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CAPITOLO 1 – IL SERVIZIO

1. Le nozioni di servizio

Secondo la letteratura scientifica l’elemento che identifica un servizio e lo differenzia dal prodotto è
l’immaterialità (intesa come assenza di volume e peso). Alcuni studiosi tra cui Vilfredo Pareto si oppongono
a questa concezione: “tutti i prodotti sono materiali, se si riguarda al mezzo con cui si rivelano; e tutti sono
immateriali, se si riguarda all’effetto che sono destinati a produrre”-> in altri termini: tutti i prodotti possono
essere considerati materiali se facciamo riferimento al mezzo che li produce, ovvero la tecnologia, i macchinari
ecc; ma tutti i prodotti sono anche immateriali se facciamo riferimento al valore di uso percepito dal cliente.

Processo di produzione: insieme di attività in cui ogni soggetto/ macchinario ha un ruolo. Pertanto possiamo
intendere il processo di produzione come un insieme di risorse umane (lavoro) e capitale (macchinari,
attrezzature, ecc..). Questa definizione è valida sia per il prodotto sia per il servizio. Al contrario ciò che
distingue il processo di produzione del servizio ed il processo di produzione del prodotto è la presenza del
cliente, la quale è garantita nel processo di produzione del servizio.
PROCESSO DI PRODUZIONE NEL PRODOTTO-> l’erogatore gode del potere di organizzare, combinare
nel tempo e nello spazio le attività svolte durante il processo di produzione, in modo autonomo. Tale autonomia
è concessa all’erogatore grazie all’assenza del cliente, il quale offre la sua presenza nel momento successivo
(scambio del prodotto).
PROCESSO DI PRODUZIONE DEL SERVIZIO-> i clienti al contrario partecipano al processo di produzione
del servizio (carattere discriminante tra prodotto e servizio). Si tratta di una partecipazione attiva: il cliente co-
produce il servizio con l’erogatore. Ciò vorrà dire che i tempi e le sequenze sono il risultato negoziato dalla
co-produzione tra i due attori. La domanda sorge spontanea: “perché la presenza del cliente è una determinante
importante nel processo di produzione del servizio?” -> oltre ad essere un elemento distintivo con il prodotto,
determina i tempi (inizio e fine del processo) e lo spazio predisposto e organizzato dall’erogatore entro i propri
confini. Tuttavia è importante sottolinea che la presenza del cliente di cui si parla, avviene durante la
produzione vera e propria (erogazione del servizio), mentre durante la fase preliminare (preparazione del
processo di produzione) è escluso. Un esempio concreto può rendere più chiaro il processo e le sue varie fasi:
io devo organizzare una festa. Tutta la parte di come organizzarla la gestisco io: decido io chi invitare, quali
fornitori chiamare ecc; poi però per organizzare la festa in sé, devo chiamare il cliente, capire le sue esigenze
e insieme costruire la festa, scegliere gli allestimenti, gli inviti ecc.) Concludendo quindi: se l’output è
realizzato in assenza del cliente è un prodotto, nel caso contrario si tratta di un servizio. Ultimo esempio: la
produzione di un manufatto edilizio su commessa da parte di un cliente è un servizio perché richiede la
presenza del cliente che avvia il processo di produzione e la formazione del valore. Al contrario il processo di
costruzione di un manufatto edilizio per il mercato, che non include la presenza del cliente, deve riferirsi al
prodotto.

La presenza del cliente definisce:


• IL SERVIZIO COME UNA RELAZIONE SOCIALE
Il servizio inteso come una relazione sociale perché è un insieme di atti sociali o di momenti della verità tesi a
verificare che cosa il cliente chiede e che cosa l’erogatore offre. Il momento di verità tra cliente e società si
esplica durante la produzione ed il consumo del servizio-> ES. devo viaggiare in una compagnia aerea X, il
momento di verità includerà tutti i passaggi della mia esperienza: check-in, imbarco bagagli, ritiro della carta
d’imbarco, imbarco, volo, assistenza, gestione della permanenza, ritiro bagaglio in caso di smarrimento.
Durante tale processo quindi il consumatore è coinvolto in atti, scambi sociali ed interazioni interpersonali che,
se positivi per la sua esperienza determinano la prosecuzione del rapporto con l’erogatore (compagnia aerea).
La relazione del servizio si articola in due scambi: -politico nel senso che è una relazione di potere basata sulla
costruzione di un legame sociale e dei significati condivisi sorretti da regole che governano lo scambio; -
tecnico economico in riferimento alle reciproche prestazioni e risorse utilizzate. In altri termini quindi
individuiamo nella relazione del servizio due dimensioni: 1) la dimensione tecnica, ovvero il risultato da
perseguire (il che cosa); 2) la dimensione funzionale, ovvero la relazione in sé, (il come). Queste due
dimensioni non sono separate ma connesse: il cliente non è interessato esclusivamente al risultato finale del
processo, ma ad entrambe le dimensioni dal momento che consuma il servizio e partecipa al processo stesso.

Il successo della dimensione funzionale dipende dagli elementi che contraddistinguono lo scambio sociale:
reciprocità (interdipendenza reciproca: output di una parte sono gli input dell’altra); comunicazione
(necessariamente a due vie per permettere la comprensione dei messaggi inviati e ricevuti); assenza di potere
(strettamente connesso alla cooperazione: non è possibile imporre una relazione di servizio). ->nella
dimensione funzionale avviene scambio sociale tra i soggetti coinvolti, questa fase è fondamentale al fine di
configurare la relazione stessa. Essa potrà avere successo solo se entrambi i soggetti condividono gli stessi
interessi e comunicano tra di loro. ES. decido di andare a fare una visita dal dottore e scelgo quel medico
volontariamente. La partecipazione attiva, la reciprocità da entrambe le parti e la comunicazione a due vie
(ascolto e formulazione delle domande), permette al medico di fare una diagnosi sui miei malesseri (ciò non
potrebbe accadere se non rispondo alle domande del dottore e non sono specifica sui miei dolori).

In conclusione: il servizio come relazione si basa essenzialmente sulla dimensione funzionale –momento in
cui erogatore e cliente interagiscono tra loro- la quale è indipendente dal contenuto del servizio (ES.
fidelizzazione del cliente: il cliente è così soddisfatto non tanto per il contenuto del servizio ma per come lo
riceve che ritorna dall’erogatore). Si tratta quindi di una relazione qualificata sia da razionalità economica
perché alla fine un’offerta si traduce sempre in un prezzo sia da quella emozionale proprio perché il servizio è
una relazione.

• IL SERVIZIO COME ATTIVITA’ CHE DETERMINANO NUOVE RELAZIONI E NUOVE


CONFIGURAZIONI

Questa concezione del servizio si basa invece sulla dimensione tecnica della relazione: il che cosa. La posta in
gioco quindi è il risultato-> la prestazione che l’erogatore offre al cliente, non legata all’efficienza interna, ma
alla qualità del servizio percepito dall’acquirente. L’erogazione è qui intesa come co-produzione, in quanto
entrambi i soggetti effettuano delle prestazioni: -Nella prospettiva dell’erogatore le attività sono intese come
la combinazione di risorse scarse (umane, tecniche, finanziarie) detenute da due categorie di attori: prestatori
di lavoro (persone) capitale (tecnologie e attrezzature). Modo ottimale per combinare queste attività: minimo
impiego di risorse scarse e massimo risultato economico. Le attività effettuate quindi in questa dimensione
saranno standardizzate solo parzialmente, pre-codificate proprio perché il servizio ha due caratteristiche molto
particolari: - personalizzazione: ogni cliente vuole un servizio personalizzato; - incertezza del comportamento
del cliente perché l’erogatore non sa in anticipo quali sono i gusti del cliente (eterogeneità).
-Nella prospettiva del cliente la scelta del servizio dipenderà dal riconoscimento dell’offerta. Il riconoscimento
iniziale verrà approfondito da parte del cliente mediante 4 azioni in sequenza: specificazione (contributo a
qualificare il ruolo atteso e comunicarlo all’erogatore); co produzione (accordo sulla divisione dei lavori);
controllo del processo (valutazione della qualità del servizio durante l’erogazione); promozione (passaparola
positivo o negativo). La co-produzione, specificazione e controllo del processo avvengono tramite la
partecipazione fisica, emozionale e cognitiva del cliente->imparare le istruzioni; la promozione del servizio
avviene invece in seguito alla fruizione dello stesso e sarà legato alla soddisfazione, al riconoscimento e alla
sua percezione.

Il risultato promesso al cliente riguarda due elementi: le attività (il che cosa) e i ruoli concepiti dall’erogatore
per le persone dipendenti di contatto e per il cliente nel processo di produzione del servizio (il come). La
comunicazione del risultato è il momento che determina la creazione di valore: se il cliente non riconosce il
servizio e non rivede in esso ciò che vuole, non effettua l’acquisto.
In conclusione la definizione di servizio in termini di attività è legata al riconoscimento de servizio, il quale
dev’essere influenzato dall’impegno reciproco->il cliente aderisce alle condizioni di fruizione dell’offerta e
l’erogatore assicura il rispetto della loro realizzazione.

• SERVIZIO COME ESPERIENZA

Il servizio come esperienza: è una relazione cognitiva, razionale, affettiva, comportamentale del singolo cliente
associata ad un evento di servizio, composto da prestazioni e quindi da contatti diretti o indiretti con
l’erogatore. Ci sono due scuole che fanno leva sul servizio come esperienza:

- la prima ci dice che il servizio come esperienza deve essere memorabile, ovvero deve essere ricordato dal
cliente per la sua straordinarietà, deve comportare intensità emozionale, coinvolgimento e partecipazione
maggiore del servizio inteso come relazione sociale. Il servizio in questa dimensione deve riuscire a
modificarsi da personalizzato a personale nella percezione del cliente, deve essere quindi inteso come unico
per la persona;

-la seconda intende il servizio come un’esperienza quotidiana positiva di consumo e generatrice di benessere
che porti quindi il cliente a ripetere l’esperienza. Tuttavia perché possa avvenire ciò, l’erogatore deve
progettare gli elementi dell’offerta del servizio in modo dettagliato e prestare attenzione soprattutto al concept
store (allestimento punto vendita) al fine di generare più stupore che soddisfazione-> il cliente entra in un
negozio in cui l’allestimento del punto vendita genera in lui una sensazione di benessere, di calma, di relax e
sarà quindi propenso a ripetere l’esperienza e a viverla anche quotidianamente (es. negozio con luci soffuse,
musica non troppo alta, organizzazione degli spazi, tutti elementi legati al concept store che garantiscono
benessere, quiete per il soggetto).

Nella prospettiva del cliente, il servizio come esperienza è composto da quattro momenti: l’esperienza
dell’anticipazione→ la ricerca immaginata, ricercata e organizzata del servizio che gli risolva i problemi;
l’esperienza dell’acquisto→ riconoscere nell’offerta, proprio il servizio di cui si ha bisogno e momento della
verità; L’esperienza del consumo→ soddisfazione o insoddisfazione; L’esperienza del ricordo e della
nostalgia→ se positiva fidelizza il cliente che decide di tornare dallo stesso erogatore.

L’erogatore, dal canto suo, deve utilizzare questo concetto dell’esperienza per mettersi nei panni del cliente e
per capire bene il tipo di esperienza che vuole offrire al suo cliente. Quindi, nella prospettiva dell’erogatore, il
servizio come esperienza implica la pianificazione dell’offerta in termini di: - Che tipo di esperienza voglio
dare al mio cliente (scelta del tema definito); - L’allestimento della scena dove far vivere l’esperienza (la
situazione di servizio, ad esempio il concept store); - L’organizzazione del punto di vendita o service scape
(lay-out, luci, musica, colori, ecc.…) - La definizione del comportamento atteso (sia dal personale che eroga
che dal cliente).

Il concetto di servizio come esperienza serve: - per aumentare la personalizzazione offrendo servizi nuovi o
modificati rispetto a quelli originali per tenere il cliente (a livello microeconomico); - fa leva sulla
partecipazione fisica ma anche emozionale e cognitiva del cliente (molti servizi richiedono al cliente di
imparare qualcosa come gestire le interfaccia tecnologiche); - è alla base dell’economia delle esperienze o
personalizzazione di massa, cioè riuscire a far convivere la personalizzazione con un’erogazione di massa ma
che contenga i costi di erogazione (a livello macroeconomico).

MODELLO PAINE E GILMORE: il tipo di esperienza offerta dal servizio è condizionata da due dimensioni
comportamentali-> partecipazione e interiorizzazione del cliente. La partecipazione è caratterizzata da due
comportamenti opposti: passivo (cliente ordina ed è servito dall’erogatore, ricevendo le prestazioni che
costituiscono l’offerta del servizio); attivo (relazione di co-produzione tra cliente ed erogatore in quanto
entrambe le parti partecipano ad alcune attività del servizio). L’interiorizzazione è invece il processo che
modifica le conoscenze e atteggiamenti del consumatore a seguito di stimoli esterni. Essa è misurata con due
gradi di intensità: assorbimento (l’esperienza penetra nel cliente->cattura sensi ed emozioni durante la
fruizione del servizio); immersione (il consumatore entra dentro l’esperienza, avviene un’alta interiorizzazione
dell’esperienza che modifica i sensi, le emozioni vissute dal cliente).

La combinazione della partecipazione e interiorizzazione permette di classificare e qualificare 4 categorie di


servizi (vedere bene nel libro gli esempi):

1) PARTECIPAZIONE PASSIVA INTERIORIZZAZIONE BASSA-ASSORBIMENTO: ES. ristorante Trois


Gros di Normann-> in questa categoria il cliente ha prevalentemente un ruolo passivo, e può attivare soltanto
alcuni sensi: visivi, acustici, olfattivi a seconda dell’offerta. Il cliente durante il tempo morto, prima
dell’apertura del ristorante, partecipa alla rappresentazione riguardante la scelta delle materie prime da parte
del personale della cucina. Per quanto attiene alla configurazione architettonica degli edifici che costituiscono
la scena, osserviamo che ogni finestra dell’albergo si affaccia su cortile e cucina, situata di fronte con parete e
vetri. La rappresentazione invece permette ai clienti di vedere il lavoro in cucina durante la preparazione delle
pietanze. Questo elemento concorre all’esperienza d’intrattenimento del cliente durante l’attesa. Le successive
prestazioni che costituiscono l’offerta contribuiscono al riconoscimento, arricchimento dell’esperienza che
aumenta la percezione di valore del cliente.

2)PARTECIPAZIONE ATTIVA DEL CLIENTE INTERIORIZZAZIONE BASSA-ASSORBIMENTO: il


comportamento del cliente è attivo

3)PARTECIPAZIONE ALTA- IMMERSIONE- PARTECIPAZIONE PASSIVA DEL CLIENTE: il cliente è


protagonista dell’esperienza. In questo caso l’esperienza consiste nel riprodurre virtualmente la situazione di
lavoro del partecipante ed immergerlo in essa-> in questo modo il soggetto riuscirà ad acquisire competenze,
capacità atte a fronteggiare situazione nuove o poco sicure.

4)PARTECIPAZIONE ATTIVA DEL CLIENTE-INTERIORIZZAZIONE ALTA: IMMERSIONE:


rappresenta l’esperienza più alta di tutti i precedenti quadranti in quanto imprevedibile, con un cliente/soggetto
che interagisce direttamente con l’erogatore in modo spontaneo, senza un copione definito. ES. servizi di
formazione virtuale.

Tuttavia questa classificazione non dev’essere intesa in modo rigido, in quanto è possibile che si configuri
un’esperienza che risulti essere l’ibridazione di più forme. ES. optissimo: l’azienda promette la preparazione
dell’occhiale in un’ora. Il cliente vive quattro esperienze in altrettanti momenti di verità con operatori distinti:
si fa misurare passivamente il viso, sceglie attivamente la montatura, sostiene attivamente l’intervista con
l’ottico-venditore, assiste passivamente alla preparazione delle lenti e al montaggio e prova attivamente
l’occhiale al fine di verificare e valutare il servizio.

• IL SERVIZIO COME SOLUZIONE.

La soluzione: - è condivisa e co-trovata dal cliente e dall’erogatore; - investe tutti gli aspetti della relazione
(commerciali, operativi, e finanziari); - è personalizzata, su misura; - implica la condivisione dei rischi da parte
dell’erogatore, questo specie quando i contratti sono basati sul risultato.

La relazione tra l’erogatore e il cliente presenta un’interdipendenza più stretta di quella reciproca e denominata
intensiva: i molteplici servizi sono erogati allo stesso cliente, ma le modalità di erogazione dipendono dal
feedback del cliente, che impone il mutuo aggiustamento (gli individui si attivano per il coordinamento
reciproco attraverso reti informali)
ES. di servizio come soluzione: facility management (ogni infrastruttura/opera/apparecchiatura tangibile o
servizio intangibile atto a rendere possibili i processi primari di un’organizzazione.) obiettivo della facility
management è il coordinamento dello spazio fisico di lavoro con le risorse umane e l’attività propria
dell’azienda. Si tratta di un approccio integrato che presuppone lo sviluppo e l’implementazione di politiche,
standard e processi che supportano le attività primarie, permettendo all’organizzazione di adattarsi ai
cambiamenti e di migliorare l’efficacia. Ad esempio: l’erogatore fornisce al cliente un articolato portafoglio
di servizi in funzione del contratto di opera o appalto stipulato (servizi di pulizia, ristorazione ecc.) il servizio
di facility management si realizzerà nella presa in carico dei servizi prima gestiti dall’impresa cliente; nello
studio della loro ottimizzazione integrata con altri servizi offerti direttamente dall’erogatore; conduzione di
impianti; erogazione integrata di servizi rispetto all’attività e alle esigenze della gestione aziendale del cliente.

Tutti questi servizi insisteranno sul benessere e sulla produttività dei dipendenti; la reazione di quest’ultimi
influenzerà le modalità di erogazione del servizio (tempi, sequenza ecc). (guardare gli schemi a pag. 18)

Le quattro concezioni sul servizio come: relazione, attività, esperienza e soluzione, le dobbiamo intendere in
modo integrato. Difatti l’erogatore grazie alla RELAZIONE riesce ad individuare la SOLUZIONE e
l’ESPERIENZA da offrire al cliente. Solo così potrà determinare la composizione e la natura delle attività e
prestazioni da organizzare ed erogare. Ad esempio nella relazione, in cui avviene interdipendenza reciproca,
l’erogatore deve qualificare la domanda (ossia comprendere la richiesta del cliente) ed al contempo il cliente
dovrà verificare il riconoscimento dell’offerta; nella prestazione, in cui vige sempre l’interdipendenza
reciproca, l’erogatore dovrà definire, organizzare, valorizzare e proporre nell’offerta il servizio, mentre il
cliente dovrà ricevere, valutare nella fruizione e nel distacco del servizio. Nella prospettiva dell’erogatore
quindi queste 4 dimensioni sono legami di funzionalità multipla-> l’esperienza vissuta dal cliente aumenta il
valore di uso se comprende la soluzione dei suoi problemi, la soluzione è a sua volta, la condizione per
sviluppare l’esperienza del cliente e si baserà sull’insieme delle attività che compongono il singolo servizio.

I quattro significati assunti nella nozione di servizio riflettono due dimensioni: economiche e sociali-> attività
e soluzioni offerte dal servizio rappresentano l’oggetto di scambio economico tra i due attori; la relazione e
l’esperienza invece riflettono la dimensione sociale, lo scambio sociale tra le due parti. Così lo scambio
economico e sociale producono co-creazione di valore in una relazione tra il soggetto economico dell’impresa,
le persone dipendenti di contatto e il cliente. Tutti individui con interessi e comportamenti sia funzionali sia
contrastanti. Arriviamo così alla vera definizione di servizio: “il servizio è la relazione economico-sociale
costituita dall’insieme di attività, esperienze e soluzioni organizzate dall’erogatore, finalizzate al
riconoscimento e alla co-creazione di valore dal cliente fruitore.”

Cosa significa ciò in altre parole? Il servizio NON soddisfa dei bisogni ma risolve i problemi del cliente e
produce valore sia per il cliente che per l’erogatore. Il cliente, quindi, non ha bisogni ma è semplicemente alla
ricerca di soluzioni e valori che per lui possono essere maggiori dal risolvere da sé l’esigenza che ha.

Facciamo un esempio: io, come erogatore, voglio entrare nel settore della ristorazione per risolvere le esigenze
del cliente. Se utilizzo la categoria del bisogno e in questo caso il bisogno da soddisfare sarà la fame del cliente,
non mi aiuta a qualificare la domanda perché la fame può essere soddisfatta in tanti modi: il cliente può andare
in un bar per un panino, in un ristorante, ecc. Il bisogno della fame può essere soddisfatto attraverso tante
soluzioni e per chi opera nei servizi non può presidiare tutte queste soluzioni ma deve scegliere, deve
qualificare la domanda: qual è l’esigenza che io intendo soddisfare? Quella di avere un’esperienza molto
appagante attraverso l’offerta di un ristorante di alto livello oppure la soluzione di avere un buon rapporto tra
il tempo dedicato a mangiare che è poco e il costo (fast food). Questo esempio chiarisce l’idea che il servizio
non soddisfa dei bisogni ma risolve dei problemi o delle esigenze. Come la risolve? Creando co-valore. La co-
creazione del valore presuppone che il valore debba essere creato prima di tutto per il cliente e poi anche per
l’erogatore altrimenti il cliente non compra il servizio. Tutto questo è possibile offrendo una densità di attività
e una densità di opzioni.

Altro esempio: il supermercato funziona meglio del negozietto perché il cliente ha una maggiore densità di
attività; può fare diverse cose in un’unica unità di spazio e di tempo e per ogni articolo ha una densità di opzioni
di scelta. Fare una spesa completa in un’unica unità di tempo e scegliere tra le opzioni significa, in termini
economici, assegnare o garantire al cliente delle economie di scopo riferite al suo tempo (nella sua unità di
tempo, il cliente può fare diverse spese). Non solo, le economie di scopo possono acquisire maggiore valore
attribuendo ai prodotti maggiori informazioni (es: compro la pasta e sulla confezione ci sono istruzioni e
ricette)→ aumenta il valore per il cliente perché gli fa risparmiare ulteriore tempo! Quindi, la co-creazione del
valore si verifica quando l’erogatore può offrire delle economie di scopo al cliente rispetto, per esempio, al
suo tempo. Le economie di apprendimento fanno riferimento alle economie di destrezza: io imparo a fare
determinate cose e le faccio sempre meglio → + rendimento di lavoro. Se alle economie di destrezza unisco la
scala delle attività, abbiamo le economie di scala, per le quali all’aumentare dei volumi dei servizi erogati, i
costi fissi si distribuiscono su più servizi e quindi la loro incidenza percentuale diventa via via minore. Infine,
abbiamo le economie di scopo dove con una stessa unità di tempo di un fattore, in questo caso il lavoro, noi
produciamo più attività e più servizi. Un ulteriore aspetto dell’economia dei servizi è la personalizzazione di
massa: quest’ultima concilia l’esigenza di personalizzazione del servizio che il cliente si attende con l’uso,
laddove possibile, con le economie di scala (=consegnare un servizio ad un costo più contenuto).

Esempio: servizio paghe della CNA di Modena ad un prezzo competitivo.

2. Il confronto del processo di produzione del prodotto e del servizio

Il processo di produzione del servizio e del prodotto si differenziano tra di loro grazie ad alcuni criteri:

• la presenza del cliente e quindi il ruolo che egli assume durante tale processo.

PRODOTTO: Nel processo di produzione del prodotto, il cliente è assente durante la produzione ma presente
nell’acquisto;

SERVIZIO: al contrario nel servizio è sempre presente con intensità variabile nella produzione e nell’acquisto.
cosa si intende per intensità variabile? L’intensità della sua partecipazione sarà influenzata dalla natura e
dall’organizzazione del processo di produzione; ad esempio ci sono servizi alla persona che impongono un
alto contatto, come quello sanitario-> attività svolta allo sportello che include la presenza del cliente in tutte le
tappe di produzione del servizio (scelta prestazione, erogazione, consumo, pagamento). Al contempo
l’intensità potrà variare e comportare un basso contatto-> attività allo sportello per prelievo contante (es. di
basso contatto: banca telematica, è sempre un servizio offerto dall’impresa ma implica un non contatto fisico).

• la relazione tra i cicli della produzione e del consumo:

SERVIZIO: Nel servizio la coincidenza tra produzione o erogazione, consumo o fruizione avviene nel
momento della verità. La contestualità può rivelarsi discontinua: es. servizio di riparazione automobile, il
cliente è presente all’inizio del processo ed alla fine, non nel durante; o continua: es. intervento sanitario.
Durante i cicli di produzione e consumo, vi sono alcuni elementi che possono provocare incertezza per la
domanda del servizio. Tra questi la simultaneità; in che modo essa crea incertezza nella domanda? A causa del
rischio economico che dovrà gestire l’impresa (alcune imprese sostengono gli investimenti per la preparazione
dell’offerta, ma garantiscono la loro copertura solo in caso di riconoscimento positivo ed acquisto del servizio
da parte del cliente (Es. garantiscono un preventivo gratuito ma offrono il servizio e tutte le fasi che lo
compongono solo se il cliente acquista il pacchetto). Un altro problema che crea incertezza della domanda si
verifica quando essa è essere superiore alla capacità produttiva dell’azienda (non ha a disposizione risorse,
persone e tecnologie per ricoprire una così vasta domanda). Per fronteggiare questo problema l’impresa
potrebbe adottare differenti comportamenti: aumentare i ritmi di erogazione che, a loro volta porterebbero al
deterioramento della qualità del servizio. Allo stesso tempo l’impresa non potrebbe cercare di aumentare la
capacità produttiva dei servizi in modo maggiore alla domanda-> costi troppo elevati. Come risolvere questa
situazione? Bilanciare domanda ed offerta dei servizi, analizzando alcuni fattori: conoscenza del cliente,
modifica del comportamento d’acquisto, aumento tecnologia, motivazione dei dipendenti per gestire i picchi
di domanda.

PRODOTTO: Al contrario invece per il processo di produzione del prodotto, la relazione tra i cicli della
produzione e del consumo, la produzione procede temporalmente il consumo ed è programmata con
l’esclusione del cliente, il risultato del prodotto sarà una cosa tangibile (es. oggetto, strumento macchina) e
quindi non una relazione sociale accompagnata da attività rese ed evolute che costituiscono il risultato.

• eterogeneità

SERVIZIO: Un altro elemento che concorre a delineare il successo di un’impresa è dato dall’eterogeneità del
servizio. L’eterogeneità intesa come la capacità dell’impresa di personalizzare un servizio è richiesta
soprattutto durante il processo preliminare dell’offerta e la presentazione del risultato (l’ouput); mentre è più
ridotta durante la fruizione (es. interfaccia tecnologica). L’eterogeneità rappresenta la competenza distintiva
nell’erogazione del servizio.

PRODOTTO: L’eterogeneità nel processo di produzione del prodotto di cui si è ampiamente discussa risulta
essere bassa in tutte le fasi del processo perché il prodotto è standardizzato e non vi sono personalizzazioni.

• organizzazione del lavoro dipendente-> a prescindere dal prodotto o servizio richiede un’alta
specializzazione

PRODOTTO: è richiesta più tecnica e le attività sono controllate unilateralmente dall’imprenditore divisione
del lavoro con economie di destrezza nell’impiego del lavoro e di scala nella produzione.

SERVIZIO: economie di scopo, fattore produttivo più costoso e cruciale, economie di scala nella produzione
e distribuzione dei servizi ad alta standardizzazione

Da quest’analisi si evince come in realtà la scelta della specializzazione sia strettamente connessa alla divisione
del lavoro che, a sua volta determinerà “il gioco economico” da utilizzare per la gestione del prodotto e del
servizio. È importante sottolineare come in realtà la specializzazione del lavoro provochi diversità
nell’orientamento del dipendente; ovvero vi saranno difatti soggetti che in base alla specializzazione ricevuta
avranno approcci diversi con il cliente, obiettivi differenti da perseguire, competenze diverse da impiegare->
differenziazione

• Orientamento e contatto con il cliente

PRODOTTO: limitato alle unità che presidiano le relazioni con il mercato (vendite e marketing)

SERVIZIO: diffuso in tutte le unità e gli attori dell’impresa.

• CREAZIONE DI VALORE-> basata sul valore di scambio e di uso

VALORE DI USO: capacità di un bene o di un servizio di soddisfare un dato fabbisogno-> UTILITA’


VALORE DI SCAMBIO: proprietà del prodotto di essere scambiato sul mercato con un corrispettivo, il
denaro. In altri termini è il prezzo al quale è possibile vendere o acquistare.

La creazione del valore di scambio e uso è differente nel prodotto e servizio.

PRODOTTO: durante la fase di scambio del prodotto, il produttore o erogatore cerca di attirare l’interesse del
cliente presentando il suo prodotto come fonte di valore; dall’altra parte il cliente se riconosce quel prodotto
come valore di uso, ovvero utilità per sé, è disponibile allo scambio-> fine trattativa.

SERVIZIO: in questo caso, il cliente è presente durante tutta la trattativa ed avrà quindi un ruolo di protagonista
nella creazione del valore; non sarà l’erogatore a rivestire il servizio di valore, ma sarà lo stesso cliente ad
attribuire valore al servizio osservando il processo di produzione sin dall’inizio-> co-creazione di valore->
entrambe le parti vincono in termini di utilità.

• Causa giuridica del contratto di scambio

PRODOTTO: l’oggetto del contratto è il dare-> trasferire l’oggetto di proprietà in cambio di corrispettivo
monetario.

SERVIZIO: l’oggetto del contratto è il fare-> effettuare le prestazioni promesse per ottenere il corrispettivo
concordato.

Oggi si parla di offerta unica come soluzione per garantire al cliente un’esperienza piacevole: collegamento
tra servizio e prodotto-> le due parti si mescolano.

Tuttavia riuscire a creare ed offrire quindi l’offerta unica implica il superamento di alcune difficoltà
organizzative:

- cambiamento della cultura del prodotto nel soggetto economico dell’impresa industriale (il soggetto
economico che ha visto il successo di un determinato prodotto, spesso ha la tendenza a pensare che quel
successo possa sempre ripetersi e quindi sarà propenso a seguire lo stesso percorso e ciò condizionerà la
prospettiva dei servizi). Nell’impresa industriale i servizi abbinati al prodotto possono essere distinti in:
supporto tecnico del prodotto (consegna, installazione, manutenzione, ritiro) e di sostegno alle azioni del
cliente (finanziamento, assicurazione, formazione, consulenza ecc.) questi due gruppi di servizio si
differenziano tra di loro soprattutto per intensità della relazione, grado di personalizzazione, competenza
prioritaria, modalità di creazione valore.

I servizi di supporto tecnico sono meno complessi da introdurre e da gestire perché non comportano grandi
cambiamenti culturali o organizzativi, ma possono però essere oggetto di concorrenza. I servizi a sostegno
dell’azione del cliente invece sono interessati al contatto con il cliente e quindi comportano un interesse nella
personalizzazione del prodotto/servizio. Ciò vorrà dire che ci sarà co-creazione di valore grazie alla presenza
costante del cliente. Il rischio però sarà legato al fatto che l’impresa dovrà rapportarsi a concorrenti sconosciuti.

- organizzare i due gruppi di servizi in modo da proteggere la differenziazione, assicurando l’integrazione->


decidere la collocazione, effettuare il reclutamento di competenze di servizio dall’esterno, superare resistenze
interne, sviluppare comunicazione interfunzionale tra le unità di servizio al cliente e la funzione di produzione.

Ma qual è il vantaggio nell’usufruire un’offerta unica che comporta l’uso integrato di servizio e prodotto
insieme? In primo luogo sicuramente il maggior uso del soggetto e quindi la crescita economica dell’impresa;
il cliente sarà propenso a sostituire l’acquisto di un bene che poi diventa personale, per usufruire di servizi che
garantiscono disponibilità del prodotto-> ES. Mercedes Benz avvia il servizio di car-sharing.
3. Le risorse

Definizione di risorse: insieme di competenze costituite da conoscenze, intese come informazione di dati poste
in relazione tra loro; abilità e relazioni che costituiscono la base delle decisioni sottostanti il comportamento
organizzativo individuale-> in altri termini: il soggetto attua un comportamento sulla base delle risorse di cui
dispone. Ciò vorrà dire che ogni soggetto avrà risorse differenti.

Marx sulla distinzione tra lavoro produttivo e improduttivo pone al centro la creazione di valore: il lavoro
possiede valore di scambio e valore d’uso-> il soggetto impiega dei servizi per creare lavoro (valore di uso) ed
il valore è dato dal suo potere.

Oggi si nota come alcuni settori, primo fra questi l’industria manufatturiera sia più produttiva nel lavoro. Ciò
è dovuto alle nuove tecnologie che sostituiscono spesso l’impiego umano. Ma non solo, la tecnologia oltre a
sostituire la manualità nel lavoro ha portato ad un’ampia diffusione di informazioni grazie all ITC. Definizione
di Gradgrey: “il servizio è il diritto del cliente all’uso della capacità tecnica (risorse tecniche) e delle
competenze (risorse umane) al fine di produrre un utile effetto sull’agente (il cliente)” -> il servizio è
l’ibridazione di risorse tecniche, umane da cui il cliente trae benefici, utilità.

La competenza è costituita dai saperi (conoscenza pregressa), saper fare (capacità, abilità del soggetto di
risolvere problematiche o ostacoli), saper essere (modo di rapportarsi ad una situazione o persona).
L’erogazione di un servizio richiede questa competenze ed anche altre incluse successivamente-> motivazione
individuale (decisione consapevole dell’operatore di gestire la relazione con il cliente in modo da sviluppare
le sue qualità emergenti al fine di instaurare un rapporto di lavoro duraturo), valori (immagine che l’attore ha
di sé, in particolar modo la co-creazione di valore del valore di uso del cliente anche contrastando le regole
organizzative-> dipendente bancario che sconsiglia al cliente un prodotto finanziario), possesso di competenze
e abilità, capitale sociale (saperi segreti dell’operatore che arricchiscono l’esperienza del cliente). Queste sono
le risorse umane di cui necessita un’impresa. In base a queste riflessioni la nozione di risorse umane è stata
rivalutata, intendendola oggi come la capacità di progettare e realizzare intenzioni e risultati dell’azione e di
scoprire correggere gli errori o eventuali mancate corrispondenze.

Nelle risorse umane anche le risorse tecnologiche hanno un rilievo importante, in quanto utilizzate sempre più
dai lavoratori per risolvere problemi concreti-> le tecnologie si applicano agli oggetti del servizio (input) e
garantiscono il risultato atteso (output). Tuttavia le risorse tecnologiche non vanno confuse con il servizio->
es. trasporto urbano: combinazione di risorse tecnologiche (titolo di viaggio elettronico, stazioni di attesa) e
risorse umane (possedute da coloro che offrono il servizio).

4. La classificazione dei servizi

Essa viene effettuata incrociando due dimensioni: grado di interazione e grado di personalizzazione da un lato
e grado di intensità del lavoro impiegata nell’erogazione dall’altro (data dal costo del lavoro e gli investimenti
di risorse tecnologiche). Ne consegue analizzando situazioni reali che: -i servizi di fabbrica: bassa interazione
e personalizzazione e bassa intensità di lavoro; -servizi di massa: bassa interazione e personalizzazione-> il
numero elevato di soggetti coinvolti porta l’impresa ad avere un ruolo più passivo, coinvolgendo i cliente nella
produzione, al contempo richiede un’alta intensità di lavoro perché si investe molto sulle tecnologie (un
esempio potrebbero essere le casse veloci); -servizi professionali: alta interazione e personalizzazione dal
momento che vi è un approccio diretto tra cliente e operatore e quindi richiede anche un alta intensità del
lavoro; negozio d servizi e servizi sanitaria: alta interazione e personalizzazione ma bassa intensità del lavoro.

In riferimento ai ruoli che comportano contatto diretto tra operatore e cliente è utile analizzare l’autonomia
decisoria per i titolari di ruoli->Alta autonomia decisoria dei ruoli di contatto e alta personalizzazione: servizi
di consulenza e libere professioni, formazione e alta ristorazione; alta autonomia decisoria e bassa
personalizzazione: servizi di intrattenimento; Bassa autonomia decisoria dei ruoli di contatto e alta
personalizzazione: servizi assicurativi, bancari, di telefonia, a libero servizio; bassa autonomia decisoria e
bassa personalizzazione: servizi traporto pubblico.

Gronroos propone invece due criteri di classificazione, diversi tra loro: intensità di contatto che distingue i
servizi a seconda di un contatto attraverso la tecnologia o durante i momenti di verità ed un secondo criterio
incentrato sulla modalità di fruizione che distingue i servizi in continui o discontinui da parte del cliente.
L’intensità di contatto và comunque curata anche nel caso in cui vi sia il supporto della tecnologia: l’operatore
dovrà sviluppare un orientamento verso il cliente impeccabile al fine di garantire ad egli un’ottima esperienza,
gestendo quindi anche i disservizi o la richiesta di informazioni (momenti che emergono durante i momenti di
verità), colmando quindi delle carenze sulle risorse tecnologiche.
Servizi a fruizione continua: contatto frequente con il cliente che sebben gestito porta alla fidelizzazione con
quest’ultimo; servizi a fruizione discontinua: elevate capacità per valorizzare al meglio il servizio e la sua
visibilità sul mercato, al fine di colmare l’uscita di vecchi clienti attirandone di nuovi.

Tutto questo processo vede quindi la presenza dei due soggetti: cliente e operatore, i cui nominativi possono
essere sostituiti in beneficiario (singola persona, impresa pubblica o privata) e erogatore (l’impresa che
propone la sua offerta di beni). L’incrocio di questi due soggetti porta ad una classificazione esemplificativa
ma non esaustiva (guarda tavola 10 a pag. 40).

5. I programmi di ricerca sui servizi

Come è stato ampiamente visto, soprattutto nella prima parte del capitolo, il criterio distintivo del prodotto e
servizio è stato per lungo tempo l’immaterialità. Normann osserva come la nuova economia ha eliminato
questa distinzione: il costo finale di un prodotto è dato sia dall’uso di materie prime ma anche dal costo dei
servizi fruiti, diretti o indiretti-> ne è un esempio l’automobile (il suo costo è dato da 25% dalle materie prime,
75% fruizione dei servizi fruiti).

Proposte metodologiche:

• G-D Logic concepisce il servizio come “tutto ciò che non è prodotto”. Secondo questa prospettiva gli
scambi di mercato tra produttore e consumatore possono essere pensati in termini di output sia tangibili
(prodotti) sia intangibili (servizi). I momenti di produzione e di scambio sono separati: nel momento
di produzione in cui avviene la fabbricazione del prodotto stesso, il soggetto principale è l’impresa che
rendendo questo processo impeccabile determina il valore di scambio (il cliente è propenso
all’acquisto di un bene o servizio in base a come esso è stato prodotto-> il consumatore non interferisce
nella produzione ma si limiterà solo a decidere se consumare o meno il prodotto, rivestendolo così in
caso di valore di scambio).
• SD Logic, la sua proposta invece si articola in due parti: il nucleo, composto da 4 assiomi non
confutabili e non modificabili; la cintura protettiva, composta da 6 premesse fondanti. Queste due parti
sono interconnesse tra loro, nel senso che la funzione della cintura protettiva è quella di salvaguardare
il nucleo, sottoponendo le premesse fondanti alla falsificazione empirica o a modifiche in seguito a
critiche o miglioramenti concettuali.
La nozione di attore in questa prospettiva è estesa a qualsiasi categoria di azienda che partecipa nello
scambio di mercato (imprese, componenti di un’azienda familiare, azienda pubblica ecc..).
Come avviene qui lo scambio di mercato? Sono coinvolti gli attori, ognuno dei quali è diverso in base
alle competenze specializzate che possiede, sviluppa e impiega nello scambio a prescindere dalla sua
posizione istituzionale. La specializzazione e la complementarietà delle competenze determina
l’interdipendenza-> ogni attore svolge due ruoli nello scambio, creatore e consumatore di valore,
confermando la natura relazione del servizio.
L’attore durante lo scambio utilizza differenti risorse: competenze specializzate che prendono il nome
di RISORSE OPERANTI (risorse umane); risorse statiche e tangibili: RISORSE OPERANDI (le
risorse tecniche: macchine, strumenti, materiali).
L’utilizzo delle risorse operanti è fondamentale per il cliente in quanto produce benefici durante lo
scambio diretto, dove l’oggetto è il servizio, ovvero la prestazione immateriale. Nello scambio
indiretto invece il protagonista è il prodotto, prestazione materiale, dove risorse operandi e operanti
sono incorporate, producendo così beneficio per il cliente. Da ciò si deduce quindi che il prodotto è
inteso come il risultato di due risorse: operandi e operanti, incorporando qui in sé il servizio. ES
automobile è il prodotto, la quale fornisce al cliente-proprietario il servizio (prestazioni) di trasporto
tutte le volte che lo utilizza.
Lo scambio di mercato quindi è inteso come un processo che coinvolge entrambi gli attori (cliente e
produttore) che godono di specifiche competenze messe a disposizione l’uno dell’altro al fine di
permettere la distribuzione del servizio (prestazione) e la co-creazione di valore (co-creazione per la
presenza di entrambe le parti). La differenza nell’utilizzo delle risorse operandi e operanti è data dalla
tipologia di scambio a cui si ricorre: nello scambio diretto il produttore combina le due risorse ed eroga
direttamente il servizio; nello scambio indiretto invece c’è la presenza di intermediari.
La prima mossa attuata dal produttore è la proposta di valore (value proposition). Si tratta di un
processo interattivo che coinvolge entrambi i soggetti, ognuno dei quali svolge delle attività (il
produttore combina le risorse disponibili; il cliente accetta la proposta, osserva le modalità, considera
i benefici). In questo modo si crea un valore condiviso in cui è il soggetto che ha anche un ruolo
fondamentale dal momento che determina il valore di uso. Quest’ultimo è stato inizialmente concepito
dalla S-D Logic come il risultato di un processo di percezione ed esperienza. Tale concezione è stata
poi rivista e in particolar modo è stato ampliato il concetto di valore di uso al valore contestuale e
quindi alla presenza e considerazione di tutti gli attori coinvolti durante l’esperienza, anche se non
hanno preso parte alla transazione vera e propria (albergatori, negozianti ecc.).
VEDI TABELLA 11 A PAG 44
• Scienza dei servizi (SSMED): si tratta di un filone di ricerca più recente e quindi ancora in continua
evoluzione. Si occupa di studiare e comprendere l’evoluzione del sistema di servizio (insieme del
fornitore del servizio e cliente) nella prospettiva socio-tecnica. In altre parole l’obiettivo è quello di
incentrare l’analisi su come l’innovazione di un servizio possa accelerare la creazione di valore, la
percezione degli attori circa la fiducia e la correttezza degli scambi verificatisi durante la trazione del
servizio.

CAPITOLO 2 – LA GESTIONE DEI SERVIZI

6. Il sistema di gestione

Il concetto più adottato in letteratura per illustrare le caratteristiche della gestione dei servizi è quello del
sistema socio-tecnico, concetto rivisto successivamente dalla disciplina dell’organizzazione. La versione più
citata e conosciuta è quella del “sistema di gestione dei servizi” di Normann che definisce in modo chiaro sia
la componente tecnica che quella sociale e le relazioni che legano le due componenti. Normann riduce la
complessità della gestione dei servizi individuando il sottosistema dell’erogazione del servizio.
Il modello del sistema di gestione dei servizi indica che ogni cambiamento di uno dei componenti del sistema
influenza gli altri, influenza le relazioni fra componenti provocando una modifica del risultato finale così come
previsto dalla prospettiva socio-tecnica.
La caratteristica fondamentale della gestione del servizio è data dalla presenza del cliente che assume
contemporaneamente due comportamenti: il comportamento di acquisto e il comportamento di co-produttore
del servizio.
Il comportamento di acquisto è un frutto del processo decisorio del cliente che è orientato alla soluzione del
problema.
Il cliente ricerca e analizza diverse offerte riconoscendosi in ognuna e calibrando le sue scelte in base alle sue
aspirazioni. Quando una specifica offerta corrisponde al suo livello di aspirazione, procede all’acquisto. Se
nessuna offerta coincide con le sue aspirazioni, il cliente ridimensiona la propria aspirazione, rivelatasi
irrealistica, fino a quando non trova l’offerta giusta per sé.
La specializzazione del servizio e la segmentazione della domanda hanno un significato preciso per
l’erogatore: l’erogatore sceglie di specializzarsi e di dedicarsi ad uno specifico comportamento di acquisto
tralasciando gli altri segmenti di domanda. La specializzazione del servizio consente all’erogatore di
differenziarsi rispetto ai concorrenti.
Esempio di specializzazione del servizio: il gruppo alberghiero Accor si è specializzato in diversi
comportamenti di acquisto, differenziando i propri alberghi in base al comportamento del cliente. Per chi
viaggia offre hotel nei pressi delle stazioni ferroviarie, degli aeroporti, in modo da poterli raggiungere
facilmente. Ha progettato un’altra catena di alberghi per giovani viaggiatori che vogliono spendere poco.
Un’altra catena di alberghi è situata al centro delle città per i turisti che hanno voglia di conoscere e visitare in
modo approfondito le città e così via. Le prenotazioni sono centralizzate e ciò permette di conoscere i tassi di
occupazione di ciascuna catena e stabilire le azioni di promozione.
L’erogatore deve scegliere in quale comportamento di acquisto specializzarsi e lo può fare attraverso un
rapporto continuativo con il cliente. Ciò significa considerare il servizio come una relazione, un servizio
caratterizzato dalla cooperazione. Tanto più il servizio è progettato in base al problema, all’aspirazione, al
riconoscimento del cliente nell’offerta, tanto più è probabile che il cliente acquisti il servizio.

L’offerta è composta dai vantaggi promessi ed assicurati al cliente di riferimento, può essere sintetizzata nel
concetto di idea di servizio: service idea.
L’erogatore prima qualifica la domanda ovvero individua il comportamento di acquisto del cliente da
privilegiare e successivamente progetta l’offerta.
La progettazione consiste nello scomporre il sottosistema offerta (attività e prestazioni) in altri sottosistemi.
Ogni sottosistema è costituito da servizi differenti che operando in modo unitario, assicurano il risultato, i
vantaggi per il cliente.
I servizi che compongono l’offerta possono essere suddivisi in tre categorie in base alle funzioni che svolgono
nei confronti del cliente:
1. Il servizio principale (core service): è la prestazione che definisce l’impresa, quella che permette
all’impresa di inserirsi in un determinato campo economico. Il servizio principale è quello per cui la
competitività con le imprese appartenenti allo stesso settore è ridotta e si basa esclusivamente sulla
specializzazione.
2. I servizi facilitanti: sono vantaggi periferici che si aggiungono al servizio principale. Hanno lo scopo
di rendere la fruizione del servizio principale più agevole aumentando il valore d’uso per il cliente. I
servizi facilitanti sono obbligatori per consentire la fruizione del servizio principale. (Es. servizio di
prenotazione del parcheggio al ristorante; prelievo automatico dall’ATM etc.).
3. I servizi ausiliari: i servizi ausiliari svolgono una funzione distinta rispetto agli altri due servizi. Hanno
il compito di differenziare l’offerta dai concorrenti e farla scegliere dal cliente. Il servizio ausiliario
può essere progettato e comunicato al cliente con diverse modalità: fornire prestazioni uniche rispetto
ai concorrenti, interagire direttamente con il cliente al fine di ridurre la sua percezione del rischio
legato allo specifico servizio. (Es. di servizio ausiliario basato sulla relazione con il cliente: Caso
Decaux; es. di servizio ausiliario di interazione diretta con il cliente: Caso Omnitel. Omnitel si
differenzia da Tim perché istituisce otto call center dedicati all’assistenza del cliente, la comunicazione
è personalizzata, l’operatore può gestire il piano tariffario ed eventuali problematiche, a fine anno il
cliente riceva una lettera autografata dal direttore generale).
L’insieme di queste tre categorie di servizi costituisce il “pacchetto dei servizi”. La funzione di ciascun servizio
può mutare nel tempo: ad es. da facilitante ad ausiliario o viceversa.
La progettazione del pacchetto dei servizi deve soddisfare due condizioni: una condizione tecnica e una
condizione di sostenibilità economica.
La condizione tecnica implica che il sistema di erogazione deve essere in grado di soddisfare i volumi della
domanda, domanda che deriva dalle promesse dell’offerta. (Se vengono fatte molte promesse, molti clienti
chiederanno il servizio e quindi il volume della domanda cresce).
La sostenibilità economica deve conciliarsi con la qualità e il numero di servizi periferici offerti.
I servizi facilitanti hanno il compito di facilitare la fruizione del servizio principale e di agevolare le aspettative
del cliente. L’aumento del numero di servizi facilitanti porta ad una migliore percezione della qualità
dell’offerta, ma di conseguenza porta anche ad un aumento dei costi. I servizi facilitanti devono essere
sostenibili nel tempo perché il cliente si aspetta di poter fruire del servizio sempre allo stesso livello, sempre
nello stesso modo, ripetendo i suoi comportamenti di acquisto. Sarebbe sgradevole dover fruire di un’offerta
con un servizio facilitante in meno, ma a prezzo immutato.
La definizione del pacchetto dei servizi riguarda il “che cosa”; le attività e le prestazioni, svolte per costituire
il pacchetto dei servizi, devono essere integrati con il “come” ovvero con la seconda dimensione del servizio:
il processo.
Il processo si realizza attraverso i momenti della verità nell’interazione tra erogatore e cliente.
L’integrazione fra pacchetto dei servizi (che cosa) e processo (come) dà vita all’offerta incrementata.
Per realizzare ciò, l’erogatore deve prevedere il comportamento del cliente e il ruolo atteso.
Gli elementi che compongono il processo di erogazione (sempre il come) devono essere progettati in modo
unitario. Gli elementi che compongono il processo sono: l’accessibilità al pacchetto dei servizi; le interazioni
tra erogatore e cliente e le modalità di partecipazione del cliente.
L’accessibilità, ovvero la facilità per il cliente di vivere i momenti di verità (quando entra in contatto con il
dipendente di contatto o con un’interfaccia tecnologica), deve essere progettata con riguardo ai:
• tempi (gli orari)
• il luogo (reperibilità e dimensioni del punto vendita)
• gli spazi del servizio (libertà di movimento e assenza di barriere, chiarezza nella segnaletica)
• le risorse tecniche (chiarezza nell’uso degli strumenti, della documentazione a disposizione)
• le risorse umane (disponibilità di competenze adeguate e orientamento al cliente)
• dotazione di organico dedicato
• numero di clienti serviti contemporaneamente.
È necessario stabilire le condizioni di accessibilità per prevedere la quantità e la qualità dei momenti di verità.
Un elemento estraneo nella progettazione dei momenti di verità riguarda le relazioni che si instaurano tra i
clienti, le cd relazioni di concomitanza.
Alcune relazioni di concomitanza sono presidiate dall’erogatore, come le relazioni con i dipendenti di contatto;
altre relazioni di concomitanza sono fuori dal controllo dell’erogatore e sono le relazioni che si instaurano tra
i clienti in attesa. La gestione delle relazioni di concomitanza è fondamentale perché influisce sulla qualità del
servizio e sulla soddisfazione del cliente.
La concomitanza riguarda due aspetti: l’opportunità per il cliente di stringere nuovi rapporti sociali e le code
di attesa che si formano nell’erogazione del servizio.
La formazione delle code di attesa è inevitabile, è la conseguenza di un compromesso fra il costo del servizio
e il costo dell’attesa percepito dal cliente.
L’impressione del cliente durante l’attesa può influenzare l’intera esperienza del servizio. Il cliente potrebbe
avere sentimenti irrazionali, come l’ansia, o sentimenti razionali come la sensazione di avere il controllo della
situazione sul servizio.
Per evitare sensazioni negative, l’erogatore deve offrire ulteriori attività al cliente in modo tale che occupino
e valorizzino il tempo di attesa. L’erogatore può alleviare l’attesa offendo spazi esteticamente gradevoli,
mettendo a disposizione i numeri per l’ordine di attesa, prevedendo la presa di appuntamenti. Ulteriori
interventi possono essere interventi volti ad occupare l’attesa con ulteriori attività funzionali al servizio stesso,
ad esempio far leggere al cliente il menù prima del servizio o far compilare i documenti necessari in portineria
in albergo.
L’erogatore deve saper bilanciare i costi della capacità produttiva con i tempi di attesa. Se il risultato è positivo
allora si avrà un’ottimizzazione dei costi; al contrario, se il risultato è negativo, il cliente abbandonerà il
servizio.
Le relazioni di concomitanza possono essere trasformate in relazioni di servizio nel momento di progettazione
dell’offerta. (Caso Grameen Bank pag.56).

