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MELISSA M.

GESTIONE DELLE IMPRESE


1.1 L’IMPRESA COME SISTEMA

Caratteristiche del sistema impresa:

 Non è una somma statica di risorse e attività;


 È una combinazione di risorse e attività che si viene formulando nel tempo e in uno specifico
ambiente;
 È un’entità che va compresa in relazione al contesto geografico e a quello storico.

L’impresa è un sistema cognitivo: nello svolgimento delle proprie attività essa apprende e matura
progressivamente una conoscenza.

Il sistema impresa è complesso, cioè composto da un gran numero di parti che interagiscono in modo non
semplice. È un sistema complesso e gerarchico, nel senso che i sottoinsiemi che lo costituiscono sono in
rapporto fra loro. Ogni sottoinsieme è subordinato con un certo rapporto di autorità al sistema di cui fa parte.

Fase della vota dell’impresa: spinta imprenditoriale, cioè il prodotto di un insieme di elementi attinenti al
comportamento di colui/ei/coloro che esercita/tano la funzione imprenditoriale e gli obiettivi fondamentali
che si intendono perseguire attraverso il loro impegno imprenditoriale. Essa può mutare nel tempo, sia per
l’evoluzione degli obiettivi personali e delle prospettive del soggetto imprenditore sia per il cambiamento di
tali soggetti

Il sistema impresa evolve attraverso l’alternarsi di fasi di stabilità e di cambiamento, alternarsi di azioni volte
a dare al sistema impresa una struttura stabile ed efficiente e azioni innovative che determinano l’evoluzione
di tale struttura.

Modalità di crescita dell’impresa:

l’impresa può seguire due alternative: espandere la propria presenza nel settore originario oppure
diversificarsi in nuovi settori.

1. Espandere la propria presenza nel settore originario: può essere attuata attraverso l’entrata in nuove
aree geografiche, attraverso l’esportazione dei propri prodotti, accordi con imprese all’estero oppure
investimenti diretti nel nuovo ambito geografico.
2. Diversificare in nuovi settori: attraverso l’estensione della gamma di offerta, introducendo nuovi
prodotti nello stesso mercato, introducendo degli stessi prodotti in nuovi mercati, introducendo nuovi
prodotti in nuovi mercati.
3. Estendere le attività realizzate internamente dall’impresa: integrazione verticale l’impresa cresce
andando a operare in attività a monte o a valle rispetto a quella di origine.

Proprietà autopoietica del settore impresa

Il sistema impresa è caratterizzato dall’essere autopoietico, cioè un sistema che evolve a partire da sé stesso,
per cui non c’è separazione tra produttore e prodotto.

L’impresa ha due proprietà:

1. È aperta: scambia risorse con l’ambiente di cui fa parte;


2. È chiusa: mantiene relativamente stabile la propria organizzazione, rendendola in una certa misura
impermeabile alle spinte proveniente dall’esterno.

Gli obiettivi del sistema impresa

Occorre distinguere gli obiettivi del sistema impresa da quelli degli stakeholders.
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L’impresa esiste e si sviluppa in funzione delle persone che ne hanno la proprietà e/o il controllo o che
comunque interagiscono con essa proprio per soddisfare, direttamente o indirettamente, i propri interessi.
L’impresa quindi deve operare in modo da offrire adeguata soddisfazione degli scopi di molteplici soggetti, di
conseguenza, l’impresa deve essere guidata dal “meta-obiettivo” di raggiungere e mantenere nel tempo le
condizioni necessarie per soddisfare in maniera adeguata le aspettative dei suoi diversi stakeholders. Tali
condizioni sono:

1. Il raggiungimento dell’equilibrio economico;


2. La creazione di valore per comunità;
3. L’arricchimento deli patrimonio di risorse disponibili;
4. Il rafforzamento delle capacità di utilizzare delle risorse disponibili.

L’AMBIENTE RILEVANTE PER L’IMPRESA

Ambiente Competitivo

1. AMBIENTE ESTESO: esistono forze dell’ambiente esteso che vanno monitorate perché possono
influenzare l’andamento e l’operato dell’impresa mentre altre forze possono essere a loro volta
influenzate dall’impresa
Gli attori che lo compongono sono: acquirenti, concorrenti, fornitori, distributori,
investitori, autorità pubbliche, forze sociali, attori non economici rilevanti
Le condizioni possono essere raggruppate in 5 categorie generali: condizione economica,
tecnologica, politico istituzionale, socio-culturale e ambientale
2. AMBIENTE COMPETITITVO: influenza il vantaggio competitivo, costituito dagli attori e dalle condizioni
che interagiscono direttamente con l’impresa influenzandone le scelte competitive ed essendone in
una certa misura da essere influenzati
3. L’ambiente competitivo specifico del business comprende l’insieme di fattori dell’ambiente
competitivo più direttamente per una determinata area di business in cui l’impresa è impegnata.

Il criterio per distinguere le componenti dell’ambiente “esteso” e quelle dell’ambiente “competitivo” è la


natura dell’interazione tra l’impresa e tali componenti. Quelle del primo tipo sono le componenti con le quali
l’impresa ha un’interazione passiva, nel senso che il suo comportamento è influenzato da tali attori ma non
viceversa. Le componenti dell’ambiente competitivo sono invece quelle con le quali l’impresa ha
un’interazione sia attiva sia passiva, nel senso che il suo comportamento influenza il comportamento di tali
attori, essendone al tempo stesso influenzato.

Le interazioni tra l’impresa e gli attori dell’ambiente competitivo può avere natura molto diversa in relazione a
due variabili essenziali:

1. Ripetitività
2. Grado di conflittualità

Le interazioni possono essere

a. Competitive: quando gli attori coinvolti sono in una posizione conflittuale


b. Cooperative: gli attori collaborano fra loto per realizzare obiettivi comuni. Sono molto importanti per
l’impresa nel processo di acquisizione delle risorse

Per valutare le condizioni dell’ambiente competitivo e la dinamica delle interazioni è possibile utilizzare il
modello delle 5 forze di Porter:

1. Intensità della concorrenza nel settore grado di concentrazione nel settore. Un settore è più
concentrato tanto maggiore è il potere di mercato dalle imprese che vi operano o da una parte di
esse. Va considerata
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 Concentrazione assoluta: la quale individua un numero di imprese che nel loro


sistema a partire dalla più grandi spiegano una determinata percentuale del valore
totale del parametro di misurazione. Un indicatore diffuso è Hirscman-Herfindal che è
ottenuto dalla somma del quadrato delle quote di mercato delle imprese del settore.
Nei settori maturi si manifestano dinamiche competitive che durano fino al momento
in cui si determina una contrazione dell’offerta complessiva verso i livelli vicini a quelli
della domanda. Una condizione molto rilevante è rappresentata dal livello delle
barriere all’uscita visti come ostacoli di natura strutturale che rallentano o
impediscono l’uscita dal settore anche alle imprese. Vi sono dei fattori che generano
barriere all’uscita forte specializzazione degli impianti e non utilizzati dalle altre
attività. Intensità della concorrenza nel settore è correlata in senso inverso con il
grado di differenziazione che caratterizza i prodotti offerti nel settore. Differenziare il
proprio prodotto permette all’impresa di occupare uno spazio di mercato dove
acquisire una posizione di dominio o quasi monopolio che risulta protetta dalla
concorrenza. L’intensità può essere valutata tramite l’osservazione dei
comportamenti posti in essere dalle imprese, in particolare la determinazione del
prezzo, lancio di nuovi prodotti o innovazioni dei prodotti esistenti, investimenti sulla
comunicazione, infatti il lancio di nuove campagne pubblicitarie sono indicatori di una
forte concorrenza

Esistono diversi fattori che generano barriere all’uscita:

 il grado di idiosincraticità degli impianti: il fatto che gli impianti sono fortemente specializzati e
praticamente non utilizzabili in altre attività implica che almeno fino a quando tali impianti non sono
completamente ammortizzati, l’abbandono dell’attività genera una elevata perdita economica.
 Il livello di interrelazioni produttive, commerciali o strategiche con altri business in cui l’impresa è
impiegata.
 L’intervento di attori istituzionali: il soggetto pubblico o altri stakeholders esterni sono interessati alla
presenza dell’impresa nel settore per l’impatto positivo che essa può avere nel tessuto economico e
sociale del territorio.
 L’azione di forze interne dell’impresa: l’uscita dal settore può essere ostacolata da quei soggetti che
da tale uscita vedrebbero diminuito il proprio ruolo aziendale.

 Concentrazione relativa: distribuzione delle quote rispetto al valore medio

2. Minaccia di nuovi entranti pressione esercitata da imprese dalle imprese che non fanno parte del
settore, ma che hanno delle condizioni potenziali per farne parte. Le imprese nel settore modificano le
strategie che adotterebbero nel caso in cui non vi fossero concorrenti. La pressione sugli incumbent
potrebbe fermarsi alla prima fase oppure diventare concreta e tradursi nell’effettiva entrata di un
nuovo operatore. L’impatto dipende dal modo in cui tale entrata è posta in essere, essendovi 3
alternative:
a. Creazione di nuove unità produttive
b. Acquisire un’azienda già operante
c. Collaborazione strategia con imprese già operanti

Reazioni per proteggere le quote di mercato:

a. Riduzione di prezzo
b. Acquisizione di imprese in crisi per evitare l’ingresso di altre
c. Dipendono dalle condizioni competitive del settore

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Le barriere all’entrata possono essere

I. Istituzionali: determinate dalla legge. Esse impediscono in maniera assoluta o vincolano a


determinate condizioni e procedure l’entrata di un nuovo operatore nel settore
II. Strutturali: che derivano da elementi che caratterizzano il settore e l’equilibrio esistente tra gli
attori. Hanno origine diversa
a. Economie di scala: settore maturo che cresce poco
b. Economie di apprendimento: chi entra prima ha accumulato maggiore esperienza
produttiva
c. Economie di scopo
d. Risorse finanziarie
e. Vantaggi di costo
f. Accesso ai canali distributivi
III. Strategiche riguardano comportamenti specifici che le singole imprese che decidono di
attuare per tenere i concorrenti fuori dal mercato
a. Prezzi al di sotto del costo medio di produzione del potenziale entrante
b. Prezzi predatori
c. Differenziazione
d. Capacità produttiva in eccesso
e. Reputazione aggressiva

Per esercitare in modo efficiente la sua funzione di barriera deve essere credibile, infatti
dipende da due condizioni:

 Convenienza: rapporto tra costi diretti e indiretti richiesti dalla barriera e dai
guadagni prodotti dal mantenimento del proprio status
 Sostenibilità: la disponibilità dell’incubent delle fonti finanziarie necessarie per
attuare questa strategia

Fonti:

 Innovazione tecnologica
 Cambiamenti della domanda
 Evoluzione delle condizioni economiche e delle strategie delle imprese
 Manifestazione di particolari condizioni di reddittività del settore
3. Competizione indiretta esercitata da beni o servizi aventi la stessa funzione d’uso (prodotti sostitutivi)
prodotti o servizi che pur avendo caratteristiche merceologicamente diverse, hanno un analoga
funzione d’uso, di conseguenza sono percepiti dai consumatori come valide alternative.
Le imprese possono adottare misure per ridurre la pressione competitiva:
I. Miglioramento rapporto valore/prezzo del prodotto
II. Riposizionamento del prodotto/servizio
III. Differenziazione del prodotto
IV. Aumento investimenti in comunicazione
V. Rafforzamento distribuzione
4. Potere contrattuale dei fornitori e clienti: capacità di una parte di rinunciare alla transazione con
l’altra parte, dipende da:
a. Dimensione e concentrazione
b. Costi di sostituzione
c. Informazione
d. Capacità di integrazione a monte/valle

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Le condizioni di un determinato settore sono influenzate anche dalle caratteristiche del sistema dei fornitori e
quello degli acquirenti. Questi ultimi esercitano una pressione competitiva verticale, la cui intensità dipende
dalla misura in cui essi controllano le transazioni con le imprese.

Il potere negoziale verso i fornitori e verso gli acquirenti

La distribuzione del potere negoziale tra le due controparti di una transazione dipende dal rispettivo potere
contrattuale relativo. Il potere contrattuale relativo è determinato dalla capacità di una parte di rinunciare
alla transazione con l’altra parte rispetto all’analoga capacità di quest’ultima. Tanto più una parte è in grado di
fare a meno della transazione con una seconda parte quanto più la prima è in grado di imporre le proprie
condizioni nella negoziazione con la seconda.

La capacità di rinunciare alla transazione dipende essenzialmente da:

 Rilievo relativo all’oggetto della transazione


 Esistenza di alternative
 Livello dei costi diretti e indiretti da ciascuna parte al venir meno della transazione.

Il potere contrattuale relativo è determinato anche dalla considerazione che una parte ha della capacità e
volontà dell’altra di abbandonare la transazione rispetto alla propria.

Le condizioni che influenzano il potere negoziale

Nella prospettiva con i fornitori sono:

 La concentrazione dei fornitori e la loro dimensione media;


 Il rilievo economico e strategico che le imprese clienti hanno con il fornitore;
 La capacità del fornitore di integrarsi a valle e di svolgere la stessa attività degli acquirenti;
 Il livello dei costi di conversione, ovvero i costi diretti e indiretti per cambiare il proprio fornitore;
 L’esistenza o meno di prodotti sostitutivi a quelli offerti dagli attuali fornitori e il loro grado di
differenziazione;
 La trasparenza del mercato.

Il modello Porter è statico in quanto non bisogna analizzare le variabili singolarmente ma bisogna
considerarle in un’ottica dinamica di correlazione. Non è pesato. Concorrenza e cooperazione possono
coesistere e spingono l’impresa a migliorarsi. Il modello originale non considera prodotti complementari e
stakeholder esterni. Il settore non è punto di riferimento ideale nell’analisi della concorrenza.

5. Intervento degli stakeholder non imprese, direttamente coinvolti nel contesto competitivo vi sono 4
tipi di stakeholder esterni:
a. Autorità politiche amministrative: i governi regionali hanno responsabilità diretta di controllo
delle attività produttive svolte nel territorio
b. Autorità pubbliche di regolamentazione e vigilanza: diretta azione di vigilanza del soggetto
pubblico. Sono interlocutori diretti per l’impresa per: determinazioni prezzi, investimenti
infrastrutturali, sicurezza e impatto ambientale
c. Associazioni di rappresentanza: sono le associazioni sindacali e industriali
d. Organismi della società civile: associazioni dei consumatori, organizzazioni dei diritti umani e
politiche.
Con questi attori l’impresa ha un rapporto continuo con l’obiettivo di influenzarne la scelta e
condividere azioni nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile
6. Grado di integrazione tra imprese complementari rispetto al mercato quando il successo
dell’offerta di un’impresa dipende dal modo con cui è integrata rispetto all’offerta di altri attori.
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Fondamentale è la vicinanza fisica ai soggetti con cui è conveniente connettere la propria offerta, però
lo sviluppo digitale ha reso efficaci le relazioni virtuali, rendendo meno necessaria la vicinanza fisica
tra partner

IMPRESA FAMILIARE

Sono definite familiari le imprese in cui membri di una stessa famiglia sono coinvolti nella proprietà o nella
gestione del business, esercitando un’influenza nell’evoluzione della stessa. Negli anni è emerso un approccio
teorico ad hoc nell’ambito degli studi, noto come SEW (Socioemotional Wealth Theoty), il quale suggerisce
che il fine ultimo delle decisioni nelle imprese a controllo familiare sia il mantenimento del patrimonio
affettivo dei membri della famiglia. Quindi si fa riferimento ai fattori non economici presenti nell’impresa e
che ne guidano decisioni e comportamenti. Vengono delineate 5 dimensioni fondamentali strettamente
correlate tra loro:

1. Controllo e influenza esercitati dalla famiglia sul business: è necessario ce sussistano elementi di
ability ma anche che tali elementi si combinino con una effettiva willingness dei membri della famiglia
2. Senso di entità tra famiglia e impresa: unisce i membri della famiglia all’impresa e orienta i loro
comportamenti al raggiungimento di obiettivi comuni. L’impresa viene percepita dagli stakeholder
esterni come un’estensione del nucleo famigliare
3. Relazioni con gli stakeholder: diffusione dell’immagine aziendale positiva e ottenere legittimità sociale
del proprio operato. Le imprese sono poco inclini a effettuare tagli al personale per ragioni
economiche e di breve termine
4. Attaccamento emotivo della famiglia all’impresa: la frequenza e la severità dei conflitti aumenta con
un maggior numero di membri della famiglia coinvolti in ruoli dirigenziali ma anche con un maggior
numero di soggetti esterni che hanno influenza nelle decisioni aziendali
5. Approccio dinastico alla successione aziendale: con riferimento alla successione nelle imprese
famigliari si tende a preferire un successori appartenente alla famiglia, è collegata al desiderio di
mantenere un esclusivo controllo famigliare sul business

Il raggruppamento strategico

Il concetto di raggruppamento strategico

L’ambiente competitivo realmente importante per l’impresa è costituito dagli attori che fanno parte del suo
stesso raggruppamento strategico. Il raggruppamento strategico è un gruppo di imprese all’interno di un
determinato settore, che adottando strategie simili, dispongono di un analogo patrimonio di risorse.

La mappatura del raggruppamento strategico

I raggruppamenti strategici che compongono un determinato settore possono essere mappati attraverso
l’utilizzazione delle variabili rilevanti nel distinguere gli aspetti chiave della strategia posta in essere dalle
imprese e le loro risorse distintive.

Un modo di definire il raggruppamento strategico utilizza due variabili:

1. Il prodotto venduto
2. Il mercato in cui tale prodotto viene venduto

Un altro approccio alla descrizione del business è basato sulla configurazione di cinque variabili:

1. I gruppi di clienti
2. Le funzioni d’uso del prodotto/servizio offerto
3. Le tecnologie utilizzate
4. L’estensione geografica

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5. L’ampiezza verticale delle attività svolte.

Altre variabili utilizzate per distinguere i raggruppamenti strategici di un certo settore sono:

 L’ampiezza della gamma offerta


 La specializzazione dei gruppi di clienti
 La tipologia di clienti serviti
 Il grado di sviluppo della marca nel mercato
 Il posizionamento di prezzo
 Il livello di innovazione e la posizione di leadership o followership tecnologica
 Il grado di integrazione verticale.

1.5 L’AMBIENTE NELLA CONSIDERAZIONE SOGGETTIVA DELL’IMPRESA

L’ambiente rilevante per l’impresa non è definito dalla natura oggettivamente determinati di un insieme di
elementi strutturali, ma è piuttosto il risultato di una scelta complessiva dell’impresa, della sua percezione
soggettiva.

Uno stesso ambiente può essere interpretato in maniera diversa dalle varie imprese che ne fanno parte; nella
loro specifica prospettiva, queste percepiranno stimoli (minacce e opportunità) diversi e, quindi, porranno in
essere comportamenti differenti. La percezione soggettiva attraverso cui l’impresa definisce il proprio
ambiente si articola attraverso la definizione di due aspetti:

1. L’insieme di attori e di condizioni che l’impresa effettivamente considera nel momento in cui decide di
porre in essere una certa azione
2. Le modalità attraverso cui l’impresa si propone di influenzare tali attori e condizioni.

