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PARTITI POLITICI
MODELLI DI ORGANIZZAZIONE POLITICA
Tipi di partiti:
I partiti non sono un oggetto immutabile nel tempo, ci sono diversi modelli. Il partito a integrazione di
massa ha segnato la storia della democrazia e della politica più recente.
Partiti di massa :
Professionalismo politico. Il partito di massa non vive di risorse proprie ma vive delle risorse che i partiti
riescono a drenare dalla società attraverso il tesseramento (prima) e il finanziamento pubblico dei partiti
(dopo). Il personale politico è sostenuto, pagato e utilizza risorse mobilitate dal partito. Sono risorse che il
partito mobilita attraverso il tesseramento perché nel momento in cui si formano i grandi partiti di massa in
Europa si crea un meccanismo che organizza la professione politica a partire dal fatto che nell'arena
democratica entrano la stra grande maggioranza dei cittadini a seguito dell'ampliamento dell'elettorato che
diventa man mano universale. L'allargarsi del corpo elettorale, l'ingresso delle masse dentro all'arena
elettorale fa sì che ci sia una risorsa aggiuntiva per la politica. Il partito dei notabili è un partito
caratterizzato da un suffragio elettorale limitato. Non votano tanti, votano prevalentemente persone che
hanno il censo o l'istruzione. Nel momento in cui si formano i partiti di massa quest'ultimi trovano una base
di consenso e una base economica nel suffragio elettorale che diventa progressivamente suffragio
universale. L'estensione al diritto di voto, l'ingresso delle masse nell'arena politica fa sì che ci siano delle
risorse aggiuntive per questo il partito di massa si può pensare come una forma organizzata che vive di
finanziamento. Se tanti cittadini iniziano a entrare nell'arena elettorale allora questi potrebbero anche
essere disposti a sostenere dei costi (la tessera di iscrizione al partito)per sostenere le attività politiche de
proprio partito. Quella macchina organizzativa diventa di una macchina di reclutamento, di selezione e di
formazione di personale politico professionalizzato. Questo modello ci ha accompagnato per larga parte
del 900. Il partito di massa è un partito che riesce a dotarsi di strutture proprie e dove gli iscritti hanno un
peso importante. Prima di tutto perché portano le loro risorse economiche (questo cambia perché
successivamente nelle grandi democrazie si affermano leggi di finanziamento pubblico, quindi i partiti
iniziano ad avere risorse economiche che derivano non solo dai contributi volontari dalla massa dei propri
iscritti ma anche dai finanziamenti, imposti per legge, dello stato). L'ingresso delle masse permette la
costruzione di organizzazioni strutturate che grazie alla grande mole di iscritti riescono a mobilitare una
grande mole di risorse economiche per l'attività. Questo ha significato un'integrazione dei cittadini nella
sfera politica ma anche una promozione sociale degli individui, oltre che uno strumento di
democratizzazione della vita politica. I partiti hanno sviluppato delle logiche oligarchiche (legge ferrea
dell'oligarchia di Michels). Questa teoria ci spiega che all'interno dei partiti si creano delle élite, dei gruppi
dirigenti. Tutte le forme organizzate creano delle élite. Anche nei partiti più democratici scattano dei
meccanismi di formazione dell'élite. Questi gruppi dirigenti tendono a mantenere la loro posizione di
potere. I gruppi dirigenti gestiscono l'avvicendamento del gruppo alla base di una logica di cooptazione, per
cui entra quello che più si intende in continuità con il passato. Poi ci possono essere delle fasi dove questa
continuità si spezza. Quindi non è sempre garantita però diciamo che aiuta a dare stabilità ad un partito, il
gruppo dirigente che invecchia fa entrare con questa logica di cooptazione il pezzo che ritiene più in
continuità con il proprio modo.
Il partito di massa è un partito prevalentemente di iscritti. Conta sempre di più la capacità del personale di
aggregare consenso. Questa capacità fa sì che si passi da forme di partito degli iscritti a forme di partito
degli eletti (oggi di più perché gli iscritti sono diminuiti). Nei partiti di massa, centrale era l'ideologia. Era un
collante, permetteva di tenere insieme gruppi dirigenti, ecc. Il collante ideologico viene meno a partire
dagli anni 60 con un lento e progressivo deterioramento delle ideologie politiche.
Caratteristiche principali:
- Struttura organizzativa: membri organizzati in sezioni locali. L’ufficio centrale è responsabile verso un
congresso eletto di partito
- Reclutamento
Partiti pigliatutto:
Queste caratteristiche vengono meno negli anni 60, iniziano ad indebolirsi a causa dalle trasformazioni
sociali. Le ideologie contano meno, e i partiti sono sempre più orientati a massimizzare i consensi elettorali.
Questo comporta anche un cambiamento strategico nel modo di pensare (prima l'ideologia guidava tutto,
era lo strumento di coordinamento fra gli elettori iscritti al partito. "Se abbiamo un' ideologia abbiamo un
meccanismo che funziona perfettamente"). Se viene meno l'ideologia, viene meno la capacità del partito di
fare da tramite e garante rispetto alla selezione di candidature. Per l'elettore si apre il ventaglio di una
maggiore possibilità di scelta del voto, non essendoci più l'ideologia che guida le scelte politiche del voto è
libero di orientarsi come meglio crede nel mercato elettorale. Nel momento in cui cade l'ideologia i partiti
devono essere in grado di andare a "cacciare" i voti.
Il partito pigliatutto è un'evoluzione del partito a integrazione di massa. È un partito finalizzato alla caccia
del consenso elettorale. Si chiama pigliatutto (pigliatutti) perché va alla ricerca di consenso elettorale in
maniera trasversale, non ha più un'ideologia forte. È un partito in cui conta meno l'ideologia politica ma
allo stesso tempo contano di più i consulenti della comunicazione, conta di più chi ha gli strumenti per
organizzare il messaggio politico in maniera da renderlo più appetibile. In assenza di ideologia la
costruzione di consenso stabile diventa problematica, quindi cambia anche il peso che, all'interno del
partito, assumono le determinate figure. Nel partito degli iscritti (di massa) c'era un peso maggiore nel
gruppo dirigente del partito in quanto tale. Nel partito dove l'ideologia non ha più la capacità di
rappresentare un collante, contano di più gli eletti perché sono gli eletti che portano i voti al partito (al
contrario del partito di massa).
- Maggiore centralità della funzione di comunicazione, degli strumenti che permettono al partito di
organizzare il consenso
Partiti-cartello :
partito in cui è ancora più forte ed accentuata la lettura del partito come strumento di organizzazione del
consenso come piattaforma di coordinamento di gruppi politici.
- Pesa di più il potere dei gruppi politici (delle fazioni) all'interno del partito per drenare le risorse
economiche dalle risorse pubbliche, dal finanziamento pubblico
Partito-azienda :
Il partito azienda si evidenzia bene in un paio di studi, uno di Paolucci e l'altro di Hopkin (1999). l'esempio
porro tipico è forza Italia. Si tratta di un fenomeno singolare. Forza Italia (94-96) è un partito azienda
perché è il partito di una persona che gode di un rapporto personale. Forza Italia diventa un partito azienda
perché dipende direttamente da lui perché il personale politico viene reclutato direttamente dalle aziende
private di Berlusconi. Susan carrow parla di partiti a velocità multipla, guarda sul lato degli eletti. I partiti
azienda sono il prodotto di una figura personale che mobilita risorse proprie in politica.
Negli USA ci sono almeno 5 diversi tipi di primarie, a livello di elezioni presidenziali, che variano di stato in
stato
1) primaria chiusa: alla quale partecipano solo i sostenitori del partito, ovvero chi si è iscritto (anche se
non è l'iscrizione a cui pensiamo quando parliamo dei partiti nel contento europeo)
2) Primaria semichiusa: nella quale è permesso agli indipendenti, cioè coloro che non si registrano come
simpatizzanti di un partito, di votare nella primaria di uno dei due partiti, scegliendo all'ultimo
momento.
3) Primaria aperta (con dichiarazione pubblica): nella quale l'elettore è tenuto a dichiarare, nel giorno
delle elezioni, il partito che sceglie, cioè quello alle cui primarie partecipa. Nella maggior parte dei casi,
l'eventuale iscrizione di un elettore ad u partito non osta alla sua partecipazione alle primarie del
partito rivale. Solo in Texas è prevista una registrazione preventiva
4) Primaria coperta: alla quale partecipano tutti gli elettori, ricevendo una scheda per ciascun partito in
lizza, ma potendo poi votare un solo candidato tra quelli dei partiti concorrenti
5) Primaria non partisan: nella quale l'elettore esprime una referenza su un'unica scheda, sulla quale
compaiono tutti li aspiranti candidati, per tutti i partiti in lizza; se un candidato ottiene la maggioranza
assoluta dei voti espressi viene selezionato, viceversa si celebra un secondo turno fra i due candidati
che hanno ottenuto più voti (ballottaggio), indipendentemente dalla loro appartenenza partitica
Appartenenza
Tutti i partiti moderni dichiarano di possedere un’organizzazione associativa. I modi per acquisire
l’appartenenza, il ruolo dei membri, la dimensione dell’organizzazione, variano ampiamente tra partiti e
partiti. L’appartenenza può essere come nei partiti di massa, iscritti che han fatto richiesta. Questa
appartenenza diretta è accessoria a un’appartenenza indiretta acquisita come parte di un’ulteriore
appartenenza a un’organizzazione affiliata (sindacati). I diritti degli iscritti possono essere esercitati
dall’individuo o dai rappresentanti delle associazioni affiliate. L’appartenenza indiretta è sempre più in calo.
