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Arthur Schopenhauer

Si colloca successivamente all'idealismo e nel suo confronto lo critica, definendolo come una "Bestia
nera". Sostiene infatti che, anziché puntare alla verità, questo sistema filosofico fosse contorto che
allontanava da essa. Nei confronti di Fichte e Schelling, non andò così pensante come Hegel, definito
come Sicario della verità. Sosteneva che egli avesse creato il suo sistema filosofico con l'unico obbiettivo
di dare un Potere assoluto allo Stato.

Schopenhauer riprende nella sua filosofia alcuni elementi del Romanticismo, come il sogno, la dimensione
dell'irrazionale e la dimensione del dolore, ed è il primo filosofo che introduce il pensiero delle filosofie
orientali e Kant. Lo riprende perché ne riprende la differenza tra fenomeno e noumeno, dicendo che il
primo lo osserviamo attraverso un Velo di Maya che è come se fosse un prisma, sostenendo che la realtà
fosse solo apparenza offuscata e distorta. A differenza di Kant, il noumeno si può e anzi si deve
raggiungere e il fine della sia filosofia è spiegare come ci si arriva.

La sua opera fondamentale è "Mondo come volontà e rappresentazione".


Schopenhauer dice che, contrariamente a Kant che filtrava la realtà attraverso le categorie, bisogna partire
dalla nostra mente poiché ciò che ci circonda è solo frutto della nostra mente, poiché solo una nostra
rappresentazione. Ciò comporta un soggetto, ovvero colui che guarda, e un oggetto, la cosa rappresentata.

Lo squarcio del velo può essere raggiunto solo dall'uomo poiché essere vivente che si interroga sulla
propria esistenza, definito come Animale Metafisico. Se ci guardiamo solo dall'esterno, ovvero solo
mente, ciò non potrà succedere. "Noi non siamo solo teste d'angelo alate senza corpo". Quindi ci
dobbiamo avvertire e vivere dall'interno, soffrendo e godendo. Così facendo, scopriamo ciò che
Schopenhauer chiama Volontà di Vivere. Essa è un principio, un impulso, che è come una sorta di
principio primo (Archè) che permette alle cose che esistono di esistere poiché una sua concretizzazione.
Nel suo universo, Dio non esiste ma solo quella volontà che possiede certe caratteristiche: inconscia o
inconsapevole (ovvero che non agisce con consapevolezza ma non può fare a meno di agire), unica
(poiché principio primo che si manifesta in modi diversi), al di fuori del tempo e dello spazio (poiché
eterno), incausata (poiché causa prima non ne può avere qualcuna precedente) e senza scopo (poiché non
segue un fine ma solo per necessità).

Secondo Schopenhauer la volontà di vivere si manifesta in due momenti: in un primo momento è come se
questa volontà appartenesse ad un mondo diverso dal nostro, come una specie di principio di tutto; in un
secondo momento si materializza, prende forma creando la specie umana e tutto ciò che esiste. Ciò
avviene sotto forma Piramidale nel quale vertice c'è l'uomo poiché è la creatura più consapevole e, proprio
per questo, la volontà si manifesta più di tutti altro essere vivente. Quello che guadagna in ragione, lo
perde in istinto, perciò perde la spontaneità e la capacità di adattarsi alle situazioni e per questo ci chiama
Animali Malaticci.

Questa volontà di vivere ci porta a desiderare quello che manca. Il desiderio è quindi Sofferenza e Dolore.
Questo sarà perenne anche quando uno sarà realizzato, poiché ce ne saranno degli altri irrealizzati.
Usa la metafora delle rose: "Una rosa senza spine non esiste ma esistono tante spine senza rose". Il dolore
è una condizione necessaria per provare piacere. Il piacere richiama necessariamente il dolore ma
quest'ultimo allegato ma non necessariamente richiama il piacere.