Perciò è il sistema impresa che a partire dalla sua organizzazione interna seleziona gli stimoli ambientali che
ritiene rilevanti e rispetto ai quali stabilisce una certa interazione. Di conseguenza, l’ambiente è rilevante per
l’impresa perché genera un insieme di condizioni che possono innescare, ma non determinare, una sua
evoluzione. È fondamentale che vi sia compatibilità tra impresa e ambiente. L’evoluzione dell’impresa è legata
alla sua capacità di produrre questa compatibilità. Ciò si manifesta nella sua capacità di:

1. Percepire correttamente le condizioni ambientali come insieme di opportunità da sfruttare e di


minacce da neutralizzare.
2. Mantenere quelle condizioni interne che rendono possibile la migliore interiorizzazione delle energie
offerte dall’ambiente percepito.

Vi sono elementi che oggettivamente caratterizzano il contesto in cui l’impresa è inserita e che sono rilevanti,
a prescindere dalla capacità o meno che ha di comprenderne l’esistenza e l’influenza. Il trascurare questi
elementi genera, nel medio-lungo termine, rilevanti difficoltà per l’impresa o addirittura la sua crisi.

La rilevanza dell’ambiente per l’impresa

Dal punto di vista dell’impresa, l’ambiente è rilevante per due ragioni essenziali:

1. Per l’insieme dei suoi fattori e condizioni che determinano le potenzialità per l’impresa di realizzare i
proprio obiettivi
2. Per le energie che (attraverso gli stessi attori e condizioni) esso rende disponibile all’impresa e che
questa può acquisire per sostenere il proprio processo evolutivo.

La percezione o rappresentazione che l’impresa ha dell’ambiente si articola in due livelli: quello delle
condizioni competitive e quello delle energie acquisibili. Le condizioni competitive individuano le relazioni che
l’impresa stabilisce con determinati attori esterni nella realizzazione della sua attività economica. Il contenuto
di queste relazioni si manifesta in energia che passa dagli attori esterni all’impresa e viceversa.
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L’ambiente è sede di apprendimento per l’impresa e le relazioni che questa stabilisce cin gli attori che ne
fanno parte costituiscono dei mezzi per apprendere.

La complessità è una caratteristica positiva dell’ambiente. Un ambiente complesso offre all’impresa intense
opportunità di apprendimento, spingendola ad ampliare la varietà del proprio patrimonio di conoscenze. Esso,
infatti, costringe l’impresa ad affrontare problematiche differenti e mutevoli per le quali sono necessarie
conoscenze variegate e continuamente aggiornate.

LA GESTIONE STRATEGICA

Nella strategia l’impresa delinea un percorso evolutivo per gestire le interdipendenze con altri soggetti nel
modo più efficace, rispetto alle dinamiche del contesto in cui si trova a operare e agli obiettivi che intende
perseguire e cercando di sfruttare nel modo migliore i fattori di forza a propria disposizione. L’elaborazione
della strategia è condizionata da 4 fattori:

1. Ambiente: si considera la struttura del settore, dinamiche del mercato e condizioni economiche
generali che influenzano l’evoluzione dell’impresa. La strategia può cercare di influenzare l’ambiente
competitivo in modo da renderlo più coerente possibile con i propri punti di forza, definendo in
questo modo il perimetro dell’ambiente rilevante
2. Condizioni interne, risorse disponibili: assetto strutturale e dimensione, ambito geografico delle
attività, struttura organizzativa e complesso di risorse/competenze disponibili
3. Vision, mission e obbiettivi di medio termine: l’elaborazione della strategia risente gli indirizzi di fondo
e degli obiettivi di medio/lungo termine fissati dall’imprenditore
4. Sistema di valori: influenzano la determinazione degli obiettivi e i comportamenti tra gli attori
aziendali sulle questioni strategiche e sulla gestione quotidiana. Particolare rilevanza assume
l’orientamento allo sviluppo sostenibile, da cui derivano comportamenti ed obiettivi volti ad
ottimizzare le performance ambientali e sociali

Il disegno strategico elabora la business idea, la quale comprende le definizioni di:

- Ambito competitivo in cui l’impresa intende concentrare i suoi sforzi


- Drivers strategici, ovvero i fattori decisivi nell’evoluzione sostenibile e del posizionamento nel
contesto competitivo
- Modalità attraverso cui si intende raggiungere e rinnovare nel tempo una posizione di vantaggio
competitivo
- Meccanismi strutturali di acquisizione e utilizzazione del complesso di risorse necessarie ad operare

Piano strategico: documento formale in cui si rappresentano i contenuti della strategia. La strategia deve
essere collegata all’operatività aziendale: dovrebbe delineare i principi guida, le priorità, l’orientamento
su determinate questioni chiave, eventuali forti discontinuità.

La definizione di una strategia è sempre integrata alla messa a punto di un modello organizzativo. Una
strategia deve essere coerente con le caratteristiche organizzative dell’impresa, il suo patrimonio di risorse e il
contesto competitivo ove essa opera. La strategia, inoltre, deve essere collegata all’operatività aziendale:
dovrebbe delineare i principi guida, le priorità, l’orientamento su determinate questioni chiave, le eventuali
forti discontinuità e le possibili invarianti nel comportamento aziendale.

L’efficacia della strategia è misurata con riferimento al valore economico creato dall’impresa nel medio- lungo
termine. Nella prospettiva resource based, tale efficacia va considerata anche in relazione al rafforzamento
del patrimonio di risorse disponibili e di risorse distintive.

Il principio di sostenibilità dell’impresa fornisce un terzo essenziale criterio per valutare i risultati di una
strategia; parallelamente alla creazione di valori economico, essa dovrebbe orientare l’impresa al

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raggiungimento di adeguati risultati nel miglioramento dell’ambiente ecologico e delle condizioni di tutti gli
stakeholders. Le performance conseguenti l’attuazione di una strategia modificano le condizioni interne
dell’impresa. L’elaborazione di una strategia è un processo relativamente continuo nel tempo per il quale è
necessaria anche una capacità di cambiamento. Al cambiamento strategico deve corrispondere il
cambiamento organizzativo. Esistono però una serie di fattori di vischiosità che rallentano o impediscono il
cambiamento organizzativo che sarebbe necessario a fronte dell’evoluzione della strategia. Questi fattori
sono:

 interessi costituiti degli attori aziendali


 routine consolidate che spingono l’impresa a perpetuare determinati modi di procedere
 focalizzazione sui clienti e sui concorrenti attuali
 avversione culturale al cambiamento
 mancanza delle competenze necessarie per attuare il cambiamento e operare con efficacia nel nuovo
contesto.

VANTAGGIO COMPETITIVO

È il risultato di una strategia che conduce l’impresa a occupare e mantenere una posizione favorevole nel
mercato in cui opera e di traduce in una reddittività stabilmente maggiore rispetto a quella media dei
competitor, e può derivare da un’unica specifica condizione o mix di fattori critici di successo variabili sulle
quali il management può agire con le sue decisioni e che possono incidere in modo consistente sulla posizione
competitiva delle imprese all’interno di un settore. Possono essere intesi da un punto di vista del MERCATO
(determinanti dagli aspetti che la domanda valuta come più rilevanti per soddisfare i propri bisogni
fondamentali) e IMPRESA (aspetti della propria organizzazione e offerta che permettono una distinzione dalla
concorrenza e un miglior soddisfacimento della clientela, ottenendo così un vantaggio competitivo)

L’impresa ha un vantaggio competitivo quando riesce a creare valore in maniera superiore rispetto alla
maggior parte dei concorrenti in un determinato business. BENEFICIO NETTO (si determina Beneficio-
costi che il consumatore deve sostenere per acceder al prodotto) - COSTO TOTALE=VALORE

 Tanto maggiore è la distanza tra il beneficio netto e costo totale, tanto


maggiore sarà il valore creato e quindi tanto più consistente sarà il valore
creato

Alla base del vantaggio competitivo c’è la capacità dell’impresa di risultare diversa dai concorrenti ricorrendo
all’efficienza operativa (si intende l’impresa che svolge le stesse attività dei concorrenti, ma in maniera più
efficiente) e al posizionamento strategico. La diversità alla base del vantaggio competitivo deriva dal modo in
cui l’impresa si rapporta con il cambiamento, considerando che essa stessa può generare un cambiamento
tramite l’innovazione. Risulta importante il fatto di MUOVERE PER PRIMI (timing), guidando il cambiamento e
non inseguendolo. L’intensità e la sostenibilità del vantaggio competitivo che deriva dall’attuazione di queste
strategie dipende da diverse circostanze:

1. Rilievo delle economie di apprendimento


2. Intensità delle barriere di entrata
3. Costi di conversione
4. Rapidità di diffusione di standard tecnologici
5. Controllo fonti di apprendimento e canali distributivi
6. Effetto sulla reputazione e percezione della qualità
7. Probabilità di rapidi e significativi mutamenti delle caratteristiche del mercato e del contesto
competitivo

SVANTAGGI:

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1. Alti costi di ricerca e sviluppo


2. Assenza o insufficienza dei canali di fornitura e distribuzione
3. Inadeguatezza delle tecnologie e prodotti complementari
4. Incertezza della domanda

SOSTENIBILITA’ DEL VANTAGGIO COMPETITIVO: non ha durata determinabile, ha bisogno di essere alimentato
perché possono avvenire modifiche nei fattori critici di successo per effetto di cambiamenti nell’ambiente
esteso e competitivo:

Per proteggere il vantaggio competitivo:

a. Brevetti: a protezione degli investimenti effettuati


b. Esternalità di rete: il valore di un prodotto varia al variare della base di utilizzatori
c. Ambiguità nelle competenze: il vantaggio competitivo viene protetto da un mix di competenze e
relazioni che hanno un vantaggio in sé
d. Dimensione: economie di scala, scopo, apprendimento e dimensione ottime minime elevate per
limitare lo spazio per i concorrenti
e. Accesso preferenziale: a risorse critiche o al mercato
f. Limite delle opzioni strategiche dei concorrenti:
i. Investimenti idiosincratici, non sono utilizzabili in altri
processi=barrire all’uscita
ii. Lentezza nell’adeguamento all’innovazione
iii. Vischiosità nel sistema organizzativo, a causa dell’elemento
personale che a volte può essere lento a cambiare
iv. Brand image, non coerenza con l’immagine dell’impresa; in
alternativa posso creare un altro brand con un’immagine
diversa per aggredire un’altra parte di mercato
g. Creazione di barrire strategiche
h. Interventi per allungare la durata di risorse e competenze
i. Nascondere la maggiore reddittività non diffondendo dati informazioni sulle performance
j. Quando difendere non è possibile, l’impresa può guidare il cambiamento identificando nuove risorse
e competenze per soddisfare i clienti

La strategia per raggiungere un vantaggio competitivo prevede un certo modo di realizzare l’attività d’impresa
e di sviluppare le relazioni stabili con soggetti esterni, rendendo quindi necessario disporre di uno strumento
delle attività e delle relazioni.

La catena del valore scompone l’impresa nell’insieme delle attività e delle sotto-attività attraverso cui si crea il
valore per il mercato, distinguendo le attività sotto il profilo della rilevanza strategica e della competenza
interna:

- Attività primarie= rientrano quelle attività in cui si articola il processo di produzione e vendita in senso
stretto (logistica in entrata, attività produttive, logistica in uscita, marketing e vendite, servizi al
cliente)
- Attività secondarie o di supporto = attività che sono finalizzate a rendere possibile il migliore
svolgimento delle attività primarie (approvvigionamento, sviluppo della tecnologia, gestione delle
risorse umane, attività infrastrutturali)

Si utilizza il sistema del valore per indicare il fatto che la catena del valore di un’impresa si inserisce in una
filiera che comprende a monte le catene dei fornitori degli input produttivi e a valle gli utilizzatori. Con il
termine costellazione del valore, il valore viene creato nella produzione e nella messa a disposizione di un
certo prodotto o servizio. La strategia deve ricercare le opportunità attraverso varie forme di interazione

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I legami tra le diverse catene del valore si sostanziano sui seguenti cinque flussi che tendono a coesistere e a
influenzarsi:

1. flusso di beni
2. flusso di informazioni
3. flusso di competenze
4. flusso monetario
5. flusso di valori di natura non economica.

Il sistema di valore enfatizza una logica relazionale di tipo sequenziale e unidirezionale

La costellazione del valore supera il presupposto implicito nella catena del valore di Porter secondo il quale il
valore finale risulta dalla somma del valore realizzato progressivamente nelle singole fasi. Ipotizza, invece, che
esso derivi dalla co-produzione realizzata da attori diversi che confluiscono all’interno di un territorio comune.
Questi attori distribuiscono a sé stessi e agli altri i compiti che la creazione del valore comporta. Il valore
creato per il cliente è dunque la risultante di componenti di valore creati dai singoli attori coinvolti nella
produzione e messa a disposizione di quel cliente di un certo prodotto o servizio.
Questo principio implica l’allargamento dell’insieme di attività rilevanti per raggiungere la posiziona di
vantaggio competitivo. La strategia deve definire ruoli e posizione dell’impresa in tutti i contesti dove si
crea una certa parte del valore rilevante nel proprio business

Il vantaggio competitivo non è legato ad un singolo fattore ma alle capacità del management di
individuare la complementarietà tra le variabili e di alimentare il vantaggio competitivo delle singole
risorse. Due attività sono complementari se aumentarne una aumenta la convenienza di accrescere l’altra.

STRATEGIE COMPETITIVE-DIFFERENZIAZIONE

TUTTO IL MERCATO Leadership di costo Leadership di differenziazione


MERCATO SPECIFICO Focalizzazione su costi Focalizzazione su
differenziazione
DIMINUZIONE COSTI DIFFERENZIAZIONE

È data da fattori tangibili e intangibili che aumentano il valore del prodotto /servizio percepito dal cliente
rispetto alla concorrenza. Le imprese che seguono una strategia di differenziazione con successo tendono ad
avere dei vantaggi che possono derivare da una strategia di leadership di costo e viceversa (es.
posizionamento implicito= ho successo con la leadership di costo e divento conosciuto). Affinché la
differenziazione determini una posizione di vantaggio competitivo, devono essere assolte 4 condizioni:

1. UNICITA’l’offerta deve avere degli aspetti che la distinguono in maniera netta da quella dei
concorrenti
2. VALORE PER IL CLIENTEl’unicità è rilevante solo se si viene a creare un valore per il cliente target il
quale si può manifestare o tramite la riduzione dei costi per sostenere un’attività oppure migliorare le
prestazione che si ottiene da un’attività. Il punto di partenza è l’analisi e la comprensione dei bisogni
del consumatore
3. PERCEZIONE per avere un vantaggio è necessario che non ci siano i fattori di unicità compresi dal
cliente cosi che possa percepirne il valore. È necessario che vi sia un’adeguata comunicazione
4. SOSTENIBILITA’ il differenziale di prezzo determinato dal maggior valore percepito dall’offerta deve
essere maggiore del differenziale di costo che l’impresa sostiene per generare valore

Vantaggi: la differenziazione aumenta la disponibilità a pagare del cliente, consentendo quindi all’impresa di
fissare un prezzo per il suo prodotto maggiore di quello degli altri operatori nella stessa area di business,
senza risentire una riduzione della domanda. Se il prezzo è aumentato in maniera limitata e inferiore

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MELISSA M.

all’aumento del valore determinato attraverso la differenziazione, il prodotto migliora il rapporto tra valore e
prezzo rispetto ai concorrenti, attrae domanda, favorendo l’aumento della quota del business e il suo potere
di mercato. Inoltre si otterrà una maggiore soddisfazione del cliente portando così ad un aumento del grado di
fidelizzazione. È necessario porre attenzione a:

o Riposizionamento: quindi cercare di ridurre i prezzi o di discostarsi dal prodotto, piuttosto


creare un altro brand
o Adeguamento della capacità produttiva: proporre di più e allo stesso tempo garantire lo
stesso livello di qualità non è sempre possibile poiché non è detto che le risorse siano presenti
sul mercato in quantità e qualità richiesta e ciò porta al rischio di non riuscire a soddisfare
l’aumento della domanda senza diminuire la qualità
o Distribuzione commerciale: aumenta con i volumi della produzione

Se con la differenziazione rimangono nello stesso settore e si valuta in base ai concorrenti, con la
diversificazione vi è l’ingresso in aree di business diverse e aumentano i settori in cui opero e viene valutata in
base al portafoglio dell’impresa.

Per attuare una differenziazione si può intervenire su:

- Componenti tangibili: riguardano un contenuto tecnologico, performance in termini di efficienza ed


efficacia, sicurezza e versatilità, affidabilità, caratteristiche di materiali e componenti, integrabilità con
altri prodotti, ampiezza della gamma di cui il prodotto è parte, grado di innovatività, design (es fiat
500, iMAC di Apple)
- Componenti intangibili: immagine del prodotto e la marca, reputazione, valori ideali che l’impresa o il
prodotto intendono diffondere (BMW, Mercedes)
- Componenti aggiuntive e relazionali: elementi collaterali che contribuiscono ad ampliare i contenuti
offerti dal prodotto per soddisfare in maniera più completa il bisogno del cliente o per facilitare le
modalità di soddisfazione. I fattori sono: condizioni di acquisto, luogo di acquisto, utilizzazione, fattori
di segnalazione (prodotto indifferenziato) e servizi aggiuntivi (assicurazioni o altre clausole)

DIFFERERENZIAZIONE:

o Livello di investimenti
o Prezzo
o Intensità di comunicazione: aumentare l’informazione disponibile, rafforzare la percezione di
unicità e aumentare il valore, rinnovare il legame con il cliente
o Invio di segnali vincolanti prima e dopo l’acquisto
o Servizi forniti durante l’acquisto
- ORIZZONTALE: l’impresa differenzia la sua offerta in termini di varietà rispetto ai competitors
proponendo più prodotti con lo stesso livelli di qualità e prezzo ma con attributi diversi (es cereali con
frutta o cioccolato)
- VERTICALE: l’impresa offre ai clienti una differente combinazione di qualità e presso in modo da
coprire i diversi segmenti (es Emporio Armani vs Giorgio Armani)

Rischi collegati alla strategia di differenziazione:

o Divario di costo rispetto ai prodotti concorrenti low cost aumenta (es low cost aerei)
o Il bisogno di differenziarsi dei clienti diminuisce/cambia (es auto green)
o L’imitazione riduce la differenziazione percepita del prodotto, specialmente in industrie
mature (es pasta)

L’integrità del prodotto

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MELISSA M.

Qualunque sia il piano sul quale l’impresa agisce per differenziare la propria offerta, occorre prestare
attenzione all’integrità del prodotto.

Esiste un principio per cui gli interventi volti a differenziare un prodotto devono essere tali da preservare o
enfatizzare l’equilibrio complessivo tra le varie caratteristiche del prodotto e la loro coerenza con le sue
funzioni d’uso e con le specificità del tipo di cliente a cui esso è rivolto.

