- Sviluppo di un’analisi econometrica che consente di definire con precisione politiche corrette in casi concreti

La nuova organizzazione industriale


Mix di vari aspetti:
- Teoria per stabilire le politiche degli enti regolatori
- Riconoscimento di un legame tra struttura di mercato e comportamento delle imprese
La moderna organizzazione industriale:
- Analizza concorrenza imperfetta attraverso costruzione di modelli sulla base della teoria dei giochi, stime
econometriche
Motivata principalmente da motivi antitrust con interesse nella ricerca di soluzioni private alle inefficienze del mercato

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Capitolo 4: Tecnologia e costi di produzione


Cosa è un’impresa?
Secondo l’approccio neoclassico, l’impresa è una scatola nera che acquisisce input e li combina utilizzando una
tecnologia per produrre gli output. Il valore degli output dovrebbe essere maggiore ai costi di input. Questo è il valore
dell’impresa che viene distribuito (tasse, dividendi, stipendi…).
Esiste un approccio alternativo: quello di Coase secondo il quale, in mercati perfettamente concorrenziali e
caratterizzati da perfetta informazione, un’organizzazione potrebbe essere sostituita da una pluralità di contratti
sottoscritti con parti terze ognuna delle quali svolge l’attività richiesta per l’ottenimento dell’output finale. Nella realtà,
poiché i mercati non sono perfetti, (incertezza, non osservabilità...), l’esistenza delle imprese si giustifica
dall’eliminazione dei costi di transazione (monitoraggio, stesura dei contratti...). Questo spiega perché le imprese sono
strutturate in questo modo.
Letteratura più recente: a partire dall’osservazione dell’imperfezione del funzionamento dei mercati, spiega come le
imprese sono organizzate e come gli individui sono incentivati ad operare (teoria dell’agenzia)
Obiettivo impresa: massimizzazione dei profitti
Siamo interessati al profitto economico (remunerazione di tutti i fattori produttivi) diverso da quello contabile.
L’impresa che ha l’obiettivo di massimizzare profitti deve scegliere la tecnologia che consenta ad essa di minimizzare
il costo di produzione.
Bisogna partire da una funzione di produzione: descrizione della tecnologia che ci dice, date le combinazioni di input,
quale output può essere ottenuto.
𝑄 = 𝑓(𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 , … , 𝑥𝑛 )
Funzione di costo: quantità di input che minimizza il costo di produzione per il dato output. Questo corrisponde
graficamente al punto di tangenza tra isocosto e isoquanto.
𝐶𝑇(𝑄): costo totale per produrre Q
𝐶𝑀𝑒(𝑄) = 𝐶𝑇(𝑄)⁄𝑄
𝐶𝑀𝑔 = 𝑑𝐶(𝑄)⁄𝑑(𝑄) costo per produrre un’unità addizionale
Costo irrecuperabile (sunk cost): quota di costo fisso che in qualche misura non può essere recuperata dell’impresa
cedendo quel fattore produttivo.
La quantità di input che minimizza i costi dipende da una serie di fattori (per esempio K, L) che possono cambiare nel
tempo e nello spazio, anche a tecnologia data. Ad esempio la stessa manodopera negli USA ha un costo superiore
rispetto a quella del Vietnam.

𝑆𝑒 𝐶𝑀𝑔 < 𝐶𝑀𝑒, 𝐶𝑀𝑒 è 𝑑𝑒𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒


𝑆𝑒 𝐶𝑀𝑔 > 𝐶𝑀𝑒, 𝐶𝑀𝑒 è 𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒
𝐶𝑀𝑔 = 𝐶𝑀𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑖𝑛𝑖𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑢𝑟𝑣𝑎 𝐶𝑀𝑒

L’impresa massimizza i profitti quando il ricavo marginale è uguale al costo marginale.


𝜋 = 𝑅𝑇 − 𝐶𝑇
Per individuare la funzione di massimizzazione del profitto bisogna calcolare la derivata prima e azzerarla.
𝑚𝑎𝑥𝜋 = 𝑅𝑚𝑔 − 𝐶𝑚𝑔 = 0 → 𝑅𝑚𝑔 = 𝐶𝑚𝑔
Questa condizione implica:
- Output positivo
- Prezzo maggiore dei costi medi variabili, se così non fosse all’impresa converrebbe uscire dal mercato
- Se il prezzo è maggiore dei costi medi totali, l’impresa realizza un extra profitto; questo determina incentivo
per altre imprese ad entrare sul mercato che riduce i profitti

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Economie di scala (CMe decrescenti)


Aumentando l’impiego di tutti i fattori la quantità prodotta aumenta in maniera più che proporzionale.
Indice dell’economie di scala per un determinato livello di output:
𝐶𝑀𝑒(𝑄)
𝑆=
𝐶𝑀𝑔(𝑄)
- Se 𝑠 > 1 economie di scala
- Se 𝑠 < 1 diseconomie di scala
- 𝑠 è l’inverso dell’elasticità dei costi rispetto all’output
𝑑𝐶𝑇 𝑑𝑄 𝑑𝐶𝑇 𝐶𝑇 𝐶𝑚𝑔 1
𝜀= / = / = =
𝐶𝑇 𝑄 𝑑𝑄 𝑄 𝐶𝑚𝑒 𝑠
Costi irrecuperabili
I costi fissi irrecuperabili sono importanti perché sono una delle determinanti che influenzano la struttura del mercato.
Ad esempio:
Popolazione di 𝑚 individui caratterizzati da elasticità domanda uguali a uno.
I consumatori spendono interamente il loro reddito e la spesa totale è costante e pari a:
𝐸 = 𝑃 ∗ 𝑄 (indicazione dimensioni di mercato)
Nel mercato 𝑁 imprese producono una quantità che corrisponde all’ennesima parte del output totale.
Ipotesi che mark up (o indice di Lerner) sia pari a:
𝑃−𝑐 A
𝐿𝐼 = = α
𝑃 N
(funzione decrescente del numero di imprese, markup si riduce all’aumentare delle imprese). A è una costante.
Se imprese operano in un solo periodo: (𝑃 − 𝑐)𝑞 = 𝐹

𝐴𝐸 1 1+𝛼
𝑁=( )
𝐹
Al crescere di E il numero di imprese aumenta.
N diminuisce all’aumentare dei costi fissi (irrecuperabili)
La realtà però è più complessa, le imprese producono più di un prodotto.
- Per i costi totali non ci sono problemi
- Per il costo medio c’è un problema. Non ha senso rapportare CT con la quantità totale
- I costi marginali possono essere calcolati come si calcolava prima, avremo più costi marginali per ogni bene

C’è bisogno di una definizione di CMe più ristretta, che prende il nome di costo medio radiale.
Esempio: impresa produce due beni, con rispettive Q1 e Q2 prodotte. Supponiamo che il rapporto sia costante 2:1.
𝑄1 = 2/3𝑄 𝑄2 = 𝑄/3
Più in generale, i prodotti vengono prodotti nel rapporto costante 𝜆1 /𝜆2 con 𝜆1 + 𝜆2 = 1
I costi medi radiali sono definiti come:
𝐶 (𝜆1 𝑄, 𝜆2 𝑄)
𝐶𝑀𝑅(𝑄) =
𝑄
Rapporto del costo totale ottenuto mantenendo fisse lamba e le quantità, rapportato a Q.
Per le imprese multiprodotto, bisogna considerare oltre alle economie di scala anche le economie di scopo, che
tengono conto dell’andamento del costo totale in virtù del fatto che l’impresa produca separatamente o
congiuntamente i prodotti.
Indice delle economie di scopo:
𝐶 (𝑄1 , 0) + 𝐶 (0, 𝑄2 ) − 𝐶 (𝑄1 , 𝑄2 )
𝑆𝐶 =
𝐶 (𝑄1 , 𝑄2 )
L’indice è dato dal rapporto tra la differenza dal costo che l’impresa sosterrebbe producendo congiuntamente i beni
meno la produzione congiunta fratto la produzione congiunta.
Se la differenza al numeratore è positiva: economie di scopo e viceversa.
Fonti di economie di scala/scopo
- Riferite alla produzione
o Riduzione dei costi fissi:
 Dovuta al miglior utilizzo della capacità produttiva (breve periodo)
 Determinata dal cambio della tecnologia (lungo periodo)

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o Scorte: detenute dalle imprese per evitare esaurimenti di magazzino che, oltre alle mancate vendite,
influenzano negativamente la fedeltà dei clienti. Imprese di dimensioni maggiori possono sostenere
scorte maggiori rispetto ad imprese di dimensioni minori
o Regola Cubo-Quadrato: raddoppiando il diametro di una sfera, il volume aumenta di otto volte mentre
la superficie solo di 4. La capacità produttiva è proporzionale al volume, mentre i costi sono
proporzionali alla superficie; questo determina una riduzione dei costi.
- Altro
o Acquisti: grandi compratori possono ottenere sconti sulle quantità acquistate, poiché il costo medio
si riduce.
o Pubblicità: grandi imprese sostengono costi inferiori per ciascun cliente potenziale rispetto ad imprese
più piccole e sono in grado di convertire una maggiore proporzione di clienti potenziali in clienti
effettivi.
Nuovi prodotti, in presenza di un marchio conosciuto, possono essere più facilmente introdotti nel
mercato.
o R&S: la dimensione riduce il costo medio dell’innovazione
o Accesso alle reti di distribuzione
o Rapporti più solidi con la politica ed il governo
Oltre una certa dimensione, la crescita ulteriore dell’impresa può produrre degli svantaggi, le fonti di queste
diseconomie di scala sono: aumento del costo di lavoro, effetti di burocratizzazione, scarsità di risorse specializzate.
Produzione flessibile
Forma estrema di economia di scopo, che si realizza quando le unità produttive sono in grado di produrre una gamma
di prodotti diversi con un minimo intervento manuale. Le unità di produzione, dunque possono essere adattate a
diverse produzioni con costi limitati.
Un esempio è un bene che si differenzia da altri per una sola dimensione (peso, colore, grassi...), in modo che sia
possibile rappresentare questa differenza su un segmento.
Nel caso di una bevanda è possibile rappresentare su un segmento il contenuto di zucchero presente, ponendo agli
estremi 0 e 1 per rappresentare rispettivamente basso e alto contenuto zuccherino.
Il passaggio dalla produzione del prodotto base ad una varietà comporta:
- Costi di adattamento pari a s
- Costi marginali pari a r moltiplicati per la distanza della variante dal prodotto base sul segmento
- Costi condivisi (fissi) F
In assenza di costi condivisi l’impresa specializza impianti produttivi diversi risparmiando su s e r; se l’impresa decide
di produrre congiuntamente devono esserci costi condivisi.
Il costo totale per l’impresa è dato da:
𝐶 (𝑧𝑗, 𝑞𝑗 ) = 𝐹 + (𝑚 − 1)𝑠 + 𝛴 [(𝑐 + 𝑟 |𝑧𝑚 − 𝑧𝑠 |)𝑞𝑠 ]
F: costo fisso
𝑚 è il prodotto base e 𝑠 la variante
Somma dei costi che l’impresa sostiene: CMg + r (distanza nel segmento base varietà) per la quantità prodotta.
Se la produzione fosse pari a 100 unità per ogni prodotto:
- Un prodotto ad impresa con 3 imprese  𝐶3 = 3𝐹 + 300𝑐
- Una sola impresa che produce i 3 prodotti  𝐶1 = 𝐹 + 2𝑠 + 300𝑐 + 100𝑟
Un’impresa multiprodotto è preferita a tre imprese specializzate se:
𝐶1 < 𝐶3 ; 2𝑠 + 100𝑟 < 2𝐹; 𝐹 > 50𝑟 + 𝑠
Economie di scopo tanto più probabile quanto più rilevante sono i costi congiunti
Altre determinanti della struttura di mercato
Economie di scala e di scopo influenzano struttura mercato ma assieme ad altri fattori:
- Dimensione del mercato
- Presenza di esternalità sulla domanda: utilità che deriva dal consumo di un bene deriva dal consumo degli altri
individui; non ha senso avere il telefono se sono l’unico utente (economie di rete).
Tipicamente i mercati sono dominati da poche imprese, perché l’utilità del consumatore cresce al crescere
delle dimensioni e questo influenza il dominio di un’impresa
- Politiche del governo: che può attuare politiche espansive o di regolazione del mercato

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Capitolo 2: Fondamenti di microeconomia


Efficienza paretiana: allocazione di risorse di ricchezza è efficiente se non è possibile migliorare la condizione di
qualcuno senza peggiorare la condizione di un altro. La definizione ha pregio di non contenere nessun giudizio di
valore, poiché non fa alcun riferimento a considerazioni di carattere redistributivo (equità).
Massimizzazione dei profitti da parte delle imprese
Curva di domanda di mercato P = A – BQ
- A: disponibilità massima a pagare che si riduce all’aumentare della quantità
- B: pendenza costante.
È importante distinguere breve periodo (singolo periodo di mercato) da lungo periodo (tanti singoli periodi di mercato)
nel funzionamento del mercato. Nel breve periodo, né il numero di imprese né il capitale di ciascuna di esse possono
essere modificati. Al contrario, il lungo periodo è un periodo di produzione sufficientemente lungo perché le imprese
possano attrezzarsi con nuovi mezzi di produzione per far fronte alla domanda di mercato. In entrambi i casi la
caratteristica fondamentale rimane la stessa: l’equilibrio richiede che nessuno abbia un incentivo a modificare la
propria decisione.
Concorrenza perfetta
Gli agenti sono price taker, poiché non possono influenzare il prezzo d’equilibrio del mercato che è determinato
dall’interazione di tutte le imprese e i consumatori presenti nel mercato. Non è necessario che ci siano molte imprese,
ma che le imprese credano che le proprie azioni non influiscano sul prezzo di mercato.
I RMg sono uguali al prezzo (costante). Per massimizzare i profitti un’impresa deve eguagliare CMg e RMg; dato che il
RMg = P, ne deriva dunque che la quantità ottima è la condizione di uguaglianza tra P e CMg.
Per trovare il massimo della funzione bisogna uguagliare a zero la derivata prima (condizione del prim’ordine), poiché
graficamente nel punto di massimo la derivata è orizzontale. Questo è verificato solo se la funzione di profitto è
concava; se fosse convessa azzerare la derivata prima fornirebbe punto di minimo.
Necessario dunque avvalorare il tutto calcolando la derivata seconda che deve essere negativa (concava), questa è la
condizione di second’ordine.
𝜋 = 𝑅– 𝐶
𝑅𝑀𝑔 – 𝐶𝑀𝑔 = 0 → 𝑅𝑀𝑔 = 𝐶𝑀𝑔
La condizione può essere riscritta:
𝑃(𝑄) + 𝑄𝑃’(𝑄) – 𝐶’(𝑄) = 0 → 𝑃(𝑄) − 𝐶’(𝑄) = −𝑄𝑃’(𝑄)
Dividendo per P(Q):
𝑃 (𝑄) − 𝐶’(𝑄) 𝑄𝑃’(𝑄) 1
= − = (𝐼𝑛𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑑𝑖 𝐿𝑒𝑟𝑛𝑒𝑟)
𝑃 (𝑄) 𝑃 𝜀
𝑃 − 𝐶𝑀𝑔
= 𝑀𝑎𝑟𝑘 𝑈𝑝
𝑃
L’indice di Lerner è la misura delle possibilità che un’impresa riesca a praticare un prezzo maggiore del costo marginale,
questo dipende dall’elasticità della domanda (relazione inversa).
Con elasticità infinita (caratteristica della concorrenza perfetta) e retta orizzontale il mark up è zero; l’obiettivo è
dunque ridurre l’elasticità! La chiave sta nella differenziazione.

Se aumenta la domanda dell’industria, è possibile praticare un prezzo maggiore che permette un aumento della
quantità per l’impresa (intersezione tra prezzo e costi marginali), questo genera un extraprofitto.

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L’extraprofitto spinge altre imprese ad entrare nel mercato, dunque la curva di offerta aumenta spostandosi verso
destra provocando un abbassamento dei prezzi, questo processo di entrata si arresta quando si esaurisce
l’extraprofitto.
La singola impresa riduce le quantità eguagliando CT e RT dato che CMg e RMg si eguagliano. Nel lungo periodo in
concorrenza perfetta il prezzo al quale il bene viene venduto è il prezzo più basso possibile che non genera profitti ma
nemmeno perdite. Il prezzo è uguale al minimo dei costi medi variabili.
𝑃 = 𝑚𝑖𝑛 𝐶𝑀𝑒𝑉
La condizione di permanenza sul mercato per l’impresa è:
𝑃 ≥ 𝑚𝑖𝑛 𝐶𝑚𝑒𝑉
La curva di offerta aggregata di breve periodo è la somma orizzontale delle curve di costo marginale delle singole
imprese.
Esempio: tre imprese
1. CMg = 4q+8
2. CMg = 2q+8
3. CMg = 6q+8
Per sommare bisogna invertire le funzioni di costo esprimendo Q in funzione di P:
1. Q = CMg/4-2
2. Q = CMg/2 - 4
3. Q = CMg/6 – 4/3
La somma è uguale a 11CMg/12 – 22/3
Invertendo nuovamente  CMg= 12Q/11 + 8

Esempio: 80 imprese
Ognuna con CMg=4q+8  Q = CMg/4 – 2
Aggregando:
80 1
𝐶𝑀𝑔 − 2 ∗ 80 → 𝐶𝑀𝑔 = 𝑄+ 8
4 20

Monopolio
Nel monopolio non c’è distinzione tra domanda di mercato e domanda individuale. La conseguenza è che se il
monopolista decide di vendere un’unità in più deve ridurre il prezzo anche di tutte le unità precedentemente prodotte.
Non è più rispettata RMg = P.

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La decisione di aumentare la quantità provoca una perdita di un’area di ricavi; i ricavi, però, aumentano in quanto
aumentano le quantità, l’effetto finale è dato dalla somma di valori con segno opposto.
I ricavi marginali sono i ricavi netti G – L (differenza tra area guadagno e area di perdita).
Il RMg è inferiore al prezzo, poiché non è influenzato solo dal prezzo dell’ultima venduta ma anche dalla riduzione di
prezzo di tutte le unità infra marginali (prodotte precedentemente).
Ipotesi:
𝑃 = 𝐴 – 𝐵𝑄
𝑅𝑇 = 𝑃𝑄 = 𝐴𝑄 – 𝐵𝑄2
𝑑𝑅
𝑅𝑀𝑔 = = 𝐴 – 2𝐵𝑄
𝑑𝑄
La retta dei ricavi marginali ha stessa intercetta e inclinazione doppia della curva di domanda. (regola)
Il potere di mercato è dovuto all’inclinazione negativa della curva di domanda individuale. Nell’indice di Lerner del
monopolio l’elasticità non è infinita dunque il mark up non è zero.
Il monopolio genera una perdita di benessere, in quanto la domanda non viene soddisfatta pienamente è la
disponibilità a pagare dei consumatori è maggiore del costo marginale per produrre ulteriore quantità.
Un certo numero di scambi non possono realizzarsi perché il monopolista fissa un unico prezzo e sa che ridurre il
prezzo comporta la riduzione del prezzo di tutte le unità inframarginali e quindi una riduzione dei profitti.
Nel monopolio breve e lungo sono uguali perché non c’è possibilità di entrata
Sconto e Valore attuale
Denaro oggi ha un valore diverso dal denaro domani. È fondamentale per effettuare decisioni di investimento
valutarne la profittabilità, c’è bisogno dunque di una misura.
Esempio:
Disponibilità di 1000€ che può essere depositata in banca con interesse del 5% o darla in prestito per un anno a
un’impresa.
La somma minima che dovrà restituire l’impresa è almeno il 5%.
1000 ∗ 1.05 = 1050€
Generalmente:
𝑌 (1 + 𝑟)
In altri termini:
1050/1.05=1000 che è il valore oggi di 1050 ricevuti tra un anno al 5%
Valore attuale di una somma Z tra un anno a r uguale a:
𝑍
1+𝑟
Il fattore di sconto, che determina il valore attuale di una somma ottenuta tra un anno, è definito come:
1
𝑅 =
1+𝑟
Il valore attuale di Z tra un anno è perciò RZ
Per prestiti ripagati tra 𝑡 anni:
𝑌 𝑌
=
(1 + 𝑟)𝑡 𝑅𝑡
Il valore attuale di Z ricevuto tra 𝑡 anni è: 𝑅𝑍 𝑡

Consideriamo progetto di investimento che produce ogni anno un rendimento, il valore attuale è dato da:
𝑉𝐴 = 𝑅𝑍1 + 𝑅2 𝑍2 + ⋯ + 𝑅𝑡 𝑍𝑡

Caso 1: rendimenti identici uguali a Z


𝑍
𝑉𝐴 = (𝑅 − 𝑅𝑇+1 )
1−𝑅
Caso 2: ricavi netti costanti e perpetui
𝑅 𝑍
𝑉𝐴 = 𝑍 =
1−𝑅 𝑟

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L’applicazione delle tecniche di valore attuale permette di selezionare i progetti di investimento che un’impresa
dovrebbe attuare per massimizzare il proprio valore, cioè quelli il cui valore attuale copra almeno il valore attuale delle
spese (Tutti quelli con VAN>0, valore attuale netto positivo)

Capitolo 3: Struttura di mercato e potere di mercato


Il mercato è il luogo d’incontro tra domanda ed offerta; dal punto di vista dell’impresa per definire il mercato bisogna
individuare i competitor, quali sono le dimensioni del mercato rilevante …
Primo passaggio: Identificare i concorrenti, cioè tutte le imprese che producono beni sostituti rispetto al bene prodotto
dall’impresa considerata. Questi concorrenti possono essere tanto concorrenti sul mercato dell’output quanto
concorrenti sul mercato degli input. Dunque una parte dei costi (costo dei fattori) è determinata dal numero dei
concorrenti sul mercato degli input.
Per identificare i concorrenti esiste una misura che identifica il grado di sostituibilità dei beni: l’elasticità incrociata
della domanda che misura la reattività della domanda di un bene conseguente a una variazione del prezzo di un altro
bene.
𝛿𝑄𝑦 𝑃𝑥
𝜂𝑦𝑥 =
𝛿𝑃𝑥 𝑄𝑦
I valori che assume possono essere:
- 𝜂 = 0 se non c’è grado di sostituibilità
- 𝜂 ≠ 0 se c’è grado di sostituibilità, in particolare:
o 𝜂 > 0 per beni sostituiti: all’aumentare del prezzo del bene x, essendo divenuto relativamente più caro
rispetto al bene y, i consumatori sostituiscono il bene x con il bene y. Utile per l’identificazione dei
concorrenti.
o 𝜂 < 0 per beni complementari: se il prezzo del bene x aumenta, diminuisce anche la quantità domandata di
un bene complementare y. Questo non serve a definire il mercato rilevante per l’impresa, ma definisce
imprese non concorrenti tra loro.
La determinazione del mercato rilevante è un aspetto importante per l’attività dell’antitrust, poiché per determinare
l’esistenza di una posizione dominante, c’è bisogno di rapportare la dimensione dell’impresa al mercato rilevante.
Ipotesi: fusioni tra tutte le imprese, se ciò determina un aumento significativo e durevole nel tempo dei prezzi, le
imprese sono tra loro concorrenti ed appartenenti allo stesso mercato (guideline DOJ department of justice).
Due imprese sono concorrenti se un aumento del prezzo di una spinge i consumatori verso l'altra impresa (altro modo
per definire beni sostituti). Ad esempio, un aumento dei costi della pubblicità online sposta le preferenze in altri media.
Concorrenti diretti e indiretti
- Diretti: sono quelli per i quali la scelta strategica di un’impresa influenza direttamente i profitti/performance
dell’altra
- Indiretti: quelli per i quali la scelta di un’impresa influenza i profitti/performance dell’altra, ma in questo caso la
scelta dell’impresa è una reazione alle strategie di una terza impresa che genera effetti sull’impresa considerata.
Per esempio il cemento ha peso specifico alto e valore specifico basso: i costi di trasporto sono molto rilevanti
rispetto al prezzo del bene e la concorrenza è nel raggio di decine di km.
Due cementifici molto distanti non sono in concorrenza tra loro direttamente. Ipotizziamo una terza impresa
intermedia tra le due che genera sovrapposizioni del mercato. Le decisioni di prezzo di una delle tre influenza tutte
e tre le imprese anche indirettamente.
Caratteristiche dei beni sostituti:
- Caratteristiche prestazionali simili: dipendono dai gusti (soggettività), le classificazioni spesso non catturano bene
il grado di sostituibilità. Per esempio Mercedes e Iveco hanno caratteristiche prestazionali diverse anche se
rientrano nella stessa categoria
- Occasioni d’uso simili
- Sono venduti nella stessa area geografica: i negozi del centro di Bari sono in concorrenza con l’outlet di Molfetta?
Si perché i consumatori si muovono. La distanza dunque non è un indicatore, ma vanno considerate anche le
abitudini dei consumatori. Queste analisi vengono fatte per decidere se un centro commerciale viene aperto in un
luogo rispetto ad un altro
Determinare i concorrenti di una determinata area geografica
Primo stadio: individuare provenienza dei clienti (catchment area), che in città con mezzi di trasporto efficienti diventa
più grande.

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Secondo: analisi del comportamento dei clienti, per esempio analizzando dove effettuano i loro acquisti. È probabile
che nelle ore di lavoro il consumatore tende ad effettuare acquisti nell’area del lavoro per alcune categorie
merceologiche (beni di largo consumo). In virtù della categoria dei beni la determinazione del comportamento dei
consumatori produce un risultato diverso.
Le innovazioni tecnologiche permettono acquisti online, ciò incrementa il numero di concorrenti. Tutti i beni non
experience possono essere acquistati online; ma categorie via via più complesse, che si avvicinano a experience goods,
sono comunque largamente venduti online perché i servizi associati al commercio elettronico rendono meno
problematico l’acquisto (resi).
Analizzare la provenienza dei clienti diviene un esercizio banale: la catchment area è influenzata anche da altri fattori,
come il costo dei trasporti e le barriere doganali.
Elemento strutturale del mercato
- Grado di concentrazione: in che grado la produzione di un dato mercato sia concentrata in un numero di
imprese. Monopolio e concorrenza rappresentano i due estremi.
Fattori che la influenzano:
- Numerosità complessiva delle imprese operanti nel mercato
- Distribuzione dimensionale delle stesse che influenza molto direttamente gli indici di concentrazione
Per verificare che ci sia esercizio di potere di mercato si effettuano delle misure di concentrazione, sintetizzando la
numerosità delle imprese e la loro distribuzione dimensionale. Non è semplice, però, costruire un unico indice e
stabilire una misura adeguata
Misure di concentrazione
N-firm concentration ratio: somma delle quote di mercato (quantità venduta dall’impresa su quantità totale venduta
nel mercato) delle prime 𝑛 imprese ordinate in termini dimensionali.
𝐶𝑅𝑛 = 𝛴𝑆𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑖 = 1, 2, 3, … . 𝑛 < 𝑁

Il valore che assume questo indice varia tra 0 e 1


Problema:
- È una misura parziale di concentrazione che tiene conto di un sotto insieme e non di tutte le imprese che
operano nel settore.
- È una scelta arbitraria, quale è il numero più adatto di imprese da considerare?
- Non consente confronto corretto del grado di concentrazione di due mercati
L’indice di Herfindahl-Hirschman è calcolato come la sommatoria delle quote di mercato al quadrato di tutte le imprese
operanti sul mercato.
𝐻𝐻𝐼 = 𝛴 𝑠𝑖2
Le impese di dimensioni minori contribuiscono in misura meno che proporzionale alla determinazione del valore
dell’indice.
Il campo di variazione è dato dall’intervallo [1⁄𝑁 , 1]; 1/N Concorrenza perfetta e 1 monopolio.

Possiamo ricostruire una relazione tra forme di mercato e HHI.


