STATO PATRIMONIALE
Lo stato patrimoniale fornisce informazioni sulla situazione patrimoniale e finanziaria di un’entità (ad es.
un’impresa, un’azienda, una società). Lo stato patrimoniale rappresenta un’istantanea della posizione
patrimoniale e finanziaria di un’azienda e, per questo, dev’essere corredato di data. In genere viene
redatto su due colonne:
• quella di destra riporta passività e capitale netto;
• quella di sinistra le attività.
Le attività sono, ad es., il denaro, gli impianti, i terreni, i macchinari e altre risorse (non gli impiegati, in
quanto le risorse devono essere possedute).
Le passività sono obblighi costituiti prevalentemente da debiti che l’azienda ha nei confronti di terzi
(usualmente chiamati creditori: essi, siccome hanno fornito denaro all’azienda, hanno diritti nei confronti
delle attività aziendali in misura pari all’ammontare del loro credito), ma anche da doveri o impegni a
tenere un determinato comportamento.
Il capitale netto può essere visto sotto varie prospettive:
• somma di capitale versato (ammontare di denaro apportato direttamente dalla Proprietà, ad es.
azionisti) + riserve di utili (ricchezza non ancora distribuita agli azionisti);
• la differenza fra attività e passività. Il principio del duplice aspetto afferma infatti che
attività = passività + capitale netto
[cioè il totale dei diritti vantati sulle attività (passività, ciò che hanno i creditori, e capitale netto, ciò
che hanno i proprietari) non potrà mai essere più delle attività]
la quale può essere vista anche in questo modo:
capitale netto = attività - passività
[ogni attività sulla quale non vantano diritti i creditori sarà rivendicata dai detentori del capitale
netto (i proprietari)]
Ciò significa che il capitale netto può essere visto come l’attività al netto delle passività (cioè tolte
le passività).
Principio di omogeneità
Siccome le attività sono eterogenee per natura (un PC è diverso da un buono del tesoro, un fabbricato è
diverso da un’azione), dobbiamo stabilire un’unica unità di conto. Si è scelto a questo proposito di
utilizzare la moneta, in virtù delle sue funzioni di mezzo di scambio di beni e servizi di qualsiasi specie.
Convertendo in termini monetari - attraverso un’unica unità di misura a valore nominale costante -
quantità che si riferiscono a risorse diverse, possiamo assoggettarle al calcolo aritmetico1. Il principio di
omogeneità vorrebbe che l’unità di misura conservi nel tempo la sua capacità di rappresentare il potere
d’acquisto: la moneta, ahinoi, non rispetta questo requisito (ad es. può svalutarsi) per cui può essere
necessario fare qualche correzione2.
La contabilità si riferisce all’azienda e non alle persone che la possiedono: il proprietario di un’azienda, se
prende una certa quantità X di denaro dalla sua società per aggiungerla al suo patrimonio personale,
produce effetti diversi su di sé e sull’azienda (nonostante lui sia a tutti gli effetti il proprietario). Per questo
la contabilità deve avere come riferimento l’azienda considerata come distinta dalle persone a essa
collegate (principio di identità giuridica, entity concept) qualsiasi sia la forma giuridica utilizzata (s.p.a,
società di persone o impresa individuale).
1
Chiaramente ci sono alcune cose che non possono essere valutate (tipo le condizioni di salute del presidente dell’azienda, se sia in atto uno
sciopero, etc…) ma d’altronde, se anche solo provassimo a stimarle, perderemmo di oggettività.
2
Anche se c’è chi dice che questi aggiustamenti genererebbero confusione e andrebbero a scapito dell’obiettività della rappresentazione.
1
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Le aziende non sono eterne: possono infatti chiudere, fondersi con altre, fallire. Il bilancio deve tuttavia
reggersi su un’ipotesi detta prospettiva di funzionamento, quale può essere:
• l’azienda interrompe definitivamente, entro un breve lasso di tempo, la propria attività (ad es. per
liquidazione o per cessione: in questo caso si effettuano bilanci di liquidazione o bilanci di cessione);
• l’azienda continua a funzionare per un tempo indeterminato (è l’ipotesi più comune).
Il principio della prospettiva di funzionamento non suggerisce regole di comportamento: è solo un’ipotesi
generale che serve per applicare determinate modalità di redazione dei rendiconti3.
Chi legge un bilancio vuole sapere qual è il valore della attività presenti nello stato patrimoniale. Il termine
che indica il valore di un’attività è valore di mercato (market value), cioè il valore al quale un’attività
potrebbe con ragionevole certezza essere venduta.
In generale, un’attività è presente in bilancio al valore di mercato quando esiste un’informazione oggettiva
e affidabile su quale sia questo valore. Se manca, il principio del costo stabilisce che l’attività dev’essere
riportata in bilancio al suo costo di acquisto (o costo storico)4. Chiaramente col tempo il valore “reale”
potrebbe scemare (un’automobile vecchia 10 anni non vale più come all’acquisto), sicché nasce il
problema di rettificare nel tempo l’ammontare di tale misura per tenere conto della progressiva riduzione
(o, perché no, dell’aumento) della funzionalità del bene5. Si preferisce tuttavia l’oggettività del costo
storico rispetto all’arbitrarietà che può avere una valutazione o una stima fatta in fieri. Qui, tra l’altro, viene
tirato in ballo anche il principio di prospettiva di funzionamento: si presuppone infatti che l’azienda
manterrà il possesso dei suoi beni per un tempo sufficientemente lungo da rendere possibile lo
svolgimento delle azioni future, rimanendo quindi nell’ottica che l’azienda sopravvivrà per un tempo
indeterminato.
Per quanto riguarda le attività monetarie (quelle che rappresentano diritti su uno specifico ammontare di
denaro, e che in fin dei conti lo sono anche concretamente6), siamo più fortunati: esse sono presenti in
bilancio al loro valore di mercato.
Attività
Approfondiamo il concetto di attività. Per essere considerata tale, un’attività deve rispettare tre requisiti:
• dev’essere sotto il controllo dell’azienda (una cosa in affitto non è un’attività, i dipendenti non
sono un attività7);
• l’attività deve avere un valore per l’azienda (dev’essere cassa in senso stretto, oppure un bene
vendibile, oppure un bene utilizzabili per creare valore);
• dev’essere stata acquistata ad un costo oggettivamente quantificabile (un marchio - anche se
famoso - non è un’attività per l’azienda che lo detiene da sempre; se però l’azienda compra un’altra
azienda detentrice di un marchio prestigioso, il costo di quest’ultimo può essere valutato nelle
attività).
Si fa inoltre la distinzione fra:
• attività correnti (o a breve termine): comprendono la cassa e quelle attività che si ipotizza si
trasformeranno in cassa entro il breve periodo (ad es. entro un anno);
3
Ad esempio, una fabbrica di jeans dispone in un qualunque momento di pantaloni in diverse fasi di lavorazione, ma quelli rimasti “a metà”
non avrebbero alcun valore se non presupponiamo che l’azienda continuerà a vivere e questi semi-lavorati un giorno diventeranno prodotti
finiti con un certo valore di mercato.
4 Questo fa sì che l’importo del capitale netto non corrisponda al valore di mercato dell’azienda.
5
I terreni, i fabbricati e le rimanenze hanno in generale questa caratteristica: il loro valore di mercato non può essere determinato in modo
affidabile nel tempo, eccezion fatta per il momento in cui sono stati acquistati.
6
Ad esempio la liquidità in un conto corrente bancario, un buono del tesoro, un titolo negoziabile in borsa.
7
Il contratto che una società effettua con un calciatore, invece, lo è (viene “comprato”).
2
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
• attività immobilizzate (o a lungo termine): sono le attività che ci si aspetta produrranno la loro
attività (o si trasformeranno in cassa) nel lungo periodo.
Passività
Le passività sono i diritti vantati da creditori e soggetti esterni all’azienda su tutte le attività (e non su una
parte particolare di esse). Anche qui si fa la distinzione fra:
• passività correnti (o a breve termine): quelli da estinguere nel breve periodo;
• passività a lungo termine: da estinguere nel lungo periodo.
Quoziente di liquidità
attività correnti
passività correnti
e misura la capacità di un’azienda di fare fronte ai propri impegni finanziari di breve periodo.
Capitale netto
8Oppure, eventualmente, viene spartito tra la Proprietà o - come già detto - ridistribuito in dividendi. Se negli esercizi non viene specificato
nulla, i soldi vanno a confluire nelle riserve di utili.
3
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Attività correnti
Dicevamo poco fa che comprendono la cassa e altre attività che si ipotizza si trasformeranno in cassa nel
breve periodo. Ecco alcune voci importanti di attività:
• la cassa è costituita da denaro contante, depositi bancari e postali e assegni;
• i titoli possono essere titoli di credito o titoli azionari:
o i primi (titoli di credito) sono rappresentativi di un credito nei confronti del soggetto che li
emette9;
o i secondi (titoli azionari) sono rappresentativi del possesso di azioni, cioè di una quota del
capitale di una società;
o infine - come sottodistinzione - abbiamo i titoli in portafoglio (spesso considerati come
equivalenti a liquidità) i quali sono titoli che si prevede di convertire in denaro entro un anno
e sono pertanto presenti in bilancio come attività correnti;
• i crediti commerciali netti sono crediti che l’azienda vanta nei confronti dei propri clienti come
conseguenza della tradizionale forma di pagamento posticipata10. Se il cliente sottoscrive una
cambiale, l’importo della cambiale viene contabilizzato come cambiali attive;
• le rimanenze o scorte possono essere prodotti finiti, materie prime o semilavorati che si intende
vendere (oppure prima completare e poi vendere) in futuro11;
• i costi anticipati sono attività intangibili o immateriali che saranno utilizzati nel breve periodo (ad
es. un impianto di allarme, un’assicurazione contro gli incendi) oppure, semplicemente, un
generico saldo anticipato.
Attività immobilizzate
9
Esempi: i BOT (emessi dallo stato), CCT (certificati del tesoro), etc …
10
Ad esempio, l’emissione mensile della bolletta dell’ENEL al generico utente fa nascere, nella contabilità dell’ENEL, un credito
commerciale sino a quando l’utente estingue il proprio obbligo.
11
Negli esercizi (ad es. Campus Pizza), possiamo quindi “mescolare” in tale conto sia i prodotti finiti, sia le materie prime che devono
ancora essere trasformate.
12
Si ricorda che, se si intende convertire questi titoli in liquidità entro un anno, le voci vanno segnate presso titoli in portafoglio.
4
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
• avviamento: nasce quando un’azienda ne acquista un’altra pagando un prezzo superiore a quello
corrispondente alla differenza fra le attività e le passività dell’azienda acquisita (oppure, ricordando
la famosa equazione, rappresenta la differenza fra il corrispettivo pagato per l’acquisto di
un’azienda e il suo capitale netto). Esso è pertanto l’apprezzamento che viene dato a elementi
intangibili aziendali quali l’immagine, il valore del portafoglio dei clienti e dei prodotti, le
competenze organizzative, etc…
Passività correnti
Sono obblighi che vanno a scadere nel breve periodo (entro l’anno successivo). Fra questi troviamo:
• debiti verso fornitori: se l’azienda è cliente del fornitore;
• debiti a breve verso banche: corrisponde ai debiti di conto corrente (è un debito di finanziamento,
non un debito operativo - detto di funzionamento - che si sviluppa “automaticamente” con lo
svolgimento delle attività di approvvigionamento, trasformazione e vendita);
• conti sospesi: debiti, nei confronti dei dipendenti (o di altri), che non sono stati ancora liquidati;
• debiti tributari: quelli dovuti all’erario per imposte certe. La componente più rilevante è
normalmente quella sul reddito
Mettiamo qui i debiti estinguibili entro lassi di tempo superiori all’anno. Alcune categorie esaminate nel
paragrafo precedente (ad es. le polizze assicurative) possono tornare buone anche qui, se la scadenza del
debito è a lungo termine.
5
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Per transazioni intendiamo sia operazioni con l’esterno (operazioni di esterna gestione)13, sia operazioni
interne (operazioni di interna gestione), riconducibili all’utilizzazione delle risorse e alla loro
trasformazione in beni o servizi. Il primo tipo di transazione origina variazioni oggettive sul bilancio (cioè
delle attività e/o delle passività e/o del capitale netto), mentre il secondo produce un costo (ad esempio la
remunerazione della manodopera per completare i prodotti) ed aumenta il valore di un’attività. Le
operazioni interne danno origine a valori stimati o congetturati perché non esiste in questo caso un prezzo
dello scambio che attribuisca oggettività agli effetti delle operazioni.
Sia le operazioni con l’esterno che quelle interne influiscono sullo stato patrimoniale dell’azienda.
Quando si fonda un’azienda commerciale (ad esempio un’impresa individuale, messa su da una sola
persona), bisogna fornire una certa liquidità iniziale per avviare l’attività. Il capitale iniziale compare sia
nelle attività (cassa), sia nella colonna delle passività e del capitale netto; il bilancio con questa sola voce,
quindi, è automaticamente in pareggio.
Es. Eugenio Bianchi costituisce un’azienda commerciale depositando 10.000 € in un conto corrente
bancario aperto a nome dell’azienda.
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa + 10.000 € Capitale versato + 10.000 €
…. …
Accensione di debiti
Un impegno di questo tipo è un obbligo nei confronti del creditore; quando si contrae un debito
aumentano le attività (incrementa la cassa perché si incamerano liquidi14) ma anche le passività sotto la
voce “debiti verso…”. Ancora una volta questo cambiamento non altera la preesistente condizione di
uguaglianza tra attività e {passività + capitale netto}.
Es. Eugenio Bianchi contrae un debito bancario per 5.000 €
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa + 5.000 € Debito verso banche + 5.000 €
…. …
Questo evento modifica solo la colonna delle attività. Quando si acquista della merce in questo modo, si
sottrae moneta dalla voce “liquidità e cassa” e si introduce (se già non c’è) una voce “rimanenze” o
“magazzino”. Qualsiasi evento che è possibile contabilizzare, come in questo caso, è chiamato
transazione: ogni transazione comporta almeno due cambiamenti nello stato patrimoniale.
Es. Eugenio Bianchi acquista merce per 2.000 €
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa - 2.000 € …
Rimanenze + 2.000 € …
…. …
13 Cioè scambi di beni o servizi tra l’azienda e i terzi relativi all’acquisizione di risorse o al collocamento dei prodotti sul mercato.
14
In questo caso bisogna segnare tutto nella voce “cassa e liquidità”.
6
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Se un’azienda vende per 300 € ( da aggiungere in cassa) merce costata 200 € ( da togliere dalle
rimanenze, sempre nella colonna delle attività) la differenza di 100 € rappresenta un incremento del
capitale netto generato dalla gestione (raggruppiamo sotto la voce “riserve di utili”). Ecco le modifiche da
annotare
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa +300 € Riserve di utili + 100 €
Rimanenze - 200 € …
…. …
Acquistando merci a credito per X € (con soldi da restituire nel breve termine) aumentiamo di X le
rimanenze e aggiungiamo X al debito verso fornitori nelle passività. Ancora una volta attività = passività +
capitale netto.
Es. La Morassuti Market acquista merci per 2.000 € e si impegna a pagare dopo 30 giorni.
Attività Passività e C.N.
… …
Rimanenze + 2.000 € Debiti coi fornitori + 2.000 €
…. …
Infine, 30 giorni dopo:
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa - 2.000 € Debiti coi fornitori - 2.000 €
…. …
Alla fine le variazioni complessive sono state di +2.000 € nelle rimanenze e -2.000 € in cassa solo che, in
mezzo, è stato contratto un debito (che rappresenta il passaggio in più).
Vendiamo merce costata Y per X: caviamo Y dalle rimanenze e aggiungiamo X nella cassa. Per quanto
riguarda il capitale netto, aggiungiamo X ‒ Y di “riserve di utili”. Anche questa volta è facile verificare che
la famosa identità non viene violata.
Es. La Morassuti Market vende per 3.500 € merci che aveva acquistato per 2.000 €.
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa + 3.500 € …
Rimanenze - 2.000 € Riserve di utili + 1.500 €
…. …
Vendita a credito
Vendiamo a credito merce costata Y per X: caviamo Y dalle rimanenze e aggiungiamo X alle attività sotto
la voce “crediti commerciali”. Quando per chi ha acquistato a credito giungerà il momento di saldare il
conto, dovremo cancellare gli X € dai crediti commerciali, aggiungere la stessa quantità alla cassa e
aggiungere X-Y di “riserve di utili” sotto la colonna del capitale netto. Anche questa volta è facile verificare
che la famosa identità non viene violata.
7
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Es. Adalgisio Giungiolottossi vende a credito per 900 € merce costata 600 €. L’acquirente promette di
pagare dopo due mesi.
Attività Passività e C.N.
… …
Rimanenze - 600 € …
Crediti + 900 € …
…. …
Infine, due mesi dopo:
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa + 900 € Riserve di utili + 300 €
Crediti - 900 €
…. …
Alla fine le variazioni complessive sono state di - 600 € nelle rimanenze, di + 900 € in cassa e di +300 € nelle
riserve di utili. Anche se abbiamo fatto un passaggio in più e abbiamo venduto a credito, la solita
equazione non è stata violata.
Questa operazione riguarda solo la colonna delle attività: bisogna cavare X dalla cassa e aggiungere X nei
costi anticipati (sempre nella colonna delle attività).
Es. Cirilla Bruboclicatti sottoscrive una polizza contro gli incendi e paga 100 €.
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa - 100 € …
Assicurazione + 100 € …
…. …
Si comprano due lotti per X, di cui Y vengono pagati subito mentre coi rimanenti X ‒ Y si accende un
mutuo ipotecario. Si cava quindi Y dalla cassa, si aggiunge X nelle attività sotto la voce “beni immobili”, si
segnano X ‒ Y nelle passività sotto la voce “mutuo ipotecario”.
Es. Giuseppino Zanzoperonilli acquista un terreno per 500.000 €, pagando 200.000 € e accendendo un
mutuo per i rimanenti 300.000 €.
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa - 200.000 € Mutuo ipotecario +300.000 €
Immobilità + 500.000 € …
…. …
Vendita di terreni16
Si vendono due lotti per X, di cui Y vengono pagati subito mentre coi rimanenti X ‒ Y il compratore
accende un mutuo ipotecario. Si aggiunge quindi Y dalla cassa, si cavano X nelle attività sotto la voce
“terreni”, si cavano X ‒ Y dalle passività (ad esempio dalla voce “debiti verso le banche”, se quei soldi
vanno ad estinguere tali debiti, dalla voce “mutuo ipotecario” se anche il venditore del terreno aveva
contratto un mutuo con altri).
