Nelle società primitive non esisteva un concetto di lavoro con il significato che gli è stato
attribuito nel XX secolo, ossia un’idea di lavoro come applicazione delle capacità fisiche ed
umane per la produzione di beni e servizi. L’attività di formazione coincideva con quella di
riproduzione dell’individuo ed il tempo di lavoro corrispondeva al tempo di vita. Allo stesso
modo, anche gli uomini delle società pre-classiche non concepivano il tempo come strenua
divisione tra vita e lavoro. La parola lavoro, è quindi evidente, non si esplicava nell’accezione
moderna che si è sviluppata solo in concomitanza con l'avvento delle prime fabbriche. A questo
punto svolgere un lavoro inizia ad assumere un significato differente, l'uomo infatti inizia ad
entrare a far parte di una forza produttrice essenziale non solo per lo sviluppo, ma anche la
trasformazione ed il miglioramento della società.
Lo stesso approccio scientifico che Marx applica nella sua analisi della società capitalistica,
era intrinseco anche della letteratura del Positivismo di inizio ‘800 che si concretizzava in
Francia con il Naturalismo. Gli autori del Naturalismo, si proponevano di descrivere la realtà
psicologica e sociale che gli circondava con gli stessi metodi usati nelle scienze naturali. Il
romanzo doveva porsi gli scopi e i metodi della scienza che basava la conoscenza
sull’osservazione, sulla sperimentazione e sulla verifica.
Il narratore di Rosso Malpelo è un narratore popolare, che ci racconta i fatti già conclusi e
corrisponde alla voce di tutto il popolo, un coro, il punto di vista della comunità. Ci troviamo
allora di fronte a un narratore inattendibile alle cui parole non possiamo credere perché non
riporta la verità, ma un punto di vista distorto. Questo narratore non capisce le azioni di Malpelo
e le attribuisce tutte alla sua presunta malvagità derivante dai capelli rossi.
La novella, nella sua rappresentazione della negatività e del pessimismo legati all’idea propria
di Verga di una società in cui vige il Darwinismo Sociale e la legge del più forte, mette anche
in luce i sistemi di lavoro ancora primitivi, in una situazione nella quale non vi è nessuna
considerazione per la vita umana.
Gli operai sono sfruttati, considerati come bestie, e nonostante le loro sofferenze si
rassegnavano faticosamente al loro destino.
Le dure condizioni lavorative, oltre che su gli adulti, gravano anche sui minori, ancora nella
fase critica del loro sviluppo, avendo quindi ripercussioni sulla loro crescita e sulla loro
personalità.
Oggi ci sono legge volte alla tutela del lavoro minorile, e la stessa Costituzione italiana
stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato, garantendo il diritto di parità di
retribuzione a parità di lavoro, trattandosi sempre di una tipologia di lavoro che non abbia
conseguenze sullo sviluppo psicofisico del lavoratore minorenne.