Sei sulla pagina 1di 17

Contabilità analitica: rileva in modo puntuale e specifico i vari processi dell’azienda.

Contabilità generale: si differenza dalla precedente perché analizza l’azienda nel complesso.

Budget: dati riferiti al futuro, programmati e preventivi, determinati quindi ex-ante.


Bilancio: dati riferiti al passato, determinati quindi ex-post (Obbligatorio per legge).
Gli strumenti di pianificazione e controllo sono facoltativi.

Analizziamo le 4 fasi dell’azienda così suddivise:


1) Programmazione: fase in cui pianifico, decido l’indirizzo che voglio dare all’azienda e stabilisco gli
obiettivi, ad esempio stabilisco il budget per una determinata linea produttiva (dati preventivi).
2) Gestione: fase di azione, mi impegno quindi per raggiungere gli obiettivi prefissati.
3) Risultati: fase in cui vedo i risultati dell’azienda, espressi dai dati effettivi/consuntivi che ottengo da:
Contabilità generale e Contabilità analitica.
4) Controllo: fase in cui controllo i dati preventivi con quelli consuntivi, così capisco se sono in linea o no
con gli obiettivi prefissati (evidenzio così eventuali scostamenti o differenze).
Sistema di Reporting: Analisi; Cause e Manovre correttive.

Bilancio di esercizio
È un’analisi di tipo generale che è composta da 3 parti: Stato patrimoniale; Conto economico e Nota
integrativa. I primi due sono documenti contabili con dati numerici, l’ultima invece è la parte descrittiva.
Per trovare indicatori che facciano capire il benessere dell’azienda non è sufficiente il bilancio, bisogna
quindi riaggregare i dati del bilancio in modo differente (Riclassificazione del bilancio).
Obiettivo dell’analisi di bilancio tramite gli indici: determinare se l’azienda opera in condizioni di equilibrio o
no, studio che avviene tramite un Profilo economico; Profilo finanziario e Profilo patrimoniale.

Equilibrio economico
È un’analisi di redditività tramite la quale cerchiamo di capire se l’azienda è redditizia, quindi, ci si
concentra sui costi e ricavi (ma non bastano i dati di S.P. e C.E.)
I ricavi devono essere maggiori dei costi, ma il risultato d’esercizio deve inoltre essere:
-positivo (con segno +);
-adeguato a remunerare, l’utile deve essere equo e congruo a remunerare in modo soddisfacente gli “oneri
figurativi”, cioè:
-il capitale che i soci hanno investito nell’azienda;
-il lavoro dei soci/imprenditori nell’azienda;
-i beni di proprietà dei soci messi a disposizione dell’azienda.
Gli Oneri Figurativi sono costi che l’azienda non sostiene, che quindi non appaiono in S.P. e C.E., ma che
devono essere comunque retribuiti.

Equilibrio finanziario
Studia l’equilibrio tra entrate e uscite di cassa, c’è equilibrio se: entrate>uscite (nel breve periodo).
Capacità dell’azienda, quindi, di fronteggiare le uscite con entrate di cassa sufficienti.
Bisogna avere sincronia temporale, quindi questo equilibrio deve essere analizzato nel breve periodo, cioè
un anno di esercizio.
L’analisi di bilancio attraverso gli indici è grossolana, quindi è preferibile l’analisi dei flussi finanziari
(strumento più appropriato). Si parla di analisi di liquidità o analisi di solvibilità.

Equilibrio patrimoniale o finanziario di medio/lungo termine


Osserva l’equilibrio tra l’attivo di medio/lungo periodo e il passivo netto di medio/lungo periodo.
Parliamo di analisi di solidità, quindi vediamo se l’azienda riesce a reagire a scossoni di mercato eventuali.
C’è equilibrio se le fonti di finanziamento di medio/lungo periodo riescono a coprire i piani di investimento
dell’azienda.

Riclassificazione finanziaria: L’analisi della solvibilità e della solidità avviene con una riclassificazione
appropriata dello S.P. secondo una logica che permette di individuare elementi che consentono di avere
criteri utili per l’analisi di equilibrio.
Per l’analisi della redditività ho bisogno di una riclassificazione per aree gestionali (funzionali) del C.E. e
una riclassificazione economica dello S.P.

Equilibrio finanziario: Riclassificazione finanziaria dello S.P.


Studio i tempi di liquidità degli impieghi ed i tempi di estinzione delle fonti:
-debiti di breve periodo, se devono essere estinti entro l’esercizio;
-debiti di medio/lungo periodo, se scadono in un periodo più lungo dell’esercizio.
La riclassificazione dello S.P. passivo mi porta a dividere ogni voce in “parte che scade nel breve periodo” e
“parte che scade nel Medio/lungo”. Il patrimonio netto sta “da solo”.
Si ha un’attenzione particolare per l’aspetto temporale.
Aggregati dello S.P. nel passivo sono, in ordine cronologico (cioè da uscite che avvengono nel breve periodo
a quelle nel medio/lungo):
1) Passivo corrente: debiti che prevedono un’uscita di cassa entro l’esercizio;
2) Passivo consolidato: debiti che prevedono uscite nel medio/lungo periodo;
3) Patrimonio netto: fonte di finanziamento a lunghissimo termine.
Aggregati dello S.P. nell’attivo sono: Attivo corrente e Attivo fisso.
Attivo corrente: impieghi che permettono di avere entrate di cassa entro un anno, è formato da:
1) Magazzino e rimanenze, cioè:
-prodotti finiti, merci che finiscono sul mercato, vengono venduti e si trasformano in liquidità;
-semilavorati e materie prime, prima subiscono un processo di lavorazione, poi sono venduti e si
ritrasformano in liquidità, questo è un processo più lungo, ma comunque inferiore ad un esercizio.
2) Liquidità;
3) Liquidità differite (crediti ed attività finanziarie non immobilizzate, crediti di natura commerciale).
NB. Il modo giusto per leggere il contenuto dell’attivo corrente è: Liquidità, Differite e Magazzino.
Attivo fisso: impieghi di medio/lungo periodo, quindi beni che possono essere usati per quel periodo di
tempo e dunque tornano in forma “liquida” oltre l’esercizio successivo; è costituito dalle immobilizzazioni.

