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Il realismo di Kant nellinterpretazione


di Pantaleo Carabellese
di Elisa De Nichilo
1. Lontologismo critico e la flosofa di Kant
Loriginalit della filosofia di Pantaleo Carabellese, nel panorama
culturale italiano della prima met del 900, evidenziata dalla dif-
ficolt che la storiografia e la critica hanno incontrato nel tentare di
definire il suo pensiero, inserendolo in una corrente o, pi in ge-
nerale, caratterizzandolo nei suoi motivi fondamentali. La sua filo-
sofia stata considerata, di volta in volta, come una forma di idea-
lismo e la sua polemica con lattualismo di Giovanni Gentile vista
come un dibattito interno alla corrente neoidealista o come un re-
gresso verso una concezione spiritualista, o ancora come un ritorno
allontologismo rosminiano, in radicale opposizione al neoidealismo
1
.
Da alcuni la sua figura di pensatore stata ritenuta anacronistica,
superata gi relativamente alla sua epoca
2
; per altri, invece, il suo
pensiero presentava caratteri innovativi rispetto alla filosofia italiana
del tempo, con la quale comunque si confrontava, e una vicinanza
molto stretta a quella ripresa di tematiche ontologiche che caratte-
1
Sul rapporto della filosofia di Carabellese con lattualismo, significativo il confronto
tra la posizione di Ugo Spirito e quella di Nicola Abbagnano. Per il primo, la critica di Ca-
rabellese a Gentile era fondata su unincomprensione del vero significato dellattualismo: la
controversia era pi apparente che reale, per cui, di fatto, Carabellese, nella sua personale
elaborazione speculativa, finiva per essere un idealista molto pi gentiliano di quanto egli
non credesse (U. Spirito, Lidealismo italiano e i suoi critici, seconda edizione, Bulzoni, Roma
1974, p. 138). Secondo Abbagnano, invece, la filosofia carabellesiana, configurandosi come la
trascrizione dello spiritualismo rosminiano nei termini dellimmanentismo attualistico, ha rap-
presentato storicamente il capovolgimento simmetrico dellidealismo attualistico di Gentile
(N. Abbagnano, Storia della filosofia, Unione tipografica editrice torinese, Torino 1966, vol.
III, p. 413).
2
Secondo Giorgio Fano, per esempio, la concezione metafisica di Carabellese pu es-
sere considerata come un tentativo di sintesi e di superamento del monismo panteistico e
del pluralismo monadistico, che avrebbe avuto, per la sua originalit, grande successo se egli
fosse vissuto pochi anni dopo lo Spinoza e il Leibniz (G. Fano, La situazione anacronistica
di Carabellese, ultimo dei grandi metafisici, in AA.VV., Giornate di studi carabellesiani. Atti del
convegno tenuto presso lIstituto di filosofia dellUniversit di Bologna nellottobre 1960, Silva,
Bologna 1964, pp. 101-112).
LA CULTURA / a. XLVII, n. 2, agosto 2009
Elisa De Nichilo
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rizzava alcuni movimenti, come la fenomenologia, o lesistenzialismo,
che stavano innovando profondamente latmosfera culturale euro-
pea
3
. Anche i filosofi cattolici si sono divisi nel giudicare la sua ela-
borazione speculativa in linea con la dottrina cattolica o come radi-
calmente inconciliabile con essa
4
.
Questa differenza di vedute testimonianza della complessit del
suo pensiero, che, pur essendo percorso da una costante tensione
verso lautochiarificazione e la sintesi, era fondato sulla consapevo-
lezza che quella tensione non pu mai trovare il suo compimento in
una elaborazione definitiva. La riflessione filosofica , infatti, per Ca-
rabellese, per sua stessa natura, sforzo incompiuto; e solo partendo
da questa coscienza della propria ignoranza necessaria, il filosofo
pu tentare di approssimarsi al vero. Ci possibile solo quando la
filosofia, che ha assunto come interno il problema della propria au-
tocomprensione, divenendo critica, inizia a concepire la relazione tra
questo problema interno e il suo problema oggettivo quello
cio relativo alloggetto che la riflessione filosofica tematizza come
una relazione circolare. Infatti, alla domanda intorno allessenza della
filosofia come concreta attivit, non si pu dare risposta prima di
risolvere il problema della definizione del suo oggetto, di quel prin-
cipio in cui risiede il fondamento implicito di ogni concreta attivit
della coscienza. Lontologismo critico quello stadio del suo per-
corso storico in cui il pensiero filosofico raggiunge la consapevolezza
di questa circolarit e inizia a concepire s stesso come eterna, mai
compiuta attivit spirituale.
Allinterno di questo percorso, che Carabellese traccia misurando
la distanza di ogni filosofia dallontologismo critico, il pensiero di
Kant assume, come vedremo, una posizione centrale e decisiva. La
Critica della ragion pura, infatti, ha portato a compimento il pro-
blema del conoscere caratteristico del pensiero moderno, mostrando
come sia necessario per la filosofia porsi la domanda circa la pro-
pria possibilit; inoltre, attraverso quel tribunale della ragione istitu-
ito al fine di rispondere a tale questione, Kant ha scoperto il princi-
pio fondamentale dellontologismo critico: la noumenicit dellessere
3
Per Giuseppe Semerari, lontologia critica di Carabellese fu il lato italiano della rifonda-
zione europea dellOntologia, nella quale si mescolano e intrecciano cause ed effetti della crisi
epocale dei fondamenti e delle strutture logico-linguistiche della moderna filosofia del cono-
scere (G. Semerari, La sabbia e la roccia: Lontologia critica di Pantaleo Carabellese, Dedalo,
Bari 1982, p. 4).
4
Interessante, a questo proposito, la differenza, emersa nel corso del convegno sulla filoso-
fia di Carabellese, tenutosi a Bologna nel 1960, tra la posizione di Teodorico Moretti-Costanzi e
quella di Carlo Giacon che, diversamente dal primo, ritiene la filosofia di Carabellese inconci-
liabile con i contenuti fondamentali della religione cattolica, soprattutto a causa dei presupposti
immanentistici e antirealistici del suo pensiero (cfr. T. Moretti-Costanzi, Il testamento filosofico
di P. Carabellese, in AA.VV., Giornate di Studi Carabellesiani, cit., pp. 17-30, e, nello stesso vo-
lume collettaneo, il saggio di C. Giacon, Il rosminianesimo di P. Carabellese, pp. 265-278).
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
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in s, la sua pura pensabilit, la sua appartenenza alla coscienza.
Egli, per, non ha approfondito questa scoperta, rimanendo irre-
tito in alcuni pregiudizi dogmatici che gli hanno impedito di porsi
radicalmente il problema dellessere in s, oggetto vero dellattivit
filosofica, e non gli hanno permesso di impostare correttamente il
problema interno della filosofia: questo, infatti, non il problema
della possibilit della metafisica come scienza, ma quello dellessenza
stessa della filosofia; come tale pu essere posto in modo radicale
solo quando si abbandoni il pregiudizio che la filosofia sia scienza.
Questa duplicit di significato per cui la Critica viene a rap-
presentare, da una parte, unapertura verso unautentica metafisica,
e dallaltra una resa a una forma di agnosticismo metafisico corri-
sponde al doppio valore che, nella concezione di Carabellese, il pen-
siero di Kant assume sul piano storico: la sua filosofia rappresenta,
da un lato, il luogo della possibilit storica di un rinnovamento in
senso veramente critico dellontologia; dallaltro, essa stata, invece,
il punto di origine dellidealismo tedesco, che ha ostacolato quello
sviluppo. Lontologismo critico si propone, dunque, di attuare quel
potenziale di rinnovamento dellontologia che la filosofia di Kant
racchiudeva, attraverso un recupero e uno sviluppo del vero nucleo
fondamentale del suo pensiero, liberato da quei limiti riconducibili a
una forma di realismo dogmatico che avrebbe condizionato i risultati
della sua filosofia critica. Ci soffermeremo, in queste pagine, proprio
sul rilievo dato da Carabellese a questo realismo, rilievo che as-
sume unimportanza fondamentale nella sua opera interpretativa.
2. Dalla critica del conoscere alla critica del concreto
Nella prefazione alla seconda edizione della Critica del concreto
5
,
Carabellese descriveva limportanza della riflessione sulla filosofia di
Kant, riconoscendo in essa lorigine della propria scoperta specula-
tiva fondamentale quella della concretezza, della pienezza des-
sere che costituisce la coscienza nella sua originaria e irriducibile
sinteticit e il termine costante di riferimento e confronto per la
sua filosofia che, se voleva mantenersi critica, non poteva che ma-
turare allinterno del dialogo con Kant. Per Carabellese, chiunque
voglia confrontarsi con la filosofia kantiana deve avere una con-
cezione della realt da contrapporgli
6
, concezione che, per, a sua
volta, deve esser nata da Kant
7
. Infatti, se c una conquista dalla
quale, in filosofia, non pi possibile prescindere, proprio la sco-
5
P. Carabellese, Critica del concreto, seconda edizione, Angelo Signorelli, Roma 1940.
6
Id., La filosofia di Kant I. Lidea teologica, Vallecchi, Firenze 1927, p. XI.
7
Ibid.
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perta della sinteticit del reale che si compie quando, abbandonando
la divisione netta tra mondo sensibile e mondo intelligibile, Kant
approda allunico mondo dellesperienza, che insieme pensiero e
intuizione, soggettivit e oggettivit, universalit e singolarit, sco-
prendo che lesperienza non altro che realt nella sua concretezza
soggettivo-oggettiva
8
.
