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STRATEGIC MANAGEMENT RIASSUNTO

CAPITOLO 1 . LA STRATEGIA D’IMPRESA

Caso Apple.

Nel 2000 la Apple godeva di una base clienti molto fedele ma giocava un ruolo di operatore di nicchia del
mercato dei personal computer. Apple decise di scrivere sia il sistema operativo che i software applicativi di
tipo proprietario. Tali software si distinguevano per la loro facilità d'uso. La scelta di investire in software
proprietario da una parte portò l'azienda a posizionarsi nella fascia alta del mercato, dall'altra determinò
l'incompatibilità tra i file del sistema Apple e quelli dei sistemi Windows di Microsoft. Nel 2001 Apple entrò
nel mercato dei lettori di musica digitale portatili, con il lancio del lettore iPod. Il lettore di Apple non fu il
primo ad essere apparso sul mercato, quando l'iPod fu lanciato Apple acquisì rapidamente le quote di
mercato di Rio. La superiorità del prodotto condusse iPod a conquistare in poco tempo la leadership di
mercato. Tuttavia, quando l'iPod fu lanciato, per la maggior parte dei consumatori non era facile realizzare
download di musica digitale in modo legale. Pertanto, l'iPad era utilizzato solo da un gruppo ristretto di
ragazzi che scaricavano la musica illegalmente su piattaforme pirata. Dunque, Apple si rese conto che per
ampliare il mercato per l'iPod doveva offrire una modalità facile e legale di download di musica digitale.
A questo scopo fu ideata la piattaforma iTunes, così Apple avviò collaborazioni con case discografiche.
Apple comprese che doveva prevenire l’imitazione dei suoi sistemi per la fruizione della musica. Così creò il
software FairPlay, di natura proprietaria, che consentiva l'archiviazione dei file scaricati con iTunes ai soli
iPod, per cui tutti gli altri lettori MP3 risultavano incompatibili. Per completare la strategia Apple fece una
cosa che fino a quel momento nessun altro produttore di computer, lettori MP3, o altri dispositivi
elettronici aveva fatto: aprì dei punti vendita mono marca Apple per vendere i suoi prodotti. L'azienda creò
un contatto diretto con i clienti, offrendo loro la possibilità di conoscere e provare i prodotti Apple e
definendo un luogo fisico attraverso il quale poter erogare i necessari servizi di supporto.

CHE COS’E LA STRATEGIA D’IMPRESA?

La strategia di impresa è un piano che l’impresa definisce per conseguire e mantenere un vantaggio
competitivo, definito come la capacità di distinguersi sul mercato rispetto i concorrenti e ottenere maggiori
profitti. Il top management individua la strategia a partire dalla valutazione del grado di attrattività del
mercato e al grado di competitività dell’impresa. In base a questo si individua la modalità per proporre al
mercato un valore unico e distintivo (la value proposition che costituisce un motivo di distinzione della
concorrenza).

Una strategia per avere successo deve considerare 4 fattori fondamentali:

1. Attrattività del mercato

2. Come offrire al mercato un valore unico

3. Risorse e competenze per offrire un valore unico

4. Come mantenere il vantaggio competitivo

IL VANTAGGIO COMPETITIVO

Un’impresa detiene un vantaggio competitivo quando supera costantemente i propri concorrenti


generando un livello di profitti sopra la media del settore. Si può avere un vantaggio non solo in termini di
profitto ma utilizzando altre variabili di carattere quantitativo o qualitativo (org. Non profit). Quindi il cuore
della strategia consiste nello sviluppare e mantenere un vantaggio, ovvero una situazione di superiorità
rispetto ai concorrenti riconosciuto come tale dagli acquirenti/consumatori e sostenibile nel tempo. Tale
superiorità deriva dalla capacità dell’impresa di far leva su diversi fattori:

• processi produttivi efficienti (Toyota);

• innovazione prodotto e marketing (Ferrero);

• integrazione a monte (Debeers); Big Data (Amazon).

Secondo PORTER il vantaggio competitivo può essere basato su 3 fattori:

1. Vantaggio di costo (interno): fondato sulla superiorità dell’impresa di gestire i costi e nell’efficenza
operativa. L’impresa che persegue questo tipo di vantaggio si concentra sull’eccellenza operativa. Deve
garantire un surplus del consumatore (consumer surplus) superiore a quello della concorrenza. Ovvero la
differenza tra il beneficio percepito dal consumatore e il prezzo pagato. – RYANAIR

2. Vantaggio di differenziazione (esterno): basato sulla superiorità dell’impresa nel definire sistemi di
offerta unici e distintivi rispetto alla concorrenza e nell’innovarle costantemente. Tali elementi possono
essere di natura funzionale, di servizio e anche simbolica. Essi sono legati alla disponibilità di un’ampia
capacità di innovazione e di elevate competenze di marketing. In funzione del valore distintivo dell’offerta, i
clienti attribuiscono un elevato beneficio percepito e sono disposti a pagare un premium price,
garantendosi comunque un elevato livello di consumer surplus. - PRADA

3. Vantaggio di focalizzazione: competenze chiave su specifici mercati o prodotti. L’impresa vuol soddisfare
i bisogni specifici di un dato segmento di domanda. L’obiettivo è quello di differenziarsi agli occhi del cliente
in quello specifico mercato di nicchia. - MOLESKINE

A questa strategia si accosta un ulteriore strategia che definiamo COST-EFFECTIVE DIFFERENTIATION che
definisce un vantaggio costruito su una combinazione di elementi di costo e differenziazione. La chiave di
questa strategia risiede nel dare una risposta efficace alle precise attese dei consumatori, attraverso un
sistema d’offerta value for money: orientato al cliente, personalizzato, tempestivo, efficiente, innovativo, al
minor prezzo. L’obiettivo è quello di fornire una soluzione più idonea rispetto alle esigenze del cliente. –
IKEA, H&M

IL PROCESSO DI GESTIONE STRATEGICA deve essere ancorato ai principi generali definiti nel baricentro
strategico e prevede un’approfondita analisi interna ed esterna. Le principali decisioni strategiche
riguardano: i mercati in cui operare, valore unico da offrire, risorse e competenze richieste, mantenimento
del vantaggio competitivo.

• Valore distintivo: il sistema d’offerta è costituito dall’insieme coordinato e integrato di elementi che
formano l’offerta dell’impresa e il suo posizionamento nel mercato di riferimento e conferiscono un
determinato valore al consumatore: brand, prodotto, servizi, il canale distributivo e il price positioning.

• Risorse e competenze: risorse sono quei fattori/beni produttivi detenuti dall’impresa e accumulati nel
tempo, come ad esempio impianti, attrezzature, ecc. le competenze riguardano le capacità di svolgere
attività e processi, coordinando l’impiego delle risorse, umane in primo luogo, perseguendo un obiettivo
specifico.
• Vantaggio sostenibile: affinché il vantaggio competitivo porti un valore congruo all’impresa che lo ha
costruito, esso deve essere duraturo, sostenibile nel tempo.

1.2-LE BASI PER LA FORMULAZZIONE DELLA STRATEGIA

La strategia d’impresa prende le mosse a partire dal BARICENTRO STRATEGICO definito l’insieme dei fattori
che, nel lungo periodo, ne devono guidare e ispirare l’esistenza, le dinamiche evolutive e l’approccio al
mercato. Il B.S. è costituito dalla missione, dai valori e dagli obiettivi di medio-lungo termine.

La missione è l’obiettivo fondamentale dell’impresa e specifica i business nei quali si intende operare. La
missione deve essere sufficientemente dettagliata e deve essere orientata al mercato e no al prodotto.

I valori dell’organizzazione sono il riferimento chiave del modo di essere e di agire dell’impresa e delle
persone che ne fanno parte. Costituiscono la cultura dell’impresa e ne orientano il comportamento.

Gli obiettivi di lungo termine: si stabiliscono macro-obiettivi da perseguire in via prioritaria nel lungo
periodo. (quota azionaria, ROI, soddisfazione clienti).

ANALISI ESTERNA

Essa si sviluppa su due piani:

1. L’analisi dell’ambiente rilevante (PEST): è volta a comprendere come le variabili di scenario, di tipo
politico, economico, sociale e tecnologico, le cui dinamiche si determinano indipendentemente dalle azioni
dell’impresa e sono fuori dalla sua sfera d’influenza, ne possano investire l’attività e condizionare le
performance.

2. Analisi dell’ambiente competitivo: è finalizzata a comprendere le dinamiche dell’ambiente specifico e


riguarda, l’analisi della domanda e dei consumatori, analisi della concorrenza.

Attrattività settore: può essere valutata su diversi piani, l’aspetto più rilevante è quello relativo alla
redditività. Poiché i settori presentano livelli di redditività media diversi, un’impresa che opera in un settore
ad alta redditività ha maggiori possibilità di ottenere buoni risultati rispetto un’impresa che opera in un
settore a bassa redditività.

Analisi domanda e consumatori: l’analisi della domanda riguarda la dimensione attuale e potenziale del
mercato, le sue prospettive di crescita, l’opportunità di suddividerlo in segmenti, identificando dei
sottogruppi di consumatori che hanno dei bisogni specifici similari. A partire dalla conoscenza della
domanda e dei consumatori, si potranno individuare i fattori critici di successo nello specifico business, sui
quali focalizzare la gestione strategica. L’analisi poi si rivolge al livello dei consumatori, per comprenderne
le motivazioni, valutare i trend qualitativi, identificare eventuali bisogni insoddisfatti.

Analisi concorrenza: è finalizzata in particolare a delineare l’arena competitiva, a comprendere le


dinamiche competitive e ad individuare i punti di forza e di debolezza dei concorrenti. L’indagine riguarda
aspetti strutturali, di performance, strategici.

ANALISI INTERNA
L’impresa è un sistema organico di risorse e competenze organizzato, finalizzato alla creazione del valore.
Per attuare la propria strategia competitiva è necessario parlare di risorse strategiche e competenze
strategiche.

Risorsa strategica: risorsa posseduta dall’impresa avente un rilievo particolare in un determinato contesto
competitivo, in grado perciò di sostenere lo sviluppo di posizioni di vantaggio rispetto ai concorrenti (es.
brevetto, brand forte, tecnologia, ecc).

Competenza strategica: è la capacità di svolgere in maniera eccellente un’attività o un processo che in uno
specifico business assume un’importanza strategica. Laddove il set di risorse e competenze sia carente
rispetto all’obiettivo strategico, occorre orientare in questa direzione le capacità organizzative allo scopo di
colmare questo gap. Ad esempio, Lidl Italia ha realizzato un riposizionamento della propria insegna per
adattare la sua offerta alle specificità del consumatore italiano, a tale scopo ha rinnovato il suo
assortimento con l’inserimento di prodotti di gamma superiore e legati al territorio.

L’ANALISI SWOT

La risultanza dell’analisi interna ed esterna viene acquisita all’interno del modello SWOT volto a valutare
opportunità e minacce dell’ambiente esterno e punti di forza e punti di debolezza dell’impresa.
L’approccio e strutturato nelle seguenti fasi:

1. Esame delle opportunità e minacce dell’ambiente: le opportunità se sfruttate adeguatamente possono


favorire un miglioramento delle performance dell’impresa. Le minacce, viceversa, se non adeguatamente
fronteggiate, possono mettere a repentaglio i propri risultati.

2. Rilevazione punti di forza e debolezza dell’imprese: guardando le proprie risorse e competenze,


l’impresa deve mettere in evidenza i propri elementi distintivi, i punti di forza sui quali fare leva, e deve
prendere consapevolezza delle proprie carenze da colmare, per non pregiudicare le proprie prestazioni.

3. Valutazione dei fattori individuati: le forze-debolezze vengono qualificate in termini di rilevanza e di


prestazione. Le opportunità-minacce, invece, vengono valutate in termini di attrattività o gravità e in
relazione alla probabilità di verificarsi.

4. Confronto del posizionamento sugli elementi interni ed esterni: è necessario fare una valutazione
integrata tra le risorse e le competenze disponibili e quelle necessarie per cogliere le opportunità e per
fronteggiare le minacce.

5. Individuazione delle linee di azione: Il modello indica possibili linee di azione strategica, ad esempio
sviluppare una competenza distintiva oggi carente ma indispensabile per cogliere un’opportunità
emergente.

Il modello ha come limite di essere statico, di fotografare una situazione nel momento in cui esso viene
applicato, mentre i fenomeniche utilizza per la definizione sono dinamici ed è necessario che tale analisi
venga ripetuta periodicamente.

1.3) COME VENGONO FORMULATE LE STRATEGIE

le strategie possono essere riferiti a tre diversi livelli: corporate, business e funzionale. Le strategie a livello
corporate vengono definite dal top management e riguarda decisioni inerenti al dove competere;
valutazione del portafoglio di business, orientamento strategico dei business, allocazione delle risorse. La
strategia a livello business, detta anche strategia competitiva, viene definita per ogni business unit.
Riguarda il come competere attraverso la costruzione di un vantaggio competitivo e offrendo un valore
unico al mercato. La strategia funzionale definisce dei piani specifici relativi alle diverse funzioni aziendali
volti a implementare la strategia competitiva. (come attuare).

LE OPZIONI STRATEGICHE

L’attuazione della strategia passa attraverso la scelta di opzioni strategiche che consentono all’impresa di
perseguire i suoi obiettivi sia a livello corporate sia a livello business. Tali opzioni riguardano: la
diversificazione, le acquisizioni, le alleanze, l’integrazione verticale e l’espansione internazionale. L’impresa
può decidere di crescere o di ridurre i rischi attraverso la diversificazione, andando ad ampliare il
portafoglio business, in settori complementari rispetto a quelli originari oppure in settori non
complementari o anche del tutto nuovi. Le acquisizioni sono un’opzione interessante per perseguire
strategie di crescita e/o di diversificazione e anche per acquisire risorse e capacità strategiche. In latri casi le
imprese decidono di aver accesso a nuove risorse mediante alleanze strategiche ad esempio l’alleanza tra
HUAWEI e LEICA. Un’altra opzione molto rilevante è l’integrazione verticale, ovvero se svolgere una
determinata attività all’interno dell’impresa (INTEGRAZIONE A MONTE) oppure esternalizzarla, affidandola
a un partner o a un fornitore esterno(INTEGRAZIONE A VALLE).

