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PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS

ACADEMIA ALFONSIANA

INSTITUTUM SUPERIUS THEOLOGIA E MORALIS

ADRIAN MAGDICI, OFM CONV.

LA DIGNITA PERSONALE
DELL'EMIBRIONE UMIANO NELLA LUCE
DELL'ISTRUZIONE DIGNITAS PERSONA E

Excerpta ex dissertatione ad Doctoratum


in Theologia Morali consequendum

ie

Editura Serafica

ROMAN 2014
PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS
ACADEMIA ALFONSIANA
INSTITUTUM SUPERIUSTHEOLOGIAE MORALIS

ADRIAN MĂGDICI, OFMCONV.

LA DIGNITÀ PERSONALE
DELL’EMBRIONE UMANO NELLA LUCE
DELL’ISTRUZIONE DIGNITAS PERSONAE

Excerpta ex dissertatione ad Doctoratum


in Theologia Morali consequendum

Editura Serafica
ROMAN 2014
Vidimus et approbamus ad normam
Statutorum Academiae Alphonsianae

Prof. Maurizio Faggioni, O.F.M.


Professor Theol. Moralis systematicae

Prof. Aristide Gnada, CSs.R.


Professor Theol. Moralis systematicae

Prof. Andrzej Wodka, C.Ss.R.


Praeses Academiae Alphonsianae
Romae, die 23/06/2014

Nihil Obstat
Mons. Enrico dal Covolo, S.D.B.
Rector Magnificus
Pont. Univ. Lateranensis
Romae, die 27/06/2014

Imprimi Potest
Emilian Cătălin, OFMConv.
Minister Provincialis
Bacău, die 18/09/2014

Imprimatur
Mons. Petru Gherghel
Episcopus Iassiensis
Iaşi, die 24/09/2014
AI MIEI GENITORI,
PETRUE AGNESA,
AI MIEI FRATELLI
E AI MIEI PIÙ CARI AMICI
RINGRAZIAMENTI

Arrivato alla fine della mia ricerca, colgo l’occasione per


ringraziare tutti coloro che, in un modo o in un altro, mi hanno
accompagnato lungo questa faticosa avventura intellettuale e spirituale.
Ringrazio, dunque, i professori Maurizio Faggioni e Aristide Gnada,
moderatori della mia tesi dottorale, i quali mi hanno aiutato a focalizzare
meglio i vari argomenti trattati; il professor Andrzej Wodka, preside
dell’Accademia Alfonsiana, che ha dimostrato una rara affabilità,
permettendomi di difendere la mia dissertazione alla vigilia della chiusura
estiva della Facoltà; la sig.ra Anna Fusina, insegnante, che, con tanta
pazienza, ha reso più leggibile il mio italiano.
Ringrazio, inoltre, i professori delle varie università del mondo che
si sono dimostrati molto disponibili nei miei confronti, rispondendo
generosamente alle mie domande o, addirittura, inviandomi, su mia
richiesta, articoli e libri di cui sono autori: Carlos Ruiz (Universidad de
Santiago de Compostela, Spagna), Antonio Pele (Universidad Carlos III de
Madrid, Spagna), Nathan L. Oaklander (University of Michigan, USA),
Jason T. Eberl (Marian University of Indianapolis, USA), Russell
Disilvestro (California State University, USA), Fabrizio Amerini (Università
degli Studi di Parma, Italia), Dean Zimmerman (Rutgers University, USA),
Timothy F. Murphy (University of Illinois College of Medicine at Chicago,
USA), José M. Ribas Alba (Universidad de Sevilla, Spagna), John Medaille
(University of Dallas, USA) ecc.
Un ringraziamento speciale, infine, alla mia famiglia, in modo
particolare ai miei genitori, Petru e Agnesa, ai superiori della mia
Provincia conventuale, particolarmente al Ministro provinciale Emilian
Cătălin, e ai vari superiori e confratelli del Collegio Internazionale
“Seraphicum”, i quali mi sono stati sempre vicini e mi hanno incoraggiato
a portare a termine la mia ricerca.
INDICE

RINGRAZIAMENTI .................................................................................. 5
INDICE ....................................................................................................... 7
PRESENTAZIONE ..................................................................................... 9
SIGLE E ABBREVIAZIONI .................................................................... 11
INTRODUZIONE ..................................................................................... 13
PARTE I: LA DIGNITÀ UMANA.......................................................... 19
CAPITOLO I: LA DIGNITÀ UMANA E LE VISIONI DEL MONDO ...... 21
1.2 Che cos’è la
1.1 unadignità? del mondo? ……………………………………… .. 37
visione.....................................................................................22

CAPITOLO II: LETEORIE E LA FONDAZIONE DELLA DIGNITÀ


UMANA .................................................................................................... 45
2.1 La dignità soggettiva ……………………………………………………… 47
2.1.1 La dignità socialmente attribuita ............................................................. 48
2.1.2 La dignità basata sul concetto di autonomia ........................................... 56
2.1.3 La dignità come tendenza verso l’eccellenza umana ............................... 65
2.2 La dignità oggettiva (ontologicamente fondata) ……………………………70
2.2.1 La dignità ontologicamente fondata ......................................................... 71
2.2.2 Dio, fonte prima e ultima della dignità umana ...................................... 102
PARTE II: L’ANIMA UMANA ............................................................ 113
CAPITOLO III: L’ANIMA PERSONALE IMMORTALE ........................ 115
L’anima,fisica,
3.1 L’anima
3.2 tra Aristotele
bio-psichica
e la contemporaneità
e meta-fisica ………………………………..
……………………………..119
123

3.3 L’anima personale immortale, coronamento dell’alleanza tra Dio e


l’uomo………………………………………………………………………... 131
3.3.1 Essere immagine di Dio: metafora per indicare l'immortalità .............. 140
3.3.2 Duale è l’uomo, non la persona ............................................................. 154
3.3.3 Essere somiglianti a Dio: imitare la relazione d'amore delle persone
trinitarie .......................................................................................................... 160
3.4 L’Anima è personale e immortale: un altro modo per dire che ogni essere
umano è persona ………………………………………………………………162
8

3.4.1 La persona umana ed il suo status meta-fisico....................................... 163


3.4.2 Siamo soltanto individui umani o anche persone immortali?................. 167
3.4.3 L’anima personale immortale non è il bio-psiche della specie umana .......... 169
3.4.4 L’anima personale immortale non è la mente spazio-temporale ........... 178
3.4.5 L’anima personale immortale: una definizione ...................................... 183
CONCLUSIONE ..................................................................................... 187
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................... 197
SOMMARIO DELLA TESI .................................................................... 273
PRESENTAZIONE

Il seguente materiale, che desideriamo mettere a disposizione degli


studiosi, è un estratto della nostra dissertazione dottorale intitolata «La
dignità personale dell’embrione umano nella luce dell’Istruzione Dignitas
personae», che abbiamo difeso pubblicamente presso l’Accademia
Alfonsiana il 23 giugno 2014.
Il presente studio, pur basandosi essenzialmente sulla prima e la
seconda parte della nostra ricerca, ovverosia sui capitoli I e II, presi per
intero, e, parzialmente, sul IIIº capitolo (sottocapitoli 3.1-3.4), pensiamo
possa costituire un valido contributo alla delicata ed attualissima questione
della dignità personale dell’embrione umano, da noi considerata non
soltanto in chiave etica (capitoli I e II) ma anche da un punto di vista più
profondo, cioè onto-meta-fisico (sottocapitoli 3.1-3.4 del IIIº capitolo).
L’originalità della nostra ricerca perciò – condotta nella luce
dell’Istruzione Dignitas personae e basata su argomenti della ragione
(filosofici e scientifici) – sta nell’aver cercato di dimostrare: a) che la dignità
della persona umana, pur non sfuggendo del tutto ad un’analisi puramente
umana, è meglio fondata in prospettiva teologica (cristologica); b) che una
lettura strettamente bio-ilemorfica non ci permette di rendere conto delle
dimensioni trascendenti della persona e, infine, c) che ogni essere umano,
incluso l’embrione umano – sano o difettivo – è persona (nel senso boeziano
del termine). L’identità personale dell’embrione umano, infatti, pur potendo
essere intuita nel contesto puramente filosofico, ha bisogno in realtà di
essere illuminata dalla cristologia e liberata dalla trappola dell’imperante
naturalismo per venire adeguatamente proclamata e difesa.
Portare «impressi in sé in maniera indelebile la propria dignità e il
proprio valore» equivale ad essere persone meta-fisiche poiché «la presenza
di un’anima spirituale non può essere rilevata dall’osservazione di nessun
dato sperimentale» (Dignitas personae, nn. 5-6).
SIGLE E ABBREVIAZIONI

ACPA American Catholic Philosophical Association


AEJT Australian eJournal of Theology
ANT Altered Nuclear Transfer
ANT-OAR Altered Nuclear Transfer - Oocyte Assisted
Reprogramming
BMJ British Medical Journal
Bull Georg Natl Acad Sci Bulletin of the Georgian National Academy of
Science
CDF Congregazione per la Dottrina della Fede
Cell Prolif Cell Proliferation
CTI Commissione Teologica Internazionale
EMBO reports European Molecular Biology Organization reports
Int J Dev Biol The International Journal of Developmental Biology
iPSCs Induced Pluripotent Stem Cells
J Clin Res Bioeth Journal of Clinical Research & Bioethics
J Med Ethics Journal of Medical Ethics
J Med Pers Journal of Medicine and the Person
J Mol Biol Journal of Molecular Biology
JAHR Jahr - Annual of the Department of Social Sciences
and Medical Humanities
JETS Journal of the Evangelical Theological Society
PAMI Pontificia Academia Mariana Internationalis
PAS Pontificia Academia Scientiarum
PASS Pontificia Academia Scientiarum Socialium
PAST Pontificia Academia Sancti Thomae Aquinatis
PAV Pontificia Academia Pro Vita
12

Phil Trans R Soc B Philosophical Transactions of the Royal Society B:


Biological Sciences
PLoS Medicine Public Library of Science Medicine
PNAS Proceedings of the National Academy of Sciences
USA
Riv It Ost Gin La Rivista Italiana di Ostetricia e Ginecologia
SCDF Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede
Stem Cell Rev Stem Cell Reviews
StMor Studia Moralia

a. articolo
cap. capitolo
ed. editor
eds. editors
col. colonna
coll. colonne
n. numero
nn. numeri
ss. seguenti
q. quaestio
INTRODUZIONE

Chi è che può decidere se un’entità di origine umana sia un


embrione umano, cioè un individuo biologico della specie Homo sapiens
(status ontologico), e a partire da quali presupposti? E quali sono le
condizioni perché un tale individuo, sano o difettivo, possieda lo status
meta-fisico di persona1 e, perciò, una dignità inalienabile? Quale strade
bisogna percorrere, in altre parole, per poter stabilire se una determinata
entità biologica possiede: a) lo status ontologico di individuo umano, b) lo
status meta-fisico di persona e, quindi, c) uno status etico inconfondibile
(dignità inalienabile)? Quella delle scienze empiriche, quella della filosofia
o quella della teologia? Oppure, forse, tutte e tre? Non sarebbe più
opportuno, dunque, prediligere una visione interdisciplinare, dove lo
scienziato, il filosofo ed il teologo contribuiscano ugualmente a scoprire la
verità dell’uomo, senza pre-giudizi, ciascuno secondo il proprio sapere? Già
da alcuni decenni, infatti, ci siamo resi conto che l’etica, se non si incarna
nella bio-etica2, diventa una riflessione arida e astratta, rischiando di
contraddire la sua essenza originaria, l’ethos, che nelle parole di Heidegger
è il «soggiorno», il «luogo di abitazione». Heidegger, parafrasando una
storia riferita dallo Stagirita, racconta che alcuni stranieri vollero visitare il
filosofo Eraclito e lo trovarono a riscaldarsi presso il forno di un fornaio.
Essi rimasero delusi e disorientati perché si aspettavano vederlo altrove,
immerso in meditazione. Invece scoprirono un filosofo che ha freddo, in un
luogo ordinario, dove si cuoce il pane. Dinanzi a questo spettacolo, delusi,
gli stranieri stanno per andarsene. Eraclito, però, conoscendo bene le

1 Cf. PARICIO Javier, «Persona: un retorno a los orígenes», in Annali del Seminario
Giuridico dell’Università di Palermo 55 (2012) 456; cf. POSSENTI Vittorio, Il nuovo
principio persona, Armando Editore, Roma 2013, 17.
2 Cf. ARRAS D. John, «Principles and Particularity: The Role of Cases in Bioethics»,
in Indiana Law Journal 69/4 (1994) 983-1014; cf. GERT Bernard, CULVER M. Charles,
CLOUSER Danner K., Bioethics: A Return to Fundamentals, Oxford University Press,
New York 1997.
14

aspettative della folla, non si intimidisce, ma li invita ad entrare dicendo:


«anche qui gli dèi sono presenti»3. L’ethos, secondo Heidegger, è rivelativo
perché è proprio nel contesto in cui soggiorna l’uomo che si manifesta il
daimon, la divinità. Siccome infatti l’universo eracliteo è divino, non fa
meraviglia che il valore e la dignità emanino dalle entità stesse.
Il neopositivismo, invece, adottando la cosiddetta «legge di Hume»4,
stabilì che la moralità non poteva più essere dedotta dal fatto empirico5 e,
nonostante il successivo crollo dell’ideologia positivistica, ancor oggi il
mondo scientifico continua a servirsi di questa regola. Il vero motivo di una
tale scelta sta nella visione del mondo, denominata naturalismo filosofico o
materialismo scientifico, condivisa dalla gran parte degli scienziati
contemporanei6. Secondo questa prospettiva la realtà si identifica col mondo
materiale, empiricamente misurabile, e non c’è n’è un’altra. Non ci sarebbe,
quindi, una meta-fisica e non c’è posto per entità immateriali7 come, per
esempio, l’anima. Per gli scienziati materialisti nozioni come dignità umana
o il senso della vita sono semplici artifici umani, fluidi, senza alcuna traccia
di fondamento in una fonte trascendente8. La moralità non può essere più
dedotta dalla realtà empirica e nemmeno da una fonte trascendente (meta
fisica). La demarcazione tra il bene e il male, in altre parole, sarebbe l’esito

3 Cf. HEIDEGGER Martin, «Su l’“Umanesimo”» (estratti), in HEIDEGGER Martin,


Che cos’è la metafisica?, La Nuova Italia Editrice, Scandicci (Firenze) 1993, 124-125.
4 Cf. HUME David, A Treatise of Human Nature, John Noon, London 1739, 335.

