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DOMANDE ECONOMIA E MARKETING

1. DEFINIRE IL RETAILING MIX E IDENTIFICARE GLI ELEMENTI CHE LO


COSTITUISCONO
Il Retailing mix indica l'attività decisionale compiuta dalle aziende
operanti nel settore del commercio al dettaglio, con riferimento alla
definizione della miglior combinazione fra punto vendita, forma distributiva e
mercato di riferimento.
Un retailing mix (mix di vendita al dettaglio) ben studiato e pianificato che
fornisce al rivenditore una posizione focalizzata e aiuta a differenziarlo dalla
concorrenza si basa su quattro leve principali che sono: la politica di prezzo; la
localizzazione; la comunicazione; la gestione dell’assortimento.
Il Prezzo è una delle componenti più complessa da governare, per l’elevato
numero di prodotti, per il condizionamento derivato dai prezzi dei fornitori, per
l’utilizzo della leva promozionale con offerta High – Low e EDLP
(EveryDayLowPrice).
La Localizzazione e quindi la scelta della posizione è uno degli elementi
fondamentali per qualsiasi distributore, che dovrà essere scelta per coprire il
bacino di utenza più ampio possibile e per essere vicino al maggior numero di
clienti target.
La Comunicazione presenta sia elementi funzionali (accessibilità e informazione
direttamente dallo scaffale con cartellonistica efficace all’interno del punto
vendita) che elementi emotivi (luoghi accoglienti, illuminazione e temperatura
idonee, risorse umane educate).
La Gestione dell’assortimento è un altro elemento fondamentale per far fronte e
influenzare le esigenze dei clienti spingendoli all’acquisto anche di elementi
complementari strutturando le categorie di prodotti nei vari reparti espositivi.

2. SI PARLI DELLA SEGMENTAZIONE SU BASE PSICOGRAFA


La segmentazione è quel processo con il quale un mercato eterogeneo viene
suddiviso in segmenti di mercato più piccoli e omogenei migliorando cosi la
precisione, l’efficacia, e i costi delle azioni di marketing, in quanto dirette ad una
settore più ristretto e definito di mercato.
Tra i criteri di segmentazione troviamo quella su base PSICOGRAFICA che divide
le classi sociali in alta, media e bassa, analizza e suddivide in base agli stili di
vita e come questi influenzino i comportamenti d’acquisto ed infine segmenta
anche sulla base delle caratteristiche della personalità.
Ovviamente le informazioni ottenute vengono spesso combinate con altri criteri
di segmentazione (geografica, demografica, comportamentale …) per rendere
ancora più omogeneo il settore di mercato a cui rivolgere una azione di
marketing.

3. COSA SONO I PRODOTTI SHOPPING?


I prodotti shopping sono quei prodotti che rientrano nella categoria dei beni
commerciali che richiedono uno sforzo di acquisto e un costo da parte del
cliente maggiore rispetto ai prodotti convenience, anche in termini di tempo per
la ricerca di informazioni e per la comparazione tra marche simili e servizi
accessori (es. elettrodomestici).
4. IL BREAK EVEN POINT: COSA INDICA E QUALI INFORMAZIONI OFFRE
CON PARTICOLARE RELAZIONE ALLA CAPACITÀ PRODUTTIVA
DELL’IMPRESA
Il break-even point BEP (punto di pareggio) identifica la quantità che deve
essere prodotta e quindi venduta per poter recuperare i costi sostenuti
dall’azienda.
I costi totali sono la somma dei costi fissi e dei costi variabili, in un grafico che
mette in relazione le vendite(€) e le unità vendute, il punto di intersezione tra la
retta dei ricavi totali e quella dei costi totali rappresenta il punto di pareggio o
break-even point, mentre le aree a sinistra e destra del BEP sono di perdita e di
profitto; per cui se la massima capacità produttiva dell’impresa ricade nell’area
di perdita significa che non ci sarà convenienza a produrre, mentre se ricade
nell’area di profitto allora si potranno realizzare dei margini in positivo.

5. IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO


Il ciclo di vita di un prodotto è scomponibile in diverse fasi: nella prima fase vi è
L’Introduzione del prodotto sul mercato a cui segue una fase di Crescita delle
vendite, per raggiungere poi il punto di Maturità dove si nota un picco dei
profitti generati dall’impresa prima del Declino dove l’impresa dovrà chiedersi
se è utile dismettere il prodotto oppure procedere con un suo ringiovanimento
per un riposizionamento sul mercato.

6. LA STRATEGIA DI FOCALIZZAZIONE IN COSA CONSISTE


Questa strategia si basa sulla scelta di un'area molto ristretta di competizione
(segmento o nicchia di mercato), chi si focalizza sceglie un segmento di un
settore di attività e tende a servire quel segmento cercando di escludere
possibili concorrenti.
La strategia della focalizzazione presenta due varianti: la focalizzazione sui
costi, con la quale l'impresa persegue un vantaggio di costo nel segmento
prescelto, e la focalizzazione sulla differenziazione, con la quale l'impresa
persegue la differenziazione nel segmento.
Dal punto di vista strategico la focalizzazione richiede, quindi, a monte di ogni
altra valutazione, l'individuazione di un segmento o di una nicchia di mercato, i
cui bisogni l'impresa si sente in grado di soddisfare.
Focalizzandosi sui costi si sfruttano le differenze di "comportamento" dei costi
per quel settore; focalizzandosi sulla differenziazione si sfruttano le speciali
esigenze dei clienti di quel segmento.
La strategia della focalizzazione, di solito, è percorribile perché i segmenti
prescelti sono serviti male dai concorrenti, che, avendo obiettivi di mercato più
ampi, servono questi segmenti "particolari" con le stesse modalità con le quali
servono tutti gli altri segmenti del settore, creando insoddisfazione in quei
clienti "particolari".

7. IL PROCESSO DI COMUNICAZIONE:
DESCRIVERLO IDENTIFICANDO LE DIFFICOLTÀ
DEL DESTINATARIO FINALE
Il processo di comunicazione si compone di vari elementi fondamentali:
Emittente (colui che emette il messaggio), Messaggio (contenuto della
comunicazione) e Ricevente.
All’interno del processo di comunicazione troviamo: Linguaggio (verbale o
scritto), Codice (simboli o segnali), Veicolo trasmissione (suono o parola) e
Canale (mezzo di trasmissione messaggio).
Il ricevente del messaggio dovrà operare un processo di decodifica, e più il
codice utilizzato sarà condiviso e migliore sarà la comprensione e decodifica del
messaggio.
I fattori che influenzano la corretta codifica del messaggio possono essere
diversi: tra i principali ci sono la presenza di rumore, la concordanza di valori tra
emittente e ricevente (se vi è discordanza di valori nei contenuti del messaggio,
il ricevente innalzerà barriere di difesa che limiteranno la percezione e la
memorizzazione dei sui contenuti) e la credibilità della fonte (se la fonte è
ammirata susciterà identificazione nel ricevente, se è credibile il messaggio
verrà meglio interiorizzato grazie alla fiducia nella fonte, se la fonte è
riconosciuta come autorità, susciterà sottomissione). Kelman
Per scegliere opportunamente il tipo di messaggio da veicolare, è necessario
conoscere le motivazioni che spingono il destinatario all’acquisto, ovvero la
Scala dei bisogni di Maslow.