1.4-CHI È RESPONSABILE DELLA STRATEGIA?

Vengono definiti strategic leader che hanno il compito di comunicare la strategia, sia all’interno che
all’esterno dell’impresa. La strategia deve essere semplice, chiara, comprensibile e deve essere espressa in
modo tale da coinvolgere e motivare i componenti dell’impresa.

Chi usufruisce di una buona strategia? Tutte le imprese hanno un insieme di portatori di interessi, o
stakeholder, verso i quali hanno delle responsabilità e che possono influenzare la loro attività. Si possono
individuare quattro tipologie di stakeholders:

• Capital market stakeholders (azionisti, soci)

• Product market stakeholders (client, distributor)

• Organizational stakeholders (personale)

• Community stakeholders (istituzioni politiche, amministrative, ecc)

Secondo alcuni gli shareholders, ovvero i proprietari dell’impresa, sono la categoria più importante,
sebbene anche gli altri stakeholder possano condizionare le scelte strategiche dell’impresa. Secondo altri è
necessario trovare un maggiore equilibrio nella soddisfazione di tutte le categorie.

CAPITOLO 2 . ANALISI DELL’AMBIENTE ESTERNO: MINACCE E OPPORTUNITA

Caso Nokia.

Nokia è stata leader mondiale per quasi un decennio nel settore della telefonia mobile e degli apparati per
telecomunicazioni. Nel 1973 la crisi petrolifera metti la società di fronte a un problema strategico: i mercati
in cui opera presentano dei problemi competitivi e delle prospettive di sviluppo modeste. Pochi anni dopo il
nuovo CEO da avvio ad una nuova strategia di sviluppo: diversificare entrando nel nel business dei prodotti
high-tech, elettronica di consumo e telecomunicazioni. Dunque, entra in nuovi mercati geografici e nuovi
business mantenendo contestualmente la competitività nei business esistenti. L'ingresso nel mercato
dell'elettronica di consumo avviene mediante l'acquisizione di società già operanti nel settore. Verso la fine
degli anni 80 Nokia entra anche nel mercato dei computer e dei telefoni cellulari. In quegli anni l'azienda
opera in numerosi business tra loro scarsamente collegati, e soffre la mancanza di focalizzazione,
fortemente richiesto in un business ad alto tasso di sviluppo e di innovazione. Di fronte ai non soddisfacenti
risultati, l'azienda decide di cambiare il vertice e di conseguenza la strategia da attuare. La nuova strategia è
basata sul business della telefonia mobile. Vengono dismessi E business più vecchi riguardanti computer, tv,
ecc. L'azienda attrae nuovi investimenti e nel 93 si quota in borsa. La strategia di marketing prevede una
riorganizzazione del portafoglio, da molti brand, e lo sviluppo di prodotti 11 compatibili con tutti e tre i
sistemi di trasmissione utilizzati. Di lì a poco Nokia si affermerà come il più grande produttore mondiale di
telefoni cellulari. Non solo è leader nella produzione di ricevitori, che propone sul mercato un'offerta ampia
e articolata, ma realizza anche componentistica di base, fotocamere e altri accessori. Inoltre, l'impresa
contribuisce alla realizzazione delle infrastrutture di rete e produce il primo sistema operativo per la nuova
generazione di telefono 3G, il Symbian. Tuttavia, non è facile mantenere una posizione di leadership nel
tempo, soprattutto nei settori molto dinamici, ad alto contenuto tecnologico.

Tuttavia, non è facile mantenere una posizione di leadership nel tempo, soprattutto nei settori molto
dinamici, ad alto contenuto tecnologico. A volte la vera concorrenza non si gioca tanto tra l'impresa e rivali
diretti, quanto piuttosto con i concorrenti potenziali, che stanno fuori dal mercato e quindi sembrano meno
pericolosi. È il cambiamento tecnologico legato alla nuova generazione degli smartphone a marcare l'avvio
della crisi. Prima di allora i produttori di telefoni cellulari erano concentrati sull'hardware e avevano un
notevole potere di mercato verso i loro sub-fornitori di componenti. Il mercato premiava i produttori che
erano in grado di creare il design più accattivante e a proporre migliori prestazioni hardware a prezzo più
competitivo, senza dimenticare la rilevanza dell'immagine del brand. Nokia affronta il problema riguardante
l'elemento fondamentale, ossia il software, investendo nello sviluppo del sistema operativo Symbian. Nel
frattempo, nuovi pericolosi concorrenti portarono innovazioni dirompenti nei sistemi operativi: Apple
lanciò il sistema iOS e Google mese sul mercato il sistema Android. Di conseguenza l'azienda finlandese non
si mostra all'altezza della concorrenza creata dei nuovi concorrenti, mantiene nell'immediato un'elevata
quota di mercato nei telefoni tradizionali, ma viene progressivamente marginalizzata nel mercato degli
smartphone. Per rilanciare il proprio business, Nokia decide di collaborare con il suo storico rivale Microsoft
inserendo il sistema operativo Windows Mobile 7, commettendo il secondo errore strategico. Ma Nokia
subisce anche un forte attacco da parte di imprese che non puntano sulla qualità. Nel 2010 la crisi richiede
una drastica ristrutturazione della divisione cellulare, con riduzione di migliaia di posti di lavoro, vendita
degli asset patrimoniali, ridimensionamento dei progetti di ricerca. Pochi anni dopo si tenta un rilancio con
l'introduzione del modello Lumia 1020, nel frattempo, a causa della fortissima concorrenza, l'azienda
subisce un forte ridimensionamento anche sul segmento a basso prezzo. Presa coscienza della difficoltà di
mantenere una posizione competitiva nel nuovo scenario Nokia decide di vendere a Microsoft la divisione
device e servizi di telefonia cellulare. Ceduta la divisione torna a focalizzarsi su quello che sarà il core
business della società negli anni successivi: network di rete e apparecchiature per telecomunicazioni. In
quest'ambito l'azienda si propone come leader mondiale nella produzione di reti per le comunicazioni, al
livello di competitors come Ericsson e Hawaii.

L’ ambiente esterno è l’insieme di variabili esterne che possono condizionare l’impresa e la sua dinamica
evolutiva. Una volta deciso un determinato business bisogna identificare e comprendere il contesto
competitivo di riferimento ovvero: il settore, la categoria merceologica, i mercati geografici, i segmenti di
mercato target, i concorrenti. Non è facile per l'impresa comprendere fino in fondo il suo contesto
competitivo, né identificare con certezza e concorrenti con i quali si dovrà confrontare in futuro. Le
strategie delle imprese infatti portano spesso a cercare nuove opportunità di crescita in segmenti di
mercato o aree geografiche o business nuovi. I manager devono valutare attentamente la concorrenza,
tenendo conto delle minacce di potenziali nuovi entranti, decisi ad ampliare il proprio raggio di azione. Per
definire correttamente il contesto competitivo dell'impresa occorre adottare la prospettiva della domanda.
A questo scopo, dunque, non è sufficiente classificare il mercato in base ai prodotti o ai servizi offerti, ma
bisogna far riferimento ai bisogni e hai benefici richiesti dai consumatori, il cosiddetto “job to be done”
dalla soluzione. Ad esempio, il bisogno di trasporto per viaggiatore nella tratta Roma Milano può essere
soddisfatto secondo certe modalità attraverso i treni oppure attraverso il vettore aereo. Dunque, secondo
una visione di concorrenza più ristretta Alitalia è in competizione con EasyJet, mentre Frecciarossa È in
concorrenza con Italo. Ma se pure esistono alcune differenze nelle modalità di erogazione del servizio, il
bisogno di base da soddisfare il medesimo, dunque, questi due segmenti differenti di servizio si trovano a
competere per lo stesso mercato.

2.2) LE 5 FORZE COMPETITIVE CHE INFLUENZANO L’ATTRATTIVITA DEI SETTORI

Per comprendere e analizzare il livello di concorrenza facciamo riferimento al modello di Michael Porter. Il
modello afferma che la redditività media delle imprese operanti in un settore dipende dall’integrazione di 5
forze competitive:

1.Rivalità tra imprese esistenti.

2.Potere negoziale degli acquirenti.

3.Potere negoziale dei fornitori.

4. Minaccia di nuovi entranti.

5.Minaccia di beni sostitutivi.

Per realizzare l’analisi delle cinque forze competitive occorre:

1. Identificare i fattori principali caratterizzanti ciascuna delle cinque forze

2. Valutare la rilevanza di ciascuna forza al fine di comprendere quanto e come essa possa influenzare
l’attrattività del settore

3. Stimare l’intensità complessiva delle cinque forze per valutare l’attrattività del settore (l’intensità con cui
una media impresa del settore può ottenere buoni profitti).

2.3) RIVALITA’ TRA IMPRESE ESISTENTI

Le mosse e le contromosse delle imprese possono essere di varia natura: manovre di prezzo, modifica di
qualità, innovazione di prodotto ecc. Queste dinamiche ovviamente aumentano l’intensità con la quale le
imprese competono tra loro. Per comprendere l’intensità della concorrenza tra le imprese che operano
all’interno del settore dobbiamo analizzare i seguenti fattori:

1. NUMERO DEI CONCORRENTI. Nel caso in cui vi siano poche imprese che offrono un certo bene, queste
hanno un notevole potere di mercato e possono applicare prezzi alti e buoni margini di profitto.
All’opposto, nei settori frammentati, dove vi sono molte imprese, la pressione competitiva è più elevata. Si
può dire che all’aumentare del grado di concentrazione del mercato, diminuisce il grado di rivalità tra
imprese.

2. GRADO DI DIFFERENZIAZIONE DEL PRODOTTO. I prodotti altamente differenziati tendono a costruire dei
forti legami con i clienti. Vi sono però prodotti standardizzati, detti commodity, che per loro natura sono
difficilmente differenziabili (prodotti agricoli). In questi casi gli acquirenti tendono a essere poco fedeli alla
marca o al fornitore, badando fondamentalmente al prezzo.

3. PRESENZA DI SWITCHING COSTS. Sono quei costi che gli acquirenti devono sopportare per passare da
una marca all’altra. Non sono esclusivamente costi monetari. Quando vi sono elevati switching costs la
rivalità tra i concorrenti è più moderata. Se non vi sono switching costs il settore è esposto a una più
elevata concorrenzialità. I costi di switch non solo costituiscono un aspetto fondamentale della concorrenza
diretta, ma incidono anche sulle altre forze competitive.

• Potere degli acquirenti: i clienti o gli acquirenti possono passare facilmente da una marca all'altra.

• Potere dei fornitori: se l'impresa non può sostituire facilmente un fornitore in quanto dovrebbe
sostenere degli switching costs.

• Nuovi entranti: se acquirenti possono muoversi facilmente verso nuove marche che tentano di entrare
nel mercato.

• Prodotti sostitutivi: se gli acquirenti possono passare a prodotti sostitutivi senza difficoltà, tale minaccia
può essere rilevante.

4. ANDAMENTO DELLA DOMANDA. Una domanda in rapida espansione genera opportunità per tutti gli
operatori e le pressioni competitive sono meno accentuate. Quando la crescita rallenta la pressione
competitiva aumenta.

5. UTILIZZO DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA. Il livello di utilizzo della capacità produttiva ha un’elevata
influenza sui costi unitari di produzione e dunque sulla redditività dell’impresa. L’obiettivo dell’impresa è
quello di cercare di saturare tale capacità. Le imprese devono cercare di sfruttare la capacità in eccesso, o
smaltire i prodotti in eccesso tramite sconti e promozioni. La presenza di capacità produttiva in eccesso è un
fattore che incrementa il livello concorrenziale, comprime i margini di profittabilità e diminuisce
l’attrattività del settore.

6. CARATTERISTICHE DEL BUSINESS: costi fissi, deperibilità, costi di stoccaggio. Le imprese che operano in
settori ad alta intensità di capitale o che offrono prodotti deperibili o con elevati costi di stoccaggio devono
promuovere i loro prodotti a prezzi ribassati per evitare le perdite.

7. PRESENZA DI BARRIERE ALL’USCITA. Quando gli investimenti effettuati non si possono facilmente
“dirottare” in altri settori. Ovvero quanto un’impresa effettua degli investimenti mirati in un determinato
settore e vorrebbe uscire da un certo business dovrà effettuare dei costi irrecuperabili ,appunto troppo
elevati che scoraggiano l’uscita.

2.4) POTERE NEGOZIALE DEGLI ACQUIRENTI


Quando gli acquirenti hanno un elevato potere negoziale nei confronti dei loro fornitori possono chiedere
condizioni più vantaggiosi come prezzi inferiori o qualità del prodotto più elevata. La capacità degli
acquirenti di ottenere condizioni più favorevoli dipende da due circostante:

1. Il potere contrattuale relativo: dipende dalla possibilità che le parti hanno di sottrarsi alla transazione e
dalla credibilità di tale minaccia. I principali fattori da cui dipende il potere contrattuale degli acquirenti
sono:

-Numero, concentrazione e dimensione degli acquirenti. Maggiore è la dimensione dell’acquirente,


maggiore è la competizione che si determina per acquisire le sue preferenze.

-Minaccia credibile di integrazione a monte. Se le condizioni richieste dal fornitore risultano essere troppo
pesanti, l’acquirente può minacciare di scavalcarlo, andando a produrre per conto proprio ciò che avrebbe
acquistato dalla controparte. Realizzando un’integrazione a monte.

- Simmetria delle informazioni tra acquirenti e fornitori. Il potere negoziale degli acquirenti cresce
all’aumentare delle informazioni in loro possesso. Se disponessero di un quadro ampio e completo,
potrebbero mettere in concorrenza i fornitori.

- Sensibilità al prezzo degli acquirenti: quando gli acquirenti sono sensibili al prezzo esercitano pressioni sui
fornitori per ottenere condizioni più favorevoli e tendono a comprare su tale elemento più offerte,
manifestano una crescente propensione a cambiare fornitore. All’aumentare della sensibilità al prezzo degli
acquirenti diminuisce il potere negoziale dei venditori. La sensibilità al prezzo tende ad aumentare nelle
seguenti circostanze:

- quando gli acquirenti non hanno solidità finanziaria

-il prodotto rappresenta una parte significativa dei costi per gli acquirenti.

