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Caro Peppe, un po contro voglia rispondo alla tua richiesta di alcune righe scritte da cui partire per affrontare

alcuni temi. Uno dei primi quello del rapporto tra Cobas ed area antagonista, dando per assodato che questo sia ormai un fatto su cui per opportuno riflettere. Mai come oggi lappartenenza non il punto di partenza e forse nemmeno lapprodo. orrei che almeno tra di noi si evitassero perci i luoghi comuni e lomogeneizzazione. Ma bando alle premesse.. !agli scioperi della primavera scorsa abbiamo di fatto sperimentato una vicinanza nel movimento, una contiguit" che oltre alle parole dordine si manifestata nelle azioni politiche e nelle piazze# distinti dai concertativi, dagli istituzionali, daccordo sulla rivendicazione di un reddito di cittadinanza e interessati al coinvolgimento di ampi settori sociali nella contestazione dei modelli neoliberisti# chi, come me ed altri, militando nei cobsa ha percepito fortemente il verso delle trasformazioni in atto ormai da anni nel mondo del lavoro $precarizzazione, volatilit" della condizione lavorativa, perdita delle certezze giuridiche e trasformazione dei processi produttivi% guarda con sempre maggiore interesse e premura alla costruzione di piattaforme che uniscano i tradizionali obiettivi sindacali a immediate e diffuse forme di riappropriazione della ricchezza collettivamente prodotta. & questo credo sia proprio anche della specificit" dei cobas, un quasi sindacato che si costituice nella sfera della fornitura dei servizi, con la rivendicazione non solo salariale, ma su temi di universalit" dellaccesso, gratuit" e non commerciabilit" dei diritti. 'u quei temi, sulla difesa del carattere pubblico, o comune, del sapere, delle risorse, degli spazi.. su quei temi il tentativo dei cobas stato proprio quello di intercettare e far viaggiare la protesta sociale, senza la pretesa di egemonizzarla e sperimentando forme di democrazia diretta, a partire dai luoghi di lavoro. (ggi direi che partire dai luoghi di lavoro non basta pi), e, senza pensare a partitini o a quote di rappresentanza istituzionale, che non abbiamo mai cercato, muoversi anche sul terreno del lavoro atipico e dei bisogni sociali, senza delegare alla politica e senza rinviare a dopo quel *tutto e subito+ che caratterizza posizioni di radicalit" anticapitalista. ,a distanza dai concertativi, dai gestori del movimento, dai preti del no-global, cos. come le recenti lotte contro la guerra, per la generalizzazione dei diritti di cittadinanza e per un reddito universale sganciato dal lavoro salariato/ tutto questo un terreno comune e non dobbiamo inventare chiss" quali alchimie soggettive# e per i temi da chiarire restano ancora tanti. !ovremo capire che cosa intendiamo per societ" e se questa compatibile con lo 'tato, cosa si contrappone al capitale, se la sua contraddizione fondamentale ancora il lavoro e se questo si ripresenta come classe $nutro dubbi su entrambe le affermazioni%, se il movimento dei movimenti deve essere riconosciuto come interlocutore dei governi o .. o.. 'e le questioni vengono affrontate dal versante teorico complessivo, quello che scontiamo un venir meno di un orizzonte strategico coerente e di lunga durata, ma forse questo potrebbe non essere un problema, anzi. 'e, di fatto, guardiamo quello che siamo, pur in pochi e senza mezzi, e quello che siamo riusciti a evocare seppur come reazione violenta e repressiva, sul terreno delle lotte sociali contro la globalizzazione neoliberista, contro la precarizzazione e la ricattabilit", la mercificazione del sapere e delle risorse.. insomma se uno spettro si aggira ancora per l&uropa, allora forse possibile rispondere alla domanda 0 dal sapore provocatorio 0 che un compagno

