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L’analisi dei bilanci

aziendali
Giorgio Caprioli
Presentazione

Il presente quaderno è una riedizione di un analogo strumento,


pubblicato nel 1986, con tutti gli aggiornamenti resisi necessari
alla luce delle modifiche legislative e interpretative intervenute nel
frattempo.
In particolare la presentazione dei bilanci (parte prima) è frutto di
un riadattamento didattico finalizzato a rendere comprensibile a
tutti una materia riservata agli “addetti ai lavori”.
Gli scemi di riclassificazione (parte seconda) sono stati costruiti
con attenzione sia al rigore metodologico, sia alla possibilità di
facile comprensione e di rapido utilizzo.
Gli indici (parte terza), riordinati in sei gruppi, sono stati scelti con
attenzione all’essenzialità, alla coerenza col percorso di analisi
proposto e a un accettabile grado di ricchezza analitica.
Gli schemi di interpretazione rapida (parte quarta) hanno grande
utilità per la sinteticità con cui riescono ad assumere i più
significativi spunti analitici.
Parte prima
Presentazione dei bilanci

1.1 . Perché l’analisi dei bilanci

L’utilizzo dell’analisi dei bilanci nelle fasi di impostazione della


contrattazione può dare significativi contributi a capire quali sono
i principali problemi che un’azienda deve affrontare.
Le obiezioni che in genere vengono mosse all’utilizzo di questo
tipo di strumento sono di due tipi:
- anzitutto che l’avventurarsi su questo terreno rischia di
invischiare il sindacato nelle stesse logiche dell’impresa,
limitandone l’autonomia contrattuale;
- in secondo luogo, che i bilanci sono di per sé documenti poco
attendibili (se non falsi del tutto), e che perciò usarli
nell’impostare la contrattazione può far prendere grossi
abbagli.
Alla prima obiezione si può rispondere che “conoscere” non vuol
dire accettare le logiche e i valori della fonte da cui la conoscenza
proviene, ma soprattutto che, visti i profondi cambiamenti in atto
nelle imprese, è piuttosto l’ignoranza a minacciare l’autonomia
contrattuale del sindacato.
Rispetto alla seconda obiezione, può essere accolta come invito
alla prudenza, precisando però che, nella grande maggioranza dei
casi, ciò che va capito prima di tutto di un bilancio non è se sia
vero o falso, ma con quali criteri è stato scritto. L’azienda può
infatti scrivere il bilancio in molti modi diversi. Tutti veri perché
corrispondenti a una corretta documentazione contabile; ma.
appunto, diversi tra loro perché scritti con criteri diversi.
Certamente per un’analisi chiara dei problemi di un’azienda, le
informazioni ottenibili dai bilanci sono insufficienti. Possiamo
dire, anche se in via molto approssimativa, che queste
informazioni sono quasi complete per quanto riguarda gli aspetti
finanziari della gestione dell’impresa. Sono invece da integrare al
50% per quanto riguarda i problemi economico-produttivi, con
informazioni sull’organizzazione del lavoro, lo stato degli
impianti, la struttura produttiva, i magazzini, ecc. E sono da
integrare ancora di più per quanto riguarda i problemi
commerciali, con informazioni sulla rete di vendita, la pubblicità, i
mercati, i clienti ecc.
Non c’è quindi nell’uso che proponiamo della lettura dei bilanci,
alcuna illusione o sopravvalutazione dello strumento. Crediamo
però che esso possa essere il primo passo da compiere nella
direzione di un’analisi sindacale dell’impresa, sia perché la fonte
di informazione è facilmente reperibile (tutte le società di capitale
sono obbligate per legge a depositare il loro bilancio in tribunale, e
qualsiasi cittadino può chiedere di vederlo e fotocopiarlo), sia
perché, come vedremo, una lettura corretta dei bilanci, più che
dare risposte o soluzioni a problemi di analisi, aiuta a porsi
domande selezionate e mirate sull’impresa: infatti il risultato di
una buona analisi di bilancio è l’indicazione di ulteriori piste di
ricerca (da percorrere con altri strumenti) insieme a un buon
chiarimento sulla situazione finanziaria sull’impresa.
Concludiamo affermando che il ricorso a questo strumento non
deve essere deciso solo in situazioni di emergenza, di fronte cioè a
crisi aziendali, quando è spesso troppo tardi per scelte di
risanamento non traumatiche. Dovrebbe diventare invece
un’intelligente abitudine, che ogni anno ci permette di aggiornare
le nostre analisi e potrebbe aiutarci a prevenire le crisi,
prevedendole in anticipo, o ad approfittare meglio di andamenti
positivi delle imprese.

1.2 – Definizione di bilancio

Possiamo definire sinteticamente il bilancio aziendale un


documento in cui l’azienda analizza, con certi strumenti e certi in
criteri, la propria vita nell’anno cui il bilancio si riferisce.
Il bilancio è costituito da otto parti:
- lo Stato Patrimoniale è un documento in cui l’azienda
analizza gli impieghi (attivo) e le fonti (passivo),
generalmente il 31 dicembre di ogni anno;
- il Conto economico è il documento in cui l’azienda analizza i
costi e i ricavi registrati generalmente dal 1 gennaio al 31
dicembre di ogni anno;
- la Nota integrativa illustra in modo dettagliato gli schemi di
bilancio e i criteri di valutazione della singole voci (per
questo documento è previsto uno schema fisso rappresentato
da 18 voci obbligatorie);
- la Relazione sulla gestione è un fedele resoconto
sull’andamento degli affari e della situazione della società nel
suo complesso, con particolare riguardo a costi, ricavi e
investimenti;
- gli allegati relativi a Società controllate e collegate devono
indicare, per ogni società, la percentuale di capitale
posseduta, l’andamento patrimoniale ed economico e tutti i
costi che permettono la comprensione della partecipazione;
- la Relazione del collegio sindacale attesta la regolarità della
tenuta della contabilità di bilancio;
- la Relazione dei certificatori: se la società è quotata in Borsa,
45 giorni prima del CdA che delibera sul bilancio, ha
l’obbligo di certificarlo con una Società speciaalizzata in
revisione;
- il Bilancio consolidato secondo gli schemi previsti dalla
legge compone un bilancio unico (consolidato) che mette
insieme il bilancio della Società in questione con quelli di
tutte le società controllate e collegate.
Noi concentreremo la nostra attenzione sullo Stato Patrimoniale e
il Conto Economico, che sono dei veri e propri “conti” compilati
con criteri che vedremo più avanti. Ma una lettura della Nota
integrativa dà sicuramente informazioni utili, perché è una
preziosa fonte di informazioni, che integrano e completano quelle
fornite dalle cifre delle prime due parti.

1.3 – Concetti base

Prima di esaminare più nel merito le prime due parti del bilancio è
utile chiarire alcuni concetti astratti di base, utile a comprendere
alcuni criteri di stesura del bilancio stesso.

1.3.1- Il primo di questi concetti è la differenza tra flusso e stock.


Definiamo stock quelle quantità che possono essere misurate in
modo preciso in un dato istante di tempo attraverso, per così dire,
una fotografia dell’esistente.
Definiamo flussi quelle quantità che possono essere misurate solo
in un arco di tempo; per le quali, quindi, non è sufficiente una
fotografia, ma occorre (per rimanere alla metafora precedente) un
filmato.
Prendiamo un esempio nel campo della fisica: la vasca d’acqua
con uno scarico da cui esce l’acqua e un rubinetto da cui l’acqua
entra. La quantità d’acqua contenuta nella vasca è misurabile in
ogni istante “fotografandone” il livello. E’ dunque uno stock.
L’acqua che esce dallo scarico e quella che entra dal rubinetto
possono essere misurate solo facendo riferimento a una certa unità
di misura temporale (tanti litri al secondo, al minuto, all’ora, ecc.).
E’ dunque un flusso.
In campo economico la proprietà di una casa o i soldi in banca
sono stock (con valori misurabili in ogni istante); il salario invece
è un flusso (“guadagno tanto al mese”).

1.3.2- Il secondo di questi concetti riguarda la differenza tra


reddito e patrimonio.
Il patrimonio è una certa quantità di ricchezza posseduta, una
tipica grandezza di stock.
Il reddito è una certa quantità di ricchezza una persona o
un’azienda ottiene in un determinato arco di tempo: una tipica
grandezza di flusso.