LA REDDITIVITÀ: COSA È E COME SI MISURA


La redditività, in ambito aziendale, indica la percentuale di guadagno percepita
dai soci che hanno investito nel capitale proprio dell'azienda il proprio denaro o i
propri beni.
L’indice più usato per la redditività è il ROE (return of equity) che indica quanto
vale l’investimento che sto effettuando all’interno dell’impresa, dato di per se
interessante, ma che va lo stesso confrontato con altri dati tra cui: i rendimenti
sperati, i rendimenti di investimenti alternativi e i rendimenti di imprese
concorrenti simili.
Un altro indice è il ROI (return of investment) che se risulta maggiore del costo
medio del denaro preso in prestito (debito), determina un possibile aumento dei
profitti derivante dall’attività produttiva realizzata grazie al prestito.
Inoltre abbiamo: il ROA (return of asset) rapporto tra risultato operativo e totale
attivo dell’azienda, che esprime l’economicità della gestione.
Il ROS (return of sales) rapporto tra risultati operativi e ricavi netti, misura il
ritorno delle vendite e così la performance aziendale.
Ulteriori indici della redditività sono: Indice di indebitamento, Capitale circolante
netto, Indici di produttività.

8. I METODI DI DETERMINAZIONE DEL PREZZO


Il prezzo determina l’ammontare che il cliente deve corrispondere per
acquistare un bene o un servizio.
Il prezzo ha valenza sia strategica (impresa con visione a lungo periodo) che
tattica (impresa con visione a breve periodo).
Nella determinazione del prezzo concorrono diversi fattori: INTERNI (obiettivi,
strategie e costi) ed ESTERNI (analisi del mercato, concorrenza e ambiente).
I diversi metodi per la determinazione del prezzo sono in base: ai COSTI, al BEP,
al VALORE PERCEPITO DAL CLIENTE e alla CONCORRENZA.

9. INTEGRAZIONE VERTICALE
Il grado di integrazione verticale è la capacità dell’impresa di svolgere
all’interno della propria struttura tutte o quasi tutte le fasi della produzione
Questo determina un oscillazione di alcuni costi, in particolare qualora l’impresa
decida di realizzare al proprio interno alcune fasi della produzione
aumenteranno i costi sostenuti per l’acquisto delle materie prime (tempi lunghi
per il recupero delle spese sostenute e rigidità nell’offerta di prodotti ormai
legata alla tipologia di macchinari acquistati), ma diminuiranno in compenso i
costi per l’approvvigionamento dei servizi esterni dai fornitori (minor controllo
sull’impiego delle risorse e sulla qualità dei processi produttivi).

10. IL MODELLO DI ABELL DESCRIZIONE E UTILITÀ


Il modello di Abell è utilizzato per la determinazione della giusta combinazione
prodotto-mercato e si sviluppa su tre dimensioni: Funzioni (bisogni ai quali il
prodotto vuole rispondere), Clienti (segmenti di clientela omogenea ali quali
indirizzare l’offerta), Tecnologie (diversi segmenti e modalità di utilizzo del
prodotto).
L’utilità di questo modello è che l’azienda utilizzandolo risponderà a tre
domande fondamentali per la scelta e lo sviluppo del binomio prodotto-mercato:
COSA PRODURRE?, COME PRODURRE?, PERCHÉ PRODURRE E A CHI VENDERE?
11. MATRICE ANSOFF DESCRIZIONE E UTILITÀ
Il modello Ansoff va ad identificare quelle che sono le strategie prodotto-
mercato, combinando le tipologie di prodotto (esistente e nuovo) con il mercato
in cui l’azienda opera (esistente e nuovo) in modo da delineare quattro
principali strategie.
1. Prodotto ESISTENTE in un mercato ESISTENTE: Sviluppo del mercato
2. Prodotto NUOVO in un mercato NUOVO: Sviluppo del prodotto
3. Prodotto ESISTENTE in un mercato NUOVO: Penetrazione del mercato
4. Prodotto NUOVO in un mercato ESISTENTE: Diversificazione del prodotto

12. PRODOTTO E CATEGORIE PRODOTTI


Per prodotto si intende qualsiasi cosa possa essere introdotta sul mercato per
soddisfare una richiesta da parte del cliente.
Il prodotto può essere scomposto in più livelli: funzione principale (a cosa
serve), identificazione (come è fatto: confezione, qualità, nome, marca) e
funzioni accessorie (post vendita, consegna, garanzia).
I prodotti sono suddivisibili in due grandi famiglie: beni commerciali e beni
industriali
I beni commerciali a loro volta li dividiamo in quattro categorie di prodotti:
Convenience, Shopping, Specialtly e Non richiesti.

13. LE PROBLEMATICHE DELLE STRATEGIE DEI PRODOTTI


Nella matrice della BCG tra le problematiche principali che si incontrano si ha
quella nella scommessa sugli investimenti nella categoria Question Mark, e
anche la precoce dismissione dei prodotti della categoria DOGS.
Nel modello Ansoff nella fase di penetrazione del mercato combinando un
prodotto esistente in un mercato nuovo l’azienda deve convertire i clienti di
un’altra impresa a utilizzare il proprio prodotto innescando una possibile guerra
di marketing.

14. PORTAFOGLIO PRODOTTI


Per prendere delle decisioni inerenti il prodotto si utilizza la matrice delle Boston
Consulting Group BCG che combina la crescita nel mercato (CM) di un certo
prodotto (alto/basso) e la quota di mercato (QM) relativamente all’azienda
(alta/bassa).
CMA STAR – QUESTION MARK
CMB CASH COW – DOG
QMA QMB
I prodotti DOG generalmente tendono ad essere disinvestiti perché sono in una
fase di maturità e l’azienda deve decidere se riposizionarli o dismetterli.
I prodotti CASH COW portano reddito all’azienda in quanto prodotti di punta già
affermati che non necessitano di promozione.
I prodotti STAR richiedono molti investimenti da parte dell’impresa.
I prodotti QUESTION MARK pongono interrogativi all’azienda, dalle scelte e dalle
strategie di mercato adottate in relazione a questi prodotti deriverà il loro
futuro, diventare STAR o DOG.