Un mercato è assimilabile alla concorrenza perfetta in corrispondenza di 𝐻𝐻𝐼 < 0.2 e d’intensità della concorrenza
del prezzo alta.
All’opposto, quando 𝐻𝐻𝐼 > 0.6, le strutture di mercato approssimano condizioni di monopolio, con intensità della
concorrenza leggera a meno che non vi sia minaccia d’entrata
Forme intermedie:
Concorrenza monopolistica: 𝐻𝐻𝐼 < 0.2, con beni differenziati e inclinazione della curva di domanda negativa

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Oligopolio: 0.2 < 𝐻𝐻𝐼 < 0.6 e con intensità della concorrenza che dipende dalla natura della concorrenza tra imprese

Nel caso di monopolio la concorrenza è molto bassa a meno che non vi sia minaccia d’entrata, che induce esiti simili
alla concorrenza perfetta.
Un mercato tra due sole imprese può registrare livelli di concorrenza molto forti (P=CMg) e in concorrenza
monopolistica è il tipo della differenziazione a determinare la concorrenza di prezzo.
Misurazione del potere di mercato/performance
La performance è la capacità del mercato di massimizzare il surplus totale. Una misura dell’esercizio del potere di
mercato, che influenza la perdita di benessere e dunque la performance, è l’indice di Lerner (markup).
Tanto più alto è il potere di mercato tanto maggiore è la capacità dell’impresa di porre un prezzo maggiore del CMg.
- In concorrenza perfetta Lerner = 0 perché P=CMg
- In monopolio Lerner = 1/η
Come calcoliamo Lerner in mercati diversi? Necessario calcolare un indice che sia una media ponderata.
Nel caso di oligopolio con beni omogenei, con unico prezzo.
𝑃 − 𝛴𝑆𝑖 𝐶𝑖
𝐿𝐼 =
𝑃
Media ponderata del costo marginale dove i pesi sono rappresentati dalle relative quote di mercato.

limiti dell’indice di Lerner


- Problemi relativi alla definizione di mercato
- Misura un risultato ma non necessariamente la performance, in contesti diversi un medesimo LI può generare
conseguenze in termini di performance che sono differenti.

Quanto fa male il potere di mercato? Dimensione inefficienza


Per Harberger la perdita di benessere è uguale a:
1
𝑊𝐿 = (𝑃 − 𝐶𝑀𝑔)(𝑄𝐶 − 𝑄)
2
Perdita di benessere può essere rapportata ai ricavi, fornendo una misura relativa:
𝑊𝐿 1 𝑃 − 𝐶𝑀𝑔 𝑄𝐶 − 𝑄
= ( )( )
𝑃𝑄 2 𝑃 𝑃
𝑊𝐿 1
= 𝜀 (𝐿𝐼)2
𝑃𝑄 2 𝐷
In questa formula l’elasticità si ottiene tramite analisi e l’indice di Lerner viene stimato.
Harberger calcola che la perdita di benessere era stimabile in una quota dello 0.2% del PIL, tutto sommato monopolio
determina effetti distorsivi non rilevanti. Dato che antitrust presenta costi rilevanti, per lui tutto sommato la WL è
trascurabile.
Questa stima, però, sottostima la WL, nella determinazione di CMg quali si utilizzano? I costi potrebbero essere non
minimizzati, dunque il numeratore di LI è basso ma per via di sprechi. Si fa riferimento a un markup potenziale e non
effettivo.
Su queste linee altri studiosi aumentano la stima fino al 4/11% del PIL.
Introduzione alla teoria dei giochi
Perché abbiamo bisogno di una teoria? Perché, tranne che in concorrenza perfetta e in monopolio, i profitti che
un’impresa realizza sono una qualche funzione delle azioni che essa sceglie (output, investimenti tecnologici...) e delle
azioni che realizzano le altre imprese, i concorrenti sul mercato. Parliamo di interazione strategica che caratterizza
tutte le imprese.
𝜋1 = 𝑓(𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 … 𝑥𝑛 )
Le x rappresentano le scelte dell’impresa e dei concorrenti.
La teoria dei giochi si sviluppa a partire dall’ambito matematico e fornisce uno strumento analitico per analizzare le
interazioni strategiche.
Definizione (generale per applicarla ad ogni situazione) di gioco in forma normale o strategica.

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Il gioco è descritto dai seguenti elementi:


- Insieme N di giocatori la cui identità è data nell’insieme 𝐼 = {1, 2, … , 𝑁}
- Per ogni giocatore un insieme delle azioni che elenca tutte le azioni 𝐴𝑖 a loro disposizione
𝑖
- 𝑎𝑖 identifica una specifica azione del giocatore, quindi 𝐴𝑖 = {𝑎1𝑖 , 𝑎2𝑖 , … , 𝑎𝐾𝑖 }; dove 𝐾𝑖 è il numero di azioni
disponibili per questo giocatore
- L’elenco delle azioni scelte dai giocatori è detto esito del gioco 𝛼 = (𝑎1 , 𝑎2 , … , 𝑎𝑁 )
- Per ogni giocatore la funzione di vincita (payoff) 𝜋, assegna un numero reale a ciascun possibile esito del gioco.
Esempio di gioco in forma normale o strategica.
Due paesi 1 e 2 e ciascuno ha due sole azioni (Guerra o Pace), l’insieme delle azioni dei giocatori è uguale.
I possibili esiti del gioco sono 4: GG, PP, GP, PG
Questi quattro esiti sono descritti in maniera tale che la prima scelta è del giocatore 1 e la seconda del 2.
È possibile rappresentare la situazione con una matrice. All’interno di ciascun quadrante, che definisce un diverso
esito, abbiamo indicato dei numeri (payoff), cioè le vincite che ciascun giocatore ottiene in ogni scenario. Il primo dei
payoff fa riferimento al giocatore riga il secondo a quello colonna.
Paese 2
Guerra Pace
Guerra 1, 1 3, 0
Paese 1
Pace 0, 3 2, 2

Entrambi i paesi otterrebbero la vincita più alta se entrambi mantenessero la pace. La peggiore è la situazione
asimmetrica di pace e guerra.
Ipotesi: i due paesi scelgono cosa fare senza poter osservare la mossa del rivale.
Quale è l’esito del gioco? Bisogna esplicitare il comportamento (razionale: nel perseguire l’obiettivo, i giocatori si
comportano in modo razionale) e l’obiettivo (massimizzazione della vincita) dei giocatori. I giocatori hanno
informazione perfetta e completa (conoscono l’identità del rivale, conoscono le azioni proprie e del rivale, le funzioni
di payoff e le regole del gioco).
La domanda è come prevediamo le azioni scelte dai giocatori? È necessaria una nozione di equilibrio.
𝑎¬𝑖 (a non i): è l’elenco delle azioni dei giocatori eccetto le azioni del giocatore i esimo. Nell’esempio 𝑎 = (𝑎𝑖 , 𝑎¬𝑖 )
Concetti di equilibrio
Equilibrio in azioni dominanti
Un’azione 𝑎̃ è detta dominante se assicura al giocatore che l’adotta un payoff più elevato (massimizza la vincita del
giocatore), indipendentemente dalle azioni degli altri giocatori. L’azione produce un payoff più elevato rispetto ad
altre azioni. Deve essere dunque rispettata questa condizione: il profitto di 𝑎̃ è maggiore delle altre azioni 𝑎𝑖 .
Se esiste un’azione dominante, dato che i giocatori hanno perfetta informazione, esiste una azione dominata. Nel
nostro caso guerra è l’azione dominante e garantisce payoff alto indipendentemente dall’azione dell’altro giocatore.
Se ciò è vero poiché è un’azione dominante, l’unico equilibrio possibile è GG (poiché c’è razionalità).
Un esito è detto equilibrio in azioni dominanti se 𝑎̃𝑖 è un’azione dominante per tutti i giocatori i.
Questa nozione è attraente perché l’equilibrio se esiste è unico e i giocatori hanno un solo modo ragionevole per
giocare.
L’unico esito di equilibrio è però pareto dominato da un altro esito (PP), che garantisce un payoff maggiore. L’equilibrio
dunque non assicura necessariamente payoff massimizzato; nel nostro esempio non si sceglie la pace perché se il rivale
scegliesse la guerra il payoff sarebbe minore.
Purtroppo, la gran parte dei giochi non ammette un equilibrio in azioni dominanti; dunque è necessario un concetto
di equilibrio più ampio.
Esempio: Battle of sex
Rachele
Opera Calcio
Opera 2, 1 0, 0
Giacomo
Calcio 0, 0 1, 2
Se i due non si incontrano la vincita è zero, se invece si recano nello stesso posto vincono entrambi ma uno dei due ha
payoff maggiore. Non è verificata la nozione di equilibrio in azione dominante, perciò è necessario un nuovo concetto
di equilibrio.

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Condizione di equilibrio di Nash (NE)


Un esito 𝑎̂ è detto equilibrio di Nash se nessun giocatore ha incentivo a deviare dato che tutti gli altri giocatori non
deviano delle azioni giocate in equilibrio.
Per ogni giocatore il profitto 𝑎̂ è maggiore al profitto derivante da altra azione, con azione costante nell’altro giocatore.
Esiste una relazione tra NE e l’equilibrio in azioni dominanti: avendo imposto una condizione più restrittiva nel secondo
caso, tutti gli equilibri in azioni dominanti sono anche NE; ma non tutti i NE sono equilibri in azioni dominanti.
Gli equilibri in azioni dominanti sono un sotto insieme degli equilibri di Nash.
Esito < O, O > = NE Se uno sceglie opera l’altro non ha interesse a deviare
Esito < C, O > ≠ NE uno dei due ha interesse a cambiare
Esito < O, C > ≠ NE
Esito < C, C > = NE
Questo gioco ammette due equilibri NE che hanno la stessa probabilità; nella realtà però se il gioco si è già ripetuto, o
se quel giorno fa freddo è più probabile O, O. Se la struttura del gioco non cambia entrambi sono equilibri di Nash.
Due ipotesi:
- Payoff moltiplicati per 10  situazione costante
- Payoff di un quadrante moltiplicato per 10  aumento delle probabilità di quell’esito
Nei giochi considerati, la variabile di scelta è continua e non si presta come una scelta di finiti valori (è infinita). È
impossibile, dunque, rappresentare in una matrice; a questo scopo un utile strumento è la definizione di funzione di
risposta ottima.
Nel definire NE abbiamo detto che ciascun giocatore effettua la scelta ottima data la scelta realizzata in quell’esito
dagli altri. Immaginiamo di avere 3 giocatori: deve essere vero che in NE ciascuna impresa sta massimizzando il π
rispetto alle proprie variabili. Posso riscrivere la condizione come un sistema di tre condizioni del prim’ordine.
𝛿𝜋1
= 0; max 𝑥1 𝜋1 = 𝑓1 (𝑥1 ; 𝑥2 ; 𝑥3 )
𝛿𝑥1
𝛿𝜋2
= 0; max 𝑥2 𝜋2 = 𝑓2 (𝑥1 ; 𝑥2 ; 𝑥3 )
𝛿𝑥2
𝛿𝜋3
= 0; max 𝑥3 𝜋3 = 𝑓3 (𝑥1 ; 𝑥2 ; 𝑥3 )
{𝛿𝑥3
In un gioco di N giocatori la funzione di risposta ottima del giocatore i è la funzione 𝑅𝑖 (𝑎¬𝑖 ), cioè la scelta che
massimizza la vincita del giocatore considerato. Ne deriva immediatamente che se 𝑎̂ è un equilibrio di Nash allora 𝑎̂𝑖 =
𝑅𝑖 (𝑎¬𝑖 ) per ogni giocatore.
Esempio:
𝜋1 = (𝑎 − 𝑏𝑥1 − 𝑏𝑥2 )𝑥1 − 𝑐𝑥1
𝜋2 = (𝑎 − 𝑏𝑥2 − 𝑏𝑥1 )𝑥2 − 𝑐𝑥2
In NE ciascun giocatore sceglie ottimamente in base a ciò che fanno gli altri. Come si ottiene l’ottimo? Trovando la
funzione che massimizza derivando:
𝛿𝜋1
= 𝑎 − 2𝑏𝑥1 − 𝑏𝑥2 − 𝑐 = 0
𝛿𝑥1
𝑎 − 𝑏𝑥2 − 𝑐
𝑥
̂1 = = 𝑅1 𝑥1
2𝑏
È valido anche per 𝑥2
Questa modalità di rappresentazione si presta a rappresentare quelle forme di interazione nelle quali la scelta è
simultanea, raro nella realtà.
I giocatori scelgono in istanti diversi; per analizzare queste situazioni utilizziamo un’altra rappresentazione dei giochi:
rappresentazione in forma estesa.
I giocatori possono muovere in tempi diversi, elementi che lo caratterizzano:
- Albero contenente un nodo iniziale, altri nodi decisionali, nodi terminali e rami che legano ciascun nodo
decisionale a quelli successivi.
- Lista di N giocatori
- Per ogni nodo decisionale l’indicazione del nome del giocatore chiamato a scegliere un’azione
- Per ogni giocatore i la specificazione dell’insieme delle azioni che il giocatore può scegliere per ciascun nodo
decisionale
- Specificazione della vincita di ciascun giocatore in corrispondenza di ciascun nodo terminale

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La rappresentazione è più articolata perché tiene conto dell’ordine delle mosse e le scelte non sono sempre uguali.
Bisogna distinguere il concetto di azione da quello di strategia, che nel caso precedente sono la stessa cosa.
Strategia (𝑆 𝑖 ): piano completo di azioni, una per ogni nodo decisionale nel quale il giocatore è chiamato a scegliere.
Esempio: pilota e terrorista

Un aereo che è decollato dall’Europa ed è destinato a NY; a bordo dell’aereo c’è un dirottatore che chiede di andare a
cuba sotto la minaccia di far esplodere l’aereo. Il pilota riceve minaccia e sceglie, e in funzione di questa decisione il
terrorista deve decidere se far esplodere o meno l’aereo.
La rappresentazione prevede azioni sequenziali e per ciascun nodo finale ci sono dei payoff:
- se l’aereo esplode i payoff sono negativi
- se va a cuba e non esplode 1 e 1
- se va a NY e non esplode 2 e 0 (terrorista viene arrestato)
Il gioco ha 8 possibili esiti (lista in cui viene indicata l’azione scelta da ciascun giocatore. Rappresentiamo in forma
strategica:
Terrorista
(B, B) (B, NB) (NB, B) (NB, NB)
NY -1, -1 2, 0 -1, -1 2, 0
Pilota
Cuba -1, -1 -1, -1 1, 1 1, 1
Ci sono tre equilibri di Nash:
(𝑁𝑌, (𝑁𝐵, 𝑁𝐵)), (𝑁𝑌, (𝐵, 𝑁𝐵)) 𝑒 (𝐶𝑈𝐵𝐴, (𝑁𝐵, 𝐵))
In nessuno dei tre esplode la bomba, in due di questi però il terrorista prevede di farla esplodere nella destinazione
non scelta dal pilota. L’esplosione non è mai ottimale per il terrorista.
È necessario un miglioramento dell’equilibrio di Nash nel quale si considera anche un’azione programmata ma non
realizzata.
Usiamo il concetto di sottogioco: si compone di un nodo decisionale del gioco completo e di tutti i nodi terminali che
seguono da questo. Nell’esempio i sottogiochi sono 3:

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Possiamo definire l’equilibrio perfetto nei sottogiochi (SPE) se questo induce un NE in ogni sottogioco del gioco
originario. L’SPE è un raffinamento, cioè è un equilibrio di Nash al quale aggiungiamo la condizione che l’esplosione
della bomba non è contemplata.
Nell’esempio l’unico SPE è (𝑁𝑌, (𝑁𝐵, 𝑁𝐵)),
Per individuare agevolmente l’SPE di adopera l’induzione a ritroso, partendo dai nodi decisionali più bassi e eliminando
i rami che prevedono azioni non NE.
Nell’esempio elimino le azioni che prevedono l’esplosione.
Capitolo 5: Discriminazione di prezzo e monopolio: prezzi lineari
È una pratica molto diffusa che verrà analizzata nel caso più semplice: il monopolio.
Perché in una libreria si può acquistare lo stesso libro in copertina rigida o flessibile, con un differenziale di prezzo non
giustificato da un pezzo di cartone? Questo è un esempio di discriminazione di prezzo.
Per discriminazione di prezzo s’intende il comportamento delle imprese che vendono lo stesso bene a prezzi diversi a
consumatori diversi.
Perché le imprese la applicano? Se lo fanno è perché aumenta i profitti.
Come fanno a fissare questi prezzi diversi e a far sì che consumatori diversi paghino prezzi diversi?
Da un punto divista di efficienza è desiderabile che imprese pratichino prezzi diversi a gruppi di consumatori diversi?
È necessariamente un male?
Per un’impresa che desidera discriminare si pongono due problemi:
- Identificazione: bisogna identificare la domanda, i diversi consumatori e i consumatori in mercati separati. La
caratteristica da analizzare nel consumatore è la disponibilità a pagare.
- Prevenzione dell’arbitraggio: evitare che i consumatori con disponibilità a pagare più bassa acquistino il bene
al prezzo basso per poi rivenderlo a un prezzo più alto, creando un mercato secondario. Questo implica
l’impossibilità di applicare la discriminazione.
In alcuni casi il problema non sussiste: discriminazioni per età, il giovane non può rivendere ad individui fuori
dalla fascia d’età agevolata poiché verrà chiesto di dimostrare l’età con un documento.
L’impresa può realizzare diversi tipi di discriminazione:
- Primo grado o prezzi personalizzati: consente al monopolista di far pagare ad ogni consumatore il proprio
prezzo di riserva per ciascuna unità consumata, è detta dunque discriminazione perfetta.
Si richiede che il monopolista conosca il prezzo di riserva di ciascun consumatore. È diverso dal dire conoscere
la curva di domanda di mercato ottenuta per aggregazione. Su questa base non posso conoscere l’identità di
ogni soggetto. Il livello di informazione non può essere preciso
- Secondo grado o menu pricing: il monopolista vende unità differenti di output a prezzi differenti, la differenza
consiste nel fatto che diversi consumatori che acquistano la stessa quantità pagano lo stesso prezzo. Esempio
tipico è lo sconto sulle quantità.
Il monopolista ha qualche informazione sulle diverse preferenze dei consumatori ma non conosce le
preferenze individuali. Per esempio i lettori di un libro si dividono in lettori impazienti e pazienti, cioè quelli
disposti ad acquistare dopo un po’ di tempo e quindi con minore disponibilità a pagare rispetto alla prima
categoria di lettori.
È possibile distinguere le classi dei consumatori, ma non si è in grado di indentificare a quale gruppo appartiene
il consumatore. Diventa importante l’auto selezione, nell’esempio è possibile usando il tempo. Chi compra
subito ha una disponibilità a pagare ampia, gli altri hanno minore disponibilità a pagare.
- Terzo grado o group pricing: il monopolista vende a gruppi di consumatori diversi a prezzi diversi. Ciascun
consumatore paga lo stesso prezzo per tutte le unità acquistate. Un esempio sono i libri di testo, che hanno
prezzi unici per i vari mercati (gruppi di consumatori).
Il monopolista possiede informazioni circa alcune caratteristiche del cliente e sa come queste sono correlate
alla disponibilità a pagare, poiché sono osservabili (età).
Discriminazione di terzo grado
- I consumatori si differenziano per alcune caratteristiche osservabili.
- Per ciascun gruppo omogeneo, rispetto alla caratteristica, il monopolista assegna diverso prezzo. Il prezzo è
lineare, poiché induce una spesa totale che è funzione lineare della quantità.
In che modo per ciascun gruppo il monopolista fissa il prezzo da praticare al gruppo?
- I consumatori con bassa elasticità della domanda dovrebbero pagare un prezzo più alto
- I consumatori con alta elasticità della domanda dovrebbero pagare un prezzo più basso

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Esempio di discriminazione di terzo grado


Domanda:
- USA: 𝑃𝑈 = 36 − 4𝑞 (intercetta maggiore)
- Europa: 𝑃𝐸 = 24 − 4𝑞
Il costo marginale è costante per ciascun mercato: 𝐶𝑀𝑔 = 4€
Supponiamo che sia applicato lo stesso prezzo ai mercati, la procedura sarà:
- Calcolo domanda aggregata
- Calcolo ricavi marginali
- Uguagliare costi e ricavi marginali
- Trovare il prezzo di mercato sulla curva di domanda aggregata
- Sostituire il prezzo sulle domande individuali per avere la quantità
𝑃
𝑃𝑈 = 36 − 4𝑄 → 𝑄𝑈 = 9 − 𝑝𝑒𝑟 𝑃 ≤ 36
4
𝑃
𝑃𝐸 = 24 − 4𝑄 → 𝑄𝐸 = 6 − 𝑝𝑒𝑟 𝑃 ≤ 24
4
Aggregando:
𝑝𝑒𝑟 𝑃 > 36 → 𝑄 = 0
𝑃
𝑄 = 9 − 𝑝𝑒𝑟 24 ≤ 𝑃 ≤ 36 𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑠𝑒𝑟𝑣𝑖𝑡𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑖𝑙 𝑚𝑒𝑟𝑐𝑎𝑡𝑜 𝑈𝑆𝐴
4
𝑝
𝑄 = 15 − 𝑝𝑒𝑟 𝑃 < 24 𝑣𝑒𝑛𝑔𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑒𝑟𝑣𝑖𝑡𝑖 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑚𝑏𝑖 𝑖 𝑚𝑒𝑟𝑐𝑎𝑡𝑖
2
𝑃 = 36 − 4𝑄 → 𝑅𝑀𝑔 = 36 − 8𝑄 𝑝𝑒𝑟 𝑄 ≤ 3
𝑃 = 30 − 2𝑄 → 𝑅𝑀𝑔 = 30 − 4𝑄 𝑝𝑒𝑟 𝑄 > 3
Ponendo RMg = CMg
𝑄 = 6.5 𝑒 𝑃 = 17€

Sostituendo il prezzo nelle domande di mercato:


𝑄𝑈 = 9 − 17/4 = 4.75
𝑄𝐸 = 6 − 17/4 = 1.75
𝜋 = (17 − 4) ∗ 6.5 = 84.5€
Se invece applicasse discriminazione di III grado?
Il RMg non è pari al CMg in entrambi i mercati:
- 𝑅𝑀𝑔 > 𝐶𝑀𝑔 nel mercato europeo.
- 𝑅𝑀𝑔 < 𝐶𝑀𝑔 nel mercato americano

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Ciò richiede l’applicazione di diversi prezzi nei due mercati:


- uno più alto negli USA, permette aumento RMg per poter uguagliarli ai CMg (diminuzione delle quantità)
- uno inferiore in Europa, permette riduzione del RMg per poterlo uguagliare al CMg (aumento delle quantità)
Procedura: prendere separatamente ogni mercato
𝑃𝑈 = 36 – 4𝑄 → 𝑅𝑀𝑔 = 36 – 8𝑄
𝐶𝑀𝑔 = 4
𝑅𝑀𝑔 = 𝐶𝑀𝑔 → 𝑄𝑈 = 4 𝑒 𝑃𝑈 = 20

Stesso procedimento per il mercato europeo:


𝑄𝐸 = 2.5 𝑒 𝑃𝐸 = 14

Complessivamente si vende la stessa quantità (6,5), ma distribuita diversamente nei due mercati.
I profitti totali sono (20 − 4)4 + (14 – 4)2.5 = 89€  aumento di 4,5€ rispetto all’assenza di discriminazione

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I costi marginali non sono necessariamente costanti:


ipotesi di CMg crescente
- Senza discriminazione
𝑎𝑠𝑠𝑢𝑚𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝐶𝑀𝑔 = 0.75 + 𝑄/2

- Con discriminazione
Il CMg non è costante, dipende dalla quantità complessivamente prodotta sui due mercati, dunque non posso
considerare separatamente i mercati.
Per risolvere è necessario aggregare i RMg e incrociarli con i CMg, ponendoli uguali. Otteniamo il RMg di equilibrio e
avremo delle quantità e un prezzo.
𝑎𝑠𝑠𝑢𝑚𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝐶𝑀𝑔 = 0.75 + 𝑄/2

Con o senza discriminazione la quantità prodotta totale non cambia poiché le domande sono lineari, ma la
discriminazione aumenta i profitti.
Per ogni tipo di domanda valgono due regole:
- I RMg devono essere uguagliati nei due mercati, essendo diverse le curve di domanda
- CMg aggregato = RMg aggregato
Discriminazione di prezzo ed elasticità
Dove l’elasticità è alta il prezzo è più basso.
Ipotesi di due mercati con uguale CMg e 𝑅𝑀𝑔 = 𝑃(1 − 1/𝜂)
Dalla regola (RMg uguali nei due mercati):
𝑅𝑀𝑔1 = 𝑅𝑀𝑔2 → 𝑃1 (1 − 1/𝜂1 ) = 𝑃2 (1 − 1/𝜂2 )
𝑃1 1 − 1/𝜂2 𝜂1 𝜂2 − 𝜂1
= =
𝑃2 1 − 1/𝜂1 𝜂1 𝜂2 − 𝜂2
Nell’ultimo passaggio, il primo termine è uguale e la differenza tra i prezzi (rapporto >1) dipende dal fatto che
l’elasticità 𝜂1 del numeratore (N) sia maggiore dell’elasticità 𝜂2 al denominatore (D).
𝑃1 > 𝑃2 𝑠𝑒 𝑁 > 𝐷 𝑑𝑢𝑛𝑞𝑢𝑒 𝑠𝑒 𝜂1 < 𝜂2 (c’è il segno meno)

Per rendere più facile la discriminazione:


- Beni differenziati
Il venditore necessita di una caratteristica osservabile che segnali la disponibilità a pagare e deve anche prevenire
l’arbitraggio.
La discriminazione di terzo grado potrebbe realizzarsi anche attraverso la modifica della qualità del prodotto

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Ipotesi di:
- Due sottomercati la cui domanda sia 𝑃 = 𝐴 – 𝐵𝑄
- CMg uguali nei due sottomercati pari a 𝑐𝑖
- Consumatori del sottomercato I non possono acquistare nel sottomercato J
Uguagliate RMg e CMg nei sotto mercati
𝐴 − 𝑐𝑖 𝐴 + 𝑐𝑖 𝐴𝐼 − 𝐴𝐽 𝑐𝐼 − 𝑐𝐽
𝐴 − 2𝐵𝑄 = 𝑐𝑖 → 𝑄 = →𝑃= → 𝑃𝐼 − 𝑃𝐽 = +
2𝐵 2 2 2
È improbabile che la differenza dei prezzi sia uguale alla differenza dei CMg, poiché c’è un termine in più che influenza
il prezzo che rappresenta la differenza tra parametri della funzione di domanda.
Disponibilità a pagare Disponibilità a pagare
consumatori impazienti consumatori pazienti
Versione immediata 100 50
Versione ritardata 40 30
Numero di consumatori 40 60
I consumatori sono 100 senza applicare la discriminazione di prezzo; per semplicità assumiamo i CMg costanti e pari a
zero. Tra le due versioni è meglio produrre la versione con la disponibilità a pagare maggiore.
Se 𝑃 > 100 la domanda è nulla  𝜋 = 0
Se 100 < 𝑃 < 50 la domanda è 40  𝜋 = 100 ∗ 40 = 4.000
Se 𝑃 < 50 la domanda è 100  𝜋 = 50 ∗ 100 = 5.000
Nel caso di monopolista discriminante:
- Se il prezzo della versione ritardata viene fissato a 30 si vendono 60 unità, alle quali bisogna aggiungere 40 unità
di consumatori impazienti che ritardano l’acquisto per aumentare il surplus.
𝜋 = 30 ∗ (60 + 40) = 3.000
- Se prezzo della versione immediata viene fissato a 100, le unità vendute sono 40; ma, dato che il surplus è nullo,
tutti i consumatori posticiperanno l’acquisto annullando i profitti
𝜋 = 100 ∗ (40 − 40) = 0
Per indurre gli impazienti a comprare la versione immediata, bisogna fissare un prezzo minore che assicura lo stesso
surplus dell’acquisto posticipato a prezzo inferiore.
Fissando un prezzo pari a 90 per la versione immediata il surplus dell’impaziente è 10 (dato da 100 – 90), che equivale
al surplus per la versione ritardata (40 – 30).
Dunque si vendono 60 unità al prezzo di 30 e 40 unità al prezzo di 90.
𝜋 = 60 ∗ 30 + 40 ∗ 90 = 5.400
Il prezzo non può essere superiore alla disponibilità a pagare
Vincolo di compatibilità degli incentivi: se il monopolista decide di vendere entrambe le versioni, fissa il prezzo uguale
alla disponibilità a pagare per i pazienti ma deve tener conto del surplus per i consumatori impazienti per evitare che
posticipino l’acquisto.
Questo comportamento di discriminazione non ha nulla di nuovo, già nel 1849 Dupuit nota che la terza classe dei treni
ha un servizio di bassissima qualità che serve a scoraggiare l’acquisto di biglietti di terza classe.
Altri meccanismi di discriminazione di prezzo
- Pernottamenti obbligatori al sabato: consente di separare i gruppi di consumatori che viaggiano per lavoro o
piacere. I primi preferiranno tornare a casa per il weekend, i secondi preferiscono essere fuori casa.
- Divieto di apportare cambiamenti: vendere software di qualità minore e impedire che l’utente possa
migliorarla.
- Differenziazione in base all’ora di acquisto
- Discriminazione per luogo geografico
Esempio di discriminazione per luogo
Domanda per due mercati uguale P = A – BQ
Costo marginale nel mercato j è maggiore del mercato i per una differenza t: 𝑐𝑗 = 𝑐𝑖 + 𝑡
La differenza tra i prezzi tra i due mercati è diversa dalla differenza dei costi: monopolista attua discriminazione
Discriminazione aumenta il benessere sociale?