1.3.3- Un terzo concetto riguarda la differenza tra costo, debito e


pagamento e, simmetricamente, tra ricavo, credito e incasso.
Quando un’azienda vende una certa partita di merce emette
fattura, ma quasi mai viene pagata nello stesso giorno
dell’emissione della fattura. Il pagamento avverrà tra due, tre, sei
mesi, a seconda degli accordi presi. Nel momento in cui emette
fattura l’azienda segna nella sua contabilità un ricavo, ma anche
un credito verso il cliente. Quando avverrà il pagamento una
nuova operazione contabile cancellerà il credito e segnerà un
variazione positiva di cassa.
Possiamo fare un ragionamento speculare a questo per quanto
riguarda operazioni d’acquisto, usando i concetti di costo, debito e
pagamento.
Visualizziamo quanto esposto nello schema seguente.

Emissione fattura Lasso di tempo Incasso-pagamento

Ricavo e credito Variazione positiva


di cassa e cancella-
zione credito
Costo e debito Variazione negativa
di cassa e cancella-
zione debito
Preme sottolineare che i riferimenti della contabilità aziendale
sono diversi da quelli della contabilità familiare. Nella seconda
quasi sempre i ricavi coincidono con gli incassi e i costi con i
pagamenti. Sulla scorta di questa esperienza noi siamo portati a
ragionare in termini di movimento di denaro liquido. Nelle
aziende invece ciò che fa testo non sono i movimenti di moneta,
ma le date della fatturazione. Sarà utile tener presente questa
differenza per orientarsi nella lettura dei bilanci.
I costi e i ricavi sono flussi, i crediti e i debiti stock, gli incassi e i
pagamenti variazioni positive e negative del denaro in cassa
(ancora stock).
Nel bilancio aziendale vengono registrate nello Stato Patrimoniale
le grandezze di stock (patrimoni) e nel Conto Economico quelle di
flusso (redditi).
Stock Flusso
Patrimonio Reddito
Credito o debito Ricavo o costo

Stato Patrimoniale Conto Economico

1.4 – Lo stato Patrimoniale

Come abbiamo detto nello Stato Patrimoniale sono segnate tutte le


voci di stock, cioè i patrimoni positivi (macchinari, crediti,
magazzino, contante) e negativi (debiti dell’azienda verso i
proprietari o terzi). Esso è paragonabile a una fotografia scattata
all’azienda il 31 dicembre di ogni anno.
Lo Stato Patrimoniale si divide in due parti: l’attivo e il passivo.
Per meglio capire però il criterio con cui viene scritta questa parte
del bilancio, non è utile interpretare alla lettera queste due parole.
E’ molto più interessante questa definizione: nel passivo l’azienda
segna le fonti da cui ha reperito le risorse finanziarie necessarie
alla sua attività; nell’attivo gli impieghi cui queste risorse sono
destinate.
Il rapporto tra attivo e passivo può essere così visualizzato:
Attivo Passivo

Modi di Fonti di
Impiego finanzia-
Mento

Da quanto abbiamo detto fino ad ora risulta chiaro perché i bilanci


sono sempre in pareggio: se il passivo ci dice da dove vengono i
soldi e l’attivo dove vengono impiegati, trattandosi sempre dello
stesso denaro, i due totali saranno uguali.

1.4.1- Il passivo ci dice quindi da dove l’azienda ha ottenuto i


finanziamenti alla propria attività. Esso si può dividere a sua volta
in due parti:
- il capitale proprio che sono i finanziamenti conferiti
all’azienda dai suoi proprietari o le quote di utile che
l’azienda non ha distribuito ai proprietari, ma ha tenuto al suo
interno per autofinanziarsi;
- il capitale di terzi che sono i finanziamenti ottenuti da altri
o, se si preferisce, i debiti dell’azienda.
Il capitale di terzi si divide a sua volta in due parti:
- i debiti a lungo termine, che sono quelli da risarcire in un
arco di tempo superiore a un anno (ad esempio i mutui);
- i debiti e breve termine, che sono quelli da risarcire entro
l’anno, salvo proroghe o rinnovi concessi dai creditori.
Il capitale proprio è quello più strettamente legato all’azienda (in
quanto conferito dai proprietari o dai risultati positivi degli anni
trascorsi) e quello più esposto a rischi (in quanto eventuali perdite
lo intaccano direttamente). E’ quindi quello che, almeno nel
medio-lungo periodo va più remunerato.
Il capitale di terzi è presente in azienda per un certo numero di
anni (debiti a lungo termine) o solo per alcuni mesi (debiti a breve
termine). L’azienda sa di doverlo rimpiazzare, in tempi più o
meno lunghi, o con pagamenti (estinzione del debito) o con altri
debiti; e tende a remunerarlo il meno possibile.

PASSIVO

Finanziamento dei
CAPITALE proprietari o
PROPRIO autofinanziamento

Fonti di
finanziamento

CAPITALE Finanziamento
DI TERZI di terzi

1.4.2- L’attivo ci dice invece come l’azienda ha impiegato i


finanziamenti, la cui fonte è indicata dal passivo.
Anche l’attivo si divide in due parti:
- le attività fisse che sono quelle che l’azienda non può
riconvertire in denaro, pena la cessazione oppure un drastico
ridimensionamento della propria attività (macchinari,
capannoni. immobili, investimenti finanziari, ecc.)
- le attività correnti che sono quelle che vengono
periodicamente riconvertite in denaro ed è bene ordinare a
seconda della liquidità, ossia della facilità di conversione in
denaro liquido (magazzino, crediti, banche attive, cassa).

ATTIVO

Non riconvertibili
in denaro

MODI DI
IMPIEGO

Da riconvertire
periodicamente
in denaro

1.4.3- Per ottenere la “forma” che abbiamo appena illustrato di Passivo e


Attivo occorre operare una riclassificazione dello Stato Patrimoniale, cioè
tradurre la forma con cui è depositato in tribunale in una forma più
facilmente interpretabile. Esporremo meglio l’operazione nella seconda
parte. Peraltro oggi, con i programmi informatici che abbiamo a
disposizione, l’operazione avviene in modo automatico ed è pure facilitata
dal fatto che le normative di legge per scrivere un bilancio sono molto più
vincolanti di un tempo e obbligano al rispetto di uno schema che si
avvicina molto a quello del bilancio riclassificato.
Basterà dunque ricopiare le voci del bilancio “grezzo” nell’apposito
programma già predisposto e otterremo senza fatica il nostro bilancio
riclassificato.
Esso si può riassumere nello schema che segue.
ATTIVO PASSIVO

Capitale
di terzi

1.4.4- Per cominciare a ragionare sui collegamenti tra informazioni


contenute nello Stato Patrimoniale e i problemi e le scelte dell’impresa
possiamo provare a guardare il nostro schema da due punti di vista diversi.
A . A partire dall’attivo
Il valore totale dell’attivo (che viene chiamato Capitale investito) è
determinato dalle caratteristiche tecnologiche, produttive, organizzative e
commerciali dell’azienda e, prima di tutto, dalla sua appartenenza a un
determinato comparto produttivo. Ad esempio per operare nel settore
dell’abbigliamento il valore da investire in impianti (attività fisse) è
inferiore a quello necessario nel settore siderurgico. Per vendere in modo
soddisfacente automobili (in termini di rapidità di consegna al cliente,
ampiezza della gamma di modelli disponibili, ecc.) il valore del prodotto
finito da tenere in magazzino sarà superiore a quello di un’azienda che
produce software informatico.
Ma anche all’interno dello stesso comparto produttivo, a seconda
dell’efficienza della propria organizzazione interna e del proprio peso sul
mercato, aziende diverse avranno bisogno di diversi valori di capitale
investito. A partire da questo valore il problema da porsi sarà: dove e
come reperire le fonti di finanziamento per questi impieghi?
Guardando il problema da questo punto di vista i debiti (registrati nel
passivo) non sono di per sé eventi negativi, ma il modo con cui l’azienda
ha risposto al problema di finanziarsi,

ATTIVO PASSIVO

Caratteristiche Dove e come


Tecnologiche reperire le
Produttive fonti di finan-
Organizzative ziamento?
commerciali

B. A partire dal passivo


Se guardiamo lo Stato Patrimoniale a partire dal passivo il problema
cambia. Nel passivo si trovano infatti registrati una serie di debiti, in
scadenza più o meno ravvicinata, che, prima o poi dovranno essere pagati.
Il problema sarà allora: quando scadranno i debiti sarò in grado di
pagarli con denaro di cassa o convertendo in denaro parte delle attività
correnti?
ATTIVO PASSIVO
Ho denaro
liquido per
pagare o Politica di
posso pro- finanziamento
curarmelo
liquidando
parte delle
attività
correnti? Posso sostituire
debiti in scadenza
Sì No con altri debiti?
1.5 – Il Conto economico

Come abbiamo detto in precedenza, nel Conto Economico


vengono registrati dall’azienda i propri redditi positivi (ricavi) e
negativi (costi). Esso è paragonabile a un filmato che parte il 1
gennaio e termina il 31 dicembre di ogni anno.