Due tipi di integrità:

 Integrità interna che concerne la coerenza tra la struttura fisica del prodotto e delle sue componenti e
le funzioni che esso deve assolvere; si manifesta nella qualità dell’integrazione fra le varie componenti
del prodotto e nell’efficacia ed efficienza con cui esse realizzano le prestazioni per cui sono state
disegnate.
 Integrità esterna che fa riferimento alla coerenza tra il prodotto, e le aspettative, le esigenze e
l’identità del cliente target.

STRATEGIA DI FOCALIZZAZIONE: consiste nella ricerca di una posizione di vantaggio nei costi o di
differenziazione in un’area molto circoscritta nel mercato. È tipicamente adottata dalle imprese di minori
dimensioni, in quanto conveniente nell’agire in una piccola porzione di mercato. Questa strategia consente di
indirizzare tutti i propri sforzi economici e strategici in un contesto circoscritto, beneficiando di una maggiore
forza competitiva, favorisce la specializzazione delle risorse e delle conoscenze, rafforzando le opportunità di
raggiungere un vantaggio nella propria area. Vi possono essere dei rischi nel momento in cui la nicchia si
avvicina alla maturità o al declino, l’impresa perde opportunità di contrastare la contrazione dei volumi di
attività, l’imprese evita questo solo se dispone di una struttura dei costi flessibile con migliori dinamiche di
crescita. Area di mercato facilmente aggredibile

LEADERSHIP DI COSTO: consiste nella capacità di un’impresa di operare a un livello di costi unitari inferiore a
quello dei rivali, consente cosi di controllare la leva competitiva del prezzo. L’impresa può abbassare il prezzo
di vendita della propria offerta ad un livello che pur rimanendo al costo medio, risulta inferiore a quello dei
concorrenti, provocando così un aumento della quota di mercato, permettendo quindi a un’apertura allo
sfruttamento delle economie di scala. Bisogna porre attenzione a:

 Riduzione di prezzo insufficiente


 Tempo di diffusione dell’informazione
 Adeguamento della capacità produttiva

Procedura per determinare la leadership

1. Determinazione del livello di costi operativi unitari e degli investimenti assorbiti da ogni attività della
catena del valore
2. Anali comparativa del livello dei costi operativi unitari e degli investimenti assorbiti da ogni attività
della catena del valore, rispetto al livello nelle corrispondenti attività delle catene dei concorrenti
3. Analisi delle determinanti del livello di costo nelle attività della catena del valore e comparazione
rispetto alle determinanti di costo nelle corrispondenti attività della catena dei concorrenti
4. Individuazione delle aree di miglioramento rispetto ai concorrenti e della relativa strategia per
raggiungere il vantaggio di costo
5. Determinazione degli interventi utili ad attuare la strategia indicata nella fase precedenti

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MELISSA M.

Le determinanti del livello di costo:

a. Fattori relativi alla specifica realizzazione dell’attività in questione: come si svolgono internamente,
comprende:
i. Economia di scala: diminuzione del costi medio totale all’aumento della dimensione,
economia di estensione: riduzione dei costi medi dovuto all’aumento dell’estensione
dell’attività
ii. Economia di scopo
iii. Economia di apprendimento: riduzione dei costi unitari di produzione all’aumento
della quantità prodotta dall’impresa nel tempo
iv. Saturazione della capacità produttiva: quando l’incremento di produzione rimane
entro i limiti della capacità operativa
v. Tecnologie di processo utilizzate: beni simili ma con costi diversi
vi. Progettazione di prodotto: determina la qualità dei materiali e delle componenti
usate, n parti, grado di standardizzazione, opportunità di riciclo
vii. Localizzazione delle attività: fonti di approvvigionamento, mercati di sbocco, qualità
viii. Potere contrattuale dei fornitori: posizione negoziale dei fornitori
ix. Ottimizzazione delle relazioni con i distributori
x. Efficienza complessiva: l’impresa controlla il modo in cui realizza l’insieme delle
attività, eliminando fattori di inefficienza
b. Fattori relativi ai legami tra l’attività in svolte e le altre attività della catena del valore
i. Rigenerazione della catena del valore=selezione e ripensare i processi
ii. Esternalizzazione di attività
iii. Riposizionamento della filiera produttiva- integrazione a monte/valle
iv. Razionalizzazione della struttura produttiva=concentrare la produzione in poche
grandi attività

DUAL COMPETITIVE ADVANTAGE:

Un’impresa con una strategia di costo può vantare anche benefici di una strategia di differenziazione. (Es
quando le imprese riescono ad avere processi produttivi efficienti e che allo stesso tempo garantiscano
qualità). Quando si riesce a gestire bene la qualità totale si riesce ad offrire un’alta qualità ai clienti con costi
bassi in quanto l’assenza di qualità genera costi (controllo a valle di difetti, rilavorazioni, reputazione) 
controlli di qualità effettuati lungo tutte le fasi del processo

Può non esserci trade-off tra costo e differenziazione:

- I clienti richiedono di bilanciare costi e qualità


- Piattaforme di prodotto e progettazione modulare
- Elevati livelli di qualità raggiunti con procedure efficienti ed elevate economie di scala
- Leadership di costo, successo del prodotto e posizionamento implicito grazie al passaparola e
diffusione di informazioni sulla qualità del prodotto

STRATEGIA DI INTEGRAZIONE VERTICALE

Si sostanzia nella determinazione dei confini verticali dell’attività svolta dall’impresa, definendo anche
l’articolazione e lo sviluppo dei vari legami con i soggetti che stanno a monte e a valle (fornitori e distributori
diretti) e i criteri per modificare i confini verticali dell’impresa.

L’integrazione tra due attività della catena produttiva di un’imprese può essere:

- Completa: quando l’input utilizzato dell’attività a valle è prodotto interamente dall’attività a monte e
quando tutto l’output realizzato dalla fase a monte è impiegato nella fase a valle
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MELISSA M.

- Parziale: quando il fabbisogno dell’input produttivo di una determinata fase e la necessità di allocare i
suoi output sono soddisfatti anche attraverso lo scambio con oggetti esterni

L’attività dell’impresa si esplica nello svolgimento al proprio interno di un certo numero di lavorazioni in cui si
articola la filiera e, tanto maggiore sarà questo numero, tanto più elevato sarà il grado di integrazione
verticale. Può essere vista con una prospettiva:

- Statica: condizione in cui l’impresa si trova in un determinato momento della sua storia, l’attività
arriva da monte a valle, fino alla distribuzione diretta del prodotto finito al cliente
- Dinamica: risultato di un processo che vede, l’incremento/ diminuzione delle attività svolte all’interno
dell’impresa

Make or buy? Realizzo all’interno tutte quelle attività che mi costerebbero di più acquisire
all’esternovariabili

- Confronto costi burocratici con costi di acquisto e transazione ricorrere al mercato significa
affrontare costi specifici di gestione, controllo, negoziazione con il fornitore in quanto gli operatori del
mercato tendono ad avere comportamenti opportunistici, prima di integrarsi bisogna valutare la
specificità degli investimenti, grado di incertezza, frequenza delle transazioni
- Costi di cambiamento: di formazione, acquisto macchinari, ampliamento sede, costi che deve
sostenere l’impresa per integrarsi/de-integrarsi verticalmente
- Costi opportunità: quali ricavi che avrei ottenuto scegliendo l’altra opzione

Teoria dell’agenzia: spiega il rapporto tra due parti in cui, l’agent agisce nell’interesse dell’altra, principal
evidenziando i problemi di tale relazione connessi alle diverse funzioni dei due attori, e all’asimmetria
informativa che esiste tra loro. I confini variano in relazione al procedere del ciclo di vita del settore:

1. Fase di introduzione: l’impresa è integrata sia a monte che a valle


2. Fase di sviluppo: caratterizzata da un processo di progressiva de-integrazione, con l’impresa che può
specializzarsi su alcune attività di produzione trovando interlocutori esterni che svolgono le altre
3. Fase di maturità: il processo può avere un andamento divergente, in quanto sottoposto a diverse
forze (necessità di rendere la struttura dei costi più flessibile, stabilizzazione delle relazioni) le quali
spingono l’impresa a concentrarsi su poche attività particolari, mantenendo o aumentando il grado di
de-integrazione verticale

VANTAGGI E SVANTAGGI:

- Riduzione dei costi, derivante dalla diretta connessione degli impianti


- Presenza di risultati parziali del processo operativo
- Costi di transazione al netto di effetti opportunistici
- Controllo diretto delle attività cruciali a monte e valle
- Azione diretta sulla concorrenza
- Controllo sulla distribuzione, evitando il doppio mark-up e il free-riding proteggendosi anche con una
somma fissa o fissando un prezzo minimo di vendita
- Aumento dei costi di amministrazione, coordinamento e influenza
- Aumento del livello di investimenti fissi e di fabbisogno finanziario
- Dimensionamento della produzione che non minimizza i costi, con la presenza di scorte in eccesso o
un rallentamento del processo produttivo
- Difficoltà competitive legate all’eterogeneità delle attività

Le forme contrattuali di quasi-integrazione verticale

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MELISSA M.

L’impresa può stabilire con il proprio fornitore o con il proprio cliente una relazione contrattuale di lunga
durata. Una relazione di questo tipo implica uno scambio ripetuto e complesso tra le parti. Queste condizioni
rappresentano un forte disincentivo ai comportamenti opportunistici.

Esistono però alcuni problemi. In primo luogo, non elimina il problema dei costi di transazione. Questi
contratti hanno due criticità:

1. La necessità del controllo del rispetto delle condizioni previste nel tempo.
2. L’individuazione di appropriati meccanismi di adeguamento delle condizioni contrattuali di fronte al
mutare degli assetti aziendali del contesto esterno cui tali condizioni sono sensibili.

Esistono dei meccanismi che incentivano il rispetto degli accordi. In tal senso, se la transazione è tale da
prevedere un investimento idiosincratico a carico di entrambe le parti, si riducono le probabilità che le stesse
abbiano tentazioni opportunistiche. L’intensità e l’estensione delle relazioni sociali che legano direttamente
o indirettamente gli attori della transazione, nonché la “fiducia condivisa”, hanno anche notevole rilievo sul
mantenimento nel tempo di relazioni cooperative.

Logica corporate esce da una logica di mercato e stabilisce relazioni basate sulla fiducia, durature e che
eliminano comportamenti opportunistici: il successo delle imprese cooperanti è legato:

- Forme contrattuali di quasi-integrazione verticale: alleanze, contratti di lungo termine, joint venture
- Modello corporativo con condivisione di conoscenze e competenze in cambio di investimento in
tecnologia (modello win win)
- Dual sourcing e organizzazione piramidale: uscire da relazioni di mercato in cui le parti sono sostituibili
e in cui è richiesta una continua contrattazionegestire poche relazioni con i fornitori più importanti
per le componenti principali e do a loro la delega di contrattare con i fornitori di secondo livello

Gestione delle relazioni verticali: bisogna far notare che una “quasi-integrazione” non elimina il problema dei
costi di transazione, in quanto c’è la necessità del controllo rispetto alle condizioni previste e
dell’individuazione di appropriati meccanismi di adeguamento delle condizioni contrattuali di fronte al mutare
degli assetti aziendali. L’intensità e l’estensione delle relazioni sociali che legano direttamente o
indirettamente gli attori della transazione hanno un notevole rilievo sul mantenimento nel tempo di relazioni
cooperative. Le ipotesi sono

- Fixed price: prevede che il prezzo fissato nel contratto al momento della sua stipula rimanga stabile e
le eventuali variazioni dei costi di produzione siano assorbite dal fornitore
- Cost plus: prevede che la variazione dei costi di produzione determina un cambiamento del prezzo
finale pagato dall’acquirente che, quindi sostiene il rischio di tale variazione

DIVERSIFICAZIONE: obiettivo di sviluppare la presenza competitiva dell’impresa una molteplicità di settori non
correlati. La diversificazione può essere attuata in maniere diverse:

- Linea interna: creazione di ulteriore capacità produttiva


- Attraverso accordi: joint venture con imprese già presenti nel settore in cui si vuole diversificare
- Linea esterna: funzioni acquisizioni di imprese collocate nei business dove si vuole entrare

La correlazione tra due settori diversificati può essere descritta attraverso tre criteri fondamentali:

1. Intensità: descrive il rilievo delle sinergie tra i business


2. Direzione: verticale qualora sia indirizzata verso settori a monte o a valle rispetto al settore in cui
opera l’impresa, oppure una direzione orizzontale, ove sia indirizzata verso comparti che condividono
con quello d’origine uno stesso macro-mercato o una stessa applicazione tecnologica
3. Correlazione: elementi relativi al marketing o al mercato da una parte, elementi relativi alla
produzione o alle tecnologie chiave dell’altra. Si osserva che la diversificazione dell’impresa in aree di
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MELISSA M.

business fortemente correlate può configurare, a un’analisi condotta a livello di macro-settori, una
situazione di non diversificazione.

Per misurare il grado di diversificazione si ricorre agli indici di concentrazione assoluta e relativa

Le imprese si diversificano:

- Per crescere, poiché mancano opportunità di crescita nel settore d’origine a causa di un basso tasso di
crescita della domanda o un’elevata competizione
- Per ridurre i rischi: uscire da settori poco attrattivi o stabilizzare i profitti tramite la diversificazione del
portafoglio conglomerale
- Per meglio utilizzare le risorse esistenti: che potrebbero creare valore anche in altri contesti e
potrebbero generare economie di produzione
- Deve creare sinergie: fattori tangibili e intangibili che rendono competitiva l’impresa in settori diversi
tenendo le stesse risorse) e valore maggiore rispetto ai business singolarmente: allocazione efficiente
del capitale, trasferimento di conoscenze e competenze, un brand comune, condivisione dei clienti
- Utilizzo della liquidità disponibile: poiché le imprese con molta liquidità attirano corporate riders
- Per aumentare il prestigio del management

LIMITI

 Incremento dei costi di gestione e coordinamento a causa della complessità gestionale


 Rigidità rispetto alle turbolenze dell’ambiente esterno/competitivo
 Formulazione obiettivi errati rispetto all’andamento dei vari settori
 Legami/sinergie non effettivi, il settore potrebbe essere troppo lontano/diverso

TIPOLOGIE:

 DIVERSIFICAZIONE CORRELATA: le competenze e i clienti sono simili al settore di origine anche se i


processi produttivi sono diversi:
o Verticale: a monte o a valle
o Orizzontale: verso settori diversi che presentano fattori di correlazione di mercato,
tecnologico produttivi, strategico ed economico
LIMITI:
o Incapacità di comprendere quali attività sono complementari e self-reinforcing
o Rischi associati all’acquisizione di un nuovo business
o Complessità e difficoltà di coordinamento di business differenti
o Diseconomia dimensionali
 DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERALE: è l’ingresso dell’impresa in un’industria completamente diversa,
non ci sono relazioni verticali, sono fuori dalla mia catena del valore logica di portafoglio per avere
prodotti con cicli di vita ed economici diversi in modo da stabilizzare le entrate
o TARGET: imprese da acquisire, poiché non ho le competenze per entrare nel settore. Quindi
imprese con asset sottovalutati, crisi finanziaria, con buone prospettive di crescita ma con
capitali limitati.
o VANTAGGI: riduzione del rischio, creazione di valore per gli azionisti, mercato interno di
risorse umane e capitali, stabilizzazione dei profitti

Il valore prodotto dalla diversificazione deve essere superiore alla somma dei valori delle attività considerate
singolarmente prima della diversificazione e ogni attività all’interno del portafoglio deve avere un valore
maggiore di quello che potrebbe avere al di fuori di tale portafoglio
LE STRATEGIE DI COLLABORAZIONE

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MELISSA M.

Il significato, le motivazioni e gli attori delle strategie collaborative

La cooperazione come manifestazione del comportamento strategico

Il comportamento strategico dell’impresa non è necessario di tipo solo competitivo; può essere anche di
natura collaborativa.

Tra le imprese di uno stesso settore e collegate in una determinata filiera si possono instaurare relazioni
competitive e appunto cooperative. La rilevanza della cooperazione emerge anche con riferimento al fine
imprenditoriale di massimizzare del valore economico. Per raggiungere questo obiettivo non basta
appropriarsi delle opportunità da cui trarre valore, occorre anche creare tali opportunità.

Diversi studi hanno osservato che proprio nei mercati maggiormente esposti alla concorrenza, aumenta la
frequenza di intese tra imprese collegate nell’ambito di una stessa costellazione. D’altro canto, la
concorrenza, intesa come confronto conflittuale, non necessariamente si svolge solo tra imprese
singolarmente considerate ma spesso tra insiemi di aziende tra loro alleate.

La coesistenza tra competizione e cooperazione dipende anche dalla specificità del contesto e delle attività
coinvolte.

La redditività potenziale ottenibile da un’impresa in un certo contesto non dipende, dunque, soltanto
dall’intensità della concorrenza al suo interno, ma anche dalle opportunità di cooperazione esistenti. La
qualità dell’ambiente competitivo va valutate anche in relazione alle condizioni che esso offre alle imprese per
implementare le varie forme di alleanza.

La cooperazione può manifestarsi in linea orizzontale, verticale e laterale.

La cooperazione in linea orizzontale si attua tra imprese impegnate in una stessa area di business o di
mercato. La cooperazione in linea verticale si attua tra soggetti operanti in fasi diverse e collegate di una
stessa filiera; sono le collaborazioni stabilite da un’impresa con i propri fornitori o con i propri
distributori/clienti. La cooperazione in linea laterale si attua tra aziende appartenenti a settori o mercati
diversi, o quella tra aziende e altri tipi di organizzazione.

Le alleanze possono essere distinte anche in relazione al territorio di appartenenza degli attori coinvolti;
quelle tra imprese collocate in una stessa micro-area geografica hanno natura e dinamiche evidentemente
molto diverse dagli accordi tra imprese internazionali.

Infine, le alleanze si differenziano in relazione alla numerosità dei partner coinvolti.

Le motivazioni alla base di una strategia cooperativa

Le motivazioni alla base di un’intesa vanno innanzi tutto ricercate all’interno dei soggetti che si propongono di
attuarla: nello loro strategia di sviluppo, negli assetti organizzativi e nei valori e cultura manageriale dei
decisori.

Vi possono essere anche fattori ambientali che stimolano fortemente gli attori ad accordarsi. Un’altra
possibile spinta ambientale è determinata dall’azienda delle istituzioni pubbliche a supporto della
costituzione di accordi tra piccole e medie imprese.

Si individuano quattro fondamentali motivazioni di carattere interno alle imprese:

1. Sviluppo del patrimonio di competenze


2. Miglioramento dell’efficienza
3. Espansione della capacità produttiva e distributiva
4. Gestione della posizione competitiva.

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MELISSA M.

Lo sviluppo del patrimonio di competenze ha assunto particolare pregnanza. Alleanze su progetti di cerca o di
innovazione o per ottimizzare la gestione di determinate attività sono sempre più diffuse e decisive
nell’evoluzione delle imprese. Sono favorite dall’opportunità di condividere gli ingenti investimenti spesso
necessari a favorire il massimo e rapido sfruttamento dei risultati.