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In questo caso per benessere intendiamo la somma del surplus consumatore e del venditore (efficienza) e non come
questo viene distribuito nelle categorie (equità).
Ipotesi di due mercati: uno con domanda debole e uno con domanda forte e una disponibilità a pagare diversa
Supponiamo che CMg sia costante, calcolo domanda e prezzo con intersezione tra RMg e CMg
Il prezzo calcolato lo applichiamo ad entrambi i mercati; questo prezzo è inferiore rispetto al prezzo praticabile con la
discriminazione nel mercato a domanda forte ed è maggiore nel caso del mercato a domanda debole.
Il massimo guadagno è l’area G nel mercato a domanda debole e la minima perdita nel mercato a domanda forte è
l’area L.
Se mettiamo assieme:

∆𝑊 ≤ 𝐺 − 𝐿 = (𝑃𝑈 − 𝐶𝑀𝑔)∆𝑄1 + (𝑃𝑈 − 𝐶𝑀𝑔)∆𝑄2 = (𝑃𝑈 − 𝐶𝑀𝑔)(∆𝑄1 + ∆𝑄2 )


La variazione totale di benessere è non superiore alla differenza tra il guadagno ottenuto sul mercato a domanda
debole e la perdita sul mercato forte.
È possibile calcolare le aree e diventa una somma perché 𝐿 è negativo.
La discriminazione di prezzo non può aumentare il surplus totale a meno che non aumenti l’output totale.
Il primo termine dell’ultimo passaggio è positivo il secondo negativo. Diventa positivo se aumenta l’output totale.
In pratica la variazione del benessere è nulla poiché uno surplus aumenta e uno diminuisce, si ha solo una
redistribuzione del surplus a favore del monopolista e a danno del mercato a domanda forte.
L’analisi assume che i mercati siano serviti sia con che senza discriminazione, questo non è detto. È necessario
verificare la condizione.
Esempio: due mercati, uno del nord 𝑃𝑁 = 100 − 𝑄𝑁 e uno del sud 𝑃 = 100𝛼 − 𝑄 𝑐𝑜𝑛 0 < 𝛼 < 1
Costo marginale è costante e pari a 20€ per entrambi i mercati.
Il monopolista che fissa un prezzo uniforme dovrà uguagliare CMg al RMg aggregato, questa condizione avviene in due
punti a causa della discontinuità del RMg.

La domanda aggregata è 𝑃 = (1 + 𝛼)50 − 𝑄/2


Ricavo il RMg e incrocio con CMg, il prezzo uniforme sarà 𝑃 = 35 + 25𝛼
Il monopolista deve scegliere quale dei due punti. Ma in uno dei due il mercato a domanda debole non viene servito.
La scelta avviene in base al profitto.
Prende la decisione di passare a servire entrambi i mercati con una perdita e un aumento di profitti. Questo porta a
servire entrambi i mercati poiché l’area di aumento è maggiore di quella di perdita. La differenza tra le aree è data dal
fatto che il CMg è inferiore alla disponibilità a pagare del sud.
La discriminazione aumenta il benessere sociale, poiché viene servito un nuovo mercato. Si ha aumento di efficienza
e di equità

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Impatto di una riduzione di alfa, il prezzo si fa più piccolo e la quantità di riduce.


CMg e RMg si incociano solo in un punto, in corrispondenza del punto la quantità venduta è più bassa e il prezzo è
talmente alto da non servire il mercato del sud a domanda debole. Il monopolista decide di abbandonare il mercato
del sud, dunque il prezzo è quello del mercato nord.

Capitolo 6: Discriminazione di prezzo: prezzi non lineari


Prezzi non lineari: la funzione della spesa totale non cresce linearmente all’aumentare della quantità acquistata,
dunque il prezzo è diverso in funzione della quantità acquistata; questo è tipico degli sconti sulle quantità.
Altro esempio è la tariffa a due parti: formata da una tariffa fissa e una variabile in funzione delle quantità
𝐹 + 𝑃𝑄
È probabile che la parte variabile ha un prezzo che è funzione dei consumi F + P(Q)Q. più complesso è il caso che il
prezzo dipende dal tempo come accade per l’energia elettrica.
Ciò permette di avvicinarsi alla disponibilità a pagare, dunque dovrebbe essere più profittevole della discriminazione
di terzo grado.
La struttura degli schemi di prezzo dipende dall’informazione disponibile al monopolista rispetto alla disponibilità a
pagare del consumatore.
Discriminazione perfetta o di primo grado
Consente al monopolista di far pagare ad ogni consumatore il proprio prezzo di riserva per ciascuna unità consumata,
questo permette al monopolista di estrarre il massimo surplus, poiché il surplus del consumatore va a zero.
La discriminazione è efficiente perché il RMg corrisponde alla curva di domanda e dunque P=RMg. La quantità fissata
è all’intersezione tra CMg e RMg, questo permette di ottenere la stessa quantità della concorrenza perfetta ma con la
differenza che il surplus del consumatore è azzerato. Non c’è più perdita di benessere efficienza, ma non vengono
rispettati i criteri d’equità.
Ipotesi: 5 auto e 5 acquirenti con diverse disponibilità a pagare (10.000, 8.000, 6.000, 4.000, 2.000)
Se vendo le auto ad un prezzo pari alla disponibilità a pagare di ciascun acquirente  𝜋 = 30.000

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Se applico un prezzo unico sceglierò quello che massimizza il profitto. Se P = 6.000  𝜋 = 18.000
Nel secondo caso il surplus totale è 18.000 + 6.000 = 24.000 con una perdita di benessere di 6.000
La discriminazione perfetta è altamente remunerativa ma si richiede un tipo di informazione estremamente precisa. È
necessario conoscere l’identità di ogni consumatore e la relativa disponibilità a pagare e anche risolvere un enorme
problema di arbitraggio.
Il prezzo dell’ultima unità venduta è uguale al costo marginale: tutti gli scambi profittevoli sono realizzati dunque si
raggiunge la massima efficienza. Esempi che si avvicinano a questa condizione è il caso dei commercialisti/dottori che
hanno relazione 1:1 con il cliente e per i quali possibile stabilire la disponibilità a pagare.
È possibile replicare lo stesso esito della discriminazione perfetta con schemi alternativi più semplici: le tariffe a due
parti e il block pricing.
Tariffa a due parti
Esempio: club che serve due tipi di clienti: anziani e giovani con 𝑃 = 𝑉𝑎 − 𝑄𝑎 𝑒 𝑃 = 𝑉𝑔 − 𝑄𝑔
Ipotesi che il numero dei due tipi sia uguale.
Assumiamo che l’intercetta (disponibilità a pagare) sia maggiore per gli anziani
Il costo del club 𝐶(𝑄) = 𝐹 + 𝑐𝑄
Ipotesi: ingresso libero e drink a pagamento
Domanda aggregata 𝑄 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 ) − 2𝑃, invertiamo per trovare il prezzo e il RMg  𝑅𝑀𝑔 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 )/2 − 𝑄
CMg = RMg  𝑄 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 )/2 − 𝐶𝑀𝑔 → 𝑃 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 )/4 + 𝐶𝑀𝑔/2
E dunque:
3𝑉𝑎 − 𝑉𝑔 𝐶𝑚𝑔 3𝑉𝑔 − 𝑉𝑎 𝐶𝑚𝑔
𝑄𝑎 = − 𝑒 𝑄𝑔 = −
4 2 4 2
2
𝜋 𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑎 𝑔𝑖𝑜𝑣𝑎𝑛𝑒/𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑛𝑜 = (𝑉𝑎 + 𝑉𝑔 − 2𝐶𝑚𝑔)

Con prezzi lineari il surplus del consumatore è positivo


Ipotesi con tariffa a due parti
Surplus dei consumatori:
𝑄𝑎 𝑄𝑎2 𝑄𝑔 𝑄𝑔2
𝐶𝑆𝑎 = (𝑉𝑎 − 𝑃𝑈 ) ∗ = 𝑒 𝐶𝑆𝑔 = (𝑉𝑔 − 𝑃𝑈 ) ∗ =
2 2 2 2
I lati del triangolo sono uguali perché inclinazione -1
Il prezzo è maggiore del CMg, questo riduce la quantità dei drink acquistati e non tutti gli scambi profittevoli sono
effettuati.
Se P=CMg il monopolista esaurisce le possibilità di scambio ed estrae il massimo del surplus attraverso la quota fissa.
Attraverso F il surplus consumatore diventa profitto.

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2
[(𝑉𝑎 − 𝐶𝑚𝑔)2 + (𝑉𝑔 − 𝐶𝑚𝑔) ]
𝜋 𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑎 𝑔𝑖𝑜𝑣𝑎𝑛𝑒/𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑛𝑜 𝑜𝑟𝑎 è =
2
Block pricing
Il monopolista fissa un prezzo che dà diritto a un certo numero di quantità del bene
Nell’esempio precedente si fissa un pacchetto entrata che comprende un numero x di drink.
Il monopolista deve:
- Porre la quantità offerta a ciascun gruppo di consumatori pari all’ammontare che quel gruppo comprerebbe
se P = CMg
- Porre la quota totale richiesta a ciascun gruppo di consumatori pari alla disponibilità a pagare totale per quella
quantità

La disponibilità a pagare è l’area del trapezio, ricavata dalla somma dell’area di un triangolo e di un rettangolo.
I prezzi medi pagati dai due gruppi sono diversi: il prezzo medio pagato da un anziano è maggiore perché la disponibilità
a pagare è più alta.
Questi prezzi sono identici ai prezzi lineari che il monopolista applicherebbe con discriminazione di terzo grado, ma il
profitto è maggiore poiché nella discriminazione di terzo grado si ha perdita di surplus e alcune trattative non vengono
effettuate.
Discriminazione di secondo grado
Partiamo da domanda: e se il venditore non riuscisse a distinguere i clienti?
Il monopolista sa quali sono le categorie di clienti, ma non è in grado di assegnare quel consumatore alle diverse
categorie di clienti, è in grado cioè di segmentare il mercato ma non è in grado di definire l’appartenenza al segmento
di un consumatore.
Se non risolve il problema, tutti i consumatori diranno di appartenere alla categoria agevolata.
Per risolvere: discriminazione di secondo grado, attraverso una forma di offerta che soddisfa due diversi vincoli:
- Il vincolo di partecipazione
- Il vincolo di compatibilità degli incentivi
Supponiamo che la discriminante sia il reddito che non è osservabile. Come si risolve?
In teoria si potrebbe facendo in modo che il consumatore nel realizzare la sua scelta riveli il suo vero tipo. Se il
monopolista chiedesse “lei appartiene a fascia di reddito alta o bassa?” non risolvo perché la controparte non ha
incentivo ha dichiarare il suo vero tipo, questo vale per il soggetto che dovrebbe pagare il prezzo più alto.
L’offerta del monopolista deve rendere conveniente dichiarare di avere reddito alto, cioè dichiarare il vero tipo.
Esempio:
𝑃𝑎 = 16 − 𝑄𝑎
𝑃𝑏 = 12 − 𝑄𝑏
𝐶𝑀𝑔 = 4
Nel caso di discriminazione di primo grado è possibile fissare una tariffa a due parti o un block pricing solo se il
monopolista dispone di informazioni dettagliate circa la domanda.
Se non è in grado di identificare i consumatori, quelli ad alto reddito sceglierebbero l’offerta disegnata per i soggetti a
basso reddito poiché aumenterebbe la loro utilità, che sarebbe azzerata se scegliessero l’offerta a loro destinata.
È necessaria un’offerta che riveli il vero tipo dei consumatori.

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Il venditore potrebbe ricorrere a un compromesso: formulare uno schema che permette di rivelare il gruppo di
appartenenza dei consumatori. Questo è il principio della discriminazione di II grado
Affinché l’offerta dei diversi menù di prezzo funzioni devono essere soddisfatti:
- Il vincolo di partecipazione: il consumatore aderendo all’offerta deve ottenere un livello di utilità, quindi il
prezzo che paga deve essere non superiore all’utilità che egli deriva dal consumo del bene.
- Il vincolo di compatibilità degli incentivi: mi dice che l’utilità che il consumatore di tipo 𝑖 ottiene pagando la
tariffa 𝑃𝑖 per la quantità 𝑥𝑖 è non inferiore a quella che otterrebbe aderendo all’offerta disegnata per l’altra
categoria di consumatori
𝑈𝑖 (𝑝𝑖 ; 𝑥𝑖 ) ≥ 𝑈𝑖 (𝑝𝑗 ; 𝑥𝑗 )
Il vincolo è rispettato per utenti a bassa disponibilità a pagare ma è violato nel caso di soggetti ad alto reddito.
𝑈𝑎 (𝑝𝑎 ; 𝑥𝑎 ) = 0 𝑒 𝑈𝑎 (𝑝𝑏 ; 𝑥𝑏 ) = 32

Cerchiamo di individuare un’offerta che soddisfi entrambi i vincoli.


Sappiamo che i consumatori ad alto reddito sono disposti a pagare fino a 120 + 12 drink (area totale) se non vi fossero
altri pacchetti. Si potrebbe offrire un pacchetto che dia diritto a 12 drink dietro un pagamento pari a 88 (120-32 surplus
che otterrebbero aderendo all’offerta fatta per b). In questo caso il vincolo viene rispettato:
𝑈𝑎 (𝑝𝑎 ; 𝑥𝑎 ) = 32; 𝑈𝑎 (𝑝𝑏 ; 𝑥𝑏 ) = 32
32 ≥ 32
Se il monopolista offrisse queste due tipologie di ingressi sappiamo che i consumatori b scelgono la b; e i consumatori
di tipo a scelgono l’offerta a loro destinata: questo permette l’autoselezione attraverso la propria scelta di consumo.
Il prezzo 32 è quello che il monopolista deve pagare per farsi rivelare dal consumatore il proprio tipo.
In questo scenario il consumatore a possiede un’informazione privata che genera una rendita informativa; se il
monopolista disponesse con certezza dell’informazione farebbe pagare una tariffa che azzererebbe il surplus dei
consumatori a.
Anche il consumatore b ha una informazione privata ma che non genera nessuna rendita, perché il vincolo di
compatibilità è sempre soddisfatto.
I profitti derivanti dai consumatori sono:
𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑡𝑖𝑝𝑜 𝑎 → 88 − 12 ∗ 4 = 40
𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑡𝑖𝑝𝑜 𝑏 → 64 − 8 ∗ 4 = 32
La situazione è simile ad uno sconto sulla quantità, poiché A paga 7,33€/unità e B paga 8€/unità.

Domanda: il menù d’offerta che rispetta i due vincoli è anche il migliore che monopolista può offrire? La risposta è sì,
se si riduce il numero di unità offerte al consumatore a basso reddito.
La rendita informativa che il monopolista deve pagare al consumatore di tipo a è determinata come differenza tra
l’utilità che otterrebbe aderendo all’altra offerta e l’utilità che deriva dall’offerta dedicata a lui.
Se riduco l’offerta per b, supponiamo che a b siano offerti 7 drink e non 8, la disponibilità a pagare scende a 59,50€ e
i profitti sono 31,5 rispetto ai 32 precedenti.
Un consumatore a pagherebbe fino a 87,5€ per l’ingresso e 7 drink, riservando 28 di surplus. Dunque il pacchetto 12
drink non potrà costare più di 120 –28 = 92€ (28 è la rendita informativa).
Il menù d’offerta rispetta i due vincoli e i profitti sono:
- 44 per ogni consumatore a (aumentati di 4)
- 31,5 per ogni consumatore b (diminuiti di 0,5)

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Quest’offerta è più profittevole per il monopolista.


Servendo i consumatori b il monopolista introduce un bene sostituto del servizio offerto ad a; se non vi fosse l’offerta
per b il consumatore pagherebbe 120 per i drink.
Il monopolista ha incentivo a peggiorare la qualità dell’offerta b per ottenere di più dall’altro lato del mercato.
Con il peggioramento nel mercato b il surplus totale non è massimizzato e dunque il numero di scambi effettivi è
inferiore a quello ottimale: il monopolista ha introdotto un’inefficienza.
Questo fenomeno è molto più generale rispetto al caso osservato: in generale il monopolista che deve realizzare un
menù di offerta che rispetti i due vincoli è indotto a peggiorare la qualità dell’offerta per i consumatori a bassa
disponibilità a pagare.
𝑈𝑖 (𝑝𝑖 ; 𝑥𝑖 ) ≥ 𝑈𝑖 (𝑝𝑗 ; 𝑥𝑗 )
Se il secondo termine diminuisce il monopolista ha incentivo a ridurlo ancora.
Questo spiega perché da Trony è presente una gamma di elettrodomestici differente, per la quale il differenziale di
prezzo non è determinato dalle differenze dei materiali, caratteristiche tecniche...
Concludendo: il monopolista non è sempre disposto a vendere ad entrambi i gruppi, allo scopo di estrarre il massimo
surplus dai soggetti ad alta disponibilità a pagare.
La discriminazione a prezzi non lineari aumenta o riduce il benessere sociale?
Nella discriminazione di primo grado il surplus aumenta perché si massimizza il numero di scambi anche se non si
rispettano i criteri di equità.
Le politiche di prezzo cambiano la distribuzione di surplus e il livello di output che influenza il benessere sociale
direttamente, in generale se aumenta l’output aumenta il surplus totale.

Il caso del menù pricing è ambiguo perché il monopolista è indotto a introdurre una distorsione sul mercato a bassa
disponibilità a pagare.
Il monopolista riduce la quantità offerta al mercato con bassa disponibilità a pagare e l’aumenta per il mercato a
domanda alta ponendo uguale UMg = CMg

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∆𝑊 ≤ 𝐺 − 𝐿
Il primo termine è positivo, il secondo dipende dalla riduzione dell’output sia inferiore o maggiore all’aumento
dell’output sull’altro mercato. È necessario che la somma algebrica sia positiva. Dunque per migliorare il benessere è
necessario che aumenti output.
Raggruppamento di prodotti o vendita a pacchetto (bundling)
Spesso acquistiamo prodotti che sono venduti assieme ad altri; un esempio è il quotidiano che mette assieme sezioni
di notizie che potrebbero essere vendute separatamente. Altri esempi sono il sistema operativo, il pacchetto office...
Questi raggruppamenti sono venduti in due modalità: è possibile acquistare singolarmente le componenti o acquistare
il pacchetto, il cui prezzo è inferiore della somma dei singoli prodotti acquistati separatamente.
Il bundling aumenta la capacità di estrarre surplus del consumatore.
Un caso particolare sono le vendite abbinate, cioè quando l’acquisto di un bene è vincolato all’acquisto di un altro; un
esempio è la stampante, poiché si è obbligati all’acquisto di toner originale pena perdita garanzia.
Le vendite abbinate vengono utilizzate dal monopolista per estendere il potere di mercato a un altro settore.
L’abbinamento può essere
- Contrattuale: garanzia
- Tecnologico: solo un tipo di lamette vanno sul rasoio
Esempio:
Consideriamo due emittenti televisive che trasmettono due vecchi film, tra le quali è possibile l’arbitraggio.
La disponibilità a pagare delle emittenti è:
Disponibilità a Disponibilità a Disponibilità a
pagare per film A pagare per film B pagare totale
Emittente A 8000 2500 10500
Emittente B 700 3000 10000

Il monopolista che ha il diritto sui due film a che prezzo deve vendere film il film A?
Se il prezzo è superiore a 8000 non vende; se uguale a 8000 vende una copia; se ne vuole vendere 2 deve fissare il
prezzo a 7000.
Quale è il prezzo per il film B? 3000 per vendere una copia o 2500 per vendere 2 copie.
Se vengono venduti separatamente i profitti sono 19.000
Potrebbe fare di meglio abbinando le vendite dei due film?
Se fissa il prezzo a 10.000 per il pacchetto dei due film, vende due pacchetti con profitti pari a 20.000
Questo spiega perché i giornali hanno tutte le sezioni (cultura sport cronaca…)
Quando abbiamo una variabilità a pagare di diversi individui per i diversi componenti del pacchetto, il monopolista
può aumentare i suoi profitti attraverso il bundling in quanto la varianza della disponibilità a pagare per i singoli
pacchetti è sempre superiore alla varianza della diponibilità a pagare per il pacchetto. Questo rende profittevole il
bundling, poiché sfrutta la disponibilità a pagare aggregata.
Vendendo separatamente il monopolista lascia ai consumatori un surplus totale di 1500, che con il bundling si riduce.
Consideriamo un caso in cui esplicitiamo la presenza di costi e introduciamo il bundling misto, introdurre cioè la
possibilità di acquistare separatamente le componenti del pacchetto o l’intero pacchetto.
Esempio di due beni con prezzi di riserva diversi per i consumatori, i quali acquistano una unità se la disponibilità a
pagare è inferiore al prezzo.
Rappresentiamo su un piano cartesiano la situazione, nel quale un punto individua le disponibilità a pagare dei due
soggetti per i due beni.

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Immaginiamo che l’impresa fissi un prezzo P 1 per bene 1 e P2 per il bene 2, in questo modo i consumatori si dividono
in 4 gruppi: i consumatori del gruppo A acquistano entrambi i beni; il gruppo B acquista il bene 2; il gruppo D acquista
il bene 1, mentre il gruppo C non acquista nessuno dei beni.
Se il monopolista fa bundling puro e fissa un prezzo del bundle pari a 𝑃𝐵 = 𝑃1 + 𝑃2 , i consumatori si dividono in due
gruppi: situazione simile ad un vincolo di bilancio nella quale i soggetti al di sotto del vincolo non acquistano e
viceversa. Tutti i consumatori che sono localizzati sul segmento hanno un prezzo di riserva per il bundle uguale a 𝑃𝐵 .
I due prezzi sono soggettivi, per esempio il quotidiano è formato da: sport, esteri, politica e cronaca e costa 1,5€. Se
fossi interessato esclusivamente alla politica la mia disponibilità a pagare è maggiore o uguale di 1,5 e zero per le altre
tre sezioni del giornale.
Introduciamo nel grafico i costi marginali di produzione dei due beni e li consideriamo costanti. I consumatori
acquistano il bundle anche se la disponibilità a pagare per uno dei due beni è inferiore ai costi marginali, questo non
sarebbe possibile senza bundling.

Bundling misto
Abbiamo il prezzo dei singoli componenti acquistati separatamente e il prezzo del bundle con 𝑃𝐵 < 𝑃1 + 𝑃2
La fissazione di questi prezzi divide i consumatori, in funzione della loro disponibilità a pagare, in 4 gruppi: gruppo che
acquista il bundle, gruppo che acquista il bene 1, gruppo che acquista il bene 2 e il gruppo che non acquista nessuno
dei due beni.

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Consideriamo un consumatore x con 𝑃1𝑥 e 𝑃2𝑥 disponibilità a pagare che posso sommare.
Il surplus del consumatore derivante dall’acquisto del pacchetto è 𝑃1𝑥 + 𝑃2𝑥 − 𝑃𝐵 che è minore del surplus che rimane
dall’acquisto del bene 1, acquista dunque solo bene 1.
Siamo in grado di definire la scelta ottimale per l’impresa, non esiste però una regola che consente di dire quale
bundling è preferibile, generalmente è più efficace il bundling misto.
In alcuni casi però il bundling non è sempre la migliore strategia
Prezzo riserva Prezzo riserva
Consumatore Somma
bene 1 bene 2
A 50 450 500
B 250 275 525
C 300 220 520
D 450 50 500

Bene 1: costo marginale 100 Bene 2: costo marginale 150


Ricavi Ricavi
Prezzo Quantità Profitti Prezzo Quantità Profitti
totali totali
450 1 450 350 450 1 450 300
300 2 600 400 275 2 550 200
250 3 750 450 220 3 660 210
50 4 200 -200 50 4 200 -400

Senza bundling i profitti totali sono 750


Bundling puro, consideriamo la somma dei prezzi di riserva. La variabilità a pagare per il bundle è minore della
variabilità della disponibilità a pagare per i singoli beni. Profitti 1000

Bundling misto
Pb = 500 p1 = 250 p2 = 450
Prezzo riserva Prezzo riserva
Consumatore Somma Profitti
bene 1 bene 2
A 50 450 500 250
B 250 275 525 250
C 300 220 520 150
D 450 50 500 150

Per A i surplus sono zero, scelta indifferente (acquista il pacchetto); B acquista il pacchetto; C acquista il bene 1; D
acquista il bene 1.
I profitti totali sono 800

La situazione migliora con i prezzi: p1 = 450 p2 = 450 e pb = 520 dai quali deriva un profitto di 1190
Cioè fissare il prezzo dei singoli componenti in modo da catturare i consumatori che hanno le disponibilità a pagare
per i singoli beni più estreme.
Stabiliamo regole:
- Bundling misto è più profittevole del puro
- Il misto è sempre meglio delle vendite separate
- Il bundling puro non è necessariamente migliore di altri bundle
- Il bundling è una forma di discriminazione di prezzo: quando compriamo il giornale ciascuno di noi paga un
diverso prezzo di riserva per le diverse sezioni.