1.5.1- Per quanto riguarda i ricavi, è utile una distinzione tra


ricavi propri, che derivano all’azienda dallo svolgimento della
propria funzione produttiva originale, e sono formati in gran parte
dalle vendite (fatturato) dei beni e servizi che l’azienda produce, e
ricavi impropri, che sono entrate che l’azienda può ottenere
svolgendo attività non direttamente collegate alla propria attività
produttiva (ad esempio la compravendita di immobili o titoli).

1.5.2- Per quanto riguarda i costi e opportuna una distinzione tra


costi propri e impropri, che corrisponde a quella fatta per i
ricavi. All’interno dei costi propri va operata un’altra distinzione
tra costi esterni, che sono quelli che l’azienda sostiene per
acquistare sul mercato beni e servizi necessari alla propria attività
(ad esempio materie prime, energia, pubblicità, ecc.) e i costi
interni, che sono quelli invece sostenuti per remunerare i fattori
della produzione operanti dentro l’azienda (costo del lavoro,
ammortamento macchinari, capitale proprio e di terzi).

1.5.3- Anche il Conto economico ha bisogno di essere


riclassificato. Valgono anche per lui le osservazioni già fatte per lo
Stato Patrimoniale. Lo scopo della riclassificazione è ottenere uno
schema scalare a blocchi in cui siano distinguibili:
- il fatturato
- il valore prodotto
- il valore aggiunto
- il margine operativo lordo
- il risultato operativo caratteristico
- il risultato della gestione straordinaria
- il risultato operativo
- il risultato lordo
- il risultato netto
Come vedremo lo schema adottato evidenzia, in successione,
tutti questi parziali, che hanno ciascuno un significato preciso, che
aiuta una corretta interpretazione.
Parte seconda
Riclassificazione dei bilanci

2.1 – Far “quadrare”

Abbiamo già illustrato i motivi per cui è necessario riclassificare i


bilanci. Illustreremo ora l’operazione dettagliatamente. Si tratta di
ricollocare ogni voce (con relativa cifra) del bilancio grezzo nella
voce corrispondente dello schema di riclassificazione.
Disponiamo di un programma che fa questo lavoro in modo
automatico. Il programma si chiama “classificator 3.2” :basta
trascrivere il bilancio grezzo nella sezione “dati” del programma e
si ottiene in automatico il bilancio riclassificato (sezione
“riclassificato”).
Come dicevamo le difficoltà della trasformazione sono state molto
diminuite dal fatto che le nuove leggi impongono l’adozione di
voci e schemi molto vicini a quelli adottati nel bilancio
riclassificato. Comunque evidenziamo il percorso mentale che
occorre seguire per fare una corretta riclassificazione.

Voce di bilancio grezzo

Corrisponde a una voce dello


schema di riclassificazione?
No Sì

Ci sono nello schema di Segno (o digito) il valore


riclassificazione voci della voce nello schema di
di significato analogo? Riclassificazione

No Sì

Che natura ha la voce?


Se stiamo riclassificando lo Stato Patrimoniale, bisogna stabilire
anzitutto se la voce sta in attivo o in passivo; poi in quali parti
dell’attivo (attività fisse o correnti) o del passivo (capitale proprio,
passività a lungo o a breve) si può collocare, infine a quale voce
del riclassificato è riferibile.
Se stiamo riclassificando il Conto Economico bisogna stabilire se
è un ricavo (in questo caso andrà riclassificata con il segno”+”) o
un costo (in questo caso andrà riclassificata con il segno “-“); poi
bisognerà interrogarsi sulla natura del ricavo o del costo (proprio o
improprio, esterno o interno).
Si passa a questo punto al controllo della “quadratura”, che serve a
controllare la correttezza matematica dell’operazione.
Nello Stato Patrimoniale riclassificato il totale dell’attivo deve
essere uguale al totale del passivo.
Nel Conto Economico il risultato netto del riclassificato deve
essere uguale a quello del bilancio grezzo.
Illustriamo ora, voce per voce, i nostri scemi di riclassificazione.

2.2 – Lo Stato Patrimoniale

Attivo
A – Immobilizzi tecnici lordi
Si tratta di impieghi sia materiali (terreni e fabbricati, voce 1;
impianti e macchinari, voce 2; mobili e macchine varie, voce 3)
che immateriali (brevetti, avviamenti, marchi, voce 4; costi
pluriennali, voce5; spese di ricerca, voce 6; varie, voce 7), che una
volta acquisiti l’azienda utilizza per un certo numero di anni. Per
questo motivo essi sono soggetti ad ammortamento.
L’operazione di ammortamento coinvolge, oltre a questa voce,
anche la voce D1 del conto economico (ammortamenti e
svalutazioni) e la voce 8 dello stato patrimoniale (fondo
ammortamenti). La spieghiamo con un esempio.
Un’azienda investe in nuove macchine per 100.000 euro. Le
nuove macchine saranno utilizzate dall’azienda diciamo per 10
anni. Per questo motivo non sarebbe corretto far gravare l’intero
costo solo sull’anno di acquisto, in quanto anche gli esercizi dei
prossimi 9 anni utilizzeranno quelle macchine. Nel suo bilancio
l’azienda segnerà come costo (sotto la voce D1-ammortamenti)
solo 1/10 del valore pagato e farà così per i 9 anni successivi, fino
a raggiungere la copertura totale del costo alla data del
presumibile logoramento delle macchine. Ciò avverrà anche se il
pagamento al fornitore di macchinari sarà avvenuto interamente
nell’anno di acquisto degli stessi. Negli stessi anni in Stato
Patrimoniale l’azienda segnerà:
- in attivo, sotto la voce “impianti e macchinari” il valore dei
macchinari al prezzo pagato (100.000 euro);
- in attivo,con il segno “-“, sotto la voce “fondo
ammortamenti” il progressivo accantonamento dei 10.000
euro, segnati come costo in conto economico.
Avremo così:
Attivo (+) Attivo (-) Conto Economico
(immobilizzi (fondo (ammortamenti
tecnici lordi) ammortamenti) annui)
Anno 1 100.000 10.000 10.000
Anno 2 100.000 20.000 10.000
Anno 3 100.000 30.000 10.000
…………………….
Anno 10 100.000 100.000 10.000

In questo modo l’azienda riesce a suddividere su tutti gli anni di


utilizzazione il costo dei macchinari. Naturalmente a bilancio non
avremo mai un andamento lineare come quello dello schema,
perché il valore degli immobilizzi tecnici lordi aumenterà per gli
investimenti nuovi e diminuirà per i disinvestimenti. In relazione a
ciò varieranno anche il valore degli ammortamenti annui e del
fondo ammortamenti e avremo così il sovrapporsi di cifre riferite
ad anni diversi.
B –Immobilizzi tecnici netti
Rappresenta la parte di investimenti non ancora coperta da
ammortamenti e si ottiene sottraendo al valore degli immobilizzi
tecnici lordi (“A”) il valore del fondo ammortamenti (“A8”).
Perciò è da finanziare attraverso altre fonti (preferibilmente, come
vedremo, capitale proprio).
In molti bilanci l’operazione di sottrazione è già fatta e ci viene
proposto direttamente il valore degli immobilizzi al netto del
fondo ammortamenti. In questo caso la voce del riclassificato
“immobilizzi tecnici netti” sarà uguale a quella degli “immobilizzi
tecnici lordi”. Per trovare il valore del fondo ammortamenti
dovremo ricorrere alla nota integrativa.

C – Immobilizzi finanziari
Rappresenta il totale delle immobilizzazioni finanziarie
dell’azienda sotto forma di azioni possedute (partecipazioni-
azioni, voce1) e di crediti a medio-lungo termine (crediti medio
termine-varie, voce2).

D – Totale attività fisse


E’ dato dalla somma tra gli immobilizzi tecnici netti e gli
immobilizzi finanziari..