-acquisto di ampi volumi

-l’input acquistato non influenza particolarmente la qualità del prodotto finale

-il prodotto non fa risparmiare gli acquirenti.

2.5-POTERE CONTRATTUALE DEI FORNITORI

I fattori che accrescono il potere negoziale dei fornitori sono simili a quelli dei clienti. Quando il fornitore ha
una posizione forte può applicare dei prezzi più elevati andando a diminuire il potenziale di profittabilità del
settore e rendendolo così meno attraente. I fattori particolarmente rilevanti sono:

-Numero, Concentrazione e Dimensioni dei fornitori. Il potere dei fornitori segue la legge dell’offerta e della
domanda. Se il settore è caratterizzato da pochi fornitori di grandi dimensioni, il loro potere è elevato. Nel
caso contrario avranno minor potere negoziale.

-Minaccia Credibile di integrazione a valle. In alcuni casi il fornitore può minacciare l’acquirente di volere
realizzare un’integrazione a valle nel caso in cui non ottenga le condizioni richieste, diventando così loro
diretto concorrente.

2.6- MINACCIA DI POTENZIALI NUOVI ENTRANTI


Il livello competitivo di un settore non è legato solo al numero di players attivi sul mercato (concorrenza
attuale) ma anche dei potenziali entranti. L’ingresso di nuove imprese può aumentare la concorrenza e
spinge i prezzi di mercato verso il costo marginale, riducendo così anche i margini di profittabilità. Molte
imprese pur volendo entrare in dei nuovi mercati, in molti casi, non riescono a farlo in quanto sono
ostacolate. Uno degli ostacoli è rappresentato dalle barriere all’entrata, che consiste in qualsiasi elemento
idoneo a ostacolare l’ingresso di nuove imprese in un dato settore. Nei settori particolarmente dinamici,
dove il tasso di entrata e uscita è piuttosto elevato abbiamo continue innovazioni, la posizione
dell’incumbent può non essere solida nel tempo. Per incumbent si intende un’impresa consolidata, che
opera in un settore da tempo e con una posizione competitiva affermata. Per un potenziale nuovo entrante
vi possono essere numerosi ostacoli all’ingresso nel settore.

Una prima barriera può essere rappresentata dalle economie di scala, di esperienza e di apprendimento di
cui godono i player già operanti nel settore. Maggiori sono le economie di scala, esperienza,
apprendimento, maggiori sono le barriere all’entrata e la possibilità che le imprese presenti sul mercato
possono effettuare delle ripicche nei confronti dei nuovi entranti. Negli ultimi anni con l’inserimento dei
sistemi di produzione flessibile e la disponibilità di forza lavoro a basso costo in Cina e in estremo oriente,
sono entrati nel settore centinaia di produttori SHANZAI (prodotti falsi, imitazioni dei telefoni come nokir o
samsing).

Altri vantaggi di costo dovuti a materie prime aventi la caratteristica della “rarità”, poiché le imprese già
presenti sul mercato possono avere vantaggi di costo in quanto può aver maturato rapporti di fiducia con il
mercato di fornitura e ottenuto condizione favorevoli.

Accesso ai canali di distribuzione. Una posizione consolidata nei mercati di sbocco detenuta delle imprese
operanti in un settore può rappresentare una barriera molto difficile da superare per un nuovo entrante. Ad
esempio gli accordi di esclusiva.

Fabbisogno di capitali. A volte entrare in nuovo business è difficile semplicemente perché non si dispone
delle risorse finanziare per farlo.

Effetti di rete. In alcuni settori gli effetti di rete accrescono gli switching costs per i clienti, rendendo difficile
per i nuovi entranti sottrarre quote di mercato alle imprese già presenti. Per esempio se cresce il numero
degli iscritti su un particolare social network, l’utilità individuale degli utenti diviene progressivamente
crescente, tanto da invogliare all’utilizzo anche altre persone.

Barriere istituzionale e legali. A volte entrare in un settore è difficile perché vi sono delle limitazioni
normative. Come ad esempio licenze, coperture assicurative.

Ritorsioni. Anche l’aspettativa di possibili ritorsioni da parte degli incumbent può costituire una barriera
all’entrata. Tali ritorsioni possono assumere la forma di una guerra sui prezzi, in promozioni sulle vendite,
fino ad arrivare a un conflitto legale.

2.7) LA MINACCIA DI PRODOTTI SOSTITUTI

Si dicono sostituti due prodotti che soddisfano il medesimo bisogno del consumatore utilizzando una
diversa soluzione o tecnologia. Essi dunque svolgono la stessa funzione di base ma sono tra loro diversi.
L’esistenza di prodotti sostituti spinge le imprese a cercare di essere sempre competitive sui prezzi. L’entità
della minaccia portata da un prodotto sostituto dipende fondamentalmente dai seguenti fattori:
-la performance offerta dal sostituto, se questa è superiore la minaccia è maggiore.

-il prezzo

-i consumatori devono essere informati e garantiti circa la disponibilità di una soluzione differente per il
loro bisogno; se il prodotto è di un brand conosciuto la minaccia è maggiore

-un’ampia disponibilità e buona facilità di acquisto del sostituto costituiscono ulteriori elementi che
rafforzano l’entità della minaccia competitiva.

-infine, poiché i consumatori valutano anche gli eventuali costi necessari per passare da un prodotto
all’altro, l’assenza di switching costs incrementa il livello della minaccia.

2.9) INFLUENZA AMBIENTE GENERALE SUL SETTORE

Dopo aver studiato l'ambiente competitivo, utilizzando il modello delle cinque forze, l'analisi strategica
prosegue andando indagare l'ambiente generale. L'ambiente generale può essere articolato nelle seguenti
dimensioni:

Prodotti complementari: sono quelli che vengono utilizzati in modo congiunto, integrato, con altri. Quando
il gruppo di prodotti complementari e ampio va a costituire un ecosistema. I prodotti complementari
utilizzare congiuntamente hanno un valore di molto superiore rispetto al loro utilizzo singolo.

Tecnologia: il cambiamento tecnologico può modificare radicalmente lo scenario di un settore.


L'innovazione può avere un impatto sui costi e sulle performance e può riguardare: la realizzazione di un
nuovo prodotto; la definizione di un nuovo processo produttivo; la creazione di nuovi materiali.

Economia: lo stato di salute dell'economia ha un impatto sui sistemi produttivi, a livello nazionale e locale,
e dunque condizionato la capacità dell'impresa di essere profittevole. Indicatori che vengono considerati
per comprendere l'andamento dell'economia sono:

1) la crescita economica: l'andamento del ciclo economico condiziona direttamente risultati aziendali. Il
ritmo di crescita agisce infatti sul potere d'acquisto dei consumatori, e quindi sulla domanda di beni e
servizi. Con l'economia e una domanda crescente i risultati delle imprese saranno tendenzialmente
favorevoli e saranno propensi a fare nuovi investimenti. D’altro canto, in una situazione in versa si avrà un
inasprimento della concorrenza, aumentando la sensibilità al prezzo dei consumatori e contraendo margini
di redditività delle imprese.

2) tassi di interesse: possono influire sulla competizione tra imprese, stimolando la domanda per i prodotti
del settore. Ciò vale in particolare per i prodotti ad alto valore unitario (una casa, un’automobile costosa),
che sovente vengono acquistati con un mutuo o un prestito. Quando i tassi di interesse sono bassi, il tasso
di crescita del settore aumenta e la rivalità decresce. Quando i tassi di interesse sono elevati si verifica la
situazione opposta. Il risultato è che a volte le imprese scatenano guerre di prezzo per potersi guadagnare
quote di mercato quando i tassi sono alti, invece di investire in ricerca e sviluppo e in prodotti innovativi.

3) tassi di cambio: il tasso di cambio è il prezzo al quale una valuta può essere cambiata in un altro. Questa
variabile può avere un impatto considerevole sui prezzi che i consumatori pagano per i prodotti acquistati
da imprese di altri paesi, andando ad impattare anche sulla redditività delle imprese.
4) inflazione: è la variazione del livello dei prezzi può causare gravi problemi alle imprese. Un'elevata
inflazione tende a contrarre la crescita economica, incrementando la competizione, e a rendere più rischiosi
gli investimenti. In un regime fortemente interattivo le imprese tendono a giocare la competizione non
tanto sul piano dell'innovazione e dello sviluppo quanto sul piano della convenienza di prezzo.

Demografia: la variabile demografica riguarda i cambiamenti nelle caratteristiche della popolazione: la sua
numerica, la composizione per classi di età, la distribuzione per genere, etnia, cultura, livelli di
scolarizzazione e di reddito. Generalmente i fenomeni demografici determinano per loro natura delle
opportunità e delle minacce verso il mondo produttivo.

Ambiente: anche i cambiamenti ambientali possono modificare lo scenario, si pensi ad aspetti quali
l'utilizzo di risorse e di materie prime scarse, l'impatto ambientale delle attività produttive, le fluttuazioni
del costo dell'energia tradizionale rispetto a quella rinnovabile, ecc. Sul tema incide fortemente la sempre
maggiore sensibilità dei consumatori e la posizione dei pubblici poteri. Molti operatori hanno fatto propri i
principi della CSR e della sostenibilità ambientale, definendo dei programmi volti a ridurre l'impatto
dell'impresa.

Globalizzazione: le forze globali giocano ruolo importante nel plasmare lo scenario competitivo di molti
settori. La rivoluzione che negli ultimi anni ho investito le tecnologie della comunicazione e dei trasporti
aperto la strada alla globalizzazione, infrangendo le barriere al commercio internazionale. Molte nazioni
hanno vissuto una significativa crescita economica e migliorato gli standard di vita della popolazione. Questi
mutamenti hanno indotto le imprese operare sempre più su scala internazionale.

Politica e legislazione: i pubblici poteri hanno la facoltà di condizionare i settori economici attraverso la
legislazione e diverse forme di intervento dello Stato nell'economia. La legislazione può porre dei vincoli o
delle limitazioni alle imprese, ma al tempo stesso può offrire anche delle opportunità. Vi sono degli
elementi legati alla dimensione politica e istituzionale capace di influenzare l'attrattività di un paese, della
sua economia, di specifici settori al suo interno. Si pensi alla stabilità politica, alla certezza del diritto,
all'efficienza della pubblica amministrazione, ecc. Impresa che voglia espandere le proprie vendite in un
altro paese tenderà a scegliere un mercato con tali requisiti, magari inserito in un contesto di accordi
internazionali privilegiati.

Aspetti sociali e culturali: questi fattori sono importanti da poter condizionare le altre forze dell'ambiente
generale e quindi da ridefinire lo scenario nel quale l'impresa opera. Anche i trend sociali e culturali
possono costituire minacce e opportunità. Le imprese che per prime colgono le implicazioni di tali fattori
possono trarne un grande vantaggio. Gli aspetti sociali e culturali differiscono, anche in modo radicale nei
vari paesi. Pertanto, le imprese che operano a livello internazionale devono comprendere profondamente
le peculiarità di ciascun mercato.

CAPITOLO 3. ANALISI INTERNA: PUNTI DI FORZA, PUNTI DI DEBOLEZZA E VANTAGGIO COMPETITIVO

Caso Disney.

Mickey Mouse fece il suo debutto nel 1928, il film era simpatico e divertente, ma soprattutto utilizzava una
tecnologia del tutto innovativa, il suono sincronizzato con le immagini, e fu di fatto il primo prodotto del
cinema sonoro Hollywoodiano. La risposta del pubblico e della critica fu di pura entusiasmo e rappresentò
un vero e proprio trampolino di lancio per il successo che avrebbe caratterizzato negli anni avvenire il
destino dei fratelli Disney. Fecero tutti i passi legali per affermare la proprietà Del personaggio. E subito
dopo stipularono il primo contratto di licenza con un'azienda interessata ad apporre l'immagine di Topolino
sui suoi articoli di cancelleria. Non di meno, a Disney si può riconoscere una davvero invidiabile serie di
primati, tra i quali possiamo ricordare i seguenti:

• il primo utilizzo del technicolor;

• L'impiego di una multi-plane camera, che consentiva di ricreare un senso di profondità nelle animazioni;

• L'introduzione di un sistema audio estremamente avanzato.

La capacità di innovazione fu una caratteristica distintiva che accompagnò Walt Disney per tutta la sua
carriera. Tra le sue grandi intuizioni, egli cose subito l'enorme potenziale della televisione appena nata e le
grandi sinergie capre potuto sviluppare con i film di animazione. Grazie agli introiti derivanti dei programmi
televisivi, Walt Disney finanziò la creazione di quella che probabilmente la sua più grande invenzione di
sempre: il parco a tema Disneyland. Disneyland riuscire a combinare a capitalizzare le competenze chiave
che il brand e possedeva sia sotto il lato tecnologico che di intrattenimento. Questo connubio portò lo
stesso Walt Disney a parlare dei suoi progettisti come imagineers, ossia come persone in grado di coniugare
con l'estrema efficacia le loro competenze tecnico ingegneristiche con la distintiva creatività del brand
Disney. Walt Disney riuscì a creare un prodotto innovativo è unico, inventando di fatto una nuova forma di
intrattenimento. Nel 1984 si insedia il nuovo CEO che avvia una strategia basata sull'innovazione e sulla
diversificazione correlata, fondata soprattutto sulla valorizzazione dell’enorme patrimonio di risorse e
competenze interne. Oggi azienda è un colosso che opera in cinque grandi aree di business: studios, media,
parchi a tema, prodotti derivati, interactive media.

L’analisi interna consente di formula una corretta valutazione delle capacità di un’impresa e per poter
confermare degli ottimi risultati nel tempo è necessario che il vantaggio competitivo raggiunto sia
sostenibile.

3.1-LA CATENA DEL VALORE

Questa è un modello di analisi che scompone il business dell’organizzazione nelle sue principali attività al
fine di evidenziare in che modo ciascuna di esse, concatenata con le altre, contribuisca alla generazione del
valore aggiunto complessivo e alla costruzione dei vantaggi competitivi. Il modello distingue:

- le attività primarie, che compongono il processo produttivo che sono 5: logistica in entrata; produzione;
logistica in uscita; marketing e vendite; CRM (customer relationship management) e servizi post-vendita.