Consideriamo le vendite abbinate; è come il bundling ma le proporzioni tra i beni sono variabili.
Consentono al monopolista di generare profitti sul bene che è abbinato, dunque consumatori diversi pagano prezzi
diversi in funzione dell’intensità d’uso del bene. Un esempio è il toner della stampante.
Se il consumatore usa poco il bene il prezzo d’uso è più basso rispetto a uno che l’utilizza molto
Agevola la discriminazione di prezzo poiché rileva le funzioni di domanda dei consumatori

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Capitolo 7: Varietà e qualità dei prodotti nel caso del monopolio


I beni sono differenziati in vari modi:
- Orizzontalmente: beni simili destinati a diversi consumatori
- Verticalmente: impresa risponde alla diversa disponibilità da parte dei consumatori a pagare la qualità di un
prodotto offrendo diverse qualità dello stesso prodotto. Come viene determinata la qualità dei beni offerti?
Se impresa produce una sola varietà quale sceglierà? Se dovesse decidere di fare più di una, quante ne farà?
Impresa realizza i propri prodotti in maniera da corrispondere ai gusti dei consumatori che sono diversi. Quanti
prodotti? Di che tipo? Siamo in grado di costruire un modello per rispondere al problema?
Il modello spaziale (Hotelling) è utile alla determinazione dei prezzi, delle caratteristiche e delle varietà dei prodotti.
Il modello immagina l’esistenza di una città lineare composta di una sola strada lunga 1 normalizzata e prevede una
serie di assunzioni:
- I consumatori acquistano tutti una sola unità del bene e hanno una disponibilità a pagare pari a 𝑉 > 0 per
un’unità del bene.
- Il bene viene venduto a prezzo p
- I consumatori sono distribuiti uniformemente lungo il segmento e con 0 < 𝑥 < 1 individuo la localizzazione
del consumatore nel segmento. Se 𝑥 = 1/2 il consumatore vive a metà della strada
- Anche il venditore è localizzato nel segmento, se 𝑥 = 0 e il consumatore decide di comprare dovrà recarsi in
zero sopportando un costo di trasporto/perdita di tempo oltre al prezzo del bene. Il CMg di trasporto lo
indichiamo con t. Nell’esempio se il consumatore si trova in ½ e compra in 0 pagherà 𝑃 + 𝑡 ∗ ½
- Il consumatore acquista solo se il costo totale è non superiore alla disponibilità a pagare
- Il monopolista produce un solo bene e i consumatori consumano un solo bene e sono tutti uguali, ciò che li
differenzia è la loro localizzazione.
Se intendiamo la strada come unica dimensione dove rappresentare la varietà del bene, il costo di trasporto
corrisponde alla disutilità derivante dal fatto che la varietà acquistata non è la preferita. Rappresentiamo con T
l’intensità dell’utilità: più è alta, più è forte la disutilità a parità di distanza.
Ipotesi: il monopolista fissa prezzo p1 e si localizza in ½, dunque il consumatore che si trova in ½ paga p 1 mentre gli
altri pagano 𝑝 + 𝑡𝑥. Se 𝑣 < 𝑝 + 𝑡𝑥 i consumatori non acquistano
𝑉 − 𝑝1
𝑝1 + 𝑡𝑥1 = 𝑉; 𝑥1 =
𝑡
La funzione di domanda è data da 2x1N (lunghezza del segmento per il numero di consumatori)

Se il monopolista riduce il prezzo aumentano i consumatori disposti ad acquistare


Supponiamo che tutti i consumatori siano serviti se il prezzo è p, i costi di trasporto per i consumatori agli estremi sono
t/2; dunque il prezzo più alto che si può fissare è 𝑝 + 𝑡/2 = 𝑉; 𝑝 = 𝑣 − 𝑡/2

Introduciamo i costi marginali c e i costi fissi F


I profitti per un negozio sono 𝜋 (𝑁, 1) = 𝑁(𝑉 − 𝑡/2 − 𝑐) − 𝐹
Nel caso di due negozi, supponendo che l’intero mercato venga servito, saranno collocati simmetricamente ad una
distanza d dagli estremi del mercato. In questo caso d=1/4

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Se 𝑑 < 1/4, il prezzo massimo è quello dei consumatori in ½, i più distanti. I profitti sono crescenti in t(d) dunque d
dovrebbe essere aumentato, i negozi dovrebbero spostarsi verso il centro.
Con 𝑑 > 1/4, il prezzo massimo è negli estremi del segmento; d dovrebbe diminuire poiché i profitti sono decrescenti
in d.
All’ottimo quindi d sarà ¼
Il prezzo praticato da ciascun negozio è 𝑉 − 𝑡/4 (comandano i consumatori posti a maggiore distanza dal negozio).
I profitti di ciascun negozio sono dati dalla differenza tra 𝑉 − 𝑡/4 e i costi marginali.
Altro costo è 2F, cioè il costo fisso che il monopolista deve sostenere per attivare ciascun negozio. I profitti che il
monopolista realizza servendo l’intero mercato con 2 negozi sono
𝑡
𝜋(𝑁, 2) = 𝑁 (𝑉 − − 𝑐) − 2𝐹(𝑎𝑟𝑒𝑎 𝑏𝑙𝑢)
4

Se ci fossero 3 negozi?
Ciascuno è collocato a uguale distanza dall’altro: 1/6 1/2 5/6.
Se l’intero mercato è servito, il prezzo più alto determinabile è dato dal consumatore più distante: V-1/6.
I profitti del monopolista con tre negozi sono dati da 𝜋(𝑁, 3) = 𝑁(𝑉 − 𝑡/6 − 𝑐) − 3𝐹
Al crescere del numero di negozi il prezzo massimo è crescente, poiché diminuisce il costo di trasporto sostenuto dal
consumatore.
Possiamo estendere il concetto: all’aumentare del numero di varietà offerte dal monopolista aumentano i profitti,
contemporaneamente il fattore che limita la tendenza è il costo fisso, in quanto ciascun negozio richiede il sostenere
di costi fissi. Il numero ottimale di negozi è il bilanciamento tra i due elementi.
Quale è il numero ottimale di negozi?
Con n negozi questi si collocano a 1/n distanza tra l’uno e l’altro, con prezzo uguale a 𝑉 − 𝑡/2𝑛
I profitti aggregati sono dati da: 𝑁(𝑉 − 𝑡/2𝑛 − 𝑐) − 𝑛𝐹
Fino a quando il monopolista ha incentivo ad aprire l’ennesimo negozio? fintanto che il profitto aumenta rispetto alla
situazione con 𝑛 − 1 negozi. Cioè finché: 𝜋(𝑁, 𝑛 + 1) − 𝜋(𝑁, 𝑛) > 0
Il monopolista trova profittevole aggiungere un ulteriore negozio se 𝑛(𝑛 + 1) < 𝑡𝑁/2𝐹
Esempio
F=50.000 N=5miloni e t=1€
𝑡𝑁/2𝐹 = 50
Perché sia profittevole l’aggiunta di un nuovo negozio deve essere rispettata 𝑛(𝑛 + 1) < 50, ciò è vero per 𝑛 ≤ 6.
Se 𝑛 = 7  → 56 < 50 condizione violata
La condizione ci dice che il numero di negozi / varietà:
- È crescente nel costo di trasporto (disutilità del consumatore che deriva dal consumo di una varietà diversa
dalla preferita)
- È crescente nella dimensione del mercato, più grande è il mercato più grande è la quota di consumatori che
decidono di acquistare quella quantità
- È decrescente nei costi di avvio di un nuovo negozio
Il monopolista intende servire tutto il mercato, questa assunzione semplificava l’analisi ma non è necessariamente
verificata. Il prezzo potrebbe essere più alto se decidesse di servire solo una parte di mercato.

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Ogni negozio vende ai consumatori entro una certa distanza r scegliendo il prezzo sceglie il livello di 𝑟; prima il prezzo
era determinato allo scopo di servire anche i consumatori più lontani.
Per tutti i consumatori entro una distanza r deve essere verificata 𝑝 + 𝑡𝑟 = 𝑣  𝑟 = (𝑉 − 𝑝)/𝑡
La domanda totale per ciascun negozio è 2𝑁(𝑣 − 𝑝)/𝑡 poiché serve una quota della popolazione di N consumatori
pari a 2r; questa è la curva di domanda decrescente nel prezzo.
Al crescere del prezzo la quantità domandata si riduce, il raggio coperto (r) è minore
𝜋 = 2𝑁(𝑝 − 𝑐)(𝑉 − 𝑝)/𝑡 − 𝐹
Possiamo derivare rispetto a p, uguagliare la derivata a zero e ottenere il prezzo ottimo che il monopolista fisserà per
massimizzare i profitti. Otteniamo che 𝑝 ∗ = (𝑉 + 𝑐)/2
Se 𝑝(𝑁, 𝑛) < 𝑝∗ solo una parte del mercato dovrebbe essere servita cioè quando 𝑉 < 𝑐 + 𝑡/𝑛
Se 𝑉 < 𝑐 + 𝑡/𝑛 si serve solo parte del mercato al prezzo 𝑝∗ = (𝑉 + 𝑐)/2.
Se 𝑉 > 𝑐 + 𝑡/𝑛 si serve l’intero mercato al prezzo 𝑝(𝑁, 𝑛) = 𝑉 − 𝑡/2𝑛
Si serve parte del mercato se:
- Ci sono pochi punti vendita
- Se il prezzo di ricerca del consumatore è basso rispetto ai costi marginali di produzione e ai costi di trasporto
Quale è il numero ottimale di negozi dal punto di vista sociale? La produzione di varietà:
- Riduce costo di trasporto, perdita di surplus che non viene trasferito
- Il costo fisso è anch’esso uno spreco è un costo che non determina trasferimento di surplus.
La disponibilità a pagare totale è NV e il surplus totale è NV-CT
I CT non sono solo i costi di produzione ma anche quelli di trasporto e quelli fissi.
I costi di trasporto sono dati dall’area dei due triangoli moltiplicata per la densità dei consumatori N/1
L’area è 𝑡/4𝑛2

I costi totali 𝐶𝑇(𝑁, 𝑛) = 𝑛(𝑡/4𝑛2 )𝑁 + 𝑛𝐹 = 𝑡𝑁/4𝑛 + 𝑛𝐹.


Il primo termine decresce e il secondo cresce all’aumentare del numero di negozi.
Con n+1 negozi 𝐶𝑇 (𝑁, 𝑛 + 1) = 𝑡𝑁/4(𝑛 + 1) + (𝑛 + 1)𝐹
Aprire un nuovo negozio è socialmente desiderabile se 𝐶(𝑁, 𝑛 + 1) < 𝐶(𝑁, 𝑛)
𝑡𝑁 𝑡𝑁 𝑡𝑁
𝐶𝑖ò 𝑟𝑖𝑐ℎ𝑖𝑒𝑑𝑒 𝑐ℎ𝑒 − > 𝐹 𝑜𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑛(𝑛 + 1) <
4𝑛 4(𝑛 + 1) 4𝐹
Con i dati di prima 𝑛(𝑛 + 1) < 25 che vale per 𝑛 = 4, l’apertura del quinto negozio è socialmente desiderabile.
Il monopolista gestisce troppi negozi cioè gestisce una varietà di prodotti eccessiva.
In generale l’incentivo privato e quello sociale non collima e il monopolista fornisce un eccesso di varietà
Differenziazione verticale, ovvero qualitativa
Generalmente, un’impresa ha incentivo a aumentare la qualità nella misura in cui quest’aumento induce un aumento
del prezzo di riserva dei consumatori in grado di coprire i costi per l’aumento della qualità.
Il monopolista produce un bene a livelli di qualità diversi che vengono scelti; questo dipende da quanto rapidamente
cresce la disponibilità a pagare al crescere della qualità e da quanto rapidamente crescono i costi all’aumentare della
qualità. Il bilanciamento tra i due effetti determina il livello di qualità ottimale.
Immaginiamo una specifica formulazione per la funzione di domanda; la quantità domandata del consumatore i è pari
a 1 se il prezzo che egli paga è inferiore al prezzo di riserva che questa volta è funzione di z (parametro che misura la
qualità del bene). 𝑃𝑖 ≤ 𝑅𝑖 (𝑍)
Ipotizziamo che i consumatori varino sulla base dei prezzi di riserva. La domanda aggregata è funzione della quantità
offerta ma anche della qualità offerta. 𝑃 = 𝑃(𝑄, 𝑍) generalmente un aumento della qualità non riduce la domanda.
I consumatori con bassa disponibilità a pagare non sono influenzati molto dall’aumento di qualità

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Nel primo caso la disponibilità a pagare aumenta più per i consumatori inframarginali che per quelli marginali, la curva
ruota facendo perno sulle ascisse. Nel secondo caso la disponibilità a pagare aumenta maggiormente per i consumatori
marginali che per quelli che già acquistavano, la curva ruota facendo perno sull’intercetta delle ordinate.
Il monopolista opera una scelta più articolata: deve scegliere qualità e quantità/prezzo.
Svolge due problemi di maxπ:
- Dato un certo livello di qualità, l’output ottimale è dato dall’uguaglianza tra RMg e CMg dell’incremento
unitario della quantità
- Data la quantità i costi marginali per un incremento del livello ottimale della qualità uguagliano i RMg
Per il teorema dell’inviluppo questo problema può essere risolto sequenzialmente: derivo il livello ottimo di quantità
dato un livello di qualità. 𝑃 = 𝑍(𝜃 − 𝑄) dove Z è indice della qualità
Fissiamo un generico livello della qualità, immaginiamo che il CMg=0 costante. Il costo della qualità 𝐶 (𝑍) = 𝛼𝑍 2 il
costo cresce esponenzialmente.
Il costo marginale della qualità 𝑑𝐶(𝑍)/𝑑(𝑍) = 2𝛼𝑍
I profitti dell’impresa sono dati da:
𝜋(𝑄, 𝑍) = 𝑃𝑄 − 𝐶 (𝑍) = 𝑍(𝜃 − 𝑄)𝑄 − 𝛼𝑍 2
Ho una funzione da massimizzare che dipende da due parametri applico il teorema di inviluppo e trovo il livello
ottimale del primo parametro (Q) in funzione dell’altro parametro (Z).
𝑅𝑀𝑔 = 𝐶𝑀𝑔 → 𝑍𝜃 − 2𝑍𝑄 = 0 → 𝑄∗ = 𝜃/2 intercetta orizzontale del RMg
Sostituiamo l’espressione nella funzione di profitto e otteniamo il prezzo ottimale 𝑃 ∗ = 𝑍𝜃/2
I ricavi totali sono uguali a 𝑃 ∗ 𝑄∗ = 𝑍𝜃 2 /4
𝑅𝑀𝑔(𝑍) = 𝜃 2 /4 𝑒 𝐶𝑀𝑔(𝑍) = 2𝛼𝑍
∗ 2
Uguagliano RMg e CMg  𝑍 = 𝜃 /8𝛼
È decrescente in α e crescente in θ (parametro che spiega quanto la curva di domanda va in alto al crescere di Z).
La qualità offerta è troppo alta o bassa?
Se il monopolista aumenta la qualità da Z1 a Z2 si determina un aumento di surplus dell’area in verde meno i costi
dovuti all’incremento di qualità.
Poiché l’aumento del surplus totale è superiore rispetto all’incremento dei profitti, il monopolista produce troppa
varietà con qualità troppo bassa.

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Cosa accade se impresa sceglie di produrre più di un bene di qualità diversa?


La segmentazione del mercato avviene diversamente rispetto alla differenziazione orizzontale che era determinata
dalla distanza. In questo caso tutti i consumatori preferiscono maggiore qualità a minore qualità ma comprano beni di
qualità diversa in base alla disponibilità a pagare.
Esempio
Due tipi di consumatori, ognuno compra un’unità finché il surplus non è negativo e se può scegliere, il consumatore
acquista il prodotto che offre maggiore surplus. I tipi di consumatori si distinguono per la disponibilità a pagare per la
qualità, questa è la differenziazione verticale di prodotto.
Consideriamo due tipologie di consumatori, il generico tipo 𝑖 deriva una utilità indiretta dal consumo di un’unità del
bene di qualità z pari a: 𝑉𝑖 = 𝜃𝑖 (𝑧 − zi ) − 𝑝.
θ𝑖 misura disponibilità a pagare per la qualità
zi è il limite inferiore alla qualità al di sotto del quale il consumatore del tipo i non acquisterà

Assumiamo che 𝜃1 > 𝜃2 : consumatori di tipo 1 valutano la qualità più dei consumatori di tipo 2
z1 > z2 = 0 i consumatori di tipo 1 comprano solo se la qualità è superiore a z1 mentre i consumatori 2 comprano
qualsiasi qualità purché il surplus non sia negativo (prezzi bassi).
Le imprese non possono distinguere le due tipologie di consumatori, devono adottare strategia che portino i
consumatori ad auto selezionarsi.
Bisogna convincere i consumatori 1 ad acquistare beni di alta qualità a prezzi alti e i consumatori 2 ad acquistare il
bene di bassa qualità ad un prezzo inferiore, pari alla loro massima disponibilità a pagare.
L’impresa può produrre qualità compresa tra 𝑧 𝑒 𝑧 con costo marginale pari a zero per entrambe.
Ai consumatori di tipo 2 viene imposto il prezzo massimo pari alla disponibilità a pagare per qualità 𝑧2 , cioè 𝑝2 = 𝜃2 𝑧2
Deve essere vero che consumatori 1 preferiscono acquistare z1 pagando p1

𝛩1 (𝑧1 − z1 ) − 𝑝1 ≥ 𝛩2 (𝑧2 − z1 ) − 𝑝2 Vincolo di compatibilità degli incentivi


𝛩1 (𝑧1 − z1 ) − 𝑝1 ≥ 0 Vincolo di partecipazione, surplus non negativo

Perché sia verificata: il prezzo imposto per bene di alta qualità non può essere superiore ad un certo limite superiore
𝑝1 ≤ 𝜃1 𝑧1 − (𝜃1 − 𝜃2 )𝑧2
Considerando l’equazione 𝑝1 = 𝜃1 𝑧1 − (𝜃1 − 𝜃2 )𝑧2
(𝜃1 − 𝜃2 ) 𝑎𝑢𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎 𝑎𝑙𝑙 ′ 𝑎𝑢𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑧2
Il secondo membro è crescente nella differenza tra z1 e z2 e nelle valutazioni della qualità zi.
La qualità può essere fatta pagare molto quando è apprezzata e l’impresa ha incentivo a differenziare le qualità dei
due beni per ridurre la competizione tra di loro.
Supponiamo che ci siano N1 consumatori di tipo 1 e N2 consumatori di tipo 2, i profitti, che sono funzione del livello
della qualità perché p e q sono fissati, sono 𝜋 = 𝑁1 𝑝1 + 𝑁2 𝑝2 = 𝑁1 𝜃1 𝑧1 − (𝑁1 𝜃1 − (𝑁1 + 𝑁2 )𝜃2 )𝑧2
I profitti sono crescenti in z1 dunque z1 è il massimo possibile 𝑧1 = 𝑧
Per z2 la decisione è più difficile, l’effetto di z2 dipende dal segno di (𝑁1 𝜃1 − (𝑁1 + 𝑁2 )𝜃2 )𝑧2
Caso 1: (𝑁1 𝜃1 − (𝑁1 + 𝑁2 )𝜃2 ) 𝑝𝑜𝑠𝑖𝑡𝑖𝑣𝑜
z2 dovrebbe essere basso ma non sotto un certo livello; 𝑝1 = 𝑧1 − (𝜃1 − 𝜃2 )𝑧2 ridurre z2 aumenta p1. Ma ciò richiede
che 𝛩1 (𝑧1 − z1 ) − 𝑝1 ≥ 0

Mettendo queste condizioni assieme otteniamo:


𝜃1 𝑧1 𝜃2 𝜃1 𝑧1
𝑧2 = ; 𝑝2 = ; 𝑝1 = 𝜃1 (𝑧 − 𝑧1 )
𝜃1 − 𝜃2 𝜃1 − 𝜃2
L’impresa offre ai consumatori 1 in base a prezzo di riserva la massima qualità; offre ai consumatori 2 la qualità minima
compatibile al vincolo di compatibilità degli incentivi e verrà richiesto un prezzo pari alla loro massima disponibilità a
pagare per tale qualità. La differenziazione massima è soggetta al vincolo di compatibilità degli incentivi.

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Caso 2: (𝑁1 𝜃1 − (𝑁1 + 𝑁2 )𝜃2 ) 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜


z2 dovrebbe essere il maggiore possibile.
L’impresa vorrà produrre un solo prodotto della qualità massima possibile se:
𝑁1 θ1
(𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜𝑠𝑖𝑡à) < <1
𝑁1 + 𝑁2 θ2
Si offre un solo prodotto se non ci sono molti consumatori di tipo 1 o se la differenza delle disponibilità a pagare è
piccola. L’impresa dovrebbe dunque scegliere un prezzo tale da vendere ad entrambi i tipi di consumatori.
Capitolo 8: Giochi statici e concorrenza alla Cournot
Mercati oligopolistici: forme di mercato nelle quali il numero di imprese è piccolo, questo implica che tutte hanno
dimensioni considerevoli rispetto alle dimensioni del mercato.
La caratteristica essenziale è l’interazione strategica  circostanza nella quale i profitti che un’impresa realizza
dipendono, non soltanto dalle azioni intraprese dall’azienda ma anche dalle azioni realizzate dalle altre imprese; cosa
che non accade in monopolio (c’è un’unica impresa) e in concorrenza perfetta (variazioni di output di una impresa non
impattano sul livello di output complessivo date le piccole dimensioni).
Per studiare quest’interazione si utilizza la teoria dei giochi, la quale fornisce un apparato analitico che consente di
analizzare in maniera rigorosa questo tipo di interazione strategica.
Vi sono giochi cooperativi e non cooperativi, per i quali l’obiettivo è il conseguimento di un proprio profitto e non di
un profitto cooperativo.
Distinzione tra giochi simultanei (scegliere senza conoscere la scelta degli altri giocatori) e giochi sequenziali.
Equilibrio di Nash: esito di un gioco tale che ciascun giocatore non ha incentivo a modificare la propria scelta dato che
gli altri giocatori non modificano la loro scelta.
Esempio: due compagnie aeree, i prezzi sono predeterminati ed esse competono nella scelta degli orari di partenza.
La popolazione è divisa in 70% che preferisce partire la sera e il 30% che preferisce partire di mattina.
Se le compagnie partono nello stesso orario dividono il mercato equamente.
I profitti (pay-off) sono determinati dalle quote di mercato e rappresentati nella matrice.
American
Mattina Sera
Mattina (15, 15) (30, 70)
Delta
Sera (70, 30) (35, 35)
Per individuare l’equilibrio del gioco, bisogna verificare se esistono azioni dominanti: per delta sera è azione dominante
rispetto a mattina, poiché i payoff sono superiori indipendentemente dalla scelta dell’american, stessa cosa vale per
l’altra compagnie. Eliminiamo dunque le azioni dominate dal gioco  (35, 35) equilibrio di Nash
Altro caso: delta ottiene il 60% se entrambe le compagnie scelgono lo stesso orario grazie ad una carta fedeltà, ciò
modifica la matrice.
American
Mattina Sera
Mattina (18, 12) (30, 70)
Delta
Sera (70, 30) (42, 28)
Non è più vero che anche per american sera è azione dominante, poiché la scelta dipende dalla scelta di delta. Per
delta la mattina è azione dominata, quindi american sceglie la partenza di mattina.
L’equilibrio non è in azioni dominanti poiché è stato individuato eliminando iterativamente le azioni dominate.
L’introduzione di programma fedeltà determina per delta un vantaggio notevole, in quanto raddoppia i profitti; anche
dal punto di vista dei consumatori è meglio il secondo, poiché partono tutti e 100 a differenza dei 70 della prima
situazione.
Altro esempio: gioco di prezzo, 60 potenziali passeggeri con prezzo di riserva di 500 e 120 passeggeri con prezzo di
riserva di 220. Immaginiamo che la discriminazione di prezzo sia impossibile e i costi sono 200 indipendentemente
dall’orario.
Se i prezzi sono uguali i passeggeri di distribuiscono in parti uguali tra le compagnie, quella a prezzo basso ottiene tutti
i passeggeri.

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American
PH=€500 PL=€220
PH=€500 (€9000, €9000) (€0, €3600)
Delta
PL=€220 (€3600, €0) (€1800, €1800)
Non abbiamo strategie dominate ma due equilibri di Nash (€9000, €9000) e (€1800, €1800).
Tra i due non siamo in grado di scegliere il preferito, ma dato che il primo genera profitti più elevati, il primo esito è
più probabile.
Esistono tre modelli di oligopolio:
- Cournot (statico)
- Bertrand (statico)
- Stackelberg (dinamico)
Si distinguono in base:
- Alla variabile strategica scelta dalle imprese
- Alla tempistica con cui si svolge il gioco
Modello di Cournot
Duopolio nel quale le imprese producono un bene indifferenziato (acqua minerale estratta dalla stessa fonte).
La domanda è data da: 𝑃 = 𝐴 − 𝐵𝑄 = 𝐴 − 𝐵(𝑞1 + 𝑞2 )
I CMg sono costanti e uguali per le imprese e li fissiamo pari a 𝑐
Regole: le imprese competono sulla quantità e in ogni periodo le imprese devono scegliere la quantità da produrre
formando una certa aspettativa delle quantità prodotte dall’altra impresa.
𝑃 = (𝐴 − 𝐵𝑞1 ) − 𝐵𝑞2
𝑚𝑎𝑥𝜋1 = (𝐴 − 𝐵𝑞1 − 𝐵𝑞2𝑒 )𝑞1 − 𝑐𝑞1
𝑚𝑎𝑥𝜋2 = (𝐴 − 𝐵𝑞1 − 𝐵𝑞1𝑒 )𝑞2 − 𝑐𝑞2
𝑞2𝑒 aspettativa dell’impresa 1 sulla quantità prodotta dall’impresa 2 e viceversa per 𝑞1𝑒
𝛿𝜋1 𝑒 ∗
𝐴 − 𝐵𝑞2𝑒 − 𝑐
= 𝐴 − 2𝐵𝑞1 − 𝐵𝑞2 − 𝑐 = 0; 𝑞1 = ≡ 𝑅1 (𝑞2 )
𝛿𝑞1 2𝐵
𝐴 − 𝐵𝑞1𝑒 − 𝑐
𝑞2∗ = ≡ 𝑅2 (𝑞1 )
2𝐵
𝑅1 e 𝑅2 sono funzioni di reazione che forniscono le quantità da produrre per l’impresa che massimizzano i profitti data
la scelta di output dell’altra impresa.
Più alto è il livello atteso più basso è il livello ottimale da produrre (relazione inversa).
Il concetto di equilibrio di Cournot è identico a quello di Nash
Se rappresento graficamente le funzioni di reazione:
𝐴−𝑐 𝐵 1
𝑞1 = 0, 𝑞2∗ = 𝑐𝑜𝑛 𝑖𝑛𝑐𝑙𝑖𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 − =−
2𝐵 2𝐵 2

L’equilibrio è dato dall’intersezione delle due curve, che si trova lungo la bisettrice (equilibrio simmetrico).
Ciascuna impresa produce livello ottimo data la quantità prodotta dall’altra impresa.
L’equilibrio si ottiene analiticamente con il sistema tra 𝑞2∗ e 𝑞1∗ cioè tra le due funzioni di reazione; ma essendo
simmetrico, 𝑞1𝑐 𝑒 𝑞2𝑐 sono uguali, piuttosto che risolvere il sistema impongo la condizione di simmetrica (𝑞2 = 𝑞1 ) più
semplice.
𝐴 − 𝑐/2𝐵 output ottimo prodotto dall’impresa sulla base di aspettativa di output di altra uguale a zero, quindi è output
di monopolio. Se unisco i due punti del grafico sono in grado di concludere che nell’equilibrio l’output totale
𝑄𝐶 > 𝑄𝑀

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Inoltre, il profitto realizzato da ciascuna impresa è inferiore al profitto realizzato dal monopolista
𝜋1𝑐 + 𝜋2𝐶 < 𝜋 𝑀
Come calcolare quindi output di equilibrio e prezzi?
𝐴 − 𝑐 𝑞2 𝐴 − 𝑐 𝑞1
𝑞1∗ = − 𝑒 𝑞2∗ = −
2𝐵 2 2𝐵 2
𝐴 − 𝑐 𝐴 − 𝑐 𝑞 2
𝑞2∗ = − +
2𝐵 4𝐵 4
𝑐 𝑐
𝐴−𝑐
𝑞1 = 𝑞2 =
3𝐵
2(𝐴 − 𝑐)
𝑜𝑢𝑡𝑝𝑢𝑡 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 → 𝑄𝐶 =
3𝐵
2 (𝐴 − 𝑐 ) 3𝐴 − 2𝐴 + 2𝐶 𝐴 + 2𝐶
𝑃 𝐶 = 𝐴 − 𝐵𝑄𝐶 = 𝐴 − 𝐵 = =
3𝐵 3 3

La competizione tra imprese fa sì che ci sia sovrapproduzione, 𝑃 < 𝑃 𝑀


L’output è minore di quello concorrenziale perché il prezzo è maggiore di CMg
La quantità prodotta in CP con P=CMg è data da (𝐴 − 𝑐)/𝐵
Se ci fossero più di 2 imprese?
Output totale è dato dalla somma delle N imprese che producono identico bene
La domanda di impresa 1 è 𝑃 = 𝐴 − 𝐵(𝑞2 + ⋯ + 𝑞𝑁 ) − 𝐵𝑞1
Indichiamo con 𝑄−1 l’output prodotto da tutte le altre imprese, quindi 𝑃 = (𝐴 − 𝐵𝑄−1 ) − 𝐵𝑞1
Se output delle altre imprese aumenta, quello dell’impresa considerata si sposta verso sinistra diminuendo.
𝑅𝑀𝑔 = (𝐴 − 𝐵𝑄−1 ) − 2𝐵𝑞1
Ponendo RMg=CMg:
𝐴 − 𝑐 𝑄−1
𝑞1∗ = −
2𝐵 2
Il gioco è simmetrico quindi la quantità prodotta per le altre imprese è la stessa.