Schopenhauer parla anche di noia ovvero il momento in cui l'uomo non desidera nulla. Ciò richiama la sua
metafora più conosciuta, quella del pendolo: "La vita è come un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia
che si sofferma per istanti fugaci sul piacere". Il piacere appare quasi inafferrabile, rendendo la vita umana
destinata alla sofferenza. Si parla quindi di Pessimismo Cosmico, poiché soffre anche tutto ciò che esiste.
Questo pessimismo porta a smascherare le cosiddette Bugie dell'Umanità: l'amicizia e l'amore.
 L'Amicizia è una bugia perché noi siamo portati a credere all'esistenza dell'altruismo poiché ogni
essere vivente è caratterizzato dall'egoismo poiché si agisce per un tornaconto personale. Per spiegare
l'amicizia usa la metafora della formica gigante australiana: "Se si divide la formica gigante
australiana in due parti, esse non si riconoscono più come un unico corpo ma si vedranno come
nemico, combattendosi a vicenda, fino a che una delle due muoia". Quindi se noi non riconosciamo
noi stessi, immagina riconoscere gli altri.
 L'Amore è una bugia perché laddove l'uomo si crede libero di scegliere il compagno che avrà accanto
per la vita, la Natura si sta prendendo gioco di lui (come la natura matrigna di Leopardi) e lo sta
sfruttando per i suoi limiti. Quando mettiamo al mondo un figlio, stiamo condannando una nuova
creatura alla sofferenza e al dolore. Per spiegare l'amore, utilizza la metafora della mantide religiosa:
"Come la mantide relogiosa, dopo che si accoppia, stacca la testa al compagno, allora l'amore, che
sembra una libera manifestazione di sentimenti, nasconde un inganno e la sofferenza".

La soluzione alla sofferenza è smettere di desiderare, passare dalla dimensione della Voluntas (volontà di
vivere che porta a desiderare cosa manca) alla Noluntas (l'assenza di desiderio). Questo passaggio è
realizzabile non con il suicidio perché, anziché annullare la Voluntas la va a potenziare, poiché non ti togli
la vita perché la odi ma lo fai perché ne desideri fortemente una nuova. Le soluzioni allora proposte sono
tre, le prime due sono solo temporanei e non sufficenti mentre solo l'ultima è definitiva. Queste solo l'arte,
la morale e l'ascesi.
 L'arte ci permette il passaggio tra Voluntas a Noluntas perché abbiamo la possibilità di distrarci dai
problemi o dalle sofferenze. Per arte non si intende solo la visione di un quadro ma anche quella di un
film, un libro ecc. Non è perciò la soluzione definitiva perché possiede un ruolo solo momentaneo.
 La morale è ciò che permette di avvicinarsi alla sofferenza delle altre persone. Essa si divide in
giustizia e carità. La prima è intesa come morale negativo, inteso non in maniera negativo ma nel
senso che dice cosa non fare. La seconda è la parte attiva perché è il momento in cui si agisce
positivamente verso gli altri. È vero che si dimenticano i propri problemi concentrandosi sugli altri,
ma si è sempre immersi nella sofferenza.
 Per ascesi intende il Nirvana (riprendendo il Buddismo) definito come "un niente che in realtà è un
tutto", ovvero quello stato di quiete che si raggiunge nel momento in cui si smette di desiderare
qualsiasi cosa. Si smette di desiderare con una vita di castità, non solo sessuale ma in tutto, assumendo
solo lo stretto indispensabile.
Kierkegaard

Se l'idealismo è la filosofia dell'assoluto e universale, Kierkegaard da importanza alla singolarità. Egli è


anche il filosofo della possibilità. In molti i suoi scritti parlerà di una scheggia nelle carni. Nemmeno lui
ha mai chiarito a cosa si riferisce, forse un rimpianto d'amore. Un altra interpretazione può essere il fatto
che im tutta la sua vita ha avuto problemi con gli editori.

La possibilità caratterizza l'intera esistenza umana e possiede un carattere Negativo e Paralizzante. Il


primo perché "Ogni possibilità che sì è anche possibilità che non". Questa idea di poter avere varie
possibilità è vissuta non come un opportunità ma come qualcosa che blocca e paralizza. Tant'è che lui
stesso si definirà come Cavia da esperimento e si definiva come "Bloccato al punto zero della vita".