L’appartenenza è stata misurata in tre modi:
1. Conteggio degli iscritti;
2. Rapporto fra l’appartenenza partitica e l’ampiezza dell’elettorato, più facilmente comparabile in generale
attraverso lo spazio e il tempo;
3. Densità organizzativa tra gli iscritti e gli elettori di un partito.
In qualsiasi caso, l’adesione ai partiti è andata costantemente declinando.
Regolamentazione
Un numero crescente di paesi, ha introdotto legislazioni nazionali sui partiti. Le giustificazioni di leggi
speciali sui partiti si possono classificare in tre gruppi:
- Centralità dei partiti per la democrazia: giustificazione che ha anche permesso di assegnare ai partiti diritti
speciali rispetto a una qualsiasi associazione privata “ordinaria”.
- Potere dei partiti: poiché i partiti hanno una posizione centrale nel governo democratico, il pericolo che
può sorgere da essi, giustifica una sorveglianza e restrizioni speciali.
- Questione di convenienza o necessità amministrativa: diritto di indicare candidati sulla scheda elettorale e
del controllo sul nome o sui simboli di partito.
Le definizioni giuridiche sono procedurali e organizzative, distinguendo i partiti come organizzazioni che
hanno come fra i loro scopi fondamentali quello di partecipare alla vita pubblica, promuovendo uno o più
dei propri membri in qualità di candidati e sostenendo la loro elezione. Una volta che il partito è registrato,
acquisisce un certo numero di privilegi che includono contributi, nome che appare sulla scheda elettorale e
via dicendo.
Acquisire lo status ufficiale spesso assoggetta anche il partito a un certo numero di doveri come presentare
certificati di resoconti finanziari, procedure particolari di elezione del leader del partito e via dicendo.
Finanziamento
Importante coinvolgimento dello stato nella vita partitica è il finanziamento. Il finanziamento diventa
necessario per impedire ai partiti di ricevere finanziamenti da alcune fonti o usarlo per certi scopi. I partiti
vengono rimborsati per le spese sostenute e monitorati per queste.
Sovvenzioni pubbliche
Un crescente numero di paesi fornisce un sostegno economico ai partiti, erogando denaro o servizi. Per
esempio, vengono messi a disposizione staff ai partiti parlamentari, allocazione gratuita di spazi
pubblicitari, invio di materiale propagandistico per posta, uso di sale negli edifici pubblici. L’erogazione di
denaro resta, comunque una questione controversa, che solleva due domande: l’effetto primario delle
sovvenzioni statali è quello di consentire ai partiti di svolgere meglio le loro funzioni di formulazione delle
politiche, di integrazione dei cittadini nella sfera pubblica e di legame tra società e governo o quello di
promuovere la separazione tra partiti? Secondo, i sistemi di finanziamento pubblico, così come le norme
che limitano le contribuzioni liberali, servono a produrre maggiore equità e uguaglianza, oppure
privilegiano quei partiti che sono già dominanti?
CONCLUSIONE
I partiti restano centrali per il governo democratico. Sono i partiti che competono nelle elezioni e
identificano la maggior parte dei candidati. Sono i partiti che strutturano le coalizioni per adottare una
legislazione e sostenere i governi. L’appartenenza ai partiti sta declinando, obbligando i partiti a cercare
mezzi di sostegno altrove. La crescente ostilità verso i partiti, contribuisce al fenomeno in crescita dei
partiti anti-sistema. Cresce altresì la richiesta di nuove forme di democrazia. La sempre minore
partecipazione dei partiti ai processi di direzione delle politiche pubbliche, lasciate sempre più a tecnici,
alimenta la forza di chi contrasta questo sistema partitico. Il ruolo dei partiti come rappresentanti del
popolo o come collegamento tra popolo e stato, è stato messo in discussione anche dalla crescente varietà
di organizzazioni che competono con loro in quanto soggetti in grado di articolare interessi. I cittadini
possono scegliere di inserirsi in più gruppi e dialogare direttamente con coloro che sono al potere, anche
grazie allo sviluppo di nuove forme di comunicazione. Anche i partiti si stanno adattando, diventando
sempre più “cibernetici” (appoggio a strumenti informatici), anche se questo risulta attualmente poco
influente nei riguardi della rigida legge dell’oligarchia.
Frattura centro-periferia
Il conflitto scaturì quando nel XIX secolo gli stati-nazione si formarono, e il potere politico, le strutture
amministrative e i sistemi di tassazione furono centralizzati. Ciò portò allo sviluppo di linguaggi nazionali e
all’adozione di una religione nazionale. La maggior parte dei territori nazionali erano eterogenei,
caratterizzati dalla presenza di differenti etnie e linguaggi, e l’amministrazione era frammentata. Le élite
nazionaliste e liberali portarono a termine la formazione dello stato e la costruzione della nazione
fronteggiando le resistenze delle popolazioni subordinate dei territori periferici sotto due aspetti.
1. Amministrativo: le periferie vennero incorporate nel sistema burocratico e fiscale del nuovo stato, il che
comportava una perdita di autonomia per le regioni
2. Culturale: le identità religiose, etniche e linguistiche nelle regioni periferiche furono rimpiazzate dalla
lealtà al nuovo stato-nazione promossa attraverso la scolarizzazione obbligatoria, la coscrizione militare e
altri mezzi di socializzazione nazionale.
La resistenza alla centralizzazione amministrativa e alla standardizzazione culturale era – ed è in parte
tuttora – espressa da partiti regionalisti come il partito nazionalista scozzese, i vari partiti baschi e catalani
in Spagna, il Bloc Québéquois in Canada ecc. che si contrapponevano ai partiti nazionalisti/liberali.
Frattura stato-chiesa
Gli Stati nazione nel XIX secolo non erano solo centralizzati e omogenei, ma anche basati sul l'ideologia
interale e su istituzioni secolari, sull'individualismo e sulla democrazia. Le riforme liberali e l'abolizione degli
ordini sociali di appartenenza (clero, artis razzia, borghesia, contadini) caratteristici dei parlamenti moderni,
così come il voto individuale e le libere elezioni, misero fine si privilegi del clero e dell'aristocrazia.
Il nuovo stato liberale e secolare combatteva contro il ruolo consolidato della chiesa nel sistema educativa.
L'istruzione obbligatoria da parte dello stato veniva utilizzata per "forgiare" nuovi cittadini. Specialmente
nei paesi cattolici, ciò determinava forti conflitti, mentre nei paesi protestanti - dove le chiese erano
profanazione dello stato - la frattura si concentrava sui principi morali.
La chiesa fu anche espropriata di terre e proprietà immobiliari e, in Italia, perse il proprio potere temporale
e il suo stato (lo stato pontificio) quando l'Italia si unifico come nazione tra il 1860 e il 1870.
I conservatori auspicavano un ritorno al vecchio regime pre-democratico. In alcuni paesi, i cattolici presero
il posto dei conservatori, come il Belgio, Svizzera e Germania. In altri paesi, ai cattolici fu vietato la
partecipazione alla vita politica dello stato-nazione liberale tramite decreto papale. Infatti, fu solo dopo il
collasso della democrazia e il periodo fascista interbellico che la chiesa cattolica accetto pienamente la
democrazia.
Frattura città-campagna
La prima fattura i guardava il contrasto tra interessi rurali terrieri (agricoltura) e la classe in ascesa degli
imprenditori industriali e commerciali. Questa frattura ruotava intorno alle politiche commerciali: gli
agricoltori auspicavano barriere commerciali per la protezione dei prodotti agricoli (protezionismo), mentre
gli industriali prediligevano il libero mercato e la liberalizzazione degli scambi con basse tariffe
(liberalismo). Questa frattura fu rinforzata dalle differenze culturali tra campagna e centri urbani, dove ci
concentravano le industrie.
I settori deboli dell'economia tendono a essere protezionisti a causa della minaccia delle importazioni,
mentre i settori forti preferiscono l'apertura delle frontiere economiche in modo da favorire le esportazioni
(Rogowski 1989).
