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INTRODUZIONE ALLA STORIA ITALIANA DEL SECONDO ‘900

Premessa
Data di nascita per la nostra contemporaneità 25 aprile 1945 – la fine della guerra per tutta l’Italia.
La 2° guerra mondiale inizia con l’invasione della polonia da parte della Germania nazista il 1° settembre 1939; l’Italia entrerà in
guerra in ritardo il 10 giugno 1940.

Gli ultimi anni del conflitto sono decisivi per la nascita dell’Italia così come la si conosce oggi ma sono anche gli anni di guerra più
difficili: l’Italia stessa diventa un campo di battaglia.
Il 25 luglio 1943 Mussolini viene arrestato e cade il fascismo.
Pietro Badoglio (generale della monarchia italiana) diventa il nuovo presidente del Consiglio.
L’8 settembre 1943 Badoglio e il re Vittorio Emanuele III firmano l’armistizio – l’armistizio non è una pace, è il momento in cui una
delle parti del conflitto dice che fermerà le armi: di fatto l’Italia si arrende-.
E’ proprio dopo l’armistizio che l’Italia diventa un campo di battaglia: i tedeschi (ex-alleati) che si trovano sul nostro territorio a quel
punto diventano degli occupanti.
D’altra parte gli ex-nemici statunitensi e anglosassoni diventano i nostri liberatori.

Questa fase della guerra spacca l’Italia in due parti.


Al sud la guerra non finisce nel ’45 ma decisamente prima: a fine luglio del 1943 (quindi fra la caduta del fascismo e l’armistizio) le
truppe alleate inglesi e statunitensi sbarcano in Sicilia e poco a poco risalgono la penisola cacciando verso nord i tedeschi.
Ci impiegano tanto, a fine settembre del ’43 (2 mesi dopo dunque) arrivano a Napoli, poi ci mettono quasi un anno (giugno 1944) per
arrivare a Roma. Solo alla fine del 1944 arrivano a Bologna e lì si fermano.
Alla fine del ’44 abbiamo dunque un centro-sud Italia liberato dai nuovi alleati e un nord-Italia occupato dai nostri ex-alleati che
fondarono anche la Repubblica sociale italiana mettendo a capo Mussolini dopo averlo liberato dalla sua prigionia sul Gran Sasso.

Gli alleati ci impiegano così tanto perché non era il fronte sul quale concentravano maggiormente le loro forze, già nel ’44 c’è lo
sbarco in Normandia. E’ qui che Gran Bretagna, Stati Uniti e alleati concentrano le loro forze: vogliono liberare Francia e Belgio,
prendere da Occidente la Germania, non potendo prenderla dal sud perché in mezzo ci sono le Alpi (non un’operazione troppo
simpatica per un esercito moderno). Era dunque logico scendere da nord-ovest.

Ciò significa però che l’Italia viene lasciata in balia di una contesa della quale noi stessi non capivamo più da che parte stare e da chi
guardarci le spalle. Gli eserciti italiani rispondono all’appello che risuonava nell’aria di ritornare a casa (passando attraverso linee di
eserciti a quel punto nemici).
Badoglio annuncia l’armistizio alla radio (mezzo di massa, l’unico disponibile) ma non spiega con chi e contro chi dobbiamo
combattere, dice solo che gli italiani sono chiamati a difendere il loro territorio da chi lo minacci.
Ma chi lo minacciava? Era questo che non si capiva.
Nel frattempo gli alleati bombardano dall’alto (oltre a percorrerla a terra) con gli aerei l’Italia. I bombardamenti portano circa a 2000
morti e si concentrano soprattutto a nord (e qualche città del centro) tra il ’43 e il ’45 – gli inverni del ’43 e del ’44 sono ricordati
come durissimi e difficilissimi, Milano fu distrutta per il 43%.
Soprattutto nella zona prealpina (da Venezia a Torino) si sviluppa la Resistenza, fenomeno molto importante per creare una nuova
identità italiana post-fascista e relativamente poco significativo sul piano militare.
Il senso della resistenza = gli italiani così non stanno con le mani in mano. Soprattutto i giovani si radunano per opporsi a fascisti e
nazisti.

Infine, la repubblica sociale italiana guidata da Mussolini cade nell’aprile del ’45; Mussolini viene catturato mentre cerca di scappare
in Svizzera, dopo essere stato ucciso in loco viene portato in Piazzale Loreto a Milano e viene appeso a testa in giù in un benzinaio
che c’era.
Dunque tra il ’43 e il ’45 si scatena una guerra civile: italiani ancora fedeli al fascismo, italiani non più fedeli al fascismo in particolare
si ammazzano tra loro = sono tutti italiani ma sostengono linee politiche diverse.

Corpo.
L’Italia esce dalla guerra in condizioni pessime sul piano politico, economico, sociale e anche umano, molto confusa sul piano
politico (ancora i sostenitori del fascismo erano tanti).
1. Il 70% dei treni era fuori uso, un viaggio Milano-Napoli durava almeno 2 giorni.
2. Il consumo pro-capite di beni alimentari era dimezzato alla fine della guerra rispetto all’inizio.
3. Il costo della vita è aumentato tra le 30 e le 50 volte.
Capiamo = fortissima inflazione.
4. La ricchezza è bassissima = si dimezza infatti il consumo dei beni alimentari.
5. La produzione industriale è 1/3 rispetto al periodo prebellico (bassa anche allora – uno dei motivi per cui l’Italia entrò in guerra –
come paese agricolo – e la perse fu per via della bassa produzione industriale).
5. Anche la produzione agricola ne esce male: dimezzata rispetto a prima della guerra.
6. Altissima la disoccupazione, la povertà e diffusa la malnutrizione.