MATRICE BCG
La Matrice Boston Consulting Group mette in relazione il microambiente
aziendale con il macroambiente economico (mercato). Le variabili di questa
matrice sono la quota di mercato relativa (QM) di un prodottI o e la sua crescita
sul mercato CM. L’obiettivo della matrice è la verifica del posizionamento del
prodotto rispetto al mercato e al competitor più diretto e il suo tasso di crescita
presente sul mercato. Dall’analisi della matrice BCG l’azienda ricava preziose
informazioni sui prodotti che ha in portafoglio, sulle loro potenzialità e sulle
prospettive presenti e future utili a prendere decisioni sugli investimenti da
effettuare in promozione o su eventuali prodotti da dismettere o ringiovanire.
I prodotti DOG sono i prodotti in declino con bassa CM e bassa QM per i quali
l’azienda dovrà decidere se dismetterli oppure ringiovanirli e riposizionarli sul
mercato.
I Prodotti CASH COW o mucche da mungere, sono i prodotti con alta QM e bassa
CM: sono i prodotti che danno maggiore redditivià aziendale su cui si può
contare.
I prodotti STAR sono quelli con alta Cm e alta Qm, che richiedono altri
investimenti pubblicitari per sostenerne la crescita elevata.
I prodotto Question Mark hanno alta CM e bassa QM, quindi sono promesse su
cui l’azienda può decidere o meno di investire per trasformarli in Star oppure
lasciarli diventare Dog.
In genere si utilizza la redditività dei Cash Cow per finanziare i prodotti Question
Mark o Star o per il riposizionamento dei Dog.
E’ uno strumento agile e molto utile per la strategia aziendale in termini di
prodotti e portafoglio prodotti ma ripone un’eccessiva fiducia sulla crescita di
mercato e sulla quota di mercato: non sempre può essere utlie e vincente
dismettere tutti i prodotti Dog e trascura i competitor minori che a volte
possono essere più minacciosi di quelli diretti.
MODELLO DI ANSOFF
Questo modello definisce le principali strategie MERCATO-PRODOTTO
identificando 4 principali scenari:
- PENETRAZIONE DEL MERCATO: per penetrare su un nuovo mercato l’impresa
deve “conquistare” i clienti di un’altra impresa e fidelizzarli attraverso mirate
strategie di marketing
- SVILUPPO DEL MERCATO: ampliamento dell’offerta prodotto su nuovi
segmenti di mercato o nuove aree geografiche, richiede grandi sforzi
commerciali e marketing.
- SVILUPPO DEL PRODOTTO: sostituzione di vecchio prodotto con uno nuovo o
innovato, più facile se il brand è affermato
- DIVERSIFICAZIONE DEL PRODOTTO: assoluta se l’azienda decide di investire
su un prodotto in un settore completamente diverso, RELATIVA se restando
nello stesso settore intende offire prodotti diversificati sfruttando il know how
aziendale.

MODELLO DI ABELL
Modello che determina le combinazioni PRODOTTO-MERCATO sviluppandosi su
tre variabili: FUNZIONI (quali bisogni ha il cliente?), CLIENTI (a che segmenti di
consumatori vendere?), TECNOLOGIE (in che modo produrre?). In sostanza
questo modello si sviluppa su 3 domande: cosa produrre, come produrre, a chi
vendere?

15. DIVERSIFICAZIONE D’IMPRESA E RISCHI COLLEGATI


Spesso vediamo l’entrata da parte dell’impresa in mercati nuovi poiché i vecchi
mercati non presentano più possibilità di crescita o di redditività e la
concorrenza rappresenta delle barriere troppo forti, allora l’impresa si rivolge
verso nuovi orizzonti.
La diversificazione essa può essere suddivisa in:
Diversificazione Concentrica: nella quale l’impresa fuoriesce dalla filiera
industriale e aggiunge delle nuove attività complementari a quelle già esistenti,
così da sfruttare la sinergia causata dalla complementarità delle attività e
sviluppare le proprie potenzialità. Essa dunque ha l’obiettivo più in generale di
attirare nuovi gruppi di clienti e ingrandire il proprio mercato di riferimento.
Diversificazione Pura: nella quale l’impresa si lancia in attività nuove e diverse
che non sono collegate con le solite attività sia sul piano tecnologico che su
quello commerciale. In questo caso l’impresa si pone l’obiettivo di espandere il
proprio portafoglio delle attività orientandosi verso dei settori totalmente nuovi.
Si tratta perciò di una strategia che comporta alti rischi dovuti alla
novità, la quale richiede inoltre grandi sforzi strategici e finanziari.

16. LA CATENA DEL VALORE DI PORTER


La catena del valore è stata ideata da Porter nel 1985 per fornire una
descrizione di quelle che sono le attività all’interno dell’impresa e per definire
come l’impresa è organizzata.
L’impresa è suddivisa in attività primarie e attività di supporto.
Le attività primarie sono: Logistica interna, Attività operative, Logistica esterna,
Marketing e Vendite, Servizi accessori.
Le attività di supporto sono: Approvvigionamenti, Attività di sviluppo delle
tecnologia, Gestione delle risorse umane, infrastrutture dell’impresa.
Tutte queste attività generano dei margini.
La catena del valore è uno strumento che può essere applicato sia a una singola
impresa (catena del valore interna) allo scopo di monitorare andamento costi
ed effettuare strategie di differenziazione, che esternamente all’impresa (catena
del valore esterna) per aziende partner es. clienti, fornitori ecc..

17. MAPPE DI PERCEZIONE E POSIZIONAMENTO


Si parla di posizionamento quando ci si riferisce all’analisi del posto che quel
prodotto occupa nella mente del consumatore. Nell’analisi del posizionamento
viene utilizzata la mappa del posizionamento, che mostra come i consumatori
percepiscono i diversi brand operanti sul mercato. Queste mappe di
posizionamento possono essere sovrapposte con le mappe di percezione ovvero
quel fattore inerente la sfera del consumatore, quindi non tanto come l’azienda
vede se stessa quanto come il consumatore vede l’azienda.

18. LA MARCA E I MISURATORI DI FEDELTÁ


La marca può essere definita come, un termine, un disegno, un simbolo o ogni
altro elemento che identifica il prodotto venduto da un rivenditore o un servizio
e che lo distingue da quello di altri rivenditori. Essa è una leva per la reazione
del vantaggio competitivo, contribuisce ad identificare un prodotto e a
differenziarlo rispetto ai concorrenti.
Su un oggetto firmato possono coesistere diversi marchi: Brandname (nome
della marca), Brandmark (logo della marca), Trademark (nome registrato
utilizzabile solo dal produttore), Tredename (nome della società che realizza il
prodotto).
La fedeltà alla marca identifica l’attaccamento che il cliente ha nei confronti di
quella marca e può essere misurata sulla base di 3 fattori: soddisfazione della
clientela rispetto al prodotto, comportamento d’acquisto del cliente e livello di
switching costs.
19. LE STRATEGIE COMPETITIVE

Si intende quell’insieme di scelte aziendali volte ad offrire sul mercato un


prodotto dal valore unico.