Questo risultato possibile perch, con la Critica della ragion
pura, i concetti intellettivi perdono ogni pretesa di cogliere lessenza
e acquisiscono cos, nel loro uso solo funzionale, unoggettivit che,
altrimenti, non avrebbero mai raggiunto: proprio la categoricit
dei concetti puri che permette loro di fondersi con il mondo intu-
itivo, dandogli quelloggettivit che ad esso manca e che fa uscire
il soggetto dalla sua chiusura, senza per questo fargli perdere la sua
singolarit. La rivoluzione critica si compie, innanzitutto, attraverso
questo ripensamento del concetto di oggettivit che Kant attua nel
momento in cui, esclusa la possibilit della conoscenza delloggetto
in s, si pone il problema di giustificare loggettivit del conoscere,
di chiarire il senso in cui possibile parlare di oggetto della cono-
scenza. La realt che ci risulta, e che sola pu risultarci, quella del
mondo dellesperienza, ma tale mondo non astrattamente sogget-
tivo; concreto invece, perch loggettivit non perduta, ma man-
tenuta nel suo significato fondamentale, quello di universalit: per-
ch sia possibile la conoscenza bisogna passare dalla soggettiva,
molteplice cosa-fenomeno alla oggettiva, unica cosa-concetto, dando
alla prima validit universale
9
. Luniversalizzazione, attraverso la
quale si passa dallesperienza soggettiva alla conoscenza vera e pro-
pria, non deve essere interpretata, per, come un processo attraverso
il quale il soggetto produce loggettivit: luniversalit non pro-
pria del soggetto ma delloggetto. Lerrore dellidealismo, da Fichte
a Gentile, errore che consiste, per Carabellese, proprio nellaver
posto luniversalit nel soggetto puro, distinguendo questo, nella sua
8
Ivi, p. 165. Unimportante suggestione nello sviluppo della concezione carabellesiana del
concreto fu esercitata dallinsegnamento di Filippo Masci, di cui Carabellese aveva seguito le
lezioni allUniversit di Napoli. Masci insisteva sulla necessit di superare la concezione inna-
tistica delle forme a priori, da cui, a suo parere, Kant non era riuscito ad emanciparsi, poich
aveva continuato a considerarle logicamente anteriori alla conoscenza e ne aveva esaltato il ca-
rattere di indipendenza assoluta dallesperienza facendone, cos, delle reti che il pensiero
ha in s belle fatte, e pronte fin da principio a prendere tutto ci che vi cade dallesperienza
(F. Masci, Pensiero e Conoscenza, Fratelli Bocca, Torino 1922, p. 167). Le forme intuitive e
intellettuali si producono, invece, nel processo progressivo di sviluppo dellesperienza, della
quale rappresentano la legge interna di formazione, dalla conoscenza comune alla conoscenza
scientifica. Per Masci, per, che in questo rimaneva legato al positivismo, la dottrina della co-
noscenza non pu non fondarsi su unindagine psico-genetica delle forme a-priori, e soprat-
tutto sul presupposto che qualche cosa fuori dal soggetto ci sia, altrimenti essa non avrebbe
senso (Ivi, p. 8). Come vedremo sar proprio il presupposto dualistico a entrare in crisi nella
trasformazione metafisica che Carabellese operer di quella stessa esigenza della concretezza
presente nel suo maestro.
9
P. Carabellese, Critica del concreto, cit., p. 56.
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
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unicit, dal soggetto empirico stato causato da un fraintendi-
mento del rapporto che, nella deduzione trascendentale, lega le ca-
tegorie allunit sintetica dellappercezione: il carattere fondativo che
questultima assume nella deduzione significa soltanto che ciascun
soggetto in concreto, cio in quanto non soltanto soggetto ma con-
creta coscienza, ha unessenza, per cui vale per tutti, ha unessenza
oggettiva
10
. La coscienza in generale (Bewutsein berhaupt)
proprio quelloggettivit della quale le categorie sono forme e non
il soggetto da cui esse si originano. Cos, Kant ha, per Carabellese,
aperto la strada a quella rivoluzione che si compie quando la concre-
tezza non viene pi ridotta alternativamente alloggettivit o alla sog-
gettivit: la prima non significa pi riferimento alloggetto esterno,
ma trova il suo significato entro la coscienza concreta della quale
costituisce luniversalit; e la soggettivit si fa singolarit, esistenza,
relazione.
Se Kant non ha percorso fino in fondo questa strada perch
la scoperta della concretezza comporta e richiede laffermazione del
principio idealista dellidentit di essere e logos; ecco perch tale
principio deve essere riconquistato in modo radicale alla filosofia
come quello che la stessa coscienza comune, spogliata dei pregiudizi
dogmatici, e riportata al suo atteggiamento naturale, suggerisce. Al
problema kantiano: come possibile conoscere? bisogna quindi
sostituire laltro: come possibile essere?. Sembra un ritorno ad
una vieta ontologia dogmatica, ed invece il naturale sviluppo della
concezione critica della realt
11
. Il principio eleatico dellidentit di
essere e pensiero che costituisce il fondamento di quel vero idea-
lismo che ha rappresentato la forza speculativa della tradizione ita-
liana, e che, secondo Carabellese, ha trovato la sua espressione pi
compiuta in Antonio Rosmini deve essere posto alla base anche
della stessa critica, perch questa sia una critica radicale volta a met-
tere in rilievo le condizioni trascendentali dellessere concreto. Solo
una tale critica, che non presupponga ancora un essere fuori del lo-
gos, lasciato al di l della critica stessa, pu anche ricomprendere in
s stessa, e spiegare, lesigenza del realismo di distinguere soggetto e
oggetto, pensiero ed essere.
Questo diviene possibile grazie al profondo mutamento di signi-
ficato a cui soggetto, nella filosofia di Carabellese, il concetto di
trascendenza, rispetto alla tradizione filosofica, che lha concepita
come assoluta separazione, dimenticando che qualunque distinzione
non pu che essere interna allessere. La concretezza non esclude la
trascendenza, ma la interpreta come inadeguabilit del concreto
10
Ivi, p. 58.
11
Ivi, p. XXV.
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a quelle che rimangono pur sempre sue condizioni intrinseche: il
Concreto, in quanto non si identifica mai n col suo Principio n
con i suoi termini, non adegua lassoluta incommensurata unicit
delluniversale Principio, n raggiunge la infinita, in numero, plura-
lit del singolare
12
. Se lessere in s e i soggetti individuali sono,
come abbiamo visto, le due condizioni intrinseche e insieme trascen-
denti del concreto, vi saranno, allora, due forme di trascendenza:
luna relativa, laltra assoluta. La prima la trascendenza reciproca
che sussiste tra i soggetti: malgrado, infatti, le coscienze singolari
siano in relazione e aperte alla comunicazione e comprensione reci-
proca grazie al fatto di essere individuazioni dellunico essere ,
tuttavia proprio la trascendenza delluniversale rende impossibile una
comprensione totale dellaltro: la coscienza universale, dunque, che
permette la nostra reciproca comprensione, causa anche la nostra
reciproca trascendenza, fa s che ciascuno resti insuperabilmente se
stesso, non sia laltro
13
; tra i soggetti c apertura e dialogo grazie
alla identit del principio che fonda la loro attivit e che si ritrova
in ognuno, ma c anche una trascendenza reciproca, che garantisce
i limiti che ognuno trova per s nellaltrui singolarit.
La seconda forma di trascendenza quella delloggetto puro di
coscienza rispetto ai singoli soggetti che lo affermano, individuan-
dolo: questo superamento che la coscienza soggettiva sente di do-
ver ammettere della propria soggettivit, fondandosi proprio sul suo
esser coscienza, cio avere un oggetto, cio un principio della pro-
pria coscienza
14
. In entrambi i casi, come si vede, il concetto del
limite a venire espresso nellesigenza della trascendenza: la coscienza
soggettiva sente il proprio limite, in qualche modo sa il proprio li-
mite, e, per questo, esige la trascendenza assoluta del suo oggetto,
del suo principio, e la trascendenza relativa degli altri soggetti; ma
questo sapere il proprio limite segno che la coscienza sa loggetto
in quanto a lei intrinseco, in quanto suo principio, anche se mai as-
solutamente adeguabile
15
.
12
Ivi, p. 175.
13
Ivi, p. 196.
14
Ivi, pp. 202-203.
15
Questa preoccupazione di Carabellese di spiegare lirriducibilit dellessere in s al con-
creto, pur salvaguardandone limmanenza o implicitezza, va letta sullo sfondo della sua pole-
mica con il pensiero di Bernardino Varisco che, a partire da I massimi problemi (1910), e poi
in Conosci te stesso (1912) aveva iniziato a delineare una metafisica spiritualistica fondata da
una parte sullattivit dei singoli soggetti, concepiti come centri di spontaneit; dallaltra sulla
trascendenza dellunico essere, pensato anchesso come soggetto, come il centro dei centri,
e identificato con il Dio della tradizione teologica. interessante notare come anche Varisco
considerasse la sua filosofia come uno sviluppo della filosofia di Kant, volto a evitarne gli esiti
scettici e fenomenistici dovuti allopposizione di pensiero e realt; egli riteneva, per, possibile
superare lagnosticismo soltanto attraverso un approfondimento del concetto di soggettivit e
una consapevole trasformazione in senso idealistico e spiritualistico della dottrina kantiana.
