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Schopenhauer

In cosa consiste il pensiero di Schopenhauer? Cos’è il velo di Maya? Come si supera? Cosa
riprende Shopenhauer da Kant?

IL KANTISMO DI SCHOPENHAUER

Il pensiero di Schopenhauer prende le mosse da due elementi fondamentali: la filosofia di


Kant e il pensiero legato alle religioni orientali, in particolare all’induismo. Da Kant riprende
le basi della sua visione gnoseologica, in particolare i concetti di fenomeno e noumeno,
sempre intesi in senso kantiano come “mondo come ci appare” e “cosa in sé”.
Schopenhauer però aggiunge nuovi elementi alla prospettiva kantiana. Possiamo trovare i
principali nel titolo della sua maggiore opera: “Il mondo come volontà e rappresentazione”.
Per rappresentazione Schopenhauer intende il risultato del rapporto tra soggetto e
oggetto. La volontà, invece, è “nel corpo dell’Io penso”, è quell’istinto noumenico che ci
spinge ad agire e a vivere. Ma su questa torneremo più avanti.
IL VELO DI MAYA

In sostanza, il mondo si divide in due parti: quella fenomenica, quindi quella che possiamo
conoscere, comprende, appunto, il fenomeno, ma anche le illusioni, le parvenze e le
rappresentazioni; mentre quella noumenica è rappresentata dal noumeno, dalla cosa in sé.
Qui troviamo un altro elemento originale della filosofia di Schopenhauer: la parte
fenomenica e la parte noumenica sono separate dal velo di Maya, una sorta di filtro che
distorce la realtà e non ce la fa apparire in quanto tale. In sostanza, per Schopenhauer la
realtà non è altro che un’illusione, un sogno, una rappresentazione in senso stretto. Come
sempre, l’analisi dei termini utilizzati ci aiuta a comprendere come Schopenhauer consideri
negativamente questo fatto: “Māyā”, in sanscrito, significa “illusione”. Ricordatevi anche
questo, ci sarà utile dopo.
Squarciare il velo di Maya è impossibile, ma c’è qualche modo per accedere comunque
alla cosa in sé. Per farlo, l’uomo deve abbandonare il proprio corpo per accedere a quello
in cui risiede l’Io penso, che è diverso dal corpo che percepisco come mio. Facendo ciò, il
soggetto può annullare la rappresentazione ed accedere alla dimensione della volontà. Ma
come è possibile accedere all’Io penso? Schopenhauer individua tre vie: l’arte, l’etica e
l’ascesi.

ARTE

Se l’Io cerca di vivere al meglio nella rappresentazione, l’artista tende a sospenderla per


praticare la contemplazione. In questo senso, l’atto artistico è una vera e propria
espressione della volontà cosmica. Tra le discipline artistiche, Schopenhauer trascura
quelle pittoriche, perché si basano sulla rappresentazione, mentre ritiene che la vera arte
sia la musica. Il punto forte della musica è la sua immediatezza, il fatto che sia in sè, che
sia qualcosa di direttamente percepibile con il corpo. Il ritmo porta alla pulsazione
simpatetica dei corpi, che si manifesta con un’altra forma d’arte: la danza. Le sue teorie
sulla musica influenzeranno le composizioni di Wagner, ma se volete parlare di danza e di
Wagner mi sa che ci dovremo riaggiornare quando farete Nietzsche.
ETICA

Schopenhauer effettua una distinzione che normalmente, nel lessico filosofico generico,
non sussiste: egli chiama morale quella all’interno della rappresentazione ed etica quella al
di là del velo di Maya. Bisogna passare dalla morale all’etica. Il mezzo per effettuare
questo passaggio è la compassione, intesa in senso letterale: cum + patior, provare un
sentimento insieme. Etico è colui che non giudica l’altro, ma che soffre con lui, senza porsi
in una posizione di superiorità, senza cercare quindi di aiutarlo (che è un’azione che giunge
“dall’alto”), ma condividendo lo stato d’animo. Ciò che ci fa provare questo sentimento è
il pessimismo cosmico: noi sappiamo che l’altro, come noi, è in balia degli eventi, quindi
non possiamo che empatizzare con il suo sentimento. Questo passaggio è, a mio parere,
di un’importanza e di una bellezza immane: rappresenta fondamentalmente la chiave di
tutte le tesi sostenute dalla psicologia umanistica moderna. C’è però un altro elemento
che è decisamente discutibile: Schopenhauer ha una concezione positiva del suicidio, in
quanto esso rappresenta l’annullamento della dimensione corporea e fenomenica, ma il
mantenimento della dimensione della cosa in sé.
ASCESI

Le forme di ascesi religiosa sono legate a concetti come la grazia cristiana o il nirvana
buddhista e rappresentano forme di liberazione dalla volontà. La parola “ascesi” significa
salita, quindi un implicito distaccamento dal corpo.

Quella della grazia è una questione teologica controversa. Essa è un dono gratuito di Dio,
non è quindi un merito in senso stretto: dev’essere immotivata. Il che è un controsenso.
L’ascesi cristiana consiste quindi nell’accettare che Dio è libero in questo senso: non tutto
è nelle nostre mani, quindi ci si mette totalmente nella disponibilità del dono di Dio.
L’asceta non ha volontà: non vuole nulla, neanche la grazia, perché se la vuole non la
si riceve, la si merita, quindi non è più un dono, che è qualcosa di intrinsecamente gratuito,
ma un semplice scambio.
L’altro tipo di ascesi è appunto quello delle filosofie orientali, come il nirvana buddhista o
la moksha induista (fondamentalmente sono la stessa cosa). In questo tipo di religioni si
crede che le anime siano intrappolate nel samsara, un continuo ed infinito ciclo di
reincarnazioni delle anime in differenti corpi. Ricevendo l’illuminazione, ci si avvicina alla
fine del samsara, con il raggiungimento dell’ascesi, nirvana o moksha che sia, che coincide
con una totale indifferenza rispetto alle cose del mondo, con l’assenza di qualsiasi
desiderio. Chi raggiunge la liberazione si identifica con il nulla, si sottrae all’essere. Per
questo dicevo prima che il concetto di Maya è importante per le filosofie orientali: il velo di
Maya è ciò che ci tiene incollati al fenomeno impedendoci di raggiungere la liberazione.

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