15
Questo procedimento va bene in realtà per qualunque bene immobile.
16
Trattasi dell’operazione “complementare” del punto precedente.
8
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Es. Giuseppino Zanzoperonilli si pente del suo acquisto ma è fortunato e riesce a vendere il terreno appena
acquisito per 550.000 €. Con i soldi incassati paga il suo mutuo (il resto confluisce nelle “riserve di utili”).
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa + 250.000 € Mutuo ipotecario - 300.000 €
Immobilità - 500.000 € Riserve di utili + 50.000 €
…. …
Prelievo di capitale
Se il titolare dell’azienda preleva, a titolo personale, capitale per X € e merce per Y €, bisogna cavare X
dalla cassa, Y dalle rimanenze, X + Y dalle riserve di utili.
Es. Corrado Yugabaluba preleva 200 € in contanti dal conto corrente bancario della sua azienda e merce
per un totale di 400 €.
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa - 200 € …
Rimanenze - 400 € Riserve di utili - 600 €
…. …
Si prelevano X € dalla cassa e viene ridotto di Y € il debito bancario (si sottrae quindi la stessa somma dalle
due colonne e la parità rimane invariata).
Es. Genoveffa Corallofonicattoli riduce di 60.000 € il debito che ha con la banca, pigliando i soldi dalla
cassa.
Attività Passività e C.N.
… …
Cassa - 60.000 € Debito con banche - 60.000 €
…. …
Promessa d’acquisto
Un tizio promette all’azienda di acquistare merce per 60.000 €. Finché però non passa ai fatti (pagando,
oppure firmando un contratto a credito se proprio non ha voglia di sborsare del denaro) e non prende
concretamente l’impegno promesso, non dobbiamo segnare nulla di nulla (principio di prudenza).
9
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Non tutte le transazioni modificano il valore del capitale netto; generalmente quest’ultimo aumenta
perché:
• i proprietari fanno confluire liquidità nell’azienda;
• la gestione produce profitto (vendite, maturazione di crediti, etc.).
Le transazioni che generano reddito17 determinano anche una variazione del capitale netto riportata alla
voce “riserve di utili”. Le variazioni che incidono su tale voce sono rappresentate dalle vendite; acquisti e
prestiti, invece, non influiscono.
L’aumento di capitale netto determinato da operazioni di gestione relative a un certo periodo di tempo è
denominato reddito o utile del periodo18. Tale reddito è riportato in un documento denominato conto
economico, il quale si riferisce ad un certo periodo temporale (mentre lo stato patrimoniale è
un’istantanea che si riferisce ad uno specifico momento).
Considerato in sé, l’incremento delle riserve di utili derivante dalle operazioni di gestione (ad esempio se
viene venduta della merce) viene denominato ricavo.
Allo stesso modo, la diminuzione delle riserve di utili derivante dalle operazioni di gestione (ad esempio se
diamo via delle rimanenze) viene denominata costo di competenza.
Es. se vendiamo per X delle cose che a noi sono costate Y (e che erano in magazzino) scriveremo X nei
ricavi e Y nei costi. Il capitale netto è la differenza X ‒ Y.
Il 5 gennaio l’azienda ha venduto per 300 € merce costata 200 €, incrementando così di 100 € le riserve di
utili. La transazione è costituita da due eventi distinti: (1) la vendita della merce che, in quanto tale, ha
determinato un incremento delle riserve di utili (e della cassa) di 300 € e (2) la riduzione delle rimanenze di
merci la quale, al contrario, ha diminuito il valore delle riserve di utili di 200 €. Considerato in sé,
l’incremento delle riserve di utili derivante dalle operazioni di gestione viene denominato ricavo (300 € in
questo primo esempio). Considerata in sé, la diminuzione delle riserve di utili derivante dalle operazioni di
gestione viene denominata costo di competenza (200 € nell’esempio). L’aumento del capitale netto
passerà anzitutto per il conto economico: quei 100 € guadagnati fanno infatti parte del reddito (e su di essi
bisognerà pagare delle tasse!).
I termini reddito, profitto e utile hanno tutti il medesimo significato e indicano la differenza tra i ricavi e i
costi di competenza in un determinato periodo.
Conto economico e stato patrimoniale possono essere paragonati a due distinti rapporti su un bacino
d’acqua artificiale in relazione a un certo periodo. Il primo riporta quanta acqua è fluita attraverso la diga
durante il periodo; il secondo quanta acqua era contenuta nel bacino alla fine del periodo. Analogamente,
il conto economico è un “rendiconto di flusso” mentre lo stato patrimoniale è un “rendiconto di fondi”.
17
Ad esempio vendere qualcosa ad un prezzo maggiore di quello per il quale la si è comprata. La differenza, cioè il guadagno, finisce
nelle “riserve di utili”.
18
Una delle informazioni principali riguardanti aziende orientate al profitto è proprio l’ammontare del reddito nonché le modalità
secondo le quali è stato ottenuto.
10
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
NOTA: i prelievi da parte dei proprietari (dividendi) non sono un costo, non compaiono in conto
economico e non riducono il reddito.
11
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
IL CONTO
Poiché la maggior parte delle aziende contabilizza un numero enorme di transazioni, cancellare i vecchi
importi dello stato patrimoniale per sostituirli con i nuovi sarebbe improponibile. Per questo motivo si
utilizza l’espediente tecnico del conto a sezioni divise (o, più semplicemente, conto): il suo scopo è quello di
seguire nel tempo il valore e i cambiamenti di valore dell’oggetto che esso rappresenta.
Il conto si presenta come una T (v. esempio sottostante); le transizioni che durante il periodo
amministrativo hanno ripercussioni sul valore della cassa possono determinare incrementi (colonna a
sinistra) o decrementi (colonna a destra) della stessa.
Metaforicamente parlando, il conto è un serbatoio che viene alimentato dalle scritture effettuate in una
sezione e scaricato da quelle effettuate nella sezione opposta.
Es.
Cassa
Saldo iniziale 10.000 2.000 (pagato un fornitore)
300 (incassati da un cliente)
5.000 (prestito)
800 (vendita di merce)
TOTALE 16.100 2.000
Saldo finale 14.100
Come si nota, alla fine del periodo il valore totale degli incrementi è sommato al valore iniziale del saldo e
da questo risultato viene sottratto il valore totale dei decrementi, ottenendo così il nuovo saldo (“saldo
finale”).
Gli incrementi sono, come già detto, nella sezione di sinistra. Esempi di voci da mettere negli incrementi
possono essere il saldo di un credito commerciale concesso19, il saldo di una cambiale, il versamento in
cassa o nel capitale sociale, etc….
Esempi di voci da mettere nei decrementi (colonna di destra) possono essere il pagamento di un debito
che si aveva verso qualcuno, la sottoscrizione di una cambiale e relativa alla contrazione di un debito, etc…
Quel che conta e che rimane costante è che l’incremento di una qualsiasi attività viene sempre registrato
nella sezione di sinistra e, poiché i totali della sezione di sinistra e della sezione di destra devono essere
del medesimo valore, il decremento di una qualsiasi attività dev’essere sempre registrato nella sezione di
destra.
Esempio: un cliente della nostra azienda salda un credito commerciale ordinario di 800 € pagando 600 € in
contanti e sottoscrivendo una cambiale per i restanti 200 €. Allora si ha:
Cassa
Saldo iniziale 10.000
600 Si bilanciano!
Crediti commerciali
Saldo iniziale 2.000
800
Cambiali attive
Saldo iniziale 1.000
200
19
Son soldi che “tornano indietro”.
12
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Qualunque registrazione conduce al bilanciamento dei valori totali delle due sezioni di sinistra e di destra,
coerentemente con l’equazione fondamentale del bilancio: Attività = Passività + Capitale netto.
Ripetiamo: l’incremento di una qualsiasi attività viene sempre registrato nella sezione di sinistra e, poiché i
totali della sezione di sinistra e di destra devono essere del medesimo valore, il decremento di una
qualsiasi attività deve sempre essere registrato nella sezione di destra.
Un modo per ricordare questa regola è quello di visualizzare le due sezioni dello stato patrimoniale:
• le attività sono riportate nella sezione di sinistra dello stato patrimoniale e gli incrementi
corrispondenti nella sezione di sinistra dei rispettivi conti;
• le passività e il capitale netto sono riportate nella sezione di destra dello stato patrimoniale e gli
incrementi corrispondenti nella sezione di destra dei rispettivi conti.
= +
DARE AVERE DARE AVERE DARE AVERE
Si noti che il “dare” nella parte sinistra dell’equazione del bilancio rileva incrementi (viceversa per l’
“avere”), mentre il “dare” nella parte destra rileva riduzioni e quindi ha un significato diverso!!
Dare e avere
Nel linguaggio contabile la sezione sinistra di un conto è chiamata dare e quella di destra avere. Si dice
quindi che gli incrementi sono registrati in “dare” e i decrementi in “avere”. Poiché per ogni traslazione il
totale delle registrazioni in dare deve eguagliare quello in avere,
∑ dare = ∑ avere
è semplice verificare se le scritture contabili sono tenute con precisione oppure no (basta vedere se i totali
sono uguali). Per ogni singola traslazione devono infatti essere verificate sia l’equazione fondamentale del
bilancio che quella scritta appena sopra.
Poiché nei conti del capitale netto gli incrementi sono registrati in avere, anche i ricavi, in quanto
incrementi del capitale netto, sono registrati in avere.
Analogamente, poiché le diminuzioni del capitale netto sono rilevate in dare, i costi di competenza, che
sono decrementi del capitale netto, sono rilevati in dare.
Il mastro e il giornale
Il mastro è l’insieme dei conti accesi da un’azienda. Nella pratica, le transazioni non sono registrate
direttamente nel mastro giacché sono prima riportate, per avere memoria della loro cronologia, in un
rendiconto chiamato giornale.
13
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
L
Queste rilevazioni si chiamano registrazioni a giornale. Il giornale è organizzato in tre sezioni: data, conto
da movimentare, importi in dare o avere.
Esempio:
La prima riga contiene sempre il conto movimentato in dare (l’addebito), con il relativo importo presente
nella prima colonna. La seconda riga indica sempre il conto movimentato in avere (l’accredito), con il
relativo importo (uguale ovviamente a quello in dare) riportato nella seconda colonna. Le registrazioni a
giornale sono poi trasferite nel mastro attraverso un processo denominato di riporto a mastro.
mastro
Il conto riporta gli incrementi delle riserve di utili durante il periodo, mentre il conto costi ne registra i
decrementi. La differenza fra ricavi e costi di competenza è il reddito del periodo,
periodo che rappresenta - se
positivo - un incremento del capitale netto, in particolare della voce “riserve
riserve di utili”.
utili Il reddito incrementa
il conto “riserve di utili” attraverso una serie di registrazioni a giornale chiamate registrazioni di chiusura
(closing entries).
I conti dei ricavi e dei costi sono conti temporanei perché alla fine di ogni periodo contabile vengono
azzerati utilizzando come contropartita il conto riserve di utili. Il reddito di un certo periodo è un
incremento (o un decremento) delle riserve di utili derivante dalle operazioni di gestione compiute nel
n
periodo.
I ricavi e i costi di un periodo sono presenti nel costo economico e la differenza fra i primi ed i secondi
corrisponde al reddito del periodo. I conti delle attività, delle passività e del capitale netto sono conti
permanenti e i loro saldi sono trasferiti da un periodo contabile a quello successivo.
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Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
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Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
• se nell’anno vengono sottoscritti dei debiti, ad esempio nei confronti di banche, da pagare entro
un anno dopo:
DARE Cassa [Importo prestato]
AVERE Debiti verso banche [Importo prestato]
Bisogna poi quantificare quanti interessi vengono maturati entro l’anno dai creditori. Ad es. se
sottoscriviamo un prestito con una banca il 1 giugno e ci viene chiesto di pagarlo in un’unica
soluzione entro un anno, dovremo contabilizzare 6 mesi di interesse (il 50% dell’interesse totale) in
questo modo:
AVERE Rateo passivo per interessi [Interessi maturati (50%)]
Nel conto economico: DARE Interessi passivi [Interessi maturati (50%)]
Se invece avevamo contratto un prestito l’anno prima (ed è arrivato il momento di pagarlo)
dobbiamo direttamente attingere dalla cassa:
AVERE Cassa [Importo da pagare]
Nel conto economico: DARE Interessi passivi [Importo da pagare]
NOTA: gli interessi vanno calcolati sulla rata, non su tutto l’importo da pagare!
NOTA: se c’è da pagare la rata entro la chiusura del nuovo bilancio, bisogna ricordarsene!
• ricavi di competenza per metà incassati:
DARE Cassa [Metà dei ricavi]
DARE Crediti commerciali [L’altra metà dei ricavi]
Nel conto economico : AVERE Ricavi [L’importo complessivo]
• trattamento di fine rapporto: il TFR è da considerarsi alla stregua di un debito. Ad es. se la spesa
per gli stipendi è pari a 100 e il 5% di questa somma è per il TFR si ha
AVERE Cassa [il 95% di 100, cioè 95]
AVERE Fondo TFR [il 5% di 100, cioè 5]
Nel conto economico: DARE Stipendi [il 95% di 100, cioè 95]
DARE Quota TFR [il 5% di 100, cioè 5]
• mancato ottenimento di crediti:
AVERE Fondo svalutazione crediti20 [Perdita]
Nel conto economico: DARE Perdite su crediti [Perdita]
• pagamento del TFR (ad es. se i dipendenti lasciano l’azienda):
AVERE Cassa [Importo da pagare]
DARE Fondo TFR [Importo da pagare]
• a metà anno (ad es. 2003) viene avviato un progetto di ricerca che comporta un certo esborso (che
si chiude entro l’anno); il piano di ammortamento si chiude due anni e mezzo dopo (dicembre
2005) e il pagamento è rateale:
AVERE Cassa [Esborso del progetto]
DARE Immobilizzazioni [Esborso del progetto]
AVERE Fondo ammortamento [Rata = 20%, perché i semestri sono 5 e paghiamo il primo]
Nel conto economico: AVERE Ammortamento [Rata = 20%]
• avviamento: nasce quando un’azienda ne acquista un’altra pagando un prezzo superiore a quello
corrispondente alla differenza fra le attività e le passività dell’azienda acquisita.
Esempio: acquisiamo una partecipazione di valore 40 €, pagando 65 €. Nell’operazione vengono
persi 10 € in spese notarili. Registrazione:
AVERE Cassa 65 €
21
DARE Avviamento 15 €
13
DARE Partecipazioni 40 €
Nel conto economico: DARE Spese legali e notarili 10 €
20
Passività.
21
Trattasi di un’attività.
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22
Attività.
17
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• affitto:
AVERE Cassa [Costo dell’affitto]
Nel conto economico: DARE Affitto [Costo dell’affitto]
Se viene pagato anticipatamente, il passaggio completo è in realtà questo:
AVERE Cassa [Costo dell’affitto]
DARE Affitto23 [Costo dell’affitto]
[Al momento del pagamento...]
AVERE Affitto [Costo dell’affitto]
Nel conto economico: DARE Affitto [Costo dell’affitto]
• acquisto di attrezzature (immobilità):
AVERE Cassa [Costo attrezzature]
DARE Immobilità (attrezzature) [Costo attrezzature]
• ricavi realizzati per cassa:
DARE Cassa [Importo ricavi]
Nel conto economico: AVERE Ricavi [Importo ricavi]
• vendita di materiali:
DARE Cassa [Importo ricavi]
Nel conto economico: AVERE Ricavi [Importo ricavi]
• pagamento della rata di un mutuo:
AVERE Cassa [Importo rata]
Nel conto economico: DARE Interessi passivi [Importo rata]
• acquisto di materiali in due passaggi (una parte pagata subito in contante e l’altra più tardi)
AVERE Cassa [Contanti pagati subito]
DARE Rimanenze [Valore complessivo delle merci]
AVERE Debiti verso fornitori [Importo non ancora pagato]
[… al momento del saldo finale]
DARE Debiti verso fornitori [Importo che non era ancora stato pagato]
AVERE Cassa [Importo che non era ancora stato pagato]
Con metodo dell’inventario perpetuo:
AVERE Cassa [Contanti pagati subito]
DARE Rimanenze [Valore complessivo delle merci]
AVERE Debiti verso fornitori [Importo non ancora pagato]
Nel conto economico: DARE Acquisti [Valore complessivo delle merci]
23
Attività.
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24
Attività.
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I RICAVI E LE ATTIVITÀ
La misura del reddito per un business di breve durata è semplice da misurare: è la differenza fra gli incassi
e gli esporsi generati complessivamente. La maggior parte delle aziende non ha però una vita di pochi
mesi e il management non è disposto ad attendere molti anni prima di avere informazioni sulla
prestazione dell’azienda. Essi, al contrario, hanno bisogno di disporre di tali informazioni a intervalli
regolari, costanti e frequenti nel tempo.
Il conto economico rileva la prestazione aziendale in relazione ad uno specifico intervallo temporale
denominato periodo amministrativo, al termine del quale si rileva il reddito complessivo dell’esercizio,
cioè il risultato economico della gestione. Anche se il periodo amministrativo ufficiale corrisponde ad un
anno (anno fiscale, o esercizio), i cosiddetti rendiconti infrannuali o bilanci infrannuali (ad uso interno)
hanno a riferimento periodi di tempo più brevi, come il trimestre o anche il mese.
Principio di prudenza (ovvero, come stabilire quanto ricavato può essere riconosciuto)
Tale principio prevede di contabilizzare un guadagno solo quando effettivamente avviene la transazione:
se un tizio promette ad un altro di comprargli una merce a marzo, è meglio non contabilizzare il guadagno
nel bilancio di gennaio e aspettare che lo scambio sia effettivamente avvenuto. Gli incrementi del capitale
netto, insomma, possono essere riconosciuti soltanto quando sono ragionevolmente certi.
Le diminuzioni del capitale netto devono, al contrario, essere riconosciute non appena è possibile che si
siano verificate, senza rimandare. Riassumendo:
• bisogna riconoscere gli incrementi solo quando sono ragionevolmente certi, cioè già realizzati;
• bisogna riconoscere i decrementi non appena risultano ragionevolmente possibili, anche se non
ancora realizzati.