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Per Carabellese, Kant si avvicinato a questa concezione attra-
verso la conquista della concretezza dellesperienza, che , al tempo
stesso, scoperta della cosa in s come noumeno: il valore essenziale
della Critica consiste, infatti, nellaver rivelato che la ragione, liberan-
dosi dai falsi presupposti dogmatici che la tradizione le ha imposto,
scopre lessere in s come immanente alla coscienza. Linterpreta-
zione della Dialettica trascendentale volta a mettere in rilievo la ne-
cessit, per uno sviluppo coerente della filosofia critica, di intendere
la sintesi della ragione come una sintesi che non soltanto ha una sua
oggettivit, ma che il fondamento stesso di ogni oggettivit. La ra-
gione pura, nel suo uso reale, si colloca in una posizione particolare
tra lesperienza e la realt in s: infatti, lintelletto, di per s, chiuso
nel mondo fenomenico, che considera tutta la realt; se non vi fosse
la ragione, con la sua esigenza di incondizionato, ad avvertirci che vi
una realt soprasensibile, di cui i fenomeni non sono che ombre,
come i prigionieri della grotta platonica, scambieremmo queste om-
bre per la realt stessa: in questo modo dellessere soprasensibile,
cio dellessere che veramente , non avremmo il menomo indizio.
Non ci sarebbe dato di essere scettici rispetto ad esso. La ragione
ci salva da quel nullismo in cui ogni fenomenismo finisce
16
. La ra-
gione, dunque, quella facolt che pone il limite alla conoscenza in-
tellettiva, svelando la sua natura fenomenica; e, se vero che essa
non pu poi determinare in alcun modo la vera realt che sta oltre
il mondo fenomenico, senza cadere nella dialetticit, pur vero che
lessere della realt soprasensibile reale, poich altrimenti non sa-
rebbe oggettivo neanche il limite che la ragione pone allintelletto:
e, invece, proprio nel porre tale limite la ragione nel suo uso re-
ale. Laffermazione della noumenicit dellessere in s vera scoperta
critica di Kant proprio la coscienza della intrinsecit e trascen-
denza dellessere in s rispetto allesperienza concreta: tale scoperta,
derivata, come abbiamo visto, dalla revisione critica del concetto di
oggettivit, se resa esplicita e approfondita, gli avrebbe permesso di
impostare correttamente anche il problema interno della filosofia.
Nellontologismo critico, la filosofia si chiarisce come quellatti-
vit trascendentale che tenta di isolare il principio della coscienza,
lessere in s, dalla pluralit soggettiva alla quale intimamente le-
gato; uno sforzo mai compiuto, perch anche la filosofia, come at-
tivit spirituale, non potr mai trascendere la concretezza che la co-
stituisce, e adeguare cos quel principio che infaticabilmente ricerca.
Il problema, per Carabellese, che in Kant la scoperta della intrin-
secit dellessere in s rispetto alla concretezza si trova contraddetta
dal presupposto della cosa in s realistica come precedente cau-
16
P. Carabellese, La filosofia di Kant, lidea teologica, cit., p. 189.
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sale del fenomeno sentito
17
. Per questo la sua filosofia non giunge
mai a un chiarimento in senso veramente critico delloggettivit, la
cui trattazione resta sempre limitata da questa ambiguit della con-
cezione della cosa in s, della quale egli, influenzato dal pregiudizio
realistico, afferma linconoscibilit; inoltre, quel pregiudizio lo porta
a persistere nella sua ricerca della possibilit della metafisica come
scienza. Ma se loggetto della filosofia, lessere in s, si rivela inco-
noscibile, chiaro che della metafisica concepita come scienza del
soprasensibile si dovr dichiarare limpossibilit. E infatti, due sono
state le strade che Kant ha aperto nella risoluzione del problema:
quella positivista, in cui la metafisica deve rinunciare al suo oggetto
e fondarsi su una sintesi naturalistica; e quella del criticismo meta-
fisico, in cui viene innalzata a metafisica la stessa dialettica, opera-
zione che riesce solo eliminando lin s, che diviene negazione, e as-
solutizzando il soggetto, che perdendo loggettivit viene a perdere
anche gli altri soggetti: diviene lunico Soggetto assoluto che assorbe
in s lintera concretezza reale. chiaro, dunque, come, in questot-
tica, assuma una rilevanza fondamentale la comprensione e la critica
di questo realismo residuo che ha ostacolato lo sviluppo dellontolo-
gismo critico.
3. Il realismo di Kant
Il limite realistico risiede, per Carabellese, nel pregiudizio che
porta Kant a ritenere che, accanto e oltre il mondo fenomenico, vi
sia un mondo di oggetti esterni e indipendenti dalla coscienza che
costituisce la realt in senso proprio, in quanto questi enti reclamano
per s non soltanto loggettivit vera, ma anche leffettiva esistenza.
Nel concetto di cosa in s, si troverebbero confuse, cos, esistenza e
oggettivit, che invece rappresentano, come abbiamo visto, due di-
stinte esigenze di coscienza. La confusione deriverebbe dallambiguit
che avvolge, sin dal periodo precritico, la trattazione dellesistenza e
che impedirebbe lapprofondimento di quella scoperta dellesistenza
come soggettivit e singolarit di coscienza che aveva trovato la sua
prima espressione nello scritto del 64 su Lunico argomento possibile
per una dimostrazione dellesistenza di Dio. Qui infatti, Kant aveva
individuato, come caratteristica propria dellesistenza, la sua non-
predicabilit, e aveva criticato luso linguistico comune di porre
lesistente come predicato, mentre invece la sua funzione propria
quella di soggetto. Ma gi in questo scritto, per Carabellese, sono
presenti le contraddizioni che si situano allorigine di quel percorso
17
Id., Critica del concreto, cit., p. 64.
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
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che porter, nel periodo critico, alla concezione dellesistenza come
di una forma delloggettivit, come categoria della modalit. Nello
scritto del 64, Kant mostra infatti che la concezione predicativa
frutto di un equivoco: quando si dice che qualcosa esiste, in realt,
lesistenza non attribuita alla cosa, ma alla rappresentazione della
cosa; non una nota che appartiene al concetto della cosa nella sua
possibilit, non una propriet che ne definisce lessenza, ma sem-
mai una caratteristica del concetto, che viene riconosciuto come un
concetto di esperienza. La contraddizione sta nel fatto che, da un
lato, la pertinenza dellattribuzione di esistenza pare riferita proprio
allelemento concettuale e logico, dallaltro ci che fa di un concetto
un concetto di esperienza la sua origine nella cosa esterna allam-
bito logico: linnestarsi del conoscere allessere
18
; ma, se lesistenza
non un predicabile, non lo neanche della rappresentazione, del
concetto: non lo in alcun modo, neanche quando lattribuzione
non stia a indicare altro che la modalit del rapporto che la rappre-
sentazione intrattiene con il nostro pensiero in generale, con la no-
stra facolt rappresentativa.
La Critica della ragion pura attraversata, secondo Carabellese,
da questa stessa ambivalenza: lesistenza un concetto, eppure se
ne afferma limpredicabilit; una forma delloggettivit, eppure ri-
manda a un pi del concetto. La contraddizione diviene anzi an-
cora pi evidente e manifesta, perch, con la raggiunta unificazione
critica del mondo sensibile e del mondo intelligibile, lesistenza viene
a porsi sempre pi come esistenza reale fuori della mente, [...] a
scomparire dal mondo mentale in quanto tale
19
. Quel pi del con-
cetto, che rappresenta il vero significato coscienziale dellesistenza
per cui esistenti in senso proprio sono i soggetti nella loro singo-
larit e reciproca alterit , viene portato fuori dal mondo mentale
e riferito alla cosa in s, viene sottratto definitivamente alla critica
proprio nel momento in cui diventa il contenuto della corrispon-
dente categoria: cos, nel permanere del realismo della cosa in s,
pur col sorgere e collaffermarsi dellidealismo critico kantiano si
spiega labbandono in cui, nella Critica, dovr rimanere il problema
dellesistenza come singolarit
20
. Questa lettura realistica emerge
con chiarezza nellinterpretazione del postulato della realt e della
confutazione dellidealismo della seconda edizione della Critica della
ragion pura.
18
P. Carabellese, La filosofia dellesistenza in Kant, Adriana, Bari 1969, p. 50. Lopera
stata curata da G. Semerari, sulla base delle dispense dei corsi universitari su Il problema
dellesistenza in Kant, tenuti da Pantaleo Carabellese allUniversit di Roma negli anni 1940-
1943, quale professore ordinario di Storia della filosofia.
19
Ivi, p. 205.
20
Ivi, p. 175.