Proprio perché la situazione all’uscita dalla guerra è così disastrosa, gli anni immediatamente successivi al 25 aprile ’45 sono
chiamati anni della ricostruzione; proprio perché era un paese distrutto che andava ricostruito sul piano economico, sul piano
concretamente edilizio urbanistico a causa delle bombe, sul piano politico.
Politica = anche qui alla caduta del governo fascista andava ricostruito tutto un tessuto politico che era stato su dal 1861. L’unità era
relativamente recente ma era stato un bel stress.
Dopo la guerra venne messo sotto accusa anche Vittorio Emanuele III, lo stesso re che il 30 ottobre 1922, subito dopo la marcia su
Roma di Mussolini e i suoi 50.000 alleati consegna il ruolo di primo ministro a Mussolini. Per tutto il ventennio fascista (fino al ’43) la
monarchia è convivente di fatto con il fascismo poiché l’ha investito di potere.
Quindi anche la monarchia viene messa in discussione.
Infatti, appena viene recuperata la libertà di espressione politica e individuale e di associazione, il 2 giugno del 1946 l’Italia diventa
una Repubblica democratica (suffragio universale) e parlamentare (con 2 camere: dei deputati e del senato, come oggi).
L’Italia da monarchia a repubblica con il 54% delle preferenze, non una maggioranza così significativa. L’Italia ancora si presenta
spaccata in 2: al sud la monarchia ha raccolto il 65% dei voti; il nord più popoloso ha votato in massa per la repubblica.
In quest’occasione si vota a suffragio universale per la 1° volta: tutti indipendentemente dal sesso, dal ceto, dal reddito – tutti gli
adulti.
In quest’occasione, 2 giugno ’46, viene eletta anche l’assemblea costituente: 556 persone (appartenenti ai vari partiti) elette dal
popolo che devono scrivere la Costituzione Italiana – venuta meno la monarchia.
Si trattava proprio di rifondare uno Stato.
Ci mettono relativamente poco = viene promulgata il 1° gennaio 1948.
La costituzione è ancora oggi avanzata per tanti aspetti, a partire dai diritti sociali.
Ma comunque, nel ’48 propone criteri e valori che non sono stati applicati né subito, né in seguito e nemmeno oggi:
Uno stralcio dell’articolo 3 “è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale economico, che limitano di fatto la
libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”
Probabilmente questo articolo non è mai stato effettivamente trasferito nella realtà.
Ecco, non è che la nostra repubblica si sia applicata più di tanto a rimuovere gli ostacoli che limitano la nostra libertà e l’uguaglianza
dei cittadini.
Altro elemento inquietante: il fascismo cade, L’Italia diventa Repubblica con una costituzione estremamente avanzata e innovativa
però è anche vero che negli apparati statali c’erano gerarchi fascisti o comunque persone vicino al fascismo.
Dopo il 25 aprile si era partiti con l’idea di fare un’epurazione di massa di tutti i fascisti che occupavano i luoghi della burocrazia
statale = non ci fu e anzi, nei quartieri molto alti sono rimasti dei personaggi anche abbastanza in vista che simpatizzavano ancora
per il fascismo (nonostante fosse fuori legge.

Dal 1946 e per larga parte del secondo ‘900 le forze politiche parlamentari in Italia sono state piuttosto stabili per circa 60 anni: una
parte comunista, una socialista (la versione riformata e ammorbidita del comunismo), poi quella cattolica e quella liberale.
Queste le 4 aree di pensiero a cui alla fine tutti i partiti facevano riferimento. La questione sul piano ideologico era chiara: erano
queste 4 le possibilità.

I principali partiti erano e si noti la stabilità dei personaggi politici oggi utipica:
-comunista – segretario sin dalla guerra (quando il partito era stato messo fuori legge) Palmiro Togliatti (1927-1964).
-socialista – segretario Pietro Nemmi (1930-1963)
-democrazia cristiana - ha dominato l’Italia per vari decenni – il segretario che ha portato la democrazia cristiana fuori dalla guerra è
Alcide Degasperi
- Partito repubblicano – segretario La Malfa e Spadolini.

L’unità che aveva dato lo spirito della Costituente (perché tutti questi partiti erano opposti tra loro) viene meno subito dopo aver
scritto la Costituzione.
Sin dal 1948 anche in Italia come in tutta Europa si stabiliscono subito due blocchi fondamentali appartenenti a USA e URSS che
escono dalla guerra come dominatori del mondo – quelli che si sono mossi maggiormente per abbattere il fascismo.
La democrazia fa gli interessi statunitensi in Italia, il fronte sovietico (venuto poi meno nel 1991, spezzandosi in Russia e stati ex-
cuscinetto ora satelliti) è supportato ovviamente dal partito comunista.
Il mondo era stato diviso dunque in due parti.
Questa suddivisione fu decisa già prima della guerra: a Jalta, Churchill, Roosevelt e Stalin si incontrarono nel febbraio del ’45 perché
sono già convinti di vincere la guerra e vogliono dunque spartirsi l’Europa e altri luoghi del mondo.