E – Disponibilità
E’ dato dalla somma delle attività correnti meno velocemente
riconvertibili in denaro. Esse sono il magazzino sia di materie
prime, che di semilavorati, che di prodotti finiti (materie prime,
semilavorati, merci,voce1), i lavori in corso (voce2), e gli anticipi
a fornitori (voce3).
La valutazione del valore del magazzino è una delle variabili su
cui l’azienda può “giocare” per gonfiare o sgonfiare il bilancio a
seconda delle sue convenienze.
Vediamo anzitutto i metodi in uso presso le aziende per valutare il
magazzino.
- Costo medio: il valore deriva dalla media semplice o
ponderata dei prezzi di acquisto. Se non vengono (come
spesso accade) indicati il periodo di riferimento e le modalità
di calcolo il criterio appare poco definito.
- Lifo (last in first out = ultimo entrato, primo uscito). Secondo
questo metodo, i prelievi di magazzino vengono scaricati
sulla base degli ultimi prezzi di acquisto, mentre le rimanenze
vengono conteggiate ai prezzi più lontani nel tempo. In
tempi di prezzi crescenti tale procedura può dar luogo alla
formazione di notevoli riserve occulte, tramite la
sottovalutazione delle rimanenze. Viceversa in tempi di
prezzi calanti si verifica il fenomeno opposto, essendo la
merce valutata a prezzi superiori a quelli praticati sul
mercato.
- Fifo (first in first out = primo entrato, primo uscito). I
prelievi di magazzino vengono portati a scarico sulla base dei
prezzi di acquisto più vecchi, la stessa cosa vale per le
rimanenze. Tale criterio di valutazione porta, in tempi di
prezzi crescenti, a una più elevata (e sostanzialmente più
corretta) stima del valore del magazzino.
I prodotti semilavorati e i prodotti finiti vengono in genere esposti
al costo industriale. Ma è bene tener presente che solo le società
di grandi dimensioni possono permettersi un sistema di contabilità
dei costi adeguato. Nelle piccole società si seguono abitualmente
valutazioni approssimative.
Per questo occorre sempre tentare di verificare la corrispondenza
della realtà con il valore indicato a bilancio, facendo attenzione
che una parte del magazzino non corrisponda a merci ormai fuori
mercato.
F – Liquidità

E’ la parte di attività correnti più “liquida” perché più velocemente


convertibile in denaro o, in parte, già denaro disponibile.
E’ data dalla somma dei crediti verso clienti (voce 1), al netto del
fondo svalutazione crediti (voce 2, che è una posta consentita per
legge che serve a prevenire crediti non esigibili), dei crediti verso
società collegate o controllanti (voce 3), dai ratei e risconti attivi
(voce 4), da crediti diversi (voce 5), dalle banche (voce 6), e dalla
cassa (voce 7).
In particolare va prestata attenzione alla voce 3 (crediti verso
società controllate o collegate). Essa, insieme alla voce del
passivo C4 “debiti verso società collegate o controllanti”,
rivela i legami finanziari tra le società di uno stesso gruppo. Di
entrambe le voci occorre verificare l’onerosità, ricercando
nella Nota integrativa il valore degli interessi pagati su questi
crediti o debiti. E’ possibile infatti che un’azienda conceda
crediti a una collegata a tassi più bassi o più alti di quelli
presenti sul mercato bancario. Nel primo caso siamo di fronte
a un effetto “sanguisuga” (uscita di risorse finanziarie); nel
secondo di un effetto “spugna” (entrata di risorse finanziarie).
La voce 4 è così spiegabile: i ratei attivi sono incassi che si
realizzeranno l’anno successivo, ma che sono in parte di
competenza dell’anno in corso (ad esempio affitti da incassare alla
fine di un periodo che sta a cavallo con il 31 dicembre). I risconti
attivi sono pagamenti effettuati nell’anno in trascorso, ma in parte
di competenza dell’anno successivo. Entrambi sono assimilabili a
un credito dell’esercizio trascorso nei confronti dell’esercizio
successivo.

G – Totale attività correnti


E’ dato dalla somma tra disponibilità (voce E) e liquidità (voce F).
H – Capitale investito

E’ il totale dell’attivo, dato dalla somma di attività fisse (voce D) e


correnti (voce G).
Riportiamo lo schema del Bilancio riclassificato del:

Patrimoniale attivo

A – Immobilizzi tecnici lordi


1 – terreni e fabbricati
2 – impianti e macchinari
3 – mobili, macchine varie
4 – brevetti, avviamenti, marchi
5 – costi pluriennali
6 –spese ricerca
7 – varie
8 – FONDO AMMORTAMENTO
B – Immobilizzi tecnici netti
C – Immobilizzi finanziari
1 – partecipazioni, azioni
2 – crediti medio-lungo termine/ varie
D – TOTALE ATTIVITA’ FISSE (B+C)
E – Disponibilità
1 – materie prime, semilavorati, merci
2 – lavori in corso
3 – anticipi a fornitori
F – Liquidità (circolante)
1 – crediti verso clienti
2 – (fondo svalutazione crediti)
3 – crediti verso società collegate o controllanti
4 – ratei e risconti attivi
5 – crediti diversi
6 – banche
7 – cassa
G – TOTALE ATTIVITA’ CORRENTI (E+F)

H – CAPITALE INVESTITO (D+G)


Passivo

A – Capitale proprio
E’ la somma di tutti i finanziamenti conferiti all’impresa dalla
proprietà o da autofinanziamenti. E’ dato dalla somma tra:
- Capitale Sociale (voce 1), che è il conferimento di
finanziamenti alla società da parte degli azionisti sotto forma
di azioni. Nelle società di capitale i soci rispondono di
eventuali fallimenti solo per il valore delle azioni possedute; i
creditori non possono perciò rivalersi sui beni di proprietà
personale dei singoli azionisti. Le operazioni di
ricapitalizzazione consistono nell’aumento di capitale sociale
sotto forma di nuove azioni, deliberato dall’assemblea dei
soci.
- Riserve (voce 2), che sono alimentate da utili di anni
precedenti che l’assemblea annuale dei soci ha deciso di
accantonare anziché distribuire come dividendi.
- Riserve rivalutazione monetaria (voce 3). Visto che il valore
degli immobilizzi tecnici è segnato a bilancio al costo storico,
in anni di alta inflazione il loro valore reale risulta
sottovalutato. Alcune Leggi hanno pertanto consentito di
rivalutare il loro valore senza imposizione fiscale: si sono
pertanto costituiti questi valori in passivo per compensare le
rivalutazioni operate in attivo sulle Attività fisse.
- Risultati esercizi precedenti (voce 4). Sotto questa voce si
possono trovare utili non distribuiti, né accantonati a riserva
o, più frequentemente, perdite non ripianate dagli azionisti.
- Utile o perdita d’esercizio (voce 5). E’ il risultato dell’anno
in esame; deve corrispondere a quello in Conto Economico.
- Fondo rinnovamento impianti (voce 6). E’ uno dei tanti fondi
nei quali le aziende accantonano risorse finanziarie, in questo
caso in vista di investimenti futuri.
- Altri fondi (voce 7). Spesso le aziende accantonano voci
anche cospicue attraverso voci di costo che troveremo in
Conto Economico (voce H1), nel caso, appunto si tratti di
accantonamenti aventi natura di capitale; nel caso, invece si
tratti di accantonamenti per fronteggiare perdite certe la
relativa voce di Conto Economico è la “D2” e va
riclassificata nella voce “B4”.

