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[L’art 2423 bis del Codice civile stabilisce i principi redazionali del bilancio, cioè le linee guida da
osservare nel processo di redazione del bilancio, allo scopo di raggiungere gli attributi cardine che
costituiscono la clausola generale di quest’ultimo cioè, la rappresentazione chiara, veritiera e corretta.
Il Codice civile ne individua diversi: il principio di prudenza, il principio continuità della gestione, il
principio della prevalenza della sostanza sulla forma, il principio di competenza economica, il principio
della valutazione separata delle voci, il principio della continuità di applicazione dei criteri di
valutazione.]
Tra questi principi, al punto 3 dell’art. 2423 bis c.c., è enunciato il principio della competenza economica
secondo il quale per determinare il risultato economico d’esercizio “si deve tener conto dei proventi e
degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento”.
Avremo infatti che i ricavi sono considerati di competenza di uno specifico esercizio quando,
nell’esercizio stesso, si verifica il passaggio di proprietà della merce oggetto della vendita o la
prestazione del servizio, i costi invece quando, nell’esercizio stesso, si riferisce ad una condizione
produttiva che ha dato origine ai ricavi di vendita o a rimanenze finali di esercizio.
2. Si enuncino i principali principi di redazione del bilancio soffermandosi sul principio di prudenza.
[…] Tra questi principi, al punto 2 dell’art. 2423 bis c.c., è indicato come “la valutazione delle voci deve
essere fatta secondo prudenza…”, dunque uno dei principi cardine è appunto quello della prudenza,
secondo il quale nelle stime di fine esercizio occorre essere prudenti, ciò significa, non iscrivere in
bilancio gli utili non ancora realizzati, se non nei casi previsti in modo esplicito ed iscrivere in bilancio le
perdite e i rischi anche se solo presunti, purché la presunzione sia fondata.
Questo principio mira ad evitare il fenomeno dell’annacquamento di capitale, che si produce quando le
attività sono sovrastimate e le passività sottostimane.
3. Si parli delle clausole generali alla base della redazione del bilancio. (Veritiera e corretta)
L’art. 2423 c.c. sancisce che “il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo
veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico
dell’esercizio”.
La clausola generale consiste in tre attributi che il bilancio deve possedere:
- Chiarezza,
- Veridicità;
- Correttezza.
La chiarezza riguarda le modalità di esposizione delle informazioni contenute nel bilancio, quest’ultime
devono consentire la comprensione del documento contabile non solo a coloro i quali lo hanno
compilato, ma alla generalità dei destinatari che si trovano al di fuori dell’imprese di media cultura
contabile. L’informazione fornita ai destinatari deve essere completa e trasparente.
La veridicità fa riferimento alla necessaria corrispondenza tra la realtà dei fatti aziendali e la
rappresentazione degli stessi in bilancio, si parla di veridicità oggettiva. Però, molti valori sintetizzati in
bilancio sono stimati, l’attributo della veridicità va allargato al concetto di veridicità relativa, fa
riferimento alla credibilità dei valori soggettivi e quindi alla razionalità e alla coerenza del processo
estimato da cui derivano tali valori.
La correttezza è l’attributo che fa riferimento da un lato, all’aspetto tecnico, cioè, riguarda il rispetto
delle regole strettamente contabili e dall’altro, va inteso come imprescindibile attributo morale di coloro
che redigono il bilancio che devono rispettare il loro dovere di informazione con un atteggiamento
onesto e imparziale.
4. Dove si iscrivono le rimanenze nel bilancio? Da cosa sono costituite? Qual è il criterio di valutazione?
Le rimanenze sono beni che l’impesa acquista e che alla data di chiusura dell’esercizio sono ancora in
attesa di destinazione finale. Le principali tipologie di rimanenze di magazzino disciplinate sono:
❑ le materie prime, ivi compresi i beni acquistati soggetti ad ulteriori processi di trasformazione (cd.
semilavorati di acquisto);
❑ le materie sussidiarie e di consumo (costituite da materiali usati indirettamente nella produzione);
❑ i prodotti in corso di lavorazione (materiali, parti e assiemi in fase di avanzamento);
❑ i semilavorati (parti finite di produzione interna destinate ad essere utilizzate in un successivo
processo produttivo);
❑ le merci (beni acquistati per la rivendita senza subire rilevanti trasformazioni);
❑ i prodotti finiti (prodotti di propria fabbricazione).