recentemente mi ha posto in unassemblea / *Ma cos unarea antagonista1+ 2orse meglio sarebbe se al *che cos1+ sostituissimo un cosa potrebbe diventare unarea antagonista. 3ento una risposta, ovviamente per approssimazione. Un non luogo in cui esporsi allibrido e sottrarsi alla violenza del capitale# la sperimentazione di un collettivo senza delega, una democrazia senza rappresentanze, una sovranit" senza lo 'tato. ,a storia del novecento ha visto lascesa e il declino di un modello di militanza che vedeva nel sindacato, nella classe, nel Partito e nello 'tato momenti progressivi di rappresentanza e tutela degli interessi collettivi# un modello di militanza che rinviava a dopo la realt" del comunismo, la soppressione delle gerarchie, una comunicazione senza effetti di esclusione. 'ul terreno della societ", lintegrazione individuale passava attraverso un diritto al lavoro, e questo ha comportato la messa al lavoro della societ" e la sua rappresentazione nello 'tato# 4l potere del capitale si realizzato nelle societ" disciplinari e questo attraverso la concentrazione, la suddivisione negli spazi e lordine nelle serie temporali di una forza produttiva composta da atomi che insieme sviluppavano unincredibile aumento di potenza. 4l socialismo e il capitalismo hanno lavorato in modo diverso allo stesso fine# realizzato questo, il socialismo reale e il 5elfare state hanno iniziato una formidabile dismissione. ,impresa ha smontato la fabbrica e ha colonizzato con limpresa lintera societ", attraversandola con le reti informatiche e rendendo sempre pi) aleatorio il confine tra il tempo della produzione e quello dellesistenza. ,a disciplina cede il passo al controllo, la fabbrica allimpresa, la produzione di merci alla fornitura di servizi. 6on serve pi) soltanto disciplinare i corpi con istituzioni totali e repressive, ma, con lo slogan *dal salario al merito+, generalizzare una competizione e esasperare lindividualismo# e questo proprio nel momento in cui, coma mai prima, la produzione si regge sul collettivo, sul transindividuale. 6on approfondisco tagliando corto, ovviamente omettendo una miriade di questioni di non poco conto. (ggi non vogliamo gestire lesistente, n7 dialogare con le istituzioni, farci riconoscere come soggetti rappresentativi. 4nsomma non vogliamo lintegrazione, la crescita e lo sviluppo di un sistema che produce miseria, soggezione e sfruttamento# non vogliamo salvarci e nemmeno poter contare. ,e mediazioni di interessi e la loro rappresentanza istituzionale hanno costruito un sistema di certezze giuridiche e formali che hanno visto nel 8elfare 'tate lapice di quel compromesso fordista di cui si ormai detto quasi tutto. 3utto tranne che non pi) proponibile, come non pi) proponibile la mediazione di uno 'tato a supremo garante dellaccumulazione capitalistica. 'e ne occupiamo e difendiamo gli spazi per rilanciare domande non compatibili con la logica del profitto e con le politiche di bilancio. 4nsana follia1 Credo di no, anche se un po di follia pu significare un po di coraggio nel riprendere il filo di una prospettiva radicalmente antagonista, che, per intenderci, non si accontenti di redditi minimi di inserimento o di formazione continua per integrare i nostri corpi e desideri nelle maglie di una societ" modellata dallimpresa e controllata dal capitale. 4n breve/ la produzione e la riproduzione hanno ormai fatto esplodere la sintesi, reso obsoleti i modelli della negoziazione ed hanno adottato una marcia che fa della guerra lordinaria amministrazione dello straordinario# straordinario oggi

non la crisi, ma il ciclo economico e la sua assurda pretesa di ridurre ad ununica ragione omogenea lesistenza e le sue linee di fuga. 9uello che saltato, con lo 'tato del capitale e con la costruzione in fieri di un nuovo disordine imperiale, la stessa legge del valore, la misura assegnata al lavoro, lavoro che ormai eccedenza, non lavoro, socialit" senza legame sociale# la logica del capitale, il controllo giuridico sugli assetti proprietari, old e ne5 econom:, piega alle esigenze del profitto la produzione di merci e la riproduzione della forza lavoro# la sua disponibilit" oggi pi) che mai lobiettivo principale. ,a sua segmentazione una condizione essenziale del dominio in un contesto che globalmente innervato, pervasivo e totalizzante per un verso, fragile e sempre pi) dipendente dal collettivo per un altro. 9uesta produzione, piegata al dominio del valore, alla logica degli scambi equivalenti, al denaro, non produce soltanto una mercificazione della vita, questo ormai non basta pi)/ quello che deve ottenere la impossibile coincidenza della vita stessa, tout court, con la produzione. & questo perch7 la dimensione speculativa della produzione capitalistica deve quotidianamente cancellare un dato elementare/ il capitale superfluo, la produzione collettiva, cognitiva e disseminata, e la miseria un prodotto necessario al potere e non un limite naturale. Perci precarizzazione e atomizzazione individuale, ovvero la guerra e il controllo, pervadono i corpi sociali, escludendo ci che inutile, eterogeneo, altro. 3utto si deve scambiare, deve essere equivalente, le identit" devono essere assegnate e i volti riconoscibili. 6ome, professione e indirizzo, o se preferite individui, gruppi e 'tato. 6egoziare le esistenze per garantire loro unesistenza, miserabile e conformista, permetterne la riproduzione assistita, governarne lemergenza producendola/ questo in sintesi il processo di precarizzazione e militarizzazione della societ", la sua produzione allinterno di una macchina da guerra che il capitalismo. ;ccanto a questo processo, non come negazione ma come suo arresto e deriva , incessantemente presente $attualit" del comunismo si diceva una volta% si presenta il suo scarto, un resto che altro, una differenza positiva, irriducibile# ;utonomia/ del rifiuto del lavoro, autonomia dai ruoli sessuati, dalla marginalit" imposta dalla miseria, dalla politica rappresentazione. ; questo dobbiamo contrapporre la soddisfazione immediata dei bisogni e la critica sempre pi) attuale della forma stato. ;utorganizzazione/ come separazione, presenza collettiva, distanza irriducibile dalletica del lavoro, dai politicanti di professione, dalle gerarchie delle centrali sindacali, dai sacerdoti della globalizzazione dal basso. ;nonimato/ come che dobbiamo mantenerci, per essere pi) che individui e meno che organizzazioni# non preoccuparsi di definire chi siamo, recintando uno spazio che ghetto, non dire chi siamo per rassicurarci da un potere che spesso si esercita anche attraverso di noi. Molteplicit" irriducibile, non rappresentabile, in divenire. !isertori/ da una guerra che quotidiana ed qui e ora e contro la guerra di un sistema che ha dichiarato guerra allumanit". &d proprio alla guerra che sta per scoppiare che dovremmo pensare# per dire che ingiusta, che non la vogliamo, perch7 questa guerra avr" come effetto non collaterale lestensione dellassoggettamento, la militarizzazione dei luoghi e la caccia ai disertori. ; questa guerra, e allipocrita e consolatoria invocazione di un umanesimo della ragione bisogna contrapporre una riappropriazione immediata e incondizionata dei saperi, della ricchezza, dei luoghi.

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