Nel progettare l’offerta incrementata, la partecipazione del cliente si esprime in diverse dimensioni:
➢ fisica: presenza del cliente nel processo di produzione
➢ cognitiva: nell’interazione intermediata dalle interfacce tecnologiche
➢ cognitiva e relazionale: nei momenti di verità con il personale di contatto
Questo coinvolgimento si traduce nel contributo che l’erogatore si aspetta da cliente in termini di attività da
svolgere.
Nella prospettiva del cliente, la partecipazione è strettamente collegata alla sua motivazione a partecipare. La
motivazione dipende da ciò che il cliente percepisce quando fa un bilancio fra il suo eventuale contributo e gli
incentivi percepiti. Gli incentivi possono essere sia intrinseci (es. la soddisfazione) sia estrinseci (es. risparmio
di tempo, riduzione del prezzo).
Una forte motivazione del cliente si ha nei servizi in cui si ha ampia autonomia, come nei self service. Al
contrario, il consumatore con una scarsa motivazione a partecipare tende a delegare all’erogatore le attività
che comportano costi di natura fisica e/o cognitiva, preferisce sostenere il prezzo proposto dall’erogatore,
anche se magari è più alto.
La partecipazione del cliente implica che l’erogatore deve scegliere preventivamente come organizzare
l’attività, quanta influenza sul servizio concedere al cliente, dove collocare il cliente nel processo di
erogazione.
L’influenza fra erogatore e cliente nell’erogazione del servizio è il risultato di due variabili: il grado di
partecipazione del consumatore (basso/alto) e il grado di coinvolgimento delle persone di contatto o di retrovia
(basso/alto, definito dalla frequenza dei momenti di verità.
La combinazione di queste variabili dà vita a diversi comportamenti partecipati del cliente:
1. Comportamento partecipato basato sull’autocontrollo del cliente: caratterizzato da alta partecipazione
del cliente e basso coinvolgimento del personale dell’erogatore. In questo caso la distribuzione
dell’influenza e del senso di controllo è a favore del consumatore. Questo comportamento è tipico del
libero servizio, il self service.
2. Comportamento partecipato basato sulla parità relazione tra il cliente e l’erogatore: caratterizzato da
alta partecipazione del cliente e alto coinvolgimento del personale dell’erogatore. In questo caso si
cerca la soluzione al problema del consumatore in una situazione destrutturata, si condividono le
informazioni. In questo caso c’è equilibrio tra il l’influenza e il senso di controllo per le parti. Esempi:
servizi di facility management, servizi di consulenza o sanitari.
3. Comportamento partecipato del cliente basato sul controllo organizzativo e tecnologico dell’erogatore:
caratterizzato da bassa partecipazione del cliente e basso coinvolgimento del personale di contatto. La
partecipazione del cliente è vincolata da ostacoli di natura tecnica o amministrativa propri del servizio.
In questo caso l’influenza dell’erogatore è molto alta. Esempio: servizi di telefonia mobile che
richiedono il rispetto di procedure e istruzioni tecniche per fruire appieno le prestazioni offerte
dall’erogatore.
4. Comportamento partecipato del cliente basato sulla disponibilità di molteplici relazioni di contatto
dell’erogatore: caratterizzato da bassa partecipazione del cliente e alto coinvolgimento del personale
dell’erogatore. In questo caso c’è un’intensa organizzazione del personale di contatto; lo scopo è quello
di fornire un servizio altamente personalizzato. In questo caso la distribuzione dell’influenza e del
senso di controllo sono a favore del consumatore. Esempio: servizio di alta ristorazione in cui il cliente
per ordinare ha a disposizione diverse relazioni con i dipendenti di contatto come il maitre, il
sommelier.

Nella fase di erogazione del servizio, l’erogatore organizza le attività da far svolgere al cliente. La
partecipazione del cliente all’erogazione porta il cliente a percepire una maggiore qualità del servizio e in caso
positivo, il cliente diviene promotore del servizio.

Nella fase di distacco, quando il servizio si è concluso, l’erogatore dà al cliente il ruolo di controllore della
qualità. Fare ciò porta numerosi vantaggi: l’erogatore dispone di dati attendibili per il miglioramento del
servizio; motiva i dipendenti di contatto che ricevono immediatamente un feedback sul lavoro svolto e sulla
soddisfazione del cliente.

Per la progettazione dell’offerta incrementata, è indispensabile sapersi mettere nei panni del cliente, capire
cosa motiva il consumatore a partecipare.

7. Il sottosistema di erogazione

La presenza del cliente è la principale caratteristica del processo di produzione che, a sua volta, è rappresentato
dal sottosistema di erogazione nelle sue tre componenti: il sottosistema delle tecnologie, il cliente nel suo ruolo
di coproduttore, le persone di contatto e di retrovia.
Il cliente ha due ruoli, quello di coproduttore e quello di consumatore. I due ruoli del cliente riflettono la doppia
natura del servizio: scambio sociale e scambio economico.

La coproduzione è una relazione interattiva caratterizzata dall’interdipendenza tra il cliente e il personale di


contatto. Sia il cliente che il personale di contatto sono costretti a instaurare una relazione al fine di giungere
alla soluzione del problema del cliente da una parte e alla vendita del servizio dall’altra.
La cooperazione consiste in una continua negoziazione che ha come scopo quello di valorizzare gli interessi
comuni e cercare un compromesso fra gli interessi in conflitto.
La cooperazione è problematica perché inizialmente entrambe le parti non conoscono l’altra e devono
immediatamente risolvere tre importanti questioni: la divisione dei loro compiti e il loro coordinamento; la
volontà di offrire il proprio contributo per il conseguimento degli interessi senza fini opportunistici; la
distribuzione dei vantaggi derivati dallo svolgimento delle reciproche attività.
Dalle problematiche della coproduzione ne deriva che l’esito dello scambio economico è sempre in dubbio.
Nella prospettiva economica, la formalizzazione dell’accordo non garantisce, non previene l’eventuale
comportamento opportunistico del cliente o del personale di contatto ovvero cercare di conseguire dei vantaggi
impegnandosi di meno.
Dal punto di vista sociale, gli attori sono coinvolti razionalmente ed emozionalmente.
L’erogatore assegna al cliente il ruolo di coproduttore con due finalità: svolgere alcune attività al suo posto
(self service) e per sfruttare al meglio la capacità produttiva del cliente, ad esempio con la prenotazione del
servizio, con la fruizione nei tempi morti.
La coproduzione trasforma i ruoli all’interno della relazione. Normann chiarisce questa trasformazione nella
prospettiva dell’erogatore che deve scegliere quale ruolo assumere nella produzione del servizio: alleviatore o
conferitore.
Nel ruolo di conferitore, l’erogatore mette a disposizione conoscenze, strumenti e management. Il cliente, da
parte sua, si serve da sé, è attivo e coinvolto.
Nel ruolo di alleviatore, l’erogatore produce il servizio. Il cliente, da parte sua, ordina e riceve il servizio.
I due ruoli non devono essere considerati alternativi in assoluto, l’erogatore deve decidere quale ruolo giocare
prevalentemente, limitatamente ad alcune prestazioni.
Scegliere il ruolo da giocare è fondamentale a livello strategico perché stabilisce come competere nei confronti
delle imprese concorrenti che propongono il medesimo servizio, ma stabilisce anche come competere nei
confronti delle preferenze individuali dei clienti.

Il ruolo e la modalità di coproduzione sono la base per decidere poi come impiegare persone di contatto e
tecnologie ovvero la base per scegliere come creare l’interfaccia con la quale interagire con il cliente.
La scelta dell’interfaccia influisce sia a livello strategico sia sull’organizzazione produttiva del processo di
produzione e di fruizione del servizio.
Ogni combinazione di interfaccia crea un diverso sistema. Ogni sistema è dato dall’interdipendenza di due
elementi: persona di contatto o interfaccia tecnologica e cliente. La combinazione di queste due interfacce crea
un sistema:
➢ Sistema uomo-cliente: è dato da un’interfaccia sociale -> persona di contatto-persona cliente.
➢ Sistema uomo-macchina: è dato da un’interfaccia tecnologica mista-> persona di contatto-macchina
del cliente.
➢ Sistema macchina cliente: è dato da un’interfaccia tecnologica mista->macchina dell’erogatore-
persona cliente.
➢ Sistema macchina-macchina: è dato da un’interfaccia tecnologica pura->macchina dell’erogatore-
macchina del cliente.
Per scegliere la modalità di coproduzione, l’erogatore deve fare un confronto tra l’interfaccia sociale e quella
mista (sistema macchina-cliente) che riflette il self service. L’interfaccia mista è resa possibile dalle tecnologie
meccatroniche (macchine distributrici) e dalle tecnologie della comunicazione e dell’informazione (ICT).
Il sistema macchina-macchina è tipico del facility management con i controlli a distanza per la gestione degli
impianti, pagamenti elettronici tra il cliente e la banca etc.
Le interfacce tecnologiche eliminano i momenti della verità tipici di un’interfaccia sociale. Di conseguenza,
l’erogatore dovrà confrontare meticolosamente i vantaggi offerti da un’interfaccia macchina-cliente rispetto a
quelli offerti dall’interfaccia uomo-cliente.
L’impiego dell’interfaccia macchina-cliente presenta i seguenti vantaggi per il cliente:
✓ Disponibilità di informazioni dettagliate e precise
✓ Rapidità nel processo di fruizione del servizio
✓ Risparmio di tempo per l’assenza di errori da parte dell’erogatore
Questi vantaggi influenzano la soddisfazione del cliente. In particolare, la soddisfazione del cliente è
influenzata dal funzionamento delle tecnologie del self service.
A seconda del sistema, ci sono diverse condizioni di efficienza:
• Nel sistema uomo-cliente, l’efficienza è data dalle persone dipendenti di contatto, da un facile e rapido
accesso nell’ambiente del servizio, da un adeguato supporto tecnologico.
• Nel sistema macchina-cliente, l’efficienza è data dalle tecnologie e dalla rapidità di risposta, dal
funzionamento altamente affidabile, dalla sicurezza nell’esecuzione delle operazioni e dalla presenza
di un controllo remoto.
• Nel sistema macchina-macchina, l’efficienza è data dalla compatibilità tra hardware e software, da un
software privo di errori e veloce, dalla sicurezza nell’esecuzione delle operazioni, da un sistema di
tracking delle interazioni.
Il mal funzionamento del sistema macchina-cliente è contraddistinto dal “fuori servizio” e dal momento in cui
la macchina non accetta i codici di accesso del cliente. anche quando l’interfaccia tecnologica non funziona
per colpa del cliente, egli tende a incolpare comunque l’erogatore per non aver fornito un’interfaccia più
semplice da utilizzare. I limiti delle interfacce tecnologiche sono date dall’insoddisfazione del cliente e il
rischio che il consumatore abbandoni il servizio con un semplice click.
Inoltre, se la progettazione privilegia la dimensione tecnologica, il pericolo è quello di ridurre la partecipazione
del cliente.
L’erogatore, nella scelta delle tecnologie valuta: l’ottimizzazione dei costi grazie all’eliminazione dei costi di
lavoro dei dipendenti di contatto, il miglioramento del controllo qualità attraverso la standardizzazione del
processo di erogazione, il miglioramento della qualità del servizio garantendo la sua disponibilità di fruizione
senza vincoli di tempo e di luogo.

La coproduzione attraverso l’interfaccia sociale (sistema uomo-uomo) si realizza attraverso l’impiego delle
tecnologie dell’ambiente di servizio che organizzano lo spazio dove è presente il cliente, il cd servicescape.
Secondo le vecchie nozioni di servicescape, le tecnologie degli ambienti di erogazione sono quelle
architettoniche e l’arredamento. Queste tecnologie organizzano lo spazio in senso teatrale, come se fosse una
scenografia.
Una recente nozione di servicescape oltre agli elementi tangibili, include anche elementi intangibili come la
qualità dell’aria, il rumore, la musica, gli odori, i colori, le forme etc.
Gli spazi sono distinti, ma interdipendenti, per organizzare al meglio la coproduzione in funzione del ruolo dei
dipendenti e del cliente.
Si possono individuare tre tipi di spazi:
1. Spazio fisico: la finalità dello spazio fisico è quella di ridurre la distanza e aumentare la visibilità tra
il cliente e le persone di contatto per facilitare i momenti della verità.
2. Spazio sociale: la finalità dello spazio sociale è quella di organizzare e ripartire gli spazi fisici in
pubblici e in funzione delle relazioni di servizio tra il personale di contatto e il cliente e quelle di
concomitanza tra clienti.
3. Spazio simbolico: comunicare i valori e la cultura del servizio per facilitare e confermare il
riconoscimento da parte del cliente.
I dipendenti vogliono controllare il loro spazio di lavoro, uno spazio senza limitazioni per il cliente determina
disturbi. D’altro canto, il cliente si aspetta un accesso facile e uno spazio dedicato per esplicare il suo ruolo.
La progettazione delle tre categorie di spazio deve considerare tutti gli aspetti della relazione di servizio.
Le funzioni delle tecnologie degli ambienti di servizio sono tre:
➢ Produrre una comunicazione non verbale per influenzare il cliente, per stimolare le risposte cognitive
e affettive.
➢ Sostituire l’immaterialità del servizio attraverso gli stimoli delle tecnologie tangibili e intangibili per
creare un’associazione con il servizio nel cliente.
➢ Una funzione teatrale che ha lo scopo di contribuire alla formazione dell’esperienza proposta
dall’offerta allestendo la scena.
Secondo il modello stimolo-risposta, il cliente può mettere in atto un comportamento di avvicinamento e un
comportamento di allontanamento.
L’avvicinamento è composto da quattro fasi: l’avvicinamento fisico (il cliente entra in negozio); l’esplorazione
(ricerca e riconoscimento dell’offerta interagendo con lo spazio); comunicazione con i dipendenti di contatto;
soddisfazione dell’esperienza vissuta nella fase di distacco.
L’allontanamento è composto dalle stesse fasi, ma opposte.

I comportamenti del cliente e del personale di contatto sono mossi da tre stati interiori: cognitivo (basato sulle
opinioni e sui significati simbolici); emotivo (gli atteggiamenti, il modo di porsi); psicologico (mosso dalle
sensazioni di comfort, disagio, movimento). Questi tre stati interiori lasciano però aperte alcune domande, ci
si chiede se il cliente partecipa alla coproduzione perché prima sente o perché prima pensa. A questa domanda
risponde la teoria della Gestalt.
Secondo la teoria della Gestalt, gli stimoli sono raggruppati spontaneamente in modo unitario, come un tutto
unico. La percezione del tutto domina sui singoli stimoli.
La percezione raggruppa gli stimoli in base a sei principi che possono essere considerati anche come i criteri
con i quali progettare e applicare le tecnologie degli ambienti di servizio nella realizzazione del serviscape.
I sei criteri di raggruppamento degli stimoli della Gestalt sono:
1. Prossimità: i singoli stimoli/elementi sono raggruppati insieme a seconda della distanza similare
percepita, vicina o lontana.
2. Similarità: stimoli/elementi che sono fisicamente e sensorialmente simili tendono ad essere
raggruppati insieme.
3. Continuità: stimoli/elementi che appaiono puntare nella stessa direzione sono percepiti come un
gruppo coerente e continuo, ad esempio la continuazione di una linea retta o di una curva.
4. Destino comune: Stimoli/elementi che sono in movimento sono raggruppati in uno spostamento
coerente. Il criterio è equivalente alla similarità, ma differisce perché si applica agli elementi in
movimento.
5. Simmetria: è il criterio estetico prioritario. Le figure naturalmente simmetriche o asimmetriche sono
raggruppate in modo esteticamente distinto.
6. Chiusura: il raggruppamento si realizza in modo da favorire la percezione di figure circoscritte e
complete.
La percezione è organizzata in: figure, immagini percepite e sfondo.
Le figure sono avvertite immediatamente perché sono chiare al senso visivo. Nel caso in cui gli stimoli siano
ambigui, la percezione si baserà sulle informazioni prese dalla retina oculare. Lo sfondo è percepito in modo
vago e nebuloso, meno rilevante della figura.
Per rispondere alla domanda se il cliente prima pensa e quindi valuta o se prima sente l’emozione, la teoria
della Gestalt afferma che gli stimoli influenzano prima la risposta cognitiva. La risposta cognitiva contagia
quella emotiva. La risposta emotiva influenza a sua volta, di nuovo, quella cognitiva che valuta le emozioni e
si traduce nel comportamento del cliente chiudendo la sequenza (cognitiva-emotiva-cognitiva).
Un esempio di successo nella progettazione del servicescape è quella dei negozi Benetton. Ambienti che
vogliono riprodurre quelli dei grandi magazzini, ma dando una sensazione di boutique attraverso la scelta di
negozi piccoli con luci calde. Gli spazi garantiscono il movimento del cliente, non c’è la distanza imposta dal
bancone. (Pag. 70).

L’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) nel sottosistema dell’erogazione
del servizio ha creato un nuovo spazio digitale, il cd cyberspazio. Questo spazio rende virtuali l’offerta, la
produzione e la fruizione dei servizi. Inoltre, ha consentito l’affermarsi di un nuovo mercato: il mercato dei
servizi di intermediazione della rete e il mercato del commercio elettronico.
Il mercato dei servizi di intermediazione della rete è costituito da molte offerte, fra cui: servizi di connessione
alla rete con la messa a disposizione dell’infrastruttura tecnica o del portale ovvero servizi offerti dagli Internet
Service Provider (ISP) come Tim, Wind etc.; servizi di accesso alla navigazione e ai siti internet, offerti da
imprese produttrici di browser e programmi software; servizi di realizzazione dei siti da parte dei Service
Content Provider (SCP); servizi di consulenza digitale; servizi di pubblicità e marketing diretto etc.
Il mercato del commercio elettronico si articola in quattro tipologie di scambio:
1. CtoC, Consumer to Consumer: scambio tra consumatori, intermediato da impresa di servizi (Ebay).
2. CtoB, Consumer to Business: scambio tra consumatori e impresa fornitrice, intermediato da impresa
di servizi. Gli scambi spesso sono regolati da asta telematica con offerta massima del cosumatore
(mBank e Priceline.com).
3. BtoC, Business to Consumer: scambio diretto tra impresa di servizi e cliente per commercio al
dettaglio elettronico (Amazon).
4. BtoB, Business to Business: scambi diretti tra impresa fornitrice e impresa del cliente (Marshall
industries, Fedex).
Il servizio BtoC è funzionale nel commercio elettronico di prodotti standardizzati come libri, cancelleria etc.
e di servizi che sono valutati in base alle informazioni trasmesse in rete come i servizi finanziari.
L’erogatore entra in relazione con il cliente grazie al negozio virtuale che consente l’interattività, la
personalizzazione dell’offerta, il superamento delle barriere spazio-temporali e quindi l’allargamento del
mercato.
L’economia del negozio virtuale si basa sui vantaggi offerti da internet e dalle ICT: self service del cliente,
limitati investimenti nell’infrastruttura, eliminazione del magazzino, pagamento in tempo reale.
Per conseguire questi vantaggi è però necessario offrire rapidità e precisione nelle consegne, fornire il tracking,
creare un’interfaccia di facile utilizzo, dare informazioni chiare e complete, conferme e notifiche sugli ordini,
servizi preferenziali per i clienti già fidelizzati per rafforzare ancor di più la fidelizzazione. (Esempio Amazon
pag.72).

I servizi CtoC e CtoB riguardano il commercio elettronico di beni e servizi, in particolare quelli finanziari. Gli
scambi, quando non sono diretti, richiedono l’intermediazione di un’impresa terza che faccia incontrare
domanda e offerta e renda tecnicamente possibile lo scambio.
Esempi di CtoC sono il servizio di crowfunding che sostituisce la banca rendendo più convenienti gli scambi
attraverso l’impiego delle ICT. (Esempio: società Zopa, pag. 73).
Per CtoB caso mBank pag. 73.
Per queste due tipologie di scambio, l’utilizzo dell’asta online, quando previsto per la natura specifica del
servizio, consente di conseguire vantaggi per entrambi gli scambisti. L’asta raggiunge una platea ampia di
clienti potenziali virtualmente, consente la presentazione totale dei prodotti, massima efficienza di tempo,
spazio e durata dello scambio per l’acquirente.

Il servizio BtoB riguarda il commercio sia di beni che l’erogazione di servizi, esempi sono il facility
management o i servizi di logistica e di spedizione tra le imprese. (Es. Marshall industries pag.74).

Il commercio elettronico sfrutta le cd “economie di scalabilità” costituite dall’aumento del margine lordo
dovuto al costo aggiuntivo di ciascun cliente addizionale pari a zero per quanto riguarda i costi fissi, in
particolare quelli ICT.
La decisione dell’impresa di entrare nel settore è resa possibile dall’impiego delle ICT ed finalizzata a
realizzare due strategie: la multicanalità o il canale digitale.
Nel caso della multicanalità, l’impresa crea un nuovo canale distributivo digitale che si aggiunge a quello
esistente, per ampliare l’offerta ai clienti attuali e potenziali.
Nel caso del canale digitale, si sostituisce il canale esistente con quello digitale per aumentare sia l’efficienza
interna, sia la competitività rispetto a quelle imprese che adottano solo il canale tradizionale basato
sull’interfaccia sociale.

L’impiego delle tecnologie ICT migliora la qualità del servizio aumentando la gamma dei servizi periferici
attraverso lo sfruttamento delle economie di scala, creando ulteriori momenti della verità, aumentando la
personalizzazione.
Vi sono vari strumenti tecnici dell’ICT per rendere più efficace la coproduzione (Vedi Tavola 9, pag. 75).
In particolare, strumenti come i call center, i data base, il tracciamento del cliente etc., aumentano il numero
di momenti della verità che il personale di contatto è in grado di gestire. Questo perché i tempi vengono
notevolmente ridotti dalla tecnologia. Al risparmio di tempo si accostano anche flessibilità e personalizzazione.
Gli strumenti del quadrante uno della tabella (internet, servizi online, realtà virtuale etc.) sono detti Self Service
Technologies in quanto consentono al cliente di gestire il service encounter con la massima personalizzazione,
senza vincoli di spazio e di tempo.
Per conseguire i vantaggi delle ICT, l’erogatore deve verificare empiricamente che il cliente sia disposto ad
utilizzarle a discapito dell’interfaccia sociale. La disponibilità del cliente è detta disponibilità alla tecnologia
ovvero technological readiness (TR). La prima cosa da fare è comunicare al cliente i vantaggi quando si adotta
una tecnologia self service. Un esempio è la messa a disposizione della banca online: le banche inseriscono i
servizi online e rendono più costoso il servizio allo sportello per i clienti che non possiedono la TR e che
preferiscono l’interfaccia umana.
La seconda cosa da fare è coinvolgere i clienti nel miglioramento e nello sviluppo delle nuove tecnologie.

L’impiego delle tecnologie deve essere frutto di un’attenta selezione fatta in funzione del loro ruolo nella
produzione del servizio. Una specifica tecnologia può costituire un vantaggio competitivo, ma quest’ultimo
dipende dal possesso e dalla capacità di utilizzare le risorse. L’impiego combinato delle giuste risorse, dette
risorse superiori in quanto superiori a quelle delle imprese concorrenti, consente di sviluppare le competenze
distintive dell’impresa.
Le risorse superiori hanno la caratteristica di essere non imitabili o imitabili a costi proibitivi e sono non
sostituibili.
Le risorse tecnologiche sono distinguibili in: generaliste e specializzate. Sono generaliste le risorse che
costituiscono l’hardware e il software che vengono proposte ad un mercato di massa.
Sono specializzate le risorse che utilizza in modo specifico un’impresa e sono personalizzate per quell’impresa.
Le risorse specializzate producono valore grazie alle competenze tecniche specializzate degli operatori che le
utilizzano.
Le risorse specializzate o distintive si trasformano in risorse superiori se sono combinate nel giusto modo con
le risorse umane. Grazie alla condivisione della conoscenza (shared knowledge) tra unità organizzativa e
servizio clienti, l’impresa costruisce la sua competenze distintiva.
La competenza distintiva, in sostanza, dipende dal coordinamento tra le due unità. Questo coordinamento, a
sua volta, deriva dalle competenze organizzative utilizzate per progettare delle forme orientate al cliente.
La realizzazione delle competenze distintive richiede relazioni di fiducia reciproche, lavori di gruppo,
apprendimento organizzativo.

Il disservizio è inevitabile nel settore terziario ed è inevitabile anche tentare di recuperarlo, se non lo si recupera
si perde il cliente. Devono essere programmate delle azioni aziendali preventive; un buon recupero del servizio
provoca la soddisfazione del cliente e aumenta la sua lealtà.
Gli interventi aziendali funzionali al recupero dipendono sia dall’analisi delle cause del disservizio, sia dalla
piena comprensione della prospettiva del cliente insoddisfatto.
Per l’erogatore è importante incoraggiare il cliente a fare reclami. Per prima cosa ciò consente di verificare
l’efficienza del servizio e aumentare l’apprendimento organizzativo; secondo: ciò consente di facilitare il
processo di recupero del disservizio; terzo: ciò consente di mantenere la relazione con il cliente.

8. La cultura del servizio

La cultura organizzativa è definita come una serie di assunti di base inventati/scoperti da un gruppo
determinato che impara ad affrontare i problemi del mondo esterno e interno. Questa serie di assunti di base si
rivelano così funzionali da essere considerati validi e vengono indicati come il modo corretto di percepire,
pensare e comportarsi davanti a quei problemi a chi entra a far parte dell’organizzazione.
La cultura organizzativa viene trasmessa ai neo-assunti attraverso artefatti, miti, storie e simboli che diventano
valori di gruppo.
La cultura organizzativa si traduce in norme sociali formali ed informali, del comportamento organizzativo e
di gruppo. Infine, la cultura è percepita positivamente dai membri dell’impresa perché soddisfa i bisogni
fondamentali e rafforza i comportamenti.
La cultura organizzativa diventa concreta nella relazione cultura-leadership aziendale. Il leader ha il compito
di creare e gestire la cultura dell’azienda, l’unico talento che deve avere è quello di saper gestire la cultura.
I leader influenzano il comportamento dei dipendenti attraverso i loro comportamenti, l’esempio, quando
riflettono in modo coerente i valori professati. La comunicazione è importante per trasformare i valori dei
leader in assunti, in convinzioni da interiorizzare, perché quei valori hanno dimostrato di funzionare. Di
conseguenza, le persone adottano i “codici di condotta” che se dimostrano di funzionare, diventano automatici.
La gestione della cultura da parte dei leader è conosciuto come direzione attraverso la cultura o management
by culture (MBC). Nei servizi, i principi della MBC si riscontrano nell’orientamento al cliente che è costituito
da una serie di valori e norme sociali organizzative quali l’eccellenza della qualità del servizio, “il cliente del
cliente”, l’investimento nelle risorse umane, l’impiego coerente delle tecnologie.

Due esempi concreti che indicano il legame tra la cultura organizzativa e la leadership in due imprese di servizi
sono:
1. Compagnia aerea SAS, guidata da Carlzon: grazie al leader Carlzon, nel giro di un anno, l’impresa
adotta una cultura incentrata unicamente sul cliente che riconosce il lavoro della compagnia e le
permette immediatamente di avere redditi positivi. Prima di Carlzon, la dirigenza era tutta incentrata
sugli investimenti, sulla gestione, dunque sul prodotto. Con Carlzon ci si concentra sul servizio,
dunque sul cliente e si ottiene maggiore redditività.
2. Croizier, società di vendita per corrispondenza: il direttore è convinto che l’unica strada per abbattere
la concorrenza sia quella di ridurre i tempi di consegna da una settimana a due giorni. Dai piani alti,
con concrete motivazioni, dicono che è impossibile. Il direttore coinvolge allora i piani più bassi della
gerarchia, gli operai e gli impiegati, spiegando loro cosa intende fare. I dipendenti condividono l’idea,
vengono creati gruppi di lavoro per studiare il progetto coinvolgendo tutti i dipendenti e i dirigenti di
ogni reparto. Ai dipendenti viene data autonomia, se la consegna non avviene entro due giorni, i clienti
vengono rimborsati. I dipendenti, capendo la loro responsabilità, rispondono con un impegno tale da
raggiungere gli obiettivi.

La relazione cultura-leadership si riflette poi nella relazione leader-dipendenti. I dipendenti valutano i valori
comunicati dal leader in base ai suoi comportamenti, in base a come il leader mette concretamente in atto quei
valori e in base alla coerenza fra valori comunicati e azioni concrete. (Vedi Tavola 10, pag 82 per commenti
dipendenti sulla forte/debole passione per il servizio). Pezzo preso da videopillole-> Abbiamo detto che la
cultura è informale, dunque un insieme di norme sociali, di regole, che sono accettate, interiorizzate, condivise
da tutti gli attori. Queste regole prescrivono dei comportamenti. Se un valore culturale è quello di non
corrompere, non gestire le mazzette, ad esempio, se la cultura è forte le persone si comporteranno così. Il
meccanismo di legittimazione è dunque l’apprendimento consapevole, cioè le persone quando sentono il leader
che dice “per me queste sono le cose importanti, così voglio portare avanti il successo dell’azienda” e
verificano che questi valori funzionano, allora li interiorizzano. Non c’è, dunque, solo un apprendimento
consapevole ma anche fiduciario.

Nella prospettiva organizzativa, la cultura è una modalità di coordinamento che consente di prevedere e di
orientare il comportamento organizzativo nel lavoro. La cultura si attua attraverso le norme di comportamento
formali ed informali, le credenze e le ideologie che giustificano i comportamenti. (Vedi Figura 6, pag 83)
La cultura è di fondamentale importanza per il coordinamento dei comportamenti organizzativi in situazioni
imprevedibili, non programmate. Le situazioni imprevedibili non posso essere gestite attraverso il controllo
organizzativo, ma attraverso l’autocontrollo e il controllo sociale.
In particolare, secondo la tavola 11, pag.83:
• Il controllo organizzativo come modalità di coordinamento si realizza attraverso una gerarchia e norme
e procedure formali.
• L’autocontrollo individuale si realizza attraverso motivazione, cultura e norme informali,
negoziazione.
• Il controllo sociale si realizza attraverso il gruppo, la cultura e le norme informali, la negoziazione.
La cultura è fondamentale perché anche se non si vede ed è informale, intanto è necessaria per comprendere il
senso della missione e degli obiettivi dell’azienda. Ogni impresa si dice diversa dalle altre perché ha una
cultura, un modo di intendere il mondo, gli affari, le relazioni di lavoro diverso ed unico. La cultura serve
quindi per capire il funzionamento dell’azienda e per dare delle priorità quali l’innovazione (prima di tutto),
l’internalizzazione e la centralità del cliente, che sono disseminate e valorizzate dal leader e che quindi vengono
poi accettate dai lavoratori. (Pezzo di videopillole).

Coproduzione e cultura. La coproduzione è soggetta ad eccezioni data la presenza del cliente. Nella
coproduzione, la cultura svolge una funzione di orientamento per i dipendenti: suggerisce come far fronte a
situazioni nuove e inaspettate, come recuperare un disservizio. La coproduzione è un processo ad alta intensità
di personalità nel quale la qualità del servizio fornito ai clienti è il risultato del mondo in cui le persone operano,
a prescindere dall’intensità tecnologica.
Entrare nella realtà del cliente significa comprendere cosa vuole, anche se non lo dice chiaramente; significa
sentirsi responsabili del suo problema e risolverlo anche trovando soluzioni fuori dagli schemi, soluzioni che
il cliente nemmeno si aspetta. Questo significa non limitarsi a considerare il servizio come un output, ma come
un input che il cliente ricerca per soddisfare a sua volta il suo cliente che può essere se stesso nel caso dei
servizi alla persona o un’impresa cliente nei servizi dell’impresa. (Il cliente del mio cliente-Figura 7 pag 85).

La nozione di piramide rovesciata indica che il sistema organizzativo deve rappresentare la cultura del servizio.
I dirigenti devono considerarsi degli erogatori interni, devono considerare i propri subordinati come se fossero
clienti. In sostanza, l’organizzazione delle relazioni interne deve riflettere la relazione di coproduzione con il
cliente per assicurare la massima coerenza e efficienza nella gestione del servizio.

Le imprese terziarie di successo si differenziano nelle loro scelte e prestazioni perché sviluppano, impiegano
e possiedono una forte cultura del servizio. Una forte cultura è frutto della comprensione della relazione sociale
instaurata con il cliente. Importante: vedi Tavola 13, pag.86 per studiare gli elementi di una cultura debole e
quelli di una cultura forte.
La cultura forte del servizio è complessa poiché si fonda su assunti (convinzioni) contro-intuitivi. Per
l’erogatore instaurare una relazione sociale, oltre che economica, con il cliente implica riconoscere: la sua
identità, il suo problema, l’intenzione reciproca di intendersi e di agire, il rischio che la sua presenza impone
perché necessaria alla coproduzione.
Tutto ciò è necessario sia affinché il cliente scelga le risorse dell’erogatore per risolvere il suo problema, sia
affinché l’erogatore riesca ad individuare i vantaggi che intende procurare e comunicare attraverso il servizio.
In sostanza, l’erogatore deve mettersi nei panni del cliente, rendere i fini del cliente propri in quanto i fini del
cliente sono funzionali ai suoi. Rendere propri i fini del cliente sviluppa nell’erogatore la capacità di serendipty
ovvero esperienze di connessione e di relazione con il cliente. La flessibilità va di pari passo con la natura della
relazione instauratasi con il cliente nell’erogazione del servizio; la flessibilità spinge l’erogatore a sviluppare
l’abilità di interagire in continuazione con il cliente durante l’intero processo di coproduzione. In questo modo
si realizza sia la personalizzazione che l’innovazione del servizio.
Due esempi di cultura forte e cultura debole riferiti al servizio di cloud computing ovvero il noleggio in remoto
di un server utile a elaborare, salvare, scambiare dati, pagando un canone di affitto a consumo (pay per use).
1. La prima modalità è quella Infrastructure as a Service (IaaS): il servizio principale è l’utilizzo della
macchina (hardware). Il cliente può scegliere il sistema operativo che preferisce, può utilizzare il
proprio software e personalizzare la configurazione. Il pacchetto dei servizi è così composto: il servizio
centrale che è il noleggio; i servizi periferici sono dati dalla consulenza per tutti i problemi legati
all’hardware; è presente un servizio clienti attivo h24, assiste il cliente nella sua lingua madre tramite
telefono e mail. Esempio: Aruba.
2. La seconda modalità è quella Platform as a Service (PaaS): il servizio consiste nel noleggio della
macchina (hardware) e nella messa a disposizione del software abilitante; il software è anch’esso di
proprietà dell’erogatore e viene concesso ad un prezzo molto conveniente. Il cliente può sviluppare in
modo rapido il proprio software riducendo i costi di esperienza e di investimento nella
programmazione. Il cliente non conosce l’infrastruttura (sia hardware che software) ed è obbligato ad
acquistare sia hardware che software, entrambi di proprietà dell’erogatore. Forniscono assistenza solo
via mail ed esclusivamente in inglese. Esempio: Google App Engine.
La modalità PaaS rende il cliente prigioniero perché non è possibile cambiare il fornitore se non
iniziando d’accapo la programmazione del proprio software.

9. L’immagine dell’impresa di servizi

L’immagine dell’impresa di servizi è la percezione che i clienti hanno sull’impresa.


L’immagine aziendale del servizio è costituita da due componenti: funzionale ed emozionale. La componente
funzionale riguarda le componenti tangibili del servizio; la componente emozionale riguarda gli atteggiamenti
e i sentimenti maturati dal cliente nei confronti dell’impresa e della sua offerta. Entrambe derivano dalla
personale esperienza di fruizione del servizio e dalla percezione dei messaggi ricevuti dal cliente sulle varie
caratteristiche dell’azienda.

La percezione del cliente sull’impresa, sulla sua cultura, sulla natura dell’offerta, sulla sua organizzazione è la
cd “realtà sociale”. Esiste anche un’altra realtà ovvero la “realtà fattuale” che è data dal concreto
comportamento aziendale. Le due realtà sono strettamente legate, ma distinte: la loro eventuale differenza
rende più complesse le relazioni tra impresa dei servizi e clienti di riferimento. È compito dell’Alta direzione
ridurre quanto più possibile la distanza fra le due realtà attraverso la gestione o management dell’immagine.
Il collegamento tra le due realtà è effettuato dall’alta direzione attraverso la comunicazione nei confronti dei
clienti esistenti e potenziali per influenzare la loro percezione con una molteplicità di segnali, come la
pubblicità e la marca.
La ricerca empirica dimostra che il maggior impatto sull’immagine del cliente è dato dai dipendenti di contatto
e dalla loro interazione con le tecnologie ambientali. Ne deriva che l’alta direzione deve considerare come
primo cliente il proprio dipendente per assicurare la piena coerenza tra comunicazione ed azione.
I limiti del potere di influenza del management della comunicazione risiedono nel contro potere del passaparola
di altri clienti.

10. La misurazione della gestione dei servizi

La prospettiva dell’economia aziendale prevede che gli esiti della gestione aziendale, della performance,
influiscano sui cd portatori di interessi primari per procedere alla loro “ottimizzazione congiunta” Questi ultimi
sono: i prestatori di capitale ovvero i proprietari dell’impresa; coloro che hanno potere decisionale; i prestatori
di lavoro; tutti coloro che sono legati all’impresa tramite un contratto di lavoro di vario titolo.
Questa impostazione è però tipica dell’impresa industriale nella quale il cliente è esterno, lontano dall’impresa
sino al momento dello scambio.
Nell’impresa di servizi, il cliente è co-produttore del servizio, non ci può essere servizio senza cliente, pertanto
il cliente deve essere considerato come un portatore di interessi primario.

L’allargamento dei portatori di interessi primari si riflette sulla gestione aziendale, in particolare sull’insieme
di indicatori che rilevano la sostenibilità economica e sociale dell’impresa. Questi indicatori non si limitano a
misurare la performance, ma misurano anche le fasi del processo che generano il risultato finale, soprattutto i
momenti nei quali il cliente co-produce il valore d’uso del servizio. (Es. indicatori di processo Tavola 14,
pag.90).
L’erogatore deve calcolare gli indicatori di processo attendibili, quelli che riflettono: le promosse formulate
con l’offerta al cliente assegnando agli indicatori dei valori limite in termini di tempo ed errori, limiti da non
superare; l’efficienza attesa dalle risorse interne.
Gli indicatori della flessibilità nei tempi di erogazione misurano la capacità di soddisfare le esigenze del cliente
in termini di tempi e i tempi di risposta nell’erogare il servizio.
I parametri di flessibilità, invece, misurano la capacità di soddisfare livelli di domanda variabili nel tempo
senza produrre sprechi di risorse (es. chiamate al call center).
La presenza degli indicatori e dei parametri di flessibilità dipende dal contesto di produzione e consumo del
servizio, ad esempio nell’industria non saranno facilmente presenti.

Misura soddisfazione dipendenti. I dipendenti misurano la propria soddisfazione in base a:


• Equità procedurale o senso di giustizia: la percezione di trasparenza dei sistemi di valutazione e la loro
corretta applicazione da parte dei superiori che emettono il giudizio.
• Equità distributiva: la percezione del grado di giustizia percepito del rapporto tra gli incentivi ricevuti,
inclusi quelli ricevuti dal cliente nella coproduzione, ed i contributi personali forniti all’impresa.

Misura soddisfazione clienti. I clienti misurano la soddisfazione del servizio in base alla percezione della loro
“qualità totale sperimentata.” La qualità totale sperimentata è composta dalla qualità tecnica e dalla qualità
funzionale (Figura 8, pagina 92). La qualità totale, se confermata nel tempo, si traduce nella lealtà e nella
fidelizzazione del cliente.
La qualità tecnica è il che cosa, le soluzioni tecniche che il cliente riceve. Riguarda la qualità delle macchine,
le competenze tecniche del personale di contatto, la disponibilità di risorse. Può includere anche il risultato
dell’eventuale recupero del disservizio. Quando la qualità tecnica coincide con la soluzione tecnica del
problema del cliente, essa può essere misurata oggettivamente.
La qualità funzionale è il come, la percezione di come il cliente vive la relazione e l’esperienza. Comprende i
comportamenti, gli atteggiamenti, le attitudini del personale di contatto, la flessibilità, l’accessibilità,
l’affidabilità e la puntualità, la correzione dei disservizi.
Nel caso in cui la qualità tecnica sia carente, può essere compensata con la qualità funzionale ovvero da come
il personale di contatto affronta il disservizio.
Nel caso in cui sia invece carente la qualità funzionale, questa non potrà essere compensata dalla qualità
tecnica.
Dunque, la qualità tecnica è condizione necessaria, ma non sufficiente; la qualità funzionale è condizione
necessaria e sufficiente ai fini della soddisfazione del cliente.
La relazione tra qualità tecnica e qualità funzionale indica all’alta direzione l’importante ruolo svolto dalle
persone di contatto e di retrovia nei confronti del cliente.
La qualità totale (qualità tecnica + qualità funzionale) sperimentata dal cliente è influenzata anche
dall’immagine dell’impresa: se è positiva, il cliente perdonerà eventuali errori nel processo di erogazione; se
è negativa, gli errori saranno ingigantiti nella percezione del cliente.

Strumenti di misurazione della qualità. I sistemi di valutazione interni misurano i comportamenti e


indirettamente l’equità percepita. Invece, le indagini di clima organizzativo rilevano l’equità in modo diretto.
Sia i sistemi di valutazione del clima che le indagini forniscono al management gli indicatori riferiti ai processi.
I sistemi di valutazione per obiettivi e di incentivazione, integrati dalle statistiche sulla mobilità e sul turn-
over, misurano indirettamente la percezione dell’equità individuale con riferimento ai risultati.
La percezione del cliente sulla qualità dei servizi può essere rilevata direttamente attraverso apposite indagini
e questionari di soddisfazione.
Gli indicatori di processo e di risultato sono un utile strumento di controllo e di presa di decisione per l’alta
direzione, a patto che siano: significativi rispetto all’oggetto misurato; riflettano la qualità del coordinamento
tra processi di contatto e retrovia.
Il sistema deve essere progettato in modo tale che l’alta direzione non faccia due errori:
1. Il primo errore è quello della “trappola strategica”: consiste nel considerare i processi di co-produzione
con i clienti come processi esterni e quelli di retrovia come processi interni all’impresa. La trappola
strategica scatta quando l’alta direzione adotta la logica industriale della standardizzazione sotto spinta
della regola del minimax. Ciò significa massimizzare la produttività e il risultato dei processi interni
dimenticando gli effetti sulla co-produzione: si realizza una mancanza di coordinamento tra processi
interni ed esterni. Ciò porta al carico di lavoro per le persone di contatto, di conseguenza si avrà una
scadente qualità del servizio e la conseguente insoddisfazione del cliente.
2. Il secondo errore è l’impiego specializzato e concentrato degli indicatori nella singola funzione
aziendale. L’errore è insito nel modello di divisione del lavoro: gli indicatori vengono gestiti dalla
singola funzione aziendale come unità a se stanti. Ciò determina barriere culturali e di coordinamento
tra le varie unità e porta all’inefficacia della misurazione di tutte le funzioni compresa la co-
produzione.

Un esempio di impiego degli indicatori di processo e di risultato, per comprendere il ruolo e le relazioni tra la
categoria di portatori di interesse e il loro effetto sulle prestazioni dell’impresa, è la “catena del profitto del
servizio” (Service Profit Chain, SPC). Le caratteristiche del modello sono:
• È costituito da un insieme di proposizioni legate fra loro in modo interdipendente, da relazioni di
causa-effetto, ognuna sequenziale all’altra. Queste proposizioni sono i cd anelli della catena.
• È un modello universalistico in quanto spiega la gestione per tutte le imprese di servizi.
• È flessibile dato che non prevede degli indicatori per misurare la soddisfazione delle persone
dipendenti e dei clienti, la scelta degli indicatori è lasciata al ricercatore.
• Ha un obiettivo applicativo: l’obiettivo è quello di fornire all’alta direzione uno strumento concettuale
utile per formulare strategie di servizio e politiche di gestione delle risorse umane che si basino sui
due motori della gestione: la soddisfazione dei dipendenti e la soddisfazione dei clienti. (Figura 9,
pagina 95).

La soddisfazione dei dipendenti dell’impresa determina la prestazione economica dell’impresa attraverso la


mediazione della soddisfazione del cliente e della sua lealtà.
La prestazione dell’impresa è misurata da due indicatori: la crescita in termini di ricavi e il risultato economico-
finanziario dato dalla variazione dell’aumento del reddito positivo.

La soddisfazione dei dipendenti di contatto e di retrovia dipende dalla qualità interna dell’organizzazione del
servizio detta anche Internal Service Quality ISQ.
La ISQ è il risultato della gestione delle risorse umane e delle tecnologie, entrambe orientate al cliente e al
servizio.
Due esempi di due società con ottime prestazioni di servizio e di bilancio sono: la South West, società di voli
low cost che basa il reclutamento sul criterio prioritario del possesso di capacità relazionali, team working.
Queste caratteristiche le devono possedere tutti, anche le figure tecniche come i piloti. La seconda società
d’esempio è la Taco Bell, una delle più grandi catene di fast food che impiega tecnologie specializzate del
settore per ridurre il tempo dei dipendenti nella produzione dei pasti nel retro-negozio, al fine di aumentare il
tempo di contatto con i clienti.

Ricerche su ISQ e SPC. La verifica empirica dell’utilità dell’ISQ riguarda venti grandi imprese di servizi, però
non fornisce un’evidenza analitica.
Per contro, le imprese che adottano l’SPC si distinguono per la soddisfazione dei clienti e dei dipendenti, ciò
si traduce in prestazioni eccellenti rispetto a quelle della concorrenza.
Altre ricerche sulla SPC risultano essere più frammentate nei risultati: mostrano una correlazione semplice,
parziale, limitata a uno o due anelli.
Una delle ricerche riguarda una delle maggiori catene della grande distribuzione alimentare inglese, gestita
esplicitamente in base ai principi SPC: il management è convinto che la soddisfazione e la permanenza delle
persone dipendenti sono la fonte della soddisfazione e della lealtà del cliente.
La soddisfazione dei dipendenti e dei clienti è stata misurata con interviste ad hoc riguardanti il clima
organizzativo e il grado di soddisfazione.
Per garantire la massima attendibilità, la scelta delle variabili è stata concordata con il management della
società. Una di queste è il tasso di saturazione del lavoro ovvero il rapporto tra le ore programmate e quelle
effettive per negozio. Anche se il tasso di saturazione è considerato un indicatore surrogato della ISQ, ha un
valore segnaletico preciso per il management: se il tasso aumento, aumenta anche lo stress del dipendente e di
conseguenza diminuisce la qualità della sua prestazione. L’aumento del tasso può essere dovuto
all’assenteismo o all’aumento delle ore di straordinario.
La qualità delle prestazioni del dipendente è data dalle opinioni di un consulente esterno alla società. Il
consulente agisce nel ruolo di cliente ideale (va all’interno del negozio fingendosi cliente) avendo ben in mente
i criteri aziendali con cui valutare la prestazione del dipendente nei momenti della verità, spesso provocati
appositamente.
I risultati della ricerca devono essere considerati tenendo a mente i punti critici denunciati dagli autori: il
numero piccolo di negozi per rappresentare statisticamente l’intera impresa; il tasso di saturazione come unico
indicatore per misurare la qualità interna dell’organizzazione del servizio.
Ciononostante, i risultati confermano in buona parte il modello SPC e le tesi della letteratura scientifica ad
esso riferite.
➢ Il primo risultato è la conferma dell’importanza delle persone dipendenti, di contatto e non, nella co-
produzione del valore d’uso attraverso le loro produttività e qualità delle prestazioni percepite dal
cliente. La qualità della prestazione dei dipendenti influenza il valore percepito dai clienti attraverso
la disponibilità dei prodotti, le competenze, l’atteggiamento amichevole. La correlazione positiva tra
soddisfazione del dipendente e proprie capacità indica che il dipendente è consapevole che attraverso
la mobilitazione delle proprie competenze determina un impatto positivo sia sull’esperienza del cliente
sia sulla prestazione in negozio. Ciò implica che il management deve creare condizioni che consentano
al dipendente di motivarsi ovvero che consentano al dipendente di mobilitare le loro abilità nella
relazione di servizio.
➢ Il secondo risultato è la conferma del ruolo del cliente di co-produttore primario nella creazione del
valore del servizio. Il valore percepito influenza la soddisfazione e la lealtà del cliente e ciò provoca
degli effetti economici positivi per l’erogatore. In questo caso, la correlazione positiva tra
soddisfazione e valore percepito, la correlazione positiva tra soddisfazione e lealtà, la correlazione
positiva tra lealtà e performance aziendale, si basa su elementi simili. Questi elementi sono: il valore
percepito del cliente legato ai prezzi; la rapidità delle code e del pagamento della spesa alle casse;
l’ampiezza delle referenze e disponibilità dei prodotti; le competenze dei dipendenti.
La correlazione tra lealtà e soddisfazione del cliente è significativa riguardo alla disponibilità del
cliente al passaparola e all’ammontare del suo budget alla spesa alimentare. La conclusione è che il
66% dei clienti altamente soddisfatti del servizio impiega nel negozio più del 75% del proprio budget.
(Tavola 15, pag. 97).