L’articolo 2424 c.c. prevede che le rimanenze siano iscritte nello stato patrimoniale, nella macroclasse C
(attivo circolante). Secondo l’art. 2425 c.c. la variazione delle rimanenze di semilavorati, prodotti in
corso di lavorazione, prodotti in corso di ordinazione e prodotti finito vengono iscritte nel conto
economico nella macroclasse A (valore della produzione) mentre nella macroclasse B (costi della
produzione) si iscrive la variazione delle rimanenze di materie prime.
L’articolo 2426, comma 1, numero 9, del Codice civile prevede che “le rimanenze …. sono iscritte al
costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione
desumibile dall’andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei
successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati
nel costo di produzione”.
5. Quali sono le fonti normative alla base del bilancio? (Cc, normativa fiscale) Qual è il ruolo dei principi
contabili? (Nazionale, internazionale, OIC)
Secondo quanto stabilito dal Codice civile, il costo di produzione comprende sia i costi diretti, come ad
esempio quelli legati alla manodopera diretta, sia i costi indiretti, tra cui rientrano canoni dei locali e
ammortamenti degli impianti di produzione.
Importante è anche l'ammortamento nelle valutazioni delle immobilizzazioni, con particolare attenzione
alla necessità di considerare la residua possibilità di utilizzazione. L'ammortamento, che rappresenta la
distribuzione sistematica di un costo lungo un periodo di tempo, tiene conto non solo dell'invecchiamento
fisico dell'impianto ma anche dell'invecchiamento tecnologico, noto come "obsolescenza". Questo implica
che il processo di ammortamento debba essere adattato non solo in base alla durata prevista, ma anche
alle condizioni di utilizzo e all'obsolescenza tecnologica.
Un aspetto fondamentale riguarda il calcolo della quota di ammortamento, che può essere di tipo costante
secondo le modalità previste dal Codice civile. Viene sottolineato che la norma italiana non richiede il
calcolo annuale della quota di ammortamento in base alla residua possibilità di utilizzazione, ma piuttosto
la sua determinazione sistematica, predefinita in base agli impianti di ammortamento.
Inoltre, un concetto da non sottovalutare è quello del "valore da ammortizzare", che, secondo i principi
contabili, dovrebbe tenere conto del "valore residuo". Tuttavia, poiché il valore residuo può essere difficile
da determinare, in molti casi si considera pari a zero.
Il Codice civile prevede inoltre la possibilità di svalutare l'immobilizzazione in presenza di perdite durevoli di
valore, confrontando il valore contabile con la residua possibilità di utilizzazione e il valore di mercato.
La svalutazione e del ripristino dei valori delle immobilizzazioni, con particolare attenzione al ruolo della
"riserva di svalutazione". In caso di perdita durevole di valore, l'immobilizzazione può essere valutata al
maggiore tra il valore di mercato e la residua possibilità di utilizzazione.
Le scritture di assestamento servono a determinare le grandezze di sintesi tenendo conto del fatto che le
rilevazioni fatte fino ad ora non hanno potuto tenere conto di quelle operazioni in corso di svolgimento che
possono influenzare il reddito ed il connesso capitale di funzionamento. Le operazioni in corso di
svolgimento sono di due tipi: TIPO 1: è avvenuta la manifestazione finanziaria nell’anno in corso ma dal
punto di vista economico hanno luogo nel periodo successivo; TIPO 2: non è avvenuta la manifestazione
finanziaria nell’anno in corso ma hanno creato variazioni di tipo economico. Riassumendo, sono operazioni
che non sono state concluse nell’esercizio amministrativo. Si deve quindi, fittiziamente interrompere
l’operazione (in entrambi i casi) per suddividere così l’effetto economico in due differenti periodi
amministrativi. L’interruzione avviene mediante l’utilizzo delle scritture di assestamento. Lo scopo di queste
rettifiche è quello di trasformare i dati rilevati secondo il criterio della manifestazione finanziaria in valori
calcolati secondo il criterio di rilevazione economica. Come sappiamo: Reddito di esercizio= ricavi – costi
Che sono notoriamente dei valori economici quindi si dovrà guardare a costi e ricavi del periodo, cioè, a
variazioni economiche, anche per quelli che sono cicli considerati non conclusi (non è avvenuto lo
scambio). Si abbandona così la logica del metro finanziario e si perde parte dell’oggettività. Tuttavia, è
necessario dare un’informazione parzialmente soggettiva, motivo per il quale esistono delle leggi a
riguardo. L’obiettivo della nostra rilevazione è cambiato, si guarda ad un principio di competenza economica
e non più ad un principio finanziario.