5 Cf. MOORE George Edward, Principia Ethica, Cambridge University Press,


Cambridge 1903, § 10; cf. TAUBER I. Alfred, Science and the Quest for Meaning,
Baylor University Press, Waco (Texas) 2009, 52.
6 Cf. LEUBA H. James, The Belief in God and Immortality. A Psychological,
Anthropological and Statistical Study, The Open Court Publishing Company, Chicago
& London 1921; cf. LARSON J. Edward, WITHAM Larry, «Leading scientists still reject
God», in Nature 394 (1998) 313; cf. FLANAGAN Owen, «Varieties of Naturalism», in
CLAYTON Philip (edited by), The Oxford Handbook of Religion and Science, Oxford
University Press, New York 2006, 430-452.
7 Cf. MOOR George Edward, Principia Ethica, § 66 ss.

8 Cf. MITCHELL C. Ben, EDMUND D. Pellegrino et al., Biotechnology and the


Human Good, Georgetown University Press, Washington, D.C., 2007, 36-37.
15

di una mera convenzione umana, anzi di una fluttuante combinazione tra


biologia e cultura. È evidente, allora, che, se la moralità non può essere
dedotta né dalla realtà empirica né da quella meta-fisica, anche il concetto di
dignità si presenterà come «un mero rivestimento retorico»,
«un’articolazione politicamente attrattiva dello “yuck factor”»9 («fattore
bleah»), cioè una specie di intellettualizzazione del «fattore di disgusto»
praticata, appunto, da chi è in grado di intendere e volere. L’invito stoico di
agire in conformità con la razionalità-divinità del cosmo10 e la successiva
fondazione della moralità in una fonte trascendente (meta-fisica) diventa in
Kant l’imperativo categorico della ragione autonoma, cioè di quella ragione
che è in grado di partecipare effettivamente, con la sua legge morale
universale, al Regno dei fini.
In conclusione, la fondazione kantiana della dignità viene messa in
dubbio dalla post-modernità perché la ragione autonoma, laddove c’è, si
rivela essere una soggettività fragile, modellata dall’ambiente e dalle
convenzioni sociali: «la gente dotata di una volontà cosciente, allorquando
accetta i valori della propria società (e se la maggioranza della gente non
accettasse questi valori essi non sarebbero i valori della società) tende
sempre a promuovere ciò che la società apprezza»11. Degno, perciò, sarebbe
soltanto colui che è razionalmente autonomo e merita l’apprezzamento
sociale, anche se si dovesse trattare di animali di una specie biologica
diversa da quella umana12, come le grandi scimmie o i delfini (borderline

9 CAULFIELD Timothy, CHAPMAN Audrey, «Human Dignity as a Criterion for


Science Policy», in PLoS Medicine 2/8 (2005) 0737. (trad. nostra)
10 Cf. GILL Christopher, «Psychophysical Holism in Stoicism and Epicureanism», in
KING R. A. H. (edited by), Common to Body and Soul. Philosophical Approaches to
Explaining Living Behaviour in Greco-Roman Antiquity, Walter de Gruyter, Berlin &
New York 2006, 213-217.
11 SINGER Peter, Practical Ethics, Cambridge University Press, Cambridge 19992,
323. (trad. nostra)
12 Cf. GIUBILINI Alberto, MINERVA Francesca, «After-birth abortion: why should
the baby live?», in J Med Ethics 39 (2013) 262.
16

persons)13. Agli occhi del pensatore materialista, infatti, tra la morte


dell’uomo e la morte di una zanzara non passa alcuna differenza perché «la
morte della persona è la morte di un organismo», ovvero «la scomparsa
permanente della coscienza, dell’intenzionalità e della soggettività è
letteralmente la disintegrazione organica della persona»14. Pensare che le
cose stiano diversamente «significa essere dualista»15. «Essendo l’anima
scomparsa, per indicare l’individuo come soggetto […] non resta oggi che il
concetto giuridico disincarnato di persona, la maschera, persona, che
indicava nella città il ruolo di quidam»16. La persona, dunque, per chi
volesse evitare l’accusa di dualismo, è da considerarsi in chiave
materialistica, cioè si identifica con un individuo biologico immanente
(«biological thing»17) o, nella migliore delle ipotesi, con un individuo della
specie Homo sapiens («biological person»18), dotato dei seguenti attributi:
coscienza, intenzionalità e soggettività19.
Un’etica incarnata in bio-etica è senz’altro un’indicazione che l’ethos è il
nostro «soggiorno», il nostro «luogo di abitazione», la nostra biosfera. L’ethos, in

13 Cf. DEGRAZIA David, «On the Question of Personhood beyond Homo sapiens»,
in SINGER Peter (edited by), In Defense of Animals. The Second Wave, Blackwell
Publishing, Oxford 2006, 44.
14 VAN HOOFT Stan, Life, Death, and Subjectivity. Moral Sources in Bioethics,
Rodopi, Amsterdam & New York 2004, 156 (trad. nostra); cf. SUMNER Wayne Leonard,
«A Matter of Life and Death», in Noûs 10 (1976) 153.
15
VAN HOOFT Stan, Life, Death …,156. (trad. nostra)
16 BOSSI Laura, Storia naturale dell’anima, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2005,
291; cf. GORDIJN Bert, «The Troublesome Concept of the Person», in Theoretical
Medicine and Bioethics 20 (1999) 347–359.
17 Cf. BOKLAGE E. Charles, How New Humans Are Made. Cells and Embryos,
Twins and Chimeras, Left and Right, Mind/Self/Soul, Sex, and Schizophrenia, World
Scientific, Singapore 2010, 1.
18 Cf. FELDMAN Fred, Confrontations with the Reaper. A Philosophical Study of the
Nature and Value of Death, Oxford University Press, New York 1992, 119.
19 Cf. LOCKE John, An Essay Concerning Human Understanding, vol. II, Mundell &
Son, Edinburgh 1801, 54; cf. RICH A. Ben, «Postmodern Personhood: a Matter of
Consciousness», in Bioethics 11/3-4 (1997) 208-210; cf. PARKIN Chris, «Metaphysics
and medical ethics», in Journal of Medical Ethics 21 (1995) 109-110; cf. CAVALIERI
Paola, The Animal Question. Why Nonhuman Animals Deserve Human Rights, Oxford
University Press, New York 2001, 38.
17

quest’accezione, è la faticosa armonia della micro e della macro simbiosi,


un’armonia che impone rispetto perché è pure la nostra armonia, cioè il sostrato e
lo spazio vitale del nostro esistere umano. È falso, dunque, sostenere che non si
possono derivare dei valori dai fatti20 ma, al contrario, il puro fatto che la biosfera
sia una rete globale di relazioni simbiotiche è in se stesso un valore21,
indipendentemente dalle considerazioni umane, perché garantisce la vita a tutti i
viventi di natura biologica22. Inoltre, il dato di fatto che, umanamente, veniamo al
mondo con lo «yuck factor» incorporato e che, perciò, intuitivamente sentiamo
disgusto per la tortura, l’omicidio ecc., è già una prova che «la moralità non è una
caratteristica superficiale del mondo»23. Siamo convinti, però, che la bioetica,
perché possa svolgere un ruolo sanante, soprattutto laddove la persona umana
venga ridotta alla sua biologicità, necessita un’urgente fondazione meta-bioetica,
non solo nel senso della già invocata interdisciplinarietà, ma anche (e sopratutto)
da un punto di vista meta-fisico24.

20 Cf. MACINTYRE Alasdair, After Virtue. A Study in Moral Philosophy, University


of Notre Dame Press, Notre Dame (IN) 20073, 148-150; cf. JONSENR. Albert, The Birth
of Bioethics, Oxford University Press, New York & Oxford 1998, 72; cf. ID., A Short
History of Medical Ethics, Oxford University Press, New York & Oxford 2000, 115 ss.
21 Cf. SCHWEITZER Albert, An Antology, edited by JOY R. Charles, The Beacon
Press, Boston 1956, 259-260,264, 270-271.
22 Cf. MASHE Mroy, «Facts and Values. Is There a Naturalistic Fallacy?», in Reason
Papers. A Journal of Interdisciplinary Normative Studies 2 (1975) 29-39; cf. GOMMER
Hendrik, «From the “Is” to the “Ought”: a Biological Theory of Law», in Archiv für
Rechts- und Sozialphilosophie 96 (2010) 449-468.
23 COPAN Paul, «God, Naturalism, and the Foundations of Morality», in STEWARD
B. Robert (ed.), The Future of Atheism. Alister McGrath & Daniel Dennnett in Dialog,
Fortress Press, Minneapolis (MN) 2008, 143. (trad. nostra)
24 Cf. RUSSO Giovanni, «Metabioetica», in SALVINO Leone, PRIVITERA Salvatore,
Nuovo Dizionario di Bioetica, Città Nuova Editrice, Roma 2004, 737-739; cf. HOLUB
Grzegorz, «Bioethics and the Concept of Human Nature», in Salesianum 67 (2005) 547
564; cf. CHERRY J. Mark, «The Death of Metaphysics; The Death of Culture», in
CHERRY J. Mark (edited by), The Death of Metaphysics; The Death of Culture.
Epistemology, Metaphysics, and Morality, Springer, Dordrecht 2006, ix-xxi; cf. BUCCI
M. Luca, «Alla ricerca di una meta-bioetica. I problemi della cosiddetta
“confessionalità”», in Studia Bioethica 1/2-3 (2008) 198-201; cf. VISALA Aku, «Imago
Dei, Dualism and Evolution: A Philosophical Defense of the Structural Image of God»,
in Zygon 49/1 (2014) 103.
18

Il mondo, infatti, essendo stato svuotato della sua antica razionalità e


ripulito da ogni traccia meta-fisica25, non riesce più ad offrire le basi
necessarie per garantire l’oggettività dei valori morali26.
Perciò, avviandoci sulla strada della nostra ricerca, intitolata «La
dignità personale dell’embrione umano nella luce dell’Istruzione Dignitas
personae», il nostro compito sarà quello di riflettere – correndo il rischio di
vagare oltre i confini della stessa Istruzione – sul fondamento di alcuni
concetti assai controversi oggigiorno agli occhi della pubblica opinione,
come «dignità», «anima» e «persona», con lo scopo di purificarli dalle
contaminazioni storiche che li hanno resi immanenti, per poi tornare ad
applicarli ai casi specificati nella nota 49 dell’Istruzione Dignitas personae.
Il metodo che ci proponiamo di seguire lungo quest’investigazione
sarà quello triangolare, teorizzato nell’ormai classico Manuale di bioetica
di Sgreccia27, con la precisazione che, siccome solitamente è l’etica ad
interrogare la meta-fisica e la scienza allorquando si presentano dei dubbi di
natura antropologica, preferiamo capovolgere l’ordine dei tre punti di
raccordo specificati dall’autore summenzionato. Così, partendo dall’analisi
del concetto di dignità (questione etica), avremo modo di comprendere che
l’incommensurabile valore che promana ogni essere umano è la
conseguenza del suo essere persona (questione meta-fisica) e che, nella
spazio-temporalità, tale status ontologico conviene soltanto a quegli
individui che biologicamente appartengono alla specie umana (questione
scientifica).

25 Cf. POSSENTI Vittorio, Il nuovo principio …, 26-27.


26 Cf. COPAN Paul, «God, Naturalism …», 142.

27 Cf. SGRECCIA Elio, Manuale di bioetica, vol. I, Fondamenti ed etica biomedica,


Vita e Pensiero, Milano 20074, 73-74; cf. ID., La bioetica nel quotidiano, Vita e
Pensiero, Milano 2006, 167; cf. SOLDINI Maurizio, Argomenti di bioetica, Armando
Editore, Roma 1999, 33, 105; cf. FORNERO Giovanni, Bioetica cattolica e bioetica laica,
Bruno Mondadori, Milano 2005, 36.
PARTE I
LA DIGNITÀ UMANA
CAPITOLO I
LA DIGNITÀ UMANA ELEVISIONI DEL MONDO

Trovare, tra le povere parole dell’umano linguaggio, un concetto


adatto che possa rendere ragione della nostra fede nell’intrinseco valore
dell’uomo, non è solo una questione d’etimologia, ma anche, e soprattutto,
di senso. Ciò perché le idee sono per la mente quello che una scure è per un
disperso in mezzo ad una pericolosa foresta lussureggiante: ci aiutano a
sopravvivere e ad avanzare verso la luce 28. Esse sono, per così dire,
espressione strumentale della nostra verità dinamica. Similmente ai filosofi
peripatetici, mentre camminiamo su e giù per le strade del mondo
(utilizzando tutti i filtri che il nostro essere corporeo-spirituale ha acquisito
lungo le sue innumerevoli metamorfosi) elaboriamo e rinfreschiamo
continuamente la nostra visione del mondo (cf. 1Cor 13,12) e, in base ad
essa, inevitabilmente giudichiamo anche il significato da attribuire a ciò che
noi amiamo definire come dignità della persona umana. Perché, infatti, a