- le attività di supporto, che vengono realizzate per dare servizio alle attività primarie sono 4: infrastrutture
dell’impresa; gestione delle risorse umane; gestione della tecnologia; sistemi informativi e ricerca e
sviluppo; approvvigionamenti.

La catena del valore permette di delineare i principali punti di forza e debolezza che caratterizzano
l’organizzazione. È possibile cercare di individuare le aree in cui l’impresa detiene punti di forza distintivi.
Tale modello però non consente di fare dei confronti con i concorrenti e dunque di identificare in quali
attività l’impresa è migliore rispetto ai competitors principali; inoltre, non ci aiuta a individuare le risorse
distintive critiche e perciò strategiche nello specifico business. SCHEDA. Nei sistemi competitivi odierni,
l'analisi della fonte del valore non può essere circoscritta ai confini interni dell'impresa. Pertanto, l'analisi
deve essere estesa ad un livello più generale, nell'ambito dei sistemi di generazione del valore che si
determinano attraverso le relazioni di filiera. Occorre considerare il bar di un sistema, ovvero un sistema
più ampio di quell'impresa fa parte, che comprende le catene del valore dei fornitori, distributori e dei
clienti con lo scopo di individuare le fonti dei vantaggi competitivi che possono emergere dei legami con
essi. Il valore può scaturire da:

Rapporti privilegiati con un fornitore innovativo o dotato di risorse scarse o di know how avanzato.

Rapporti privilegiati con distributori dotati di un know how avanzato, con una rete capillare, con location
esclusive, con un sistema di e-commerce affermato.

Rapporti privilegiati con clienti B2B. Rapporti privilegiati compienti B2C. Vantaggi relativi alla precedenza su
altri business.

3.2) La Resource-Based View of the Firm è un insieme di teorie che afferma che la differenza di
performance ottenuta delle imprese che operano in un medesimo business è dovuta fondamentalmente al
set di risorse e competenze da ciascuna detenute.

Secondo tale prospettiva, la chiave del successo non risiede nell'imitazione delle condotte competitive dei
concorrenti, quanto nello sfruttamento delle differenze rispetto ai competitor, ovvero dei fattori distintivi
dell'impresa. Non tutte le risorse e competenze hanno uguale rilevanza per l'impresa. Alcune di esse
vengono considerate strategiche (core competencies), in quanto di importanza fondamentale nei confronti
dei fattori chiave di successo che guidano un determinato business. Pertanto, è fondamentale stabilire la
priorità (Wi-Fi), per allocare le risorse chiave in maniera ottimale, funzionale al raggiungimento degli
obiettivi strategici.

Le Risorse(what) sono quei fattori/beni produttivi detenuti dall’impresa che vengono impiegati per creare
valore e generare un vantaggio competitivo. Rappresentano il “cosa” del vantaggio competitivo. Sotto il
profilo contabile distinguiamo le risorse tangibili da quelle intangibili, le prime hanno la caratteristica della
“fisicità”, come ad esempio gli impianti, mentre le intangibili hanno un valore economico, come i brevetti o
i brand. Identifichiamo quattro categorie:

1. Risorse fisiche: impianti, attrezzature, immobili

2. Risorse finanziarie: capitale proprio, liquidità, cash flow, investimenti finanziari e capacità
diindebitamento

3. Risorse umane: persone che operano in azienda, skill tecnici, know-how, cultura organizzativa.

4. Risorse intangibili: brand, brevetti, sistemi informativi, segreti commerciali, reputazione e partnership.

Le competenze(how) riguardano la capacità di svolgere attività e processi, coordinando l’impiego delle


risorse. Rappresentano il “come” del vantaggio competitivo. Hanno un ruolo fondamentale le competenze
operative (processi, procedure, routines, in grado di creare valore per l’organizzazione, i clienti, i
dipendenti).

La strategia deve poggiare anzitutto sulle:

1. Competenze distintive: riguardano attività e processi che l’impresa è in grado di svolgere meglio dei
concorrenti.

2. Competenze strategiche: concernono attività e processi che l’impresa è in grado di svolgere in maniera
eccellente e che hanno un’importanza strategica in uno specifico business.
Competenze chiave sono anche quelle che riguardano processi organizzativi e di innovazione:

1. Competenze organizzative: relative alla capacità di selezionare, organizzare e destinare risorse per
raggiungere un obbiettivo di business.

2. Competenze dinamiche: che riguardano la capacità dell’impresa di integrare, costruire, riconfigurare le


competenze interne ed esterne per rispondere ai cambiamenti dell’ambiente. Le competenze dinamiche
sono delle competenze di livello superiore, in grado di orchestrare il cambiamento sul piano delle
competenze di livello ordinario. È grazie ad esse che l’impresa può cercare di fronteggiare cambiamenti del
contesto quali l’ingresso di nuovi competitor, il cambiamento delle preferenze dei consumatori, lo sviluppo
di innovazione tecnologica di rottura.

PRIORITA

È necessario che impresa investa nello sviluppo delle risorse e delle competenze in modo strategico,
secondo i propri criteri di priorità. Quindi l’impresa è chiamata ad individuare le risorse e le competenze
strategiche, ovvero quelle che costituiscono la base per la costruzione della posizione distintiva e del
vantaggio competitivo. Ma la definizione delle priorità è guidata a monte dai valori dell’impresa, dai principi
che ispirano il vertice aziendale in merito a cosa sia giusto e sbagliato, positivo e negativo, desiderabile o da
evitare e così via. Il focus strategico e i relativi investimenti saranno dunque destinati alle risorse e
competenze seguendo le priorità individuate.

Dunque, dai valori discendono le priorità, che indirizzano le decisioni del management a tutti i livelli. Le
priorità forniscono linee guida sull’allocazione delle risorse e al loro mantenimento nel tempo.

SCHEDA. Quando Steve Jobs comprò la Pixar la sua prima decisione fu quella di rifocalizzare il core business
dell'impresa. Jobs intuì che il successo di Pixar era fortemente legato a due fattori principali: l'innovazione e
la creatività. Due fattori che sono strettamente connessi all'interazione e alla collaborazione tra le persone.
Pertanto, Jobs volle che l'architettura del nuovo headquarter dei Pixar studios rispecchiasse valori
dell'azienda e che favorisse completamente l'interazione tra i dipendenti al suo interno, allo scopo di
favorire processi creativi ed innovazione. La storia di Pixar ci mostra l’importanza che possono avere i valori
in un'impresa. La priorità data da Jobs alle collaborazioni creative ha portato l'azienda a costruire un luogo
fisico dove questo fattore strategico potesse estrinsecarsi al massimo. Per questa via Pixar ha costruito
delle competenze dinamiche in grado di assicurare un miglioramento costante sia della qualità grafica che
dello Storytelling dei suoi lungometraggi animati.

3.3- MODELLO VRIO

Il vantaggio competitivo si crea quando le risorse e le competenze detenute hanno due attributi
fondamentali: il Valore e la Rarità. Affinché tale vantaggio sia sostenibile nel tempo devono ricorrere ad
ulteriori condizioni: le risorse e le competenze devono essere inimitabili, ossia particolarmente difficili da
imitare o replicare per i competitor. L’organizzazione deve essere in grado di appropriarsi del valore
generato dalle proprie risorse e competenze. Queste sono i 4 elementi che caratterizzano il modello VRIO,
finalizzato all’analisi interna del vantaggio competitivo.

VALORE. Le risorse e le competenze aziendali creano valore se contribuiscono alla costruzione di un


sistema di offerta che genera utilità per i clienti dell’impresa. Il valore non è tuttavia un concetto univoco,
pertanto risulta utile distinguerne gli effetti diretti da quelli indiretti. L’impresa crea un valore diretto per i
consumatori quando l’acquisto, il consumo o l’utilizzo di un determinato prodotto risponde a un bisogno e
genera in essi soddisfazione, appagamento. Crea un valore indiretto quando risponde a un bisogno
richiedendo un minor sacrificio economico, lasciando al consumatore delle risorse finanziarie da poter
destinare ad altri utilizzi. In ogni caso i consumatori non sono disposti a pagare per prodotti che non creano
valore per loro. Generalmente una product offering orientata alla convenienza, ha la capacità di creare
valore per i clienti sia di tipo diretto che indiretto. Una product offering differenziata invece crea per i clienti
un valore di tipo diretto, attraverso l’appagamento di un bisogno funzionale, sociale e simbolico. Per questo
un prodotto differenziato richiede un premium price. In ogni caso, quale che sia la strategia scelta
dall’impresa, la regola aurea è che le risorse e le competenze di valore devono generare utilità per i clienti e
redditività per l’impresa.

RARITA’. Una risorsa o competenza è rara se è oggettivamene scarsa e perciò non disponibile per i
concorrenti. Per tale motivo il significato di rarità è associato a quello di unicità. La rarità o l’unicità di
risorse e competenze genar un vantaggio competitivo per le imprese sulla base di un classico principio
economico, quello della scarsità. Generalmente, quando un prodotto è poco disponibile, i consumatori
sono disposti a pagare un prezzo più elevato rispetto a prodotti molto diffusi e accessibili.

INIMITABILITA’. Il concetto di inimitabilità fa riferimento alla difficoltà che i concorrenti di un’impresa


possono incontrare nel cercare di riprodurre un determinato sistema di offerta impiegando fonti di valore
uguali o equivalenti. In sostanza, esistono risorse e competenze che hanno un ruolo fondamentale nella
generazione del valore e che sono altamente firm specific, al punto che per altre imprese è impossibile, o
eccessivamente oneroso, replicarle. I principali fattori che determinano l’inimitabilità sono:

1. PATH DEPENDENCY. Fa riferimento all’insieme di eventi che nel tempo hanno portato alla creazione e
allo sviluppo di risorse e competente di valore. Questo essendo un fenomeno firm- specific ne determina la
difficoltà di imitazione o di replicabilità da parte dei concorrenti.

2. CONOSCENZA TACITA. La conoscenza può essere esplicita se facilmente codificata, trascritta e appresa da
potenziali imitatori. La conoscenza tacita è all’opposto, è specifica e contestuale, e non può essere
facilmente codificata. È propria dell’organizzazione o di una persona, per cui risulta difficile trasferirla al di
fuori del campo di esperienza in cui essa è stata generata.

3. AMBIGUITA’ CAUSALE. La causalità si riferisce alla relazione causa-effetto che esiste tra due elementi (X
causa Y). A volte può capitare che la relazione causale tra due elementi non sia chiara e risulti ambigua, per
cui può succedere che non ci si accorga che X è causa di Y oppure che non si comprenda in che modo l’una
possa essere causata dall’altra. Ad esempio, Steve Jobs ha affermato che un corso di calligrafia e un corso di
yoga avessero significativamente influenzato le sue competenze nel design e nell’estetica.

4. COMPLESSITA’. Risorse, competenze e priorità sono difficili da imitare e replicare per i concorrenti se
sono ampiamente diffuse nell’organizzazione o se sono costituite da una serie di elementi tra loro
interconnessi che, nel loro insieme, manifestano una elevata complessità sostanziale.

5. DISECONOMIE DA COMPRESSIONE DEL TEMPO. Le diseconomie si originano quando l’impresa adotta


delle decisioni che determinano una diminuzione di efficienza e un aumento dei costi. Un caso particolare è
quello dovuto dalla decompressione del tempo, che si verificano quando non vengono rispettati i tempi
necessari per lo svolgimento di una determinata attività. In molti casi il tempo risulta cruciale nello sviluppo
e nel successivo impiego di risorse e competenze. Ad esempio, nel settore farmaceutico ci sono dei tempi
tecnici che non possono essere né compressi né accelerati.
6. EFFETTI DI RETE E VANTAGGI DEL FIRS-MOVER. Molte piattaforme riscuotono successo grazie agli effetti
di rete o esternalità positive di rete. Più venditori attraggono più acquirenti, che a loro volta attraggono più
venditori. È un circolo virtuoso che nell’economia industriale prende il nome di mercato a due versanti:
mercato in cui un’impresa mette a disposizione la propria piattaforma per far incontrare due gruppi di
utilizzatori interessati a svolgere una transazione. Gli effetti di rete rappresentano una modalità peculiare
del conseguimento del cosiddetto vantaggio del first mover. I first mover hanno molti vantaggi legati al loro
status di “primi ad entrare”. Anzitutto hanno la possibilità di costruire un'ampia base clienti, fattore
determinante in business dove esistono formalità di rete, che costituisce una notevole barriera all'entrata
per potenziali competitori. Possono definire degli standard che favoriscono i propri prodotti e stabilire degli
accordi di medio lungo termine con fornitori, distributori, clienti finali. Infine, possono contare anche
sull'appropriazione di altre risorse preziose come ad esempio brevetti, location strategiche, materie prime
scarse. È chiaro dunque che l'impresa che fa leva su forti esternalità di rete e/o Che gode di una posizione
di first mover ha elevate possibilità di costruire una posizione di vantaggio competitivo sostenibile.

SCHEDA. Molte imprese hanno delle risorse proprietarie strategicamente rilevanti sottoforma di segreti
industriali sviluppati da un'impresa per usi interni. Un classico esempio di segreto industriale sono i dati
storici sulla preferenza d’acquisto dei clienti acquisiti dalla forza vendita o dal sistema di CRM analystics nel
tempo. Grazie questi dati l'impresa può modellare la value proposition e l'approccio commerciale sulle
esigenze specifiche di ciascun cliente. Analogamente, molte imprese hanno sviluppato delle
personalizzazioni dei sistemi software generici, per andare incontro a proprie peculiari esigenze interne di
natura informativa e gestionale. Attraverso i segreti industriali, le imprese possono quindi ottimizzare e
differenziare la propria offerta di valore, migliorare l'efficienza, abbattere i costi. I segreti industriali non
godono di una tutela legale specifica, motivo per cui qualora un concorrente riuscisse ad accedere a tale
segreti potrebbe configurarsi una minaccia alla competitività dell'impresa. Poiché segreti industriali non
sono protetti da specifiche leggi, le imprese optano spesso per la stipula di contratti privata per tutelarne la
segretezza. In particolare, le imprese possono stipulare accordi di non divulgazione e patti di non
concorrenza. Dal punto di vista dell'impresa questi contratti consentono di proteggere il know how, i
processi e le competenze. Le imprese interessate a proteggere segreti industriali attraverso gli accordi di
non divulgazione, devono bilanciare i loro interessi con i diritti dei propri stakeholder di portare avanti

liberamente altre attività di natura economica senza la paura di violare gli accordi. I patti di non
concorrenza potrebbero avere una durata molto estesa, inibendo la possibilità di lavorare per imprese
concorrenti per un periodo così lungo da rendere ormai obsoleti e di scarso valore gli stessi segreti
industriali oggetto del patto. Anche in questo caso, I manager devono quindi trovare un giusto equilibrio tra
la necessità strategica dell'impresa di proteggere la segretezza delle proprie risorse di valore e il diritto degli
altri stakeholder di poter lavorare con l'impresa mantenendo contestualmente i propri interessi per una
prospettiva professionale futura.