L’Italia, viene deciso, passerà sotto l’influenza degli USA, dove siamo rimasti fino ad oggi. Fin da allora abbiamo assorbito lo spirito
economico, i valori, i modi di vivere, abitudini e consuetudini esportate da lì.
Cosa significa per L’Italia entrare nella sfera statunitense (e anche nella NATO)?
Sul piano politico significò che il partito comunista non poteva andare al governo, perché a quel punto si dovrebbe passare alla sfera
sovietica e fare il passaggio dal capitalismo al socialismo. Ma non ci era stato detto e un sacco di Italiani hanno votato sempre
comunismo in una speranza senza senso.
In ogni caso essere sotto gli USA ha significato anche ricevere un sacco di soldi, macchine industriali, know-how industriale. Si pensi
al piano Marshall = fornire enormi aiuti economici ai paesi sotto influenza statunitense affinchè la loro economia ripartisse.
Non era beneficenza = lo scopo era renderli ottimi alleati militari e creare un nuovo mercato allargato.
Insieme al piano Marshall arrivano anche ideologie e valori, nonché il controllo politico-militare, essendo l’Italia in un punto
strategico si riempirà di basi statunitensi.
Il partito comunista in Italia era il più forte di tutta Europa. Dunque nel caso altamente improbabile in cui i comunisti avessero vinto
le elezioni l’Italia era piena di basi americane che sarebbero prontamente intervenute.
In realtà non c’è stato bisogno dell’intervento militare esplicito proprio perché attraverso il piano Marshall abbiamo assorbito la
visione del mondo statunitense – l’ideologia consumista statunitense ha innervato a poco a poco l’Italia facendone una sorta di
colonia -. Al posto del manganello fascista, un’arma ben più potente ma ben più sottile poiché invisibile – l’ideologia attraverso lo
spettacolo televisivo, il cinema e i consumi – ha agito molto di più e più a lungo.

Il 18 aprile 1948 la democrazia cristiana – il partito di riferimento statunitense - vince le elezioni con il 50% dei voti. Comunisti e
socialisti prendono solo il 30% insieme, solo due anni prima questo fronte unito superava la democrazia cristiana.
E cos’è successo? Il piano Marshall.
La democrazia cristiana aumenta i suoi voti ponendosi dalla parte degli USA e rivendicando il fatto che proprio loro erano i difensori
della neonata ricchezza italiana – e gli italiani si spostano facilmente verso la parte degli aiuti.

Da quel giorno la democrazia cristiana tiene il potere in Italia ininterrottamente per 40 anni, fino ai primi anni ’90 – non verranno
cacciati da una sconfitta elettorale ma da dei giudici. Il popolo italiano non l’ha mai dunque cacciato.
In particolare la democrazia cristiana tiene il potere come unico partito – con piccole alleanze con partiti liberali – tra il 1948 e il
1960.
Il 1960 è un anno chiave = momento in cui finisce del tutto il dopoguerra e la ricostruzione. E’ l’anno in cui nasce definitivamente la
realtà in cui viviamo ancora noi oggi.

Il film “Il sorpasso” di Dino Risi (1962) restituisce una buona immagine dell’Italia degli anni ’60.
La fase 1958-1963 è quella del boom economico/miracolo economico.
E’ un evento inaspettato che cambia il volto del paese.
Succede che fin dentro gli anni ’50 il nostro paese era rimasto quello di sempre (contadino, umile, relativamente povero portato
dalla ricostruzione ad una situazione economica non troppo distante da quella antecedente il conflitto) ma sottotraccia corre
qualcosa di invisibile che diventa centrale nella seconda metà degli anni ’50: il trauma della modernità, lo shock della modernità.
L’Italia entra nella fase industriale e metropolitana partendo da una condizione estremamente arretrata ma con una veemenza e
velocità sconosciuti agli altri paesi.
Il percorso della ricostruzione degli altri paesi europei avviene più o meno come in Italia ma loro già negli anni ’20 e ’30 non erano
più rurali, già dall’800 iniziavano ad avere grandi città e grandi apparati industriali.
Succede dunque tutto di colpo dalla metà degli anni ’50 e da qui cambia tutto.
L’Italia cresce tantissimo ed è proprio l’ideologia statunitense (non la nostra cattolica), che esalta il guadagno, il merito e la riuscita
sul piano professionale nonché il consumo dei beni di lusso – tutto questo che per noi è normale si diffonde proprio allora-.
Marx Webber pubblica “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” in cui individua nella parte dell’Europa atlantica una
tendenza naturale diretta allo spirito del capitalismo – al successo individuale-.
Tutto ciò non deriva solo dagli aiuti e dall’ideologia degli USA ma anche dalla grande crescita sul piano economico-industriale. La
grande forza dell’Italia stette nell’avere in quella precisa fase una vastissima mano d’opera a costo basso. Avere una mano d’opera a
poco prezzo tiene giù i costi di produzione e quindi i prodotti si impongono sul mercato poiché fatti con un know-how statunitense
decente.
Succede che in Italia si ha il fenomeno che Marx chiamerebbe “di accumulazione” = nascono delle industrie che si possono giovare di
mano d’opera disperata a bassissimo costo, che vende moltissimo nei mercati europei (in Italia non c’è abbastanza ricchezza per
comprare quei prodotti industriali – è esportazione).
I capitalisti e imprenditori (pochissimi) italiani hanno una fase di grande accumulazione di capitale poiché investono pochissimo nella
produzione e guadagnano moltissimo proprio perché vendono moltissimo.
Questa è la situazione che corre senza essere vista verso gli anni ’50.
A metà degli anni ’50 si inizia a diffondere della ricchezza e gli imprenditori capiscono che il mercato interno può essere interessante
per loro e non gli conviene più tenere bassissimo il salario. Poiché alzando il salario, il cittadino poi comprerà i suoi prodotti e quei
soldi gli ritorneranno in tasca.
Quindi aumentare i salari = distribuire ricchezza e per ideologia del consumo (felicità= beni posseduti) = Italia ricca = circolo vizioso
in cui si produce molto, si consuma molto e si acquista molto.