L'agricoltura era minacciata dal progresso tecnologico e dalla crescita della produttività. A difesa degli
interessi agrari - nel momento in cui la popolazione contadina ottenne il diritto di voto - trovo espressione
nei partiti agrari grandi o piccoli esistevano ovunque in Europa.
Il secondo dopoguerra vide sia il declino, sia la trasformazione, di questi partiti. Da un lato, nella maggior
parte dei paesi i partiti dei contadini scomparvero. Dall'altro lato, i grandi partiti agrari del Nord e dell'Est
Europa abbandonarono la piattaforma agraria e si trasformarono in partiti del centro.
La rivoluzione sovietica del 1917 produsse una frattura in seno al movimento dei lavoratori.
Frattura comunismo-socialismo
In seguito alla 1GM e alla rivoluzione russa che condusse alla nascita dell'Unione sovietica e al regime a
partito unico controllato dal partito comunista, in tutti i paesi si formarono partiti comunisti in seguito a
scissioni dai partiti socialisti. La questione principale fu il riconoscere o meno il ruolo-guida del partito
comunista sovietico all'interno del movimento rivoluzionario internazionale, oltre a differenze ideologiche,
nello specifico riguardo al fatto se una rivoluzione fosse necessaria per portare il proletariato al potere,
oppure se questo obbiettivo avrebbe potuto essere raggiunto tramite le elezioni.
Frattura materialismo-post-materialismo
Una frattura tra generazioni su una serie di valori socio-politici emerse negli anni 60 e 70 del XX secolo,
come conseguenza del prolungato periodo di pace internazionale, benessere economico e sicurezza
interna, cominciato a partire dalla fine della 2GM.
Le coorti più giovani svilupparono "valori post-materialisti" incentrati su tolleranza, uguaglianza,
partecipazione, libertà di espressione, rispetto per l'ambiente, commercio equo a livello internazionale,
pace e solidarietà verso il terzo mondo; in opposizione ai valori "materialisti" della generazione della
guerra, che ruotavano attorno ai temi della sicurezza nazionale, di "legge e ordine", del pieno impiego,
della protezione della proprietà privata ecc.
Questi nuovi valori si espressero in primo luogo in un certo numero di nuovi movimenti sociali: il
movimento per i diritti civili negli USA negli anni 50 del XX secolo, il pacifismo con la guerra del Vietnam
negli anni 70, il femminismo negli anni 70, che rivendicava la parta nel mercato del lavoro e nella famiglia, e
l'ambientalismo negli anni 80. Negli anni 90, i nuovi movimenti anti-globalizzazione si svilupparono contro
la globalizzazione dell'economia e l'americanizzazione della cultura.
Spazio
Non tutte le fratture esistono in tutti i paesi. C'è una varietà di costellazioni e, quindi, di sistemi di partito.
La frattura destra-sinistra esiste ovunque ed è una fonte di analogia, la frattura stato-chiesa si è sviluppata
soprattutto nei paesi cattolici in Europa e in America Latina. La frattura città-campagna era forte nella
regione con piccola proprietà terriera e unità indipendenti, dove i contadini non erano sotto il controllo dei
latifondisti. La frattura centro-periferia appare dove vi sono minoranze etnico-linguistiche.
Le costellazioni delle fratture che caratterizzano specificamente i singoli paesi sono quindi determinate da:
• Differenze nei fattori oggettivi, come strutture sociali diverse; molteplicità di gruppi etnici o religiosi,
struttura della proprietà terriera e relazioni di classe
• La misura in cui le divisioni socio-economiche e culturali sono state politicizzate dai partiti, cioè per
iniziativa delle élite.
• La relazione tra fratture: la loro esistenza e la loro forza può impedirne lo sviluppo di nuove
Ci sono costellazione omogenee, dove c'è un frattura predominante, ossia la frattura sinistra-destra (per ex.
negli USA), e costellazioni eterogenee, nelle quali varie fratture - economica, etnico-linguistica, religiosa,
territoriale - si sovrappongono o si intersecano l'un l'altra, come nelle democrazie plurali quali Belgio,
Canada, India, Paesi Bassi e Svizzera.
Tempo
Dagli anni 20 del XX secolo in avanti, i sistemi di partito sono rimasti straordinariamente stabili. Fino a oggi,
anche le denominazioni dei partiti non sono cambiate (liberale, socialista, conservatore), come una sorta di
impronta politica che si è cristallizzata. Lipset e Rokkan hanno formulato la cosiddetta ipotesi del
"congelamento".
I sistemi di partito odierni riflettono i conflitti originari dai quali presero forma, malgrado il declino della
politica delle fratture conseguente all'attenuazione delle divisioni sociali (Franklin 1992).
Negli anni 20 del XX secolo, la mobilitazione totale del mercato elettorale attraverso il suffragio universale e
la rappresentanza proporzionale causarono la sua saturazione. Gli elettori acquisirono identità politiche
forti, attraverso l'identificazione partigiana e processi di socializzazione che si dimostrano stabili nel corso
del tempo. Come in tutti i mercati, anche nel recato elettorale ci sono barriere all'entrata. Poco spazio e era
rimasto per nuovi partiti. I partiti esistenti erano così in grado di mantenere il proprio controllo sugli
elettorati di generazione in generazione.
Il numero e la forza degli attori possono essere osservati a due livelli: i voti che i partiti ottengono alle
elezioni e i seggi in parlamento. Una "variabile" che deve essere considerata è, perciò, il sistema elettorale
attraverso il quale i voti sono tradotti in seggi parlamentari.
Due tipi di sistemi partitici non sono considerati in questo paragrafo, perché non soddisfano le condizioni
democratiche che consentono la competizione:
- i sistemi a partito unico, nei quali un solo partito è legale: essi corrispondono alle esperienze totalitarie e
autoritarie del partito comunista nell'Unione sovietica e nella Cina odierna, del partito nazionalsocialista in
Germania negli anni 30 del XX secolo, oppure del partito baathista in Iraq al 1993 e in Siria
- I sistemi a partito egemonico, nei quali vi sono anche altri partiti legali, ma si tratta di partiti "satellite",
sotto lo stretto controllo del partito egemonico: per esempio i sistemi totalitari e autoritari che si erano
affermati in Egitto e in Tunisia sino alla primavera arabe, e in molti regimi comunisti prima del 1989, in
Europa centrale e orientale.
Sistemi bipartitici
Un sistema bipartitico è un sistema in cui due grandi partiti equamente bilanciati dominano il sistema
partitico e si alternano al potere. I due partiti hanno dimensioni comparabili e uguali possibilità di vincere le
elezioni. Anche un piccolo ammontare di voti cambia da un partito all'altro (oscillazione elettorale) può
portare a un cambio di maggioranza. L'alternativa al potere è perciò frequente. Si tratta di sistemi molto
competitivi. Dato che entrambi i partiti sono grandi, è probabile che il partito vincente riceva la
maggioranza assoluta dei seggi e formi governi mono partitici senza la necessità di partner.
I due partiti più grandi hanno dimensioni simili attorno al 35-45% dei voti ciascuno, che il sistema elettorale
"plurality" trasforma in maggioranza assoluta dei seggi per il partito maggiore. Un certo numero di altri
partiti più piccoli partecipa alle elezioni. Tuttavia, sono marginali poiché non necessari per formare un
governo.
Nei sistemi bipartitici, i governi mono partitici tendono al alternarsi da una legislatura all'altra. In larga
misura, questo è un effetto di sistemi elettorali plurality. Poiché la soglia nei sistemi first-past-the-post è
molto elevata, i due principali partiti propongono politiche e programmi che sono accettabili a un'ampia
parte della società. Il sistema plurality conduce alla moderazione ideologica e alla somiglianza dei
programmi. A sua volta, questa somiglianza rende più facile agli elettori cambiare da un partito all'altro
portando così all'alternanza.
Sistemi multipartitici
I sistemi multipartitici sono i sistemi di partito più frequenti - e anche quelli più complessi. In un sistema
multipartitico, il numero di partiti varia da 3 a più di 10.
Nessuno dei partiti in un sistema multipartitico è maggioritario (ottiene più del 50% di voti o seggi). Inoltre,
i partiti che compongono un sistema multipartitico sono di dimensioni differenti: alcuni sono grandi (per ex.
il 30% dei voti), alcuni piccoli (meno del 5%).
Poiché nei sistemi multipartitici nessun partito singolarmente ha una maggioranza assoluta, i partiti devono
formare colazioni per sostenere un governo.
Nei sistemi parlamentari, il voto di fiducia richiede una maggioranza assoluta superiore al 50% dei seggi. I
partiti corrono da soli alle elezioni (contrariamente ai sistemi bipolari) e le coalizioni governative sono
negoziate una volta che i risultati elettorali sono stati resi noti.
