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Appunti LIBRO: Mori P.

Economia della cooperazione e del non-profit edizione 2015

FORME D’IMPRESA

L’impresa capitalistica è solo una delle forme organizzative delle attività economiche.
Uno dei temi su cui vogliamo riflettere è la diversità delle forme d’impresa soprattutto in relazione al contesto,
quindi al mercato, dove queste entità nascono/ si sviluppano/ operano/ muoiono.
Questo è l’ambito di studio perciò partiamo da qualcosa di concreto: quali sono, come nascono e dove nascono
le forme di impresa più diffuse.
Andiamo all’inizio dell’era capitalistica. Verso la fine del 18esimo secolo in Inghilterra si verifica l’evento epocale
che va sotto il nome di rivoluzione industriale: è lì che nasce il capitalismo che rivoluziona l’economia e la società
precedente.
Cos’è che caratterizza questo evento? Cosa succede con la nascita del capitalismo?
Storici ed economici diversi danno risposte diverse; esistono diverse idee/interpretazioni di ciò che è avvenuto
ma visto che non è oggetto del nostro corso non approfondiamo la storiografia della riv industriale. A noi ci
interessano solo i tratti fondamentali. Nella diversità di opinioni c’è un punto comune: qualunque cosa
sia il capitalismo, qualunque cosa sia successa, qualunque sia l’entità della rottura con il passato
(viste le opinioni diverse) tutti convengono su un punto e cioè che il capitalismo nasce con l’impresa
capitalistica! Quindi nel momento in cui nasce uno, nasce anche l’altro.
Per quanto riguarda il nostro corso, partendo dalla forma dell’impresa capitalistica, andremo ad occuparci
dell'organizzazione complessiva della società moderna.
Ma ritorniamo ad analizzare in chiave storica cos’è stata la nascita dell’impresa capitalistica; quando e cosa si è
manifestato? Tratto fondamentale è la presenza di un capitale. Infatti a un certo punto le esigenze della
produzione di massa aumentano le esigenze di capitale da impiegare nella produzione e abbastanza
repentinamente si impone questa forma organizzativa dove il proprietario del capitale (colui che ha i mezzi
finanziari o i mezzi reali come gli strumenti di produzione) per far lavorare il proprio capitale affitta/assume
lavoro contro un salario. Questo è il momento in cui nasce e si consolida l’impresa capitalistica.
Ci possono essere organizzazioni economiche che non rispettano questo schema? Per noi è difficile immaginare
situazioni dove l’economia si muove senza questo schema. Ma l’impresa capitalistica è un tratto della modernità
economica; tutte le economie antecedenti al capitalismo non avevano questo tratto: il lavoro c’era, gli strumenti
di produzione c’erano ma l’organizzazione era diversa. Ora il punto centrale è la necessità di concentrare sulla
produzione di massa capitali consistenti che abbiano il potere di raccogliere lavoro sul mercato contro la
remunerazione.
Precedentemente tipicamente il lavoro era servile o schiavistico, o anche indipendente/autonomo (artigianale ->
mezzi di produzione appartenevano al lavoratore ma questo era limitato/condizionato nella capacità di azione
dall’appartenenza ad una corporazione; l’artigianato non aveva le caratteristiche attuali). Nel passato, prima del
capitalismo, quello che mancava era il mercato del lavoro dove lavoratori liberi (non legati ad un padrone,
signore o corporazione) si potevano offrire contro un salario. Questa organizzazione è assolutamente moderna e
non esisteva prima del capitalismo.
Se non c’è un mercato di lavoro non può esistere l’impresa capitalistica. Quindi il capitalismo nasce quando si
dissolve il sistema feudale di organizzazione della produzione. Questo non significa che non esistevano grandi
entità produttive anche in epoche precedenti; la produzione in fabbrica è un portato della rivoluzione ma questo
non significa che non esistessero anche precedentemente (es nell’ambito delle costruzioni di navi -> c’erano
anche nel medioevo attività di fabbrica, di grande dimensioni, ma non avevano la natura dell’impresa
capitalistica). L’impresa capitalistica rende però la produzione di grande scala accessibile in modo generale,
come forma normale della produzione.
Questo evento, o complessi di eventi (nascita della produzione di massa e dell’impresa capitalistica), si
accompagna ad una situazione di turbolenza sociale dovuta prevalentemente all’instabilità del capitalismo. Una
maggiore volatilità dell’economia si manifesta subito e la ciclicità si traduce per le classi più deboli in situazioni di
disagio (disoccupazione, povertà; in certe fasi del ciclo economico le classi deboli si trovano in difficoltà).
Nelle economie precedenti il problema era di natura tecnica, essendo economie basate sull’agricoltura; la
ciclicità del prodotto lordo era infatti legata alla natura. Con il capitalismo abbiamo una ciclicità endogena (non
naturale) e questo comporta ripercussioni sociali.
Quando si iniziano a manifestare questi fenomeni, iniziano a manifestarsi delle opposizioni.
La produzione su grande scala in modo alternativo alle imprese capitalistiche.

L’organizzazione nel capitalismo è la seguente: il capitale assume il lavoro; per quanto riguarda il rapporto con il
lavoro, quest’ultimo viene affittato e viene pagato il salario. In definitiva il capitale affitta il lavoro!
La domanda che alcuni cominciarono a porsi verso la fine del ‘700 riguarda la possibilità di organizzare la
produzione di fabbrica (produzione di massa che richiede ingenti capitali) in modo alternativo (con assetti diversi
da quello delle imprese capitalistiche). La risposta è positiva, e fa riferimento ad un rovesciamento del principio
il capitale affitta lavoro (quindi è il lavoro che affitta il capitale).
Nell’ambito di questa riflessione si cominciarono a configurarsi forme alternative (forme organizzative diverse
dal capitalismo), in particolare la cooperazione di lavoro (l’impresa cooperativa di lavoro si basa sul principio
inverso: il lavoro affitta capitale).

2° lezione
venerdì 16 settembre

Oggetto del nostro studio -> imprese e, in generali, le organizzazioni che hanno una natura simile xk svolgono att
produttive (magari nn classificabili come imprese ma sono molto simili ad esse).
Ritorniamo a: cosa sono le imprese; quando nascono?
Siamo partiti dalla riv industriale xk è lì che nasce l’economia moderna (ec capitalistica) ed abbiamo visto che il
capitalismo nasce in concomitanza a tanti fenomeni sociali ma c’è uno discriminante.
L’impresa capitalistica nasce col capitalismo, ma anche viceversa (qndi nasce il capitalismo quando nasce
l’impresa capitalistica). Ricordiamo ora sull'impresa capitalistica che è una organizzazione economica che ha una
struttura molto semplice: ci sono più soggetti proprietari di capitali (che nn ci mettono il lavoro) e a fronte di
questi c’è qualcun'altro che ci mette il lavoro xk il capitale da solo nn possono produrre alcunchè; quindi di
fronte al capitale c’è necessariamente il lavoro ma c’è un punto importante è il capitale che comanda (è il
soggetto che apporta il capitale che ha controllo dell’organizzazione e come ritorno dell’att di controllo gode dei
frutti dell’attività economica).
Qndi il punto fondamentale è controllo + accesso/diritto al risultato netto dell’attività che si svolge sotto il
controllo del capitalista (frutto netto vuol dire quello che noi chiamiamo utile/profitto).
In conclusione: l'attività ec di tipo capitalistico genera un surplus e tale valore netto è assegnato al capitale.