Nel settore primario nel 1954 lavoravano ancora 8 milioni di italiani (maggioranza della popolazione attiva).
Nel 1964 si è passati a 5 milioni nel settore primario ma con una produzione che è aumentata = significa che si è meccanizzato il
settore primario, anche in Italia si produce di più e meglio impiegando meno lavoratori. Anche l’arrivo degli agenti chimici e di
tecniche di altri paesi.
Tra la fine degli anni ’50 e ’60 cresce dell’84% la produzione industriale. L’Italia si specializza nella produzione di prodotti industriali
di livello tecnologico medio (quindi auto, elettrodomestici e materie plastiche).
Qui l’Italia inizia un enorme percorso di crescita che la porterà ad essere la 7° potenza industriale del mondo nel giro di un
quindicennio – corsa rapidissima-.
Poi i consumi = la televisione arriva nel ’54, nel ’58 la possiede 1 famiglia su 10, nel ’60 1 su 5. nel ’65 ce l’ha 1 su 2. Crescita
esponenziale. Le stesse proporzioni valgono per frigo e lavatrici. Motociclette crescono 4 volte di più, le auto anche (5 milioni e
mezzo nel ’65).
Di questi dati colpisce che cresce di più il consumo di beni non di prima necessità.
Ciò significa che l’Italia è entrata nella fase consumista del capitalismo. L’Italia identifica la propria soddisfazione in questi prodotti:
nel possesso di beni non necessari. L’uomo smette di essere un essere del bisogno e diventa un essere del desiderio –
importantissimo-, anche oggi siamo esseri del desiderio.

Una delle conseguenze di questo sconvolgimento all’interno dell’Italia è quello, inevitabile, degli spostamenti interni – migrazioni
interne -.
Tutto quello descritto fino ad ora vale soprattutto per il nord Italia, il sud rimane un’economia gracile, basate sull’agricoltura,
“arretrata”. Al sud mancava una borghesia o anche una piccola borghesia che inglobasse la visione del mondo capitalista, che
facesse proprie le attitudini imprenditoriali attraverso la realizzazione di sé e dell’accumulo di ricchezza. Del resto in generale questo
atteggiamento era del Nord Europa.
Resta al sud un’attitudine impiegatizia e assistenziale; l’idea di continuare come sempre e che in qualche modo ce la si farà.
Ma questo non giudica il sud, anzi faceva comodo a quella che Bourdieau e Marx chiamerebbero classe dominante poiché il sud
mantenuto in questa condizione inerte (con ambizioni di assistenza e non imprenditoriali) faceva molto comodo in due versanti:
- da una parte la classe dominante del nord aveva lì nel meridione una manodopera a bassissimo costo e condizioni tremende che
veniva al nord alla ricerca di una vita diversa.
- dall’altra parte faceva comodo alla classe dominante nel suo versante politico poiché i politici lì nel meridione avevano un bacino di
voti garantito anche solo garantendo l’impiego pubblico, la pensione. Il rapporto con il deputato della zona diventa un rapporto
clientelare. Ciò significa che il politico raccoglie voti promettendo favori.
Al sud dunque l’economia non fa boom. Il miracolo si da al nord e allora è chiaro che quella popolazione del sud con spirito
d’iniziativa, che attraverso la televisione vedeva immagini del nord ricco, si domanda perché non andarsene per diventare anche lui
ricco.
Da qui si da lo spostamento.
La prima fase della migrazione interna va dalle campagne alle città.
Ma non dal sud al nord: a metà degli anni ’50 è la campagna del Veneto si sposta verso la Lombardia e Piemonte (Genova, Torino e
Milano = triangolo industriale).
Poi nella seconda metà degli anni ’50 parte la grande migrazione dal sud, si potrebbe parlare anche di esodo perché sono ben 2
milioni di abitanti che se ne vanno (tra i 20 e 40 anni).
Nell’Interland di Milano, Torino, Genova, Firenze e Bologna si spostano 1 milione e 300.000 abitanti.
Milano cresce di 600.000 abitanti, li raddoppia. Diventano vere e proprie città.
Sono numeri sufficienti perché cambi radicalmente il volto del paese sul piano della produzione, dell’economia, sul piano
antropologico (da una parte i luoghi d’origine si svuotano delle forze migliori e cambia anche il volto del nord Italia che diventa un
insieme di dialetti, usi e costumi, dal punto di vista urbanistico-architettonico). Il volto del paese in questo senso viene sfigurato.
La migrazione non solo è verso il nord italia ma anche verso l’estero (Stati Uniti, Argentina, Canada …).
La ricchezza diventa speculazione edilizia. Era necessario costruire in fretta capannoni industriali, case per immigrati, strade …. Tutto
ciò viene compiuto rapidamente con una forte pressione del potere privato su quello pubblico e politico, senza piani regolatori.
Il risultato è che si costruiscono grandissime schifezze. Il numero delle abitazioni costruite ex-novo fra il 1950 e 64 aumenta del
700%, in 14 anni si costruiscono 7 volte di più quelle che si costruivano prima.
Legata alla bruttezza e alla devastazione del “bel paese” è anche il patto fiat-governi. L’Italia diventa un paese a vocazione stradale:
commercio su gomma favorito allo spostamento in treni. La prima autostrada è l’A1 (autostrada del sole poiché va da nord a sud)
nel 1958 che fa Milano-Piacenza. I governi hanno garantito alla fiat che vi sarebbero state molte più strade che ferrovie, cosicchè da
favorire l’acquisto di auto o moto.