28 «La nebbia del mondo / non raggiunge la luce dell’essere», poetava Martin
HEIDEGGER, ne L’esperienza del pensare, Città Nuova, Roma 2000, 49. La nebbia del
mondo è qui una sorprendente immagine dell’uomo che, pensando, si scopre avvolto in
una misteriosa foschia, simbolo dei propri limiti spazio-temporali: «il pensare è trovarsi
limitati» (ibid., 49). Ora, come si fa ad uscire da questa situazione stagnante? La ragione,
se non vuole sprofondare nel nulla, deve credere nella bontà del mondo, pensandolo
fondato in una luce che lo trascende. L’uomo, lungo la storia, ha affrontato le
vicissitudini della vita con fede, battendo nuovi sentieri di giorno e sognando ad occhi
aperti di notte, incuriosito da quella misteriosa pellicola semi, chiamata «cielo stellato»,
e che, in un certo senso, continua a tracciare simbolicamente il limite d’ogni nostra
pretesa d’onniscienza. Kant, in effetti, ha ragione quando ci ricorda che i nostri filtri
esistenziali non ci permettono l’accesso alla cosa in sé (noumeno); eppure, proprio lui,
mentre con zelo stava spianando «le gallerie di talpa» che la ragione aveva scavato sotto
«il maestoso edifizio morale», commette il più grave errore, fatale per l’ethos: si arroga
il diritto di elevare al rango di a priori ciò che non poteva essere che a posteriori; così
facendo, la ragione s’illude d’essere un demiurgo che plasma il caos, dimenticando che,
essendo arrivata per ultima, è guidata per mano dallo stesso ordine che l’ha intessuta.
Dobbiamo perciò prendere coscienza che il concetto contemporaneo di dignità, offertoci
da Kant, è fragile; somiglia ad una bandiera bianca agitata da una ragione che si crede
autonoma e che, in assenza di una pur umile fondazione ontologica della persona,
rischia di diventare il fenomeno più vaporoso che ci sia.
22

differenza degli altri viventi, siamo convinti che abbiamo «dignità»?29 La


risposta sarà, senz’altro, perché siamo persone umane. Che cos’è, però,
questa «realtà paradossale»30, la persona, considerata così importante da
meritare una stima (dignità) che supera infinitamente il prezzo di tutte le
altre entità di questo mondo?31

1.1 CHE COS’È LA DIGNITÀ?

La parola dignità, in latino dignitas, proviene dalla radice sanscrita


«dik», che significa mostrare, e il vedico «tat», che significa fare; il termine
dignità, quindi, avrebbe il senso di far vedere32, da cui i derivati latini dico,
in-dico, in-dicium, ju-dicium ecc33. Seguendo quest’etimologia34 sembra
che, per riconoscere o attribuire la dignità ad un individuo umano qualsiasi,
quest’ultimo debba essere in grado di dimostrarla, facendo vedere un
insieme di qualità essenziali, che presumibilmente caratterizzerebbero il suo
status. In senso generico questo è senz’altro vero, nel senso che la

29 Cf. BRUNGARDT S. Gerard, «The face of the other: why we treat the human
person differently», in J Med Pers 9 (2011) 13.
30 Cf. MOUROUXJean, Sens chrétien de l’homme, Aubier, Paris 1953, 105.

31 Cf. BAUMANN Peter, «Persons, Human Beings, and Respect», in Polish Journal
of Phylosophy 1/2 (2007) 7.
32 Cf. BELLOTThomas, Sanskrit Derivation of English Words, London 1856,35.

33 Cf. DE GUBERNATIS Angelo, Piccola Enciclopedia Indiana, Firenze 1867,379.

34 Mons. Willem Jacobus Eijk deriva la parola latina dignitas dalla radice sanscrita
dec ma, senza chiarire il significato sanscrito, passa direttamente ai derivati latini: deceo
(far onore, convenirsi, dovere) e decus (avvenenza, onore, fama, decoro, intuizione di
ciò che conviene). Ci offre, poi, una sua definizione: «dignità implica una
corrispondenza fra realtà e qualità, persona e atto, soggetto e circostanze». La
definizione ci sembra problematica in quanto insinua una conclusione che l’Autore non
vorrebbe trarre: sembra che, perché si possa parlare di dignità, sia necessaria una
corrispondenza tra realtà (individuo) e qualità (attributi dimostrabili), persona (essere) e
atto (fare), soggetto e circostanze. Cf. EIJK Willem Jacobus, «Dignità di persona:
attualizzata dal concepimento o crescita graduale? Una lettura a partire dall’Istruzione
Dignitas personae», in RUSSO Giovanni (ed.), Dignitas personae. Commenti
all’Istruzione sulla bioetica, Coop. S. Tom. & Elledici, Messina & Leumann (Torino)
2009, 113.
23

dinamicità della maschera (πρόσωπον) e le parole che risuonano35 dietro di


essa sono elementi che ci aiutano a capire che c’è qualcuno che agisce, cioè
una persona36.
È giusto, tuttavia, pensare che la dignità di una persona umana
dipenda principalmente dalle sue abilità37 o, forse, essa vale veramente,
indipendentemente da ciò che la nostra mente vede sul palco della spazio
temporalità?38 È il ruolo che ci dà la persona o è la consistenza ontologica di
essa a rendere possibile il ruolo? È l’eccellenza a caratterizzare la dignità
della persona umana, oppure il valore intrinseco che sgorga dalla sua
ontologicità meta-fisica?

35 Cf. BOETII An. Manl. Sev., Liber de persona et duabus naturiscontra Eutychen et
Nestorium, in MIGNE J.-P. (accurante), Patrologiae, tomus LXIV, Parisiis 1847, cap. III,
col. 1343; cf. MAUSS Marcel, «Une catégorie de l’esprit humain: la notion de personne,
celle de “moi”», in The Journal of the Royal Anthropological Institute of Great Britain
and Ireland 68 (1938) 273-274; cf. DELUMEAU Jean, «The Development of the Concept
of Personhood», in THOMASMAC. David, WEISSTUB N. David, HERVÉ Christian (edited
by), Personhood and Health Care, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht 2001, 13.
36 È significativo che una delle etimologie del sopramenzionato concetto sembri
avere a che fare con il nome di un dio etrusco, «Phersu», raffigurato con una maschera
sul volto (presumibilmente una divinità dei morti), dal quale proviene il termine latino
persona, cioè la maschera utilizzata dai Romani nelle cerimonie dedicate ai defunti
(imagines mortuorum o animorum) [cf. RIBAS ALBA M. José, Persona: desde el
derecho romano a la teología cristiana, Editorial Comares, Granada 2011, 121-123; cf.
PARICIO Javier, «Persona: un retorno …», 451]. La persona, dunque, non era
semplicemente la maschera indossata dagli attori cultuali, bensì «una rappresentazione
supporto dell’anima del defunto» [BARCELÓ Rafael Ramis, «Notas sobre la historia del
concepto de persona», in Index: quaderni camerti di studi romanistici, international
survey of roman law n. 41 (2013) 308 (trad. nostra); cf. RIBAS ALBA M. José, Persona:
desde …, 110, 116, 132-133; cf. PARICIO Javier, «Persona: un retorno …», 457].
Qualcuno, invece, fa derivare il concetto di persona dalle parole greche περι + σωμα, in
latino circum-corpus = attorno al corpo [cf. voce «PER-SON» in LEMON GEORGE
WILLIAM, English etymology. A derivative Dictionary of the English language: in two
Alphabets, London 1783, PE; cf. BRENNAN Edward Robert, Thomistic Psychology. A
Philosophic Analysis of the Nature of Man, The Macmillan Company, New York 1941,
281].
37 Cf. GIUBILINI Alberto, MINERVA Francesca, «After-birth abortion …», 162.

38 Cf. PESSINA Adriano, «Dignità e indegnità dell’uomo: il tempo della malattia», in


SANNA Ignazio (ed.), Dignità umana e dibattito bioetico, Edizioni Studium, Roma 2009,
112.
24

In realtà tutti e due i livelli sono importanti per la persona umana39.


Eppure, mentre l’evoluzione ha avuto un ruolo predominante su scala
filogenetica40, contribuendo alla comparsa della specie biologica umana e,
inevitabilmente, alla strutturazione di una dignità dinamica41, soltanto con
la personalizzazione dell’uomo primitivo possiamo parlare di una dignità
ontologicamente fondata, indipendente dalle qualità sopra menzionate42 e,
quindi, inalienabile43. Ecco perché la persona (umana) «è […], allo stesso
tempo, uno spirito immerso ed emergente, immanente e trascendente al
corpo»44. Si tratta, secondo noi, di un intervento meta-fisico (in sé astorico,
benché storico dal punto di vista della nostra prospettiva spazio-temporale)
per mezzo del quale Dio conferisce agli individui della specie umana – già
in grado di pensare per via delle cause seconde – un nucleo coscienziale
soprannaturale in vista di un’esistenza immortale, meta-fisica45. È questo
che noi intendiamo col termine persona.
La persona umana, dunque, sin dalla sua attivazione ontogenetica
(concepimento, clonazione, partenogenesi ecc.), è un’entità costituita da due
livelli fondamentali, uno bio-logico, che segue le coordinate iscritte nella

39 Cf. NUSSBAUM C. Martha, Frontiers of Justice. Disability, Nationality, Species


Membership, Harvard University Press, Cambridge (MA) 2006, 132-133.
40 Si tratta di un «fenomeno per mezzo del quale dei pattern ed sistemi sorgono
grazie alle interazioni tra un gran numero di vari componenti più semplici». Cf.
BOKLAGE E. Charles, How New Humans …, 45. (trad. nostra)
41 «[…] il valore della dignità umana proviene in parte dalla sua natura flessibile ed
evolvente […]». RAO Neomi, «On the Use and Abuse of Dignity in Constitutional
Law», in Columbia Journal of European Law 14 (2008) 205 (trad. nostra); cf. VAISVILA
Alfonsas, «Human Dignity and the Right to Dignity in Terms of Legal Personalism
(from Conception of Static Dignity to Conception of Dynamic Dignity)», in
Jurisprudence 3 (2009) 114-122.
42 Cf. LAING A. Jacqueline, «Infanticide: a reply to Giubilini and Minerva», in J
Med Ethics 39 (2013) 337.
43 Cf. MEILAENDER Gilbert, «Human Dignity and Public Bioethics», in The New
Atlantis 17 (2007) 33; ID., Our Twofold Dignity, videoconferenza alla “Mayo Clinic”
(2010), http://vimeo.com/15618405, consultato il 08/10/2013.
44 MOUROUXJean, Sens chrétien …, 107. (trad. nostra)

45 Cf. KÜBLER-ROSS Elisabeth, La Morte e la Vita dopo la Morte, Edizioni


Mediteranee, Roma 20072, 17-18.
25

specie umana (dignità dinamica o «contingente»), e uno meta-fisico, che


indica la sua appartenenza al genere sovrannaturale persona46 (dignità
ontologicamente fondata o «inerente»)47.
La perplessità contemporanea per ciò che concerne il concetto di
«dignità»48 pensiamo sia dovuta in gran parte alla conversione di questi due
livelli in uno solo, quello biologico, così come appare ad esempio nel
pensiero di Aristotele. I latini, infatti, nel tradurre Aristotele, la cui
“metafisica” è immanente, usano un solo termine, dignitas, per rendere il
senso dei due termini greci, axia e axioma49, inglobando in un’unica
dimensione sia la dignità soggettiva (axia), basata sul merito, sia quella
oggettiva (axioma), fondata sul principio della razionalità, il cui ruolo è
quello di mettere in risalto gli individui della specie animale parlante.
Bisogna prendere atto, quindi, che qui la dignità oggettiva (axioma),
essendo l’emanazione di un’antropologia immanente 50 – nella cui
prospettiva il principio della razionalità indica soltanto una trascendenza col
rispetto ad altre specie animali inferiori – assume difatti un ruolo fortemente
discriminante allorquando viene applicata agli individui umani che non sono

46 La persona, in altre parole, indica «un membro di una determinata categoria di


esseri che hanno una sostanza o essenza comune». MCARDLE Patrick, «Ecce Homo:
Theological Perspectives on Personhood and the Passions», in AEJT 7 (2006) 5 (trad.
nostra). [Qui la “sostanza”, come si vedrà nel capitolo II della nostra ricerca, ha il senso
di “sostanza seconda”, termine utilizzato da Aristotele per definire l’universale (cioè la
specie o il genere)]
47 Per quanto riguarda le due dimensioni, biologica e meta-fisica, possono essere
adoperati, senz’altro, pure altri sintagmi, a condizione, però, che riflettano il
sopramenzionato dislivello, come per esempio «dignità contingente» e «dignità
inerente». Cf. O’MATHÚNA P. Dónald, «Human Dignity and the Ethics of Human
Enhancement», in Trans-Humanities 6/1 (2013) 100.
48 Cf. ANDORNO Roberto, «Y a-t-il une dignité animale?», in Bioethica Forum 5/1
(2012) 3.
49 Cf. LEBECH Anne Mette Maria, On the Problem of Human Dignity. A
Hermeneutical and Fenomenological Investigation, Königshausen & Neumann,
Würzburg 2009, 31, nota 6.
50 Cf. KATEB George, Human Dignity, Harvard University Press, Cambridge &
London 2011, 26.
26

(più) presenti a se stessi51. Infatti la più importante definizione di «uomo»


offertaci da Aristotele ha un carattere immanente: ζῶον λόγον ἔχον, animale
in possesso del linguaggio, che lo qualifica pure come ζῶον πολιτικον,
animale politico52.
La persona, quindi, quale entità «meta-fisica»53, non compare mai
nell’antropologia aristotelica54, ma soltanto l’individuo della specie umana,
inteso come «bio-psiché» parlante55. Ed è per questo che l’axioma della
razionalità si rivela oggi uno strumento bio-eticamente disumanizzante.
Ora, una delle più grandi tentazioni contemporanee, quando si tratta
di far luce sulla «dignità», è proprio quella di inoltrarsi subito dentro le
oscure foreste della storia – senza badare più alla dimensione meta-fisica
dell’uomo – illudendosi di poter trovare il vero significato del concetto tra le
antiche radici etimologiche56, come se tutto il mistero stesse nella parola e
non già nelle profondità dell’individuo a cui fa riferimento.
La domanda fondamentale, invece, non è semplicemente «che cos’è
la “dignità”?», bensì «chi è veramente quest’individuo che, a differenza
degli altri enti mondani, sorge all’interno della specie biologica razionale?».

