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Valore d’uso e valore di scambio

Come valori d'uso le merci sono soprattutto di qualità differente, come valori di scambio
possono essere soltanto di quantità differente, cioè non contengono nemmeno un atomo di
valore d'uso.
Ma, se si prescinde dal valore d'uso dei corpi delle merci, rimane loro soltanto una qualità,
quella di essere prodotti del lavoro. Eppure anche il prodotto del lavoro ci si trasforma non
appena lo abbiamo in mano. Se noi facciamo astrazione dal suo valore d'uso, facciamo
astrazione anche dalle parti costitutive e forme corporee che lo rendono valore d'uso. Non è più
tavola, né casa, né filo né altra cosa utile. Tutte le sue qualità sensibili sono cancellate. E non è
più nemmeno il prodotto del lavoro di falegnameria o del lavoro edilizio o del lavoro di filatura o
di altro lavoro produttivo determinato. Col carattere di utilità dei prodotti del lavoro scompare il
carattere di utilità dei lavori rappresentati in essi, scompaiono dunque anche le diverse forme
concrete di questi lavori, le quali non si distinguono più, ma sono ridotte tutte insieme a lavoro
umano eguale, lavoro umano in astratto.

Originariamente l'uomo produce gli oggetti al fine di usarli, in quanto gli servono per vivere.
Ebbene, nel sistema capitalistico, il valore d'uso degli oggetti sparisce e compare in primo piano
il valore di scambio relegando il valore d'uso sullo sfondo. Infatti l'oggetto arriva sul mercato
come valore di merce divenuto autonomo, nel senso che circola dalle mani del venditore alle
mani del compratore, in funzione più delle sua capacità di generare profitto, che per soddifare
reali bisogni. Infatti, nel corso del tempo, il mercato ha avuto bisogno di generare sempre nuovi
bisogni immaginari, spacciati per reali, allo scopo primario di aumentare i profitti.

Il film Cast Away ci dà una bella dimostrazione della differenza tra valore d'uso e valore di
scambio.

CAST AWAY
"Lo stravolgimento del rapporto fra valore d’uso e valore di scambio si riflette, insomma, anche
nella trasformazione della stessa Fed-Ex, nel senso che la riduzione del tempo di lavoro – e non
il contenuto specifico del lavoro in quanto tale o la sua utilità – diventa il feticcio a cui la
compagnia di spedizioni indirizza tutte le proprie energie.
Da questo punto di vista, l’utilizzazione del contenuto dei diversi pacchi da parte del naufrago (il
nastro delle videocassette utilizzato come “ottima fune”, il velo dell’abito come rete per la pesca,
le lame dei pattini per la costruzione di un’ascia) si presenta come una sorta di riconversione
generalizzata che ripercorre a ritroso le tappe che hanno condotto all’attuale “mercato mondiale”,
mediante un processo che rovescia – dall’inutile all’utile, dal superfluo al necessario, dal
valore di scambio al valore d’uso – la feticizzazione delle merci, ristabilendo il primato della
“natura” sulla “tecnica”. L’importanza assolutamente decisiva dei pacchi nella vicenda descritta
nel film è confermata da una scelta di grande efficacia, quale è quella compiuta nelle prime
sequenze, quando la macchina da presa si muove solidalmente con uno dei plichi pronti per la
consegna, quasi a significare, con l’uso di questa insolita “soggettiva”, che il vero protagonista
dell’opera è per l’appunto un pacco.
A un pacco, infatti, è anzitutto assegnato il compito di dare forma concreta al bisogno del
naufrago di poter intrattenere un rapporto con l’“altro”. Lo stratagemma di affidare a un pallone
di marca Wilson la funzione di silenzioso, e insieme eloquentissimo, interlocutore di Chuck, non
solo consente di risolvere brillantemente il problema di “dare voce” a ciò che altrimenti sarebbe
rimasto un monologo interiore, come tale cinematograficamente non esprimibile, ma offre la
possibilità di comprendere quale sia la “gerarchia” di ciò che può “salvare” gli uomini, secondo
una classificazione che ci riporta alla versione esiodea del mito di Prometeo." Umberto Curi

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