Le strategie possono essere generiche (come quelle di Porter) o specifiche del


contesto competitivo in cui opera l’azienda. Secondo Porter, quando l’azienda
sceglie come ambito competitivo un determinato settore (e non un segmento di
clientela), le due principali fonti di vantaggio competitivo su cui può agire sono:
- LEADERSHIP DI COSTO (prezzo basso)
- DIFFERENZIAZIONE (puntare sulla qualità)
Per diventare leader di costo sul mercato occorre applicare il prezzo più basso e
questo è possibile solo se l’azienda è in grado di effettuare economie di scala, ovvero
di aumentare molto i volumi produttivi in modo da diminuire più che
proporzionalmente l’incidenza dei costi fissi medi unitari. Per mantenere la leadership
di costo, che presuppone profitti medi unitari bassi, bisogna mantenere sempre
elevati i volumi delle vendite.
Nella differenziazione, gli elementi fondamentali sono la UNICITA’ E LA PERCEZIONE
di questa unicità. L’azienda deve comunicare e far percepire al cliente questa unicità.
Gli elementi di differenziazione possono essere TANGIBILI O INTANGIBILI (es. brand
del prodotto)
Non sempre differenziazione e leadership di costo sono in contrapposizione:
un’azienda che punta sulla qualità può arrivare ad ampliare la sua quota di mercato,
aumentare la produzione, i profitti e arrivare a poter attuare economie di
dimensione/scala che gli permettano in un secondo momento di abbassare i prezzi e
competere anche su questo versante.
Un’altra strategia competitiva è quella legate alle RISORSE INTERNE ALL’AZIENDA
che possono essere TANGIBILI (come contratti di esclusiva) o INTANGIBILI (come il
know how). Il vantaggio competitivo si basa sull’UNICITA’ , INIMITABILITA’, FACILITA’
DI ENTRARE IN POSSESSO DELLE RISORSE (da parte dell’azienda rispetto a i
concorrenti e per prima). DI grande importanza l’analisi strategica a consuntivo per
verificare gli obiettivi raggiunti e decidere se implementare o meno queste risorse.

19. PIANIFICAZIONE PUBBLICITARIA /PIANO DI COMUNICAZIONE


INTEGRATA

Si suddivide in 3 parti :
- PIANIFICAZIONE: sviluppo del programma promozionale:
Definizione del target : Chi è il mio target? Distribuzione di massa o più
selettiva?
Definizione degli obiettivi: Cosa voglio comunicare? Perché questo messaggio
dovrebbe essere
importante per il mio target?
Determinazione del budget
Selezione elementi promozionali e sviluppo dei contenuti: determinazione del
progetto creativo: scelta dello stile del messaggio, del tono, del format, titolo,
parole, immagini,
Scelta del media
Scelta della tempistica: Quando? Per quanto tempo? Programmazione continua
o concentrata
- ATTUAZIONE: esecuzione del programma promozionale con pretest con panel
e realizzazione della promozione
- CONTROLLO: Come monitorare i risultati? Post test della performance della
promozione, acquisizione notorietà brand, realizzazione eventuali modifiche
necessarie

DIRECT MARKETING: si intendono tutta quella serie di attività promozionali e


pubblicitarie effettuate in sede diversa dai punti di vendita tradizionali utilizzando
una pluralità di canali che mettono in comunicazione diretta produttore e
consumatore. Non vi sono intermediari, questo riduce i costi di intermediazione e
aumenta i margini dell’azienda che può decidere di diminuire il suo Mark-up,
diminuire il prezzo del prodotto al consumatore finale e avere un maggior controllo
sul prezzo finale. Richiede però maggiori investimenti in formazione del personale
addetto alle vendite per personalizzare i messaggi. Il rapporto diretto e
personalizzato fidelizza maggiormente il cliente. Possibile sia nel B2C che nel B2B.
Nel B2B il Direct Marketing si fa in genere con vendita su catalogo o telefonica
seguita da visita dell’agente in azienda. A volte il DM è utilizzato anche da aziende
tradizionali con punti vendita per contattare il cliente in modo diretto, es. telefonico,
proporgli sconti e promozioni che lo facciano tornare al punto vendita. Altri esempi
tipici di DM sono:
- Direct e-mail: il cliente che ha dato il consenso e ha lasciato la sua e-mail
sul sito internet, viene contattato via mail per proporgli buoni regalo,
scontistica personalizzata, promozioni speciali, ecc..
- E-mail Marketing: anche l’invio della Newsletter aziendale o l’iscrizione alla
pagina Facebook, ha lo scopo di mantenere una relazione con il cliente e
fidelizzarlo. Ci sono però alcuni svantaggi come il basso tasso di risposta, il
costo del software per la gestione della posta, lo spamming.
- Servizio post-vendita tramite telemarketing: contattare il cliente
telefonicamente per testare il suo livello di soddisfazione o per proporgli
servizi post vendita a pagamento (es. contratti di assistenza su
elettrodomestici acquistati , o su autovetture)
- Vendite su catalogo o tramite sito internet, anche questi sono esempi di
DM
- Mobile marketing: promozioni e sconti inviati tramite SMS sul cellulare ai
clienti
Il Dm si utilizza quindi per: vendere, promuovere e informare, assistere, raccogliere
feed-back, creare rapporto con la clientela.

DEFINIZIONE DEL BUDGET PUBBLICITARIO


Fa parte della pianificazione pubblicitaria e ha un ruolo molto importante perché
determina le risorse necessarie da destinare alla promozione di un prodotto.
Le variabili più importanti nella definizione del budget sono:
- CICLO DI VITA DEL PRODOTTO: a seconda del momento in cui si trova il
prodotto nel suo ciclo di vita, varia l’ammontare degli investimenti necessari
per la sua promozione. Se il prodotto è nuovo e quindi in fase di lancio,
saranno necessari cospicui investimenti per portare il prodotto all’attenzione
dei consumatori (costi per informare), se il prodotto è in fase di crescita, la
comunicazione avrà lo scopo di convincere il cliente a continuare ad
acquistare il prodotto facendo leva sugli elementi di differenziazione; se il
prodotto è in fase di maturità come i prodotti CASH COW O DOG, non saranno
necessari grossi investimenti, ma solo quelli necessari a manterenere la QdM;
se invece il prodotto è già in fase di declino, saranno necessari nuovi
investimenti se si decide di riposizionare o ringiovanire il prodotto.
- QUOTA DI MERCATO: se si desidera aumentare la quota di mercato del
prodotto, saranno necessari maggiori investimenti in comunicazione e
pubblicità, così come saranno maggiori le cifre da destinare alla promozione
negli ambienti altamente competitivi (es. Market FOllower). Anche il grado di
differenziazione della marca influisce sull’entità dei budget pubblicitari: se
una marca ha già una buona reputazione e una buona differenziazione di
prodotti, necessiterà di minori investimenti per mantenere la quota di
mercato.

COMUNICAZIONE E PRODOTTO: varia al variare delle


- CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO: più il prodotto è complesso e ha una certa
percentuale di rischio, più la comunicazione dovrà essere specifica
- STRATEGIE UTILIZZATE:
o PUSH (SPINGERE): approccio orientato alle vendite, si spinge il prodotto
attraverso le promozioni/pubblicità
o PULL (TIRARE): approccio orientato al cliente, ovvero a suscitare la
curiosità del cliente e quindi aumentare la domanda del prodotto.