Diversamente dal sistema plurality con collegi uninominali, i sistemi proporzionali non impediscono ai
piccoli partiti di rivolgersi a ristretti segmenti dell'elettorato, talvolta attraverso ideologie e programmi
estremi.
Perciò i sistemi appropriazione lì non conducono alla moderazione ideologica, il che a sua volta, rende più
difficile agli elettori il passaggio da un partito all'altro e determinare un cambiamento di governo. Inoltre m
il sistema proporzionale non produce un effetto "amplificazione" delle oscillazioni elettorali come fa il
plurality. Di conseguenza il cambio di governo ha luogo raramente per via elettorale ma piuttosto con il
cambiamento dei partner di coalizione.
Mentre si ritiene che i sistemi multipartitici rappresentino meglio il pluralismo in paesi con fratture
religiose, territoriali ed etnico-linguistiche, i loro aspetti aspetti negativi si sono palesati fin dalla 2GM. I
sistemi multipartitici sono stati ritenuti responsabili di instabilità, frequenti crisi si coalizione, e scarsa
rispondenza nei confronti dei cittadini, con nessun singolo partito chi amaramente responsabile del proprio
operato. I sistemi proporzionali e multipartitici sono anche ritenuti causa di mancanza di moderazione
ideologica per le stesse ragioni per cui sono particolarmente adatti a garantire un'ampia rappresentanza
(Powell 2000).
Gli studi sulle democrazie consensuali hanno mostrato che i sistemi multipartitici sono stabili, funzionanti e
pacifici. Nelle società plurali, sistema proporzionale e sistemi multipartitici sono una strada percorribile per
coinvolgere e minoranze nei processi decisionali e per raggiungere il consenso.
Il modo in cui i sistemi multipartitici funzionano dipende aria mente dal grado in cui i partiti sono polarizzati
da un punto di vista ideologico. Sartori (1976) ha distinto due principali tipi di sistemi multipartitici.
Esempi di sistemi multipartitici polarizzati sono la repubblica di Weimar in Germania dal 1919 al 1933, e
l'Italia tra il 1946 e il 1992.
Sistemi bipolari
I sistemi di partito bipolare combinano elementi sia dei sistemi multipartitici sia dei sistemi bipartitici.
Come nei sistemi multipartitici, vi sono molti partiti, nessuno dei quali ha la maggioranza. E anche in questo
caso i governi di coalizione sono la regola. Tuttavia le coalizioni, piuttosto che i singoli partiti, sono i
giocatori chiave. Queste si formano prima delle elezioni e competono come alleanze elettorali. Rimangono
stabili nel corso del tempo. Solitamente vi sono due partiti di dimensioni simili che si alternano al potere.
Perciò la competizione assomiglia a quella dei sistemi bipartitici.
Il numero di partiti
Il numero dei partiti è importante. Vi sono due modi di contare i partiti:
2) Qualitativo, tramite regole basate sul ruolo dei partiti nel sistema
Regole numeriche
Gli indici più utilizzati sono l'indice di frazionalizzazione di Rae (1971) e il numero effettivo dei partiti
(Laasko e Taagepera 1979).
L'indice di frazionalizzazione (F) varia da zero (piena concentrazione dei seggi o voti in un unico partito) a
uno (frammentazione totale con ciascun seggio o voto che va a un partito differente). In numero effettivo
dei partiti (E) indica il numero di partiti in un sistema e non ha un limite superiore.
Regole quantitative
In molti casi non è appropriato ossiderete solo criteri numerici per decidere se un partito sia o meno
rilevante. Spesso i piccoli partiti, che sarebbero considerati poco importanti in base a regole quantitative,
hanno notevole importanza per le coalizioni, influenzando decisioni importanti. In molti casi i piccoli partiti
sono molto più rilevanti di quanto la loro semplice dimensione suggerirebbe. Sartori (1976) ha sviluppato
due criteri per decidere quali partiti realmente "contino" e dovrebbero pertanto essere "contati".
1. Potenziale di coalizione: un piccolo partito è irrilevante se lungo un certo periodo di tempo non è
necessario per nessun tipo di governo di coalizione. Al contrario un partito deve essere tenuto di conto se,
a prescindere dalla sua dimensione, è pivotale e determina de una coalizione si formerà o meno, e quale.
2. Potenziale di ricatto: un piccolo partito deve essere considerato rilevante quando è in grado di esercitare
pressione sulle decisioni governative attraverso minacce e veti.
I sistemi elettorali sono meccanismi per la traduzione delle preferenze in voti, e dei voti in seggi
parlamentari.
Ci sono due principali "famiglie" di sistemi elettorali:
1. Sistemi maggioritari in collegi uninominali
2. Sistemi proporzionali in circoscrizioni plurinominali
La prima e più nota formulazione della relazione causale esistente tra sistema elettorale e sistema di
partito è quella delle leggi di Duverger, tratte da "Les Partis Politiques" (1951).
Questa relazione causale tra sistemi elettorali e partitici è dovuta a due diversi tipi di effetti.
Gli effetti meccanici si riferiscono alla formula usata per tradurre i voti in seggi.
Nei collegi uninominali vincere l'unico seggio in palio è difficile. Solamente il partito con il maggior numero
di voti ottiene il solo seggio in palio. Il secondo, terzo, quarto partito e così via, non ottengono alcun seggio
(first-past-the-post). La soglia è alta e tutti i partiti, tranne il primo, sono eliminati.
Con il sistema proporzionale, al contrario, in ciascuna circoscrizione plurinominale un certo numero di seggi
è allocato in proporzione ai voti. Il numero complessivo dei partiti che entrano in parlamento è elevato.
Gli effetti psicologici si riferiscono al comportamento di elettori e partiti.
1. dal lato della domanda (elettori), nei sistemi elettorali in cui solo i partiti maggiori hanno una possibilità
di vincere dei seggi, gli elettori tendono a votare strategicamente (scegliendo non necessariamente il loro
primo partito in ordine di preferenza), per evitare di disperdere voti su piccoli partiti senza speranze di
ottenere seggi. Far convergere i voti sui grandi partiti riduce il loro numero complessivo. Al contrario, con i
sistemi proporzionali, nei quali anche i piccoli partiti possono vincere seggi, gli elettori votano sinceramente
(esprimendo la loro preferenza) poiché il loro voto non è sprecato. Ciò incrementa il voto per i piccoli
partiti e, quindi, il loro numero complessivo.
2. Dal lato dell'offerta (partiti), con il plurality i piccoli partiti hanno un incentivo a fondersi per accrescere
le loro possibilità di superare la soglia, riducendo così il numero dei partiti. Al contrario, con i sistemi
proporzionali i partiti non hanno incentivi a fondersi: possono sopravvivere da soli e i piccoli partiti
cespuglio non sono penalizzati. Ciò incrementa il numero complessivo dei partiti.
Rae (1971), Riker (1982) e Sartori (1986) hanno messo in discussione queste leggi, chiedendosi se l'effetto
riduttivo di sistemi elettorali maggioritari operi a livello di circoscrizione o a livello nazionale.
A livello di circoscrizione, la soglia elevata riduce il numero dei partiti.
La questione è: in quali condizioni l'effetto riduttivo del first-past-the-post a livello di circoscrizione si
riverbera anche sul numero di partiti a livello nazionale? La risposta è: i sistemi elettorali maggioritari
producono sistemi bipartitici a livello nazionale solo se i partiti sono "strutturati sul piano nazionale", ossia
ricevono un sostegno omogeneo in tutte le circoscrizioni (Cox). Se vi sono partiti con un consenso
territorialmente concentrato, ciò porta alla frammentazione del sistema partitico nazionale.
Con il plurality, un partito che è piccolo a livello nazionale può essere forte in specifiche regioni e così
vincere seggi e creare frammentazione nel parlamento nazionale. Se molti partiti sono territorialmente
concentrarti, la frammentazione nazionale è maggiore.
Dove vi sono i sistemi plurality si è avuta una riduzione del numero dei partiti. I sistemi plurality distorcono
i voti dei partiti quando li traducono in seggi poiché:
1. Sovvrapresentano i grandi partiti (la quota di seggi per i grandi partiti è superiore alla loro quota di voti
2. Sotto presentano i piccoli partiti
Il livello empirico di (dis)proporzionalità tra voti e seggi si può misurare usando l'indice di disproporzionalita
dei quadrati più piccoli o LSq
LSq:
I sistemi proporzionali hanno a loro volta un effetto riduttivo sul numero dei partiti se l'ampiezza delle
circoscrizioni è ridotta. L'ampiezza di riferisce al numero di seggi allocati in una determinata circoscrizione.
Tanto maggiore è l'ampiezza, quanto più elevata sarà la proporzionalità tra voti e seggi. Se l'ampiezza è
ridotta, i pochi seggi in palio vanno a pochi partiti di dimensioni maggiori.