Una penna nuova di zecca è un’attività aziendale, ma è ridicolo anche solo pensare di aggiornare ogni
giorno lo stato patrimoniale per considerare la quantità d’inchiostro consumata dai dipendenti. Onde
evitare di registrare voci inutili e ridondanti, si preferisce considerare le penne come già consumate al
momento della consegna: così facendo riassumiamo in una sola volta tutti i consumi giornalieri di
inchiostro dal momento della consegna della penna fino alla sua completa consumazione.
20
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
L’aspetto complementare di queste considerazioni è che per redigere il bilancio è necessario individuare
tutti i fenomeni rilevanti e trascurare quelli non rilevanti.
Principio di realizzazione dei ricavi (ovvero, come stabilire quando un ricavo viene riconosciuto)
Il ricavo delle vendite va contabilizzato al momento della consegna dei prodotti ai clienti, non quando la
produzione è terminata. Il principio di realizzazione dice proprio questo: il ricavo si realizza al momento
della consegna del prodotto, cioè quando si verifica che
1. è avvenuto lo scambio con l’esterno e la corrispondente manifestazione finanziaria;
2. l’azienda ha compiuto tutto quanto doveva essere fatto per avere diritto del ricavo.
Es. in marzo la Maypo SPA riceve un anticipo di 3.000 € da un’azienda che le ha commissionato un certo
numero di depliant pubblicitari (quando si fa una vendita anticipata, l’azienda ha l’obbligo di consegnare il
prodotto venduto e tale obbligo costituisce una passività che viene registrata nella sezione di destra dello
stato patrimoniale come “ricavo anticipato”). Maypo SPA registra quindi, in marzo
DARE: cassa 3.000 € (aumenta la cassa)
AVERE: anticipi da clienti 3.000 € (aumentano gli anticipi)
In giugno Maypo consegna i depliant e conseguentemente, avendo svolto tutto quello che doveva
svolgere per avere diritto al ricavo, non ha più debito nei confronti del cliente. La registrazione sarà
pertanto la seguente:
DARE: anticipi da clienti 3.000 € (calano gli anticipi perché ormai quei soldi sono a tutti gli
effetti…)
AVERE: ricavi da vendite 3.000 € (… ricavi dalle vendite)
Come si nota, il ricavo anticipato si trasforma in ricavo realizzato non appena i depliant sono consegnati
(non prima).
Es. (2) nel 2001 una casa editrice riceve 80 € per la sottoscrizione di un abbonamento biennale a una delle
sue riviste che sarà distribuita nel 2002 e nel 2003. Nel 2001 si registra perciò:
DARE: cassa 80 € (aumenta la cassa)
AVERE: anticipi da clienti 80 € (aumentano gli anticipi)
Alla fine del 2001 l’ammontare della passività sarà pertanto di 80 € (non abbiamo ancora consegnato
nulla). Alla fine del primo anno (2002) di vendita effettiva, scriveremo invece:
DARE: anticipi da clienti 40 € (calano gli anticipi)
AVERE: ricavi da vendite 40 € (aumentano i ricavi)
Lo stato patrimoniale avrà una passività di 40 €. Nel 2003, infine, registreremo:
DARE: anticipi da clienti 40 € (calano gli anticipi)
AVERE: ricavi da vendite 40 € (aumentano i ricavi)
La passività, a questo punto, si sarà definitivamente estinta.
I ricavi derivanti dalla vendita di servizi sono riconosciuti nel periodo all’interno del quale i servizi sono
erogati. Se un locatore riceve in gennaio una somma di contanti (ad es. 800 €) in cambio del diritto del
locatario di utilizzare un immobile nei successivi tre mesi, allora il locatore realizza i “ricavi da locazione” in
questi ultimi, non in gennaio!
Quando una banca concede un prestito fornisce un servizio e, a fronte di esso, realizza un ricavo
finanziario chiamato interessi attivi. Essi sono simili al ricavo derivante dalla locazione di un immobile: le
banche erogano un servizio rendendo possibile l’utilizzo dei loro del denaro prestato (così come i locatori
fornivano il servizio rendendo possibile l’uso dei loro immobili ai locatari). In entrambi i casi il ricavo si
realizza in funzione del tempo e viene contabilizzato al termine del periodo o dei periodi di fruizione del
servizio da parte dei clienti.
Riassumendo:
• quando si realizza il ricavo prima del corrispondente incasso, si accredita il conto ricavi e si addebita
il conto crediti commerciali;
• quando il ricavo25 si realizza dopo il corrispondente incasso, si addebita la cassa e si accredita, al
momento dell’incasso, un conto del passivo (anticipi da clienti).
Se un’azienda vende qualcosa viene registrato un ricavo, ma se il cliente non paga ciò che l’azienda gli ha
venduto bisogna tenerne conto nel calcolo finale del capitale netto. In tali casi si parla di credito
inesigibile: una voce con tale nome va quindi registrata in un apposito conto di costo (svalutazione crediti),
visto che vi è stato un calo dei ricavi dovuto al fatto che qualche furbetto non ha pagato.
Poiché l’ammontare dei crediti commerciali è costituito anche da crediti nei confronti di clienti che
probabilmente non salderanno mai il loro debito, il valore dell’attività “crediti commerciali” è
sovrastimato26. Pertanto, se viene ridotto il capitale netto di 10.000 € causa mancato pagamento da parte
dei clienti inadempienti, bisognerà anche ridurre l’ammontare dei crediti commerciali (altrimenti non
sarebbe rispettata la famosa uguaglianza “attività = passività + capitale netto”). Nel caso più generale non
si è in grado di ridurre a priori il valore dei crediti commerciali agendo su di essi analiticamente, perché non
si sa chi non pagherà né quanto non pagherà. Per questo si utilizza un conto specifico di rettifica chiamato
denominato fondo svalutazione crediti, che viene incrementato di un ammontare pari a quello dei crediti
commerciali stimati ineseguibili. Il conto crediti commerciali, come del resto tutti i conti dell’attivo, ha una
sezione di sinistra (dare) dove vengono registrati gli aumenti; il fondo svalutazione crediti dovrà pertanto
riportare il saldo in avere.
Es. Alla Loren SPA non vengono pagati 10.000 € di introiti in virtù del fatto che - ahinoi - c’è chi non paga.
Registrano quindi:
DARE: svalutazione crediti 10.000 €
AVERE: fondo svalutazione crediti 10.000 €
Il fondo svalutazione crediti si “sacrifica” per compensare la svalutazione crediti.
Altra conseguenza: i crediti commerciali netti calano di 10.000 €.
Se a un certo momento la società avesse certezza di non incassare mai più il (mancato) pagamento di
10.000 € da parte degli acquirenti inadempienti, essa dovrebbe cancellare definitivamente tale attività
riducendo di 10.000 € i crediti commerciali e il fondo svalutazione crediti.
DARE: fondo svalutazione crediti 10.000 €
AVERE: crediti commerciali 10.000 €
Misura il ritardo temporale tra il momento di realizzazione di ricavi (cioè quando un tizio accetta di
comprare qualcosa da me) e il momento di incasso del corrispondente credito commerciale (cioè quando il
25
In conformità con il principio di realizzazione, il ricavo viene riconosciuto al momento della consegna del prodotto.
26 E solo nel caso più fortunato - quello in cui pagano tutti - correttamente stimato.
22
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
tizio mi dà i soldi). Possiamo metaforicamente immaginarlo come un serbatoio alimentato dai ricavi e
svuotato dai crediti che vengono nel tempo incassati.
Formula per il calcolo:
crediti commerciali
indice di incasso del credito =
ricavi credito
365
23
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Quando un’azienda acquista beni o servizi sostiene un costo d’acquisto denominato spesa.
Una spesa è pertanto il costo d’acquisto di un’attività, ma non è un costo di competenza perché non
genera una riduzione delle riserve di utili. In quanto costo d’acquisto una spesa produce o un decremento
della cassa o l’incremento di una passività (ad es. un debito).
Se l’azienda rivendesse nello stesso mese (chiaramente per un prezzo superiore, che chiameremo K > W)
una parte della merce acquistata per W , dovrebbe rilevare un costo di competenza pari a W.
Esempio: una società compra dell’olio combustibile per X €, poi ne consuma X/2 l’anno successivo e X/4
quello dopo ancora. Quando è stato comprato l’olio è stata effettuata la spesa; quando l’olio è stato
consumato (cioè nei due anni successivi all’acquisto) si è sostenuto un costo.
Principio di competenza
Un obiettivo importante della contabilità è misurare il reddito (differenza tra i ricavi e i costi di
competenza) di un periodo amministrativo.
Il principio che regola il riconoscimento dei costi di competenza di un periodo è il principio di
competenza: esso stabilisce che i costi di competenza di un periodo sono quelli correlati ai ricavi di quel
periodo (dunque le risorse consumate per produrre i ricavi del periodo). Questo significa che quando
un’operazione ha un impatto sia sui ricavi che sui costi, allora l’effetto di entrambi dev’esser riconosciuto
nello stesso periodo.
Costi di competenza
24
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
L
27 A volte una perdita è riconducibile all’aumento di di una passività che però non è determinata da un acquisto o dall’aver sostenuto un costo
non ancora pagato. Così, se nel 2001 un cliente citasse in giudizio la nostra azienda e apparisse ragionevole che l’azienda potesse
p perdere in
futuro la causa, la prevista
ista perdita per il risarcimento del danno dovrebbe essere registrata come costo di competenza nel momento stesso
della denuncia, avendo come contropartita, tra le passività, un fondo rischi. Questo fatto è coerente col principio di prudenza,
pruden secondo il quale
i costi devono essere riconosciuti non appena sono ragionevolmente possibili.
25
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
competenza stabilisce che le risorse consumate per produrre i ricavi di un determinato periodo sono costi
di competenza di quel periodo, gli importi delle provvigioni relative all’immobile A (8.000 €) devono essere
rilevati come costi di competenza di giugno, anche se non pagati assieme ai costi amministrativi e generali
di giugno.
Coerentemente con il principio di realizzazione di ricavi, l’acconto di 24.000 € ricevuto in giugno per
l’immobile B non è, invece, un ricavo di giugno, ma diventerà ricavo in luglio, quando l’attivo notarile di
compravendita verrà consegnato al cliente (prima di allora sarà semplicemente passività nella voce “ricavo
anticipato”).
Per il principio di competenza, inoltre, i costi (4.000 €) sostenuti in giugno per lo svolgimento delle
attività di gestione del periodo (costi di periodo) sono anch’essi, come detto, costi di competenza di
giugno.
Gli aumenti della cassa di giugno (ben 162.000 €!) sono quindi diversi dal reddito (8.000 €) dello stesso
periodo.
Il conto economico
Poco sopra abbiamo dato un esempio di conto economico, il quale si riferisce alle transizioni della Franchi
Immobiliare Srl. Esaminiamola meglio:
• la prima linea del rendiconto riporta i ricavi da vendite, ovvero la valorizzazione dei beni e dei
servizi consegnati o erogati durante il periodo considerato;
• la seconda voce riporta il costo del venduto, dunque, per il principio di competenza, il costo dei
prodotti e dei servizi consegnati o erogati nel periodo. La differenza fra i ricavi e il costo del
venduto viene chiamata margine lordo:
• nell’ultima riga vediamo comparire il reddito o risultato netto (income) del periodo, cioè
l’incremento (o il decremento) delle riserve di utili determinato dalle operazioni di gestione
effettuate in un certo periodo.
La parte riguardante il costo del venduto viene suddivisa in varie voci, articolate per destinazione. Lo
scopo principale di tale classificazione è quello di presentare i cosiddetti risultati intermedi di reddito, cioè
risultati di “aree” di gestione (in particolare: risultato operativo caratteristico28, risultato della gestione
accessoria29, risultato operativo complessivo30, risultato e costi della gestione finanziaria31, risultato della
gestione straordinaria32, risultato della gestione tributaria, etc…). I risultati intermedi servono a meglio
interpretare la prestazione economica aziendale.
28
Differenza fra ricavi e costi caratteristici, cioè componenti di reddito positivi e negativi riconducibili all’obiettivo di fondo dell’impresa (ad
es. un’azienda che produce macchine per l’imballaggio segnerà come ricavi caratteristici quelli derivanti dalla vendita di tali macchine).
29
Deriva dalla presenza di investimenti accessori oppure dallo svolgimento di attività accessorie (non strumentali all’attività tipica).
30
Altro non è che la somma algebrica di risultato operativo caratteristico e del risultato della gestione accessoria.
31
Rileva i costi dell’indebitamento.
32
Componenti positivi e negativi di reddito di natura straordinaria (minus o plus-valenze, perdite per furti e incendi, etc…).
26
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
L
Nello schema sottostante è riportato un esempio di stato patrimoniale - conto economico per una certa
società, completo di risultati intermedi notevoli (v. paragrafo precedente).
27
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Si noti infine che i dividendi non sono costi, bensì distribuzione di cassa gli azionisti: essi fanno quindi
soltanto calare le riserve di utili. In particolare si ha la seguente relazione:
riserve di utili all'inizio di un periodo + reddito netto del periodo - dividendi distributi =
= riserve di utili alla fine del periodo
28
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
L
Nel conto economico la prima voce sottratta dai ricavi è il costo del venduto:: si tratta del costo di quegli
stessii prodotti che hanno generato i ricavi del venduto. Se, al momento di fare il conto, si conosce il prezzo
di vendita e il costo d’acquisto di ciascun prodotto, allora il metodo analitico del costo di determinazione si
chiama metodo dell’identificazione specifica.
specifica
Calcolo del costo del venduto con ill metodo deduttivo (detto anche inventario periodico)
periodico
Trattasi di un metodo che si usa quando non si dispone di strumenti informatici o quando le transazioni
sono tantissime e di piccola entità (e quindi è scomodo segnarle tutte).
Si definiscono beni disponibili
ponibili per la vendita la somma dei prodotti facenti parte delle rimanenze iniziali
più quelli acquistati nel periodo.
Es. se un’azienda a gennaio ha X € di merci, e ne compra entro il mese altre Y €, alla fine del mese avrà avr
complessivamente X + Y € di benieni disponibili per la vendita.
Alla fine di ogni periodo amministrativo s’ipotizza in alternativa che i beni disponibili per la vendita:
• facciano ancora parte delle rimanenze finali;
• siano stati venduti.
Si ha perciò33:
beni disponibili per la vendita = rimanenze iniziali + acquisti = rimanenze finali + costo del venduto
Coerentemente con quanto abbiamo detto, si procede, alla fine di ogni esercizio, a un conteggio fisico
della quantità di prodotti costituenti le rimanenze finali attraverso un processo denominato
d inventario
fisico (si valorizza, al suo costo d’acquisto, ciascun codice-prodotto
codice prodotto facente parte delle rimanenze finali). A
quel punto il costo del venduto è il frutto di una semplice sottrazione
33
Si noti che il costo di eventuali furti, di perdite, di materiale non conteggiato per errore e altro ancora, confluisce in maniera
ma
indistinta e sconosciuta all’interno del costo dei beni venduti.
29
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
IMPORTANTE!! Quando si utilizza questo metodo e si ha a che fare con un esercizio in cui si verifica
l’evento “acquisto di merce”, è opportuno - al fine di fare correttamente la somma - segnare tali acquisti
nel conto economico (invece che inserirli nelle rimanenze), così come dobbiamo inserirvi le rimanenze
iniziali34 e le rimanenze finali (vengono calcolate nel relativo schema delle attività oppure vengono
suggerite nel testo). Lo stesso discorso dev’essere fatto per gli acquisti: non vanno ad incrementare le
rimanenze, bensì vanno segnati in un apposita casella del conto economico.
Spesso il costo di uno stesso oggetto acquistato in tempi diversi non è costante (causa inflazione, per
esempio). In tal caso, quale costo unitario dev’essere attribuito alle rimanenze finali?
Si possono fare tre ipotesi:
• abbiamo venduto prima i prodotti più vecchi (col vecchio prezzo) e quindi le rimanenze finali sono
costituite dai prodotti nuovi (col nuovo prezzo). Il metodo FIFO si riferisce alla questa prima ipotesi
e si basa sul presupposto che le unità più vecchie, cioè quelle acquistate per prime e dunque first-in,
siano anche le prime ad essere vendute (first-out);
• abbiamo venduto prima i prodotti più nuovi (col nuovo prezzo) e quindi le rimanenze finali sono
costituite dai prodotti vecchi (col vecchio prezzo). Il metodo LIFO si riferisce a questa seconda
ipotesi e si basa sul presupposto che le unità più vecchie, cioè quelle acquistate per prime e dunque
first-in, siano le ultime ad essere vendute (last-out);
• una via di mezzo: si prende il costo medio (si fa una media pesata che si basa sul numero e sul
costo dei prodotti).
Se i prodotti in questione sono posti in magazzino senza che vi sia associato alcun identificativo (con la
data e il relativo costo d’acquisto) e se sono perfettamente omogenei nonché fra loro sostituibili (in gergo:
fungibili) non è possibile valutare il prezzo d’acquisto in assenza di una delle sopra citate ipotesi.
La maggior parte delle imprese cerca di vendere in primo luogo la merce più vecchia (in tal caso il metodo
FIFO va benissimo). Il metodo LIFO, nei momenti in cui i prezzi salgono, produce un costo del venduto
superiore a quello degli altri metodi, cosa che determina un beneficio fiscale visto che il reddito appare più
basso (sempre raffrontato a quello degli altri metodi). Le aziende cercano di pagare le imposte suoi redditi
più basse possibili e preferiscono quindi applicare quel metodo di valutazione delle rimanenze che
determina il costo del venduto più elevato.
Per determinare il reddito imponibile, è possibile applicare ciascuno dei tre metodi presentati, ma una
volta adottato un certo criterio non può più essere cambiato se non giustificandone la causa.
Un’azienda in produzione è un’azienda che trasforma le materie prime mentre un’azienda commerciale
vende ai propri clienti i prodotti così come li ha acquistati dai fornitori. Un’azienda di produzione aggiunge
invece valore alle materie prime che acquista: essa deve dunque assegnare il valore dei costi di
trasformazione ai prodotti che hanno usufruito di tali operazioni. In tali imprese il costo del prodotto finito
è costituito da tre componenti principali e non soltanto dal costo delle merci acquistate; tali componenti
sono:
• il costo dei materiali diretti utilizzati per realizzare il prodotto (ad es. il telaio di una bicicletta per
una bicicletta);
• il costo della manodopera diretta utilizzata per realizzare il prodotto;
34
vengono suggerite nello stato patrimoniale del periodo precedente: siccome dobbiamo segnarle anche nelle attività, bisognerà
effettuare la transizione
AVERE Rimanenze [Rimanenze iniziali]
DARE Rimanenze iniziali [Rimanenze iniziali]
30
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
L
• una quota adeguata dei costi indiretti di produzione determinati dal processo produttivo nel suo
insieme e non da singole unità di prodotto: essi rappresentano tutti i costi non attribuibili
oggettivamente ai prodotti (ad es. lo stipendio del direttore di stabilimento, i costi di
programmazione, etc…).
manodopera diretta + materiali diretti + costi indiretti di produzione = costo pieno di produzione
il costo pieno di produzione viene utilizzato dalla maggior parte delle imprese per valorizzare le rimanenze
di prodotto finito.
