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riguarda la filosofia di

SCHOPENHAUER
Filosofia
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ARTHUR SHOPENHAUER.La sua formazione filosofica fu influenzata da quella di Kant e Platone che rimarranno al centro della sua riflessione. Fu un
filosofo antihegeliano, infatti per Hegel provava un odio viscerale e non solo si oppone dal punto di vista dottrinale (la sua filosofia è all’opposto rispetto a
quella di Hegel), ma anche da un punto di vista personale (Hegel ha successo in quel periodo e Schopenhauer viene snobbato). Schopenhauer definì Hegel
come “sicario della verità”, “accademico mercenario” e addirittura “illetterato insipido che raggiunse il colmo dell’audacia scarabocchiando i più pazzi non
sensi, celebrati dai mercenari e accettati dagli stolti”. Con Schopenhauer tutta la filosofia idealistica viene superata per tornare a Kant che aveva descritto
il mondo e la conoscenza umana in maniera razionale e precisa.

ESEMPIO: abbiamo un noumeno (cosa in sé) a cui applichiamo le forme a priori della sensibilità SPAZIO e TEMPO per ottenere un fenomeno. L’oggetto è
percepito qui e ora.

Per Schopenhauer spazio e tempo sono principi di individuazione e ci permettono di distinguere un oggetto da tutti gli altri. Gli altri fenomeni vengono
unificati dalle CATEGORIE nel concetto. Le categorie sono riconducibili a forme di casualità. (12 erano le categorie kantiane). Schopenhauer pensa di
risolvere il problema del noumeno (non possiamo sapere cosa sia la cosa in sé). Infatti gli idealisti arrivavano ai mistificanti non sensi. Se noi vogliamo
conoscere la cosa prima di rappresentarla ed inserirla in un processo conoscitivo dobbiamo chiederci se c’è qualcosa che possiamo sperimentare senza far
riferimento ai sensi o all’intelletto. Se non c’è, se siamo solo testa, aveva ragione Kant e conosceremo solo cose rappresentate e quindi il mondo come
rappresentazione. Ma secondo Schopenhauer noi siamo anche corpo che è da un lato una rappresentazione tra le altre, ma dall’altro ci comunica una
volontà di esistere (che è a monte delle altre cose).

ESEMPIO: Fame: il corpo ci comunica un malessere, poi subentra una sensazione e poi la concettualizzazione afferma la nostra fame.

La volontà inizialmente è pura e semplice e può essere identificata con il noumeno. Ma attenzione, la volontà è a monte rispetto al processo conoscitivo e
rispetto ai principi di individuazione. La volontà è unica e fuori dal tempo, assoluta. Il mondo è quindi oggettivazione della volontà in forme sempre più
articolate e complesse, ma mentre gli animali seguono l’istinto o le piante vogliono semplicemente crescere, l’uomo grazie all’intelligenza riesce ad
immaginare molti altri bisogni. Come in Hegel, l’uomo sembra al culmine della creazione, ma la volontà è a monte anche rispetto alla casualità. La volontà
quindi non ha uno scopo o una causa, è cieca e insensata. La volontà vuole e asta e quando avremo soddisfatto un bisogno questa si ripresenterà. La
volontà ci fa credere che quando riusciremo ad avere ciò che vogliamo saremo felici ma non è vero perché la soddisfazione sarà soppiantata da un nuovo
bisogno. La nostra vita sarà quindi caratterizzata dal dolore. Tutto quello che l’uomo fa è dolore che si calma quando viene realizzato e diventa felicità. LA
FELICITA’ È UNA MOMENTANEA CEASSAZIONE DEL DOLORE che risorge subito dopo quando la volontà si ripresenterà con un nuovo bisogno. Se sia ha
tutto e non si ha più niente da desiderare si arriva alla noia ed è peggio del dolore perché mette a confronto con il nulla.

«La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del
piacere e della gioia.» "Vivere è navigare cercando di evitare gli scogli dell'esistenza con la certezza del naufragio"

Per Schopenhauer tutto il reale è irrazionale. La volontà non si pone degli obiettivi. La storia ad esempio non si pone degli obiettivi e l’uomo è la creatura
più sfortunata perché riesce a crearsi dei modi per essere infelice, pensando di arrivare alla felicità ma ottenendo solo dolore. Partendo da questo punto
Schopenhauer propone tre vie per liberarsi da questa catena che porta al dolore, liberandosi dalla Volontà.