La ricerca, per contro, registra una correlazione negativa tra soddisfazione del dipendente e la sua performance
in negozio, i dipendenti soddisfatti sono anche quelli meno performanti.
La chiave di lettura del management su questa correlazione è che il risultato è legato alla dimensione del
negozio. I grandi negozi sono sempre più redditizi di quelli piccoli in quanto nei negozi di dimensione
maggiore i dipendenti devono servire più clienti, hanno volumi di prodotti variabili che rendono più evidenti
gli errori, il luogo di lavoro è più stressante rispetto a quelli di piccole dimensioni.
Questo risultato evidenzia che il modello SPC non considera gli effetti di uno specifico servizio, nel caso in
questione la dimensione del negozio sulla soddisfazione del cliente.
Lo stesso discorso è valido per la correlazione tra lealtà e permanenza del dipendente e la performance in
negozio. Il dipendente decide la sua permanenza in base alla retribuzione, la dimensione e l’ubicazione del
negozio, la possibilità di carriera, la redditività dell’impresa.
La produttività del dipendente è correlata positivamente con la prestazione del negozio, tuttavia non è
significativa la relazione tra prestazione del negozio e qualità della prestazione del dipendente percepita dal
cliente.

Infine, gli ultimi due risultati della ricerca riguardano la mancata correlazione nel modello SPC tra:
➢ Soddisfazione del cliente e soddisfazione del dipendente. Se questa prima mancata correlazione fosse
il risultato definitivo, sarebbe facilmente falsificata da una delle tesi fondamentali della SPC ovvero
che la soddisfazione del dipendente provoca quella del cliente attraverso l’effetto specchio e, di
conseguenza, la gestione sarebbe redditizia.
Bowen e Lawler forniscono una spiegazione più articolata su questo risultato: la soddisfazione del
dipendente è collegata alla natura e al contesto del servizio. Nel caso specifico, la società adotta la
strategia di aumentare l’impiego delle ICT (scanner per il calcolo e il pagamento automatico della
spesa) riducendo i momenti della verità tra dipendente e cliente e quindi si riduce anche l’influenza
della soddisfazione del dipendente su quella del cliente. Anche in questo caso, la SPC non considera
il contesto del servizio. È probabile che in servizi ad alto contatto, si verifichi la tesi fondamentale
dell’SPC ovvero l’effetto specchio.
➢ Qualità interna dell’organizzazione del servizio e soddisfazione del dipendente. Anche questa mancata
seconda correlazione falsificherebbe la tesi secondo cui la soddisfazione dei dipendenti dipende dalla
qualità interna dell’organizzazione del servizio ovvero da come vengono gestite le risorse umane e
dalle modalità di supervisione orientate ad investire nel capitale umano e nei sistemi di gestione che
aumentano la lealtà dei dipendenti.
In questo caso, l’errore sta nel fatto che l’indicatore tasso di saturazione del lavoro è grossolano, a
detta del management. Inoltre, nel modello SPC non ci sono indicazioni su un indicatore attendibile al
riguardo. Ne deriva che la tesi centrale del modello sia da verificare con una strumentazione adeguata
per giungere a delle conclusioni attendibili.

Questi esempi indicano che la valutazione della gestione dell’impresa di servizi, attraverso un sistema integrato
di indicatori multi-stakeholder, offre al management spunti di riflessione molto più articolati di quelli ricavabili
dall’impiego di un sistema di indicatori puramente economico-finanziari.

CAPITOLO 3 - LA FORMA DI GOVERNO DELL'IMPRESA E LA GESTIONE DEI SERVIZI

11. Le forme di governo e la gestione dei servizi

L'evoluzione giuridica ed organizzativa degli assetti proprietari dell'impresa si accompagna a quella


economica, si riflette nella coesistenza di diverse tipologie aziendali e nelle collegate forme societarie.
L'originaria impresa individuale è affiancata dall'impresa di capitali, ciascuna delle quali è caratterizzata da
portatori di interessi primari distinti.

La specifica forma di governo, oltre ad assegnare i diritti di decisione, presenta condizioni giuridiche che
formalmente facilitano o rendono più arduo lo sviluppo della cultura del servizio, ma che possono al contempo
essere modificate dal gioco del potere degli attori coinvolti.
Un esempio è la società cooperativa di consumo nella quale i clienti sono i proprietari, condizione che però
non assicura la loro coproduzione del servizio sul cliente.

La veste giuridica societaria omologa formalmente l'impresa industriale a quella dei servizi, ma non può
nascondere i caratteri distintivi, gestionali ed organizzativi di quest'ultima.

L'impresa individuale è gestita dall'imprenditore, il quale è proprietario: del diritto di proprietà sulle risorse
finanziarie investite; del diritto di gestione e controllo (l'esercizio delle scelte strategiche ed operative alla
gestione, per realizzare, nel caso specifico, la propria idea di servizio); del reddito residuo (al reddito netto).

L'impresa nella forma della società di capitali si sviluppa attraverso la personalità giuridica e il principio della
responsabilità limitata.

E' un contratto di società che permette l'associazione continuativa e dedicata di risorse. Questo è un contratto
incompleto nel quale è possibile stabilire in anticipo le clausole sui diritti di decisione a causa dell'incertezza.
Il vantaggio del contratto incompleto consiste nella possibilità di essere continuamente rinegoziato e ridefinito,
così da rispondere efficientemente al problema di come prendere impegni per un'azione congiunta senza poter
prevedere e contrattare sulle azioni stesse.

Il contratto di società consente ai soci di prevenire i comportamenti opportunistici post contrattuali.

La responsabilità limitata è il principio giuridico secondo il quale i soci rischiano solo l'investimento conferito
nel capitale della società. Di conseguenza i creditori devono rivolgersi alla società per avere soddisfazione
delle proprie pretese, essendo precluso loro l'agire nei confronti dei soci.

Tali innovazioni determinano l'esigenza di aumentare il capitale nelle imprese dando vita alla grande
corporation statunitense (data dal cambiamento negli assetti proprietari).

Si tratta della separazione dei diritti di proprietà e del reddito residuale (degli azionisti) da quello di decisione
e di controllo (dei dirigente o manager). Tale separazione delinea una nuova forma di governo della S.p.A.,
ossia la public company.

La società cooperativa è definita come un'associazione autonoma di individui che si uniscono per soddisfare i
propri bisogni economici, sociali, culturali e le proprie aspirazioni, con la creazione di una società di proprietà
comune e democraticamente controllata (riconosciuta e tutelata all'art.45 della Costituzione e dagli articoli
2511-2512 del codice civile).

Lo scopo mutualistico è la finalità istituzionale di fornire direttamente ai soci beni, servizi o condizioni
lavorative più vantaggiose, rispetto a quelle di mercato.

Le tre categorie degli assetti proprietari delle principali forme giuridiche dell'impresa si qualificano per i
portatori di interessi primari: l'imprenditore-proprietario, i lavoratori dipendenti, i soci azionisti , i soci
cooperatori, e i manager,

Nella società individuale di servizi l'imprenditore-proprietario è titolare dei diritti di proprietà, di decisione,
controllo e del diritto al reddito residuo e netto. Questa forma di governo presenta il vantaggio di un unico
centro decisorio che decide la strategia e gli aspetti operativi della gestione dei servizi.

12. Le forme di governo della società di capitali

Due prospettive di ricerche opposte propongono forme alternative di governo nella società di capitali, a
seconda se gli interessi che privilegiano sono quelli degli stakeholder e quelli dell'azionista.

Il primo approccio sostiene che nel governo dell'impresa gli interessi tutelati siano, non solo quelli
dell'azionista, ma anche quelli di tutti i dipendenti (stakeholder primari o strategici).
L'approccio degli stakeholder non offre né una terapia strutturata né un modello di governo di impresa. Anche
se i limiti sono evidenti, vi sono imprese legislativamente definite e casi empirici ad essi ispirati, come la co-
gestione delle grandi imprese tedesche con più di 500 dipendenti.

La legge prevede e regola l'impresa sociale, ovvero in modello di impresa multistakeholder che utilizza le
forme di società di capitali per lo svolgimento di attività no-profit. I limiti di governance sanciti dal legislatore
stabiliscono che: debba essere promossa da un gruppo di cittadini, gestita da portatori di interessi diversi dai
proprietari di capitale, assicurare il principio di porte sempre aperta, garantire il processo allargato nelle
decisioni degli stakeholder e destinare gli utili allo svolgimento dell'attività statutaria.

Due esempi di impresa sociale sono Welfare Italia e Microcredito per l'Italia.

La prima offre servizi di odontoiatria e di sanità base a prezzi più bassi rispetto a quelli dei privati. I servizi
offerti sono erogati nella formula franchising, offrendo al singolo poliambulatorio (gestito da un imprenditore)
l'allestimento, la formazione del personale e i servizi di marketing, in cambio di royalties periodiche. Gli utili
sono investiti per allargare la catena di poliambulatori.

La seconda impresa sociale adotta la forma di società per azioni ed offre servizi di: credito, micro-credito e
finanziamenti alle famiglie,.

La forma di governo dell'impresa sociale privilegia i servizi erogati alla persona, facendo collimare gli obiettivi
del management con quelli dei clienti.

La prospettiva alternativa agli stakeholder è il valore degli azionisti (shareholder value); deve tutelare gli
interessi di questi, allocando i poteri di decisione e controllo ai manager. Ciò provoca problemi di relazioni di
agenzia, in quanto operano in condizioni di incertezza, secondo razionalità limitata, con obiettivi distinti ma
in conflitto di interessi.

La relazione di agenzia si definisce come il contratto tra il principale, che delega il potere di agire nel proprio
interesse all'agente, il quale dietro compenso sceglierà come meglio comportarsi nell'interesse del principale.

L'asimmetria delle competenze professionali è a favore dell'agente perché il principale in condizioni di


incertezza non ha le possibilità, il tempo e le abilità per stabilire strategie aziendali.

L'asimmetria informativa circa l'organizzazione interna della società, il mercato, i concorrenti e così via, risulta
anch'essa a favore dell'agente. Può dar luogo a due tipi di opportunismo, uno ex ante la stipula del contratto di
agenzia con il principale (la cosiddetta selezione avversa), ed uno ex post il contratto (costituito dall'azzardo
morale).

Il primo si basa su informazioni private, personali, utilizzate dall'agente per rappresentazioni false del proprio
stato o comportamento.

Il secondo invece si fonda sul possesso di informazioni rilevanti circa la gestione, utilizzate in modo
manipolatorio da indurre il principale ad approvare o effettuare delle scelte che danneggino il suo interesse.

Circa la propensione al rischio, l'agente ne è avverso, ossia preferisce un reddito certo all'incerto; mentre il
principale è neutrale, perché calcola solo la percentuale di riuscita dell'investimento.

Il conflitto tra i due è rappresentato dalla tirannia del breve termine (l'interesse degli azionisti prevede che il
valore ed il rendimento delle azioni sia pari almeno al costo-opportunità del capitale, per mantenere il loro
investimento della società). Per contro l'agente ha interesse ai benefici privati del controllo e all'aumento delle
risorse controllate; l'unico interesse condiviso riguarda la discesa del valore delle azioni.

Nel concreto i problemi illustrati della relazione di agenzia si risolvono con la stipula formale del contratto
omonimo, che prevede oltre alla retribuzione fissa, la corresponsione di incentivi legati a parametri di risultato
della gestione (i criterio temporale chiede una giusta combinazione tra incentivi a breve termine in modo da
bilanciare gli obiettivi del manager).

Di conseguenze il sistema degli incentivi è affiancato da uno di controllo sui comportamenti per evitare
opportunismi.

In definitiva il contratto di agenzia risulta efficiente quanto vi è equilibrio tra i costi di incentivazione e di
controllo con i beneficiaci dell'azione dell'agente. Altrimenti per il principale è preferibile un contratto diverso,
di natura associativa, di condivisione del diritto di proprietà.

L'approccio del valore delle azioni si sostiene sulla base teorica della relazione di agenzia, ben più robusta di
questa degli stakeholder, fornisce indicazioni che trovano un impiego empirico nelle imprese.

La composizione degli assetti proprietari della società di capitali non si limita all'ideal tipo del piccolo azionista
della pubblic company, ma da luogo a due modelli di controllo proprietario, insider e outsider.

Il controllo proprietario è l'esercizio del potere organizzativo legittimato dal possesso della maggioranza dei
diritti di voto a far valere nell'assemblea.

Il controllo del proprietario è l'esercizio del potere organizzativo legittimato dal possesso della maggioranza
dei diritti di voto da far valere nell'assemblea. Il voto è la modalità di coordinamento collettivo delle decisioni
tra i soci della società.

Il voto è la modalità di coordinamento collettivo delle decisioni tra soci e società.

Nel modello outsider (forma di governi o della public company) chi decide è il top management, mentre i
piccoli azionisti, che partecipano alle decisioni con quote ridotte, li approvano o contrastano.

Gli obiettivi del management contrastano con quelli dei clienti e non con quelli dei i piccoli azionisti (tesi a
massimizzare i dividendi e lontani dai clienti). La pubblic company presenta condizioni più favorevoli al
management circa le scelte sulla gestione dei servizi incentrata sui clienti e su relazioni longeve (perché
funzionale all'acquisizione di crescenti benefici privati nel medio termine).

Nel modello di controllo proprietario insider le strategie di potere dei titolari di diritti di proprietà sono
l'acquisizione diretta della quota di maggioranza relativa o indiretta con patto di coalizione o sindacato.

La strategia di acquisizione diretta è tipica degli investimenti istituzionali. La strategia dei gestori si traduce
nell'impiego di due azioni di influenza; la prima, la voice, ossia la comunicazione delle contestazioni verso il
management al fine di conteggiare gli errori per evitare eventuali abusi; la seconda è la shareholder activism,
ossia la presentazione di una propria lista di candidati, alternativa a quella dei management del consiglio di
amministrazione.

Il controllo familiare si ha quando la maggioranza dei diritti di voto è esercitata dai componenti della stessa
famiglia, che partecipano alla gestione dell'impresa. Mentre il controllo piramidale è quello dell'azionista di
riferimento che controlla un insieme di società con un minimo di investimento capitale.

I soci che diventano blockholder hanno potere organizzativo nei confronti del management maggiore rispetto
a quello di soci nel modello outsider, perché eleggono i loro rappresentanti nel consiglio di amministrazione e
il management. Il processo decisorio risulta più omogeneo e si riducono i problemi di agenzia.

A conclusione, si ricorda che i comportamenti degli attori si attuano nell'ambito di quanto definito dalla
normativa e dal modello di governo scelto dall'impresa.
La configurazione dell'assetto di governo dell'impresa dipende dalla normativa del sistema istituzionale nel
quale l'impresa opera.

La riforma della disciplina del diritto societario costituisce l'esempio di governo dell'impresa; il legislatore
definisce tre modelli organizzativi di corporate governance, tra i quali i soci decidono di scegliere quello che
ritengono più conveniente: il modello dualistico verticale o tout court dualistico; e il modello monistico.

I diversi assetti organizzativi riflettono governi di impresa diversi; il modello dualistico verticale è tipico dei
sistemi economici dell'Europa continentale, in primis Francia e Germania; ed il modello monistico è quello
vigente nei paesi anglosassoni, Inghilterra e USA. La diversità riflette l'assegnazione dei diritti di nomina dei
manager e dei controlli.

Nel modello dualistico verticale, l'assemblea dei soci è dotata di minori poteri, trasferiti al consiglio di
sorveglianza, il quale assorbe i poteri del collegio sindacale, rispetto a quello tradizionale.

Essi si frappongono tra gli azionisti proprietari e i dirigenti professionisti che compongono l'alta Direzione,
rendendo meno aspri i problemi di agenzia.

In Italia le imprese adottano il modello tradizionale, gli altri modelli sono usati in modo contingente. Il modello
dualistico, ad esempio, è utilizzato nei momenti di fusione o di incorporazione tra le imprese .

La forma di governo più forte, che assegna diritto di decisione all'attore, il quale può' effettuare in autonomia
e rapidità le decisioni strategiche, è quello monistico. Mentre la campagna proprietaria più funzionale è quella
degli investitori istituzionali, stante l'assenza di conflitti e gli obiettivi nel medio termine.

13. La forma di governo della società cooperativa di consumo

L'analisi della forma di governo della società cooperativa di utenza si legittima perché la proprietà è detenuta
dai clienti dei servizi erogati. Si privilegia la cooperativa di consumo, perché è la tipologia che annovera la
maggior parte dei soci-clienti nel movimento cooperativo e perché mantiene la posizione di leadership sul
mercato nel quale operano anche le società di capitali concorrenti (la grande distribuzione organizzata).

I tratti peculiari della società cooperativa, a prescindere dall'identità del socio, si riflettono sul modello di
controllo proprietario e si confrontano con la società di capitali.

I diritti di proprietà nei confronti del patrimonio delle due forme di società perseguono finalità istituzionalizzali
distinte, quella del lucro (conseguimento e divisione degli utili tra i soci) il dividendo (per la società dei
capitali) e lo scopo mutualistico (lo scambio diretto tra socio e azienda) per la società cooperativa.

Il diritto di voto nella società di capitali è ponderato al capitale conferito, mentre in quella cooperativa è
capitario ovvero democratico.

Il voto ponderato circoscrive il rischio del socio alla quota del capitale sociale detenuto. Mentre il voto capitario
non si limita al rischio della perdita dell'azione o quota sociale detenuta dal singolo socio, ma a quello comune
a tutti i soci, costituito dalla perdita dell'esercizio dello scopo mutualistico.

Nella società cooperativa la titolarità del diritto al reddito residuo è articolato in tre categorie: il ristorno; il
dividendo e la riserva indivisibile.

Per quanto riguarda il ruolo del socio, nella società di capitali il ruolo è unico (è il proprietario ossia colui che
conferisce il capitale sociale); mentre nella società cooperativa il socio conferisce il capitale, pertanto ha un
ruolo ulteriore, qualificato dalla natura dello scambio mutualistico (imprenditore, o lavoratore, o
consumatore/cliente). Il doppio ruolo si riflette sugli incentivi attesi, cioè a quelli economici si aggiungono: i
beni sociali e la forza dei legami che ne derivano.
La differenza tra la società di capitali e quella cooperativa, in definitiva, non risiede nell'assetto del capitale,
che resta privato, ma nella diversa distribuzione del diritto di proprietà e nell'identità di socio, che è più
articolato rispetto a quello dell'azionista.

L'incursione parziale del socio in più ruoli crea un contrasto di ruoli che si acuisce nelle situazioni di crisi
economica, ossia quando mancano le risorse in eccesso.

Il contrasto tra la solidarietà e il merito si manifesta in particolare nelle cooperative di imprenditori (come nel
caso della cooperativa di servizi, ad esempio quella di trasporto nella quale i soci sono padroncini o courier,
proprietari di mezzi). Il cliente principale della cooperativa è una società multinazionale di corriere espresso,
per la quale il courier si presenta dal cliente come il suo rappresentante. Il cliente, decide di corrispondere un
bonus sulla qualità del servizio. Il bonus è l'incentivo sul merito, ad personam, che non interferisce con il
contratto di cooperativa per il servizio di trasporto.

L'interesse del socio alla continuità e allo sviluppo della società contrasta con quello del socio consumatore
allo scambio mutualistico e al ristoro.

La continuità della società è un obiettivo a lungo termine, mentre lo scambio mutualistico e il ristoro sono
obiettivi a breve termine. Tutti e tre insistono sul valore da dividere, incerto, perché soggetto al rischio
d'impresa.

La massimizzazione del reddito di esercizio è differente nella società cooperativa rispetto a quella di capitali,
questa non può essere perseguita a scapito delle condizioni di lavoro o dei prodotti.

Il reddito di esercizio va diviso tra il ristoro e la riserva indivisibile. Si tratta di una decisione che dipende:
dalla percezione e l'età del socio; dal peso del ristoro nella sua economia familiare; dall'influenza esercitata dai
manager della cooperativa.

A seconda della partecipazione del socio nelle decisioni e nelle scelte della cooperativa in quanto impresa, si
distingue in : istituzionale (riguardo il governo dell'impresa) ed organizzativa (riguardo lo scambio
mutualistico con l'impresa cooperativa).

La società cooperativa presenta condizioni che privilegiano la voice e la fedeltà rispetto all'uscita. La voice si
manifesta liberamente poiché indotta dallo scambio mutualistico. La lealtà è invece favorita dallo scambio dei
beni sociali, i quali integrano lo scambio mutualistico.

La motivazione a partecipare è l'interesse; ovvero lo scambio mutualistico piuttosto che il diritto di proprietà.
Il contesto economico e gestionale può modificare l'interesse a partecipare, infatti questo può essere
influenzato: dal peso economico dello scambio mutualistico nell'economia familiare del socio; e dal grado di
mutualità della cooperativa.

La loro combinazione definisce 4 contesti economico-gestionale che qualificano la diversa natura della
cooperativa e le relative condizioni alla motivazione a partecipare (guarda pag.125 tavola n.6)

La tavola 7 invece (pag. 126) invece riporta le forme e gli strumenti impiegati e impiegabili nella società
cooperative di consumo.

La voice espressa nella società cooperative con il voto non garantisce l'effettiva partecipazione istituzionale e
l'allineamento dei manager. La presenza del socio nelle assemblee è meno del 50%, partecipazione limitata
alle esperienze individuali di consumo da parte dei soci.

L'esempio per l'aumento dell'effettiva partecipazione del socio è il coinvolgimento dei soci nel processo di
bilancio. Ciò costringerebbe i manager a coinvolgere i soci sul misurare i risultati sia passati che futuri.
La carente partecipazione del socio aggrava i problemi di agenzia con il manager, che può sfruttare l'asimmetria
delle informazioni che possiede facendo leva sulla cosiddetta leva invisibile; asimmetria che aumenta nelle
società cooperative grandi.

Per prevenire gli opportunismi, i manager sono selezionati tra le famiglie dei soci, in questa prospettiva il
socio/manager rappresenta la risoluzione ai problemi di agenzia. I manager delle cooperative vengono formati
anche attraverso il confronto con altri manager o associazioni.

Vi sono associazioni territoriali aggregate su base geografica riconosciute dalla legge; ed associazioni di settore
come l'ANCC e l'ANCD.

L'influenza del controllo delle associazioni politico/sindacali è variato nel tempo; infatti negli anni della crisi
recente questa è diminuita.

Una forma di governo efficiente assume importanza nella società cooperativa al fine di prevenire il fallimento
della democrazia Tale fallimento si ha quanto la singola cooperativa si trasforma in società differente da quella
di capitali, perdendo la relazione agenzia, che degenera in un dominio della cooperativa stessa da parte di un
gruppo di potere.

HANSMANN propone un modello che spiega l'esistenza della società cooperativa; il modello assume che gli
stakeholder, i padron, siano candidati ad assumere il diritto di proprietà (ma solo quello che minimizza i costi
totali dei contratti tra l'impresa ed i padron assume i diritti di proprietà dell'impresa).

I costi totali sono dati da quelli di contrattazione di mercato e quelli di proprietà.

Per Hansmann la nascita della società cooperativa è il risultato dell'esistenza di una situazione di mercato
imperfetto; e l'assenza di conflitti di interessi tra i clienti. Di conseguenza: se l'impresa opera rispetto alla
propria clientela in condizioni di monopolio naturale, ma ottiene il capitale, la manodopera e gli altri fattori
della produzione in mercati concorrenziali, allora i costi totali sono.

Hansmann utilizza due esempi per spiegare la sua teoria: Master Card e Visa.

Queste sono rispettivamente la ragione sociale di due società cooperative, la loro proprietà è detenuta da un
gran numero di banche indipendenti. Esse acquisiscono dalle due cooperative le licenze di usare il marchio ed
i servizi, conseguendo economie di scala di promozione del marchio.

Un esempio italiano, invece, sono Conad e Coop.

Coop Italia è il consorzio grossista che include trai suoi proprietari sia cooperative di consumo che dettaglianti.
Come grossista negozia con i più grossi produttori; mentre le singole cooperative negoziano le clausole
personalizzate. Alle economie scala della funzione grossista si aggiungono quelle della razionalizzazione della
rete logistica.

Il peso economico delle cooperative di consumo in Italia è diverso rispetto a quello degli Stati Uniti, che è più
basso.

Nel modello di Hansmann la società cooperativa è quindi la risposta alle imperfezioni di mercato; transitorio
rimedio del fallimento sia del mercato che dello Stato.

Sono in continuo aumento in Italia le cooperative di consumo, un esempio è Alleanza 3.0, risultato della
fusione di tre cooperative di cui ne controlla il capitale. Lo scopo mutualistico del singolo socio si espande per
effetto della fusione. La crescita dimensionale della cooperativa di consumo riflette un ritardo, piuttosto che
un punto di forza. La debolezza contrattuale dei produttori si riflette sui prezzi di acquisto che si ripercuote a
sua volta sul sevizio erogato dal singolo, in riferimento alla qualità del servizio reso al socio-consumatore per
il limitato investimento nelle risorse.
La trasformazione della cooperativa di consumo in una società no-profit de facto e il ruolo del socio in
usufruttuario, potrebbe esser vista come risultato dell'incapacità del principale di gestire la relazione con il
management.

I soci mostrano una maggiore propensione a partecipare alle decisioni circa la responsabilità sociale che
riflettono i valori cooperativi e non hanno difficoltà di comprensione tecnica.

Il partecipazione istituzionale alle decisione della gestione risulta invece debole.

Il finanziamento della necessaria ed ineluttabile crescita dimensionale è sostenuta dall'autofinanziamento,


derivante dall'accantonamento degli utili a riserva indivisibile e dal prestito sociale, grazie al numero elevato
di soci /cliente (a ciò si aggiunge l'ambiguità dei parametri economici di controllo dell'efficienza gestionale).
Il risultato di esercizio della società cooperativa di consumo è composto dal margine della gestione
caratteristica e da quello della gestione finanziaria. Il management delle cooperative di consumo può
giustificare il pareggio, la negatività o l'esiguità del margine del margine della gestione caratteristica con il
privilegiare lo scopo mutualistico, per: coprire eventuali inefficienze gestionali e far accantonare la strutturale
positività del margine della gestione finanziaria (che consente di chiudere il conto economico con l'utile
d'esercizio). La manovra consente al management di sottrarsi al controllo dei soci e di acquisire i benefici
privati del controllo collegati all'aumento della dimensione aziendale (lo scopo è collegato ai prezzi di vendita).

La forma di governo adottata dalla prevalenza delle cooperative di consumo è quella del modello dualistico
orizzontale o tradizionale; alcune adottano il modello dualistico verticale mentre ignorano quello monistico. Il
confronto tra i due modelli mostra i pregi ed i limiti di entrambi, tali da non determinare la supremazia di uno
sull'altro. Per contro il vantaggio del modello dualistico è la separazione dei ruoli che facilita l'esercizio del
controllo del socio sul manager. Vantaggio che però può essere neutralizzato dalla presenza del consiglio di
sorveglianza che potrebbe aumentare il potere dei manager.

CAPITOLO 4- LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA DELL’IMPRESA DI SERVIZI

14. L’Oganizzazione

Il termine organizzazione deriva dal greco “organon” e si può definire come la configurazione di diritti e
obblighi, decisioni e azioni con cui le persone si costituiscono in un sistema cooperativo, in cui le persone si
coordinano in maniera dipendente per raggiungere un obiettivo comune. Diritti e obblighi si riferiscono alle
risorse ripartite tra le attività combinate (svolte in maniera coordinata e finalizzata) e il risultato di azioni
intenzionali e spontanee di un ordine sociale che si evolve. Quindi i comportamenti organizzativi sono
finalizzati al conseguimento di obiettivi condivisi tra gli attori primari che nell’impresa sono titolari dei diritti
di proprietà, di decisione, di controllo e di lavoro. L’organizzazione è l’insieme delle regole che assicurano la
cooperazione continuativa tra gli attori. Non è quindi un’entità ma una dinamica di problemi e processi per la
loro soluzione. Organizzare significa ricercare, dare ordine e sistematicità alle attività: è la segregazione di
diverse azioni, la strutturazione di legami tra attori, la riduzione di comportamenti accessibili. Possiamo quindi
dire che l’organizzazione è la disciplina scientifica che studia il comportamento collettivo e individuale, le
circostanze di adeguatezza e non le situazioni. Diverse sono le scuole di pensiero: lo sviluppo iniziale è di
Smith e Taylor (organizzazione come divisione del lavoro), poi Simon-March-Thompson (organizzazione
come disciplina del coordinamento delle attività), infine Williamson (organizzazione come disciplina dello
studio e della modifica di confini e relazioni inter-organizzative tra imprese). L’organizzazione del lavoro è
parte dell’economia aziendale che propone una tripartizione: la strategia aziendale (Cosa produrre? Per chi?
Con quali tecnologie?), la gestione e il controllo (perché e quanto per funzione con economicità),
l’organizzazione (Chi-Come-Perché per svolgere le attività economiche in modo efficiente?). La natura
dell’organizzazione è interdisciplinare: attinge dalla psicologia del lavoro (in particolare i modelli che spiegano
produzione e produttività, apprendimento, relazioni interpersonali, leadership e i loro effetti sui comportamenti
individuali); dalla sociologia dello studio (per l’organizzazione dello Stato, il concetto di ruolo, formazione e
dinamica del gruppo, regole formali e informali, dinamiche del potere, le relazioni tra la tecnologia ed i
comportamenti). La differenza con queste discipline la ritroviamo nel fatto che la disciplina organizzativa offre
la prospettiva con la quale si presentano e affrontano i problemi, per trovare una soluzione finale.

L’attore può essere il singolo individuo che è titolare di interessi e diritti legittimi, oppure può essere il
collettivo ovvero tutti i partecipanti dell’impresa, o ancora il cliente che presenta le sue esigenze e problemi.
Il concetto di attore è flessibile e ciò distingue l’organizzazione dalle altre discipline. In questo caso l’attore
coincide con l’ideale dell’“uomo amministrativo” la cui razionalità è limitata o soddisfacente basata sulle scelte
e azioni organizzative (è diverso dall’uomo economico che ha razionalità assoluta o ottimizzante). L’uomo
amministrativo percepisce il problema e lo rende più chiaro, cerca le informazioni durante la presa di decisioni,
individua le possibili alternative d’azione e applica gli eurismi decisori (gli stratagemmi cognitivi), aggiusta il
livello (cioè se la decisione è stata facile e positiva il livello aumenta e viceversa). L’uomo economico invece
non sostiene nessun costo di ricerca delle informazioni, possiede la possibilità di calcolo infinita a costo zero,
sceglie l’alternativa migliore in assoluto.

Nell’impresa dei servizi l’attore (il dipendente o il cliente) è decisore, è titolare di diritti e doveri specifici, è
portatore di interessi specifici e comuni con quegli attori. La soddisfazione conseguente all’esperienza
determina il livello di aspirazione, cioè se il cliente è molto soddisfatto sarà più alta la sua aspirazione. Se
invece l’esperienza è negativa, il cliente può decidere di cambiare l’erogatore. Quindi per l’erogatore
(l’impresa) è necessario comprendere l’aspirazione del cliente e influenzarlo.

Gli attori primari dell’azienda sono coloro che apportano le proprie competenze e coloro che investono il
capitale finanziario. Nell’impresa di servizi è incluso anche il cliente che ha una presenza attiva. Le risorse
umane sono costituite dalle conoscenze e dalle abilità detenute e conferite nell’impresa dalle persone che hanno
un contrato di lavoro. Le risorse tecnologiche riflettono gli investimenti del capitale conferiti dagli attori che
hanno il diritto di proprietà; determinano e richiedono il corrispondente grado di complessità delle risorse
umane ma non costituiscono la variabile progettuale indipendente quindi consentono scelte possibili per
entrambe le risorse. Le risorse finanziarie indicano il capitale complessivo. La loro allocazione necessita di
informazioni spesso non facilmente accessibili. Le risorse del cliente sono costituite da quelle finanziarie e
dalle competenze che impiega nel riconoscimento dell’offerta e nella produzione del servizio. Inoltre il cliente
applica le sue risorse cognitive per raccogliere le informazioni, per selezionare l’erogatore e accedere al
servizio. L’erogatore sfrutta le competenze del cliente trasferendogli parte dell’attività col self service. I
momenti di verità scandiscono l’interazione con l’erogatore e richiedono al cliente di impiegare le proprie
risorse relazionali per gestire l’interdipendenza reciproca, la continuità del servizio, la suddivisione delle
attività nella co-produzione. Le continue esperienze acquisite nella fruizione dei servizi con diversi erogatori
sviluppano nel cliente le competenze professionali, spesso maggiori di quelle dei dipendenti. La condivisione
delle conoscenze va a vantaggio dell’erogatore, che arricchisce e migliora i servizi, e degli altri clienti. La
realtà empirica offre numerosi casi di crowdsourcing in cui i contributi dei clienti sono volontari e gratuiti (le
recensioni lasciate su Amazon).

Le risorse tecnologiche e umane possiedono due significati:

- Quello del fascio potenziale di servizi possibili (ad esempio la competenza relazionale richiesta al
venditore di servizi)

- Quello di tradurre i servizi potenziali in quelli effettivi tramite l’utilizzo di risorse che assicurano la
co-creazione di valore.

Le economie di scopo derivano dall’impiego delle risorse polivalenti nello svolgimento di più attività. Quelle
tipiche delle imprese di servizi si ottengono dall’uso del tempo di lavoro nella produzione congiunta di più
servizi. Ulteriori economie sono quelle da riuso delle risorse che si ottengono grazie all’impiego delle
tecnologie ICT che consentono, attraverso il congelamento (memorizzazione dati) e la liquidità del lavoro
(scongelamento, accesso e modifiche del lavoro), di riutilizzare-condividere-trasferire il lavoro ad altri attori
e al cliente a costo zero. Per il cliente le economie di scopo si traducono nella densità di opzioni offerte nel
tempo (ad esempio un centro commerciale offre diverse opzioni di servizi che creano valore per il cliente).
Quindi la co-creazione di valore nei servizi si attua attraverso la reciprocità economica della relazione tra
erogatore e cliente, cioè la co-produzione di valore. Le risorse umane e tecnologiche sono impiegate nelle
attività economiche, relazioni di scambio e di cooperazione che assorbono risorse scarse (umane e di capitale)
finalizzate alla co-produzione del valore col cliente. Il comportamento organizzativo, individuale e collettivo,
è osservato nelle attività, nelle interazioni, negli atteggiamenti, nei sentimenti. Questi comportamenti sono il
risultato di decisioni e azioni prescritte e discrezionali, frutto degli spazi di potere concessi e acquisiti e difesi
dal singolo o dal gruppo tramite i giochi organizzativi. Quindi l’allocazione dei diritti determina l’insieme
delle relazioni e dei comportamenti tra gli attori, genera la loro interdipendenza e definisce le modalità di
coordinamento.

15. La progettazione organizzativa

La progettazione organizzativa è la configurazione della forma tramite l’assegnazione di diritti e doveri su


risorse e attività. È un processo, un insieme dinamico di attività finalizzate a prevenire e risolvere i problemi e
a conseguire gli obiettivi dell’impresa.

1. Una prima concezione dice che la progettazione consiste nella definizione della forma organizzativa
e che il processo di progettazione è unilaterale;

2. La seconda sostiene invece che la forma organizzativa è quella del sistema prodotto dalle interazioni
tra gli attori, è la risultante delle strategie degli attori. In questa prospettiva la progettazione è assente
dato che la forma organizzativa è il risultato della razionalità soggettiva di ogni attore. Quindi il
processo di progettazione può essere definito “anarchia organizzativa a legami deboli”;

3. La terza concezione è quella del processo di azioni e di decisioni messe in atto dagli attori con
razionalità limitata. La forma organizzativa è quindi la dinamica negoziata dei comportamenti
individuali e collettivi. Nella progettazione dei servizi tra gli attori si considera anche l’attore esterno
quindi la forma organizzativa è la premessa e il risultato dell’azione.

La forma organizzativa come processo di azioni e decisioni (terza concezione) degli attori è detta interazionista
dato che intervengono: manager, clienti interni (dipendenti) e clienti esterni. Questa progettazione è un
processo interattivo di azioni e decisioni degli attori complementari. Il processo di progettazione inizia dai
clienti, sia interni che esterni, ma sono coinvolti i manager che hanno la responsabilità di presidiare il processo
di progettazione, che suscita divergenze e conflitti. Questo è il problema più critico che i manager devono
risolvere. Nell’impresa dei servizi sono inclusi i clienti esterni. I manager devono assicurare i pagamenti di
parte negoziati alla coalizione dominante, tra i quali vi è la discrezionalità acquisita dai titolari del contratto di
lavoro tramite la negoziazione. La discrezionalità è diversa dall’autonomia: è una risorsa determinante per il
funzionamento del sistema organizzativo. Gli attori interagiscono tra loro tramite le norme e le regole legate
alla gestione, ai contratti di lavoro e alla tutela dei clienti. Le attività e le relazioni tra gli attori cambiano
tramite la negoziazione, l’uso dell’influenza posseduta, l’applicazione delle competenze, lo scambio delle
informazioni, la mobilità e l’ampliamento del capitale sociale. Quindi la progettazione si concreta nella
configurazione delle variabili organizzative che costituiscono la forma tramite l’assegnazione dei diritti,
l’applicazione dei criteri di progettazione, le modalità di coordinamento. La progettazione si distingue in due
modalità micro-organizzative specifiche: per compiti e per attività. La progettazione per compiti è effettuata
in modo unilaterale dal management, quella per attività è interazionista.

(1) La progettazione per compiti (task management) deriva dall’organizzazione scientifica del lavoro ed è noto
come job design; è gestita in modo unilaterale dal management in coerenza col concetto di forma organizzativa
come sistema predefinito. Il risultato è la mansione composta dall’insieme dei compiti assegnati e stabili. Le
tecniche di progettazione utilizzate sono: l’analisi della mansione (job analysis), la descrizione e
formalizzazione delle competenze richieste (job description), la specificazione delle mansioni (job
specification). La mansione richiede al titolare comportamenti esecutivi, semplici, prescritti, con poca
autonomia decisoria e nessuna discrezionalità. Il cambiamento avviene tramite l’apprendimento maturato dal
management o il determinismo tecnologico sorto dall’innovazione nel contesto ambientale. L’obiettivo della
progettazione della mansione è duplice: rendere il lavoro semplice da eseguire, efficiente e facile da controllare
pe raggiungere gli obiettivi comuni. Quindi l’esito della progettazione è costrittivo. Questo tipo di
progettazione determina la forma organizzativa meccanica, qualificata dalla programmabilità delle azioni,
soprattutto tecniche, senza varianze. L’approccio è funzionale quando il lavoro è qualificato dalla manualità,
dalla programmabilità delle azioni, facilmente controllabili tramite standard predefiniti. I punti deboli sono
costituiti dalla costrittività legata al determinismo tecnologico. La costrittività induce a comportamenti passivi
come mobbing, assenteismo… L’approccio per compiti è applicabile alle mansioni di retrovia. La mansione
definisce la sequenza dei compiti che hanno un tempo preciso di esecuzione. Nelle mansioni di retrovia occorre
dosare l’efficienza attesa e i tempi di lavoro che la conseguono, con le esigenze di coordinamento nei confronti
delle unità a contatto con i clienti esterni. La progettazione per compiti si estende alle mansioni di contatto col
cliente esterno quando il servizio è standardizzato ed è erogato secondo la “linea di assemblaggio”.

Un esempio di progettazione per compiti nella co-produzione è McDonald’s che eroga un pasto standard in
ogni punto vendita della catena. Si ha controllo tecnologico (tramite le tecnologie ICT), organizzativo (tramite
comportamenti e standard rigidi), commerciale (attraverso il comportamento atteso e richiesto al cliente). Il
gruppo di lavoro, la crew, eroga servizi di coalizione e ristorazione. È quindi un sistema preordinato. Il
management detta un copione che la crew deve seguire e in questo modo l’incertezza del cliente è ridotta. Mcd
offre prodotti standard che il cliente conosce. Il titolare della crew è assunto con il CCNL turismo a tempo
determinato, o indeterminato, o part-time. Gli sono riconosciuti straordinari, festivi, ferie, permessi, rimborsi…
E’ prevista la mobilità verticale per i lavoratori. In questo tipo di progettazione si può avere insoddisfazione
dell’addetto, magari a causa degli orari rigidi o per la poca umanità. Il servizio sembra essere messo in
discussione nel prossimo futuro con la possibilità di offrire al cliente modo di scegliere l’imbottitura dei panini.
Quindi i lavoratori nella progettazione per compiti possono presentare effetti negativi: stress, alienazione,
insoddisfazione… Le preferenze individuali degli addetti sono: senso del compito (l’impatto del proprio lavoro
sui colleghi e i clienti esterni), varietà (numero e tipo di azioni), identità (contributo visibile al ciclo di lavoro),
autonomia (esercizio dei diritti di decisione, azione e controllo riconosciuti alla mansione), connessione
(stabilire relazioni sociali), effetto di ritorno (feed-back), benessere, sviluppo, autorealizzazione. Queste
preferenze privilegiano la motivazione intrinseca del singolo. Nonostante i miglioramenti apportati da studi
successivi della scuola socio-tecnica e dai modelli sulla motivazione, la natura della progettazione per compiti
non è cambiata. Le tecniche di job design che traducono le indicazione di progettazione per compiti sono:
rotazione (spostamento del singolo su più mansioni nello stesso gruppo), allargamento (aggiungere uno o più
compiti omogenei), arricchimento (nuovi compiti addizionali che accrescono l’autonomia), gruppi semi-
autonomi o autonomi (gruppi formalizzati con autonomia decisoria nel definire procedure di lavoro e sistemi
di direzione).

(2) La progettazione per attività è interazionista e riflette la forma organizzativa concepita come processo di
azioni e decisioni. L’attività è una prestazione composta da compiti, azioni e relazioni che richiedono
l’applicazione di una o più competenze specifiche, sono omogenei in relazione al costo e alla prestazione
determinati dal loro svolgimento. La ragione in essere dell’attività è definita dal destinatario dell’output (cioè
il cliente esterno). La formalizzazione dell’attività consiste nel descrivere un’azione reale, definire il
destinatario o il cliente, individuare i fornitori interni degli input attesi e necessari. Il linguaggio per descrivere
e progettare l’attività è quello utilizzato dall’impresa. Input ed output sono misurati da parametri di accettabilità
fisico-tecnica, valore e qualità. L’output definisce il livello dell’attività mentre il volume stabilisce l’impiego
delle risorse necessarie. La soddisfazione del cliente circa l’output ricevuto definisce la responsabilità
organizzativa del titolare, quindi riflette la qualità dell’impiego delle risorse. Input e output sono negoziati tra
il titolare e il destinatario (cliente interno o esterno) e il fornitore. La negoziazione è finalizzata a soluzioni che
soddisfano i reciproci vincoli e garantisce più flessibilità. Quindi le attività hanno un grado di strutturazione
composito perché sono prescritte se dipendono da vincoli e input tecnologici, autonome o discrezionali perché
si svolgono in co-produzione. Quindi la progettazione per attività privilegia l’analisi delle relazioni di lavoro
orizzontali ed oblique nel processo di erogazione. Allora la progettazione è il ruolo, il risultato
dell’assegnazione dei diritti di decisione e controllo sulle attività le quali, con le rispettive competenze,
riflettono il sistema primario del lavoro d’impresa. Quindi viene assicurata continuità all’attività. La
conclusione è che le attività permangono, mentre i ruoli possono cambiare. La progettazione per attività è
funzionale alle imprese di servizi, in particolare a quelle qualificate dall’offerta personalizzata. Assumere il
cliente come criterio progettuale omogeneo verso il dipendente e il cliente esterno presenta dei vantaggi:
aumenta l’efficienza nella co-creazione di valore, assicura la flessibilità organizzativa circa varianze ed
eccezioni indotte dalla personalizzazione del servizio.

Pensiamo ad una farmacia di medie dimensioni: lo spazio ridotto fa coincidere l’impresa col sistema primario
di lavoro, costituito dall’imprenditore e da 4 farmacisti. Loro si occupano dell’erogazione dell’output.
L’imprenditore proprietario svolge 4 attività: gestisce gli ordini, programma gli interventi di manutenzione e
miglioramento del negozio, gestisce le relazioni di lavoro, gestisce i flussi finanziari in modo redditizio. Nelle
prime 3 attività ha come destinatari i 4 farmacisti, nell’ultima invece la banca. I 4 farmacisti invece svolgono
le attività di: gestione della co-produzione del servizio di consulenza-vendita, del servizio personalizzato e del
ricevimento e collocazione dei farmaci acquisiti. In tutte le attività ha come destinatario il cliente esterno, il
cittadino.

Nella progettazione micro organizzativa per attività interazionista, il cliente interno è attivo nel processo di
assunzione del ruolo e nel rimodellare il ruolo assegnatogli dal management. Il job crafting è l’insieme dei
cambiamenti che alterano la natura delle attività, delle relazioni, della percezione e del significato del ruolo e
dell’identità. Muta i contenuti del ruolo in modo pro-attivo per migliorare l’esperienza di lavoro in termini di
utilità e benessere psico-fisico. I cambiamenti riguardano tutti gli elementi che compongono il ruolo: la
funzione, le attività, le relazioni, il contesto sociale di lavoro. Il job crafting individuale scaturisce dalla
divergenza tra aspettative del ruolo progettato dal management e preferenze dell’attore. Il modello Job
demands-resources Model dà una spiegazione della possibile divergenza. Le aspettative organizzative sono
formate dal carico di lavoro e dall’impiego emozionale dell’attività. Se questi sono eccessivi, l’effetto sulla
persona comporta un aumento del distress che si forma nel burnout e diventa esaurimento psicofisico. Le
risorse del ruolo sono sociali e organizzative progettate dal management per bilanciare o ridurre gli effetti delle
job demands, delle attività.

Il job crafting individua due principali motivazioni:

- La risoluzione dei problemi da stress-lavoro correlato per proteggere la propria salute psico-fisica

- Cogliere le opportunità offerte dalle job resources per conseguire gli obiettivi personali.

Le differenze tra quanto stabilito dal management e le preferenze del dipendente costituiscono le strategie di
job crafting. Il comportamento pro attivo del titolare di ruolo si traduce nel comportamento qualificato
dall’impegno fisico, cognitivo, emotivo nell’espletamento delle proprie attività. Il job crafting non spiega solo
il comportamento individuale ma anche quello collettivo. Il primo influenza il secondo: se l’autore rimodella
il ruolo e il suo ambiente di lavoro chiedendo anche aiuto ai colleghi con dei feed-back, è probabile che essi
rimodellino anche i propri ruoli. Quindi il job crafting collettivo determina maggiore soddisfazione individuale
nelle relazioni fiduciarie.

Le implicazioni per i manager sono ineludibili:


1. Occorre prendere coscienza del job crafting che riflette il comportamento informale, strategico del
singolo

2. Occorre prendere atto che esso va conciliato col comportamento atteso dal ruolo formale.

Il ruolo dell’attore che gestisce la relazione col cliente esterno è cruciale: la co-produzione del servizio richiede
interazione, cooperazione, gestione dell’incertezza col cliente. Esse possono essere fronteggiate da una
strategia di job crafting che supplisca a eventuali carenze organizzative. Le indicazioni fornite al management
per la progettazione delle attività presentano il limite di essere generali riguardo entrambe le dimensioni di
ruolo, richieste e risorse. La carenza del modello di Karasek indica al management dei criteri di micro
progettazione delle attività e del ruolo per prevenire l’effetto negativo più importante sottostante il job crafting,
cioè lo sforzo eccessivo o stress percepito. Esso è il risultato della relazione tra richiesta di lavoro e grado di
autonomia decisoria. La job demand si riferisce all’impegno lavorativo in termini di carico fisico o cognitivo
e ritmo di lavoro, pressione di tempo, prescrittività, attività monotone, conflitti. L’autonomia decisoria è
qualificata da: discrezionalità formativa, l’autorità decisoria. L’impiego empirico del modello si avvale della
somministrazione di un questionario che individua e classifica i ruoli indagati in 4 famiglie organizzative: ruoli
ad alta autonomia decisoria e bassa richiesta di ruolo, alta autonomia decisoria e alta richiesta di ruolo, bassa
autonomia decisoria e bassa richiesta di ruolo, bassa autonomia decisoria e alta richiesta di ruolo. (vedi pag.
169, tavola 9). Il modello JDR è un valido strumento per guidare le scelte del management circa la
progettazione di ruoli e valutare le conseguenze nella prospettiva del benessere organizzativo. Il benessere è il
criterio di progettazione del lavoro imposto dalla normativa italiana e investe tutte le imprese a prescindere dal
settore economico di appartenenza. Il job crafting e il work engangement assumono importanza nei servizi
dato che la relazione di co-produzione implica attività poco programmabili, azioni contingenti, autonome e
discrezionali, e un forte impegno emotivo. L’engagement del cliente interno nei confronti del cliente esterno
si riflette nella soddisfazione e fedeltà di quest’ultimo.