È frequente che gli accodi per lo sviluppo in comune di conoscenze e tecnologie siano attuati da imprese che
operano in contesti geografici e di business diversi.

Il miglioramento dell’efficienza è una spinta alle alleanze. L’intesa può riguardare la condivisione di
determinati fasi del processo produttivo, così da ridurre i costi di natura generale e aumentare l’effetto di
scala; può manifestarsi addirittura nella centralizzazione di determinate attività della catena del valore in
modo da dare a tale attività la dimensione critica che favorisce la minimizzazione dei costi con più rapido
recupero degli investimenti.

Le alleanze possono essere determinate dalla necessità di raggiungere le dimensioni adeguate ad entrare in
nuovi mercati geografici o per diversificare in nuove aree di business.

La gestione della posizione competitiva è la motivazione in un certo senso più controversa di alleanza perché
può portare agli accordi collusivi, generalmente considerati non leciti, in quanto volti a ridurre la concorrenza
nel mercato e favorire lo sfruttamento della posizione dominante raggiunta in seguito alla concertazione.

Le intese finalizzate al rafforzamento della posizione competitiva possono essere stimolate anche da obiettivi
leciti. In questo ambito, una spinta significativa e piuttosto comune è rappresentata dal manifestarsi di
opportunità/minacce di tipo contingente.

Alleanze con obiettivi competitivi possono essere stimolate anche dalla volontà di integrazione di capacità
produttiva e/o del portafoglio prodotti o servizi per presentare un’offerta nel suo insieme più coerente con le
dinamiche del mercato e più in grado di far fronte alle specificità del suo andamento. Vanno anche
considerate le intese basate sulla volontà di coordinare o integrare determinate politiche di marketing e
commerciali. Un’ulteriore motivazione, che riguarda gli accordi tra imprese operanti in mercati geografici
diversi e scarsamente collegati è lo scambio di fattori di vantaggio competitivo utilizzabili da ciascun partner
nel proprio specifico contesto.

Le diverse tipologie di attori coinvolti

Le alleanze possono legare soggetti tra loro più o meno simili rispetto alle seguenti cinque variabili:

1. Dimensione
2. Posizione competitiva
3. Area di business di principale focalizzazione
4. Natura dei soggetti
5. Area geografica di origine.

La capacità di collaborare

La misura in cui l’impresa riesce a stabilire alleanze utili al proprio processo di sviluppo e a sfruttarne al meglio
gli effetti dipende dalla sua capacità di cooperare.

La capacità di cooperare è la risultante di diverse condizioni. In primo luogo, la disponibilità di risorse per
finanziare gli investimenti richiesti dall’attuazione dell’accordo, nonché i costi assorbiti dalla gestione dello
stesso accordo. La disponibilità di risorse distintive è il secondo fattore basilare, dato che le alleanze sono
spesso basate proprio sull’integrazione di risorse eccellenti, complementari, apportate da soggetti diversi.

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MELISSA M.

Molto importanti sono i fattori che influenzano l’atteggiamento di fondo dei soggetti con potere decisionale
verso l’opzione della cooperazione, la loro capacità di valutarne costi e benefici e di individuare i possibili
partner. Tali fattori sono:

 Capitale sociale, ovvero la qualità delle relazioni stabilite dall’impresa con i soggetti esterni.
 Stile manageriale e attitudine culturale verso la cooperazione con gli altri soggetti.
 Chiarezza degli obiettivi strategici e capacità di innescare scelte di tipo cooperativo
 Competenze organizzative specificatamente richieste per la progettazione dell’accordo, e per la
gestione di tutte le sue fasi.
 Reputazione goduta dall’impresa, con riferimento alla qualità del patrimonio di risorse disponibili e
all’affidabilità come partner di intese con altri soggetti.

Le diverse tipologie di alleanza e il loro ciclo di vita

Alleanze tattiche e alleanze strategiche

Le alleanze possono essere distinte n tattiche e strategiche sulla base dei seguenti sei criteri:

1. Obiettivi dell’alleanza
2. Potenziale impatto sula strategia competitiva di ciascun partner
3. Potenziale impatto sulla gestione operativa di ciascun partner
4. Livello delle risorse impiegate/investite
5. Grado necessario di integrazione richiesta tra i sistemi organizzativi dei partner
6. Durata.

Le alleanze di tipo strategico si distinguono da quelle tattiche per il fatto di incidere in maniera molto più
profonda e duratura sul processo evolutivo dell’impresa, quindi sulla sua strategica competitiva e di crescita,
richiedendo di conseguenza un impegno organizzativo e finanziario molto più consistente.
ALLEANZA TATTICA ALLEANZA STRATEGICA

Obiettivi funzionali alla attuazione


Obiettivi funzionali alla soluzione
Natura degli obiettivi della vision e della mission
di problematiche contingenti
dell’azienda

Potenziale impatto sulla


Modesto o assente Elevato
strategia

Non necessariamente significativo


Potenziale impatto sulla
Elevato nell’immediato; elevato nel medio
gestione operativa
termine

Livello di risorse impiegate Generalmente limitato Generalmente molto consistente

Integrazione organizzativa Modesta o comunque temporanea Elevata e normalmente strutturale

Di breve termine, salvo


l’eventualità di una reiterazione
Durata Di medio-lungo termine
nel tempo delle attività previste
dall’alleanza

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MELISSA M.

Le alleanze tattiche tendono ad avere possibili manifestazioni, rientrando quasi sempre in due ambiti
fondamentali:

1. Azioni finalizzate allo sviluppo commerciale e alla gestione ottimale dei clienti
2. Gestione di particolari problematiche nello svolgimento ordinario del processo produttivo

Le alleanze tattiche rappresentano una prima fase di avvicinamento tra i partner nella prospettiva di avviare
forme più consistenti di integrazione.

Le alleanze strategiche hanno manifestazioni eterogenee che possono essere raggruppate in tre modalità
essenziali:

1. Accordi contrattuali
2. Consorzi
3. Joint ventures

I consorzi e le joint ventures si distinguono dagli accordi contrattuali essenzialmente perché implicano la
costituzione di un nuovo soggetto giuridico e almeno un certo apporto di capitale dei partner.

Il ciclo di vita delle alleanze strategiche

Un’alleanza strategica è un fenomeno che di dispiega nel tempo. La sua evoluzione è fortemente
caratterizzata dal progetto da cui trae origine, ma anche da fattori contingenti che possono manifestarsi
durante la sua operatività. Ogni intesa è, quindi, caratterizzata da un ciclo di vita articolato in tre macro-fasi:
preparazione, gestione e transazione.

Le alleanze sono costituite con obiettivi ben esplicitati; di conseguenza, nel momento in cui tali obiettivi sono
stati raggiunti o, al contrario, appaiono non più perseguibili, esse vengono concluse o riprogettate e rilanciate.

La fase di preparazione comprende dapprima le attività attraverso cui i potenziali partner definiscono i
rispettivi apporti di risorse, impegni, il “chi fa che cosa” e la sua governance. Poi, si procede alla
predisposizione delle condizioni materiali per la sua concreta attuazione, a partire dalla costituzione della
struttura organizzativa e degli organi di governo.

La fase di gestione concerne le varie attività previste nel progetto strategico da cui l’azienda ha avuto origine o
stimolate da eventi successivi rilevanti.

La fase di transizione interviene quando l’alleanza ha esaurito la sua ragion d’essere. Questa fase può
manifestarsi in tre modalità:

1. La formale chiusura dell’intesa, quindi la conclusione delle attività svolte nel suo ambito, la liquidazione
delle eventuali posizioni finanziarie; la restituzione degli asset ai rispettivi titolari.
2. Il rilancio dell’alleanza in seguito a un aggiornamento degli obiettivi strategici ed eventualmente degli
attori coinvolti.
3. L’attuazione di una forma di maggiore integrazione tra i partner può evolvere nella fusione tra i partner o
nell’acquisizione del suo pieno controllo da parte di uno di questi.
Le condizioni di successo delle alleanze strategiche

Il successo di un’alleanza è determinato sia da condizioni soggettive dei partner sia da aspetti oggettivi relativi all’alleanza
in sé.

Condizioni soggettive

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MELISSA M.

Sul piano delle condizioni soggettive è essenziale che i partner abbiano caratteristiche tali da essere tra loro coerenti;
questa coerenza non può non manifestarsi nella fase di avvio, ma è altrettanto importante che si mantenga durante tutto
il ciclo di vita della collaborazione. Deve esserci coerenza su almeno i seguenti quattro ambiti:

1. Obiettivi strategici dei singoli partner


2. Apporto di risorse e di competenze
3. Orizzonte temporale
4. Approccio culturale.

Condizioni oggettive

Le condizioni oggettive derivano dal modo in cui l’accordo è progettato e riguardano quattro questioni:

1. Effettivo potenziale impatto che le finalità dell’intesa possono avere sugli obiettivi strategici dei singoli partner
2. Equilibrio tra i costi sostenuti dai diversi attori e i benefici che gli stessi riescono a trarre dall’accordo
3. Sistema di governo, riguarda l’attribuzione dei poteri e degli ambiti di competenza tra i vari partner
4. Determinazione di un corretto equilibrio tra autonomia e integrazione della struttura di gestione dell’alleanza dai
soggetti partner che l’hanno costituita. Bisogna garantire che chi gestisce l’accordo operi concretamente in linea
con gli indirizzi stabili dai partner e comunque nel loro interesse.

Per attuare il delicato equilibrio descritto al punto precedente, è necessario predisporre adeguati meccanismi di controllo
per un verso e di incentivazione per l’altro.

L’insieme delle condizioni oggettive e soggettive che incidono sulla probabilità di successo di un’alleanza può essere
sintetizzato nei seguenti sei principi generali:

1. Costituire un’alleanza intorno all’insieme di competenze apportate da ciascuno dei partner


2. Costituire un’alleanza per sfruttare una propria risorsa esclusiva con partner che a loro volta sono in grado e
intendono fare la stessa cosa
3. Condividere con attenzione e in un’adeguata prospettiva temporale gli obiettivi dell’alleanza
4. Non ricorrere alle alleanze per neutralizzare una propria debolezza, né con chi si propone di sopperire a una
propria debolezza
5. Assegnare alle caratteristiche soft del potenziale partner la stessa rilevanza attribuita a quelle più direttamente
rilevanti per gli obiettivi dell’accordo
6. Definire la governance con l’intento di rendere l’azienda stabile ed efficiente e non di garantire un maggiore
controllo o addirittura una migliore appropriabilità dei risultati agli altri partners.

La progettazione di un’alleanza strategica

Il successo di un’alleanza strategica dipende anche dal modo in cui questa è progettata. La progettazione dell’alleanza
strategica è un processo che dovrebbe essere articolato secondo alcune fasi abbastanza standardizzate.

A monte di tale processo, dovrebbe esserci una attenta condivisione tra i partner delle rispettive motivazioni strategiche
alla base della volontà di legarsi in un accordo.

Il primo passaggio riguarda la definizione del business model, ovvero la su fondamentale ragion d’essere, i soggetti
coinvolti, il perimetro di aziende, le risorse disponibili apportate dai partner, proposta di valore e le modalità della sua
concreta attuazione, meccanismi attraverso cui i vari soggetti coinvolti si appropriano in modo equilibrato del valore
creato dall’alleanza; le attività chiave svolte dall’alleanza e la conseguente struttura organizzativa.

Il business model fornisce una prima configurazione dell’accordo utile per condurre la verifica della coerenza tra i
soggetti potenzialmente coinvolti. Particolare attenzione deve essere posta sulla coerenza degli apporti di risorse, anche
rispetto agli obiettivi che si intendono attuare attraverso l’accordo.

Poi, si passa alla progettazione del modello organizzativo. Infine, devono essere delineate le procedure per ottimizzare le
relazioni che si stabiliscono durante la vita dell’alleanza tra il soggetto gestore della stessa e i partner, nonché tra questi
ultimi per quanto concerne il governo dell’alleanza. Si fa riferimento a sistemi di trasferimento di risorse e competenze,
ai sistemi di controllo strategico: ai meccanismi incentivanti. Al termine di questa fase è opportuno prevedere

22
MELISSA M.

un’ulteriore verifica, relativo alla compatibilità dei soggetti coinvolti con il complessivo impegno che l’adesione all’intesa
progettata richiede sul piano finanziario, strategico e organizzativo.

GESTIONE DELLE IMPRESE II


Introduzione: produzione di servizi
Per molto tempo si è considerata la produzione manifatturiera: i servizi erano molto sottovalutati. Poi parte
dei principi applicati alla produzione manifatturiera sono risultati applicabili anche alla produzione di servizi
La distinzione produttore (colui che crea valore) e consumatore (consuma il valore) si è assottigliata: il
prodotto è il medium che consente di distinguere i processi svolti dall’uno e dall’altro ma il consumatore-
cliente ha un ruolo sempre più attivo e partecipativo al processo produttivo ed alla creazione di valore. Il
prodotto lega produttore e consumatore in un rapporto tra loro.
Produzione “puri” beni: il prodotto permette di distinguere i processi svolti da impresa produttrice e cliente-
consumatore che possono essere disgiunti nel tempo
Produzione “puri” servizi: c’è congiunzione nello spazio e nel tempo. C’è una sovrapposizione tra le attività
svolte da produttore e consumatore nella realizzazione dell’output.
Il prodotto come: ciò che consente di connettere gli obiettivi, le risorse e le attività degli attori
(della produzione e del consumo) Approccio relazionale: guardare alle due dimensioni di produzione e
utilizzazione in modo (a volte) simmetrico

Quattro cambiamenti nel mondo della produzione


1. Convergenza tra industria (manifattura e produzione) e terziario: quest’ultimo ha un valore crescente e
cambiano le modalità di creazione del valore. Non c’è solo la creazione materiale come trasformazione fisica
(opinione passata) degli input in prodotti finiti ma anche una creazione immateriale intesa come far accedere
a conoscenze e relazioni, produrre significati, relazioni, …
2. Nuovo ruolo del cliente-consumatore che partecipa attivamente in modo emotivo, cognitivo e operativo
cioè realizzando attività (es. Ikea) -> la divisione del lavoro tra attività del produttore e del consumatore è un
confine mobile
3. Digitalizzazione o digital transformation: costruzione del business attorno alle tecnologie disponibili;
interfacce; piattaforme; nuovi modi di pagare; comunicazione in tempo reale e personalizzata (algoritmi) su
più canali
4. Ruolo della cultura e creatività: importanza di aspetti simbolici, di significato, estetici; ma anche accessibilità
al prodotto intesa come modalità di accesso, condivisione, partecipazione, esperienza

Il processo di creazione di valore: insieme di attività, hard e soft, che sfrutta risorse materiali e immateriali al
quale partecipano più attori tra i quali il cliente.
1. Specularità: guardare ai processi di creazione e utilizzazione (quindi compiuti da produttore
e consumatore) in modo speculare ponendosi le stesse domande su chi sia l’attore, gli obiettivi, le risorse, le
attività
2. Attività di trasformazione e connessione: le attività di connessione sono di tipo materiale/fisico ma anche
informativo
3. Integrare e coordinare
4. Trade-off: varietà e variabilità vs costi e coordinamento non sono negli output ma anche negli input e nei
processi

BUSINESS MODEL *(aggiunta vedi fine pagina)


Il business model di un’iniziativa delinea come essa si caratterizza in un determinato contesto competitivo;
evolve, sulla base di un efficace scambio di valore con soggetti esterni, raggiunge e rinnova nel tempo un certo
vantaggio competitivo. In altri termini, descrive l’insieme di elementi attraverso cui l’iniziativa economica crea,
trasferisce e cattura a suo vantaggio quel valore. Il business model rappresenta in modo organico i contenuti
di un’idea imprenditoriale, approfondendone la capacità effettiva di creare valore ed essere sostenibile.

I contenuti di un business model possono essere raggruppati nei 3 seguenti ambiti:


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MELISSA M.

1. Proposta di valore: è il cuore del business, deve essere delineata con riferimento al mercato e
parallelamente alla collettività ove l’impresa ha una presenza rilevante sul piano economico, sociale e
ambientale.
I. TARGET: è rivolta all’insieme di soggetti che costituiscono il segmento di mercato a cui
l’impresa è interessata, possono esser compresi diversi target nel caso si differenzi
l’offerta
II. VALORE PER IL TARGET: definisce i contenuti materiali e immateriali dell’offerta attraverso
cui l’impresa cerca di soddisfare le esigenze fondamentali dei soggetti appartenenti al suo
target di mercato. (Es. qualità oggettiva ed elastica, innovatività, affidabilità, immagine)
III. MODALITA’ DI EROGAZIONE DEL VALORE: sono una componenti essenziale della value
proposition perché incidono sul beneficio netto determinato dal valore per il target e dal
modo in cui questo è effettivamente percepito dai clienti. Si tratta di individuare le
modalità attraverso cui:
a. Rendere il prodotto/servizio disponibile al cliente target
b. Far percepire a questi gli elementi di valore del prodotto/servizio offerto
c. Gestire la relazione con il cliente
d. I canali di comunicazione e distribuzione possono essere essi stessi strumenti di
creazione di una parte del valore
2. Fattori critici: è l’insieme di condizioni fondamentali necessarie per attuare la proposta di valore e
attraverso queste, l’impresa si propone di raggiungere un vantaggio competitivo, sono:
I. RISORSE CHIAVI: fondamentali per produrre ed erogare il valore progettato, rendendolo
relativamente unico e superiore a quello fornito dai concorrenti, non sono rilevanti in quanto
tali ma in relazione all’apporto che danno alla realizzazione del business model
II. ATTIVITA’ CHIAVE: hanno maggiore importanza nel processo di creazione di valore sono:
i. Processo produttivo esteso
ii. Creazione e gestione di piattaforme che ottimizzano l’interazione
iii. La gestione di problemi specifici
III. MODELLO ORGANIZZATIVO: individua le condizioni organizzative che favoriscono la miglior
realizzazione del complesso delle attività, valorizzando le risorse disponibili. La diffusione di
valori aziendali e lo sviluppo del social capital interno in alcuni casi possono assumere rilievo
nella stessa proposta di valore
3. Proposta di profittabilità: è articolata nella revenue stream (flussi di ricavi) e cost structure (struttura
dei costi), esplicita il modo in cui l’impresa pesa di estrarre valore economico dalla proposta di valore
avanzata nel mercato:
I. Revenue stream: è individuata sulla base dei contenuti dell’offerta e del corrispondente
valore per il quale il cliente è effettivamente disposto a pagare. Definisce come l’impresa
voglia agire a riguardo di prezzo e unità vendute. Possono avere natura, frequenza e
dimensione diversa in relazione alle caratteristiche del consumatore target, alle sue modalità
di acquisto e al valore percepito del prodotto. L’impresa deve agire su prezzo e quantità
tramite le strategie di differenziazione e di leadership di costo
II. Cost strutcture: individua e ordina l’insieme dei costi che l’impresa deve sostenere per attuare
il buisness model. La determinazione della struttura ha due finalità:
i. Serve per valutare la sostenibilità economica e finanziaria sulla base del confronto con
il flusso dei ricavi
ii. È utile per comprendere le aree/attività che hanno maggiore impatto sulla struttura
dei costi

FIT

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MELISSA M.