51 Cf. ibid., 74-75.


52 Cf. ARISTOTELE, Politica, 1253a; cf. KATEB George, Human Dignity …, 136-173.

53 Cf. SEIFERT Josef, «Persons and Causes: Beyond Aristotle», in Journal of East
West Thought 2/3 (2012) 7-8, 13, 18.
54 Cf. WOJTYŁA Karol, «Subjectivity and the Irreducible in Man», in Analecta
Husserliana 7 (1978) 108; cf. ENGBERG-PEDERSEN Troels, «Stoic Philosophy and the
Concept of the Person», in GILL Christopher (edited by), The Person and the Human
Mind. Issues in Ancient and Modern Philosophy, Claredon Press & Oxford University
Press, New York 1990, 109-110; cf. MCARDLE Patrick, «Ecce Homo …», 2.
55 Giustamente, come rilevava il pastore-teologo Fritz Jahr in un articolo pubblicato
nel lontano 1927, se consideriamo l’antropologia dal punto di vista della bio-psicologia
(«Bio-Psychik»), «la stretta distinzione tra l’animale e l’essere umano, dominante nella
nostra cultura europea sino alla fine del secolo XVII, non può più essere sostenuta».
JAHR Fritz, «Bio-Ethik: Eine Umschau über die ethischen Beziehungen des Menschen
zu Tier und Pflanze», in Kosmos. Handweiser für Naturfreunde 24/1 (1927) 2; tradotto
in inglese dal professor Sass Hans-Martin, «Bio-Ethics. Reviewing the ethical relations
of humans towards animals and plants», in JAHR 1/2 (2010) 227 (trad. nostra); cf.
SCHWEITZER Albert, An Antology, 269.
56 Cf. RIBAS ALBA M. José, Persona: desde …, 107.
27

L’accento deve essere posto primariamente sulla radice onto-meta-fisica,


cioè sulla persona e sulla sua origine57, e solo secondariamente sul concetto
di «dignità», la cui estensione, logicamente, dipenderà dalla risposta che uno
dà al primo quesito.
Questo salto di qualità, tuttavia, è possibile solo se ammettiamo che
l’attuale dignità acquista il suo carattere indelebile58 in seguito ad un
incontro meta-fisico tra i nostri antenati primitivi (non appena è sorto il
primo pensiero autoriflesso) e Dio il quale ci ha accolto nella grande
famiglia della persone59, diventando il garante della nostra immortalità60.
Certamente, non ci è dato di conoscere la modalità concreta ed il
momento storico in cui si è verificata questa rivoluzione onto-meta-fisica
ma, grazie alle scoperte archeologiche e ai progressi della scienza, possiamo
trovare delle tracce che attestano la sua prossima realizzazione61. Ad ogni
modo, pensiamo che la tecnica abbia avuto un ruolo fondamentale nel
processo di umanizzazione e nella preparazione di questo evento meta
fisico, cosicché tra gli ominidi e gli utensili fabbricati si è creata una vera e
propria sintonia. A mano a mano che gli utensili diventavano più fini e più
taglienti, il cervello aumentava e intesseva delle connessioni sempre più
penetranti ed astratte, fino a raggiungere una trascendenza mentale

57 Cf. CHARAMSA Krzysztof, «Alle radici della persona», in Alpha Omega 14/1
(2011) 55-58, 66, 84.
58 Cf. BRUNGARDT S. Gerard, «The face …», 13-14.

59 Cf. VISALA Aku, «Imago Dei, Dualism and Evolution …», 103.

60 Infatti il termine “immortalità” non è indipendente, bensì dipende dal concetto di


persona che abbiamo, anzi, ci obbliga ad ammettere che la persona sussiste dopo la
dissoluzione del suo corpo, poiché se la persona fosse una mera entità biologica, lo
stesso concetto di immortalità verebbe messo tra parentesi. Cf. SHAKUNTALA Bora,
«Belief in Immortality», in Indian Philosophical Quarterly 29/4 (2002) 435.
61 Cf. LORDKIPANIDZE David et al., «Hominid Fossils from Dmanisi and Their Place
Among the Early Hominids», in Bull Georg Natl Acad Sci 175 (2007) 107; cf. ID., «A
Fourth Hominin Skull From Dmanisi, Georgia», in The Anatomical Record, Part 288A
(2006) 1156; cf. ECCLES C. John, Evolution of the Brain: Creation of the Self,
Routledge, London and New York 1989, 72, 138.
28

caratterizzata dalla consapevolezza di sé e dal senso morale62. Grazie a


questa trascendenza l’ominide è diventato uomo, specie a sé stante, con una
struttura (natura) essenzialmente compiuta63, però non era ancora persona.
Nella nostra accezione, infatti, la mente umana non si identifica con l’anima
immortale, come in Tommaso d’Aquino64, o con un’entità spirituale
separabile di tipo cartesiano65, ma poggia fondamentalmente sul cervello66
e, pur trascendendolo immensamente nelle sue operazioni, non può
sussistere senza di esso 67 . La mente, in altre parole, conferma
filogeneticamente la presenza dell’uomo quale specie, ma non ci dice nulla
sul suo destino ultimo.
Parafrasando il Libro della Genesi, si può dire che non c’è nulla di
contraddittorio nell’affermare che Dio ha plasmato l’uomo dall’humus68,
cioè dall’argilla, ma non come fa un vasaio, bensì per mezzo delle leggi e
secondo i tempi iscritti nell’universo. Perciò, anche se completo nella sua

62 Cf. DARWIN Carlo, L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto col sesso, Unione
Tipografico-Editrice, Torino 1888, 70.
63 Cf. ibid., 138.

64 Cf. D’AQUINO Tommaso, La Somma Teologica, Edizioni Studio Domenicano,


Bologna MCMLXXXIV, I, q. 75, a. 2 co (d’ora innanzi Summa Theologiae); cf.
BRENNAN Edward Robert, Thomistic Psychology, 307.
65 Cf. DESCARTES René, Discours de la methode, in Œuvres choisies, Garnier Frères,
Paris 1865, 24-25; cf. MICHEL Henry, «The Soul according to Descartes», in VOSS
Stephen (edited by), Essays on the Philosophy and Science of René Descartes, Oxford
University Press, New York-Oxford 1993, 48; cf. BOSSI Laura, Storia naturale …, 101
102.
66 Cf. BERWICK C. Robert et al., «Evolution, brain, and the nature of language», in
Trends in Cognitive Sciences 17/2 (2013) 92-96; cf. ROCKWELLW. Teed, Neither Brain
nor Ghost: A Nondualist Alternative to the Mind-Brain Identity Theory, The MIT Press,
Cambridge (MA) 2005; cf. CLARK E. Mary, In search of human nature, Routledge,
London & New York 2002, 162.
67 Cf. MCGINN Colin, «Can We Solve the Mind-Body Problem?», in Mind (New
Series) 98/391 (1989) 353; cf. VON KUTSCHERA Franz, «Mutual Dependencies of the
Mental and the Physical», in ANTONIETTI Alessandro et al. (edited by), Psycho-Physical
Dualism Today. An Interdisciplinary Approach, Lexington Books, Lanham (MD) 2008,
136-141.
68 Cf. HEIDEGGER Martin, Essere e tempo, Longanesi & C., Milano 197611, 247; cf.
RUIZ DE LA PEÑA Juan Luis, Immagine di Dio. Antropologia teologica fondamentale,
Borla, Roma 1992, 26.
29

umanità, l’uomo è per definizione mortale, come tutti gli altri animali69.
Perché si istauri una differenza meta-fisica, c’è bisogno che Qualcuno
intervenga a suo favore, per salvarlo dalla provvisorietà del mondo.
Secondo noi, perciò, l’alito di vita (‫ )נפׁש‬che Dio
antropomorficamente soffia nelle narici dell’uomo – dopo milioni d’anni di
metamorfosi – non è né biologico né psicologico, bensì soprannaturale70,
perché soltanto un io immortale 71 è in grado di vincere l’anonimato
dell’eterno ritorno. Se è vero, dunque, che la dignità, in una certa misura, si
rispecchia nelle qualità del bio-psiché umano (intelligenza, abilità speciali,
capacità artistiche ecc.), la sua inalienabilità non può fondarsi che nella
natura meta-fisica della persona72.
San Tommaso d’Aquino, volendo controbattere le tendenze
spiritualistiche del suo tempo, non si è reso conto che le categorie etiche
dello Stagirita sono una trasposizione fedele della sua metafisica
immanente 73 («metaphysical biology» 74) e, seguendolo, arriva a delle
conclusioni che rivelano tutta la fragilità e artificiosità della sua variante
cristiana di ilemorfismo:
Col peccato l’uomo abbandona l’ordine della ragione: egli
perciò decade dalla dignità umana, che consiste nell’esser liberi e
nell’esistere per se stessi, degenerando in qualche modo

69 Cf. WIRGMAN George, An Essay on Man, or the Mortal Body and the Immortal
Soul, Koe and Moore, London 1828, 70.
70 Cf. KOHLER Kaufmann, Jewish Theology Systematically and Historically
Considered, The Macmillan Company, New York 1918, 212; cf. POPESCU Dumitru,
«Logos, Trinity, Creation», in International Journal of Orthodox Theology 1/1 (2010)
63-64.
71 Cf. GUNDRY H. Robert, Sōma in Biblical Theology with Emphasis on Pauline
Anthropology, Cambridge University Press, Cambridge 1976, 116, 121.
72 L’immortalità dell’anima personale, scrive Rosmini, «è la condizione della
umana dignità, e della felicità a cui l’uomo, con irresistibili e non domabili voti,
continuamente aspira». ROSMINI-SERBATI Antonio, Psicologia, vol. I, Coeditori
Francesco Rossi Romano & Bouetteaux e Aubry, Napoli 1858, 148.
73 Cf. WOJTYŁA Karol, «Subjectivity and the Irreducible …», 108-109; cf. SEIFERT
Josef, «Persons and Causes …», 18
74 Cf. MACINTYRE Alasdair, After Virtue …, 58, 163, 196.
30

nell’asservimento delle bestie, che implica la subordinazione all’altrui


vantaggio. […] Perciò sebbene uccidere un uomo che rispetta la
propria dignità sia cosa essenzialmente peccaminosa, uccidere un
uomo che pecca può essere un bene, come uccidere una bestia: infatti
un uomo cattivo, come insiste a dire il Filosofo, è peggiore e più
nocivo di una bestia75.

Abbiamo visto quindi che per un filosofo come Aristotele, che


edifica la sua metafisica partendo da una visione immanente, è del tutto
ovvio che l’axioma dell’umanità (la razionalità) sia sottomessa alle stesse
regole che vigono nella natura76 e, di conseguenza, non fa meraviglia se
l’unico modo per verificare l’appartenenza degli individui all’umanità sia
quello della quantificazione empirica dei meriti (axia) 77. L’Aquinate,
pertanto, seguendo Aristotele, non riesce ad evitare la trappola
dell’ilemorfismo e, invece di distinguere tra la dignità dinamica e quella
onto-meta-fisica, pensa semplicemente che la dignità personale possa
crescere, diminuire o essere persa78. Un tale modo di ragionare, però,
dimostra che non è soltanto la biologia di Tommaso ad essere superata,
come qualcuno lascia intendere79, ma pure le sue categorie metafisiche ed
etiche. Servais Pinckaers, per evitare l’imbarazzo, spiega che l’articolo

75 Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 2, ad 3; cf. MEREU Italo, La morte come pena.
Saggio sulla violenza legale, Donzelli Editore, Roma 2000, 28-32; cf. MCMAHAN Jeff,
The Ethics of Killing: Problems at the Margins of Life, Oxford University Press, New
York 2002, vii; cf. JONES Albert David, Approaching the End. A Theological
Exploration of Death and Dying, Oxford University Press, New York 2007, 119-120.
76 Cf. OWENS T. M., Jr., «Aristotle Polis: Nature, Happiness, and Freedom», in
Reason Papers No. 6 (1980) 71; cf. BRUGGER E. Christian, «Aquinas and Capital
Punishment: The Plausibility of the Traditional Argument», in Notre Dame Journal of
Law, Ethics & Public Policy 18/2 (2012) 362.
77 Cf. LEBECH Anne Mette Maria, «Dignity v. Dignity. The Significance of the
Notion of Human Dignity in the Human Rights Tradition and its Use in Bioethics», in
Studies in Ethics and Law 7 (1998) 32-33.
78 Cf. BRUGGER E. Christian, «Aquinas and Capital …», 365-369.

79 Cf. PAYNE Craig, «Would Aquinas Change His Mind on Hominization Today?»,
in KOTERSKI W. Joseph (edited by), Life and Learning XVIII: Proceedings of the
Eighteenth University Faculty for Life Conference, University Faculty for Life, Bronx
(NY) 2011, 247.
31

summenzionato si situa su un livello sociale e non antropologico80. Noi


sospettiamo invece che Tommaso si situi proprio su un livello
81
antropologico e, siccome nella sua sintesi la persona umana è
completamente radicata nell’ilemorfismo82, l’ipotesi che contempla la
perdita della dignità personale si adatta perfettamente alla visione
immanente di Aristotele 83. Secondo Tommaso, quindi, allorquando la
persona – che è copia perfetta dell’uomo aristotelico84 – si comporta in
maniera irrazionale, non solo si allontana dall’axioma della razionalità, ma
perde pure la sua umanità/dignità, meritando di essere trattata come una
bestia o come una cancrena che minaccia l’armonia del corpo sociale85. Una
simile conclusione può essere evitata a condizione che la persona venga
tenuta lontano delle regole ilemorfiche che vigono nella spazio
86
temporalità . Solamente in quest’ottica si può comprendere perché
«neppure l’omicida perde la sua dignità personale»87.
Paradossalmente il concetto di «dignità», anche se abbonda nella
letteratura giuridica, bioetica e religiosa e, nonostante possieda una forte

80 Cf. PINCKAERS Servais, The Pinckaers Reader. Renewing Thomistic Moral


Theology, The Catholic University of America Press, Washington, D.C., 2005, 161.
81 Cf. BLACK Peter, «Do Circumstances Ever Justify Capital Punishment?», in
Theological Studies 60 (1999) 338-339; cf. BRUGGER E. Christian, Capital Punishment
and Roman Catholic Moral Tradition, University of Notre Dame Press, Notre Dame
(IN) 2003, 26; cf. MEILAENDER Gilbert, «Human Dignity …», 33.
82 Cf. BRUGGER E. Christian, «Aquinas and Capital …», 366.