I costi di produzione (materie prime, manodopera diretta e costi generali di produzione) sono denominati
costi di prodotto o costi inventariabili proprio perché sono costi che diventano prima un’attività
(semilavorati o prodotti finiti) e solo alla consegna
consegna si trasformano i costi di competenza (costo dei beni
venduti).
Nelle aziende di produzione esistono pertanto due categorie di costo che sono trattate diversamente:
• costi di prodotto o costi inventariabili:
inventariabili: associati alla realizzazione dei prodotti finiti non hanno
alcun effetto sul reddito finché i prodotti non sono venduti (sono costi “rinviati” al momento della
vendita);
• costi di periodo:: associati alle attività amministrative, commerciali e generali di d un certo periodo
si riferiscono a risorse scomparse nel periodo e che pertanto non risultano classificabili come
attività alla fine dell’esercizio..
Esempio: a gennaio un’azienda sostiene X costi generali di produzione ( ( costi di prodotto) e Y costi per
pe
attività commerciali e amministrative ( ( costi di prodotto e anche costi di competenza del mese). Se a
febbraio si vendessero i prodotti completati in gennaio, allora gli X € dei costi generali di produzione
farebbero parte:
31
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Mentre è facile rilevare e attribuire i costi diretti relativi ai materiali e alla manodopera, risulta più
complesso misurare la quota di costi indiretti di produzione da allocare ai singoli prodotti (ad es. per
un’azienda che produce calzature è difficile stabilire in che misura il costo del responsabile dello
stabilimento debba essere allocato al singolo modello di calzatura). Una quota dei costi generali di
produzione deve però essere sommata ai costi della manodopera diretta e dei materiali diretti per
ottenere il cosiddetto costo pieno di produzione.
Per allocare i costi generali di produzione si utilizzano modalità sistematiche di ripartizione che si
concretizzano nello sviluppo del così detto coefficiente di allocazione. Un coefficiente di allocazione è un
quoziente che riporta al numeratore l’ammontare complessivo dei costi generali di produzione sostenuti
in un certo periodo e, al denominatore, un qualche volume di attività, svolta nello stesso periodo, che si
ritiene essere la causa del consumo delle risorse indirette (ad es. le ore o il valore della manodopera).
L’unità elementare di attività posta a denominatore del coefficiente di allocazione è denominata base di
allocazione.
Se pertanto un certo paio di scarpe richiedesse mezz’ora di manodopera diretta, allora la quota di costi
generali di produzione da allocare a quel paio di scarpe sarebbe di 4 €.
Se non esiste alcuna relazione causale tra l’utilizzo della manodopera diretta e il consumo delle risorse
indirette, allora una tale base d’allocazione sarebbe denominata convenzionale.
L’indice di rotazione delle rimanenze segnala quante volte le scorte si rinnovano nel corso dell’anno. Tale
indicatore è pari a:
Es. se il costo del venduto è di 1.000.000 € e le rimanenze finali al 21 dicembre 2003 ammontano a 200.000
€, allora l’indice di rotazione delle rimanenze, che indica quante volte le rimanenze hanno ruotato nel
corso del 2003, è pari a
Se le rimanenze ruotano poco, significa che l’investimento in scorte e il correlato costo sono eccessivi: in
tali condizioni esiste inoltre un maggiore rischio d’obsolescenza. Solitamente, quindi, una rotazione
maggiore è più vantaggiosa.
32
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
600
− 320
− 12
− 95
− 5
− 100
+ 120
− 10
−11, 38
− 25
=141,62
NOTA: in questo esempio non abbiamo tenuto in conto alcun tipo di riscossione
fiscale.
A questo punto, come indicato dalla freccia, andiamo ad aggiungere questo dato
alle riserve di utili (passività, colonna “avere”): questa operazione è fondamentale in
quanto tali informazioni sono utili nel compilare il nuovo stato patrimoniale
dell’azienda.
33
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Le attività immobilizzate sono quelle che produc0no la loro utilità su di un arco temporale pluriennale o
che si trasformeranno in liquidità in momenti situati oltre l’esercizio successivo a quello della data di
bilancio. Le immobilità si dividono in:
• tangibili: quelle che hanno un riscontro fisico;
• intangibili: quelle prive di consistenza materiale.
Nello stato patrimoniale le immobilizzazioni materiali strumentali allo svolgimento delle operazioni sono
denominate immobilizzazioni tecniche (es. fabbricati, macchinari, impianti e attrezzature).
Quando si acquista un’immobilizzazione tecnica si contabilizza al suo costo originario (costo storico)
secondo quanto previsto dal principio del costo.
L’ammortamento
Il terreno ha un’utilizzazione illimitata perché la sua utilità non si riduce nel tempo. In coerenza col
principio del costo, il terreno è rilevato nello stato patrimoniale al costo d’acquisto finché non viene
alienato.
A differenza dei terreni, le immobilizzazioni tecniche hanno vita economica limitata, alla fine della quale
diventano inutilizzabili (oppure obsolete). A tale data, quindi, non possono più essere considerate
un’attività. Normalmente, la perdita di utilità avviene gradualmente: anno dopo anno viene consumata
una porzione dell’attività fino a quando il bene non avrà più alcuna utilità per l’azienda e sarà dismesso o
venduto. Il periodo di tempo in relazione al quale si prevede che un’attività possa avere un’utilità per
l’azienda è denominato vita utile (ed è funzione sia del deterioramento che dell’obsolescenza).
Poiché nel corso di ogni esercizio le immobilizzazioni sono utilizzate e perdono una quota parte della loro
utilità, ogni anno l’azienda sostiene un costo pari al valore della “porzione consumata” dell’attività.
Es. Se un’azienda acquista al costo di 50.000 € un nuovo hardware per il quale prevede una vita utile di 5
anni, allora sarebbe ragionevole considerare come costo annuo di competenza un quinto del costo del
bene, ovvero 10.000 €.
Il processo di ripartizione del costo d’acquisto di un bene a utilizzo pluriennale viene denominato
ammortamento. La quota di ammortamento è il valore d’utilità perso ogni anno.
In alcuni casi le aziende prevedono di poter vendere l’immobilizzazione tecnica alla fine della sua vita utile:
la somma di denaro che si ipotizza di incassare a tale data è denominata valore di recupero.
La differenza tra il costo d’acquisto di un’immobilizzazione tecnica e il suo valore di recupero (che spesso
viene considerato pari a zero) è denominata costo da ammortizzare.
Esistono diversi metodi per calcolare la quota di ammortamento in relazione ai diversi anni che
costituiscono la vita utile di un bene:
• in base alle quantità prodotte: la quota annua di ammortamento si calcola moltiplicando un costo
unitario di ammortamento per il numero di unità realizzate nel periodo. In questo caso la vita utile
è misurata dalle quantità totali che si prevede il bene produrrà (per es. se per un camion si prevede
che avrà una vita utile di X chilometri, l’ammortamento sarà maggiore tanti più chilometri
produrrà);
• lineare o a quote costanti: la perdita annuale di utilità è costante. La percentuale del costo che si
ammortizza in ogni periodo è denominata coefficiente di ammortamento. Con il metodo
dell’ammortamento lineare questo coefficiente è calcolato come
1
anni di vita utile
34
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Contabilizzazione dell’ammortamento
Dal 2005 in poi non viene più contabilizzato alcun costo per ammortamento, nonostante si possa
continuare a utilizzare un bene.
Alienazione di un’immobilizzazione
Il valore contabile netto dipende dalla vita utile del bene e dal previsto valore di recupero, ma entrambi
questi valori rappresentano stime. Poiché dunque il valore di recupero effettivo sarà probabilmente
diverso da quello previsto, è probabile che la somma realizzata dalla vendita di un’immobilizzazione
tecnica non coincida con il suo valore contabile netto. La differenza tra il valore contabile netto e il ricavo
ottenuto dalla vendita di un’immobilizzazione tecnica è detta plus o minusvalenza da alienazione di
immobilizzazioni.
Es. Un’attività avente un valore contabile netto di 10.000 € venisse ceduta a 12.000 €, la plusvalenza da
alienazione da iscrivere in conto economico sarebbe di 2.000 €.
35
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Siccome le attività sono complessivamente cresciute di 2.000 € ( = 12.000 € ‒ (‒ 30.000 €) ‒ 40.000 €),
allora è necessario rilevare una componente positiva di reddito (cresce il capitale netto).
Le società e le persone pagano le imposte sul reddito, calcolate come una percentuale del loro reddito
imponibile.
Le aliquote d’imposta sul reddito sono, per le persone fisiche e per le società di persone, progressive,
mentre sono fisse per le società di capitali. Le società cercano di riportare un valore di reddito imponibile il
più basso possibile (per pagare meno, furbacchioni!), mentre l’erario (che è interessato ad alzare il prelievo
fiscale) cerca di far uso di regole che rendano il reddito imponibile alto.
Per determinare il reddito imponibile, le quote di ammortamento sono ammesse in misura non superiore
a quelle risultati dall’applicazione di coefficienti stabiliti con decreto dal Ministero delle Finanze. Questi
coefficienti ordinari d’ammortamento sono stabiliti in base a un presunto degrado “normale” dei beni
stessi.
36
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
L
LE PASSIVITÀ
ITÀ E IL CAPITALE NETTO
35
Esempi di debiti di funzionamento: debiti verso i fornitori, i ratei e i risconti passivi, gli anticipi da clienti, i debiti verso i dipendenti.
36
Esempi di debiti di finanziamento: debito di conto corrente, mutui e prestiti obbligazionari.
37
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Come si nota nello stato patrimoniale funzionale riportato nella pagina precedente, altri parametri
importanti sono:
• le attività immobilizzate;
• il capitale investito: è la somma del CCNO (investimento netto legato alla gestione corrente) e
dell’investimento in attività immobilizzate;
• il capitale netto (di cui si è già parlato abbondantemente).
IMPIEGHI = FONTI
Debito di finanziamento
Anche se la maggior parte delle passività è costituita da debiti, il termine debito di finanziamento
rappresenta i soli debiti a interesse esplicito. Al contrario di quelli operativi o di funzionamento, questi
debiti derivano da specifiche decisioni di indebitamento e sono classificabili in debiti di finanziamento a
breve termine e a lungo termine.
I debiti di finanziamento a breve termine, in particolare verso istituti di credito per aperture in conto
corrente, possono essere quantificati secondo il seguente esempio.
Es. il debito medio di conto corrente di Rosetti Spa nei confronti della Banca di Roma in relazione
all’ultimo trimestre del 2002 è 200.000 €. Il tasso di interesse trimestrale è 1,5%. La banca invierà l’estratto
conto in gennaio 2003, sicché gli interessi passivi di competenza dell’ultimo trimestre 2002 rappresentano,
per Rosetti, al 31 dicembre, un costo sospeso. L’azienda dovrà pertanto effettuare la seguente
registrazione:
DARE Interessi passivi bancari (l’1,5% di 200.000 €) 3.000
AVERE Debiti verso banche per interessi passivi 3.000
I debiti di finanziamento a lungo termine sono disposti dalle aziende che contraggono debiti come i mutui
o emettono obbligazioni. Un obbligo di questa natura è un impegno sottoscritto da parte dell’azienda
emittente a rimborsare il prestito ricevuto.
Es. Nori Spa riceve 100.000 € in contanti a seguito dell’emissione di un prestito obbligazionario
quinquennale avente un valore nominale complessivo di 100.000 € e cedola annuale (tasso di interesse) al
10% da pagare a fine anno. La registrazione necessaria per rilevare gli effetti della transazione sul conto
cassa e sul conto debiti obbligazionari al momento dell’emissione è la seguente:
DARE Cassa 100.000
AVERE Debiti obbligazionari 100.000
Per cinque anni consecutivi, Nori Spa sarà obbligato a pagare ai sottoscrittori del prestito obbligazionario
interessi per 10.000 € sicché la rilevazione contabile sarà:
DARE Interessi su debiti obbligazionari 10.000
AVERE Cassa 10.000
Al termine del quinto anno, inoltre, Nori dovrà rimborsare anche la quota in conto capitale:
DARE Debiti obbligazionari 100.000
AVERE Cassa 100.000
38
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Leasing
La seconda fonte finanziaria onerosa è il capitale netto. Diversamente dal debito, che rappresenta un
obbligo a corrispondere a una certa data il denaro ricevuto e a remunerarlo, nel caso del capitale netto
l’azienda non garantisce alcun tipo di remunerazione ai detentori del capitale di rischio.
I proprietari di una società per azioni sono denominati azionisti perché la proprietà del capitale è
rappresentata, in questo caso, dal possesso di azioni. Nello stato patrimoniale di una società per azioni, il
capitale versato confluisce all’interno del capitale sociale e della riserva da sovrapprezzo delle azioni.
Azioni ordinarie
Le azioni ordinarie riportano uno specifico importo che è il valore nominale dell’azione. Per quanto possa
apparire strano, il valore nominale di un’azione non ha alcuna rilevanza ed è soltanto il retaggio di un
periodo nel quale gli azionisti erano perseguibili se acquistavano azioni a un prezzo inferiore al loro valore
nominale. Per evitare una tale perseguibilità, le azioni ordinarie sono oggi emesse a un prezzo nettamente
superiore al loro valore nominale e normalmente inferiore al valore di mercato. Il capitale sociale di una
società per azioni deve sempre presentare azioni ordinarie, dunque azioni con diritto di voto nelle
assemblee ordinarie e straordinarie. L’ammontare che gli azionisti versano per l’acquisto di azioni è il
capitale versato, così suddiviso:
• il valore nominale delle azioni sottoscritte confluisce all’interno del capitale sociale;
• la differenza tra il valore nominale delle azioni e il capitale versato è riportata alla voce riserva da
sovrapprezzo delle azioni.
Es. Giovanni Rossi versa 10.000 € in contanti a Verardi Spa ricevendo in cambio 1.000 azioni ordinarie del
valore nominale di 1 €. L’azienda registra quindi:
DARE Cassa 10.000 €
AVERE Capitale sociale 1.000 €
AVERE Riserva da sovrapprezzo delle azioni 9.000 €
Se il versamento effettuato da Giovanni Rossi fosse l’unica transazione riguardante il capitale netto,
questa sezione dello stato patrimoniale apparirebbe come segue
Capitale sociale 1.000 €
Riserva da sovrapprezzo delle azioni 9.000 €
Capitale complessivamente versato 10.000 €
Una società per azioni può riacquistare una parte delle azioni precedentemente emesse. Azioni acquisite
dalla società che le aveva emesse sono denominate azioni proprie e poiché questo riacquisto significa una
riduzione dei diritti vantati dalla Proprietà sulle attività aziendali, le azioni proprie non sono iscritte fra le
attività, ma compaiono all’interno del capitale netto con il segno meno. La differenza fra le azioni emesse
e le azioni proprie costituisce il capitale in circolazione.
Chi investe in azioni ordinarie ha diritto di voto sia nelle assemblee ordinarie sia in quelle straordinarie, ma
vanta per contro un diritto residuale sulle attività, valore residuale che può essere anche nullo. Esistono
39
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
tuttavia altre forme di capitale azionario, tra le quali azioni di risparmio e le azioni privilegiate. Le azioni
di risparmio non hanno diritto di voto, ma godono di privilegi definiti nello stato dell’impresa (un
dividendo minimo fissato); le azioni privilegiate sono titoli nominativi, con diritto di voto, che godono di
un privilegio di prelazione sugli utili fino a una certa percentuale.
Il reddito del periodo aumenta il valore del capitale netto. L’assemblea dei soci può deliberare di
distribuire denaro agli azionisti sotto forma di dividendi. Questa distribuzione riduce il valore delle riserve
di utili, quindi del capitale netto. Poiché le riserve di utili di un periodo aumentano come conseguenza del
reddito generato nel periodo e diminuiscono a seguito della distribuzione di dividendi, allora se le riserve
di utili fossero pari a 100.000 € all’inizio di un periodo nel corso del quale fosse generato un reddito di
30.000 € e distribuito un dividendo di 20.000 €, alla fine del periodo le riserve di utili ammonterebbero a
110.000 €.
Il reddito di un periodo determina un incremento di pari importo delle riserve di utili di quel periodo,
mentre le riserve di utili sono pari agli incrementi di riserve accumulate nel corso dell’intera vita aziendale.
Dividendo in contanti: molte imprese distribuiscono annualmente denaro ai propri azionisti. Questa
distribuzione è denominata dividendo.
Es. dividendo di 5 € per azione, 100.000 azioni distribuite 500.000 € di dividendo “complessivo”.
Registrazione relativa:
DARE Riserve di utili 500.000 €
AVERE Cassa 500.000 €
Dividendo in azioni: il dividendo viene distribuito in azioni: gli azionisti ricevono generalmente azioni
ordinarie per un ammontare che va dal 5% al 10% del numero d’azioni posseduto.
Un dividendo in azioni di 10.000 € viene contabilizzato come segue:
DARE Riserve di utili 10.000 €
AVERE Cassa 10.000 €
Frazionamento azionario: si parla di frazionamento azionario quando una società decide di sostituire le
azioni in circolazione con altre azioni, spesso in numero doppio o triplo.
Molte società per azioni controllano altre società. La capogruppo e le società controllate formano, nel loro
insieme, un gruppo, ovvero un’entità economica unitaria.
Per tale entità sono redatti bilanci consolidati, cioè bilanci che risultano dalla “somma” dei bilanci delle
singole imprese e dalla successiva cancellazione o elisione di tutte le relazioni infragruppo.
Lo stato patrimoniale consolidato riporta tutte le attività di proprietà del gruppo e tutti i diritti vantati da
soggetti esterni al gruppo.
Il conto economico consolidato riporta unicamente ricavi e costi derivanti da transazioni con soggetti
esterni al gruppo. Sono pertanto elisi i costi e i ricavi infragruppo.