Schema Stato Patrimoniale (criterio finanziario)


Attivo fisso (si trasformano in liquidità nel lungo periodo) Patrimonio netto
-immobilizzazioni; -capitale sociale;
-eventuali crediti commerciali; -riserve;
-utile/perdite d’esercizio;

Attivo corrente (si trasforma in liquidità nel breve periodo) Passivo consolidato
-rimanenze di magazzino; -debiti verso banche;
-cassa; -fondo TFR;
-banca; -fondo rischi e oneri;
-ratei e risconti attivi;
-crediti verso soci; Passivo corrente
-debiti tributari/previdenziali;
(Cassa + banca = liquidità immediata); -ratei e risconti passivi;
(Rimanenze + ratei e risconti attivi + -anticipi su muti;
Crediti verso soci = Liquidità differite); -scoperto di valuta;
Indici di liquidità o solvibilità (breve periodo)
1) Margine di disponibilità: attivo corrente – passivo corrente > 0;
-Quoziente o indice di disponibilità: attivo corrente / passivo corrente >> 1.
2) Margine di tesoreria: (attivo corrente – rimanenze) – passivo corrente > 0;
-Quoziente o indice di tesoreria: (attivo corrente – rimanenze) / passivo corrente >1.

Equilibrio patrimoniale
Studia la solidità dell’azienda, un’azienda è solida quando:
1) Patrimonio netto passivo consolidato ed eventualmente passivo corrente, riescono a coprire gli
investimenti rappresentati da immobilizzazioni.
2) Fa ricorso a fonti di finanziamento propri, più che esterni. Investimenti < fonti di finanziamento.
Investimenti = attivo fisso;
Fonti di finanziamento = patrimonio netto + passivo consolidato.

Indici di solidità
1) Margine di struttura primario: patrimonio netto – attivo fisso > 0;
-Quoziente o indice di struttura primario: patrimonio netto / attivo fisso > 1.
2) Margine di struttura secondario: (patrimonio netto + patrimonio consolidato) – attivo fisso > 0;
-Quoziente o indice di struttura secondario: (patrimonio netto + patrimonio consolidato) / attivo fisso >>1.

Situazione A Situazione B
Att. Fisso P. netto Att. Fisso P. netto
P. cons. Att. Corr. P. cons.
Att. Corr. P. corr. P. corr.
La situazione B è quella che rappresenta un maggiore equilibrio finanziario ed è un’azienda più solida.
Lo scenario italiano è rappresentato da piccole/medie imprese e quasi nessuna copre i costi solo grazie al
patrimonio netto, quindi per forza di cose sono costrette ad indebitarsi.

Equilibrio economico: analisi di redditività


Bisogna avere un margine congruo a remunerare gli oneri figurativi, quindi non basta che i ricavi siano
maggiori dei costi. Più l’azienda è rischiosa, più il “premio per il rischio” sarà elevato.
Gli oneri figurativi sono:
1) Stipendio direzionale: stipendio che l’imprenditore o i soci ricevono per il loro lavoro in azienda;
2) Interesse di computo: interesse sul capitale che l’imprenditore ha investito nell’impresa;
3) Compenso per il rischio assunto: rischio assunto dall’imprenditore che ha investito in quella attività
piuttosto che in un’altra con meno rischi.
Riclassifichiamo lo S.P. secondo una riclassificazione economica, e il C.E. per aree gestionali.
Per lo S.P. ora ci interessiamo alla correlazione tra l’attivo e il passivo patrimoniale con il business:
Le voci sono strettamente legate allo svolgimento del business? Sono strumentali?
Investimenti extra-operativi: investimenti accessori, di cui potrei fare a meno e che non hanno
ripercussione sull’attività produttiva.
Esempio: investimenti in titoli, poi li rimetto sul mercato (non è legato al processo produttivo, quindi non è
né funzionale né strumentale).
Investimenti operativi: investimenti necessari al processo produttivo, senza i quali il processo non andrebbe
avanti.
Esempio: se dismettessi un macchinario avrei problemi nello svolgere la mia attività produttiva.
L’attivo patrimoniale in generale è formato da investimenti operativi, tranne poche eccezioni.
Ogni investimento extra-operativo genera uno specifico provento (immobile civile, lo affittiamo e genera
affitti attivi). Gli investimenti operativi generano frutti solo se considerati a sistema (combinazione dei
fattori).
Investimenti operativi (sono strumentali e funzionali al business):
-Immobilizzazioni materiali e immateriali;
-Rimanenze di magazzino;
-Crediti di natura commerciale (crediti di dilazione legati all’attività commerciale, sono legati ai ricavi di
vendita).
Investimenti extra-operativi (tutti gli impieghi finanziari o di natura accessoria):
-Immobilizzazioni finanziarie (titoli, partecipazioni e crediti di natura finanziaria, intendendo con “crediti di
natura finanziaria” quelli che nascono da prestiti/finanziamenti a qualcuno);
-attività finanziarie non immobilizzate;
-immobili civili (sono un po’ un’eccezione).
La scorta liquida (liquidità in cassa + soldi su conto corrente):
-liquidità in cassa: non generano alcun provento specifico ed è strettamente strumentale all’attività
produttiva (investimento operativo);
-soldi su conto corrente: se è molto abbondante e c’è uno stock nel lungo periodo, generà interessi attivi
(investimento extra-operativo).
Oggi però non genererebbe un interesse attivo di rilievo, quindi non avrebbe un vero provento specifico
(investimento operativo).

Fonti dello S.P.


Osserviamo ora le fonti dello S.P.: questi debiti sono sicuramente legati al business o no? Per quale ragione
è nato il debito?
Debiti commerciali: se è strettamente legato all’attività produttiva e mi hanno fornito beni e/o servizi:
Debiti verso fornitori; Debiti tributari; Fondo TFR; Debiti verso istituti previdenziali; Fondo rischi ed oneri;
Ratei e risconti.
Debiti finanziari: non sono strettamente legati all'attività produttiva, ma ci vengono prestati dei soldi:
Debiti verso banche; Debiti verso controllate; Debiti verso finanziatori; Di diverso collegate.
Dal bilancio d'esercizio non è chiara la natura del debito, quindi mi sarà d'aiuto la nota integrativa.
Mezzi propri: analizzati da soli anche nel civilistico.
I debiti commerciali vengono visti nell’attivo, sottraendoli dagli investimenti, quindi non sono riclassificate
di tre le fonti.
Tutti gli investimenti generano un bisogno finanziario, cioè devono avere una copertura virgola che sarà
minore, se tengono una dilazione del debito nel presente.
Avere tanti debiti commerciali rappresenta la capacità di essere credibile virgola di farsi finanziare dei
fornitori.
Minor fabbisogno finanziario: cioè minore necessità di fare ricorso alle fonti di finanziamento sia interne
che esterne.
Indice di indebitamento finanziario: Debiti finanziari / Patrimonio netto.
Indebitamento complessivo (poco utile): (Debiti nel breve + Debiti nel medio/lungo) / Patrimonio netto.