Quanto descritto è lo schema organizzativo micro economico (a livello di singola att produttiva) che
contraddistingue l’economia capitalistica. Abbiamo detto però che nell’economia capitalistica, anche nelle realtà
più avanzate (paesi leader del capitalismo), l’impresa capitalistica non è l’unica forma organizzativa dell’impresa
(nonostante sia la più rilevante). Abbiamo iniziato infatti a parlare di altre forme di organizzazione, in particolare
della cooperazione.
La riv industriale inizia in Inghilterra nel 18 secolo; verso la fine del secolo comincia a manifestarsi con una certa
evidenza e quasi contemporaneamente iniziano a manifestarsi dei prb sociali che origina dei movimenti contrari
al capitalismo.
La forma organizzativa che nasce è quella legata alla necessità di investire ingenti capitali in attività produttive.
Per poter esistere questo schema ci dev’essere un capitalista che faccia lavorare altri soggetti sul prp capitale
(immaginiamo il capitale come capitale fisico, cioè strumenti di produzione). Il lavoratore dell’epoca moderna è
un lavoratore diverso da quello delle epoche precedenti xk tendenzialmente è un lavoratore salariato (prima
abbiamo visto che nn era così). Quest’ultimo è un'invenzione moderna, c’è sempre stato in tutte le epoche ma ai
margini dell'economia. Precedentemente il lavoro infatti era prevalentemente di altra natura: il lavoro servile
(nelle diverse varianti schiavo/ servo; nn veniva comprato sul mercato lavoro ma venivano comprate
direttamente le persone) ed il lavoro autonomo (inteso come lavoro artigianale. In questo caso le persone erano
libere e svolgevano un lavoro in proprio; inoltre erano proprietari dei mezzi di produzione che usavano. Ma alla
libertà vi erano dei limiti: per es a Firenze i soggetti dovevano essere iscritti ad una corporazione, altrimenti non
potevano svolgere l’attività).
Il lavoro libero, come lo intendiamo oggi, prima del capitalismo non c’era. Con il capitalismo nasce anche il
mercato di lavoro e comincia a prendere piede il lavoro salariato (questa massa di lavoratori che è libera ha in
mano solo il prp lavoro), ma iniziano anche i prb sociali che vediamo ancora oggi (cioè le difficoltà che le classi
lavoratrici incontrano nel mantenere uno standard dignitoso di sopravvivenza. Quest’ultimo in qlche modo era
garantito precedentemente, ma nn è più garantito dal nuovo assetto sociale basato sulla libertà. Inizia una
situazione di incertezza di queste classi alla ciclicità del capitalismo e quando le cose andavano male, cioè
quando c’era una recessione, è chiaro che c’era anche disoccupazione. Per questi soggetti, che si trovano senza
reti di protezione, il prb diventava allora quello della povertà).
Mentre nasce il capitalismo come nuova organizzazione delle attività economiche, quasi in contemporanea
nasce l’opposizione al capitalismo da strati, da prima piccoli, di pensatori/riformatori/filosofi. Ci si comincia
inoltre a interrogare sulla possibilità di organizzare la produzione di massa (portato più evidente della
modernità) in altri modi, cioè con altre forme organizzative. La prima forma che viene presa in considerazione è
la cooperazione, in particolare la 1cooperazione di lavoro.
Quando si parla di cooperativa di lavoro si fa riferimento al rovesciamento del principio capitalistico che abbiamo
annunciato come fondamento dell’impresa capitalistica (c’è il capitalista e sotto i lavoratori: il primo ingaggia i
lavoratori, li paga a salario contro prestazioni definite e si tiene i frutti dell’attività). La cooperazione di lavoro
viene concepita verso la fine del 18esimo secolo e lo schema è estremamente semplice: sono i lavoratori che
affittano il capitale (l’idea è invece di avere capitalisti che affittano lavoratori, si hanno dei lavoratori che
affittano il capitale).
Si cominciano anche a fare delle sperimentazioni (inizialmente in europa) ma nn c’è una grande diffusione. Passa
infatti la prima metà del 700 ma l’idea nn ha una presa pratica e non si traduce concretamente in nulla, fino al
1844 quando a Rochdale succedono degli eventi che danno un impulso cruciale a quest’idea della cooperazione
e la cooperazione di lavoro si inizia a diffondere. Questo paese rappresenta l’unica via di accesso ad una miniera;
tutto quello che c’è nel paese inoltre è di proprietà dei proprietari della miniera. Tra le varie cose c’è anche uno
spaccio (che è aziendale e che fa parte della miniera e che opera in regime di monopolio) le cui condizioni di
acquisto risultano sfavorevoli per i lavoratori; quest’ultimi fanno uno sciopero contro la gestione aziendale dello
spaccio ma il tentativo fallisce. A tale punto i lavoratori decidono di attuare una secessione dall’azienda (per lo
meno per quanto riguarda l'approvvigionamento) ed istituiscono uno spaccio autonomo, concorrente a quello
aziendale. E’ proprio in questo modo che nasce la storia della 2cooperazione di consumo.
Tra la cooperazione di lavoro e la cooperazione di consumo è comune il ruolo del capitale; nello schema della
cooperazione non è il capitale che comanda ma esso diventa subordinato ai lavoratori/ consumatori. Sono infatti
i lavoratori/consumatori che prendono su di sé l’attività economica (diventano imprenditori, anche dal pdv
giuridico). Lo schema è sempre lo stesso: c’è qualcuno altro che sta sopra che non è il capitale (possono variare
le figure cioè possono essere lavoratori o consumatori o tante altre cose diverse che si sostituiscono al
capitalista) e che assume quest’ultimo.
Un'altra forma importante che nasce alla fine dell'800 e che sopravvive fino ad oggi è 3la cooperativa bancaria.
In questo caso si tratta di figure che hanno difficoltà di accesso al credito (nn si tratta di soggetti che hanno
denaro da prestare; questi sono banchieri) e che si riuniscono per prendere il posto sopra il capitale (secondo lo
stesso schema di prima: debitori/capitale1); essi devono attirare il capitale necessario per l’attività che in questo
caso è un’attività bancaria. Nei paesi di lingua tedesca si chiamavano, e si chiamano tutt’oggi, Reiffesen bank
(Reiffesen è il signore a cui è venuta in mente per primo questa idea). Questa è un’esperienza che nasce da
un’idea (anche tutte le altre forme di cooperazione nascono da un’idea); mentre non c’è nessuno a cui viene
associata l’invenzione dell’impresa capitalistica (nel caso si trova qualcuno che l’ha studiata ma nessuno l’ha
inventata, essa semplicemente nasce). Reiffeisen si inventa l’idea di credito cooperativo che si diffonde in modo
quasi simultaneo in europa (infatti pochi anni dopo la nascita della prima in germania, nasce anche in italia).

Il capitalismo e l'impresa capitalistica nascono insieme ma il capitalismo si basa preponderatamente sull'impresa


capitalistica. Quasi da subito il capitalismo si presenta molto differenziato al suo interno: mentre le epoche
precedenti erano molto omogenee anche dal pdv delle istituzioni economiche, il capitalismo era molto
variegato. Nel capitalismo convivono infatti molte forme diverse e noi vogliamo capire le ragioni di questa
varietà: come mai convivono, per es per il settore bancario, le banche commerciali di tipo capitalistico con le
banche di credito cooperativo che hanno natura diversa (N.B. certamente il peso economico è diverso). Questa è
la ragione d’essere della teoria economica.

