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ARTHUR SCHOPENHAUER

Arthur Schopenhauer è stato un filosofo tedesco, cittadino espatriato del regno di Prussia, e uno dei maggiori
pensatori del XIX secolo e dell'epoca moderna. Il suo pensiero recupera alcuni elementi dell'illuminismo, della
filosofia di Platone, del romanticismo e del kantismo, fondendoli con la suggestione esercitata dalle dottrine
orientali, specialmente quella buddhista e induista. Schopenhauer crea una sua originale concezione filosofica, la
quale ebbe una straordinaria influenza, seppur a volte completamente rielaborata, sui filosofi successivi, come ad
esempio Friedrich Nietzsche, e, in generale, sulla cultura europea successiva, inserendosi nella corrente delle
filosofie della vita. Schopenhauer manifestò per gran parte della sua vita un acuto disagio nei confronti dei contatti
umani, atteggiamento che gli procurò la fama di irriducibile misantropo, e uno scarso interesse, almeno in via
ufficiale, per le vicende politiche dell'epoca. I tardi riconoscimenti di critica e pubblico attenuarono i tratti più
intransigenti del suo carattere, tanto che negli ultimi anni della sua esistenza si raccolse attorno a lui una ristretta
cerchia di apostoli, come egli stesso amava definirli, tra i quali il compositore Richard Wagner, lo scrittore David
Asher e la scultrice Elisabet Ney.

La filosofia
«La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l'intervallo
fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia.»

La filosofia di Schopenhauer è molto articolata. Nella sua opera giovanile, “Il mondo come volontà e
rappresentazione”, che contiene già gran parte del suo pensiero, poi riedita con aggiunte, Schopenhauer sostiene
che il mondo è fondamentalmente ciò che ciascuna persona vede tramite la sua volontà, nella quale consiste il
principio assoluto della realtà, nascosto alla ragione. La sua analisi lo porta alla conclusione che i desideri emotivi,
fisici e sessuali, che presto perdono ogni piacere dopo essere stati assecondati, e infine divengono insufficienti per
una piena felicità, non potranno mai essere pienamente soddisfatti e quindi andrebbero limitati, se si vuole vivere
sereni. La condizione umana è completamente insoddisfacente, in ultima analisi, e quindi estremamente dolorosa. Di
conseguenza, egli ritiene che uno stile di vita che neghi i desideri, simile agli insegnamenti ascetici dei Vedānta e
delle Upanishad dell'induismo, del Buddhismo delle origini, e dei Padri della Chiesa del primo Cristianesimo, nonché
una morale della compassione, è quindi l'unico vero modo, anche se difficile per lo stesso filosofo, per raggiungere la
liberazione definitiva, in questa vita o nelle successive. Sull'esistenza di Dio, Schopenhauer è invece ateo, almeno per
quanto riguarda la concezione occidentale moderna. Egli non nutre né considerazione né fiducia alcuna nella massa
degli esseri umani, fatto che lo conduce alla misantropia

Il velo di Maya

Schopenhauer riprende da Kant i concetti di fenomeno e noumeno. Il fenomeno è il prodotto della nostra coscienza,
esso è il mondo come ci appare, mentre il noumeno è la cosa in sé, fondamento ed essenza vera del mondo. Il
fenomeno materiale è dunque per Schopenhauer solo parvenza, illusione, sogno: tra noi e la vera realtà è come se vi
fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di Maya di cui parla la filosofia
indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà. Il mondo dunque è una propria rappresentazione, una propria
illusione ottica. Schopenhauer ritiene che la rappresentazione, cioè la realtà che ci si para davanti, sia nient'altro che
una "fotocopia mal inchiostrata", celante la vera realtà delle cose: da questa affermazione traspare l’evidente
influenza dello studio di Platone. Noi, senza un lavoro spirituale, non vediamo le cose per come sono ma per come
siamo. Per poter giungere alla realtà noumenica, quella vera, non si può quindi percorrere la strada della conoscenza
razionale, visto che è relegata alla sfera della rappresentazione, che in base alla quadruplice radice del principio di
ragion sufficiente ci mostrerà sempre un mondo totalmente determinato.

Quadruplice radice del principio di


ragion sufficiente
Per quadruplice radice del principio di ragion sufficiente si intende la verità metalogica, che rappresenta la ragione di
un giudizio formulato nelle condizioni formali di ogni pensare insite nella Ragione. I giudizi di verità metalogica sono
quattro, e sono stati chiamati leggi di ogni pensare.

Un soggetto è uguale alla somma dei suoi predicati, per cui A = A;

Non si può negare e al contempo attribuire un predicato a un soggetto, ovvero A = -A = 0;

Di due predicati contraddittori opposti, uno dev'essere attribuito ad ogni soggetto;

La verità è il rapporto di un giudizio con qualcosa posto al di fuori di esso, che noi indichiamo come ragione
sufficiente.
Schopenhauer afferma che questi giudizi siano l’espressione della condizione di ogni pensiero sano e lucido e che il
pensare in contrasto ad essi sia possibile come “pretendere di muovere le proprie membra in senso contrario
rispetto alle relative articolazioni”.

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