83 Cf. BLÁZQUEZ Niceto, «La pena de muerte según Santo Tomás y el abolicionismo
moderno», in Rivista Chilena de Derecho 10 (1983) 279, 284, 287-290, 315; cf.
MEGIVERN J. James, The Death Penalty. An Historical and Theological Survey, Paulist
Press, Mahwah (New Jersey) 1997, 119-120; cf. GONZÁLEZ-CARVAJAL SANTABÁRBARA
Luis, «La pena de muerte, un oprobio que persiste», in Sal Terrae 90 (2002) 551-552.
84 Cf. GRISEZ G. Germain, «Toward a Consistent Natural-Law Ethic of Killing», in
The American Journal of Jursiprudence 15 (1970) 68; cf. SEIFERT Josef, «Persons and
Causes …», 18-19.
85 Cf. FAGGIONI P. Maurizio, La vita nelle nostre mani, Edizioni Camilliane, Torino
20092, 157-158.
86 Cf. WOJTYŁA Karol, «Subjectivity and the Irreducible …», 109.

87 GIOVANNI Paolo II, Evangelium vitae (1995), n. 9; cf. FOSTER Charles, «Putting
dignity to work», in The Lancet 379 (2012) 2044-2045.
32

carica morale, è elusivo 88, non essendo chiaro «a partire da quali


caratteristiche l’uomo ne sia titolare»89. In effetti, tanto la Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo (1948), quanto i vari documenti giuridici,
bioetici o religiosi successivi, sembrano utilizzarlo come semplice scudo o
come trampolino per l’affermazione dei valori e dei diritti umani che
intendono proclamare, senza però garantirgli una robusta fondazione
teorica90. Il motivo di questa situazione pensiamo sia da attribuire
principalmente al distacco dell’uomo contemporaneo dalla meta-fisica,
sintomo d’altronde evidente già nel periodo in cui stava nascendo la famosa
Dichiarazione universale, quando i delegati dei vari Paesi – per superare
l’empasse causato dalle divergenze religiose e / o meta-fisiche – scelsero
come fondamento dei diritti dell’uomo la dignità umana, concetto
kantianamente più neutro rispetto agli altri due proposti, Dio e la legge
naturale91. Dunque, se nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti
d’America, scritta da Thomas Jefferson nel lontano 1776, il Creatore e la
legge naturale costituivano ancora la base dei diritti umani92, nella
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, presumibilmente per
ottenere il consenso dei popoli e delle culture di tutto il mondo, si preferisce

88 Cf. BAUMANN Peter, «Persons, Human Beings …», 6.


89 DI PIETRO Maria Luisa, MOLTISANTI Dino, «La dignità nel dibattito bioetico», in
SANNA Ignazio (ed.), Dignità umana …, 72; cf. BOHÓRQUEZ MONSALVE Viviana,
AGUIRRE Román Javier, «Tensions of Human Dignity: Conceptualization and
Application to International Human Rights Law», in International Journal of Human
Rights 6/11 (2009) 39.
90 Cf. TOSCANO Manuel, «Human Dignity as High Moral Status», in Les ateliers de
l’éthique / The Ethics Forum 6/2 (2011) 6-9.
91 Cf. PIZZORNIM. Reginaldo, Diritto etica e religione. Il fondamento metafisico del
diritto secondo San Tommaso d’Aquino, Edizioni Studio Dominicano, Bologna 2006,
478; cf. ARIELI Yehoshua, «On the necessary and sufficient conditions for the
emergence of the doctrine of the dignity of man and his rights», in KRETZMER David,
KLEIN Eckart (eds.), The concept of human dignity in Human Rights discours, Kluwer
Law International, The Hague-London-New York 2002, 7.
92 Cf. «A Declaration by the Representatives of the United States of America, in
General Congress assembled», in MICHAEL H. William, The Declaration of
Independence, Government Printing Office, Washington 1904, 88.
33

«il metalinguaggio di un ordine universale secolare»93, uno strumento


ermeneutico che avrà delle grave conseguenze pure per il classico
Giuramento di Ippocrate94. Malgrado ciò, siamo convinti che, per capire il
vero significato della dignità umana, non si può escludere la dimensione
«religiosa o metafisica»95. Si comprende, infatti, perché Benedetto XVI, nel
2008, anno in cui ricorreva il 60° anniversario dalla proclamazione della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ci tenne a sottolineare,
innanzi ai membri dell’Assemblea Generale dell’ONU, quali sono i
presupposti fondamentali affinché la dignità umana conservi la sua
inalienabilità: la trascendenza (nel senso forte del termine) e la legge
naturale razionale96.
Nello stesso anno, dapprima The President’s Council on Bioethics,
nell’antologia Human Dignity and Bioethics ed in seguito la Congregazione
per la Dottrina della Fede, nell’Istruzione Dignitas personae, cercarono di
riproporre all’oppinione pubblica l’importanza della dignità97, senza però
offrire una definizione esauriente, in grado di smontare le critiche98. The
President’s Council on Bioethics, infatti, avendo fatto un uso massiccio, nei
suoi reports, del concetto di «dignità», senza chiarirne il significato, fu
costretto99 a commissionare uno studio per fare più luce sull’argomento, ma,

93 ARIELI Yehoshua, «On the necessary …», 8. (trad. nostra)


94 Cf. PELLEGRINO D. Edmund, «Some Things Ought Never Be Done: Moral
Absolutes in Clinical Ethics», in Theoretical Medicine and Bioethics 26 (2005) 471,
478-479; cf. CDF, Dignitas personae (2008), n. 2
95 Cf. SPAEMANN Robert, Natura e Ragione. Saggi di antropologia, Edizioni
Università della Santa Croce, Roma 2006, 76.
96 Cf. BENEDETTO XVI, Ad Delegatos Nationum Unitarum (18 aprile 2008), in Acta
Apostolicae Sedis 100/5 (2008) 334.
97 Cf. KACZOR Christopher, «Philosophy and Theology Notes on Human Dignity»,
in The National Catholic Bioethics Quarterly, 9 (2010) 175.
98 Cf. MACKLIN Ruth, «Dignity is a useless concept», in BMJ 327 (2003) 1420; cf.
MEIR Dan-Cohen, «A Concept of Dignity», in Israel Law Review 44/9 (2011) 18-19.
99 Cf. PINKER Steven, «The Stupidity of Dignity», in The New Republic, published:
May 28, 2008, http://pinker.wjh.harvard.edu/articles/media/The%20Stupidity%20
of%20Dignity.htm, consultato il 15/11/2010; cf. CAPLAN Arthur, «Debating human
dignity», in The Lancet 375 (2010) 19.
34

poiché le opinioni degli esperti incaricati si rivelarono del tutto divergenti,


non fu possibile trovare una fondazione più solida100. La situazione non è
più promettente nemmeno nei documenti del Magistero della Chiesa. E la
ragione è ovvia: tendenzialmente ogni documento magisteriale prende di
mira delle situazioni concrete, ed i livelli semantici inglobati nei concetti
utilizzati non sono quasi mai delimitati in maniera ferrea ma, di volta in
volta, vengono contestualizzati a seconda delle provocazioni storiche.
Pensiamo sia sufficiente esemplificare con due brani magisteriali differenti.
Esempio n. 1: «A motivo della loro dignità, tutti gli esseri umani, in
quanto sono persone, dotate cioè di ragione e di libera volontà e perciò investiti
di personale responsabilità, sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale
tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione»101. Il
ragionamento qui sembrerebbe svilupparsi così: a) tutti gli esseri umani sono
degni; b) tutti gli esseri umani sono degni perché sono persone; c) persona è chi
è dotato di ragione, di libera volontà e di responsabilità102 e d) degne sono le
persone umane dotate di ragione, libera volontà e responsabilità. È evidente,
però, che il Magistero in questa circostanza, essendo interessato a puntualizzare
la libertà di coscienza religiosa, fa riferimento ad una dignità dinamica
(costatabile) la quale, in realtà, può essere molto precaria, addirittura assente,
nelle persone gravemente menomate o in chi si trova nella fase iniziale/finale
dell’esistenza103.

100 Cf. PELLEGRINO D. Edmund, «Letter of Transmittal to The President of The


United States», in THE PRESIDENT’S COUNCIL ON BIOETHICS (ed.), Human Dignity and
Bioethics, Washington, D.C., 2008, xi; cf. CAPLAN Arthur, «Debating human …», 19.
101 PAOLO VI, Dignitas humanae (1965), n. 2.

102 Cf. LOCKE John, An Essay Concerning …, vol. 2, 54; cf. DENNETT Daniel,
«Conditions of Personhood», in RORTY Oksenberg Amélie (edited by), The Identities of
Persons, University of California Press, Berkeley & Los Angeles 1976, 175-196.
103 Qui, dunque, il magistero «non cerca di definire la persona» ma «piuttosto
costata che tutti gli esseri umani sono persone e dunque dotati di queste facoltà
distintive. Non dice che soltanto coloro che possono effettivamente fare uso di queste
facoltà sono persone». LADARIA F. Luis, «Dignitas personae. Alcuni elementi di
antropologia», in StMor 47/2 (2009) 341, nota 4.
35

Esempio n. 2: «Si deve pure accennare a quella logica che tende a


identificare la dignità personale con la capacità di comunicazione verbale
ed esplicita e, in ogni caso, sperimentabile. È chiaro che, con tali
presupposti, non c’è spazio per chi, come il nascituro o il morente, è un
soggetto strutturalmente debole, sembra totalmente assoggettato alla mercé
di altre persone e da loro radicalmente dipende e sa comunicare solo
mediante il linguaggio di una profonda simbiosi di affetti»104. In questa
circostanza, invece, non si dà rilievo né alla ragione né alla libera volontà
né, infine, alla responsabilità e, malgrado ciò, ai soggetti viene riconosciuta
la dignità che spetta alle persone. Pur non essendo (ancora) in grado di
stabilire quando e perché un individuo umano diventa persona, il Magistero
è costretto, nel dubbio, a concedere una dignità inviolabile anche a questi
individui strutturalmente deboli, equiparandoli alle persone105. Tuttavia,
data la concezione ilemorfica di «persona» che il Magistero contemporaneo
predilige106, ci sembra arduo, se non addirittura impossibile, sperare di
provare su che cosa si fonda la dignità di un individuo gravemente
menomato, le cui potenzialità umane sono irrimediabilmente bloccate, a
meno che per «persona» non si intenda qualcos’altro.
La stessa Dignitas personae, sebbene ne faccia un uso abbondante
(33 volte), non sembra molto più illuminante. Secondo il bioeticista
americano Christopher Kaczor, infatti, l’Istruzione soffre di una grave
mancanza: tanto l’introduzione, quanto la prima sezione – ovvero proprio le
parti che dovevano costituire l’impianto teoretico – non sembrano godere di

104 GIOVANNI Paolo II, Evangelium vitae (1995), n. 19.


105 Cf. PETERS Ted, LEBACQZ Karen, BENNETT Gaymon, Sacred Cells? Why
Christians Should Support Stem Cell Research, Rowman & Littlefield Publishers, Inc.,
New York 2010, 141-149; cf. FULLAM Lisa, «A Response to Sacred Cells?», in
Theology and Science 9/4 (2011) 464; cf. TAMANTI Roberto, «L’embrione umano come
persona», in Ricerche Teologiche 23/1 (2012) 107.
106 Cf. RANKIN Mark, «The Catholic Church and Abortion: An Examination of
Immediate Animation and Hylomorphism», in THE INTERNATIONAL ACADEMIC FORUM,
The Asian Conference on Ethics, Religion & Philosophy (March 29-31 2013, Osaka), 41.
36

una gran forza persuasiva. La dignità umana, dunque, attraverso l’utilizzo di


sintagmi come imago Dei, l’incarnazione di Cristo o la partecipazione alla
natura divina, gode di una buona fondazione teologica107 ma, se si fa
astrazione del germinale suggerimento presente al n. 8 108, l’aspetto
filosofico è del tutto mancante109.
Luis Ladaria, segretario della Congregazione per la Dottrina della
Fede, giustifica così quest’austerità: «per evitare di dover entrare in
definizioni filosofiche e in discussioni che possono creare difficoltà, già nel
1987 nell’Istruzione Donum vitae, come nel 2008, si evita di entrare in
questo ambito di problemi, che può far sorgere dei malintesi»110. Qualcuno
pensa addirittura che
definire la dignità umana, allo stato attuale delle nostre
conoscenze, rischia di essere un’operazione deviante, se non inutile.
Per un verso, infatti, essa presuppone una presa di posizione su
questioni così universali e dunque problematiche come la natura
dell’uomo e della società; per un altro, qualunque definizione, anche
solo come ipotesi di lavoro, finirebbe, di fronte ad una realtà così
complessa, per essere inevitabilmente escludente, «intollerante» di
altre possibilità, di altri percorsi111.