La tensione di ruolo è il risultato di pressioni e aspettative contrastanti esercitate sul titolare di ruolo da parte
di altri. Essa si distingue a seconda che sia l’esito della progettazione organizzativa (in questo caso riflette una
condizione fisiologica) o del processo di assunzione del ruolo da parte del titolare (questo caso concerne ruoli
gerarchicamente intermedi tra quelli dirigenziali ed esecutivi. I titolari devono conciliare gli obiettivi
assegnatogli dal management con le aspettative dei subordinati). La progettazione dei ruoli fisiologicamente
tesi deve porre l’attenzione sull’assegnazione dei diritti e delle risorse che rendono gestibile la tensione. Può
essere il frutto dell’inefficiente assunzione del ruolo da parte del titolare. Le tensioni di ruolo possono essere
tre:

1. Ambiguità di ruolo: deriva dalle reciproche aspettative (il titolare coinvolto deve gestire pressioni
contrastanti);

2. Distorsione di ruolo: deriva dalle aspettative di ruolo progettate in modo chiaro e compatibile con gli
altri del sistema, ma comunicate in modo inefficiente (la tensione provoca distorsioni comunicative
che determinano prestazioni inutili, errori e conflitti da parte del titolare);

3. Incongruenza del ruolo dovuta a due situazioni opposte: la prima è di “sotto-carico” quando le risorse
disponibili per svolgere l’attività sono inadeguate, la seconda è di “sovra-carico” quando si ha
adeguatezza delle competenze del titolare ma le sue aspettative e percezioni individuali risultano
superiori rispetto al ruolo.

16. I criteri di progettazione delle attività

L’approccio per attività si basa su specifici criteri di progettazione e impiego delle risorse. Tali criteri sono
applicati a livello micro, meso e macro organizzativo per disegnare le attività e i ruoli, le unità organizzative
intermedie o organi, la struttura. La progettazione del sistema delle attività inizia scomponendo il sistema
stesso nei suoi sotto sistemi primari in modo da ridurre la complessità organizzativa. Il criterio progettuale
dell’economia si giustifica perché essa determina maggiori risultati con minori risorse nello svolgimento delle
attività.

I criteri progettuali dell’economia sono:

1. Economie di specializzazione (di destrezza): si esprimono, tramite la curva di apprendimento, nella


diminuzione dei costi medi di erogazione del servizio e nella sua migliore qualità. Possono essere
statiche (cioè dovute all’efficienza crescente nello svolgere le stesse attività/processi che danno lo
stesso output) e dinamiche (cioè ottenute con l’impiego di nuove tecnologie per gli stessi output). Le
risorse umane si specializzano per effetto dell’apprendimento nell’uso ripetuto di una tecnica; le
risorse tecnologiche si specializzano tramite macchine e impianti dedicati. Le attività e le risorse
specializzate aumentano l’efficienza e contribuiscono a determinare le innovazioni di processo; esse
sono rigide, isolate e poco flessibili. Nell’organizzazione di servizi, la specializzazione di attività e
risorse si attua privilegiando i criteri di tecnica e tecnologia e del servizio o mercato o tipologia del
cliente di riferimento.

2. Economie di scala: diminuiscono il costo medio unitario del servizio all’aumentare della dimensione
di impiego delle risorse per l’erogazione. Le loro fonti sono tre, ovvero l’esistenza di una soglia
minima di impiego di una risorsa (al di sotto della quale non conviene erogare il servizio), l’uso
ripetitivo di una risorsa senza oneri aggiuntivi (investimento in tecnologie ICT), l’esistenza delle
economie delle “riserve ammassate” (queste migliorano la ripartizione dei rischi e la loro copertura
economica). Le riserve ammassate possono essere umane e tecnologiche. Quelle umane indicano che
le economie delle riserve ammassate non comportano la riduzione immediata dei costi ma pervengono
i costi della discontinuità legati ai rischi potenziali non coperti; le risorse tecnologiche invece aiutano
gli enti che operano nel settore dei servizi a garantire lo svolgimento dello stesso (ad esempio gli
ospedali possono continuare a lavorare anche durante un blackout grazie alle risorse tecnologiche).
L’esistenza delle economie di scala spiega l’aumento della dimensione aziendale, cioè l’espansione
dei confini organizzativi. Se queste economie sono presenti nelle singole fasi dell’intero processo di
erogazione favoriscono l’integrazione organizzativa verticale e orizzontale. Se sono presenti nei
singoli servizi o in una sola fase del processo di erogazione favoriscono la divisione organizzativa.

3. Economie di scopo (di raggio): si hanno grazie all’impiego di una risorsa per la produzione congiunta
di più servizi. Spiegano la diversificazione del portafoglio di servizi come il risultato
dell’apprendimento nell’individuare ed impiegare altre attività/risorse in modo sinergico con quelle
esistenti. Esse sono progettate a favore del cliente attraverso due modalità. La prima è la densità di
opzioni, la seconda consiste nell’aumentare il valore di uso del servizio del cliente (sfruttano entrambe
le economie di scopo del tempo del cliente).

I servizi hanno diverse caratteristiche:

- Complementarietà: si ha quando il valore della combinazione è superiore alla somma dei valori delle
singole attività o servizi.

- Complessità informativa: è il divario tra le informazioni necessarie e quelle disponibili. Riflette


l’incertezza dell’attività. La complessità informativa è funzione dell’output (come il numero e tipo di
clienti da servire), dell’input (ad esempio le informazioni sulla soddisfazione dei clienti),
dell’interdipendenza tra input (la preparazione del servizio preliminare), dell’output (la successiva co-
produzione del servizio). Se la complessità è media, il ricorso all’autorità gerarchica assicura
l’efficienza perché il superiore possiede tutte le informazioni necessarie. Se aumenta, il sovraccarico
informativo del superiore gerarchico è risolto tramite la delega su obiettivi. Quando aumenta ancora,
si aumenta la potenza della capacità di elaborazione delle informazioni tramite le tecnologie ICT o si
riducono le esigenze informative tramite la progettazione di ruoli e unità organizzative. La
riprogettazione consiste nel rendere le unità organizzative auto-sufficienti circa le risorse richiesta
dalla combinazione produttiva presidiata così da ridurre le interdipendenze complesse, assegnare il
diritto di decisione sulle risorse, misurare e assegnare le responsabilità. Le risorse in eccesso si
traducono in un livello di prestazione che chiede un minor carico decisorio; quindi diminuiscono i
rendimenti e l’efficienza.

- Specificità: è la particolarità dell’utilizzo della risorsa nel processo di erogazione del servizio che
genera il maggior valore rispetto al suo impiego in altri processi. Il CASO Decaux (pag. 178) mostra
la specificità delle risorse umane. La società offre servizi pubblicitari presso le fermate dei bus e
assicura al cliente, come servizio ausiliario, la continua manutenzione della bacheca per rendere
visibile la pubblicità. La manutenzione richiede competenze specifiche nei manutentori e per ottenere
prestazioni efficienti, la società offre ai neo assunti dei bonus. La particolarità di impiego delle
semplici competenze dei manutentori nel processo di co-produzione del servizio genera la specificità.

- Insostituibilità: si qualifica per la sua criticità. Può essere rimpiazzata ed è rilevante per lo svolgimento
del processo nel quale è impiegata e per i risultati ad esso collegati. Insostituibilità e criticità
aumentano i legami tra le attività che non possono prescindere dal suo impiego. Tutte le risorse
possono possedere il carattere di insostituibilità e criticità che genera dei plus economici superiori.

- Interdipendenza: è il legame che collega le attività. È il criterio di progettazione che deriva dalla
combinazione della complementarietà e insostituibilità. La natura delle interdipendenze determina
unione o divisione delle attività. Essa può essere (1) generica (il collegamento di fondo che lega tutte
le attività organizzative nell’impresa che contribuiscono all’obiettivo finale della gestione. Le misure
standard sono lo strumento operativo di coordinamento necessario per assicurare l’equilibrio
economico fra tutte le attività ed unità organizzative. Gli standard di coordinamento ed equilibrio
economico sono: la redditività delle vendite di servizi, che esprime il margine economico operativo, e
la differenza tra i prezzi riconosciuti dai clienti esterni) o generica da risorse umane (è più stringente
di quella generica. Tutte le attività sono legate dall’impiego di una risorsa comune ben definita. Il
coordinamento avviene tramite standard e procedure); (2) sequenziale (è il collegamento
unidirezionale, diretto e asimmetrico tra le attività di A e quella di B che dipende da A. N89ei servizi
le attività di contatto nell’erogazione del servizio dipendono da quelle della preparazione preliminare
delle retrovie); (3) reciproca (è il collegamento bidirezionale, diretto e simmetrico per il quale l’attività
o l’output di A costituisce l’input di B e viceversa); (4) intensiva (è il collegamento multidirezionale,
diretto e simmetrico per il quale A, B e C insistono sullo stesso destinatario. Cioè i titolari di
ruolo/attività coagiscono simultaneamente sul destinatario condiviso. Le prestazioni sono fornite in
modo istantaneo). Queste interdipendenze comportano implicazioni rilevanti per la progettazione e
coesistono nel sistema organizzativo, di conseguenza possono essere ordinate in funzione della
difficoltà di coordinamento. Nella prospettiva della progettazione, l’interdipendenza esistente tra le
attività/ruoli deve essere considerata stabile ma occorre verificare se possa essere mutata in una
alternativa più efficiente.

Il conflitto di interessi riguarda i detentori delle risorse, incluso il cliente esterno: si traduce nell’opportunismo,
il comportamento che tradisce gli accordi di cooperazione e scambio. La progettazione organizzativa è quindi
finalizzata a prevenire il conflitto. Maggiore è il conflitto di interessi e il potenziale di opportunismo degli
attori, tanto più la progettazione organizzativa deve ricorrere alla risoluzione dei conflitti. Nell’impresa di
servizi il management deve affrontare e prevenire due tipi di conflitti di interessi riguardo clienti interni e
clienti esterni.

L’impiego dei criteri di progettazione determina la divisione o l’unione delle attività, dei ruoli, delle unità.
Divisione ed unione delle attività sono due azioni progettuali alternative che riguardano la dimensione
orizzontale che risponde al quesito “dividere le attività o unirle?”. La progettazione si completa con la
considerazione delle dimensioni organizzative temporale e verticale. La dimensione temporale riflette la scelta
circa il funzionamento dei ruoli e delle unità organizzative nel tempo ed è misurata dai parametri di permanenza
(o temporaneità) nella struttura, continuità (o discontinuità) di funzionamento e dalle loro possibili
combinazioni. Per assicurare stabilità all’organizzazione i ruoli, diretti ed esecutivi, sono solitamente
permanenti e continui. I ruoli permanenti e continui hanno funzione di controllo; alcuni sono stabiliti dalla
legge per tutelare, ad esempio, i clienti o i lavoratori. I ruoli temporanei sono rari perché la loro esistenza
dipende dallo svolgimento di attività nuove o trasversali all’intera struttura organizzativa con scadenza
definita. La dimensione verticale riflette la scelta di progettazione organizzativa che riguarda il grado di
accentramento o decentramento decisorio del ruolo organizzativo.

La prospettiva interazionista concepisce che l’impiego dei criteri di progettazione delle attività dia luogo a
diverse soluzioni organizzative e che la scelta di una di queste sia determinata dagli attori coinvolti
nell’impresa. Deriva che la soluzione prescelta non è quella ottima della progettazione della razionalità
oggettiva o della progettazione socio-tecnica. Non sempre esiste una soluzione superiore. Quindi possiamo
concludere dicendo che i criteri di progettazione offrono più di una soluzione superiore anche in date
condizioni.

17. Le modalità di coordinamento delle attività

L’allocazione dei diritti sulle risorse e sulle attività tramite i criteri di progettazione consente di assegnare a
ogni titolare di ruolo un obiettivo da perseguire svolgendo le attività assegnate. Esso è interdipendente. Ogni
attore persegue i propri obiettivi personali; nell’impresa non esistono obiettivi comuni ma sono solo condivisi.
Da qui nasce il problema del coordinamento. Il coordinamento si realizza attraverso due processi
interpersonali: scambio delle informazioni (la comunicazione) e lo scambio dei diritti (di azione, decisione,
controllo, proprietà e ricompensa). Lo scambio di informazioni avviene grazie alla comunicazione
interpersonale o mutuo aggiustamento. La comunicazione è un processo comune a tutte le modalità di
coordinamento perché facilita soluzioni superiori tra gli attori coinvolti. Lo scambio dei diritti si traduce negli
impegni e nelle obbligazioni reciprocamente accettate. È regolato dall’influenza esercitata e subita da ciascun
attore. Ogni attore conserva un margine di libertà di azione che rappresenta una fonte di incertezza del suo
comportamento per gli altri attori e per l’intero sistema organizzativo. L’attore resta libero ma deve rispettare
le regole di comportamento e deve adottare una strategia razionale in base alla natura del gioco.

Nella prospettiva organizzativa, le modalità di coordinamento disponibili sono comparate ed apprezzate


attraverso la configurazione che assume i diritti di comunicazione e di decisione nello scambio tra attori. Le
modalità di coordinamento si distinguono a seconda che richiedano la presa di decisione sulle azioni da
intraprendere, siano automatiche.

Le modalità di coordinamento sono:

- Diritti (di comunicazione, di decisione, situazioni di crisi per la modalità adottata)

- Voto (comunicazione collettiva comune, unilaterale del singolo sulle scelte, piccoli numeri di decisori
e tante alternative di scelta disponibili) è la modalità di coordinamento collettivo dell’esercizio dei
diritti di proprietà, decisione e controllo tra i soci. È applicabile a situazioni di interdipendenza da
azioni comune, azioni allineate o dalla messa in comune di risorse.

- *Autorità e agenzia (comunicazione tra componenti, disgiunti tra principale e agente, perdita del
controllo sull’agente).

- *Gruppo (comunicazione tra i membri, congiunti tra i membri, pressione esterna-group think-tensione
e conflitti)
- *Negoziazione (comunicazione tra negoziatori, congiunti tra negoziatori, asimmetria di potere e
prevedibilità dei comportamenti)

- *Norme e regole (niente comunicazione, unilaterali automatiche, opportunismo e costi burocratici)

(vedi pag. 190 tavola 14)


*L’autorità gerarchica è la modalità di coordinamento legittimata dal contratto di lavoro dipendente per il quale
il datore corrisponde una controprestazione in cambio della prestazione. Il lavoratore è soggetto all’autorità,
cioè deve rispettare quanto impostogli. Quindi l’autorità detta le direttive ai subordinati e controlla
l’esecuzione. L’esercizio dell’autorità è delimitato dalla “zona di accettazione” definita dalla legge e
dall’accordo tra datore e lavoratore.

La gerarchia presenta dei pregi:

1. Assicura efficienza decisoria del collettivo;

2. Risolve la discontinuità derivante dalla complessità delle attività.

Ci sono però dei limiti:

1. La perdita di controllo è dovuta all’accentramento dei diritti di decisione in capo all’imprenditore


proprietario;

2. L’esercizio della supervisione diretta incrementa la produttività degli input ma non quella degli output;

3. La coercizione insita nel dover obbedire agli ordini continuamente e demotiva i subordinati,
determinando necessari costi organizzativi di controllo e diminuendo l’efficienza organizzativa.

L’impiego dell’autorità gerarchica richiede la scelta del grado di accentramento/decentramento dei diritti di
adesione e controllo. Circa la quantità delle decisioni, il criterio utilizzato è quello della gestione per eccezioni:
si accentrano cioè nei titolari di ruolo di governo le decisioni che riguardano le varianze non previste dalle
procedure. In questo modo il decisore riduce la quantità di decisioni da prendere ed evita di perdere il controllo.
Anthony classifica le decisioni in strategiche, direzionali e operative (vedi pag. 192 tavola 15). Nella realtà
empirica la classificazione è flessibile e permeabile perché le decisioni sono influenzabili: i manager possono
condizionare le scelte strategiche e i ruoli operativi possono trovare autonomia. Quindi allocazione ed esercizio
dei diritti di decisione possono subire un accentramento/decentramento dinamico tra le famiglie di ruoli. Il
grado di programmabilità e controllabilità delle attività determina un numero diverso di eccezioni che richiede
accentramento/decentramento decisorio.

Nella progettazione occorre garantire il bilanciamento e la coerenza tra caratteri della decisione e i parametri
di controllo della sua esecuzione. Un alto grado di accentramento richiede un alto grado di controllo sui
comportamenti. Un alto grado di decentramento necessita di basso controllo sui risultati ottenuti.
L’accentramento dei diritti di decisione presenta dei vantaggi:

1. Maggior coordinamento

2. Maggior coerenza delle scelte con le politiche generali

3. Minori costi organizzativi

4. Contenimento dei conflitti e dei comportamenti opportunistici

Gli svantaggi sono:

1. Perdita di controllo sulle priorità da risolvere, sulla tempestività e sulla qualità delle scelte
2. Minore qualità delle decisioni dovuta alla divergenza tra chi ha le informazioni per decidere meglio e
chi deve decidere

3. Mancato coinvolgimento nella definizione degli obiettivi di chi deve realizzarli riduce la sua
motivazione ad impegnarsi e aumenta i costi di implementazione

La scelta del grado di accentramento/decentramento dipende dall’impiego dei criteri di progettazione delle
attività.

La relazione di agenzia è la modalità di coordinamento che si qualifica per il maggior decentramento decisorio.
Nella prospettiva della progettazione il problema posto dalla relazione di agenzia consiste nel disegnare ed
impiegare i sistemi operativi di incentivi e controllo del comportamento dell’agente, nel valutare la qualità
delle sue decisioni circa la gestione aziendale e nell’apprezzare la rispondenza del suo comportamento. Il
sistema operativo degli incentivi lega i comportamenti dell’agente ai parametri di risultato attesi per allineare
i suoi interessi e obiettivi con quelli del principale. Il contratto di agenzia è efficiente quando c’è equilibrio tra
il costo degli incentivi e i benefici derivanti dall’allineamento degli obiettivi. Tra i costi bisogna inserire anche
quello per il controllo dei comportamenti. La relazione di agenzia va in crisi quando attività e comportamento
dell’agente sono altamente incerti. L’inefficienza dell’impiego integrato dei sistemi di incentivi e controllo
può essere superata grazie al ricorso ai contratti di natura associativa, di condivisione della proprietà attraverso
l’assegnazione di quote o azioni della società. Il riallineamento degli obiettivi è perseguito attraverso l’unione
dei ruoli di principale e di agente nello stesso titolare: il manager. L’economia della conoscenza diffonde la
relazione di agenzia anche tra i ruoli non direttivi perché richiede crescenti investimenti intangibili che
determinano l’asimmetria informativa tra tutti i ruoli. Quindi anche i ruoli operativi posseggono e presidiano i
propri “saperi segreti”. L’asimmetria informativa si estende dai manager ad altri attori. Il fenomeno sancisce
la crisi della gerarchia nella relazione di lavoro dipendente ed il ricorso all’impiego alternativo della relazione
di agenzia. Il decentramento decisorio è una scelta di progettazione organizzativa in aumento nelle imprese
terziarie. L’estensione della relazione di agenzia ai titolari di ruoli operativi richiede la progettazione
dell’equilibrio relazionale.

*Il gruppo è un insieme di persone, almeno tre, con interessi comuni e legate da relazioni e scambi sociali
reciproci e consapevoli che definiscono la loro cittadinanza e le attese reciprocità. La ragione di essere del
gruppo è la sua funzione il cui perseguimento determina l’interdipendenza organizzativa delle attività rispetto
all’obiettivo comune, e quella relazione tra gli appartenenti al collettivo. Esse contribuiscono al formarsi
dell’identità di gruppo costituita da cultura, valori, status, rango, norme che influenzano il comportamento
individuale. Il singolo esercita la competizione relazionale verso gli altri membri del gruppo, cioè cerca di
soddisfare il bisogno di riconoscimento dei propri scopi e verificare la propria influenza verso gli altri. I
comportamenti individuali vanno alla ricerca di alleanze, competizione, sospensione di giudizio. La dinamica
del gruppo dipende dalle variabili che influenzano l’efficacia della formazione o degenerazione, cioè la
diversità delle informazioni, la coesione dei membri circa interessi e obiettivi comuni, la pressione esterna per
i risultati immediati, la rivalità fra i sotto-gruppi. La struttura sociale del gruppo è composta dalla definizione
del sistema di ruoli e dallo status che può essere ascritto o acquisto per doti di leadership o per competenze
possedute. I risultati del funzionamento del gruppo sono misurati da diversi parametri: la funzionalità (se è
positiva aumenta il morale e il controllo sociale del gruppo verso i suoi componenti), la soddisfazione sociale
dei componenti (rinforza il credito reciproco nelle intenzioni e nel comportamento degli altri verso di sé), la
coesione di gruppo (rinforza l’attrazione del gruppo verso i propri componenti), il potenziale di influenza
(misura il maggior potere negoziale e controllo dell’ambiente di lavoro). Nella prospettiva della progettazione
organizzativa, il gruppo è la modalità di coordinamento diretto e reciproco fra attori interdipendenti, grazie
alla comunicazione totale, alla capacità equilibrata di influenza e alla messa in comune delle informazioni
possedute dai membri. L’impiego del gruppo come modalità di coordinamento riflette e soddisfa i fabbisogni
organizzativi e individuali. La modalità di coordinamento del gruppo assolve due funzioni: la presa di
decisione collettiva, esecuzione e controllo delle azioni dei componenti. Queste due funzioni richiedono che i
componenti abbiano caratteri e attività distinte e contrastanti tra loro. La decisione del gruppo risulta migliore
di quella individuale se rispetta la natura dei problemi, il conflitto di interessi e il confronto tra tutti i membri.
I problemi da affrontare sono poco chiari, poco controllabili e molto complessi. La natura dei problemi richiede
competenze specialistiche e complementari possedute dai membri. Il gruppo è formato da membri proveniente
da diverse unità organizzative. I benefici derivanti dalla soluzione devono essere tali da giustificare costi e
rischi. I conflitti di interessi devono essere assenti in modo permanente. Il confronto rende superiore la
decisione di gruppo: dev’essere applicato in modo libero e continuo a tutti i componenti, sviluppa
l’apprendimento per differenza tra ciò che i membri conoscono e che ancora non sanno e produce vantaggi
cognitivi ed emozionali.

I vantaggi cognitivi sono due:

1. Ampliamento della capacità di trattamento delle informazioni che rende la razionalità di


gruppo meno limitata

2. Prevenzione dei bias decisori (sono ridotti la pronta disponibilità, l’effetto cornice, l’eccesso
di sicurezza).

Il vantaggio di tipo emozionale riguarda il soddisfacimento del bisogno di riconoscimento di ogni membro. Se
il coordinamento è efficace, il gruppo offre occasioni sufficienti al singolo componente per esprimersi ed
influenzare; in questo modo la soluzione è condivisa. Il singolo membro sente sua la scelta. L’utilizzo del
collettivo per il controllo comporta il trasferimento al gruppo della verifica delle attività dei membri. Le attività
possono essere svolte in squadra o gruppo. Le attività hanno interdipendenza intensiva che rende difficoltoso
individuare il contributo di ognuno. Le condizioni di efficienza per l’impiego del controllo di gruppo sono:
l’osservabilità reciproca dai membri del gruppo dei comportamenti attuati, possibilità di poter valutare la
qualità dei contributi individuali per mantenere il controllo del gruppo. Le relazioni di lavoro nel gruppo sono
relazioni di scambi sociali che si formano a prescindere da motivazione economica ed organizzativa. I beni
sociali che il gruppo scambia al suo interno sono lo status, il potere, l’influenza riconosciuta, la stima,
l’appartenenza. Nella prospettiva della progettazione organizzativa il gruppo ha l’effetto di decentrare al
collettivo di diritto di decisione o di controllo.

L’impiego del gruppo ha tre funzioni:

1. Definire la funzione assegnata da privilegiare

2. Nominare l’attore che esercita l’autorità

3. Scegliere i parametri di efficienza

Il gruppo consegue i benefici della funzione per la quale è costituito e impiegato dalla progettazione
organizzativa solo se funziona in modo efficiente. Le tecniche per far operare il gruppo sono specifiche per le
due funzioni alternative assegnate al gruppo. Il conformismo dei membri può essere causato dalla “distorsione
di status”, deferenza verso lo status più elevato. Il gruppo può in questo modo agire secondo informazioni
distorte. Conformismo e distorsione si traducono nella patologia del pensiero di gruppo (group think): è un
conformismo non calcolato, fondato sulla internalizzazione delle norme da parte dei membri. Il risultato è la
creazione di uno spirito di corpo che non tollera critiche, induce all’approvazione sociale. Le conseguenze del
goup think sono costituite dall’inefficienza del processo decisorio per l’analisi superficiale dei problemi, la
ricerca delle informazioni, l’individuazione e discussione delle alternative di azione, polarizzazione su
un’unica soluzione. Il funzionamento del gruppo per il controllo è condizionato dalle dinamiche nella
formazione delle aspettative reciproche di comportamento. Il gruppo infatti tollera un certo grado di devianza
poiché questa è fonte di apprendimento e consente di recepire i cambiamenti non previsti dalle attività. È
invece patologica se porta ai conflitti di interessi.
*La negoziazione è un processo organizzativo tra attori che possiedono interessi e preferenze diverse. Essi
intendono scambiare risorse materiali o immateriali. La relazione organizzativa tra gli attori è negoziale se le
parti sono interdipendenti poiché hanno interessi sia differenti che condivisi ed una posizione di potere
equilibrata. L’interdipendenza è massima nella relazione longeva e in quella commerciale tra l’erogatore e il
cliente fidelizzato. È quindi un processo idoneo a risolvere problemi organizzativi. Nella prospettiva della
progettazione organizzativa, la negoziazione è intesa come una modalità di coordinamento alternativa alla
autorità gerarchica. Le condizioni che rendono inefficiente l’impiego unilaterale dell’autorità decisoria sono:
l’aumento della complessità informativa e dell’incertezza, l’equilibrio di potere sostanziale tra gli attori. La
negoziazione è una modalità di coordinamento che non si può impiegare in modo automatico ed efficiente per
ogni situazione di scambio e cooperazione. Per iniziare e concludere una negoziazione sono fondamentali la
simmetria di potere e l’esistenza di elementi vantaggiosi per entrambe le parti. Sono fondamentali i contenuti
da trattare sui quale trovare l’accordo (risoluzione dei problemi tra gli attori, regole della negoziazione,
meccanismi di controllo dei comportamenti, qualità delle relazioni ecc.). I negoziatori spesso sono concentrati
sulla ricerca della soluzione e omettono la contrattazione della realizzazione concreta. I problemi emergono e
di traducono in processi di rinegoziazione costosi.

I giochi negoziali sono tre:

1. Distributivo: è un gioco vinci/perdi dove l’attore che vince lo fa a spese dell’altro in modo simmetrico.
La contrattazione verte su una sola materia di scambio negoziale, cioè il prezzo. Quindi il gioco è a
somma zero. Questi giochi richiedono strategie negoziali e di comunicazione basate sul celare il
massimo di informazioni cercando di ottenere il massimo dalla controparte, da parte di entrambi.

2. Integrativo: è un gioco vinci/vinci nel quale entrambi gli attori conseguono il massimo vantaggio. È
una situazione quasi priva di conflitto di interessi. La contrattazione verte su più materie. Alcune
combinazioni delle concessioni reciproche garantiscono agli attori negoziatori i massimi vantaggi
possibili. L’offerta più ricca consente al cliente di beneficiare delle economie di scopo che stimolano
l’aumento della domanda per tutti i professionisti. Questi giochi, puri e misti, richiedono strategie
negoziali e di comunicazione opposte. La comunicazione deve quindi essere veritiera per entrambe le
parti. Le competenze, il clima di fiducia e la qualità del processo negoziale tra le parti possono portare
all’individuazione di più soluzioni efficienti.

3. Misto: è un gioco vinci/vinci asimmetrico in cui entrambi gli attori hanno vantaggi ma uno più
dell’altro. Non esistono soluzioni migliori per tutti ma solo soluzioni che aumentano il valore totale
delle risorse da dividere. Quindi occorre aumentare le risorse da scambiare e poi dividerle con la
strategia distributiva dove il conflitto di interessi è attenuato. È il caso delle imprese di servizi
energetici che per saturare la capacità produttiva utilizzata in determinate ore e diminuire i costi di
erogazione, offrono tariffe scontate ai clienti quando cala la domanda.

I giochi negoziali non emergono di per sé: gli attori negoziatori agiscono in condizioni di incertezza e non
conoscono vincoli, aspettative, interessi e preferenze reciproche. Nel processo negoziale, le competenze
illustrate dai negoziatori si riflettono sulla qualità delle soluzioni di accordo e sulla loro tenuta nel tempo. Il
negoziato tra delegazioni introduce nuovi elementi di complessità. I vantaggi del negoziato tra delegazioni,
rispetto a quello a due parti, sono dati dalla maggiore creatività, dal maggior numero di opzioni individuabili,
dalla possibilità di differenziare i ruoli. Gli svantaggi sono due: difficoltà in ogni delegazione di sviluppare
una posizione comune che diventa rigida e difficile da mutare, possibili degenerazioni di gruppo (come il
group think). Un esempio di negoziazione interna all’impresa di servizi è dato dal rinnovo del contratto di
lavoro tra rappresentanti dell’impresa e quelli dei lavoratori. L’impresa dei servizi non deve mai dimenticare
nei negoziati la materia più importante alla base dell’accordo: qualità e longevità della relazione negoziata.
Quindi l’impiego efficiente della negoziazione come modalità di coordinamento deve far leva sui giochi
integrativi, sia puri che misti e trasformare gli eventuali giochi distributivi.
*Norme e regole sociali costituiscono la cultura organizzativa e devono essere accettati e condivisi da tutti gli
attori. La legittimazione della cultura si fonda sull’apprendimento fiduciario o consapevole degli attori che
trasformano i valori del leader. L’apprendimento è il risultato dell’istituzionalizzazione che fornisce al sistema
organizzativo la sua identità economico-sociale.

La cultura svolge tre funzioni fondamentali:

1. Origina modelli cognitivi di significati per la categorizzazione è l’interpretazione degli eventi

2. Stimola modelli di risposta emotiva

3. Delimita e preserva i confini intangibili

La cultura è una modalità di coordinamento perché le sue componenti si traducono in standard, vale a dire
norme e regole che definiscono ex ante i comportamenti organizzativi attesi. Norme e regole sono l’insieme
di comportamenti formulate da chi detiene i diritti di decisione. Quindi costituiscono l’espressione di valori e
giudizi che si realizzano in comportamenti organizzativi. Dotarsi di norme e regole consente di cogliere diversi
vantaggi: equità procedurale (tutti gli attori adottano lo stesso standard in modo simmetrico), equità seriale (i
costi organizzativi si distribuiscono tra i vari attori nel tempo). Le regole organizzative sono il risultato
dell’apprendimento codificato dell’esperienza passata nel risolvere i problemi di coordinamento in modo
soddisfacente. Regole e norme quindi eliminano i costi delle decisioni caso per caso. Esse possono essere
informali (assicurano il coordinamento attraverso la trasmissione al singolo attore dei comportamenti appresi
nelle interazioni sociali), formali (assicurano i comportamenti attesi tramite le clausole che prevedono varie
sanzioni). Regole e norme si distinguono in valori, codici di condotta e routine. I valori sono manifestazione
della cultura e la loro condivisione induce l’attore a orientare e verificare il proprio comportamento verso gli
obiettivi aziendali pre-fissati. I valori costituiscono la modalità di coordinamento efficiente in situazioni di
incertezza conoscitiva. La complessità informativa rende scarsa l’osservabilità dei comportamenti che, grazie
all’omogeneità culturale, sono orientati alla discrezionalità degli attori. I codici di condotta costituiscono le
norme e regole procedurali che si suppone generino negli attori azioni corrette in specifiche situazioni di
lavoro. I codici riguardano le conoscenze circa le procedure di azione e realizzano il coordinamento attraverso
l’allineamento dei comportamenti del singolo. Le routine sono norme e regole di azione che prescrivono quale
comportamento adottare e quale obiettivo perseguire. Sono efficienti nel regolare le attività stabili.

La trasmissione dei contenuti della cultura organizzativa nei confronti degli attori al sistema avviene attraverso
la socializzazione che trasmette i comportamenti attesi ed ha l’effetto di stabilizzare la forma organizzativa e
ridurre i costi di controllo grazie all’interiorizzazione degli atteggiamenti e del ruolo da parte del singolo. La
socializzazione contribuisce a far acquisire agli attori la cittadinanza organizzativa che indica l’atteggiamento
con cui l’attore si sente motivato. Il senso di cittadinanza induce l’attore ad attuare due comportamenti:
altruismo (dare sostegno ai colleghi e collaborare) e osservanza di norme e regole. Nella prospettiva
organizzativa la strategia di socializzazione da usare riflette i caratteri della cultura da trasmettere agli attori.
Norme e regole interne che riflettono la cultura si distinguono in:

1. Costituzione: regola l’allocazione dei diritti di proprietà, di decisione, di controllo e definisce le regole
del gioco con cui vanno stabiliti gli obiettivi e i principi generali.

2. Procedure: stabiliscono gli obiettivi specifici ed i processi per conseguirli, la sequenza delle attività da
seguire, metodi e strumenti di lavoro da impiegare, gli attori coinvolti e le responsabilità. Le procedure
sono progettare in modo specializzato per i problemi da regolare e si traducono nei sistemi operativi.

3. Programmi: regolano l’esecuzione delle attività da parte dei titolari di ruolo coinvolti, le scadenze e i
parametri di controllo.
Vengono stabiliti degli standard degli input, alla preparazione e all’erogazione degli output. Gli standard degli
input definiscono i requisiti ai quali devono rispondere le risorse da impiegare nella produzione del servizio.
Per le risorse tecnologiche gli standard di input e di manutenzione consistono in parametri tecnici. Per le
risorse umane, gli standard riguardano il tipo e il grado di competenze. Gli standard dei processi interni di
preparazione per l’erogazione del servizio da parte dell’unità di retrovia vincolano i comportamenti.

Gli standard degli output sono parametri di risultato che consentono una maggiore autonomia di azione nella
co-produzione del servizio.

La formalizzazione assicura le costituzioni, le procedure e i programmi; consente di definire la forma


organizzativa come un sistema di azioni e relazioni stabili.

I suoi vantaggi sono numerosi:

1. Operare in regime di equità procedurale che assicura il giusto trattamento delle azioni organizzative

2. Prevenire e ridurre le distorsioni percettive e tensioni interpersonali

3. Estensione della memoria organizzativa e della capacità di calcolo per ridurre la complessità
gestionale.

Il limite della formalizzazione consiste nell’invarianza assunta nel tempo dalle regole circa le situazioni di
lavoro che possono essere cambiate. Quindi la formalizzazione assicura il funzionamento organizzativo a
prescindere dai sentimenti personali e dall’avvicendamento nei ruoli da parte delle persone.

L’uso della cultura come modalità di coordinamento da parte della leadership dell’impresa significa compiere
tre scelte specifiche circa: il contenuto (cosa?), il processo (come?), i gradi di completezza e formalizzazione
della documentazione. Il leader deve stabilire cosa sia più strategico per la gestione aziendale, rendere espliciti
i valori e gli orientamenti cognitivi ed emotivi, praticare e comunicare i conseguenti comportamenti
organizzativi da adottare. Riguardo il processo, la leadership deve scegliere se privilegiare l’allineamento dei
comportamenti o quello dei risultati e le relative conseguenze organizzative. I gradi della completezza e della
formalizzazione della documentazione dipendono dalla natura delle attività da coordinare: se queste sono
variabili, incerte e mal comprese circa le soluzioni ai problemi, i manuali, le guide e le istruzioni devono essere
formalizzati in modo ridotto.

CASO Netflix è leader mondiale nell’erogazione di servizi di noleggio DVD e videogiochi in internet. Il valore
privilegiato dal management è la prestazione eccellente, trasmessa ed istituzionalizzata attraverso i codici di
condotta, formali ed informali. I comportamenti organizzativi che assicurano la prestazione eccellente sono
stimolati e rinforzati tramite la gestione delle risorse umane. Questo caso indica la stretta correlazione tra la
natura dei servizi erogati, il contenuto della strategia conseguente, i valori culturali corrispondenti, la
progettazione dei sistemi operativi di gestione delle risorse umane. La correlazione è voluta, ricercata e
rinforzata. Il vertice aziendale ha un ruolo cruciale per realizzare l’innovazione, nella gestione economica e
nel processo di sviluppo. Il rendimento del servizio è esaltato dall’assenza di errori. La prestazione eccellente
risolve anche il problema indotto dalla crescita aziendale per via interna nel medio e lungo termine. Il
management di Netflix attua due interventi per evitare che la rigidità organizzativa ostacoli l’adattamento:
sostiene la crescita con l’aumento della densità dei talenti ad un tasso maggiore di quello dell’incremento della
complessità gestionale, mantiene intatti i valori culturali. Quindi il vertice aziendale ha un ruolo fondamentale
e si riflette sul ruolo dei superiori gerarchici che devono controllare le emergenze, l’apprendimento su campo,
l’eventuale deterioramento della prestazione sui subordinati.

Le modalità di coordinamento influenzano i comportamenti organizzativi, attraverso le tre dimensioni:


orizzontale (agisce sulla cooperazione), verticale (definisce la combinazione tra controllo e autonomia),
temporale (bilancia i comportamenti organizzativi tra breve e lungo termine). L’impiego delle modalità di
coordinamento è in funzione dell’interdipendenza dei comportamenti attesi, frutto della progettazione delle
attività e si traduce nella loro combinazione più adeguata.

CAPITOLO 5 - LA GESTIONE DELLE RISORSE NELL’EROGAZIONE DEI SERVIZI

18. La motivazione individuale

Nell’impresa di servizi i risultati della gestione dipendono dalla quantità delle risorse umane (dei manager e
dei clienti interni), impiegate nella progettazione del sistema di gestione dei servizi durante la coproduzione
del valore con il cliente esterno.

La prestazione del cliente interno è caratterizzata da diverse variabili: la tecnologia, la progettazione e


l’organizzazione del lavoro, le risorse umane/competenze possedute e la sua motivazione a mobilitarle.

La progettazione organizzativa dovrà riflettere il carattere distintivo del servizio, ovvero vi dovrà essere
coerenza tra la service idea (l’idea del servizio attesa dall’impresa con il cliente) e la personnel idea (l’idea
circa il comportamento organizzativo di chi lo dovrà erogare). Pertanto, la coerenza organizzativa è la
condizione necessaria ai fini della service idea da parte dei dipendenti (qui considerati clienti interni,) la quale
sintetizza l’identità e la cultura dell’impresa sviluppata dall’alta direzione; mentre la personnel idea è il tipo di
integrazione tra la capacità, le attese e le esigenze vitali di un particolare gruppo di persone e l’ambiente che
l’impresa può ad esso offrire continuando a soddisfare il proprio business.

La personnal idea, quindi, si può sintetizzare come la relazione di lavoro intesa come scambio sociale, ossia
obbligazioni definite sia in modo esplicito che indeterminato, attraverso accordi tra l’impresa e suoi clienti
interni costituiti da due contratti (quello transazionale, ovvero giuridico formale di lavoro, e quello relazionale,
ovvero psicologico).

Il contratto giuridico formale (scritto) di lavoro dipendente definisce in modo generale il tempo di lavoro, la
retribuzione, orari, ferie, ecce., circa le prestazioni reciproche. Tale contratto è incompleto perché non tutte le
prestazioni e controprestazioni tra gli attori sono definite ed è complesso perché regolato dal concorso di fonti
giuridiche molteplici e differenti

Il contratto relazionale o psicologico integra il contratto transazionale di lavoro dipendente (giuridico formale),
relativamente all’impiego, alla lealtà politica e alla disponibilità a prestazioni discrezionali di fiducia. È un
contratto che il cliente interno segue in autonomia (self enforcing), unilaterale (perché l’impresa si occupa solo
del contesto nel quale il cliente sviluppa il suo lavoro) e personalizzato (basandosi su una promessa aziendale
percepita). Pertanto, è un contratto implicito nel quale le aspettative di entrambe le parti non sono formalizzate.

Le esigenze vitali dei clienti interni costituiscono un vicolo per la progettazione organizzativa della relazione
del lavoro, ciò provoca richieste e adattamenti reciproci nei contenuti della personnel idea.

L’esistenza di molteplici tipi di contratto di lavoro sia sul mercato esterno che interno, determinano la
coesistenza di più personnel idea, progettati dall’impresa per assicurare sintonia tra le relazioni interne e quelle
esterne. Pertanto, se la relazione di servizio con il cliente è molto personalizzata anche la relazione di lavoro
con il cliente interno lo deve essere, altrimenti il cliente esterno riceverebbe un servizio diverso rispetto quello
atteso. Ad esempio, nel caso del trasporto aereo, l’equipaggio è costituito da piloti, hostess e steward, e la
qualità delle loro prestazioni influenza la soddisfazione dei clienti in modo prevalente durante il viaggio. Ne
consegue che le prestazioni dell’equipaggio tendono a mutare con l’avvicinarsi del termine della carriera.
Swiss Air ha risolto ciò in maniera efficiente, realizzando una personnel idea per gli equipaggi coerente con la
serivce idea, acquistando una catena alberghiera per offrire all’ equipaggio in uscita di estendere la relazione
di lavoro attraverso una carriera alternativa.

In conclusone, la relazione tra service idea e personnel idea ha una duplice significato per il management:
rendere esplicita la relazione con il cliente esterno e condividerla con i clienti interni (i quali sono chiamati ad
erogare un servizio concreto). Ciò avviene attraverso la comunicazione di tre processi organizzativi intrecciati
tra loro: il marketing interno, il marketing esterno e la coproduzione del servizio.

Il marketing interno è la strategia di management che si propone di comprendere gli atteggiamenti dei clienti
interni circa il sistema di gestione e la service idea, di ascoltare le esigenze per progettare la personnel idea
(funzionale al migliorare la coproduzione del servizio e del valore). Si tratta di tre attività tra loro
interdipendenti: la ricerca sugli atteggiamenti e sulla consapevolezza, la comunicazione delle informazioni
sulla service idea e sulla gestione, l’identificazione delle competenze di servizio nei confronti dei propri clienti
interni.

La ricerca sugli atteggiamenti maturati dai propri clienti interni mira a conoscere la loro percezione sui diversi
aspetti della gestione riguardanti l‘erogazione del servizio.

L’indagine sulla consapevolezza si propone di accertare su quali informazioni si basino gli atteggiamenti dei
clienti interni circa: lo stato aziendale, le strategie ed il peso economico ei servizi offerti, le esigenze dei clienti
serviti, la logica dell’organizzazione del lavoro e le attese di ruolo.

Il processo del marketing interno deve combaciare con quello della service idea e della peronnel idea in una
interazione continua. Il caso di First Direct ne è un esempio, il marketing interno è condiviso tra la direzione
generale e quella delle Risorse umane; quest’ultima presidia il marketing interno nel caso di business partner,
ossia nel caso di fornitore di servizi interni.

La progettazione della personnel idea in impresa si fonda su una teoria circa la motivazione individuale al
lavoro che spiega il comportamento che lo induce. Le scuole del pensiero organizzativo e quelle della
psicologia del lavoro elaborato specifici modelli che si possono classificare nele teorie di “contenuto o dei
bisogni” e in quelle “cognitive o di processo”. I modelli cognitivi proposti sono due: le scelte delle quali si
giustifica per la validità scientifica e la versatilità di impiego. Mentre le teorie sulle motivazioni prescelte sono
quelle dell’equità di giustizia organizzativa e della definizione degli obiettivi. Entrambi i modelli assumono
che: la persona sia unica, sia dotata della propria individualità e sia libera intellettualmente (possiede abilità
cognitive, utilizza la razionalità per effettuare le proprie scelte e per attivare i comportamenti).

Nella produzione del servizio, il singolo cliente interno gestisce due relazioni: quella di lavoro con il
management e la relazioni di servizio con il cliente esterno e con gli altri clienti interni.

1. Il modello dell’equità assume che l’attore sia motivato a mantenere le relazioni eque o giuste (con gli
altri attori e con chi rappresenta l’impresa) e a modificare le relazioni non eque in eque. L’equità si
genera negli scambi sociali e di mercato. Ciò vale anche quando due parti sono ricompensate da una
terza parte, che deve mantenere tra i due l’imparzialità nella distribuzione dei compensi. La percezione
dell’incoerenza tra le attese ed il trattamento ingiusto genera la dissonanza cognitiva; il disagio
psicologico che richiede dall’attore un comportamento correttivo per riportare l’equilibrio crea invece
la consonanza cognitiva. Per il cliente interno esse possono essere indirette, ad esempio il non
impegnarsi nell’relazione con il cliente esterno oppure il commettere furti o il sabotaggio (nei casi più
gravi). Per il cliente esterno la percezione di un processo di erogazione non equo significa il suo
abbandono e il rivolgersi ad una impresa concorrente.

Le dimensioni che compongono l’equità organizzativa percepita dall’attore sono tre: l’equità distributiva,
l’equità procedurale e l’equità interattiva. La prima è la percezione individuale su quanto si riceve. La seconda
è la percezione di come si è trattatati nella relazione. La terza invece è la percezione riguardo alla correttezza
percepita dal cliente interno ed esterno nel gestire la comunicazione organizzativa (circa la qualità delle
informazioni raccolte, discusse e le argomentazioni trattate dalla controparte).

Ogni decisione distributiva è composta da quattro elementi: l’obiettivo della distribuzione; il principio di equità
coerente con l’obiettivo; il criterio decisorio con il quale tradurre il principio nella sua applicazione concreta;
le risorse oggetto della decisione divisibili e indivisibili. I principi per la presa della decisione distributiva equa
sono costituiti da: uguaglianza, bilanciamento e bisogni.

• L'uguaglianza presenta i vantaggi di mantenere un clima armonico tra attori e di ridurre i costi
informativi per la presa della decisone. Il limite è l’impossibilità di applicarlo alle risorse indivisibili.
• Il bilanciamento consiste nel calcolo del rapporto percepito tra gli incentivi e i contributi individuali
da parte del cliente interno ed esterno. Se il confronto risulta bilanciato il cliente esterno o interno sarà
soddisfatto e motivato perché percepirà l’esistenza dell’equità distributiva.
• I bisogni circa la divisione delle risorse in funzione dei bisogni rilevanti degli attori con la loro
comparazione interpersonale o in base a un indicatore empirico, ad esempio il benessere organizzativo.

Nel caso di percezione di mancata equità, l’attore mette in atto due reazioni, una comportamentale e l’altra di
misura psicologica. Le relazioni si riferiscono sia al cliente interno che a quello esterno. Si consideri il caso di
Safeway, impresa statunitense prodotti alimentari, che ha deciso in via sperimentale e parziale la lettura dei
prezzi dei prodotti acquistati e la cassa automatica self-service. Per il cliente esterno i vantaggi sono: la
riduzione dei tempi di attesa alle casse tradizionali; il controllo diretto degli articoli acquistati e dell’importo
progressivo della spesa. Per l’impresa, invece, il beneficio è costituito dal risparmio nei costi del lavoro alle
casse tradizionali. I fattori negativi potrebbero essere le difficoltà di uso della cassa in presenza di bambini o
la mancata interazione con la cassiera.

Il principio del bilanciamento prende in considerazione tutti i fattori. Il modello presuppone il rispristino del
bilanciamento in caso di perdita di equità non immediata. Il successo incontrastato di Amazon si basa, infatti,
proprio su questo assunto: il recupero del disservizio che deve essere rapidissimo per ripristinare l’iniquità
patita dal cliente. Per contro di esso, un limite alla realizzazione di lavoro tra cliente interno e Management è
dato dalla sua longevità.

Il principio dei bisogni è giusto nella relazione di servizio e di lavoro longeve, che consentono gli attori di
conoscersi molto bene. Il limite è costituito dall' estrema soggettività la quale richiede che il giudizio sui
bisogni dipenda esclusivamente dagli attori coinvolti.

Nella progettazione organizzativa l’impiego dei tre principi di decisione distributiva è funzionale ad altre
condizioni organizzative. L’equità distributiva costituisce un valido riferimento per la progettazione
organizzativa della personnel idea. L’equità procedurale consiste nel controllo del processo e delle procedure
relativo alla relazione di lavoro o all’erogazione del servizio (che può avvenire prima, durante e dopo il
processo). L’equità interattiva è la percezione del grado di controllo della relazione da parte del cliente interno
o esterno (riguarda le modalità di comunicazione delle argomentazioni).

La teoria dell’equità spiega il comportamento del cliente a prescindere dal suo status interno o esterno. Lo
studio e l’impiego della teoria dell’equità per spiegare il comportamento del cliente esterno si sono sviluppati
nella disciplina del marketing. Si basa sulla nozione di convenienza del servizio costituita dal risparmio di
tempo e di sforzi da parte del cliente esterno durante la fruizione del servizio. Il risparmio di tempo è dato
dall’aumento del suo costo opportunità; mentre il risparmio di sforzi si riferisce alla diminuzione di questi
nella coproduzione e nella decisione di acquisto del servizio. La convenienza rifletta la progettazione
dell’intero sistema di gestione. Nel caso di servizi bancari la qualità totale è influenzata dalla soddisfazione
del cliente. Mentre nel caso di telefonia mobile, è maggiormente influenzata dall’equità distributiva, dove il
risparmio di sforzi cognitivi circa la decisione di acquisto è supportata dall’intermediario commerciale (tra il
provider ed il cliente fiscale). Tale modello offre utili indicazioni circa la progettazione dell’offerta e della
service idea al management.

2. Oltre al modello dell’equità, l’altro modello della motivazione è goal setting, la teoria della definizione
degli obiettivi di Locke, che sta alla base di diverse tecniche manageriali. La più conosciuta è la
Direzione per Obiettivi, secondo la quale la prestazione individuale dipende dalle intenzioni
dell’attore. Secondo Locke la fissazione degli obiettivi innesca quattro meccanismi che qualificano il
comportamento: l’attenzione e la concentrazione su ciò che è rilevante orientando l’azione; la
regolazione degli sforzi per perseguirli; la persistenza degli sforzi in modo continuo nel lungo termine;
l’elaborazione di strategie e di piani di azione per il loro raggiungimento.

I meccanismi descritti qualificano il comportamento del cliente interno che determina la qualità della
prestazione, mediata dalla difficoltà e dalla specificità dell’obiettivo.

Gli obiettivi sono condivisi dal cliente interno attraverso la sua partecipazione nella formazione degli stessi,
così da essere divisi con il management. Il coinvolgimento e il compenso collegato determinano
rispettivamente la motivazione a partecipare ossia la goal acceptance e la motivazione a produrre ossia la goal
commitment.