Il totale 𝑄−1 = (𝑁 − 1)𝑞1∗
𝐴−𝑐 𝐴 + 𝑁𝑐
𝑞1∗ = ; 𝑄∗ = 𝑁 ∗ 𝑞1∗ ; 𝑃 ∗ = 𝐴 − 𝐵𝑄∗ =
(𝑁 + 1)𝐵 𝑁+1

Se N=2 → 𝑞1 = (𝐴 − 𝑐)/3𝐵 e così via, ci permette dunque di analizzare la situazione che va dal monopolio alla
concorrenza perfetta per N che tende ad infinito.
L’output prodotto da ciascuna impresa è decrescente in N, ma l’output totale aumenta all’aumentare del numero di
imprese.
Al crescere del numero di imprese il prezzo decresce tendendo al costo marginale
I profitti dell’impresa considerata sono:
(𝑃 ∗ − 𝑐)𝑞1∗ = (𝐴 − 𝑐)2 /(𝑁 + 1)2 𝐵
Ipotizzando che i costi marginali per le imprese siano differenti
𝐴 − 𝑐1 𝑞2 𝐴 − 𝑐2 𝑞1
𝑞1∗ = − 𝑒 𝑞2∗ = −
2𝐵 2 2𝐵 2
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L’impresa con il costo più basso ha la quota di mercato più elevata, la riduzione relativa dei costi oltre ad aumentare i
profitti genera anche un aumento di quantità prodotta
Graficamente una riduzione dei CMg porta ad uno spostamento verso destra della funzione di reazione (e viceversa)
e dunque ad una variazione dell’equilibrio.

Possiamo mettere assieme il concetto dell’equilibrio di Cournot con la concentrazione e redditività


Ipotizziamo 𝑁 imprese con diversi CMg, che complica la situazione
Domanda per l’impresa i-esima è 𝑃 = (𝐴 − 𝐵𝑄−𝑖 ) − 𝐵𝑞𝑖
Uguagliando RMg a CMg → 𝐴 − 𝐵𝑄−𝑖 − 2𝐵𝑞𝑖 = 𝑐𝑖
Ricaviamo dunque l’equilibrio:

𝐴 − 𝐵(𝑄−𝑖 + 𝑞𝑖∗ ) − 𝐵𝑞𝑖∗ − 𝑐𝑖 = 0 𝑀𝑎 𝑄−𝑖 ∗
+ 𝑞𝑖∗ = 𝑄∗ 𝑒 𝐴 − 𝐵𝑄 ∗ = 𝑃 ∗
𝑃 − 𝐵𝑞𝑖 − 𝑐𝑖 = 0 → 𝑃 − 𝑐𝑖 = 𝐵𝑞𝑖∗
∗ ∗ ∗

Dividendo per 𝑃 ∗ e moltiplicando a destra per 𝑄∗ /𝑄∗


𝑃 ∗ − 𝑐𝑖 𝐵𝑄∗ 𝑞𝑖∗
= ∗ ∗
𝑃∗ 𝑃 𝑄
𝐵𝑄 ∗
1 𝑞𝑖∗
𝑀𝑎 ∗ = 𝑒 ∗ = 𝑠𝑖
𝑃 𝜂 𝑄
𝑃 ∗ − 𝑐𝑖 𝑠𝑖
=
𝑃∗ 𝜂
Se 𝑐 fosse uguale per tutte le imprese, avremo 𝑠𝑖 = 1/𝑁 tutte le imprese hanno stessa quota di mercato, equilibrio
simmetrico.
Un CMg maggiore determina markup inferiore con quota di mercato minore per la singola impresa.
Estendendo il risultato e facendo una media dei CMg delle imprese, otteniamo:
𝑃 ∗ − 𝑐𝑖 𝐻
=
𝑃∗ 𝜂
Dove H è l’indice di Herfindahl-Hirschman.
Capitolo 9: La concorrenza dei prezzi
Ricapitolando: il modello di Cournot prevede una concorrenza sulle quantità prodotte, con un equilibrio di mercato
più concorrenziale rispetto a quello del monopolio, nel quale si realizzano profitti più bassi e una quantità di output
totale sempre inferiore alla concorrenza perfetta.
In questo modello il prezzo di equilibrio tende a quello concorrenziale al crescere del numero di imprese.
L’equilibrio può essere modificato cambiando la natura dei beni che possono non essere sostituti perfetti, anche in
questo caso però le caratteristiche qualitative dell’equilibrio non cambiano.
Esistono però una serie di altri mercati nei quali le imprese competono sul prezzo, gli esempi sono molti (accesso a
internet, ristoranti…).
Scegliere prima la quantità o il prezzo per il monopolista è irrilevante, poiché, c’è unica relazione biunivoca tra P e Q,
ma nell’oligopolio questo introduce effetti dirompenti sull’equilibrio.
Bertrand sviluppa un modello di duopolio che si basa sulle stesse ipotesi di Cournot, nel quale le imprese competono
sul livello del prezzo e non sulla quantità da produrre.
Il modello è sempre uniperiodale e statico, nel quale ciascuna impresa fissa un’aspettativa del prezzo che l’altra
impresa applicherà e su questo basa il proprio prezzo. Avremo quindi: 𝑃1 e 𝑃2 tale che uno sia la risposta ottima all’altro
Esempio: due imprese che producono stesso bene e decidono il prezzo a cui venderlo, ciascuna con il medesimo costo
marginale pari a 𝑐, domanda inversa pari a 𝑃 = 𝐴 − 𝐵𝑄 e domanda diretta uguale a 𝑄 = 𝑎 − 𝑏𝑃 𝑐𝑜𝑛 𝑎 = 𝐴/𝐵 𝑒 𝑏 =
1/𝐵

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Va definita una domanda condizionata al prezzo praticato dall’altra impresa.


Premessa: le imprese non hanno vincoli alla capacità produttiva, questo permette ad entrambe le imprese di servire
interamente il mercato evitando che ci sia domanda insoddisfatta.
L’impresa 2 ipotizza che l’impresa 1 fissi 𝑃1 :
- Se impresa 2 fissa un prezzo maggiore di 𝑃1 la domanda è zero perché i beni sono perfettamente omogenei
𝑄2 = 0 𝑠𝑒 𝑃2 > 𝑃1
- Se impresa 2 pratica prezzo più basso da quello praticato dall’impresa 1 serve l’intero mercato
𝑎 − 𝑏𝑃1=2
𝑄2 = 𝑠𝑒 𝑃2 = 𝑃1
2
- Se il prezzo è il medesimo, i consumatori sono indifferenti e ipotizziamo che il mercato si divida in parti uguali
tra le imprese.
𝑄2 = 𝑎 − 𝑏𝑃2 𝑠𝑒 𝑃2 < 𝑃1
Possiamo illustrare graficamente ciò che è stato detto

La domanda è discontinua: è zero per tutti i prezzi superiori a 𝑃1 , a 𝑃1 = 𝑃2 si serve metà mercato e per i prezzi inferiori
a 𝑃1 si serve l’intero mercato.
La discontinuità della domanda comporta una discontinuità nei profitti
𝜋2 (𝑃1 , 𝑃2 ) = 0 𝑠𝑒 𝑃2 > 𝑃1
𝜋2 (𝑃1 , 𝑃2 ) = (𝑃2 − 𝑐)(𝑎 − 𝑏𝑃2 ) 𝑠𝑒 𝑃2 < 𝑃1
(𝑃2 − 𝑐)(𝑎 − 𝑏𝑃2 )
𝜋2 (𝑃1 , 𝑃2 ) = 𝑠𝑒 𝑃2 = 𝑃1
2
I valori dipendono da 𝑃1
Ipotesi di un prezzo fissato molto alto da impresa 1 superiore a quello di monopolio 𝑃 𝑀 = (𝑎 + 𝑐)/2𝑏
I profitti sono zero per prezzi inferiori ai costi marginali e l’impresa non produce; cominciano a crescere superato il
CMg e raggiungono il massimo nel prezzo da monopolio. A 𝑃2 = 𝑃1 il mercato di divide e superato 𝑃1 i profitti si
annullano.
Dunque se l’impresa 1 fissa un prezzo a destra di 𝑃 𝑀 il prezzo che dovrebbe praticare l’impresa 2 è quello del
monopolista che massimizza i profitti.
Se ipotizzo un prezzo 𝑃1 = 𝑃 𝑀 , l’impresa 2 ha incentivo a fissare un prezzo (𝑃2 = 𝑃1 − 𝜀) inferiore poiché a 𝑃 𝑀 i profitti
sarebbero la metà. E questo vale anche per qualsiasi 𝑃1 < 𝑃 𝑀 , nel quale l’impresa 2 ha sempre incentivo a ridurre di
un epsilon il prezzo per non dividere i profitti e servire l’intero mercato.

𝑃2 = 𝑃 𝑀 𝑠𝑒 𝑃1 > 𝑃 𝑀
𝑃2∗ = 𝑓(𝑃1𝑒 ) = {
𝑃2 = 𝑃1 − 𝜀 𝑠𝑒 𝑃1 ≤ 𝑃 𝑀
𝑃1 = 𝑃 𝑀 𝑠𝑒 𝑃2 > 𝑃 𝑀
𝑃1∗ = 𝑓(𝑃2𝑒 ) = {
𝑃1 = 𝑃2 − 𝜀 𝑠𝑒 𝑃2 ≤ 𝑃 𝑀

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Perché la coppia di prezzi < 𝑃1∗ , 𝑃2∗ > sia un equilibrio di Nash è necessario che 𝑃1∗ = 𝑓1 (𝑃2∗ ) 𝑒 𝑃2∗ = 𝑓2 (𝑃1∗ ) cioè che i
prezzi all’equilibrio siano uguali, questo avviene solo al prezzo uguale al costo marginale. In queste condizioni si replica
un esito equivalente a quello concorrenziale, con surplus sociale massimizzato e profitti delle imprese azzerati.
In questo aspetto il modello si differenzia da Cournot, dove per raggiungere una situazione equivalente alla
concorrenza perfetta è necessario un numero infinito di imprese.
Nel modello di Bertrand, dunque i profitti di equilibrio sono pari a zero (paradosso di Bertrand).
Ovviamente qualsiasi prezzo inferiore al costo marginale non è di equilibrio poiché l’impresa farebbe meglio a non
produrre.
Possiamo rappresentare graficamente le funzioni di reazione delle due imprese nello spazio 𝑃2 𝑃1

Per tutti i 𝑃2 < 𝑐 la risposta ottima dell’impresa 1 è fissare un prezzo pari ai costi marginali (tratto orizzontale)
Per tutti 𝑐 < 𝑃2 < 𝑃 𝑀 la risposta ottima dell’impresa 1 è fissare un prezzo 𝑃2 − 𝜀, ed è per questo che il tratto obliquo
ha inclinazione diversa di un ε dalla bisettrice
Se 𝑃2 > 𝑃 𝑀 la risposta ottima è fissare 𝑃1 = 𝑃 𝑀 (tratto orizzontale)
Viceversa per l’impresa 2
L’equilibrio è nel punto di intersezione che si trova al livello del CMg, essendo lungo la bisettrice avremo che 𝑃1 = 𝑃2 .
La concorrenza di prezzo genera una pressione competitiva più forte di quella sulla quantità, poiché porta
all’azzeramento dei profitti.
Proviamo a vedere quanto robuste sono le condizioni di Bertrand in caso di modifiche delle condizioni di base
- Assenza vincoli di capacità
- Differenziazione prodotti
Vincoli di capacità
Se a P=c l’impresa 1 non è in grado di fornire tutto il livello di output necessario, per l’impresa 2 fissare un prezzo
maggiore di P1 non implica che la domanda vada a zero poiché c’è una quota di domanda insoddisfatta.
L’equilibrio dipende dalle ipotesi fatte sullo schema di razionamento; ipotizziamo (razionamento efficiente) che i
consumatori con la più alta disponibilità a pagare siano i primi a comprare e che quindi l’impresa 2 può comportarsi
da monopolista rispetto alla curva di domanda residuale; in questo caso l’ipotesi di Bertrand salta.
Esempio
Domanda Q=6000-60P che viene servita da 2 impianti con una capacità giornaliera rispettivamente di 1000 e 1400 che
sono fisse.
Il costo marginale pari a €10 per entrambi gli impianti e viene fissato un prezzo pari a €10; questo implica l’esistenza
di un vincolo di capacità produttiva poiché la quantità domandata è 6000-600=5400 che è maggiore dell’offerta.
La domanda per ciascuna impresa è dunque pari a 2700, l’impianto con capacità maggiore può fissare un prezzo
maggiore comportandosi da monopolista sulla domanda residuale ottenendo profitti positivi, perciò P=€10 non può
essere un equilibrio.
Ipotesi con razionamento efficiente che massimizza il surplus totale.
Assumiamo P=60 con domanda totale pari a 2400 che esaurisce la capacità totale.
Il primo impianto serve 1000 clienti, l’altro serve la domanda residuale pari a
𝑄 = (6000 − 1000) − 60𝑃; 𝑃 = 83,33 − 𝑄/60
𝑅𝑀𝑔 = 83,33 − 𝑄/30

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Per verificare se P=60 è una scelta ottimale per gli impianti bisogna valutare se siano incentivati a modificare il prezzo.
- Dato che 𝑅𝑀𝑔 > 𝐶𝑀𝑔 non si ha incentivo ad alzare i prezzi per evitare di perdere clienti
- Dato che viene impiegata tutta la capacità produttiva, un abbassamento di prezzo non comporterebbe un
aumento di clienti
Dunque P=60 è equilibrio di Nash, che garantisce un profitto.
Le imprese che competono sui prezzi vendendo prodotti identici raramente sceglieranno la capacità necessaria a
servire la domanda totale di mercato disponibile a prezzi concorrenziali. Di conseguenza, sia l’output sia la capacità
saranno inferiori al livello concorrenziale il che a sua volta implica che i prezzi debbano salire a un livello al quale la
domanda è pari alla capacità totale dell’industria, un livello che è necessariamente superiore al costo marginale.
Perciò, la proprietà di efficienza della soluzione di Bertrand può venire meno in presenza di vincoli di capacità.
Differenziazione di prodotto
In presenza di omogeneità è facile sottrarre clienti al rivale, questo porta ad annullare i profitti con divisione del
mercato in parti uguali.
In presenza di differenziazione tra i prodotti non è detto che si riesca a sottrarre tutti i consumatori riducendo di un ε
il prezzo, poiché parte dei consumatori è disposta a continuare a consumare il bene anche se l’altro è più conveniente.
Il costo da sostenere per sottrarre i consumatori è crescente alle preferenze dei consumatori al bene rivale.
L’incentivo a ridurre il prezzo diminuisce per entrambe le imprese e porta a migliorare la situazione di entrambe (i
prezzi sono maggiori dei CMg). Il mark-up è crescente in funzione della forza delle preferenze per quella varietà,
l’obiettivo del marketing è dunque differenziare.
Paradosso di Bertrand: due sole imprese sono sufficienti al raggiungimento delle condizioni concorrenziali, condizione
che viene meno rimuovendo l’ipotesi di assenza di vincoli alla capacità produttiva.
Vediamo adesso cosa accade all’equilibrio se manteniamo l’ipotesi di assenza di vincoli produttivi ma rimuoviamo
l’ipotesi di omogeneità del prodotto, cosa che nella realtà accade in molti mercati nei quali le imprese producono
varianti differenti di uno stesso bene. Consideriamo un’ipotesi di differenziazione orizzontale, che fa sì che le imprese
possano praticare prezzi diversi e questo non induce tutti i consumatori a spostare le proprie scelte d’acquisto verso
il prodotto che diventa più economico.
Esempio di coca e pepsi, stime econometriche stimano la domanda pari a:
𝑃𝑒𝑟 𝑙𝑎 𝐶𝑜𝑐𝑎 𝐶𝑜𝑙𝑎: 𝑄𝐶 = 63,42 − 3,98𝑃𝐶 + 2,25𝑃𝑃 𝑐𝑜𝑛 𝐶𝑀𝑔 = 4,96
𝑃𝑒𝑟 𝑙𝑎 𝑃𝑒𝑝𝑠𝑖: 𝑄𝑃 = 49,52 − 5,48𝑃𝑃 + 1,40𝑃𝐶 𝑐𝑜𝑛 𝐶𝑀𝑔 = 3,96
L’elasticità incrociata della domanda è positiva per i due beni
Ci sono almeno due modelli per ottenere i prezzi:
𝜋𝐶 = (𝑃𝐶 − 4,96)(63,42 − 3,98𝑃𝐶 + 2,25𝑃𝑃 )
𝜋𝑃 = (𝑃𝑃 − 3,96)(49,52 − 5,48𝑃𝑃 + 1,40𝑃𝐶 )
Deriviamo le due funzioni di profitto per i prezzi e uguagliamo a zero la derivata, così facendo abbiamo un sistema di
due condizioni del primo ordine che risolvo ottenendo il prezzo di equilibrio oppure graficamente dall’intersezione
delle due curve di reazione.
Altro metodo è uguagliare CMg e RMg riorganizzando le funzioni di domanda per calcolare RMg. Risolvo per le quantità
e ottengo l’equilibrio.
Le condizioni del primo ordine ricavate sono le funzioni di reazione delle imprese; indicano quale è il prezzo ottimale
dell’impresa in funzione di un prezzo atteso fissato dalla rivale. Sono entrambe positivamente inclinate.
𝑃𝐶 = 10,44 + 0,2826𝑃𝑃 𝑒 𝑃𝑃 = 6,49 + 0,1277𝑃𝐶

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L’equilibrio ha due proprietà rilevanti:


- Prezzi non necessariamente uguali tra le imprese perché diverse sono le rispettive funzioni di domanda; fissare
un prezzo più alto non implica il trasferimento di ogni consumatore verso il rivale
- Prezzo maggiore dei CMg
Muoviamoci in un ambito spaziale, con il modello di Hotelling della città lineare. Immaginiamo di avere una città che
si sviluppa lungo una strada normalizzata a 1, lungo questa strada è distribuita uniformemente di una popolazione di
N consumatori. La localizzazione (x) dei consumatori può essere considerata come indicante la varietà che il
consumatore strettamente preferisce. Un consumatore in x=1 ha una preferenza stretta per quella varietà, quanto più
distante è la varietà rispetto alla posizione del consumatore tanto meno è preferita quella varietà.
Ipotizziamo che le varietà siano già state scelte e che la città sia servita da due negozi posti ai due estremi.
Ciascun consumatore acquista una unità del bene fintanto che il prezzo da pagare è inferiore alla sua disponibilità
massima a pagare (V) e acquisterà dal negozio che offre il prezzo pieno inferiore, cioè il prezzo più il costo di trasporto
(𝑡 ∗ 𝑥) sostenuto dal consumatore per raggiungere il negozio.
Che prezzi praticheranno i negozi? Bisogna derivare una funzione di profitto, data Domanda ∗ quantità meno i costi
totali.

Ipotesi che le due imprese fissino un generico prezzo 𝑃1 𝑒 𝑃2


Le semirette che partono dalle ordinate hanno inclinazione positiva data da t con equazione 𝑃1 + 𝑡𝑥 𝑒 𝑃2 + 𝑡(1 − 𝑥)
Il consumatore localizzato in 𝑥 𝑚 è indifferente ad acquistare presso l’uno o l’altro negozio poiché il costo pieno è
uguale nei due casi. Tutti i consumatori a destra di 𝑥 𝑚 acquistano dal negozio 2 e viceversa.
Se dovesse aumentare il 𝑃1 la semiretta va verso l’alto e 𝑥 𝑚 si sposta a sinistra riducendo la quota di consumatori che
acquistano dal negozio 1.
Per determinare 𝑥 𝑚 uguagliamo le equazioni delle due semirette, ottenendo che la posizione del consumatore
indifferente è funzione del prezzo ed è data da:
(𝑃2 − 𝑃1 + 𝑡)
𝑥 𝑚 (𝑃1 , 𝑃2 ) =
2𝑡
La domanda si ottiene moltiplicando per N:
(𝑃2 − 𝑃1 + 𝑡)
𝐷 =𝑁∗
2𝑡

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I profitti dell’impresa 1 sono dati da:


(𝑃2 − 𝑃1 + 𝑡)
𝜋1 = (𝑃1 − 𝐶𝑀𝑔)𝐷 = 𝑁(𝑃1 − 𝐶𝑀𝑔)
2𝑡
Deriviamo rispetto a 𝑃1 , uguagliamo a zero e risolviamo per 𝑃1
𝑃2 + 𝑡 + 𝑐
𝑃1∗ =
2
Analogamente ricaviamo 𝑃2 . Abbiamo dunque le due funzioni di reazione e individuiamo la coppia di prezzi equilibrio
di Nash.
L’inclinazione della funzione di reazione è ½. Risolviamo il sistema:
𝑃2 + 𝑡 + 𝑐
𝑃1∗ =
{ 2 → 𝑃1∗ = 𝑃2∗ = 𝑡 + 𝑐

𝑃1 + 𝑡 + 𝑐
𝑃2 =
2
Il profitto unitario è 𝑡, mentre i profitti aggregati sono dati da 𝑁𝑡/2 (si serve metà mercato)

𝑡 è anche la misura di disutilità sopportata dal consumatore quando acquista una varietà diversa dalla preferita,
dunque è una misura delle preferenze e del grado di differenziazione dal lato della domanda. La differenziazione è la
chiave per ridurre la pressione competitiva di due imprese che competono sul prezzo: quando 𝑡 è più grande la
competizione si attenua; quando 𝑡 è piccolo la competizione è più accesa.
Posso avere una situazione con prezzi fissati esogenamente, nella quale le imprese devono scegliere dove andarsi a
localizzare. Possiamo dimostrare che in un modello di questo genere le imprese tendono a localizzarsi al centro una
accanto all’altra.
Ciascuna impresa ha incentivo a servire la quota più grande del mercato, se considero un’altra localizzazione il rivale
si posiziona in modo da servire una quota maggiore del mercato e a sua volta impresa si sposterà sempre con lo stesso
obiettivo. L’unica coppia di localizzazioni di equilibrio è quella centrale poiché non si ha più incentivo a modificare la
localizzazione, dato che si serve la quota maggiore possibile.
In realtà dato che le imprese scelgono la varietà e il prezzo, possiamo dimostrare che non esiste equilibrio di Nash; ma
se consideriamo le due come scelte sequenziali (più ragionevole), allora riotteniamo il risultato di tendere a localizzarsi
distantemente per ridurre omogeneità.
Osservazione: abbiamo visto che in Cournot e Bertrand le funzioni di reazioni hanno inclinazioni diverse.
- Negativa per Cournot: più alta è la quantità attesa, minore è quella che produco
- Positiva per Bertrand: il livello ottimale del prezzo è funzione crescente del prezzo atteso
Se le funzioni sono negativamente inclinate le variabili che formano oggetto di concorrenza tra le imprese sono detti
sostituti strategici viceversa sono detti complementi strategici.
Esempio: imprese che competono su qualità del prodotto, la variabile sulla quale le imprese competono costituisce un
complemento strategico. Si ha una tendenza all’aumento di qualità come risposta alla scelta del rivale.

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Capitolo 10: Giochi dinamici e modello di Stackelberg


Fin qui ci siamo occupati di modelli statici legati al fatto che le imprese scelgono simultaneamente l’output da
produrre, nei quali non c’è un ordine delle mosse. In molti casi però l’ordine delle mosse è presente e parliamo di
interazione dinamica.
In che modo la concorrenza di prezzo o sulla quantità si modifica se introduciamo questa simmetria nell’ordine delle
mosse?
Consideriamo lo stesso setting di Cournot: due imprese con beni identici, simmetriche tranne per il fatto che non
muovono assieme. Le quantità determinate vengono portate sul mercato e un banditore determina il prezzo in
funzione di domanda e offerta.
Il leader sceglie la sua quantità per primo, in modo osservabile dal follower che sceglie la propria quantità. Il leader
(first mover) ha un vantaggio perché può anticipare le azioni del follower, può cioè prevedere la quantità che produrrà
il follower in funzione delle sue scelte.
Affinché ciò avvenga è importante che il leader debba vincolarsi credibilmente alla propria scelta di output, deve cioè
non modificare il livello di output una volta scelto. Il gioco ha termine dopo che l’impresa follower sceglie.
Consideriamo l’impresa follower: ha il problema di massimizzare il profitto ma, a differenza di Cournot, la quantità non
è un’aspettativa ma è l’output che ha deciso di produrre la leader, che la follower è in grado di osservare. Si riduce
quindi a un problema di massimizzazione di profitti del monopolista sulla domanda residuale.
Avendo anticipato il comportamento della follower, il leader scegliendo q1 sta scegliendo il q2. Il leader dunque sceglie
su quale punto della curva di reazione della follower si realizzerà l’equilibrio di mercato.

Considerando il follower, la sua domanda residuale è:


𝑃 = (𝐴 − 𝐵𝑞1 ) − 𝐵𝑞2 → 𝑅𝑀𝑔 = (𝐴 − 𝐵𝑞1 ) − 2𝐵𝑞2
𝑅𝑀𝑔 = 𝐶𝑀𝑔 → (𝐴 − 𝐵𝑞1 ) − 2𝐵𝑞2 = 𝑐
𝐴 − 𝑐 𝑞1
𝑞2∗ = −
2𝐵 2
La domanda per il leader è:
𝐴 − 𝑐 𝑞1 𝐴 − 𝑐 𝐵𝑞1 𝐴 + 𝑐 𝐵𝑞1
𝑃 = (𝐴 − 𝐵𝑞2∗ ) − 𝐵𝑞1 = 𝐴 − 𝐵 ( − ) − 𝐵𝑞1 = 𝐴 − + − 𝐵𝑞1 = −
2𝐵 2 2 2 2 2
𝐴+𝑐 𝐴 − 𝑐 𝐴 − 𝑐
𝑅𝑀𝑔 = 𝐶𝑀𝑔 → − 𝐵𝑞1 = 𝑐 → 𝑞1∗ = 𝑒 𝑞2∗ =
2 2𝐵 4𝐵
Il problema dell’impresa leader è identificare il punto in corrispondenza del quale il suo profitto è più alto; man mano
che andiamo verso sinistra il profitto del leader aumenta fino a un certo punto, oltre il quale potrebbe tornare a
diminuire. In Cournot il punto si individua con l’intersezione tra la curva e la bisettrice.
Il leader produce più del follower e inoltre osserviamo che il leader produce più di quanto produrrebbe in Cournot e il
follower meno.
Per quanto riguarda i profitti:
(𝐴 − 𝑐)2 𝐹 (𝐴 − 𝑐)2 𝐶 (𝐴 − 𝑐)2
𝜋𝐿 = ,𝜋 = ,𝜋 =
8𝐵 16𝐵 9𝐵
𝜋𝐹 < 𝜋𝐶 < 𝜋𝐿

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Sappiamo che la funzione di reazione del leader è quella derivata in Cournot abbiamo però un problema: il livello di
output prodotto non è quello ottimale dato dall’intersezione tra le funzioni di reazione. Non c’è equilibrio di Nash tra
𝐴 − 𝑐/4𝑏 e 𝐴 − 𝑐/2𝑏, ma perché è un equilibrio? Perché abbiamo postulato che il leader non possa modificare il
livello di output una volta che è stato scelto. Se abbandoniamo questo postulato l’equilibrio risultante è quello di
Cournot.
Concludendo:
- Chi muove per primo, ipotizzando che sia in grado di vincolarsi al livello di output, è in grado di sfruttare una
posizione di vantaggio con maggiore quantità e profitti.
- In Stackelberg c’è maggiore concorrenza e quindi i profitti aggregati sono inferiori a quelli di Cournot.
Come fa l’impresa leader a vincolarsi al livello di output?
- Costruendosi una reputazione di impresa aggressiva che sceglie quella quantità perché sa che altrimenti
perderebbe profitti
- Investendo in capacità produttiva addizionale
- Sottoscrivendo impegni contrattuali per rendere irreversibile la scelta fatta dagli acquirenti
Essere leader è sempre vantaggioso? No se consideriamo una competizione sui prezzi.
Ipotesi di un mercato con imprese simmetriche e beni omogenei, nel quale il leader fissa un prezzo maggiore ai CMg
mentre il follower ne fissa uno inferiore, sottraendo tutti i profitti del first mover. Se leader fissasse un prezzo pari ai
CMg prevede la contromossa del follower ma si torna alla situazione del gioco simultaneo. Non c’è dunque vantaggio
della prima mossa per il leader.
Supponiamo una differenziazione tra i prodotti che in Bertrand faceva cadere l’ipotesi di azzeramento dei profitti.
Con prodotti differenziati, il follower che fissa un prezzo inferiore non sposta tutte le preferenze dei consumatori.
Come nel modello spaziale assumiamo che esistano due imprese ma ora l’impresa leader può stabilire prezzo per
prima vincolandosi ad esso.
Conosciamo le funzioni di domanda delle imprese:
𝑁(𝑝2 − 𝑝1 + 𝑡) 𝑁(𝑝1 − 𝑝2 + 𝑡)
𝐷1 (𝑝1 , 𝑝2 ) = 𝑒 𝐷2 (𝑝1 , 𝑝2 ) =
2𝑡 2𝑡
Il leader, conoscendo la funzione di reazione del follower, incorpora le informazioni e sostituisce 𝑝2∗ a 𝑝2
𝑝1 + 𝑐 + 𝑡 𝑁(𝑐 + 3𝑡 − 𝑝1 )
𝑝2∗ = → 𝐷1 (𝑝1 , 𝑝2∗ ) =
2 4𝑡
𝑁(𝑝1 − 𝑐)(𝑐 + 3𝑡 − 𝑝1 ) 𝛿𝜋1 𝑁(2𝑐 + 3𝑡 − 2𝑝1 ) 3𝑡
𝜋1 = → = → 𝑝1∗ = 𝑐 +
4𝑡 𝛿𝑝1 4𝑡 2
Sostituendo nella funzione di reazione del follower:

𝑝1∗ + 𝑐 + 𝑡 5𝑡
𝑝2 = =𝑐+
2 4
I prezzi sono maggiori rispetto al gioco simultaneo 𝑝∗ = 𝑐 + 𝑡
Il leader fissa un prezzo maggiore rispetto al follower e ha dunque una quota di mercato minore.