Dal punto di vista degli azionisti, l’indicatore più significativo di valutazione delle prestazioni di un’azienda
è la redditività del capitale netto (ROE): poiché è il reddito netto che remunera il capitale investito dalla
Proprietà, il ROE (quantità %) è calcolato dividendo il reddito netto dell’esercizio per il capitale netto.
Per esprimere un giudizio sul rendimento del capitale netto, il ROE dev’essere posto a confronto con un
termine di riferimento. Una possibilità è il confronto longitudinale su base storica: se il ROE cresce col
tempo, il risultato è migliore.
40
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
La contabilità direzionale
L’attuale sistema di tenuta della contabilità è in misura ammirabile adatto per accertare una volta all’anno
(o più spesso) la misura dei profitti derivanti dalle operazioni della società. Un’impresa ha però bisogno di
molte altre informazioni analitiche riguardante lo svolgimento delle attività operative, e tali informazioni
dovrebbero essere ottenibili in una forma tale da consentire ai manager di conoscere prontamente e
chiaramente le cause che agiscono a favore o contro il conseguimento del successo delle operazioni. A
questo proposito, la contabilità direzionale è il processo che fornisce le informazioni utilizzate dal
management per pianificare, porre in atto e controllare le attività di un’organizzazione. Esso include
l’individuazione, la misurazione, l’accumulazione, l’analisi, la preparazione, la comunicazione e
l’interpretazione delle informazioni necessarie al management per lo svolgimento delle proprie funzioni.
I membri di un’organizzazione responsabili della progettazione e della gestione del sistema di contabilità
direzionale sono gli addetti alla contabilità direzionale. La persona di più alto livello gerarchico tra coloro
che si occupano della contabilità direzionale è chiamata controller.
La contabilità direzionale è più complicata. Molte imprese dispongono di un unico sistema di contabilità
direzionale, ma le informazioni prodotte sono utilizzate per due scopi piuttosto diversi fra loro:
• la misurazione dei ricavi, dei costi e delle attività (assets);
• il controllo.
La terza finalità della contabilità direzionale è quella di supportare il management nella scelta fra
alternative.
La contabilità direzionale, inoltre, non possiede un’equazione unificante simile a quella che presiede alle
registrazioni della contabilità generale, ma esiste bensì un insieme specifico di principi e di
generalizzazioni e tre corrispondenti modalità di “costruire i costi”:
• le configurazioni di costo pieno: rilevano e valorizzano tutte le risorse utilizzate per lo svolgimento
di una determinata attività. Il costo pieno di produzione di un bene o di erogazione di un servizio è
costituito dalla somma dei costi ad esso direttamente ed oggettivamente riconducibili (costi
diretti) più una quota equa o ragionevole di quei costi che sono determinati congiuntamente dalla
produzione di una molteplicità di beni o servizi, denominati costi indiretti.
Es. Presso una concessionaria d’auto, i costi diretti di una commessa di riparazione di
un’automobile includono il costo dei pezzi di ricambio utilizzati e il costo del tempo impiegato dal
personale che ha effettuato la riparazione. I costi indiretti sono, ad esempio, quelli sostenuti per il
riscaldamento e l’illuminazione dell’officina, lo stipendio del responsabile dell’officina,
l’assicurazione, ecc…;
• le configurazioni di costo per centro di responsabilità: un centro di responsabilità è un’unità
organizzativa guidata da un manager responsabile delle attività e dei risultati di quest’unità.
Es. Nella concessionaria di cui sopra, può essere utile suddividere il reparto officina e il reparto
ricambi in due CdR, uno responsabile dei servizi di riparazione e l’altro della vendita di pezzi di
ricambio, in modo che le mansioni siano correttamente ripartite e non si faccia confusione;
• le configurazioni di costo differenziale: molte decisioni implicano il confronto dei corrispondenti
costi stimati37. Poiché le diverse stime descrivono il modo in cui i costi differiranno nelle diverse
37 Simili informazioni non possono essere ottenute direttamente dal sistema di contabilità direzionale perché i costi rilevanti sono per lo più
specifici delle alternative prese in considerazione e vanno di volta in volta “assemblati” a partire da dati elementari.
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Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
alternative, tali costi sono differenziali e le corrispondenti configurazioni di costo sono denominate
configurazioni di costo differenziale.
Es. FIAT offre ad Alba motori l’opportunità di vendere parti di ricambio e di fornire assistenza
tecnica a due delle sue divisioni. Nel considerare l’offerta, il presidente della società deve
effettuare la stima dei seguenti valori annuali differenziali:
1. i ricavi incrementali che potrebbero essere generati dalla vendita di ricambi;
2. i correlati costi incrementali dei prodotti venduti;
3. i costi necessari per un nuovo meccanico e un nuovo responsabile delle vendite;
4. i costi relativi agli investimenti aggiuntivi necessari.
Fatte queste considerazioni il presidente dovrà effettuare la scelta che riterrà più opportuna per il
bene dell’azienda.
La classificazione dei costi in funzione del loro comportamento: relazione fra costi e volume
I costi variabili sono costi il cui valore complessivo varia in misura direttamente proporzionale a qualche
livello di attività o di output.
Es. più materie prime compro e più spendo. Il costo delle materie prime è perciò un costo variabile.
Risulta fondamentale specificare l’unità di misura del volume o del livello di attività (nell’es., se la materia
prima è il petrolio, bisognerà specificare il numero di barili); inoltre, il costo complessivo è variabile purché
il costo unitario si mantenga costante (nell’es., fatta ancora ipotesi che si stia parlando di barili di petrolio,
il costo del singolo barile dev’essere costante).
Altri esempi di costo variabile sono la forza motrice (che varia in funzione del numero di ore di
funzionamento degli impianti), la cancelleria e i costi di affrancatura (che variano in base al numero di
documenti spediti), etc.. Le cause del cambiamento del costo sono denominate determinanti del costo.
I costi fissi sono costi il cui ammontare complessivo non varia al modificarsi del livello di output. Questi
costi possono modificarsi nel tempo, ma non a seguito dei cambiamenti del livello di attività all’interno di
un determinato periodo di tempo.
Es. alcuni esempi sono i canoni di locazione degli immobili, le tasse sulla proprietà, gli stipendi dei dirigenti
e i costi di assicurazione dei fabbricati. Ad esempio il canone di locazione di un ristorante potrebbe
crescere da un anno all’altro, ma nell’ambito di un certo periodo il costo di locazione non è influenzato
dalle variazioni quotidiane del numero di clienti del ristorante.
Distinguiamo due tipi di costo fisso:
• costi impegnati: sono relativi ad elementi di costo necessari a rendere disponibile una certa
capacità produttiva o di servizio. Essi riflettono l’ammontare della capacità acquistata e resa
disponibile piuttosto che la capacità effettivamente utilizzata. Infine, i costi impiegati hanno due
principali caratteristiche:
1. si riferiscono normalmente a risorse che vengono adeguate al fabbisogno solo nel medio-
lungo periodo;
2. possono essere ridimensionati radicalmente senza compromettere le prestazioni
economiche dell’azienda.
Es. l’ammortamento di un macchinario è un tipico costo impegnato: se non ci fosse il macchinario
non avremmo infatti le sue capacità produttive. Un altro costo impegnato è costituito dallo
stipendio dei dirigenti di alto livello: se non ci fossero non potremmo far funzionare la macchina
organizzativa dell’azienda, etc…
• i costi discrezionali: sono il risultato di decisioni che il management rinnova periodicamente,
almeno una volta all’anno. Quando infatti preparano il budget annuale, i manager generalmente
stabiliscono, in base ai volumi di attività stimati, le variazioni da apportare ai costi non variabili.
Le principali caratteristiche:
1. sono relativi a risorse che possono essere adeguate al fabbisogno all’interno di orizzonti
temporali brevi;
42
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
I costi semivariabili e i costi misti sono costituiti da una combinazione di costi variabili e di costi fissi.
Es. Il costo di gestione di un’autovettura è un costo semivariabile rispetto al numeri di chilometri percorsi. I
costi del carburante e dell’olio lubrificante sono infatti variabili, mentre quelli relativi alla tassa di
circolazione, all’assicurazione e all’ammortamento sono fissi.
Alcuni elementi di costo possono variare a “gradino” con i livelli di attività: i costi a gradino si riferiscono al
consumo di risorse acquisibili solo in “blocchi” minimi, in quantità discrete.
Alcuni costi, normalmente ritenuti variabili al 100%, lo sono in realtà quando il volume di attività si riduce.
Essi si contraggono infatti meno rapidamente, quando il volume diminuisce, di quanto crescano quando il
volume aumenta. Tali costi sono denominati viscosi, in quanto il management tende ad aggiornare le
risorse più rapidamente quando il volume cresce piuttosto che ridimensionarle quando si riduce.
Il diagramma di profitto
Il diagramma costo-volume (C-V) permette di visualizzare la funzione che vede il costo totale in rapporto
al volume cui si riferisce. Essa è:
CT = CFT + (cvu ∙ X)
(CT = Costo totale, CFT = Costo fisso totale, cvu = Costo variabile unitario, X = Volume)
Se la funzione in questione viene riportata sotto forma di:
• retta passante per l’origine (CFT = 0): il costo è variabile. Il coefficiente angolare è infatti costante
e questo significa che il costo unitario è costante (nell’esempio di qualche tempo fa e che tirava in
ballo i barili di petrolio questo corrispondeva al fatto che il costo unitario fosse costante); il
passaggio per l’origine assicura che non vi sia alcuna componente fissa all’interno di questo costo
(se non compro neanche un barile di petrolio, non spendo nulla);
• retta orizzontale parallela all’asse del volume38 (cvu = 0): il costo è fisso, qualunque sia il volume.
La retta orizzontale, infatti, ha coefficiente angolare nullo;
• retta con coefficiente angolare maggiore di zero e non passante per l’origine (CFT e cvu diversi
da zero): il costo è semivariabile. La linea caratteristica sul piano C-V è una retta non passante per
l’origine, costituita dalla somma di una retta orizzontale (componente fissa) e di una retta passante
per l’origine (componente variabile).
In tale diagramma possiamo anche andare a rappresentare i ricavi: in questo caso otteniamo il diagramma
del profitto (o anche diagramma costo-volume-profitto). Se il volume è misurato in unità di prodotto
vendute ed è indicato dalla lettera X, mentre il prezzo di vendita unitario viene indicato dalla lettera p,
allora i ricavi totali (RT) sono uguali al prezzo di RT = p ∙ X.
Il diagramma del profitto è uno strumento utile per capire il processo di formazione del reddito in funzione
delle quantità vendute o dei ricavi totali.
Si definisce volume di pareggio o punto di pareggio quello in corrispondenza del quale il reddito è pari a
zero, dunque i costi totali sono uguali ai ricavi totali. In corrispondenza di un valore inferiore a quello di
pareggio ci si attende pertanto una perdita mentre, in corrispondenza di volumi superiori, si prevede un
utile. Nel grafico, l’ammontare della perdita o dell’utile in corrispondenza di un certo volume è
rappresentato dalla distanza verticale tra i due punti corrispondenti a quel volume.
38
E, chiaramente, non passante per l’origine.
43
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Il volume di pareggio si calcola nel modo seguente: poiché i ricavi totali per un determinato volume sono
pari a RT = p ∙ X, mentre i costi totali per un certo livello di volume sono CT = CFT + (cvu ∙ X), e poiché in
corrispondenza del volume di pareggio si ha che CT = RT, allora - uguagliando - si ha:
CFT + (cvu ∙ X) = p ∙ X
Il volume di pareggio Xp è perciò pari a
CFT
(p - cvu)
La differenza p - cvu viene definita margine di contribuzione.
Risulta semplice estendere l’analisi del punto di pareggio al calcolo del volume necessario a conseguire un
determinato profitto obiettivo PR0. Si ha infatti:
PR0 = (p - cvu) ∙ X0 - CFT
Da cui si ha che il volume X0 cercato è pari a:
CFT + PR0
(p - cvu)
Margine di contribuzione
Il concetto si margine di contribuzione è un’importante idea gestionale: ogni ricavo unitario (quello
derivante dalla vendita di un prodotto) viene in parte utilizzato per coprire il costo variabile unitario
correlato al ricavo stesso; ciò che resta è il margine di contribuzione unitario. Quando il margine di
contribuzione complessivo (cioè la somma dei vari margini di contribuzione unitari) è superiore ai costi
fissi abbiamo un profitto. Il profitto è quindi ciò che rimane avendo tolto i costi fissi dal margine di
contribuzione complessivo.
Leva operativa
La leva operativa è una misura di quanto il reddito è sensibile a cambiamenti dei ricavi. L’effetto leva è
misurato dal grado di leva operativa, un indicatore calcolato, in corrispondenza a ciascun volume di ricavi,
come rapporto tra la variazione percentuale del reddito a e la corrispondente variazione percentuale dei
ricavi.
Es. costo fisso totale = 400 €, costo variabile unitario = 6 €, prezzo di vendita 8,5 €
Acquisto 200 unità, si ha Ricavi: 1700 €, Costi: 1600 €, Reddito 100 € reddito = 0,50 € per unità
aggiungiamo 50 unità (25% di unità in più)
Acquisto 250 unità, si ha Ricavi: 2125 €, Costi: 1900 €, Reddito 225 €. reddito = 0,90 € per unità
44
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
∆reddito
variazione % del reddito
grado di leva operativa = = reddito
corrispondente variazione % dei ricavi ∆ricavi
ricavi
Siccome si ha
MdC
grado di leva operativa =
reddito
Il concetto di costo
Il costo è la valorizzazione monetaria delle risorse utilizzate per un qualche scopo: in altre parole, il costo
misura in termini monetari l’impiego di risorse.
Oggetto del costo è il termine tecnico per indicare un prodotto, un progetto, un’unità organizzativa o altra
attività o scopo del quale si misurano i costi.
I vari elementi di costo possono essere classificati in due ampie categorie: costi diretti e costi indiretti. il
costo pieno di un oggetto del costo è la somma dei suoi costi diretti, più una quota equa di costi indiretti a
essere riconducibili.
I costi diretti relativi a un oggetto del costo sono costi riconducibili in maniera non ambigua all’oggetto del
costo in quanto da esso causati. Si dice che i costi diretti sono attribuiti all’oggetto del costo.
Es. Il costo del tessuto denim utilizzato per realizzare un lotto di jeans è un costo diretto del lotto, così
come lo è la retribuzione di quei dipendenti che hanno lavorato esclusivamente alla sua fabbricazione.
I costi indiretti sono elementi di costo (1) causati congiuntamente da due o più oggetti del costo e come
tali (2) non riconducibili oggettivamente ad alcun singolo oggetto separatamente. La natura di tali risorse
non rende dunque possibile una misura oggettiva della quota di costo riconducibile al singolo oggetto del
costo. I costi indiretti sono allocati all’oggetto del costo.
Es. In riferimento all’esempio precedente, quello dei jeans, un costo indiretto può essere l’assicurazione
dello stabilimento in cui tali jeans vengono fabbricati.
Non tutti i costi indiretti sono tali perché non riconducibili oggettivamente a singoli oggetti del costo.
Es. i costi relativi alla sostituzione di uno stampo o i costi di cambio del software di una macchina sono in
via teorica oggettivamente riconducibili al lotto per il quale vengono effettuate le operazioni.
In definitiva, i costi indiretti di un oggetto del costo sono: (1) costi che non è possibile ricondurre in modo
oggettivo a quell’oggetto del costo e (2) costi che si decide di non trattare come diretti o che non si ritiene
economicamente trattare in questo modo.
Il costo della manodopera diretta è costituito dalla quantità di manodopera riconducibile in maniera
oggettiva ed economicamente conveniente a un oggetto del costo, valorizzata al costo orario del lavoro
(es. la retribuzione degli operai).
45
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Nei costi generali di produzione confluiscono tutti i costi indiretti di produzione (es. la manodopera
indiretta, come può essere la retribuzione del personale che non partecipa direttamente al processo di
trasformazione).
Il costo dei materiali diretti è costituito dal costo delle materie prime.
Costo pieno di produzione + costi di vendita + costi generali e amministrativi = costo pieno
Un interessante oggetto del costo è quello che si riferisce a tutti i costi di un prodotto nel corso del suo
ciclo di vita. Il life cycle costing (LCC) è il processo di stima e di rilevazione a consuntivo dei costi di un
prodotto lungo il suo intero ciclo di vita. Il ciclo di vita del prodotto è un periodo che inizia dalle attività di
sviluppo e progettazione e si conclude, dopo la fase con commercializzazione, quando anche le attività di
supporto e di assistenza ai clienti sono ormai interrotte.
46
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Dal punto di vista economico, la domanda chiave da porsi nel caso di una scelta tra alternative che si
escludono a vicenda è la seguente: “Quali costi e ricavi si modificheranno, e in che misura, passando da
un’alternativa all’altra?”. Questi costi e questi ricavi sono gli elementi in base ai quali scegliere, sono cioè
gli elementi rilevanti o differenziali della scelta. Se invece un costo rimane lo stesso a prescindere da quale
sia l’alternativa selezionata, allora la decisione non influenza quel costo: dunque esso è irrilevante per la
decisione e può essere ignorato.
Es. dovendo scegliere se recarsi con la propria autovettura a trascorrere un week-end al mare oppure in
montagna, il costo di assicurazione dell’autovettura è un costo irrilevante, perché rimane lo stesso
qualunque sia la decisione presa. I costi di viaggio e soggiorno sono invece differenziali in quanto
dipendono dalla meta scelta.
In termini formali, i costi differenziali o costi rilevanti sono dunque quei costi che risultano differenti da
come sarebbero in relazione ad un’ipotesi diversa.
Il concetto di differenziale si applica anche ai ricavi: i ricavi differenziali sono quelli che, esaminati in certe
condizioni, risultano diversi da come sarebbero in altre condizioni.
Se viene proposta un’alternativa a quella di riferimento, i costi differenziali sono quelli che nell’ipotesi
proposta sono diversi rispetto a quelli dello stato attuale. I termini costi vivi e costi evitabili sono nella
prassi usati con lo stesso significato di costo differenziale. Non esiste un metodo ottimo in generale per
porre a confronto i costi differenziali di diverse alternative; si deve piuttosto, di volta in volta, trovare il
formato più conveniente per comunicare le differenze.
Gli elementi di costo non influenzati dalla proposta non sono differenziali, non sono dunque rilevanti nella
decisione e possono pertanto essere ignorati. Tuttavia, rappresentare tutti o alcuni di questi costi può
essere utile, in particolare quando si confrontano più di due alternative.