Elisa De Nichilo
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4. Il postulato della realt
Come noto, i giudizi sintetici puri di cui Kant parla nellAna-
litica dei Principi hanno oggettivit, possono cio riferirsi allespe-
rienza, in quanto sono principi della sua forma a priori, regole
universali dellunit nella sintesi dei fenomeni
21
necessarie per la
possibilit stessa dellesperienza. I postulati del pensiero empirico,
assieme alle analogie dellesperienza, come principi delluso dina-
mico della sintesi dei concetti puri dellintelletto, come principi che
devono ricondurre a priori a regole lesistenza dei fenomeni, hanno
una certezza solo mediata, discorsiva, poich la loro necessit con-
dizionata dal darsi appunto dellesistenza dei fenomeni stessi. Que-
sti principi sintetici dellintelletto puro, che corrispondono alle ca-
tegorie della modalit, non sono altro che chiarimenti dei concetti
della possibilit, della realt, della necessit, nel loro uso empirico,
e quindi a un tempo limitazioni di tutte le categorie al semplice uso
empirico
22
: infatti, visto che tutte le categorie hanno valore solo
quando sono riferite a oggetti, anche quelle della modalit devono
trattare di oggetti e i postulati del pensiero empirico mostrano come
ci avviene. Sono considerati da Kant dei postulati perch non di-
cono altro di un concetto se non loperazione della facolt conosci-
tiva, da cui esso generato
23
; cos, per i principi della modalit, in
analogia con i postulati della matematica che esprimono semplice-
mente loperazione che si compie nel generare una figura secondo
il suo concetto, non si pu dare alcuna prova (Beweis); necessario,
per, fornire una spiegazione (Erluterung) del loro significato in
relazione allesperienza possibile. Il postulato della realt delle cose
stabilisce a priori che reale (wirklich) ci che in relazione (zusam-
menhngt) con le condizioni materiali dellesperienza: Was mit den
materialen Bedingungen der Erfahrung (der Empfindung) zusam-
menhngt, ist wirklich
24
. Il verbo zusammenhngen ha come primo
significato quello di essere unito, attaccato a qualcosa, e in se-
condo luogo significa essere in relazione con, dipendere da qual-
cosa. Forse per questo che Carabellese contesta, nella traduzione
di Giovanni Gentile, la resa del verbo zusammenhngen con con-
nettersi. Egli traduce, invece: Ci che aderisce (zusammenhngt)
alle condizioni materiali dellesperienza (cio alla sensazione), reale
21
I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 196, [Dora in poi indicata con K.r.V., se-
guita da A o B a seconda che si tratti della prima (1781) o della seconda (1787) edizione e
dallindicazione della pagina delledizione originale]; trad. it. di G. Gentile e G. Lombardo
Radice, Critica della ragion pura, Laterza, Roma-Bari 1996, p. 146.
22
K.r.V., B 266, trad. it., cit., p. 184.
23
K.r.V., B 287, trad. it., cit., p. 195.
24
K.r.V., B 266, Ci che si connette con le condizioni materiali dellesperienza (della sen-
sazione) reale (trad. it., cit., p. 184).
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
257
(wirklich)
25
. Linesattezza della traduzione era dovuta, per Carabel-
lese, a una lettura idealistica di un passo che rappresenterebbe, in-
vece, una delle testimonianze pi forti del realismo kantiano: ci che
aderisce alla sensazione loggetto esterno alla coscienza, oggetto
che dunque non conosciamo, ma di cui si pu affermare a priori
lesistenza.
La distanza tra le due interpretazioni si manifesta ancora pi
chiaramente nella lettura della Erluterung: Kant spiega che il postu-
lato esige la percezione
zwar nicht eben unmittelbar, von dem Gegenstande selbst, dessen Dasein erkannt
werden soll, aber doch Zusammenhang desselben mit irgend einer wirklichen Wahr-
nehmung, nach den Analogien der Erfahrung, welche alle reale Verknpfung in ei-
ner Erfahrung berhaupt darlegen
26
.
Nella traduzione di Gentile, il concetto di Zusammenhang di
nuovo reso con connessione e il senso del passo quello di chia-
rire il postulato in un senso meno restrittivo di quello che sembrava
suggerire la sua formulazione: per stabilire se una rappresentazione
sia reale, non necessario che a essa corrisponda una percezione;
sufficiente che possa entrare nel contesto della nostra esperienza,
connettendosi, secondo le analogie dellesperienza, a quelle rappre-
sentazioni, la cui realt ci testimoniata da una sensazione imme-
diata. Secondo Carabellese, invece, la spiegazione del postulato con-
tenuta nel passo sopra riportato ne chiarirebbe ancora meglio il si-
gnificato realistico. La traduzione andrebbe cos modificata:
il postulato per conoscere la realt delle cose esige, certo non proprio immediata
percezione (quindi sensazione di cui si ha coscienza) anche (selbst) delloggetto, la
cui esistenza (Dasein) devesi conoscere, ma pur esige adesione di questo oggetto a
una qualche percezione reale
27
.
Anche a prescindere dallartificiosit di questa traduzione, il
senso che Carabellese attribuisce al passo non coerente con il se-
guito dellargomentazione kantiana. Kant scrive che lesistenza non
una nota concettuale; perch una cosa si possa dire esistente bisogna
che la percezione di essa preceda il concetto, fornendogli la mate-
ria; ma, aggiunge, si pu, per altro, anche prima della percezione
della cosa, e perci relativamente a priori, conoscerne lesistenza,
solo a patto che questa si colleghi con alcune percezioni secondo i
25
P. Carabellese, La filosofia dellesistenza in Kant, cit., p. 269.
26
K.r.V., B 272, cio non la immediata percezione delloggetto, di cui si deve conoscere
lesistenza, ma la connessione di esso con una percezione reale, secondo le analogie dellespe-
rienza, che presentano ogni reale connessione, in unesperienza in generale (trad. it., cit., p.
187).
27
P. Carabellese, La filosofia dellesistenza in Kant, cit., p. 270.
Elisa De Nichilo
258
principi della loro connessione empirica (le analogie)
28
. Il principio,
dunque, permette di estendere, comparative a priori, lambito di
ci che si pu considerare reale anche a tutti quei fenomeni di cui
non abbiamo percezione attuale, ma che pure entrano nel contesto
dellesperienza sensibile, in quanto si connettono a una qualche in-
tuizione empirica secondo le analogie dellesperienza. Per esempio,
scrive Kant, possiamo riconoscere lesistenza di una materia magne-
tica, che pure non possiamo percepire per via della grossolanit dei
nostri organi di senso, perch lesistenza di tale materia si connette,
tramite leggi empiriche, alla percezione, questa volta immediata,
della limatura di ferro attratta. Dunque il concetto di una materia
magnetica non solo possibile perch si accorda con le condizioni
formali dellesperienza, ma anche reale perch rientra nel conte-
sto della nostra esperienza, connettendosi, mediante leggi empiriche,
alle condizioni materiali dellesperienza
29
. Il postulato della realt,
dunque, conforme al realismo empirico di Kant: la categoria della
realt ha la sua oggettivit nelluso empirico, in cui riferita ai feno-
meni.
Linterpretazione di Carabellese va in tuttaltra direzione: in base
alla sua traduzione, il secondo postulato il principio per cui, per
riconoscere lesistenza di qualcosa, bisogna esserne coscienti non
immediatamente ma mediatamente, e cio nella aderenza (Zusam-
menhang) di esso alla sensazione
30
. Kant difenderebbe, quindi, una
forma di realismo trascendentale perch lesistente di cui si afferma
lesigenza considerato ancora come ci che, collocandosi fuori
dalla coscienza, allorigine del conoscere. Secondo questa lettura, il
motivo per cui il postulato richiede la percezione per laffermazione
dellesistenza il presupposto realistico che ci sia qualche cosa che,
pur non essendo coscienza, possa essere a essa accessibile, attra-
verso la funzione mediatrice della sensazione: lesistente kantiano,
cio la cosa (in s) da cui il conoscere deve avere origine per essere
conoscere
31
. Ancora una volta, la confusione di esistente e cosa in
s non permetterebbe a Kant di uscire dal realismo: il principio, in-
fatti, riguarda, per Carabellese, le cose in s, della cui esistenza si
28
K.r.V., B 273, trad. it., cit., p. 188 (modificata).
29
Un forte rilievo allimportanza del momento logico espresso nel termine Zusammenhang,
per la definizione della realt dato da Cassirer che scrive: Ci che per noi costituisce il vero
carattere fondamentale della realt empirica, , dunque, il rapporto delle percezioni a leggi sif-
fatte, e viceversa il rapporto delle leggi alla percezione (E. Cassirer, Kants Leben und Lehre,
Berlino 1918, trad. it. di G.A. De Toni, Vita e dottrina di Kant, La Nuova Italia, Firenze 1977,
p. 228). Nella concezione di Cassirer, che legge la filosofia trascendentale kantiana come una
teoria della conoscenza oggettiva, i postulati del pensiero empirico riguardano la fondazione
della validit dei metodi operativi della scienza, per cui il principio della realt rappresenta la
forma dellinduzione propria della scienza fisica (Ivi, p. 230).
30
Ibid.
31
Ivi, p. 271.
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
259
pu giudicare a priori, in quanto aderiscono alla facolt ricettiva
dei soggetti percipienti; esso ci dice che siamo di fronte allesistenza
quando la percezione precede il concetto, dove la percezione non
che la materia trascendentale, il contenuto della coscienza conosci-
tiva; non lesistente, ma ci mediante cui lesistente, che aderi-
sce alla sensazione, ci dato. Limpostazione formale del problema
servita, dunque, soltanto a chiarire che gli esistenti devono prece-
dere il processo conoscitivo umano, perch la nostra conoscenza sia
vera
32
. Daltra parte, solo attraverso questa impostazione si supera
lidealismo: il mondo rappresentativo trova il proprio limite soltanto
se a priori, per la sua stessa forma, pone come sua esigenza lesi-
stente fuori del mondo mentale. Il ricorso al concetto di aderenza
costituirebbe cos un tentativo di superare la difficolt del realismo:
la coscienza pu rimandare allextracoscienziale perch la sensazione,
che ricettiva, passiva, testimonia la realt di qualcosa che non ci
immediatamente presente, e di cui tuttavia possiamo affermare lesi-
stenza in quanto aderisce alla sensazione stessa. E se vero che, in
questo modo, viene superato il concetto dogmatico dellesistente
come causa della sensazione, tuttavia tale superamento non porta
Kant a vincere quel realismo precritico che continuamente lo induce
a parlare di cose in s fuori dalla coscienza.