Per evitare un comportamento opportunistico la partecipazione deve essere negoziata con il superiore (free
riding). Il comportamento motivato è dato dalla motivazione a produrre e dalla motivazione a partecipare.
Coinvolgimento che può essere organizzato in varie modalità da parte del management (si veda la tavola 7 ne
riporta 4, p.238). La relazione longeva e fiduciaria costituisce l’antidoto alla strumentalizzazione del dono e
rappresenta il contesto di lavoro per l’impiego della modalità c). La modalità di alto coinvolgimento dei clienti
interni è la b). La modalità a) apparentemente asimmetrica nei fatti il superiore tenderà a far valere la sua
posizione gerarchica sul subordinato. La modalità d) non prevede partecipazione e quindi non può integrare la
service idea e la personnel idea.

19. L’organizzazione delle competenze nei servizi

La motivazione individuale mobilita le risorse umane nell’erogazione del servizio. La competenza è la capacità
individuale di combinare in modo autonomo le conoscenze e le abilità possedute in un contesto di lavoro. La
competenza accresce il valore di uso delle risorse mobilitate e possedute dall’individuo. Nell’organizzazione
la competenza assume quindi il significato di quali attività è in grado di svolgere l’individuo e cosa gli compete
di fare per svolgere tali attività. I due significati si traducano in due prospettive di studio:

• La prima definisce la competenza come caratteristica intrinseca all’individuo, la quale è collegata ad una
relazione di causa-effetto rispetto alla prestazione che egli svolge nella mansione della quale è titolare.
Ossia tramite le seguenti fasi:

1. La prima fase è individuare i best performer e gli average (i due campioni di attori).

2. La seconda fase è la codifica dei racconti dei performer, dei due campioni, che riguardano le
soluzioni prese.

3. La terza è costituita dalla misura statistica delle differenze tra le competenze osservate.

4. La quarta classifica riguarda le competenze associate ai best performer. La performance


superiore è data dalla deviazione standard dalla prestazione media. Mentre quella efficace è
la prestazione minima accettabile per definire il comportamento competente nella mansione.

Gli strumenti utilizzati sono: l’intervista strutturata e la validazione statistica di questa.

Le competenze codificate sono: la motivazione individuale a mobilitare conoscenze e abilità al fine di


determinati obiettivi; i tratti psico-fisici che fanno reagire il comportamento in un determinato modo ad un
determinato evento; l’immagine si se, intesa come fiducia in sé stessi; la conoscenza di determinati argomenti
e la capacità circa un certo compito intellettiva.

• La seconda, alternativa alla prospettiva della prestazione individuale, è quella strategica, la quale definisce
le condizioni di successo della gestione aziendale.
Questa è la teoria basata sulle risorse, la Resouce Based Theory / RBT, la quale concepisce l’impresa come
portafoglio di competenze distinte, ossia se queste possiedono la versatilità ed estendibilità dell’impiego. Altro
carattere è l’attitudine a fornire valore e le loro imperfette mobilità e l’imitabilità.

La capacità di combinare le risorse facendole anche interagire costituisce le competenze organizzative. Altra
loro funzione è quella di definire i criteri di spartizione del reddito di esercizio tra impresa e cliente interni,
basato sul confronto tra le fonti di potere dei clienti interni e quelle dell’impresa.

Un esempio di combinare le risorse in modo organizzativo è quello di First Direct, banca telefonica che offre
un servizio di credito personalizzato H24 facendo interagire le risorse umane con la tecnologia grazie una
coerente gestione della service idea e della personnel idea.

Le competenze organizzative, infatti, possono esaltare o ridurre il vantaggio competitivo a seconda del loro
impiego più o meno efficiente o del loro sviluppo (adeguato o carente).

La Red Bull Racing Team è un esempio di capacità organizzativa distinta sia nella combinazione delle risorse
che nella progettazione dei meccanismi di isolamento. Questa valorizza il contributo cruciale delle risorse
umane e ciò presenta due limiti: la mancanza di una metodologia applicativa e un’incapacità di discriminare
le competenze organizzative da quelle individuali.

Le due prospettive teoriche hanno uguale presupposto, la competenza riferita a due attori distinti, un singolo
prestatore di lavoro ed uno collettivo. Questo costituisce la base dello sviluppo dell’approccio per competenze
impiegato nelle imprese, la quale integra le due prospettive per riflette i cambiamenti nella gestione delle
risorse umane, dati dal passaggio da un’economia industriale ad una della conoscenza. Nell’economia
industriale i risultati dipendono dal contesto tecnico ed organizzativo del lavoro piuttosto che dalla prestazione
individuale. Grazie alla stabilità dei compiti che compongono la mansione quest’ultima diventa ancoraggio
sulla quale progettare i sistemi operativi di gestione delle risorse umane.

Nell’economia della conoscenza invece il ruolo dei compiti e delle mansioni perde significato, infatti il gioco
competitivo è basato sulla flessibilità organizzativa. Lo strumento che sostituisce la mansione e permette di
orientare il comportamento organizzativo è la cultura del servizio, ossia una variabile sulla quale riprogettare
i sistemi di gestione delle risorse umane. Le competenze richieste dall’organizzazione ed impegnate dal titolare
sono soggette a cambiamenti permanenti indotte sia dalle esigenze dei clienti interni che dal job-craftimg
individuale. Ad esempio, la South West Airlines nel selezionare i propri piloti, a parità di competenze tecniche,
sceglie quelli che possiedono maggiori caratteristiche relazionali.

In conclusione, l’approccio per competenze è una metodologia di performance management che si basa sulla
cultura di impresa per la scelta delle risorse umane e la condivisione della service idea e della personnel idea.

In termini di metodo, l’integrazione delle competenze di ruolo con quelle individuale si articola su due processi
distinti ma intrecciati:

• Il primo, mira a identificare le competenze specifiche e distinte richieste dal ruolo che originano le
prestazioni individuali collegare al vantaggio competitivo sostenibile. Consiste nel saper interrogare
sistemi tecnici complessi di informazioni dai quali estrarre quelle necessarie attraverso l’uso delle
tecnologie ITC. L’identificazione delle competenze avviene attraverso le famiglie professionali con le
quali l ‘impresa aumenta il proprio mercato interno di lavoro. La famiglia professionale è un insieme di
ruoli, collegati a volte a distinte unità organizzative come nel caso della famiglia professionale
amministrativa, la quale presuppone soggetti dotati di caratteristiche distinte di misurazione economica.
L’impiego del concetto di famiglia consente di semplificare la complessità organizzativa e di facilitare la
gestione programmata della formazione e mobilità all’interno della singola famiglia nella prospettiva di
carriera.
• Il secondo processo definisce le competenze individuali, le quali possono essere conosciute e descritte,
attraverso la definizione dei parametri e l’osservazione delle prestazioni di lavoro. Tale misurazione
consente di individuare i best performer per famiglia professionale e quindi di riconoscere le competenze
di riferimento. Il know-how è dato dalle competenze specialistiche possedute.

I due processi illustratisi concludono con il confronto fra le competenze individuai e quelle specifiche richieste
dal ruolo che si traduce nella formalizzazione del modello delle competenze da replicare e diffondere tra le
famiglie professionali.

Il modello si basa sul reciproco adattamento che diventa asimmetrico nei confronti di chi meglio presidia le
competenze distintive sottostati il vantaggio competitivo sostenibile dell’impresa. Nel caso questo dipenda da
competenze distinte l’adattamento previlegia le competenze individuali. Egli plasma il job crafting in base alle
proprie competenze. Quando la personalizzazione del ruolo si traduce in best performance, determina ulteriori
modelli di causa effetto della prestazione, generatori di nuove competenze o combinazioni tra di esse, che
rafforzano il vantaggio competitivo sostenibile e producano innovazione.

In entrambe le modalità il ruolo del management è ineludibile in quanto egli è custode della memoria
organizzativa. In conclusione, l’approccio dinamico consente di interpretare l’individuo e il sistema
organizzativo, circa le prestazioni rilevanti il ruolo atteso al contesto di lavoro.

La realtà empirica indica che l’applicazione dell’approccio per competenze nelle imprese di servizi si qualifica
per due modalità. L’impiego totale applica l’approccio in modo uniforme a tutto l’organico e alla intera
struttura organizzativa. La relazioni di lavoro sono longeve, regolate da contratti di lavoro a tempo interminato,

La modalità alternativa dell’impego parziale dell’approccio per competenze risolve il problema della
flessibilità dividendo il mercato interno in due segmenti: il primario o centrale ed il secondario o periferico. Il
doppio mercato di lavoro riflette l’economia duale, articolata in due settori: uno di forte intensità di capitale,
ed un altro ad alta intensità di lavoro. Le imprese operanti nel secondo settore ad alta intensità d lavoro non
specializzato danno origine al mercato di lavoro duale che si riflette nella personnel idea.

Il segmento primario o centrale è costituito dai ruoli che contribuiscono al vantaggio competitivo, l’impresa
progetta la loro personnel idea impiegando l’approccio per competenza. Il settore secondario o periferico è
costituito dai ruoli con attività prescritte che richiedono competenze a bassa specializzazione. La relazioni si
basa su contratti di lavoro a tempo ed il vantaggio dei bassi costi del lavoro è ridotto dai problemi di efficienza
derivanti dallo scarso investimento reciproco. Nel medio termine la sostituzione dei clienti interni in uscita è
lenta e l’impresa corre il rischio di perdere memoria della capacità organizzativa.

L’analisi delle competenze consente di affrontare i problemi del loro impiego concreto nell’erogazione dei
servizi.

20. L’organizzazione dell’erogazione dei servizi

L’erogazione del servizio è concepita come il risultato dall’ interazione di tre fattori: il management, il cliente
interno e quello esterno. Queste presidiano: la service idea, la personnel idea e la co-produzione del servizio.

1. Il management persegue il governo dell’efficienza della erogazione del servizio nei confronti del
cliente esterno. Il problema organizzativo che deve risolvere è il conciliare l’efficienza del servizio
con la qualità attesa dal cliente. Secondo Eiglier e Langeard la soluzione dipende dalla partecipazione
dei management con il cliente esterno. Le tre forme di partecipazione (fisica, intellettuale e affettiva)
qualificano il comportamento del cliente esterno, in tre momenti della co-produzione: la specificazione
della prestazione attesa, l’azione, il controllo del processo.
• La partecipazione fisica riguarda lo svolgimento di determinate attività da parte del cliente invece
dell’erogazione e consiste nel ritiro del dispositivo nella registrazione digitale del prezzo della merce
acquistata attraverso il suo impiego corretto.
• La partecipazione intellettuale o cognitiva consiste: nello svolgere attività nella modalità a libero
servizio che richiedono impegno cognitivo e nell’apprendere l’uso del dispositivo della cassa
automatica.
• La partecipazione effettiva non si limita al servizio ma si estende all’impresa e si traduce nello sviluppo
del senso di appartenenza e di fedeltà. Inoltre, essa inizia con la progettazione del servizio facilitante
salva-tempo e la comunicazione dei motivi sottostanti al socio da parte del management, attraverso i
canali ed i media interni alla società cooperativa.

Eiglier e Langeard , sostengono che l’erogazione del servizio basata sulle tre forme di partecipazione aumenta
la fedeltà del cliente ed il tasso di utilizzo del servizio. La partecipazione si riflette infatti sulla gestione
economica dell’impresa. La partecipazione che il management intende condividere, richiede preliminarmente
di comprendere il comportamento di acquisto del cliente e di trasformare la situazione di servizio esistente in
modo coerente alla partecipazione richiesta. Il controllo di cio’ pone al management il problema di come
conciliare efficienza ed autonomia dai concedere ai titolari di ruoli. La soluzione è la personnel idea sviluppata
nella sua coerenza con la service idea.

2. Il cliente interno di contratto persegue il controllo del contesto del servizio per gestire situazioni di
lavoro costituite: dalla normalità standardizzata; la personalizzazione dei servizi; la mobilitazione di
risorse interne o esterne; l’emergenza straordinaria da ricondurre entro le variazioni previste.
Tutto ciò determina tensioni di ruolo che deve fronteggiare col cliente esterno durante la co
produzione:

• La prima è costituita dall’asimmetria dei momenti di verità.

• La seconda situazione di tensione è data dall’insorgere di un’emergenza che provoca il disservizio.

• La terza situazione è la tensione fisiologica di ruolo che il cliente interno deve gestire.

• La quarta situazione di tensione che il cliente interno deve affrontare è la fluttuazione della affluenza
dei clienti esterni e l’incertezza del comportamento di acquisto del cliente.

Le quattro situazioni che si presenta nella coproduzione del servizio spiegano la ricerca del controllo e della
discrezionalità del cliente interno con le strategie di job crafting e la necessità di assegnargli autonomia
decisoria.

3. Il cliente esterno persegue il controllo diretto del processo di co-produzione per ridurre i tra rischi
connessi all’acquisto. Il rischio finanziario è dato dalla discrepanza tra qualità attesa e quella
sperimentata a fronte del prezzo. Il rischio fisico è rappresentato dalle eventuali fonti di pericolo del
serviscape e dai danni potenziali alla salute dovuti alla natura intrinseca del servizio. Il rischio sociale
incide sulla sua reputazione.

Il controllo della co-produzione da parte del cliente persegue sempre la personalizzazione del servizio. La
motivazione a partecipare per il cliente dipende dalle preferenze individuali. L’organizzazione circa
l’erogazione del servizio è il risultato di tre negoziati: il management e il cliente esterno; il management ed il
cliente interno, questi ed il cliente esterno.

Per quanto riguarda il management ed i clienti interni tra questi si negozia la personnel idea. La riduzione
dell’incertezza sul comportamento del cliente esterno è cruciale per l’efficienza della coproduzione, attraverso
lo script (il copione). Lo script è la rappresentazione che il cliente esterno possiede ed ha maturato circa le
esperienze passate del servizio; è flessibile e può essere modificato sia dall’esperienza diretta e sia
dall’apprendimento di un nuovo elemento dello stesso.

La prima implicazione per il management è che l’offerta ed il sistema di erogazione del servizio debbano essere
coerenti alle aspettative del cliente. La seconda riguarda invece i disservizi della coproduzione del servizio
rispetto allo script del cliente esterno.

Anche il cliente interno di contatto sviluppa i suoi script. Gli script prodotti dai clienti interni di contratto con
prestazioni superiori differiscono da quelli dei colleghi con prestazioni inferiori per due caratteristiche. Sono
sommersi e quindi funzionali per l’ottenimento del risultato.

Nell’organizzazione il processo di erogazione il management impiega lo script per guidare il comportamento


dei clienti interni. La condivisione delle esperienze circa le prestazioni superiori costituisce l’azione
preliminare. Nella relazione di servizio la motivazione significa la mobilitazione autentica delle emozioni (lo
script influenza le strategie circa le emozioni che il cliente interno sceglie).

La coerenza o l’incoerenza del grado della prescrittività dello script con la natura del servizio offerto, i
riflettono sulla percezione cdl cliente esterno sulla qualità. Nel caso di servizi standardizzati, la qualità
percepita del servizio potrebbe scindere dal grado più o meno rigido dello script. In realtà occorre ricordare
che nella coproduzione dei servizi l’autonomia decisoria del cliente non può essere annullata. Il senso di
controllo motiva il cliente interno sulla qualità del servizio, La rigidità dello script nei servizi standardizzati
deve quindi essere intesa in senso relativo, circoscritta a comportamenti essenziali.

La risoluzione efficiente dei problemi di progettazione organizzativa degli script permette al management di
conseguire specifici nei confronti del cliente interno ed esterno. La conoscenza dello script del cliente esterno
consente di comprendere meglio il suo modo di concepire la sequenza dei momenti della verità e delle azioni
nella co-produzione del servizio, le modalità di partecipazione preferite. La progettazione efficiente degli
script, dei clienti interno ed esterno, contribuisce a sviluppare la capacità dell’offerta uniforme dei servizi, che
determina un effetto catena che rafforza la fedeltà del cliente. L’uso degli script, che riflettono l'eco
bilanciamento delle attese dei tre attori coinvolti, contribuisce a: razionalizzare processo di erogazione
attraverso la riduzione degli errori; semplificare contenuti dell'attività operativa a favore della gestione delle
relazioni col cliente esterno creare le condizioni per motivare clienti interni.

Nella progettazione organizzativa l'organizzazione è composta da due sotto processi costituiti da: le attività di
preparazione di supporto del servizio di retrovia e le attività di cooperazione e di contatto. L'analisi
organizzativa del processo di erogazione è realizzata con l'impiego della mappatura di servizio (service
bluprinting).

Il bluprnting, proposto originalmente da Shostack quale strumento per il controllo del processo di servizio, si
è evoluto sia a livello di micro che di macro-progettazioni. Il bluprinting non si limita alla progettazione del
processo di erogazione ed alla sua razionalizzazione. L’intero processo di erogazione può essere organizzato
ricorrendo a due modelli alternativi, ibrido e per il cliente. Quello ibrido è tale perché impiega due criteri di
specializzazione per qualificazione della dimensione orizzontale; mentre quello alternativo si basa
nell’erogazione del servizio, ed è quello specializzato per il cliente.

Il capovolgimento ridefinisce i criteri di macro-progettazioni. Il sistema primario è la co-produzione dei servizi


dal quale dipende la prestazione economica dell’impresa. La flessibilità imposta dall’incertezza del cliente
esterno produce la trasformazione del ruolo del superiore, si riduce il controllo organizzativo per privilegiare
le attività di servizio interno per i clienti interni.

Il titolare di ruolo è sia un fornitore sia un cliente interno. La relazione tra cliente e fornitore interno può essere
semplice o complessa. L’equilibrio dello scambio interno è lasciato alle parti che negoziano accordi espliciti e
l’assunzione di responsabilità reciproche, per assicurare efficienza economica alla gestione.
La scelta di privilegiare il coordinamento tra i clienti interni mediante la negoziazione è sintetizzata nella
catena cliente fornitore.

L’organizzazione degli scampi interni attraverso la catena cliente-fornitore, presenta due vantaggi:

• Il primo è costituito dall’aumento della flessibilità e del miglioramento dell’intero processo di


erogazione.

• Il secondo è la razionalizzazione dell’uso delle risorse interne data dall’intreccio delle catene cliente-
fornitore, che formano il quasi mercato interno degli scambi negoziati.L'assunzione dell' attività come
unità di analisi organizzativa consente di impiegare il metodo di controllo dei costi del servizio reso
al cliente esterno, noto come Activity based costing (ABC).

L’ABC misura il costo delle singole attività composto dalle risorse (umane e tecnologiche) consumate per
produrre l’output. È calcolato tramite il contatore o cost driver che mette in azione l’attività dipendente dalla
richiesta del cliente. Il costo unitario dell’attività è dato dal costo complessivo delle risorse assegnate diviso
per il numero dei cost driver rilevati. Il costo dell’attività moltiplicato per il numero dei cost driver sostenuti
per la output misura il consumo a valore delle risorse da imputate al cliente. Il costo del servizio è dato dalla
somma dei costi di tutte le attività di preparazione e di co-produzione che sono state rese per la sua erogazione.

L’adozione uniforme del criterio del cliente sfrutta le economie di scopo nella progettazione micro-
organizzativa. Le attività comuni a tutti i ruoli di cliente interno sono: le attività operative (le quali richiedono
competenze generative); le attività interattive (le quali richiedono competenze nelle relazioni); le attività di
marketing (esigono le competenze di relazione e di offerte). Quest’ultima è suggerita da Gronroos, privilegia
il criterio esclusivo del cliente ed inibisce una unità specializzata per tecnica ossia il marketing.

La proposta di Gronroos, si traduce nell’assegnazione al cliente interno il ruolo di part time marketer che sfrutta
le economie di scopo del tempo di lavoro del titolare del ruolo.

Il modello organizzativo dell’erogazione del servizio specializzato per il cliente è funzionale alle imprese che
basano il loro sviluppo sull’offerta personalizzata dei servizi.

Il modello centrato sul cliente è radicalmente alternativo a quello ibrido presenta assetti e soluzioni
organizzative originali, Per contro l modello ibrido gode dell’eredità organizzativa scientifica del lavoro, il cui
effetto è quello della prevalenza della cultura del prodotto.

21. La misurazione e la valutazione della qualità dei servizi.

L’esito conclusivo ed atteso dell’erogazione del servizio è la coproduzione del valore di uso del cliente esterno.
Nella prospettiva del management è imprescindibile l'analisi delle sue determinanti per prevedere i
comportamenti di acquisto da parte dei clienti esterni. Queste sono: la qualità del servizio; la soddisfazione ed
il comportamento intenzionale del cliente.

• La qualità del servizio è quella percepita che si forma nel cliente esterno in base alla valutazione
razionale (circa il contenuto) e quella emozionale (riguardo al processo di erogazione).
• La soddisfazione del cliente esterno è lo stato emozionale che riceve una prestazione corrispondente
alle attese. Nel processo di co-creazione del valore questa svolge la funzione di mediazione della
qualità del servizio nei riguardi delle intenzioni comportamentali.

I due fenomeni in questione nella loro sequenza riflettono il processo decisorio del cliente; la qualità del
servizio lo rende soddisfatto e quindi decide il comportamento di acquisto, di riacquisto e l’eventuale
passaparola.
L’eterogeneità del servizio conferma la natura soggettiva della qualità che non può essere misurata dal cliente
esterno. L’applicazione di standard e norme e pre-codificate è circoscritta alle componenti del sistema di
erogazione misurabili oggettivamente. Per tale ragione questa deve essere integrata da quella relativa alla parte
soft centrata sul cliente.

Le metodologie per la misurazione della qualità del servizio si distinguono a seconda che misurino la
percezione direttamente attraverso l’analisi dell’incidente critico o la disconferma del cliente.

Il modello della qualità percepita di Gromroos è un esempio del metodo per disconferma, la qualità percepita
e sperimentata è comparata con quella attesa. Il modello si apprezza perché riflette l’organizzazione dei servizi
e contribuisce ad invidiare gli eventuali problemi organizzativi. I clienti interni presidiano le promesse e quindi
preparano il servizio e comunicano le promesse, mentre quelli che le devono mantenere le producano.

Nell’ambito di modelli di misurazione della qualità nei servizi per disconferma, il più conosciuto ed impegnato
è il SRVQUAL. Si compone di tre parti:

1. la percezione della qualità attesa da parte del cliente esterno;

2. le quattro situazioni carenti nell’erogazione del servizio, derivanti da percezioni inesatte dei
management circa le aspettative del cliente;

3. l’analisi degli scostamenti.

Per quanto riguarda la prima parte, i fattori chiave che determinano la percezione della qualità o servizio atteso
dal cliente sono: Passaparola, esperienze personali, esperienza passata, comunicazioni esterne. Mentre dieci
sono le dimensioni che contribuiscono alla sua valutazione critica della qualità sperimentata o servizio
percepito, ovvero: aspetti tangibili, affidabilità, capacità di risposta, competenza, cortesia, credibilità, sicurezza
accesso, comunicazione, empatia.

La seconda parte è la definizione di quattro situazioni di servizio che influiscono sulla percezione della qualità,
nell’opinione dei dirigenti d’impresa intervistati. La prima è la carente qualificazione della domanda del cliente
e del suo comportamento di acquisto, preso a riferimento per la progettazione dell’offerta del pacchetto di
servizi. La seconda causa è la progettazione e formalizzazione errate delle specifiche e degli standard della
qualità del servizio. La terza è la non rispondenza tra erogazione effettiva del servizio e quella progettata dal
management. La quarta è la comunicazione al cliente di promesse circa il servizio che non posso essere
garantite durante l’erogazione effettiva di questo.

Per quanto riguarda la terza parte, ovvero l'analisi degli scostamenti, dobbiamo dire che ciascuno di essi
consente al management di individuare i fattori che li generano tra quelli proposti dal SERVQUAL.

Abbiamo 5 tipi di scostamenti:

1. Il primo scostamento riguarda le aspettative del cliente (il servizio atteso) e la percezione da parte dei
dirigenti delle aspettative dei clienti. Tra i principali fattori di questo scostamento abbiamo la
mancanza di comprensione e di qualificazione della domanda, l’inadeguata o assente comunicazione
dei clienti interni verso il management e la presenza di troppi livelli gerarchici (fig.25, pag. 208);

2. Il secondo scostamento è tra le specifiche di qualità di servizio e la percezione da parte dei dirigenti
delle aspettative dei clienti. I fattori alla base di questo scostamento riguardano principalmente la
carenza della cultura e del servizio e dell’orientamento al cliente, che inibiscono la progettazione e
l'uso del sistema di progettazione e controllo con il quale definire gli obiettivi ed i programmi per
migliorare la qualità del servizio (fig.26, pag. 280);

3. Il terzo scostamento, tra prestazioni effettive specifiche di qualità di servizio, è dovuto alle gravi
carenze ed errori da parte del management circa la progettazione organizzativa, ossia la mancanza di
controllo della situazione di lavoro e della conseguente motivazione dal cliente interno (fig. 27, pag.
281);

4. Il quarto scostamento è tra prestazioni effettive e comunicazione esterna verso il cliente. I primi due
fattori di questo scostamento riflettono il deficit di coordinamento tra le funzioni aziendali con quelle
distributive di contratto con il cliente (fig.28, pag. 282);

5. Il quinto scostamento, tra qualità attesa e sperimentata da parte del cliente, è il risultato dei 4
scostamenti precedenti (Il modello generale è riportato nella fig. 24 a pagina 279).

I risultati della ricerca scientifica della disciplina del marketing circa la qualità del servizio sono riassunti da
C. Gronroon (guarda tavola 12 p.283).

La qualità del servizio, in conclusione, è il giudizio del cliente influenzato da fattori materiali, razionali ed
emotivi durante la co-produzione. Perseguire la qualità da parte dell’impresa dei servizi vuol dire confermare
il forte orientamento al cliente, garantire una comunicazione forte di idee e di informazioni con essi e
organizzare il processo di erogazione nel ourside-in (clienti) per migliorare i giudizi.

CAPITOLO 6 – LE FORME ORGANIZZATIVE NELL’IMPRESA DI SERVIZI


22. La meso progettazione della forma organizzativa

Micro progettazione organizzativa: analisi, divisione e aggregazione di attività ognuna delle quali va a definire
il ruolo dei soggetti coinvolti.

Meso-progettazione: separazione e unione di ruoli nelle unità organizzative

Macro-progettazione: struttura fisica all’interno del quale vi sono i soggetti con i ruoli che incarnano nelle
unità organizzative. Vedi Fig. 1-pag286

Il termine organizzazione si riferisce essenzialmente al lavoro – per cui organizzazione aziendale è


sinonimo di organizzazione del lavoro – l'assetto organizzativo dell'azienda è costituito dalla struttura
organizzativa (distribuzione dei compiti e delle mansioni) e dai sistemi operativi che guidano il comportamento
delle persone che fanno parte dell'organizzazione (pianificazione e controllo, informazione, gestione del
personale).

Ma cosa si intende per unità organizzativa? Essa può anche esser definita con il nome di “organo”: “un
sottosistema di ruoli al quale è attribuito un insieme di attività per svolgere una determinata funzione, tradotta
degli obiettivi misurati dai risultati o output, e dalle responsabilità organizzative, derivanti dall’assegnazione
dei diritti di decisione, azione e di controllo” -> in altri termini l’unità organizzativa è costituita da persone che
ricoprono dei ruoli in base al quale svolgono delle attività al fine di perseguire degli obiettivi ben definiti. Si
scoprirà se questi obiettivi sono validi o meno guardando al risultato, ovvero all’output, al prodotto finale che
offrono, ma non solo: alla fine si valuterà, in base sempre all’obiettivo raggiunto, se ogni soggetto si è attenuto
alle responsabilità organizzative, nonché all’assegnazione di diritti di decisione, azione e controllo.

La funzione, ovvero la ragione d’essere del singolo organo, sarà tale se identificata e formalizzata in modo
specifico, ovvero se riesca ad essere permanente nel tempo, relativamente indipendente dalle funzioni di altri
organi, riesca ad espletare le proprie attività. Perché possa essere perseguita la funzione, è necessario che venga
scelto un soggetto a cui viene dato un compito; da quel momento quel ruolo incarnato dal soggetto gli
consentirà di godere di massima autorità all’interno dell’organo in cui svolge quella funzione ed al tempo
stesso di decidere quali risorse utilizzare (umane, tecnologiche e finanziarie) durante i momenti di decisione,
azione e controllo. In altri termini ciò vuol dire: ad un soggetto viene riconosciuto un ruolo all’interno di un
organo, la sua responsabilità organizzativa però è ulteriormente suddivisa tra le sotto-unità ed i ruoli che lo
compongono con il medesimo meccanismo. ES-> un’impresa concessionaria commercializza delle vetture per
conto e nome di un’impresa produttrice automobilistica. All’interno di quest’impresa concessionaria vi sono
differenti organi ognuno dei quali svolge delle funzioni che comportano responsabilità organizzative; così ad
esempio l’organo amministrazione svolge determinate funzioni: contabilità clienti e fornitori, casse e banche,
contabilità generale e bilancio. Gli obiettivi, i risultati vengono misurati in base a determinati criteri: rispetto
scadenze, conformità alle norme, regole interne, qualità tecnica della redazione del bilancio. I risultati ottenuti
saranno il riflesso della responsabilità organizzativa di colui che rappresenta quell’organo, ovvero il direttore
dell’amministrazione. Stessa logica progettuale anche per le sotto-unità, i singoli uffici ecc..

NB. Guardare la figura 1 per capire la forma della progettazione organizzativa dei servizi.

Guardare la tavola 1 per l’analisi comparata per definire i confini dell’unità organizzativa.

Quando parliamo di confini organizzativi intendiamo la funzione assegnata ai vari organi. Al fine di poter
pertanto individuare i confini /funzioni di ogni unità produttiva prendiamo in considerazione 4 criteri
progettuali, ognuno dei quali corrisponde ad un impiego e ad un costo organizzativo differente. Ad esempio,
uno dei criteri progettuali analizzati è la specializzazione. La sua regola applicativa: minimizzare la
differenziazione interna di ogni unità e massimizzare la differenziazione organizzativa tra le unità-> Ogni
soggetto ha un grado di specializzazione differente, i suoi atteggiamenti e comportamenti portano ad
orientamenti temporali, interpersonali ed obiettivi diversi. In base all’orientamento che il soggetto sviluppa
nella sua specializzazione avrà una visione cognitiva/culturale diversa. Quale sarà però il costo? Verranno
valorizzate le economie di destrezza e di scala al fine di generare conoscenze specialistiche nelle singole unità.

Una volta assegnata la funzione agli organi è possibile progettare le modalità di coordinamento tra di essi e, al
loro interno, tra i ruoli che li compongono.

FIGURA 2. (PAG. 288)-> prendiamo in considerazione un concessionario auto (imprenditore proprietario) la


cui progettazione meso-organizzativa individua le differenti funzioni ricoperte dagli organi che, a loro volta
individuano altre specifiche funzioni (sotto-sistemi): 1) servizio di vendita autovetture nuove/usate; 2)
amministrazione e finanza->contabilità generale, contabilità clienti e fornitori, casse e banche; 3) magazzino
auto e ricambi; 4) officina-> servizi di riparazione e preparazione automobili. Tra le unità appena enunciate vi
è interdipendenza, intesa come scambio tra input e output, certificato da documenti. Come avviene questo
scambio? Partiamo dalla vendita: essa rappresenta la fase finale di un servizio di commercializzazione (il
cliente decide di acquistare l’auto che gli è stata proposta dal venditore) che permette all’impresa di ottenere
dei ricavi solo dopo la firma di un contratto tra le parti. Il ricavo però, sarà effettivo/monetizzato grazie
all’amministrazione, la cui funzione sarà quella di ricevere il contratto e incassare il ricavo della vendita.
Subentra il magazzino, il quale consegna all’officina le automobili vendute accompagnate da comunicazione
scritta della vendita. Tuttavia l’officina non si limita ad offrire macchina nuove al magazzino, ma anche a
riparare le vecchie, offrire ricambi ecc. comprendiamo pertanto che officina e vendita co-producono servizi
distinti (vendita/riparazione) a clienti esterni diversi nuovi o fidelizzati. Le vendite e l’officina avranno
interdipendenza solo quando la vendita comunica all’officina di mettere a disposizione la macchina nuova da
vendere.

Questa spiegazione permette evidenziare la differenziazione tra gli organi: ognuno svolge una funzione
diversa, seppur correlata da un percorso comune, al fine di favorire elevata interdipendenza tra ruoli.

Per quanto riguarda invece i ruoli e le relazioni all’interno dell’organo esse sono caratterizzate da diverse
interdipendenze-> organizzazione dell’officina: cliente ed accettatore in una relazione di interdipendenza al
fine di favorire l’obiettivo finale: il cliente esprime le sue esigenze, l’accettatore ascolta e cerca di rispondere
alle esigenze del primo, favorendo così l’acquisto del servizio (obiettivo finale). L’accettatore dovrà poi fissare
la data di consegna e di ritiro dell’auto in seguito ad una co-produzione con il servizio di riparazione.
Tutte le attività effettuate dai singoli organi non comportano conflitto d’interesse e semplificano i sistemi di
controllo. Ciò avviene grazie all’evoluzione tecnologica che permette di contenere digitalmente i documenti
formali limitando in questo modo i costi.

La progettazione meso-organizzativa si conclude con la scelta delle modalità di coordinamento, a livello meso
e macro.

23. La macro progettazione della forma organizzativa

La macro-progettazione è un progetto che fornisce delle linee guida generali per la realizzazione di future
progettazioni operative (micro-progettazioni). In altri termini la macro-progettazione è la formazione globale
dell’intero intervento formativo, quando l’intervento formativo viene pianificato in linea generale. Nella
micro-progettazione invece si analizzano i dettagli, in modo da personalizzare la formazione.

Il primo passo svolto dalla macro-progettazione consiste nel definire la forma (assegnare i diritti) in relazione
alla scelta della dimensione da applicare (scelta effettuata durante la micro-progettazione): dimensioni
orizzontali, verticali, cooperative e temporali. Questi diritti riguarderanno in primo luogo, l’azione ed il
controllo. Per questo motivo verrà definita: la struttura organizzativa (insieme di organi e delle loro relazioni);
i sistemi operativi (formalizzazione delle regole riguardo i comportamenti da normare); potere organizzativo
(diritto di decisione e controllo sulle risorse assegnate) distribuito tra le unità ed i ruoli.

1)DIMENSIONE ORIZZONTALE: orientato per il coordinamento e la collaborazione.


In questa prospettiva le competenze tecniche sono fondamentali per alcuni organi e meno richieste per altri
che invece necessitano di specializzazioni orientate al cliente. nell’esempio precedente è stato analizzata una
concessionaria auto composta da differenti organi che permettono di notare l’adozione delle due
specializzazioni: l’organo vendita è specializzato per il cliente che intende acquistare l’automobile; organo
composto a sua volta da ruoli interni (venditori-ricevimento) coinvolti nel processo di co-produzione del
servizio di commercializzazione e co-creazione di valore. Al contempo però vi sono altri organi che richiedono
specializzazione tecniche-> unità amministrazione e magazzino (misurazione economica attraverso sistemi
contabili) e gestione magazzino (logistica, catalogazione, dimensionamento stock e riordino. Un caso a sé
stante invece è dato dall’organo officina il quale è diviso in due sezioni: una sua parte in cui mette a
disposizione il servizio di riparazione per il cliente che intende fruirne, ed un'altra parte composta dai ruoli dei
meccanici e preparatori specializzati invece per tecnica. Quindi avremo da una parte l’organo amministrazione
e magazzino specializzato per tecnica, e l’organo vendita e officina di contatto con i clienti esterni specializzato
per il cliente. Privilegiare la
specializzazione per cliente riduce i costi di integrazione (coupling) solo se concilia l’efficienza con la
personalizzazione del servizio.

2)DIMENSIONE VERTICALE: orientato al controllo


La dimensione verticale esprime l’attribuzione del potere gerarchico all’interno dell’organizzazione e si
sostanzia nella creazione di vincoli di subordinazione/dipendenza. i collegamenti verticali vengono creati per
coordinare le attività tra il vertice e la base operativa, questi vengono progettati per il controllo
dell’organizzazione. così, i dipendenti dei livelli inferiori devono svolgere le attività in modo coerente con gli
obiettivi dei livelli superiori, mentre i dirigenti devono essere a conoscenza delle attività e dei risultati
concernenti i livelli inferiori. la dimensione verticale si realizza mediante il riporto gerarchico, l’istituzione di
regole e piani, e l’implementazione di sistemi informativi verticali, che consentono lo scambio d’informazioni
in modo efficiente dall’alto verso il basso e viceversa. In termini più specifici nella dimensione verticale per
prima cosa verrà determinata la modalità di coordinamento che a sua volta determina a chi vengono
riconosciuti i diritti di decisione (istituzione, direttiva, operativa); come sarà gestito il potere direttivo
(accentramento/decentramento); il numero di livelli gerarchici; i rapporti di dipendenza gerarchica (unica o
multipla); l’assegnazione autorità (individuale o collegiale).
ESEMPIO DELLA FIGURA 3: Per comprendere bene le varie fasi, prendiamo in considerazione un’impresa
SPA. All’interno di essa vengono determinati i diritti di decisione, la cui scelta permette di distinguere in:

• ORGANI ISTITUZIONALI (assemblea dei soci, consiglio d’amministrazione, presidente,


amministratore delegato, collegio sindacale). Tali organi sono costituiti dalle persone che hanno
fondato l’impresa, che la sorreggono. Gli organi istituzionali decidono sulle scelte principali di una
impresa e cioè: la nascita e la cessazione; le attività da svolgere; capitali da investire; strategia da
attuale; nomina persone che fanno parte degli organi aziendali più elevati. I contenuti dei diritti di
decisione ed i limiti al loro esercizio da parte di organi istituzionali sono regolamentati dalle norme
specifiche del codice civile.

• ORGANI DIRETTIVI ->direzione generale e direttori di funzione (organi di I livello) direttori di filiari
commerciali, capi ufficio, capi reparto (organi di II e III livello). Gli organi direttivi sono quelli che
emanano le direttive per gli organi operativi. Gli organi direttivi hanno anche il compito di
progettazione ogni tipo di attività, curano lo sviluppo della impresa, effettuano una gestione
caratteristica dei vari processi produttivi, tendendo conto dello scopo dell’impresa e dell’economicità
delle scelte. Il potere decisorio viene esercitato tramite specifiche attività direttive o manageriali: la
pianificazione; l’organizzazione-> essa avviene tramite il dimensionamento dell’organico, ovvero lo
staff (esperti altamente qualificati in particolari settori aziendali che aiutano gli organi direttivi con
attività di studio, di ricerca, di analisi dei problemi, e propongono soluzioni agli organi direttivi);
comando gerarchico e controllo attività, ruoli e unità dei livelli gerarchici inferiori. Il potere decisorio
dei manager agenti, responsabili degli organi direttivi, è delegato dal principale, attraverso relazioni
di agenzia.

• ORGANI OPERATIVI (impiegai, tecnici, venditori, operai). Sono formati da quelle persone che
attraverso il loro lavoro mettono a disposizione prodotti o servizi. Questi soggetti contribuiscono in
modo decisivo alla co-creazione di valore del servizio e ciò spiega perché nelle imprese di servizi la
piramide rappresentata a pag. 292 è spesso letta al contrario, proprio per sottolineare l’importanza di
quest’ultimo organo.

ACCENTRARE/DECENTRARE= il modo in cui viene gestito il potere decisionale; definire un grado di


accentramento/decentramento significa scegliere se assegnare diritti di decisione all’unità (e quindi a più
livelli) o al titolare del ruolo che possiede competenze e informazioni specifiche. Pertanto sorge spontanea la
domanda: “quando ricorrere al decentramento e quando all’accentamento?” la risposta a questa domanda è
strettamente legata all’orientamento che presenta l’azienda stessa. Difatti se si tratta di un’azienda che
percepisce il cliente come soggetto fondamentale per la produzione dei servizi, è più efficiente decentrare il
potere direttivo. In questo modo non vi è un sistema decisionale troppo rigido, ma al contrario un sistema che
permetterà maggiore flessibilità. Questo non significa però che le decisioni debbano essere prese “con calma”,
ma sempre con tempestività qualora se ne presenta l’occasione. Le unità e i titolari dei ruoli di contatto sono
soggetti che posseggono appunto competenze non legate ad una formazione, quanto principalmente
dall’esperienza diretta, dai momenti di verità. Questa loro facoltà permette di risolvere il problema in modo
istantaneo. ES. cliente in coda alla cassa del supermercato, si accorge che l’alimento è rovinato e quindi si
avranno di fronte varie alternative al fine di risolvere il problema (accordare uno sconto, sostituire la
confezione arrestando la fila ecc..) la decisione deve essere presa in modo istantaneo dalla cassiera e non al
capo-negozio; si tratterà di una decisione che dovrà non solo esser presa in modo istantaneo, ma anche in modo
razionale e coerente per mantenere alta la soddisfazione del cliente.

Ma nello specifico, “Come si realizza il decentramento?” Si sviluppa una relazione di agenzia: il principale
delega il potere decisorio all’agente. In questo modo vengono coinvolti ruoli non dirigenziali, ci si riferisce
soprattutto al cliente/i interni che dovranno dimostrare il proprio empowerment (potere di fare). In questo
contesto l’empowerment è inteso come processo di sviluppo personale, dinamico, sociale con i colleghi ed i
clienti. L’empowerment è finalizzato ad aumentare: percezione individuale circa le proprie competenze e la
convinzione di operare in modo efficace, consapevolezza critica, volontà e capacità di conoscere e condividere
il sistema di gestione dei servizi nel quale opera e di individuare risorse necessarie per garantire la relazione
con il cliente (interno-esterno), senso di controllo. L’empowerment potrà essere attivato dal soggetto a
condizione che egli percepisca una coerenza tra le aspettative di ruolo e la relazione di lavoro offerta (la
personnel idea), la service idea aziendali ed i valori individuali. Quindi perché si possa realizzare un
programma di empowerment sarà anche necessario che il cliente interno possa avere accesso alle risorse
principali (sistema informativo che permetta di avere info per avviare co-produzione), sistema di incentivi
legato alla prestazione d’impresa.

NB. GUARDARE LA TABELLA 3 A PAG. 296 “I VANTAGGI DELL’EMPOWERENT”

COSTI ORGANIZZATIVI AUTORITA’ GERARCHICA-> sono determinati dal tempo dedicato dai superiori
nel controllare comportamenti individuali e di gruppo dei subordinati; gestione e manutenzione dei servizi
operativi di controllo.

COSTI ORGANIZZATIVI DI UN’AGENZIA O DI EMPOWERMENT-> costi di controllo ridotti

Nell’impresa di servizi il decentramento è spesso favorito dalle tecnologie ICT, in quanto riducono il costo di
elaborazione, conservazione, comunicazione e condivisione di informazione.

NUMERO DI LIVELLI GERARCHICI

Ai vari livelli di raggruppamento corrispondono livelli di autorità, esercitata dall'organo di comando


(superiore) nei confronti degli organi del livello immediatamente inferiore (subordinati) che, a loro volta,
possono essere organi operativi o organi di comando di unità organizzative. L'insieme di queste relazioni di
autorità costituisce la gerarchia aziendale. Un livello gerarchico è costituito dagli organi di pari grado,
collocati lungo la linea gerarchica, che non dipendono gerarchicamente gli uni dagli altri.

Il numero di subordinati che dipendono da un superiore è detto ampiezza del controllo (span of control). In
generale questo numero tende ad essere tanto più ampio quanto più i superiori e i loro subordinati sono capaci
e competenti e le attività da controllare sono ripetitive e semplici. Viceversa, l'ampiezza di controllo tende a
restringersi in presenza di attività difficili, nuove e complesse. Lo span of control dipende da: possesso di
competenze ed esperienze elevate da parte di tutti i titolari dei ruoli subordinati quando sono omogenee e
ripetute; attività svolte dai titolari di ruoli subordinati quando sono omogenee e ripetute; attività di ciascun
ruolo subordinato quando sono indipendenti da quelle degli altri ruoli; i comportamenti ed i risultati individuali
sono facilmente misurabili.

Le strutture organizzative si distinguono in piatte o alte, a seconda che abbiano un ridotto o più elevato numero
di livelli gerarchici. A parità di numero di addetti, una struttura piatta avrà unità organizzative di maggiori
dimensioni rispetto ad una alta. Nelle strutture piatte, inoltre, l'ambito di controllo è tendenzialmente più ampio
che nelle strutture alte. Le strutture piatte comportano minori costi, avendo meno posizioni manageriali da
retribuire; inoltre la minore distanza tra vertice aziendale e organi operativi velocizza e rende più tempestivi i
processi decisionali e di comunicazione, evitando anche distorsioni interpretative. Di contro, le strutture alte
consentono un più efficace controllo dei superiori sui subordinati, in correlazione ad un più ristretto ambito di
controllo. Tuttavia l'introduzione delle tecnologie informatiche ha permesso di velocizzare alcune attività come
il controllo. In questo modo le strutture piatte godono di un ampio aiuto da parte della tecnologia, la quale gli
permette di usufruire di un controllo a distanza più facile e meno costoso.

Infine, l’applicazione della gerarchia nella macro-progettazione si completa con la definizione dei rapporti di
dipendenza (unica o multipla) e con l’assegnazione dell’autorità (individuale o collegiale). Presupponendo
quindi a questo punto che ogni ruolo gode di una posizione gerarchica differente, comprendiamo bene che un
ruolo gerarchicamente superiore, considerato responsabile dell’organo di appartenenza, eserciterà dipendenza
gerarchica nei confronti di titolari di altro ruolo; tale dipendenza sarà unica. Questo pensiero riflette il principio
di unicità di comando enunciato da Henry Fayol.

“ma a chi viene riconosciuta autorità gerarchica?” -> 1) ai ruoli singoli: il rappresentante dell’organo
gerarchico, i responsabili di eventuali sotto unità che quindi si trovano in un livello gerarchico inferiore
(reparto, ufficio); 2) può essere assegnata collettivamente all’organo collegiale. Un organo collegiale,
in diritto, indica quegli organi (ed estensivamente gli uffici) il cui titolare non è una sola persona fisica, ma
una pluralità di soggetti che formano un collegio, ossia che concorrono all'attività dell'ufficio partecipando alla
formazione di atti unitari (le deliberazioni) attribuiti al collegio come tale e non ai singoli componenti
(i membri del collegio)-> in altri termini l’organo collegiale è composto da ruoli che condividono tutt’insieme
l’autorità dell’organo e, di conseguenza partecipano e collaborano nel prendere decisioni circa le scelte da
effettuare. L’autorità dell’organo collegiale può essere delegata ad uno o più dei suoi componenti. Un esempio
concreto è rappresentato dal consiglio di amministrazione (organo direttivo), al consiglio sindacale (organo di
controllo), ai gruppi di lavoro semiautonomi o ai circoli di qualità (organi operativi.

NB. Vedi a pagina 297 la tabella 4.

3)LA DIMENSIONE COOPERATIVA->ulteriori modalità di coordinamento non gerarchico, al fine di


regolare l’interdipendenza tra le unità organizzative.

La nozione di coordinamento viene intesa come sinonimo di “integrazione organizzativa (Lawrence e Lorsh).
Da un punto di vista organizzativo, la differenziazione evidenzia invece le numerose differenze esistenti nelle
persone e nei ruoli (per caratteristiche individuali, specializzazione funzionale, professionalità richiesta, ecc…)
e la tendenza istintiva ad anteporre agli obiettivi aziendali quelli funzionali, settoriali o personali. In
quest’ottica, l’integrazione rappresenta la capacità dell’organizzazione di riuscire a far superare le differenze,
non eliminandole ma facendole convergere verso gli obiettivi comuni. La necessità di ottenere una maggiore
integrazione nelle relazioni esterne e interne ha aperto la strada, nel secolo scorso, all’evoluzione “orizzontale”
dei modelli di funzionamento organizzativo, con lo sviluppo delle strutture “a matrice”, del lavoro per processi
e del project management. Integrazione significa rimanere diversi ma condividere un obiettivo e rinunciare ai
propri solo perché si è convinti che l'obiettivo comune è superiore a quelli di ruolo, personali, ecc.. Il risultato
globale dell'organizzazione viene infatti conseguito attraverso il raggiungimento degli obiettivi dei singoli ruoli
e delle unità organizzative in cui essi sono raggruppati. Ma non sempre tali obiettivi sono coincidenti. Esempio
concreto di relazione non gerarchica: paritarie, laterali o oblique. Per rendere ancora più chiaro il concetto: una
relazione laterale è quella deI responsabili di un cliente esterno, la cui funzione è integrare i contributi delle
varie unità di retrovia nel processo di coproduzione del servizio, tramite negoziazione interna.

I ruoli collocati nello stesso livello gerarchico godono una relazione paritaria-> regolano le proprie interazioni
tramite accordi che sono il risultato di negoziazione integrativa (modalità di coordinamento che sostituisce
l’autorità gerarchica quando essa non funziona).

NB. GUARDA TAVOLA 4 A PAG. 299.

Le relazioni informali nelle situazioni di lavoro sono state studiate ed analizzate dalla scuola di relazioni umane
mediante la ricerca condotta da Elton Mayo. Oggetto della ricerca era un gruppo composto da operaie addette
al montaggio di relè telefonici. Secondo questa prospettiva i contatti diretti tra titolari di ruolo si limitavano
alla comunicazione informale con colleghi all’interno dell’unità organizzativa. Tale visione è stata
successivamente confutata da ricerche successive, le quali hanno affermato che i titolari di ruolo potevano
avviare comunicazione informale anche con colleghi all’interno di altre unità organizzative. Questa visione è
poi stata confermata anche dagli studi di Henry Mintzberg riguardanti invece la natura del ruolo manageriali-
> anche i titolari di ruoli manageriali avviano contatti diretti stabili e quindi ampliano la propria rete informale
sociale con attori interni ed esterni al sistema organizzativo. Perché fanno ciò? per ottenere inevitabilmente
più informazioni, per facilitare il coordinamento, la risoluzione di problemi organizzativi trasversali tra gli
organi.

Le norme e le regole sono contenute in sistemi operativi. Si ricorre a quest’ultimi per risolvere un problema di
coordinamento. ESEMPIO: un’impresa che retribuisce i dipendenti in base ai risultati economici che
raggiungono, porterà i clienti interni a risolvere problemi di coordinamento trasversale, riducendo in questo
modo i costi organizzativi, aumentando l’efficienza produttiva e quindi la possibilità di conseguire il bonus
(retribuzione maggiore). Il meccanismo più utilizzato per risolvere problemi di coordinamento è la
standardizzazione-> definire a priori gli standard così da rendere prevedibili comportamenti attesi per garantire
l’efficienza. Nella prospettiva organizzativa la standardizzazione interviene su: input (risorse umane e
tecnologiche); processi (preparazione e supporto); output (co-produzione del servizio, prodotto finale).