Un costo di opportunità è una misura del reddito potenziale al quale si rinuncia quando una determinata
scelta implica l’esclusione di un corso d’azione alternativo. Il costo di opportunità si riferisce, tra le possibili
alternative scartate, a quella più favorevole, quella pertanto che prospetta il miglior risultato dopo quello
dell’alternativa selezionata.
Un costo sommerso è un costo già sostenuto, pertanto non più modificabile qualunque siano le decisioni
successive. Poiché esistono in conseguenza di decisioni assunte in passato, i costi sommersi non sono mai
costi differenziali: nessuna decisione di oggi può infatti modificare ciò che già è stato.
47
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
L’analisi della contribuzione ha il suo cardine nel concetto di contribuzione o margine di contribuzione
totale. Quest’ultimo è la differenza fra i ricavi totali e i costi variabili totali dell’impresa o del segmento
organizzativo in questione.
Esempio:
LAVAGGIO A SECCO TINTORIA IMPRESA
Ricavi 32.400 9.600 42.000
Costi variabili: + =
Salari 7.800 4.200 12.000
Forniture varie 9.000 1.800 10.800
Energia impianti 1.500 300 1.800
TOTALE costi variabili 18.300 6.300 24.600
In un problema di scelta fra alternative sono specificati due o più corsi d’azione alternativi e il
management è chiamato a scegliere quello più conveniente. In molti problemi di scelta fra alternative la
decisione viene presa sulla base di criteri esclusivamente soggettivi, ma solo perché non esistono altri
criteri per prendere quella decisione.
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Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Quando si può, tuttavia, si ricorre a una misura interna (cioè non di mercato) di prestazione, individuata
comunemente in indicatore tipo il ROI39.
L’analisi della maggior parte dei problemi di scelta fra alternative comporta le seguenti fasi:
1. definire il problema;
2. individuare possibili soluzioni alternative;
3. per ciascuna soluzione valutare e misurare quelle conseguenze che possono essere espresse in
termini quantitativi;
4. per ciascuna soluzione individuare quelle conseguenze che non possono essere espresse in termini
quantitativi e porle a confronto l’una con l’altra e rispetto ai risultati quantitativi attesi;
5. scegliere ☺.
Produrre all’interno o acquistare: le decisioni di outsourcing, cioè la scelta fra produrre internamente o
acquistare. Le imprese, infatti, svolgono internamente alcune attività e ne acquistano sul mercato altre.
Es. Kodak realizza all’interno le pellicole, ma acquista all’esterno il servizio di elaborazione dati.
39
ROI = (Ricavi - Costi) / Investimento.
49
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Le decisioni di breve periodo producono, per definizione, risultati di breve periodo. Investire significa
invece impiegare oggi una somma di denaro con la convinzione che l’impegno iniziale di risorse produrrà,
su un orizzonte temporale anche ampio, un ritorno in grado di recuperare e compensare adeguatamente
la somma investita.
Il periodo di tempo che intercorre tra l’esborso iniziale e il momento nel quale l’investimento rende
disponibile l’ultimo dei suoi benefici è denominato durata dell’investimento o vita economica
dell’investimento.
L’esborso iniziale e i flussi di cassa generati da un investimento non possono essere confrontati
direttamente, perché hanno manifestazione in momenti diversi. Contrariamente a quanto avviene per le
decisioni di breve periodo, confrontare decisioni che generano flussi di cassa distribuiti su ampi orizzonti
temporali è complicato dalla circostanza che disporre di una determinata somma di denaro oggi non
equivale a disporre della stessa somma tra un anno: un euro oggi vale più di un euro domani (un euro
disponibile oggi può infatti essere impiegato in un investimento sicuro e iniziare a generare un ritorno).
Per capire come rendere comparabili flussi di cassa che abbiamo manifestazione in momenti diversi, è
necessario introdurre il concetto di costo opportunità del capitale.
Si faccia riferimento a un progetto di acquisto per 30.000 € di una Radio con l’obiettivo di svilupparne
l’attività e il prestigio e poterla rivendere dopo un anno. Si ipotizzi che:
• il pagamento della Radio sia contestuale all’acquisto;
• il progetto preveda l’assunzione di un giovane e bravo DJ;
• la remunerazione del DJ e gli altri costi di gestione ammontino complessivamente per il periodo a
15.000 € e i suddetti costi debbano essere pagati anticipatamente;
• la Radio possa essere rivenduta, dopo un anno, per 47.000 €.
Volendo verificare se questo acquisto è vantaggioso o meno, si potrebbe pensare di fare la semplice
somma algebrica dei flussi di cassa che descrivono l’investimento: il risultato sarebbe positivo (47.000 -
30.000 - 15.000 = 2.000 €) ma tale somma non ha alcun senso perché i vari apporti di denaro si riferiscono
a momenti diversi e non possiamo metterli a confronto senza colpo ferire.
Dobbiamo quindi, per poterli poi confrontare, rendere omogenei tutti i valori, come se essi si riferissero ad
un unico istante: per raggiungere quest’obiettivo dobbiamo fare uso di un fattore di conversione detto
tasso o coefficiente di capitalizzazione.
Come si determina tale fattore? Anzitutto è necessario fare un’ipotesi sul rendimento di investimenti
alternativi finanziari che siano comparabili, in termini di rischio e di durata, al “progetto Radio”. Il
rendimento che si otterrebbe investendo in un progetto alternativo nel mercato dei capitali avente lo
stesso livello di rischio è definito costo opportunità del capitale o tasso di sconto (parametro che
indicheremo con r).
Supponiamo di essere indecisi fra il “progetto Radio” e l’acquisto di BOT aventi interesse annuo del 5%.
Quanto avremmo fra un anno40, se decidessimo di investire quei 45.000 € (che rappresentano gli esborsi
totali) secondo quest’ultima ipotesi? In termini generali si ha
40
In arancione viene evidenziato il fatto che compariamo due possibilità che si tramuterebbero in realtà nello stesso momento, cioè
un anno dopo il momento della valutazione.
50
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
Come si è visto, senza un riferimento, non sarebbe possibile esprimere alcun giudizio sulla convenienza
economica di un investimento.
Possiamo giudicare la superiorità del Progetto Radio anche da un altro punto di vista, effettuando cioè una
simulazione concettuale per determinare quale somma un potenziale acquirente razionale sacrificherebbe
oggi per disporre, fra un anno, di 47.000 €. Se questa somma fosse superiore all’investimento richiesto dal
progetto, allora sarebbe conveniente investire nel progetto e potremmo concludere che il progetto vale di
più del suo costo, dunque che il progetto genera valore per chi lo porterà in atto.
Poiché il progetto Radio è per ipotesi privo di rischio, l’alternativa del potenziale acquirente sarebbe quella
di investire in titoli di Stato e ottenere in tal modo un rendimento (che questa volta supponiamo essere del
3,5%).
Quale somma dovrebbe investire oggi in un BOT per disporre di 47.000 € tra un anno?
Per scoprirlo bisogna risolvere l’equazione
1
€ disponibili oggi = € disponibili tra un anno ∙
1+ r
(r = 0,035)
1
Questo valore è chiamato VA (Valore Attuale) dei 47.000 € e è chiamato coefficiente di
1+ r
attualizzazione.
Il potenziale acquirente non sarebbe disposto a sacrificare - per il progetto Radio - una somma maggiore
di 45.411 € per poter disporre di 47.000 € sicuri fra un anno, perché in questo caso sarebbe più conveniente
per lui investire in BOT.
La determinazione del valore generato da un investimento: il metodo del valore attuale netto
La differenza, precedentemente trovata, tra il valore attuale dei flussi di cassa generati dall’investimento e
l’impegno iniziale di risorse monetarie (45.411 - 45.000 = 411 €) è chiamato VAN (Valore Attuale Netto). Il
VAN di un investimento si ottiene quindi attualizzando a uno stesso momento temporale, momento
iniziale o momento zero, tutti i flussi di cassa che descrivono l’investimento.
51
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
1
VAN = − I + F ⋅
1+ r
(I = investimento o esborso iniziale, F = flusso di cassa futuro generato dall’investimento)
Il VAN misura operativamente il valore generato da un investimento. Per rendere operativa l’idea di VAN
è necessario sviluppare alcune formule matematiche che rendano possibili i calcoli anche qualora
l’orizzonte temporale dell’investimento sia più lungo di un solo periodo e che dunque consentano la
valutazione di una serie di flussi cassa distribuiti su un orizzonte temporale pluriennale. Il processo per il
quale una somma viene investita in più periodi è denominato capitalizzazione.
Es. vogliamo investire una somma di 2.000 € sapendo che l’interesse annuale è del 4%. Alla fine del primo
anno il montante sarebbe di 2.080 €,
VA ( 1 + r ) = 2080 €
mentre - se il cliente volesse investire i soldi allo stesso modo - il secondo anno avrebbe in mano 2163,6 €.
VA ( 1 + r )( 1 + r ) = VA ( 1 + r ) = 2163, 2 €
2
F = VA ( 1 + r )
n
Per cui, come si calcola il valore attuale netto di un investimento, conoscendo il montante che si vorrebbe
avere dopo n anni? In altre parole: quale somma deve essere investita oggi per disporre tra n anni di un
montante pari a F essendo il tasso di sconto pari a r?
F
VAN =
(1 + r )
n
Periodi di capitalizzazione
Fin’ora abbiamo per semplicità ipotizzato che il periodo di riferimento per la capitalizzazione si al’anno,
ma può capitare che le somme si capitalizzino con frequenza maggiore. Per trovare il tasso di interesse, ad
esempio, trimestrale o mensile o giornaliero bisogna imporre la condizione che una certa somma,
investita al tasso annuale, produca lo stesso montante che si otterrebbe investendola a un tasso con
intervallo di capitalizzazione più breve. Visto che i mesi sono 12 abbiamo:
F = VA ( 1 + ranno ) = VA ( 1 + rmese )
12
Da cui:
rmese = 12 ( 1 + ranno ) − 1
Inflazione
Abbiamo fin’ora pure ignorato l’inflazione, che però esiste e gioca un ruolo importante.
Es. Supponiamo che il tasso di inflazione sia del 3% e che il tasso di interesse di un certo investimento
bancario sia del 4%. Se un panino oggi costa 1 €, l’anno prossimo costerà 1,03 €. Facendo l’investimento in
banca, se oggi abbiamo 1.000 €, il prossimo anno ne avremo 1.040. Oggi possiamo comprarci 1.000 panini,
52
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
mentre fra un anno potremo comprarcene 1040 / 1,03 = 1009,7. Lo 0,97% di differenza nella quantità di
panini acquistabili viene detto interesse reale mentre il 4% è l’interesse nominale.
Il tasso di interesse reale può essere così ricavato: ipotizzando che rn sia il tasso di interesse nominale,
dopo un anno disporremmo di ( 1 + rn ) € e, con tale somma, avremmo un potere d’acquisto pari a
(1 + r )
n
(1 + r )
i
(1 + r ) = 1 + r
n
( )
(1 + r )
i
r
Da cui:
53
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
5. il valore finale (o valore di recupero) dell’investimento: al termine della sua vita economica, un
progetto potrebbe avere ancora un valore: le immobilizzazioni o anche il capitale circolante
potrebbero infatti essere venduti. Questo valore finale rappresenta, in quel momento,
un’importante entrata di cassa.
Altri metodi di valutazione degli investimenti: il tasso interno di rendimento, il tempo di recupero, il
rendimento medio contabile
Per calcolare il VAN è necessario aver preliminarmente scelto il tasso di sconto senza il quale non sarebbe
possibile attualizzare i flussi di cassa. La scelta di questo tasso è spesso problematica e si usa perciò il
metodo del tasso interno del rendimento (TIR): in tale maniera è possibile determinare quel valore del
tasso di sconto che rende il VA dei flussi di cassa generati dall’investimento pari all’esborso iniziale.
Il TIR è il valore del tasso di sconto che rende il VAN del progetto uguale a zero; per stabilire se
l’investimento sia o non sia conveniente è necessario confrontare il TIR con il costo opportunità del
capitale: se il costo opportunità del capitale è minore del TIR, allora l’investimento è conveniente,
altrimenti non lo è.
• calcolo del TIR quando i flussi di cassa sono di uguale importo: se le entrate di cassa prospettate
dall’investimento sono tutte dello stesso importo, l’impostazione del calcolo è semplice perché è
sufficiente uguagliare il valore di una rendita temporanea all’esborso iniziale;
• calcolo del TIR quando i flussi di cassa sono di diverso importo: se i flussi di cassa generati dal
progetto non sono uguali da un anno all’altro, il tasso di rendimento interno dev’essere calcolato
risolvendo l’equazione che esprime il VAN in funzione dei flussi di cassa Fi e del costo opportunità
del capitale r. Il VA di una serie di flussi di cassa è:
F1 F2 F3 Fn
VA = + + + ... +
(1 + r ) (1 + r ) (1 + r ) (1 + r )
1 2 3 n
F1 F2 F3 Fn
VAN = − I 0 + + + + ... +
(1 + r ) (1 + r ) (1 + r ) (1 + r )
1 2 3 n
1
Ponendo = a:
(1 + r )
54
Piccolo riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale L-A
VAN = − I 0 + ∑ ai Fi
Come abbiamo detto poco fa il TIR è il valore del tasso di sconto che rende il VAN del progetto uguale a
zero. Per trovarlo dobbiamo quindi risolvere l’equazione
− I 0 + ∑ ai Fi = 0
e poi ricavare r.
NOTA: il TIR non rappresenta il rendimento dell’investimento. Il suo significato profondo è ben più
complicato!
Il metodo del tempo di recupero calcola un numero che esprime quanti periodi passeranno prima di
recuperare l’investimento iniziale, prima cioè che il valore cumulato delle entrate di cassa sia pari
all’esborso iniziale.
Es. se un impianto avesse un costo di 1.200 € e generasse entrate nette di cassa annue pari a 400 € allora
l’investimento iniziale sarebbe recuperato in 3 anni.
Attenzione: il metodo del tempo di recupero è ingannevole!
Es. PROGETTO A esborso iniziale di 4.000 € e entrata di 4.000 € dopo un anno cut-off: 1 anno.
PROGETTO B esborso iniziale di 4.000 €, entrata di 2.000 € dopo un anno e di 10.000 € dopo altri due
anni; cut-off: 3 anni.
Il progetto B ha un cut-off superiore ma è molto più conveniente del progetto A
Il metodo del rendimento medio contabile coinvolge, appunto, il rendimento medio contabile che è
definito come il rapporto tra il reddito medio contabile del progetto e il valore medio contabile netto
dell’investimento. Se questo rendimento è maggiore di un rendimento obiettivo, il progetto può essere
accettato, viceversa dovrebbe essere scartato. Il rendimento medio contabile è quindi un indicatore tipo
ROI, sia pure espresso come valore medio su più anni.
55
MORTADELLA
Impostiamo l’equazione:
costi = ricavi
300.000 € + X q. li ∙ 250 € / q.le = X q. li ∙ 350 € / q.le
X = 3.000 q.li
Sopra i 3.000 q.li di wurstel si inizia perciò a guadagnare qualcosa.
Problema: non abbiamo a disposizione abbastanza tempo per produrre 3.000 q.li di wurstel perché per
133,3 giorni la macchina produce mortadella e nei rimanenti 86,7 riusciamo a fabbricare solo 2.600 q.li di
wurstel. Ci tocca quindi ricorrere al lavoro straordinario!
Nuova equazione:
costi = ricavi
300.000 € + 2.600 q. li ∙ 250 € / q.le + X q. li ∙ 275 € / q.le = (2.600 + X) q. li ∙ 350 € / q.le
300.000 + 650.000 + 275 X = 910.000 + 350 X
X = 533 q.li
Questo è possibile in quanto, grazie agli straordinari, possiamo disporre di una capacità produttiva extra di
Inoltre, questo significa che la massima quantità di wurstel fabbricabile (che è anche la quantità di wustel
che massimizza l’utile dell’azienda) è di
Utile max ottenibile tra tutto quanto (mortadella + wurstel) = 9.500 + 50.000 = 59.500 €.
Riduciamo di Y % il prezzo di vendita della mortadella ma vendiamo un + 3.260 q.li (max della produzione
possibile). NOTA: in questo caso i wurstel non vengono prodotti. NOTA (2): anche questa volta dobbiamo
tenere conto degli straordinari
X = 413,8 € / q.le
DATI DI INPUT (andiamo qui a riportare tutti i dati forniti dal problema):
Variazione debiti forn. (energia) In questa parte bisogna andare a consultare il testo del problema: compaiono infatti i termini entro cui bisogna pagare l'elettricità, il G&A e le spese
Variazione debiti forn. (G&A) industriali. Es. elettricità è da pagare in 60 gg --> questo significa che alla fine dell'anno dovremo pagare ancora 2 mesi
Variazione debiti forn (spese ind.) di elettricità = 250 x 2 = 500 euri!
In questa parte bisogna andare a consultare il testo del problema: compaiono infatti i termini entro cui i clienti devono pagare la cara signora Ascari.
Variazione crediti clienti Siccome il termine è di 60 gg. e la signora Ascari ricava 5.500 al mese, la variazione crediti clienti sarà 5.500 x 2 = 11.000; dal terzo anno in poi i
guadagni dell'Ascari aumentano a 6.500 al mese per cui si hanno 13.000 crediti, cioè 2.000 in più
r =0,16
Coefficiente di attualizzazione 1,0000 0,8621 0,7432 0,6407 0,5523 0,4761
Flussi di cassa attualizzati -63.750 5.172 13.749 14.415 11.115 20.651
VAN 1.352
r =0,163
Coefficiente di attualizzazione 1,0000 0,8598 0,7393 0,6357 0,5466 0,4700
Flussi di cassa attualizzati -63.750 5.159 13.678 14.304 11.001 20.386
VAN 777
r =0,167
Coefficiente di attualizzazione 1,0000 0,8569 0,7343 0,6292 0,5392 0,4620
Flussi di cassa attualizzati -63.750 5.141 13.584 14.157 10.851 20.039
VAN 22
Diamolo per buono, non è zero ma non abbiamo un secolo per calcolarlo
ATTIVITA' PASSIVITA' E CAPITALE NETTO CONTO ECONOMICO
0 610.000 -800
Fondo ammortamento
120.000 ST
15.000
Partecipazioni
5 40.000
11.000 0
-8.000
RAE 42.325
TOTALE 1.358.851
CONTO ECONOMICO
Ricavi 350.000
Acquisti -90.000
Stipendi -76.000
Rimanenze iniziali -38.000
Quota TFR -4.000
MARGINE LORDO 142.000
Perdite -17.000
Stipendi (non ind.) -76.000
TFR (non ind.) -4.000
Polizza -800
RISULTATO OPERAT. GLOBALE 44.200
Interessi sul mutuo -1.875
RAE 42.325
Imposte 6.348,75
NUOVE RISERVE DI UTILI 35.976,25
RIEPILOGO PASSAGGI
• acquisto di materiali in due passaggi (una parte pagata subito in contante e l’altra più tardi)
AVERE Cassa [Contanti pagati subito]
DARE Rimanenze [Valore complessivo delle merci]
AVERE Debiti verso fornitori [Importo non ancora pagato]
Nell’esercizio il calcolo è stato il seguente: debito contratto a febbraio (conteggiando fino a giugno
5 mesi su 6 rata semestrale interesse del 5 / 2 = 2,5 % 90.000 x 2,5 % x 5 / 6 = 1875 €.