L'analogia di mercato
Una teoria economica della democrazia di Anthony Downs (1957), in questo modello gli attori (partiti ed
elettori) sono razionali.
I partiti determinano le loro strategie formulando delle piattaforme con l'obbiettivo di massimizzare i voti
ed essere eletti o rieletti al governo. I partiti agiscono in base ai propri interessi per conquistare delle
cariche pubbliche. Come le imprese nel mercato economico, sono interessati a fare profitti (monetari nel
mercato economico, di voti in quello elettorale). Per massimizzare i voti i partiti offrono programmi.
Gli elettori, come i consumatori, hanno di fronte alternative che mettono in ordine dalla più alla meno
preferita per poi scegliere l'alternativa che si piazza più in alto di tutte. Gli elettori compiono una scelta
razionale votando per partiti i cui programmi sono più vicini alle loro preferenze di policy, perché
corrispondono ai loro interessi o ai loro allori e orientamenti morali. Gli elettori votano sulla base della
prossimità tra le proprie preferenze e le posizioni dei partiti; per far ciò essi devono sapere quali sono le
proposte alternative provenienti da partiti differenti, cioè devono essere informati riguardo alle loro
possibili scelte.
Da un lato i cittadini razionali votano sulla base di un calcolo auto interessato come i consumatori che
confrontano i benefici derivanti da diversi "pacchetti di prodotti". Dall'altro lato, i partiti sono come
imprese che competono per i consumatori. Essi stabiliscono ciò che "piace" alla gente così da poter
vendere di più. Seguendo una logica di offerta e domanda, i partiti offrono politiche che gli elettori possono
scegliere di "comprare" o meno. Una volta eletti, i partiti cercano la rielezione attraverso politiche capaci di
attrarre larghi segmenti dell'elettorato.
L'obbiettivo dei partiti è di massimizzare l'utilità in termini di voti; l'obbiettivo degli elettori e di
massimizzare l'utilità attraverso politiche che vadano incontro ai loro interessi e valori.
L'analogia spaziale
Il secondo elemento che Downs "importo" dai modelli economici della competizione è quello della
rappresentazione spaziale. In particolare, Downs adatto i modelli della dinamica competitiva tra imprese,
per cui le imprese collocano le proprie sedi basandosi sulla distribuzione fisica della popolazione.
Modello di Hotteling (1929) → ottimizzare il proprio posizionamento
Un elemento aggiuntivo introdotto da Smithies (1941) riguarda l'elasticità della domanda.
In questi modelli, ci sono perciò due elementi dinamici:
1. Il movimento causati dalla ricerca del posizionamento ottimale e
2. La scomparsa di nuovi concorrenti in spazi lasciati scoperti
L'equilibrio è raggiunto quando nessun concorrente ha interesse a cambiare la propria ospizio e lungo
l'asse della competizione.
Il modello di Downs
Attraverso L'analogia spaziale tra spazio fisico e ideologico, Downs importa queste analisi negli studi sulle
dinamiche dei sistemi di partito. La maggior parte degli elementi è mantenuta:
(2) il principio secondo cui i costi sono ridotti scegliendo l'opzione più vicina (prossimità)
(3) La ricerca da parte dei concorrenti della migliore ubicazione attraverso una convergenza il centro.
Downs rappresento lo spazio ideologico attraverso una scala da 0 a 100 che andava da sx verso dx.
Sia Hotteling sia Smithies avevano precedentemente applicato modelli spaziali alla politica attraverso
analogie con lo spazio ideologico e furono in grado di predire che i partiti tendono a convergere l'uno verso
l'altro nello sforzo di conquistare gli elettori a metà strada, presentando per questo motivo programmi e
politiche sempre più simili. Downs aggiunge un elemento cruciale a questi modelli: la distribuzione variabile
degli elettori lungo il continuum sx-dx.
Gli elettori non sono distribuiti regolarmente lungo la scala, ma si concentrano in particolari posizioni
ideologiche, ossia attorno al centro.
Tipo B:
Distribuzione bi modale. Questo è un caso di polarizzazione ideologica all'interno di un sistema politico.
Perciò, la distribuzione dell'elettorato determina la direzione della competizione (centrifuga o centripeta)
Il terzo elemento della dinamica dei sistemi di partito è quello per cui al centro dell'asse sx-dx gli elettori
sono più flessibili che alle estremità, dove essi sono fortemente incapsulati in ideologie e/o organizzazioni
di partito rigide. Gli elettori "disponibili", collocati al centro, sono meno ideologizzati e hanno identificazioni
partitiche più deboli. Questi elettori sono pronti s cambiare le proprie opinioni e, perciò sono molto
appetibili per i partiti che cercano di "sedurli".
Sistemi elettorali
Le principali categorie dei sistemi elettorali
Vi sono molti modi in cui classificare i sistemi elettorali, il più immediato dei quali si riferisce all’ampiezza
delle circoscrizioni in cui i seggi sono allocati (una circoscrizione è l’area geografica nella quale il paese è
diviso per finalità elettorali).
Possiamo iniziare con la distinzione fra sistemi basati su circoscrizioni plurinominali, nelle quali i seggi sono
suddivisi fra partiti in proporzione alle loro quote di voto, e quelli basati su collegi uninominali, nelle quali il
partito più forte in ogni collegio vince il seggio i primi sono spesso denominati sistemi a rappresentanza
proporzionale, mentre i secondi sono denominati sistemi maggioritari.
Sistema maggioritario uninominale
Il sistema più semplice di tutti è il maggioritario uninominale, o plurality, conosciuto come first-past-the-
post (perché chi ottiene più voti vince il collegio). Qui gli elettori semplicemente tracciano un segno di
fianco al candidato scelto e il seggio è poi assegnato al candidato che riceve il maggior numero di voti (ossia
una maggioranza relativa, o plurality). Questo sistema è usato in alcune delle più grandi democrazie del
mondo come l’India, gli USA, UK e il Canada
Voto alternativo
Gli elettori hanno la possibilità di ordinare i candidati. Il processo di conteggio è un po’ più complicato.
Se i voti di un candidato ammontano a una maggioranza di tutti voti espressi, quel candidato si considera
eletto. In caso contrario, il candidato in ultima posizione è eliminato dal conteggio e le sue schede sono
redistribuite secondo la preferenza espressa su di esse. Il processo di conteggio continua, con successive
eliminazioni del candidato meno votato e con il trasferimento dei suoi voti ai candidati rimanenti, finché un
candidato raggiunge una maggioranza assoluta dei voti.
Di conseguenza il voto alternativo è considerato un sistema maggioritario, dato che al suo vincitore è
richiesta una maggioranza assoluta dei voti nell’ultima fase, mentre sotto il maggioritario uninominale è
sufficiente una maggioranza relativa.
Il sistema del voto alternativo è utilizzato in Australia ma assai meno frequente altrove.
Rappresentanza proporzionale
La rappresentanza popolare ha l’obiettivo di allocare a ciascun partito la stessa quota di seggi che ha
conquistato a livello di voti. Il modo più semplice per ottenere ciò sarebbe quello di trattare l’intero paese
come un’unica grande circoscrizione. Ciò garantisce un livello elevato di proporzionalità, termine con cui
intendiamo la precisione con la quale la distribuzione dei seggi in parlamento riflette la distribuzione dei
voti.
Più comunemente, il paese è diviso in un numero di circoscrizioni più piccole, ciascuna delle quali elegge in
media 5,10, oppure 20 membri del parlamento. I seggi sono, quindi, attribuiti proporzionalmente
all’interno di ciascuna circoscrizione, ma non può essere garantito che il livello complessivo di
proporzionalità sarà così alto come quando vi è una sola circoscrizione nazionale.
Ci sono metodi differenti per attribuire i seggi proporzionalmente all’interno di ciascuna circoscrizione.
Ci sono sistemi di lista perché ciascun partito presenta una lista di candidati agli elettori, e sistemi misti. In
questo caso, tipicamente l’elettore esprime due voti: uno per un membro del parlamento nella
circoscrizione locale e uno per una lista di partito.
L’allocazione dei seggi di lista varia a seconda che la componente circoscrizionale e quella di lista delle
elezioni siano integrate o separate .
Nel primo caso, il sistema è noto come un sistema misto compensativo.
Se la parte di lista e la parte circoscrizionale dell’elezione sono separate si avrà un sistema misto parallelo.
Scelta infra-partitica
Quanto è ampia la scelta infra-partitica tra i candidati garantita dal sistema elettorale?
Nei sistemi uninominali non c’è scelta infra-partitica per la semplice ragione che nessun partito schiera più
di un candidato.
Con i sistemi a rappresentanza proporzionale, il grado di scelta varia.