- Interno: misura il livello di integrazione interno tra le attività di un’impresa. La strategia basata sulla
coerenza interna deve coinvolgere sull’intero sistema di un’attività per ottenere un vantaggio
competitivo basato sull’integrazione. Viene quindi creata una mappa delle attività dove si evidenzia la
natura dei legami tra le stesse
o Neutralità
o Compatibilità
o Sostituibilità
o Complementarietà
- Esterno: misura il livello di adeguatezza della configurazione di attività di un’impresa all’ambiente
esterno. Viene creata un mappa della coerenza esterna per verificare la coerenza con l’ambiente
esterno, minacce, opportunità, vincoli. Per realizzare una perfetta coerenza interna ed esterna,
l’impresa deve essere in grado di cambiare la sua organizzazione e mantenere adeguate performance,
in quanto l’ambiente non è un fattore statico.

INNOVAZIONE DEL BUSINESS

Vi sono diverse situazioni in cui il business deve essere innovato: introduzione di nuove tecnologie, evoluzione
delle caratteristiche chiave del consumatore, nuove condizioni del contesto ambientale. 2 tipi di innovazione:

1. Sustaining innovation: innovazioni che rafforzano traiettorie di performance collegate a prodotti già
esistenti e tradizionalmente controllate da competitor presenti
2. Disruptive innovation: innovazioni che propongono un diverso insieme di attributi e che vengono
controllate da nuovi entranti

I modelli di business stanno cambiando e mutando le determinanti del loro successo. Tale cambiamento è
determinato dall’espansione di 3 fenomeni distinti interdipendenti

1. Digital economy: include i processi di conversione delle informazioni in forma digitale e lo sviluppo di
tecnologie per gestire e sfruttare l’enorme ammontare di risorse digitali generate da tali processi.
Esso poggia su un complesso di tecnologie fortemente interdipendenti riguardanti internet,
infrastrutture di comunicazione e rete, hardware, mobile applications, servizi ICT,che portano
all’innovazione dei sistemi produttivi e sociali . Una manifestazione delle tecnologie digitali che sta
avendo un impatto cruciale nelle industrie e nei mercati è l’affermazione delle piattaforme digitali. La
rilevanza di tali risulta evidente dalla loro diffusione in molte funzioni aziendali. I modelli di business
sono fondati sul, concept, tecnologia, esternalità di rete, big data, diffusione globale
2. Sharing economy
3. Green economy

GESTIONE DELLE OPERATIONS: affronta una grande varietà di problemi all’interno di un’impresa, che vanno
dalla ripianificazione della produzione in caso di guasto di una macchina, al dimensionamento della capacità
produttiva. Le operations hanno come obiettivo la produzione di beni e servizi, tutte le aziende hanno una
funzione operations in quanto tutte producono, rappresentano l’insieme di attività che devono essere
eseguite per trasformare gli input in output utilizzando un opportuno processo di trasformazione. Si possono
distinguere diverse tipologie di operations, in base al volume di produzione e il grado di varietà MATRICE
VOLUME-VARIETA’.

- Progetto: la personalizzazione del prodotto/servizio e il coinvolgimento dell’acquirente nella


progettazione e realizzazione sono molto elevati. L’organizzazione ha carattere transitorio: layout a
posto fisso. Garantisce la più elevata varietà poiché il prodotto viene disegnato in base alle
caratteristiche specifiche del singolo cliente e perciò si tratta di prodotti speciali e unici, l’unica cosa
prestabilita è il tempo entro il quale devo fornire il prodotto, la qualità attesa e il costo. Sono
necessarie skill differenti per realizzare componenti uniche  Attivo un network diverso di fornitori in
25
MELISSA M.

base alle esigenze del cliente o Fixed position o reparti (job shop) – l’oggetto della trasformazione ha
una posizione fissa perché è troppo costoso o delicato da spostare . Complessità dell’organizzazione
della produzione e della progettazione dei processi nel tempo, non ha senso avere una capacità
produttiva predefinita o Gant chart – strumento che viene utilizzato per programmare un fixed
position layout che elenca le attività necessarie per raggiungere l’obiettivo, il timing e le risorse di cui
ho bisogno oltre allo spazio da dedicare alla sequenza di attività
- Job shop: piccoli lotti: la differenziazione rimane elevata e le risorse sono flessibili. L’organizzazione è
molto diversa, layout per reparti (es ristorante self-service) Commesse ripetute con alta varietà e poca
ripetitività possibilità di riutilizzare lo sforzo progettuale parto da un progetto con diverse varianti
ma propongo un catalogo, Fabbisogno di skill molto ampio operatori qualificati. Produzione per
reparti con capacità produttiva precostituita = zona del plant in cui si trovano macchinari, tecnologie e
competenze simili tra loro permettendo agli operai di gestire più tecnologie contemporaneamente
in base al numero di reparti, di macchinari presenti al loro interno e ai flussi/percorsi che descrivono i
prodotti tra un reparto e l’altro viene definita la varietà che posso offrire al cliente e la conseguente
possibilità di saturare la capacità produttiva
- Batch: layout per reparti, la differenza principale sta nel fatto che i prodotti non sono processati uno a
uno, ma in lotti uniformi (es produzione di mobili, calzature). Più alti volumi ma meno varietà ho un
portafoglio di prodotti e spingo sulla ripetitività della produzione per ottenere una maggiore
competitività ed efficienza, sono ammessi specials. Portafoglio di skill più ristretto e specializzato.
Produzione per reparti o celle = insiemi di risorse disposte in prossimità che realizzano un mix di
operazioni di trasformazione diverse necessarie per la realizzazione dello stesso
prodotto/sottosistema conviene produrre lotti medio/grandi; al suo interno la cella può essere
organizzata a sua volta per reparti o in linea; l’allocazione delle risorse può essere diretta o indiretta;
ripartisco i costi fissi tra celle
- Flow shop o mass production: layout in linea il prodotto si ottiene da una sequenza fissa di lavorazioni
svolte da stazioni di lavoro disposte lungo la sequenza del ciclo. (es assemblaggio di auto)
- Group tecnology: processo per celle, in una cella sono riunite tutte le risorse produttive organizzate in
modo tale che ogni singolo pezzo possa subire la lavorazione senza aspettare che sia stato completato
il lotto
- Processi continui: il prodotto è standard quindi la diversificazione è bassa (es industria chimica,
cementifici)

ELASTICITA’: indica la caapcità del processo di varaire i volumi di produzione senza eccessivi aggravi di costo
medio unitario, quindi con riferimento a tecnologie nelle quali l’incidenza dei costi fissi è limitata

FLESSIBILITA’: indica la capacità di modificare l’output cintenendo i costi addizionali, costi derivanti dalla
riprogrammazione delle lavorazioni, dal tempo e dai mezzi necessari al riattrezzaggio dei macchinari, nonché
dai correlati tempi di fermo-macchina

Ambiti di competenza del management

All’interno del processi delle operations è necessario distinguere quelli adibiti alla vera e propria creazione dei
beni a quelli correlati che si occupano di gestire il flusso di materiali e informazioni, tra i quali vi è la logistica
che viene intesa non solo per la consegna del prodotto, ma anche per le tempistiche, stato, destinazione e
costo. Tra i processi di competenza vi sono:

- Processi di approvvigionamento: si occupa di reperire le materie prime, beni e servizi necessari al


funzionamento dell’attività produttiva
- Processi di logistica interna: riguarda la movimentazione e distribuzione dei semilavorati all’interno
dell’azienda
- Processi di distribuzione del prodotto finito fino al cliente finale

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MELISSA M.

OPERATION MANAGEMENT: settore che si focalizza sull’efficace pianificazione, programmazione, esercizio e


controllo di un’azienda.

- Processo di trasformazione è cruciale perché trasforma input in output e assicura la creazione di


valore. Di conseguenza il focus è concentrato tutto sulla progettazione, pianificazione e controllo del
processo di trasformazione
- Produrre beni/servizi: non modifica il modo di fare operazione management
o Previsione domanda
o Programma attività
o Selezione dei fornitori
o Acquisto beni/servizi
o Gestione scorte e garanzia qualità
- Affronta una grande varietà di problemi che vanno dalla ripianificazione della produzione in caso di
guasto alla macchina, al dimensionamento della capacità produttiva
- Utilizza un approccio sistematico: per evitare l’ottimizzazione locale ai danni di una globale
ottimizzazione
- Non è un contesto chiuso e isolato

Occorre quindi utilizzare un modello di lettura che tenga conto di tutti gli aspetti, quale sistema in continua
evoluzione, dinamico e aperto. Il modello è diviso in 4 fasi:

I. Strategia: è l’insieme delle decisioni di lungo termine che stabiliscono il modo in cui l’organizzazione
decide di rispondere alle richiesta del mercato, attraverso la produzione di beni e servizi e il loro
contributo alla strategia aziendale complessiva. L’obiettivo principale è quello di massimizzare il valore
aggiunto per i clienti. La strategia guarda al mercato, è fortemente vincolata dalle risorse dell’azienda
ed è strettamente collegata al loro sviluppo. Vi è una relazione tra strategia di business e strategia
delle operations. La quale ha 3 ruoli fondamentali
a. Supporta la strategia di business: uno dei compiti è di sviluppare le risorse in modo da
permettere all’organizzazione di raggiungere i suoi obiettivi
b. Implementa la strategia di business: senza le operations, la strategia di business rimane
stratta
c. Guida la stratega di business: se le operations hanno una cattiva performance l’azienda ne
risente. Invece, operations efficaci impattano in maniera positiva sulla possibilità di
incrementare il vantaggio competitivo di un’azienda

Operation management impatta sulla performance di un’azienda secondo quattro determinanti, costi,
ricavi, investimenti e competenze. Il sistema di valutazione della performance è delicato, bisogna
tener conto che l’operations management non può prescindere dall’intera organizzazione in cui
opera. Per raggiungere l’obbiettivo, si suddividono 5 obiettivi più piccoli:

I. Qualità: rispetto delle specifiche, il cliente soddisfatto torna a comprare il prodotto


II. Velocità di risposta: tempo passato dalla richiesta del bene alla consegna
III. Affidabilità: rispettare i tempi promessi mantenendo la parola data
IV. Flessibilità: esser reattivi quando richiesto dal mercato, dunque variare volume,
tempo e pieno di produzione ovvero innovare. Dal punto di vista interno, la flessibilità
aiuta a mantenere i costi bassi e ad essere più veloce.
i. Capacità di cambiare volume di produzione
ii. Capacità di adattare al tempo necessario per produrre
iii. Capacità di modificare il piano
iv. Capacità di innovare attraverso un bene o servizio
V. Costo: ognuno dei 4 obiettivi precedenti concorre ad abbattere i costi
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MELISSA M.

II. Configurazione: decisione che il management si trova a dover prendere per dare alle operations una
precisa configurazione.
a. Decisioni strutturali (lungo termine) coinvolgono maggiori investimenti e influenzano come le
operations lavoreranno in futuro. Le principali sono:
i. Localizzazioni delle facilities: dove devono essere collocati i siti produttivi quanto
devono essere grandi, quali beni/servizi devono essere prodotti, quale mercato. La
scelta di localizzazione deve essere presa in considerazione in 3 momenti
1. Caso di creazione di un nuovo business
2. Caso in cui siano mutati i fattori ambientali
3. In risposta a una politica di espansione dell’azienda

I criteri di scelta possono essere raggruppati in due famiglie distinte:

 Supply-side: criteri inerenti l’offerta sono principalmente legati ai fattori di


costo con costi di trasporto e distribuzione, costo del lavoro, costi per
l’acquisto del sito di produzione, altri fattori di costo come tassi di interesse
locali e stabilità politica, fattori intangibili come vincoli ambientali e condizioni
di vita
 Demand-side: criteri inerenti la domanda sono abilità della manodopera,
immagine dell’azienda, convenienza del cliente
ii. Dimensionamento della capacità produttiva: volta a determinare il livello di risorse
necessarie all’azienda per avere garantita una determinata capacità di rispondere alla
domanda di mercato. Incide direttamente sulla capacitò di competere dell’azienda. La
capacità può essere dimensionata in maniera diversa in base alla strategia che viene
scelta:
1. Strategia chase o inseguimento della domanda: si sceglie quando la domanda
è difficile da prevedere o è impossibile intervenire su di essa. Richiede un alto
grado di flessibilità delle risorse e comporta alcuni svantaggi: aumento delle
scorte e difficoltà a gestire la manodopera. Il grande vantaggio è
l’abbattimento delle scorte
2. Strategia level o livellamento della capacità produttiva: la capacità rimane
indipendente dalla domanda, che è soddisfatta grazie alla creazione di scorte
durante i periodi di abbattimento della domanda. Svantaggio: eccessive
scorte.
3. Strategia mixed: combina le precedenti strategie bilanciando vantaggi e
svantaggi: prevede l’utilizzo della strategia level per uno specifico intervallo di
tempo, ma consente poi l’adeguamento della capacità alla domanda come
nella strategia chase.
iii. Grado di integrazione: è una strategia di sviluppo con la quale l’impresa cerca di
acquisire il controllo sui propri input o output o entrambi. Il grado di integrazione
viene valutato come il numero di fasi della filiera produttiva sotto il controllo di una
sola organizzazione
1. Integrazione orizzontale:
a. VANTAGGI: bassi costi di transazione, indipendenza dai fornitori,
sincronizzazione della filiera, bassa incertezza, capacità di
monopolizzare il mercato, indipendenza strategica
b. SVANTAGGI: alti costi di coordinamento e organizzazione, complessità
organizzata, mancanza di flessibilità, necessità di formare il personale
in modo adeguato
2. Esternalizzazione:
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MELISSA M.

a. VANTAGGI: migliore opportunità di investimento, riduzione


dell’incertezza, miglior mantenimento della posizione sul mercato
b. SVANTAGGI: mercati monopolistici, strutture organizzative troppo
rigide

Condizioni che favoriscono l’integrazione verticale:

i. Monopolio del fornitore a monte con difficoltà di


approvvigionamento
ii. Domanda crescente
iii. Ambito/business con potenziale di reddito
iv. Miglioramento della posizione strategica
iv. Scelta del processo tecnologico: riguarda il grado e la tipologia di tecnologia utilizzata
nel processo produttivo. Impatta fortemente sulla qualità, velocità, indicatori di
performance. Le tecnologie che interferiscono direttamente con il processo
produttivo sono 3
1. Tecnologie per i materiali: permettono il processo dei metalli, plastica
2. IT: acquisizione, processamento, immagazzinamento e diffusione di
informazioni vocali
3. Tecnologia per il cliente: permette l’interfaccia tra cliente e azienda
b. Decisioni infrastrutturali: (medio/lungo termine) sono anche di medio termine in quanto
possono essere più facilmente modificate rispetto alle decisioni strutturali. Le tipiche scelte
infrastrutturali riguardano: la forza lavoro e organizzazione, pianificazione della produzione
III. Pianificazione e controllo: per pianificazione di intende la funzione della gestione cui compete il
compito di selezionare gli obiettivi di un’organizzazione e stabilire le strategie, politiche, procedure,
programmi, progetti necessari al loro raggiungimento. La pianificazione restituisce in output:
a. Generazione degli ordini di produzione
b. Assegnazione degli ordini alle unità produttive
c. Pianificazione del fabbisogno materiale e risorse
d. Sequenziamento delle lavorazioni

Gli output son frutto di diverse scelte che sono prese perseguendo obiettivi come minimizzare i costi
di produzione, mantenere un adeguati livello di scorte di materie prime, raggiungere una maggiore
efficienza, soddisfare delle richieste del mercato. La ricerca di una soluzione richiede la scissione del
problema Generali in più sotto problemi, secondo un ordine gerarchico.

A. Fese temporale: la pianificazione avviene attraverso l’individuazione delle scelte che si possono
suddividere in:
1. Lungo periodo: determina la scelta della strategia di produzione, fornisce
un’indicazione sul carico di lavoro che l’azienda intende sostenere e sulle
risorse produttive necessarie. Pianificazione strategica dopo un controllo della
fattibilità tra capacità produttiva necessaria e disponibile attraverso RRP
(resource requirements planning) viene definito il piano aggregato. Orizzonte
temporale è di 3-5 anni. Recepisce in input altri piani aziendali come il piano
delle vendite, marketing, ricerca e sviluppo, finanziario. Vengono prese
decisioni relative a differenti alternative: make or buy, organizzazione della
manodopera e acquisizione o cessazione della capacità produttiva
2. Medio periodo: si riprende il piano aggregato di produzione si definisce nel
dettaglio la stesura di un piano principale di produzione (MPS)e stabilisce che
il carico di lavoro che si vuole realizzare in ogni periodo dell’orizzonte
temporale. Verifica la fattibilità attraverso il RCCP (rough cut capacity
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MELISSA M.

planning). MRP controllato dal CRP. Il periodo è il mese e l’orizzonte di


programmazione è semestrale o annuale
3. Breve periodo: si propone di allocar le risorse disponibili a ogni singola
attività, individuando la sequenza precisa delle lavorazioni da effettuare su
ogni unità operativa. Il periodo di riferimento può variare dalle 2 settimane
fino al singolo turno
B. Principi metodologici applicati:
 Le politiche di gestione Push e Pull riguardano come viene gestito il flusso produttivo, rispetto alle
richieste di mercato. Un apolitica di tipo PULL è caratterizzata dal fatto che l’ingresso delle risorse
materiali nel sistema è tirato a valle del processo produttivo. Una gestione di tipo PUSH è
caratterizzata dal fatto di spingere da monte le risorse nel sistema allo scopo di garantire il tempo di
consegna richiesto dal mercato. È necessario definire 2 parametri del flusso produttivo:
I. Pruduction time: è il tempo di attraversamento cumulato di un prodotto, dal
momento in cui parte l’ordine per le materie prime, a quello in cui viene
ultimato il processo di trasformazione in prodotto finito
II. Delivery time: è il tempo di consegna, ovvero l’intervallo di tempo compreso
tra il momento in cui il cliente ordina il prodotto e il momento in cui accetta
che gli venga consegnato

Un sistema produttivo si definisce PUSH se presenta un PT strettamente maggiore del


DT, viceversa è di tipo PULL

 Make to stock=100% PUSH prodotto e realizzato e conservato in magazzino prima


dell’ordine
 Assemble to order: produzione su previsione di sottogruppi standard poi il prodotto
finito viene personalizzato
 Make to order: progettazione avviene prima dell’ordine, la produzione dopo (es auto)
 Purchase to order: produzione personalizzata per commessa in cui gli optional non
sono ricorrenti
 Engineer to order=100% PULL: le operazioni di produzione iniziano dopo aver
effettuato un ordine (es navi, commesse)
 Previsioni dei volumi produttivi: la previsione dei volumi è necessaria per prendere una decisione
inerente al fabbisogno della capacità produttiva, il livello delle scorte o lo sviluppo di un piano di
produzione. Anche la previsione dei volumi produttivi può essere classificata in base all’orizzonte
temporale. È necessario però distinguere:
 Prodotti a domanda dipendente: dipendono dal piano generale di produzione e sono
gestititi in un ambiente deterministico
 Prodotti a domanda indipendente: non si conosce la domanda quindi su di loro si
concentra l’attività di previsione

I metodo di previsione sono classificabili:

 Soggettivi: basato sul giudizio umano, vi sono delle valutazioni del reparto vendite,
indagini di mercato, meeting di esperti
 Oggettivi: impiegano modelli matematici e dati storici per prevedere la domanda. Vi
sono 2 classi di metodo
o Indicatori economici: consiste nel ricercare un’espressione funzionale
che pone in correlazione l’entità della domanda di un prodotto finito
ed alcuni indicatori economici
o Serie storiche: i principali sono, media mobile, smorzamento
esponenziale, regressione lineare, regressione multipla
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MELISSA M.