L’Italia negli anni ’60 vuole essere felice, ricca, vuole intrattenersi, vede la televisione e ha nuovi eroi – i personaggi dello spettacolo
come Mina, Celentano, Mike buongiorno, i Beatles dall’estero-. In poche parole in Italia, attraverso l’utilizzo dei media di messa e
dunque dello spettacolo, si trasmette un immaginario nuovo – di una vita ricca e spensierata in cui il divertimento diventa così
importante (non come prima). Ora la tendenza allo svago è sempre più invasiva, il lavoro sempre più malsopportato.
Incorporiamo dunque la necessità del divertimento e l’ideologia della spensieratezza.
Si impone in ogni ambito il paradigma del moderno e nasce il mondo come lo conosciamo oggi.

Si è dunque visto il boom economico e di tutti i cambiamenti radicali che questo ha portato nella nostra penisola.
Si trattava di una rivoluzione antropologica: per 14000 anni abbiamo abitato nelle campagne, siamo stati contadini e allevatori,
improvvisamente viviamo per lo più in città, lavoriamo nelle industrie (oggi aggiungiamo che passiamo la vita negli uffici).

Lezione 9
Tornando alla questione politica dei 4 partiti.
Torniamo alla condizione politica: da una parte abbiamo società ed economia che si stravolgono e rinascono su modelli inediti e
dall’altra un sistema politico che non è stato in grado né di prevedere né di gestire il cambiamento epocale.
Togliatti – il rappresenta del 2° partito più votato in Italia - nel ’58 (anno di partenza del boom) in un intervento parlamentare infatti
diceva di prepararsi ad una crisi economica – piano di previsioni opposto.
Il partito al governo - la democrazia cristiana influenzata dal cattolicesimo del Vaticano - impostava la politica su un forte
conservatorismo e grandissimi storceva il naso, pensando piuttosto di porre un argine a questo cambiamento.

Dunque esplodono le contraddizioni:


- da un lato un’inedita crescita economica con i connessi cambiamenti sul piano della mentalità delle persone – Marx: elemento
strutturale (economia) muta radicalmente e porta cambiamenti su aspetti sovrastrutturali (immaginario, mentalità…)-.
- dall’altro lato una classe politica che non è in grado di fronteggiare questo cambiamento oppure non lo vuole.
Qualche esempio: si diffonde il benessere privato (molti fanno soldi e dunque aumentano le tasse e le tasche dello Stato si
ingrossano) ma i servizi pubblici (scuole, ospedali), dunque tutte le infrastrutture di cui dovrebbe farsi carico lo stato, rimangono
carenti.
Quindi la ricchezza dei singoli in questa fase non diventa ricchezza della collettività, come invece si auspicava attraverso la
tassazione, un strumento pensato per distribuire la ricchezza (guadagni molto – paghi più tasse – le tue tasse diventano servizio per
molti).
La classe politica avrebbe dovuto cavalcare questa ondata economica ma allo stesso tempo doveva porre delle regole che
rendessero il benessere gestibile trasportando un po’ di ricchezza nell’interesse collettivo.
Al contrario succede che c’è una potente deregolamentazione: l’economia e le attività produttive cambiano molto rapidamente ma
non c’è un sistema di leggi che le regolamenti.
I piani regolatori non riuscivano a stare al passo con i cambiamenti = leggi con cui ciascun comune indica per gli anni a venire quali
sono le parti del territorio sulle quali si può costruire, quelle che vanno protette, quelle che restano prato per garantire lo spazio
verde e così via.
Dunque urbanizzazioni selvagge = per cui il permesso per costruire lo si ottiene per vie traverse (all’italiana); se ho il contatto giusto
riesco.
L’evasione fiscale (in Italia altissima, nei paesi del nord Europa è praticamente nulla) indica che sin da allora non c’era la volontà di
esprimere un sistema di tassazione che davvero fosse distributivo della ricchezza.
Il lavoro nero (fuorilegge), diffuso sin da allora proprio per il grande lavoro, si volevano accorciare gli itinerari della legge.