Ridurre a una forma delloggettivit lesistenza come Kant fa
nella Logica trascendentale significa, per Carabellese, dimenticare
che il suo vero significato coscienziale si ritrova, al contrario, pro-
prio in quellesigenza di soggettivit alla quale chiamata a rispon-
dere nel pensare comune. Questa esigenza non viene tematizzata,
pur manifestandosi in una certa ambiguit presente nel postulato
della realt, che rappresenta, da un lato, un passo avanti nella in-
terpretazione autenticamente critica dellesistenza, dallaltro un arre-
tramento verso una posizione di realismo precritico. Infatti esistente,
come abbiamo visto, quellente che incontriamo nella percezione
e che, dunque, sembra potersi definire in termini di singolarit e di
relazione; Kant, per, non vede (o almeno non vede che confusa-
mente qualche volta) che la percezione stessa deve anchessa sempre,
necessariamente essere una sintesi
33
. Se, come abbiamo rilevato so-
pra, la sinteticit quella caratteristica dello spirito per cui esso ri-
trova in s lessere, ci che, per Carabellese, Kant avrebbe dovuto
approfondire proprio questo carattere della percezione per cui per
essa, e solo attraverso essa, lesistente presente e attuale nella co-
scienza
34
.
32
Ivi, p. 272.
33
I. Kant, Prolegomeni ad ogni metafisica futura, trad. it. e commento di P. Carabellese,
Laterza, Bari 1925, p. 23, nota 10.
34
In questo rilievo conferito al tema della percezione come ci attraverso cui lesistente
Elisa De Nichilo
260
5. La confutazione dellidealismo
Al chiarimento del secondo postulato segue, nella seconda edi-
zione della Critica, la Confutazione dellidealismo, che ha come prin-
cipale bersaglio polemico lidealismo materiale dogmatico di Berkeley,
quella teoria che considera lo spazio come qualcosa in s stesso im-
possibile, e le cose nello spazio semplici immaginazioni. A tale ideali-
smo viene contrapposto quello problematico di Descartes, il quale so-
stiene che la realt delle cose esterne debba essere provata. Per Kant,
tale prova possibile solo allinterno del proprio idealismo trascen-
dentale: infatti, lidealismo dogmatico inevitabile, quando si con-
sideri lo spazio come una propriet che debba spettare alle cose in
s stesse; giacch in tal caso esso, con tutto ci a cui serve da condi-
zione, un non-essere
35
. LEstetica trascendentale ha mostrato che la
realt empirica (empirische Realitt) dello spazio cio la sua realt
rispetto agli oggetti della nostra esperienza, dunque la sua validit
oggettiva (objektive Gltigkeit) non pu essere disgiunta dalla ide-
alit trascendentale (transzendentale Idealitt), per cui lo spazio non
pi nulla non appena venga assunto come fondamento delle cose
in s stesse. Si comprende, dunque, come laffermazione della realt
empirica dello spazio sia possibile solo in quanto si consideri lo spa-
zio semplicemente come forma della nostra intuizione sensibile. Ecco
perch, quando lo si pensa, invece, come una propriet delle cose in
s stesse, non soltanto non si riesce a dimostrarne la realt trascen-
dentale, metafisica, ma se ne perde anche la realt empirica: lo spazio
diviene ein Unding e tutti gli oggetti della nostra esperienza semplici
immaginazioni, cadendo cos nellidealismo dogmatico.
La confutazione dellidealismo svolta attraverso un ribalta-
mento della posizione di Descartes, per il quale lunica esperienza
indubitabile sarebbe quella interna. Kant intende dimostrare che
la semplice, ma empiricamente determinata, coscienza della mia
propria esistenza prova lesistenza degli oggetti nello spazio fuori
di me
36
. Infatti, ogni determinazione temporale presuppone qual-
cosa di permanente nella percezione. Ma questo che di permanente
dato alla conoscenza, linterpretazione di Carabellese pu essere accostata alla riflessione
heideggeriana. Per Heidegger il significato del postulato della realt sta nel riferimento alla
percezione come allunico carattere delleffettivit, per cui si pu affermare che lesistenza
percezione. Kant, secondo Heidegger, pur non avendo chiarito il carattere intenzionale della
percezione per cui essa un rivolgersi percettivo verso il percepito, in modo che il percepito
in quanto tale venga compreso nel suo esser-percepito, tuttavia, mediante questa caratterizza-
zione dellesistenza, ha indicato lunica strada percorribile per una corretta impostazione del
problema: il ritorno al soggetto, la necessit di fondare la possibilit della conoscenza ontica
su unesplicita ontologia dellesserci. Cfr. M. Heidegger, Die Grundprobleme der Phnomeno-
logie, trad. it. di A. Fabris, I problemi fondamentali della fenomenologia, Melangolo, Genova
1988, p. 52.
35
K.r.V., B 274, trad. it., cit., p. 189.
36
K.r.V., B 275, trad. it., cit., p 189.
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
261
non pu essere qualcosa in me, poich appunto la mia esistenza nel
tempo non pu essere determinata se non da questo qualche cosa di
permanente
37
. La determinazione della mia esistenza nel tempo la
coscienza empiricamente determinata della mia esistenza presup-
pone che io percepisca qualcosa di permanente; questo, per, non
pu essere a sua volta percepito tramite il senso interno, ma deve
essere qualcosa fuori di me, rispetto a cui io possa determinarmi
temporalmente. E poich non neanche sufficiente la semplice rap-
presentazione di una cosa fuori di me, il teorema dimostra lesi-
stenza di cose reali che io percepisco fuori di me. Non si pu po-
stulare che le nostre rappresentazioni di cose esterne siano il frutto
dellimmaginazione senza dichiarare impossibile o dubbia anche la
coscienza empirica di noi stessi.
Secondo Carabellese, proprio la necessit di ammettere non solo
la rappresentazione di cose fuori di me, ma proprio la loro esistenza,
un indizio di come Kant, pur professando il realismo empirico, si
trovi, invece, a difendere il realismo delle cose in s
38
. Anche nelle
pagine della Confutazione dellidealismo sarebbe presente, dunque,
unambiguit di fondo: mentre nella prima edizione della Critica,
Kant aveva distinto tra gli oggetti empiricamente esterni (le cose
nello spazio) e le cose in s, esterne in senso trascendentale, qui i
due significati del fuori di me verrebbero di nuovo confusi. Per
questo motivo, secondo Carabellese la confutazione fallisce: il tenta-
tivo di dimostrare la necessit di ammettere la realt in s delle cose
esterne alla coscienza si scontra con limpossibilit di provare la re-
alt di un quid permanente che non sia intuitivo, che non sia interno
al mondo dellesperienza: infatti, le cose empiriche sono proprio
intuizioni mie spaziali e perci, solo per questa forma di spazialit
che vuol dire appunto esteriorit, fuori di me
39
. Una volta scoperta
la concretezza dellesperienza, il fuori di me non pu essere altro
che una determinazione dello spazio empirico: il fuori spazialit,
funzione della coscienza mia in quanto mia, cio della coscienza
in quanto soggettiva e fenomenica
40
. Kant non riesce a dimostrare,
alla fin fine, altro che la realt delle cose desperienza; non confuta,
dunque, lidealismo perch le cose empiriche sono pur sempre rap-
presentazioni e, come tali, interne alla coscienza: egli rimasto,
contro sua voglia prigioniero del concetto di esperienza che egli ha
scoperto come realt. Quindi la vanit di ogni suo sforzo per cercare
quellaltra realt a cui egli credeva prima di tale scoperta
41
.
37
K.r.V., B 275, trad. it., cit., p. 189.
38
P. Carabellese, La Filosofia di Kant, Lidea teologica, cit., p. 177.
39
Ivi, p. 177.
40
P. Carabellese, Il problema dellesistenza in Kant, cit., p. 279.
41
Ibid.