1
Attività.
AVERE Rimanenze [Costo delle merci vendute]
Nel conto economico: DARE Costo del venduto [Costo delle merci vendute]
AVERE Ricavi [Importo di vendita]
• avviamento: nasce quando un’azienda ne acquista un’altra pagando un prezzo superiore a quello
corrispondente alla differenza fra le attività e le passività dell’azienda acquisita.
Esempio: acquisiamo una partecipazione di valore 40 €, pagando 65 €. Nell’operazione vengono
persi 10 € in spese notarili. Registrazione:
AVERE Cassa 65 €
2
DARE Avviamento 15 €
13
DARE Partecipazioni 40 €
Nel conto economico: DARE Spese legali e notarili 10 €
• mancato ottenimento di crediti:
AVERE Fondo svalutazione crediti3 [Perdita]
Nel conto economico: DARE Perdite su crediti [Perdita]
• mancato ottenimento di crediti (parziale):
Es. un’azienda ha verso un’altra un credito di 10.000 €, ma causa fallimento si contratta la
restituzione di soli 5.000 €.
DARE Cassa [Ritorno (5.000 €)]
AVERE Crediti commerciali [Somma complessiva]
Nel conto economico: DARE Svalutazione crediti [Perdita (5.000 €)]
• pagamento stipendi:
AVERE Cassa [Importo stipendi]
Nel conto economico: DARE Stipendi [Importo stipendi]
• trattamento di fine rapporto: il TFR è da considerarsi alla stregua di un debito. Ad es. se la spesa
per gli stipendi è pari a 100 e il 5% di questa somma è per il TFR si ha
AVERE Cassa [il 95% di 100, cioè 95]
AVERE Fondo TFR [il 5% di 100, cioè 5]
Nel conto economico: DARE Stipendi [il 95% di 100, cioè 95]
DARE Quota TFR [il 5% di 100, cioè 5]
• acquisto di titoli:
AVERE Cassa [Costo titoli]
4
DARE Titoli [Costo titoli]
• imposte:
le imposte vanno calcolate sul reddito che scappa fuori dal conto economico. Dopodiché:
Nel conto economico: DARE Imposte [Imposte]
AVERE Imposte [Imposte]
2 Trattasi di un’attività.
3 Passività.
4 Attività.
DATI INPUT
grano minimo richiesto: 30 acri di terreni x 5 stai / acro = 150 stai totali
IVAN FREDERICK
REDDITO 214
REDDITO 122
Per quanto riguarda il ritorno da investimento, Ivan ha una percentuale leggermente superiore (214 / 262
= 81,7 % vs. 122 / 151 = 80,8 %).
Nel reddito percentuale, invece, Frederick torna nuovamente ad essere il migliore (214 / 243 = 88,07 % vs.
135 / 151 = 89,4 %).
PASSIVITA' E CAPITALE
ATTIVITA' CONTO ECONOMICO
NETTO
Magazzino
9 6.000
Imposte
11 1.180
REDDITO NETTO
1.770 11
Riepilogo passaggi
• vendita “semplice”:
vengono venduti per una certa somma dei prodotti acquistati ad un certo altro prezzo
DARE Cassa [Importo di vendita]
AVERE Rimanenze [Costo delle merci vendute]
Nel conto economico: DARE Costo del venduto [Costo delle merci vendute]
AVERE Ricavi [Importo di vendita]
• un proprietario prende qualcosa dal magazzino per farci gli affaracci suoi:
AVERE Rimanenze [Costo delle merci arraffate]
DARE Capitale sociale (o Riserve di utili) [Costo delle merci arraffate]
• acquisto di merce (in contanti o a credito):
AVERE Cassa (o Debiti verso fornitori se si acquista a credito) [Costo di ciò che si è comprato]
DARE Rimanenze [Costo di ciò che si è comprato]
• furto:
avviene un furto e vengono rubate delle scorte di prodotti
AVERE Rimanenze [Costo dei materiali rubati]
Nel conto economico: DARE Perdite [Costo dei materiali rubati]
• vendita di articoli a credito:
DARE Crediti commerciali [Importo di vendita]
AVERE Rimanenze [Costo delle merci vendute]
Nel conto economico: DARE Costo del venduto [Costo delle merci vendute]
AVERE Ricavi [Importo di vendita]
• pagamento di debiti:
AVERE Cassa [Somma pagata]
DARE Debiti [Somma pagata]
• saldamento di crediti da parte dei clienti:
DARE Cassa [Somma ricevuta]
AVERE Crediti commerciali [Somma ricevuta]
• fatture e bollette:
se arrivano e non sono state pagate diventano un debito e bisogna segnare così
AVERE Debiti verso fornitori [importo fattura]
Nel conto economico: DARE Costi per forniture varie [importo fattura]
Se invece vengono pagate non contraiamo un debito ma attingiamo dalla cassa:
AVERE Cassa [importo bolletta]
Nel conto economico: DARE Illuminazione e gas [importo bolletta]
• pagamento di affitti in anticipo:
supponiamo di essere all’inizio del 2001 e di voler redigere lo stato patrimoniale del 2002. Nel 2001
si era pagato anticipatamente l’affitto di un magazzino per gennaio-dicembre 2002: questo affitto
era un’attività e, alla fine di dicembre 2002 bisogna scrivere
AVERE Ratei e risconti attivi [Importo dell’affitto]
Nel conto economico: DARE Affitto [Importo dell’affitto]
Se nel 2002 vogliamo pagare anticipatamente l’affitto del 2003:
DARE Ratei e risconti attivi [Importo dell’affitto]
AVERE Cassa [Importo dell’affitto]
• imposte:
le imposte vanno calcolate sul reddito che scappa fuori dal conto economico. Dopodiché:
Nel conto economico: DARE Imposte [Imposte]
AVERE Imposte [Imposte]
• distribuzione di capitale ai proprietari sotto forma di dividendi:
DARE Riserve di utili [Importo distribuito]
AVERE Cassa [Importo distribuito]
PASSIVITA' E CAPITALE
ATTIVITA'
NETTO
Cassa 558 Debiti verso fornitori 3.550
Rimanenze finali 320 Capitale sociale 10.300
Crediti verso clienti 7.600 Riserve di utili 1.228
Costi anticipati 6.600 15.078
15.078
CONTO ECONOMICO
Ricavi 15.000
Costo del venduto 3.150
Illuminazione 2.000
Magazzino 6.000
Risultato op. caratt. 3.850
Perdite 900
RAE 2.950
Imposte 1.180
Reddito netto 1.770
Prelievo dal magazzino 80
Distribuzione utili 1.062
Riserve di utili 628
ATTIVITA' PASSIVITA' E CAPITALE NETTO CONTO ECONOMICO
7.200 30 -30
0 450 -6.000
-450
1.910 Stipendi
12 3.000
-3.000
Per calcolare l’importo dell’ammortamento abbiamo semplicemente fatto: 7.200 € / (12 x 10) = 60 €
• acquisto di merce (in contanti o a credito):
AVERE Cassa (o Debiti verso fornitori se si acquista a credito) [Costo di ciò che si è comprato]
DARE Rimanenze [Costo di ciò che si è comprato]
• ricavi realizzati per cassa:
DARE Cassa [Importo ricavi]
Nel conto economico: Ricavi [Importo ricavi]
1 Attività.
• pagamento di debiti verso i fornitori:
AVERE Cassa [Somma pagata]
DARE Debiti verso i fornitori [Somma pagata]
• vendita di articoli a credito:
NOTA: in questo esempio andiamo anche a riportare le scritture di avvenuto pagamento crediti
(unione dei punti 9 e 13)
DARE Crediti commerciali [Importo di vendita]
AVERE Rimanenze [Costo delle merci vendute]
Nel conto economico: DARE Costo del venduto [Costo delle merci vendute]
AVERE Ricavi [Importo di vendita]
• consumo dei materiali per vendita:
AVERE Rimanenze [Costo dei materiali]
Nel conto economico: DARE Costo del venduto [Costo dei materiali]
• fatture e bollette:
se arrivano e non sono state pagate diventano un debito e bisogna segnare così
AVERE Debiti verso fornitori [importo fattura]
Nel conto economico: DARE Costi per forniture varie [importo fattura]
Se invece vengono pagate non contraiamo un debito ma attingiamo dalla cassa:
AVERE Cassa [importo bolletta]
Nel conto economico: DARE Illuminazione e gas [importo bolletta]
• pagamento stipendi:
AVERE Cassa [Importo stipendi]
Nel conto economico: DARE Stipendi [Importo stipendi]
13.140 13.140
CONTO ECONOMICO
CONTO ECONOMICO
1.910
a) Mix ideale di produzione
A questo punto uno potrebbe pensare che sia conveniente piantare distese enormi di pomodori e
fregarsene altamente del resto degli ortaggi: questo ragionamento è però sbagliato perché il mercato non
chiede soltanto pomodori (ed esiste una richiesta massima riguardo a quell’ortaggio).
Conviene quindi seminare pomodori fino a quando non raggiungiamo il massimo fabbisogno del mercato,
per poi passare al secondo ortaggio più conveniente (le patate), procedere in modo analogo e - infine -
riempire quel che rimane di zucchine.
Tra pomodori e patate abbiamo riempito 90 ettari. I rimanenti 10 li facciamo a zucchine (l’ortaggio meno
conveniente).
Il mix ottimale di produzione è quindi:
GASOLIO 27.600 €
Viene allocato secondo la manodopera diretta:
PATATE 27.600 x 0,362 = 10.000 €
POMODORI 27.600 x 0,507 = 14.000 €
ZUCCHINE 27.600 x 0,131 = 3.600 €
TOTALE (costo delle sementi + costi manodopera diretta, gasolio, amministrazione, irrigazione, etc.):
POSSIBILI ERRORI:
• quando si chiede di allocare il costo della manodopera diretta non dobbiamo usare le quantità in
tabella (sotto la voce “costo manodopera diretta”), perché quelle hanno come unità di misura [€ /
kg], mentre noi vogliamo gli € totali: dobbiamo quindi moltiplicare per i kg dei vari prodotti,
calcolabili tramite tale formula
Fatto questo ricaviamo delle percentuali grazie alle quali possiamo allocare i vari costi;
• al momento di calcolare il costo pieno, non dobbiamo dimenticarci del costo delle sementi!
Costo Richiesta max
Prezzo di Costo semente Resa terreno
manodopera del mercato
vendita (€/kg) (€/kg) (q.li/ha)
diretta (€/kg) (q.li)
Patata 1 0,2 0,1 100 5.000
Pomodoro 2,5 0,7 0,3 50 2.000
Zucchina 2 0,6 0,3 60 3.000
ha da coltivare
per soddisfare la ordine di
Rendita (€/kg) Rendita (€/ha) ettari coltivati
richiesta di convenienza
mercato
Patata 0,7 7.000 50 2 50
Pomodoro 1,5 7.500 40 1 40
Zucchina 1,1 6.600 50 3 10
Costo diff. assunzione nuovo person. 270.000 270.000 270.000 270.000 270.000
Costo diff. materiali 0 150.000 150.000 450.000 450.000
Costo aggiornamento 50.000 0 0 0 0
Il problema ci chiede di valutare se sia più conveniente fare un certo investimento oppure lasciare stare e
mantenere la situazione così com’è. Si tratta quindi di calcolare delle quantità differenziali: nello schema,
infatti, scegliamo di riferire tutto alla scelta “acquisto dell’impianto” e calcoliamo a quanto ammontano i
costi e i ricavi rispetto al mantenimento dello status quo.
Se compriamo l’impianto, riusciamo a soddisfare le richieste di tubi superiori a 10.000 unità per cui
aumentiamo le vendite di:
• nessun elemento nel 2005;
• 1.000 elementi nel 2006 e 2007;
• 3.000 elementi nel 2008 e 2009.
Sapendo che ogni vendita frutta 1.000 euro abbiamo un corrispondente aumento di ricavo pari a:
• zero nel 2005;
• 1.000.000 € nel 2006 e 2007;
• 3.000.000 € nel 2008 e 2009.
Questi ricavi vengono detti differenziali proprio perché si riferiscono a un’ipotetica situazione che si vuole
valutare e che viene presa a riferimento ( effettuiamo l’investimento). Essi hanno il segno “+” perché
sono ricavi che possono essere ottenuti solamente effettuando l’investimento, cioè l’acquisto
dell’impianto.
Tale investimento non porta solo ricavi bensì anche costi aggiuntivi: essi sono valutati nelle tre linee che si
riferiscono a:
• costo differenziale assunzione nuovo personale: se compriamo l’impianto abbiamo più costi (segno
“+”) per quanto riguarda il personale. Dobbiamo infatti pagare 2 operai e 3 supervisori in più, per un
esborso totale annuo pari a 270.000;
• costo differenziale acquisto materiali: un maggior costo d’acquisto per le materie prime è il
rovescio della medaglia corrispondente a una produzione maggiore. Questo costo aumenta al
crescere delle unità vendute in più (1.000 unità in più 150.000 euro spesi per le materie prime;
3.000 unità in più 450.000 euro spesi per le materie prime);
• costo di aggiornamento: se si compra l’impianto nuovo bisogna investire una tantum 50.000 euro
per addestrare il personale.
L’ammortamento annuo corrisponde al 10% del costo del prodotto, ovvero 300.000.
Per quanto riguarda la plus/minus valenza per alienazione: se compriamo l’impianto ricaviamo 600.000
euro dalla vendita di quello vecchio, ma al momento di cederlo non saranno ancora stati ammortizzati
1.500.000 €, per cui dovremo segnare
1.500.000 € ‒ 700.000 (prezzo di vendita, son soldi che fortunatamente recuperiamo) = 800.000 €
di “perdita” (segno “‒“).
Infine, se compriamo l’impianto nuovo, non dovremo spendere i 5.000 euro per la rottamazione
dell’impianto vecchio (sono soldi “guadagnati” in senso differenziale: non è un vero e proprio guadagno,
ma una spesa in meno rispetto al caso di non acquisto).
Siamo pronti per calcolare il reddito differenziale nei vari anni: esso sarà > 0 se con l’acquisto dell’impianto
si guadagnerà di più, < 0 viceversa.
reddito differenziale = ricavi - (costi differenziali + ammortamento + plus/minusvalenza da alienazione)
Calcolato il reddito, applichiamo l’imposta e troviamo il reddito netto.
I flussi di cassa da C/E si ricavano così:
ammortamento + reddito netto - eventuali recuperi
A questo punto valutiamo i “flussi di cassa da investimento”: dobbiamo infatti
• cavare 3.000.000 di euro di acquisto dell’impianto (2004);
• aggiungere i 600.000 euro dovuti alla vendita del vecchio impianto (2005);
• aggiungere i 700.000 euro dovuti alla vendita del nuovo impianto (2009).
Sommando “flussi di cassa da C/E” e “flussi di cassa da investimento” otteniamo il flusso di cassa
complessivo.
Infine, con il metodo dei coefficienti di attualizzazione, calcoliamo a quanto equivalgono - alla data
odierna - i flussi di cassa complessivi (che si riferiscono “al futuro”: il principio è sempre quello che un euro
oggi vale più di un euro domani). Sommando i flussi di cassa attualizzati otteniamo il VAN, che è superiore a
zero. L’investimento, dunque, conviene.
Per capire quale prodotto sia più conveniente dobbiamo usare un parametro chiamato margine di
contribuzione (MdC): esso si può calcolare facendo la differenza tra il prezzo di vendita unitario e il costo
variabile unitario. Più questo parametro è alto e più la vendita del relativo prodotto è redditizia.
NOTA: in rosso è segnato il prodotto che più degli altri conviene maggiormente produrre.
Ipotesi n°3
Prezzo di vendita PRODOTTO A: 70 € MdC prodotto A = 70 - 25 = 45 €
Prezzo di vendita PRODOTTO B: 70 € MdC prodotto B = 70 - 16,67 = 53,33 €
Prezzo di vendita PRODOTTO C: 50 € MdC prodotto C = 50 - 15 = 35 €
Procediamo col calcolo dell’MdC orario siccome questa volta abbiamo vincoli riguardo alle ore di
fabbricazione, il margine di contribuzione viene a dipendere fortemente dal tempo di uso della macchina.
Profitto calcolato per ore di produzione:
Prodotto A: 45 € / 1 h = 45 € / h
Prodotto B: 53,33 € / 1,5 h = 35,55 € / h
Prodotto C: 35 € / 2 h = 17,5 € / h
Ai vari profitti vanno sottratti i costi fissi (25.000 + 62.500 + 30.500 = 118.000 €) per cui l’utile complessivo è
pari a:
Così facendo si liberano 200 x 1,5 = 300 ore di capacità produttiva. Tali ore possono essere impiegate
producendo un altro tipo di prodotto (che non sia B): produrre A risulta inopportuno, visto che il massimo
fabbisogno del mercato è già stato soddisfatto; con tale numero di ore possiamo tuttavia produrre 300 / 2
= 150 prodotti di tipo C.
