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Il gallo e gli uccelli

Affermano alcuni maestri e scrittori ebrei, che tra il cielo e la terra, o vogliamo dire mezzo
nell’uno e mezzo nell’altra, vive un certo gallo salvatico; il quale sta in sulla terra coi piedi, e
tocca colla cresta e col becco il cielo. Questo gallo gigante, oltre a varie particolarità che di lui si
possono leggere negli autori predetti, ha uso di ragione.”
“Su, mortali, destatevi. Il dì rinasce: torna la verità in sulla terra, e partonsene le immagini
vane.”
“Pare che l’essere delle cose abbia per suo proprio ed unico obbietto il morire. Non potendo
morire quel che non era, perciò dal nulla scaturirono le cose che sono.
“Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato
né inteso, si dileguerà e perderassi.”

Il gallo silvestre, che sa delle cose del cielo e della terra, fisico e metafisico nello stesso temo,
risveglia, gli uomini dal sonno delle false illusioni alla verità di una luce terribile, poiché illumina la
condizione tragica degli uomini. Vano è desiderare la felicità, visto che nessuna creatura l’ha mai
ottenuta e mai la otterrà nel “presente”. Il sole stesso, che è una luce buia, condivide con tutto il
resto del mondo questo destino tragico. La morte è il solo e unico intento della natura. 3
Fine del cinema!
Anche Hoelderlin - un altro poeta romantico - dice: “siamo un segno senza significato”.
Alla domanda quale sia il senso di questo destino tragico la risposta è “non c’è nessun senso”. Il
senso lo troviamo nella fine tragicomica dell’islandese che fuggendo dappertutto la natura, alla
fine ci va a sbattere contro, e diventa cibo per due leoni magri e intorti, o, nell’altra versione,
sepolto da una tempesta di sabbia e ridotto a mummia in un museo. Bella consolazione!
Nonostante questa incrollabile certezza, ecco appare sulla scena Amelio, filosofo solitario, che
crede di ascoltare un’altra risposta, diversa da quella nichilista del gallo. Questa risposta è il
cinguettio degli uccelli, una mattina di primavera, che sembra dire: noi uccelli siamo felici!
Possibile? Forse sì, forse, no, ma in ogni caso, per Amelio, gli uccelli dicono di essere
“veramente” felici visto che “nei moti e nell’aspetto lietissimi … sono tali, che per natura dinotano
abilitá e disposizione speciale a provare godimento e gioia; la quale apparenza non è da riputare
vana e ingannevole.”.
In che cosa consiste tale felicità? Nel fatto che cantano, volano e sono sempre in movimento.
“Per ogni diletto e ogni contentezza che hanno, cantano; e quanto è maggiore il diletto e la
contentezza, tanto piú lena e piú studio pongono nel cantare. E cantando buona parte del tempo,
s’inferisce che ordinariamente stanno di buona voglia e godono.”
Volano “per sollazzo; e … parrebbe si potesse affermare che naturalmente lo stato ordinario
degli altri animali, compresovi ancora gli uomini, si è la quiete; degli uccelli, il moto.”
La felicità non è qualcosa che possa essere dimostrata razionalmente nella forma di
un’argomentazione che dalla premessa procede alla conseguenza, e nemmeno qualcosa che
possa essere definita nella forma della riflessione o per mezzo di forme trascendentali per cui
costruiamo il mondo dell’esperienza (Kant), bensì è la “pratica” di un’esistenza che ha la forza e
il coraggio di cantare e ridere., essendo il canto una specie di “riso che l’uccello fa, quando egli
si sente star bene e piacevolmente”.
Leopardi ritiene che gli uomini si avvicinino agli uccelli quando ridono, essendo il riso una
“ pazzia non durabile, o pure di vaneggiamento e delirio. Perciocché gli uomini non essendo mai
soddisfatti né mai dilettati veramente da cosa alcuna, non possono aver causa di riso che sia
ragionevole e giusta.”
Volo, canto e moto, appaiono come l’espressione di una musica, che ha messo insieme
armonicamente sia l’interno che l’esterno, sia il vicino e il lontano, il naturale e l’artificiale, la
ragione e il riso, armonia che gli uomini hanno perduto a causa di una razionalità che ha chiuso la
natura in un inerte meccanismo razionale in cui appare imprigionata e destinata all’infelicità e alla
morte.
La filosofia di Amelio è quella che non scorge nel volare il volo, un prodotto della natura, ma il
volare nel volare, la libera vitalità che non “sta” mai da qualche parte, ma è un divenire continuo.
E, in questo divenire, si diviene gioiosi; tanto che Amelio, alla fine, chiede di essere trasformato
in un uccello.

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