107 Cf. KEANE Eamonn, «Dignitas Personae: Pro-Life and Pro-Science», in The
Thomas More Centre Bulletin 19/3 (2009) 3; cf. RAE Scott, «The Language of Human
Dignity in the Abortion Debate», in DILLEY Stephen, PALPANT J. Nathan (eds.), Human
Dignity in Bioethics: From Worldviews to the Public Square, Routledge, New York
2013, 221.
108 «Si deve escludere l’introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla
dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato della salute».
CDF, Dignitas personae (2008), n. 8.
109 Cf. KACZOR Christopher, «Anthropological, Theological and Ethical Aspects of
Human Life and Procreation (nn. 1-10)», in BRUGGER E. Christian (ed.), Symposium on
Dignitas personae, published in National Catholic Bioethics Quarterly 9 (2009) 466
467.
110 LADARIA F. Luis, «Dignitas personae …», 341; cf. THAM Joseph, «Human
Dignity in Dignitas Personae: Philosophical and Theological Reflections», in Studia
Bioethica 2/1 (2009) 16.
111 FILORAMO Giovanni, «La dignità e le tradizioni religiose», in SANNA Ignazio
(ed.), Dignità umana …, 60; cf. PLOCH Amanda, «Why Dignity Matters: Dignity and
the Right (or Not) to Rehabilitation from International and National Perspectives», in
International Law and Politics 44 (2012) 895-898.
37

Eppure, se si tiene conto dei due concetti sottolineati da Benedetto


XVI davanti all’Assemblea Generale dell’ONU nel 2008 – la trascendenza e
la ragione naturale (l’io meta-fisico e la mente) – siamo del parere che non
c’è più bisogno di restare sul vago, facendola sembrare un «dogma etico»112,
uno stratagemma113.
Il concetto di «dignità» infatti non è autonomo, disceso dal mondo
delle idee, bensì è l’espressione etica di un volto meta-fisico (dignitas
personae)114; per cui, anche nell’eventualità che tale concetto fosse scartato
quale fondamento dei diritti dell’uomo, il valore che esso attualmente
ingloba non potrà essere annullato, poiché è la persona stessa il soggetto di
tale valore. Soltanto l’umano di una persona, in effetti, può essere ucciso e
cancellato, ma non il suo nucleo meta-fisico («minimal-person»115), che è
inviolabile116 (cf. Mt 10,28117).

1.2 CHE COS’È UNA VISIONE DEL MONDO?

Qualsiasi individuo umano, cosciente di sé, ha necessariamente una


visione del mondo. Il mondo di un bambino si identifica fondamentalmente

112 Cf. HAUSKELLER Michael, «Believing in the Dignity of Human Embryos», in


Human Reproduction and Genetic Ethics 17/1 (2012) 63.
113 Cf. KUHSE Helga, «Is there a Tension between Autonomy and Dignity?», in
KEMP Peter et al. (eds.), Bioethics and Biolaw, vol. 2, Four ethical principles, Rhodos
International Science and Art Publishers and Centre for Ethics and Law, Copenhagen
2000, 74.
114 Cf. D’SOUZA Dinesh, What’s So Great About Christianity, Regnery Publishing,
Washington, D.C., 2007, 56.
115 Cf. HELM Paul, «A theory of disembodied survival and re-embodied existence»,
in Religious Studies 14/1 (1978) 16; cf. SUDDUTH Michael, Immortality: Empirical
Arguments for Postmortem Survival, articolo di prossima pubblicazione su Internet
Encyclopedia of Philosophy (http://www.iep.utm.edu/).
116 Cf. CDF, Dignitas personae (2008), n. 6; cf. SCDF, Dichiarazione sull’aborto
procurato (1974), n. 9; cf. ID., Lettera su Alcune questioni concernenti l’escatologia
(1979), chiarificazione n. 3.
117 Cf. BUCHHOLD Jacques, «L’“âme” et la continuité de la personne dans la mort»,
Théologie Evangélique 8/1&2 (2009) 90-91.
38

con i sui genitori, che lo amano, lo curano, lo nutrono ecc. Il mondo di un


giovane, invece, a mano a mano che le sue possibilità conoscitive
aumentano, si allarga ed assume la forma di una fitta rete di relazioni di
amicizia. L’eventuale morte di una figura cara non è più, come per un
bambino, una “gita”, ma è un evento che solleva delle domande personali:
«Chi siamo?», «Da dove veniamo?», «Dove andiamo quando moriamo?»,
ecc. Se non si ha una visione del mondo, ossia una chiave ermeneutica
personale, è impossibile rispondere a simili domande. Inoltre, anche il modo
in cui percepiamo la dignità umana dipende dalla nostra visione del
mondo 118 , poiché «ogni etica è la conseguenza di una determinata
concezione dell’uomo, ed ogni concezione dell’uomo è la conseguenza di
una determinata concezione della realtà; dell’essere nella sua totalità»119.
Una visione del mondo, dunque, è un insieme di risposte a delle questioni
che riguardano l’esistenza e il senso dell’universo e, particolarmente, la
posizione della persona umana nel cosmo120 o, meglio ancora, è il tentativo
di rispondere alle tre domande kantiane: «Che cosa posso sapere?», «Che
cosa devo fare?», «Che cosa ho diritto di sperare?»121.
Se da una parte è vero che la tecné ha reso la mente dell’ominide più
penetrante, umanizzandola, rendendola capace di immaginare innumerevoli
soluzioni, non dobbiamo dimenticare però che la nostra mente attuale è
infinitamente piccola rispetto all’immensità dell’universo, per non parlare

118 Cf. PERSSON Ingmar, SAVULESCU Julian, «The Meaning of Life: Science,
Equality and Eternity», in TETSUJI Uehiro (edited by), Ethics for the Future of Life,
Proceedings of the 2012 Uehiro-Carnegie-Oxford Ethics Conference, Oxford Uehiro
Center for Practical Ethics, Oxford 2013, 109-124.
119 ROVIGHI Vanni Sofia, Elementi di filosofia, vol. 3, La Scuola, Brescia 1976, 216.

120 Cf. SIREW. James, The Universe Next Door, InterVarsity Press, Downers Grove
(IL) 20044, 9; cf. TAUBER I. Alfred, Science and the …, 172.
121 Cf. SEIFERT Josef, The critical role of Weltanschauung. Axiological reflections,
Boston, 20th World Congress of Philosophy 1998, http://www.iap.li/
oldversion/site/research/Seifert/Weltanschauung.pdf, consultato il 20/10/2010.
39

della realtà nel suo insieme122. Il senso del mondo, come bene ha intuito
Wittgenstein, non è immediatamente accessibile alla nostra mente, ma è
religioso, sta fuori. Cioè dipende da una Sorgente personale eterna.
Contrariamente a quello che solitamente si pensa, l’uomo non può
vivere senza fidarsi né può conoscere senza assumere degli assiomi
indimostrabili perché «la fede e la ragione sono come due ali con le quali lo
123
spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità» .
L’intuizione, pertanto, non è un accessorio di cui ci si può sbarazzare, ma è
parte integrante della nostra mente124: è una forza che spinge la ragione a
trascendere i propri limiti e a rinfrescare la propria visione del mondo.
L’uomo è religioso per natura125.
Lo stesso Paolo era consapevole che l’uomo, nella sua condizione
terrena, ha necessariamente una visione del mondo la quale, però, non
corrisponde del tutto alla realtà in sé: «Ora vediamo come in uno specchio
in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo
imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono
conosciuto» (1Cor 13,12).
Non sta a noi, infatti, avere o meno una visione del mondo; essa è
già implicita nella nostra mente 126. Il tipo di visione del mondo che
coltiviamo, tuttavia, può essere frutto di una nostra scelta e può avere delle
conseguenze sul nostro modo di vedere la dignità umana. Così, se il «sacro»
permette all’uomo di fondare il mondo, gli consente cioè di trovare un punto
fermo, un’axis mundi, il «profano» lo relativizza trasformandolo in una

122 Cf. LANZA Robert, Biocentrism. How Life and Consciousness are the Keys to
Understanding the True Nature of the Universe, Benbella, Dallas (TX) 2009, 8.
123 GIOVANNI Paolo II, Fides et ratio (1998), Introduzione.

124 Cf. BELSHAW Christopher, 10 good questions about life and death, Blackwell
Publishing, Malden (MA)-Oxford-Carlton 2005, 4.
125 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio, Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 2005, n. 2.
126 Cf. JUNG Carl Gustav, Memories, Dreams, Reflections (recorded and edited by
JAFFÉ Aniela),Vintage Books, New York 1989, 300.
40

massa amorfa, frammentaria e neutra 127 . L’uomo religioso,


indipendentemente dal contesto storico da cui proviene, crede sempre
nell’esistenza di
una realtà assoluta, il sacro, che trascende questo mondo,
ma manifesta se stesso in questo mondo, in tal modo santificandolo e
rendendolo reale. Egli crede, inoltre, che la vita abbia un’origine sacra
e che l’esistenza umana realizza tutte le sue potenzialità nella misura
in cui è religiosa, cioè partecipa alla realtà128.

L’uomo profano, invece, rifiuta la trascendenza129, pensando che


«diventerà se stesso solamente quando» si sarà «totalmente
demistificato»130. La religiosità genuina «risolve le crisi» e apre l’esistenza
«a dei valori che non sono più contingenti o particolari» offrendo accesso
«al mondo dello spirito» 131; la religiosità profana, al contrario, cerca
disperatamente di rinchiudere la trascendenza nell’immanenza, senza
riuscirne totalmente, perché la propensione dell’uomo verso l’infinito non
può essere affatto supplita dalle esigenze immediate di una comunità globale
sempre liquida 132. Malgrado ciò, in un mondo ormai desacralizzato,
considerato come un universo tra tanti altri, l’uomo è sempre più tentato a
concentrare le sue energie per raggiungere delle finalità pratiche 133,
mettendo tra parentesi la moralità.
Con l’intensificazione del fenomeno della globalizzazione, infatti,
caratterizzata dalla sovraterritorialità, libero mercato, ecc., il bisogno di una
nuova etica, globale, è stato trasposto nel cosiddetto Nuovo Paradigma. Si
tratta di una filosofia massificante, basata su una serie di elementi ideologici

127
Cf. ELIADE Mircea, Il sacro e il profano, Paolo Boringhieri, Torino 1967, 25-28.
128 Ibid., 159.
129 Cf. MOUROUXJean, Sens chrétien …, 16.

130 Cf. ELIADE Mircea, Il sacro …, 159.

131 Cf. ibid., 165.

132 Cf. BAUMANZygmunt, Consuming Life, Polity Press, Cambridge & Malden MA
2007, 104; cf. CLARK E. Mary, In search of human …, 190.
133 Cf. ARENDT Hannah, The human condition, The University of Chicago Press,
Chicago & London 19982, 320-321.
41

– come l’eclettismo, lo storicismo, lo scientismo, il pragmatismo ed il


nichilismo – fortemente promossa da ONU e dalle sue agenzie specializzate,
OMS e UNESCO, ma anche dalle sue organizzazioni non governative, cioè:
«Women’s Enviroment and Developement Organization», «Earth Council
Greenpeace» ed «International Planned Parenthood Federation»134. E poiché
i pilastri del Nuovo Paradigma, cioè lo sviluppo sostenibile, la qualità della
vita, i nuovi valori e principi bioetici (l’autonomia, la benevolenza e la
giustizia), sono il frutto di una visione del mondo immanente135, è ovvio che
pure la dignità umana sarà connessa a qualche capacità umana, come per
esempio la ragione la quale, sebbene aspiri al’onnipotenza136, si rivela
sempre più fragile e fallace137.
La visione del mondo che sta alla base del Nuovo Paradigma non ci
sembra molto estranea a quella promossa dal biologo evoluzionista Julian
Huxley (1887-1975), il primo direttore generale dell’UNESCO (1946-1948)138,
il quale, nell’opuscolo L’Unesco: ses buts et sa philosophie, affermava,
appunto, che all’UNESCO non bastava avere delle finalità e degli obiettivi ben
definiti, ma, per sopravvivere, doveva assumere una concezione filosofica che
le avrebbe permesso di guardare la realtà da un unico punto di vista.
L’UNESCO doveva escludere dalla sua ipotesi di lavoro qualsiasi concezione
di vita fondata sulle dottrine proposte dalle religioni tradizionali e, dal momento
che il suo compito principale era quello di promuovere l’educazione, la scienza
e la cultura, doveva rinunciare per principio ad ogni tipo di dualismo,

134 Cf. BARRAGÁNJavier Lozano, Metabioetica e biomedicina. Sintesi di principi e


applicazioni, Editrice Velar, Città del Vaticano 2005, 37; cf. PEETERS A. Marguerite, La
nuova etica globale: sfide per la Chiesa, Institute for Intercultural Dialogue Dynamics,
2006, 1-20.
135 Cf. OXLEY Greg, «A materialist vision of the afterlife», in The Unesco Courier,
March 1998, 25-28.
136 Cf. SCHWARTZ Barry, «The Tyranny of Choice», in Scientific American 290/4
(2004) 71-75.
137 Cf. PAOLO VI, Populorum progressio (1967), n. 42.

138 Cf. KOVÁC Ladislav, «Science, an essential part of culture», in EMBO reports
7/2 (2006) 128-129.
42

specialmente alla credenza in un’altra vita139. L’immagine di dignità umana che


emerge dalla filosofia di Julian Huxley e dal Nuovo Paradigma non può essere
che immanente ed elitaria, l’esito di una visione del mondo materialistica140.
Non è un caso che il filosofo britannico Derek Parfit, in un articolo del
1991, si chiedeva se l’esistenza o l’inesistenza di Dio avrebbe fatto qualche
differenza dal punto di vista morale141. E la risposta è ovvia: l’inesistenza di
Dio cambia, senz’altro, la nostra visione antropologica, nel senso che la dignità
verrebbe a coincidere con le qualità intellettuali e fisiche dell’individuo
umano142. Infatti l’affermazione della Dignitas personae secondo cui «non c’è
contrapposizione tra l’affermazione della dignità e quella della sacralità della
vita umana»143, può essere valida solo a condizione che la fede in Dio sia
ragionevole, altrimenti la sacralità sarebbe un surrogato per nulla diverso da
una dignità arbitrariamente attribuita. L’ipotesi dei molti mondi (multiverso),
menzionata da Parfit nello stesso articolo, con l’intento di privare l’etica di
qualsiasi base sovrannaturale144, per quanto possa essere vera, non fa altro che
allargare ulteriormente il nostro classico concetto di universo145. Ora, se

139 Cf. HUXLEY Julian, L’Unesco: ses buts et sa philosophie, Commission


Préparatoire de l’Organisation des Nation Unies pour l’Education, la Science et la
Culture, London 1946, 8.
140 Cf. GIOVANNI Paolo II, Fides et ratio (1998), n. 46; cf. SANJAY Seth, «Where is
humanism going?», in The Unesco Courier, October-December 2011, 6.
141 Cf. PARFIT Derek, «Why Does the Universe Exist?», in The Harvard Review of
Philosophy 1 (1991) 5. (trad. nostra)
142 Cf. PELLEGRINO D. Edmund, «The Lived Experience of Human Dignity», in THE
PRESIDENT’S COUNCIL ON BIOETHICS (ed.), Human Dignity …, 517.
143 CDF, Dignitas personae (2008), n. 7.