10. Quali sono la funzione delle rilevazioni di epilogo? (La rilevazione di tutti i costi e ricavi, (esempio:
chiusura in avere e si riportano in dare o viceversa, la funzione è quella di rilevare l’utile)
Si chiamano scritture di chiusura o di epilogo. Tutti i conti utilizzati devono essere epilogati in due conti di
sintesi: lo STATO PATRIMONIALE ed il CONTO ECONOMICO. Sono i conti più sintetici perché accolgono al
loro interno tutte le informazioni sui conti utilizzati durante l’esercizio. Per comprendere in quale dei due
conti di sintesi il conto in esame deve essere epilogato, si deve prima di tutto capire cosa questi
rappresentano: - Conto economico, saldo RISULTATO DI ESERCIZIO; - Stato patrimoniale, saldo CAPITALE DI
FUNZIONAMENTO. Prima vado ad epilogare tutti i conti che dovranno essere posti al conto economico:
ricavi e costi di competenza. Successivamente vado ad epilogare tutti i conti allo stato patrimoniale: tutto
ciò che non è un costo od un ricavo di competenza (costi o ricavi pluriennali, crediti, debiti, costi o ricavi
non di competenza, variazioni di capitale).
Un’altra differenza è data dal fatto che nel conto economico vengono posti tutti i conti senza ripresa di
saldo cioè, che non saranno soggetti a riapertura. Nello stato patrimoniale, invece, verranno posti tutti i
conti con ripresa di saldo che saranno quindi soggetti a riapertura. Il saldo del conto economico sarà un
UTILE, ovvero, un eccesso di ricavi oppure una PERDITA, ovvero, un eccesso di costi. Entrambi non sono
altro che variazioni di ricchezza prodotta o distrutta che influisce sulla ricchezza a disposizione dell’azienda.
Sì epilogano sia allo stato patrimoniale che così si chiude che al conto economico, questo perché è il
collegamento tra capitale e reddito.
A fine esercizio può verificarsi il caso in cui, a fronte dell’acquisto di merci o di servizi già consegnati o
effettuati, di cui, quindi, è avvenuta la manifestazione economica, la fattura non sia ancora giunta in
azienda, cioè, non è avvenuta la manifestazione finanziaria. In questo caso, i costi o i ricavi vengono rilevati,
perché legati a cicli già conclusi. Sorge allora l’esigenza di utilizzare il conto fatture da ricevere per
rispondere alla necessità di inserire in contabilità il presunto costo di acquisto dei beni/servizi goduti ma
non ancora fatturati. A fine esercizio può verificarsi il caso opposto: a fronte della vendita di beni già usciti
dal magazzino, la fattura non è ancora stata emessa Può sorgere l’esigenza di utilizzare il conto fatture da
emettere per rispondere alla necessità di inserire in contabilità il presunto ricavo di vendita dei beni/servizi
goduti ma non ancora fatturati. Si può avere una stima corretta o una stima errata. Nel secondo caso
avremo il sopraggiungere di un costo o di un ricavo straordinario.
L'ammortamento è il procedimento tecnico contabile attraverso il quale avviene la ripartizione del costo di
un fattore produttivo a lungo ciclo di utilizzo tra gli esercizi in cui esplica la sua utilità. Esso riguarda tutte le
immobilizzazioni materiali e immateriali salvo quelle a vita illimitata (terreni), ed inizia nel momento in cui
l’immobilizzazione è disponibile per l’uso
Da un punto di vista contabile le rilevazioni relative all’ammortamento servono a trasferire una quota dai
conti accesi ai costi pluriennali, imputandola al reddito dell’esercizio. Attraverso un procedimento: DIRETTO
in cui si accredita il conto acceso al costo pluriennale, contro addebitamento del costo da imputare al
reddito. INDIRETTO in cui si accredita apposito conto di rettifica, Fondo di ammortamento lasciando il costo
pluriennale per il suo valore originario (costo storico). Pertanto il valore del cespite da ammortizzare
rimarrà immutato nel tempo mentre il fondo vede accrescere il suo valore per effetto delle quote che