Riclassificazione del C.E. tramite aree gestionali


Sarà composto da 5 macroaree:
1) Area operativa (o tipica o caratteristica);
2) Area extra-operativa (o tipica o extra-caratteristica);
3) Area finanziaria;
4) Area straordinaria;
5) Area tributaria.
1) L'area operativa ci rivela il reddito operativo ed è la parte più importante del conto economico.
Reddito operativo: ricavi operativi - costi operativi.
2) L'area extra-operativa è composta da elementi economici, quasi esclusivamente proventi ma anche
oneri, collegati agli investimenti extra operativi:
-contiene i frutti degli investimenti extra-operativi (proventi ed oneri extra-operativi);
-redditività di tutto il capitale investito in azienda dato dall’area operativa e dall’area extra-operativa, essa
corrisponde al reddito corrente (reddito operativo + saldo gestione extra-operativo) o EBIT, cioè il reddito
prima di sottrarre interessi passivi e tasse.
3) Collegata solo agli oneri finanziari relativi a debiti finanziari (finanziamento esterno);
4) Proventi ed oneri finanziari, componenti non prevedibili e non reperibili;
5) Imposte.
NB. Prima dell’area 4 troviamo l’utile normalizzato, che ha un peso importante, in quanto non tenendo
conto dei proventi/oneri straordinari, capisco da esso quale può essere il trend aziendale per il futuro.
Attraverso gli indici esprimo in modo sintetico e significativo la realtà sottostante dell’azienda.
Inoltre, gli indicatori mi permettono di fare dei confronti tra diverse realtà, in termini di tempo e spazio.

Indici di redditività
Misurano la capacità dell’azienda di creare ricchezza.
-Per calcolare tutta la redditività aziendale = Utile netto / Patrimonio netto = ROE;
-Per calcolare l’indicatore della performance operativa = Reddito operativo / invest. operativi netti = ROI;
-Per calcolare l’indicatore per il peso dell’area extra-operativa = Reddito extra-op. / inv. extra-op. = RE O;
-Per calcolare la performance di tutti gli investimenti = EBIT / capitale investito netto = ROA;
-Per calcolare il peso dell’area finanziaria = Oneri finanziari / Debiti finanziari = “i”.
Il ROA è tra gli indici, uno dei più importanti, mentre il peso dell’area finanziaria è anche chiamato costi o
interessi medi di finanziamento.

Efficienza: è un requisito tecnico, e consiste nella corretta utilizzazione delle risorse, da ciò ne derivano
input, ovvero il rapporto tra risorse e fattori produttivi, e output, cioè il rapporto tra input e prodotti
ottenuti.
Per massimizzare l’efficienza: bisogna ridurre al minimo le risorse e ottenere il massimo dai prodotti.
Efficacia: è la capacità di raggiungere un obiettivo ed è il risultato del rapporto tra obiettivo prefissato e
obiettivo effettivamente raggiunto. Così facendo incentriamo l’attenzione solo sull’output.
Economicità: traduzione in denaro dell’efficienza, guarda il costo delle risorse utilizzate e il ricavo ottenuto
dai prodotti.
NB. È possibile essere efficienti e non efficaci, e viceversa, come è possibile essere efficienti e non
economici, e viceversa.

Contabilità analitica
Analisi interna della realtà aziendale, quindi può essere effettuata solo da soggetti interni all’azienda,
perché useremo dati che sono disponibili solo a quest’ultimi.
Contabilità generale: (obbligo per legge) descrive l’azienda nel suo complesso (dato aziendale sintetico);
Contabilità analitica: rileva in modo naturale e specifico i vari processi produttivi (dato specifico per ogni
linea produttiva).
CO. GE.: rilevazioni delle risorse per origine o per natura. Guardo qual è la natura, il fattore produttivo che
ho acquistato e che uscita di cassa mi ha generato (o un’entrata se guardo il prodotto venduto).
CO. AN.: rilevazioni per destinazione, la risorsa che ho acquistato, per quale produzione l’ho utilizzata?
Analizzo costi e ricavi e lo sposto nelle varie produzioni in cui si è manifestato.
La CO. AN. Può essere tenuta o con il sistema a partita doppia (come CO. GE.) o con altri metodi meno
formali (come excel).
Obiettivo principale: svolgere una analisi dettagliata su costi e ricavi, mentre è semplice conoscere i ricavi
(n. prodotti x prezzo), è più complessa l’analisi dei costi (che è il cuore dell’analisi analitica).

Classificazione dei costi


Aumenta il grado di conoscenza di queste componenti. Uso diversi punti di osservazione:
1) Area gestionale: -industriali sono tutti quei costi funzionali al processo produttivo, ad esempio materie
prime o forza lavoro. Semplicemente tutti i costi giustificati dal processo produttivo o dall'acquisto di
materie prime fino all'ottenimento del prodotto finito.
-commerciali sono tutti quei costi collegati alla fase di vendita e distribuzione del prodotto, dal prodotto
finito fino all'arrivo al cliente (es. l’autista che trasporta i prodotti dall’azienda ai rivenditori).
-amministrativi e spese generali ovvero costi residuali. I costi amministrativi sono legati all'amministrazione
dell'azienda (es. appalti, personale legato all’amministrazione ecc.). Le spese generali sono quei costi per
far “partire” l’azienda (es. interessi passivi, tasse, direttore generale ecc.) costi cioè di struttura, di
funzionamento.
2) Fissi e variabili: sono fissi quelli che rimangono costanti e sono variabili quelli che variano al cambiare
delle quantità. Dipendono dal rapporto tra costo e quantità. (es. acquisto materie = costo variabile //
ammortamento per macchinari = costo fisso).
Retta C.F. Parallela all'asse delle quantità, perché è indipendente da quel lato, quindi C.F. = K;
Retta C.V. andamento crescente, se non compro pago 0. Se compro CVtot = CVunitario * Q.
-il costo fisso è una costante nei limiti della massima capacità produttiva;
-i costi variabili dipendono dalle quantità, C.V. è funzione lineare di primo grado di Q.
Il C.V. u mi dice quanto rapidamente C.V. t cresce. (C.V. u è il coefficiente angolare).
3) Diretti e indiretti: classificazione legata a costi speciali e comuni.
-costi speciali o specifici costi sostenuti per una specifica linea produttiva ed è un’attribuzione oggettiva e
diretta.
-costi comuni costi riferibili a due o più linee produttive, sono costi imputabili attraverso metodi indiretti.
Gli oggetti di riferimento possono cambiare, ma solitamente sono i prodotti a cambiare.
4) Consuntivi e preventivi o effettivi e programmatici:
-costi consuntivi determinati ex-post, come quelli che troviamo nel bilancio e nella contabilità analitica;
-costi preventivi determinati ex-ante, inclusi nel budget. Alla fine dell’esercizio i preventivi vengono
confrontati con i consuntivi, per capire se l'azienda è in linea con i suoi programmi sistema di reporting.
5) Controllabili e non controllabili:
-costi controllabili su questi si può agire perché dipendono dall’organizzazione dell'azienda;
-costi non controllabili su questi l’azienda non può intervenire.
6) Costi di struttura e discrezionali:
-costi di struttura necessari al funzionamento dell’azienda;
-costi discrezionali posso decidere se sostenerli o meno.
7) Effettivi e standard:
-costi effettivi realmente sostenuti (sono consuntivi);
-costi standard derivano da una valutazione dei costi mediamente necessari per realizzare qualcosa, si
parte dall’osservazione di dati reali, ma poi vengono trasformati in dati medi e spesso ci si basa su questi
costi standard per determinare i costi preventivi. Sono costi di riferimento e sono usati come dati
parametrici.
La categoria dei costi indiretti richiede la maggiore attenzione, quindi quasi tutti gli strumenti del controllo
di gestione focalizzano l'attenzione sulla problematica del trattamento dei costi indiretti.
Domanda principale: quanto costa produrre quel singolo prodotto?
Nell’ambito dei costi variabili i costi sono direttamente e oggettivamente riferibili al prodotto, perché i costi
variabili sono legati alle quantità, quindi i costi variabili sono tutti costi diretti.
I costi fissi possono essere sia diretti, sia indiretti (ad esempio per le spese dei dipendenti).
Configurazioni di costo
Aggregato di varie componenti che forma il costo di produzione.
1 costo variabile: bisogna sommare tutte le componenti con costi variabili necessari per la produzione di
una singola unità produttiva;
2 costo primo o diretto: bisogna aggiungere ai costi precedenti i costi fissi diretti per avere una più ampia
configurazione di costo oggettivo.
NB. Fino a qui non si prendono in considerazione i costi indiretti.
3 costo industriale: Aggiungo i costi fissi comuni industriali, attribuiti in maniera indiretta, e devo cercare
dei metodi per attribuire solo una quota parte ad ogni linea produttiva (i metodi devono essere
rappresentativi);
Costo pieno oh complessivo aggiungo anche i costi indiretti non industriali (commerciali, amministrativi,
finanziari).
NB. Risentono di una componente di discrezionalità.
-Costo primo = CV + costi fissi diretti; con esso noto tutti i costi diretti, e ha tutte componenti oggettive;
-Costo industriale = costo primo + CF indiretti industriali;
-Costo pieno = costo industriale + costi fissi indiretti.