SEGMENTAZIONE E POSIZIONAMENTO
E’ un processo in cui un mercato eterogeneo viene suddiviso in segmenti di mercato
più piccoli che hanno una loro omogeneità e che permette una maggiore efficienza
ed efficacia del marketing.
Le principali segmentazioni sono, a seconda del destinatario:
- B2C: business to consumer, mercato orientato al cliente
- B2B: business to business, mercato orientato al business

Il processo di segmentazione prevede vari step:


- SEGMENTAZIONE : definizione dei criteri di segmentazione, elaborazione
profili sulla base dei risultati della segmentazione
- DEFINIZIONE DEL MERCATO OBIETTIVO: sistema di misurazione della
attrattività del segmento (per redditività, fedeltà alla marca o al prodotto) e
selezione del/i segmento/i obiettivo/i da servire, definire la strategia di
posizionamento nel segmento e sviluppo del marketing mix per ogni
segmento prescelto.
Nella scelta del mercato obiettivo a cui ci si rivolgersi l’azienda può scegliere diversi
approcci e strategie:
- MASS MARKETING: mercato di massa, approccio indifferenziato focalizzato su
bisogni comuni: scopo raggiungere il maggior numero di consumatori, no
costi di segmentazione (es. Colgate), disponibilità di risorse finanziarie x
aumentare la produzione se si aumenta la QdM
- MARKETING SEGMENTATO: approccio differenziato per segmenti, alti costi di
analisi di mercato e promozionali per offerte differenziate, aumentare le
vendite e la QdM relativa
- MARKETING DI NICCHIA : orientato ad una nicchia o piccoli segmenti,
approccio concentrato, costi minori per ricerche specifiche sulla nicchia
prescelta, richiede una profonda conoscenza del mercato
- MICROMARKETING: con possibilità di scelta tra strategia indifferenziata
oppure strategia concentrata con approccio quasi “one to one” o rivolto a
piccole comunità (local marketing, soluzioni customizzate). Vantaggio: alta
fidelizzazione del cliente, differenziazione dai competitor. Svantaggi: alti costi
di produzione e marketing, impossibilità di realizzare economie di scala,
problemi logistici e di diluizione dell’immagine aziendale.

CRITERI DI SEGMENTAZIONE:
- GEOGRAFICA: suddivisione del mercato per aree geografiche con
comportamento di acquisto omogeneo
- DEMOGRAFICO: divisione del mercato per gruppi omogenei sulla base di età,
sesso, religione, professione, razza, reddito, dimensioni nucleo famigliare,
ecc.. (Es. LEGO)
- PSICOGRAFICA: suddivide il mercato per classi sociali, stili di vita, personalità
dei clienti
- COMPORTAMENTALE: divisione in gruppi omogenei in base ai comportamenti
di acquisto, ovvero alla conoscenza, uso, benefici, attitudini verso il prodotto
(x benefici es. MENTADENT)
L’adozione di criteri multipli (combinazioni) di segmentazione permette
l’identificazione di segmenti meglio definiti che garantiscono migliori
performance.
Nel mercato B2B le principali variabili di segmentazione sono:
- CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE (location, settore, dimensioni impresa)
- CARATTERISTICHE OPERATIVE (frequenza d’uso, tecnologia)
- APPROCCIO ALL’ACQUISTO (acquisti in stock, piccoli acquisti diluiti, criteri
selezione)
- CARATTERISTICHE PERSONALI (attitudine al rischio, fedeltà al fornitore)
Il segmento deve avere queste caratteristiche:
- MISURABILITA’: con caratteristiche omogenee misurabili (età, sesso, ecc)
- ACCESSIBILITA’: facilmente accessibile per l’impresa
- RILEVANZA: abbastanza ampio da giustificare gli investimenti di marketing
tali da generare profitti
- DIFFERENZIABILITA’: essere percepito come differente, eterogeneo rispetto ad
un contesto più ampio
- PRATICABILITA’: deve permettere la realizzazione di mirate campagne di
marketing
Nel valutare il segmento di mercato obiettivo su cui investire, si deve tenere conto di:
- AMPIEZZA E CRESCITA DEL SEGMENTO: segmento sufficientemente ampio e
con potenzialità di crescita tali da giustificare gli investimenti
- ATTRATTIVITA’ STRUTTURALE DEL SEGMENTO: competitività all’interno del
segmento, presenza di prodotti analoghi, potere contrattuale di clienti e
fornitori, analisi della concorrenza
- OBIETTIVI E RISORSE DELL’AZIENDA: valutazione dell’adeguatezza delle
risorse disponibili per il raggiungimento di un vantaggio competitivo
all’interno del segmento valutato
- CICLO DI VITA E FLESSIBILITA’ DEL PRODOTTO: più il ciclo di vita del prodotto
è breve, più l’azienda ha bisogno di flessibilità produttive per adeguare i
contenuti tecnologici, le aziende con clicli produttivi rigidi non riescono ad
offrire prodotti custumerizzabili e quindi non possono adottare un approccio di
MICROMARKETING. Più il mercato è variabile più l’impresa deve essere
flessibile e scegliere i prodotti più giusti su cui investire per attuare economie
di scala.

POSIZIONAMENTO: è il posto che il prodotto occupa nella mente del consumatore


in base alle sue percezioni, impressioni, sensazioni.
MAPPE DI POSIZIONAMENTO: è uno strumento utilizzato per l’analisi del
posizionamento che mostra come i consumatori percepiscano i diversi brand
sulla base delle caratteristiche del prodotto ritenute essenziali per l’acquisto.
Esse possono essere sovrapposte alle mappe di percezione che danno l’idea di
come il consumatore percepisce l’azienda.