annualmente sono riportate
15. Cosa sono e come si valutano le partecipazioni e i titoli iscritti nell’attivo circolante?
Le partecipazioni sono rappresentate da azioni ma queste non si rilevano in bilancio come azioni bensì
come partecipazioni. Le quote possedute si classificano come azioni o come partecipazioni a seconda
dell'intento, dello scopo, di chi acquisisce le stesse. Se lo scopo è quello di permanere nelle altre imprese
per lungo periodo (scopo strategico) si classificheranno come partecipazioni, mentre se lo scopo è solo
speculativo, cioè di acquisire delle azioni per poi rivenderle appena il prezzo sia salito, si classificheranno in
bilancio come azioni. La classificazioni dunque come partecipazioni o come azioni dipende dallo scopo di
che le detiene.
I titoli e le partecipazioni si trovano nell'attivo dello stato patrimoniale: nel bilancio della società che le ha
emesse saranno nel passivo. Nel mio risulteranno nell'attivo (c III ma anche B III)
• I titoli sono delle obbligazioni, quest'ultimi sono titoli di debito. Chi sottoscrive queste quote parte
di debito, avrà diritto alla restituzione del capitale alla scadenza più gli interessi.
Per titoli si intendono titoli obbligazionari, sia pubblici che privati.
• Partecipazioni sono quota parte di un capitale di società. Non daranno diritto a restituzione di
capitale.
Se si ha una partecipazione qualificata, una società controllata, si presume sia una immobilizzazione.
Posso però inserirle nell'attivo circolate ma devo darne indicazione nella nota integrativa.
Quindi posso andare, titoli e partecipazioni, sia nelle immobilizzazioni (se dismesse ulteriore e
superiore all'anno) che nell'attivo circolare (se dismesse ulteriore e inferiore all'anno)
Per i titoli scritti nell'attivo circolare, valgono le stesse norme che abbiamo per le rimanenze (art. 2426
punto 9)
Io iscrivo per la prima volta il titolo in base al costo e nel costo di acquisto rientrano gli oneri accessori.
Avremo titoli in dare e partecipazione in banca in avere.
A fine anno considero il valore di mercato e scelgo il minore.
Il valore di mercato di un titolo come lo determino? Attraverso mercati secondari o similari o quotati in
borsa. Quindi, si sceglie il mal minore tra costo di acquisto e valore di mercato.
Se sono titoli non quotati si fa riferimento a quotazioni similari
I titoli iscritti nell'attivo circolante, si valutano al costo di acquisto ovvero al valore di mercato se minore.
Come nelle rimanenze anche i titoli sono beni fungibili e quindi il costo di acquisto lo calcolo con le tecniche
RIFO LIFO e costo medio ponderato.
Se io vendo un titolo per 110 quando l'ho acquistato per 100 ho plusvalenza, quindi è un utile su titoli.
Nel conto economico lo metto in C16
Se è perdita su titoli C17
16. Cosa sono e come si valutano le partecipazioni e i titoli iscritti nelle immobilizzazioni? (Partecipazioni
al costo di acquisito, o se sono controllate in base al patrimonio netto)
Le partecipazioni sono rappresentate da azioni ma queste non si rilevano in bilancio come azioni bensì
come partecipazioni. Le quote possedute si classificano come azioni o come partecipazioni a seconda
dell'intento, dello scopo, di chi acquisisce le stesse. Se lo scopo è quello di permanere nelle altre imprese
per lungo periodo (scopo strategico) si classificheranno come partecipazioni, mentre se lo scopo è solo
speculativo, cioè di acquisire delle azioni per poi rivenderle appena il prezzo sia salito, si classificheranno in
bilancio come azioni. La classificazioni dunque come partecipazioni o come azioni dipende dallo scopo di
che le detiene.
Le partecipazioni iscritte per la prima volta in base al costo, e costituiscono partecipazioni qualificate,
possono valutarli in base al Patrimonio Netto.
Il maggior valore del primo anno, se imputabile ad ampliamento può essere portato tra le immobilizzazione
immateriali e quindi può essere ammortizzato, nel caso non è oggetto ad ammortamento va portato conto
economico.