Modello semplificato
I modelli sono delle semplificazioni della realtà, quindi qualche dettaglio si perde, ma un modello buono
deve avere delle “perdite” poco significative e ciò rende il modello estremamente utile.
Un modello semplificato contiene le seguenti limitazioni:
1) ragiona all'interno di una data capacità produttiva;
2) ipotizzo che il CVu sia sempre lo stesso all'interno del dato limite della capacità produttiva in cui mi sto
muovendo;
3) presuppongo una invarianza del magazzino, quindi quantità prodotta = quantità venduta.

Costi fissi
-immobilizzazioni (per quanto riguarda l’ammortamento che compete nel periodo prescelto);
-stipendio dei lavoratori 8spese per il personale);
-costo per abbonamento telefonico;
-utenze (acqua, luce, gas);
-spese per servizi (consulenza, assistenza);
-spese per godimento beni di terzi (affitti, noleggi, canoni, concessioni);
-polizze assicurative.
Riassumendo, quindi, la maggior parte dei costi aziendali.

Costi variabili
-Materie prime;
-Spese di energia elettrica (per l'utilizzo dei macchinari);
-Manodopera (se ho terzisti, chiedo a terzi di realizzare un prodotto);
-Provvigioni ad agenti e rappresentanti di commercio (sono remunerati in percentuale a quanto vendono);
-Costi di trasporto o spedizione;
-Cottimo (pagamento in base alle prestazioni. Ora è poco utilizzato, l'ambito in cui è più probabile trovare
questo tipo di CV è in agricoltura).

Ricavi: P*Q, dipende dalle quantità prodotte e vendute. Il coefficiente angolare di questa retta è il prezzo.
Il BEP e una quantità che indica quanto devo produrre per poter coprire i costi con i ricavi, quindi CT = RT.
Ovviamente l'obiettivo di un'azienda non è quello di raggiungere il BEP ma vuole un profitto che otterrà
producendo Q > BEP. BEP = Q* = CF / (P – CVu);
CT = RT
CF + CV = RT
CF + CVu * Q = P * Q
CF = P * Q – CVu * Q
CF = Q * (P – CVu)
P – CVu = Margine di contribuzione unitario (M.C.V.): non è altro che il contributo che ogni singolo prodotto
dà alla copertura dei costi fissi; all'aumentare delle quantità, aumenta il margine e una volta coperti tutti i
costi fissi si avrà un guadagno.
M.C.V. * Q = Margine di contribuzione totale (MC tot): in corrispondenza delle quantità di equilibrio è uguale
ai costi fissi, copro così i costi fissi. Se producessi più quantità avrei un margine di utile.

Leva operativa
Due aziende con RT uguali, la prima ha CF alti e CV bassi (ad alta leva operativa), la seconda il contrario (a
bassa leva operativa).
1) per raggiungere il BEP fatica un po' di più, infatti è un'azienda più rischiosa, dove però una volta superato
il BEP ogni piccolo aumento di Q comporta un utile sempre maggiore, quindi l'utile è molto sensibile alle
quantità. La variabile strategica è la quantità.
2) il BEP è abbastanza vicino all'origine, è infatti un'azienda meno rischiosa, però superato il BEP un
aumento di Q comporta un aumento poco significativo del guadagno.
La strategia per aumentare gli utili deve riguardare -i costi variabili, cercando di ridurre il CVu, oppure -il
prezzo, aumentando l'angolazione della retta dei ricavi, devo quindi agire sul MC u.

Costi fissi comuni


3 tecniche di ripartizione:
1) base unica;
2) base multipla;
3) centri di costo.

Base unica: Si usa un unico criterio, si prendono tutti i costi comuni, si guardano nell’insieme e viene scelto
un unico criterio per ripartirli (es. manodopera).
Base multipla: analizzo i costi, li raggruppo in categorie omogenee e per ognuna scelgo un criterio
opportuno di ripartizione. Devo capire la relazione causa-effetto dell'utilizzo dei fattori produttivi e il
criterio di riparto che scelgo, infatti più il rapporto è stretto, migliore sarà il criterio (es h di manodopera).
Centri di costo: non c'è attribuzione diretta, ma devo seguire diversi passaggi per attribuire i costi a
ciascuna produzione.
I criteri di riparto vengono chiamati anche “drivers”.
Coefficiente di riparto = CF comune / tot. Driver.
Costo attribuito ad ogni produzione = unità di driver * coefficiente di riparto.