STRATEGIE DI DIFFERENZIAZIONE E POSIZIONAMENTO


E’ un processo che avviene per step:
- IDENTIFICARE LE FONTI DI VANTAGGIO COMPETITIVO: può differenziarsi sul
prezzo, sul servizio offerto, sulla scelta dei canali di vendita, sull’immagine o
sulle risorse umane
- SCELTA DEL VANTAGGIO COMPETITIVO: (=vantaggio nei confronti dei
concorrenti offrendo un valore maggiore in termini di prezzo o benefici o
servizio, tali da giustificare un prezzo maggiore pagato dal cliente). Il
vantaggio per essere tale deve essere:
o IMPORTANTE significativo rispetto ai concorrenti
o ESCLUSIVO non copiabile dai concorrenti
o DISTINTIVO deve differenziare l’azienda dai concorrenti
o DURATURO nel tempo
o REALIZZABILE E CONVENIENTE attuabile con profitto
o COMUNICABILE: deve tradursi in un aumento del valore percepito dal
cliente
Aumento del valore per l’azienda generato da un aumento del valore del
prodotto percepito dal cliente
- SCELTA STRATEGIA DI POSIZIONAMENTO (VALUE PROPOSITION):
o MORE FOR MORE: ricevo di più pagando di più (prodotti di lusso)
o MORE FOR THE SAME : ricevo di più allo stesso prezzo (lexus vs
Mercedes)
o SAME FOR LESS: ricevo lo stesso prodotto pagando di meno (un affare!)
o LESS FOR MUCH LESS: ricevo meno pagando molto meno (Tune Hotel)
o MORE FOR LESS: ricevo di più pagando di meno (IKEA)
- SVILUPPO POSITION STATEMENT: definisco il motto che riassume il
posizionamento nella forma standard “PER (segmento target e bisogno che
soddisfa)+ NOME MARCHIO E’+ COSA FA LA DIFFERENZA (coi concorrenti)
20. VENDITA E FASI DEL PROCESSO
La vendita è quel processo finalizzato alla cessione di un bene o alla fornitura di un
servizio dietro il corrispettivo di un prezzo da parte del cliente. E si realizza
tramite un flusso di comunicazione bidirezionale tra venditore e acquirente. Di
fondamentale importanza per il perfezionamento dell’acquisto è la modalità in
cui si svolge la comunicazione e la fiducia che l’acquirente ha nei confronti del
venditore.
VENDITA PERSONALE: il processo di vendita contribuisce a creare valore per il
cliente e a indurlo all’acquisto, quindi il ruolo del personale addetto alla vendita
è di cruciale importanza per facilitare il processo di acquisto tramite la sua
consulenza e l’eventuale supporto post vendita. Creare relazioni stabili e
durature con relativa fidelizzazione del cliente è più importante di aumentare il
volume delle vendite nel breve periodo. Il personale ha funzioni di
- COLLEGAMENTO tra azienda prodottrice e cliente attraverso la fornitora di
informazioni sul prodotto
- RAPPRESENTANZA: rappresenta l’immagine aziendale, per cui è
fondamentele che sia identificabile e che abbia un adeguata formazione sul
modo di porsi in modo che sia allineato allo stile/immagine aziendale.
- SPINTA: motiva e spinge il cliente all’acquisto del prodotto.
La comunicazione offerta dal personale di vendita dev’essere poi adeguata per:
- TIPOLOGIA DI PRODOTTO: livello di informazioni e competenza richieste
durante la vendita sono diverse a seconda della categoria del prodotto
venduto
- TIPOLOGIA DI CLIENTE: in base al livello culturale, all’età, alle competenze,
varierà il livello di informazioni richieste dal cliente in fase di vendita
- TIPOLOGIA DEL CONTESTO: in certi contesti (GDO) non è richiesta una
consulenza personalizzata, mentre in altri (es. acquisto beni di lusso, vestiti
di alta moda) sono necessarie figure specialistiche come consulenti personali
di immagine.
Tipologia vendita personale:
- RACCOLTA ORDINI : gestione di ruotine del data base clienti con creazione di
un rapporto duraturo
- VENDITA TECNICO-COMMERCIALE: con figure come il PROMOTER a livello
locale, SALES ENGINEER specializzati nella vendita di prodotti ad alto
contenuto scientifico, TEAM DI VENDITA INTERFUNZIONALE
- SUPPORTO ALLA CLIENTELA: assistenza post-vendita
FASI PROCESSO DI VENDITA PERSONALE:
- PROSPECTING: ricerca di mercato sui potenziali acquirenti, sul bisogno del
prodotto il grado di interesse e l’accessibilità economico-finanziaria.
- PREAPPROCCIO: raccolta dati sui clienti individuati nel prospecting
- APPROCCIO: scelta del tipo di approccio che varia a seconda del contesto
culturale in cui si opera
- PRESENTAZIONE: del prodotto al potenziale acquirente
- CHIUSURA DELLA TRANSAZIONE
- FOLLOW UP: servizi post vendita, raccolta feed-back sulla soddisfazione ed
eventuale offerta di servizi post-vendita.
Il tipo di presentazione può seguire diverse formule:
- STIMOLO-RISPOSTA: se aumento lo stimolo (la proposta di vendita) aumenta
la probabilità di acquisto
- SELLING
- ADAPTIVE SELLING: basate sull’ascolto/consulenza: ascolto il bisogno del
cliente, propongo il prodotto che lo soddisfa.
SALES MANAGEMENT: consiste nella pianificazione, attuazione e controllo di un
piano di vendita, ovvero come vendere, quali obiettivi raggiungere, come, quali
implicazioni ha sull’azienda e sulla gestione delle risorse umane e finanziarie.
Step del Sales Managementi:
- FORMULAZIONE: definizione obiettivi (fatturato, volume vendite, nuovi
clienti) e delle risorse necessarie (quali risorse umane, training risorse)
- ATTUAZIONE: organizzazione forze vendita, se prese all’esterno o
all’interno dell’azienda, selezione e formazione team di vendita, scelta tipo di
organizzazione. Destinazione risorse economico-finanziarie. Figura del Key
Account Manager, responsabile del team, gestione clienti importanti e area
geografica.
- CONTROLLO: valutazione dei risultati in base al CRM: customer relationship
management, ovvero gestione relazione con il cliente e misurazione
performance.

MARKETING INFORMATION SYSTEM (MIS)