Elisa De Nichilo
262
Per questi motivi, Kant, secondo Carabellese, non ha potuto evi-
tare che dalla propria dottrina si sviluppasse proprio quellideali-
smo rappresentazionistico che egli voleva scongiurare. Lidealismo
post-kantiano ha, in questo atto di nascita, il proprio difetto fonda-
mentale: quella contraddizione del realismo, infatti, non fu dallidea-
lismo superata, ma semplicemente trasformata in antiteticit interna
alla coscienza; sia il criticismo kantiano, sia il falso idealismo che
da esso si origin, hanno alla base dei presupposti realistici. Dalla
limitazione della coscienza allio, lidealismo ha dedotto che tutto ci
che non io negazione dellio; da essa inoltre deriva il solipsismo,
che non si elimina nemmeno elevando lio singolare a Io assoluto;
e il solipsismo assurdo perch la pluralit nella sua positivit,
essenziale alla coscienza, tanto quanto lunicit
42
. Questa posizione
deriverebbe dalla confusione fondamentale che si origina nel mo-
mento in cui Kant compie la scoperta critica fondamentale, quella
della cosa in s: ... dire cosa in s esistente ci pone dinanzi non
ad una sola esigenza di coscienza da soddisfare, ma a due: lesigenza
dellesistenza e quella della cosa in s
43
. Lerrore nasce proprio da
questa confusione: se lente, dinanzi al quale io mi trovo (esistente),
, in quanto esistente, in s (cosa in s), non sar mai possibile a me
conoscente, che, in quanto tale, non sono quellente in s, raggiun-
gerlo con la conoscenza. E quindi... io sar in possesso soltanto di
rappresentazioni
44
. La posizione idealistica, che riduce gli esistenti
a rappresentazioni, deriverebbe direttamente dalla concezione gno-
seologico-realistica implicita nella dottrina kantiana: quella posizione
tradizionale per la quale la conoscenza si configura come un ponte
che collega la coscienza e lessere, di modo che i due termini ven-
gono a separarsi irrimediabilmente. Le cose, infatti, gli oggetti che
sono, non appartengono alla coscienza che sa, sono fuori di essa; io
che conosco sono tagliato fuori dallessere, non appartengo a quel
mondo delle cose che sono. Lidealismo, accettando questa premessa,
ne trae semplicemente la conseguenza inevitabile, ma dal realismo
rifiutata, che le cose non possono essere altro che negazioni della
coscienza dalla quale comunque lio non pu uscire. Se dunque il
merito di Kant quello di aver scoperto la cosa in s, il suo errore,
per Carabellese, stato quello di aver mantenuto della cosa in s un
concetto ibrido, continuando a confondere, secondo una prospet-
tiva precritica, esistenza ed essere in s.
42
Ivi, p. 284.
43
Ivi, p. 281.
44
Ibid.
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
263
6. Il realismo nella dialettica
I pregiudizi dogmatici che ostacolano laffermarsi dellidealismo
critico condizionano profondamente, secondo Carabellese, i risul-
tati della Dialettica trascendentale. Infatti, da una parte, Kant mette
a nudo le contraddizioni in cui cade la ragione quando, dogmatica-
mente, si volge a determinare gli oggetti corrispondenti alle sue idee
anima, mondo, Dio , quando si illude, dunque, di poter costruire
su di esse altrettante scienze: psicologia razionale, cosmologia, teo-
logia; dallaltra, assume come un processo connaturato alla ragione
non soltanto che essa giunga, nella sua ricerca dellincondizionato,
proprio a quelle idee che la tradizione filosofica e teologica ci ha
consegnato e che egli non sottopone a critica ma anche che, di
conseguenza, essa cada nei raziocinii dialettici. Per Carabellese, in-
vece, la ragione non per sua natura dialettica; altrimenti non po-
trebbe scoprire le fallacie logiche su cui si fondano la psicologia
razionale, la cosmologia e la teologia. Lidentificazione della ragione
con la dialettica stata operata da quelle correnti di pensiero che
hanno ritenuto o di elevare la stessa Critica a metafisica, come ha
fatto lidealismo post-kantiano, o di conservare alle idee solo quella
funzione regolativa assegnata loro nellAppendice alla Dialettica tra-
scendentale, come nella metafisica positivista, in cui la filosofia
viene a perdere la sua autonomia, riducendosi a una forma di orga-
nizzazione del sapere scientifico.
Carabellese ritrova, nellAppendice e nel concetto, in essa presen-
tato, del valore solo regolativo delle idee pure, lorigine della con-
cezione positivista della metafisica. Torniamo dunque, brevemente,
al contenuto di quelle pagine della Critica, per comprendere me-
glio la sua posizione. Nellappendice, si ricerca luso legittimo delle
idee della ragione secondo il principio che tutto ci che fondato
nella natura delle nostre forze, deve essere adatto a un fine, e ac-
cordarsi col retto uso di esse
45
. Kant trova cos che le idee hanno
un uso immanente poich la ragione non si riferisce mai diret-
tamente a un oggetto, ma unicamente allintelletto, e per suo mezzo
al suo proprio uso empirico
46
. Il loro compito quello di unificare
il molteplice dei concetti dellintelletto, in vista di quella unit com-
pleta della conoscenza intellettiva, che a sua volta non che lidea
razionale di una totalit sistematica in cui alla massima estensione
della conoscenza si accompagni la massima unit. Ora, questa unit
sistematica appunto non che unidea, definita addirittura come un
focus imaginarius, nel senso di un punto ideale verso il quale la ra-
gione guida asintoticamente le linee direttive delle regole intellettuali.
45
K.r.V., B 670, trad. it., cit., p. 407.
46
K.r.V., B 671, trad. it., cit., pp. 407-408.
Elisa De Nichilo
264
Essa non un principio trascendentale che determini la natura degli
oggetti a cui lintelletto si riferisce, ma neanche la natura dellintel-
letto stesso, che pure serve a rendere coerente. Nellunificare le co-
noscenze intellettive secondo questa unit sistematica le idee hanno,
dunque, un valore solo regolativo. Nel paragrafo successivo Kant si
propone di dare delle idee della ragione una deduzione, nel senso di
una giustificazione del loro uso: infatti, anche se a esse non pu es-
sere attribuito alcun oggetto, tuttavia le idee forniscono uno schema
in base al quale possibile connettere i fenomeni conformemente al
principio dellunit sistematica; lidea dellanima della psicologia ra-
zionale, pur non determinando alcun oggetto in concreto, funge da
principio in base al quale dobbiamo connettere tutti i fenomeni,
operazioni e recettivit della nostra anima al filo conduttore della
esperienza interna, come se essa fosse una sostanza semplice
47
. Ci
vale analogamente per le altre idee della ragione che devono essere
considerate, rispetto alla connessione intellettuale dei fenomeni, come
se fossero realmente oggettive, senza che questo come se abbia il
valore di unipotesi, in quanto degli enti di ragione neanche la possi-
bilit, rispetto allesperienza in generale, dimostrabile. Questo prin-
cipio della ragione di procedere secondo le idee ha la necessit solo
soggettiva di una massima, dove per massime si intendono tutti i
principi soggettivi che non son ricavati dalla costituzione dellog-
getto, ma dallinteresse della ragione rispetto ad una data perfezione
possibile della conoscenza di questo oggetto
48
.
Secondo Carabellese, non c dubbio che in questa appendice,
posta al termine della Logica trascendentale, Kant vuol risolvere la
questione della possibilit di una scienza metafisica, che parta, come
deve, dalle idee in quanto concetti di oggetti soprasensibili
49
. La
sua critica, allora, si focalizza su questa riduzione delle idee al va-
lore regolativo, a questo ufficio puramente sistematico
50
, per cui
esse perdono la sinteticit rispetto agli oggetti soprasensibili. La me-
tafisica allora, per riacquistare la propria sinteticit, di cui non pu
spogliarsi, dovr necessariamente mutuarla da quella scienza che essa
sistematizza, e quindi in definitiva dalla possibilit dellesperienza;
dalla intuizione pura
51
; sar costretta a rinunciare ad avere una sua
propria oggettivit, e a prendere in prestito quella fenomenica: in-
fatti, alle idee della ragione non pu esser dato loggetto soprasen-
sibile che esse richiederebbero. La soluzione di dare loro un valore
analogo a quello dello schema della sensibilit, per fondarvi solo
47
K.r.V., B 700, trad. it., cit., p. 423.
48
K.r.V., B 694, trad. it., cit., p. 420.
49
P. Carabellese, Il problema della filosofia da Kant a Fichte, Trimarchi, Palermo 1929, p. 41.
50
Ivi, p. 43.
51
Ibid.
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
265
problematicamente lunit sistematica dellintelletto, quella necessit
ristretta ad un come se, porta a dover attingere la sinteticit della
metafisica da quella delle scienze che essa sistematizza. Infatti, lente
di ragione prima o poi dovr uscire dalla problematicit e dalla fin-
zione, e ricercare in se stesso solo questo valore sistematico, apriori,
logico, e cercare nella oggettivit in cui finisce il sapere sistemato,
anche la propria sinteticit, il proprio valore reale
52
. Dunque, il
valore regolativo delle idee finisce per favorire lidea positivistica
della metafisica come negativa, e della filosofia come scienza delle
scienze: sapere che contiene i principi atti a formare un sistema or-
ganico delle scienze fenomeniche, ma che non ha un proprio og-
getto peculiare. In questo sviluppo positivistico del pensiero di Kant,
il problema della realt, il problema oggettivo della filosofia, viene
fatto dipendere dalla soluzione dogmatica del problema interno:
la scienza dellin s non trovando possibile se stessa come tale, ha
condannato il reale a divenir fenomeno per poter essa continuare a
dirsi scienza di esso
53
. Resta presupposto il concetto della metafi-
sica come scienza, e quindi, in realt, non posto nella sua radicalit
il problema interno della filosofia. La metafisica diviene una scienza
tra le altre, perdendo per il suo oggetto: lin s, il soprasensibile.
Per Carabellese unaltra via storicamente percorsa, dallideali-
smo post-kantiano, a partire da Fichte, quella dellelevazione della
stessa Critica a metafisica, concezione che si appoggia, nella sua in-
terpretazione, allambiguit effettivamente presente nei testi di Kant,
tra la recisa affermazione che la Critica non la metafisica ma la
via ad essa, e il fatto di considerare come metafisica proprio la cri-
tica stessa
54
. Questa contraddizione rintracciata, per esempio,
nella Dottrina trascendentale del metodo, che riguarda, com noto,
la determinazione delle condizioni formali di un sistema completo
della ragion pura
55
, dove il materiale per la costruzione di un tale
edificio, che rappresenta il complesso di tutte le conoscenze della
ragion pura e speculativa
56
, stato ritrovato e valutato nella parte
precedente della Critica. Carabellese interpreta questo edificio come
ledificio della metafisica, e quindi contesta a Kant laffermazione di
averne gi trovato il materiale: questo infatti dovrebbe essere costi-
tuito dai giudizi sintetici a priori metafisici, di cui, invece, non
stata mostrata la possibilit. Il problema che la Dottrina del metodo
rappresenta, di fatto, un innalzamento del contenuto della Critica a
costituire lintera filosofia che sembra identificata con i giudizi sin-
52
Ivi, p. 44.