Impresa e non profit -> Si può avere un’impresa non profit? Si!
Visto che sappiamo che esistono diverse forme organizzative di un’attività produttiva, allora vogliamo dotarci di
alcuni concetti che ci consentono di trattare in modo astratto questo problema. N elle att economiche ci sono
almeno due livelli essenziali: un livello tecnologico (un’attività produttiva si basa, per potere
1Lo schema nell’impresa capitalistica è capitale/lavoratori, mentre nella cooperativa di lavoro è lavoratori/capitale.
esistere, su una tecnologia intesa come concetto molto ampio dove si considera tutto ciò che
riguarda l’attività produttiva in senso stretto) ed un livello organizzativo. I due livelli sono
abbastanza slegati tra di loro 2: su una stessa tecnologia (base tecnologica/ su uno stesso processo
produttivo) si possono innestare diversi modelli organizzativi ; l’organizzazione si può vedere infatti
come qlcosa da sovramettere su una base tecnologica.
I modelli organizzativi consistono nella modalità di organizzare un determinato processo. Vi sono diverse
possibilità: mediante un’impresa capitalistica, una cooperativa di lavoro, una cooperativa di
consumo oppure mediante altre forme di organizzazione. Il problema dell'economia
dell’organizzazione è essenzialmente questo; l’interesse ricade sul “pezzo da mettere sopra il
processo produttivo”.
La scelta di un determinato modello da cosa dipende? Quali sono i vantaggi di una forma rispetto ad
un’altra? La risposta, che rappresenta il nucleo di questa disciplina, si illustrerà ricorrendo prima a
determinati concetti.
Un problema organizzativo nasce con quella che gli economisti chiamano la divisione sociale del
lavoro. Con questa espressione si intende una cosa molto semplice: i processi produttivi (livello
tecnologico) si compongono tipicamente di molte mansioni interconnesse e l’espressione in questione
fa riferimento a chi svolge tali mansioni. Nelle economie più semplici questi processi produttivi sono
molto integrati fra loro, cioè sono poche person e (al limite una sola) che svolgono tutte le mansioni di
un ciclo produttivo (una situazione di questo genere, con una sola persona, viene chiamata dagli
economisti autoarchia. Essa è la situazione opposta alla divisione sociale del lavorche
La divisione sociale del lavoro è un processo che storicamente si è verificato passando da una
situazione in cui ognuno produce per sé stesso ad una in cui le molteplicità delle mansioni vengono
assegnate a persone diverse. Il dato costante dell’evoluzione, dal pdv tecnolo gico, riguarda le
mansioni attribuite ai singoli che sono storicamente diventate sempre più specializzate : ciascun
soggetto (operatore/produttore) è diventato sempre più circoscritto a mansioni sempre più
piccole. Oggi viviamo in una società dove la divisione sociale del lavoro è estremamente evidente.
Affinché ci possa essere divisione sociale del lavoro, ci vogliono due condizioni. Se c’è divisione sociale del
lavoro vuol dire che le mansioni di un ciclo produttivo sono divise tra più soggetti 1che devono
avere la possibilità di collaborare tra loro (cooperazione tra i soggetti)3; se nn c’è cooperazione nn ci
può essere divisione sociale del lavoro . Ma è necessaria un’ulteriore condizione: 2tutti coloro che
sono coinvolti in un sistema basato sulla divisione sociale del lavoro hanno bisogno di accedere a beni che
loro non producono (se io produco bulloni, ho la necessità di accedere a beni o semilavorati che io nn
produco) e ciò è possibile grazie alla circolazione dei beni. Ci dev’essere un meccanismo che faccia
passare i beni da chi li vende a chi produce. Una delle modalità di circolazione dei beni è lo scambio,
ma nn necessariamente; in un sistema centralizzato è possibile almeno teoricamente concepire
un’autorità (es stato) che provvede a questa circolazione dei beni (fa passare di mano i beni a
seconda delle esigenze).

In definitiva, nella teoria dell’organizzazione le forme organizzative vengono viste come forme
alternative. L’organizzazione viene vista come quella cosa che consente la collaborazione in modo
diverso. Ma com'è che forme diverse consentono la collaborazione tra soggetti che sono impegnati
nel ciclo produttivo?

CICLO PRODUTTIVO (livello tecnologico)


Abbiamo visto che questo è il piano basso, quello che sta sotto e che prendiamo come dato. Ma
dobbiamo capire cos’è. Esso è quel dato su cui applichiamo le diverse forme organizzative.
2 La tecnologia è qlcosa di autonomo rispetto all’organizzazione, anche se si vedrà che questo nn è del tutto vero.
3 Specifichiamo che il concetto di cooperazione nn è visto in questo caso come organizzazione d’impresa, ma è inteso
come collaborazione tra soggetti che esercitano lavori o mansioni diverse finalizzata al raggiungimento di un risultato.
Possiamo pensarlo come un luogo delimitato dove dentro c’è qualcosa (un ciclo produttivo delimitato
all’interno di un’impresa); questo è un modo ma nn è quello che ci serve. Oppure possiamo vederlo
come qlcosa che sia staccato o staccabile dal livello organizzativo ; in tal caso c’è un’idea di divisione
delle mansioni, c’è una consequenzialità tra le mansioni, e nn mi interessa tracciare dei limiti (parto
dalla materia prima fino all’uscita d el prodotto finale. Questo, uscendo dalla produzione, entra
direttamente nella fase di consumo per essere distrutto).
Si tratta di qlcosa che è analogo ad un'attività produttiva ma senza i confini dell’organizzazione che
noi metteremo dopo (andremo infatti a vedere come un ciclo si scompone tra le diverse
organizzazioni).