Metodologie di analisi
-Direct costing semplice: CV; ➔COSTO VARIABILE
-Direct costing evoluto (o integrato): CV + CF speciali; ➔COSTO PRIMO
-Full costing industriale: CV + CF speciali + CF indiretti industriali; ➔COSTO INDUSTRIALE
-Full costing: CV + CF (speciali + comuni industriali + indiretti commerciali, amministrativi e finanziari).
➔COSTO PIENO
Uso del Direct costing semplice
Struttura di CE di contabilità analitica che deriva dall’utilizzo di tale configurazione:
Ricavi – costo variabile del venduto = margine lordo di contribuzione;
margine lordo di contribuzione – costi fissi = Reddito. Ho un utile se MLC > CF, altrimenti sono in perdita.
Posso leggere il margine lordo di contribuzione sia nel suo complesso sia per ciascuna linea produttiva e in
questo modo capirei quale linea produttiva collabora maggiormente alla ricchezza prodotta.
Questa esposizione di dati si chiama “analisi multi-marginale per multi-prodotto”.
Multi-prodotto: perché ci sono diverse produzioni.
Multi-marginale: perché prima di determinare il dato finale dell'utile o la perdita, posso attraverso altri
risultati intermedi (nel Direct costing semplice, l'unico risultato intermedio e il MLC).

Uso del Direct costing integrato


MLC = Ricavi – costo variabile del venduto
MLC – costi fissi diretti = Margine semilordo di contribuzione. Indica il reddito di specifica competenza di un
prodotto; lo posso calcolare in vari modi:
1) MLC – CF diretti;
2) Ricavo – costo primo;
3) Ricavi – CV- CF diretti.
Il secondo margine di contribuzione è considerato il più importante, perché alcune delle decisioni
strategiche aziendali vengono prese basandosi proprio su questo indicatore.

Uso del Full costing industriale


Per prima cosa devo individuare il criterio di riparto, i costi fissi che rimangono dopo il secondo margine di
contribuzione li divido in costi fissi industriali e altri costi fissi.
MSC – costi indiretti industriali = Utile lordo industriale (Gross Margin), indica il risultato industriale di un
prodotto, che deve coprire ancora i costi non industriale.
Utile lordo industriale – costi non industriali = Reddito.

Uso del Full Costing


Avrai il dettaglio di utile/perdita per tutte le produzioni.
Ricavi – costo pieno = Utile/perdita; per ogni singolo prodotto.

Riclassificazione costi fissi


Centri di responsabilità: sono di vario tipo.
Organizzare l’intero complesso aziendale in diverse parti, chiamate unità organizzative:
-A ogni centro di responsabilità fanno riferimento delle parti dell’intera organizzazione aziendale;
-devono essere autonome;
-bisogna individuarne il responsabile che, se dovessero esserci problemi, li dovrebbe individuare e
dovrebbe capire come intervenire.

Centri di responsabilità
Centri di costo: unità organizzative che individuano solamente voci di costo d’esercizio.
Centri di ricavo: unità organizzative a cui fanno riferimento solo i ricavi (es. ufficio vendite).
Centri di profitto: unità organizzative il cui responsabile ha il potere di intervenire su costi e ricavi d’esercizio.
Centri di investimento: il responsabile ha autonomia decisionale su costi, ricavi e sulla parte patrimoniale (es.
può decidere di comprare un macchinario piuttosto che un altro, o se cambiarlo).
Come riclassificare i costi fissi comuni: i vari STEP
1. Mappatura dei centri di costo: individuare qualità e quantità dei centri di costo. Lavoro che può essere
svolto da un consulente esterno, o da un controller, che è un manager interno (decide in quante unità
frazionare l’azienda).
I centri di costo possono essere:
-produttivi: fanno riferimento ai costi di produzione e quindi legati al processo produttivo (spesso fasi di
lavorazione);
-ausiliari: costi di supporto/servizio rispetto ai costi produttivi (es. collaudo, ricerca, sviluppo, etc.);
-funzionali: accolgono i costi generali (di struttura, amministrativi) costi che servono a tenere in piedi la
struttura.
2. Localizzazione: i vari costi vengono allocati nei centri di costi creati, si parte della classificazione per
natura (contabilità generale) e si giunge alla classificazione per destinazione (contabilità analitica).
3. Ribaltamento: centri ausiliari e funzionali non sono direttamente e strettamente collegati ai prodotti,
dunque tratto questi centri di costo e attraverso criteri di ripartizione li faccio passa re a centri produttivi
individuando a che fase di lavorazione è collegato ogni costo => i costi dei centri ausiliari e funzionale
scendono a 0. (Ps. è dal “ribaltamento” stesso che si capisce bene l’utilità di questo criterio di attribuzione).
4. Imputazione: attribuisco i costi dei centri produttivi ai singoli prodotti finali attraverso driver.
5. Determinazione del costo di ogni prodotto: La ripartizione di costi diretti e indiretti avviene in relazione ai
prodotti finali.
Es. Operazione di manutenzione sul macchinario per la verniciatura, macchinario comune a tre linee
produttive.
Siccome il macchinario è usato per tutti e 3 i tipi di macchine è un costo indiretto, perché comune a 3 linee
produttive. Ma rispetto al centro di costo è un costo diretto, oggettivamente attribuibile al terzo centro di
costo (nell’esempio), perché in questo centro di costo avviene nella fase di lavorazione (e l’intervento di
manutenzione ha riguardato un macchinario utilizzato nella fase della lavorazione).
NB i costi indiretti potrebbero:
1) Essere costi indiretti sia nei centri ausiliari o funzionali, sia nei centri produttivi (dopo lo step del
ribaltamento);
2) essere costi indiretti nei centri ausiliari o funzionali, ma poi diventano costi diretti nei centri produttivi
(dove vengono collocati dopo lo step del ribaltamento).
Costi variabili (sempre diretti) => li attribuisco direttamente ai relativi prodotti;
Costi fissi diretti => attribuiti direttamente ai singoli prodotti;
Costi fissi indiretti (Base unica, Base multipla, Centri di costo, Activiting Base Costing) => problematica per
l’attribuzione, posso considerare solo i costi industriali (full costing industriale) o posso scegliere di
analizzare tutti (full costing).