Prezzo di vendita unitario del prodotto B (ipotesi 3): 65 € MdC prodotto B = 65- 16,67 = 48,33 €
Scelta 1 - contrazione delle vendite per B a 1300 elementi Ricavi da A 45.000 Costi da A 25.000
Ricavi da B 69.333 Costi da B 62.500
Si liberano 300ore Ricavi da C 18.375 Costi da C 30.500
con le quali produrre 150prodotti di tipo C TOTALE 132.708 TOTALE 118.000
NOTA: i costi variabili sono già "dentro i ricavi"
perché abbiamo usato il MdC
PROFITTO 14.708
500 80 -25
15 1,38 -10
-25 -100
40 120
Acquisti
2 320
-320
RAE 141,62
ATTIVITA' PASSIVITA' E CAPITALE NETTO
CONTO ECONOMICO
Ricavi 600
Quota TFR -5
Stipendi -95
Ammortamento -12
Acquisti -320
Rimanenze iniziali -100
Rimanenze finali 120
Costo del venduto -412
MARGINE LORDO 188
Svalutazione crediti -25
REDDITO OP. CARATTERISTICO 163
Costi gestione finanziaria -11,38
RISULTATO ORD. DI COMPETENZA 151,62
Notaio -10
UTILE D'ESERCIZIO 142
RIEPILOGO PASSAGGI
Calcolo del costo del venduto con il metodo deduttivo (detto anche inventario periodico)
Trattasi di un metodo che si usa quando non si dispone di strumenti informatici o quando le transazioni
sono tantissime e di piccola entità (e quindi è scomodo segnarle tutte).
Si definiscono beni disponibili per la vendita la somma dei prodotti facenti parte delle rimanenze iniziali
più quelli acquistati nel periodo.
Es. se un’azienda a gennaio ha X € di merci, e ne compra entro il mese altre Y €, alla fine del mese avrà
complessivamente X + Y € di beni disponibili per la vendita.
Alla fine di ogni periodo amministrativo s’ipotizza in alternativa che i beni disponibili per la vendita:
• facciano ancora parte delle rimanenze finali;
• siano stati venduti.
Si ha perciò3:
beni disponibili per la vendita = rimanenze iniziali + acquisti = rimanenze finali + costo del venduto
Coerentemente con quanto abbiamo detto, si procede, alla fine di ogni esercizio, a un conteggio fisico
della quantità di prodotti costituenti le rimanenze finali attraverso un processo denominato inventario
fisico (si valorizza, al suo costo d’acquisto, ciascun codice-prodotto facente parte delle rimanenze finali). A
quel punto il costo del venduto è il frutto di una semplice sottrazione
1 Attività.
2
Trattasi pure questa di un’attività.
3
Si noti che il costo di eventuali furti, di perdite, di materiale non conteggiato per errore e altro ancora, confluisce in
maniera indistinta e sconosciuta all’interno del costo dei beni venduti.
ERRORI COMUNI:
Dobbiamo usare il metodo dell’inventario periodico: quando si utilizza questo approccio e si ha a che fare
con un esercizio in cui si verifica l’evento “acquisto di merce”, è opportuno - al fine di fare correttamente la
somma - segnare tali acquisti nel conto economico (invece che inserirli nelle rimanenze), così come
dobbiamo inserirvi le rimanenze iniziali e le rimanenze finali (vengono calcolate nel relativo schema delle
attività oppure vengono suggerite nel testo). Lo stesso discorso dev’essere fatto per gli acquisti: non
vanno ad incrementare le rimanenze, bensì vanno segnati in un apposita casella del conto economico.
Nel punto 3 viene detto: “Stante il basso valore della cassa, l’1 febbraio viene acceso un prestito bancario di
30 euro, da restituire dopo un anno in un’unica soluzione di versamento inclusiva anche degli interessi. La
quota di interesse è del 5%, ed è la stessa applicata ai mutui in corso. Il pagamento degli interessi su tali
mutui avviene per competenza, mentre nell’esercizio non sono effettuati versamenti in conto capitale”.
I mutui in corso ammontano a 200 euro, quindi la rata del 5% = 10 euro va pagata e dobbiamo ricordarcela.
I crediti perduti è meglio segnarli in un conto apposito (colonna “avere”, area delle attività, nome: “Fondo
svalutazione crediti”) piuttosto che segnali nella colonna “avere” della voce “crediti commerciali”.
Errore scemo: nel testo è scritto “Due dipendenti lasciano l’azienda, che versa loro il TFR maturato pari a 12
euro pro capite”. Il totale da segnare è dunque 24 non 12!
ATTIVITA' PASSIVITA' E CAPITALE NETTO CONTO ECONOMICO
3.200 0 -17.000
-7.000 -3.000
RAE 4.000
Aliquota
11 1.600
-1.600
NETTO 2.400
ATTIVITA' PASSIVITA' E CAPITALE NETTO
Cassa 3.200
Rimanenze finali 950 Capitale sociale 39.950
Crediti verso clienti 40.000 Riserve di utili 10.200
Immobilità 17.000 Riserva da sovrapprezzo azioni 4.000
Fondo ammortamento -7.000
CONTO ECONOMICO
Ricavi 40.000
Affitto -5.000
Prestazione occasionale -2.000
Ammortamento -3.000
Costo del venduto -17.000
ROC (Risult. Op. Caratteristico) 13.000
Perdite -9.000
RAI (Risult. ante imposte) 4.000
Imposte -1.600
Risultato netto 2.400
Distribuzione dividendi -1.200
Aumento riserve di utili 1.200
RIEPILOGO PASSAGGI
Valore contabile
- -
1.500.000 1.275.000 1.050.000 825.000
- -
600.000
-
375.000
Alienazione 250.000
Minusvalenza 125.000
VAN 1.063.429
DATI IN INPUT
1
Abbiamo calcolato i ricavi moltiplicando l’85% di 300.000 (= 255.000) per 1,5 euro.
2
Mettiamo qui il prezzo di vendita del macchinario dopo 4 anni.
3
Il recupero è pari a: plus/minusvalenza da alienazione - valore contabile.
4
Il valore contabile si calcola così: inizialmente mettiamo il valore dell’impianto appena quando è appena comprato poi, di anno in
anno, sottraiamo l’importo dell’ammortamento.
5
I costi variabili sono stati calcolati moltiplicando l’85% di 300.000 per 0,4 euro.
6
Vengono direttamente indicati nel testo.
7
Si è cercato il 12,5% di 400.000.
8
CCN = Capitale Circolante Netto. L’abbiamo calcolato tenendo presente che i clienti hanno 150 giorni (= 5 mesi) per pagare: questo significa
che, alla fine dell’anno, l’azienda deve ancora avere 382.500 ∙ 5/12 = 159.375.
9 k
La formula per ricavarlo è 1 / (1 + r) , dove k è l’anno in cui calcoliamo il coefficiente ed r è pari a 0,15 in quanto il costo opportunità del
capitale è del 15%.
Ecco quanto rendono all’azienda le varie valvole:
Conviene lasciare più ore possibile alla fabbricazione delle valvole a comando manuale:
Mdc del nuovo tipo di valvola 200 - 60 - 50 = 90 € MdC orario = 90 / 0,25 = 360 €
3 x 5 = 15 valvole a pistone
NUOVO MIX OTTIMALE: 400 a spillo, 750 a comando manuale, 460 a cartuccia, 15 a pistone
Reddito ottenuto dalla vendita (stiamo facendo i calcoli con il MdC quindi abbiamo già sottratto i costi
variabili ai ricavi) :
Costi variabili di
Domanda di mercato Costi variabili di Produttività oraria Prezzo di vendita
attrezzaggio e
(pezzi/mese) M.P. (€/pezzo) tester (pezzi/ora) (€/pezzo)
presidio (€/pezzo)
A CARTUCCIA 440 30 40 4 150
A COMANDO MANUALE 750 20 30 5 120
A PISTONE 200 20 20 5 100
NEW: A SPILLO 400 50 60 4 200
VECCHIO NUOVO
Costi per acquisto materiali 6 vs 26 euro/pezzo
Costo del lavoro (tutto variabile) 20 vs 12,5 euro/pezzo
Costi di manutenzione 4 vs 1,5 euro/pezzo
Altri costi 2 vs 2 euro/pezzo
VAN ≈0 TENTATIVI DI r
TIR 6,115 % r = 0,06115
SOLUZIONE
Siccome ci viene chiesto di scegliere fra due alternative dobbiamo ragionare in maniera “differenziale”:
come usualmente, scegliamo quale situazione di riferimento quella - per così dire - “nuova”, cioè quella
che corrisponde alla scelta di effettuare l’investimento. Operando in tal maniera, tutte le quantità che
scriveremo corrisponderanno a un “delta” fra la nuova e la vecchia situazione.
Per prima cosa calcoliamo i costi: il testo del problema riporta infatti una comoda tabella in cui vengono
riportate tutte le informazioni su manodopera, materiali, costi variabili, etc...:in base ad esse calcoliamo le
varie quantità differenziali.
NUOVO VECCHIO Costo per acquisti materiali:
Costi per acquisto materiali 6 vs 26 euro/pezzo (6 ‒ 26) x 100.000 = ‒ 200.000
Costo del lavoro (tutto variabile) 20 vs 12,5 euro/pezzo (il segno meno indica che col
Costi di manutenzione 4 vs 1,5 euro/pezzo nuovo impianto risparmiamo
Altri costi 2 vs 2 euro/pezzo
200.000 euro nei costi!).
Costo del lavoro:
Fabbisogno annuo stimato di pezzi 10.000 pezzi
(20 ‒ 12,5) x 100.000 = + 75.000
(per quanto riguarda il costo del lavoro, il nuovo impianto ci fa spendere un po’ di più).
Costi di manutenzione:
(4 ‒ 1,5) x 100.000 = + 25.000
Altri costi: nessuna variazione spendiamo ora come allora il costo differenziale è nullo.
Facendo la sommatoria di tutti i vari costi otteniamo i “costi differenziali senza ammortamento”.
Calcoliamo gli importi dell’ammortamento in base alle parti e alle percentuali indicate nel testo del
problema (80.000 euro il primo anno e il doppio per gli altri due anni).
Facendo
costi differenziali + ammortamento
otteniamo i “costi differenziali totali”.
Il “reddito differenziale” (che usualmente calcoliamo facendo ricavi ‒ costi) possiamo in questo caso
calcolarlo come la differenza fra i recuperi (che sono a tutti gli effetti degli introiti) e i costi. I ricavi delle
vendite non vengono contemplati perché si fa l’ipotesi che non varino nella scelta dell’impianto da
utilizzare (per cui il differenziale, che è la differenza “nuovo - vecchio” è pari a zero: tutto ciò che cambia,
infatti, è l’entità dei costi, che calano un costo negativo equivale concettualmente ad un ricavo positivo
il reddito calcolato come sopra indicato pare essere positivo anche se non c’è stato un incremento delle
vendite bensì “solo” un risparmio).
Conoscendo il reddito possiamo calcolare l’aliquota (40%) e ottenere in quattro e quattr’otto il “reddito
netto (post-imposte)”.
Passiamo ai flussi di cassa: il “flusso di cassa da C/E” si calcola attraverso la seguente formula
reddito netto + ammortamento - recuperi
Il “flusso di cassa da investimenti”, invece, è quel flusso di denaro intrinsecamente legato all’atto
materiale di cambio impianto (andiamo ad annotare il prezzo d’acquisto del macchinario [segno meno,
soldi spesi], e i soldi ottenuti nella vendita del vecchio [segno più, soldi recuperati]).
Le variazioni da CCN sono quelle che riguardano i debiti e i crediti dell’azienda. Nel testo del problema non
si fa accenno ad eventuali crediti che l’azienda ha verso i clienti, ma si dice che i fornitori vengono pagati
dopo 2 mesi dall’acquisto dei materiali. Il costo differenziale d’acquisto materiali è pari a 200.000 euro:
siccome però paghiamo con 2 mesi di ritardo (“su 12”: i debiti e i crediti vengono conteggiati anno per
anno) dobbiamo moltiplicare quest’importo per 2/12 (otteniamo 33.333 euro) che dobbiamo sottrarre nel
primo anno (l’azienda contrae un debito) e aggiungere all’ultimo anno (l’ipotesi è che entro il 5° anno
vengono saldati tutti i debiti e i crediti dell’azienda).
Sommando al reddito netto i flussi di cassa visti poco fa e le variazioni da CCN otteniamo il “flusso di
cassa totale”: i valori riferiti ai vari anni vanno quindi moltiplicati per un certo coefficiente pari a
1
(1 + r )
n° anno
in modo da attualizzare il tutto alla data in cui si vuole scegliere se fare l’investimento. Sommando tutti i
valori del flusso di cassa attualizzato otteniamo il VAN (Valore Attuale Netto) dell’investimento. L’r in
grado di annullare il VAN è il TIR: effettuando vari tentativi scopriamo che esso è pari a 0,006115 (= 6,15%).
Acquisti
2 350
110 80 -12
600 50 -190
60 80 -10
Prestiti Perdite
40 4 7 30
40 -30
1,83 -50
30 110
RAE 226,17
ATTIVITA' PASSIVITA' E CAPITALE NETTO
CONTO ECONOMICO
Vendite 540
RICAVI 540
Acquisti -350
Ammortamento -12
Stipendi -190
Rimanenze iniziali -50
Rimanenze finali 110
Quota TFR -10
MARGINE LORDO 38
Perdite -30
Risultato operativo caratteristico 8
Costo gestione finanziaria -1,83
Risultato ordinario di competenza 6,17
Gestione straordinaria 220
RAE 226,17
Dividendi -75,39
Aumento riserve di utili 150,78
RIEPILOGO PASSAGGI
• vendita “semplice”:
vengono venduti per una certa somma dei prodotti acquistati ad un certo altro prezzo
DARE Cassa [Importo di vendita]
AVERE Rimanenze [Costo delle merci vendute]
Nel conto economico: DARE Costo del venduto [Costo delle merci vendute]
AVERE Ricavi [Importo di vendita]
• vendita di articoli a credito:
DARE Crediti commerciali [Importo di vendita]
AVERE Rimanenze [Costo delle merci vendute]
Nel conto economico: DARE Costo del venduto [Costo delle merci vendute]
AVERE Ricavi [Importo di vendita]
Le parti in rosso non vanno segnate perché usiamo il metodo dell’inventario periodico.
• acquisto di merce (in contanti o a credito):
AVERE Cassa (o Debiti verso fornitori se si acquista a credito) [Costo di ciò che si è comprato]
DARE Rimanenze [Costo di ciò che si è comprato]
• vendita di impianto di produzione parzialmente ammortizzato:
AVERE Immobilizzazioni [Costo storico dell’impianto]
DARE Cassa [Prezzo di vendita dell’impianto]
Nel conto economico: AVERE Plusvalenza [Valore ammortizzato]
AVERE Plusvalenza [Prezzo vendita ‒ costo storico]
• se nell’anno vengono sottoscritti dei debiti, ad esempio nei confronti di banche, da pagare entro
un anno dopo:
DARE Cassa [Importo prestato]
AVERE Debiti verso banche [Importo prestato]
Bisogna poi quantificare quanti interessi vengono maturati entro l’anno dai creditori. Ad es. se
sottoscriviamo un prestito con una banca il 1 giugno e ci viene chiesto di pagarlo in un’unica
soluzione entro un anno, dovremo contabilizzare 6 mesi di interesse (il 50% dell’interesse totale) in
questo modo:
AVERE Rateo passivo per interessi [Interessi maturati (50%)]
Nel conto economico: DARE Interessi passivi [Interessi maturati (50%)]
Se invece avevamo contratto un prestito l’anno prima (ed è arrivato il momento di pagarlo)
dobbiamo direttamente attingere dalla cassa:
AVERE Cassa [Importo da pagare]
Nel conto economico: DARE Interessi passivi [Importo da pagare]
NOTA: gli interessi vanno calcolati sulla rata, non su tutto l’importo da pagare!
NOTA: se c’è da pagare la rata entro la chiusura del nuovo bilancio, bisogna ricordarsene!
• ricapitalizzazione (versamento di denaro da parte dei proprietari):
DARE Cassa [Importo della ricapitalizzazione]
AVERE Capitale sociale [Importo della ricapitalizzazione]
• pagamento del TFR (ad es. se i dipendenti lasciano l’azienda):
AVERE Cassa [Importo da pagare]
DARE Fondo TFR [Importo da pagare]
• pagamento stipendi:
AVERE Cassa [Importo stipendi]
Nel conto economico: DARE Stipendi [Importo stipendi]
• mancato ottenimento di crediti:
AVERE Fondo svalutazione crediti1 [Perdita]
Nel conto economico: DARE Perdite su crediti [Perdita]
• a metà anno (ad es. 2003) viene avviato un progetto di ricerca che comporta un certo esborso (che
si chiude entro l’anno); il piano di ammortamento si chiude due anni e mezzo dopo (dicembre
2005) e il pagamento è rateale:
AVERE Cassa [Esborso del progetto]
DARE Immobilizzazioni [Esborso del progetto]
AVERE Fondo ammortamento [Rata = 20%, perché i semestri sono 5 e paghiamo il primo]
Nel conto economico: AVERE Ammortamento [Rata = 20%]
Calcolo del costo del venduto con il metodo deduttivo (detto anche inventario periodico)
Trattasi di un metodo che si usa quando non si dispone di strumenti informatici o quando le transazioni
sono tantissime e di piccola entità (e quindi è scomodo segnarle tutte).
Si definiscono beni disponibili per la vendita la somma dei prodotti facenti parte delle rimanenze iniziali
più quelli acquistati nel periodo.
Es. se un’azienda a gennaio ha X € di merci, e ne compra entro il mese altre Y €, alla fine del mese avrà
complessivamente X + Y € di beni disponibili per la vendita.
Alla fine di ogni periodo amministrativo s’ipotizza in alternativa che i beni disponibili per la vendita:
• facciano ancora parte delle rimanenze finali;
• siano stati venduti.
Si ha perciò2:
beni disponibili per la vendita = rimanenze iniziali + acquisti = rimanenze finali + costo del venduto
Coerentemente con quanto abbiamo detto, si procede, alla fine di ogni esercizio, a un conteggio fisico
della quantità di prodotti costituenti le rimanenze finali attraverso un processo denominato inventario
fisico (si valorizza, al suo costo d’acquisto, ciascun codice-prodotto facente parte delle rimanenze finali). A
quel punto il costo del venduto è il frutto di una semplice sottrazione
1
Passività.
2
Si noti che il costo di eventuali furti, di perdite, di materiale non conteggiato per errore e altro ancora, confluisce in
maniera indistinta e sconosciuta all’interno del costo dei beni venduti.
3
vengono suggerite nello stato patrimoniale del periodo precedente: siccome dobbiamo segnarle anche nelle attività,
bisognerà effettuare la transizione
AVERE Rimanenze [Rimanenze iniziali]
DARE Rimanenze iniziali [Rimanenze iniziali]