3° lezione
giovedì 22 settembre

Partendo dalle nozioni generali viste nella lezione precedente, vogliamo avvicinarci al prb dell’organizzazione. A
tale fine facciamo però un passo intermedio: illustriamo in un modo comprensibile e sintetico la
rappresentazione della tecnologia (cioè di un livello tecnologico che esiste in qualsiasi processo produttivo e che
è nostra intenzione separare dal livello organizzativo).
Quindi vogliamo descrivere quello che è un processo produttivo (che abbiamo iniziato a chiamare ciclo
produttivo) in modo distinto da quello organizzativo.
Dobbiamo dare una definizione di ciclo produttivo (che verrà rappresentato graficamente) che non sia
collegata/confinata ad un’unità organizzativa in quanto vogliamo separare le due cose.
Quindi devo prendere qualcosa di più ampio, che non abbia confini organizzativi.
Il ciclo ha un inizio ed una fine: l’inizio viene preso il più lontano possibile, laddove tutto inizia (con le materie
prime), ed il punto finale è quando si raggiunge un bene che non viene ulteriormente consumato ma viene
avviato al consumo (esce dalla produzione ed entra nel consumo dove viene distrutto). Questo è il ciclo (N.B.
prendiamo quello più lungo possibile). Se prendo un qualcosa fatto in questo modo non mi sto confinando al
livello organizzativo, indubbiamente infatti attraversa molte unità organizzative.
Il modo di rappresentazione del ciclo produttivo, nelle sue componenti essenziali, è mediante un grafo (G1 fogli
oppure pag 16 del libro) che ha un’interpretazione molto intuitiva.
Sulla retta del tempo andiamo a rappresentare degli intervalli che sono da intendersi come date/unità di
tempo/fasi; si capisce già da questo che c’è una dimensione temporale (c’è un inizio ed una fine). Questa retta
non fa parte del grafo ma ci serve per dare un’interpretazione a questo.
Il grafo è un insieme di punti e di segmenti (propriamente si chiamano nodi/punti e connettori/archi. Un arco
congiunge due nodi).
Abbiamo 6 date/fasi di tempo in cui avviene qualcosa; ci sono delle attività che possono avvenire in ciascuna di
queste fasi. Con delle linee verticali rappresentiamo i nodi contemporanei (in corrispondenza dell’istante 1
abbiamo 4 nodi sulla linea verticale); mentre i punti che leggo in orizzontale sono in sequenza (c’è uno che
avviene prima dell’altro).
Ciascun nodo rappresenta una mansione o un soggetto che svolge una mansione (per semplicità possiamo
identificare le due cose. Quindi, per es, soggetto A svolge la mansione A); perciò il nodo è la descrizione di
un’attività lavorativa.
Notiamo inoltre che i connettori uniscono sempre nodi non contemporanei e ciò significa che ci sono due
mansioni (di cui una viene prima ed una dopo) e c’è un bene/semilavorato che è prodotto nella mansione prima
e che passa di mano per raggiungere l’individuo/mansione che viene dopo.
Abbiamo diverse linee che vanno mano mano a restringersi: è un processo che inizia in tanti punti diversi (non
c’è un unico punto dove inizia come è normale; per produrre una qualsiasi cosa ho bisogno di energia e materia
prima e già questo mi testimonia ciò) ma finisce in un unico punto di arrivo.
Quindi G1 è la rappresentazione del ciclo produttivo (o processo produttivo). Quest’ultimo per essere descritto
interamente avrebbe bisogno di molto spazio; ed inoltre sicuramente dovremmo andare a toccare aspetti
puramente tecnologici (cosa si fa, come si fa, quanto si fa in ciascuna fase) e anche aspetti organizzativi (come
sono combinate queste fasi). Tale ultimo aspetto non c’è quindi quanto rappresentato è lo scheletro minimale di
un processo produttivo tecnologico, è infatti un grafo puramente tecnologico. A noi interessa infatti avere come
riferimento un oggetto puramente tecnologico senza alcun dato organizzativo.
Specifichiamo nuovamente che per indicare un processo compiutamente si dovrebbero avere ulteriori
informazioni, ma queste hanno dentro già dei dati organizzativi (es come si fanno le cose). Noi ci limitiamo ad
una descrizione minima su cui andiamo a fare ragionamenti organizzativi. Per es B,C,F (so cosa c’è dentro, sò chi
dovrebbe essere attivo per svolgere tali attività) potrebbero essere parte di una stessa unità organizzativa; ma
qui non viene detto. Non sappiamo infatti come questo processo si articola in unità organizzative; cioè quali sono
le organizzazioni che intervengono nelle diverse fasi del processo.
Chiaramente abbiamo un prb di cooperazione complessa tra più soggetti (ci sono molte mansioni disintegrate). Il
problema dell’organizzazione nasce quando si tratta di strutturare la cooperazione tra questi soggetti, cioè tale
problema si pone quando ci chiediamo come questi soggetti possono/debbono collaborare. Quindi ora andiamo
verso il prb organizzativo (che essenzialmente è relativo al prb della cooperazione).
Cominciamo a vedere delle soluzioni che possono essere collocate sopra la struttura del G1 in modo da farla
funzionare, xk per ora è uno schema inerte. Le soluzioni organizzative possono essere molteplici.

Parliamo per prima di cooperazione (in senso generico, non come forma di impresa) -> per potere cooperare due
soggetti necessitano di condizioni tecnologiche, una lingua, procedure, condizioni sociali ecc. Una condizione
però necessaria affinché si possa cooperare in modo produttivo è il coordinamento. Prendiamo per esempio A e
D sul grafico che vediamo essere direttamente connessi: da A deve partire un semilavorato che arriva a D e
quest’ultimo dev’essere in grado di fare la mansione che gli compete affinché possa rilasciare a sua volta un
semilavorato che verrà consegnato ad H. Per verificarsi quanto descritto (quindi affinché ci sia coordinamento),
sono necessarie almeno due cose:
1. che il bene che transita da A a D abbia le caratteristiche giuste (cioè sia quello che serve a D per svolgere la sua
mansione); quindi il coordinamento ha una dimensione qualitativa.
2. che il bene che transita a D arrivi nel momento giusto, quindi devono essere rispettati i tempi richiesti dal
processo.
Il coordinamento è una condizione necessaria della cooperazione (cioè collaborazione al fine comune che è
quello di arrivare al bene finale) e si manifesta a due livelli: qualitativo e temporale. Quindi la cooperazione
richiede coordinamento.
Quando andremo a vedere le diverse tipologie di organizzazione, vedremo che queste hanno modalità diverse di
cooperare e, specificamente, di coordinare.
Quello che ci serve della base tecnologico lo abbiamo visto e quindi possiamo andare verso il prb organizzativo,
cioè verso le diverse modalità di realizzare la cooperazione. Sullo stesso ciclo produttivo possiamo inserire
diverse tipologie di organizzazioni.
Andiamo quindi a parlare di come cooperare.
Ora andiamo a lavorare con un’altro grafico (G2 fogli) che rappresenta il più piccolo ciclo produttivo che si può
concepire (ha 2 nodi ed un connettore). Immaginiamo che il nostro mondo comprende un processo produttivo
dove ci sono due soli individui e andiamo a fare degli esempi rappresentanti ciascuno una diversa modalità
organizzativa che possiamo immaginare sovraimposta su questa struttura tecnologica.
A*---|---*B
Es 1. Immaginiamo che A e B siano due individui fisici (per semplificazione) che devono svolgere due mansioni;
supponiamo inoltre che essi non si conoscono. Il grafico però ci dice che a un certo punto devono entrare in
contatto tra di loro perchè c’è un connettore che abbiamo tradotto come trasferimento di semilavorato. Il tipo di
contatto più ovvio, in una tale situazione, è lo scambio4 perchè è il più frequente (il semilavorato viene ceduto da
A a B che dà qualcosa in cambio; che può essere un altro bene, o moneta) 5. Una volta effettuato lo scambio i due
soggetti non hanno più contatti.
In questo caso nn abbiamo raccontato un processo tecnologico (quest’ultimo ci dice come si interrelazionano tra
di loro le mansioni ed i soggetti), ma abbiamo raccontato come i soggetti cooperano nel processo produttivo. E
se cooperare è l’oggetto dell’organizzazione, quanto raccontato è una modalità organizzativa che può essere
chiamata COOPERAZIONE ATTRAVERSO MERCATO.
Siamo portati a pensare il mercato come un luogo dove avvengono gli scambi; in realtà dal pdv della teoria
organizzative il mercato non è un luogo ma è una modalità organizzativa esso stesso. Quindi il mercato è quella
modalità organizzativa che mi consente di far cooperare due soggetti che esistono sullo stesso ciclo produttivo; il
punto distintivo di tale modalità è l’autonomia decisionale di ciascun soggetto coinvolto.