Se decido di valutarlo in base al patrimonio netto, ogni anno dovrò calcolare il patrimonio netto della
società e calcolare la quota parte. Normalmente il patrimonio netto aumenta se ci sono utili. Se c'è un
incremento io devo compiere delle rivalutazioni, quindi aumento la partecipazione in dare e in avere rilevo
l'aumento del patrimonio.
Se si svaluta, se ho la riserva la porto alla riduzione della riserva altrimenti in conto economico. (Principio
prudenza)
I TITOLI iscritti nelle immobilizzazioni si valutano in base al costo ammortizzato
I titoli è come se fossero crediti.
I titoli prima si rilevano al costo di acquisto. I titoli hanno valore nominale che coincide allora il finale.
Questo posso averlo pagato al di sotto o al di sopra del valore nominale.
Se l'ho pagata al di sotto, oltre a guadagnarci sugli interessi, guadagnerei anche sulla differenza.
Il valore nominale è anche il valore su cui si calcolano i valori di interesse, questo fa sì che ci guadagnino
sulla differenza.
Nella vecchia normativa io portavo il costo di acquisto e poi quando veniva rimborsato, quel valore in più
era un utile dell'anno in cui mi veniva rimborsato il prestito.
Secondo la normativa internazionale si calcola il tasso di interesse effettivo, che si calcola con una formula
matematica in cui si considerano i flussi di cassa in entrata e in uscita.
17. Qual è la funzione del fondo rischi e oneri futuri e in quale macro-classe del bilancio sono allocati?
La funzione del fondo rischi e oneri futuri principale è quella di costituire delle riserve finanziarie per far
fronte a eventuali rischi o oneri futuri di natura incerta o contingente. In altre parole, il fondo rischi e oneri
futuri serve a coprire eventuali perdite o impegni che potrebbero verificarsi nel corso del tempo, ma che al
momento della compilazione del bilancio non possono essere quantificati con certezza.
Inoltre, costituendo un fondo rischi, un'organizzazione cerca di preservare il proprio capitale, assicurandosi
che ci siano risorse finanziarie disponibili nel caso in cui si verifichino eventi imprevisti che potrebbero
influire negativamente sulla sua situazione finanziaria.
Infine, la presenza di un fondo rischi può aumentare la credibilità dell'organizzazione agli occhi degli
stakeholder, inclusi investitori, creditori, clienti e autorità di regolamentazione. Dimostra una gestione
finanziaria prudente e responsabile.
Nel contesto del bilancio e delle voci contabili, il fondo rischi e oneri futuri è comunemente classificato
nella macroclasse C II (-).
18. Cosa sono i prestiti obbligazionari? E dove figurano in bilancio?
20. Cosa sono le immobilizzazioni immateriali? E quali sono le poste di bilancio in cui si collocano? (Oneri
pluriennali, brevetto)
Le immobilizzazioni immateriali sono attività aziendali che hanno una natura non fisica e non possono
essere toccate o percepite fisicamente. Questi asset rappresentano diritti o vantaggi di lunga durata che
sono privi di sostanza fisica. Alcuni esempi di immobilizzazioni immateriali includono:
1. Brevetti: Diritti legali che conferiscono all'azienda l'esclusività nell'uso di un'invenzione o processo
innovativo.
2. Marchi e marchi registrati: Segni distintivi che identificano i prodotti o servizi dell'azienda.
3. Diritti d'autore: Protezione legale per opere artistiche, letterarie o scientifiche.
4. Software: Costi sostenuti per l'acquisizione o lo sviluppo di software.
5. Fondi commerciali e avviamento: Valore associato alla reputazione, clientela, ubicazione e altri
elementi che contribuiscono al successo dell'azienda.
In merito alle poste di bilancio, le immobilizzazioni immateriali sono generalmente collocate nella
macroclasse delle "immobilizzazioni" all'interno del bilancio aziendale. Nello specifico, le voci di bilancio in
cui si collocano le immobilizzazioni immateriali possono includere:
1. Oneri Pluriennali: Questa voce di bilancio può includere costi pluriennali sostenuti per l'acquisizione
o lo sviluppo di attività immateriali, come software o diritti d'autore. Gli oneri pluriennali sono spese
che si distribuiscono su più esercizi contabili.