Activiting Base Costing


NB Aziende industriali => processo produttivo (materie prime => prodotto);
Azienda commerciale => compravendita (merci);
Aziende di servizi => risorse collegate al fattore umano.
Le configurazioni di costo si applicano alle aziende industriali, spesso invece di CO.AN. Si parla di Analisi dei
costi o co. Industriale che può essere applicata in ogni tipo di azienda.
Nell’ABC le procedure di ripartizione sono praticamente identiche alla CO.AN. per centri di costo, ma
cambia la logica e la mappatura di questi, che in questo caso sono legate alle attività svolte e non ad un
processo produttivo fisico. Ma può essere applicata a qualunque tipologia di azienda:
-Sia profit che no-profit (massima efficienza interna ≠ massimo profitto) => si cerca di gestire meglio le
risorse limitate => output maggiore e migliore performance.
-Sia private che pubbliche (queste ultime ne hanno molto bisogno).
Es. -sanità => ha un’autonomia regionale, che comporta problematiche sulla competenza (durante la
pandemia servirebbe un potere superiore “nazionale” maggiore); la gestione delle risorse è
particolarmente importante => limiti sul controllo nazionale e disparità fra regioni.
-Regioni/centri di responsabilità + Governatori “responsabili”, lo stato è visto azienda.
Nel ’77 è stato introdotto l’obbligo della CO.GE., CO.AN., Analisi dei costi negli ospedali: ancori in fase di
attivazione e poco corretta.

Configurazione di costi
1) Costo variabile (1o margine di contribuzione):
-Configurazione del B.E.P.
-Studio della leva operativa, con relative implicazioni;
-Analisi di “what if” (simulazione su carta di cosa potrebbe succedere a livello economico se cambiassero le
componenti: costi variabili unitari, prezzo unitario, entità dei costi fissi e quantità prodotte e vendute.
2) Costo primo (2o margine di contribuzione):
-Analisi differenziale (scelte di convenienza economica): -eliminazione/interpretazione/sostituzione di un
piccolo prodotto, make or by.
3) Costo pieno industriale & 4) Costo pieno:
-Operazioni di pricing (sono utili per delineare la scelta dei prezzi, che nel complesso devono coprire tutti i
costi aziendali, se sono aziende profit).

Price Taker
Prendono il prezzo dal mercato (sono la maggior parte delle aziende) => Dato il prezzo come vincolo, le
aziende devono assicurarsi che il costo pieno sia minore rispetto ai ricavi e che Prezzo – costo pieno lsci un
margine di guadagno che possa coprire gli oneri figurativi e il premio per il rischio.

Price Maker
Hanno la forza e il potere di imporre il loro prezzo al mercato, in genere sono aziende leader e con grandi
marchi: sono aziende che riescono a differenziarsi e che sono percepite dai consumatori come uniche (non
per forza sono grandi aziende).
Considerano il costo pieno di ogni produzione e a questo aggiungono un markup che corrisponde alle
aspettative di profitto e così determinano il prezzo di vendita => Prezzo = Costo pieno + markup.
Il markup deve remunerare gli oneri figurativi e il premio per il rischio.

Budget
Sistemi integrati di programmazione esplicitano gli obiettivi, cioè tanti documenti che compongono il
sistema di budgeting.
Obiettivi generali: visti in un’ottica di cambiamento nel lungo periodo, poi fissiamo i sub-obiettivi o obiettivi
intermedi.
NB Previsioni non possono contribuire a ciò che accadrà in futuro;
Programmazione mi attivo per ottenere un risultato che voglio raggiungere (che ho quindi deciso ex-ante).
Qualità degli obiettivi:
-Esplicitati e formalizzati;
-Misurabili, cioè devono avere una loro qualificazione;
-Raggiungibili, ma non in modo troppo semplice, se fossero troppo grandi perderei la motivazione perché
so in partenza che non li raggiungerò. Se fossero troppo semplici li raggiungerei subito e non mi impegnerei
di più, così facendo non ci sarebbe un continuo miglioramento, che invece è importante per l’azienda.
La piramide di Anthony
1) Guida Vertice -Pianificazione strategica
(strategia) -Decisioni di cambiamento nel medio-lungo periodo

2) Controllo Management -Controllo direzionale


(tattica) -Decisioni di breve periodo

3) Operatività Base -Controllo operativo


(azione) operativa -Azioni operative

La suddivisione comporta varie tipologie di poteri, autonomie gestionali e responsabilità:


Vertice => massimo potere all’interno di un’azienda (potere decisionale), nelle piccole imprese è
rappresentato dai soci e imprenditori, nelle medio/grandi invece dal consiglio di amministrazione.
Management => autonomia decisionale importante, ma sotto le direttive del vertice (figure dirigenziali).
Base operativa => figure che si occupano di dare attuazione pratica alle direttive che gli vengono impartite
(potere operativo e non decisionale).
Decisione di continuità: mi muovo nella comfort zone.
Decisione di cambiamento: cambiamento rilevante nell’attività.

1. Il vertice individua la Main Route (o mission)


Decisioni di medio-lungo (esempi): incremento della quota di mercato, se sono azienda price taker e voglio
diventare price maker, incrementare i guadagni o la fascia di mercato, voglio entrare in un nuovo mercato o
espandere il mio mercato all’estero.

2. L’attività principale dei manager è il problem solving, dunque è necessaria una discreta autonomia e
potere.
Fissano i sub-obiettivi, coerenti con quelli fissati in pianificazione strategica. Siamo in un’ottica di breve
periodo (1 anno) e non opera scelte di cambiamento, ma di continuità.
All’interno del controllo di gestione, i manager hanno una partecipazione intensa all’attività di
programmazione, fanno si che vengano raggiunti gli obiettivi dal vertice: “quali azioni mettere in pratica per
raggiungere gli obiettivi fissati in sede strategica?”.

3. Nella base operativa non c’è autonomia decisionale, si mettono in pratica le decisioni impartite dall’alto,
hanno una mera autonomia esecutiva.
Un sistema del controllo di gestione coinvolge tutte le figure dell’azienda, devono tutti partecipare per far
funzionare le cose.

Il coinvolgimento dell’intera struttura è bidirezionale:


-Flusso informativo TOP-DOWN: Dall’alto verso il basso => diffusione degli obiettivi prefissati e distribuiti
tra i vari livelli.
-Flusso informativo BOTTOM-UP: Dal basso verso l’alto =>
-dare informazioni di base che consentono al vertice di elaborare una pianificazione concreta e fattibile
(di cosa dispongo? Come posso impiegarlo?);
-informazioni di ritorno: le azioni predefinite sono state raggiunte? Questo tipo di feedback è molto
importante (è la strategia giusta?).
Sistema di budgeting
-Funzione principale di formalizzare gli obiettivi.
-Funzione di guida => definisce la strada da percorrere.
-Funzione di comunicazione => esplicitando gli obiettivi consento alle figure dell’aziende di conoscere gli
obiettivi.
-Funzione di coordinamento => i manager si devono coordinare tra loro e con la struttura aziendale.
-Funzione di formazione => innesca un meccanismo di apprendimento critico: come raggiungo i risultati?
Le cose che ho fatto sono state utili o devo trovare un’altra via? “È l’esperienza che ti forma”.
-Funzione motivazionale => per avere un meccanismo virtuoso.
-Funzione di valutazione => devo poter misurare gli obiettivi per capire quanto ci sono vicino/lontano.