4 Per ragioni di semplicità, tutti gli esempi verranno riferiti ad uno scambio ma ci possono essere anche altri tipi di
transazioni simili ad esso.
5 B chiude il ciclo produttivo trasformando il semilavorato.
Es 2. E’ una variante del precedente. Immaginiamo che A sia un idraulico e B è qualcuno che abbia un’attività
produttiva (anche se potrebbe anche svolgere attività di consumo) ed ha bisogno di riparare una tubazione che
lui non sà riparare. L’oggetto della transazione qui non è un oggetto materiale, ma immateriale (un servizio).
Quest’ultimo non può essere trasportato e allora fisicamente la tecnologica prevede in questo caso che A vada
dove è il tubo e svolga la propria mansione prendendo un compenso. Dal pdv organizzativo, cioè delle relazioni,
le due situazioni sono identiche (i rapporti in questa schema organizzativo tra A e B sono gli stessi: B nn sà nulla
di idraulica, A non è comandato a fare qualcosa di particolare ma deve solo produrre un risultato per il quale
prende i soldi esattamente come quando produce il bene fisico), non lo sono dal pdv tecnologico (A fa
esattamente le stesse cose che farebbe nel suo laboratorio, solo che le fa su un oggetto di B e nel luogo di B) e
giuridico (infatti se facciamo riferimento all’ordinamento italiano la transazione che ha come oggetto un servizio,
non si qualifica come atto di scambio).
Questo esempio è una variante del primo esempio e dal punto di vista delle modalità organizzativa siamo
sempre nell’ambito del mercato (quindi la modalità organizzativa mercato si può specificare in modi diversi).
La cooperazione non può avvenire solo attraverso il mercato. Affrontiamo a questo riguardo nuovi esempi per
vedere il campo alternativo al mercato. Nell’ambito delle modalità organizzative ci sono infatti due campi: il
mercato e le altre organizzazioni alternative al mercato.
Es 3. LAVORO SUBORDINATO
Facciamo una variante dell’esempio due: la possibilità di avere il tubo riparato viene eseguito in un modo
diverso. In questo caso supponiamo che B conosca l’idraulica (se non sapesse sarebbe difficile uscire
dall’esempio precedente) e va da A che ha le competenze manuali chiedendogli di lavorare alle sue dipendenze
(il concetto di lavoro subordinato implica che il subordinato stia agli ordini del soggetto che comanda) in cambio
di un salario. La natura dell’obbligo a cui è sottoposto A è diverso rispetto al caso precedente: egli deve
semplicemente rispettare gli ordini e deve disinteressarsi del contenuto di quest’ultimi (se sono sbagliati ed il
tubo continua a perdere, il problema è di B). Anche le implicazioni giuridiche sono diverse in quanto si tratta di
un contratto diverso.
Dal pdv organizzativo il punto cruciale di questa nuova situazione è la mancanza di autonomia: A non ha più
l’autonomia che aveva prima; in toto o in parte c’è un trasferimento di autonomia di potere decisionale a
qualcun altro (questo non è mercato!).

APPUNTI DI ALBERTO
Livello teorico e livello organizzativo
I processi produttivi si collocano al livello tecnologico. Sulla base tecnologica si costruisce un certo assetto
organizzativo che può essere uno o l’altro. Abbiamo quindi un livello tecnologico e un livello organizzativo.
I problemi organizzativi si hanno solo se c’è divisione sociale del lavoro, cioè quando diverse mansioni vengono
associate a soggetti diversi. Nell’arco dei millenni le mansioni affidate a singoli individui sono diventate sempre
più specializzate e la divisione sociale del lavoro è aumentata sempre di più.
Affinchè ci possa essere la divisione sociale del lavoro deve esserci cooperazione e circolazione dei beni.
La cooperazione è intesa come collaborazione tra soggetti che esercitano mansioni diverse e così raggiungono un
determinato risultato produttivo.
Le organizzazioni si occupano di come agevolare la cooperazione tra soggetti che svolgono mansioni diverse. Il
ciclo produttivo finisce quando il bene non viene più trasformato, ma destinato al consumo. Questo ciclo può
essere molto lungo e comprende più unità operative. Il ciclo operativo può essere rappresentato con un grafo:
vedi G1
Ogni punto è la descrizione di un’attività operativa. Ogni connettore unisce due mansioni (punti) consecutivi. I
punti di partenza normalmente sono più di uno, ma il punto di arrivo è uno solo. Il bene è trasformato da una
mansione all’altra.
Il problema organizzativo sorge quando ci si pone il problema della cooperazione. Il grafo evidenzia la base
tecnologica. Le soluzioni organizzative possono essere molteplici.
Cooperazione -> collaborazione per un fine comune.
Per potere cooperare occorrono delle condizioni tecnologiche (lingua, procedure..) e condizioni sociali. Affinchè
si possa cooperare in modo produttivo è necessario il coordinamento. Il coordinamento si manifesta a due livelli:
qualitativo (il bene/semilavorato deve essere giusto) e temporale (il bene deve essere pronto nel momento
giusto).
Il coordinamento, con le sue due dimensioni, è necessario per la cooperazione.
Sullo stesso ciclo produttivo possono esserci più modalità organizzative: bisogna capire qual è la miglire.
Il più piccolo ciclo produttivo: due nodi e un connettore.
Modalità organizzative (modi di cooperare):
1) A*---|---*B (vedi G2)
Scambio: A dà a B il suo semilavorato. Cooperazione attraverso il mercato (MERCATO). Il
mercato è una modalità organizzativa che consente di far cooperare due soggetti che
stanno sullo stesso ciclo produttivo facendoli restare autonomi, indipendenti l’uno
dall’altro.
2) Supponiamo che il bene in oggetto non sia materiale, ma immateriale (servizio): per
esempio A è un idraulico che deve riparare delle tubature a B. La situazione è diversa da un
punto di vista tecnologico, ma uguale da un punto di vista organizzativo. Anche qui la
cooperazione avviane attraverso il mercato.
Ci sono anche modalità organizzative diverse dal mercato: ne vediamo due.
3) LAVORO SUBORDINATO: B va da A e gli chiede di lavorare alle sue dipendenze. Se A accetta
allora deve semplicemente rispettare gli ordini di B, senza badare al contenuto dell’ordine.
In questo caso A non è più autonomo, c’è una rinuncia di potere decisionale e quindi un
trasferimento di esso ad un altro soggetto.
4) SOCIETA’: i due soggetti si accordano per dar vita ad una società di cui sono soci. Da un
punto di vista tecnologico non cambia nulla: A continua a fare la sua mansione e B la sua.
Però A e B rinunciano al proprio potere decisionale che va in capo alla società. Le decisioni
relative alla produzione sono decisioni collettive. Né A né B prendono singolarmente le
decisioni.
Il mercato non è solo il mezzo per il passaggio del semilavorato da A a B, ma è anche il motore che genera
informazioni. Non è detto che il coordinamento attraverso il mercato sia efficiente ed efficace.
Le organizzazioni di qualsiasi genere sono entità sociali che hanno una stabilità, una durata nel tempo, non
occasionali. In queste i rapporti tra i soggetti al suo interno non sono regolati dal mercato.
Nelle organizzazioni rientrano le imprese. Le imprese sono organizzazioni con la finalità di procurare benefici
a chi ha il controllo dell’impresa.
Nel mercato il coordinamento avviene spontaneamente, nelle organizzazioni no: ci sono degli
organi/funzioni di coordinamento.
Chandler, per indicare questa differenza, ha detto che nel mercato coordina una “mano invisibile”, nelle
organizzazioni coordina una “mano visibile” (per es dei dirigenti).
Tante discipline analizzano l’impresa, sotto aspetti e finalità diversi. Le scienze aziendali analizzano l’impresa
guardando al suo interno (quali sono le best practices..). Il metodo di analisi è quello statistico ed empirico.
L’economia politica invece cerca di capire perché in un settore nascono certe imprese e non altre.
L’economia politica costruisce modelli per analizzare certi tipi di problemi.