B – Passività a lungo termine


E’ la somma di tutti i debiti verso terzi, con scadenza superiore a
un anno. E’ data dalla somma di:
- Mutui e altri finanziamenti a lungo termine (voce 1). Si tratta
di finanziamenti a medio-lungo termine, rimborsabili in rate
annue, concessi dalle banche. Possono essere concessi anche
da società collegate, in particolare dalle capogruppo
finanziarie, alle proprie controllate.
- Obbligazioni (voce 2). Sono titoli a reddito fisso emessi dalle
imprese, che danno un rendimento annuo e il cui prestito
viene restituito alla fine del periodo concordato. Sono i tipi di
titolo che stanno all’origine di crack famosi come il Parmalat,
in quanto l’azienda in questione è fallita e non è stata più in
grado di restituire il capitale. I titoli obbligazionari,
contrariamente agli azionari, dovrebbero essere a basso
rischio, in quanto si tratta di prestiti che il risparmiatore fa
all’azienda in questione e ha diritto alla restituzione del
prestito. Salvo, appunto, fallimento dell’azienda stessa.
- Fondo liquidazioni (voce 3). Sono l’accantonamento delle
liquidazioni dei dipendenti. Una recente legge ha stabilito,
per le aziende sopra i 50 dipendenti, di conferire allo Stato il
valore di questi accantonamenti, esclusi quelli che, per scelta
del dipendente, vanno ai Fondi di previdenza integrativa,
privando così le aziende di una preziosa (e spesso cospicua)
fonte di finanziamento.
- Fondi accantonamenti vari (voce 4). Sono stanziamenti che le
aziende fanno per fronteggiare perdite future certe: si veda la
spiegazione al punto precedente (A7).
C - Passività a breve termine
E’ la somma dei crediti esigibili entro l’anno. E’ data dalla somma
di:
- Fondo imposte (voce 1), Le imposte si pagano a maggio,
mentre il bilancio si chiude a dicembre; perciò ogni anno
questo fondo si riempie per svuotarsi poi quando le imposte
verranno pagate.
- Banche (voce 2). Sono i debiti verso le banche a breve
termine. Un loro peso eccessivo può rappresentare un
sintomo di difficoltà finanziarie, sia perché gli interessi su
questi debiti sono più onerosi, sia perché le banche possono
“chiudere i rubinetti” del credito in qualsiasi momento,
mettendo in difficoltà l’impresa.
- Fornitori (voce 3). Sono le fatture emesse dai fornitori, che
non sono ancora state pagate.
- Crediti a società collegate o controllanti (voce 4). Sono i
debiti verso le società del gruppo. Si veda la voce F3.
- Ratei e risconti passivi (voce 5). Si veda la voce F4.
- Altri debiti (voce 6). Sono tutti gli altri debiti a breve che
l’azienda ha contratto.
- Anticipi da clienti (voce 7). Sono gli anticipi di pagamento
che l’azienda riesce a farsi dare dai clienti. Sono diffusi tra le
aziende che hanno cicli di lavorazione molto lunghi e che
perciò si fanno finanziare dai clienti mano a mano che le
lavorazioni procedono.

D – Capitale di terzi
E’ la somma tra passività a lungo e a beve termine.

E – Totale Passivo
E’ la somma tra capitale proprio e di terzi e il suo valore deve
essere uguale al capitale investito.
Riportiamo lo schema del Bilancio riclassificato del

Patrimoniale passivo

A – CAPITALE PROPRIO
1 – capitale sociale
2 – riserve legali
3 – riserve rivalutazione monetaria
4 – risultati esercizi precedenti
5 – utile (perdita) di esercizio
6 – fondo rinnovamento impianti
7 – altri fondi

B - Passività a lungo termine


1 – mutui e altri finanziatori
2 – obbligazioni
3 – fondo liquidazioni
4 – fondi accantonamenti vari

C – Passività a breve termine


1 – fondo imposte
2 – banche
3 – fornitori
4 – crediti a società collegate o controllanti
5 – Ratei e risconti passivi
6 – Altri debiti
7 – Anticipi da clienti

D – CAPITALE DI TERZI (B+C)

E – TOTALE PASSIVO (A+D)


2.3 – Il Conto economico

A – Fatturato
Rappresenta quanto è stato venduto in un anno.
+1- Immobilizzi da produzione interna
Sono aumenti di valore degli immobilizzi, dovuti a lavori
interni (migliorie varie). Sono frutto di valutazione aziendale:
è opportuno verificarne la corrispondenza con la realtà.
+2- Variazione di magazzini prodotti finiti
Può essere positiva o negativa a seconda dei casi. Se è
positiva si inserisce così com’è, se è negativa va inserita col
segno “-“nel programma.

B – Valore prodotto
Rappresenta meglio del fatturato il reale valore della produzione
dell’anno (che non necessariamente coincide con il venduto) a
condizione che le voci A1 e A2 siano affidabili.
-1- Acquisto materie prime
E’ il costo degli acquisti fatti nell’anno.
+2- Variazione di magazzino materie prime
Valgono le considerazioni fatte nella voce “A2”.
-3- Prestazione di servizi, lavorazioni esterne
Rappresentano il costo delle consulenze o di lavorazioni
decentrate.
-4- Costi industriali
Sono quelli direttamente collegabili all’attività produttiva
(energia motrice, manutenzioni, ecc.)
-5- Costi generali
Sono quelli legati al funzionamento generale dell’azienda
(assicurazione, affitti, ecc.)
-6- Costi commerciali
Sono quelli collegati all’attività commerciale
C – Valore aggiunto
Rappresenta la parte di ricchezza che l’azienda ha aggiunto con la
sua attività ai costi sostenuti per procacciarsi materie prime,
servizi e semilavorati. Rappresenta anche la ricchezza che andrà
divisa tra i diversi fattori di produzione: lavoro, capitale proprio e
di terzi.
La sua percentuale sul fatturato è un indicatore sia del grado di
ricchezza effettivamente prodotta in azienda, sia dell’accortezza
con cui viene fatto ricorso al decentramento produttivo (il famoso
quesito “make or buy”).
-1- Salari e stipendi
Comprendono gli oneri sociali a carico dell’azienda.
-2- Accantonamento fondo liquidazioni
Alimentano il fondo di Stato Patrimoniale (B3). Assieme alla
voce C1 rappresentano il costo del lavoro di cui è significativa
percentuale di incidenza sia sul fatturato che sul valore
aggiunto.

D – Margine operativo lordo (o EBITDA)


E’ l’indicatore principale di redditività dell’azienda a prescindere
dalla gestione degli ammortamenti e dalle gestioni finanziarie e
straordinarie dell’azienda. Si raccomanda il suo uso negli
indicatori di bilancio quando l’azienda vuole inserire la redditività
nei parametri utili alla definizione del premio variabile.
-1- Ammortamenti
Abbiamo già spiegato il collegamento tra questa voce e il
Fondo Ammortamenti. Qui preme sottolineare un altro
problema: essendo gli ammortamenti un costo, tanto più alto
è il loro valore, tanto più basso sarà il risultato netto. Ammor-
tamenti eccessivi possono perciò trasformare una situazione
di utile in una di perdita. Per questo motivo la Legge stabilisce
per ogni tipo di bene ammortizzabile, coefficienti massimi di
ammortamento. Superati i quali le imprese sono tenute, sulla
differenza, a pagare le tasse come se si trattasse di utili.
Troveremo nella Nota integrativa i criteri utilizzati per decide-
re le quote di ammortamento e gli eventuali ammortamenti
in eccesso sotto la voce “ammortamenti anticipati”.
D’altra parte, anche una situazione di ammortamenti più bassi
del limite previsto per legge va giudicata con preoccupazione.
E’ indice infatti di una situazione critica per l’impresa che, per
diminuire le perdite, rinuncia agli ammortamenti, che rappre-
sentano un recupero di denaro investito.
-2- Accantonamenti a fondi vari
Alimentano Fondi per sopravvenienze passive: vanno conoide-
Rati costi veri e propri.
+3-Utilizzo fondi vari
Ha segno positivo perché corregge la voce precedente segna-
lando l’uso di fondi accantonati in precedenza.

E – Risultato operativo caratteristico


Indicatore di efficienza della gestione economica e commerciale,
al netto della gestione di ammortamenti e accantonamenti.

F – Risultato della gestione straordinaria


E’ il saldo di costi e ricavi straordinari.
+1-Ricavi diversi
Sono quelli legati ad attività non direttamente legate a quella
principale dell’impresa (ad esempio: ricavi su cambi e su
titoli).
+2-Interessi attivi
Provenienti da depositi bancari, crediti, o titoli di Stato.
+3-Plusvalenze e sopravvenienze attive
Entrate non previste (ad esempio: vendita di beni a un prezzo
superiore a quello con cui erano registrati a bilancio).
-4- Sono il corrispettivo di F1.
-5- Minusvalenze e sopravvenienze passive
Sono il contrario di F3.
G – Risultato operativo
E’ il principale indicatore di redditività. Comprende infatti sia la
gestione ordinaria che quella straordinaria. E’ il margine
attraverso cui si remunera il capitale investito in azienda, sia che si
tratti di capitale proprio, sia che si tratti di capitale di terzi.
Il suo utilizzo come parametro a cui legare premi variabili è reso
problematico dal fatto che incorpori la gestione straordinaria, sulla
quale il sindacato non ha poteri di intervento.
-1- Oneri finanziari
Sono gli interessi passivi, pagati a banche e creditori: rappre-
sentano la remunerazione del capitale di terzi.