Queste possibilità rappresentano tre momenti della vita dell'uomo che vengono definiti come "I tre stadi
della vita umana". Ognuno di noi può vivere o solo in uno dei tre o attraversarli tutti. Tra uno stadio e
l'altro non c'è continuità ma una rottura netta, si può attraversare solo con un salto.
1. Stadio estetico: descrive lo stile di vita dell'esteta, in particolare nell'opera "Diario di un seduttore"
dove il protagonista è Don Giovanni. L'esteta è colui che vive cercando continuamente il divertimento,
il piacere per fuggire dalla noia o da tutto ciò che può recare una preoccupazione. Questa ricerca
appare esasperata che su può trasformare in Disperazione: si ha continuamente l'esigenza di ricercare
delle distrazioni, appena ci si ferma, ci si ritrova davanti ai problemi dai quali si fuggiva. La soluzione
per Kierkegaard è quella di scegliere paradossalmente la disperazione, accettando le proprie
responsabilità, la propria vita. Solo in quel momento avviene il salto che porta dallo stadio estetico a
quello etico.
2. Stadio etico: se nello stadio estetico si scappa dalle difficoltà, in quello etico non si ha più come
modello il Don Giovanni ma la figura del marito che Kierkegaard chiama Guglielmo. La differenza è
che quest'ultimo ha una certa continuità che manca nella vita dell'esteta. Il primo comduce una vita
caratterizzata dalla fedeltà, dedicata al lavoro e alla famiglia. Il marito ha scelto di essere disperato,
assumensosi le responsabilità delle sue azioni e, facendolo, si è pronti a pentirsi dei propri errori.
Quando si parla di pentimento, avviene il salto dallo stadio etico a quello religioso.
3. Stadio relogioso: la figura di riferimento è qui Abramo, trattata nell'opera "Timore e Tremore".
Riprende l'episodio in cui è riuscito a diventare padre di Isacco e Dio gli richiede l'atto di fede di
sacrificare il figlio. Abramo sta per eseguire l'atto ma viene bloccato, poiché la prova appare valida.
Da quest'episodio Kierkegaard sostiene che la fede è "Paradosso e Scandalo".
È scandalo perché dice che la religione condanna il fedele alla solitudine e all'incomunicabilità con gli
altri uomini, mettendo in contrasto da un lato ciò che è la legge di Dio e dall'altro la legge degli
Uomini. Infatti ciò che appare un atto di fede per la religione, per la legge umana appare come un
omicidio. Il problema è infatti che nessuno assicurava ad Abramo che fosse il prescelto, il fedele può
sostenere di avere un dialogo diretto con Dio ma nessuno né può dare prova reale.
È paradosso perché dice che Gesù soffre e muore come un uomo ma parla e agisce come un Dio.
Sostiene che sono due piani incommensurabili. Tutto questo genera angosica nell'uomo. Ad essa
Kierkegaard dedica pagine numerosissime, partendo dalla distinzione tra Angoscia e Paura. È meglio
avere quest'ultima rispetto a provare angoscia poiché si sa di cosa si ha paura, possedendo quindi dei
confini netti, contrariamente spesso non si sa cosa provoca angoscia.

Parla di ciò nel "Concetto di Angoscia" e "La malattia mortale". Nella prima parla del rapporto
dell'individuo con il mondo, nel secondo parla del rapporto dell'individuo con se stesso.

Nel Concetto di Angoscia sostiene che il sentimento di angoscia può essere spiegato attraverso la figura di
Adamo perché Kierkegaard dice che l'episodio in cui egli mangia la mela, disobbedendo a Dio, è dovuto
all'angoscia, poiché ha agito senza sapere cosa potesse accadere.

Nella Malattia Mortale parla non della morte fisica dovuto a qualcosa ma è un lento morire dell'Io, morte
interiore. Ciò si traduce nel rapporto che ognuno intrattiene con sé stesso. Ci sono due possibilità: ogni
individuo o vuole essere sé stesso o non vuole essere sé stesso. In entrambi i casi, l'individuo si scontrerà
con un fallimento. Se si vuole essere sé stesso, considerando di essere un individuo finito, ad un certo
punto non ci si basterà più. Ma non si può essere nemmeno diverso da quello che si è. Siamo quindi
deatinati alla disperazione (che si può annullare quando si accetta). L'unica soluzione è la fede perché in
essa l'individuo si affida a qualcun'altro, a Dio, smettendo di credere di poter essere autonomo,
indipendente (tenendo conto però che la fede è scandalo e paradosso).