Alcuni sistemi di lista non offrono scelta infra-partitica; questi sono basati su quelle che sono denominate
liste chiuse, dove il partito determina l’ordine dei suoi candidati sulla lista e gli elettori non possono
modificarlo. In un tale sistema, se il partito vince, per esempio, 5 seggi in una circoscrizione, quei seggi
vanno ai primi cinque nomi sulla sua lista, come deciso dal partito, qualsiasi cosa gli elettori pensino di
quegli individui. (Spagna, Israele, Sudafrica)
Tuttavia, altri sistemi di lista impiegano liste preferenziali o aperte, nelle quali gli elettori possono indicare
una preferenza per un singolo candidato sulla lista di partito scelta. In alcuni casi, solo i voti di preferenza
degli elettori determinano quali candidati vincono i seggi.
Soglie di sbarramento
Di solito, i sistemi elettorali includono alcune caratteristiche progettate per prevenire che partiti molto
piccolo vincano dei seggi; questo può essere giustificato per prevenire una frammentazione eccessiva delle
forze parlamentari e facilitare la formazione di governi stabili.
REFERENDUM
Oggi il governo è un governo rappresentativo, cioè significa che la grande maggioranza delle decisioni
politiche viene presa da funzionari eletti piuttosto che dal popolo stesso. Alcuni paesi impiegano il
dispositivo del referendum, nel quale i cittadini vengono chiamati a votare su alcune questioni.
Questo non equivale alla “democrazia diretta”, si tratta semplicemente della questione se il sistema di
governo rappresentativo di base di un dato paese includa o meno disposizioni per il referendum visto come
un’istituzione entro la cornice della democrazia rappresentativa.
Tipi di referendum
Un referendum (Butler e Ranney) si ha quando “un elettorato di massa vota su una qualche questione
pubblica”. La tipologia completa di Uleri prevede diverse dimensioni, noi ne identificheremo tre delle più
importanti.
2) Il referendum può avere luogo su richiesta o di un numero di elettori, nel qual caso lo denominiamo
iniziativa popolare, oppure su richiesta di un’istituzione politica.
3) Vi è una distinzione fra i referendum che promuovono la decisione e quelli che controllano la decisione. I
primi sono rari e sono i cosiddetti referendum plebiscitari, dove un capo autoritario avanza una proposta e
quindi indice un voto popolare per appoggiarla. Invece, i referendum che controllano la decisione, dove un
attore che si oppone a una certa proposta può chiamare in causa la popolazione come potenziale attore
con potere di veto, sono più comuni.
Qui possiamo distinguere tra iniziative o referendum abrogativi (che mirano a colpire una legge esistente o
una disposizione costituzionale) e iniziative o referendum di interdizione (che mirano a impedire che una
certa proposta diventi legge o entri nella costituzione).
Argomentazioni procedurali
Le due principali argomentazioni procedurali sono, primo, che certe politiche possano essere pienamente
legittimate solo tramite referendum e, secondo, che la partecipazione in un referendum sia buona in sé e,
inoltre, istruisca gli elettori sulle questioni.
1) L’argomento della legittimazione poggia sul fatto che nelle elezioni gli elettori individuali sono influenzati
da molti fattori quando esprimono il loro voto. Semplicemente perché un partito include una particolare
policy nel suo manifesto, non si può concludere che chiunque voti per un candidato di quel partito
necessariamente voglia vedere implementata quella policy. Essa potrebbe non aver influenzato per nulla il
voto degli elettori, oppure essi potrebbero aver votato per il partito malgrado questa particolare policy. Di
conseguenza gli oppositori di una policy potrebbero rivendicare, quando il governo tenta di implementarla,
che il governo non ne ha un esplicito mandato. Quindi, si sostiene che si può essere sicuri che il popolo sia
in favore di una certa politica se esso l’ha avallata in un referendum. Mentre nessuno, tranne qualche
fanatico del referendum, suggerirebbe che questo tipo di processo di ratifica sia necessario per ogni atto
legislativo o decisione governativa.
L'argomento ha una forza speciale nel caso di scelte fondamentali che una società affronta: se unirsi ad un
organismo transnazionale come l'unione europea, se separarsi da uno stato esistente e diventare
indipendenti o se operare un cambiamento significativo al regime politico-istituzionale. In questi casi molti
elettori possono segnalare che le élite non hanno il diritto di compiere tali decisioni per conto loro.
L'argomento zone a favore di un referendum è anche più forte se si tratta di una proposto sta che non era
stata oggetto specifico di dibattito nelle precedenti elezioni o che, se implementata, sarebbe più o meno
irreversibile.
2) Il secondo argomento procedurale è quello che l’opportunità di votare nei referendum incrementa la
partecipazione politica ed è, quindi di per sé, una buona cosa. L’uso del referendum potrebbe servire a
ridurre i sentimenti di disaffezione dal processo politico, coinvolgendo i cittadini direttamente nel processo
decisionale.
1) Nella maggior parte dei paesi l’accesso al referendum è altamente ristretto. È l’organo legislativo che
decide se, e su quale/i proposta/e, un voto debba aver luogo, pertanto esercita in primo luogo un potere di
veto effettivo sui temi che entrano nell’agenda referendaria.
2) Nei paesi che prevedono l’iniziativa popolare, è frequentemente accordato un ruolo di veto a un
organismo giudiziario come una corte costituzionale
3) Negli stati federali, una “doppia maggioranza” è un requisito comune: una proposta necessità del
sostengo di una maggioranza degli elettori e anche di una maggioranza entro almeno metà delle unità
federali.
Gli argomenti legati agli esiti, tendono perlopiù a mettere in discussione l’istituto del referendum, ma per la
maggior parte non sono convincenti. Gli argomenti procedurali sono in genere citati soprattutto dai
difensori del referendum, ma anche qui c’è ampio spazio per il dibattito. Questo aiuta a spiegare perché vi
sia una tale varietà nel mondo riguardo all’uso del referendum.
Modelli empirici
L’uso del referendum è diffuso, benché diseguale. Le disposizioni legali e costituzionali sono incrementate
negli ultimi tre decenni del XX secolo e ci sono prove che la frequenza dei referendum stia aumentando nel
tempo. La variazione nella frequenza dei referendum è impressionante. (vedi tabella 8.1 pag. 281).
Alcune democrazie consolidate non hanno tenuto alcun referendum nazionale (India, Giappone, USA)
oppure pochissimi (Olanda, Spagna, UK). In altri (Australia, Francia, Irlanda) il referendum si è affermato
come strumento tramite il quale il paese prende decisioni su questioni fondamentali.
In altri ancora, un’ampia e disparata gamma di questioni sono state sottoposte al voto pubblico (Svizzera,
Italia).
Spiegare le variazioni non è semplice: su scala mondiale, i paesi più grandi fanno poco uso dei referendum,
ma in Europa (Francia, Italia) fanno ricorso ad essi con regolarità. Alcuni paesi federali rifuggono i
referendum, mentre altri (Australia, Svizzera) li accolgono.
Altrove, la democrazia è fondamentalmente di natura rappresentativa e il referendum è una sorta di “extra
opzionale”. In Svizzera, al contrario, il referendum è profondamente intrecciato nel tessuto della
democrazia.
In modo più caratteristico, voti referendari riguardano questioni legate alla sovranità come l’indipendenza,
la secessione, oppure una maggiore integrazione in seno all’Unione Europea. Il fondamento logico è che
queste sono questioni non di parte che trascendono la battaglia politica quotidiana tra i partiti e che i
partiti non hanno il diritto di decidere per conto del popolo.
I SISTEMI ELETTORALI
Il sistema elettorale è un insieme di norme che regolano la competizione elettorale tra candidati e partiti e
la traduzione dei voti in seggi.
Le peculiarità di un sistema elettorale sono molte, ma i due principali aspetti che lo caratterizzano sono: l’
ampiezza dei collegi e la formula elettorale .
- AMPIEZZA DEI COLLEGI: chiamate anche magnitudo e indicata con M, essa fa riferimento al numero di
seggi disponibili in ogni unità territoriale in cui è divisa l’area coinvolta dall’elezione. I collegi possono
eleggere da uno a N rappresentanti. I collegi in cui viene eletto un solo rappresentante sono detti
uninominali, da due in poi sono invece detti plurinominali .
- FORMULA ELETTORALE: è il meccanismo matematico di traduzione dei voti in seggi. Sulla base di essa
possiamo distinguere i sistemi elettorali in maggioritari, misti e proporzionali.
I SISTEMI MAGGIORITARI
Assegnano la vittoria ai candidati o ai partiti che ottengono il maggior numero di voti. Si classificano in
majority (a maggioranza assoluta) e plurality (a maggioranza relativa).
PLURALITY (first-past-the-post)
Gli elettori possono votare per un solo candidato all’interno di un collegio uninominale. Il candidato che
ottiene la maggioranza dei voti, vince. Questo sistema, il cui nome completo è "maggioritario uninominale
a turno unico" è utilizzato in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in altri Paesi anglosassoni.