144 Cf. PARFIT Derek, «Why Does …», 5.

145 Cf. COYNE V. George, «Evolution and Intelligent Design. Who Needs God?», in
SECKBACH Joseph & GORDON Richard (edited by), Divine Action and Natural Selection.
Science, Faith and Evolution, World Scientific, Singapore 2009, 10-11; cf.
BELARDINELLI S., «Natura in senso cosmologico, biologico, antropologico ed
ecologico», in PAV, Natura e dignità della persona umana a fondamento del diritto
alla vita. Le sfide del contesto culturale contemporaneo, Atti dell’ottava Assemblea
generale della Pontificia Accademia per la Vita (Città del Vaticano, 25-27 febbraio
2002), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2003, 69; cf. CTI, «Comunione e
servizio. La persona umana creata a immagine di Dio» (2004), n. 67.
43

l’universo è troppo complesso per la nostra ragione, si deve forse concludere


che è privo di senso e che i valori devono essere frutto della nostra libertà
assoluta, come lasciano intendere certe correnti di pensiero che rifiutano la
trascendenza?146 L’espressione biblica «creazione ex nihilo», «a prescindere
dall’accezione che tale nozione di creatore possa assumere»147, ci ricorda che
Dio è la causa meta-fisica dell’universo. Sottraendo Dio dalla nostra visione
del mondo, avremo un uomo intelligente, magari anche robusto, ma meta
fisicamente disorientato, incline a rispecchiarsi nella propria immagine ed in
preda alla disperazione per ogni fallimento148.
Giovanni Paolo II, d’altronde, era cosciente che l’uomo, allorquando
abbandona la ricerca della verità trascendente e ripone la sua fiducia nella
sola ragione, «resta in balia dell’arbitrio e la sua condizione di persona
finisce per essere valutata con criteri pragmatici basati essenzialmente sul
dato sperimentale»149. La scienza, giustamente, cerca delle spiegazioni per i
fenomeni che studia, però, dato che si basa su un sistema assiomatico, le sue
spiegazioni arrivano solo fino ad un certo grado di profondità. La scienza
non può dirci, ad esempio, qual è il senso del mondo150 né può stabilire qual
è la ragione ultima della dignità della persona umana151.
Ciononostante «non mancano rappresentanti della filosofia e della
scienza che considerano il crescente sviluppo delle tecnologie biomediche in
una prospettiva sostanzialmente eugenistica»152, atteggiamento che indica

146 Cf. GIOVANNI Paolo II, Veritatis splendor (1993), n. 32.


147 COYNE V. George, «Evolution and …», 534. (trad. nostra)
148 Cf. FINNIS John, «Beyond the encyclical», in WILKINS John (edited by),
Understanding Veritatis Splendor. The Encyclical Letter of Pope John Paul II on the
Church’s moral teaching, Society for Promoting Christian Knowledge, London 1994,
72.
149 GIOVANNI Paolo II, Fides et ratio (1998), n. 5.

150 Cf. AERTS Diederik et al., World Views From fragmentation to integration,
Internet Edition 2007 (originally published by VUB Press, Brussels 1994), 15-16,
http://www.vub.ac.be/CLEA/pub/books/worldviews.pdf, consultato il 02/09/2010.
151 Cf. TAUBER I. Alfred, Science and the …, 173.

152 CDF, Dignitas personae (2008), n. 2.


44

una visione del mondo immanente 153 ed un concetto di dignità umana


contingente154. Per questa ragione qualcuno si è spinto fino a considerare la
Dignitas personae «un elogio della vita malata, subita, debilitata, che
obbliga i genitori a trasmettere le loro malattie genetiche ai figli ed i figli ad
accettare questo fardello»155.

153 Cf. MORELAND Porter James, Kingdom Triangle: Recover the Christian Mind,
Rennovate the Soul, Restore the Spirit’s Power, Zondervan, Grand Rapids (MI) 2007,
46-58.
154 Cf. MCLAREN Anne, «A Scientist’s View of the Ethics of Human Embryonic
Stem Cell Research», in Cell Stem Cell 1 (2007) 23-24; cf. SZOSTEK A., «La questione
antropologica: esiste la verità assoluta sull’uomo?», in PAV, Natura e dignità …, 42.
155 MULLER Charles, Dignitas Personae: Instruction pour la conservation en l'état
du parc humain, postato il 13/12/2008, http://we-the-mutants.blogspot.com/2008/12/
dignitas-personae-instruction-pour-la.html, consultato il 15/12/2010 (trad. nostra).
CAPITOLO II
LETEORIE E LA FONDAZIONE DELLA DIGNITÀ UMANA

La gente, nella vita di tutti i giorni, spesso parla di soggettività o


oggettività. Affermare che qualcuno è soggettivo nei suoi giudizi significa
che le sue conclusioni non riflettono la realtà dei fatti, mentre, al contrario,
quando qualcuno descrive i fatti così come sono, diciamo che è oggettivo. In
senso stretto, tuttavia, nessuno può descrivere la realtà oggettivamente
perché i filtri della nostra soggettività rielaborano continuamente le realtà
esterna in base a delle necessità umane, anzi, individuali, cosicché, il più
delle volte, ci capita di vedere o di sentire solamente ciò che la nostra mente
sceglie di vedere o di sentire156. L’ermeneutica è inscritta nella nostra
biologia. Noi, come tutti i viventi, siamo ermeneuti per nascita, cioè
originali e selettivi nel nostro modo di percepire il mondo. Il modo in cui un
pipistrello o un cane percepisce il mondo non è accessibile alla nostra
soggettività157 e la realtà in sé differisce infinitamente dalla realtà percepita
da un pipistrello o da un individuo umano.
Quand’è, allora, che si è oggettivi nonostante la soggettività? Si è più
oggettivi quando si ammette che la realtà è più di quanto noi riusciamo a
comprendere158 e, viceversa, si è soggettivamente riduttivi quando si usano
dei criteri generalmente validi, ma discriminanti e non sufficienti, per
esprimere tutta la verità della realtà considerata159.

156 Cf. BRAUDE E. Stephen, «Personal Identity and Postmortem Survival», in Social
Philosophy and Policy 22/2 (2005) 229-230; cf. LOKAJÍČEK V. Miloš,
«Phenomenological and Ontological Models in Natural Science», in Concepts of
Physics 4 (2007) 659.
157 Cf. THOMAS Nagel, «What Is It Like to Be a Bat?», in The Philosophical Review
83/4 (1974) 435-450; cf. DEMELLO Margo, Animals and Society. An Introduction to
Human-Animal Studies, Columbia University Press, New York 2012, 19.
158 Cf. MARCEL Gabriel, La dignité humaine et ses assises existentielle, Aubier,
Paris 1964, 128-129.
159 Cf. TAUBER I. Alfred, Science and the …, 183.
46

Abbiamo diviso, perciò, questo capitolo in due sottocapitoli,


ciascuno con le proprie sottodivisioni: la dignità soggettiva e la dignità
oggettiva. Aver incluso, oltre a Platone, anche Aristotele, Cicerone,
Hobbes, Kant, e Pico della Mirandola tra i teorici della dignità soggettiva,
potrebbe sembrare sconcertante, ma se volessimo individuare quale sia
l’elemento fondante della dignità umana in tutti questi autori, ci renderemo
conto che esiste un unico filo rosso che attraversa le rispettive antropologie:
la razionalità160. La razionalità ha contribuito senz’altro alla comparsa della
specie umana e continua a caratterizzarci in quanto individui umani161 ma,
se considerato criterio unico di attribuzione della dignità, si trasforma in
un elemento soggettivo e discriminante. Così, degno è soltanto l’individuo
che appartiene alla specie umana, ed appartiene alla specie umana solamente
chi usa comportarsi secondo le regole degli uomini.
Quindi, se il compito della dignità è soltanto quello di difendere
ulteriormente chi per natura è già favorito – senza badare minimamente a
schiavi, donne, concepiti indesiderati, individui gravemente menomati o
delinquenti – non si capisce affatto che cos’è che la fa così carica di valore
per la contemporaneità. Invece, se è vero che la realtà supera infinitamente
la nostra capacità interpretativa e che ci sono delle dimensioni inafferrabili
per la nostra mente spazio-temporale162, accettare che la dignità dell’uomo
dipenda da una Fonte invisibile e che si fondi sull’immortalità dell’anima
personale di ciascun individuo umano 163 è segno di una maggiore

160 Cf. KORSGAARD M. Christine, «Aristotle and Kant on the source of value», in
Ethics 96/3 (1986) 498-500.
161 Cf. WOJTYŁA Karol, «Subjectivity and the Irreducible …», 108-109.

162 Cf. JUNG Carl Gustav, Memories, Dreams …, 300-301.

163 «[…] d’une plus noble essence / Nostre esprit est formé, lequel a retenu / Le
naturel du lieu duquel il est venu. / Or, tout ainsi que Dieu en variant exerce, / Estant
seul, simple et un, sa puissance diverse, / Et se monstre admirable en ce grand Univers/
Pour la varieté de ses effects divers / Ainsi nostre âme seule, image tres-petite / De
l’image de Dieu, le Tout-Puissance imite». DE RONSARD Pierre, «L’Excellence de
l’Esprit de l’Homme», in Œvres Complètes, tome VI, Libraire A. Franck, Paris 1866,
234-235; cf. RIBAS ALBA M. José, Persona: desde …, 24.
47

oggettività, nel senso che la nostra realtà spazio-temporale implica


necessariamente un livello di realtà meta-fisico. Affermava a proposito
Giovanni Paolo II: «[…] la realtà e la verità trascendono il fattuale e
l’empirico»; ciononostante l’uomo conosce «questa dimensione
trascendente e metafisica in modo vero e certo, benché imperfetto ed
analogico»164.

2.1 LA DIGNITÀ SOGGETTIVA

La dignità umana, secondo la bioeticista Ruth Macklin, funge da


barriera per gli sguardi curiosi ed i suoi difensori non fanno altro che
servirsi di «nozioni o semplici slogan che non aggiungono nulla alla
comprensione del tema»165.
Letta in questo modo, la dignità equivale ad una scappatoia o ad un
tappabuchi. Se la dignità soggettiva dovesse interpretarsi soltanto in questo
senso, Macklin avrebbe ragione a negarla ma, secondo noi, essa ha creato,
filogeneticamente, i presupposti per la manifestazione della dignità
ontologica (inalienabile). In un certo senso il famoso sociologo Bauman è
corretto quando sostiene che la dignità sia un’invenzione umana: i cani ed i
ratti non ne sanno niente. Pensare, infatti, che la dignità sia «l’umanità
dell’uomo»166 è senz’altro una conquista antropologica importante. Questa
167
trascendenza dal basso , tuttavia, non è sufficiente a salvarci
dall’immanenza.

164 GIOVANNI Paolo II, Fides et ratio (1998), n. 83.


165
MACKLIN Ruth, «Dignity is a useless...», 1419. (trad. nostra)
166 Cf. BAUMAN Zygmunt, «Childhood of human dignity», in Dialog and
Universalism, n. 6, 2003, 95.
167 Cf. IONESCU Nae, Tratat de metafisică [Trattato di metafisica], Editura Roza
Vânturilor, Bucureşti 1999, 46, 47.
48

2.1.1 La dignità socialmente attribuita

La dignità socialmente attribuita è quel valore che gli esseri umani


conferiscono agli altri esseri umani attraverso un gesto d’attribuzione. La
dignità attribuita – essendo una forma di valore convenzionale – è, in un
certo senso, inventata, poiché si tratta di un valore che noi assegniamo a
coloro che noi ammiriamo per la loro intelligenza, talenti, poteri o abilità168.
Una delle caratteristiche più comuni della dignità socialmente
attribuita è la sua emanazione dall’incontro tra due o più individui umani.
Tutto si gioca tra i due termini del processo sociale, cioè tra il singolo, da
una parte, e gli altri individui del contesto sociale, da un’altra parte, per cui
la dignità/indegnità del primo sembra dipendere dal riconoscimento/rifiuto
da parte degli altri e dalla sua inclusione/esclusione ad interno della stessa
realtà sociale. Praticamente la dignità del singolo può aumentare, diminuire
o, addirittura, volatilizzarsi a seconda delle opinioni degli altri individui che
abitano nello stesso contesto sociale, rendendo la stessa nozione di dignità
sociale sospetta169.
Nell’antica Grecia e a Roma la dignità aveva un carattere
inegualitario, basato sulla manifestazione di caratteristiche esteriori, come la
forza fisica o la saggezza intellettuale170. I greci, infatti, secondo la Arendt,
inizialmente guardavano l’autorità da due angolature deficitarie: da una
parte cercavano di risolvere le faccende interne della polis attraverso
«l’ordine egualitario della persuasione», mentre dall’altra, quando si trattava
di problemi esteri, facevano uso della violenza. Platone, però, dopo la morte
di Socrate, aveva capito che, per guidare la gente con autorità, non bastava
né la forza della persuasione né quella della violenza, ma necessitava la

168 Cf. SULMASY P. Daniel, «Dignity and Bioethics: History, Theory, and Selected
Applications», in THE PRESIDENT’S COUNCIL ON BIOETHICS (ed.), Human Dignity …,
472.