TITOLARITÀ’ D’IMPRESA
La titolarità di impresa6 è esattamente quello che in inglese si definisce OWNERSHIP dell’impresa intesa come
firm ma anche come enterprise. Di fatto è come dire essere imprenditore. Ma essere imprenditore vuol dire
tante cose; noi consideriamo però i due elementi di base che sono ricorrenti:
1. controllo dell’impresa (che in realtà è il controllo di un’organizzazione);
2. diritto al residuo7 che rappresenta la capacità di appropriarsi legalmente dell’utile netto
dell’attività che lui svolge/organizza/controlla . Ad essa si aggiungono altre cose che sono
ugualmente associate al residuo (es in caso di scioglimento della società l’imprenditore
prende pro quota il patrimonio netto residuo ) ma principalmente il diritto al residuo
riguarda la partecipazione al profitto.

6 Proprietà dell’impresa è un’altra espressione che si usa ma nn è propria, è più che altro una traduzione dall’inglese.
7 Anche questa è una traduzione dall’inglese ma è accettata.
Dobbiamo però osservare che quello che è vero solitamente, non è vero sempre: queste caratteristiche nn sono
sempre congiunte. Nel caso di società per azioni (qndi un imprenditore in forma societaria) l’imprenditore fa
tante cose e sicuramente fa anche quanto richiamato nei due punti (esercita il controllo, riconosciuto anche
legalmente, e ha il diritto ad appropriarsi del residuo dell’utile). Ugualmente nella società mutualistica. Se si
prende, invece, un'organizzazione non profit (ente non profit) 8 colui che svolge le funzioni di controllo è un
imprenditore (talvolta anche fondatore) ma questo non ha anche il diritto al residuo.
Quindi le due caratteristiche valgono per tutte le forme di impresa organizzate in forma societaria o mutualistica,
ma nn necessariamente per le altre forme (es no profit).

TEOREMA DI SEPARAZIONE DELLA TITOLARITÀ’


Il nostro tema centrale è la separazione della titolarità nella forma societaria.
Il capitalismo non nasce con la società per azioni, esso nasce con l’impresa classica individuale (anche grande).
Allora quando nasce la società, in particolare la spa?
La spa è un istituto, non nuovissimo, che viene scoperto nel medioevo in Italia (si dice nella repubblica genovese,
legata alle imprese marittime). La diffusione che ha avuto attualmente incomincia verso la fine dell’800 in
quanto la produzione di massa impone dei requisiti di capitale che difficilmente possono essere soddisfatti da
una sola persona, direttamente o indirettamente (cioè o lui stesso, o attirare capitali). Per andare dietro alla
produzione di massa quindi si diffonde la società per azioni dove il capitale viene raccolto su un mercato
finanziario.
Poi la storia si sposta in altri paesi, soprattutto Inghilterra e Stati uniti.
Nel momento in cui nasce la spa quindi c’era la necessità di raccogliere capitale ed è evidente che già in quel
momento la figura dell’imprenditore comincia a trasformarsi9. Infatti, alcune prerogative viste prima rimangono
in capo all’azionista; ma non tutte ed in particolare quella relativa al controllo. Gli azionisti (che sono i
controllori) hanno bisogno di una controparte che effettivamente eserciti la gestione operativa; non è più
l’imprenditore classico che faceva tutto. Mentre nasce la grande spa (capitale disperso tra azionisti) deve quindi
necessariamente nascere un ceto di impiegati specializzati in una funzione che prima nn c’era, cioè la gestione.
Nasce quello che oggi viene chiamato MANAGEMENT. I manager sono quel gruppo di impiegati/dipendenti
dell’imprenditore che hanno il compito della gestione operativa dell’impresa.
Il punto centrale è che la funzione di controllo e la funzione di partecipazione al beneficio dell’attività economica
si dividono, ma anche le funzioni stesse si dividono.
Nel momento in cui si diffonde la spa gli azionisti continuano ad avere il pieno potere del diritto al residuo (sia
pure in forma pro quota; forma associata) e continuano ad essere controllori ma in un senso diverso. Gli azionisti
hanno infatti un potere di controllo formale (per il fatto che l’essere socio comporta l’accesso all’assemblea dei
soci che è un decisore di ultima istanza), possono quindi influire sulle decisioni, ma non è detto che abbiano un
potere di controllo sostanziale (per es nel caso di un azionariato molto disperso potrebbe essere che nessun
azionista sia capace di controllare. N.B. Controllo non vuol dire osservare cosa fa un altro, ma vuol dire
indirizzare; fa quindi riferimento al potere di gestione). Quindi i soci, che sono a tutti gli effetti imprenditori,
possono non avere più questo potere di gestione (c’è sul piano formale ma nn necessariamente anche sul piano
sostanziale).
E’ questo il prb della separazione di titolarità (ownership) e controllo (control) che sorge con la grande società. 10
C’è un’opera (del 1932) di un giurista e di un economista (Bearle e Means) sul tema in questione dove la tesi è
negativa (cioè tale separazione è vista come un difetto del capitalismo): il punto critico nella visione negativa è
che comandano i manager ed i soci sono subordinati. Ed a fronte di questo vi è però una posizione opposta che
assume che la separazione tra titolarità e controllo è un bene essenzialmente perché favorisce la liquidità
dell’investimento.
Ai nostri fini quello che ci interessa sapere è che la governance della grande impresa moderna (che tipicamente
ha forma societaria) è sempre organizzata su due strati: uno strato superiore dei decisori di ultima istanza (cioè
dei soci) che è portatore di capitale ed uno strato inferiore del management (che, in realtà, non è detto che sia
sotto).

8 Perchè si parla di imprenditore e nn ente? Prima in italia parlare di imprenditorialità a riguardo non era considerato
possibile; oggi con l’impresa sociale si parla di imprenditore sociale quindi anche di imprenditore non profit a pieno
titolo.
9 L’imprenditore è societario, non è più individuale; esso ha più teste.
10 Negli stati uniti il prb viene percepito in modo più evidente xk nascono le prime vere grandi spa che erano basate
su un capitale prevalentemente raccolto in borsa
TEOREMA DI SEPARAZIONE NEOCLASSICO
Questo ha a che vedere con i fondamenti dell’organizzazione dell’impresa , ma non ha a che vedere
con la separazione di prima (che ci serve in generale). Da ora in avanti andiamo a ragionare non sull’impresa
moderna (dalla fine 800 in avanti) ma sul periodo precedente ad essa; si fa riferimento all’impresa classica dove
chi decide è l’imprenditore fisico (individuo o somma di individui) e non c’è una separazione di controllo nei due
strati analizzati prima. Vogliamo analizzare alcuni fondamenti dell’organizzazione e trattiamo casi (o assetti
organizzativi) che non hanno la caratteristica moderna descritta prima; nei nostri casi l’impresa si identifica con i
soci, o titolari dell’impresa (il prb del management non lo consideriamo).