Quindi vi è l’incapacità/non volontà da parte del sistema politico e di tutto il sistema di gestione della cosa pubblica di rendere la
crescita economica regolamentata e che porti del benessere.
In realtà un tentativo di modernizzare il paese sul piano politico-sociale in relazione ai potenti cambiamenti economici in corso c’è =
si tratta di un esperimento politico che spinge due dei principali partiti: democrazia cristiana con Aldo Moro e partito socialista – si
presentava meno rivoluzionario rispetto al comunista.
Si tenta quest’alleanza di governo tra democrazia e socialista, quest’ultimo più aperto a immaginare delle riforme che facessero
dell’Italia un’economia forte e in linea con i cambiamenti – progressista-.
1° obiettivo = regolare gli squilibri territoriali – ad esempio nord-sud, fra città e campagna e le diseguaglianze sociali-.
Dapprima è un tentativo timido = la democrazia cristiana continua ad avere il suo governo autonomo con l’appoggio esterno – non
aveva ministri nel governo ma votava nel parlamento appoggiando alcune iniziative del governo stesso - del partito socialista. Si
tratta di prove di alleanza.
Poi diventa un tentativo effettivo tra il 1962 e il 1964 – il segretario del partito socialista è Pietro Nenni.
Cosa si ottiene da questo centro-sinistra?
- La riforma della scuola (ancora vigente oggi) – l’invenzione del triennio della scuola media (prima c’era la scuola di avviamento
professionale o in alternativa un triennio che portava alla scuola superiore per pochi).
- viene alzato l’obbligo della scuola media (1962) e sparisce la scuola di avviamento professionale. Nel nuovo triennio si continua a
coltivare la cultura, le scienze, cittadinanza.
- viene ammorbidita la censura sul cinema – prima di uscire un film veniva corretto varie volte dal partito democristiano mosso dalla
sua fede al cattolicesimo-.
- viene abolita la legge che vietava l’accesso alle donne ad alcuni posti di lavoro importanti.
Inizia dunque la trasformazione del paese in un momento in cui la rivoluzione economica spingeva a generare dei cambiamenti.
Quindi il paese deve ufficialmente assorbire i mutamenti trasformazioni in realtà.

L’esperimento dura pochissimo: nel 1964 Pietro Nenni (socialista) rinuncia alle riforme più significative perché inizia ad essere
assediato da strani timori:
- preoccupato del fatto che se il nuovo governo DC+PSI si spinge troppo avanti nelle riforme modernizzanti (dunque aprono ad
alcune libertà) ci potrebbe essere un colpo di stato preparato dalle forze armate e dai servizi segreti per far sì che il governo cada e
venga sostituito da un governo estremamente conservatore.
Quindi Nenni scommette sul progressismo ma teme che premendo troppo, qualcuno, non dal popolo ma dall’alto (con poteri molto
forti che corrono però sottotraccia) faccia un colpo di stato. Nenni è molto più cauto e solo dopo anni si seppe che fu presentato
all’interno di certi ambienti militari e dei servizi segreti il cosiddetto “piano Solo” – ideato nel ’64 da Giovanni De Lorenzo, il più alto
generale in carica dell’arma dei carabinieri che, in coordinamento con i servizi segreti italiani e americani aveva preparato un piano
per rapire e nascondere alcuni alti rappresentanti del governo così che questi venissero sostituiti da altri forse molto conservatori (di
destra).
Evidentemente c’erano forze importanti dentro la burocrazia italiana che non vedevano di buon occhio la modernizzazione sociale e
culturale che il centro-sinistra stava portando in Italia.
Non avevano tutti i torti. Il piano non si è compiuto ma ha funzionato perché quella breve epoca progressista e riformista sul piano
sociale-economico si è fermata. Il piano non venne fattualmente attuato perché nessuno venne rapito, venne spifferato alle orecchie
dei rappresentanti del partito socialista. Nenni prese la decisione di rallentare le riforme piuttosto che consegnare il Paese al
conservatorismo militare-cattolico.
Fu la sola possibilità di attuazione a fermare l’Italia.
Si trattava di una battaglia persa però.

Che cosa deriva dall’interruzione delle riforme del nostro paese?


Quello che succede ancora oggi: inizia un lentissimo processo di chiusura della politica su sé stessa, di ignoranza delle richieste che
derivano dal paese.
E’ iniziata quella scollatura (che oggi è protagonista del mondo italiano) tra il paese reale (noi) e la classe politica. Sembra che la
politica viva in una sua dimensione autonoma con tutte le sue leggi che ricadono poi sulla vita di tutti – scolla = perdita di fiducia
nella politica (che fino a poco tempo prima era molto alto)-.
Lì inizia quel percorso che ha portato alla fine di quei partiti e alla situazione di oggi in cui di politica i cittadini non si occupano più.
Un esempio possono essere le leggi sull’ambiente = è evidente che vi sia una devastazione ambientale in corso, sappiamo che ogni
anno migliaia di abitanti della Pianura Padana muoiono per malattie legate all’inquinamento ma poi nulla di fatto si fa. Ci sono delle
logiche (economiche) che stanno sopra la testa dei cittadini e la politica è vicina a quelle logiche e lontano dalla salvaguardia dei
cittadini stessi.

La storia italiana post-bellica è dunque la storia di una modernizzazione veemente ed improvvisa, di istituzioni che restano arcaiche
rispetto alla società.
Vince l’interesse del singolo sull’interesse collettivo.

Fra il 1967 e ’68 fenomeno fondamentale = dal basso una grande reazione sociale.
I fermenti economici diventano fermenti sociali.
Questo per la prima volta in maniera molto potente grazie a stimoli che arrivano dall’estero (tutto era connesso – globalizzazione, il
mondo si rimpicciolisce e le cose sono a disposizione di tutti e si muovono molto velocemente-).
Come un virus benefico dalle università della California, di Berlino, Parigi, Praga, Messico, Giappone e Cina si muovono un anticipo di
globalizzazione quali furono le proteste studentesche.
In Italia arrivano nel ’68.
Questi movimenti (senza connotazione geografica ma con connotazione generazionale) mettono in discussione il modo in cui gli
adulti stavano governando il mondo.
Mettono dunque in discussione il modello di progresso che si era imposto, muovendosi dall’interno del mondo occidentale.
Ecco alcune frasi dei movimenti studenteschi:
«LA NOSTRA GENERAZIONE, CRESCIUTA IN CONDIZIONI DI MEDIA AGIATEZZA ED EDUCATA ALL’UNIVERSITÀ, SI RITROVA IN UN
MONDO MOLTO DIVERSO DA QUELLO IN CUI SPERAVA»
riconoscono di essere più ricchi dei loro antenati