ORGANIZZAZIONE. L’impresa deve configurare un’appropriata struttura organizzativa, definire i relativi


sistemi gestionali, determinare le condizioni normative e contrattuali, che le consentano di appropriarsi del
valore generato dall’impiego delle risorse e delle competenze che detiene. Le quote di profitto di cui riesce
ad appropriarsi un’organizzazione in virtù della superiorità delle proprie risorse e competenze rispetto a
quelle dei concorrenti vengono definite rendite ricardiane (corrisponde al differenziale di valore generato
da queste risorse rispetto al loro costo di utilizzo). Le imprese che non riescono a creare valore per i loro
stakeholder non sopravvivono: il destino di queste imprese è il fallimento competitivo (situazione in cui le
imprese incapaci di dare valore non sopravvivono). Altre imprese offrono delle value proposition di valore e
caratterizzate da unicità e riescono a ottenere una posizione di vantaggio competitivo, ma limitato nel
breve periodo. Nel lungo periodo i concorrenti riescono a imitare le sue risorse e competenze e a creare
una parità competitiva (un’impresa riesce a sopravvivere nel settore ma non godendo di vantaggio
competitivo). Solo quando un’impresa riesce a soddisfare tutti i requisiti del modello VRIO è in grado di
conseguire un vantaggio competitivo sostenibile: quando le imprese combinano elementi legali, diritti di
proprietà intellettuale, elementi amministrativi e culturali, che consentono loro di trattenere gli alti profitti
che provengono dalle loro risorse, preziose, rare e inimitabili. È importante sottolineare che le variabili del
modello VRIO devono essere oggetto di continua valutazione da parte del vertice aziendale. I cambiamenti
del contesto mettono continuamente in discussione le fonti del vantaggio competitivo dell’impresa.

3.4-IL DIAMANTE AZIENDALE: UNO STRUMENTO PER VALUTARE IL VANTAGGIO COMPETITIVO

Uno strumento di questo tipo può essere utile per valutare le potenzialità di un’idea imprenditoriale,
oppure, per un manager, per analizzare i punti di forza dei concorrenti o per formulare una strategia di
successo, ma anche per decidere se investire o lavorare in una determinata impresa. Il diamante evoca
un’efficace metafora riguardo alle fonti interne del vantaggio competitivo. Infatti i diamanti hanno valore di
per sé, ma la creazione di tale valore discende dalle decisioni prese dalle persone e dalle imprese che li
hanno prodotti. Il vantaggio competitivo si origina infatti dalla lavorazione degli input produttivi e dalla loro
trasformazione e modellazione in risorse e competenze in grado di soddisfare i requisiti del modello VRIO.

Nella parte superiore del diamante troviamo le attività che generano i punti di forza e debolezza
dell’impresa. Nello strato centrale vi sono le risorse e competenze. Nello strato inferiore abbiamo i valori e
le priorità. I dati per costruire il diamante aziendale possono provenire da diverse fonti, le principali sono:

1. Dati secondari: trovati negli archivi aziendali o presso fonti esterne 2. Dati primari: informazioni originali
ottenibili attraverso interviste e questionari. Possono essere dati di natura qualitativa e quantitativa. 3.
Osservazione: esperienze diretto con un’impresa o con la sua offerta di valore.

La raccolta dati è condizionata dalle caratteristiche e dalla disponibilità dell’impresa. Anche la dimensione
dell’impresa è un elemento da tenere in considerazione, in quanto nelle imprese di grandi dimensioni le
singole interviste e le indagini svolte sul campo potrebbero riportare una visione molto limitata della
complessa e variegata realtà aziendale. La raccolta dati deve essere molto accurata, dato che l’analisi è
soggetta al principio noto con l’acronimo GIGO, ossia: garbage in, garbage out. Sta ad indicare che maggiore
sarà l’attenzione dedicata alla raccolta, tanto più ricco e di valore sarà l’output. Come regola generale, è
necessario disporre di almeno due tipologie di dati, utilizzare fonti multiple per ogni tipologia di dato,
bilanciare le fonti interne con quelle esterne, valutare attentamente l’attendibilità delle fonti e

naturalmente citare sempre la fonte dei dati. Il diamante aziendale può essere utilizzato per comprendere i
punti di forza e di debolezza di un’impresa. È opportuno partire dalla cima del diamante e affrontare
l’analisi delle forze e delle debolezze come prima fase, separata dalle altre.

CAPITOLO 4. VANTAGGIO COMPETITIVO DI COSTO

Caso Tata Nano.

Quando Tata nano fu lanciata sul mercato si aggiudicò il titolo di automobile più economica al mondo. Il
presidente dell’omonima azienda osservando le situazioni difficoltose di trasporto nei paesi meno
sviluppati, come l’India, cominciò a pensare alla possibilità di creare un'economia People’s car, ovvero
un'automobile che tutte le persone, anche meno abbienti avrebbero potuto acquistare. Per valutare questa
ipotesi, Tata convocò un gruppo di suoi ingegneri chiese loro di disegnare un veicolo low cost a quattro
ruote. Tuttavia, dopo aver sviluppato il progetto del primo prototipo, dato il suo team si resero conto che i
potenziali acquirenti non avrebbero gradito l'idea di guidare una mezza macchina. Di conseguenza, il team
di progetto si rimise al lavoro col fine di progettare una vera macchina in grado di essere costruita in breve
tempo e senza l'impiego di particolari competenze nel campo automobilistico utilizzando materiali e
componenti economici. Il sogno di Tata divenne realtà nel 2009, con il lancio della Tata nano. Oltre a
progettare un'automobile a basso costo, Tata doveva ora capire come potesse essere distribuita
mantenendo i costi di distribuzione a livello più basso possibile. Così, riuscire ad andare al minor costo
possibile la propria automobile, decise di imitare le strategie distributive e i rivenditori di scooter, ovvero
visitare ogni domenica i mercatini dei piccoli villaggi indiani con grossi camion che trasportavano scooter
pronti per essere acquistati sul momento. Questa modalità distributiva consentì a data di eliminare dal
prezzo finale di vendita dell'automobile anche i ricarichi imposti dagli intermediari commerciali per fornire il
prodotto ai clienti finali.

In generale le imprese sono chiamate a scegliere tra due strategie generiche e alternative: vantaggio
competitivo basato sui costi oppure sulla differenziazione. La leadership di costo è una delle due strategie
generiche e secondo Porter può portare ad un vantaggio competitivo. Lo scopo della strategia è quello di
ridurre il più possibile l’entità dei costi sostenuti dall’impresa al fine di poter offrire al pubblico dei prodotti
al prezzo più basso del mercato. Una delle principali ragioni che determinano il successo delle imprese è
rappresentata dalle Economie di Scala: rappresenta la relazione inversa che esiste tra il numero di unità
prodotte e il costo medio unitario di produzione e/o di commercializzazione. Un aumento del primo
provoca una diminuzione del secondo. La capacità di conseguire elevati livelli di economie di scala può
influenzare il grado di concentrazione di un mercato, il modo in cui il potere si distribuisce nel mercato.

4.1-ECONOMIE DI SCALA E DI SCOPO

Le economie di scala scaturiscono dalla capacità di:

(a)ripartire i costi fissi di produzione sul volume di output prodotto;

(b)ripartire i costi di altre funzioni aziendali sull’output;

(c)impiegare macchinari e attrezzature altamente specializzate;

(d)impiegare personale altamente specializzato.

a. Aumentare il volume della produzione consente alle imprese di ripartire i costi fissi della produzione su
un numero maggiore di unità prodotte, diminuendo così il costo medio unitario di produzione di un
determinato bene.

b. Grazie alla produzione di volumi maggiori è infatti possibile ripartire su più unità anche altri costi di
natura fissa ma non direttamente collegati al processo produttivo come ad esempio quelli associati a ricerca
e sviluppo, marketing comunicazione, vendite e alle funzioni generali amministrativi.

• Le imprese che devono sostenere elevati costi legati a R&S hanno un enorme incentivo nell’aumentare i
propri volumi di vendita per ripartire tali costi.

• Anche i costi di marketing, comunicazione e vendite presentano un andamento che non è proporzionale
al volume di attività. Dunque, conviene ripartirli sul maggior volume di output possibile.
• I costi generali e amministrativi includono tutti quei costi legati alla funzione di amministrazione, finanza e
controllo, alla gestione delle risorse umane, ecc. anche in questo caso, imprese di grandi dimensioni
possono ottenere un vantaggio di costo ripartendo i CC&A su un maggior volume di output prodotto.

Questi esempi mettono in evidenza un'importante aspetto che caratterizza molta attività e risorse aziendali,
ovvero la indivisibilità delle risorse. Infatti, Poiché molte attività e risorse aziendali sono indivisibili l'impresa
può diminuire i suoi costi unitari ripartendo i costi associati a queste risorse su un volume di produzione più
ampio.

c. In molti casi le imprese che riescono a produrre elevati volumi di output riescono ad abbassare i costi
investendo nell'acquisto di macchinari e attrezzature altamente specializzati.

d. Produrre elevati volume di output consente alle imprese di assegnare mansioni specialistiche (divisione
del lavoro) a personale specializzato, in grado di contribuire maniera più efficiente al processo produttivo.

• Quando le Mansioni lavorative passano dall’essere generiche a specialistiche, i lavoratori divengono


sempre più competenti ed efficienti nello svolgimento di determinate attività e si evita la perdita di tempo
che si genera quando un lavoratore deve svolgere più compiti non in stretta correlazione l’uno con l’altro.
Questa filosofia nota come taylorismo ha portato alla cosiddetta catena di montaggio.

• Questi vantaggi non sono esclusivi delle imprese industriali ma anche di quelle di servizi. Le imprese che
operano in settori, in cui la conoscenza è una fonte primaria di vantaggio competitivo, possono trarre
enormi benefici da una divisione e specializzazione del lavoro che consente loro di offrire ai propri clienti
maggiore e migliori servizi caratterizzati da un elevato livello specializzazione. In ogni caso non si intende
certo dire che sia preferibile avere a disposizione collaboratori in grado di svolgere una sola attività e che
siano incompetenti in tutte le altre (I-Shaped worker=lavoratori specializzati su alcune attività ma non
possiedono competenze in altri ambiti aziendali). Al contrario i dipendenti ideali che tutte le imprese
ricercano sono i c.d. T-Shaped Worker= possiedono competenze generiche su altri ambiti aziendali.

Rappresentazione economie di scala. SCALA CURVE

Come abbiamo già visto l'economie di scala rappresentano la diminuzione del costo medio unitario di
prodotto di un determinato output derivante dall'aumento dei volumi che l'impresa è in grado di produrre.
Come si può nuotare nella prima parte la curva decresce all'aumentare dei volumi di produzione fino al
punto in cui l'andamento decrescente si arresta. Questo punto Q1 è detto Scala minima efficiente, definito
il livello di output che un'impresa deve produrre per rendere minimi nel lungo periodo i suoi costi medi.
L'effetto inverso dell’economia di scala, sono le diseconomie di scala. Quindi superata la soglia della scala
minima efficiente La relazione tra il costo unitario Il volume della produzione si inverte facendo
corrispondere a un aumento del secondo anche un aumento del primo. Nelle imprese di grandi dimensioni
le diseconomie possono presentarsi, ad esempio, a causa di uno stabilimento produttivo diventato troppo
complesso da gestire per via delle grandi dimensioni. Poiché tutti i settori non sono uguali anche le
economie di scala hanno effetti diversi nei vari mercati, ad esempio nel mercato di telefonia mobile Il costo
unitario di produzione tende a diminuire più velocemente all'aumentare dei volumi di output.

ECONOMIE DI SCOPO (O ECONOMIE DI RAGGIO D’AZIONE)

Le economie di scopo si verificano quando lo svolgimento congiunto di più attività risulta essere più
efficiente rispetto allo svolgimento delle medesime attività in maniera disgiunta. L’obiettivo è quello di
svolgere congiuntamente determinati processi aziendali correlati ma differenti, in maniera tale che il costo
dello svolgimento congiunto di tali processi sia inferiore alla somma dei costi che sarebbe necessario
sostenere per svolgerli in maniera disgiunta.

4.2-RUOLO DELL’APPRENDIMENTO

La curva di apprendimento è un modello che evidenzia il ruolo giocato dall’apprendimento nell’aumentare


il rendimento del fattore lavoro e conseguentemente della riduzione dei costi. La curva di apprendimento è
più difficile da misurare rispetto a quella degli effetti di scala poiché necessità di dati relativi al volume
cumulato di produzione di un determinato prodotto.

La curva di esperienza. Il Boston Consulting Group ampliò il concetto di curva di apprendimento cercando
di superare il limite intrinseco di questo strumento, il quale risiedeva nel fatto che la curva prendeva
riferimento solo il costo del personale e non tutti i costi di produzione di un determinato bene o servizio. Il
Boston Consulting Group condusse una serie di studi su prodotti molto diversi tra loro, rilevando che il
costo unitario di produzione diminuiva di una determinata quantità all'aumentare del volume cumulato di
produzione. Giunsero cosi alla curva di esperienza, modello che evidenzia la relazione inverse che
intercorre tra il volume cumulato e il costo unitario di produzione, essa risulta essere più efficace delle
economie di scala per la valutazione degli effetti di apprendimento, poiché si basa su volumi cumulati di
produzione. Gli studi del Boston Consulting Group evidenziarono che al raddoppiare della produzione
cumulata i costi medi unitari tendono a diminuire di una percentuale compresa tra il 10 e 30 %. Queste
osservazioni empiriche vengono generalmente sintetizzate con il termine legge di esperienza. In generale le
curve di esperienza e di apprendimento tendono ad essere più inclinate nelle prime fasi in cui gli effetti si
manifestano, perché l'effetto di apprendimento ha generalmente una portata maggiore all'inizio del
processo mentre tende a stabilizzarsi con l'avanzare del tempo. La legge di esperienza ci suggerisce che
l'impresa con il maggior volume di produzione cumulato in un settore, sia anche quella in grado di tenere i
costi più bassi e di poter vantare una posizione di leadership di costo. È ragionevole pensare che l'indicatore
della quota di Mercato relativa sia anche uno degli indicatori chiave per valutare la profittabilità di
un'impresa e l'entità del vantaggio competitivo che essa detiene sui propri competitor. La quota di Mercato
relativa è definita come la quota di mercato detenuta da un’impresa rispetto al suo principale competitor
nel settore di riferimento.