Un esempio sono le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, in cui gli elettori hanno a disposizione un solo
voto e in ogni Stato vince il candidato che ottiene la maggioranza relativa dei voti. In ogni Stato quindi, chi
vince ottiene tutti i grandi elettori di quello Stato (cioè il numero di deputati più due senatori). A livello
federale, vince chi ottiene la maggioranza assoluta dei grandi elettori.
MAJORITY
Per vincere il seggio è necessario ottenere la maggioranza assoluta. Essendo difficile che ciò accada, il
majority si configura in due diversi modi:
esempio di questo sistema è la Francia, in cui i candidati accedono al secondo turno solo se hanno ottenuto
un numero di voti pari o superiore al 12.5% degli aventi diritto al voto (NON dei votanti effettivi!). Questo
vale per quanto riguarda le elezioni dell’Assemblea Nazionale, mentre per le presidenziali il secondo turno
è chiuso e si tratta quindi di un ballottaggio.
I SISTEMI PROPORZIONALI
Utilizzano formule proporzionali e si basano su collegi plurinominali. Differiscono tra loro per il grado di
proporzionalità che ne risulta, influenzato prevalentemente da due fattori:
- dimensione dei collegi e soglie elettorali (i generale e a parità di altri fattori, tanto più è ampio un collegio
e tanto più è bassa la soglia elettorale, tanto più è proporzionale il sistema.
- formula adottata per allocare i seggi.
DI LISTA
Ogni partito presenta una lista* di candidati in ciascun collegio plurinominale e ottiene un numero di seggi
in proporzione alla percentuale complessiva di voti che ha ricevuto. Tuttavia, in base ai criteri con cui
avviene questa “traduzione” dei voti in seggi, possiamo distinguere tra sistemi che utilizzano:
• QUOTE:la quota (o quoziente) indica il numero di voti necessario per ottenere un seggio in un
determinato collegio. La quota viene calcolata dividendo il numero di voti espressi in ciascun collegio per:
a) numero di rappresentanti da eleggere (quoziente Hare)
b) numero di rappresentanti da eleggere più uno (quoziente Droop)
c) numero di rappresentanti da eleggere più due (quoziente Imperiali)
d) numero di rappresentanti da eleggere più tre (quoziente Imperiali rafforzata)
[da a a d sono in ordine di proporzionalità:Hare è più proporzionale di Droop, che è più proporzionale di
Imperiali, che lo è più di Imperiali rafforzata]
Una volta calcolata la quota con uno dei quattro metodi, si divide il numero di voti di ciascun partito per
quella quota e il numero ottenuto rappresenta i seggi che spettano al partito.
• DIVISORI:il numero dei voti ottenuti da ciascun partito in ciascun collegio viene diviso per una serie di
numeri (divisori appunto) al fine di ottenere dei quozienti e i seggi sono assegnati ai partiti che ottengono
quozienti più elevati. I sistemi dei divisori sono meno proporzionali dei sistemi che utilizzano quote, ma
hanno il vantaggio di non generare resti e quindi di non dare vita al problema della ridistribuzione dei seggi
(che sarà oggetto del secondo parziale ma non del primo).
Un esempio di questo sistema è la Spagna, in cui i 350 seggi sono suddivisi in 52 circoscrizioni, piuttosto
piccolo (da 1 a 30 seggi, con una media di 7). La quota è calcolata con il sistema d’Hont e le liste sono
bloccate. La sogli è del 3% a livello di circoscrizione. Non vi è recupero dei resti.
I SISTEMI MISTI
Gli elettori eleggono i loro rappresentanti attraverso due sistemi diversi, uno maggioritario e uno
proporzionale.
Spesso i due sistemi differiscono in base al livello elettorale (cioè ad esempio a livello nazionale si usa un
sistema maggioritario o proporzionale e a livello regionale l’altro, oppure a livello di collegi uno e a livello
regionale o nazionale l’altro).
I sistemi misti possono essere di due tipi:
- INDIPENDENTE: l’applicazione di una formula elettorale non dipende dal risultato prodotto dall’altra.
- DIPENDENTE: l’applicazione della formula proporzionale dipende dalla distribuzione dei seggi o dei voti
prodotta dalla formula maggioritaria (perciò la componente proporzionale va a compensare la
sproporzionalità prodotta dalla formula maggioritario).
Un esempio di sistema misto dipendente è quello tedesco. Ogni elettore ha a disposizione due voti: uno per
il candidato nella parte maggioritaria, l’altro per il partito nella parte proporzionale. Tutti i partiti che
abbiano raggiunto almeno il 5% dei voti (assegnati con sistema proporzionale) o che abbiano vinto almeno
in tre collegi uninominali, sono ammessi al riparto proporzionale. La metà dei seggi sono assegnati in collegi
uninominali, l’altra metà in collegi plurinominali a livello di Länder (corrispondenti alle nostre Regioni). Una
volta stabilito a quanti seggi abbia diritto ciascun partito a seconda del risultato della parte proporzionale,
tali seggi vengono occupati prima dai vincitori dei collegi uninominali di quel partito e successivamente (se
ne restano di vacanti) dai candidati della parte proporzionale secondo l’ordine di lista fino al numero di
seggi che spettano al partito in quel Länder.
Rappresentanza
I legislatori sono chiamati a farsi portavoce dei propri elettori, assicurando che le opinioni, le prospettive e i
valori dei cittadini siano presenti nel processo di policy-making. Tuttavia, ci sono interpretazioni differenti a
seconda che siano concepiti come delegati o fiduciari. Se visti come delegati, i membri di un organo
legislativo sono tenuti a comportarsi come agenti dei loro elettori in maniera strettamente meccanica,
trasmettendo messaggi e iniziative da essi al governo centrale senza metterli in discussione. Se visti come
fiduciari, ci si aspetta che essi agiscano come un interprete più attivo degli interessi dei loro elettori e che
tengano conto dei bisogni di un paese nel suo complesso, così come del loro proprio giudizio morale e
intellettuale, quando agiscono all’interno della sfera pubblica, specialmente nel rispetto alle policy.
Dibattimento
Il carattere plurale degli organi legislativi li rende in grado di fungere anche da forum pubblici di
discussione, in cui diverse opinioni e punti di vista opposti possono confrontarsi. In aggiunta, promuovendo
il dibattito e la discussione, gli organi legislativi possono fungere da importanti strumenti di compromesso
fra gruppi di interessi opposti all’interno della società. Persino quando i compromessi non sono raggiunti,
l’opportunità per i gruppi di minoranza o di opposizione di esprimere apertamente e pubblicamente i propri
punti di vista all’interno dell’organo legislativo può servire a limitare il conflitto all’interno della sfera
politica, evitando gli effetti molto più dannosi del sommovimento e dell’instabilità sociali.
Legittimazione
Infine, l’abilità di un organo legislativo di creare un collegamento fra i cittadini e governo garantendo
un’adeguata rappresentanza delle minoranze e promuovendo il dibattito pubblico, determinerà la sua
legittimità istituzionale. La capacità di mobilitare il sostegno pubblico al governo nel suo insieme è un
importante aspetto della performance di un organo legislativo.
1. Nei sistemi a separazione dei poteri (presidenziali) le funzioni di controllo degli organi legislativi del
“congresso” sono molto limitate rispetto a quelle dei sistemi a fusione di potere (parlamentari). Nei primi,
l’agenda di policy dell’esecutivo non è soggetta a controllo da parte del legislativo, e l’esecutivo non può
essere rimosso da una maggioranza del parlamento che disapprovi le sue politiche (capacità ristretta a casi
di attività illegale e/o incapacità fisica o mentale).
2. Nei sistemi a fusione dei poteri (parlamentari) gli organi legislativi del tipo “parlamento” sono
esplicitamente incaricati del controllo sulle politiche dell’esecutivo. Gli esecutivi sono responsabili verso il
legislativo per la loro agenda di policy e possono essere rimossi dalla carica da una maggioranza
parlamentare. La rimozione del governo è compiuta tramite una mozione di censura o un voto di fiducia. La
rimozione dell’esecutivo in carica non si traduce in una crisi in un’instabilità sistematica.
La differenza significativa tra questi due sistemi: nei sistemi a separazione dei poteri, gli elettori scelgono il
loro organo legislativo e il loro esecutivo indipendentemente uno dall’altro; nei sistemi a fusione dei poteri,
gli elettori votano solo per il ramo legislativo. La scelta dell’esecutivo ha luogo indirettamente attraverso
l’organo legislativo. Tale differenza è rilevante per due ragioni:
1. L’elezione indipendente dell’esecutivo e del legislativo rende più probabile che vi siano
differenze nelle loro rispettive ideologie o identità di parte (es. USA, presidente di un partito e
maggioranza congressuale di un altro).