 L’ARTE: contemplando un’opera d’arte in maniera disinteressata e senza secondi fini, fin quando si è immersi nella contemplazione, ci si
dimentica dei bisogni, della volontà e del dolore (soluzione temporanea).
 L’ETICA: l’uomo è dotato di ragione anche se qualcuno la nasconde. La ragione gli permette di riconoscere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato
(GIUSTIZIA). Agire secondo giustizia tiene a freno la volontà perché porta ad escludere milioni di cose che si potrebbero volere ma che sono
ingiuste. Se si vive secondo giustizia, questa può diventare compassione perché la giustizia porta a vedere gli altri simili a noi siccome siamo
caratterizzati dal dolore. Siamo portati ad aiutarli dandogli ciò che gli serve e liberandoci dai propri dolori. Questa cosa però è positiva solo per
noi, perché negli altri nasceranno nuovi bisogni. (soluzione temporanea)
 L’ASCESI: se il problema è la volontà, l’unica soluzione sarà rinunciare a tutti i desideri che questa implica. Modelli in questi comportamenti sono
gli asceti cristiani, gli sciiti piuttosto che i fachiri indù che praticano digiuno, astinenza e castità, negando la volontà ogni colta che si presenta. Se
si riesce a fare ciò si arriva alla nolontà che quindi è assenza di dolore e massimo stato di beatitudine.

SCHOPENHAUER E LEOPARDI A Leopardi oggi viene riconosciuto un certo valore anche alla sua attività filosofica che è esposta nello Zibaldone, nelle
Operette Morali e nei Pensieri. Egli muove da una concezione materialistica e meccanicistica della realtà, secondo la quale la natura è matrigna e
indifferente nei confronti dell’uomo. L’universo non ha alcuna finalità e l’uomo è ai confini di questo e ha la stessa importanza degli altri esseri viventi. La
vita umana è pervasa dal dolore e dalla noia e ha come unico obiettivo la morte. Il pessimismo leopardiano è ancora più radicato di quello di Schopenhauer
perché non ha alcuna possibilità di liberazione dalla volontà. Il piacere è negativo, inteso come venir meno al dolore, per cui il dolore è l’unica condizione
esistenziale. Per Leopardi solo la speranza e l’attesa sono gli unici stati d’animo positivi. La poesia svolge solo una funzione consolatoria, perché fa apparire
la vita come accettabile e dà energia per affrontarla.

SCHOPENHAUER: LA MORTE COME ORIZZONTE DELLA VITA L'esistenza umana è segnata da un desiderare senza fine. I desideri però non sono precisi ma
possiamo parlare di un volere senza scopo. Il desiderio è mancanza e quindi genera dolore ma l'assenza di desiderio genera la noia. La contraddizione di
fondo è la morte, che l'uomo cerca di evitare. Ciò che dà senso all'esistenza sono il dolore e il pericolo. Per combattere la noia e il dolore, da sempre lo
Stato ha dovuto assicurare il pane e il divertimento, evitando la morte fisica e quella spirituale. La contemplazione ci fa guardare la vita dall’esterno. Ci
sono però degli aspetti negativi: i più sensibili si sentiranno diversi dalla maggioranza degli altri uomini. SCHOPENHAUER: L’ESISTENZA COME INFELICITA’ Il
desiderio deriva dalla mancanza, quindi nel momento in cui desideriamo proviamo sofferenza. L’appagamento di un desiderio ne lascia altri insoddisfatti.
Nessun desiderio soddisfatto produce appagamento perché, se il desiderio deriva dalla volontà, significa che è parte di noi stessi. L’unica via per liberarsi
dal desiderio è liberarsi dalla volontà stessa.

LEOPARDI: LA SOFFERENZA UNIVERSALE Sia per Schopenhauer che per Leopardi la sofferenza è universale, riguarda ogni essere vivente. Il dolore è legato
direttamente alla natura, matrigna per Leopardi, irrazionale e senza nessuna finalità per Schopenhauer, indifferente comunque verso la sofferenza dei
singoli individui. Come scrive il poeta di Recanati, anche in luogo apparentemente bello e gradevole come un giardino fiorito, possiamo scorgere sofferenza
e dolore. NICHILISMO Il nichilismo di Schopenhauer è passivo. È consapevole del fatto che la volontà non ha uno scopo effettivo e l’uomo non deve
combattere per sfuggire alla volontà. Il nichilismo è passivo perché l’uomo non si crea nuovi valori tramite la volontà di potenza che rivedremo in
Nietzsche. Con la non volontà si diventa insensibili a qualsiasi cosa e si accetta il nichilismo passivo senza soffrire l’infelicità figlia dei desideri.

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