Per lui la religione era l'unica possibilità di salvezza per l'uomo, sia dall'angoscia che dalla disperazione.

Una delle sue opere più importanti è Aut-Aut (o - o). Entrerà in contrasto con gli ideatori, mentre Hegel
cercava la sintesi, questa conciliazione tra gli opposti non è permessa.
Feuerbach

Parte da una critica agli Idealisti, soprattutto ad Hegel. Alla morte di quest'ultimo, l'idealismo si è diviso in
Destra Hegeliana e Sinistra Hegeliana. La Destra segue tutti i pensieri di Hegel, senza alcun cambiamento,
la Sinistra invece è la corrente più rivoluzionaria, distaccandosi dal pensiero del filosofo, creando delle
correnti estreme, si opporranno al pensiero di Hegel stesso.

Feuerbach, sostendo l'Ateismo Filosofico, fa proprio parte della Sinistra, sostenendo che l'errore degli
idealisti era quello di invertire il rapporto tra soggetto e oggetto. Per l'idealismo, il soggetto era il Pensiero,
l'oggetto era l'Essere. Per Feuerbach, invece bisogna rinvertirli perché solo se esiste l'essere, si possono
creare dei pensieri su di esso; non si può pensare qualcosa che non si conosce. L'essere diventa soggetto e
il pensiero oggetto.

Parlando di Ateismo Filosofico, parla di una Visione Materialistica della religione. Sostiene che non è Dio
che crea l'uomo ma è l'uomo che crea Dio. L'uomo ha infatti proiettato una serie di sue perfezioni su Dio,
atttribendogli cuore, pensiero e ragione. Dice che in realtà la religione è la prima forma di Antropologia
perché è il primo momento in cui l'uomo si confronta con sé stesso e si interroga. È anche definita come
l'Infazia dell'umanità. È come se il mio Io bambino si guardasse allo specchio e scoprisse l'uomo che
diventerà, ovvero Dio.

L'idea di Dio nell'uomo nasce da tre possibilità: la prima è rappresentata dal rapporto tra individuo-specie,
la seconda dal rapporto volere-potere, e il terzo dal rapporto uomo-natura.
 Nella prima possibilità, dice Feuerbach, l'uomo è l'unico individuo che riesce a percepirsi non solo
come tale ma anche come specie. Quando ci consideriamo come individui siamo deboli e isolati.
Quando ci consideriamo come Specie siamo più forti e protetti. La religione nasce in quel momento
poiché si va a identificare.
 Nella seconda possibilità, sostiene che l'uomo, quando reata nel campo del volere, non ha limiti poiché
può sognare qualsiasi cosa. Il potere invece mette davanti dei limiti poiché non si può ottenere tutto
quello che si vuole. In quel momento viene creata l'idea di Dio perché è colui che può tutto.
 Nella terza possibilità, l'uomo identifica Dio con quegli elementi naturali che ci permettono la
sopravvivenza.

La religione, in realtà, è Alienazione ovvero l'uomo ha creato l'immagine di Dio ma, nonostante sia una
sua creazione, si è sottomesso volutamente a questa idea. Secondo Feuerbach quindi l'Ateismo è l'unica
soluzione, quasi come un dovere morale. Proprio per questo critica Hegel, perché la sua filosofia è una
sorte di teologia mascherata, parla di spirito e per Feuerbach non è altro che un quadro relogioso. Per
quest'ultimo non è il finito che si deve risolvere nell'infinito ma l'infinito che si risolve nel finito. Infatti
sostiene che l'uomo deve recuperare una dimensione concreta e non si può perdere nell'astrattezza dello
spirito. Ciò può avvenire attraverso ciò che viene definito Umanismo Naturalistico (uomo al centro di
tutto e si vuole mettere in luce la natura in maniera concreta), andando a prendere le distanze da ciò che è
estratto.
L'uomo è fatto di carne e di sangue, è perciò spinto da ciò che sono i suoi bisogni e le sue azioni
dipendono da essi. Uno dei bisogni principali è il Bisogno dell'altro: l'uomo nutre questo sentimento verso
il prossimo, parlando di Comunismo Filosofico, non in senso politico ma nel senso che si ha bisogno
dell'altro. Se si fosse da soli, le proprie idee non potrebbero essere confrontate con nessuno, nutrendo
perennemente dei dubbi. È quindi dal confronto che si scambiano le idee, capendo se si sbaglia o meno.