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3𝑡 5𝑡 3
𝑐+ + 𝑡𝑥 𝑚 = 𝑐 + + 𝑡(1 − 𝑥 𝑚 ) → 𝑥 𝑚 =
2 4 8
18𝑁𝑡 25𝑁𝑡
𝜋1 = 𝑒 𝜋2 =
32 32
Non c’è il vantaggio di prima mossa, ma la competizione di prezzo avvantaggia il second mover in quanto i profitti sono
maggiori per il follower.
Ritorniamo sul tema della credibilità delle mosse, permette a chi li ascolta di sapere che quanto dichiarato rispecchia
la realtà. In generale dobbiamo porci il problema di come la credibilità influenzi i vantaggi.
Quando abbiamo una concorrenza sulle quantità il fatto di avere ordine delle mosse consente al first mover di ottenere
vantaggio nella misura in cui l’impresa è in grado di alterare irrevocabilmente le condizioni nelle quali la competizione
si svolge. La concorrenza è irrevocabilmente modificata rispetto al caso di Cournot, perché per ipotesi l’impresa leader
è in grado di scegliere uno qualsiasi dei punti della funzione di reazione del follower.
In quali condizioni il leader è in grado di modificare le condizioni nelle quali la concorrenza si svolge?
Consideriamo un caso generale di gioco dinamico e analizziamo l’importanza dell’impegno irrevocabile. Semplice
esempio di due imprese:
- Novasoft sceglie per prima se entrare o meno sul mercato
- Megasoft è un incumbent e può scegliere se ostacolare o accomodare l’entrata di Novasoft
Megasoft

Ostacolare Accettare

Entrare (0, 0) (2, 2)


Novasoft
Restare
(1, 5) (1, 5)
fuori
Sono presenti due equilibri di Nash, ma sono anche equilibri perfetti nei sottogiochi?
- Se Novasoft entra, Megasoft decide di accettare l’ingresso
- Se decide di non entrare per Megasoft la scelta è indifferente
Quindi solo il primo è un equilibrio perfetto nei sottogiochi.
Supponiamo che Megasoft sia in grado di vincolarsi ad un certo tipo di azione, ipotizziamo ad ostacolare l’entrata. Il
gioco si modifica: posso cancellare due rami decisionali. In queste ipotesi l’unico equilibrio di Nash perfetto nei
sottogiochi è 1, 5.

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Se Megasoft minaccia di ostacolare l’entrata con payoff 0, 0, Novasoft sa però che la minaccia non è credibile dato che
l’ostacolare non è una risposta ottima all’entrata di Novasoft. L’accomodare ha payoff 2, 2.
Il problema deriva dal fatto che il gioco è giocato una sola volta, se così non fosse l’equilibrio potrebbe essere diverso.
Se il gioco continua Megasoft potrebbe rendere effettiva la minaccia, perdendo payoff ma è un investimento poiché
rende l’entrata di altre imprese in altri frangenti meno probabile.
Immaginiamo che esista un numero finito di mercati e che i giochi si realizzino in maniera sequenziale. Procediamo
con un’analisi a ritroso, qualsiasi cosa Megasoft abbia scelto nei primi mercati, come si comporterà nell’ultimo
mercato? La situazione strategica sarà la stessa del gioco singolo, accomoderà l’entrata. Nel penultimo Megasoft
continua ad accomodare l’entrata e così via. Risolvendo si ha il paradosso della catena dei negozi, in quanto l’entrata
viene accomodata in tutti i mercati.
Nei casi analizzati però non è considerata l’incertezza sul futuro (informazione imperfetta e incompleta), che
caratterizza i mercati reali; per esempio introducendo un nuovo prodotto non ci conosce la domanda (per esempio i
gusti dei consumatori).
Nei casi analizzati: competizione sulle quantità di Stackelberg + informazione perfetta + impegni credibili -> vantaggio
della prima mossa.
Rimuovendo l’informazione perfetta, analizziamo cosa ne è del vantaggio di muovere per primi quando c’è incertezza
sulla domanda, incertezza tecnologica e quando il bene che l’impresa produce abbisogna di beni complementari
prodotti da soggetti terzi.
La conclusione è che il vantaggio della prima mossa di natura strategica è un vantaggio che può essere eroso dal fatto
che chi muove dopo, muove in condizioni di informazioni sulla domanda e sulla tecnologia migliori rispetto al first
mover. C’è un trade off tra il vantaggio di muovere per primi e il rischio derivante, in quanto chi muove dopo opera in
condizioni di minore incertezza.
Capitolo 11: Prezzo limite e deterrenza all’entrata
I comportamenti strategici dell’impresa finalizzati a ridurre la minaccia competitiva rappresentata da altre imprese,
sono riconducibili a due famiglie:
- Prezzo limite/Strategia deterrente: prezzo sufficientemente basso che l’incumbent pratica allo scopo di
disincentivare l’entrata di nuove imprese
- Prezzo predatorio/Strategia predatoria: prezzo praticato dall’incumbent con finalità di far uscire dal mercato
imprese già presenti.
L’eliminazione dei rivali o la prevenzione dell’entrata sono azioni che l’impresa dominante realizza allo scopo di ridurre
la concorrenza, l’idea di fondo è che questi prezzi siano così bassi non perché rispecchino un vantaggio di costo ma
perché sono tenuti artificialmente bassi per perseguire quell’obiettivo. Dunque investire in R&S per ottenere riduzione
dei costi, non è un’azione predatoria o deterrente.
Caratteristiche dell’entrata:
- L’entrata è molto frequente
- Avviene su piccola scala
- La sopravvivenza però è bassa
- L’entrata è fortemente correlata con l’uscita, più alto è uno e più cresce l’altro
- È difficile dimostrare l’esistenza di azioni predatorie condotte dalle grandi imprese
Intuitivamente: se B entra sul mercato, A abbassa i prezzi dato che la concorrenza è aumentata provocando la
fuoriuscita dell’impresa B; essendoci meno concorrenza i prezzi tendono a salire, tornando dal prezzo di concorrenza
perfetta a quello di monopolio. Questo non è sanzionabile dall’autorità antitrust perché la variazione dei prezzi non
presuppone alcun intento predatorio nell’impresa che ha fissato i prezzi.
Le azioni legali si concentrano sui prezzi predatori perché è più facile individuare la vittima della pratica costretta ad
uscire sul mercato, rispetto al caso dei prezzi deterrenti.
Consideriamo il modello del prezzo limite: come fa l’incumbent a determinarlo?
Il leader che volesse fissarne uno dovrebbe impegnarsi a produrre una quantità di output tale che la curva di domanda
residuale del follower sia tale che il prezzo che verrebbe praticato assicuri profitti non positivi.
Ipotizziamo che incumbent produca 𝑞1 , la curva residuale per l’entrante sarà la domanda meno 𝑞1 . L’obiettivo è fissare
una quantità tale da scoraggiare l’entrata. Ma a 𝑞1 i profitti sono non negativi per il follower il prezzo è maggiore del

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costo medio. È necessario dunque produrre più di 𝑞1 , ipotizziamo 𝑞𝑑 che sposta la curva di domanda residuale più in
basso. In questo modo qualsiasi prezzo per il follower è inferiore al costo medio e nessun livello di output permette di
coprire i costi medi. 𝑞𝑑 quindi è la quantità sufficiente ad impedire l’entrata di una nuova impresa. Il massimo che può
ottenere il follower è profitti azzerati in corrispondenza del punto di tangenza tra domanda residuale e costi medi.

Abbiamo un problema: chi assicura che l’incumbent producendo quella quantità stia massimizzando i profitti? Quanto
è realizzabile la minaccia di produrre 𝑞𝑑 ?
Un possibile meccanismo per rendere la minaccia credibile è installare capacità produttiva prima della produzione, è
necessario però che l’investimento sia costoso e irreversibile perché costituisca un impegno credibile.
Nel modello del prezzo limite dunque la credibilità della minaccia fatta dall’impresa è legata a quanto l’impresa è in
grado di modificare la propria capacità produttiva.
Il modello di Dixit
Consideriamo un gioco in due stadi:
Nel primo stadio l’incumbent installa un livello di capacità produttiva 𝐾1 , ad un costo unitario 𝑟; il costo totale di
installazione è pari a 𝑟 ∗ 𝐾1 . Per ipotesi non è possibile ridurre la capacità produttiva nel secondo periodo, dunque
l’investimento in 𝐾1 è irreversibile.
Nel secondo l’incumbent può produrre fino a 𝐾1 al costo unitario w. I costi totali saranno pari a:
- 𝐶𝑇 = 𝑟 ∗ 𝐾1 + 𝑤 ∗ 𝑞 𝑠𝑒 𝑞 ≤ 𝐾1 → 𝐶𝑀𝑔 = 𝑤
- 𝐶𝑇 = (𝑟 + 𝑤)𝑞 𝑠𝑒 𝑞 > 𝐾1 → 𝐶𝑀𝑔 = 𝑤 + 𝑟
Scegliendo opportunamente 𝐾1 nel primo periodo l’impresa sceglie quale curva di costo marginale presentare al suo
rivale.
L’entrante, se sceglie di entrare sul mercato, deve installare 𝐾2 che costa 𝑟 ∗ 𝐾2 con costo di produzione unitario pari
a 𝑤. I costi marginali sono dati da 𝑤 + 𝑟.
Ipotizziamo la solita domanda di mercato: 𝑃 = 𝐴 − 𝐵(𝑞1 + 𝑞2 )
Se le due imprese entrano giocano alla Cournot, con l’unica differenza che il costo marginale dipende da K.
Analizzando le funzioni di reazione delle imprese, si nota che:
- per livelli inferiori a 𝐾1 l’intercetta della funzione di reazione è più alta
- per 𝐾 = 0 il modello è Cournot standard
Scegliendo 𝐾1 dunque si sceglie la forma della curva di reazione dell’incumbent.

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In Stackelberg l’impresa 1 è in grado di scegliere qualsiasi punto sulla sua curva di reazione, qui è in grado di
determinare l’equilibrio scegliendo la forma della propria curva di reazione. Prima l’output non era credibile dato che
non era nell’intersezione tra curva di reazione cosa che abbiamo in dixit.
Il modello del prezzo limite mostra come un incumbent, vincolandosi a una scelta di output per ragioni postulate,
determina condizioni che possono disincentivare l’entrata di altre imprese sul mercato. Scegliendo accuratamente la
quantità può spingere l’entrante a desistere poiché la coppia prezzo-quantità genera profitti nulli.
Questo modello presenta un problema legato alla credibilità dell’impegno dell’incumbent a produrre quella quantità
𝑞𝑑 e in più non è stato verificato se a quella quantità corrisponde un livello del profitto più alto rispetto ai profitti
derivanti dal giocare alla Cournot. Per discutere di questo problema abbiamo iniziato a trattare del modello in cui
l’incumbent ha la possibilità di investire in capacità produttiva nel periodo precedente a quello in cui si realizza la
concorrenza: il modello di Dixit.
Nel primo stadio l’incumbent installa capacità 𝐾1 e nel secondo stadio produce l’output; per tutti i livelli di output
inferiori a 𝐾1 sostiene solo il costo w, viceversa dovrebbe sostenere 𝑤 + 𝑟. In entrambi i casi l’impresa sostiene un
costo fisso d’entrata. La funzione di costo marginale dell’impresa è dunque:

Scegliendo 𝐾1 l’impresa sceglie il livello di output in corrispondenza del quale c’è la discontinuità, la quale influenza
anche la curva di reazione dell’impresa 1.
I costi del potenziale entrante sono uguali all’incumbent cioè 𝑤 + 𝑟 in quanto la scelta delle imprese avviene
simultaneamente; se decidesse di entrare, sosterrà dei costi fissi d’entrata e le imprese competeranno alla Cournot.
Per induzione a ritroso determiniamo cosa succede nel secondo periodo per individuare cosa accade nel primo.
Le funzioni di reazione sono:

Essendoci dei costi fissi d’entrata l’impresa ha un limite inferiore nella quantità da produrre necessaria per coprire i
costi fissi, se li consideriamo pari a zero il livello minimo è 𝑞 > 0.
L’equilibrio dipende da due discontinuità: 𝐾1 che è una scelta dell’incumbent (endogena) e 𝐹2 cioè il punto in cui i costi
fissi non sono ripagati il quale non è influenzabile dall’impresa follower (esogena).
Rispetto a Stackelberg, nel quale non avevamo una funzione di reazione del leader che si limitava a scegliere l’output
sulla funzione del follower, in questo modello il leader mostra irrevocabilmente la propria funzione di reazione al
potenziale entrante, ipotizzando il livello di produzione irrecuperabile.
Tutti gli equilibri possibili devono essere compresi tra T e V, cioè tra 𝐹2 = 0 e 𝐹2 massimo; non sono possibili equilibri
a destra di V e a sinistra di T perché l’equilibrio sarebbe di Cournot simmetrico.

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𝑉 è la capacità massima in cui incumbent è disposto ad investire, poiché superare quel punto è sprecare denaro dato
che l’intersezione tra le funzioni di reazione non va oltre V.
Scegliendo 𝐾1 l’impresa leader sceglie il punto lungo la funzione di reazione del follower lungo il quale ci sarà Cournot.
C’è o meno deterrenza? Dipende dal punto in cui si realizza la discontinuità della funzione di reazione:
- A destra di V l’entrata non può essere scoraggiata
- Tra T e V l’entrata può essere scoraggiata in quanto per il leader è possibile produrre una quantità idonea alla
non entrata
- A sinistra di T l’entrata non è una minaccia, dunque il leader non deve modificare comportamento da
monopolista.

Supponiamo ora che il follower non entri poiché F2 è elevato e non c’è un output idoneo al pareggio dei costi. Il leader
sceglie M1 che corrisponde ad un equilibrio di Stackelberg e possiamo dire che non andrà mai sotto questo livello
perché l’output minore che il leader produce è quello di monopolio. Se scegliesse un livello inferiore dovrebbe essere
aumentato per raggiungere M1.

Supponiamo che la funzione di reazione dell’entrante sia discontinua in 𝐵𝐿 , l’incumbent sceglie 𝑀1 e c’è deterrenza
all’entrata.
Se la discontinuità è in 𝐵𝑆 , la funzione di reazione dopo 𝐵𝑆 va a zero che è a sinistra di 𝑀1 dunque l’entrata è scoraggiata
continuando a produrre output di monopolio.
Supponiamo che avvenga in 𝐵𝑅 , l’entrata è accomodata perché in Stackelberg l’impresa sceglie sempre la quantità di
monopolio.

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Se la discontinuità si localizza in 𝐵∗ , tra V e S, l’incumbent deve scegliere tra:


- Continuare a produrre 𝑀1 e condividere il mercato non scoraggiando l’entrata
- Installare capacità produttiva 𝐵1 mantenendo il monopolio del mercato e impedendo l’entrata.
La scelta dipende dalla remuneratività relativa: più vicina è la discontinuità a S più è preferibile usare la capacità come
mezzo di deterrenza; se è vicina a V è più probabile che l’entrata venga accomodata con gioco alla Stackelberg.

La convenienza a impedire l’entrata dipende dal livello dei costi fissi che l’entrante deve sostenere ma dipende anche
dal vantaggio in termini di costo marginale che l’incumbent ottiene. Stackelberg è un equilibrio perfetto nei sottogiochi
e può risultare un equilibrio in tutti i casi in cui F2 è molto piccolo o molto grande con discontinuità a destra o a sinistra
di S.
Consideriamo il fattore tempo e studiamo l’interesse dell’incumbent a prevenire l’ingresso di entranti producendo in
anticipo rispetto al rivale oppure completando la gamma delle varietà di prodotti.
Consideriamo un mercato nel quale l’incumbent realizza 𝜋 𝑀 e che si aspetta che il mercato raddoppi nel secondo
periodo, rimanendo costante nel tempo a 2𝜋 𝑀 . Per soddisfare l’aumento della domanda si richiede una capacità
addizionale ad un costo pari a F, i profitti risultanti saranno 2𝜋 𝑀 − 𝐹.
La nuova capacità può essere aggiunta nel primo o nel secondo e può essere aggiunta dall’incumbent o dal nuovo
entrante. Senza nessuna minaccia di entrata l’incumbent installa la capacità all’inizio del secondo periodo e il fattore
tempo non ha molto valore.
Con la minaccia d’entrata potrebbe voler installare la capacità in anticipo, consideriamo quindi qual è la scelta nel
primo periodo dell’entrante.
Se entra al periodo 1 realizza un profitto 𝜋 𝐶 + 2𝜋 𝐶 /(1 + 𝑟) − 𝐹 (abbiamo attualizzato per ottenere il valore attuale).
L’entrata al periodo 2 dà all’entrante 2𝜋 𝐶 /(1 + 𝑟) − 𝑅𝐹 (F viene sostenuto nel secondo periodo).
Decide quale dei due in funzione dei profitti. Entra nel secondo periodo se è soddisfatta la seguente condizione:
(1 + 𝑟)𝜋 𝐶 < 𝑟𝐹

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L’incumbent potrebbe non far niente nel primo periodo e guadagnare 2𝜋 𝑐 /(1 + 𝑟), oppure installare capacità
addizionale nel primo periodo causando deterrenza all’entrata con profitti 2𝜋 𝑐 /(1 + 𝑟) − 𝐹.
Se valore attuale dei profitti addizionali provenienti dal mantenimento del monopolio è maggiore dei costi fissi,
installerà capacità in anticipo.
Esempi reali:
- Alcoa aumentò capacità in anticipo rispetto all’aumento della domanda allo scopo di ridurre entrata
- Al banco di Sardegna venne vietata l’apertura di nuovi sportelli poiché l’investimento venne visto con
l’obiettivo di deterrenza

Capitolo 12: Comportamento predatorio, sviluppi recenti


Comportamenti intenti ad espellere concorrenti dal mercato attraverso la fissazione di prezzi. Problemi dei prezzi
predatori:
- Non è facile determinare effettivamente che il comportamento sia volontario
- È razionale un comportamento predatorio? Nel caso di imprese simmetriche abbassare i prezzi fa uscire i
concorrenti, ma una volta ristabiliti il problema torna.
Per McGee: la predazione è una strategia dominata, in quanto la fusione risulta più profittevole. Consideriamo un
esempio di un mercato in due periodi nel quale operano due imprese. In equilibrio di Stackelberg il leader ottiene
(𝐴 − 𝑐)2 /8𝐵 e il follower (𝐴 − 𝑐)2 /16𝐵; se il leader fosse monopolista otterrebbe (𝐴 − 𝑐)2 /4𝐵.
Supponiamo che leader faccia predazione nel primo periodo ponendo 𝑃 = (𝐴 − 𝑐)/𝐵 per spingere il prezzo al CMg e
non facendo entrare il follower. I profitti sono (𝐴 − 𝑐)2 /4𝐵.
Se leader si fonde con il follower: monopolio in entrambi i periodi; il leader può fare offerta di fusione che viene
sicuramente accettata perché i profitti aumentano per entrambi, i profitti aggregati saranno (𝐴 − 𝑐)2 /2𝐵. La fusione
potrebbe però essere impedita dall’antitrust.
Analizziamo la strategia del prezzo limite e in generale i giochi di prevenzione per prevenire il comportamento
dell’impresa rivale, considerando una struttura articolata di informazioni.
Il problema del modello del prezzo limite è che risulta essere subottimale se la minaccia di entrata dovesse realizzarsi.
I giochi di prevenzione sono un modo per risolvere il paradosso della catena dei negozi, per il quale l’unico equilibrio
perfetto nei sottogiochi è quello giocato nel singolo gioco che esclude il prezzo limite come equilibrio perfetto.
Se introduciamo l’asimmetria informativa (modello di Milgrom e Roberts) tra incombente e entrante, supponiamo
che entrante non abbia informazione perfetta sui costi dell’incumbent:
- Se l’incumbent ha costi bassi l’entrante non entra
- Se l’incumbent ha costi alti l’entrante entra
Un prezzo basso potrebbe però non essere con certezza indicativo di CMg bassi, perché potrebbe spacciarsi come
incombente con costo basso. L’introduzione di questa asimmetria modifica il gioco e possiamo ottenere un equilibrio
perfetto dei sottogiochi, nel quale l’incombente con costo alto pratica un prezzo basso e questo è sufficiente a
scoraggiare entrata.
Esempio: l’incumbent è monopolista nel periodo 1 ed esiste una minaccia di entrata nel periodo 2, al termine del quale
il mercato termina. L’entrante osserva le azioni dell’incumbent nel periodo 1 che influenzano la decisione di entrare o
meno. L’entrante, non avendo informazioni dirette sui costi, si basa solo sul prezzo praticato nel primo periodo.
L’entrante però sa che esiste una probabilità P che l’incumbent abbia costi bassi e viceversa una probabilità 1-P che
abbia costi alti.
I profitti dell’incombente del primo periodo:
- Se sostiene costi bassi: 100 milioni
- Se sostiene costi alti: 60 milioni
- Se sostiene costi alti praticando prezzi bassi, allo scopo di scoraggiare l’entrata nel secondo periodo: 40 milioni
Profitti dell’incumbent nel secondo periodo:
- Senza entrata del rivale: 100 milioni o 60 milioni a seconda dei costi; non ha senso praticare prezzi bassi se la
struttura dei costi non lo permette poiché non si verifica la minaccia d’entrata
- Con entrata del rivale:
o Incumbent a costi bassi: 50 milioni
o Incumbent a costi alti: 20 milioni

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Profitti dell’entrante al periodo 2:


- Se l’incumbent ha costi bassi: -20 milioni
- Se incumbent ha costi alti: 20 milioni
In che modo l’incumbent può comportarsi in maniera diversa dal suo effettivo tipo? Incumbent con costi bassi non ha
incentivo a spacciarsi per incumbent a costi alti; ma a costi alti ha incentivo a spacciarsi come incumbent a costi bassi,
poiché se riesce a convincere l’entrante scongiura la minaccia d’entrata.
Rappresentiamo il gioco in forma estesa attraverso l’albero:

Nel primo nodo la natura determina se l’incumbent ha costi bassi o elevati; nel secondo l’incumbent deve scegliere se
fissare un prezzo alto o basso; infine nel terzo nodo l’entrante deve decidere se entrare o meno in funzione delle scelte
dell’incumbent. Escludiamo a priori il ramo di scelta prezzi alti nel caso la natura dell’incumbent sia a costi bassi. La
figura rappresenta i profitti dei giocatori in tutte le situazioni.
Per induzione a ritroso risolviamo il gioco partendo dai nodi terminali. Per il momento non consideriamo l’incertezza
e assumiamo che l’entrante nel momento in cui è chiamato a scegliere conosce i costi del incumbent. Siamo in grado
di semplificare il gioco:
- Se l’incumbent ha costi bassi eliminiamo l’entrata dell’entrante
- Se l’incumbent ha costi alti l’entrata si verifica in ogni caso
- Dato che l’incumbent con costi alti sa che l’entrata si verifica in ogni caso, preferisce avere prezzi alti
- Eliminiamo il “rimane fuori” se incumbent ha costi alti ma si spaccia per incumbent a costi bassi.
Ci sono solo due rami a seconda della natura del incumbent costi alti o costi bassi. Il prezzo limite non è dunque un
equilibrio perfetto nei sottogiochi.

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Considerando l’incertezza:

L’entrante non sa se il prezzo è basso artificialmente o meno, dunque i due nodi tratteggiati indicano l’incertezza
dell’entrante. Andando alla ricerca dell’equilibrio perfetto nei sottogiochi per induzione a ritroso non siamo in grado
di eliminare con certezza rami decisionali. Sappiamo però che l’incumbent con costi elevati ha incentivo a far finta di
avere costi bassi e lo sa anche l’entrante, quindi osservare il prezzo non è sufficiente a dissuadere l’entrata in quanto
non è un segnale fedele dei costi. Per l’entrante è rilevante la probabilità che i prezzi bassi indichino costi bassi: è
possibile calcolare un valore soglia di probabilità al di sotto del quale farebbe meglio a non entrare.
Se incumbent pratica prezzi bassi nel primo periodo, i profitti dell’entrante sono:
- 20 con probabilità 1-P se incumbent ha costi elevati
- -20 con probabilità P se incumbent ha costi bassi
- I profitti attesi sono dunque 20(1 − 𝑃) − 20𝑃 = 20 − 40𝑃
Se osserva un prezzo basso entra o meno? Dato che se rimane fuori i profitti sono zero, dobbiamo risolvere per P la
disequazione: 20 − 40𝑃 > 0 → 𝑃 > 1/2
Nel nostro esempio esiste una probabilità alta che l’incumbent abbia costi bassi tale da indurre l’entrante a restare
fuori. Nel momento in cui incumbent si aspetta che la finzione dei prezzi bassi sarà efficace, ha incentivo ad adottare
il prezzo limite.
Se la probabilità fosse maggiore di 1/2 il profitto atteso dell’entrante è maggiore del non entrare, dunque l’incumbent
fissa un prezzo basso che non corrisponde alla sua natura perché sa che questo scoraggia l’entrata nel II periodo.
Il modello dimostra che il potere di monopolio persiste anche a costi elevati per l’incumbent: mentre nel gioco senza
l’asimmetria informativa l’incumbent con costi elevati non riesce a impedire l’entrata; nel gioco con l’incertezza questa
fa sì che, a certe condizioni di probabilità sufficientemente alte, l’entrante decida di non entrare anche se l’incumbent
ha costi alti.
Abbiamo recuperato dunque il concetto di prezzo limite come equilibrio perfetto nei sottogiochi, ma solo se
introduciamo l’asimmetrica informativa.
Se la probabilità di un prezzo basso è associata a una probabilità di avere costi bassi e se la probabilità è alta, per
l’entrante è meglio non entrare; al contrario, l’entrata avviene solo se la probabilità che l’incumbent abbia costi elevati
tenda a uno. Dunque entranti efficienti spingono fuori dal mercato incumbent meno efficienti.
Un’altra modalità attraverso la quale possiamo razionalizzare l’equilibrio alla Stackelberg è immaginare che il leader
sia in grado di sottoscrivere contratti con clienti, precedentemente all’entrata dell’entrante, con i quali si obbliga a
vendere una certa quantità di prodotti. Al primo stadio dunque non decide solo la quantità da produrre ma anche i
contratti che vincolano i clienti, questo permette di ottenere un vantaggio strategico.
Ma ai clienti conviene firmare questi contratti prima che si realizzi l’entrata della seconda impresa?