Gli effetti di scala e di esperienza nelle decisioni strategiche e gestionali.

- Strategie di crescita. La curva di esperienza tende ad essere maggiormente inclinata nei settori ad alto
potenziale di crescita rispetto agli altri. Una curva di esperienza o di scala di un determinato settore ad alto
potenziale di crescita, piuttosto inclinata, indica che i first mover del settore sarebbero in grado di
assicurarsi un vantaggio di costo.

- Strategie di prezzo. Gli effetti di scale di esperienza possono essere considerati anche per definire le
strategie di prezzo. Un'impresa potrebbe infatti considerare tali effetti per prevedere i costi futuri per
differenti livelli di volume di produzione.

- Strategie di gestione dei costi. Gli effetti di scala e di esperienza possono essere utilizzati anche per
comprendere la posizione di costo relativo (Ammontare dei costi sostenuti da un’impresa in relazione a
quello sostenuto da un competitor) detenuta dalla propria impresa. Comparare le proprie curve con quelle
dei concorrenti, consente al management di valutare l'adeguatezza nella gestione dei costi.

- Strategie di acquisizione. Una curva di scala può essere utilizzata per valutare le possibili sinergie di costo
ottenibili qualora, 2 o più imprese producano congiuntamente i propri prodotti e beneficino di effetti di
scale integrati anziché separati. Il motivo principale per cui un'impresa decide di acquisirne un'altra è quello
di realizzare delle sinergie e di giungere ad una situazione, in cui entrambe risultino rinforzate e
maggiormente efficienti sotto un profilo gestionale operativo.

Proprietà intellettuale.

È il frutto dell'inventiva e dell'ingegno umano avente rilevanza economica e perciò protetto da un utilizzo
non autorizzato attraverso un sistema di tutela giuridica. In ambito aziendale riguarda prevalentemente
beni immateriali, quali le invenzioni industriali, il design, i marchi.

Brevetto. È un titolo giuridico in forza del quale al titolare viene conferito un diritto esclusivo di
sfruttamento dell'invenzione, in un territorio e per un periodo ben determinato, e che consente di impedire
ad altri di produrre, vendere o utilizzare l'invenzione senza autorizzazione.

4.3- INPUT A BASSO COSTO.

Gli input sono le risorse che l'impresa Impiega per svolgere un’attività e per generare un determinato
output produttivo, come ad esempio materie prime, componenti e attrezzature. Nel caso di input Del tipo
commodity, ci si può aspettare che non vi siano significative differenze di prezzo per gli acquirenti. Ma per
le altre tipologie di beni e servizi le condizioni di acquisto sono differenziate e le imprese possono
conseguire un vantaggio di costo acquistando input a costi inferiori rispetto i concorrenti. Ci sono 4
modalità per riuscirci:

1. Esercitare un forte potere contrattuale nei confronti dei fornitori. In base ai volumi acquistati O alle
Tattiche negoziale. Nel caso dei volumi acquistati, molti fornitori abbassano i prezzi dei propri prodotti in
funzione delle quantità richieste. Diversamente quando si parla di tecniche negoziali, una buona regola è
quella di non trovarsi in posizione di dipendenza da un fornitore, ma di mettere in competizione più
fornitori per un determinato input.

2. Cooperare con i fornitori. Alcune imprese anziché minacciare i propri fornitori di rivolgersi ad altri, trova
conveniente instaurare con essi rapporti di cooperazione e perseguire per questa via un vantaggio
competitivo di costo.

3. Acquistare input in paese dove prezzi sono inferiori. Un altro modo di conseguire un vantaggio poiché i
prezzi nei vari paesi variano in base al costo del lavoro, alle materie prime e il costo dell'energia, ai tassi di
cambio.

4. Ottenere un accesso agli input a condizioni privilegiate rispetto concorrenti. Il vantaggio che ne deriva si
verifica in particolare quando gli input sono scarsi e difficili da imitare o riprodurre artificialmente.

4.4- MODELLI DI BUSINESS E CATENA DEL VALORE DIVERSI RISPETTO AI CONCORRENTI

Un ulteriore modo per conseguire un vantaggio di costo è quello di progettare implementare un modello di
business differente rispetto ai concorrenti, per la realizzazione del proprio sistema di offerta. Un business
model descrive in sintesi la modalità seguita per la creazione di valore, in termini di scelte strategiche, di
mercato e organizzazione. Andando a qualificare la value proposition , il mercato obiettivo, i canali
distributivi, le relazioni dei clienti e il modello di revenue (Identifica la struttura e la composizione delle
vendite in termini di prodotti, canali, clienti e mercati). Come abbiamo visto in precedenza la catena del
valore rappresenta l'insieme di tutte le attività svolte da un'impresa per trasformare gli input produttivi
nell'output proposto sul mercato, e la sua configurazione descrive la sequenza e le modalità con cui tali
attività sono svolte. Possono incidere anche gli effetti della eliminazione di alcune fasi della catena del
valore e gli effetti dell’introduzione di attività totalmente nuove. Infine, un ulteriore determinante del
vantaggio competitivo di costo è costituita dall'efficienza residuale, la quale concerne il recupero di costi
derivanti dall'eliminazione di risorse in eccesso, accumulate in passato in condizioni gestionali e di mercato
differenti. Tipicamente, si può trattare di costi legati al personale oppure a strutture o attrezzature per nulla
o non adeguatamente utilizzate. Tale non ottimale utilizzo delle risorse disponibili causa il mancato
raggiungimento della frontiera operativa efficiente (Situazione in cui un'impresa sostiene solo i costi relativi
all'impiego delle proprie risorse strettamente necessarie al proprio business).

Ottenere elevati livelli di efficienza residuale è molto difficile per due ragioni:

(1) venir meno della disponibilità di risorse in eccesso, detenute fino a quel momento potrebbe suscitare
uno shock o una situazione di brusco disequilibrio;

(2) potrebbero verificarsi delle resistenze nel caso in cui la cultura organizzativa dell’impresa non sia
particolarmente propensa al cambiamento e il management non voglia rinunciare facilmente alla
disponibilità delle risorse in eccesso.

CAPITOLO 5. VANTAGGIO COMPETITIVO DI DIFFERENZIAZIONE

Caso Facebook.

Qual è il segreto del successo di Facebook? Per prima cosa, Facebook è stato lanciato lo stesso prezzo dei
suoi concorrenti: gratis. E quando in rivals offrono un servizio ad un prezzo pari a zero, Per l'impresa non è
possibile giocare su una strategia di Cost leadership. In casi come questi occorre conquistare il mercato
facendo leva su elementi diversi dal prezzo. Nel 2004 sembrava che il mercato di socio al media avesse
raggiunto la fase di maturità. I due più grandi players erano Myspace e Friendster. Ciò che permetteva ma
spesso di avere maggiore successo era il fatto che fosse facilmente personalizzabile e consentisse la
condivisione di musica e video. Inizialmente l'iscrizione a Facebook era riservata le matricole di Harvard, poi
fu aperta a chiunque disponesse di un indirizzo di posta elettronica. Io tenti quindi mi associava non senso
di esclusività, privacy e sicurezza. La mission di fondo era la stessa di MySpace e Friendster: mettere in
contatto tramite Internet amici e conoscenti. Tuttavia, mentre MySpace avevo un'interfaccia aperta,
Facebook garantiva maggior senso di privacy e sicurezza. Facebook è stato il primo socia al network ad
offrire la possibilità di selezionare il proprio status relazionale con un altro utente, consentendo il
collegamento tra profili e un accesso alle informazioni più completo e dinamico. Zuckerberg intuì che lui
tanti avrebbero apprezzato il socio al network nel quale la navigazione fosse facile e intuitiva. Infine,
mentre le pagine dei competitors erano in base la pubblicità, su Facebook la pubblicità era bandita e il
layout complessivo era pulito e minimal. In sostanza, Facebook è stato in grado di offrire agli utenti un
valore unico puntando su caratteristiche che i suoi competitor non avevano: esclusività, privacy e
semplicità, capacità di condividere lo stato delle relazioni e assenza di pubblicità, diventando così di gran
lunga il social network più importante al mondo.

DIFFERENZIAZIONE E VANTAGGIO COMPETITIVO

Le radici del vantaggio competitivo possono affondare anche in un altro terreno: attraverso una strategia di
differenziazione l’impresa offre al mercato un valore, qualcosa di unico, che i concorrenti non sono in grado
di replicare. Tali elementi distintivi possono essere di natura funzionale e o di servizio e o simbolici. Tale
vantaggio competitivo può essere perseguito grazie alla disponibilità di competenze distintive inerenti in
particolare all’innovazione e al marketing. E mentre il vantaggio di costo è particolarmente vulnerabile, in
particolare rispetto alla concorrenza internazionale e all’oscillazione del tasso di cambio, il vantaggio di
differenziazione appare maggiormente sostenibile nel tempo. Porter qualificava le due basi di vantaggio
competitivo come strategie alternative, in pratica però, molte imprese operano combinando le due
strategie, offrendo prodotti e servizi unici senza perdere di vista l’efficienza e l’attenzione ai costi. Tale
strategia prende il nome di cost-effective differentiation. È importante rilevare che la differenziazione è
sempre legata alla percezione del consumatore: i prodotti offerti da due imprese possono essere
sostanzialmente simili, ma uno dei due può essere percepito come “diverso” dai consumatori, in quanto
capace di esprimere un valore unico, e l’altro no. Quando il valore percepito aumenta nella mente del
consumatore, aumenta anche la sua disponibilità a pagare pertanto se la value proposition è unica, e se il
beneficio percepito dai consumatori nell’acquistarla è elevato, questi saranno disposti a riconoscere
all’impresa un Premium Price. Il vantaggio della differenziazione si realizza quando un’impresa riesce a
conseguire un premio sul prezzo che eccede il costo sostenuto per realizzarla.

5.2-LE FONTI DELLA DIFFERENZIAZIONE

I modi in cui i prodotti e servizi si differenziano gli uni dagli altri, offrendo un valore unico, sono molteplici:

1. Differenti caratteristiche di prodotto/servizio :Offrire prodotti con caratteristiche diverse rispetto a


quelle proposte dai concorrenti e sicuramente la fonte di differenziazione più diffusa. Il prodotto può
soddisfare un bisogno svolgendo un lavoro migliore di altri oppure svolgere più lavori oppure svolgere un
lavoro unico che nessun altro prodotto svolge.

2. Qualità o Affidabilità: Altre volte l’impresa può differenziare la propria offerta in termini di qualità e/o
affidabilità, infatti un prodotto può svolgere lo stesso lavoro rispetto ai competitor ma essere più affidabile
e duraturo nel tempo. Vi sono consumatori particolarmente attenti alla durata del prodotto (o molto
infastiditi nel doverlo riacquistare o sostituire) e in questi casi l’ affidabilità è un fattore fondamentale di
differenziazione.

3. Comodità e Servizio: Un altro elemento di differenziazione è relativo alla capacità dell’impresa di offrire
una maggiore comodità di ricerca, acquisto, utilizzo del prodotto. Un caso particolare in termini di comodità
coinvolge le dimensioni della rete. Alcuni prodotti o servizi risultano convenienti perché beneficiano di
effetti di rete, ovvero risultano convenienti da usare perché esiste un elevato numero di altri utenti che
l’utilizzano. Questo vantaggio fa sì che i consumatori continuano a usarlo anche se il concorrente ne hanno
ormai imitato le caratteristiche.

4. Brand Image: La differenziazione potrà basarsi su elementi immateriali e su aspetti di carattere simbolico
che vengono trasferiti nella Brand image. La marca infatti ha un ruolo identificativo del prodotto, svolgendo
anche una funzione valutativa e fiduciaria. La costruzione dell’immagine di marca e del posizionamento è
dunque un fattore determinante della strategia di differenziazione. La brand image viene costruita nel
tempo, attraverso l’impiego di tutte le leve del marketing ma soprattutto attraverso la comunicazione
ovvero pubblicità, promozione, punti vendita. Possiamo dire che il brand gode di un immagine “familiare”
legata ad una lunga storia e un ampia notorietà, ottenendo cosi la fiducia del consumatore. Quando tale
unicità è fondata su elementi immateriali e simbolici, il brand e l’immagine saranno i mezzi per differenziare
i prodotti.

5.3- COME TROVARE LE FONTI DELLA DIFFERENZIAZIONE

Le Imprese per poter avviare una strategia di differenziazione possono percorrere due strade: la
segmentazione del mercato e la mappatura della catena del consumo.
1. Segmentazione del mercato: Dietro ad una acquisto c’è un bisogno da soddisfare e non sempre i
consumatori avvertono gli stessi bisogni e ciascuno di loro può avere una diversa disponibilità di spesa. La
soluzione migliore è raggruppare i consumatori in base ai bisogni che li accomunano e offrire a ciascun
gruppo un prodotto capace di incontrare le loro necessità. Questo processo di aggregazione basato sui
bisogni omogenei è chiamato segmentazione del consumatore. I segmenti di consumatori sono gruppi di
persone che condividono bisogni e ricercano le stesse modalità specifiche per soddisfarlo. L’azienda dovrà
scegliere quali segmenti fanno realmente parte del suo mercato di riferimento per stabilire dove impiegare
le proprie risorse. I criteri generalmente utilizzati sono i seguenti:

a. Gli attributi del prodotto. È possibile progettare un prodotto che incontri i bisogni di un determinato
segmento identificando gruppi di consumatori che ricercano determinati attributi del prodotto
consentendo di disegnare prodotti che incontrino perfettamente i desideri dei loro segmenti target.

b. Caratteristiche dei consumatori. Altro elemento fa leva sugli attributi demografici o psicologici dei
consumatori. Le variabili più utilizzati sono l’età, lo stato socio economico, il grado di istruzione, la
professione svolta e l’appartenenza ai gruppi, ma in molti casi può anche essere utile la variabile geografica
(luogo di residenza) che potrebbe sintetizzare gli aspetti culturali.

c. Job to be done. Secondo tale approccio i consumatori usano i prodotti per svolgere dei lavori per loro
conto. Secondo questa linea interpretativa l’unità fondamentale dell’analisi di segmentazione del mercato
non deve essere legato al consumatore o al prodotto ma al lavoro da svolgere.