2. Brevetti: La voce "Brevetti" rappresenta il valore dei diritti legali conferiti all'azienda per l'uso
esclusivo di un'invenzione.
3. Altre Immobilizzazioni Immateriali: Questa voce può includere altre categorie di immobilizzazioni
immateriali non specificate sopra, come marchi, diritti d'autore, software, ecc.
Le immobilizzazioni immateriali sono registrate sul lato dell'attivo del bilancio e rappresentano risorse di
lungo termine per l'azienda. La valutazione e l'eventuale ammortizzazione di queste attività sono
importanti per riflettere in modo accurato il loro valore economico nel corso del tempo.
Le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto, si computano
anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto.
Ma, Quando si applica uno o l’altro? La scelta è vincolata? L’immobilizzazione entra a far parte dei beni
strumentali dell’azienda attraverso due modalità: - Con l’acquisto del bene che sarà correlato di fattura; -
Mediante costruzione interna (costruzione in economia). Nel primo caso riporto il costo di acquisto e nel
secondo caso il costo di produzione per la realizzazione interna. Quindi la scelta del criterio da adoperare
dipende da COME è entrata l’immobilizzazione. Come già detto, nel costo di acquisto si considerano i costi
accessori, bisogna quindi guardare i principi contabili che indicano tutto l’elenco di costi considerati
accessori e computati nel costo di acquisto. Nel costo di produzione invece bisogna considerare tutti i costi
direttamente imputabili al prodotto, tutti i costi che sono collegati DIRETTAMENTE (e non lontanamente)
all’immobilizzazione. Ciò per evitare di sovrastimare ciò che ho costruito internamente, e portare quindi nel
capitale netto di funzionamento valori che in realtà considerano costi non legati l’attrezzatura prodotta. La
relazione diretta deve essere giustificata in nota integrativa. Il costo delle immobilizzazioni materiali e
immateriali la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni
esercizio. L’immobilizzazione che in data di chiusura risulta a valore nettamente inferiore rispetto al costo di
acquisto o di produzione deve essere iscritta a tale minor valore. Ciò non può essere mantenuto nei
successivi bilanci se sono venuti meno i motivi di rettifica effettuata. Il costo infatti riportato in bilancio va
confrontato col valore durevole del bene che se è inferiore deve essere scelto rispetto a quello più alto del
costo, ciò sempre per PRUDENZA di non voler sovrastimare e presentare i bene a terzi per un valore che è
più alto di quello reale. Il calcolo del valore durevole è dato dai principi contabili: viene confrontato il prezzo
di vendita del bene attuale sul mercato con il valore recuperabile dall’utilizzo futuro del bene (stime dei
ricavi futuri dall’utilizzo del bene). Il valore durevole va confrontato quindi con il costo. Ma è difficile dire
quali sono i flussi/ risultati che potrei avere in futuro dall’utilizzo dell’immobilizzazione. Allora spesso nella
prassi viene utilizzato solo il prezzo del mercato come valore durevole anche se i valore durevole non è
semplicemente il prezzo di mercato
22. Cosa si intende per costo di acquisto e di produzione relativamente alle immobilizzazioni?
Le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto, si computano
anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto.
Ma, Quando si applica uno o l’altro? La scelta è vincolata? L’immobilizzazione entra a far parte dei beni
strumentali dell’azienda attraverso due modalità: - Con l’acquisto del bene che sarà correlato di fattura; -
Mediante costruzione interna (costruzione in economia). Nel primo caso riporto il costo di acquisto e nel
secondo caso il costo di produzione per la realizzazione interna. Quindi la scelta del criterio da adoperare
dipende da COME è entrata l’immobilizzazione. Come già detto, nel costo di acquisto si considerano i costi
accessori, bisogna quindi guardare i principi contabili che indicano tutto l’elenco di costi considerati
accessori e computati nel costo di acquisto. Nel costo di produzione invece bisogna considerare tutti i costi
direttamente imputabili al prodotto, tutti i costi che sono collegati DIRETTAMENTE (e non lontanamente)
all’immobilizzazione. Ciò per evitare di sovrastimare ciò che ho costruito internamente, e portare quindi nel
capitale netto di funzionamento valori che in realtà considerano costi non legati l’attrezzatura prodotta. La
relazione diretta deve essere giustificata in nota integrativa.