MBO
Management by objective: per avere una migliore motivazione e raggiungere gli obiettivi abbiamo un
compenso premiale => salario del manager = stipendio fisso + compenso premiale (che hai se raggiungi
l’obiettivo).

Budget di sintesi (o globali) => contengono dei dati che riguardano l’azienda nella sua totalità => elaborati
in fase finale.
Budget operativi => dati sezionati, si concentrano su una specifica area. Se sommiamo tutti i budget
operativi otteniamo i budget di sintesi.

I programmi operativi rappresentano le quantità fisiche necessarie e per la realizzazione degli obiettivi, poi
traduco in dati economici quelli he prima erano dati tecnici e ottengo i budget operativi, infine redigo i
budget di sintesi.

Budget operativi
1) Budget delle vendite (da questo dipendono gli altri): prende forma dai centri di ricavo (elenco dei
prodotti che intendo vendere nell’anno di budget: P * Q = R per ogni linea produttiva).
2) Budget di produzione: prende forma dai centri di costo produttivi (materie prime, personale e altri costi
industriali).
-Quali, quante e quanto costano le materie prime;
-Quanto personale mi serve per tot. prodotti da vendere (che ho stabilito nel budget delle vendite) e
quanto costano;
-Quanto mi costano i servizi, le utenze, la manutenzione, etc.
3) Budget dei costi commerciali: include i costi collegati alla vendita e distribuzione dei prodotti (spese di
pubblicità, marketing, trasporto, etc.).
4) Budget dei costi amministrativi e spese generali: programmazione dei costi che penso di sostenere per
l’amministrazione e la struttura.
Con questi 4 Budget operativi concludiamo la fase di programmazione operativa.
Raccolti tutti i Budget operativi posso redigere i Budget di sintesi.

Budget di sintesi
1) Budget economico: come un conto economico previsionale, contiene gli stessi dati, ma invece di trovarli
a consuntivo, li trovo a preventivo (costi e ricavi d’esercizio relativi all’anno futuro).
2) Budget patrimoniali: come uno stato patrimoniale elaborato in via preventiva e non consuntiva (attivo,
passivo e patrimonio netto).
3) Budget finanziario: versione previsionale del rendiconto finanziario (entrate e uscite di cassa che ci
aspettiamo in futuro).
Budget economico
Multi-marginale per multiprodotto, forma scalare per ottenere i vari margini per ogni singolo prodotto:
+Ricavi
o
=> 1 Margine di contribuzione: -Costi variabili
=> 2o Margine di contribuzione: -Costo primo (costi variabili + costo primo = costi fissi diretti)
=> Margine industriale: -Costo industriale
=> Utile/Perdita: -Costo pieno (costo industriale + costo pieno = costi fissi indiretti)

Budget patrimoniale
Passivo e netto => fonti di finanziamento.
Attivo => come usiamo le fonti di finanziamento.
Posso avere più versioni del conto economico e dello stato patrimoniale: posso avere un budget
patrimoniale esposto sia con il criterio finanziario, sia civilistico, sia economico-funzionale.
La parte dell’attivo rappresenta anche il fabbisogno finanziario: di quanti soldi ho bis ogno per assicurare lo
svolgimento dei programmi nell’anno di budget)
Come posso coprire il fabbisogno di budget? Patrimonio netto (capitale proprio), capitale di terzi (anche
fornitori) e autofinanziamento (generato dall’attività gestionale => strettamente collegata all’andamento
del conto economico).
Autofinanziamento: quando parliamo di costi e ricavi nel conto economico sono esposti riferendosi alla
ricchezza prodotta e consumata nell’anno di riferimento. I costi sono inseriti nel conto economico per
competenza dell’anno (ricchezza consumata nell’anno di budget). I ricavi per competenza mostrano la
ricchezza creata nell’anno di budget.
Se guardo la competenza, guardo quanto spendo/guadagno nel singolo anno di riferimento.
Per determinare l’entità dell’autofinanziamento devo trasformare il conto economico da un concetto di
competenza ad uno di cassa (quanti soldi sono effettivamente entrati e quanti sono effettivamente usciti).
L’autofinanziamento è finanziario, e non economico, e fa riferimento a flussi di cassa, ed è legato alle
attività gestionali correnti.
Se l’azienda produce un utile non è detto che questo sia in cassa:
-un utile a gestione economica (=> componente economica ha segno positivo sotto il profilo delle
componenti per competenza).
-segno positivo anche nei flussi di cassa che generano costi e ricavi.

Budget finanziario
Espone grandezze finanziarie: flussi di cassa in entrata e in uscita previsti per l’anno. Possono avere:
-Natura Reddituale: Flussi di cassa derivanti dal budget economico (legati alle componenti di conto
economico). Li determino tramite metodo diretto o indiretto. Questo flusso di cassa è cash flow operativo.
Budget economico: entrate e uscite di cassa che genereranno ricavi nell’anno di budget, quali ricavi entrano
nell’anno di budget? Quali costi devo supportare nell’anno di budget?
Nel budget finanziario mi preoccupo di capire quando ci sarà una manifestazione finanziaria dei costi e
ricavi. (Non posso dire che l’ammortamento è un’uscita di cassa => questo costo è un costo non monetario
ovvero quote di ammortamenti e accantonamenti. Non hanno un esborso monetario concreto).
-Natura Patrimoniale: Entrate/uscite legate al patrimonio netto, capitale dei terzi e investimenti (legati alle
componenti di stato patrimoniale).
1) Patrimonio netto: es.1 un aumento del capitale sociale comporta nuove fonti di finanziamento, es.2 un
socio recede => avremo una riduzione del patrimonio netto (uscita di cassa), es.3 distribuzione degli utili
(uscita di cassa).
Se il patrimonio netto aumento => entrata di cassa, se il patrimonio di netto diminuisce => uscita di cassa.
Potrebbe anche essere un aumento /diminuzione non finanziaria (es. entra un nuovo socio che apporta
beni in natura e non denaro).
2) Debiti v/terzi: es. chiedo ed ottengo un mutuo, a fronte del debito la Banca eroga soldi (entrata di cassa
dovuta ad un aumento del debito).
Se i debiti dovessero diminuire, avrò un flusso di cassa in uscita (ho restituito quanto avevo preso).
3) Immobilizzazioni: es. investo acquistando un nuovo macchinario (uscite di cassa), es.2 vendo un
macchinario (entrata di cassa).
L’acquisto di immobilizzazioni => comporta un’uscita di cassa, la vendita di immobilizzazioni => ne
comporta una entrata.