2. Mappatura della catena del consumo: Un’altra tecnica per identificare opportunità di differenziazione,
consiste nel mappare l’intera esperienza del consumatore con il prodotto o servizio prima, durante e dopo
il momento dell’acquisto e del consumo. La mappatura della catena del consumo richiede l’identificazione
di tutti gli step attraverso i quali passa il consumatore, da quando viene a conoscenza del prodotto a
quando è disposto a usarlo o a smettere di farlo.

a. Come fanno i consumatori a divenire consapevoli del bisogno di un prodotto? Generalmente le persone
non acquistano un prodotto finché non si rendono conto di averne bisogno, quindi la catena del consumo
prende vita nel momento in cui le persone diventano consapevoli di una loro necessità cioè il bisogno di un
determinato prodotto/servizio.

b. Come i consumatori trovano una determinata offerta? Una volta che i clienti sanno di avere bisogno di
un prodotto devono trovarlo e le imprese possono differenziare la loro offerta rendendo più semplice il
processo di ricerca.

c. Come i consumatori effettuano le loro scelte? E’ importante che per effettuare la scelta un ruolo chiave è
dato dall’assicurarsi che i vari prodotti siano adeguatamente comunicati e riconoscibili attraverso anche una
buona pibblicità.

d. Come i consumatori ordinano e comprano il prodotto? Un altro punto fondamentale è la fase dell’ordine
o di acquisto. Oggi le imprese possono differenziarsi attraverso la vendita online dove vengono applicati
vari sconti o attraverso altri strumenti ad esempio Starbucks ha creato una “ carta Starbucks” che permette
di pagare e saltare la fila e prendere velocemente un buon caffè.
e. Come viene consegnato il prodotto? Il trasporto o il montaggio sono punti importanti per la
differenziazione.

f. Come viene pagato il prodotto?

g. Come viene immagazzinato il prodotto? Molti beni sono fragili, ingombranti o scomodi da spostare,
perciò l’impresa può differenziarsi dando soluzioni originali ed efficienti a questi problemi.

h. Di quale aiuto hanno bisogno i consumatori quando usano il prodotto?

i. Cosa succede se i clienti non sono soddisfatti e hanno bisogno di restituire o cambiare il prodotto?

j. Come viene riparato, servito, smaltito il prodotto?

La catena di consumo si compone delle fasi sopracitate dando la possibilità alle imprese di costruire il loro
vantaggio e differenziarsi rispetto ai competitors.

5.4- COSTRUIRE LE RISORSE E LE COMPETENZE PER DIFFERENZIARSI

L’adozione di una strategia di differenziazione di successo richiede che vi sia una corrispondenza tra la
capacità di differenziazione dell’impresa e le caratteristiche richieste, gradite e valorizzate dai clienti.
Secondo l’approccio tradizionale una strategia di costo può essere conseguita grazie alle competenze
distintive nella gestione della supply chain e delle Operation che si tradurranno in minori costi legati agli
input e alla gestione dei processi. Il vantaggio di differenziazione invece, è basato sulla profonda
conoscenza dei bisogni dei consumatori a partire dal quale l’impresa, grazie alle proprie competenze,
propone al segmento target un product offering di valore, caratterizzata da unicità, per la quale i
consumatori sono disposti a pagare un Premium Price. Secondo Porter queste due strategie non possono
coesistere ma, l’osservazione della realtà operativa evidenzia che molte imprese di successo hanno
perseguito una strategia differente che cerca di combinare i due approcci. In alcuni casi la differenziazione
può essere uno strumento per conseguire successivamente anche un vantaggio di costo ottenuto tramite la
posizione dominante nel mercato. In altri casi, l’impresa può cercare di offrire simultaneamente
convenienza e differenziazione facendo leva sull’innovazione del business model. Quale che sia l’approccio
seguito quando si verifica una situazione contestuale convenienza di costo e differenziazione si genera un
potenziale valore competitivo: questo tipo di offerta ha tre nuovi consumatori per cui aumentano i volumi,
si generano economie di scala, si riducono ulteriormente i costi unitari. La maggiore profittabilità offre
risorse per investire ulteriormente in innovazione e differenziazione, rinnovando il circolo virtuoso.
L’impresa capace di offrire simultaneamente prezzo accessibile differenziazione è difficilmente attaccabile
dai concorrenti. La cost-effective differenziation costituisce una modalità molto efficace per offrire un
valore unico e per mirare a dominare il mercato. Come valutiamo la performance di differenziazione?
Secondo Reichheld una buona variabile a tale scopo è data dalla misura in cui i consumatori siano disposti a
raccomandare ad amici e colleghi l’impresa o i suoi prodotti, nasce così il Net promoter score. In tale
contesto, basato sulla fedeltà del consumatore, è emerso che il miglior indicatore di fedeltà è l’attitudine
del consumatore a raccomandare l’acquisto del prodotto a terze persone. Intervistati rispondono su una
scala di 10 punti, dove 1 significa che non è affatto probabile e 10 che estremamente probabile che
consiglieranno l’acquisto. I consumatori che rispondono con 9 o 10 vengono classificati come promotori, i
punteggi 7 e 8 sono neutrali, tutti quelli che rispondono con meno di 6 sono detrattori. Per calcolare il Net
promoter score bisogna sottrarre la percentuale di detrattori da quella dei promotori. I brand che
ottengono un punteggio superiore a 50 sono buoni differenziatori, quelli con un ponteggio compreso tra 30
e 50 sono differenziato medi, e i prodotti con un risultato inferiore a 30 hanno difficoltà nel convincere i
consumatori a promuoverli.

CAPITOLO 6. STRATEGIE CORPORATE

Caso Cisco System.

Len Bosack e sua moglie volevano collegare le reti di computer dei rispettivi dipartimenti universitari e,
poiché le due reti utilizzavano protocolli diversi, per raggiungere lo scopo furono costretti a sviluppare il
primo router multi protocollo, un dispositivo Che consentiva reti differenti di comunicare condividere i dati.
I coniugi decisero poi di mettere in commercio la loro invenzione, il router AGS. I primi clienti di Cisco
system furono imprese di grandi dimensioni che aveva necessità di gestire ampie reti di computer. Nel 93 la
società fece la sua prima acquisizione, comprando una società che produceva software per il lavoro
collaborativo via computer. L'acquisizione, oltre ad ampliare la gamma di prodotti venduti da Cisco,
consentì anche all'azienda di entrare in un nuovo mercato grazie all'ampliamento del set di risorse e
competenze detenute. Nei successivi anni Cesco ha effettuato una dozzina di acquisizioni, ognuna delle
quali aveva la finalità di consentire all'azienda sia di raggiungere nuovi segmenti di clientela con nuovi
prodotti sia di espandere consolidare la sua presenza nei mercati in cui operava. La strategia
dell'acquisizione si rivela fondamentale per l'impresa allo scopo di procurarsi le competenze tecnologiche
che si rendevano via via necessarie per essere sempre sulla breccia dell’innovazione e per entrare in nuovi
mercati. La lunga serie di acquisizioni avuto successo grazie la capacità di Cisco di individuare
impreseobiettivo attrattive per il suo business, tipicamente imprese dotate di tecnologie e/o prodotti
innovativi in grado di conferire un valore aggiunto alla value offering di Cisco. Grazie all'acquisizione,
inoltre, riduce fortemente il time tu market di entrata nel nuovo business, rispetto all'alternativa di
sviluppare internamente la tecnologia. Ma il successo delle acquisizioni derivanti dalla capacità di Cisco di
integrare nella sua organizzazione le imprese acquisite. Dopo l'acquisizione, i manager di Cisco specializzati
nei processi di integrazione lavorano per circa tre mesi con il management dell'impresa acquisita, con lo
scopo di condividere con loro la cultura aziendale e di metterli nelle condizioni di utilizzare al meglio le
procedure e i sistemi Cisco. La lunga storia di Cisco ha dato prova del valore che la strategia di acquisizione
e di diversificazione può avere valore nello sviluppo e nel mantenere la leadership del mercato.

6.1- STRATEGIA DI CORPORATE E BUSINESS UNIT

Le imprese che operano in una molteplicità di business (ES. Samsung) devono affrontare un insieme di
valutazioni strategiche che non riguarderanno le imprese che operano in un solo business (ES. Mc Donalds).
All’interno di un mercato, il responsabile di una determinata area di business deve perseguire l’obiettivo di
costruire un vantaggio competitivo definendo una strategia di business unit, detta anche strategia
competitiva, rispondendo alle domande: su quali basi si compete? dove si compete? come si compete? I
principali ambiti della strategia corporate sono:

1) In quali business operare,

2) quale orientamento strategico adottare per ciascun business,

3) quali risorse sono necessarie e come reperirle,

4) come allocare le risorse,

5) quali soluzioni organizzative adottare.


1. La valutazione inerente ai business nel quale operare, prevede la considerazione di opzioni strategiche,
quali: la concentrazione, la diversificazione correlata, la diversificazione non correlata, l’integrazione
verticale. La strategia di concentrazione consiste nel cercare di migliorare la propria posizione nei prodotti
ove l’impresa è correntemente impegnata. Questa strategia può essere perseguita fondamentalmente
attraverso tre modalità: incremento della domanda primaria, incremento della quota di mercato,
acquisizione di mercato.

Quando l’impresa decide di entrare in un nuovo business si parla di strategia di diversificazione. La strategia
di diversificazione correlata riguarda l’entrata in un’attività adiacente che presenta complementarietà
tecnologica, produttiva e/o commerciale con il business esistenti. La diversificazione non correlata riguarda
invece, un’attività del tutto separata, che non ha alcun legame con quella precedente. La diversificazione
correlata può avere forme diverse:

- lo sviluppo di mercato ovvero la vendita dei prodotti esistenti e nuovi segmenti di clientela o in mercati
geografici del tutto nuovo,

- lo sviluppo del prodotto ovvero la realizzazione di prodotti di categorie nuove per servire il portafoglio di
clienti attuali.

L’integrazione verticale è una strategia di sviluppo che prevede l’ingresso in una fase della filiera che si
pone a monte o a valle rispetto a quello occupato dall’impresa tale strategia una duplice chiave di
interpretazione da una parte se vuoi intendere con la particolare forma di diversificazione dall’altra
costituisce anche una strategia di concentrazione.

2. La strategia corporate deve stabilire quale orientamento strategico deve essere seguito. Le opzioni
strategiche sono le seguenti: sviluppo, mantenimento, mietitura e disinvestimento.

-Sviluppo. La crescita deve essere perseguita solo nei business che giocano un ruolo strategico nel
portafoglio e nei quale l’impresa può ottenere risultati auspicati nel breve e nel lungo termine.

-Mantenimento. Prevede la difesa di una posizione nei confronti di possibili attacchi dei concorrenti o di
nuovi entranti. Pertanto è importante adottare tutti i provvedimenti necessari per consolidare la posizione
attraverso il suo brand, sulla continua innovazione.

-Mietitura. E rivolte a ridurre gli investimenti ai fini di massimizzare il cash flow e ritorni economici di breve
termine ad essere intaccate solitamente sono attività con ricadute a medio-lungo periodo.

-Disinvestimento. L’eliminazione di un business dal portafoglio avviene quando il mercato è in contrazione


e l’impresa genera perdite e flussi di cassa negativi in modo continuativo. Questo può essere dettato da un’
esigenza di razionalizzazione attraverso la cessione di sinergie e complementarietà che possono raccogliere
risorse finanziarie da reinvestire in business più funzionali alla strategia complessiva.

3. Rilevante focalizzare l’attenzione su due ordini di risorse e competenze: quelle che per loro natura
interessano un livello comune di gestione, come le risorse manageriali e le risorse finanziarie e quelle sulle
quali si possono basare le sinergie tra i business come risorse tecniche, tecnologie, immateriali e le
competenze relative agli ambiti più strategici dei business in portafoglio.

4. La strategia di corporate richiede di fare delle scelte di carattere organizzativo. La corporate pertanto
deve operare su due aspetti fondamentali: la definizione di un sistema di pianificazione e gestione
strategica efficace, in modo da permettere l’allocazione delle risorse è un sistema di controllo; la
progettazione dell’organizzazione aziendale in modo coerente e funzionale al perseguimento degli obiettivi
strategici.

6.2- LA CREAZIONE DI VALORE ATTRAVERSO LA DIVERSIFICAZIONE

Occorre effettuare una distinzione tra le strategie di diversificazione correlata e non correlata, che
muovono da diverse motivazioni e perseguono diversi obiettivi.

La diversificazione correlata prevede l’ingresso in business caratterizzati da una complementarietà


tecnologica, produttiva, commerciale con il business originario. L’ingresso in un business complementare
può consentire da una parte di ridurre gli investimenti e costi necessari per l’avvio della nuova attività e
dall’altra ottenere un incremento del volume di affari e della redditività.

La diversificazione non correlata riguarda l’entrata in un business che non hanno un collegamento con
l’attività originaria. Si tratta infatti, di una strategia rischiosa e complessa che porta all’impresa a cimentarsi
in ambito del tutto nuovo. Le motivazioni sono di carattere prevalentemente finanziario o opportunistico.
Lo studioso Rumelt ha classificato i diversi livelli di diversificazione, secondo lui un impresa si definisce:

-Single business: quando più del 95% dei ricavi totali proviene dalle attività svolte in un determinato
business con un livello di diversificazione basso.

-Dominant business: quando realizza più del 70% dei ricavi totali del suo core business e il restante delle
attività situate lungo la propria catena del valore (sia a monte che a valle).