. «LA DICHIARAZIONE “TUTTI GLI UOMINI SONO UGUALI” SUONA FALSA CONSIDERANDO LE CONDIZIONI DI VITA DEI NERI NEGLI
STATI UNITI DEL SUD E NELLE GRANDI CITTÀ DEL NORD»
. «MENTRE I DUE TERZI DELL’UMANITÀ SONO SOTTO-ALIMENTATI, LE NOSTRE CLASSI DOMINANTI GODONO DI UN’ABBONDANZA
SUPERFLUA»

. «BENCHÉ SI PENSI CHE LA POPOLAZIONE MONDIALE RADDOPPIERÀ NEI PROSSIMO 40 ANNI, LE NAZIONI ANCORA PERMETTONO
CHE LO SFRUTTAMENTO INCONTROLLATO DELLE RISORSE IMPOVERISCA LA TERRA»
Queste affermazioni sono del ’62, ma si tratta di una geografia mentale che ci propone dei temi ancora oggi attuali = non sono stati
affatto affrontati.
Oggi difficilmente dei giovani si metterebbero a criticare così duramente il mondo che hanno attorno (ideologia oggi divertentistica e
superficiale).

Ma perché proprio in quella fase i giovani sono polemici contro lo status quo?
Perché nasce la generazione dei giovani, si impone il concetto di gioventù grazie anche all’aumento del tempo della scolarizzazione
(prima si passava dall’essere fanciulli a diventare subito adulti, non si aveva tempo di formarsi e quindi si entrava di getto
nell’ideologia come la classe dominante la proponeva).
Questa nuova generazione di intellettuali vive mantenuto dalla famiglia, la scolarizzazione è diventato un onore, non hanno
responsabilità, non devono lavorare e dunque possono guardarsi attorno con l’atteggiamento di chi ancora non è dentro l’angoscia
del lavoro, del guadagno, dei compromessi, della sottomissione agli altri.
Parlano da una sottospecie di terra di nessuno dei 20enni.
In Italia tutto ciò approda sotto vari stimoli del tutto nuovi. Queste immagini sono un riassunto degli argomenti di cui questi giovani
si nutrivano:

“L’uomo a una dimensione” e “Lettera a una professoressa” sono del ’67, la guerra del Vietnam è durata circa 20 anni (’55-’75).
Si tratta di elementi che dislocavano diversamente la visione del mondo.
Arrivano in Italia dall’estero una serie di stimoli che consentono a chi può, di fare una critica dell’ideologia (Che Guevara, lottando da
comunista, propone una posizione comunista e anticapitalista; “L’uomo” di Marcuse racconta come l’uomo del mondo occidentale
diventa piatto – per questo a una dimensione – appiattito dalla pressione dell’esterno con il consumo; la guerra in Vietnam fu un
grande autogol degli USA e ci furono grandi movimenti statunitensi di protesta contro il loro stesso stato).

Dunque in Italia si diffondono pericolosamente voci che vogliono cambiare le cose.


Nel ’68 i movimenti studenteschi prendono il là nelle università – proprio dove c’erano più ascoltatori-.
In Italia il movimento sta soprattutto al nord e poi piano piano si diffonde in tutta Italia.
Il fatto di essere per lo più al nord è concepibile utilizzando il materialismo storico: sono movimenti frutto del benessere, il sistema
produceva benessere=scolarizzazione permettendo alle persone di non occuparsi solo della sopravvivenza più piatta permette loro
di avere una vita culturale – la quale porta ad un maggiore senso critico che rimanda ad un’inevitabile critica al sistema-.

Ad oggi si è riusciti a farci passare la voglia di pensare. Se prima benessere=pensiero, oggi benessere=ozio.

Innanzitutto gli studenti protestano contro il sistema dell’istruzione, estremamente rigido – i docenti erano divinità con ogni diritto,
il sistema molto gerarchizzato (studenti = sudditi)-.
In seguito poi le proteste si spostano sul piano generale della gestione della società occidentale.
Nel ’69 si istituisce una pericolosa alleanza studenti-alleati. Gli studenti vanno fuori dalle fabbriche perché andava aggiunto
l’elemento del lavoro nelle grandi fabbriche. In quest’anno si parla di autunno caldo: manifestazioni quotidiane, molto partecipate
(anche se con richieste differenti ma uniti).
Tutto ciò viene fermato in due modi, uno a breve termine e uno a lungo termine.
a breve termine: terrorismo di stato. La questione è ancora delicata e d’attualità. In Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969
mentre i movimenti studenteschi-operai protestano, nella banca d’agricoltura scoppia una bomba che fa 16 morti e 90 feriti.
Pur senza prove vengono arrestati due ragazzi del movimento anarchico – anarchia = illustre tradizione di pensiero politico per la
quale l’unica vera società non conosce un potere che la gestisce-. Si tratta dell’aspirante ballerino Pietro Valpreda e il ferroviere
Giuseppe Pinelli (muore in circostanze misteriose buttandosi dal 4° piano della questura di Milano mentre veniva interrogato, in
realtà poi fu riconosciuto che non è stato un suicidio ma un omicidio) come i responsabili.
Nel corso degli anni successivi, nel corso del processo, si va imponendo un’altra verità: i responsabili non sono loro 2 ma dei gruppi
neofascisti favoriti dai servizi segreti deviati– è una verità assodata-. Ma non si è capito quanto i servizi segreti fossero deviati.
Quella di piazza Fontana è ricordata come la prima strage di Stato

“Le bombe le mettono i padroni”. La strage di stato è quella per la quale la classe dominante (stato e politici) capiscono che
destabilizzare violentemente il sistema sociale fa si che la cittadinanza abbia paura – come la nostra paura della metro-. Così la
cittadinanza si raccoglie attorno alle istituzioni che sente la possano difendere: lo stato e le forze dell’ordine.
La strategia di distrazione di massa della tensione smorza i movimenti di destra: come fai a protestare contro uno stato sotto
minaccia?