Il punto di arrivo è la seguente figura:


FIGURA1

Partiamo dall’economia isolata (autarchia, supponiamo unico soggetto Robinson Crusoe che è un consumatore-
produttore, quindi è consumatore ma anche titolare di una produzione). 11
La figura precedente è un’analisi di equilibrio (vedi foglio) nell’hp di soli due beni consumati e prodotti. E’ stata
usata una rappresentazione della tecnologia produttiva (che è quel qualcosa che genera delle produzioni. Una
produzione è un punto in quel piano perchè è una quantità prodotta del bene uno e del bene due).
Data la tecnologia di produzione (le risorse strumentali, cioè lavoro e beni capitali) non tutti i punti del piano
sono raggiungibili e quindi è stata tracciata la curva (chiamata in diversi modi come frontiera di produzione,
frontiera efficiente, curva di trasformazione ecc) che rappresenta il confine tra quello che è possibile e quello che
non è possibile produrre (in questo caso dal signor Robinson).12
A questo punto entra in gioco la teoria del consumatore. Sappiamo infatti che qualunque individuo ha delle
preferenze che si possono rappresentare13 mediante funzioni di utilità che dal pdv grafico diventano fasci di
curve (chiamate curve di indifferenza). Quest’ultime hanno la caratteristica che più sono lontane dall’origine, più
rappresentano un’utilità elevata.

Nel presente esempio non c’è risparmio di beni, né si ricevono dotazioni di beni da un passato; per questo
motivo quello che viene prodotto viene consumato.
Nella figura l’intersezione tra la curva d’indifferenza e la frontiera di produzione (punto di tangenza) è il punto
d’equilibrio, cioè quello che il soggetto desidera produrre/consumare.
N.B: Tutto quanto descritto è un richiamo quindi non sarà domanda di esame!!!

Passiamo ora a considerare un’epoca più recente a noi e andiamo a parlare di un’economia concorrenziale.
FIGURA2
11 Ricordiamo che nelle lezioni precedenti avevamo analizzato la seguente situazione A*-|-*B; ma ci possono essere i
casi anche con un solo punto *R (isola Robinson).
12 Nella situazione dell’isola si può consumare solo quelle che siamo in grado di produrre.
13 Non sempre si possono rappresentare!
In questo caso non c’è più un solo consumatore-produttore isolato, ci sono anche altri soggetti 14 (almeno un
altro). Non c’è risparmio ma c’è un mercato dove si scambiano i beni (che per semplicità sono sempre due) ad un
prezzo fissato (c’è price-taking. In un’economia perfettamente concorrenziale, come quella ipotizzata, tutti i
mercati sono price-taking e proprio per questo motivo rappresenta un caso teorico. Tutto ciò significa che si può
comprare e vendere qualsiasi quantità di beni ed i prezzi non cambiano mai; nessuno è in grado di influenzare il
prezzo, a differenza di quanto succede in una situazione di monopolio).
Qualunque cosa viene prodotta viene venduta sul mercato e qualunque cosa viene consumata viene comprata
sul mercato (a quei determinati prezzi). Il soggetto compra xk la vendita della sua produzione genera un ricavo
che verrà speso sul mercato (linea del profitto/retta di bilancio è II A; IIA= p1x1A + p2x2A)15. N.B: In questo caso non è
detto che il soggetti consumi tutto quello che produce.
Naturalmente si verifica un’allocazione perfetta e l’equilibrio è nel punto (Y*1A, Y*2A). Nell’economia
concorrenziale le imprese massimizzano il profitto e questo è tanto più alto quanto più lontana è la retta rispetto
all’origine; pertanto per cercare il punto di equilibrio dovremo prendere la retta tangente alla frontiera di
produzione.
A questo punto prendiamo un punto di consumo ottimo sulla retta di bilancio (retta di isoprofitto), andando a
cercare il punto di tangenza tra questa ed una curva di indifferenza. Si evidenzia un fenomeno interessante: il
consumatore riesce a consumare delle quantità dei due beni che stanno al di fuori della frontiera, ossia che lui
da solo non è in grado di produrre. Ed è possibile che ciò avvenga per tutti gli altri soggetti (è possibile che tutti i
soggetti in equilibrio concorrenziale effettuino consumi che sono superiori alle proprie capacità produttive
individuali). Il motivo di tutto ciò si vedrà nella prossima lezione.

Rispetto a micro, nel caso studiato c’è la particolarità che ogni consumatore corrisponde ad un produttore (c’è
un'associazione biunivoca); cioè ciascun consumatore è proprietario di una tecnologia descritta dalla curva di
trasformazione.
Si osserva un dato interessante: nel caso che stiamo studiando ora (figura 2) il soggetto riesce a consumare delle
quantità dei due beni che stanno al di fuori della frontiera, quindi che lui da solo non è in grado di produrre; se
lui fosse confinato sulla famosa isola non riuscirebbe a fare il consumo (x *1A x*2A ). Inoltre sicuramente è possibile
che tutti e due i soggetti (o più di due se si prende in considerazione il caso con più soggetti) in equilibrio
concorrenziale effettuino consumi che sono superiori alle proprie capacità produttive individuali. Ma come mai?
Rispondiamo alla domanda attraverso un ulteriore grafico e come prima cosa verifichiamo che quanto
constatato sia vero.

14 Ipotizziamo più individui aventi le stesse caratteristiche del soggetto dell’esempio precedente (ogni persona ha
delle preferenze, ha un’impresa ecc.)
15 Se esplicitiamo l’espressione, otteniamo x2A= -(p1 /p2)x1A+(IIA/p2).
.
La figura rappresenta una scatola di Edgeworth che unisce due grafici come quello visto nella figura 2, ognuno di
due soggetti separati (A e B che possono essere consumatori/produttori/nazioni) e permettere di descrivere in
modo completo l’economia formata da questi due soggetti, considerando sempre due soli beni. Il punto
principale della scatola di edgeworth è la lunghezza degli assi che qui ha rilevanza. Infatti, per esempio per
quanto riguarda l’asse relativo al bene 1, la lunghezza rappresenta la disponibilità totale del bene (alla
produzione o al consumo) in questa mini economia; ugualmente per l’asse relativo al bene 2. Per questo motivo
se andiamo a prendere un punto a caso nella scatola, questo ci fornisce informazioni precise riguardanti la
disposizione dei beni per A e per B.16

Esaminiamo il grafico:
Quanto rappresentato all’interno della scatole, è esattamente quello che si è visto nella figura 2 (meno la parte
relativa all’autarchia). Ricordiamo che per tutti i prezzi sono gli stessi!
Il punto su cui dobbiamo fare riflessione è che le frontiere sono tangenti in un punto. Questo è un caso
particolare: non è necessario che sia così; in questo caso lo è xk è particolare l’economia che stiamo
considerando. Per esserci un equilibrio17 è necessario che le due frontiere di produzione (diverse tecnologie)
siano tangenti in un punto, così come le curve di indifferenza.
NB: Può anche non esserci un equilibrio, ad esempio se le due frontiere non sono tangenti in un punto non si ha
equilibrio.

Torniamo ora alla domanda che ci siamo posti prima di vedere il grafico: è possibile che tutti i soggetti, in un
equilibrio concorrenziale, consumino quantità che non sarebbero in grado di produrre? Si e lo si vede dal grafico
che ci fa vedere che il consumo di A e di B sono fuori dei rispettivi insiemi di produzione.
Qndi nel momento in cui le due isole entrano in contatto tra di loro e ci sono tutte le condizioni che consentono
la concorrenza perfetta (es. prezzi costanti e invariabili), la produzione aumenta in modo tale da consentire
consumi che nn sarebbero altrimenti realizzabili.