I CREDITI figurano nelle immobilizzazioni finanziarie o nell'attivo circolante, a seconda che siano crediti
effettivamente di finanziamento o di funzionamento, perché quelli di funzionamento, anche se a lungo
termine, figureranno nell'attivo circolante. Vengono valutati con il "costo ammortizzato"; il credito viene
valutato non a valore nominale, ma al valore del credito ad oggi e poi verrà incrementato degli eventuali
interessi, che verranno spalmati durante tutta la durata del prestito. Al "costo ammortizzato" si valutano
solo i crediti a lungo termine, perché quelli a breve termine vengono valutati al loro valore nominale.
Inoltre, non sono obbligati all'utilizzo del costo ammortizzato particolari imprese: micro e piccole imprese. Il
Codice civile, all'art.2426 dice che: si valutano al costo ammortizzato tenendo conto del presunto valore di
realizzo, quindi la possibilità di riscossione futura dei crediti. Se il credito non è ancora giunto a scadenza, si
manterrà in contabilità al valore nominale o al costo ammortizzato, ma si effettuerà la svalutazione
costituendo un fondo svalutazione crediti, se si tratta di crediti di natura commerciale, perché non si può
avere una svalutazione crediti per i crediti di finanziamento.
Il CREDITO per la prima iscrizione si valuta al valore nominale, che è il valore di rimborso; successivamente
viene valutato in base al costo ammortizzato. Per il DEBITO, a differenza dei crediti, verrà mantenuto al
costo ammortizzato, non si compiono le svalutazioni. Per i crediti valeva il costo ammortizzato, poi svalutato
in base al presunto realizzo.
27. Cosa si intende e come si determina il costo di acquisto dei beni fungibili?
28. Che cosa sono le costruzioni interne? (Costruzioni interne sono anche patrimonializzazione dei costi)
Le costruzioni in economia sono un modo alternativo mediante il quale un’azienda può acquistare cespiti
ad utilità pluriennale. Se nel corso dell’esercizio in chiusura l’impresa ha sostenuto costi al fine di fabbricare
internamente dei beni strumentali non destinati alla vendita, bensì alla permanenza all’interno dell’azienda
stessa, questi vengono contabilizzati in sede di assestamento. Il motivo di ciò è che questi costi non sono
rilevati in contabilità generale. Questa rileva infatti dolo manifestazioni dovute ai rapporti che l’azienda
intrattiene con i terzi e soprattutto, rileva manifestazioni di natura finanziaria. Nel caso della costruzione
interna del cespite, vengono a mancare entrambe. Contabilmente ce ne occuperemo quando il bene sarà
completato e sarà in grado di restituire utilità. Tuttavia, è necessario dare giustificazione ai terzi
dell’esistenza di questo bene. Andremo a contabilizzare un costo pluriennale perché in azienda è presente
un bene a fecondità ripetuta che ha prodotto dei costi che fino a quel momento non erano stati rilevati. Per
il principio di competenza i costi in esame non sono di competenza perché non sono legati a ricavi di
competenza. Quindi, quando parliamo di costruzioni in economia sono due le cose rilevanti: 1) Il momento
in cui la costruzione viene ultimata; 2) Come distribuire la competenza dei costi, a tale proposito esistono
due casi: a) Il completamento della costruzione si verifica nel corso dell’esercizio in chiusura; b) Il
completamento della costruzione si verifica a cavallo tra due esercizi. Al completamento della costruzione
deve avvenire la capitalizzazione dei costi sostenuti, cioè, si devono trasformare in costi pluriennali. Si tratta
semplicemente di uno storno di costo. Nel caso a) vi sarà solo la capitalizzazione dei costi sostenuti, nel
caso b) invece, si dovrà fare prima l’assestamento e poi, al completamento, la capitalizzazione dei costi
sostenuti. In partita doppia avremo: ASPETTO ORIGINARIO -Costo perché viene trasferito ai futuri esercizi;
ASPETTO DERIVATO +Costo pluriennale a seguito del completamento nel corso dell’esercizio in chiusura;
+Costo sospeso se non viene completo nell’esercizio in chiusura. Quando effettuiamo queste scritture, si
può operare in modo diretto o in modo indiretto. Nel secondo caso, si parla di storno indistinto, cioè, si
utilizza un solo conto nuovo per rettificare tutti i costi.