LA STANDARDIZZAZIONE DEGLI INPUT: competenze di servizio richieste per il ruolo che si occupa, per
il passaggio di carriera. In questa prospettiva è necessario fare una distinzione tra le competenze attese
riguardanti quindi le competenze che ci si aspetta per il ruolo che il soggetto occupa e quelle invece possedute
dal titolare delle risorse umane che dovrà chiarire i bisogni e i processi formativi per raggiungere gli standard
cognitivi prefissati, eliminando eventuali carenze/problematiche. Si tratta ovviamente di una standardizzazione
di competenze funzionali al coordinamento delle attività qualificate: competenze specialistiche, complesse,
ma codificate e replicabili; variabilità e misurabilità problematica dei risultati.

LA STANDARDIZZAZIONE DEI PROCESSI: formazione di procedure, codici di condotta e routine a cui


gli attori devono adeguarsi automaticamente. Sorge quindi spontanea la domanda: “quando ci si deve
conformare a tali processi?” quando si presentano situazioni problematiche. L’efficacia di questa
standardizzazione dipende dalla semplicità/complessità e variabilità/prevedibilità delle attività che
compongono i processi. Un esempio concreto di attività in grado di favorire questa modalità di coordinamento
sono le tecnologie ICT. Quest’ultime difatti riescono a semplicizzare le attività umane, soprattutto quelle
riguardanti la preparazione del servizio, dal momento che le tecnologie offrono dati, informazioni complete.
L’unico limite che riscontriamo nella standardizzazione dei processi è dato dagli imprevisti che potrebbero
verificarsi a cui cerca di dare riscontro/soluzione l’autorità gerarchica. Tale standardizzazione è applicata
soprattutto nelle relazioni tra unità di contatto e di retrovia.

STANDARDIZZAZIONE OUTPUT: coordinamento tra unità organizzative, tra ruoli interni, coinvolti nel
perseguimento di un risultato comune di gestione, misurato da un parametro economico (quota di mercato) o
tecnico (periodo medio di credito concesso). Si ritrova soprattutto in organizzazioni di grandi dimensioni con
un mercato eterogeneo. ES. rifornimenti dal centro di distribuzione (CE.DI)ai punti vendita: vengono definiti
grazie a programmi giornalieri settimanali e mensili per i volumi dei tipi di prodotto, che dipendono dai piani
di vendita e di promozione, del singolo punto vendita. Tale standardizzazione è funzionale al processo di co-
produzione con il cliente esterno, qualificata da interdipendenza reciproca che quindi richiederà flessibilità nel
comportamento e autonomia di scelta di clienti interni di contatto per gestire l’incertezza.

La scelta di quale standard adottare ai fini del coordinamento dipenderà dalla natura del servizio e
dall’esperienza maturata dall’impresa.

NB. GUARDA FIGURA 5 A PAG. 302

Per quanto riguarda invece la collocazione gerarchica dei ruoli e delle sotto unità negli organi, dobbiamo partire
dalla consapevolezza che la gerarchia esiste perché dei soggetti ricoprono dei ruoli di maggior o minor potere.
Pertanto nel caso in cui si verifichi un conflitto non previsto, esso verrà risolto dal “superiore”, da colui che
dispone di maggiori informazioni per decidere meglio come risolvere la situazione.
Uguaglianze e differenze tra task force e task team: entrambi rappresentano strumenti di coordinamento più
potenti di quelli fin ora analizzati. Sono funzionali per integrare relazioni organizzative “laterali” o “oblique”
tra unità non legate da relazioni gerarchiche, posizionate su diversi livelli, specializzate in base agli input, ma
coinvolti in un problema comune da risolvere in base all’output. Per comprendere le differenze sostanziali tra
task force e task team ci si deve soffermare sui tratti organizzativi. Task
force: organo collegiale composto da titolari di ruolo di diverse unità produttive, coinvolte in un problema
comune e innovativo, da risolvere tramite una decisione comune, collettiva. ES. studiare un nuovo servizio.
SPIEGAZIONE DELLA TABELLA 5-PAG, 303->L’assetto organizzativo deve essere organico e flessibile,
ovvero organico perché necessaria la partecipazione di tutte le parti, flessibile perché deve essere in grado di
affrontare situazione con imprevisti. Essendo un organo particolarmente utilizzato quando emergono problemi,
la sua natura sarà temporanea, avrà una scadenza da rispettare. La localizzazione fisica è isolata dalle funzioni
aziendali, è al di fuori dei confini organizzativi. Si tratta di una scelta finalizzata ad evitare che si verifichino
condizionamenti già esistenti, in modo tale che il gruppo riesca a risolvere il problema insieme, collaborando.
Per tale motivo la comunicazione sarà fondamentale, così come fondamentale sarà la condivisione
dell’interesse collettivo. I membri della Task force rispondono gerarchicamente al nuovo superiore che dovrà
effettuare quindi supervisione diretta (es. responsabile del progetto), del nuovo organo temporaneo. Proprio
perché organo temporaneo il problema da risolvere sarà complesso. Ogni membro eserciterà un’influenza sul
gruppo, legata alle sue conoscenze ed esperienze e non al potere gerarchico che esercita.

Task team: organo collegiale permanente e paritario. La prima differenza che riscontriamo rispetto alla Task
force è data dall’assenza di un supervisore diretto o responsabile del team. Difatti viene concessa la possibilità
agli appartenenti al team di eleggere il rappresentante e il segretario che deve “verbalizzare” le riunioni, se
necessario. Si parla di organo paritario dal momento che le unità organizzative coinvolte condividono la stessa
prospettiva unitaria, lo stesso problema da risolvere (problema che potrebbe ad esempio riguardare il
miglioramento della qualità del servizio). Pertanto la modalità di coordinamento privilegiata da questo organo
è la negoziazione. Tuttavia la task team è la parte debole del coordinamento dal momento che funziona in
modo discontinuo, sebbene sia essenziale la sua presenza poiché permette di risolvere un problema concreto,
permanente e compresso il quale deve trovare obbligatoriamente una soluzione. Il problema organizzativo da
risolvere riguarda spesso la composizione della task team, in quanto deve coinvolgere tutte le unità sia dirette
che indirette.

RUOLI INTEGRATORI: hanno la funzione di assicurare il coordinamento delle attività fornite da unità
organizzate in base agli input di cui detengono in vista dell’output comune (servizio reso al cliente esterno).
In questo caso la funzione di integrazione si realizza attraverso la co-produzione del servizio rivolto al cliente
o ad una categoria di clienti. ES. agenzia di pubblicità che eroga servizi di concezione e realizzazione di
campagne pubblicitarie nei confronti di clienti sia di prodotti che di servizi. Le attività vengono organizzate in
base agli input (planning, creativi, produzione, amministrazione e gestione risorse umane). Le specializzazioni
di queste singole unità produttive saranno fondamentali per tradurre l’idea del cliente in una campagna
pubblicitaria non solo efficace, ma idonea alla richiesta del cliente. Qui rientrano pertanto differenti ruoli
integratori: -key account manager (integra le prestazioni specialistiche di cui dispone, per erogare il servizio
ordinato dall’impresa cliente, stabilendo: quali, quante, con quali modalità e con quali scadenze). Il key account
manager quindi co-produce il servizio con l’impresa industriale attraverso i momenti della verità, ovvero
momenti in cui ascolta e interpreta i suoi problemi, elaborando una soluzione. “come si arriva però alla
soluzione?” grazie al contributo delle unità specialistiche (ricerca di mercato, stesura del testo e immagini,
scelta dei media, produzione cartacea ecc.). una volta terminato il processo, il key account manager propone
la presentazione della campagna pubblicitaria al cliente, il quale se la accetta, conferma il lancio del servizio
(on air) e la conferma della sua efficacia (copy testing). Và sottolineato che in questo ruolo integrativo c’è
assenza di autorità gerarchica, ovvero non è essa che deve controllare/limitare le prestazioni ma la prestazione
richiesta alle unità interne è subordinata alla disponibilità di risorse finanziarie, nonché al budget negoziato
con il cliente esterno. Comprendiamo quindi quali sono i caratteri principali di ruoli integratori come il key
account manager: -permanenti; -continui; -non dotati di autorità gerarchica ma detengono di responsabilità
economica circa la commessa stipulata. In linea generale il ruolo integratore deve quindi
possedere specifiche competenze: orizzontali, relazionali, di offerta, relazione e motivazione. Ovviamente
perché un soggetto possa ricoprire un ruolo integratore dovrà avere una buona reputazione, un’ottima
credibilità personale. difatti solo se un titolare di ruolo integratore dispone di competenze e qualità personali
può affrontare conflitti in modo produttivo, risolvendoli tramite negoziazione integrativa, ovvero tramite
confronto con le unità. Le combinazioni temporali possibili per definire
la stabilità organizzativa assegnata ai ruoli e agli organi della macro-struttura: esistenza (permanenza o
temporaneità); funzionamento (continuità o discontinuità). Per quanto attiene all’esistenza essa è
relativa, nel senso che può essere negata in situazioni di crisi economica, ovvero periodi in cui vi è impossibilità
di attuare iniziative perché c’è urgenza di avviare ristrutturazioni organizzative; per quanto invece riguarda il
funzionamento dipenderà dalla struttura stessa, ovvero possono esservi dei ruoli permanenti che hanno una
discontinuità->collegio sindacale. Esempio invece di ruoli o organi temporali che funzionano in modo
continuo-> key account manager.

La progettazione della forma organizzativa (meso-macro)-> le scelte della progettazione devono rispettare 3
vincoli:

1. COERENZA. Essa riguarda un vincolo sia interno che esterno al sistema organizzativo. Coerenti
internamente quando riescono a tradurre tramite comunicazione i comportamenti attesi in modo
chiaro, sia comportamenti individuali che di gruppo, prevedendo e rispettando i costi di coordinamento
assicurando efficienza. Coerenza esterna quando si assicura l’adattamento e la presenza di co-
produzione con il cliente.

2. Questi due livelli di coerenza se sono complementari permettono di ottenere massima riconoscibilità,
successo: se percepisco un’alta qualità nel servizio che mi viene erogato, sarò soddisfatto e diventerò
fedele a quell’impresa.

3. SOSTITUZIONE VARIABILE ORGANIZZATIVA: si verifica se applicando a livelli maggiori una,


si riduce l’attrattività di applicare a livelli maggiori l’altra-> applicare sistemi di controllo basati sui
risultati anziché sui comportamenti.

24. Le forme semplici: elementare, artigiana decentrata ed il gruppo dei pari

La forma organizzativa può essere:

-LA FORMA SEMPLICE: l’imprenditore proprietario fondatore deve possedere competenze specifiche che
permettano di prendere decisioni in modo rapido. Nel caso in cui l’imprenditore non sia in possesso di
determinate competenze specifiche di sostegno alla gestione aziendale, esse vengono acquisite all’esterno.
Difatti all’esterno dell’attività lavorativa si dispone di un mercato ampio nel quale acquistare il servizio e
l’erogatore più adatto per una prestazione richiesta. Un esempio concreto è offerto sul piano contabile->
l’impresa sceglie tra differenti attori economici per svolgere tale prestazione: commercialista, consulente del
lavoro ecc.

La forma semplice a sua volta si distingue in:

1. FORMA ELEMENTARE, i cui punti essenziali possono essere sintetizzati:

• Piccole dimensioni

• Unica linea di prodotto destinata ad un insieme omogeneo di clienti (strategia non complessa)

• Ambiente semplice e dinamico


• Bassa formalizzazione ed unico livello gerarchico in cui vi sono imprenditore proprietario e cliente
interno-> ES. titolare di una barberia e collaboratori. Solitamente questa forma è utilizzato in imprese
di piccole dimensioni che svolgono la propria attività in un mercato locale e non internazionale.

• Poche regole esplicite e scritte, tra queste la definizione di standard di input (circa le competenze
individuali richieste, gli orari ed i turni di lavoro) e di output (lamentele cliente)

• Meccanismi di integrazione poco sviluppati e formalizzati. Le modalità di integrazione più utilizzate:


cultura (trasmissione dei valori dell’imprenditore circa il sistema di gestione concepito e la sua
leadership); standardizzazione di competenze in quanto avviene un “addestramento” circa i
comportamenti attesi e desiderati; supervisione diretta dell’imprenditore che rinforma i comportamenti
attesi ed interviene in caso di situazioni problematiche anche attraverso il feedback.

• Elevato grado di accentramento: per la comunicazione e le decisioni è utilizzata la rete a stella


(l’imprenditore gestisce le funzionalità della rete, per comunicare è necessario mandare un messaggio
all’imprenditore che poi lo smisterà agli altri nodi/utenti presenti nella rete). Il grado di accentramento
decisorio è limitato alla presenza del cliente che effettua co-produzione del servizio.

• Basso grado di specializzazione

NB. In questa forma vengono sfruttate le economie di scopo.

ESEMPIO DI FORMA ELEMENTARE: RISTORANTE.

Il servizio che offre questo ristorante: pranzo, cena, banchetti matrimoniali. Si tratta di un ristorante a gestione
familiare, dove tutti ricoprono più ruoli con un’inclusione parziale che esalta le economie di scopo. Vengono
svolte le attività principali per il servizio: attività di contatto, accoglienza, conclusione dell’erogazione, gestire
eventuali relazioni con clienti interni (assunzione, licenziamento, addestramento). Tutti i titolari di ruolo
coinvolti (moglie, marito, figlia) svolgono delle attività per conseguire economie di scopo: ad esempio il cuoco
svolge anche le pulizie a fine giornata. Per quanto riguarda il coordinamento questo avviene tramite orari di
lavoro, mutuo aggiustamento, supervisione diretta dell’impreditore ecc.. mentre la promozione del ristorante
avviene con: passa-parola e sito web curato da un professionista esterno.

2. FORMA ARTIGIANA DECENTRATA

La forma artigiana decentrata a differenza della forma semplice richiede l’uso di tecnologie. Perché queste
tecnologie possano essere utilizzare nel miglior modo è necessario che vi sia la presenza di soggetti che abbiano
competenze e ruoli specialistici all’interno della forma organizzativa. la capacità di questi soggetti, nonché
titolari di ruoli specialistici, è quella di essere in grado di padroneggiare competenze tecnologiche, godendo di
ampia autonomia. La forma artigiana decentrata quindi si caratterizza per la presenza di più soggetti, ognuno
dei quali è delegato ad una funzione, un ruolo.

ESEMPIO DI FORMA ARTIGIANA DECENTRATA: SERVIZIO DI SALA CINEMATOGRAFICA

La sala cinematografica eroga un servizio specifico: offre un’esperienza immersiva nella proiezione di un film,
grazie alla tecnologia digitale in 3D. l’impresa conta 7 sale per 1.715 posti complessivi. I proprietari della sala
sono 2 fratelli, già proprietari di un’altra sala cinematografica (alta competenza specialistica), i quali si
dividono i lavori. Un fratello si occupa degli acquisti per la fornitura del bar e la stipula del contratto con il
distributore che fornisce i film. L’altro invece gestisce le relazioni di lavoro (assegnare turni, stabilire orari,
mobilità dei ruoli). Vi è poi la possibilità (come chiarito nella forma semplice di cui fanno parte le successive
forme di cui stiamo parlando: elementare e artigiana) di usufruire di servizi esternalizzati, ovvero affidarsi ad
un esperto esterno per l’aspetto amministrativo e contabile, in questo caso si affidano ad un commercialista e
ad un professionista per la gestione del proprio sito web. Giungiamo ora ai clienti interni di contatto (i
dipendenti interni all’impresa): 3 baristi, i quali si occupano del servizio dei due bar esistenti; 3 cassiere, le
quali si occupano di cassa e servizio si call center; altri servizi vari: pulizia, eventuale aiuto al bar; ed infine
coloro che non hanno contatto con i clienti esterni in quanto si occupano della proiezione in 3 D, e delle luci
nelle 7 sale, ovvero di lavori che si svolgono “dietro le quinte”: 2 tecnici.

Per quanto invece attiene alle relazioni di lavoro, esse sono basate sull’equità, ovvero tutti i lavoratori di questa
particolare struttura devono godere degli stessi diritti di natura distributiva in base al contratto di lavoro
(possibilità di avere due sere libere a settimana; i giorni possono essere decisi in autonomia dal gruppo,
mantenendo però costante una sera libera a testa nel weekend e una durante la settimana; retribuzione
aggiuntiva per lavoro extra) e degli stessi diritti di natura procedurale (informalità, coinvolgimento nelle
decisioni quotidiane).

NB. GUARDA LA TAVOLA 7 ED 8 PER I TRATTI ORGANIZZATIVI, I VANTAGGI, I LIMITI DELLA


FORMA ARTIGIANA DECENTRATA E LA FORMA SEMPLICE.

3. GRUPPO DEI PARI-> forma organizzativa non gerarchica con una forte cooperazione tra le parti.

In questa struttura l’imprenditore, nonché proprietario, non è un singolo soggetto, ma un gruppo di individui
che condividono obiettivi, attività imprenditoriale, rischio di impresa, decisione, controllo e reddito. Pertanto
comprendiamo bene come la presenza di più soggetti che condividono un obiettivo comune favorisce
l’integrazione. Questa forma organizzativa è particolarmente utilizzata per erogare servizi di consulenza e
natura intellettuale, in quanto la presenza di più soggetti specializzati favorisce la risoluzione di problemi simili
e risponde meglio a specifiche esigenze del cliente-> più soggetti con molte specializzazioni possono offrire
un’alta personalizzazione del servizio. A tal proposito WIlliamson indica i vantaggi ed i limiti della forma del
gruppo tra pari:

-Vantaggi:

da un punto di vista di economicità e organizzazione: possibilità di sfruttare le economie di scala e di scopo


dal momento che i costi fissi che l’impresa deve sostenere per alcune risorse fondamentali vengono divise e
messe a disposizione tra i soggetti presenti (risorse tecnologiche, umane); basso costo organizzativo perché
tutti i soggetti sono propensi a produrre per un interesse comune, di conseguenza non vi è una figura autoritaria
che deve controllare l’esecuzione del processo, ma riesce ad attuarsi auto controllo individuale e sociale
mediante anche regole informali, che permettono di mantenere i costi organizzativi bassissimi.

Da un punto di vista professionale e di soddisfazione della persona: gli individui che fanno parte di questa
forma organizzativa, notano l’impatto positivo in termini di economicità e organizzazione e di conseguenza
entrano nell’ottica che “l’unione fa la forza”, ovvero è meglio conseguire obiettivi stabiliti in gruppo, piuttosto
che individualmente; riescono allo stesso tempo a provare soddisfazione, prestigio sociale e senso di
appartenenza; nasce in loro un senso di coesione.

-Svantaggi: opportunismo-> volontà di appropriarsi delle competenze specialistiche di un membro del proprio
gruppo per emergere individualmente. L’opportunismo si verifica soprattutto quando il controllo è piuttosto
debole. Altro svantaggio: coordinamento spesso lento a causa della competizione relazionale.

ESEMPIO DI GRUPPO DEI PARI: STUDIO ASSOCIATO DI LIBERI PROFESSIONISTI.

Un esempio concreto è dato da un gruppo di liberi professionisti (avvocati, dottori commercialisti, consulenti
aziendali) che decidono di dar vita ad uno studio associato in cui poter offrire un portafoglio diversificato, ma
integrato, di servizi ai propri clienti, riuscendo in questo modo non solo a rispondere a più problemi che un
cliente presenta, ma anche a poter mantenere un’alta economicità. La comunicazione tra i partner è diretta e
totale-> è il gruppo a decidere su tutti i problemi, sia strategici che operativi. Il ruolo del singolo è polivalente,
ovvero possiede non soltanto le sue competenze individuali relative alla sua professione, ma anche quelle di
servizio (coupling).

Quando si istituisce uno studio associato è necessario gestire al meglio le risorse umane, ovvero ricercare ed
ottenere soggetti che realmente possono portare benefici all’interno del gruppo. Difatti nel momento in cui
aumenta la dimensione quantitativa dello studio associato, sorge il problema del mantenimento
dell’economicità. Da ciò si comprende quindi che è possibile mantenere un’elevata convenienza all’interno
del gruppo dei pari, solo se i soggetti che ne fanno parte riescono a collaborare, esprimere un pensiero comune,
arrivare ad una soluzione condivisa e quindi collettiva. Per tale motivo si investe molto sulla formalizzazione,
ovvero sulle regole che riguardano la gestione delle risorse umane. Pertanto si investe molto sui sistemi di
valutazione della prestazione, carriere dei nuovi assunti ed aspetto retributivo dei partner. Per quanto attiene
al sistema operativo di valutazione della prestazione possono essere utilizzati 2 approcci:

• UP OR OUT-> se il singolo professionista presente all’interno del gruppo continua a prestare attività
insoddisfacenti, deve necessariamente abbandonare il gruppo. Il vantaggio principale è quindi dato
dall’obiettivo di voler in tutti i modi garantire dei dipendenti e quindi assumere solo coloro che hanno
competenze già qualificate e riescono a coordinarsi all’interno del gruppo in modo ottimale.

• OUTPLACEMENT-> in questo caso se vi è un dipendente non produttivo, la ricerca e selezione del


nuovo partner sarà effettuata da parte dello studio associato.

All’interno di questa forma organizzativa, ovvero il gruppo dei pari, troviamo differenti famiglie che altro non
sono che avanzamenti di carriera: famiglie professionali di ruolo-> associato senior, associato junior, senior
partner. Essendo pertanto avanzamenti di carriera è possibile per un professionista rivestire questi ruoli pian
piano che si specializza ancor di più; ovviamente la facoltà di decidere e quindi valutare se quel professionista
ha fatto un “passo in avanti” ed in grado di rientrare in quel ruolo, è affidata al gruppo dei pari.

L’aspetto retributivo: la progettazione del sistema retributivo si basa sul suddividere gli utili dello studio
associato tra i professionisti partner. Al fine di determinare quindi la retribuzione dei partner, viene spesso
utilizzato il modello lock-step puro o misto. In quello puro la suddivisione avviene in base all’età e quindi
secondo il parametro dell’anzianità; in quello misto in base ai contributi e al fatturato individuale. Quest’ultimo
stimola quindi maggiormente la competizione tra partner.

NB GUARDARE A PAGINA 321 LA TAVOLA 9 E 10

25. La forma unitaria ibrida professionale e divisa

LA FORMA UNITARIA IBRIDA O FUNZIONALE MODIFICATA:

E’ l’evoluzione della forma semplice; evoluzione che viene raggiunta in seguito alla crescita aziendale. La
crescita aziendale avviene grazie all’aumento di dimensioni aziendali e di complessità gestionale. Questa
crescita permette di “allargare” i confini organizzativi attraverso: integrazione verticale, integrazione
orizzontale e co-produzione del servizio. La forma unitaria ibrida, anche chiamata forma funzionale
modificata, ha questo nome perché presenta due specializzazioni: specializzazione per cliente nelle unità di
contatto-> co-produzione del servizio; specializzazione per tecnica delle unità-> preparazione e supporto del
servizio.

La forma unitaria ibrida si presenta in due varianti:

1. Forma ibrida professionale. I servizi professionali vengono messi a disposizione da soggetti altamente
qualificati che posseggono conoscenze formali, codificate, trasmesse e apprese in contesti formativi
istituzionali (università, corsi di formazione ecc). la validità dell’apprendimento di questi soggetti,
ovvero il successo da un punto di vista formativo conseguito al termine di questi percorsi, è verificato
mediante l’iscrizione ad appositi albi e ordini professionali. La forma unitaria ibrida si sostituisce alla
forma del gruppo dei pari quando è necessario ricorrere all’erogazione di servizi altamente
professionali-> es. settore sanitario (ospedali).

ESEMPIO DI FORMA IBRIDA PROFESSIONALE: AZIENDA OSPEDALIERA.

Coloro che operano all’interno di un’azienda ospedaliera sono soggetti altamente qualificati: i medici, il
personale sanitario ecc.. le competenze teoriche che questi soggetti hanno conseguito si concretizzano nella
pratica durante gli interventi, le visite, i protocolli di cura ecc.. tra le abilità del professionista vi è senza dubbio
quello di riuscire ad instaurare una relazione di ascolto con il cliente, al fine di capire le sue problematiche,
valutando poi come agire, cosa fare, quando farlo, quale azione programmata scegliere. Le competenze
tecniche e di servizio del professionista vengono valutate al momento del reclutamento (con gli standard di
input ritenuti necessari) e sviluppate poi durante l’attività lavorativa, con la formazione in aula e sul posto di
lavoro, sino al rispetto degli standard di processo. Ciò vorrà dire riuscire a conciliare ed integrare le competenze
tecniche e di servizio-> standardizzazione. Quest’ultima facilita il conseguimento delle economie di attività di
retrovia e il coupling, l’unione di competenze strettamente sanitaria, specializzate per tecnica (input) con quelle
di servizio, specializzate per il cliente (output), negli organi e nei modi (medici e infermieri) di contatto per la
co-produzione del servizio. In questa prospettiva si cerca di poter garantire coordinamento tra le varie parti
regolando gli standard di programmazione-> reclutamento risorse umane, procedura amministrativa,
programmando questa attività si riesce a ridurre i costi di coordinamento con gli organi di contatto. Decoupling:
costituito dalla divisione tra le direzioni e i dipartimenti, quindi riguardano l’aspetto gestionale, di preparazione
del servizio. Il coupling è organizzato nei dipartimenti e riguarda i ruoli rivestiti all’interno del dipartimento
di ostetrica, neonatologia, in cui vengono richieste e privilegiate non soltanto le specifiche competenze tecnico
professionali, di servozio, ma anche l’orientamento o meglio la specializzazione per il cliente esterno, in modo
che medici e infermieri possano co-creare valore con il paziente (cliente esterno).

2. LA FORMA IBRIDA DIVISA-> replicazione organizzativa del sistema di erogazione o distribuzione


nei mercati definiti territorialmente. Il decoupling permette di dividere gli organi della rete localizzati
nei mercati, da quelli di preparazione del servizio riuniti in un unico luogo, la sede centrale. Vi è quindi
una doppia divisione: spaziale ed organizzativa.

ESEMPIO DI FORMA IBRIDA DIVISA-> Agenzia per il lavoro generalista. Si tratta di un’impresa che eroga
il servizio di intermediazione domanda (messa a disposizione dall’impresa) e offerta (messa a disposizione dei
lavoratori). I protagonisti in questa impresa sono 3: agenzia, utilizzatore (imprenditore) e lavoratore. Il servizio
viene reso grazie alla stipulazione di due contratti: uno con il lavoratore e uno con l’impresa. Il lavoratore è
assunto dall’agenzia di intermediazione la quale lo mette a disposizione dell’imprenditore che, diverrà datore
di lavoro sostanziale e formale del dipendente. L’agenzia sarà ovviamente retribuita dell’offerta di lavoro che
ha reso disponibile; la retribuzione non avverrà da parte del lavoratore, ma da parte dell’impresa che usufruisce
del servizio. Nello specifico andiamo ad analizzare la struttura di un’agenzia per il lavoro generalista al fine di
comprenderne ruoli, funzioni ecc.. come tutte le imprese, anche questa presenta una sede centrale, la quale
svolge un ruolo di direzione generale. A sua volta essa è composta da differenti funzioni, ovvero gli organi
direttivi specializzati per tecnica. Un esempio concreto di organo direttivo è la Funzione direzione
amministrazione e finanza (escludendo però la direzione filiari specializzati invece per cliente). Questa
funzione direttiva è a sua volta articolata in delle sotto unità, ognuna delle quali svolge un compito ben definito:
paghe e contributi, contabilità e budget, cassa e banche. Colui che si trova alla base della direzione
amministrativa e finanza, ovvero il direttore, dovrà anche controllare e programmare le risorse utilizzate,
facendo in modo che possano essere conseguiti gli obiettivi stabiliti all’inizio. Il suo modo di operare sarà
ovviamente valutato. Comprendiamo quindi come la sede centrale è costituita da organi di retrovia, ovvero
organi delegati al processo di erogazione. Ogni funzione gode di una propria specializzazione tecnica che,
come già affermato inizialmente rappresenta l’orientamento principale dell’organo centrale. Tale
specializzazione permette di avviare una differenziazione organizzativa, ovvero permette di dare uno specifico
e diverso ruolo ad ogni funzione. Ogni funzione si differenzierà dalle altre in termini di numero di livelli
gerarchici, grado di formalizzazione frequenze e specificità dei sistemi di controllo e di valutazione delle
prestazioni. La specializzazione tecnica determinerà due effetti: standardizzazione degli input e dei processi
per garantire e quindi usufruire delle economie di destrezza e di scala; ottimazione di obiettivi locali della
funzione, svantaggiando quindi gli obiettivi generali dell’impresa.

Accanto alle funzioni, ci sono le filiali, ovvero la rete di distribuzione dei servizi. Essa si differenzia dalle
funzioni in quanto la sua specializzazione non sarà tecnica, ma principalmente orientata al cliente. In altri
termini le filiali sono le unità di contatto che co-producono il servizio. Spesso un’impresa non gode di una sola
filiale, ma di un’ampia gamma che permette di distribuire i servizi nei mercati globali. In questo modo
possiamo quindi pensare alle filiali come il risultato della progettazione organizzativa, denominata spesso
“replicazione organizzativa” -> riprodurre un servizio in più posti, in mercati nuovi geograficamente distanti.
La replicazione organizzativa sarà il risultato delle conoscenze, competenze, della strategia, delle risorse e
degli output conseguiti nel tempo. Parliamo quindi di economie di esperienza, le quali tanto più saranno
elevate, tanto più la replicazione organizzativa sarà possibile; replicazione che difatti avviene con più
efficienza se la riproduzione nel tempo e nei mercati nuovi sia sempre più fedele all’originale, garantendo
qualità, tecnica, efficienza. Questi saranno i vincoli a cui una filiale dovrà attenersi per godere di replicazione
organizzativa. in questo modo il sistema di erogazione del servizio in un nuovo mercato, dovrà riflettere la
strategia distributiva prescelta dall’impresa (rete diretta, rete indiretta). questo esempio utilizza pertanto sia la
specializzazione tecnica, che la specializzazione per il cliente. Il processo di erogazione del servizio di
somministrazione presenta due relazioni: una con l’impresa cliente, in cui l’agenzia presenta il proprio servizio,
crea un contatto e vende il servizio stesso (ovvero il lavoratore); ed una con il lavoratore in cui l’agenzia
promuove l’offerta di lavoro, ricerca possibili candidati, fa colloqui, seleziona, redige la lettera d’assunzione
e formalizza il contratto.

ALTRO ESEMPIO-> ORGANIZZAZIONE ALTERNATIVA DELLA FILIARE DI UN’AGENZIA PER IL


LAVORO

L’intero processo in un’organizzazione di questo tipo può essere distinto in due insieme di attività che
richiedono competenze e responsabilità distinte:

-RESPONSABILITA’ FILIALE (organizzazione per tecnica) → Questa responsabilità a sua volta si divide in
2 sotto-insiemi: attività di ricerca nuovi clienti (ruolo commerciale); selezione, assunzione, presentazione del
candidato all’impresa cliente, gestione amministrativa del contratto (ruolo selezione e amministrazione).
Entrambi i titolari di ruolo in quanto specialisti tecnici cercano di utilizzare in modo efficiente le risorse a
disposizione (tecnologiche e umane).

-RESPOSABILITA’ FILIALE (ORGANIZZATA PER CLIENTE) → Questa responsabilità è assunta dal


ruolo dell’account manager, il quale ha su di sé la gestione della relazione con il cliente e con il lavoratore.

VANTAGGI E SVANTAGGI DELLE DUE PROGETTAZIONI ORGANIZZATIVE

• SPECIALIZZAZIONE PER TECNICA: Ciascun titolare dei due ruoli (commerciale/selezione e


amministrazione) può sfruttare le economie di scala e di destrezza, ma allo stesso tempo non può
usufruire di vantaggi sui costi di coordinamento che difatti divengono molto più complessi.

• SPECIALIZZAZIONE PER IL CLIENTE: l’account manager deve possedere una conoscenza molto
vasta dal momento che è l’unico responsabile di tutto il settore e quindi quello su cui ricadono tutte le
resposabilità. Può co-produrre il servizio con il cliente, dal momento che pone al centro dell’attenzione
il cliente stesso ed instaura con lui il rapporto molto forte; durante il momento della verità può riuscire
a conoscerlo meglio, capire i suoi bisogni, desideri. Se riesce a gestire il tutto potrà trasformare la
relazione di vendita del servizio di somministrazione in quella longeva della consulenza con tutti i
servizi offerti dall’agenzia.
Queste due alternative di specializzazione in realtà incarnano le due forme organizzative a cui è possibile fare
riferimento: forma unitaria o funzionale “pura divisa”, specializzata nella tecnica; forma ibrida divisa,
specializzata quindi per il cliente.

N.B GUARDARE TAVOLA 12 A PAG. 332.

26. La forma unitaria ibrida per responsabile di cliente

Si tratta di una forma organizzativa che non si limita a quella professionale e divisa (come la precedente) ma
si estende ad altre 3 tipologie: la personalizzazione; il trattamento di problemi nuovi e complessi; la
complessità informativa derivante dal portafoglio diversificato di offerta. Tuttavia il punto che accomuna le
forme ibride, è dato dal voler riuscire a far conciliare la specializzazione tecnica e quella per il cliente
nell’erogazione del servizio, ricorrendo sia a forme di coordinamento che di co-produzione.

ESEMPIO DI FORMA IBRIDA PER RESPONSABILE DI CLIENTE-> UN’AGENZIA PUBBLICITARIA

All’interno di un’agenzia pubblicitaria troviamo le sotto-sezioni (uffici) della direzione generale: direzione
planning, direzione creativi, direzione produzione, direzione GRU e amministrazione. Ciò che accomuna tutte
queste parti è la specializzazione tecnica; ad esse si affianca anche la direzione cliente, la quale al contrario è
specializzata per il cliente. alcuni di questi uffici, quale la direzione GRU e amministrazione, decide di servirsi
di servizi offerti da un’imprese esterna, al fine di risparmiare.

La funzione planning: crea una strategia al fine di rafforzare o modificare il posizionamento sul mercato
attraverso ricerche in cui si interroga il cliente esterno per capire i punti di forza o di debolezza del servizio.

La direzione creativi: elabora il concept creativo, ovvero crea il messaggio strategico pubblicitario-> testo e
immagine complementari.

Direzione produzione: realizza materialmente testo e immagini, servendosi pertanto di determinati appartati,
quali la radio, tv, art buyer.

Le attività e le specializzazioni di ognuna di queste funzioni vengono attivate mediante una figura chiave: il
key account executive. Questa figura difende la co-produzione del servizio e concorre a creare il valore con
l’impresa cliente. nello specifico grava su di sé la scelta del budget e l’obbligo a cercare di non far superare
quella soglia economica concordata tra le varie parti. Pertanto dovrà possedere capacità di negoziazione su
accordi riguardanti tempi, modalità qualità delle prestazioni ecc.. non gode di autorità gerarchica. Tra le
capacità necessarie che un key account manager deve possedere vi è la capacità relazione, non soltanto nei
confronti dei rapporti esterni, quali i clienti, ma anche quelli interni dal momento che da una parte deve
ascoltare i problemi, i desideri del cliente interno; ma dall’altra deve gestire i gruppi di lavoro che man mano
si formano. Svolge anche un ruolo integratore, inteso come capacità di integrazione organizzativa delle attività
rese dalle funzioni (determinare quando, dove e perchè). In particolar modo la sua attenzione dovrà essere
rivolta a tutte le prestazioni rese delle funzioni aziendali durante il processo di erogazione; processo che
comprenderà la fase di avvio, nonché l’idea primordiale sulla campagna pubblicitaria fino alla realizzazione
dello spot pubblicitario. in questo processo dovrà anche tener conto e quindi coordinare i vari contributi interni,
l’uso degli strumenti, gli ordini di lavoro ecc..

N.B GUARDARE TAVOLA 14

27. La forma unitaria ibrida per progetto

Durante la gestione, l’impresa si trova a dover affrontare e a dover risolvere dei nuovi problemi, rilevanti per
il loro impatto economico.

Il problema può essere risolto attraverso una forma ibrida per progetto. Per progetto intendiamo:
➢ L’insieme di persone e di altre risorse riunite in modo temporaneo per raggiungere uno specifico
obiettivo con un budget predeterminato ed entro un periodo definito.

➢ La gestione sistemica si una intrapresa unica e di durata determinata, rivolta al raggiungimento di un


obiettivo chiaramente predefinito mediante un processo di pianificazione e controllo differenziato e
con vincoli interdipendenti di costi, tempi e qualità.

Le attività che costituiscono il progetto sono nuove e innovative per l’impresa; sono incerte e non prevedibili
ex ante, ma apprese in itinere; sono trasversali alle singole funzioni aziendali; sono rilevanti per le risorse
impiegate e per l’impatto sulla gestione aziendale; sono temporanee, ma con scadenze; sono complesse e
richiedono competenze specialistiche ed interdisciplinari che devono essere integrate.

I nuovi problemi generano complessità. Si ha una complessità massima quando è complesso al massimo il
contenuto del problema (es. lo studio di un nuovo servizio) e il processo ovvero il modo in cui affrontare il
problema.

Per quanto riguarda il contenuto e la natura del risultato (output), quanto più esso è innovativo, non
predeterminabile in anticipo, tanto più il progetto è destrutturato e viceversa.

Per quanto riguarda il processo di ricerca delle soluzioni, quanto più è noto a priori, ma da apprendere in
itinere, tanto più è incerto.

Le combinazioni contenuto-processo riflettono e qualificano la cultura organizzativa come “forte” o “debole”:

1. Se il processo di ricerca delle soluzioni è ignoto ed è combinato con un risultato consolidato e


conosciuto: la cultura organizzativa è mediamente debole nel lavorare per progetti (con le task team)
e la complessità del problema viene parzialmente subita.

2. Se il processo di ricerca delle soluzioni è noto ed è combinato con un risultato consolidato e


conosciuto: la cultura organizzativa è forte nel lavorare per progetti (con le task team) e la complessità
viene governata.

3. Se il processo di ricerca delle soluzioni è noto ed è combinato con un risultato innovativo e


sconosciuto: la cultura organizzativa è mediamente debole nel lavorare per progetti (con le task team)
e la complessità è parzialmente subita.

4. Se il processo di ricerca delle soluzioni è ignoto ed è combinato con un risultato innovativo e


sconosciuto: la cultura organizzativa è debole nel lavorare per progetti (con le task force) e la
complessità è totalmente subita.

(Schematizzato in Tavola 15, pag. 338).

Tanto più il risultato da conseguire è innovativo, tanto più occorre pianificare le attività per gestire le variazioni
attraverso il sistema di programmazione e controllo progettato ad hoc, in base a come è strutturato il progetto.

Tanto più il processo di realizzazione è ignoto, da apprendere in itinere, tanto più è necessario predisporre della
task force in modo da favorire la comunicazione totale, il confronto, l’apprendimento individuale e di gruppo,
il tutto in funzione del grado di incertezza del progetto.

La complessità del progetto dipende anche dalle sue dimensioni: tanto più aumentano le risorse umane ed
economiche, tanto più aumenta la complessità del progetto.

Una debole cultura organizzativa riflette sia una carenza di competenze cognitive, sia le resistenze al
cambiamento organizzativo da parte degli attori coinvolti. Ogni attore ha degli interessi specifici che sono fonti
potenziali di conflitti organizzativi. Il tutto si traduce nell’impiego di un task team non adatto. (Vedi Tavola
16, pag. 339).

La progettazione della forma dipende da una serie di vincoli detti contingenze. I vincoli possono essere interni
(tecnologici, organizzativi ed economici) o esterni (ambientali) al sistema.

L’approccio contingente consente di concepire “il ciclo di vita del progetto”. Il ciclo di vita del progetto è
composto da quattro fasi che sono legate fra loro da interdipendenza sequenziale. Ogni fase ha precisi vincoli
e problemi riguardanti la gestione tecnica, economica e organizzativa del progetto; questi vincoli richiedono
soluzioni altrettanto specifiche. Ne consegue che l’organizzazione del gruppo di progetto è contingente rispetto
a ciascuna fase così come le modalità di controllo dell’andamento dei costi.

Le quattro fasi sono: ideazione, pianificazione, esecuzione e conclusione.

1. Ideazione: è gestita dall’alta direzione dalla quale dipendono: il superamento delle resistenze dei
direttori di funzione e un’adeguata scelta del responsabile del progetto.

La fase di ideazione si chiude con la formazione della task force e la nomina del project manager (responsabile
del progetto) al quale vengono assegnate delle responsabilità. Il potere organizzativo del project manager
riguarda due azioni: l’autorità di poter scegliere in modo unilaterale i componenti della task force e la gestione
delle relazioni di lavoro in qualità di superiore gerarchico durante il periodo di svolgimento del progetto. Il
project manager ha il potere di disporre delle risorse assegnate.

Nella fase iniziale possono sorgere alcuni problemi imputabili all’alta direzione: carente comunicazione della
visione del progetto alla task force; formazione di aspettative irrealistiche in termini di risultati e scadenze;
scelta poco efficiente del responsabile di gruppo.

2. Pianificazione: è la fase in cui il project manager definisce le competenze e sceglie i componenti della
task force nell’ambito delle singole funzioni aziendali; programma l’allocazione delle risorse. I
problemi cruciali da risolvere sono quelli legati alla dinamica del gruppo: il project manager ha il
compito di creare lo spirito del gruppo, creare un senso di appartenenza e di identità. Il project manager
deve farsi accettare dal gruppo come leader, deve coinvolgere il gruppo per prendere decisioni. I
componenti non devono più pensare ed agire nella prospettiva della loro funzione aziendale di
provenienza, ma in quella del nuovo gruppo seppur temporaneo. In questa fase emergono molti
conflitti: conflitti sulle priorità, sulle procedure, sulle scelte tecniche, conflitti organizzativi, sui costi,
sui programmi e conflitti di personalità (Tavola 17, pag. 341).

3. Esecuzione: in questa fase la task force realizza le attività programmate nella fase precedente. il project
manger presidia l’andamento delle attività attraverso: l’eventuale revisione del programma e la
riallocazione delle risorse; la gestione delle relazioni all’interno del gruppo; il mantenimento di un
buon clima organizzativo; la protezione del gruppo da eventuali interferenze soprattutto da parte dei
direttori delle funzioni che non accettano la mancanza del proprio collaboratore.

Il problema critico per i componenti della task force è imparare a lavorare in gruppo e soprattutto in condizioni
di incertezza in quanto le attività svolte non sono le stesse attività che vengono svolte all’interno della funzione.
Le attività svolte nel progetto hanno un inizio e una fine, sono temporanee, destrutturate, hanno delle scadenze
da rispettare, sono poco prevedibili e specialistiche. Invece, le attività all’interno della funzione aziendale cono
ripetitive, permanenti e strutturate, hanno scadenze modificabili, sono prevedibili e sono richieste competenze
mono funzionali, non specialistiche.

Un ulteriore aspetto critico, per il project manager, è il controllo dei costi: il tasso di utilizzo delle risorse
cambia durante il progetto, aumenta con il succedersi delle fasi per accumulazione e si riduce nel corso
dell’ultima fase. La curva cumulata dei costi indica che anche essi subiscono un effetto contingente marcato
da tre possibili eventi: il recupero del tempo perduto che diventa più costoso; l’accelerazione del progetto
aumenta i costi man mano che ci si avvicina al completamento del progetto; il cambiamento non previsto di
alcune parti del progetto contribuisce all’aumento dei costi.

4. Conclusione: è la fase di chiusura del progetto e lo scioglimento della task force. In questa fase, la
parte più importante è la presa di decisione: si deve decidere del futuro dei componenti della task force
che nel periodo di svolgimento del progetto hanno acquisito nuove competenze e abilità innovative.

Per l’alta direzione si tratta di scegliere fra due alternative:

➢ Restaurare lo status quo organizzativo ovvero tornare all’organizzazione esistente prima della
costituzione della task force. In questo caso si perderebbe tutto il capitale umano acquisito.

➢ Modificare la forma organizzativa esistente progettando nuovi ruoli e sentieri di carriera per
sfruttare e valorizzare le nuove competenze.

Per i direttori di funzione la scelta è analoga: devono decidere se progettare nuovi ruoli o rifiutarli.

L’esito di queste scelte si ripercuote sulla fase finale della task force. Nel caso in cui il reinserimento sia stato
programmato dall’alta direzione già all’inizio del progetto e comunicato in modo chiaro e soddisfi le
aspettative, il project manager si concentrerà sulle attività necessarie per chiudere il progetto. In caso contrario,
egli dovrà concentrarsi soprattutto sulle relazioni tra i componenti della task force in ansia per il loro futuro e
prevenire la riduzione dell’impegno personale o addirittura le dimissioni.

L’insuccesso della gestione dei progetti deriva sia dalle decisioni inefficienti dell’alta direzione, sia
dall’incapacità del project manager di prevenire il malfunzionamento della task force. Gli errori si traducono
in ritardi, conflitti e perdita di controllo dei costi.

Esempio di adozione della forma ibrida. Si decide di dar vita ad un centro commerciale; il centro commerciale
è l’aggregazione di più imprese commerciali. Queste imprese sono differenti fra loro, hanno diversi format,
ma sono gestite da un’unica impresa centrale che spesso ne è proprietaria.

Il progetto è complesso in quanto si devono adottare due format differenti: un format per l’ipermercato che
sarà nel centro commerciale; un format per il centro commerciale fatto da tanti altri negozi.

L’alta direzione istituisce un gruppo di progetto che ha il compito di verificare la fattibilità e la realizzazione
in quanto l’impresa dovrà assumere il ruolo di: ideatore e promotore, proprietario che vende o affitta i locali
commerciali, gestore del centro commerciale e gestore dell’ipermercato.

La progettazione deve proteggere la differenziazione delle attività del progetto. La soluzione organizzativa da
adottare è quella della forma ibrida attraverso la costituzione di una task force guidata da un project manager.

Ci sono tre ulteriori scelte di progettazione da fare:

1. Garantire la continuità di funzionamento della task force nel tempo e il ciò implica per le persone
scelte dover abbandonare il loro ruolo originario ricoperto nella funzione di provenienza.

2. Creare un ruolo forte del project manager che dovrà scegliere unilateralmente i componenti della task,
decidere autonomamente come utilizzare le risorse, assegnare il budget ad hoc.

3. Il project manager deve possedere leadership.

Le qualità del project manager sono fondamentali per l’organizzazione del lavoro della task. Formalmente è
in cima alla gerarchia rispetto ai componenti del gruppo. In realtà, il project manager dipende dai suoi
subordinati per il successo del progetto. Ne consegue che l’esercizio dell’autorità gerarchica ha un’efficacia
molto limitata.
Queste soluzioni organizzative (un solo livello gerarchico, isolamento, bassa formalizzazione, budget
assegnato ad hoc) assicurano la protezione della differenziazione organizzativa. (In pratica, per realizzare il
centro commerciale sono necessari più componenti che si occupano di diversi aspetti, per capire meglio vedi
Figura 15, pag.344).

La task force e il project manager hanno un ruolo di integrazione organizzativa. In particola, il primo deve
permettere l’integrazione all’interno del gruppo di lavoro, ma anche verso le funzioni aziendali che sono le
destinatarie del risultato finale.

Differenza task force e task team: Es. nel caso di un’impresa della grande distribuzione, l’apertura di un nuovo
punto vendita è un qualcosa che avviene periodicamente. L’apertura del nuovo punto vendita è presidiata da
un organo collegiale ovvero il task team o commissione delle nuove aperture. Le varie funzioni aziendali
coinvolte difendono i propri interessi. Le decisioni sono collettive. (In sostanza, le task force sono temporanee
e sono formate da membri provenienti da diverse funzioni aziendali che collaborano per la risoluzione di un
problema nuovo, ma passeggero. Il task team non è temporaneo, ma stabile, composto da membri che si
occupano tutti della stessa cosa).

Importante: vedi Tavola 21 e 22, pag. 347 e 348.

VANTAGGI LIMITI

Forte orientamento agli obiettivi della Eventuale confusa sponsorizzazione dell’Alta


committenza Direzione

interna (incoerenza tra le politiche enunciate e quelle


agite)

Miglior controllo dei tempi, costi del progetto e Conflitti organizzativi tra: il project manager e
miglior raggiungimento di risultati collegati a Direttori di Funzione; tra l’Alta Direzione e i
attività nuove, incerte e complesse componenti la task force per il reinserimento
delle persone al termine del

progetto

Alto coinvolgimento dei componenti la task force Costi elevati per l’eventuale mancato utilizzo
nelle
dell’esperienze accumulate grazie al
attività di progetto e opportunità di crescita progetto(mancata

professionale valorizzazione e/o perdita delle risorse umane)

28. La forma unitaria ibrida reticolare o a matrice

L’aumento di clienti che richiedono servizi ad alta personalizzazione e ad elevato contenuto tecnico-
professionale, genera un’ulteriore difficoltà: conciliare l’unione (coupling) di due criteri di specializzazione, il
criterio della tecnica e il criterio del cliente, in modo simmetrico.

Per gestire questa complessità organizzativa è necessario ricorrere alla struttura a matrice, detta anche
reticolare. Questa struttura adotta in modo simmetrico ed equilibrato i due criteri della specializzazione tecnica,
orientata agli input, e il criterio del cliente orientato agli output. La struttura permette di realizzare il coupling.
Il presidio delle due attività (sviluppo tecnico e coproduzione con il cliente) è assegnato titolari degli organi
specializzati in una o nell’altra. I titolari esercitano un potere gerarchico nei confronti degli stessi titolari dei
ruoli inferiori.

In altri termini, il titolare di un ruolo operativo risponde a due superiori gerarchici (two boss manager), i quali
esercitano due distinte linee di autorità. Il ruolo che la doppia autorità subisce è un ruolo di integratore: è
possibile realizzare integrazione attraverso sistemi di programmazione, controllo e gestione delle risorse
umane. Questi sistemi sono specializzati sia per attività tecniche sia per le attività di coproduzione con il
cliente. Di conseguenza, la forma reticolare a matrice presenta doppi sistemi operativi che consentono di
mantenere un orientamento e un comportamento organizzativo equilibrati nei confronti dei due superiori
gerarchici.

Definizione da Curzi. La struttura a matrice è una struttura organizzativa in cui le persone e le risorse sono
raggruppate in due modi diversi allo stesso tempo: per funzione e per prodotto.

La matrice è una griglia rettangolare che mostra le responsabilità funzionali sull’asse verticale e le
responsabilità di prodotto sull’asse orizzontale.