Insieme di persone/strumenti/procedure impiegate per
raccogliere/analizzare/diffondere le informazioni raccolte necessarie ai
Marketing Manager o agli Stakeholders per prendere decisioni di Marketing.
Sono informazioni relative agli elementi su cui si può far leva con il Marketing
per migliorare la performance di prodotto (comportamento acquisto del cliente,
posizionamento, concorrenza, prodotto).
Le principali fonti di informazione sono:
- DATI INTERNI ALL’AZIENDA: l’azienda in seguito alla sua e attività viene in
possesso di tantissime informazioni e database che possono essere utilizzati
e rielaborati, grazie a software e personale specializzato, per finalità di
marketing. Questa fonte di informazioni è più rapida ed economica ma
richiede un buon grado di efficienza organizzativa per ottenere, completare e
rielaborare i dati.
- MARKETING INTELLIGENCE: raccolta sistematica di informazioni disponibili
pubblicamente riguardo il contesto competitivo in cui l’azienda opera, con
conseguente monitoraggio della concorrenza, opportunità e minacce, ovvero
informazioni che aiutano i Marketing Manager nel loro processo decisionale.
- MARKETING RESEARCH: vera e propria ricerca di mercato per reperire
informazioni rilevanti per l’impresa ai fini della performance di prodotto. Ha il
vantaggio di reperire dati che all’azienda mancano, ma ha un costo elevato.
Per giustificare il costo elevato i dati devono essere RILEVANTI per l’oggetto
di indagine, altrimenti si ha una perdita e il ricercatore deve essere
IMPARZIALE.
Gli obiettivi di ogni ricerca possono essere diversi, per cui il processo si attua in
diverse fasi:
o DEFINIZIONE OBIETTIVO DI RICERCA
o SVILUPPO PIANO RICERCA
o ATTUAZIONE DEL PIANO
o ANALISI E INTERPRETAZIONE DEI DATI RACCOLTI (CRM: software che
interpretano i dati raccolti e determinano la relazione tra impresa e
consumatore)
o GESTIONE DELLE INFO: inserimento info in un database accessibile al
personale aziendale o a partner terzi tramite extranet.
Tipi di ricerca di mercato:
o ESPLORATIVA: informazioni preliminari, esplorare il mercato per gli
step successivi
o DESCRITTIVA: descrive la situazione di mercato circa un determinato
prodotto
o CAUSALE: serve a testare ipotesi e a capire la relazione tra le variabili
di mercato
PIANO DI RICERCA
E’ un documento scritto che descrive:
o Problema oggetto di ricerca
o Obiettivi della ricerca
o Info da raccogliere, fonti, approccio metodologico di raccolta dati,
metodo di contatto, piano di campionamento, strumenti per la
raccolta dei dati
o Consigli di utilizzo delle info per il management
o Stima Budget per la ricerca
Tipologia dati raccolti:
o DATI SECONDARI: già in possesso dell’azienda quindi facili da reperire
o DATI PRIMARI: raccolti ad ok, per un determinato scopo, per una ricerca
specifica. Per la raccolta di questi dati gli aspetti più siginificativi sono:
 APPROCCIO ALLA RICERCA ci sono vari approcci:
­ OSSERVATIVA: osservando persone/avvenimenti rilevanti
­ ETNOGRAFICA: tramite osservatori imparziali formati che
interagiscono con i consumatori nel loro ambiente
naturale
­ SURVEY tramite questionario, flessibile, la + diffusa, ma
problemi di privacy
­ SPERIMENTALE: si stimolano i consumatori oggetto di
ricerca per studiare la relazione causa-effetto
 MODALITA’ DI CONTATTO: intervista telefonica (maggiori costi
ma più flessibilità, velocità, + alto tasso risposta) o questionari
via posta (minori costi, meno flessibile, basso tasso risposta),
tramite FOCUS GROUP con ricercatore che modera, o ricerche
online
 CAMPIONAMENTO: definizione di un segmento di popolazione
rappresentativo con l’aiuto della statistica. Tipi di campioni:
­ SAMPLE: basati sulla probabilità senza selezione
­ NON-PROBABILITY SAMPLE: non basati sulla probabilità
perché troppo costosi
 STRUMENTI DI RICERCA: intervista telefonica, questionari via
posta o email, oppure online tramite questionari, panel,
esperimenti o Focus group. I questionari possono essere a
risposta CHIUSA O APERTA, importante la fase di definizione delle
domande e del pretest
Le ricerche online hanno avuto forte diffusione grazie ai bassi costi,
risultati veloci ma hanno problemi nella gestione della privacy

21. VENDITA AL DETTAGLIO: RETAIL


Per Retail si intende la categoria di vendite e fornitura di servizi al consumatore
finale per uso famigliare, domestico o personale.
Le due principali categorie in cui si distingue il Retailing sono
- NON STORE RETAIL: punti vendita non fisici come vendita a catalogo, e-
commerce, distributori automatici, ecc.. dove l’assistenza alla vendita, se c’è,
viene fornita a distanza (tel, email, ecc)
- STORE RETAIL: punti vendita fisici che a sua volta, a seconda del livello di
assistenza alla vendita si dividono in :
 RETAIL TIPO SELF SERVICE: dove il cliente perfeziona l’acquisto da
solo senza assistenza
 RETAIL CON SERVIZIO LIMITATO: dove l’assistenza alla vendita è
fornita solo per alcune categorie di prodotti (es. desk per prodotti
elettronici IT negli ipermercati)
 RETAIL CON SERVIZIO COMPLETO: dove il cliente riceve assistenza
durante tutto il processo di acquisto, a volte anche con SHOP
ASSISTANT che può arrivare a seguirlo anche nel post-vendita. E’ il
caso di vendita di prodotti di lusso o problematici (grandi
elettrodomestici)
Il settore Retail si distingue anche a seconda dell’assortimento, ovvero
dell’insieme dei prodotti e delle categorie di prodotti venduti in un determinato
punto vendita.
A seconda dell’ampiezza e della profondità di assortimento troviamo negozi:
- SPECIALIZZATI: dove vi è una scarsa ampiezza di categorie di prodotti, il
negozio è specializzato in una o alcune categorie di prodotti e per quelle
categorie ha una buona profondità di assortimento
- DE-SPECIALIZZATI: negozi come gli ipermercati che offrono un ampio
assortimento di categorie di prodotti ma poca profondità di assortimento,
ovvero per lo stesso prodotto troviamo poca diversità di brand, formati e
fascia di prezzo.