53
Ivi, p. 45.
54
Ivi, p. 48.
55
K.r.V., B 735-736, trad. it., cit., p. 443.
56
Ibid.
Elisa De Nichilo
266
tetici a priori dellAnalitica; daltra parte, la metafisica in senso pro-
prio viene condannata a essere la scienza dei principi soggettivi che
regolano lumano conoscere nellelaborazione del sistema dellespe-
rienza.
Ma anche questa elevazione della Critica a metafisica non , per
Carabellese, coerente con la logica interna della speculazione kan-
tiana, dalla quale invece si deve poter dedurre la possibilit di una
metafisica critica; e infatti, la sentenza del tribunale della ragione
che si erge a giudice del proprio potere conoscitivo che la ra-
gione nella sua purezza [...] di quelloggetto che proprio della
metafisica (ed poi il vero e proprio oggetto) pu dire questo sol-
tanto in nome del suo potere conoscitivo: Esso non loggetto con-
creto delle nostre intuizioni, ma
57
. Ci, per Carabellese vuol dire
porre positivamente la cosa in s, senza per ricadere nel dogmati-
smo intellettualistico, nel presupposto realistico di una oggettivit al
di l della ragione, altra da quella che la ragione afferma, giacch
l si riferisce al noumeno, cio allidea, alloggettivit di ragione.
Cio la ragione per suo conto sintetica: lessere proprio il suo
oggetto
58
. Se, dunque, essa raggiunge, con le sue idee, una propria
oggettivit, che anzi la vera e propria oggettivit, lin s; e se que-
sta dellattingibilit dellessere la vera scoperta critica, allora sar
possibile costruire su base critica una metafisica non dialettica. Per
farlo, Kant avrebbe dovuto, per, sottoporre a critica quelle idee
della tradizione che egli riteneva invece inevitabili e connaturate
alla ragione. Per quanto riguarda lidea psicologica, lerrore con-
siste, allora, nel ritenere che, per poter affermare lesistenza dellio
come soggettivit singolare, bisogna dimostrare tale esistenza come
sostanziale. La dialetticit contenuta nella stessa idea dellanima
con cui si pretende di oggettivare lio; ma, per Carabellese, questa
idea non affatto unillusione necessaria della ragione: lo soltanto
per la ragione dogmatica, che confonde esistenza ed essere e persiste
nel tentativo di interpretare la soggettivit come sostanzialit. Allo
stesso modo, per lidea teologica, ci che sfugge allesame critico
la necessit di superare la stessa impostazione del problema di Dio
come problema dellesistenza di Dio. Bisogna invece ritrovare il vero
significato dellargomento ontologico attraverso un approfondimento
dellesigenza di coscienza che porta allaffermazione di Dio: lesi-
genza dellessere come principio spirituale, necessario fondamento
ontologico di tutto ci che .
Kant, per Carabellese, venuto meno allaffermazione dellinco-
noscibilit del noumeno solo nella soluzione delle antinomie dina-
57
P. Carabellese, Il problema della filosofia da Kant a Fichte, cit., p. 57.
58
Ibid.
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
267
miche, il cui problema [...] stato risolto affermando qualcosa di
solido per lessere: la libert (terza antinomia) e la necessit (quarta
antinomia)
59
. Per la ragione critica, che distingue tra fenomeno e
cosa in s, lopposizione di tesi e antitesi illusoria, dialettica: le due
proposizioni che costituiscono lantinomia possono essere entrambe
vere perch luna riguarda la cosa in s, laltra il fenomeno. E cos
la mente critica pu, accanto allinfinito originarsi degli enti causati
secondo leggi e accanto allaltrettanto infinito dipendere dei muta-
menti nel tempo, concepire senza contraddirsi lessere in s in enti
liberi, agenti in quellinfinito originarsi, e in un essere necessario il
cui stato sia principio di ogni mutamento
60
. La ragione, sforzandosi
di concepire il mondo come totalit assoluta, arriva a scernere la
totalit fenomenica da ci che la integra e la rende assoluta
61
: gli
enti liberi, lessere necessario vengono posti al limite del mondo fe-
nomenico. Kant si , cos, avvicinato alla concezione dellessere come
spiritualit: infatti il divenire del mondo fenomenico sensibile, in
cui si risolvono la causalit legale e la dipendenza contingente, non
vera e propria attivit: ne soltanto fenomeno che richiede il suo
essere
62
. Se egli non ha raggiunto la piena consapevolezza di questa
sua scoperta perch lidea della spiritualit dellessere entra in con-
traddizione con il risultato dellAnalitica: ci a cui si perviene, con il
secondo postulato e con la confutazione dellidealismo, quel quid
permanente, che non si risolve n nella forma intellettiva n nella
forma sensitiva e neppure nella sensazione, per quanto sia aderente
a questultima
63
; il permanente kantiano, la materia, la sostanza
quantitativamente invariabile del mondo sostanza metafisica e
non fisica
64
, la stessa cosa in s. Per Carabellese, Kant non esce,
in fondo, da questo realismo acritico: anche per questo, lidealismo
che si svilupper proprio a partire dalla riflessione su tali difficolt
conserver, del realismo, la falsa opposizione di coscienza ed essere.
7. Considerazioni conclusive
Lalternativa alla quale il testo di Kant viene cos consegnato da
Carabellese sembrerebbe quella tra il materialismo, logica conse-
guenza metafisica del suo realismo residuo, e quel vero idealismo a
cui lo condurrebbe, invece, la concezione noumenica della cosa in s.
Proprio in questa tensione dialettica la filosofia kantiana avrebbe il
59
Ivi, p. 363.
60
P. Carabellese, La filosofia dellesistenza in Kant, cit., p. 358.
61
Ibid.
62
Ivi, p. 360.
63
Ivi, p. 367.
64
Ibid.
Elisa De Nichilo
268
suo valore storico: il realismo rivela la sua intrinseca debolezza e con-
traddittoriet l dove viene svolto nella sua piena coerenza, l dove
pare sia proprio lintelletto, per la sua stessa forma, a richiedere les-
sere in s, inteso come lesistente in senso assoluto. Il secondo po-
stulato del pensiero empirico, nella sua interpretazione, mentre vuole
stabilire la realt di ci che aderisce alla percezione pur essendo
fuori della coscienza in senso trascendentale, rivela invece, proprio
nellambiguit del concetto di aderenza, la difficolt interna del re-
alismo, che non riesce a essere difeso. Infatti, il permanente fuori
di me, sulla cui esigenza Kant vorrebbe fondare la propria confu-
tazione dellidealismo, non che lerede di quelle monadi sostanziali
di cui era costituita la materia metafisica del mondo precritico; ma
questa eredit non pu pi essere mantenuta una volta che dello spa-
zio si sia mostrata lidealit trascendentale; e cos Kant non solo non
riesce a dimostrare la verit del realismo, ma ne fa emergere la con-
traddizione interna, e svela il pregiudizio materialistico a esso sotteso.
Carabellese, come abbiamo visto, tenta di avvalorare questa in-
terpretazione con unipotesi di traduzione del postulato che si rivela
per poco convincente. Limpressione che egli ricerchi indizi di re-
alismo trascendentale proprio l dove Kant sta invece difendendo il
suo realismo empirico contro le accuse di idealismo soggettivistico
che gli erano state mosse alluscita della prima edizione della Cri-
tica. Carabellese intende mostrare come il pregiudizio realistico con-
duca inevitabilmente ad una forma di scetticismo metafisico che si
esprime nella dottrina dellinconoscibilit della cosa in s: il realismo
viene visto, cos, come lostacolo che si opporrebbe alla scoperta
della spiritualit dellessere, verso la quale Kant poteva essere orien-
tato sia dalla concezione noumenica dellin s, sia dal modo positivo
con cui il noumeno viene caratterizzato nella trattazione della terza
e della quarta antinomia. Certo, sostenere che la soluzione delle an-
tinomie dinamiche abbia rappresentato, per Kant, un momento di
distrazione dalla sua inesorabile decisione di non rompere i confini
empirici da lui posti al campo della conoscenza
65
, un superamento
del pregiudizio dellinconoscibilit dellessere in s e unapertura
alla concezione dellessere come spiritualit, significa oltrepassare
il piano del trascendentale, al quale Kant mostra di volersi rigoro-
samente attenere nella considerazione della libert e dellessere ne-
cessario. Questo passaggio interpretativo, tuttavia, ricco di impli-
cazioni teoretiche interessanti che gettano luce sulla concezione me-
tafisica di Carabellese. Infatti, nella sua interpretazione, le tesi della
terza e quarta antinomia danno luogo ad una ulteriore fondamentale
antinomia: lessere viene affermato come libero e insieme come ne-
65
P. Carabellese, La filosofia dellesistenza in Kant, cit., p. 363.
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
269
cessario; Kant non si ferma a considerare questo problema, perch
in fondo ritiene che lessere libero [...] lessere plurimo, e lessere,
invece, il cui stato necessario, lessere unico
66
e che, dunque,
lopposizione tra libert e necessit non opposizione, ma distin-
zione tra la libert riconosciuta ai molti e la necessit riconosciuta
allUno
67
. Kant avrebbe cos aperto la strada che egli, per, osta-
colato dal suo realismo, non poteva percorrere
68
a una metafi-
sica fondata gi sulla sintesi di necessit e libert, essere ed esistenti.