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Essendo il prezzo in Cournot più basso di quello in Stackelberg, è irrazionale sottoscrivere contratti con un leader di
Stackelberg. L’acquirente non può essere obbligato a firmare un contratto contro propri interessi; l’unico modo è
garantire ai consumatori una parte del surplus derivante dalla non entrata del rivale.
Esempio:
L’acquirente è disposto a pagare 100 per un bene, l’incumbent ha un costo pari a 50 e l’entrante ha costi 𝑐 distribuiti
tra 0 e 100 con probabilità uniforme: la probabilità che il costo dell’entrante sia inferiore uguale a 50 è di 0.5.
Il contratto viene redatto nel primo periodo ma si riferisce al secondo periodo e il prezzo deve rendere conveniente
sottoscrivere assicurando un profitto maggiore di Cournot. Dopo l’entrata la competizione è alla Bertrand.
Consideriamo la situazione senza il contratto:
- Incumbent pratica un prezzo pari a 100 uguale al prezzo di riserva dell’acquirente
- L’entrata avviene solo se i costi dell’entrante sono inferiori a 50, altrimenti tutto il mercato viene servito
dall’incumbent
- La competizione implica che l’entrante non pratichi un prezzo superiore a 50
- In questo scenario il prezzo atteso dal cliente è 1/2 ∗ 100 + 1/2 ∗ 50 = 75 che assicura un surplus di 25.
25 è il livello minimo di surplus che incumbent deve assicurare con il contratto, pena la non sottoscrizione.
L’incumbent può offrire un contratto che renda l’entrata meno probabile?
Consideriamo il seguente contratto: prezzo pari a 75 (vincolo di partecipazione soddisfatto, poiché non inferiore alla
situazione senza siglare il contratto) e acquirente acquista dall’incumbent a meno che non paghi una penale di 50€.
L’entrante, per soddisfare il vincolo di partecipazione, non può far pagare più di 25 al compratore per via della penale,
in quanto il prezzo più la penale non può superare 75. Questo si verifica con una probabilità del 25% (1/4 delle volte),
cioè solo quando i costi dell’entrante sono inferiori a 25.
Per quanto riguarda l’acquirente: onora il contratto ¾ delle volte e ¼ delle volte paga la penale acquistando
dall’entrante.
Verifichiamo se l’incumbent ha interesse ad offrire il contratto:
- Senza contratto vince la competizione ½ delle volte, cioè se il costo dell’entrante è maggiore di 50, vendendo
a 100 con costi di 50 e profitto atteso di 25.
- Con il contrato ¾ delle volte vince la competizione nel secondo periodo, vendendo a P=75 e pagando costi pari
a 50 con profitti attesi 0.75*25=18,75. ¼ delle volte però riceve la penale non subendo costi e i profitti attesi
saranno 0.25*50=12.50.
Complessivamente i profitti attesi con il contratto sono maggiori rispetto all’assenza di contratto (31.25 > 25), dunque
l’incumbent preferisce proporre il contratto inoltre: rende meno probabile l’entrata dato che senza contratto
l’entrante entra se ha costi inferiori a 50, con il contratto se il costo è inferiore a 25; il surplus del consumatore è lo
stesso con o senza contratto.
Il contratto viene offerto ma è inefficiente, poiché il guadagno netto per l’incumbent (31.2 – 25=6.25) è inferiore della
riduzione del surplus dell’entrante:
- Surplus entrante senza contratto: (50 − 25) ∗ ½ = 12.50
- Surplus entrante con contratto: (25 − 12.5) ∗ ¼ = 3.13
∆𝑠𝑢𝑟𝑝𝑙𝑢𝑠 = 12.5 − 3.13 = 9.37
9.37 > 6.25
Si riduce l’efficienza del mercato.
Evidenza empirica
L’esistenza di un prezzo predatorio è difficile da dimostrare, anche perché non è un’azione dominante per l’incumbent.
La difficoltà consiste nel fatto che non è facile distinguere un prezzo predatorio da un prezzo più basso determinato
da efficienza di costo.
Bisogna individuare degli standard che consentano di individuare il prezzo predatorio: allo scopo sono stati stabiliti
due requisiti per procedere all’incriminazione:
- Un costo molto basso rispetto ai costi è indicativo di una politica predatoria con l’unico scopo di far uscire
dal mercato i competitor
- Acquisire delle prove che confermino che l’impresa che realizza la politica predatoria possa recuperare le
perdite subite in quel periodo, dunque una prova di razionalità della scelta.

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Il problema è che le regole non permettono di distinguere tra una politica predatoria e una concorrenziale, dunque
sono state proposte delle regole ancora utilizzate: se il prezzo predatorio è inferiore al costo medio variabile di breve
periodo è indice di predazione (Areeda – Turner).
Si parla di CMe variabili poiché per l’antitrust possono essere più facilmente individuabili dal bilancio, a differenza dei
costi marginali. L’idea è che il CMe variabile approssimi il costo marginale, ma sappiamo che potrebbe essere di molto
inferiore al costo marginale, questo dipende dalla forma del CMe: l’approssimazione è adeguata se i costi marginali
fossero costanti, ma all’aumentare delle economie di apprendimento il CMe tende a scendere grazie all’ottimizzazione
dei fattori della produzione.
Capitolo 13: Collusione e giochi ripetuti
Cartelli: accordi organizzati da due o più imprese volti a ridurre o annullare la concorrenza tra imprese, perché
sappiamo che produce effetto negativo sui profitti. Gli accordi collusivi dunque tendono a restringere l’output
prodotto allo scopo di mantenere i prezzi alti.
Obiettivo dell’accordo collusivo è la massimizzazione dei profitti congiunti, situazione diversa dall’oligopolio dove
ciascuna impresa massimizza il proprio profitto. In generale se le due imprese sono identiche l’output che massimizza
i profitti è quello di monopolio; se hanno costi diversi la suddivisione dell’output non corrisponde necessariamente a
quella del monopolista. Bisogna solo scegliere accuratamente 𝑞1 e 𝑞2 in modo da massimizzare la loro somma.
Problema: il cartello è vietato dalla legge in tutte le economie moderne e sono sanzionabili, tranne che in alcuni casi
espliciti come l’OPEC. Dovendo operare in maniera clandestina non è possibile sottoscrivere un contratto tra le due
imprese, dunque eventuali deviazioni dall’accordo non possono essere sanzionate dalla legge. Questa caratteristica è
la causa dell’instabilità, è quindi necessario raggiungere la stabilità attraverso sistemi diversi da quelli legali.
I cartelli sono difficili da dimostrare ma se dimostrati le multe sono molto elevate e sono una funzione crescente della
dimensione del cartello, della quota di mercato controllata dal cartello e della quota di mercato delle singole imprese.
I cartelli esistono e sebbene siano illegali, le imprese infrangono la legge perché permettono alle imprese di smettere
di farsi concorrenza; il problema è in che modo i cartelli possono essere sostenuti, data la loro instabilità?
L’output totale ripartito tra le due imprese non è una risposta ottima alla scelta dell’altra impresa, ognuna vorrebbe
produrre di più tendendo all’output di monopolio allo scopo di aumentare i profitti: forte incentivo a deviare
dall’accordo di cartello.
𝜋 𝐶𝑜𝑢𝑟𝑡𝑜𝑛 < 𝜋 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑢𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 < 𝜋 𝐷𝑒𝑣𝑖𝑎𝑛𝑡𝑒
L’accordo di cartello non è un equilibrio di Nash perché le scelte non sono risposte ottime alle scelte del rivale; è però
un esito del gioco che domina in senso paretiano l’equilibrio di Nash poiché entrambe le imprese realizzano profitti
maggiori.
Esempio: due imprese simmetriche alla Cournot che sostengono CMg costanti pari a 30, con domanda uguale a 𝑃 =
150 − 𝑄 dove 𝑄 = 𝑞1 + 𝑞2
𝜋1 = 𝑞1 (𝑃 − 𝑐) = 𝑞1 (150 − 𝑞1 − 𝑞2 − 30) = 𝑞1 (120 − 𝑞1 − 𝑞2 )
Per massimizzare bisogna derivare rispetto alle due quantità per ottenere le funzioni di reazione:
𝑞2 𝑞1
𝑄1∗ = 60 − 𝑒 𝑄2∗ = 60 −
2 2
𝑄1∗ = 𝑄2∗ = 40 𝑒 𝑃 ∗ = 70.
𝜋 𝐶𝑜𝑢𝑟𝑛𝑜𝑡 = (70 − 30)40 = 1600
Attraverso il cartello l’output totale di 60 è ripartito in due, il prezzo è pari 90 con profitti per ciascuna impresa uguali
a 1800.
C’è però incentivo a deviare, poiché 30 non è risposta ottimale alla scelta di produrre 30 dall’altra impresa. Se andiamo
a sostituire nelle funzioni di reazione, la risposta ottima a 30 è 45 con prezzo di 75, in questo modo:
- 𝜋 𝑑𝑒𝑣 = (75 − 30)45 = 2025
- 𝜋 𝑐𝑜𝑙𝑙 = (73 − 30)30 = 1350

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È possibile riassumere la situazione nella matrice dei pay-off:


Impresa 2

Cooperare (M) Defezionare (D)

Cooperare (M) (1800, 1800) (1350, 2025)


Impresa 1
Defezionare (D) (2025, 1350) (1600, 1600)

(D, D) è l’unico equilibrio di Nash, ma dato che defezionare assicura un payoff sempre più alto è un equilibrio in azioni
dominanti.
È possibile trasformare (M, M) in un equilibrio di Nash? Per farlo bisogna considerare il gioco ripetuto un numero n di
volte, in questo caso è importate distinguere tra giochi ripetuti un numero finito di volte e giochi ripetuti un numero
indefinito/infinito di volte.
Se la concorrenza avviene nel tempo emerge possibilità di punire il comportamento deviante e di premiare il rispetto
delle condizioni.
Giochi a ripetizioni finite: il numero delle ripetizioni è conosciuto in anticipo dalle imprese e c’è la possibilità di adottare
una strategia premio/punizione detta anche tit for tat. Le ripetizioni possono essere finite per una serie di ragioni per
esempio le risorse non sono rinnovabili o i brevetti scadono dopo un certo numero di anni.
Consideriamo la strategia dell’impresa 1 che adotti il tit for tat, cioè sceglie di cooperare come prima mossa e come
seconda di cooperare solo se l’altra ha cooperato.
La strategia non è d’equilibrio poiché la promessa non è credibile: all’ultimo stadio cooperare non è un’azione Nash e
non definisce un equilibrio perfetto nei sottogiochi. L’impresa 2, anticipando la mossa del secondo periodo, ha
incentivo a defezionare per prima. Il risultato è lo stesso per ogni numero di ripetizioni.
Questo risultato è un’applicazione del teorema di Selten: se abbiamo un gioco ripetuto una sola volta con un unico
equilibrio, questo equilibrio è anche l’equilibrio del gioco ripetuto n volte. Questo teorema è valido se esiste un unico
equilibrio e se il gioco viene ripetuto un n finito di volte. Dunque in ogni stadio in cui viene ripetuto il gioco l’equilibrio
è Cournot.
Consideriamo cosa accade se il gioco viene ripetuto su orizzonte temporale infinito o indefinito, in questo caso non
siamo in grado di definire uno stato finale a partire dal quale, per induzione a ritroso, determinare l’equilibrio. Allora
il cartello potrebbe continuare indefinitamente, con una probabilità maggiore di zero che il gioco si ripeta alla fine di
ogni ripetizione. Si può inoltre premiare o punire credibilmente i comportamenti.
Supponiamo che i profitti netti siano indicati con 𝜋𝑡 e che R sia il fattore di sconto uguale a (1 + 𝑟)−1. Indichiamo la
probabilità che nel prossimo periodo il gioco continui con ρ.
Il valore attuale dei profitti, valutati al fattore di sconto aggiustato per la probabilità, è:
𝑉(𝜋𝑡 ) = 𝜋0 + 𝑅𝜌𝜋1 + 𝑅2 𝜌2 𝜋2 + ⋯ + 𝑅𝑡 𝜌𝑡 𝜋𝑡 + ⋯
Consideriamo un gioco che continui indefinitamente, al quale si applica una strategia con l’obiettivo di ottenere in
equilibrio la collusione. Si coopera finché tutti hanno cooperano nel precedente periodo oppure si devia se c’è stata
una deviazione.
Per esempio, se nel periodo 1 l’output è 30, nei periodi successivi si continua a produrre 30 se in quelli precedenti non
c’è stata deviazione; altrimenti si produce 40 deviando nel periodo attuale e in ogni periodo seguente.
I profitti attesi dalla partecipazione sono:
1800
𝑉 𝐶 = 1800 + 1800𝑅𝜌 + 1800𝑅2 𝜌2 + ⋯ 𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑒𝑛𝑑𝑒 𝑎
1 − 𝑅𝜌
I profitti attesi dalla deviazione sono:
1600𝑅𝜌
𝑉 𝐷 = 2025 + 1600𝑅𝜌 + 1600𝑅2 𝜌2 + ⋯ 𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑒𝑛𝑑𝑒 𝑎 2025 +
1 − 𝑅𝜌
Partecipare è meglio di deviare se 𝑉 𝐶 > 𝑉 𝐷 , ciò richiede che:
1800 1600𝑅𝜌
> 2025 + ; R𝜌 > 0.529
1 − 𝑅𝜌 1 − 𝑅𝜌

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Se 𝜌 = 1 questo implica che R deve essere minore di 89%


Se 𝜌 = 0,6 → 𝑅 < 14,4%
Consideriamo un esempio generale dove:
- 𝜋 𝐷 profitti di un’impresa deviante
- 𝜋 𝑀 profitti derivanti dalla collusione
- 𝜋 𝑁 profitti dell’equilibrio di Nash
Deviare dal cartello non conviene finché:
𝜋𝐷 − 𝜋𝑀 𝐺𝑢𝑎𝑑𝑎𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑒 𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑣𝑖𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝑐𝑎𝑟𝑡𝑒𝑙𝑙𝑜
𝑅ρ > 𝐷 𝑁
𝑐𝑖𝑜è ≤1
𝜋 −𝜋 𝑃𝑒𝑟𝑑𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑙𝑢𝑛𝑔𝑜 𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑣𝑖𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝑐𝑎𝑟𝑡𝑒𝑙𝑙𝑜
Esiste sempre valore di R inferiore a 1 tale che la disequazione sia soddisfatta, questo vuol dire che il cartello è stabile
attraverso la strategia del tit for tat, cioè finché il numeratore è piccolo rispetto al denominatore e se i membri
valutano molto i profitti futuri (tasso di sconto basso).
Se R fosse alto è chiaro che il guadagno di breve periodo diventa più importante della punizione per la deviazione,
dunque la disequazione non viene soddisfatta.
Le trigger strategy, tra le quali è presente il tit for tat, sono una famiglia di strategie:
- La punizione potrebbe durare un numero finito di periodi o un unico periodo
- La punizione potrebbe essere meglio non porla in essere immediatamente:
o Scatta dopo un certo numero di periodi di deviazione
o Scatta quanto la deviazione supera una certa soglia che potrebbe essere determinata da fluttuazione
della domanda o da errori di previsione nell’accordo.
Il folk theorem (teorema popolare) è una generalizzazione di quanto osservato: ci dice che ogni insieme di possibili
payoff preferiti da tutte le imprese coinvolte può essere un equilibrio perfetto nei sottogiochi, preferito a quello di
Nash.

Ogni punto del triangolo è un potenziale equilibrio del gioco ripetuto: questo risultato è importante perché anche
forme imperfette di cartelli possono essere equilibri.
Capitolo 14 La collusione: come identificarla e contrastarla
Il problema strutturale dell’accordo collusivo è l’instabilità, non contrastabile legalmente, legata a una motivazione di
carattere strategico: la risposta ottimale di uno dei partecipanti alla scelta dell’altro è la deviazione, con produzione di
un livello di output superiore a quello dell’accordo.
Una soluzione possibile all’instabilità è data dalla ripetizione del gioco un numero infinito o indefinito di volte, qui è
possibile con semplici strategie sostenere un qualsiasi livello di cooperazione come equilibrio perfetto nei sottogiochi
di un gioco non cooperativo.
La collusione è difficile da identificare: le autorità non dispongono di informazioni dettagliate sui costi, possono fare
solo un’inferenza sul comportamento. Questa inferenza deve poi sostenere la prova del giudizio, un processo di tipo
amministrativo.

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Dove è più probabile la collusione? Sappiamo che la cooperazione è necessaria per sostenere il cartello ma è difficile
da raggiungere, in un mercato popolato da molte imprese di piccole dimensioni è difficile sostenere un cartello rispetto
ad un duopolio.
Esempio: due duopolisti con costi differenti

Nel grafico rappresentiamo i livelli dei profitti dei due duopolisti e il profitto totale. La curva inclinata negativamente
è la frontiera delle possibilità di profitto, tramite la quale si può risalire, dato un certo livello di output di un’impresa,
al profitto massimo dell’altra; è inclinata negativamente perché i profitti delle due imprese sono inversamente
proporzionali. M è il punto di massimo dove si ha la massimizzazione del profitto congiunto. Se i costi delle imprese
fossero uguali la frontiera coinciderebbe con la retta 𝜋𝑚 , 𝜋𝑚 .
Consideriamo un equilibrio non collusivo, cioè una competizione alla Cournot; il punto C di equilibrio giace sotto la
frontiera perché non è collusivo. La collusione in M non è fattibile, poiché in M l’impresa due realizza un prodotto
inferiore di C. Per permettere la collusione è necessario prevedere un trasferimento di moneta tra le imprese: la quota
di extraprofitto in M dell’impresa 1 può essere utilizzata per ricompensare l’impresa 2 dato che entrambe le imprese
ci guadagnano. Introducendo la possibilità di trasferire moneta da 1 a 2, è possibile a partire da C raggiungere un punto
di equilibrio compreso tra E e D; in assenza dei pagamenti, a partire da C, è possibile trovare accordo collusivo che
sposti l’equilibrio in un punto tra A e B. La rappresentazione ci mostra come il set degli equilibri collusivi si restringe.

Fattori che agevolano la collusione:


- Presenza di domanda relativamente anelastica: la variazione dei prezzi dell’impresa deviante genera un piccolo
aumento dei profitti.
- Capacità di limitare entrata con barriere: rende più stabile il cartello perché riduce il numero delle imprese che
opereranno sul mercato allo scopo di mantenere prezzi alti. Una forma di barriera è rappresentata dal ricorso a
un’agenzia di marketing condivisa o di cooperare in associazioni di settore, entrambe tendono a svalutare l’offerta
dei nuovi entranti e questo genera aumenti dei costi d’entrata. Le associazioni talvolta controllano gli ingressi sul
mercato come nel caso degli albi o di numeri limitati di licenze.
- Se le imprese sul mercato sono poche questo rende basso il costo per la cooperazione, in quanto è più facile
monitore le singole imprese da parte dell’impresa aderente al cartello. Le trigger strategy in questi contesti
diventano attuabili più rapidamente e con maggiore efficacia.

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- Similarità nei costi di produzione: se le imprese condividono tecnologie simili è più facile ottenere un accordo, in
quanto non è necessario il trasferimento di denaro. I trasferimenti sono costosi perché sono connessi ad accordi
illegali. Simili costi di produzione aiutano a risolvere dunque ambiguità circa il comportamento delle imprese
aderenti.
- Assenza di significativa differenziazione di prodotto: contesto più semplice poiché non bisogna concordare prezzi
e quote per ciascuna varietà di prodotto
- Basso costo di mantenimento dell’accordo: le imprese utilizzano vari meccanismi, apparentemente legali,
finalizzati al mantenimento dell’accordo:
o Clausola del cliente più favorito: sembra perseguire intento concorrenziale ma serve a mantenere l’accordo
collusivo, garantendo rimborsi se i clienti trovano prezzi più bassi altrove.
o Clausola “rispondere alla concorrenza”: garantire il prezzo più basso del mercato, queste clausole
permettono di ridurre la tentazione di deviare
Esempio:
Impresa 2
Prezzo
Prezzo alto
basso
Prezzo alto 12, 12 5, 14
Impresa 1
Prezzo
14, 5 6, 6
basso
Sempre la stessa situazione del dilemma del prigioniero con unico equilibrio Nash in 6, 6, pareto dominato dall’altro
esito del gioco che è l’accordo collusivo anche se non Nash.
Introduciamo la possibilità che le imprese utilizzino la clausola “rispondere alla concorrenza”: questo elimina gli
equilibri devianti.
L’impresa 1, in assenza della clausola, deviando genera profitti maggiori; con l’utilizzo della clausola però l’impresa 1
sa che la deviazione porta a Cournot, poiché scegliendo prezzo basso determina il prezzo dell’altra. Dovendo scegliere,
le imprese preferiranno tenere prezzi alti, dunque l’unico equilibrio di Nash è alto, alto.
La clausola tende a rendere più facile l’accordo collusivo anziché garantire la concorrenza, dato che disincentiva a
praticare prezzi più bassi e riduce la pressione competitiva.
Altri fattori facilitanti:
- Frequenza dell’interazione sul mercato: aumenta l’efficacia delle trigger strategy, le quali puniscono nell’esercizio
successivo il comportamento deviante dell’esercizio precedente. Se i due stadi del gioco sono separati da intervallo
di tempo di durata T (numero di anni, mesi ecc..), allora deviando nello stadio corrente l’impresa deviante realizza
un profitto più alto. La trigger strategy punisce nello stadio successivo portando le imprese a un profitto di Cournot.
Se T tende a infinito, il valore attuale della punizione tende a zero. Il fattore di sconto ponderato per la probabilità
tende a 1 se il gioco non è frequente e viceversa 0 se frequente.
- Stabilità del mercato: fluttuazioni nel livello della domanda determinato fluttuazioni nelle quantità e nei prezzi; si
pone dunque il problema di distinguere le fluttuazioni determinate da deviazioni dell’accordo o dalla modifica del
livello della domanda. Se è il mercato è stabile, è facile distinguere la deviazione, in quanto la variazione è
sintomatica di deviazione, ciò permette alle imprese di punire negli stadi successivi le imprese devianti. Questo
può essere anche un indicatore di cartelli per le autorità antitrust, poiché in mercati stabili l’accordo si realizza più
facilmente.
Individuare la collusione è molto difficile, molti dei cartelli sono stati scoperti grazie a delle spie in possesso di
informazioni. Per i membri di un cartello è possibile nasconderlo facendo apparire l’equilibrio come un equilibrio
competitivo di Cournot, piuttosto che di cartello.
Teorema dell’indistinguibilità: si illustra con il modello di Cournot
Poniamo in M l’accordo collusivo e cerchiamo di capire come possono le imprese giustificarlo rappresentandolo come
un esito di Cournot normale; a questo scopo, in M dovrebbero intersecarsi le funzioni di reazione.

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Per convincere le autorità, le imprese millantano costi più elevati e questo permette alle funzioni di reazione di
abbassarsi e intersecarsi in M. In questa situazione gli equilibri C ed M non sono più distinguibili in quanto l’osservatore
esterno non ha informazioni sui costi delle imprese.

Si può sconfiggere il teorema dell’indistinguibilità, al fine di distinguere C da M? È stato proposto un test.