H – Risultato lordo
E’ la remunerazione del capitale proprio al lordo delle imposte, di
cui rappresenta la base di calcolo.
-1- Accantonamenti netti a riserve
Sono accantonamenti a Fondi di capitale proprio e, in quanto
tali, vanno considerati utili a tutti gli effetti, al netto evidente-
mente, di eventuali utilizzi dei fondi stessi.
-2- Oneri tributari e accantonamenti per norme tributarie
E’ l’imposta sul reddito, che spesso viene indicata come
accantonamento, in quanto resta in bilancio per qualche
mese, cioè fino a quando l’impresa non pagherà le imposte
dovute (solitamente maggio).

I – Risultato netto
Come abbiamo visto, il suo risultato è molto influenzato dal valore
degli ammortamenti e degli accantonamenti, oltre che dalle
politiche finanziarie dell’impresa. Per questo motivo è
sicuramente l’indicatore finale della remunerazione del Capitale
investito, ma non è detto che sia un buon indicatore dello stato di
salute dell’impresa, sotto il profilo della sua redditività industriale
e commerciale.
Riportiamo lo schema del Bilancio riclassificato del

Conto Economico

A – Fatturato
1 – immobilizzi da produzione interna
2 – variazione magazzino prodotti finiti
B – Valore prodotto (A+A1 +A2)
1 – acquisto materie prime
2 – variazione magazzino materie prime
3 – prestazione di servizi, lavorazioni esterne
4 – costi industriali
5 – costi generali
6 – costi commerciali
C – Valore aggiunto (B-B1+B2-B3-B4-B5-B6)
1 – salari e stipendi
2 – accantonamento fondo liquidazioni
D – Margine operativo lordo (C-C1-C2)
1 – ammortamenti e svalutazioni
2 – accantonamenti a vari fondi
3 – utilizzo vari fondi
E – Risultato operativo caratteristico (D-D1-D2+D3)
F – Risultato gestione straordinaria (F1+F2+F3-F4-F5)
1 – ricavi diversi
2 – interessi attivi
3 – plusvalenze e sopravvenienze attive
4 – spese straordinarie
5 – minusvalenze e sopravvenienze passive
G – Risultato operativo (E+F)
1 – oneri finanziari
H – Risultato lordo (G-G1)
1 – accantonamenti a riserve
2 – oneri tributari e accantonamenti per norme tributarie
I – Risultato netto
2.4 – Voci particolari

Per l’interpretazione dei bilanci e il calcolo di alcuni indici è


opportuno procurarsi altri quattro dati:
- W - Occupazione
- X – Investimenti
- Y – Autofinanziamento
- Z – Circolazione cambiaria

W – Occupazione
E’ un dato sempre presente nella Nota integrativa. Si adotterà il
numero medio tra occupati di inizio e fine anno.

X – Investimenti
Anche questo dato è presente nella Nota integrativa.

Y – Autofinanziamento
E’ l’ammontare di risorse che l’azienda tiene per sé, alimentando
il proprio passivo. La formula di calcolo è la seguente:
Autofinanziamento =
Utile non distribuito (vedere Nota integrativa) +
Accantonamenti al fondo liquidazioni (C2)+
Ammortamenti (D1)+
Accantonamenti – utilizzo vari fondi (D2-D3+H1)
Visualizzando i rapporti tra queste voci e il passivo di
Patrimoniale abbiamo il seguente schema:

Conto economico Stato patrimoniale (passivo)


Utile non distribuito Riserve (A2)
Accantonamenti a liquidazioni Fondo liquidazioni (B3)
Ammortamenti Fondo ammortamenti (A8)
Accantonamenti – utilizzo Altri fondi (A7)
vari fondi Fondi accantonamenti vari (B4)

Z – Circolazione cambiaria
Questa voce è presente tra i conti d’ordine che compaiono nello
Stato Patrimoniale non riclassificato e non vengono trascritti nella
riclassificazione.
Parte terza
L’interpretazione dei bilanci
3.1 – Come interpretare un bilancio

L’interpretazione di un bilancio può essere fatto in base a tre


strumenti fondamentali:
- l’analisi delle singole voci degli schemi di riclassificazione,
che deve puntare a rilevare quelle con valori troppo alti o
troppo bassi, per risalire alla struttura organizzativa e alla
strategia aziendale che le hanno determinate;
- il calcolo e l’interpretazione di determinati indici, che
mettono in rapporto tra loro poste dello Stato Patrimoniale e
del Conto Economico;
- l’utilizzo di schemi di interpretazione rapida.
In tutti e tre i casi l’analisi va fatta almeno sull’arco degli ultimi
tre anni, in modo da consentire una visione dinamica dei problemi.
I risultati dell’analisi non sono solo utilizzabili come diagnosi
dello stato di salute dell’azienda, ma anche come indicatori di
problemi e di ulteriori percorsi d’analisi, da proseguire e
completare con altri strumenti.
Avendo già analizzato nella seconda parte il significato delle varie
voci degli schemi di riclassificazione, parleremo, in questa terza
parte, degli indici e degli schemi di interpretazione rapida.

3.2 – Gli indici

Gli indici sono numeri derivati dal rapporto, o dalla somma o dalla
sottrazione tra alcune cifre particolarmente significative
riguardanti le voci del bilancio.
Gli indici non vanno interpretati in modo rigido, come verità
assolute, ma in rapporto tra loro e con le conoscenze che si hanno
dell’azienda in questione. Un indice che ha valori anormali non va
considerato semplicisticamente una malattia, ma, semmai, un
sintomo sulle cui cause è sempre indispensabile interrogarsi.
I valori degli indici vanno perciò considerati come una serie di
segnali che ci aiutano a capire la situazione finanziaria ed
economica dell’azienda.

I numeri degli indici riportati fanno riferimento al


programma “Classifikator 3.2” che calcola in automatico sia il
bilancio riclassificato che gli indici stessi e che riportiamo alla
fine di questo scritto.

Gli indici di solidità

L’aspetto della solidità riguarda in primo luogo la capacità


dell’azienda di far fronte a improvvise necessità (per investimenti
o coperture di perdite) utilizzando mezzi propri.
In secondo luogo un’azienda si dice solida quando non corre il
rischio, per pagare debiti in scadenza, di dover vendere le proprie
attività fisse.
In sintesi si può definire solidità la capacità dell’azienda di
finanziarsi con capitale proprio.
Per valutare la solidità si propongono quattro indici che
illustriamo di seguito.

Capitale proprio
Indice 1 = ---------------------- x 100 (ex indice 1)
Capitale investito

Questo indice misura quale percentuale di Capitale investito sia


coperta con risorse proprie.
Il suo valore dovrebbe oscillare tra 30 e 50.
Valori inferiori indicano che l’azienda è sottocapitalizzata.
L’indice 1 aiuta a capire il primo aspetto della solidità (capacità
dell’azienda a far fronte a difficoltà future).

Capitale proprio
Indice 2 = -------------------- x 100 (ex indice 2)
Attività fisse

Misura quale percentuale degli immobilizzi è finanziata con


Capitale proprio. Maggiore sarà il suo valore, migliore sarà da
giudicare la situazione. Indicativamente possiamo dire che l’indice
non deve mai scendere al di sotto di 80 e che valori buoni si
collocano intorno a 100.

Capitale proprio + Passività a lungo


Indice 3 = -------------------------------------------- x 100 (ex indice 3)
Attività fisse

Misura se le attività fisse sono finanziate interamente con denaro


che ha lunga permanenza in azienda.
Il suo valore non deve mai scendere al di sotto di 100 (ma una
situazione di sicurezza si può dire raggiunta solo per valori ben
maggiori). Se il valore è inferiore a 100 significa che parte dei
macchinari è finanziata da banche di credito ordinario o da altri
creditori a breve. E’ questa una situazione molto critica sia per i
rischi in essa impliciti, sia per i costi finanziari (interessi passivi)
che comporta, sia per le limitazioni che produce sull’autonomia
decisionale dell’azienda, che si trova in balia completa dei propri
creditori.