-Dominant vertical business: quando ottiene più del 70% dei ricavi totali dal suo core business e il restante
da business situati in altre catene del lavoro comunque correlate. Anche qui il livello di diversificazione è
basso.

-Related-constrained diversification: secondo Rumelt, l’impresa segue una strategia di diversificazione


correlata quando meno del 70% dei ricavi provengono dal core business e la restante quota dagli altri
business che hanno dei nessi di complementarietà con quello originario. Il livello di diversificazione è
medio.

-Related-Linked diversification: la strategia viene definita parzialmente correlata quando l’impresa realizza
meno del 70% dei ricavi totali dal suo colore business e il restante da altri business che presentano un
legame limitato con il business dominante. Il livello di diversificazione è medio.

-Unrelated diversification: infine la diversificazione non correlata si verifica quando l’impresa opera in
settori e mercati che presentano livelli di correlazione tra di loro molto bassi se non addirittura nulli, con un
fatturato da core business inferiore al 70% e fatturato da altri business superiore al 30%. Il livello di
diversificazione è alto.

La diversificazione crea valore per l’impresa solo quando l’ampliamento del portafoglio di business crea
valore e utilità superiori per il mercato, oppure se consente di ridurre costi di produzione e di gestione.

LA CREAZIONE DEL VALORE ATTRAVERSO L’AMPLIAMENTO E IL MIGLIOR UTILIZZO DELLE RISORSE E


COMPETENZE DETENUTE
La diversificazione riesce a creare maggiore valore per l’impresa quando l’ingresso nel nuovo business
consente un miglior utilizzo delle risorse e delle competenze detenuta dall’impresa e/o l’ampliamento delle
stesse. Risorse e competenze aziendali possono essere utilmente distinte in due categorie:

• Front-end legate, al rapporto con il mercato;

• back-end, riferite a processo tecnologici e operative.

In un mercato adiacente, l’ impresa può creare valore e utilità per i clienti facendo leva sulle sinergie con
attività esistenti, ad esempio utilizzando prodotti e/o servizi simili a quelli originari.

COME CREARE VALORE. LE 8S

Un migliore impiego o l’ampiamento del set di risorse e competenze detenute dall’impresa si può ottenere
attraverso diverse modalità. Le 8s:

• Slack. Ridurre lo slack di risorse significa intervenire sulle inefficienze operative e gestionali di un’impresa
derivanti dal sotto utilizzo o dal completo inutilizzo di determinate risorse. L’entrata in nuovi business può
essere un’ottima opportunità per un loro nuovo impiego che genererebbe una riduzione di slack al livello
generale. Occorre rilevare, che se la diversificazione viene realizzata attraverso un’acquisizione è probabile
che le sinergie realizzate comportino un eccesso di risorse, soprattutto di tipo manageriale, e quindi un
potenziale incremento di slack.

• Sinergies. Si verificano quando diversi elementi di un sistema interagiscono creando valore superiore
rispetto a quelle delle singole parti sono in grado di creare separatamente. Con l’intento di ridurre i costi e
o massimizzare la loro efficacia.

• Shared knowledge: condividendo il know how aziendale, le competenze core vengono distribuite alle
diverse SBU e da queste adattate e utilizzate nei rispettivi processi di business generando sinergie.

• Similar business model: descrive le modalità seguite da un‘impresa per creare valore per sé stessa e per i
propri clienti in termini di scelte strategiche, di mercato e organizzative. Molti studi presentano degli
elementi in comune che ne spiegano il successo degli elementi che vanno a costituire la cosiddetta
dominant logic, ovvero, la messa sistema di elementi comuni a più business model che consentono ad
aziende operanti in settori e mercati diversi di poter basare il loro vantaggio competitivo su principe
competenze gestionali comuni.

• Spreading capital: alcune imprese creano valore attraverso la diversificazione, operando con un mercato
interno di capitali o di altre risorse, allocando le risorse finanziarie, umane e intangibili alle diverse SBU,
sostenendone lo sviluppo che presentano un più alto potenziale di crescita.

• Stepping stones: Mira a ampliare le risorse dell’impresa migliorando la posizione dell’impresa e


definendo un percorso da affrontare per gradi.

• Stopping or slowing competitors: in alcuni casi la diversificazione opera per fronteggiare i concorrenti e
l’impresa potrà ritenere opportuno, infatti di entrare in un mercato per evitare che un concorrente diretto
lo faccio prima di lei.

• Stay even with technological change: la diversificazione, realizzata attraverso acquisizioni, può consentire
di stare al passo con il cambiamento tecnologico, riducendo drasticamente i tempi e costi di sviluppo
dell’innovazione e dunque può consentire il presidio del nuovo business. Una modalità alternativa con lo
stesso obiettivo è quella del Corporate venture Capital, si tratta di unità interne alle imprese che operano
come se fossero dei venture capital indipendenti e che gestiscono un portafoglio di start-up tecnologiche.

SCHEDA. Secondo molti esperti del settore uno dei principali motivi del successo del Gruppo Armani è stato
proprio quello di non snaturare mai la corporate identity da cui tutto iniziò nel lontano 1975. Infatti, pur
diversificando in altri settori, la filosofia ispiratrice della gestione Armani non è cambiata affatto. Gli Armani
restaurants, ad esempio, sono luoghi in cui l'estetica, il design e la ricerca continua di materie prime di
eccellenza rimarcano la volontà del gruppo di offrire clienti la possibilità di vivere esperienze alla moda
qualunque sia l'occasione di consumo e in tutto il mondo. Tali caratteristiche possono essere ritrovate in
ogni brand del gruppo e rappresentano gli elementi chiave della “dominant logic” di Armani. Invece,
l'avventura di Benetton iniziò nel 1965, quando l'azienda inizia a lavorare nel mercato della maglieria
portando delle importanti innovazioni. La strategia di Benetton subisce una svolta cruciale quando, alla fine
degli anni 90, il nostro paese fu caratterizzato da processi di liberalizzazione settoriale e dalla
privatizzazione di imprese pubbliche ex monopolisti. Successivamente acquisisce la Società Autostrade e
poi Grandi Stazioni Ferroviarie e gli aeroporti di Torino, Venezia, Roma, tutti settori a redditività stabile se
non certa. È evidente come, rispetto la sua vocazione originaria, ovvero quella dell'abbigliamento, questa
acquisizione significavano una diversificazione radicale di tipo conglomeratale.

Distruggere valore attraverso la diversificazione: talvolta la diversificazione può portare a dissipare


disperdere le risorse e competenze dell’impresa, senza creare sinergie.

Le condizioni nelle quali si può determinare una perdita di valore attraverso la diversificazione sono le
seguenti:

• eccesso di Hubris: si può verificare il caso in cui il top management peccando di hubris (arroganza,
superbia, eccesso di cconfidenza) decida di basare la propria decisione su valutazioni guidate dalle proprie
credenze personali e dell’esperienza pregressa.

• influenza dei costi pregressi: fenomeno per il quale il manager se l’acquisizione o l’investimento nel
nuovo mercato non hai risultati sperati tendono a fare ulteriori investimenti cercando di recuperare la
situazione e raggiungere gli obiettivi anche se le condizioni di mercato lo sconsigliano.

• diversificazione imitativa: i managers che notano che un concorrente ha diversificato in un determinato


business, sono indotte a fare lo stesso, distruggendo valore.

• mancanza di incentivi e rischio di opportunismo: retribuzione dei manager che gestiscono un’impresa
non diversificata e articolata in una parte fissa e una variabile, legata al risultato. La parte variabile è legato
alle performance dell’impresa nel business in cui opera e, pertanto, incentiva i managers a fare di meglio
per ottenere una maggiore retribuzione. Ma quando l’impresa è diversificata il tutto potrebbe venir meno.

• complessità gestionale: guidare e gestire un’impresa diversificata, presente in numerosi business è un


compito assai arduo, l’efficacia del sistema di direzione può presentare delle lacune.

6.3-METODI DI DIVERSIFICAZIONE: LA GREENFIELD ENTRY E L’ACQUISIZIONE.

Dopo aver preso la decisione di diversificare, l’impresa deve stabilire come farlo. Le opzioni sono tre: la
Greenfield entry, l’acquisizione di un’altra impresa e le alleanze strategiche.
■ L’investimento diretto ha senso quando l’impresa dispone di risorse e di front end e di back and s’che
possono essere utilizzate per creare valore nel nuovo business, la Greenfield EntrY risulta essere una scelta
adeguata nei casi in cui l’ingresso nel nuovo business non richieda una tempistica particolarmente
stringente per essere efficace o quando disporre da subito di economie di scala non costituisce un fattore
competitivo determinante.

■ L’acquisizione è la modalità di accesso preferibile quando l’impresa ha bisogno di ampliare rapidamente il


set di risorse e competenze detenute per competere efficacemente nel nuovo mercato. Utile quando la
rapidità di ingresso nel nuovo mercato e condizione necessaria per cogliere le relative opportunità di
business inoltre, le acquisizioni sono la modalità più opportuna per l’ingresso in business dove hanno rilievo
le economie di scala e di esperienza.

4. INTEGRAZIONE E ACQUISIZIONE Il processo di acquisizione. Le motivazioni fondamentali per procedere


all’acquisizione di un’impresa target è quella di disporre delle risorse e delle competenze dell’impresa
target e puntare a un efficiente utilizzo delle risorse. L’impresa dovrà quindi evitare di incorrere in casi di
distruzione di valore e attenzionare come creare valore a seguito dell’acquisizione. Il top management
valuterà quindi, come creare valore valutando in dettaglio: i punti di forza e di debolezza, processi chiave,
risorse e le competenze delle imprese potenziali target. Superata la fase due diligenze audit avverrà la
valutazione economica: l’impresa acquirente deve stabilire quando è disposto a pagare per acquisire
l’impresa target. La valutazione, non coincide con il valore di bilancio, poiché occorre tenere in
considerazione l’avviamento che è fortemente legato al valore delle risorse immateriali.

Il processo di integrazione Con il termine integrazione ci riferiamo al grado con cui due imprese riescono a
condividere cultura e valori aziendali, configurazioni organizzative, processi operativi, sistemi di
incentivazione, risorse e competenze. Una decisione in chiave nell’ambito dei processi di acquisizione
riguarda quanto e come l’impresa target dovrà integrarsi nell’organizzazione dell’impresa acquirente.
Maggiore sarà il grado di integrazione e tanto più l’impresa acquirente e l’impresa acquisita si
comporteranno come fossero un unico soggetto. Deriviamo quattro strategie che le imprese possono
seguire nel processo di integrazione:

▲ Bury: è l’acquisizione in cui l’impresa obiettivo viene totalmente assorbita dall’acquirente, cessando di
esistere, le sue risorse vengono trasferite all’impresa acquirente. In ragione di ciò, anche il Brand e la
cultura aziendale dell’acquisita vengono meno.

▲ Build: in questo caso si parla di fusione tra imprese, che costruiscono un nuovo business dando luogo a
un nuovo soggetto giuridico. Il grado di integrazione è molto elevato e al termine dell’operazione si assiste
alla nascita di nuova struttura aziendale, con una specifica identità, una corporate brand, una propria
cultura.

I processi di back end e di front end vengono definiti traendo il meglio da quelli dell’impresa di origine.

▲ Blend: A seguito di un’acquisizione l’impresa obiettivo mantiene, ancorché non totalmente, una buona
parte dei suoi elementi chiave. Il grado di integrazione è modesto e le due imprese hanno lo scopo di creare
valore attraverso le sinergie ottenibili sia nelle risorse di front end e di back and.

▲ Bolt-on: fa riferimento a una acquisizione in cui le due imprese rimangono completamente separate, per
cui l’impresa target si aggiunge il portafoglio business dell’acquirente mantenendo la sua piena autonomia.
L’acquirente assegnerà degli obiettivi e monitorerà il risultato dell’impresa acquisita.
6.5- L’ANALISI DI PORTAFOGLIO

L’impresa diversificata, deve analizzare, gestire il suo portafoglio business per garantirsi un equilibrio
economico-finanziario e di sviluppo nel medio lungo termine. L’analisi è rivolta a valutare la struttura di un
gruppo di aree di business, il posizionamento competitivo e le prospettive di ciascuno di esse, i loro rapporti
in termini di potenziali sinergie, complementarietà e competizione per l’allocazione delle risorse, finanziarie
e non. La visione di portafoglio deve garantire anzitutto, che l’insieme dei business generati sia equilibrato
dal punto di vista della generazione e dell’assorbimento dei flussi finanziari. Ciascun’ area di affari in cui
opera l’impresa si colloca idealmente all’interno di un ciclo di vita che prevede per essa delle prospettive di
sviluppo differenti. Pertanto, è opportuno che la corporate possa contare sia business maturi, più stabili nel
breve e medio periodo, sia su business in fase di introduzione e crescita.

La matrice BCG viene utilizzata per valutare e gestire il portafoglio. Tale matrice utilizza il tasso di crescita
del mercato come variabile esplicativa dell’attrattività dello stesso, e la quota di mercato relativa come
variabile esplicativa della competitività dell’impresa nel mercato. Il risultato:

• Star: Il business in tale quadrante competono in posizione di forza in contesti caratterizzati da un


significativo sviluppo, godono di economie di esperienza e di scala ma devono fare cospicui investimenti per
mantenere la posizione.

• Question mark: sono business che partono da una posizione competitiva debole ma, date le opportunità
del mercato hanno la possibilità di partecipare alla fase espansiva e di ottenere profitti nel lungo termine.

• Cash cow: sono business che godono di una posizione competitiva forte in mercati maturi, a basso
sviluppo. Questi generano liquidità e profitti pur non avendo certezza nel lungo periodo

• Dog: il business presenta una posizione di svantaggio competitivo rispetto ai rivali e poche possibilità di
cambiarla dato il basso ritmo di sviluppo del settore. L’impresa non ha convenienza investire, dovrebbe così
preferire strategie di mietitura o di abbandono.

Questo approccio presenta diverse limitazioni. La prima è legata alle variabili utilizzate per rappresentare
l’attrattività del mercato e la competitività dell’impresa nel mercato che risultano essere troppo
semplicistica. Un secondo problema riguarda la definizione del business e degli ambiti competitivi,
effettuato in modo statico, che non considera le naturali dinamiche evolutive all’innovazione e alla reazione
dei competitor.

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