Consideriamo due imprese che competono sui prezzi con vincoli di capacità e che scelgono la capacità prima di formare
un cartello.
Dopo la scelta possono decidere di evitare la competizione attraverso accordi collusivi: è probabile che le imprese,
dopo l’accordo, finiscano per avere capacità produttiva in eccesso rispetto agli output che si trovano a produrre
nell’accordo di cartello, essendo le capacità produttive stabilite prevedendo una competizione. È logico pensare che
le scelte di capacità produttiva non essendo coordinate non saranno uguali, dunque una delle due sovrastima più
dell’altra.
La collusione conduce a: l’impresa con minore capacità guadagna maggiori profitti unitari per ogni unità di capacità;
quella con maggiore capacità produttiva potrebbe essere portata ad aumentare la quota di mercato per ridurre
l’eccesso. Questa informazione potrebbe essere un test di collusione.
Capitolo 17: Pubblicità, potere di mercato, concorrenza e informazione
La pubblicità può essere intesa come una forma di concorrenza non di prezzo; è un fenomeno pervasivo, la spesa
pubblicitaria è una componente importante dei costi sostenuti dalle imprese ed è alla base dello sviluppo del
marketing.
Su due conseguenze della pubblicità possiamo concordare:
- Consente ai produttori di raggiungere i consumatori, fornendo ai consumatori informazioni circa l’esistenza,
le caratteristiche e i prezzi dei prodotti
- Elimina la necessità di venditori specializzati: produce effetti sulla struttura dei canali distributivi; questo però
non vale per tutti i beni come ad esempio per i gioielli o le automobili.
Il problema fondamentale: la pubblicità aumenta la concorrenza? La pubblicità che tipo di informazioni fornisce? C’è
troppa o troppo poca la pubblicità?
Negli Usa la pubblicità assorbe il 2% del PIL inoltre, oltre a questo livello, esistono una serie di altre attività
promozionali realizzate ma non contabilizzate come pubblicità ma che potrebbero essere considerate tali.
Sono evidenti alcuni schemi comuni:
- Esiste una correlazione tra potere di mercato e pubblicità, anche se momentaneamente non siamo in grado
di definire quale dei due influenza l’altro
- Le imprese di maggiori dimensioni sono quelle che investono di più e che tendono a mantenere il potere di
mercato nel tempo.
Se abbiamo una curva di domanda inclinata negativamente (non concorrenza perfetta) il sogno di qualsiasi impresa è
che la curva di domanda si sposti verso destra; ciò permette un aumento dei profitti in quanto aumenta la disponibilità

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a pagare da parte dei consumatori per ogni livello di output. La pubblicità serve ad aumentare la disponibilità a pagare
dei consumatori.
Un’altra funzione potrebbe essere quella di differenziare il prodotto dell’impresa che fa pubblicità agli occhi del
consumatore, rispetto a quello dei concorrenti; questo permette di ridurre la pressione competitiva dovuta dalla
concorrenza di prezzo.
Essendo molto costosa, l’impresa la utilizza allo scopo di avere profitti più elevati nel futuro, si parla dunque di
investimento pubblicitario.
Per comprendere il rapporto tra potere di mercato e investimento pubblicitario, ipotizziamo che un’impresa affronti
una domanda inclinata negativamente che dipende dalla quantità di denaro investita in pubblicità (α).
𝑃 = 𝑃(𝑄, 𝛼)
La massimizzazione dei profitti implica l’uguaglianza tra CMg e RMg:
𝛿𝑃(𝑄 ∗ , 𝛼 ) ∗
𝑅𝑀𝑔(𝑄∗ , 𝛼 ) = 𝑃(𝑄 ∗ , 𝛼 ) + 𝑄 = 𝐶𝑀𝑔
𝛿𝑄
Notiamo che il prezzo dipende da α.
La condizione può essere rappresentata attraverso l’indice di Lerner, dove η p è l’elasticità della domanda rispetto al
prezzo:
𝑃 ∗ − 𝐶𝑀𝑔 1

=
𝑃 𝜂𝑃
Dobbiamo determinare il livello ottimale di α, per ogni livello di output la pubblicità aumenta il prezzo.
𝛿𝑃 (𝑄, 𝛼 )
>0
𝛿𝛼
Se il segno della derivata fosse negativo il livello ottimale di α sarebbe 0 perché investire in pubblicità non porterebbe
a vantaggi.
I ricavi aumentano di un numero di volte pari all’incremento di prezzo moltiplicato per Q e la massimizzazione dei
profitti richiede che i RMg ottenuti dall’aumento della spesa pubblicitaria si uguaglino ai CMg della pubblicità (T) al
livello ottimo di pubblicità α*.
𝛿𝑃(𝑄, 𝛼 ∗ )
𝑄=𝑇
𝛿𝛼
Moltiplicando per α*/P* e dividendo per Q*:
𝛼 ∗ 𝛿𝑃(𝑄∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛼 ∗ 𝑇 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑎
= ∗ =
𝑃∗ 𝛿𝛼 𝑃 𝑄 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑒
Riscriviamo il termine:
𝛿𝑃(𝑄∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛿𝑃(𝑄∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛿𝑄
=
𝛿𝛼 𝛿𝑄 𝛿𝛼
E sostituiamo:
𝛼 ∗ 𝛿𝑃(𝑄 ∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛿𝑄 𝛼 ∗ 𝑇
=
𝑃∗ 𝛿𝑄 𝛿𝛼 𝑃 ∗ 𝑄
Moltiplichiamo per Q*/Q*:
𝛼 ∗ 𝛿𝑃(𝑄 ∗ , 𝛼 ∗ ) 𝛿𝑄 𝑄∗ 𝛼 ∗ 𝑇
=
𝑃∗ 𝛿𝑄 𝛿𝛼 𝑄∗ 𝑃 ∗ 𝑄
𝛼 ∗ 1 𝛿𝑄 𝛼 ∗ 𝑇
=
𝑄 ∗ 𝜂𝑝 𝛿𝛼 𝑃 ∗ 𝑄

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Inoltre l’elasticità della domanda rispetto alla pubblicità possiamo definirla come:
𝛿𝑄/𝑄 𝛼 𝛿𝑄
𝜂𝐴 = =
𝛿𝛼/𝛼 𝑄 𝛿𝛼
Possiamo riscrivere:
𝛼 ∗ 𝑇 𝛼 ∗ 1 𝛿𝑄 𝜂𝐴 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡à
= = =
𝑃 ∗ 𝑄 𝑄∗ 𝜂𝑝 𝛿𝛼 𝜂𝑃 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑒
Viene fuori che il rapporto tra spesa pubblicitaria e volume delle vendite deve essere uguale al rapporto tra l’elasticità
della domanda rispetto alla pubblicità e l’elasticità della domanda rispetto al prezzo  Condizione di Dorfman-Steiner
Il rapporto tra spesa pubblicità e ricavi totali cresce al crescere di ηA e al diminuire di ηP.
La condizione Dorfman-Steiner aiuta ad identificare la relazione tra il potere di mercato e la spesa pubblicitaria.
Consideriamo un mercato con ηP molto alta, la curva di domanda è progressivamente più piatta all’aumentare
dell’elasticità. Un’impresa che agisce su questo mercato concorrenziale deve azzerare gli investimenti pubblicitari;
inoltre, essendo P=CMg, aumentare il volume delle vendite non produce effetti sui margini di profitto dell’impresa
dato che per ogni unità in più riceve sempre P=CMg.
Essendo:
1 𝑃 − 𝐶𝑀𝑔
𝐿𝐼 = =
𝜂𝑃 𝑃
𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑖𝑡à
= 𝜂𝐴 ∗ 𝐿𝐼
𝑣𝑒𝑛𝑑𝑖𝑡𝑒
Non è la pubblicità a generare potere di mercato ma sono le imprese con maggiore potere di mercato ad avere maggior
incentivo a effettuare investimenti in pubblicità.
Se ηA e ηP rimangono simili, ci aspettiamo simili investimenti pubblicitari nel tempo e nel luogo.
Sappiamo che ηP dipende dalla presenza di sostituiti stretti, differenziazione prodotto ecc…; la domanda è: ηA da cosa
dipende e perché i consumatori rispondono alla pubblicità?
Un primo obiettivo della pubblicità potrebbe essere di fornire informazioni ai clienti, il contenuto dipende dalla natura
dei beni da pubblicizzare. In particolare possiamo distinguere tra:
- Shopping goods: beni costosi acquistati di rado per i quali i consumatori investono in tempo per la raccolta di
informazioni
- Convenience goods: beni relativamente poco costosi (rapporto tra prezzo e reddito basso) acquistati di
frequente per i quali non vale la pena per il consumatore cercare cosa e dove è disponibile.
È possibile un’altra distinzione tra:
- Experience goods: l’incertezza del consumatore non riguarda il prezzo ma soprattutto la qualità del bene;
l’informazione sulla qualità si ottiene solo dopo l’esperienza di utilizzo. La pubblicità fornisce al consumatore
informazioni su quello che ci si può aspettare che non basta.
- Search goods: i consumatori conoscono la qualità e le caratteristiche ma cercano il luogo in cui fare l’acquisto
migliore
La conseguenza della distinzione è che potremmo attenderci che η A dovrebbe essere più alta per i beni
convenience/experience e più bassa per quelli shopping/search, poiché solo nel primo caso la pubblicità può indurre
effetti maggiori sulla disponibilità a pagare del consumatore rispetto all’altro caso dove per i consumatori è molto più
rilevante spendere tempo per cercare informazioni che dare importanza alla pubblicità.
Per quanto riguarda gli experience goods, l’interesse del produttore è convincere il consumatore della qualità del bene
per spingere alla prova: se la qualità percepita dal consumatore è alta tornerà ad acquistare molte altre volte. Quindi
solo chi ha prodotti di alta qualità effettuerà investimenti in pubblicità, perché se così non fosse il ritorno sui costi
cesserebbe a causa del non riacquisto del consumatore.

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Il messaggio pubblicitario non ha bisogno di essere informativo, poiché un prodotto molto pubblicizzato è assunto
come di qualità; la pubblicità racconta dei valori propri del marchio.
Questo modello, detto modello di Nelson, ha dei problemi:
- Il modello assume che il margine di profitto derivante dal vendere beni di qualità alta, eccede il margine della
vendita di beni di qualità bassa. Se però i profitti derivanti dalla vendita di prodotti scarsa qualità fossero assicurati,
anche un’impresa con prodotti di bassa qualità farebbe pubblicità e verrebbe meno il modello Nelson.
- Se la pubblicità segnalasse alta qualità, le imprese dovrebbero rendere pubbliche le proprie spese pubblicitarie;
evidentemente non è necessario poiché basta vedere una pubblicità in prima serata o cartelloni pubblicitari in
spazi strategici per valutare l’entità degli investimenti pubblicitari.
- Il modello si applica ai beni experience, ma è molto più intensa per i beni di consumo
Nessun modello ha la possibilità di interpretare tutti i fenomeni osservati, ma questo cattura l’elemento importante
che la pubblicità assume un valore indipendentemente dal contenuto; anche se non è sempre valido.
Altri economisti (Milgrom e Roberts) hanno costruito un altro modello che stabilisce come, piuttosto che la spesa in
pubblicità, possa essere il prezzo del bene utilizzato come indice di qualità. Ci sono studi che dicono che il consumatore
è portato a tenere che la qualità corrisponde al prezzo. Esempio della lista dei vini: nei menù solitamente ci sono
almeno 3 fasce di prezzo con un ordine crescente; l’inserimento della fascia di vini a prezzo alto non serve a vendere
o a soddisfare la domanda di consumatori con alta disponibilità a pagare, ma ad aumentare la vendita dei prodotti
rientranti nella fascia di prezzo media; questo vale per consumatori non esperti di vini. Questo viene anche chiamato
Goldilock’s pricing.
La pubblicità fraudolenta è da tenere distinta dalle altre forme di pubblicità, poiché la capacità dei consumatori di
reprimere le frodi è limitata:
- Se il bene è poco importante il consumatore si limiterà a non riacquistare
- I consumatori non possono giudicare prima di provare e questo da tempo alle imprese che hanno truffato di
sparire.
La pubblicità è un’arma di competizione tra imprese:
- Fa in modo che consumatori con diversi gusti possano acquistare la versione del prodotto da loro preferita
- Può anche essere una modalità di competizione molto dispendiosa
Consideriamo un semplice esempio nel quale le imprese possono investire poco o molto in pubblicità, se un’impresa
investe molto rispetto al rivale può innescarsi una guerra pubblicitaria che porta a spendere eccessivamente in
pubblicità le imprese.

Impresa B
Bassa spesa Alta spesa
pubblicitaria pubblicitaria
Bassa spesa
450, 450 375, 500
pubblicitaria
Impresa A
Alta spesa
500, 375 400, 400
pubblicitaria
L’equilibrio di Nash è 400, 400 e “bassa spesa” è azione dominata da “alta spesa”. L’equilibrio non garantisce la
massimizzazione del profitto congiunto e non genera alcun vantaggio per i consumatori; l’obiettivo è esclusivamente
sovrastare la spesa del rivale.
Importanza del marchio commerciale
La pubblicità è un complemento del prodotto ed incrementa il suo valore: da un lato perché i consumatori preferiscono
acquistare marchi ben conosciuti con maggiore diponibilità a pagare; dall’altro fornisce informazioni che aumentano
il valore del prodotto attraendo nuovi clienti ed estendendo la portata del marchio commerciale. Sia che sia mezzo di
persuasione che informativo può essere considerata come elemento complementare al bene che ne aumenta la
disponibilità a pagare.
Troppa o troppo poca pubblicità?
Per rispondere bisogna capire se la pubblicità costruisce valore o estende la portata del mercato. In un mercato con
più imprese potrebbe esserci un eccesso di pubblicità, poiché potrebbe avere come unico scopo quello di sottrarre

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quote di mercato ai rivali. In questo caso l’investimento non genera un aumento del valore e dunque è probabile che
il gioco assomigli ad una inutile guerra pubblicitaria dove gli scambi rimangono gli stessi e la disponibilità a pagare non
aumenta. Se invece è volta a valorizzare il marchio l’eccesso di pubblicità è meno probabile, poiché consente di
praticare a clienti esistenti un prezzo più elevato.
Capitolo 19: Questioni di rete
Abbiamo considerato finora beni la cui utilità per il consumatore dipende esclusivamente dalle caratteristiche di quel
bene, cioè quanto il bene è vicino, in termini di prestazioni e gusti, al tipo preferito dal consumatore. Per tutti questi
mercati abbiamo derivato delle funzioni di domanda nelle quali il prezzo è funzione esclusivamente della quantità
(relazione inversa).
𝑚𝑎𝑥𝑈(𝑥1 , 𝑥2 )
𝑀 ≥ 𝑝𝑥1 + 𝑝𝑥2
𝑥1 (𝑝1 , 𝑝2 ) e 𝑥2 (𝑝1 , 𝑝2 )
La quantità domandata del bene dipende dai gusti dei consumatori (α e β) di Cobb-Douglas:
𝛽
𝑈 = 𝐴𝑥1𝛼 𝑥2
𝛼+𝛽 =1
𝛼𝑀 𝛽𝑀
𝑥1 = 𝑒 𝑥2 =
𝑝1 𝑝2
L’utilità derivante dal fatto di essere abbonati a WhatsApp dipende dalla diffusione dell’applicazione, cioè dalla
frazione della popolazione che utilizza lo stesso bene e anche dalle caratteristiche dello stesso.
Stiamo facendo riferimento a delle esternalità nel consumo, assunte finora nulle; nel caso di esternalità, l’utilità
derivante dal consumo/utilizzo del bene dipende anche da quante persone stanno utilizzando lo stesso bene/servizio;
ciò è evidente per tutti i mezzi di comunicazione.
Esistono altri esempi, come per il mercato dei sistemi operativi, nei quali al crescere della diffusione del sistema
operativo aumentano gli incentivi di parti terze a sviluppare software che siano compatibili con quel sistema operativo.
Siamo in presenza di mercati a due lati (two-sided markets): il valore del prodotto realizzato dipende dalla dimensione
degli sviluppatori e dei consumatori (imprese/consumatori).
Altro esempio tipico è il mercato delle carte di credito: abbiamo da un lato i consumatori e dall’altro i negozianti, i
quali acquistano un POS e accettano il pagamento della carta di credito, mentre i consumatori utilizzano la carta per
pagare. Quanto più è diffusa la carta maggiore è l’incentivo per i negozianti di accettare quella carta e allo stesso
tempo maggiore è l’incentivo di utilizzarla per i consumatori.
Il proprietario della piattaforma si trova a fissare prezzi diversi sui due lati del mercato e nel fissare il prezzo dovrà
tener conto dell’esternalità positiva che un mercato effettua sull’altro; se di comportasse da monopolista (CMg=RMg)
sui due mercati sarebbe un comportamento sub-ottimale, poiché non tiene conto delle esternalità. Tuttavia
l’interazione strategica in presenza di esternalità è piuttosto complessa.
Cosa avviene in presenza di esternalità di rete?
Consideriamo un modello semplificato in cui un monopolista offre un servizio telefonico con un costo di accesso e
l’utilizzo gratuito. Descriviamo i gusti della popolazione composta da un numero N di consumatori, questi consumatori
sono diversi tra loro per quanto riguarda la disponibilità a pagare: ipotizziamo che la valutazione di base del prodotto
sia distribuita uniformemente su un segmento di lunghezza 100, 𝑣𝑖 varia dunque tra 0 (bassa WTP) e 100 (alta WTP).
Con 𝑓 (0 < 𝑓 < 1) indichiamo la proporzione dei consumatori che aderisce al servizio; 𝑓𝑣𝑖 è quindi la disponibilità dei
consumatori a pagare, dato che una percentuale 𝑓 abbia aderito al servizio e data 𝑣𝑖 come la valutazione di base del
servizio.
Il prezzo più alto che il monopolista può fissare per non azzerare la domanda è 𝑓𝑣𝑖 ; se 𝑓 fosse pari ad 1 la disponibilità
a pagare sarebbe 100. Le esternalità di rete impediscono di fissare prezzi elevati perché la disponibilità a pagare
dipende da 𝑓.
La domanda dell’i-esimo consumatore 𝑞𝑖𝐷 è:
- 0 se 𝑓𝑣𝑖 < 𝑝
- 1 𝑠𝑒 𝑓𝑣𝑖 ≥ 𝑝
Dato un livello di prezzo, al variare di 𝑓 il consumatore può decidere di non acquistare (𝑓 è basso) o acquistare dopo
un certo valore di 𝑓.

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Consideriamo quindi il consumatore indifferente all’acquisto, per il quale 𝑓𝑣𝑖 = 𝑝; la sua posizione è data da:
𝑝
𝑣̃ = (𝟏)
𝑓
Una volta identificata tale posizione so che tutti i consumatori che hanno una valutazione 𝑣𝑖 inferiore a 𝑣̃ non
acquistano e viceversa. La frazione del mercato servita è:
𝑣̃
𝑓 =1−
100
Sostituiamo la (𝟏) nell’espressione e otteniamo:
𝑝
𝑓 =1− → 𝑝 = 100𝑓(1 − 𝑓)
100𝑓
Come trattiamo la funzione di domanda? Il monopolista sceglie di massimizzare i profitti
𝜋(𝑓) = 𝑝𝑓𝑁 − 𝐹
Dato che 𝑝 = 100𝑓(1 − 𝑓):
𝜋 = 100𝑓 2 𝑁(1 − 𝑓) − 𝐹
𝑑𝜋
= 100𝑁 (2𝑓 − 3𝑓 2 ) = 0
𝑑𝑓
𝑓 = 0 non è soluzione perché ho un costo fisso da coprire, quindi:
2
2𝑓 − 3𝑓 2 = 0; 2 − 3𝑓 = 0; 𝑓 =
3
Questo implica che il prezzo che massimizza i profitti è dato da:
2 1
𝑃 = 100 ∗ ( ) = 22,2
3 3
Tuttavia la situazione non è così semplice: in che modo il monopolista riesce a ottenere che i 2/3 dei consumatori
acquistino? Finora era risolto banalmente con la funzione di domanda, ma adesso 𝑝 = 100𝑓(1 − 𝑓) assume una
forma diversa non è solo decrescente.

La funzione di domanda è a campana: a 𝑓 = 0 nessuno sottoscrive il servizio, la disponibilità a pagare è quindi 0 per
tutti i consumatori. Al crescere di f cresce anche la disponibilità a pagare dei consumatori: anche i consumatori che
hanno valutazione di base bassa al crescere di 𝑓 passano ad avere valutazione positiva; questo continua fino a un certo
valore di 𝑓 superato il quale, un numero crescente di consumatori inizia a non voler più acquistare il bene e dunque la
curva di domanda inizia il suo tratto discendente.
Su questa curva è indicato 𝑃 = 22,2, dove abbiamo due possibili dimensioni del mercato 𝑓𝐿 (2/3) 𝑒 𝑓𝐻 e quindi due
possibili equilibri. Abbiamo anche un terzo equilibrio: se tutti i consumatori si formano l’aspettativa che nessun’altro
sottoscriverà il servizio, indipendentemente dal prezzo decideranno di non acquistare.
I consumatori sono interessati solo alla propria utilità, ma scegliendo influenzano 𝑓.
Tra i due equilibri solo 𝑓𝐿 è stabile: in questo punto se un consumatore decidesse di aderire al servizio, l’equilibrio si
porterebbe da 𝑓𝐿 a 𝑓𝐻 , poiché 𝑓 aumenta marginalmente e aumenta la disponibilità a pagare; una perturbazione
negativa riduce 𝑓 e sposta la disponibilità a pagare al di sotto del prezzo, questo determina la scomparsa dal mercato.
In 𝑓𝐻 se perturbiamo l’equilibrio, esso torna in 𝑓𝐿 o va a destra abbassando la disponibilità a pagare. Ci concentriamo
quindi su 𝑓𝐿 = 2/3.

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L’apice si raggiunge in P=25; supponiamo che l’impresa debba porre una tariffa superiore a 30 per coprire i costi fissi,
anche se il bene sia socialmente efficiente ciononostante la rete collasserà. P=25 determina 𝑓 = 0,5: i consumatori
che aderiscono hanno valutazione del bene tra 50 e 100 e i loro valori di 𝑓𝑣1 variano tra 25 e 50 con valore medio 37,5
superiore a 30; nonostante questo se P crescesse fino a 30 sappiamo che 𝑓 diminuirà e con esso diminuirà anche la
diponibilità media a pagare. Non esiste dunque un prezzo per il quale la disponibilità a pagare sia 30, poiché non fa
altro che ridurre gli aderenti, causando la perdita anche di quelli con alta disponibilità a pagare.
Introduciamo il concetto di massa critica, cioè la dimensione minima necessaria ad innescare il comportamento
“imitativo” dei consumatori. Nel nostro esempio il livello di massa critica è 1/3: per via delle caratteristiche di instabilità
dell’equilibrio, se il monopolista induce a sottoscrivere una quota superiore a 1/3 della popolazione l’equilibrio si
sposta; però se il monopolista fallisce nel tentativo il mercato collassa. In situazioni di questo genere può utilizzare
prezzi di penetrazione, tariffe agevolate ai nuovi clienti ecc… allo scopo di puntare a grossi gruppi di utenti.
Cosa accade se consideriamo la concorrenza tra imprese?
In questo caso il discorso si fa molto complesso, poiché occorre considerare una pluralità di casi che fanno riferimento
ad alcune ipotesi di base.
Immaginiamo di avere due imprese che producono due beni soggetti ad esternalità di rete: l’impresa A produce 𝑥𝐴 e
l’impresa B produce 𝑥𝐵 , i due beni potrebbero essere:
- Interoperabili o compatibili: possono essere differenziati ma utilizzano la stessa tecnologia, per cui l’utente di
A può interagire con l’utente di B. Se consideriamo la posizione di un consumatore che deve decidere se
comprare A o B interoperabili, ciò che rileva non è la semplice dimensione del network di utenti ma la loro
somma e la discriminante è il prezzo. (Bertrand)
- Non compatibili: in questo caso la discriminante è la dimensione di 𝑓𝐴 e 𝑓𝐵 , se la valutazione di base per tutti i
consumatori appartenenti alla popolazione è la stessa. Se i prezzi dei due beni fossero uguali e le aspettative
in relazione alla base installata fossero maggiori per 𝐴, B avrebbe incentivo a costruire un ponte tra le due
imprese allo scopo di perdere lo svantaggio competitivo. Questo spiega perché Apple ha abbandonato i vecchi
processori per passare a Intel. L’impresa A però fa di tutto per impedirlo, emerge dunque la guerra per lo
standard, nella quale l’impresa A cerca di imporre il suo standard contro B che vorrebbe imporre il suo.
Se siamo in presenza di incompatibilità ed esternalità, le incompatibilità si estendono anche agli asset complementari
durevoli utilizzati assieme alla tecnologia.
A questo punto, immaginate di essere il consumatore che deve decidere nuovamente, dopo un ciclo di consumo, di
ricomprare A o B; se sono incompatibili dovrete valutare i prezzi ma anche il valore degli asset durevoli accumulati
utilizzando una delle due tecnologie, asset non più utilizzabili nel caso di decisione di cambiare.
Emerge dunque lo switching cost (costo di transizione), cioè il costo ulteriore che il consumatore deve sostenere
qualora dovesse decidere di utilizzare una tecnologia incompatibile con quella utilizzata nel precedente ciclo di
consumo.
Un’altra forma di asset complementare è la conoscenza di una tecnologia: acquistando un bene incompatibile, parte
della conoscenza acquisita va sostituita con l’apprendimento di nuove conoscenze.
Il costo di transizione differenzia beni altrimenti omogenei; l’impresa A potrebbe fissare un prezzo maggiore di B, senza
che questo induca tutti i propri consumatori a cambiare tecnologia, finché il gap sia inferiore allo switching cost.
Immaginiamo che i beni siano soggetti ad innovazione tecnologica, si pone quindi il problema di compatibilità
all’indietro: se la nuova tecnologia è compatibile con la vecchia la base rimane invariata; ma l’avanzare della tecnologia
potrebbe porre problemi sulla quota di consumatori che utilizzano versioni molto precedenti.
Si innesca dunque un problema di trade off tra il miglioramento delle prestazioni, che dovrebbe aumentare la
disponibilità a pagare, e la perdita di base installata di chi utilizza le prime versioni del bene.
Normalmente le imprese scelgono lo staggered obsolescence, cioè le imprese “tagliano” la compatibilità oltre una
certa anzianità delle versioni precedenti sulla base di due considerazioni:
- Mantenere la compatibilità significherebbe impedire l’utilizzo delle novità tecnologiche introdotte nel
prodotto
- Progressivamente una quota sempre più piccola di consumatori utilizzerà le versioni più vecchie del prodotto
di conseguenza la compatibilità diventa inutile
Per esempio se decidiamo di installare la nuova versione di Windows, i file vecchi non saranno più compatibili.

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Di seguito abbiano degli esempi di realizzazioni delle dinamiche analizzate, allo scopo di dimostrare che la lotta per la
compatibilità induce a delle scelte tecnologia Pareto inferiori.

Impresa 2
Vecchia Nuova
tecnologia tecnologia
Vecchia
5, 4 2, 2
tecnologia
Impresa 1
Nuova
1, 5 6, 7
tecnologia
Sostanzialmente entrambe le imprese preferiscono coordinare le loro scelte, in quanto ritengono che il beneficio di
congiungere le basi installate sia maggiore del caso di tentare di imporre il proprio standard.
In questo caso restare sulla vecchia tecnologia, anche se dominato in termini paretiani dal passaggio di entrambe le
imprese alla nuova tecnologia, è meno rischioso perché se una delle due imprese cambiasse la tecnologia, passerebbe
da 5 a 1 se l’altra non dovesse coordinare l’innovazione. Questo fenomeno è stato definito dagli economisti Farrel e
Saloner come eccesso di inerzia (excess inertia).
Al contrario, possiamo avere una situazione che determina la scelta di un equilibrio di Nash pareto dominato
caratterizzato dall’adozione di nuova tecnologia, detto (excess momentum).
Impresa 2
Vecchia Nuova
tecnologia tecnologia
Vecchia
6, 7 2, 2
tecnologia
Impresa 1
Nuova
1, 5 5, 4
tecnologia
Anche in questo caso il timore di incompatibilità porta ad una scelta Pareto inferiore (nuova, nuova), sebbene sarebbe
preferibile mantenere la vecchia tecnologia.
Talvolta invece, in caso di tecnologie incompatibili, può scoppiare una guerra per lo standard; consideriamo altre
tipologie di situazioni:
Battaglia dei sessi
Impresa 2

Tecnologia 1 Tecnologia 2

Tecnologia 1 10, 7 6, 5
Impresa 1
Tecnologia 2 5, 4 8, 12

Entrambe le imprese concordano la necessità di standardizzare, ma ciascuna vuole imporre il suo standard sull’altra.
Siamo in presenza di due equilibri di Nash (1,1 e 2,2), l’uno preferito dall’impresa 1 e l’altro dall’impresa 2.
In che modo l’impresa 1 può affermare il primo equilibrio? Attraverso una serie di azioni:
- Potrebbe fare penetration pricing, allo scopo di accelerare la crescita di base installata
- Potrebbe convincere grandi gruppi di consumatori o consumatori autorevoli, per esempio convincere
Samsung della propria tecnologia
- Potrebbe accordarsi con i complementors, con la finalità di convincere i produttori di asset durevoli ad
investire sulla propria tecnologia
- Gestione delle aspettative: se le tecnologie sono nuove, il comportamento è guidato dall’aspettativa dei
consumatori; perciò la capacità di influenzare le aspettative diventa una leva importante per spostare gli
equilibri
Questi mercati pur in questo caso sono caratterizzati da tipping, ossia l’equilibrio tende ad essere caratterizzato da un
estremo o l’altro: poche tecnologie con una ripartizione delle quote di mercato che vedono l’impresa dominare.

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Zuppa e pan bagnato

Impresa 2

Tecnologia 1 Tecnologia 2

Tecnologia 1 3, 3 8, 5
Impresa 1
Tecnologia 2 6, 7 2, 2

L’impresa 1 preferirebbe essere la sola ad usare la tecnologia 1; allo stesso modo l’impresa 2 vorrebbe essere l’unica
ad utilizzare la tecnologia 2. Le imprese non vogliono la compatibilità e preferiscono l’adozione di tecnologie diverse.
Se la tecnologia 1 dovesse essere precedente, l’impresa 2 deve decidere se adottare la tecnologia 1 o crearne un’altra,
dove la seconda ipotesi è la preferita. In questo caso le strategie possibili per ottenere l’equilibrio preferito sono:
- Essere primi sul mercato con capacità produttiva installata significativa
- Assicurarsi di avere assenso di complementors
Fratellino rompiscatole

Impresa 2

Tecnologia 1 Tecnologia 2

Tecnologia 1 12, 4 16, 2


Impresa 1
Tecnologia 2 15, 2 10, 5

L’impresa 1 domina il mercato, con un’ampia capacità installata e una grande reputazione; essa preferirà
l’incompatibilità con un piccolo rivale, al fine di mantenere i propri clienti. Il rivale di dimensioni minori, l’impresa 2,
preferirà la compatibilità al fine di trarre i benefici della rete creati dall’impresa di dimensioni maggiori.
In questo gioco non ci sono equilibri di Nash in strategie pure, ma esistono in strategie miste.
L’impresa più grande, allo scopo di mantenere l’incompatibilità, può proteggere in modo aggressivo i propri diritti sulla
proprietà, brevettando la tecnologia, oppure cambiare frequentemente la tecnologia. Così facendo il gioco si modifica:
l’impresa 1 sceglie la tecnologia 1 e l’impresa 2 sceglie la tecnologia 2  unico equilibrio.
Questo tipo di mercati, a causa della presenza di imprese dominanti, tende a generare una forte asimmetria. La
domanda è: questi mercati vanno regolamentati in maniera diversa? Secondo alcuni le forze sono troppo forti per
impedirlo; per altri la regolamentazione non ha impedito gli avanzamenti tecnologici; per altri ancora è necessario
regolamentare perché l’impresa dominante abusa fortemente della situazione.

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