Gli indici 2 e 3 aiutano a valutare il secondo aspetto della solidità


(rischi di chiusura per la vendita delle proprie attività fisse, a
seguito della richiesta di pagamento da parte dei creditori).
Gli indici di liquidità

Mentre, come abbiamo visto, la solidità è collegata alle parti alte


dello Stato Patrimoniale (capitale proprio, passività a lungo,
attività fisse), la liquidità è collegata alle parti inferiori (attività e
passività correnti).
Un’azienda è in buona situazione di liquidità quando non ha
difficoltà a procurarsi denaro liquido per far fronte ai propri
pagamenti.
Proponiamo due indici che illustriamo qui di seguito.

Attività correnti
Indice 7 = --------------------- (ex indice 4)
Passività a breve

Confronta tra loro attività e passività correnti. E’ bene che


un’azienda abbia un volume di attività correnti maggiore di quello
delle passività a breve, in modo da poter ricorrere agevolmente
alla vendita di parte delle prime, in caso di richieste di pagamento
da parte dei creditori a breve.
Per questo motivo l’indice deve oscillare intorno a 2 (devo cioè
avere due euro di attività correnti per ogni euro di debito a breve).

Liquidità
Indice 8 =---------------------- (ex indice 5)
Passività a breve

Le liquidità, come si può vedere dallo schema di riclassificazione,


corrispondono alle attività correnti meno il magazzino. L’indice 5
misura pertanto la capacità dell’azienda di fronteggiare pagamenti
senza dover ricorrere a smobilizzi di magazzino (che possono
comportare perdite per la necessità di vendere a sottocosto). Il suo
valore, orientativamente, sarà buono se pari circa a 1.
Gli indici di redditività

Gli indici di redditività sono molto usati per legarli a premi


salariali variabili. Occorre pertanto una particolare attenzione
nell’accostarsi a questo tema per comprenderne bene tutti i
risvolti.
Chiamiamo redditività la capacità di un’impresa di remunerare il
Capitale investito: essa misura perciò la convenienza a impiegare
risorse in un’azienda.
L’indice generale di redditività è il seguente.

Risultato Operativo
Indice 14 =-------------------------- x 100 (ex indice 6)
Capitale Investito

Esso misura la percentuale di remunerazione del capitale investito


in azienda. Abbiamo infatti al denominatore il totale dello Stato
Patrimoniale, cioè il capitale investito in azienda e al numeratore il
Risultato operativo che è, appunto, quanto avanza alla gestione di
un anno, una volta pagati tutti i costi, per pagare il capitale di terzi
(attraverso gli oneri finanziari) e il capitale proprio (attraverso il
risultato netto), dopo aver pagato le imposte sul reddito.
L’indice può essere calcolato anche utilizzando il risultato
operativo caratteristico, se si vuole analizzare la redditività
derivante dalla sola gestione ordinaria.

Si può approfondire l’analisi della redditività in una prima


direzione, che punta a verificare in che modo la redditività
generale viene suddivisa tra capitale proprio e capitale di terzi.
A questo scopo si adottano due indici.
Utile netto
Indice 16 =--------------------- x 100
Capitale Proprio

Questo indice misura il tasso di redditività del Capitale proprio.

Oneri finanziari
Indice 17 =---------------------- x 100 (ex indice 8)
Capitale di terzi

Questo indice misura la redditività del capitale di terzi.

Si noti che la somma dei due numeratori e dei due denominatori


degli indici 16 e 17 ci dà il numeratore e il denominatore
dell’indice 14. Infatti:

risultato netto + oneri finanziari = reddito operativo


[+accantonam. a riserve + oneri tributari]
capitale proprio + capitale di terzi = capitale investito

La differenza sta solo, al numeratore, negli eventuali


accantonamenti a riserve e negli oneri tributari.
In presenza di una buona redditività generale e di una bassa o
negativa redditività del capitale proprio, la conclusione da trarre
sarà che l’azienda, pur producendo buoni margini, li distribuisce
in tutto o in buona parte a capitale di terzi, a causa di un eccessivo
indebitamento (sottocapitalizzazione) o di una cattiva politica di
approvvigionamento finanziario (tassi di interesse troppo alti
pagati ai creditori).
Queste ipotesi sono verificabili attraverso l’indice 24

Oneri finanziari
Indice 24 = ------------------------ x 100 (ex indice 9)
Risultato operativo
Questo indice ci dice che percentuale di reddito operativo viene
“erosa” dagli oneri finanziari.

Una seconda direzione di approfondimento riguarda invece i


fattori che contribuiscono a rendere redditiva un’impresa.
Proponiamo due indici.

Risultato operativo
Indice 18 = ------------------------ x 100 (ex indice 10)
Fatturato netto

Questo indice è detto anche “margine” perché misura, in


percentuale, il margine di redditività sul fatturato. Il suo valore
dipende dal rapporto costi-ricavi, dalla qualità del prodotto
collegata alla politica dei prezzi, dalla produttività oraria.
Il suo valore varia molto da un settore all’altro e può essere
valutato a confronto con quello di aziende direttamente
concorrenti o con medie di comparto.

Fatturato netto
Indice 19 = ----------------------- (ex indice 11)
Capitale investito

Questo indice è detto “giro” perché indica quanti euro sono stati
prodotti per ogni euro investito. Il suo valore dipende dal grado di
utilizzo degli impianti, dalla velocità di rotazione del magazzino,
dalla capacità di riscuotere in tempi rapidi i crediti.
Per il suo valore valgono le considerazioni fatte per l’indice 18.
Notiamo ora che, moltiplicando gli indici 18 e 19 si ottiene
l’indice 14. Infatti:

Risultato operativo Fatturato netto Risultato operativo


------------------------x 100 X--------------------- = -------------------------x100
Fatturato netto Capitale investito Capitale investito
La redditività generale è dunque frutto di due componenti
sostanziali: margine e giro. L’indice di giro funge da
moltiplicatore del margine: se sarà superiore a 1 aumenterà la
redditività generale, se sarà inferiore a 1 la redditività generale
diminuirà.

Margine negativo Margine positivo


Giro < 1 Indice 14 negativo e Indice 14 positivo e
> dell’indice 18 < dell’indice 18
Giro > 1 Indice 14 negativo e Indice 14 positivo e
< dell’indice 18 > dell’indice 18

La redditività generale migliora man mano che si passa dal primo


al quarto riquadro dello schema.
E’ possibile scomporre ulteriormente l’indice di giro in
sottocomponenti, come nei tre indici seguenti.

Fatturato netto
Indice 20 = ------------------- (ex indice 12)
Attività fisse

Indica il giro delle attività fisse. Illustra il grado di utilizzo (in


termini economici e non fisici) degli impianti.

Fatturato netto
Indice 21 = -------------------- (ex indice 13)
Attività correnti

Indica il giro delle attività correnti.

Fatturato netto
Indice 22 = ------------------- (ex indice 14)
Magazzino
Indica il giro del magazzino.

Riassumiamo quanto detto sugli indici di redditività nella seguente


figura.

Indice 14
(di redditività generale)

fattori di origine suddivisione della


della redditività redditività

indice 19 indice 18 indice 16 indice 17


(giro) (margine) (remuneraz. (remuneraz.
K proprio) K di terzi)

indice 20 indice 21 indice 22 indice 24


(giro att. (giro att. (giro (erosione del
fisse) correnti) magazzino) reddito)

Gli indici di efficienza

Si dice efficiente una gestione che sfrutta al meglio le risorse


disponibili. Le risorse che un’azienda può e deve sfruttare sono
moltissime e una loro analisi minuziosa richiederebbe troppo
tempo. Proporremo pertanto solo sei indici su questo aspetto con
una precisazione: la frase, spesso sbandierata, che l’utile è, in fin
dei conti, il misuratore ultimo dell’efficienza dell’azienda non è
esatta, non solo per i problemi di rapporto tra l’efficienza di
un’azienda e quelli del sistema economico, ma anche in
riferimento alla sola analisi aziendale; ci sono infatti l’efficienza
finanziaria, quella produttiva, quella commerciale, ecc. e queste, a
loro volta sono scomponibili in molti aspetti. Pretendere di
valutare tutto questo in una sola cifra è decisamente
semplificatorio.
Iniziamo presentando due indici che misurano l’incremento
rispettivamente del fatturato (ricavi netti) e del valore aggiunto.