Teoria degli alimenti: l'uomo è ciò che mangia. Infatti la cultura può essere raggiunto e sviluppata solo da
chi ha lo stomaco pieno. Si deve avere uno sviluppo economico e sociale per avere uno sviluppo culturale.
Karl Marx
Anche lui parte criticando Hegel, dicendo che la filosofia non doveva avere solo uno scopo contemplativo
ma anche pratico, che si tradurrà con la Rivoluzione del proletariato. Ma era d'accordo con lui quando
parlava di indentità tra ragione e realtà. Il problema è che Hegel faceva derivare la Realtà dalla Ragione,
dicendo invece che doveva avvenire esattamente al contrario. Se si resta nella visione hegeliana, è come se
la realtà fosse necessaria e non potrebbe essere diversa da com'è. È pericoloso dire ciò perché è come se si
giustificasse qualsiasi cosa poiché non potrebbero essere altrimenti. Marx invece dice che la realtà non è
necessaria, essa, come i fatti, dipendono da determinate circostanze economiche e sociali. Riprende quindi
ciò che diceva Feuerbach dell'inversione del rapporto soggetto e oggetto. Per Marx, gli idealisti sono quei
filosofi convinti che prima venga la parola "frutto" e poi quella dei singoli. Ma, se non si conoscono
prima, non si potrà dare una esaustiva spiegazione della parola.

Marx parte da due critiche fondamentale:

1. Alla società moderna: Marx si domanda quando nasce il termine Moderno e i problemi nascono
proprio dall'urilizzo di questo. Per Società moderna si intende una società dove avviene la distinzione
tra Stato e Società Civile. Questa distinzione per esempio nell'antica Grecia non esisteva, esistendo
solo lo stato, poiché i cittadini non sentivano il bisogno di crearla, poiché era attivo nella vita pilitica
della Poleis. Quindi lo stato nasce per una sorta di illusione, i cittadini credono di essere considerati in
modo differente nella società civile e si illudono che avranno gli stessi diritti istituendo lo stato. Marx
fa una sorta di paragone tra il Paradiso e la Vita terrena: come le persone si illudono che tutti i loro
sogni o speranze verranno realizzate in paradiso, così i cittadini si illudono che con lo stato, tutti i lpro
diritti siano rispettati e tutelati. In realtà i cittadini credono che esso possa inbrigliare (legare e
trascinare) la società civile per portarla verso l'alto e innalzarla ed educarla a determinati valori. Marx
dice che succede esattamente l'opposto poiché la società civile imbriglia lo stato e lo abbassa agli
interessi personali ed egoistici degli individui. Ciò che nasce è una società egoista, individualistica (si
pensa a se stessi) e atomistica (si vive in isolamento). Tutto questo si esprime nella Proprietà Privata,
che è l'origine di tutti i mali. La soluzione appare quindi essere la sua abolizione. Per far ciò,
inizialmente propone un metodo pacifico, il Suffragio Universale, attraverso il voto. La soluzione
finale però non è pacifica ma Marx comincia a parlare della Rivoluzione del Proletariato. Deve essere
quest'ultimo a portarla avanti poiché è la classe che soffre di più e che quindi sente l'esigenza di
camboare la situazione.
2. All'economia borghese (al capitalismo): Il capitalismo secondo Marx crea Alienazione. Se per Hegel
era lo spirito che usciva e tornava in se e per Feuerbach era a livello solo religioso perché ci si
sottomette a qualcosa che si autocrea, per Marx invece essa viene vista solo a livello economico,
sostenendo che il capitalismo crea alienazione sotto quattro aspetti:
- Il prodotto: non è altro che il denaro, cioè un individuo lavora e basa tutta la sua vita su di essa per
guadagnare denaro anche se non gli appartiene. Si crea quindi alienazione perché ci si sottomette
quindi a quest'ultimo.
- L'attività: l'uomo si illude che il lavoro dovrebbe nobilitare ma, secondo Marx, l'alienazione sta nel
fatto che lavorando, ci si dovrebbe sentire uomo più che mai e, contrariamente, ci si sente bestia,
trattato come un animale da soma.
- L'essenza: l'uomo è costretto a fare un lavoro ripetitivo in cui viene soffocata la sua libertà e
creatività. L'alienazione sta nel fatto che si seguono le regole che altri impongono.
- Il prossimo: il rapporto con gli altri viene identificato con quello con il capitalista. L'alienazione sta
nel fatto che, come quest'ultimo sfrutta e non ha rispetto della dignità altrui, allora anche il rapporto
con gli altri viene visto solo come sfruttamento.