PERFORMANCE D’IMPRESA
La si può definire la capacità di perseguire i fini istituzionali dell’impresa, o il rendimento
delle attività di impresa. Viene collegata a 3 concetti fondamentali che sono
PRODUTTIVITA’, EFFICACIA ED EFFICIENZA.
PRODUTTIVITA’: approssimativamente la si può definire come il rapporto tra la quantità
di output (prodotti finiti o servizi) e la media ponderata degli input (fattori produttivi)
utilizzati nel processo di produzione. Può essere influenzata non solo da fattori
aziendali ma anche da fattori macro-economici dipendenti dal contesto produttivo
ambientale. Vi è quindi una stretta relazione tra produttività e produzione. La
tecnologia è un fattore che influenza fortemente la produttività perché mette vincoli
nel processo di trasformazione e perché può contribuire a migliorare l’efficienza della
produzione e quindi la produttività: attraverso un processo di efficentazione degli
input è possibile ottimizzare la produzione di output. Un elemento di EFFICIENZA del
processo produttivo è il LAYOUT dei macchinari a è strettamente collegata la capacità
produttiva, la flessibilità nella produzione e la pianificazione dei flussi di input.
Gli aspetti determinanti della produzione ai fini della performance aziendale sono:
- ASPETTO TECNICO: la tecnologia può portare ad efficentazione del processo
produttivo con diminuzione dei tempi e dei costi dei fattori produttivi
- APETTO ECONOMICO: la quantità di output dev’essere minore della quantità
di input e consentire la realizzazione di un reddito d’impresa
- ASPETTO ORGANIZZATIVO: il coordinamento delle operazioni è per rendere
più efficiente il processo produttivo.
La produzione può essere di vari tipi:
- SU COMMESSA: rischio di mercato e di invenduto in magazzino, molto basso,
approccio al mercato di tipo PULL: attirare il cliente
- SU PREVIZIONE: con produzione antecedente la vendita, approccio al mercato
di tipo PUSH: spingere le vendite. Rischio alto di mercato e di invenduto che
può portare l’azienda a promozioni e abbassamento prezzi/margini in certi
momenti.
- PER LOTTI: produzione di quantità predefinite di prodotto
- CONTINUA: produzione senza interruzioni né stagionalità.
La scelta del tipo di prodotto e di produzione varia a seconda del tipo di prodotto, del
mercato di riferimento e delle risorse tecnologiche ed economiche a disposizione
dell’azienda.
OUTSOURCING: MAKE OR BUY?
La scelta di esternalizzare determinate fasi o tutto il processo produttivo dipende da
valutazioni circa la convenienza economica e la convenienza a livello di corporate
image (quanto l’esternalizzazione potrebbe incidere negativamente sulla
reputazione/immagine aziendale).
EFFICACIA: quando un prodotto o un servizio è in grado di soddisfare i bisogni del
consumatore finale.
Un processo produttivo è tanto più efficace quando più si avvicina a raggiungere gli
obiettivi o standard prefissati.
EFFICIENZA: un processo produttivo è efficiente se è in grado di ottenere il massimo
prodotto output impiegando gli input e la tecnologia in modo ottimale da minimizzare
i costi.
EFFICIENZA= COSTO DELLE RISORSE
OUTPUT
L’efficienza è strettamente collegata alla reddittività: maggiore efficienza, minori costi,
maggiore redditività e performance.
Può essere di 2 tipi:
- FISICO-TECNICA: rapporto tra quantità di beni e servizi prodotti e quantità di
fattori produttivi impiegati
- GENERALE: rapporto tra somma dei costi degli INPUT e somma dei ricavi di
vendita degli OUTPUT
COSTI PRODUTTIVI: sono i costi sostenuti per l’utilizzo e il consumo dei fattori
produttivi (Input) impiegati in un processo produttivo o di trasformazione per
realizzare un determinato prodotto (Output).
In contabilità possono essere suddivisi per CENTRO DI COSTO quando vengono imputati
al reparto aziendale a cui si riferiscono.
Per determinare i costi produttivi, occorre innanzitutto classificare i costi per:
- NATURA DEL FATTORE PRODUTTIVO es. costo delle materie prime, costi del
personale, costi finanziari, ecc..
- PERIODO DI RIFERIMENTO: periodo in cui il costo viene sostenuto.
o COSTI DI ESERCIZIO: se relativi all’esercizio che si prende in
considerazione (es. anno solare) e concorrono alla determinazione del
reddito di esercizio
o PLURIENNALI: se si riferiscono ad un periodo di tempo più lungo di un
anno
- MODALITA’ DI IMPUTAZIONE: si basano sulla modalità di imputazione
all’oggetto del calcolo
o COSTI DIRETTI: relazione diretta tra costo e fattore produttivo
o COSTI INDIRETTI: costi attribuiti secondo parametri non misurabili e
imputabili direttamente a un determinato fattore produttivo
- CONTROLLABILITA’: a seconda di quanto i costi sono influenzabili da fattori
incontrollabili esterni all’impresa
- VARIABILITA’a seconda della variabilità si dividono in:
o COSTI FISSI: non variano al variare del volume produttivo (affitti, mutui,
macchinari)
o VARIABILI: variano in funzione del volume produttivo (es. materie
prime)
o SEMIVARIABILI: con una componente fissa e una variabile (es. costi
energetici con canone fisso + quota variabile)

REDDITIVITA’ E PRODUTTIVITA’
La redditività di un’impresa, o capacità di produrre reddito, o performance reddituale, è
la capacità dell’impresa di generare utili con la sua gestione. Per misurare questa
redditività, ci serviamo di indici di redditività che misurano oltre alla redditività
complessiva, anche il contributo delle diverse aree gestionali alla redditività
d’impresa. Gli indici più utilizzati mettono a rapporto il reddito aziendale (che si
deduce dal Conto Economico riclassificato del Bilancio aziendale) con alcune voci del
capitale aziendale (che si deduce dallo Stato Patrimoniale riclassificato del Bilancio
aziendale).
ROE: è l’indice più utilizzato, “Return on Equity” e si calcola mettendo a rapporto
REDDITO NETTO
CAPITALE PROPRIO
Questa percentuale ci indica la redditività dei mezzi propri dell’azienda: quanto rende
investire in azienda?
ROI (Return on Investment): dato dal rapporto tra
REDDITO OPERATIVO
CAPITALE INVESTITO NETTO OPERATIVO
Esso misura la redditività del capitale complessivamente investito e permette quindi di
valutare l’economicità della gestione caratteristica e degli investimenti accessori
considerati nel loro insieme.
Se il ROI + alto del costo medio del denaro, conviene farsi prestare denaro e investirlo in
azienda per aumentare la redditività.
ROA (Return on Assets): dato dal rapporto tra
REDDITO OPERATIVO
TOTALE ATTIVO
Esprime l’economicità della gestione caratteristica e il contributo che questa apporta al
ROE serve a dare un giudizio sulle attività produttrici di reddito, indipendentemente
che esse appartengano alla gestione caratteristica o a gestioni di natura
patrimoniale.
ROS (Return on Sales) dato da
REDDITO OPERATIVO
RICAVI NETTI
Esprime la redditività delle vendite rispetto all’utile aziendale e il legame tra prezzi di
vendita, volumi e costi operativi.
INDICI DI PRODUTTIVITA’: sono indicatori di efficienza nell’impiego dei fattori
produttivi, esprimono la quantità di output ottenuto in relazione ai fattori produttivi
impiegati input. Vanno analizzati nel tempo e comparati con quelli medi del settore in
cui l’azienda opera. La produttività influenza la redditività e quindi la capacità
dell’azienda di autofinanziarsi: tanto più l’azienda produce reddito, tanto più quel
reddito può essere reinvestito in azienda.
Es.: RICAVI PRO-CAPITE: RICAVI NETTI/NUMERO MEDIO DIPENDENTI
TURNOVER: RICAVI NETTI/TOTALE ATTIVO ovvero il numero di volte in cui il capitale
investito ritorna in forma liquida per effetto dei ricavi di vendita
POLITICHE DI PREZZO:
- Stabilire il Mark Up (ricarico) LOCALIZZAZIONE DEL
- Offerte promozionali: PUNTO VENDITA:
Hight Low offerte sotto costo per - Centri comm.li extra urbani
tempi limitati (Factory outlet, Retail Park)
EDLP: sconto continuo sotto - Centri commerciali urbani
costo: grandi volumi di vendita (Central Business District,
per ammortizzare i costi fissi e Centro comm.le Naturale.
variabili Town Centre Management)
- Opportunità da prodotti civetta - Strip Location (aggregati di
- Attenzione agli opportunisti vicinato, negozi di
(Cherry Pickers) quartiere)

RETAILING MIX

COMUNICAZIONE:
per migliorare l’immagine e la
reputazione del punto vendita
CATEGORY - ELEMENTI FUNZIONALI:
MANAGEMENT: facilitare l’accesso del cliente ai
gestione dell’assortimento dei prodotti negli scaffali
prodotti: attenzione e (cartellonistica, biglietti sullo
interpretazione bisogni dei scaffale)
clienti, agevolare l’acquisto di - ELEMENTI EMOTIVI: rendere
prodotti complementari e accogliente il punto vendita
succedanei agendo su illuminazione, colori,
musica, profumi, accoglienza
del personale

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