Nei sistemi a fusioni dei poteri è invece impossibile per la maggioranza in parlamento e per
l’esecutivo provenire da partiti/coalizioni completamente distinti o opposti. Tutti i governi
devono infatti avere il sostegno implicito o esplicito di una maggioranza del parlamento per
rimanere in carica. L’esecutivo (primo ministro e ministri di gabinetto) sono eletti dall’organo
legislativo. Il processo riduce la probabilità di conflitti connessi alle policy tra il legislativo e
l’esecutivo.
Sorveglianza
La sorveglianza esercitata dall’organo legislativo sull’esecutivo è piuttosto ampia, implicando sia lo sviluppo
e l’approvazione delle policy, sia il controllo sulle agenzie dell’esecutivo incaricate dell’implementazione
delle policy stesse. In generale la prima mansione è di significato maggiore nei sistemi a fusione dei poteri,
mentre la seconda ha la precedenza nei sistemi a separazione dei poteri. Sessioni dedicate a interpellanze e
interrogazioni (question time), indagini, audizioni e commissioni di inchiesta sono frequentemente
impiegate dagli organi legislativi per raccogliere informazioni e, se necessario, per garantire l’accountability
di vari attori e agenzie all’interno dell’esecutivo.
1. Il question time è spesso usato nei parlamenti e fornisce ai suoi membri un’opportunità per presentare
domande orali e scritte (interrogazioni e interpellanze) ai membri del governo, incluso il primo ministro.
2. Indagini speciali e audizioni sono organizzate ad hoc per esaminare temi o questioni specifici che sono
considerati importanti da alcuni parlamentari.
3. Le commissioni di inchiesta sono simili, ma sono più formalizzate, e tendono a occuparsi di problemi di
ordine superiore e hanno spesso una più lunga durata.
4. In aggiunta, gli organi legislativi possono richiedere, o persino esigere, che l’esecutivo fornisca loro
resoconti su specifiche questioni di interesse o che rispondano a specifici quesiti nelle audizioni.
Dimensione
La dimensione del legislativo è importante a causa della difficoltà che hanno in genere gruppi grandi ed
eterogenei nel raggiungere decisioni coerenti. Tanti più membri ha un organo legislativo, quanto più tempo
è probabile richieda ogni decisione. In aggiunta, è assai probabile che la presenza di più componenti
favorisca l’introduzione di meccanismi di organizzazione interna più complessi e una ripartizione più
frammentata delle risorse istituzionali. Tuttavia, il numero di membri deve essere interpretato in
riferimento al contesto. (vedi tabella 9.3 pagina 319)
Tempo
Anche l’ammontare di tempo che i legislatori effettivamente spendono nell’espletare i compiti parlamentari
è un utile indicatore del più ampio ruolo di un organo legislativo. Vi sono organi legislativi che sono “in
seduta” più o meno tutto l’anno, altri invece (“a tempo parziale”) si incontrano solo per pochi giorni l’anno.
La durata della sessione annuale di un organo legislativo è spesso direttamente legata al tipo di membri che
esso raccoglie. Il bisogno per i parlamentari di mantenere attività esterne addizionali riduce
necessariamente l’ammontare di tempo ed energie che essi possono dedicare ai loro compiti legislativi.
Quando le indennità parlamentari sono basse può verificarsi che la composizione dell’organo legislativo si
restringa a coloro che sono dotati di fonti alternative di ricchezza.
Commissioni
Gli organi legislativi si strutturano al loro interno sulla base di commissioni. Gli organi legislativi possono
avere poche o molte commissioni, che possono essere create ad hoc o istituite in maniera permanente.
Inoltre, possono esservi sottocommissioni altamente specializzare e/o commissioni temporanee di indagine
create per occuparsi di specifiche crisi o questioni. In alcuni casi, le commissioni sono responsabili di
rivedere ed emendare le proposte di legge prima che esse vengano discusse in sessione plenaria, in altri
casi sono incaricate di implementare i cambiamenti decisi dalla sessione plenaria.
Permanenza
Uno dei più importanti aspetti delle commissioni è il loro carattere permanente. Data la dimensione della
maggior parte degli organi legislativi, le commissioni spesso fungono da forum per la massa dell’attività
legislativa, includendo la contrattazione e la costruzione di coalizioni tra i partiti politici. La limitata
dimensione e natura meno pubblica delle commissioni incrementa la loro utilità come spazio di discussione
per questi tipi di attività. Tuttavia, se le commissioni non sono permanenti, è improbabile che esse siano in
grado di garantire il grado di stabilità e competenza necessario.
Specializzazione
Presenza di distinte commissioni con i ministri del gabinetto di governo. L’associazione di specifiche
commissioni con i ministri del gabinetto di governo può anche favorire le relazioni fra membri e staff del
legislativo e dell’esecutivo, il che può migliorare la cooperazione istituzionale.
Commissioni temporanee
Possono essere incorporate sottocommissioni e commissioni con finalità investigative temporanee
(denominate commissioni d’inchiesta). Tali organismi consentono livelli di specializzazione ancora maggior
e permettono all’organo legislativo di reagire a eventi o crisi significative. Se i provvedimenti legislativi sono
interamente vagliati dall’aula parlamentare prima di essere inviati in commissione, è improbabile che le
commissioni giochino un ruolo sostanziale di policy-making. Per contrasto, quando i disegni di legge sono
rivisti ed emendati prima all’interno delle commissioni, è più probabile che l’organo legislativo abbia
un’influenza più sostanziale sugli esiti a livello di policy.
2) raggiungimento risultati di policy. Sia i meccanismi di selezione dei candidati sia la struttura
organizzativa interna dei partiti politici hanno profondi effetti sulla capacità dei singoli membri di
raggiungere questi obbietti, qualora perdano il sostegno della loro leadership di partito. (vedi bene tabella
9.5 pagina 329)
Organizzazione partitica
Se la scelta del candidato è controllata dall’élite di partito, coloro che desiderano essere rieletti devono
mantenere il sostegno dei loro capipartito. Dall’altro lato, nei partiti che consentono alle organizzazioni
partitiche locali di scegliere i candidati, i singoli parlamentari godono di un livello di indipendenza dalla
leadership di partito relativamente alto. L’impatto della centralizzazione di un partito sull’autonomia dei
membri è meno diretto, ma ugualmente importante. Tanto più centralizzato è un partito politico, tanto
meno spazio vi sarà per un decision-making indipendente dei singoli parlamentari.
Un altro fattore importante è la relazione fra leadership di partito organizzata dall’interno dell’organo
legislativo e le strutture di leadership che governano il “partito elettorale”. Sono molti i casi in cui le due
strutture organizzative si scontrano, creando opportunità per i singoli parlamentari di agire in maniera
indipendente. Non è un fenomeno insolito quello per cui i compromessi richiesti dal processo di policy-
making all’interno del legislativo creino preoccupazione fra gli attivisti di partito e i capi fuori
dall’assemblea. È invece meno probabile che questo accada ai partiti che adottano una struttura di
leadership singola e unificata all’interno e fuori dal parlamento/congresso.
Leggi elettorali
Mentre gli scenari discussi sopra possono variare tra partiti politici all’interno di un singolo sistema politico,
vi sono altri elementi che influenzeranno tutti i partiti all’interno di un sistema. Due delle più importanti
variabili sistemiche sono: 1) il sistema elettorale e 2) le norme che regolano il finanziamento delle
campagne elettorali.
Nei collegi uninominali, agli elettori è chiesto di scegliere tra candidati individuali, mentre nei sistemi
proporzionali la scelta è di solito fra partiti politici. Quest’ultimo metodo mette in luce l’importanza dei
partiti e rinforza il loro primato nel mediare la relazione cittadini-governo. Al contrario, nelle elezioni
centrate sui candidati (collegi uninominali), gli attributi politici e personali del singolo candidato sono
preminenti e possono persino oscurare il significato dell’appartenenza partitica. Le elezioni che si
focalizzano esclusivamente o principalmente su partiti politici riducono in maniera significativa la capacità
dei singoli parlamentari di competere a dispetto dell’opposizione. In ogni caso, senza l’accesso a sufficienti
risorse finanziarie nessun candidato sarà competitivo.
L’aspetto che riguarda il finanziamento è la presenza/assenza del finanziamento pubblico e le regole che
governano l’accesso a questi fondi. Laddove il finanziamento pubblico per le campagne elettorali è la fonte
primaria di fondi, si vedrà nascere con buona probabilità nuovi partiti.
In sintesi: a un estremo vi sono gli organi legislativi che sono dominati dall’esecutivo (parlamenti) con
singoli parlamentari in gran parte controllati dai loro partiti politici. All’altro estremo si trovano gli organi
legislativi che sono formalmente indipendenti dall’esecutivo (congressi) all’interno di sistemi politici in cui i
partiti sono deboli o decentralizzati e incapaci di controllare efficacemente i membri del legislativo. (vedi
bene figura 9.2 pagina 331)