C. Piani di produzione generali


a. Piano strategico: rappresenta il piano di produzione che deriva direttamente dal piano
strategico aziendale. Il suo scopo è la valutazione delle risorse necessarie a conseguire gli
obiettivi del piano strategico, con un anticipo di tempo sufficiente per approvvigionarle. Il
piano è rivisto generalmente a scadenze di 1-2 anni. Le caratteristiche del piano sono:
i. Semplificazione
ii. Controllo
iii. Gerarchia
iv. Vincoli: lavora per obiettivi
v. Informazioni: fondamentali per il funzionamento del sistema
b. Piano aggregato: ha l’obiettivo di valutare il modo più efficiente per far incontrare il
mercato con la produzione: vale a dire tradurre gli ordini dei clienti e le previsioni di
vendita in un piano di ciò che si intende realmente produrre, con un anticipo sufficiente a
gestire tutte le risorse. Orizzonte temporale tipico di un piano aggregato è l’anno;
l’intervallo temporale con cui segmentare il piano è il mese. Gli input necessari per la
formulazione del piano aggregato di produzione sono: ordini di acquisti, le previsioni di
produzione e l’eventuale produzione di scorte di sicurezza. Nella programmazione
aggregata della produzione 4 categorie di costo sono rilevanti:
i. Costi di produzione: fissi o variabili sono legati alla produzione di un determinato
prodotto in un determinato periodo
ii. Costi associati al cambiamento del tasso di produzione: legati all’assunzione,
addestramento e al licenziamento del personale. Modificare il livello di impiego
della forza lavoro e sfruttare straordinari e part-time
iii. Costi di mantenimento a scorta: immagazzinaggio, assicurazioni, tasse,
deterioramento e obsolescenza delle merci stoccate
iv. Costi di backlog o stockout: dovuti all’attesa, perdita dei clienti e alla perdita dei
ricavi di vendita.

Le variabili controllabili che possono essere modificate per incontrare l’obiettivo della
pianificazione aggregata sono:

I. Livello di impiego: modifiche della forza lavoro tramite assunzioni e


licenziamenti
II. Straordinario e part time: variazioni contratto lavoro
III. Creazione di scorte: assorbire oscillazioni
IV. Stockout e back-orders: domanda soddisfatta in ritardo o non soddisfatta
V. Subappalto: produzione di terzi
c. Master production schedule (MPS): piano principale di produzione è un piano formale che
definisce quali prodotti devo essere realizzati, in quantità e con quali tempi. L’orizzonte
minimo è l’insieme dei tempi necessari per l’approvvigionamento e la produzione di un
bene o erogazione di un servizio, presumendo che non si siano scorte di magazzino. Si
ottiene disaggregando il piano aggregato lungo le dimensioni prodotto e tempo. Nella
formulazione dell’MPS è necessario conciliare molteplici esigenze relative alle diverse
funzioni aziendali interessate ai risultati dell’elaborazione:
1. Esigenze della produzione
2. Commerciale
3. Amministrazione
4. Personale
 Da questo programma si avvia MRP

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MELISSA M.

d. Materials requirement planning (MRP) ha lo scopo di ricavare, tramite il MPS, le quantità


e le date di emissione al più tardi degli ordini di approvvigionamento o di lavorazione
interna. Input principale dell’MRP è la distinta base, chiamata BILL OF MATERIAL (BOM).
Ed è l’insieme di tutti i semilavorati, componenti, sotto componenti e materie prime
necessarie per produrre un bene. Input: MPS, BOM, situazione attuale di magazzino.
Procedura per la trasformazione
1. Netting: determina i fabbisogni netti a partire dai lordi
2. Lot-sizing: organizza i fabb netti in ordini di approvvigionamento, tenendo
conto delle dimensione ottimale dei lotti
3. Off setting: calcola le date di lancio degli ordini di approvv e produzione,
sulla base dei tempi di lavorazione e consegna
4. BOM explosion: genera fabbisogni lordi dei nodi al successivo livello della
distinta base

Output per la produzione: fabbisogni tempificati, necessità di anticipo o opportunità di


ritardo nelle lavorazioni, informare circa la possibilità di rispettare le consegne. Output
per i fornitori: fabbisogni tempificati di materie prime e componenti, necessità di anticipo
o opportunità di ritardo nelle lavorazioni.

Criticità del sistema MRP: tempo di risposta è sempre considerato fisso e costante per
ogni prodotto, la capacità di produzione di macchinari viene considerata infinita

e. Confronto tra MRP e JUST IN TIME (JIT): sviluppata da Toyota, si basa sul concetto di
veloce scorrimento del materiale attraverso i vari stadi di produzione. Il prodotto, secondo
il JIT, deve arrivare nel momento giusto, nella quantità giusta, al posto giusto. Tale
concetto richiede dei requisiti ben specifici per giungere a un buon grado di efficacia:
1. Specializzazione della produzione: l’applicazione è semplificata al suo
massimo livello nelle aziende che producono sempre lo stesso prodotto,
su un’unica linea di produzione, essendo facilitata in questo modo
l’eliminazione di ogni irregolarità o problema
2. Group technology: si cerca di raggruppare prodotti, componenti e lavori
simili in modo da semplificare la linea di produzione
3. Livellamento della produzione: il jit stabilizza il livello della produzione
quotidianamente attraverso una gestione mixed-model, ovvero l’impianto
produce modelli diversi o varianti diverse contemporaneamente
4. Produzione pull
5. Lotti di produzione unitari: tanto minori sono le dimensioni di un lotto
tanto più valida è la sua gestione finanziaria
6. Produzione verso zero difetti: non solo il prodotto finale deve rispettare i
requisiti di qualità, ma lo deve fare fin dall’inizio
7. Affidabilità degli impianti: occorre che le stazioni di lavoro siano
disponibili
8. Rete di fornitura
9. Manodopera disciplinata, coinvolta
f. Inventory management: Scorte: quantitativo di materiale presente in un sistema
produttivo in attesa di subire una lavorazione o di essere distribuito. Le scorte implicano
per il loro mantenimento, un fabbisogno economico-finanziario notevole. Due principali
logiche di gestione:
i. Look ahead: conoscenza del programma di produzione dei prodotti finiti e calcola
il fabbisogno di materiali utilizzati

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MELISSA M.

ii. Look back: ordine è lanciato quando le rimanenze sono insufficienti per coprire la
domanda prevista
1. Sistemi di controllo a quantitativi di riordini fissi (ROL): ordine viene
emesso quando la giacenza scende sotto al livello di riordino (LR), le
scorte di sicurezza sono basse
2. Sistemi di controllo a cicli di riordini fissi (ROC): ogni tot di tempo viene
controllato il magazzino e riordino se il livello è sotto a LR, scorte di
sicurezza sono più alte
3. Sistemi di controllo a scorta minima e massima: ordine è pari alla
differenza tra il livello di giacenza detto scorta massima e la disponibilità
qualora sia minore al valore della scorta minima
4. Sistemi di controllo a reintegro della scorta: emetto l’ordine quando la
disponibilità risulti inferiore al livello ottimale, l’ordine è pari alla
differenza tra il livello ottimale e la disponibilità
Costi:
 Costo di approvvigionamento e mantenimento delle scorte
o Prezzo della fornitura
o C emissione ordine e gestione
o Costo opportunità: investimento immobile
o Costo mantenimento in magazzino
o Costo obsolescenza
 Costi di fermo produzione
o Aggravamento incidenza costi fissi
o Perdita ricavi
o Penali per ordini inevasi ai clienti

Funzioni delle scorte:

 Indipendenza delle fasi del processo produttivo


 Rispondere a variazioni della domanda
 Garantire flessibilità al piano di porduzione
 Garanzia contro variazione dei tempi di consegna dei fornitori
 Sfruttare la dimensione ottimale degli ordini

VANTAGGI SVANTAGGI
Disponibilità di magazzino per rispondere Costi di mantenimento delle scorte
al cliente
Materiali di scorta per uso ottimale degli Occupazione spazio magazzino
impianti
Sconti di quantità sulle forniture Capitale immobilizzato
Costi di set up Rischio obsolescenza e costi di
assicurazione

TECNICHE DI GESTIONE DELLE SCORTE:

 Modelli a scorta: quantità acquistate negli ordini che tengono in considerazione i


consumi e disponibilità di magazzino
 A riordino fisso: qta vs periodo
 Quantità: serve continuo controllo del livello di magazzino

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MELISSA M.

 ROP: punto di riordino del magazzino ROP=lead time*domanda del codice


(materiale, componente)

IV. Miglioramento: per restare competitivi è necessario perseguire il miglioramento delle prestazioni.
Tutte le metodologie usate per arrivare a tale obiettivo sono accumunate da alcuni principi:
a. Miglioramento pensato per il cliente: l’azienda esiste perché i clienti sono disposti ad
acquistare i suoi prodotti
b. Miglioramento continuo: modello deming
c. Quality first
- TOTAL QUALITY MANAGEMENT: è un approccio gestionale orientato a far eccellere l’azienda in tutte
quelle dimensioni del prodotto e del servizio importanti per la clientela. TQM sta ad avere una cultura
aziendale definita per supportare una costante ricerca della customer satisfaction attraverso un
sistema integrato di strumenti, tecniche e formazione. La qualità deve essere totale quindi
coinvolgere tutte le persone e le funzioni, la qualità è un progetto che va perseguito nel lungo
periodo, in modo tale che diventi un pilastro dell’organizzazione, è necessario che vi sia una
leadership coinvolta che creda nella sua efficacia che sia disposta ad investire nelle sue risorse.
Obiettivi specifici sono anche la valorizzazione delle risorse umane, cliente interno, partnership con i
fornitori
- SIX SIGMA: metodologi che controlla lo scarto quadratico medio di un processo riducendo le
variazioni dei processi aziendali, cioè il loro allontanamento dal modello standard previsto
eliminazione sprechi ed errori
- World class manufacturing: programma di miglioramento continuo basato su eliminazione sprechi,
gestione qualità e flessibilità nel rispondere alle esigenze del cliente. Sfrutta la tecnica del cost
deployment: i problemi sono affrontati sulla base della loro incidenza economica.

SCELTE PRODUTTIVE

- Modelli di BP: hanno costi e prezzi come input/dati poiché non possono essere modificati in questo
- Modelli di LP: variano e modificano prezzi e costi, cambiando la struttura produttiva

MODELLI DI ANALISI:

- Investimenti: LP
- Differenziale del margine di contribuzione: BP, indicatori che guardano i costi e ricavi
- Scelte di make or buy: produzione interna o esterna
- Dimensionamento: scelta del livello
- Politiche di produzione: push vs pull
- Automazione nella produzione: livello di automazione per ridurre difetti e migliorare la qualità

COSTI considerati nelle scelte industriali:

- Industriale/produzione: comprende i costi delle risorse che sono destinate alla realizzazione del
prodotto, tranne costi generali quali amministrazione, assicurazioni, marketing. Si somma il costo
primo + indiretti
- Primo: costi per realizzare il prodotto anche la manodopera diretta, determina il margine di
contribuzione e per valutare i semilavorati
- Indiretti: devono essere imputati a ogni singolo prodotto, tramite il riparto secondo le quote di
produzione
- Complessivo: usato per valutare la reddittività dei prodotti, co sto industriale + costi amministrativi e
commerciali
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MELISSA M.

- Economico-tecnico: serve per valutare se il prezzo di vendita compensa l’attività imprenditoriale,


costo complessivo + quota di costi figurativi
- Del venduto/ricavi di vendita: rim iniziali + costo merci acquistate + rim finali, incidenza percentuale di
costi diretti per la produzione
- Costo del personale: incieenza percentuale costi personale
- Indice di efficiente produzione: ricavi tot/ricavi al BEP, esprimono capacità dell’impresa di produrre
reddito

BUDGET DELLA PRODUZIONE: costi per volumi di produzione programmati e investimenti da fare nella
produzione:

o Materie prime: consumo di materie tenendo in considerazione rim/iniziali/finali


o Manodopera diretta: manodopera necessaria per obiettivi di produzione e calcolo il costo
o Spese generali di produzione: servizi che supportano la produzione es amministrazione,
marketing, gestione del personale, piano finanziario

OPERATIONS NEI SERVIZI:

Le imprese di servizi sono delle imprese di produzione che attraverso processi produttivi, ottengono un
output, prodotto. La specificità della loro attività e organizzazione sono legate alla:

- Congiunzione spazio-temporale dei processi di produzione e utilizzazione


- Diversa possibilità di applicare i modi tipici della produzione industrial
- Forte investimento: in alcuni casi prevalgono i costi fissi sui costi variabili a causa degli investimenti
- Distribuzione: erogazione del servizio è congiunta alla produzione-consumo invece la vendita può
essere disgiunta

La congiunzione spazio-temporale tra produzione e consumo, hanno portato ad evidenziare come l’ambito
competitivo in cui le imprese concorrono, intenso in senso saziale, sia delimitato dal grado di mobilità, dei
clienti, strutture e del personale delle imprese che offrono un servizio

“Bacino di domanda”: l’area in cui è economicamente sostenibile e conveniente, sia imprese che consumatori,
spostarsi per allacciare il rapporto

Conquista dello spazio aumentare la quota posseduta attraverso la penetrazione nello stesso mercato o
aumentare la quota espandendosi in altri mercati geografici

FORME DI SVILUPPO:

I. Localizzato: il servizio ha valaore solo attraverso un contatto fisico ed è posto in attività logistiche
e informative in un solo luogo (es negozio tradizionale)
II. A rete: il servizio ha valore solo attraverso un contatto fisico con l’impresa che può avvenire in più
luoghi (es catena alberghiera)
III. Su rete in uno o più luoghi sfruttando interazione con l’unità distributiva a distanza (es home
banking)
IV. Di rete in senso stretto: erogazione di servizio di connessione per il consumatore in più luoghi (es
servizio di trasporto)

SISTEMA I PRODUZIONE- EROGAZIONE DI SERVIZI

Modello Eiglier-leangeard il modello descrive l’organizzazione della produzione e del rapporto con il cliente
in un’impresa di servizi distinguendo la parte interna, nascosta dal cliente e la parte visibile, dove avviene il
contatto con il cliente. La novità del modello è la rappresentazione del cliente all’interno dei processi. Area del
cliente, dell’impresa e del prodotto rappresentate in alto ne indicano la presenza

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MELISSA M.

Elementi costitutivi:

Il sistema è composto da: un’organizzazione interna dove avvengono i processi a cui non partecipa il cliente e
da un’ambiente di erogazione costituito da supporto fisico e personale di contatto dove avviene il contatto
con il cliente. Si distinguono diversi clienti, processi e prodotti.

Scatola è formata dalla somma dell’organizzazione interna e l’ambiente di erogazione ed è la struttura


presidiata dall’impresa.

Nell’organizzazione interna (back office) si svolgono attività a cui non partecipa il cliente, gestione del
personale, attività amministrativa, trasformazioni materiali e tecniche, attrezzature, impianti. Sono la parte
più predisposta a misurazione ed automazione a logiche di efficientemente e non variabilità. Nell’ambiente di
erogazione (front office) si trova sia il supporto fisico sia il personale di contatto. Il supporto fisico è costituito
da impianti, attrezzature, macchinari, componenti del prodotto che vengono utilizzati sia dal personale che dal
cliente nella fasi di erogazione del servizio. Il loro design, stile, aspetto estetico ha un’influenza sulla
percezione del servizio. Il personale di contatto è destinato a relazionarsi in modo totale o parziale con il
cliente. Vi sono due importanti aspetti:

a. Contatto in tempo reale


b. Capacitò di capire il cliente e rispondere alle sue aspettative

La linea tratteggiata tra organizzazione interna e ambiente di erogazione è un confine mobile e indica che i
processi sono interdipendenti: può essere posto un confine “fisico” e tangibile. È un confine permeabile
poiché c’è flusso tra le parti di cose, persone, informazioni; è un confine logico.

Le frecce bidirezionali di relazione primaria indicano che le fasi del processo di produzione-erogazione
possono procedere in una direzione e poi tornare indietro per assorbire delle modifiche o dei cambiamenti,
magari proprio per influenza del cliente. Sono il vero flusso produttivo

Le frecce tratteggiate indicano relazioni di concomitanza che indicano la presenza di più clienti e questo può
creare delle situazioni di competizione: nell’accesso alle risorse o al personale. Questo genera problemi di
organizzazione: limitare l’accesso, predisporre un ordine di accesso alle risorse.

Modello blueprint

Il progetto di un servizio è una mappa/diagramma di flusso che mostra tutte le interazioni che costituiscono il
processo produttivo stesso.

1. Prove fisiche: elementi fisici che sono visti dal cliente


2. Azioni del cliente: azioni compiute dal cliente
3. Personale on stage: linee verticali tra le azioni del cliente e questo tipo
di personale indicano una interazione diretta. Bisogna capire quali
capacitò, caratteristiche deve avere la persone in questo ruolo. Si
dividono tra attività che il cliente vede ed attività che non vede ma
servizi che può usufruire
4. Personale back stage
5. Processi di supporto

SERVICE ENCOUTER: momento della verità definito da Norman poiché bisogna colpire la percezione del
cliente e questo momento può essere fatidico su come andranno le cose in seguito. È un momento di verità
l’incontro e l’interazione tra personale di contatto e cliente, situazione progettata dall’organizzazione di
servizi.

Il service encounter può essere rappresentato da un triangoli

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MELISSA M.