L’organizzazione è piatta e il potere decentrato. I dipendenti sono detti dipendenti con due capi in quanto
riportano al direttore del team di prodotto e al direttore di funzione. Il presupposto di questa struttura è che
quando ai membri del team viene attribuita una responsabilità maggiore dell’autorità formale che hanno, essi
si trovano costretti a cooperare per portare a termine i loro incarichi.

Un’altra differenza con la struttura a team è che la l’appartenenza a un team non è permanente, i dipendenti
passano da un team all’altro.

Da videopillole. Con questa forma organizzativa si cerca di superare i problemi che si avevano con la struttura
funzionale dove vi erano alti costi di coordinamento con relativi ritardi quando aumenta il numero di prodotti
e di servizi da gestire. Si superano anche i problemi di quella del progetto che assicura meno innovazione
tecnologica perché vincolata dalle esigenze dei clienti interni. La forma a matrice cerca di conseguire i benefici
di entrambe senza incorrere nei limiti di entrambe.

Significa che abbiamo l’adozione simultanea di due criteri di specializzazione, tecnica e prodotto, input-output
e prodotto e cliente, output-output. L’incrocio di questi due criteri di specializzazione fa in modo che vi sia
una doppia progettazione di ciascun sistema operativo, uno per ognuno dei due criteri di specializzazione. Ciò
assicura il bilanciamento ed elevata formalizzazione dei sistemi operativi e l’uso di relazione laterali.

Il dipendente ha una duplice linea gerarchica, solitamente si ha un solo capo, qui invece abbiamo una doppia
dipendenza, two boss manager.

La struttura a matrice porta ad avere un numero ridotto di livelli gerarchici e un elevato decentramento
decisorio tra tutti gli attori organizzativi. Quindi, chi sta al centro deve sottostare sia agli ordini che provengono
dall’organo di funzione, sia a quelli che provengono dal responsabile di prodotto e servizio.

Esempio società di ingegneria: eroga servizi di ingegneria e di architettura. Opera esclusivamente nel settore
pubblico pertanto è sottoposta al rispetto di numerosi vincoli fra cui: la presenza di un direttore tecnico con
un’esperienza di almeno dieci anni; l’obbligo di inviare all’authority l’organigramma dei soci, dei dipendenti
e dei collaboratori; la presenza di un responsabile della qualità; i progettisti che firmano i progetti devono
essere iscritti allo specifico albo.

La società progetta e realizza opere infrastrutturali assegnate attraverso bandi pubblici.

Il ruolo del direttore tecnico: svolge la funzione di garanzia professionale nei confronti del cliente pubblico o
privato, così come previsto dalla legge. È tenuto a controfirmare tutti i lavori dei progettisti e di conseguenza
ne controlla l’attività. Inoltre, la legge prevede che il consiglio di amministrazione consulti il direttore tecnico
riguardo alle decisioni strategiche e di partecipazione alle gare.

Ruolo direttore generale: il direttore tecnico è sullo stesso livello del direttore generale. Il direttore generale
non ha un potere gerarchico, ma esercita un potere di controllo sui lavori dei progettisti con i quali condivide
le responsabilità derivanti dai rischi professionali. Nelle società di piccola-media dimensione, il ruolo del
direttore tecnico e del direttore generale coincidono.

Le funzioni specializzate, qualità e sicurezza – amministrazione e risorse umane, presidiano le attività di


supporto e di preparazione. Il criterio di divisione si realizza anche per le eventuali sotto unità nella quali si
articolano le funzioni (infrastrutture, impianti, edifici civili e industriali) e anche per il singolo ruolo di
progettista o professionista. Il singolo ruolo di progettista o professionista richiede competenze tecniche di
progettazione o di consulenza. (Per maggiore chiarezza vedere Figura 16 pag.350).

I direttori di funzione hanno il compito di gestire le risorse umane che vengono loro affidate. La gestione
consiste nel: sviluppo e formazione di competenze tecnico-specialistiche; creazione di motivazione individuale
attraverso forme di valutazione e di incentivi.

La Direzione Gare e clienti e i capi commessa sono specializzati per cliente. Il cliente è l’ente pubblico nel
caso di partecipazione diretta della società al bando di gara oppure un’impresa che ha vinto il bando e si avvale
dei servizi specialistici della società.

I due assi che compongono la matrice sono quindi: la specializzazione tecnica basata sugli input, la
specializzazione per cliente basata sugli output.

Le responsabilità organizzative ed economiche sono formalizzate nei doppi sistemi di programmazione e di


controllo e di valutazione delle prestazioni ed incentivi.

Il budget generale si sdoppia nel budget dei direttori di funzione e in quello di ciascuno dei capi commessa.
Nello stesso modo, l’Amministrazione e Risorse umane sdoppia i sistemi di valutazione e degli incentivi per
funzioni e commesse.

Questi doppi sistemi operativi sono progettati ad hoc, sono indipendenti per ciascuna delle due linee
gerarchiche, ma integrati da un punto di vista organizzativo per indurre i comportamenti organizzativi attesi.

Ruolo dei tre direttori delle funzioni tecniche: supervisionano i professionisti e in particolare si occupano di:
formazione e aggiornamento professionale; valutazione della prestazione ai fini del passaggio a una classe
retributiva superiore quindi hanno la responsabilità del costo del lavoro. Questa responsabilità è collegata al
fatto che i direttori devono saturare tutta la “capacità produttiva disponibile” ovvero occupare le ore lavorabili
e il costo relativo dei dipendenti in carico nella propria funzione. Le ore lavorabili vengono impiegate in tre
attività: formazione, partecipazione alle commesse e svolgimento del ruolo direttivo di capo-commessa da
parte dei progettisti più esperti.

La necessità di rendere sature le ore lavorabili impone ai direttori di funzioni tecniche di negoziare
continuamente con il direttore delle gare e clienti che ha il compito di acquisire commesse, scegliere e nominare
i capi-commessa, formare i gruppi di commessa composti dai progettisti.

Il direttore gare e clienti e i capi-commessa rappresentano i clienti interni che consentono ai titolari dei ruoli
operativi (i two boss manager) di saturare le ore lavorative.

Le principali responsabilità del direttore gare e clienti sono: formazione dei capi commessa e gestione del
gruppo di lavoro e della relazione con il cliente; acquisizione delle commesse in base al budget assegnato; il
perseguimento del margine totale delle commesse ottenute.
Ruolo capo commessa: le sue responsabilità sono di tipo gestionale ed organizzativo. Innanzitutto, deve stilare
il piano di commessa, tener conto del margine economico e della soddisfazione del cliente, questo dal punto
di vista gestionale.

Dal punto di vista organizzativo deve occuparsi della formazione e della gestione del gruppo di commessa;
deve sviluppare un orientamento al cliente e le competenze relazionali nei progettisti. Nel fare ciò, il capo
commessa è aiutato dal coordinatore tecnico secondo quanto previsto dalla legge.

Anche i sistemi di valutazione della prestazione e degli incentivi sono doppi. I direttori di funzione valutano
la prestazione dei progettisti che gestiscono.

Ogni singolo direttore di funzione utilizza la valutazione per i passaggi ad una classe retributiva superiore.

Il direttore gare e clienti giudica la prestazione dei capi commessa ai fini del bonus da erogare.
Successivamente, il direttore gare e i capi commessa valutano i progettisti che compongono i gruppi di lavoro
al fine di assegnare loro un bonus.

Mantenere l’equilibrio fra i vari poteri è compito del direttore generale/direttore tecnico. Devono riuscire a
conciliare la differenziazione e l’integrazione organizzative così da indurre tutti gli attori alla cooperazione.
Devono conciliare le competenze tecniche e le competenze di servizio nei clienti interni per garantire
l’efficienza della struttura a matrice. I progettisti sono continuamente impegnati a lavorare in gruppi di
commessa di un cliente esterno per saturare il tempo di lavoro disponibile, al netto di quello impiegato per la
formazione.

Nel momento in cui si acquisisce una commessa, si innescano le comunicazioni e le negoziazioni tra: direzione
gare e clienti ed i direttori di funzioni per la scelta dei capi commessa; tra capi commessa e direttori di funzione
per la scelta dei progettisti che formeranno il gruppo di lavoro.

Gli interessi dei capi commessa e dei direttori di funzione a volte sono comuni, a volte divergenti: ciascun
direttore di funzione vuole rendere sature le ore lavorabili assegnando i progettisti più giovani; il capo
commessa vuole disporre della squadra migliore.

I direttori di funzione, direttore gare, capi commesse e progettisti sono sottoposti alla duplice autorità
gerarchica dei direttori della funzione di appartenenza e dei capi commessa. Ciò si traduce in una tensione di
ruolo quando le aspettative sono contrastanti. Si tratta dell’ambiguità di ruolo che presente due aspetti: il costo
emozionale e gli spazi di manovra sui quali il titolare del ruolo può giocare.

Quando il singolo progettista termina la propria attività che può coincidere o meno con la durata della
commessa, è libero e disponibile per essere impiegato in un’altra commessa o a partecipare ad un corso di
formazione per ottenere la saturazione delle ore lavorabili. Lo stesso accade quando termina l’attività del capo
commessa.

L’elevata mobilità tra commesse può generare ulteriori tensioni di ruolo perché si lavora sempre con colleghi
e clienti differenti.

Nel settore dei servizi, la forma a matrice, denominata input-output, è diffusa soprattutto nelle società di
consulenza.

Vantaggi forma a matrice:

✓ Miglioramento dei sistemi gestionali

✓ Soluzioni innovative

Svantaggi forma a matrice:


 Problemi di coordinamento

 Rallentamento dei processi organizzativi

 Deterioramento processo decisorio

Per rendere più efficiente l’utilizzo della forma a matrice, è necessaria la presenza di:

➢ Tecnologie indivisibili che assicurano le economie di scala

➢ Elevata personalizzazione dei servizi

➢ Stretta interdipendenza dei servizi offerti

➢ Omogeneità culturale di tutti i clienti interni

Importante: vedi Tavola 24 – 25, pag. 356-357.

29. La forma per processo

La forma per processo si fonda su un criterio opposto a quello della forma ibrida. Ciò significa che tende a
ridurre quanto più possibile la necessità di integrare la tecnica e l’orientamento al cliente. Si tratta di una forma
alternativa a quella primaria, privilegia il cliente interno ed esterno, si ha un orientamento all’output.

La progettazione della forma per processo è un processo di apprendimento, rappresenta uno distacco dalla
cultura aziendale esistente.

Il valore principale è riuscire a comprendere la relazione di servizio nella sua natura emozionale e cognitiva
nei confronti del cliente. Questa relazione richiede un orientamento alla disponibilità ad aiutare e ad assumere
il problema del cliente come proprio.

L’orientamento al cliente si completa con la consapevolezza che la gestione della comunicazione


personalizzata presenta dei rischi, genera fatica, stress e difficoltà, ma permette la crescita propria e del cliente
perché si impara reciprocamente a generare valore ed innovazione.

Il presupposto per la progettazione della forma per processo è la micro-progettazione dei ruoli secondo
l’approccio per attività (paragrafi 15 e 20).

I principi di riprogettazione che presuppongono la nozione di processo sono:

➢ La centralità del cliente interno/esterno: si interviene con la definizione dell’output del cliente esterno
e dei processi critici (attività, risorse, ruoli, parametri, controlli) e attraverso la delinerizzazione e
parallelizzazione delle attività e dei processi.

➢ La snellezza organizzativa: si interviene attraverso la razionalizzazione del consumo delle risorse, la


riduzione dei livelli gerarchici e decentramento e con il controllo del risultato del processo.

➢ La cooperazione organizzativa: si interviene attraverso la micro progettazione del ruolo del process
owner, del case manager e del gruppo di processo; si moltiplicano i canali di comunicazione e si basano
i sistemi di valutazione delle prestazioni e degli incentivi di gruppo sui risultati del processo.

La centralità del cliente è lo snodo principale che consente di individuare i processi nascosti
dall’organizzazione funzionale; in particolare, possono essere individuati i processi critici che sono quelli che
pesano maggiormente a livello economico.
Definire l’output centrato sul cliente permette di chiarire ciò che il cliente riceve con l’offerta. È propedeutico
per capire le attività ed i ruoli che lo realizzano e che compongono il processo critico; è utile per riorganizzare
e quindi migliorare l’efficienza del processo determinato (Figura 18, pag. 360).

I processi critici (core process) sono dotati di risorse permanenti e alimentati dalle attività e dai servizi interni
funzionali al cliente esterno. Sono dotati di autonomia nel perseguire l’obiettivo del processo ovvero nel
programmare, usare e controllare le risorse assegnate attraverso la nomina di un responsabile.

I processi ad impatto diretto sono i processi a rete, i network, con i fornitori.

I processi ad impatto indiretto sono i processi strutturati e consolidati, forniscono gli output di supporto e di
preparazione da parte delle funzioni.

La mediazione misura la numerosità delle interdipendenze sequenziali tra le attività del processo; allunga i
tempi di esecuzione ed i costi delle attività in quanto trasferisce le inefficienze di una sequenza in quelle
successive. La riduzione della mediazione si attua con la “delinearizzazione” ovvero la sostituzione
dell’interdipendenza esistente con quella richiesta dal processo che può essere reciproca, intensiva, associativa,
da risorsa comune o, eventualmente, sequenziale, ma integrata.

Per chiarire il concetto, esempio progettazione di una macchina utensile meccatronica (Figura 19, pag.361): ci
sono tre sotto funzioni: progettazione meccanica, informatica ed elettrica. La progettazione meccanica invia il
proprio progetto alla funzione informatica e la funzione informatica a quella elettrica. Le inefficienze della
progettazione meccanica emergono nelle sequenze successive e ci sono continui rinvii del progetto fra le varie
sotto-funzioni. Questi rinvii aumentano i costi e allungano i tempi. Con la delinearizzazione si risolve il
problema: i gruppi lavorano tutti insieme sin dal principio, in questo modo si riducono errori, tempi e costi del
lavoro.

Un ulteriore esempio di delinearizzazione si ha sostituendo l’interdipendenza sequenziale con quella


associativa che consiste nel rende le attività ed i processi paralleli, ma coordinati attraverso la condivisione
delle risorse comuni, in modo da ridurre i tempi. Ad esempio, si condivide l’accesso ad un database comune
rendendo le attività indipendenti fra loro, ma integrate e gli eventuali riscontri più rapidi. Le tecnologie ICT
rendono possibile la parellelizzazione in modo diffuso anche nei confronti dei clienti esterni, ad esempio
attraverso la disintermediazione dei servizi bancari online, annullando la sequenza allo sportello.

La snellezza, ovvero più output e meno input, si realizza razionalizzando le risorse, riducendo i livelli
gerarchici e modificando il concetto di controllo.

La razionalizzazione delle risorse si ottiene applicando la catena cliente-fornitore ai titolari di ruolo che hanno
il compito di negoziare gli input e gli output e attraverso la misurazione del consumo di risorse comuni
attraverso il modello dei costi per le attività (activity based consting, paragrafo 20). Il risultato è la riduzione
dei costi che si ottiene distinguendo le attività che producono valore da quelle che non ne producono, ma sono
necessarie alle prime. È necessario individuare le attività inutili, come ad esempio le autorizzazioni non
necessarie, le duplicazioni non richieste, i percorsi di andata e ritorno dei documenti non giustificati.

La snellezza, oltre a ridurre i costi, aumenta la flessibilità. Si ottiene flessibilità riducendo i livelli gerarchici e
dando autonomia di decisione ai gruppi di processo. Dunque, è necessario privilegiare e rafforzare il processo
assegnando in modo permanente ruoli e risorse. La permanenza dei ruoli e l’assegnazione di determinate
risorse rendono danno più funzionalità all’organizzazione (Vedi Tavola 27, pag. 363).

Un ulteriore esempio di razionalizzazione si ha nel caso in cui il dipendente debba svolgere sia attività standard
e routinarie sia attività complesse ed incerte. Il risultato è uno spreco di risorse nelle attività standard e lentezza
nello svolgere quelle più complesse. In questo caso, le attività standard possono essere svolte dalle ICT, in
modo da dedicare tutto il tempo alle attività complesse e velocizzare il tutto. Esempio: attività di sportello
bancarie eseguite online o tramite atm.

La snellezza si consegue anche attraverso la modifica del concetto di controllo organizzativo.


Nell’organizzazione funzionale il controllo avviene sulla singola attività determinando un costo elevato. Il
costo è dato dal tempo impiegato per compiere le verifiche. La snellezza si consegue effettuando un controllo
sul risultato complessivo dell’attività svolta, non controllando singolarmente ogni attività.

Esempio: società di assicurazioni che distribuisce prodotti assicurativi personali come polizze auto, danno, vita
etc. Gli agenti si occupano di stipulare queste polizze ai clienti. Gli ispettori controllano ogni singolo contratto
stipulato dagli agenti, ma questo controllo singolo risulta costoso.

La riorganizzazione consiste in due interventi: un intervento tecnologico che consiste nell’adozione di un


sistema “esperto” a disposizione sia dell’agente che dell’ispettore. L’intervento organizzativo si ha trasferendo
all’agente il controllo della documentazione attraverso il sistema esperto e della marginalità del singolo
contratto. L’ispettore avrà il compito di controllare la marginalità dell’intero portafoglio dei contratti stipulato
dall’agente, utilizzando sempre il sistema esperto. Il tempo guadagnato viene utilizzato sia dall’agente che
dall’ispettore per analizzare e valutare i rischi e per rivedere la strategia commerciale dopo un anno.

Il terzo principio di riprogettazione è la cooperazione. Si realizza attraverso il disegno dei nuovi ruoli utili a
presidiare il processo; il disegno dei sistemi operativi di comunicazione e di valutazione delle prestazioni e
degli incentivi.

Per proteggere i processi critici è stato progettato un ruolo ad hoc: il responsabile di processo o process owner
che ha diverse attività da affrontare:

➢ Presidiare la relazione con il cliente destinatario dell’output

➢ Assicurare l’integrazione organizzativa

➢ Sviluppare le competenze dei titolari di ruolo assegnati al processo

➢ Gestire le risorse umane assegnate

➢ Responsabilità amministrative

(Vedi Tavola 28, pag.364).

Il ruolo del process owner può essere individuale (coordinatore del caso/case manager) o in alternativa
collegiale (gruppo semi-autonomo di processo).

Si sceglie il ruolo di case manager quando il processo è ciclico e consolidato, quando la relazione e
l’interazione con il cliente sono consolidate, quando la complessità non è elevata.

Esempio: il case manager nella sanità è il responsabile del processo di cura nei confronti del paziente. Deve
garantire la continuità e l’efficienza delle cure. Si tratta di integrare le diverse attività fornite da differenti
medici, ognuno specializzato in una determinata materia. Le competenze di servizio richieste al case manager
sono: competenze relazionali per interagire con i medici specialisti e il paziente; competenze orizzontali per
integrare le attività dei medici nel processo; competenze generative per valutare i risultati clinici del paziente.

L’assegnazione di process owner al gruppo si rivela efficiente quando il processo è nuovo per l’impresa ed
innovativo; quando la relazione l’interazione con il cliente sono personalizzate; quando la complessità
gestionale ed organizzativa è elevata. Queste caratteristiche si ritrovano nel category management, il processo
tramite cui le imprese della distribuzione commerciale gestiscono e razionalizzano la varietà di una singola
gamma di prodotti mediante la riduzione delle ridondanze e il potenziamento delle alternative di scelta per il
consumatore.

Esempio: organizzazione del processo di distribuzione di un ipermercato. L’ipermercato è composto da quattro


aree suddivise in quindici reparti. Sono presenti due organi collegiali di coordinamento: quello a livello
centrale è formato dai direttori commerciali degli ipermercati; quello a livello di ipermercato è composto dal
direttore e dai capi area.

Il category management inizia analizzando i prodotti dei reparti e dell’area in cui si trovano. I capi reparto e i
capi area confrontano la carenza tra le politiche commerciali dell’ipermercato e i comportamenti di acquisto
dei clienti. Infine, formulano i budget degli acquisti e partecipano con il direttore alle trattative con i fornitori.

Ad ogni processo critico di category management partecipano i titolari dei ruoli che provengono dalle varie
funzioni direttamente coinvolte (logistica, acquisti, vendite, marketing) i capi area e i capi reparto. Questa
collaborazione p necessaria e funzionale alla presa di decisioni riguardanti il piano marketing, gli acquisti, le
vendite, il layout del negozio, per la riprogettazione dei sistemi informativi ed il controllo della realizzazione
delle scelte effettuate.

Nel prendere le decisioni, si tengono in considerazione gli effetti che si avranno sui risultati della singola
famiglia di prodotti o dell’intero assortimento.

Per realizzare il processo di category management, questo deve essere esteso anche alla rete dei fornitori dei
prodotti. Il processo deve essere condiviso e negoziato tra imprese con interessi diversi, ma complementari.

Infine, la cooperazione si rafforza attraverso la moltiplicazione dei canali di comunicazione che si realizza
tramite l’impiego delle tecnologie ICT, ad esempio il tracking, il controllo dello stato del processo da parte dei
clienti interni ed esterni.

In conclusione, ciò che differenzia la forma per processo da quella ibrida è la permanenza organizzativa del
processo. La permanenza è caratterizzata dall’assegnazione delle risorse e dall’assegnazione del ruolo di
titolari del processo. Ciò riduce le risorse delle funzioni e il potere gerarchico dei titolari di ruolo. Di
conseguenza, le funzioni si trasformano in fornitori di servizi interni che operano nei processi critici.

Esempio forma per processo: caso di una cooperativa edile che opera nel settore delle infrastrutture pubbliche.
Il cliente è l’ente pubblico e le imprese a capitale di maggioranza pubblica (es. ferrovie dello stato).

La cooperativa ha maturato competenze distintive nella gestione della commessa. Le competenze le


consentono di acquisire la commessa con marginalità iniziale negativa e di concluderla con marginalità
positiva.

I processi critici della cooperativa sono due: la partecipazione al bando di gara per l’acquisizione della
commessa e, in caso di vincita, il processo di realizzazione della commessa.

Fase di acquisizione della commessa: il processo inizia quando la direzione commerciale individua una
potenziale commessa, riunisce la direzione di produzione e il servizio legale per una prima analisi del bando
di gara. A questa fase partecipano le unità interessate come i servizi gare e preventivi, chi si occupa di
programmazione della produzione, l’area manager. Nelle tradizionali imprese edili non si lavora in gruppo,
ma le responsabilità sono ben distinte: il direttore commerciale acquisisce i lavori e la direzione di produzione
gestisce la commessa. Lavorare per funzioni implica numerosi conflitti in quanto la direzione commerciale
ritiene di aver adempiuto al suo compito, quello di trovare la commessa al massimo ribasso; la direzione di
produzione giudica il prezzo della commessa troppo basso rispetto ai costi di produzione di cui è responsabile.

La fase di preparazione e partecipazione al bando di gara consente di individuare i punti critici. L’ente pubblico
affida questa fase al proprio servizio di progettazione e a studi professionali esterni.
Questa prima fase si conclude con la formulazione di un budget iniziale che è la base per decidere se partecipare
o meno al bando.

La vincita della gara costituisce l’inizio del secondo processo critico, quello della realizzazione della
commessa.

Il responsabile o capo commessa (il process owner) pianifica i vari step, lo stato di avanzamento dei lavori e
il budget di commessa che riflette le risorse assegnate al processo nella prima fase.

Il servizio legale si occupa degli aspetti contrattuali e delle varianti concordate con il committente,
dell’eventuale risoluzione di contenziosi.

Il servizio uomini e mezzi garantisce la disponibilità del personale operaio e dei mezzi necessari.

Il servizio acquisti assicura la convenienza e la disponibilità dei materiali necessari.

La direzione amministrazione e finanza contribuisce alla gestione finanziaria della commessa evidenziando,
mensilmente, eventuali ritardi negli incassi.

L’area manager affianca e sostiene le attività del responsabile di commessa.

Il capo commessa gestisce anche la relazione con i sub appaltatori per determinare i tempi ed i costi del loro
contributo; ha anche il potere giuridico sui componenti del gruppo di commessa.

Nella commessa risulta critica la gestione degli stati di avanzamento in quanto, a volte, il committente richiede
una modifica dei tempi e di conseguenza è necessaria la revisione dei programmi, flessibilità organizzativa e
una forte azione di motivazione di tutti coloro che sono impegnati nella realizzazione.

Il responsabile di commessa risponde del margine di commessa; il capo cantiere risponde del margine di
cantiere; l’area manager è responsabile della somma dei margini delle commesse di cui si occupa sul territorio
che presidia.

Questi processi critici si ripetono sempre ogni qualvolta si presenta una nuova commessa. Di conseguenza, la
permanenza dei vari ruoli nel gruppo della specifica commessa è transitoria, ma continua.

Le funzioni forniscono i servizi interni ai due processi. Le responsabilità e le autonomie decisorie, individuali
e collettive, sono basate sui risultati di commessa e sulla gestione della cooperativa.

L’adozione della forma per processo porta alla riduzione dei costi e ad una notevole efficienza interna.

Importante: Vedi Tavola 29-30, pag. 371.

30. La forma divisionale per cliente

La forma divisionale viene inventata negli Stati Uniti dalla società Du Pont e viene utilizzata successivamente
da General Motors.

La forma divisionale si fonda su una logica di progettazione opposta a quella unitaria. La forma unitaria è
specializzata per tecnica (input) ed integra le attività differenziate.

La forma divisionale separa le attività, un’attività differente per ogni singolo output, per tipologie di cliente.

Con questa forma si risolve il problema della perdita di controllo da parte del management in quanto la forma
divisionale assicura la qualità delle decisioni strategiche e la misurabilità dei risultati della gestione dei singoli
servizi.

La forma divisionale cambia il sistema della comunicazione e di presa di decisione tra il vertice aziendale e il
resto della struttura. Il volume delle informazioni si riduce dividendosi in due: il top management si concentra
sulle decisioni strategiche dell’intera impresa; le divisioni effettuano scelte “locali”. In questo modo si accorcia
la lunghezza dei canali di comunicazione perché si riducono i livelli gerarchici e, di conseguenza, si limitano
le distorsioni nella comunicazione e si accorciano i tempi di reazione.

La divisione consente di misurare il risultato economico e la soddisfazione del cliente limitatamente ai servizi
erogati. In questo modo si superano i limiti della forma unitaria ovvero l’impossibilità di stabilire il contributo
al risultato finale di ciascuna funzione.

La divisione aumenta l’orientamento ali cliente; ripartisce il rischio su più mercati facilitando la gestione.

La società per azioni abbinata alla forma divisionale consente la raccolta delle risorse finanziarie utili per
cogliere opportunità di sviluppo e per sostenere l’aumento delle dimensioni della società.

La specializzazione per cliente può essere declinata in vari modi. Può dipendere, ad esempio, dal grado di
personalizzazione del servizio. Se il grado di personalizzazione è elevato, le divisioni riflettono le tipologie di
clienti che presentano esigenze distinte da soddisfare. Se il grado di personalizzazione è basso, il cliente è
omogeneo e le divisioni lo segmentano.

Ciascuna divisione organizza al suo interno l’erogazione dei servizi attraverso il modello ibrido. Nel modello
ibrido coesistono il criterio di specializzazione per tecnica e quello per cliente che rimane il criterio prioritario.

La sede centrale, organizzata per funzioni, coordina le divisioni.

Esempio: forma multidivisionale di una società della grande distribuzione organizzata.

La sede centrale è organizzata per funzioni che si distinguono a seconda che: svolgano il controllo economico
ed organizzativo per conto della direzione generale; definiscano gli standard dei sistemi operativi ed offrano i
servizi relativi; razionalizzino le risorse.

La singola divisione, l’ipermercato, è organizzata sia per funzioni che per cliente. Le funzioni svolgono attività
di supporto che richiedono competenze tecniche, come la gestione del contratto di lavoro da parte delle risorse
umane.

Gli organi specializzati per il comportamento di acquisto del cliente sono le aree, suddivise a loro volta in
reparti. I capi area e i capi reparto si occupano della co-produzione del servizio: formulano il budget di acquisto,
controllano gli stock e propongono eventuali modifiche dell’assortimento al direttore in base all’osservazione
del comportamento di acquisto e all’ascolto dei clienti.

Il coordinamento con il direttore avviene attraverso le riunioni periodiche dell’organo collegiale.

La dimensione verticale stabilisce chi ha potere di decisione e di controllo nell’ambito della sede centrale e
delle divisioni.

Il top management della sede centrale ha il compito di: definire le strategie; effettuare la valutazione economica
della qualità del servizio e della valenza strategica delle singole divisioni e dei loro direttori; acquisire e
allocare le risorse finanziare tra le divisioni. Le risorse finanziarie disponibili sono allocate dal top management
in maniera più efficiente rispetto alle singole divisioni; ciò si verifica per la riduzione dell’asimmetria
informativa, per la flessibilità e per la rapidità degli interventi nei confronti delle divisioni.

Il direttore della divisione è responsabile di: realizzare nella propria divisione la strategia della direzione
generale; assicurare la qualità del servizio e la soddisfazione del cliente; perseguire il risultato della divisione
concordato, secondo i parametri prestabiliti.
Nell’ambito della dimensione verticale, il problema cruciale della progettazione organizzativa è quello di
stabilire il grado di autonomia decisoria da trasferire dalla sede centrale alle singole divisioni. La decisione si
basa sui costi organizzativi.

La dimensione del mercato di riferimento e la natura dell’offerta dei servizi determinano la sostenibilità dei
costi derivanti dall’autonomia. L’autonomia dell’ipermercato è soggetta a mutamenti nel tempo in funzione
del risultato complessivo dell’impresa di distribuzione.

Un decentramento limitato dà vita alla forma “divisionale burocratica”; nel caso opposto si ha la forma
multidivisionale o forma M.

Nell’impresa di servizi, la singola divisione è burocratica quando la sua autonomia decisoria è limitata dalle
regole che coordinano la sua interdipendenza nei confronti delle altre divisioni; quando alcune attività sono
centralizzate e svolte dalle funzioni della sede centrale che determinano ulteriori interdipendenze.

Esempio Resort Spa: villaggio turistico a cinque stelle, organico di 360 persone, offre un pacchetto completo
di servizi: alberghi, servizio sportivo, termale.

La forma divisionale è la forma migliore per conciliare l’economicità con la qualità del servizio.

Le funzioni svolgono le attività di promozione e vendita del servizio ai tour operator, oltre a svolgere attività
di supporto. Inoltre, presidiano alcuni momenti della verità: il ricevimento, le relazioni pubbliche, la vendita
di eventi.

Quattro divisioni presidiano la co-produzione dei servizi sporti, di benessere e di ristorazione e bar.

La quinta divisione svolge attività di preparazione e di supporto del cliente, pulizia camera, lavaggio e stiratura
delle lenzuola e degli abiti dei clienti.

Le divisioni di Resort spa sono burocratiche perché la loro responsabilità è la combinazione dell’efficienza
operativa con la qualità del servizio, mentre la sede centrale risponde al reddito complessivo del villaggio
poiché si occupa sia dei ricavi sia dei servizi verso i clienti attraverso i tour operator, ma anche della
manutenzione e del lavoro.

L’altro motivo per cui è stata scelta una forma divisionale burocratica è per la replicazione organizzativa della
service idea. Il processo della replicazione è caratterizzato dalla sequenzialità: le funzioni centrali progettano
la service idea ed il sistema di gestione dei servizi; successivamente viene applicata la service idea in via
sperimentale che in caso positivo viene replicata dalle divisioni. La replicazione consiste nel replicare la
sequenza riguardante: l’ubicazione della nuova divisione, la sua realizzazione, le attività di preparazione e di
supporto fornite dalla casa madre, le modalità prestabilite della coproduzione con il cliente.

La forma ad M è caratterizzata dalla massima autonomia delle divisioni che sono delle vere e proprio quasi
imprese. Questa forma porta ad avere flessibilità nell’erogazione del servizio verso il cliente e si riescono a
sostenere i costi organizzativi costituiti da: la duplicazione delle funzioni e dei canali di distribuzione per
ciascuna divisione; la progettazione e la gestione dei sistemi operativi che verificano i comportamenti e i
risultati degli agenti da parte della sede centrare, ovvero i costi di agenzia e di controllo.

Esempio: grandi banche nazionali. La multicanalità è così composta:

• I servizi bancari internazionali sono erogati a famiglie e piccole medie imprese, attraverso banche
estere controllate.

• La gestione di risparmio ovvero i servizi di investimento sono proposti a clienti privati e ad altre
banche clienti.
• I servizi bancari tradizionali, ovvero i mutui, il credito ordinario, pagamenti, investimenti, sono erogati
alle famiglie e alle piccole medie imprese.

• I servizi assicurativi sono offerti a clienti privati e ad imprese.

• I servizi di finanziamento, consulenza per le fusioni e quote in borsa, sono offerti alle grandi imprese.

• I servizi di gestione dei grandi patrimoni sono proposti ai clienti privati particolarmente facoltosi.

Ciascuna divisione è autonoma, stabilisce i prezzi dei propri servizi che colloca attraverso le filiali o attraverso
canali esterni come gli agenti, i promotori, i broker.

Il direttore di divisione risponde dei profitti che, insieme a quello delle altre divisioni, contribuisce a coprire i
costi fissi della sede centrale ed assicurare il dividendo agli azionisti.

I servizi di una divisione possono essere richiesti da altre divisioni per soddisfare le esigenze dei propri clienti.
Tutte le divisioni si rivolgono alla Funzione Finanza della sede centrale per richiedere fondi da impiegare
nell’erogazione dei propri servizi.

Tutte le prestazioni sono regolate da prezzi di trasferimento: se la divisione retail vende ad un proprio cliente
una polizza assicurativa, si trattiene la commissione prestabilita e retrocede alla divisione servizi assicurativi
il resto dell’incasso.

La cultura organizzativa e la formalizzazione dei sistemi operativi sono gli strumenti di coordinamento delle
divisioni e delle funzioni.

La cultura condivisa della service idea e dell’orientamento al cliente integra i comportamenti dei clienti interni
che erogano i servizi del pacchetto offerto da ciascuna divisone. Il cliente esterno li confronta e li valuta
continuamente.

I sistemi operativi sono formalizzati e numerosi per assicurare il coordinamento dei clienti interni e prevenire
fraintendimenti e conflitti tra le divisioni e la sede centrale.

Particolare cura è dedicata ai sistemi di programmazione e controllo, di valutazione delle prestazioni e degli
incentivi riguardanti i direttori di divisione che sono titolari della relazione di agenzia.

La forma divisionale presenta sicuramente dei vantaggi, ma anche elevati costi di agenzia e di controllo
organizzativo.

La coesistenza di diversi ruoli direttivi (il top management, i direttori di funzione della sede centrale e delle
divisioni) rende complessa la distribuzione e la dinamica del potere organizzativo nell’ambito dell’impresa.

Il top management ha il potere di decisione sull’allocazione delle risorse scarse, in particolare quelle
finanziarie, derivanti dall’autofinanziamento generato dalla gestione da parte dei direttori di divisione. Si
traduce nel trasferimento delle risorse dalle divisioni più redditizie a quelle in perdita, non per inefficienza, ma
perché sono nello stadio iniziale della loro vita e hanno bisogno di essere finanziate.

Le funzioni della sede centrale hanno potere di decisione sulle regole da applicare, hanno il potere di controllare
che le regole vengano applicate. Ciò determina asimmetria informativa a favore delle funzioni; l’asimmetria
informativa a favore delle funzioni determina la loro conoscenza del contesto organizzativo di tutta l’impresa;
l’individuazione dei comportamenti e delle azioni anomale rispetto a quelli attesi da parte dei clienti interni.

La base di potere dei direttori di divisione è la conoscenza del contesto del mercato locale che gestiscono, oltre
l’autonomia decisoria che li può indurre a trattenere le risorse in eccesso della gestione, occultandole al
controllo della sede centrale.
La condizione organizzativa favorevole all’adozione della forma divisionale è la presenza di un orientamento
culturale condiviso dai titolari dei ruoli manageriali e, più in generale, dai clienti interni che devono
condividere i valori di merito e professionalità da privilegiare e premiare.

La condizione organizzativa sfavorevole all’adozione della forma divisionale è l’incapacità di gestire gli
oggettivi e fisiologici conflitti organizzativi tra le divisioni e la sede centrale.

Importante: Vedi Tavola 31-32, pag. 380-381.

31. La forma del gruppo societario

Il gruppo societario è un insieme di imprese, giuridicamente società di capitali, controllate da un’unica società
con maggioranza assoluta o relativa del capitale sociale.

Nella società dominante si trova l’azionista di maggioranza assoluta o relativa (il blockholder).

La società controllante (holding) ha potere esclusivo di decisione e di controllo proprietario (holding pura o
finanziaria) oppure, in aggiunga, può avere la gestione di uno o più servizi (holding operativa o mista,
corporate).

In Italia, il soggetto economico che detiene i diritti di decisione e di controllo, assume diverse configurazioni:

➢ L’imprenditore proprietario e la famiglia: in questo caso c’è coincidenza fra proprietà e controllo. Il
controllo è esercitato dai componenti della famiglia stessa.

➢ Coalizione dominante tra famiglia proprietaria e banche o solo tra banche: vengono presi accordi
attraverso patti parasociali o di sindacato (di voto o di blocco) tra i rispettivi rappresentanti nei consigli
di amministrazione della controllante e delle controllate.

➢ Società multinazionale: vengono nominati i propri rappresentanti nel consiglio di amministrazione


delle società italiane controllate.

➢ Il ministero dell’Economia i il Consiglio regionale o il Consiglio comunale: vengono nominati i propri


rappresentanti nel consiglio di amministrazione delle società a capitale pubblico, nazionali, regionali
e comunali, ad esempio la Public Utilities.

➢ Il consiglio di direzione della società cooperativa: vengono nominati i propri rappresentanti nei
consigli di direzione dei consorzi nei quali la cooperativa partecipa, delle cooperative di secondo
grado, delle società di capitali controllate o partecipate (il gruppo cooperativo).

➢ Fondi di investimento istituzionali (comuni, pensione, sovrani) e loro eventuale coalizione: nomina
dei propri rappresentanti nei consigli di amministrazione delle società di capitali partecipate (la “lista
dei candidati”).

La forma del gruppo societario si pone in alternativa a quella divisionale: si sovrappone sulle divisioni, ogni
divisione assume la veste di una o più società di capitali.

Nel momento in cui la divisione assume la veste di società, mutano le relazioni inter-organizzative tra le
imprese del gruppo, rispetto alle relazioni tra la sede e centrale e le divisioni che appartengono ad un’unica
società di capitali.

Esempio: In Poste Italiane la sovrapposizione della veste societaria investe sia le funzioni della sede centrale
(Tutela azienda, Gestione Risorse Umane, Marketing etc.) sia le divisioni o aree di business, rispettivamente
dei servizi postali e di logistica e finanziari, di credito.
La forma del gruppo societario ha diversi vantaggi: snellezza strategica, ricerca di nuovi partner, la leva
azionaria del capitale di controllo, le agevolazioni fiscali.

La snellezza strategica consiste nella rapida entrata o uscita dai settori economici terziari attraverso
l’acquisizione e la cessione delle quote di maggioranza del capitale della società “preda” o di quella controllata.

Esempio: Virgin Group Ltd. è quotato alla borsa di Londra ed è controllato da Richard Branson (blockholder),
costituisce un esempio emblematico di snellezza strategica. Controlla ventisei società, in quattro ha una
partecipazione di minoranza. Le società controllate operano in settori di servizi molto diversi fra loro per
clienti, tecnologie e mercati. Alcuni di questi settori sono consolidati, altri innovativi, come ad esempio il
turismo spaziale. Le acquisizioni e le cessioni della società mutano nel tempo.

Il gruppo Virgin diversifica la gestione in servizi poco correlati, condizione che lo qualifica come “gruppo
societario conglomerale”. La diversificazione è favorita dalle economie di scopo derivanti dall’uso congiunto
delle risorse sia materia che intangibili. Nel caso specifico, le economie di scopo sono quelle di immagine
attraverso la marchiatura “Virgin”, brand universale, di ciascuna società controllata. Le attività comuni,
amministrative e legali, sono centralizzate. Per tutte le società del gruppo vengono usate in modo congiunto le
competenze di management e le competenze organizzative.

Esempio: FS Italiane SpA: società capo-gruppo a capitale pubblico per il 55%. Controlla Grandi Stazioni SpA,
società di riqualificazione, gestione e valorizzazione delle 14 grandi stazioni ferroviarie italiane ed estere. Nel
giro di un mese, nel giugno 2016, la società si è scissa in tre società: Grandi Stazioni Rail SpA (valorizzazione
delle infrastrutture); Grandi Stazioni Immobiliare SpA (gestione del patrimonio immobiliare); Grandi Stazioni
Retail SpA (gestione dei canoni di affitto di 465 negozi e di vendita degli spazi pubblicitari nelle 14 stazioni).
Il capitale sociale è stato venduto al 100% ad un consorzio italo francese, al fine di ridurre l’indebitamento e
concentrarsi sul core business.

La diversificazione non conglomerale è realizzata attraverso due varianti ulteriori del gruppo societario. Quello
“orizzontale” eroga lo stesso servizio, ma rivolto a segmenti di clienti con comportamenti molto personalizzati,
attraverso le società controllate con distinti sistemi di gestione, in particolar modo l’immagine e il marchio.

Esempio: gruppo francese AccorHotels (presente in capitolo 2). Questo gruppo suddivide 3800 alberghi in
specifiche offerte di servizi alberghieri. Ad ogni offerta corrisponde una catena di alberghi differente. Il gruppo
“verticale” è caratterizzato dal controllo delle società che gestiscono i vari servizi che costituiscono l’offerta
completa proposta direttamente al cliente, senza intermediari.

Esempio: gruppo tedesco TUIG AIG, il più grande operatore turistico al mondo. Il gruppo è composto da
società controllate che compongono la catena del servizio turistico: tour operator, agenzie di viaggio, alberghi,
società di trasporto aereo e marittimo. I gruppi societari, orizzontale e verticale, presentano le stesse economie
di scopo e di scala di quello conglomerale.

Per il blockholder è conveniente ricercare nuovi partner soci o reperire finanziamenti per ciascuna delle società
controllate, non solo per la società controllante di tutto il gruppo, soprattutto se si tratta di un gruppo societario
di dimensioni limitate.

Un ulteriore punto a vantaggio della formazione del gruppo societario è la cd leva azionaria. La leva azionaria
misura il rendimento finanziario del capitale di controllo impiegato. L’effetto della leva azionaria è il rapporto
tra il capitale controllato dagli altri azionisti e quello investito dal soggetto economico per il controllo. Il
controllo societario avviene a “cascata”: la società controllante A domina la controllata B che a sua volta
controlla la società C e così via. L’aumento del numero dei livelli del controllo societario riduce, a parità di
capitale investito dal soggetto economico nella società controllante A, la quota di capitale che il soggetto deve
detenere per controllare l’intero gruppo societario. Il gruppo societario è detto piramidale o gruppo societario
con controllo a cascata.
Esempio: Vedi tavola 34, pag.386 + didascalia.

In Italia, le grandi famiglie proprietarie di gruppi societari creano tra la holding capo-gruppo e le società
controllate, una holding finanziaria intermedia. In quest’ultima coinvolgono gli azionisti di minoranza in modo
da aumentare le fonti di finanziamento interno per sostenere la crescita senza perdere il controllo ed il ruolo di
blockholder. Inoltre, con questo sistema si sfrutta ulteriormente la leva azionaria perché la nuova holding
aumenta il numero dei livelli di controllo societario.

Per quanto riguarda la dimensione verticale, l’ampiezza del decentramento di potere delle società controllate
dipende dal tipo di blockholder (famiglia, imprenditore-proprietario, manager multinazionali, statali o
cooperativi) e dunque anche dalla tipologia di società controllante, se holding finanziaria o operativa.

Il blockholder di una holding finanziaria si limita ad esercitare il potere decisionale e di controllo per prendere
decisioni strategiche riguardanti l’acquisizione e/o la cessione delle società; per la verifica sui risultati
economici delle società controllate e del management.

Il blockholder di una holding operativa, invece, è coinvolto nella gestione delle società controllate, in qualità
di fornitore di servizi interni ed esterni, di natura commerciale.

La holding corporate, infine, accentra i servizi comuni per sfruttare al meglio le economie di scala e di scopo
che fornisce alle società controllate.

In alcuni casi, le relazioni tra le società sono di natura economica, sono transazioni economiche “esterne”
regolate dai prezzi di trasferimento. Esempio: la società Cairo Communication SpA è composta da varie società
editoriali di libri, periodici, testate giornalistiche, sportive, televisive (Mondadori, Cairo Editore, Cairo sport,
La7 etc.). La holding è la concessionaria della pubblicità per le società del gruppo: vende in nome e per loro
conto gli spazi televisivi e gli spazi pubblicitari su carta agli inserzionisti sul mercato.

Per quanto riguarda la dimensione orizzontale, la specializzazione per cliente presenta due finalità:

1. I gruppi orizzontali e verticali privilegiano la correlazione dei servizi offerti per cogliere i vantaggi
derivanti dalla complementarietà dei servizi e dalle possibili economie di scala e di scopo.

2. Il gruppo conglomerale considera prioritaria la ripartizione del rischio attraverso l’erogazione di


servizi non correlati a clienti distinti.

La presenza del soggetto economico nei consigli di amministrazione delle società controllate e la
formalizzazione dei sistemi operativi consentono il coordinamento. Il fatto che il blockholder sia presente nel
consiglio di amministrazione, gli consente di controllare i canali di comunicazione informali e di integrarli con
quelli formali e di partecipare al processo decisorio.

La comunicazione informale consente di trasmettere le volontà e le intenzioni del soggetto economico;


consente anche di ricevere un feedback da parte del management.

Per quanto riguarda il processo decisorio:

• Il blockholder della holding finanziaria si limita alla ratifica delle decisioni del management.

• Il blockholder del gruppo corporate è parte attiva del processo. Questo attivismo lo si vede soprattutto
nel gruppo piramidale e porta a fare pressioni al fine di massimizzare il valore azionario del capitale
delle società controllate.

I conflitti organizzativi nel gruppo societario sono oggettivi: gli interessi finanziari del capogruppo non
coincidono con quelli gestionali delle società controllate. Da qui nasce l’esigenza di formalizzare i sistemi
operativi.
Il potere organizzativo della holding è più limitato rispetto al potere organizzativo della sede centrale nella
forma divisionale. I vincoli al potere organizzativo sono dati dal diritto societario e riguardano il conflitto di
interessi, la tutela degli azionisti di minoranza, l’informativa di bilancio verso terzi; sono vincoli che
impongono che le decisioni del consiglio di amministrazione seguano l’iter formale previsto e l’osservanza
delle disposizioni di legge.

Importante: Vedi Tavola 35-36, pag.388-389.

CAPITOLO 7- LE FORME ORGANIZZATIVE A RETE NELL’IMPRESA DI SERVIZI

32. Le relazioni inter organizzative e la loro progettazione: la forma a rete

Lo svolgimento della gestione aziendale si realizza attraverso molteplici relazioni: intra organizzative (interne
al sistema aziendale) e inter organizzative (con altre imprese e attori). Gli attori economici coinvolti nelle
relazioni sono indipendenti ed agiscono in base ai loro interessi. Le relazioni intra ed inter organizzative
consistono in un mix di scambi economici e sociali. Lo scambio economico non riesce a governare l’incertezza
del comportamento del cliente, interno o esterno. L’esempio emblematico è il contratto di lavoro. Deve essere
integrato dallo scambio sociale o convenzione con cui la parti stabiliscono accordi informali ad integrazione
dello scambio economico. La convenzione è un accordo implicito ed informale tra più attori di un gruppo su
comportamenti e regole di azione da adottare in uno scambio sociale. Nel caso della relazione di lavoro il
contratto nazionale è la convenzione che integra l’incompletezza del contratto legale. La funzione della
convenzione è risolvere il problema dell’incertezza del comportamento organizzativo. Il meccanismo alla base
dell’adesione volontaria alla convenzione è la socializzazione attraverso la quale l’attore interiorizza e
condivide i valori di gruppo. Il processo di socializzazione si traduce nell’auto controllo e nel controllo sociale.
L’oggetto dello scambio sociale regolato dalla convenzione è costituito dalle risorse simboliche (status,
appartenenza, identità, regole sociali, visibilità, reputazione, fiducia, potere di influenza) concessi e ritirati in
base al sistema di premi e punizioni condiviso dagli aderenti alla convenzione. Lo scambio sociale è il
presupposto dello scambio di mercato: la fiducia reciproca che si genera diventa il lubrificante delle attività
economiche.

Il clan è una forma di convenzione che tiene conto dei sacrifici a breve termine di alcune parti dello scambio
e poi compensa adeguatamente gli individui. Il clan è adatto agli scambi sociali ambigui, complessi e longevi
al fine di prevenire i comportamenti opportunistici. Lo scambio economico è formalizzato e regolato dal
contratto, ovvero “l’accordo di due o più parti per costruire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico
patrimoniale” (art.1321 c.c.). Il contratto è necessariamente bilaterale o plurilaterale. Quindi le funzioni
esplicite del contratto sono tre: costituire, regolare, estinguere. Le norme che norme che costituiscono il
contratto di lavoro si distinguono in imperative (devono essere osservate dalle parti) e dispositive (possono
essere abrogate anche parzialmente). Le imprese contraenti possono aggiungere delle clausole contrattuali
(integrano o abrogano le norme dispositive previste dal codice. Possono essere fatte valere davanti al giudice
da una delle parti durante un conflitto) e delle convenzioni (non possono essere esibite davanti al giudice). Le
relazioni che l’impresa di servizi intrattiene nello svolgimento della gestione con altre imprese richiedono
ambedue gli scambi. La prospettiva della sociologia economica privilegia l’analisi degli scambi sociali per
spiegare le relazioni inter organizzative tra le imprese, mentre quella dell’economia dell’organizzazione
sostiene il primato dello scambio economico. Questo si realizza concretamente grazie alla formalizzazione
degli accordi nei contratti regolati dal sistema legislativo. La prospettiva contrattuale consente di concepire le
forme organizzative come un nesso di contratti e trattati complessi, atti a produrre un governo consapevole e
continuità di associazione nella condizione di attività economiche specializzate. Il tratto contrattuale che
consente di classificare le forme organizzative è quello dei diritti di proprietà. Essi possono essere in capo
all’imprenditore proprietario o agli azionisti, alle imprese indipendenti che stipulano contratti stabili, agli attori
economici e non, alle imprese giuridicamente indipendenti con diritti di proprietà.
La forma organizzativa interna si qualifica per le relazioni dipendenti tra gli attori regolate dall’autorità
gerarchica. Le decisioni sono centralizzate in chi detiene i diritti di proprietà e/o nell’agente.