Marx criticherà Feuerbach anche se lo ispirerà sotto certi aspetti. Sostiene che quando quest'ultimo parla
di Umanismo Naturalistico appare come un limite perché, secondo Marx, è sbagliato definitire l'uomo
come natura. Più che definirlo così, va definito come società. L'uomo non è un individuo astratto ma è il
frutto della società dell'epoca, del contesto storico a cui appartiene.

Dice Marx che è un limite anche la soluzione data alla religione: non basta dire che l'unica possibile era
l'ateismo: così come l'uomo è il prodotto della società, Dio è una creazione dell'uomo che fa parte di
quella società. Ma Marx definisce la religione come "Oppio dei popoli". È definita così perché è come se
fosse un sospiro di un popolo oppresso, le persone soffrono in questa vita, non riescono a raggiungere
tutto quello che vorrebbero e si illudono di poter risolvere qualsiasi problema in una vita ultraterrena. La
religione diventa quindi un narcotivo per la propria sofferenza. Marx dice che la religione è il "Frutto
malato di una società malata". Per poter far guarire la società, occorreva agire e partire dalla base.

La Disalienazione religiosa deve partire da una Disalienazione economica. Se il problema non è tanto Dio
ma la società che l'ha prodotto, per distruggere o modificare questa figura, bisogna distruggere ciò che di
marcio c'è nella società. Questa disalienazione avviene eliminando ciò che per Marx è l'orgine di tutti i
mali: eliminando la proprietà privata. L'aspetto della "praxis" (dell'azione) è fondamentale e non bisogna
concentrarsi solo sulla contemplazione. So può quindi ottenere solo con la Rivoluzione.

Ideologia Tedesca

Marx non parla di Umanismo Naturalistico ma di Materialismo Storico: ne parla nella sua opera Ideologia
Tedesca. In essa critica il concetto di Ideologia (letteralmente Discorso sull'immagine), ovvero la
rappresentazione della realtà ma che in realtà non lo è, una propria idea di essa. Dice Marx che l'ideologia
porta ad avere quindi una falsa visione di ciò che è l'uomo.

Il suo obbiettivo è quello di stidiare a livello scientifico l'uomo e la storia, non più su in piano ideologico
ma concreto. Sostiene che in realtà l'uomo è il frutto di un rapporto particolare: Bisogno-soddisfacimento.
La storia non è altro che il modo in cui questo rapporto si è mostrato nei secoli. L'uomo ha bisogno perciò
di cose materiali per sopravvivere e la storia è il modo in cui le ha ottenute. Ci differenziamo dagli animali
perché appunto riesce a costruirsi ciò di cui ha bosogno.
C'è una differenza tra Struttura e Sovrastruttura, ma, per spiegarla Marx ricorre ad un ulteriore differenza
tra Forze Produttive e Rapporti di Produzione.

Le prime sono quelle forze necessarie per produrre qualcosa (per esempio la forza lavoro, ovvero gli
uomini, i mezzi, rappresentati dai macchinari o dal terreno da coltivare, e le conoscenze tecniche e
scientifiche, necessarie per l'utilizzo dei mezzi). Mentre le seconde sono i rapporti tra chi ha la proprietà
dei macchinari (il capitalista) e chi usa i macchinari (operaio).