Altre bombe neofasciste scoppiano negli anni successivi – strategie a lungo termine-:
- piazza della loggia a Brescia 1974
- il treno Italicus nell’agosto del ’74 (in piena vacanza estiva)
- 2 agosto 1980 a Bologna – quella con più morti, 80-.
L’effetto della strategia ottiene è quello desiderato: cresce il partito comunista alle elezioni (anche se non poteva andare al governo),
si registra uno spostamento a destra dell’elettorato.
Le tensioni del ’68 vengono meno.
Ci sono comunque state delle conquiste sociali: leggi (’70) sul divorzio, ’78 viene regolato l’aborto e aboliti i manicomi.

L’altro modo, a lungo termine, in cui i movimenti sono venuti meno:


ideologia divertentistica e consumistica nella quale ci siamo immersi. Uno degli slogan degli operai del ’69 “vogliamo tutto” è, non
per caso, diventato lo slogan (anche se leggermente mutato) dalle catene di grandi magazzini “vi offriamo tutto”.
Ma se nel ’69 si voleva una vita dignitosa, un abbassamento delle differenze, qui è un offrire ben altro.
A lungo termine il “vogliamo tutto” in senso umano si è tramutato in “vi offriamo tutti gli oggetti”.
Quel tutto però è diverso.
La protesta in Italia è naufragata a causa dell’ulteriore accelerazione che deriva da quel piccolo boom economico degli anni ’80 – e
non è un caso che l’ultima bomba sia di quell’anno-.
A rasserenare studenti e lavoratori da allora non è tanto la partecipazione ad eventi politici e sociali di protesta che difendono i
diritti umani ma la soddisfazione degli appetiti materiali.
Dal diritto al consumo.

Tornando alla situazione politica, avevamo detto del fallimento del centro-sinistra.
Cos’è successo a quei 4 partiti? E’ successo che nel 1989 cade il muro di Berlino che sul piano mondiale ha significato molto (cade la
distinzione tra capitalismo – che vince - e comunismo): il mondo occidentale ingloba il mondo che era stato sotto l’unione sovietica
che implode nel ’91.
Ciò ha ripercussioni sulla politica italiana: il partito comunista inizia a trasformarsi prima in partito democratico della sinistra, poi
diventa (come oggi ancora) partito democratico. Il nuovo partito democratico non si riconosce più nel comunismo: non c’è più la
parola comunismo, nemmeno il simbolo, e il colore da rosso passa a rosa. Quindi il partito comunista crolla così.
Democrazia cristiana e partito socialista (molto importante negli anni ’80 grazie a Craxi) cadono – nel ’92 parte l’indagine di “mani
pulite” che scoperchia la tangentopoli. Tangentopoli era una dinamica ormai sistematica per cui bisognava pagare ai politici somme
di denaro se si voleva fare dei lavori per lo stato.
Diventa sistematico il dover pagare la tangente (mazzetta) all’uomo politico che poteva influenzare la vittoria della gara d’appalto
per ottenere il lavoro. L’uomo politico si prendeva i soldi, l’imprenditore li pagava ma quei soldi gli ritornavano perché pagando il
costo della propria prestazione d’opera li riceveva indietro dalle casse dello stato e dunque i cittadini.
Dall’altra parte i potentati economici che sovvenzionavano i partiti affinchè questi facessero o meno leggi che potevano influire sul
lavoro di queste grandi imprese.
Una citazione di Enrico Mattei (manager italiano e presidente dell’eni) “io i partiti li prendo come i taxi, li chiamo, ci salgo sopra, poi
pago la corsa e scendo quando sono arrivato”.
Ciò significa che uno come lui quando la sua impresa aveva bisogno di una certa legge semplicemente contattava il politico di
riferimento, pagava quello che doveva, otteneva quello che voleva e scendeva da questa dinamica.
Un po’ come aveva fatto alla fiat con le autostrade.
Quindi si scopre questo loro ragionamento.

Finirono coinvolti dentro mani pulite 25400 persone. Ricevettero avvisi di garanzia dal tribunale.
Gli arrestati 4525 dei quali 1100 sono stati uomini politici.
Fu un trauma per la politica italiana che continuava a vincere.
Arnaldo Forlani, segretario della democrazia cristiana; Giulio Andreotti, presidente del consiglio; Bettino Craxi, segretario del partito
socialista. Questo fu il terremoto che segnò la fine dei partiti così come erano conosciuti dal 1946.

Durante il suo interrogatorio Craxi afferma che “lo sapevamo tutti, è ingenuo credere che le cose non siano state così”. E’ fuorilegge
che un partito prenda soldi da un imprenditore privato. Nell’interrogatorio Craxi sembra sereno come se fosse un’intervista, invece
sarà l’interrogatorio che lo condannerà.

Anche dopo tangentopoli comunque la dinamica del politico che riceve favori in cambio di decisioni politiche.

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