Cash flow globale = Cash flow operativo + ∑Flussi di cassa


Cash flow globale: variazione della voce “liquidità” nell’anno di budget. Sono importanti le determinanti
che influiscono sul cash flow globale (che natura hanno?).
Sono contento di un aumento di Cash flow globale?
-Si, se è stato generato da un effetto positivo delle componenti reddituali;
-Non molto, se ho chiesto un mutuo;
-No, se viene da una dismissione di beni strumentali.
Cash flow operativo: rappresenta l’autofinanziamento, ovvero la capacità dell’azienda di generare flussi di
cassa positivi per coprire il fabbisogno finanziario => più riesco a generare autofinanziamento, meno ho
bisogno di finanziamenti esterni.
Flussi di cassa: determinati dalla gestione patrimoniale => può essere positivo o negativo.

Budget finanziario
Risponde a tre esigenze:
-Variazione di liquidità => variazione della liquidità nell’anno di budget (cash flow);
-Segno della variazione della liquidità (positivo o negativo?);
-Motivo per cui avviene la variazione (reddituale o patrimoniale?).
Ricorda:
-è il budget patrimoniale che ci dà grandezze stock ad una certa data (ci può dire qual è la liquidità in quel
momento);
-nel budget finanziario abbiamo una grandezza flusso sotto il profilo della cassa e il risultato finale è la
variazione in un dato periodo (anno di budget);
-nel budget economico le grandezze flusso sono costi e ricavi, quindi grandezze che si muovo nell’anno di
budget che con i loro movimenti generano l’utile (grandezza finale del Budget economico).

Determinanti reddituali (cash flow operativo)


Nel conto economico trovo i ricavi per competenza (anche se non ho ottenuto i ricavi in quell’esercizio). Mi
devo chiedere quali hanno effettivamente movimentato la cassa e prendo in considerazione solo questi.
Nel conto economico trovo i costi per competenza, poi mi chiedo quali costi vedranno un’uscita di cassa
nell’anno di budget e prendo in considerazione solo questi.
Costi/ricavi pagati/percepiti in un anno diverso da quello di budget li elimino per il budget finanziario =>
come?
1. Metodo diretto: analizzo le voci di costi e di ricavi una per una ed elimino quelle non monetarie (che non
generano entrate/uscite nell’anno di budget) => ammortamenti ed accantonamenti li tengo fuori, perché
sono oggettivamente non monetari (non si presta per natura a generare uscite di cassa).
Molto spesso il problema sta nel fatto che costi e ricavi sono soggetti a dilazione, dunque bisogna capire
quali e di quanto sono soggetti a dilazione (sfasatura temporale legata ai tempi di dilazione connessi a
crediti v/clienti e debiti v/fornitori).
2. Metodo indiretto: Parto dall’utile e lo depuro da tutte le componenti non monetarie.
Ricavi – Costi = Utile (grandezza economica);
Utile + ammortamenti + accantonamenti = Flusso di ACN (attivo circolante netto) generato dalla GR
(gestione reddituale). Esso è l’utile depurato da costi oggettivamente non monetari.
Poi mi preoccupo delle dilazioni (-crediti v/clienti; +debiti v/fornitori; +/- variazione di magazzino) => se non
mi trovo nell’anno 0, allora devo considerare gli incrementi di crediti v/clienti e debiti v/fornitori.

Ricavi
- Costi
= Utile
+ Ammortamenti
+ Accantonamenti
= Flusso di ACN da GR
- Variazione crediti v/clienti
+ Variazione debiti v/fornitori
+/- Variazione di magazzino
= Cash flow operativo

-40000€ mostra lo stock al 31/12 della liquidità => la pongo nel budget patrimoniale;
-Variazione dell’anno di budget della liquidità: ∆ = -60000 (significa che l’attività gestionale richiederà
ulteriore liquidità ed assorbirà altre risorse => l’attività gestionale genera un fabbisogno) => la pongo nel
budget finanziario;
-Quali sono le causali delle variazioni? (Le si chiamano determinanti).

Causali (o determinanti)
Cash in flow = entrata, cash out flow = uscita.
Natura reddituale (Budget economico):
-Costi => generano uscite di cassa (cash out flow);
-Ricavi => generano entrate di cassa (cash in flow).
Natura patrimoniale (Budget patrimoniale)
-Immobilizzazioni => in caso di aumento generano delle uscite, in caso opposto generano delle entrate;
-Patrimonio netto => andamento opposto a quello delle immobilizzazioni (se distribuisco gli utili o se
restituisco le quote);
-Capitale di terzi => stesso andamento del patrimonio netto (se all’aumentare dei debiti ho entrate, se
restituisco il mutuo ho uscite e una diminuzione dei debiti).

Budget reddituale
Cash flow operativo (costi e ricavi d’esercizio)
Metodo diretto:
Ricavi monetari (d’esercizio) – Costi monetari (d’esercizio) = Utile d’esercizio (Cash flow)
-Principio di competenza => se parlo dell’esercizio a cui mi riferisco;
-Principio di cassa => se parlo di ricavi/costi monetari;
-Se i ricavi/costi di competenza (che trovo nel budget economico) generano entrate/uscite di cassa, allora li
pongo nel budget finanziario, altrimenti li escludo.
Metodo indiretto:
Depuro l’utile d’esercizio di tutti i costi/ricavi non monetari.
Ricavi d’esercizio – Costi d’esercizi = Utile d’esercizio
Utile + Ammortamenti + Accantonamenti = Flusso da gestione di capitale attivo circolante netto (ACN).
Ammortamenti e accantonamenti sono entrambi costi oggettivamente non monetari, non si verificano di
fatto nell’anno di budget.
Flusso di ACN – ↑Crediti v/clienti + ↑Debiti v/fornitori - ↑Rimanenze di magazzino = Cash flow operativo.
Oppure:
+↓Crediti => che ho incassato, riferiti all’anno precedente;
-↓Debiti => che ho pagato e si riferiscono all’anno precedente;
+↓Rimanenze => se aumenta il magazzino non vendo prodotti, quindi la produzione è elevata, ma non ho
venduto ciò che avevo dunque non ho entrate.
Il Budget finanziario lo posso avere in uno schema a sezioni contrapposte o in forma scalare:
Budget finanziario
Uscita Entrata
↓ Patrimonio Netto ↑ Patrimonio netto
↓ Capitale di terzi ↑ Capitale di terzi
↓ Immobilizzazioni ↑ Immobilizzazioni
- Cash flow (fabbisogno finanziario) + Cash flow (autofinanziamento)
Cash flow globale positivo fonti di finanziamento (o di copertura
del fabbisogno finanziario)
Cash flow globale negativo

Budget finanziario
+/- Cash flow
+/- Investimenti (∆ immobilizzazioni)
+/- Capitale di terzi
+/- Capitale proprio
=> Cash flow globale

Potrebbero piacerti anche