16 Con un solo punto, se gli assi vengono misurati in maniera corretta, si riesce a dare un significato di allocazione o
distribuzione dei beni che esistono in eocnomia tra i consumi di questi soggetti. Se si parla dal lato della produzione le
cose non cambiano.
17 Equilibrio concorrenziale -> coppia di prezzi in corrispospondenza dei quali si massimizza il profitto, si massimizza
l’utilità (di entrambi, o tutti, i sogggetti) e c’è compatibilità tra domanda e offerta.
N.B. Se le imprese produttrici fossero più di due, il grafico precedente non sarebbe più valido per rappresentare
l’equilibrio concorrenziale e perciò si utilizza il grafico seguente. In questo si utilizza una sola frontiera di
produzione (che è quella congiunta delle singole frontiere di produzione) che descrive le possibilità di
produzione di un’economia.

La produzione d’equilibrio (x1,x2) viene messa a disposizione dei consumatori. A partire da questo punto si
costruisce una scatola di edgeworth in cui si individuano i punti d’equilibrio.18

Qndi cosa consente di avere un risultato apparentemente magico, per cui con lo scambio in concorrenza perfetta
si espandono le possibilità di produzione e di consumo? E’ un prb sostanzialmente molto antico e viene
affrontato per la prima volta dagli economisti classici verso la fine del ‘700 ma in un contesto diverso (cioè nel
contesto del commercio internazionale). Gli ec classici si interrogavano su due fenomeni:
- la ragione del commercio internazionale (come mai le nazioni scambiano beni tra di
loro?),
- la ragione della specializzazione delle nazioni ( come mai le nazioni si specializzano in alcune
produzioni?).
La risposta più brillante viene offerta da David Ricardo (un inglese) ne “I principi di economia politica”; egli
enuncia per la prima volta la teoria del vantaggio comparato con la quale risolve i quesiti.

Teoria del vantaggio comparato:

18 La retta di bilancio dev’essere necessariamente parallela alla tangente alla frontiera congiunta di produzione nel
punto di equilibrio.
Immaginiamo due paesi dove si producono due beni (nel grafico carbone e patate). Le due linee rette più spesse
rappresentano le frontiere di produzione relative ai due paesi.
Si osserva intanto che la rappresentazione è una scatola di edgeworth dove vengono presi in considerazione due
produttori; il paese 1 ha una maggiore capacità di produrre carbone rispetto alla capacità del paese 2, mentre la
produzione massima di patate è in questo caso particolare uguale nei due paesi. In questo esempio è quindi la
capacità di produrre carbone che fa la differenza. Quello che conta veramente è la pendenza delle due rette più
spesse xk rappresenta il saggio marginale di trasformazione delle patate in carbone (o viceversa, a seconda del
segno dato al nr). Il punto importante è che queste pendenze sono diverse, cioè la capacità di trasformare
carbone in patate è diversa nei due paesi.
Il vantaggio comparato può essere descritto nel seguente modo 19: se abbiamo due generici produttori i e j che
producono due beni, diciamo che i ha un vantaggio comparato rispetto a j nel bene 120 se delta y1i/ delta y2i21 è
maggiore di delta y1j /delta y2j. In altri termini: il costo opportunità del bene 1 rispetto al bene 2 è nel paese i
minore rispetto al paese j. C’è un vantaggio nel produrre il bene 1 nel paese i!
Se le due rette di produzione hanno pendenze diverse sicuramente qualcuno ha un vantaggio comparato.
Inoltre, per definizione, non esiste un caso in cui un paese abbia un vantaggio comparato nella produzione di
tutti i beni; quindi se un paese ha un vantaggio nella produzione di un bene l’altro paese ha un vantaggio nella
produzione dell’altro bene. Tutti i paesi, anche quelli poco produttivi come il paese j, hanno un vantaggio
comparato in uno dei due beni.
Nella figura in esame OB rappresenta la produzione massima di patate, mentre OA la produzione massima di
carbone.22 Il paese i produce solo carbone (e produce OA); il paese j produce solo patate (OB). Il punto di
equilibrio che si stabilisce è un’allocazione, ed è rappresentato dal punto Q (uno dei possibili equilibri). Il prezzo
di scambio nel commercio internazionale è teta (pendenza della retta tratteggiata).
Siamo in una situazione simile a quella vista nella figura 3: il consumo possibile nel momento in cui più soggetti
producono e scambiano contemporaneamente, è maggiore del consumo possibile in una situazione in cui
ciascun paese producesse e consumasse singolarmente in assenza di scambio (cioè quello che ciascun paese o
produttore sarebbe in grado di consumare/produrre singolarmente se non ci fosse lo scambio sarebbe inferiore).
Il motivo della “mangia” non è solo lo scambio (che è solo una parte del fenomeno), ma anche la
specializzazione.23
I principi nelle due situazioni sono gli stessi ed in particolare la maggiore abilità a produrre un bene piuttosto che
un'altro genera il surplus di produzione che nn si avrebbe se ogni soggetto producesse in modo isolato (in
quanto necessariamente dovrebbe produrre un paniere più equilibrato dei due beni). Qndi questo fenomeno
della specializzazione + scambio internazionale, se riferito al commercio internazionale (figura 5) o se riferito ai

19 Per semplicità supponiamo che il bene 1 = carbone ed il bene 2= patate.


20 Devo specificare dove ha il vantaggio xk si tratta di un vantaggio relativo ad un soggetto e ad un bene.
21 Si tratta del tasso marginale di sostituzione, cioè dell’inclinazione della retta (frontiera di produzione) nel bene 1.
22 In sostanza abbiamo una scatola di edgeworth dove i lati rappresentano la produzione massima di patate e
carbone.
23 Anche prima, nella figura 3, c’è una specializzazione.
due soggetti (figura 3) è esattamente identico. E’ la specializzazione nella produzione in cui ogni soggetto è più
capace a consentire l’allargamento della produzione complessiva.
Ma se tutti fossero uguali (paesi o consumatori-produttori), cioè se tutti avessero la stessa tecnologia di
produzione, non sarebbe possibile avere lo stesso risultato. Quindi, in conclusione, è possibile il risultato in
questione grazie alla diversità nelle capacità produttive e la specializzazione consente di sfruttare al meglio
queste capacità.
Laddove nn c’è la possibilità di scambio necessariamente ciascuno è costretto a nn specializzarsi, cioè è costretto
a produrre un po’ di tutto (anche le cose che non è particolarmente capace di produrre ma di cui ha bisogno per
vivere).
N.B: L’intuizione di Ricardo è quello che noi abbiamo di fronte con l’esempio della figura 3.
In tutto questo si è parlato di costo-opportunità: per produrre un bene io rinuncio alla produzione di un altro.

Vediamo ora come il vantaggio comparato (criterio di allocazione ottima dei prodotti tra produttori/paesi ecc)
può essere usato per costruire una frontiera congiunta di produzione a partire da quelle individuali.

Abbiamo due soggetti che non sono uguali dal pdv delle capacità e quindi dal pdv della società la cosa migliore è
concentrare la produzione di un determinato bene nel soggetto che ha un vantaggio comparato. Questo
principio può essere utilizzato per la costruzione della frontiera congiunta di produzione -> sommo A e B per
trovare C. In C trovo la massima produzione dei beni possibile.
N.B. Nel grafico C, nel punto in cui la retta diventa una spezzata c’è massima specializzazione!
In conclusione evidenziamo che il vantaggio comparato è un principio di allocazione ottimale tra più unità
produttive!

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