Forze produttive e Rapporto di produzione costutuiscono l'economia, che Marx chiama Struttura della
società. Da questa base, dipende la politica, la legge, la morale, la religione, che costituscono la
Sovrastruttura. Ma quel rapporto dipende ciò che Marx chiama Dialettica della storia. Contrariamente al
contrasto tra antitesi e tesi, il contrasto qui è tra Forze Produttive e Rapporto di Produzione. I secondi si
mantengono in vita solo finché favoriscono le prime. Nel momento in cui non succede ciò, si annullano
per fare nascere un nuovo rapporto di produzione. Le forze però cambiano più velocemente dei rapporti,
perciò essi fanno fatica a stare dietro a quei cambiamento. Quando avviene un rallentamento, abbiamo ciò
che Marx chiama Rivoluzione. Dice però che il Capitalismo, e di conseguenza la Borghesia, sono una
tappa necessaria e preparatoria alla rivoluzione del proletariato. Solo attraverso lo sfruttamento, l'operario
prende conoscenza e consapevolezza della sua condizione.

Altre due opere importanti di Marx sono Il Manifesto del Partito Comunista (1848) e Il Capitale.

Ne Il Manifesto del Partito Comunista, i punti essenziali sono tre:

1. Funzione Storica della Borghesia: la borghesia è la classe che detiene il potere e che lo esercita
cambiando in continuazione le forze produttive per arricchirsi. Marx dice che questo esercizio del
potere è simile ad uno stregone che evoca gli spiriti, evocandone così tanti da non riuscire più a
controllarli. Quindi la borghesia si Autodistrugge, perdendo il controllo delle forze produttive.
2. Storia vista come "Lotta di classe": ovvero la dialettica della storia ( decisa dallo scontro tra forze
produttive e Rapporti di produzione)
3. La critica dei Comunismi non Scientifici: sono tre: Cominismo Reazionario, Comunismo
Conservatore, Cominismo Utopistico o Critico. Il primo, anziché guardare al futuro e verso il
nuovo, va verso il passato. Il secondo critica il capitalismo ma come soluzione propone non il suo
annullamento ma un miglioramento. Il terzo è quel comunismo che non vede il proletariato come
protagonista.

Ne Il Capitale, si analizza la struttura del capitalismo in maniera da poter criticare ciò che non va.

In questo testo parte dall'analisi della Merce. Essa, secondo Marx, ha un Valore d'uso (l'oggetto che serve
a qualcosa) e il Valore di Scambio (baratto o scambio con il denaro). Quest'ultimo è dato dalla quantità di
lavoro necessaria per produre l'oggetto, che però non intende il prezzo.

Il capitalismo non segue la logica di qualsiasi altra economia, che si basano sulla logica Merce-Denaro-
Merce (produce la merce, lo vende ottenendo denaro e investendolo per altri campi della produzione). Il
capitalismo invece segue la logica del Denaro-Merce-Denaro (si diventa capitalista se già si ha il denaro,
investendolo in merci per ottenere altro denaro).

Quella merce per ottenere denaro è la Merce Umana, uomo visto come uno strumento per guadagnare
ancora più soldi. Guadagna grazie al Plus Valore, che si ottiene con il Plus Lavoro dell'operaio. Il
capitalista si arricchisce attraverso le ore di lavoro non retribuite all'operaio.

Si deve però distinguere il Plus Valore Assoluto e Plus Valore Relativo. Il primo consiste nel far lavorare
l'operario di più, guadagnando di più. Però non è una buona soluzione perché quello che l'operaio sviluppa
risulterà scandente, scegliendo quello Relativo, ovvero si lavora le stesse ore ma pagate di meno.

Il Guadagno del capitalista viene fuori dal rapporto tra Plus Valore e Capitale costante aggiunto al
Capitale variabile. Quello costante sono i soldi che il capitalista investe nei macchinari, quello variabile
sono i soldi spesi per pagare gli operai. Quello che resta è il guadagno effettivo.

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