La forma a rete si caratterizza per le relazioni interdipendenti, bi o multilaterali, tra attori e regolate dalla
negoziazione e dalle procedure formali/informali. Le decisioni sui rischi e sugli investimenti sono condivise.

La forma mercato si qualifica per le relazioni indipendenti tra gli attori, salvo l’impegno a consegnare/ricevere
il servizio. È esclusa la condivisione di rischi e investimenti.

Le forme di governo degli scambi si possono distinguere a seconda che siano gerarchiche o no.

La forma a rete, o network, è la configurazione di scambi sociali ed economici e di processi cooperativi tra le
imprese giuridicamente indipendenti, regolati da criteri di coordinamento alternativi alla gerarchia. La rete è
capace di assecondare, sostenere e fruttare per fini economici il tessuto delle relazioni sociali che esiste tra gli
attori sociali e quindi anche tra agenti economici. L’affermarsi della forma a rete nell’era della globalizzazione
è spiegata dalla prospettiva della dipendenza da risorse. Ogni impresa persegue la sopravvivenza e lo sviluppo,
cercando di sottrarsi alla dipendenza dalle risorse adottando strategie che lo modifichino con accordi negoziati.
Le risorse critiche sono controllate tramite le relazioni inter organizzative di cooperazione e coordinamento
con fornitori, distributori, clienti ecc. Nella forma a rete ogni impresa componente svolge una funzione e delle
attività complementari e sinergiche con le altre imprese. La relazione è governata dal contratto formale
(clausole) e da altri accordi informali (convenzioni). I motivi sottostanti la formazione delle reti d’impresa
sono costituiti da: riduzione dell’incertezza, flessibilità, rapidità d’azione, specializzazione reciproca tra
imprese e riduzione dei costi, accesso alle risorse mancanti. Lo scambio classico di mercato è qualificato
dall’istantaneità e dall’irripetibilità; esclude la condivisione dei rischi e degli investimenti tra le parti. Lo
scambio di servizi standardizzati e l’impersonalità della relazione tra attori minimizzano lo scambio sociale al
reperimento delle poche informazioni che integrano il prezzo.

La forma a rete sostituisce lo scambio di mercato con relazioni e scambi, sociali ed economici, interdipendenti,
stabili e solidali, di reciproco aiuto. È la forma organizzativa più conveniente per la condivisione dei rischi e
degli investimenti in situazioni complesse. La flessibilità della rete deriva dal minor impiego delle risorse e
della loro organizzazione da parte delle imprese. Le risorse e i servizi necessari sono acquisiti in co-outsourcing
(su chiamata) tramite la riallocazione immediata grazie alla rete. La flessibilità quindi si estende alla capacità
produttiva che, in caso di aumento della domanda, può essere ampliata ricorrendo alla capacità delle altre
imprese della rete. La rapidità di azione della rete nel cogliere al volo le offerte del mercato è superiore rispetto
alla forma gerarchica. Nella rete ogni partner si concentra e specializza nelle attività distintive e sfrutta il
sapere altrui per le attività non critiche ma necessarie della rete. La specializzazione reciproca riduce gli
investimenti, i rischi e i costi perché consegue le economie di specializzazione e di scala: l’output è prodotto
per essere fornito a tutte le imprese e a tutti i clienti della rete. Le competenze possedute da un partner possono
essere utilizzate dagli altri grazie all’accesso alle risorse mancanti e al know how. Se nella rete mancano le
risorse necessarie, il problema viene risolto grazie all’acquisizione e condivisione comune (esempio delle
farmacie che, grazie alla rete, affrontano insieme dei problemi nuovi e complessi).

Ad esempio Microsoft ha acquistato la posizione dominante sul mercato del software grazie alla sua capacità
di formare delle reti con i clienti e con i competitors. Il ruolo focale o di leader spetta all’impresa che ha
iniziato il processo di costituzione della rete (Microsoft) tramite l’individuazione delle imprese partner, la
cooperazione, la definizione degli accordi e la loro formalizzazione. Il ruolo di partner nella forma a rete è
assunto dalle imprese di servizi nei confronti delle imprese focali, di servizi o industriali. L’erogazione può
riguardare le attività non a contatto col cliente e quelle a contatto. Il ruolo di pari è assunto spesso da imprese
concorrenti che svolgono lo stesso servizio e stabiliscono accordi che limitano la concorrenza o/e aumentano
la cooperazione circa le attività comuni.
La forma a rete può essere adottata per le attività di preparazione (sistema di prenotazione del volo e i
programma fedeltà che una società cede ad altre della rete) e per attività di contatto col cliente (ad esempio il
code-sharing con cui due compagnie aeree che operano sulla stessa rotta sono gestite da una sola delle due).
La forma a rete si concreta in un accordo tra imprese che negoziano i contenuti e la relazione di cooperazione
attesa che è qualificata come partnership. Essa si fonda sull’autonomia e sulla cooperazione tra imprese che
stipulano l’accordo formalizzato in un contratto societario. I due comportamenti sono funzionali e necessari
per assicurare longevità, qualità, efficienza della relazione. La relazione di partnership è tra pari se le imprese
non negano e riconoscono la loro asimmetria di potere e la annullano per porsi tra pari. Quindi si tratta di
costruzione della parità negoziale (basata sull’autonomia e sull’interesse a cooperare), informativa (assicura
l’equità procedurale), interattiva ed emotiva (genera fiducia reciproca). La qualità delle relazioni inter
organizzative dipende dallo scambio delle informazioni e competenze che creano valore per il cliente.

Le diverse forme a rete (interna, esterna, clan; vedi pag.394 tavola 1) possono essere compresenti nel sistema
organizzativo dell’impresa di servizi. Nella prospettiva della progettazione organizzativa esse si integrano con
la forma organizzativa preesistente. La coesistenza della forma gerarchica e di quelle non gerarchiche si
traduce nella interazione della doppia rete, interna ed esterna. La permeabilità dei confini organizzativi richiede
il presidio di ruoli che mutano nei contenuti o che sono nuovi. La decisione progettuale di adottare una delle
forme a rete modifica i confini organizzativi del sistema impresa con effetti strategici. Quindi possiamo
affermare che la forma a rete è una strategia, l’organizzazione è strategia. I vantaggi della forma a rete sono
assicurati dalla differenziazione organizzativa delle imprese grazie alla loro specializzazione e
dall’integrazione della doppia rete garantita dall’osservanza dei vincoli stabiliti, dalla riorganizzazione della
struttura e dei sistemi operativi e dalle nuove modalità di coordinamento.

33. La forma a rete burocratica

La forma organizzativa esterna a rete si distingue in burocratica, proprietaria, virtuale e sociale. L’impresa può
svolgere l’attività attraverso (1) l’acquisizione sul mercato delle risorse necessarie (tecnologiche e umane) e
combinarle per l’erogazione del servizio tramite gli scambi governati dalla gerarchia: è il To make. Oppure
tramite (2) l’acquisizione sul mercato del servizio effettuato da altre imprese: è il To buy. Si può ricorrere al
mercato tramite scambi istantanei di compra vendita o scambi statali. Il co-outsourcing consiste nella cessione
delle attività non distintive ma comunque critiche e necessarie (ad esempio i servizi ICT di un’impresa
partner). La scelta consente all’impresa di concentrarsi sulle competenze distintive e di acquisire i servizi delle
attività esternalizzate a costi minori. La co-esternalizzazione può essere decisa sin dalla progettazione del
sistema e della service idea o può essere la scelta che sostituisce gli scambi preesistenti con gli scambi negoziati
col partner.

CASO Metro International SA, società svedese editoriale fondata da tre giornalisti. L’editore pubblica 74
edizioni giornaliere del quotidiano. Metro News è distribuito gratuitamente cartaceo o online. La scelta
organizzativa iniziale è la forma gerarchica per le attività e le risorse distintive e di ricorrere al co-outsourcing
per le restanti. Le core competences sono definite in base alla qualificazione della domanda. Il cliente di
riferimento è il lettore pendolare, giovane, attivo e di elevato livello socio-culturale. L’offerta del servizio che
consegue è costituita dal quotidiano di 24 pagine che riassume l’attualità delle 24h precedenti. Gli articoli sono
brevi e densi di notizie. I testi sono acquistati dalle agenzie di stampa. L’informazione è composta da immagini
che dominano lo spazio del giornale e dai testi scritti. Immagini e grafica qualificano le diverse sezioni del
giornale che si distinguono in base al colore. La struttura della pagina (gabbia) è chiara e semplice così da
permettere l’acquisizione facile e rapida delle informazioni. La realizzazione del quotidiano (l’offerta) è il
risultato delle attività e dell’impiego delle competenze organizzate nella forma interna. Le competenze
distintive sono quelle giornalistiche, commerciali e di management. Le competenze descritte si acquisiscono
dai writer, il cui ruolo richiede l’impiego di competenze di comunicazione e linguistiche. I tradizionali dei
ruoli dei redattori diminuiscono. Le competenze commerciali sono quelle di marketing e della vendita di inserti
pubblicitari, dalla quale provengono i ricavi per pubblicare il quotidiano gratuito. La redazione è formata da
10 manager e amministrativi, 15 giornalisti, 15 addetti al marketing e alla vendita: questi rappresentano il costo
del lavoro. Il costo è contenuto grazie al co-outsourcing delle interviste e delle inchieste. La stampa cartacea
è co-esternalizzata alle imprese tipografiche che stampano utilizzando colori in quadricromia, un metodo più
costoso che però valorizza le immagini, non fa sporca i lettori. I costi di distribuzione del giornale si limitano
ai costi di trasporto delle copie. L’edizione online consente di valorizzare ulteriori economie di riuso
dell’edizione cartacea. È un esempio di forma a rete burocratica esterna che coordina le relazioni inter
organizzative con una serie di contratti formali di abbonamento con le agenzie di stampa e grafica, a chiamata
con gli inviati speciali, fornitura con l’impresa tipografica. La forma burocratica integra quella organizzativa
interna. Le redazioni nazionali costituiscono la rete distributiva interna; la singola redazione interna è
controllata da Metro National SA. La forma a rete burocratica esterna minimizza i costi di gestione grazie alle
economie di scala dei servizi di stampa e trasporto. Gli accordi con le varie agenzie garantiscono il presidio
delle notizie.

La forma a rete burocratica deve la sua denominazione alla traduzione degli accordi circa gli scambi in regole
e procedure formalizzate che definiscono e vincolano il comportamento degli attori coinvolti. Regole,
procedure, programmi, modalità di supervisione derivano dai contratti previsti dal sistema legislativo che le
parti scelgono perché riflettono gli accordi stabiliti. I contratti che qualificano la forma a rete burocratica sono
formati dalle norme imperative e dispositive, dalle clausole contrattuali, dalle convenzioni. Se la
personalizzazione o lo scambio non sono contemplati dai contratti tipici disponibili, il Legislatore riconosce
l’autonomia contrattuale delle parti e prevede la possibilità che stipulino un contratto atipico. Infatti i contratti
(tipici e atipici) sono incompleti e vanno accompagnati dalle convenzioni. Quindi la forma a rete burocratica
si qualifica per l’impiego di regole formali di natura contrattuale e informali di natura organizzativa. La scelta
dei partner e del tipo di contratto costituisce un processo organizzativo complesso e critico. Il contratto
giuridico presenta importanti nessi con la progettazione della forma a rete poiché definisce regole e spazi di
autonomia decisoria tra gli attori. Il contratto di rete oggetto è concepito dal Legislatore per favorire la
cooperazione attraverso la forma a rete tra le imprese medio-piccole gestite da imprenditori proprietari. Con il
contratto di rete molti imprenditori si obbligano a collaborare in forme e in ambiti predeterminati collegati
all’esercizio delle imprese, cioè si scambiano informazioni e dati. La rete burocratica che ne deriva mantiene
l’autonomia delle imprese aderenti poiché non avendo personalità giuridica può creare un fondo patrimoniale
comune, o un organo comune, che rappresenta le imprese ed ha il compito di eseguire il contratto. Si tratta di
una rete aperta. Le imprese di servizi che erogano lo stesso servizio decidono di svolgere in comune l’attività
di marketing o di offrire lo stesso sistema di gestione dei servizi col marchio comune dividendo i costi. Le
imprese che offrono servizi distinti possono condividere la promozione comune della stessa località turistica
ripartendo i costi, oppure impegnarsi in un progetto comune innovativo dividendo gli investimenti. L’aspetto
più innovativo del contratto di rete oggetto riguarda l’impiego delle risorse umane e del tempo di lavoro del
dipendente. La relazione di lavoro dipendente può essere regolata tramite tre modalità di cooperazione inter
organizzativa:

- Distacco: è la facoltà di una delle imprese della rete di porre temporaneamente uno o più lavoratori a
disposizione di un’altra impresa della rete per soddisfare un proprio interesse. Presenta però dei vincoli
come la necessità del consenso dal lavoratore, la temporaneità del distacco, deve esserci poca distanza
dal luogo di lavoro e l’attività dev’essere predeterminata.

- Co-datorialità: è l’utilizzazione della forza lavoro con conseguente destinazione della prestazione al
complesso di società operative. I dipendenti, cioè, possono essere impegnati dalle imprese a seconda
del piano di rete e in base all’interesse comune. Si distingue dal distacco per la sua maggiore flessibilità
e personalizzazione di impiego delle risorse umane tra le imprese del contratto di rete.

- Co-titolarità: svolge la funzione della co-datorialità ma si distingue perché il contratto di lavoro


dipendente è stipulato da più datori di lavoro della rete col singolo lavoratore. Postula la solidarietà
passiva dei co-datori di lavoro rispetto a tutte le obbligazioni contrattuali nei confronti del lavoratore.
L’autonomia decisoria nell’organizzare le relazioni e gli scambi concessa dal contratto di rete oggetto pone ai
titolari delle imprese l’incombenza di affrontare e risolvere i problemi organizzativi derivanti dalla natura di
imprenditori proprietari. Quindi “rete” significa condividere i valori. Nella forma a rete il singolo imprenditore
decide in gruppo, opera nella propria impresa e nella rete, privilegia la visione strategica a scapito dell’attività
operativa.

Il contratto di appalto dei servizi presenta vincoli organizzativi più numerosi rispetto al contratto di rete
oggetto. Le imprese coinvolte sono costituite dal committente, dall’appaltante e dall’appaltatore che formano
la rete burocratica. I vincoli e le indicazioni delle fonti regolative richiamate si traducono nella progettazione
della relazione circa l’appalto di servizi, volta a riflettere la natura imprenditoriale e la forma organizzativa di
essere presso l’impresa partner (vedi pag.409 tavola 4).

Gli accordi tra le imprese che qualificano la forma burocratica sono il risultato del processo di negoziazione e
dell’uso delle basi del potere negoziale posseduto dalle parti. L’equità è la base per la tenuta dell’accordo,
l’obiettivo del quale è la stabilità della relazione. Il negoziato dell’accordo di cooperazione stabile tra le
imprese della rete è complesso a causa della diversa natura degli interessi e per la numerosità delle parti in
gioco.

Un esempio di cooperazione tra più imprese è il franchising, la forma di rete burocratica ad elevata diffusione
nel settore terziario. Il franchising è un tratto specifico dell’economia della conoscenza a livello internazionale.
L’impresa che offre il know how è detta franchisor, mentre quella che eroga il servizio è detta franchisee. Il
franchising è nato negli USA alla fine del 1800 e applicato nel 1940 nel settore alberghiero. Varianti del
franchising sono il master e il corner franchising. Il master franchising ricorre quando il franchisor concede
la disponibilità della propria formula della service idea ad un’altra impresa che oltre al ruolo del franchisee
ricopre anche quello di franchisor. Il corner franchising è il contratto col quale l’affiliato in un’area della sua
disponibilità, allestisce uno spazio dedicato allo svolgimento dell’attività commerciale. Il fulcro del contratto
è costituito dalla concessione e dal trasferimento del know how, il patrimonio di conoscenze pratiche derivanti
da esperienze e prove eseguite dall’affiliante. Oggetto del contratto è l’accesso per il franchisee alla service
idea e al sistema di gestione del servizio alle condizioni del franchisor. Quindi non si trasferisce la proprietà
del know how.

L’interesse dei contraenti a cooperare è definito dalla natura del gioco negoziale. Per il franchisor i vantaggi
sono dati dalla crescita aziendale, dalla flessibilità organizzativa, dal conseguimento delle economie di scala,
dalle economie di scopo nell’attività di miglioramento del sistema di gestione dei servizi. Anche per il
franchisee lo scambio presenta dei vantaggi: aumenta il potere e la quota di mercato, gode delle economie di
scala ottenute dai servizi di supporto del franchisor, consegue le economie di scopo. Quindi il franchising
integra i punti di forza della piccola impresa con quelli della grande impresa. Questo accordo è un negoziato
distributivo circa la condivisione del risultato economico sintetizzata nel prezzo richiesto dal franchisor (per
il diritto di entrata e uscita dal mercato, per le insegne e le attrezzature, per gli input forniti dal franchisor, per
le royalties). Il contratto di franchising è incompleto per:

1. Gli aspetti circa la risposta alle attese di qualità del cliente non possono essere specificati a priori se
non durante l’erogazione del servizio. Per il franchisor l’incapacità del franchisee può compromettere
l’immagine del marchio

2. Il sistema dei prezzi pattuiti spesso non rappresenta la complessità della relazione tra il franchisor ed
il franchisee qualificata dalla longevità, dalla cooperazione organizzativa con obiettivi condivisi

3. Il ruolo del franchisee è ambiguo perché è un imprenditore e al contempo un manager.


Per questi motivi la prestazione delegata dal franchisor al franchisee non è facilmente controllabile. I vantaggi
dello scambio economico si perseguono nella misura in cui la convenzione è integrata con la negoziazione
delle clausole contrattuali ed organizzative circa l’operatività del franchisee.

CASO Jean Louis David ebbe la service idea del taglio scalato. L’innovazione venne creata negli anni ’70:
egli intuì che il nuovo asciugatore elettrico sostituiva il casco con i bigodini e permetteva ai capelli di cadere
con libertà. David diffuse il taglio scalato istituendo una scuola a Parigi. Il manager franchisee Corani aprì in
Italia il primo negozio di franchising. La service idea è quella di offrire un taglio immediatamente riconoscibile
a prezzi contenuti. Il taglio è semplice e standardizzato e consente un veloce addestramento dei parrucchieri.
Il comportamento atteso dal franchisor nei confronti del franchisee è quello di rispettare le regole del gioco,
organizzare la vetrina in un determinato modo, accompagnare i clienti in salone nel rispetto del protocollo,
rispettare le indicazioni e utilizzare gli strumenti forniti, lavorare con professionalità e passione, gli obiettivi
devono essere fissati e condivisi dallo staff.

Il franchisor può organizzare la relazione col franchisee in due modi:

1. Catena di valore: privilegia la dimensione distributiva dello scambio economico e il controllo


unilaterale della convenzione perché la creazione di valore è concepita a livello di singola impresa
componente la catena. Si hanno contratti di bassa equità distributiva circa lo scambio economico
concernente la fee di ingresso, il leasing di servizi e attrezzature. Le comunicazioni inter organizzative
indicano la bassa equità interattiva quindi il franchisee è prigioniero.

2. Costellazione del valore: privilegia la natura integrativa dello scambio economico e il controllo
partecipato e condiviso della convenzione. Le imprese concepiscono la creazione di valore di valore
come risultato della rete intera. Ciò si traduce in una relazione qualificata da equità distributiva tra il
prezzo pagato dal franchisee e i servizi interni del franchisor, equità procedurale circa la formula del
franchising semplice, equità procedurale assicurata dalla comunicazione intensa in partnership.

Le due modalità di gestione del potere valgono per tutte le relazioni inter organizzative. L’organizzazione della
relazione si fonda sui ruoli rigidi assegnati in modo definitivo. La costellazione del valore assume che il ruolo
di first mover sia assegnato in modo contingente alla situazione gestionale. Si fonda sul principio della
cooperazione primaria tra le imprese della rete in un gioco vinci/vinci e il valore è distribuito in modo equo.

CASO Le imprese di trasporto hanno una rete burocratica composta da corriere, distributore locale,
imprenditore titolare. I tre attori sono coordinati da contratti distinti: il corriere ha contratto col distributore, il
quale ha contratto con l’imprenditore. La relazione tra i tre attori (quindi tra le tre imprese) costituisce una
forma burocratica. La rete incrementa i clienti e le possibilità di guadagno. La catena di valore è praticata nella
relazione tra le imprese produttrici di beni e quelle della loro distribuzione commerciale. Le imprese produttrici
e distributrici hanno una forma snella grazie al co-outsourcing per la produzione dei beni da commercializzare
e per la logistica.

La forma a rete presenta vantaggi per entrambe le parti. Il concedente evita l’investimento nell’organizzazione
della rete diretta di vendita e nel dover finanziare le giacenze di magazzino dell’output; limita il rischio di
impresa perché può contare sugli acquisti da parte dei concessionari i quali godono del vantaggio di usare
marchi e immagini consolidate e di usufruire di servizi di assistenza del concedente. L’asimmetria delle
dimensioni e del potere di mercato tra il concedetene e il concessionario favorisce la gestione delle relazioni
inter organizzative secondo il modello della catena di valore.

L’adozione della forma a rete burocratica è costituita da due elementi: l’elevato numero di attività e di imprese
che devono coordinarsi, la presenza di incentivi e vantaggi offerti dalla rete. La complessità
organizzativa/gestionale/relazionale richiede l’esistenza di garanzie esplicite che legittimano la
formalizzazione di regole e meccanismi punitivi.
34. La forma a rete proprietaria

Le scelte strategiche circa la concorrenza, l’innovazione ed l’internazionalizzazione possono chiedere gli


investimenti di risorse mancanti per la singola impresa di servizi. La ricerca di relazioni cooperative inter
organizzative rappresenta la soluzione alle situazioni descritte; la ricerca è qualificata da un’elevata
complessità cognitiva e informativa e cioè incertezza per la carenza di conoscenze, per i processi da
organizzare e i risultati da conseguire. Quindi i contratti e le convenzioni definiscono la chiara divisione di
attività, prestazioni e responsabilità delle imprese della forma a rete burocratica. La forma a rete proprietaria è
la modalità di coordinamento delle relazioni inter organizzative quando la complessità e le interdipendenze
rappresentano la massima incertezza. Questa forma a rete è qualificata dal contratto formale con cui due o più
imprese danno vita ad un nuovo soggetto giuridico. L’atto costitutivo definisce le risorse finanziarie,
tecnologiche e umane. La forma a rete proprietaria si distingue in joint venture e venture capital. Entrambe
sono costituite da nuove imprese nate dalla cooperazione di più imprese.

La joint venture è quindi un accordo tra società con cui più imprese conferiscono le diverse ma complementari
risorse dando vita ad una nuova impresa. Il motivo alla base della sua costituzione è quello di ridurre le
incertezze dovute alla complessità cognitiva ed informativa degli scambi necessari per il raggiungimento
dell’obiettivo finale.

Un esempio è quello del settore del trasporto aereo dove la joint venture è motivata dall’aumento dei passeggeri
da e verso i mercati stranieri. Le compagnie uniscono i propri hub&spokes (fanno scalo dove si concentrano
più voli). In questo modo ci sono dei vantaggi per tutte. Il processo che termina con la scelta e la stipula del
contratto societario è complesso poiché bisogna scegliere i partner, negoziare i termini dell’accordo, gli
obiettivi della joint venture, la forma giuridica da adottare, le risorse da utilizzare, le clausole di confidenzialità
e i divieti di trattative con altri.

CASO OVS ha recentemente creato una joint venture con la catena distributiva CV (Charles Vogele). Il
ricavato delle cessioni sarà investito per convertire la catena di negozi con i formati OVS. L’attività o il
progetto determina la difficoltà di valutare in sede di accordo il valore delle risorse conferite e i contributi che
saranno forniti da ogni impresa. La costituzione della joint venture è seguita dalla scelta di strategia e
progettazione organizzativa derivante dalla organizzazione interna. Il funzionamento della nuova società
prevede una fase iniziale difficile, cruciale che richiede al management di saper conciliare la fiducia col
controllo.

La joint venture è caratterizzata da contratti sociali che definiscono i diritti di proprietà disponibili nel sistema
legislativo italiano e sono:

- Gruppo europeo di interesse economico (GEIE)

- Contratto di rete “soggetto”

- Consorzio e società consortili

- Impresa sociale e gruppo cooperativo paritetica

- Società di capitali

Il GEIE è una joint venture regolata dal contratto con cui degli attori economici e non appartenenti a diversi
Stati dell’UE intendono esercitare una parte delle loro attività economiche mantenendo la loro indipendenza.
Il Gruppo è un centro autonomo di imputazione dei rapporti giuridici. Gli eventuali utili derivanti dall’attività
del Gruppo sono considerati direttamente profitti dei membri e sono tra loro ripartiti. Le obbligazioni sono in
capo a tutti i membri. Essi possono strutturare il Gruppo come meglio credono e possono prevedere nel
contratto ulteriori organi e poteri.

La joint venture regolata dal contratto di rete soggetto ha le stesse finalità del contratto di rete oggetto, cioè
sviluppa la capacità innovativa e competitiva nei soci ma ha la personalità giuridica. La relazione più intensa
e complessa regolata da questo contratto è quella di esercitare in comune una o più attività delle imprese socie.

Il consorzio è regolato dal contratto con cui più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la
disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle imprese. Un esempio è il Consorzio Operativo del Gruppo
Monte Paschi di Siena istituito nel 2000 con un organico di più di 1000 unità. La finalità e la riduzione dei
costi del sistema informativo e delle attività di retrovia delle otto banche controllate dalla holding corporate
MPS. I costi si riducono poiché hardware e software sono noleggiati da un unico fornitore, gli altri fornitori
sono scelti in base agli sconti concessi e si ha l’esenzione IVA. La forma organizzativa interna è quella
divisionale. Nei consorzi con finalità di coordinamento il direttore ha un’ampia autonomia. La scelta del
consorzio offre l’ulteriore vantaggio di ottimizzare i costi perché consente di confrontare la sua prestazione e
i prezzi con quelli del mercato. La società consortile è un contratto di società con cui due o più persone
conferiscono beni e servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica per dividerne gli altri (art. 2247
c.c). La differenza tra consorzio e società consortile è netta quando il consorzio ha funzione di coordinamento
di attività interna. Se invece questa attività è esterna la differenza è più sottile. La funzione di consorzio è di
procurare beni e servizi necessari alle imprese consorziate tramite la forma organizzativa. Lo scopo delle
imprese consorziate è di conseguire un vantaggio patrimoniale diretto nelle rispettive economie sotto forma di
minori costi e maggiori ricavi. La società consortile ha la finalità di produrre utili attraverso gli scambi di
mercato per sé stessa.

L’impresa sociale è una joint venture cui partecipano associazioni, cooperative, consorzi, enti pubblici e singoli
cittadini. Un esempio è la Welfare Italia, una società con finalità pubblica e sociale. Il gruppo cooperativo
paritetico è un contratto societario con cui più cooperative regolano, anche in forma consortile, la direzione e
il coordinamento delle rispettive imprese. Welfare Italia ha costituito la rete burocratica del franchising: è il
franchisor che propone ai franchisee la service idea che eroga servizi di sanità leggera. Essa costituisce un
esempio emblematico di come la forma proprietaria riesca a governare una elevata complessità informativa e
relazionale.

L’organizzazione virtuale è un joint venture tra più imprese. La definizione concepisce la virtualità come il
risultato dell’applicazione delle tecnologie ICT nelle relazioni inter e intra organizzative. La virtualità muta il
processo di comunicazione interpersonale sostituendo l’interazione faccia-faccia con quella medita dalle
interfacce tecnologiche. Gli attori coinvolti nelle interazioni possono riferirsi ai clienti e ai fornitori della forma
organizzativa dell’impresa di servizi. La strategia di virtualizzazione delle interazioni intra organizzative
qualifica l’organizzazione virtuale. Venkatraman e Henderson osservano che nella forma organizzativa interna
dell’impresa la virtualizzazione è applicata in modo separato nelle interazioni con i fornitori, con i clienti
esterni e interni. Ciò che qualifica l’organizzazione virtuale è il superamento della logica funzionale attraverso
l’impiego di una piattaforma comune tra i vettori. La loro integrazione virtuale consentirebbe la
personalizzazione del servizio ai clienti esterni, lo sviluppo delle risorse umane e delle conoscenze dei clienti
interni, la disponibilità stabile di una coalizione di risorse esterne. La concezione di organizzazione virtuale
proposta da V e H è la forma organizzativa interna nella quale le relazioni coi clienti esterni e interni sono
virtualizzate in un’unica piattaforma. Nell’impresa di servizi, l’organizzazione virtuale si qualifica per l’effetto
che le tecnologie ICT provocano sulle modalità di lavoro cognitivo. Il primo effetto è la densità di opzioni
attive e interattive disponibili al cliente interno per accedere alle informazioni e alle comunicazioni; ciò grazie
alle molteplici funzioni. Il secondo effetto è quello di rendere liquide le informazioni disponibili a nuovi
trattamenti. Il risultato dell’elaborazione delle attività è memorizzato nuovamente dalle tecnologie ICT ed è
reso disponibile ai clienti. L’organizzazione virtuale è definita come la creazione di collegamenti attorno ad
un’organizzazione temporanea con altri partner e assume i caratteri di una joint venture. È un’organizzazione
temporanea che riflette le relazioni inter organizzative intense e complesse ma giustifica la partecipazione
congiunta delle imprese agli utili. L’Associazione Temporanea di Impresa (ATI) è il contratto atipico per il
quale l’impresa mandataria-capogruppo si obbliga a compiere degli atti per conto delle imprese mandanti-
associate che conferiscono il potere di rappresentanza per svolgere l’oggetto sociale. Le imprese conservano
la propria autonomia gestionale e fruiscono direttamente dell’utile. Il contratto senza convenzioni è
incompleto. Il contratto di joint venture è guidato dall’impresa focale anche se è condiviso. Nella prospettiva
progettuale, l’organizzazione virtuale è un sistema debolmente connesso in cui le imprese agiscono in modo
dialettico, autonomo ma coordinato.

L’organizzazione delle attività della rete è per processo così che vengano sfruttate le competenze distintive.
La standardizzazione delle interazioni tra imprese è necessaria per sfruttare l’effetto indotto dall’impiego delle
ICT. La standardizzazione consente alle imprese di connettersi e disconnettersi velocemente; la conoscenza e
la sua espressione sono il fattore di produzione dell’organizzazione virtuale. La mercificazione delle
informazioni rende possibile lo scambio e la condivisione nella rete. Regole e procedure sono costituite da
protocolli informatici per sfruttare la densità delle ICT. Il sistema di comunicazione è automatizzato grazie
all’impiego del groupware (insieme degli applicativi. I gruppi di lavoro virtuali superano gli inconvenienti del
lavoro di gruppo fisico, i conflitti sono affrontati apertamente e risolti velocemente, la gestione delle relazioni
è volta a creare le condizioni affinché le persone mantengano un alto livello di motivazione.

I vantaggi dell’organizzazione virtuale sono:

- Aumento della capacità di esplorare la rete e cogliere le opportunità del mercato

- Riduzione dei costi organizzativi

- Flessibilità organizzativa che consente di iniziare o cessare le collaborazioni costose

- Coordinamento inter organizzativo

- Apprendimento inter organizzativo nel mutare le pratiche di lavoro e gli assetti organizzativi

Gli svantaggi sono:

- Difficoltà di trasferire le conoscenze tacite acquisite nel processo comune

- Mancanza di fiducia del cliente interno e mancato allineamento a incentivi e obiettivi

- Necessità di progettare le relazioni di lavoro personalizzate per contrastare gli effetti del lavoro a
distanza

Uno dei punti di forza dell’organizzazione virtuale è la rapida mobilitazione coordinata delle imprese nel
costituire la joint venture per cogliere l’opportunità di mercato. Le imprese devono condividere le infrastrutture
tecnologiche compatibili, le modalità di lavoro della rete virtuale, gli atteggiamenti e l’orientamento al servizio
e al cliente. La rete sociale spesso costituisce un vero e proprio mercato virtuale.

Il venture capital in Italia è un accordo tra un Fondo comune di investimento e un potenziale imprenditore o
un gruppo di imprenditori in possesso di una business idea. Il Fondo finanzia le fasi di avvio o sviluppo per
poi dismettere il suo investimento con un adeguato ritorno finanziario. La caratteristica della business idea o
della start up è quella di presentare un elevato profilo di rischio ed alta capacità informativa. Il venture capital
è la forma proprietaria alternativa al mercato. Si fonda sulla qualità della relazione tra il venture capitalist e il
potenziale imprenditore. Il venture capital si concreta nella costituzione di una nuova società di capitali alla
quale il Fondo partecipa diventando il socio dell’imprenditore. La complessità informativa si riflette nella
redazione del contratto societario e delle clausole contrattuali riguardanti la forma del venture capital: quote
delle azioni, numero di posti nel consiglio di amministrazione della nuova società, servizi manageriali, strategia
di uscita, tempi di cooperazione. Il rapporto tra soci è complesso perché si deve mantenere l’equilibrio per
raggiungere il successo. Il venture capitalist è un socio attivo che esercita anche i diritti di decisione e controllo
sulla gestione, trasferisce nella società le competenze gestionali necessarie. Le decisioni del venture capitalist
riguardano anche la progettazione dell’assetto organizzato della nuova società; il possesso di competenze
variegate costituisce un elemento fondamentale per determinare il successo dell’impresa.

I vantaggi dipendono dal poter contare su:

- Fonte di finanziamento della business idea

- Competenze gestionali messe a disposizione e impiegate dal socio

Il vantaggio atteso dal venture capitalist è quello di conseguire un adeguato ritorno finanziario nel medio
periodo. Il vantaggio dipende dalla qualità del processo di selezione delle idee da finanziare e dalla gestione
dello sviluppo della start up. Le condizioni di adozione efficiente della forma a rete proprietaria per organizzare
i diritti di proprietà sulle risorse sono costituite dall’elevata complessità informativa derivante dalla mancanza
delle conoscenze a priori sulle attività, la difficoltà di raggiungere i contributi delle imprese partecipanti, la
scarsa programmabilità delle nuove attività, elevato opportunismo potenziale.

35. La forma a rete sociale

La forma a rete sociale si origina dalle relazioni tra gli attori e ne regola gli scambi sociali, oggetto dei quali
sono il prestigio, lo status, l’amicizia, il potere, l’appartenenza. I rapporti interpersonali sono la combinazione
di tempo, dell’intensità, dell’intimità, dei servizi reciproci. Tali rapporti si distinguono a seconda che siano
legami deboli o forti. I legami deboli costituiscono una risorsa importante e molto utile perché favoriscono lo
scambio di informazioni, il confronto e l’apprendimento di una nuova conoscenza. I legami forti sono le
relazioni sentimentalmente importanti e frequenti fondate sulla grande reciprocità e regolarità negli scambi
sociali. L’azione economica è radicata nell’azione sociale ed è determinata da motivazioni culturali e sociali e
dal significato che gli attori vi attribuiscono. Le relazioni sociali svolgono duplice funzione: costituiscono le
basi sociali per l’azione economica e sono il limite all’estensione del comportamento opportunistico.

Le reti sociali influenzano l’attività economica per diverse ragioni:

1. Esse determinano il flusso e la qualità delle informazioni che sono sottili, sfumate e difficili da
verificare. La rete consente il controllo di essere attraverso le fonti personali più adeguate e affidabili.

2. I premi e le punizioni della comunità sono più forti perché le persone si conoscono ed intrattengono
relazioni stabili.

3. La fiducia relazionale è l’aspettativa che il comportamento dei componenti della rete sia percepibile,
affidabile, equo, che tenga fede agli impegni presi.

La capacità della forma a rete sociale nel determinare gli effetti economici dipende dalla configurazione dei
suoi quattro elementi di base: norme e densità della rete, legami deboli, vuoti strutturali, compenetrazione tra
azioni economiche e sociali. La condivisione ed osservanza delle norme sociali è forte quando la rete presenta
una consistente densità delle connessioni tra gli attori della rete. I legami deboli favoriscono gli scambi di
informazioni sempre nuove tra gli individui, sia all’interno della rete, sia tra le amicizie e conoscenze. Le
informazioni si diffondono con efficacia in strutture sociali di larga scala. Gli individui partecipano a più reti
sociali e costituiscono dei ponti di collegamento tra esse per trasferire le informazioni. Il radicamento sociale
dell’impresa misura il suo legame e la dipendenza con l’azione sociale della forma a rete nella quale opera. La
compenetrazione tra azione sociale ed economica può generare costi come la corruzione e vantaggi come la
nascita di nuove imprese.

I legami forti riguardano le relazioni interpersonali tra gli imprenditori ed i managers che rappresentano le
imprese e sono fonte di forte fiducia, rispetto e collaborazione. Le informazioni che circolano nella rete sociale
sono ridondanti e portano poche conoscenze, limitano le novità. Quindi i legami forti presentano il rischio
della stagnazione informativa. Per contro assicurano le condizioni di mobilitazione delle relazioni, delle risorse
e la presa di decisioni rapide per lo sfruttamento delle opportunità di mercato.

CASO UNO “I Briganti del Cerreto” è la prima realtà in Italia ad ideare il servizio del turismo di comunità e
l’unico esempio nazionale tra i 20 in Europa. Cerreto Alpi è una frazione a Reggio Emilia, è un borgo
medioevale. Nei primi anni del 1900 Cerreto contava 1000 abitanti dediti alla pastorizia ed alla
raccolta/lavorazione delle castagne per la farina. La decadenza iniziò dopo la II guerra mondiale con
l’urbanesimo della popolazione e la crisi della pastorizia. A fine anni ’80 vi erano solo 80 abitanti. La piccola
comunità iniziò a chiedersi come poter arrestare l’esodo: i pochi giovani rimasti dicevano che sarebbero rimasti
se vi fossero state delle opportunità di lavoro. Dopo diversi incontri la comunità decise di fondare
un’associazione ricreativa che aprì un bar. Dopo un anno e mezzo l’associazione capì che bisognava creare
delle altre opportunità economiche e così, grazie all’amicizia con un giornalista, essa conobbe due esperienze
di turismo di comunità. Nel 2003 i giovani fondarono una cooperativa nata come progetto sociale. Tale
cooperativa erogava due offerte di servizi:

1. Servizi forestali, conduzione degli ettari di castagneto, servizi vari sul territorio. I clienti erano gli enti
locali.

2. Turismo di comunità rivolto alle famiglie. Il servizio consisteva nel far vivere l’esperienza del
soggiorno in un borgo medioevale e di conoscere la cultura di una comunità montana a chi era in città.
I servizi erano la pesca di lago, le escursioni nel bosco, la commercializzazione di prodotti locali. Il
soggiorno era stimolato da feste e iniziative varie.

Nel 2016, tra i soci fondatori vi erano laureati, diplomati, istruttori e guide turistiche. Anche le nascite erano
aumentate. L'attività stimolava la micro-imprenditorialità valorizzando le risorse del borgo: nuovi agriturismi,
ritorno della pastorizia…La compenetrazione tra attività sociali ed economiche era testimoniata dai proventi
dei servizi offerti dai micro-imprenditori. Gli effetti economici indotti dai Briganti erano rilevanti nel bilancio
della cooperativa, oltre ai risultati della gestione dei servizi erogati. Nel 2007 la cooperativa era il progetto
pilota del governo per le aree interne. La diffusione delle informazioni e della conoscenza su questa esperienza
contribuì alla nascita di oltre 20 cooperative in tutta Italia.

CASO DUE Il CIS di Nola (NA) è la più grande società consortile di distribuzione di distribuzione
commerciale d’Europa, specializzata nell’ingrosso non alimentare in più di 100 settori merceologici. È
distribuita su una superficie di oltre 1 mln di metri quadrati sui quali espongono più di 300 imprese grossiste.
Il CIS è vietato giornalmente da oltre 15000 clienti. È inaugurato nel 1986 ed è il risultato di un’intuizione di
12 imprenditori grossisti che operano a Piazza Mercato (centro storico di Napoli); i 12 si rendono contro che
presto la struttura sarà congestionata. I compratori entrano al pianterreno della sede, guardano e acquistano.
La merce è stoccata ai piani superiori dove si trova la forza lavoro. La strade anguste, la difficoltà di
parcheggiare, il traffico sono ulteriori fonti di disagio per i clienti. I 12 decidono così di creare nuovi spazi per
creare un ambiente più agevole, dare possibilità ai clienti di parcheggiare senza difficoltà e di raggiungere la
sede senza lunghe code di traffico. Decidono così di coinvolgere altri 300 imprenditori grossisti. Negli anni il
CIS si trasforma nel “Distretto di Nola”; nel 1999 ai aggiungono anche i servizi di logistica con le infrastrutture
per il trasporto delle merci (aereo, ferroviario, per mare, su gomma…), i magazzini, il polo del freddo, la
dogana, la stazione ferroviaria “Nola Interporto”.

Le reti sociali tra imprenditori ed imprese si distinguono a seconda che siano simmetriche o asimmetriche.

Le reti simmetriche utilizzano il meccanismo di coordinamento dato dalle relazioni in sé, qualificata dai legami
forti, che si applica con diverse varianti. I managers delle imprese concorrenti usano le relazioni personali
dirette, informali, per accordi di cooperazione o di regolazione della concorrenza. Nelle associazioni sindacali
delle imprese, l’impresa focale esercita la leadership sociale nel tutelare gli interessi di tutti gli associati nelle
azioni comuni nei confronti degli enti pubblici-locali. Le reti asimmetriche si caratterizzano per l’uso del
contratto incompleto circa lo scambio di beni e servizi e tale contratto si aggiunge alla relazione personale.
L’oggetto delle reti asimmetriche si estende così dai beni sociali a quelli economici. Le principali reti sociali
asimmetriche nei servizi sono costituite dalla vendita in conto e dal sub appalto sociale.

Il contratto in conto vendita (estimatorio) è regolato dall’art. 1556 c.c. Prevede che il tradente (produttore o
commerciante di ingrosso) consegni beni mobili al ricevente o accipiente. Il rivenditore dispone così di un
vasto assortimento di prodotti da vendere senza farsi carico del costo d’acquisto. Il fornitore si garantisce una
distribuzione più capillare sul territorio. Il sub appalto sociale si attua tra l’impresa focale che acquisisce la
commessa e assegna le parti delle attività, e le imprese sub appaltatrici. Le condizioni di efficienza per
l’adozione della forma a rete sociale sono costituite dall’esistenza di un forte effetto di reputazione, dalla
cultura locale consolidata, dal limitato numero di imprese componenti la rete sociale, dalle ridotte materie
negoziali, dall’alta frequenza delle interazioni, dal peso rilevante degli obiettivi sulla gestione delle imprese
della rete.

Forme organizzative di governo degli scambi

Forme interne Forme a rete Forme a rete Forme a rete Forme mercato
proprietarie burocratica sociale

Semplice Joint venture Contratti tipici Reti simmetriche Esternalizzazione


(elementare, (ATI, GEIE…) (affiliazione, (relazioni
artigiana…) agenzia, appalto…) personali, norme di
gruppo, cultura
locale…)

Unitaria ibrida Capital venture Contratti atipici Reti asimmetriche


(professionale, (concessione di (conto vendita,
divisa, a matrice, vendita, consulting leadership
per progetto…) engineering…) sociale…)

Specializzata per
cliente (per
processo,
divisionale per
cliente, gruppo
societario di
servizi)

Tratti organizzativi delle forme organizzative a rete

Variabili organizzative Forme a rete proprietarie Forme a rete burocratica Forme a rete sociale

Diritti di proprietà Congiunti su specifiche Attori indipendenti Attori giuridicamente


attività giuridicamente (imprese) indipendenti
(individui e imprese)

Informazioni e decisioni Decentrate e delegate a un Attori con informazioni Attori con


nuovo soggetto giuridico locali (imprese) informazioni locali e
confidenziali
Controllo Proprietario ed Organizzativo, reciproco Individuale e sociale
organizzativo sul su contratti e convenzioni
management (agenzia)

Incentivi Economici, diritti al residuo Beni e servizi, beni sociali Beni sociali e beni in
reti simmetriche

Coordinamento Diritti di decisione e Regole, procedure, piani, Negoziazione, norme


controllo, procedure e piani, autorità, supervisione di gruppi e culturali,
autorità gerarchica prezzi

36. La scelta (leggere)

L’esistenza delle molteplici forme offre all’imprenditore proprietario la necessità di selezionare e scegliere la
forma più efficiente. Due sono i criteri utilizzati per la scelta:

1. Qualitativo: rilevanza strategica

2. Quantitativo: l’attore può calcolare i costi interni dei servizi di logistica e compararli con i prezzi delle
forme alternative di organizzazione interna degli scambi.

La prospettiva “organizzazione e mercato” spiega il comportamento dei costi di transazione e propone il


criterio di scelta circa la forma più efficiente di organizzazione. Le transazioni devono essere analizzate nel
contesto delle forme di controllo istituzionale o di governo costituite dal mercato, l’organizzazione interna, la
rete, integrate dai adottati per spiegare i costi complessivi. I limiti cognitivi e di calcolo dell’attore decisore gli
impediscono di elaborare le informazioni per controllare tutte le conseguenze delle sue decisioni, di prevedere
tutti gli effetti che le decisioni altrui hanno sulle proprie. L’attore adotta così un comportamento opportunistico.
L’opportunismo e il perseguimento del proprio interesse si attivano in presenza di piccoli numeri. La
razionalità limitata determina l’incertezza ambientale, l’opportunismo determina quella razionale. Entrambe
si traducono nella necessità da parte degli attori di stendere contratti incompleti piuttosto esaustivi per regolare
la transazione. I costi di transazione sono influenzati da due opportunità: ampliare le condizioni contrattuali
negoziate; il cliente assegna al contratto delle funzioni come la salvaguardia, l’aderenza del comportamento
della controparte e i risultati attesi. I costi di decisione sono quelli sostenuti dall’attore per cercare le
informazioni, definire la propria funzione obiettivo, scambiare informazioni, negoziare, prevenire
l’opportunismo. Questi costi sono sostenuti ex ante la firma del contratto. I costi distributivi si riferiscono ai
rischi e alle opportunità, cioè il controllo, dei comportamenti della controparte durante l’esecuzione del
contratto. Sono costi ex post la firma del contratto. I costi di cambiamento sono quelli che la scelta comporta
nel passare dalla forma organizzativa degli scambi a quella alternativa prescelta. Sono costi ex ante la firma
del contratto.

L’andamento dei costi di transazione è spiegato dal modello di Williamson che definisce la transazione come
il trasferimento di un bene o servizio attraverso un’interfaccia tecnicamente separabile. Gli effetti congiunti
dei caratteri della transazione costituiscono le tesi del modello “organizzazione e mercato”. La specificità di
una risorsa riflette la sua capacità di produrre valore nello scambio. La specificità negli investimenti determina
maggior valore nella transazione e sorge il problema di come dividerla tra gli attori. L’effetto indotto dalla
specificità degli investimenti delle risorse impegnate è denominato “la grande trasformazione”. È il passaggio
dalla forma mercato a quella organizzativa interna o a rete. La specificità degli investimenti misura
l’insostituibilità della controparte dovuta all’unicità delle risorse e alla loro criticità. Maggiore è la specificità
degli investimenti, più la transazione si allontana dalla forma mercato per essere governata da quella interna o
da quella a rete.
L’incertezza misura la complessità informativa dovuta alla previsione della prestazione di ogni attore,
l’asimmetria e la non completezza informativa delle parti, numero di informazioni da considerare. L’incertezza
si distingue se riguarda la previsione dell’evoluzione dell’ambiente e se riguarda la relazione con la
controparte. L’incertezza rafforza gli effetti della specificità nel governare la transazione attraverso la forma
organizzativa interna. Le decisioni sono più efficienti se perché sono centralizzate e perché elaborano
informazioni raccolte dal sistema di programmazione e controllo. La convergenza delle aspettative riduce
l’incertezza e l’impiego della gerarchia risolve i conflitti generati dall’opportunismo. Se non vi è conflitto di
interessi, l’incertezza comporta la scelta della forma a rete invece di quella interna.

La frequenza (spessore) della transazione rafforza gli effetti della specificità del modello “organizzazione e
mercato”: l’alta frequenza abbassa i costi di transazione interni e quelli di erogazione. La frequenza e la durata
persistenti aumentano la conoscenza e riducono l’opportunismo, stimolando accordi informali circa i contributi
specifici. Il numero di relazioni parallele e contestuali nella transazione può essere ampio; l’ampiezza comporta
più attività svolte in più fasi e diminuisce i costi di transazione aumentando quelli di erogazione. Se esistono
poche controparti nella transazione, diminuiscono i costi di transazione e grazie alla diminuzione di
opportunismo e costi di controllo. Quindi la forma di governo del mercato entra in crisi quando le risorse
specifiche, l’incertezza, la frequenza e il conflitto d’interessi sono significativamente presenti nella
transazione.

Il modello “organizzazione e mercato” ha limiti (viene privilegiato lo scambio economico a scapito di quello
sociale; l’analisi si concentra sulla transazione; viene assunto l’attore decisore quindi viene limitata la
razionalità dell’imprenditore proprietario; si ha assenza temporale della transazione) e vantaggi (offrire
ulteriori riflessioni e rilevanza teorica sulle scelte di progettazione organizzativa efficiente e quella interna;
indicazione segnaletica della perdita di controllo dei costi da parte del management nella attività con specifica
forma organizzativa e l’apprendimento da parte dei clienti interni di nuovi comportamenti; inclusione dei costi
di transazione nell’analisi differenziale dei costi per scelte). Alcuni costi restano costanti e non influenzano il
valore; tra questi vi sono i costi affondati che non sono reimpiegabili. In questo modello la scelta di forma più
efficiente è corretta se si effettua il confronto tra i costi complessivi (costi di transazione+ costi di erogazione).
La decisione della forma è strategica e può essere compresa solo nel tempo. Quindi i costi di transazione
devono essere intesi come costi di organizzazione: non si riferiscono solo allo scambio ma al preliminare
processo della combinazione di risorse che originano output e scambio. Ciò è particolarmente evidente nelle
imprese dei servizi in cui la produzione ed il consumo coincidono nel processo di co-produzione del valore tra
cliente interno ed esterno. (leggi caso esempio pag. 453).

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