- Organizzazione di servizi (cultura, sistemi di controllo, tecnologia di supporto, valutazione della


performance)
- Personale di contratto (selezione, addestramento)
- Cliente (aspettative e attitudini, cioè caratteristiche)

Ognuno degli attori convolti cerca di esercitare poter sugli altri:

1. Organizzazione e la direzione aziendale: cercano di imporre procedure e regole al personale di


contatto per limitare l’autonomi a mentre svolgono il loro ruolo, questo anche per limitare le richieste
variegate dei clienti
2. Personale di contatto: cerca di influenzare il cliente per rendere meno stressante e più gestibile il suo
lavoro
3. Cliente: cerca di trovare soddisfazione alle sue esigenze

FATTORIDI RIGIDITA’

- Il prodotto non erogato non può essere immagazzinato


- La capacità produttiva non può essere modificata nel BP
- Localizzazione: importante per il tema della mobilità del cliente e contatto fisico
- Ambiente di erogazione: dopo aver costruito la struttura
- Risorse umane: il personale di contatto influisce sulla percezione della qualità del servizio del cliente

PARTECIPAZIONE DEL CLIENTE: influisce poiché comporta maggiore varietà e variabilità in tempo reale. Il
comportamento del cliente è influenzato da

- Esperienze e conoscenze progressi autoregolamento del cliente


- Come l’impresa protetta e gestisce l’interazione ruolo be progettato

I due sistemi possibili sono: standardizzazione vs flessibilità

Sistemi a distanza poco interattivi: contatto postale -> telematico rigido


Sistemi permeabili: -> telefonico -> personale con procedure
Sistemi reattivi: -> poche procedure -> personale su misura

Scelte su progettazione della partecipazione del cliente

- Attività di organizzino interna vs attività di contratto


- Capacitò e conoscenze richieste al personale
- Dimensionamento della capacità produttiva
- Caratteristiche dell’ambiente di erogazione
- Localizzazione
- Progettazione della partecipazione
- Controllo di processi e qualità

Processi interattivi: di relazione cliente-personale di contatto


Standardizzazione -> efficienza; procedure e skill, attrezzature -> replicabilità
Personalizzazione -> flessibilità; relazione e problem solving -> poca replicabilità

SERVICESCAPE: l’ambiente di erogazione. È lo spazio/luogo dove avvengono le fasi di produzione a contatto


con il cliente. Layout, estetica, stile: incidono sulla percezione del servizio da parte del cliente e sono
fondamentali per progettare ed organizzare attività svolte dal personale con il cliente.

1) Condizioni dell’ambiente di erogazione: rumore, odore, temperatura, luce, tutte condizioni che
incidono sul confort o disagio del cliente e ne influenzano la permanenza nell’ambiente

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MELISSA M.

2) Segni, simboli, artefatti: segnale che vengono comunicati al cliente. Arredi, attrezzature, divise del
personale, che fanno capire al cliente cosa aspettarsi dall’impresa. Segnali, cartelli, corsie, divise
differenziate per personale che svolge mansioni diverse: sono tutti elementi che orientano il
comportamento del clienteadeguare i suoi comportamenti per facilitare lo svolgimento del
processo
3) Layout: a disposizione nello spazio di aree di attesa, accesso e produzione, attrezzature, personale,
clienti. Vi sono 2 configurazioni
a. Layout su processo: flessibilità e personalizzazione del servizio; clienti non seguono lo stesso
percorso (es ristorazione free-flow, senza percorso definito e prestabilito)
b. Layout su prodotto: controllo e regolazione dei flussi (es ristorazione self-service, tradizionale
con percorso organizzato)

Il layout dovrebbe essere caratterizzato da un percorso semplice per il cliente, avere spazi adeguati
per attesa e code, comunicazione agevole, sorveglianza e controllo dei clienti facile e poco costosa,
accessibile, minimizzare gli spostamenti di persone e cose.

Le code o file di attesa: costituiscono degli ammortizzatori (buffer) nei flussi di produzione-erogazione
ed hanno un ruolo paragonabile a quello delle scorte di magazzino nella produzione di prodotti
materiali solo che qui si immagazzinano metaforicamente i clienti. Sono buffer tra richiesta che viene
effettuata ad una certa fase e la capacità produttiva di rispondere a tale richiesta. Entrata  attesa:
modalità di eccesso su arrivo, prenotazione ambiente di erogazione e momento di contatto 
uscita

La gestione del contatto: il personale eseguire le operazione necessarie all’erogazione del servizio e ha
un ruolo relazione con il cliente. Quindi:

1. Comunica le richieste i bisogni del cliente in impresa


2. Cerca di limitare la variabilità delle richieste riconducibili a
capacità produttiva aziendale
3. Rappresenta l’impresa

Si può predisporre:

- Rotazione delle mansioni: evitare demotivazione da stress nel rapportarsi


- Orientare personale al ploblem solving a livello locale
- Training reciproco: scambio di informazioni, suggerimenti, idee
- Stile partecipativo
- Ruolo dell’informazione: tra personale-clienti e personale-organizzazione

ANALISI DEI PROCESSI:

Processo: qualsiasi funzione aziendale che riceve input e li trasforma in output che in teoria dovrebbero avere
valore superiore agli input originari. Il primo passo dell’analisi è individuare lo scopo

Tempo ciclo: è il tempo medio che intercorre nella produzione di unità successive. Talvolta indica il periodo di
tempo tra l’inizio e la fine di una singola attività

Utilizzo: rapporto tra impiego effettivo di una risorsa/tempo teoricamente disponibile per il funzionamento

Diagramma di flusso per la rappresentazione di processi

Rettangolo: attività operativa

Rombo: snodo decisionale/scelta possibile

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MELISSA M.

Freccia: flusso

Triangolo: Buffer o area magazzino

Separazione verticale/orizzontale: attività svolta dal cliente vs macchina/internamente

TIPOLOGIE:

- Monofase: viene svolta un’unica operazione lavorazione con un solo tempo di ciclo. Tempo di
attraversamento è il tempo ciclo in un processo monofase
- Multifase: svolte più lavorazioni ognuna con il suo tempo ciclo e collegate da flussi
o Buffer/buffering: area di immagazzinamento tra fasi, dove gli output di una fase precedente
aspettano di essere impiegati nella fase successiva. Permette di rendere autonome le fasi
o Blocking: fase 1 si ferma poiché la fase 2 non è in grado di assorbire tutto l’output dalla fase 1
e non c’è un buffer dove depositare output finito della fase 1 in attesa di passare alla fase 2
o Starving: fase successiva si ferma a causa di insufficienti input ricevuti dalla fase precedente
o Collo di bottiglia: risorsa che limita la capacità produttiva o l’output massimo di un processo

BILANCIAMENTO: quando non ci sono fermi di produzione (blocking o starving) e quando non ci sono work in
progress cioè buffer intermedi tra le fasi produttive. Per ottenere ciò è necessario dimensionare la capacità
produttiva

MODELLI:

1. Male to order: il processo inizia dopo l’acquisizione dell’ordine del cliente. (es wendy’s make to order
non puro, la cottura della carne è avviata dalla trasmissione dell’ordine del cliente quindi ha tempi di
attesa più lunghi. Nel momento di punta il cuoco cerca di prendersi avanti nella cottura della carna,
quella da troppo tempo sulla griglia viene usata per la salsa
2. Make to stock: il prodotto standard viene immagazzinato e si riducono i tempi di consegna al cliente
(es burger king: prevede la cottura della carne durante il trasporto (nastro trasportatore) e carne
mantenuta in uno scaldavivande. Vengono preparati e consegnati prodotti standard, esigenze
particolari e vengono assemblate sul momento e consegnate)
3. Modello ibrido: combina aspetti dei due modelli precedenti realizzando un prodotto standard fino ad
una certa fase del processo che viene poi ultimato secondo gli ordini del cliente (es Mc: carne cotta e
conservata in un apposito contenitore, preparazione del prodotto standard. Richieste particolari
vengono immediatamente trasmesse e il tempo di consegna è breve

MISURARE LE PERFORMANCE DEI PROCESSI:

- Tasso di utilizzo: tempo di impiego effettivo/tempo teoricamente disponibile per l’utilizzo. Usato per
forza lavoro diretta e macchine
- Produttività: output/input. In genere è espressa in valore monetario: valore dell’output
venduto/costo di tutti gli input
- Produttività dei fattori: quantità di output che si ottiene da un singolo input, in genere non in forma
monetaria e usato per la forza lavoro
- Rendimento: output reale di un processo/parametri standard
- Resa: misura le perdite/guadagni di un materiale o di un processo
- Tempo di produzione: tempo per produrre un’unità* n unità da realizzare. Tempo di produzione di un
lotto
- Tempo di attrezzaggio o set up: tempo richiesto per predisporre la macchina alla produzione di un
certo codice
- Tempo effettivo di lavorazione: t produzione + t attrezzaggio
- Tempo di ciclo: intervallo medio che intercorre nella produzione di unità successive
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MELISSA M.

- Tempo di attraversamento: tempo medio in cui un’unità di output attraversa tutto il percorso del
processo
- Tasso di attraversamento: ritmo al quale ci si aspetta che il processo generi un certo output in un
certo lasso di tempo
- Indice di flusso o rapporto di attraversamento: rapporto tra tempo di attraversamento totale
- Tempo a valore aggiunto: tempo in cui l’unità di output subisce una lavorazione che incide sul suo
valore

LEAN PRODUCTION: è un insieme integrato di attività progettato:

- Un livello di scorte minimo


- Produzione just in time e un sistema pull
- Elevata qualità in tutte le fasi del processo
- Relazioni solide con i fornitori
- Domanda stabile

Il sistema di produzione Toyota viene sviluppato in Giappone e prevede di migliorare la qualità, ridurre al
minimo gli sprechi e promuove il rispetto delle persone

Eliminazione degli sprechi: lo spreco è inteso come qualsiasi cosa diversa dal mimo di attrezzature, materiali,
parti, addetti, tempo rispetto a quelli esistenziali per la produzione

Tipologie:

1. Sovra-produzione
2. Tempi di attesa
3. Scorte
4. Trasporto: localizzazione delle facilities
5. Movimentazione: layout interno
6. Processi
7. Prodotti difettosi

VALUE STRAM MAP: è una mappa del processo produttivo che individua quali attività aggiungono valore
all’output e quali attività non lo aggiungono. Vi sono:

- Attività che generano valore


- Attività che non aggiungono valore ma per la tecnologia in uso non possono essere eliminate
- Attività che non aggiungono valore e possono essere eliminate fin da subito

ELEMNETI PER ELIMINARE GLI SPRECHI:

1. Network di fabbriche focalizzate: piccoli impianti specializzati sono preferiti a grandi imprese integrate
verticalmente. Impianti con limitazione della gamma di offerte e forme di “quasi integrazione” con
rapporto con i fornitori di cooperazione e vicini geograficamente produzione mirata
2. Group technology/processo a celle: raggruppamento di parti simili in famiglie omogenee realizzate
all’interno di celle specializzate che riducono gli spostamenti, tempi di attesa, numero di addetti,
scorte.  layout di celle
3. Qualità alla fonte: gli operai addetti sono personalmente responsabili della qualità dei loro output da
realizzare correttamente fin da subito, pezzo dopo pezzo; in caso di problemi devono provvedere a
fermare immediatamente il processo. Viene posta attenzione alla qualità (TQM) poiché il prodotto
difettoso viene considerato uno spreco. Gli addetti sono in grado di risolvere localmente i piccoli
problemi ed eseguire la manutenzione delle macchine

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MELISSA M.

4. Produzione just in time: organizzazione del flusso produttivo in modo da produrre solo ciò che serve e
quando serve in un tentativo di avere zero scorte e ridurre gli sprechi, così da ridurre gli investimenti
in scorte immobilizzate. Si applica a produzioni ripetitive di realizzazione in successione di prodotti
molto simili. Non prevede volumi ingenti anzi, la dimensione ideale è l’unità. I fornitori possono
consegnare anche più volte in una giornata a piccoli lotti. Le scorte possono nascondere problemi e
malfunzionamenti invece piccole quantità fanno emergere subito problematiche piccoli lotti
5. Livellamento dei carichi di stabilimento: ridurre le variazioni delle programmazioni di produzione
attraverso il livellamento dei flussi di produzione. Ogni giorno vengono prodotte piccole quantità di un
mix di prodotti per fronteggiare le variazioni di domanda regolare flusso di produzione Viene
definito un piano di produzione PUSH mensile non tirato dalla domanda per dare stabilità al sistema
che risulta più flessibile
6. Controllo della produzione con i sistemi kanban: utilizza un dispositivo segnaletico visivo per regolare i
flussi. Kanban significa “cartellino”. Sistema kanban a due cartellini: centro di lavorazione che produce
componenti A e B conservate nell’area; area di stoccaggio dei componenti; area di stoccaggio; linea di
assemblaggio. La linea di assemblaggio preleva parti di componente A dal contenitore; l’addetto
rimuove il kanban di prelievo e lo porta nell’area di stoccaggi vicino al centro di lavorazione; rimuove il
kanban di produzione da un contenitore di parti A e lo sostituisce con il kanban di prelievo in modo
che il contenitore venga portato alla linea di assemblaggio; l’addetto porta il kanban di produzione
presso il centro di lavorazione in modo che venga prodotto un lotto di componenti A. Ogni
contenitore ha lo stesso numero di pezzi e costituisce il lotto minimo di produzione.
Calcolo del numero di kanban/contenitori: k= (D*L*(1+S))/C -> D=unità/ora od altro tempo cioè
quantità di pezzi utilizzati in un certo periodo di tempo; L=lead time espresso nello stesso periodo di
tempo; S è la scorta di sicurezza espressa in percentuale su D; C è il numero di unità che costituiscono
il lotto. Il numero deve sempre essere arrotondato per eccesso poiché il contenitore/lotto di
produzione deve essere pieno di parti.
7. Riduzione al minimo dei tempi di riattrezzaggio/set up: vengono prodotti lotti di piccole dimensioni
quindi macchine che devono essere riattrezzate velocemente. Il set-up può avvenire a macchina
spenta o in funzione: è bene aumentare il numero di risorse di impianti e macchine in modo che le
macchine spente non blocchino la produzione
8. Rispetto per le persone: mansioni alienanti e monotone che vengono affidate alle macchine/robot,
assunzioni in genere sono a vita e vengono previsti dei bonus e premi annuali a fronte di un buon
andamento dell’impresa; manodopera con skill diversificate. Questo per incentivare la collaborazione
e la flessibilità dei dipendenti. * rapporto con i fornitori: si sentono parte dell’impresa poiché i
rapporti sono in genere di lunga durata

EVOLUZIONE DEI PARADIGMI DI PRODUZIONE:

Produzione artigianale del XIX secolo:


- Strutture produttive decentrate cioè nella disposizione spaziale/geografica e coordinate da
- Unico artigiano/imprenditore; limitazione della produzione al contesto geografico di
- Appartenenza
- Macchine utensili generiche cioè non dedicate a produrre/realizzare una sola cosa ma
- Dipende da abilità manuale dell’artigiano;
- Forza lavoro altamente specializzata e con ampia autonomia;
- Output diversi e bassi volumi dei prodotti
- Alti costi di produzione per soddisfare le richieste del cliente; alta varietà
Modello taylorista-fordista del XX secolo: nascita della produzione di massa
- 1908: modello T di Ford. Intercambiabilità dei pezzi poiché sono standard
- Modello a layout a posto fisso: pezzi non si muovono ma gli operai che si spostano per prendersi pezzi
-> si riduce la movimentazione dei lavoratori -> si deve muovere il
- Manufatto e non pezzi né lavoratori -> linea di montaggio di Ford
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MELISSA M.

- Divisione del lavoro


- Integrazione verticale poiché tutto prodotto all’interno
- Macchine utensili in successioni
- Grandi volumi, bassa varietà
- Grandi volumi di produzione di massa a basso costo
Approccio di Taylor:
- Applicazione di strumenti scientifici per organizzare la produzione
- American System: disegni rigorosi realizzati con tolleranza minima
- Manodopera sostituibile;
- Economie di scala;
- Prodotto unico
- Il consumatore compra
Perché il modello ha funzionato? Aumento numero prodotti per domanda insoddisfatta.
Crisi del modello: richiesta di varietà e condizioni di stabilità del contesto sono venute meno; aumento del
potere della manodopera

Modelli alternativi: specializzazione flessibile cioè il mondo dei distretti dove economie di scala non sono
fattore più forte -> maggior capacità di costruire varietà e resistere a variazioni

Modello Lean: anni ’70-80.


- Soddisfazione del cliente
- Impresa come sistema socio-tecnico dove risorse umane hanno ruolo fondamentale
- Pianificazione ex ante aggiustata ex-post
- Relazioni impresa-fornitori sono di cooperazione e “quasi-integrazione”
- JIT e logica pull

Mass Custumisation: produzione di beni e servizi per soddisfare i bisogni personalizzati dei consumatori ma
contemporaneamente mantenere l’efficienza della produzione di massa
- Personalizzazione attraverso moduli di famiglie di prodotti che permettono combinazione di varianti
è scelta del consumatore tra le varianti/opzioni ma non progettazione su misura e personalizzata
- Ritardare il punto di differenziazione: ossia il punto in cui in una famiglia di prodotti iniziano a
prendere forma le differenze tra i prodotti che iniziano ad assumere caratteristiche uniche
- Economie di raggio d’azione
- Il consumatore sceglie e compra
- Varietà

Personalizzazione: personalizzazione di prodotti e servizi su misura per il consumatore


- Partecipazione del cliente
- Uso di moduli comuni, moduli personalizzati tra i quali il consumatore può scegliere e moduli creati
dal consumatore stesso
- Design personalizzato
- Servizi di interfaccia e interazione con il cliente anche in tempo reale; sistemi cyber-fisici per
permettere anche interazione tra consumatori
- Sistemi basati su criteri demand-side
- Il consumatore progetta, sceglie e compra

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*The building blocks

Customer Segments: un’organizzazione serve uno o più segmenti di clienti.

Value Propositions: mira a risolvere i problemi dei clienti e a soddisfare le loro esigenze con proposte di
valore.
Channels: le proposte di valore vengono consegnate ai clienti tramite canali di comunicazione, distribuzione
e vendita.
Customer Relationships: i rapporti con i clienti vengono stabiliti e mantenuti con ciascun segmento clienti.

Revenue Stream: i flussi di ricavi derivano da proposte di valore offerte con successo ai clienti.
Key Resources: le risorse chiave sono gli asset necessari per offrire e fornire gli elementi descritti in
precedenza...
Key Activities...effettuando una serie di Attività Chiave.

Key partnerships: alcune attività vengono esternalizzate e alcune risorse vengono acquisite al di fuori
dell’impresa.
Cost Structure: gli elementi del modello di business determinano la struttura dei costi.