Nello sviluppo del suo pensiero che lontologismo critico vorrebbe
realizzare e che si configura, in realt, come un radicale supera-
mento dellimpostazione kantiana , la filosofia di Carabellese va in-
contro per ad alcune difficolt che ora accenneremo nella misura in
cui esse rivelano il suo sforzo di spiegare la possibilit della sintesi
metafisica.
Lontologismo critico si fonda sullassunto per cui lessere per-
ch sia essere deve manifestarsi
69
e, manifestandosi, pensiero; di
qui lidentit di coscienza ed essere, identit che, per, pu esser
pensata solo presupponendo una differenza tra i suoi due termini:
infatti, lessere in s definito in una prima fase come loggetto
della coscienza, ma poi identificato con il suo principio tra-
scende la coscienza eppure intrinseco a essa; ma se lessere la
sua stessa attivit, se proprio della sua natura il manifestarsi, in
fondo neanche laccordo tra immanenza e trascendenza si rivela
davvero esplicativo del rapporto di essere in s e concretezza. Da
questa ambiguit si origina la difficolt del concetto carabellesiano
di sintesi: egli mostra come esistenti ed essere siano astratti se con-
siderati separatamente, e trovino la loro realt solo nella coscienza
sintetica di cui costituiscono le condizioni; tenta, cos, di superare il
problema della differenza tra lessere in s e gli esistenti, differenza
che da una parte deve essere mantenuta, poich altrimenti sarebbe
perduta la pura identit dellessere di coscienza, dallaltra non pu
diventare unassoluta separazione. Ma che cos la sintesi, che cos
la stessa attivit dellessere? quella dei singoli soggetti pensanti (gli
uomini) che trovano il fondamento del loro fare spirituale e del loro
reciproco intendersi nellessere in s; o quel particolare dinamismo
dellessere logico che si mantiene uno nella sua necessit e incondi-
zionatezza, pur nella assoluta libert del suo manifestarsi di volta in
volta come fondamento unitario della totalit degli esistenti e della
loro relazione? Lalternativa non semplicemente quella tra una let-
66
Ivi, p. 361.
67
Ibid.
68
Per quanto riguarda le conseguenze che comporta, sul piano della filosofia pratica di
Kant, la mancata soluzione di questa antinomia delle antinomie, cfr. A. Bini, Kant e Cara-
bellese, Luiss University Press, Roma 2006.
69
P. Carabellese, La coscienza morale, Tip. Moderna, La Spezia 1914, p. 3.
Elisa De Nichilo
270
tura gnoseologica e una ontologica del suo pensiero; non lo perch
Carabellese intende programmaticamente porsi al di l di questa al-
ternativa e dare alla sua sintesi un significato metafisico.
Accettare la seconda impostazione significa ammettere una sorta
di panlogismo in cui tutti gli enti, in quanto semplicemente esistenti,
sono soggetti di coscienza: non sar pi possibile distinguere tra
gli enti-io e gli enti-cose, assegnando solo ai primi la caratteristica
della soggettivit, proprio perch nulla fuori dalla coscienza
70
. Ci
troveremmo, in questa prospettiva, a dover affrontare una difficolt
analoga a quella che Parmenide, nellomonimo dialogo platonico,
obiettava allipotesi socratica delle idee come j: che delle
cose che partecipano delle idee, si dovrebbe allora ammettere o che
r o r i i o t
71
, oppure che esse
j 0j i
72
, conclusioni entrambe assurde e
insostenibili. Cos se lessere in s noumeno, e come tale il princi-
pio di quella concretezza in cui singoli esistenti sono ricompresi, al-
lora dovremmo ammettere che anche gli esistenti sono pensiero, che
sono essi stessi il manifestarsi dellattivit dellessere che il pensare.
Carabellese, in quei passi che sembrano confermare linterpretazione
che stiamo esponendo, si sforza di mostrare quanto questa conse-
guenza non sia in realt assurda; lo solo nella prospettiva del dua-
lismo che restringe la coscienza alla soggettivit, e che attribuisce il
pensiero a un io preventivamente escluso e separato dallessere.
Tuttavia, soprattutto negli ultimi scritti, prevale una diversa im-
postazione: gli esistenti in senso proprio sono i soggetti spirituali, gli
uomini; loggettivit starebbe cos in quellessere che il fondamento
del rapporto tra i singoli io e della loro comprensione reciproca
73
.
Sembrerebbe esservi, nellultimo Carabellese, un accostamento alle
tematiche esistenzialiste, con il riconoscimento che lente veramente
esistente luomo, accostamento che per egli rifiut sempre, in
quanto attribuiva allesistenzialismo il limite di mantenere lantiteti-
70
Scrive, per esempio, Luigi Cimmino: se Logo ed essere si corrispondono, parlare
di un darsi alla coscienza o di un produrre della medesima impossibile: per soggetto si
dovr intendere lente, qualsiasi ente in rapporto ad altro ente, per oggetto lorizzonte stesso
della totalit delle relazioni (L. Cimmino, Carabellese, Il problema dellesistenza di Dio, Stu-
dium, Roma 1983, p. 64). Secondo Cimmino, solo questa lettura coglie la portata rivoluziona-
ria dellontologismo di Carabellese, che scardina alla base i fondamenti teorici dello gnoseolo-
gismo moderno.
71
Pl., Parm., 132b 10, ciascuna cosa consiste di pensieri e tutte pensano (trad. it. di G.
Cambiano, Parmenide, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 19).
72
Ibid., pur essendo pensieri sono prive di pensiero ( trad. it., cit., p. 19).
73
Per Semerari, questa impostazione lunica che permette a Carabellese di non cadere
nel dogmatismo spiritualistico a cui lo condurrebbe la sua polemica antiumanistica. Ridurre
luomo ad un ente tra gli altri enti, significa assolutizzare la coscienza in cui gli esistenti sono
tutti egualmente ricompresi, significa dare valenza pi che umana a ci che risulta umana-
mente e ai modi di questo risultare (G. Semerari, Lantidogmatismo della critica del concreto,
in Giornate di studi carabellesiani, cit., p. 146).
Il realismo di Kant nellinterpretazione di Pantaleo Carabellese
271
cit di essere ed esistente: porre lesistenza come nulla e darla come
costitutiva delluomo negare la spiritualit alluomo singolare, e
porre questo solo come vivente
74
. Se il pensiero esistenzialista ha
il merito di avere esclusa ogni possibilit di sintesi e di superamento
dellantitesi ammessa e di averne mostrata quindi tutta la dram-
maticit lontologismo si fonda sul rifiuto anche solo di ammettere
quella contrapposizione che rappresenta un millenario errore filoso-
fico, rifiuto che si compie con la scoperta della spiritualit delles-
sere. La vera sintesi che costituisce il reale nella sua pienezza des-
sere non deve caratterizzarsi come un superamento di unantiteticit
dogmaticamente assunta; ma come la natura stessa dellessere, la sua
struttura fondamentale, il prius da cui la riflessione filosofica deve
partire e che deve sforzarsi di chiarire.
In questa prospettiva per, sembra aprirsi lo spazio per una di-
varicazione tra spirito e natura, tra i veri esistenti pensati come i
soggetti spirituali che nella loro attivit costituiscono la molteplicit
in cui lessere manifesta il suo intrinseco dinamismo e gli enti na-
turali, le cose, gli stessi uomini in quanto viventi, il cui divenire
sarebbe solo la manifestazione fenomenica della vera attivit delles-
sere. Non che la natura venga concepita come negativit, come non-
essere: con ci, infatti, verrebbe reintrodotto quel dualismo che si
voleva evitare; ma il mondo fenomenico viene ridotto a manifesta-
zione sensibile della vera realt, che pensata in termini di spiritua-
lit. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, proprio questo
il significato a cui Carabellese vorrebbe ricondurre la soluzione kan-
tiana delle antinomie dinamiche: ci che egli, in fondo, intende mo-
strare che la concretezza, la sinteticit che costituisce la coscienza
nelle sue varie forme il conoscere, il sentire, e il volere ha un
presupposto, da Kant presentito, ma non indagato: lesistenza di
soggetti spirituali, che, fondando la propria attivit su una compren-
sione, sia pur implicita e imperfetta, dellessere che li costituisce e
li sostanzia, sono capaci di trascendere il proprio limite individuale
e di entrare in relazione reciproca. Questo presupposto, per, nella
concezione carabellesiana, assurge a fondamento metafisico del reale:
se Kant non giunse e non poteva giungere a questo risultato, non
perch sia rimasto prigioniero di un pregiudizio realistico: il reali-
smo, nel senso in cui viene inteso da Carabellese, non appartiene al
Kant critico; il motivo invece proprio interno alla natura del tra-
scendentale kantiano e si riflette nella difficolt che necessariamente
incontra, nellintraprendere la strada ontologica, una filosofia che vo-
glia continuare a definirsi critica.
74
P. Carabellese, Esistenzialismo o ontologismo critico?, in AA.VV., Lesistenzialismo, Qua-
derno dellArchivio di filosofia, Roma 1946, p. 69.

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