Fatturato anno2 – Fatturato anno1


Indice 40 = ------------------------------------------ x 100
Fatturato anno 1

Valore aggiunto anno2 – Valore aggiunto anno1


Indice 33 = ----------------------------------------------------------- x 100
Valore aggiunto anno 1

Il valore dell’indice 40 va depurato dal tasso annuo di aumento dei


prezzi dei prodotti venduti dall’azienda; quello dell’indice 33 va
depurato dal tasso annuo di inflazione. Si ottengono così i valori
reali degli aumenti e dei cali.
E’ impossibile un criterio fisso di valutazione: in anni di crisi e/o
per settori in difficoltà anche aumenti reali pari a 0 possono non
essere disprezzabili.

Continuiamo con un indice che misura il “peso” del valore


aggiunto sul fatturato.

Valore Aggiunto
Indice 28 = ---------------------- x 100
Fatturato netto
Questo indice misura:
a – quanta parte della ricchezza venduta è frutto del contributo
diretto dell’attività dell’azienda;
b – quanto ampio è il margine per poter retribuire i fattori di
produzione interni;
c – che posizione occupa l’azienda nel ciclo produttivo
complessivo del proprio comparto (produzioni ad alto o a basso
valore aggiunto).
E’ quindi un indicatore indiretto di efficienza della politica
industriale dell’impresa.

Continuiamo l’analisi con un indicatore (anche se imperfetto) di


efficienza nell’uso della forza lavoro.

Valore aggiunto
Indice 26 = ---------------------------------
Numero medio dipendenti

I suoi valori sono significativi se presi in serie storica e confrontati


tra di loro.

Concludiamo con due indici che ci dicono rispettivamente in


quanti giorni l’azienda ottiene il pagamento dei propri crediti e in
quanti giorni paga i propri debiti.

Crediti verso clienti


Indice 11 = -------------------------- x 365
Fatturato

Debiti verso fornitori


Indice 10 = --------------------------- x 365
Acquisti
Vanno valutati in serie storica e confrontati tra loro.Ovviamente
l’indice 11 deve essere inferiore all’indice 10, segno che l’azienda
incassa più rapidamente di quanto paghi. Sono indicatori indiretti
di efficienza nella politica commerciale dell’azienda.

Gli indici di distribuzione

Abbiamo già visto che il valore aggiunto è la quota di ricchezza


prodotta dall’azienda e perciò rappresenta anche il valore
disponibile per retribuire i fattori di produzione. E’ pertanto
opportuno studiare questa distribuzione come quota percentuale
spettante a ciascun fattore, dopo aver sommato al valore aggiunto
il risultato della gestione straordinaria che, a seconda che sia
positivo o negativo fa aumentare o diminuire la ricchezza
disponibile,

Costo del lavoro


Indice 34 = ------------------------------------------------------ x100
Valore aggiunto + Risultato gest. Straordin.

Indica la quota che va al lavoro.

Ammortamenti
Indice 35 = ------------------------------------------------------ x 100
Valore aggiunto + Risultato gest. Straordin.

Indica la quota che va all’impresa.

Oneri finanziari
Indice 36 = ------------------------------------------------------ x 100
Valore aggiunto + Risultato gest. Straordin.

Indica la quota che va al capitale di terzi.


Oneri tributari
Indice 37 = ------------------------------------------------------ x 100
Valore aggiunto + Risultato gest. Straordin.

Indica la quota che va allo Stato.

Utile netto
Indice 38 = ------------------------------------------------------ x 100
Valore aggiunto + Risultato gest. Straoridin.

Indica la quota che va al capitale proprio.

E’ opportuno accostare le valutazioni derivanti dai quattro indici


precedenti a quella derivante dal seguente:

Risultato gestione straordinaria


Indice 39 = ---------------------------------- x 100
Valore aggiunto

Che segnala quanto la gestione straordinaria aggiunge o toglie al


valore aggiunto.

Gli indici di politica aziendale

Dopo aver visto quale situazione distributiva caratterizza


l’azienda, è opportuno valutarne le scelte strategiche con
riferimento soprattutto al problema degli investimenti e di una loro
adeguata copertura finanziaria.
Proponiamo tre indici.

Fondo Ammortamento
Indice 43 = -------------------------------- x 100
Immobilizzai tecnici lordi
Indica che percentuale degli immobilizzi è già stata recuperata. Il
valore del Fondo ammortamento si trova nella Nota integrativa.
Valori troppo bassi segnalano difficoltà dell’azienda a recuperare
capitale, valori troppo alti possono significare una preoccupante
stasi degli investimenti negli ultimi anni.
In linea di massima, in aziende con un certo numero di anni di vita
alle spalle il suo valore dovrebbe oscillare tra il 50% e il 70%.

Investimenti
Indice 44 = --------------------------- x 100
Immobilizzi tecnici lordi

Indica se l’azienda sta facendo o meno una politica di


rinnovamento degli impianti attraverso nuovi investimenti. Va
valutato in serie storica. La sua media, nell’arco di vari anni,
dovrebbe aggirarsi intorno a 10.

Autofinanziamento
Indice 45 = ------------------------- x 100
Investimenti

Indica se l’azienda è in grado di creare interamente al suo interno


le risorse necessarie per gli investimenti, Va valutato insieme
all’indice 44 perché, evidentemente, in anni di bassi investimenti
l’indice sarà probabilmente positivo (cioè molto maggiore di 100),
mentre in anni di forti investimenti sarà negativo (inferiore a 100).

3.3 – Schemi per l’interpretazione rapida

Proponiamo infine due schemi che possono essere utili per


un’interpretazione sintetica dello Stato Patrimoniale e del Conto
Economico.
Gli schemi si basano su una visualizzazione delle proporzioni tra
le principali voci dei due schemi di riclassificazione,
accompagnata da riferimenti ad alcune cifre assolute e indici.
Stato patrimoniale

Fatto 100 il valore del capitale investito si calcolano le percentuali


di incidenza di:
- attività fisse
- attività correnti e, al loro interno:
- magazzino
- crediti a clienti
- eventualmente crediti a società collegate
- capitale proprio
- passività a lungo
- passività a breve e, al loro interno
- banche
- fornitori
- eventualmente debiti verso società collegate
Si visualizza il tutto, riportando accanto ad ogni voce il valore
della propria percentuale sul capitale investito.
A lato della la figura si riportano il valore assoluto del capitale
investito e la percentuale del Fondo ammortamenti sugli
Immobilizzi tecnici lordi (indice 43).
Attivo Passivo

Attività fisse Capitale proprio Capitale investito


%………………. %………………… (valore assoluto)
…………………….
Magazzino Passività a lungo Indice 43
%………………. %………………. ……………………

Clienti
Attività correnti %………………. Banche
%…………… %……………….
Passività a breve
Fornitori %……………...
%……………….

Questo schema consente una valutazione a colpo d’occhio sulla


struttura patrimoniale. In particolare permette di confrontare:
- capitale proprio con attività fisse
- capitale proprio + passività a lungo con attività fisse
- fornitori con clienti
- passività a lungo e banche con magazzino.

Conto Economico

Il procedimento è analogo a quello dello Stato Patrimoniale.


Fatto 100 il valore del Fatturato netto si calcolano le percentuali
di:
- costi esterni e, al loro interno:
- materie prime
- prestazioni di servizi
- valore aggiunto
- costi interni e, al loro interno:
- costo del lavoro
-“recuperi” (d1 +d2 –d3)
- risultato operativo caratteristico
A lato della colonna così costruita si riporta il risultato operativo
caratteristico a cui si aggiunge o si toglie (sempre in percentuale
sul fatturato):
- il risultato della gestione straordinaria
e si tolgono:
- gli oneri finanziari
ottenendo:
- il risultato lordo.
Nella visualizzazione si riporta accanto ad ogni voce il suo valore
percentuale.
Sotto la figura si riportano il valore assoluto del fatturato, l’indice
generale di redditività (indice 14), il margine (indice 18) e il giro
(indice 19).
Lo schema consente una valutazione visiva della struttura dei
costi.
Conto Economico

Materie prime
%………………

Costi esterni Prestazione servizi


%…………… %……………….

Costo del lavoro


%……………….

Recuperi
%………………
Valore aggiunto Risultato gestione
%…………… Straordinaria Oneri finanziari
%………………… %…………….
Risultato operativo
caratteristico
%……………… Risultato lordo
%……………

Fatturato (milioni di euro)…………………………

Margine (ind. 18)…….


Indice di redditività
Generale (ind. 14)
Giro (ind. 19)…………

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