1. CUSTOMER SEGMENTS:
I diversi gruppi di persone o organizzazioni e imprese mirano a raggiungere e servire i clienti che
costituiscono il cuore di qualsiasi modello di business. Nell’ordine per soddisfare meglio i clienti, una società
può raggrupparli in segmenti distinti con esigenze e comportamenti comuni, o altri attributi. Un modello di
business può definire uno o più segmenti di clienti grandi o piccoli. Un’organizzazione deve fare una
decisione consapevole su quali segmenti servire e quali segmenti da ignorare.
Ci sono diversi tipi di customer segments:

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• Mercato di massa / Mass market: i modelli di business focalizzati sui mercati di massa non distinguono tra
diversi segmenti di clienti. Le Proposizioni di Valore, i Canali di Distribuzione, e Relazioni con i clienti tutti
si concentrano su un grande gruppo di clienti con esigenze e problemi sostanzialmente simili. Questo tipo
di modello di business si trova spesso nel settore dell’elettronica di consumo.
• Mercato di nicchia / Niche market: modelli di business mirati a mercati di nicchia. Segmenti di clienti
specifici e specializzati. Le relazioni sono tutte su misura per le esigenze specifiche di un mercato di
nicchia. Tali modelli di business si trovano spesso nei rapporti fornitore-acquirente.
• Segmentato / Segmented: alcuni modelli di business distinguono tra mercato segmento con esigenze e
problemi leggermente diversi.
• Diversificato / Diversified: un’organizzazione con un modello di business diversificato serve due segmenti
di clienti indipendenti con esigenze e problemi molto diversi.
• Piattaforme multi-laterali (o mercati multi-laterali): alcune organizzazioni servono due o più segmenti di
clienti interdipendenti. Entrambi i segmenti sono necessari per far funzionare il modello di business.

2. VALUE PROPOSITION:
Il Valore Propositions Building Block descrive il pacchetto di prodotti e servizi che creano valore per uno
specifico segmento di clientela. La Proposizione di Valore è il motivo per cui i clienti si rivolgono ad
un’azienda piuttosto che ad un’altra. Risolve un problema del cliente o soddisfa un’esigenza del cliente.
Ogni proposta di valore è costituita da un pacchetto selezionato di prodotti e/o servizi che rispondono alle
esigenze di uno specifico segmento di clientela. Alcune Proposizioni di Valore possono essere innovative e
rappresentare un’offerta nuova o dirompente. Altre possono essere simili alle offerte di mercato esistenti,
ma con caratteristiche e attributi aggiuntivi.
Una proposta di valore crea valore per un segmento di clientela attraverso un mix distinto di elementi che
soddisfano le esigenze di quel segmento. I valori possono essere quantitativi (ad esempio prezzo, velocità di
servizio) o qualitativi (ad esempio design, customer experience).
Gli elementi del seguente elenco possono contribuire alla creazione di valore per il cliente:
• Novità: alcune Proposte di Valore soddisfano un insieme completamente nuovo di esigenze che i clienti
non avevano percepito in precedenza per mancanza di un’offerta simile. Questo è spesso, ma non
sempre, legato alla tecnologia.
• Prestazioni: Migliorare le prestazioni di un prodotto o di un servizio è stato tradizionalmente un modo
comune per creare valore. Ma il miglioramento delle prestazioni ha i suoi limiti.
• Personalizzazione: Personalizzare prodotti e servizi alle esigenze specifiche di singoli clienti o segmenti di
clienti crea valore. Negli ultimi anni, i concetti di personalizzazione di massa e co- creazione del cliente
hanno acquisito importanza. Questo approccio consente prodotti e servizi personalizzati, pur sfruttando
le economie di scala.
• «Fare il lavoro»: il valore può essere creato semplicemente aiutando un cliente a portare a termine
determinati lavori.
• Design: è un elemento importante ma difficile da misurare. Un prodotto può distinguersi a causa del
design superiore. Nell’industria della moda e dell’elettronica di consumo, il design può essere una parte
particolarmente importante della proposta di valore.
• Marca/status: i clienti possono trovare valore nel semplice atto di utilizzare e visualizzare un marchio
specifico.

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• Prezzo: Offrire un valore simile a un prezzo inferiore è un modo comune per soddisfare le esigenze di
segmenti di clientela sensibili al prezzo. Ma le proposte di valore a basso prezzo hanno implicazioni
importanti per il resto di un modello di business.
• Riduzione dei costi: aiutare i clienti a ridurre i costi è un modo importante per creare valore.
• Riduzione dei rischi: i clienti apprezzano la riduzione dei rischi che corrono quando acquistano prodotti o
servizi. Per l’acquirente di auto usate, una garanzia di assistenza di un anno riduce il rischio di guasti e
riparazioni post-acquisto.
• Accessibilità: mettere prodotti e servizi a disposizione di clienti che in precedenza non potevano accedervi
è un altro modo per creare valore. Ciò può derivare dall’innovazione dei modelli di business, da nuove
tecnologie o da una combinazione di entrambi.
• Convenienza/usabilità: rendere le cose più convenienti o più facili da usare può creare un valore
sostanziale.

3. CHANNELS:
Il blocco di costruzione dei canali descrive come un’azienda comunica e raggiunge i propri segmenti di
clienti per fornire una proposta di valore Comunicazione, distribuzione e i canali di vendita comprendono
l’interfaccia dell’azienda con i clienti. I canali sono punti di contatto del cliente che svolgono un ruolo
importante nella customer experience.
I canali servono diverse funzioni, tra cui:
-
Sensibilizzare i clienti ai prodotti e ai servizi di un’impresa
-
Aiutare i clienti a valutare la proposta di valore di un’azienda
-
Consentire ai clienti di acquistare prodotti e servizi specifici
-
Fornire una proposta di valore ai clienti
-
Fornire assistenza clienti post-acquisto
I canali hanno cinque fasi distinte. Ogni canale può coprire alcune o tutte queste fasi. Possiamo distinguere
tra Canali diretti e Canali indiretti, nonché tra Canali di proprietà e Canali partner.
Trovare il giusto mix di Canali per soddisfare come i clienti vogliono essere raggiunti è fondamentale per
portare una proposta di valore sul mercato. Un’organizzazione può scegliere se raggiungere i propri clienti
tramite i propri Canali, i Canali partner o una combinazione di entrambi. I Canali di proprietà possono
essere diretti, come una forza vendita interna o un sito Web, o indiretti, come negozi al dettaglio di
proprietà o gestiti dall’organizzazione. I Canali Partner sono indiretti e coprono una vasta gamma di opzioni,
come la distribuzione all’ingrosso, al dettaglio o siti Web di proprietà dei partner. I Canali Partner portano a
margini più bassi, ma consentono a un’organizzazione di espandere la propria portata e trarre vantaggio dai
punti di forza dei partner. I Canali di proprietà, in particolare quelli diretti, hanno margini più elevati,
ma possono essere costosi da installare e gestire. Il trucco è trovare il giusto equilibrio tra i diversi tipi di
Canali, integrarli in modo da creare una grande customer experience e massimizzare i ricavi.

4. CUSTOMER RELATIONSHIPS:
Il blocco di costruzione delle relazioni con i clienti descrive i tipi di relazioni che un’azienda
stabilisce con specifici segmenti di clienti. Un’azienda dovrebbe chiarire il tipo di relazione che vuole
stabilire con ciascun segmento di clienti. Le relazioni possono variare da personale a automatizzata. I
rapporti con i clienti possono essere guidati dalle seguenti motivazioni:
-
Acquisizione di clienti
-
Ritenimento della clientela

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-
Aumentare le vendite (upselling)

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Le relazioni con i clienti richieste dal modello di business di un’azienda influenzano profondamente
l’esperienza complessiva del cliente.
Possiamo distinguere tra diverse categorie di relazioni con i clienti, che possono coesistere nel rapporto di
un’azienda con un particolare segmento di clienti:
• Assistenza personale: questa relazione si basa sull’interazione umana. Il cliente può comunicare con un
vero e proprio rappresentante per ottenere assistenza durante il processo di vendita o dopo il
completamento dell’acquisto. Questo può accadere in loco presso il punto vendita, tramite call center,
via e-mail o con altri mezzi.
• Assistenza personale dedicata: Questo rapporto comporta la dedicazione specifica di un rappresentante
del cliente ad un singolo cliente. Rappresenta il tipo più profondo e intimo di relazione e normalmente si
sviluppa in un lungo periodo di tempo.
• Self-service: in questo tipo di rapporto, un’azienda non intrattiene alcun rapporto diretto con i clienti.
Fornisce tutti i mezzi necessari per aiutare i clienti stessi.
• Servizi automatizzati: Questo tipo di rapporto combina una forma più sofisticata di self-service del
cliente con processi automatizzati. I servizi automatizzati possono riconoscere i singoli clienti e le loro
caratteristiche e offrire informazioni relative agli ordini o alle transazioni. Nel migliore dei casi, i servizi
automatizzati possono stimolare una relazione personale.
• Comunità: sempre più spesso, le aziende utilizzano le comunità di utenti per essere più coinvolti con i
clienti/prospetti e per facilitare i collegamenti tra i membri della comunità. Molte aziende mantengono
comunità online che consentono agli utenti di scambiare conoscenze e risolvere reciprocamente i
problemi. Le comunità possono anche aiutare le aziende a comprendere meglio i loro clienti.
• Co-creazione: sempre più aziende stanno andando oltre la tradizionale relazione cliente- venditore per
co-creare valore con i clienti.

5. REVENUE STREAMS:
Il Revenue Streams Building Block rappresenta il denaro che un’azienda genera da ciascun
segmento cliente (i costi devono essere sottratti dai ricavi per creare utili).
Se i clienti costituiscono il cuore di un modello di business, i flussi di reddito sono le sue arterie. Un’azienda
deve chiedersi: Per quale valore è veramente disposto a pagare ogni segmento di clientela? Rispondere con
successo a questa domanda consente all’azienda di generare uno o più Flussi di Ricavo da ciascun segmento
cliente. Ogni flusso di entrate può avere diversi meccanismi di determinazione dei prezzi, come prezzi di
listino fissi, contrattazione, asta, mercato dipendente, volume dipendente, o gestione dei rendimenti.
Un modello di business può coinvolgere due diversi tipi di flussi di reddito:
-
Ricavi da operazioni derivanti da pagamenti una tantum da parte dei clienti
-
Ricavi ricorrenti derivanti da pagamenti in corso per consegnare una proposta di valore ai clienti o
fornire assistenza post-acquisto
Ci sono diversi modi per generare i flussi di reddito:
• Vendita di attività: il Revenue Stream più ampiamente compreso deriva dalla vendita dei diritti di
proprietà su un prodotto fisico.
• Tassa d’uso: Questo flusso di entrate è generato dall’uso di un particolare servizio. Più un servizio viene
utilizzato, più il cliente paga.
• Tasse di abbonamento: questo flusso di entrate è generato dalla vendita di un accesso continuo a un
servizio. Una palestra vende ai suoi membri abbonamenti mensili o annuali in cambio dell’accesso alle

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sue strutture sportive.

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• Prestito / Affitto / Leasing: questo flusso di entrate è creato concedendo temporaneamente a qualcuno il
diritto esclusivo di utilizzare un particolare bene per un periodo di tempo determinato in cambio di un
corrispettivo. Per il finanziatore ciò offre il vantaggio di ricavi ricorrenti. Gli affittuari o i locatari,
invece, godono dei vantaggi di sostenere spese solo per un periodo di tempo limitato piuttosto che
sostenere interamente i costi di proprietà.
• Licenze: questo flusso di entrate viene generato dando ai clienti il permesso di utilizzare la proprietà
intellettuale protetta in cambio di diritti di licenza. La concessione di licenze consente ai titolari dei diritti
di generare entrate dalla loro proprietà senza dover fabbricare un prodotto o commercializzare un
servizio. La concessione di licenze è comune nell’industria dei media, dove i proprietari dei contenuti
mantengono i diritti d’autore mentre vendono licenze d’uso a terzi. Analogamente, nei settori
tecnologici, i titolari di brevetti concedono ad altre imprese il diritto di utilizzare una tecnologia
brevettata dietro pagamento di un canone.
• Commissioni di intermediazione: questo flusso di entrate deriva dai servizi di intermediazione prestati per
conto di due o più parti.
• Pubblicità: questo flusso di entrate deriva dalle tasse per la pubblicità di un particolare prodotto, servizio,
o marchio. Tradizionalmente, l’industria dei media e gli organizzatori di eventi dipendevano in larga
misura dalle entrate pubblicitarie. Negli ultimi anni altri settori, tra cui software e servizi, hanno iniziato a
fare maggiore affidamento sugli introiti pubblicitari.
Ogni flusso di entrate potrebbe avere diversi meccanismi di determinazione dei prezzi. Il tipo di
meccanismo di determinazione dei prezzi prescelto può comportare una notevole differenza in termini di
entrate generate. Esistono due tipi principali di meccanismi di fissazione dei prezzi: quelli fissi e quelli
dinamici.

6. KEY RESOURCES:
Il nucleo centrale delle risorse descrive le risorse più importanti necessarie per far funzionare un modello di
business. Ogni modello di business richiede risorse chiave. Queste risorse permettono ad un’azienda di
creare e offrire una proposta di valore, raggiungere i mercati, mantenere relazioni con i segmenti di
clientela e generare ricavi. Sono necessarie diverse risorse chiave a seconda del tipo di modello di business.

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Le risorse chiave possono essere fisiche, finanziarie, intellettuali o umane. Risorse chiave possono essere di
proprietà o affittate dall’azienda o acquisite da partner chiave.

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Le risorse chiave possono essere classificate come segue:


• Fisiche: questa categoria comprende le attività materiali quali impianti di produzione, edifici, veicoli,
macchinari, sistemi, sistemi di punti vendita e reti di distribuzione.
• Intellettuale: le risorse intellettuali come marchi, conoscenze proprietarie, brevetti e diritti d’autore,
partnership e banche dati dei clienti sono componenti sempre più importanti di un modello di business
forte. Le risorse intellettuali sono difficili da sviluppare, ma se create con successo possono offrire un
valore considerevole.
• Umane: ogni impresa richiede risorse umane, ma le persone occupano un posto di primo piano in
alcuni modelli imprenditoriali.
• Finanziario: alcuni modelli di business richiedono risorse finanziarie e/o garanzie finanziarie, come
contanti, linee di credito o pool di stock option per l’assunzione di dipendenti chiave.

7. KEY ACTIVITIES:
Il blocco delle attività chiave descrive le cose più importanti che un’azienda deve fare per far funzionare il
suo modello di business. Ogni modello di business richiede una serie di attività chiave. Queste sono
le azioni più importanti che un’azienda deve intraprendere per operare con successo. Come le Risorse
Chiave, sono tenuti a creare e offrire una Proposta di Valore, raggiungere i mercati, mantenere le Relazioni
con i Clienti e generare ricavi.
Le attività chiave possono essere classificate come segue:
• Produzione: queste attività riguardano la progettazione, la fabbricazione e la fornitura di un prodotto in
quantità notevoli e/o di qualità superiore. L’attività produttiva domina i modelli di business delle imprese
manifatturiere.
• Risoluzione dei problemi: attività chiave di questo tipo riguardano la ricerca di nuove soluzioni ai problemi
dei singoli clienti. Le operazioni delle società di consulenza, degli ospedali e di altre organizzazioni di
servizi sono tipicamente dominate da attività di problem solving. I loro modelli imprenditoriali richiedono
attività quali la gestione della conoscenza e la formazione continua.
• Piattaforma/rete: i modelli di business progettati con una piattaforma come risorsa chiave sono dominati
dalle attività chiave relative alla piattaforma o alla rete. Reti, piattaforme di matchmaking, software, e
anche le marche possono funzionare come una piattaforma.

8. KEY PARTNERSHIPS:
Il Key Partnerships Building Block descrive la rete di fornitori e partner che fanno funzionare il modello di
business Le aziende creano partnership per molte ragioni e le partnership stanno diventando una pietra
angolare di molti modelli di business. Le aziende creano alleanze per ottimizzare i propri modelli di
business, ridurre i rischi o acquisire risorse.
Si possono distinguere quattro diversi tipi di partnership:
-
Alleanze strategiche tra non concorrenti
-
Cooperazione: partnership strategici tra concorrenti
-
Imprese comuni per lo sviluppo di nuove imprese
-
Relazioni acquirente-fornitore per garantire forniture affidabili
Può essere utile distinguere tre motivi alla base della creazione di partnerships:
• Ottimizzazione ed economia di scala: la forma più basilare di partnership o rapporto acquirente- fornitore
è studiata per ottimizzare l’allocazione delle risorse e delle attività. È illogico per un’azienda possedere
tutte le risorse o svolgere ogni attività da sola. L’ottimizzazione e l’economia di scala sono solitamente
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formate partnership per ridurre i costi e spesso comportano l’outsourcing o la condivisione


dell’infrastruttura.

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• Riduzione dei rischi e dell’incertezza: i partner possono contribuire a ridurre i rischi in un contesto
competitivo caratterizzato dall’incertezza. Non è raro che i concorrenti formino un’alleanza strategica in
un settore mentre competono in un altro.
• Acquisizione di particolari risorse e attività: poche aziende possiedono tutte le risorse o svolgono tutte le
attività descritte dai loro modelli di business. Al contrario, esse ampliano le proprie capacità facendo
affidamento su altre imprese per fornire risorse particolari o svolgere determinate attività. Tali
partnership possono essere motivate dalla necessità di acquisire conoscenze, licenze o accesso ai clienti.

9. COST STRUCTURE:
La Struttura dei Costi descrive tutti i costi sostenuti per far funzionare un modello di business. Questo
modulo descrive i costi più importanti sostenuti nell’ambito di un particolare modello di business. La
creazione e la distribuzione di valore, il mantenimento delle relazioni con i clienti e la generazione di ricavi
comportano tutti costi. Tali costi possono essere calcolati relativamente facilmente dopo aver definito le
Risorse Chiave, le Attività Chiave e i partnership Chiave. Alcuni modelli di business, tuttavia, sono più cost-
driven rispetto ad altri.
Naturalmente, i costi dovrebbero essere ridotti al minimo in ogni modello di business. Ma Strutture a basso
costo sono più importanti per alcuni modelli di business che per altri. Pertanto può essere utile distinguere
due grandi classi di modelli di business Strutture di costo: orientate ai costi e orientate al valore (molti
modelli di business rientrano tra questi due estremi):
• Cost-driven: i modelli di business orientati ai costi si concentrano sulla minimizzazione dei costi laddove
possibile. Questo approccio mira a creare e mantenere la struttura dei costi più snella possibile,
utilizzando proposte di valore a basso prezzo, la massima automazione e l’esternalizzazione estensiva.
• Orientamento al valore: alcune aziende sono meno interessate alle implicazioni in termini di costi di un
particolare progetto di modello di business e si concentrano invece sulla creazione di valore.
Proposte di valore premium e un alto grado di servizio personalizzato caratterizzano solitamente i modelli
di business orientati al valore.
Le strutture di costo possono avere le seguenti caratteristiche:
• Costi fissi: costi che rimangono gli stessi nonostante il volume di beni o servizi prodotti.
• Costi variabili: costi che variano proporzionalmente al volume di beni o servizi prodotti.
• Economie di scala: vantaggi in termini di costi di cui gode un'azienda man mano che la sua produzione si
espande. Le aziende più grandi, ad esempio, beneficiano di tassi di acquisto all'ingrosso inferiori. Questo
e altri fattori fanno diminuire il costo medio per unità all'aumentare della produzione.
• Economie di scopo: vantaggi in termini di costi di cui gode un'azienda grazie a un ambito di attività più
ampio. In una grande impresa, ad esempio, le stesse attività di marketing o canali di distribuzione
possono supportare più prodotti.

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