169 Cf. ZÚÑIGA Gloria, «An Ontology of Dignity», in Metaphysica 5/2 (2004) 121.
170 Cf. KELNER F. John, «Human Dignity», in POST G. Stephen (edited by),
Encyclopedia of Bioethics, vol. II, Macmillan, New York 20043, 1193.
49

forza della verità. Però questa «coercizione della ragione» soffriva di un


grosso difetto: solo pochi l’avrebbero accettata, mentre il resto, la grande
massa, si sarebbe messa in disparte171.
L’immagine del filosofo che ama contemplare la verità172 si rivela
del tutto inefficace allorquando bisogna sporcarsi le mani nelle faccende
della res pubblica173, perciò, decreta il nostro filosofo, «ai governanti della
città […] può concedersi l’uso della menzogna nei confronti dei cittadini o
di nemici, per il bene dello stato: gli altri se ne devono astenere»174. Ed è
così che ne La Repubblica Platone adotta il mito delle ricompense e delle
punizioni nell’aldilà, «un mito in cui, ovviamente, […] non ci credeva»175,
oppure il mito fenicio, dichiaratamente falso, utilizzato per la legittimazione
politica, per mezzo del quale spera di far credere ai governanti e agli altri
cittadini che Dio ha creato tre classi di uomini: i migliori, di oro, i secondi,
di argento, ed il resto del gregge, di bronzo e ferro176.
Nelle Leggi, invece, la sua ultima opera, dopo aver sofferto in prima
persona la violenza del tiranno Dionigi II di Siracusa, egli fa il passaggio
dall’autorità del re-filosofo al dominio di una ragione impersonale
(rappresentata dalle leggi) la quale, negando che sia l’uomo o Dio la misura

171 Cf. ARENDT Hannah, «What is Authority?», in BAEHR PETER (edited by), The
Portable Hannah Arendt, Penguin Books, New York 2000, 463-464,475.
172 Cf. PLATONE, Repubblica, 475e.

173 Cf. STEWARTJ. A., Myths of Plato, Macmillan & Co, London 1905, 57-58.

174 PLATONE, Repubblica, 389b.

175 ARENDTHannah, «What is Authority?»,475 (trad. nostra); cf. MACKENZIE Mary


Margaret, Plato on punishment, University of California Press, Los Angeles 1981, 236;
cf. KELSEN Hans (collected essays by), What is justice? Justice, law, and politics in the
mirror of science, The Lawbook Exchange, Union (New Jersey) 2000, 100-101; cf.
PARTENIE CĂTĂLIN, «Plato’s Myths», in The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall
2009 Edition), Edward N. Zalta (ed.), http://plato.stanford.edu/archives/fall2009/
176 Cf. PLATONE, consultato
entries/plato-myths/, il 22/03/2011.
Repubblica, 414d-e, 415a-c.
50

della realtà, si appella al bene ideale, frutto della dottrina delle idee, essa
stessa verosimilmente adottata per facilitare l’autorità in campo politico177.
Ora, il progresso può essere approssimato al bene ideale solo a patto
che si faccia un uso effettivo della ragione la quale, a sua volta, per
sussistere, ha bisogno di una base biologica sana178. Platone è un sostenitore
dell’ascesi semplicemente per domare le varie classi sociali della polis; in
altre parole è la sua visione etico-politica179 a generare il dualismo, e non
viceversa180. Questa visione, per quanto apparentemente regolata dalle Idee,
non può fare a meno del «naturalismo biologico», poiché il suo vero scopo
non è altro che quello di «difendere una disuguaglianza naturale e sociale tra
gli uomini»181. Secondo Karl Popper, «il suo storicismo idealista poggia non
su una base spirituale, ma su una biologica, […] una sorte di meta-biologia
della razza umana»182. La dignità dell’uomo nella weltanschauung platonica
è elitaria, riservata a pochi individui favoreggiati dalla natura, in modo
speciale al filosofo, l’unico a rendersi conto che il mondo è una caverna e
che l’unico modo per accedere alla verità è la contemplazione delle idee.
In Platone, quindi, la dignità dell’uomo diventa sinonimo di
un’esercitazione visibile della razionalità la quale, essendo distribuita in
modo diseguale tra gli individui, può essere esaltata, abbassata 183 o,
addirittura, negata, com’è il caso dei figli nati da genitori di condizione
inferiore o con malformazioni, che devono essere esclusi dalla società e

177 Cf. POPPER K. R., The open society and its enemies, vol. I, The spell of Plato,
George Routledge & Sons, London 1945, 130.
178 Cf. PLATONE, Timeo, 88b-c.

179 Cf. MAN E. William, «Plato», in CAHN M. Steven (edited by), Classics of
Western Philosophy, Hackett Publishing Company, Indianapolis 20026, 2.
180 Cf. RUSSELL Bertrand, History of Western Philosophy and its Connection with
Political and Social Circumstances from the Earliest Times to the Present Day, George
Allen and Unwin, London 1946, 164.
181 PELE Antonio, Human Dignity in Philosophy and History (September 1, 2006),
http://ssrn.com/abstract=1619983, consultato il 13/11/2010, 43. (trad. nostra)
182 POPPER K. R., The open society...,75. (trad. nostra)

183 Cf. PLATONE, Repubblica, 590c.


51

abbandonati in un luogo segreto184, un modo eufemistico per far riferimento


all’infanticidio 185 . Uno tra tanti aspetti problematici della dignità
socialmente attribuita è che gli individui che vivono alla Robinson Crusoe,
come gli autistici o i comatosi, pur presenti fisicamente nella società,
psicologicamente ne risultano estraniati186, per non parlare degli embrioni
umani i quali, in assenza di una struttura che dimostri un’individualità
psico-somatica, rischiano di essere soppressi per ragioni di qualità della vita
o nel nome del progresso scientifico. La dignità socialmente attribuita, in
realtà, è per sua natura propesa a cedere alla tentazione del relativismo187
perché l’uomo, essendo diviso tra l’ideale di una conoscenza oggettiva della
verità ed un inconscia spinta manipolativa, solitamente risolve questo
dualismo mentale sciogliendo la verità, rendendola soggettivamente
digeribile, magari a spese degli altri.
Nemmeno Aristotele, sebbene – a differenza del maestro Platone –
ritenga che le forme coabitino con la materia (evitando così la
sostanzializzazione degli universali), non riesce ad evitare il dualismo
antropologico. La semplice constatazione secondo cui l’uomo «è il più
intelligente degli animali»188, essendo l’effetto di un’osservazione empirica,
implica un’attribuzione soggettiva e fallibile, legata a delle qualità o
manifestazioni esteriori189. L’individuo umano, in base ad un tale metro
assiologico, può essere collocato in un’infinità di posizioni tra l’animalità e

184 Cf. ibid., 459d-460c.


185 Cf. RANKINH. D., Plato and the individual, Butler & Tanner, London 1964, 46
(nota 22), 150; cf. AJAVON François-Xavier, «Trois exemples historiques d'eugénisme
avant Galton (1883): Platon, Soranos & Vandermonde (I ère partie)», Vesalius XI/2
(2005) 73; cf. LU Mathew, «Aristotle on Abortion and Infanticide», in International
Philosophical Quarterly 53/1 (2013) 57.
186 Cf. ZÚÑIGA Gloria, «An Ontology …», 122.

187 Cf. PLATONE, Repubblica, 460b.

188 ARISTOTELE, L’anima, 421a.

189 Cf. WOJTYŁA Karol, «Subjectivity and the Irreducible …», 108.
52

190
la razionalità , il che comporta una dignità paradossale, mai
oggettivamente definibile191.
In Aristotele non è l’idea d’umanità comune a primeggiare, ma
quella d’appartenenza alla polis (cittadinanza), esclusiva ed escludente192,
basata su fattori politici, economici e sociali193. La donna, per esempio,
appare «come un maschio menomato»194, con un cervello di dimensioni più
piccole 195 , dotata di una capacità deliberativa inferiore a quella
dell’uomo196.
Gli schiavi, poi, eccetto coloro resi tali per mezzo di leggi ingiuste,
sono considerati «strumenti animati», cioè parti vive del corpo dei loro
padroni, privi della capacità deliberativa, ma utili per rendere efficaci le
azioni di questi ultimi197.
Aristotele promuove, inoltre, l’infanticidio in caso di deformità e
l’aborto nel caso dei concepiti fuori dai tempi stabiliti dalla legislazione
della polis (in quest’ultimo caso, però, prima che il feto abbia acquisito la
sensibilità e la vita)198. Per quanto riguarda l’eutanasia, quando si tratta
d’individui umani che non hanno perso l’uso della ragione, Aristotele ne è
contrario perché la ragione presuppone tanto l’esercitazione della virtù,
quanto l’appartenenza ad un contesto sociale dal quale non se ne può

190 Cf. CAVALIERI Paola, The Animal Question …, 76.


191 «[…] anche nella specie umana, ci sono ben dotati e mal dotati […]. Coloro che
hanno la carne dura sono mal dotati quanto al pensiero; quelli invece dalla carne tenera
sono ben dotati». ARISTOTELE, L’anima, 421a.
192 Cf. LEAR Jonathan, Open Minded: Working Out the Logic of the Soul, Harvard
University Press, Cambridge, Massachusetts & London 1998, 168-170.
193 Cf. PELE Antonio, Human Dignity …, 196.

194 ARISTOTELE, De generatione animalium, 737a26 ss; cf. DEVIN M. Henry, «How
Sexist Is Aristotle’s Developmental Biology?», in Phronesis 52 (2007) 4-6, 13, 18.
195 Cf. ARISTOTELE, De generatione animalium, 653a26-28.

196 Cf. ID., Politica, 1260a13.

197 Cf. ibid., 1254a1-12, 1255b10-11; cf. BASTI Gianfranco, Filosofia dell’uomo,
Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1995, 97, nota 45.
198 Cf. ARISTOTELE, Politica, 1335b20; cf. JONSENR. Albert, The Birth of Bioethics,
285.
53

sottrarre con codardia; questa regola non sembra potersi applicare, invece,
nel caso degli esseri umani privi di razionalità, come risulta dal caso dei
deformi che, per legge, non dovrebbero più essere allevati (eutanasia
passiva)199.
La dignità in Aristotele è sinonimo di una razionalità manifesta. La
sua definizione di uomo (ζῶον λόγον ἔχον), per quanto elegante dal punto di
vista politico, è discriminante, perché lascia fuori tutti gli individui umani
razionalmente difettosi o privi del tutto della cognizione, come per esempio
gli embrioni. B. Russell concludeva la sua analisi dell’etica aristotelica in
questi termini: «Quando passiamo a paragonare i principi etici d’Aristotele
con i nostri, troviamo […] un’accettazione dell’ineguaglianza che ripugna
molto al sentimento moderno»200.
Paradossalmente qualcuno è convinto che «Platone e Aristotele
pensano all’interno di una ricca visione metafisica e di una profonda
comprensione sulla natura umana riconosciuta nel suo valore spirituale»,
anche se, subito dopo, corregge il suo pensiero: «Non sono arrivati, tuttavia,
a capire quando inizia a esistere un individuo della specie umana né quali
siano i suoi diritti inalienabili, e non hanno problemi nel subordinare
l’esistenza degli individui non nati (oppure nati con gravi menomazioni)
agli interessi della collettività»201. In che senso ricca visione metafisica
(oppure profonda comprensione sulla natura umana), visto che non è di
nessun uso per chi veramente ne avrebbe bisogno, ma abbraccia solamente
chi è già favorito dalla madre natura? Non ci sembra affatto di intravedere,
nella filosofia di Platone o in quella di Aristotele, una ricca visione
metafisica, bensì al massimo l’abbozzo di un progetto politico. Riguardo
Aristotele, poi, bisogna chiedersi se non fu il suo ambizioso progetto
politico ad aver generato l’etica e la metafisica, e non viceversa.

199 Cf. LU Mathew, «Aristotle on Abortion …», 53-54.


200 RUSSELL Bertrand, History of Western ..., 205. (trad. nostra)

201 PASCUAL Fernando, «L’aborto di fronte alla filosofia», in Alpha Omega 13/3
(2010) 340.
54

L’ultimo filosofo sul quale vogliamo concentrarci nella nostra analisi


della dignità socialmente attribuita è Thomas Hobbes (1588-1679), famoso
per la sua teoria del contratto sociale. La propensione hobbesiana a favore
del meccanicismo202, se paragonata col dualismo platonico (anima eterna ≠
corpo) o con il dualismo superveniente di Aristotele (anima appropriata →
materia disposta), potrebbe far suporre un distacco dalle millenarie
dicotomie che hanno lacerato l’umanità, ma in realtà non è così. Il suo
Leviatano, infatti, ne è la prova più evidente. L’uomo, nella visione
hobbesiana, è un essere diviso tra l’istintivo diritto di natura, caratterizzato
da una sfrenata voglia di raggiungere i propri fini, e la legge naturale,
barriera escogitata dalla mente per evitare la distruzione reciproca203. La
ragione, perciò, preferisce rinunciare ad una parte dei diritti naturali a favore
di un’entità artificiale, lo Stato, per avere la certezza che i diritti rimanenti
possono essere difesi da eventuali predatori.
Gli individui umani, secondo Hobbes, sono per natura eguali, ma ciò
che li differenzia non è altro che «un vano concetto della propria
saggezza»204, una pulsione che spinge l’individuo ad ottenere ciò che
desidera; quando due individui vogliono avere la stessa cosa, essi diventano
nemici, e l’unica risoluzione per evitare il conflitto sembra sia quella della
sottomissione di uno dei due. Il ruolo dello Stato, dunque, è quello di
costringere tutti all’obbedienza per diminuire l’eccessiva brama di stima che
i singoli vogliono ottenere dagli altri205, assicurando in questo modo l’ordine
stipulato nel contratto sociale. Per via di questo stratagemma, tuttavia,
l’individuo rischia di essere doppiamente cosificato, da una parte da
eventuali nemici naturali e, dall’altra, dall’entità artificiale che egli stesso ha
escogitato, il Leviatano:

202 Cf. GAUTHIER P. David, The logic of Leviathan. The moral and political theory
ofThomas Hobbes, Oxford University Press, New York 1969, 7.
203 Cf. HOBBESThomas, Il Leviatano, vol. 1, Fabbri Editori, Milano 2001, 117-118.
204 Ibid.,
117-118.
205
Cf. ibid., 119.
55

Il valore, o pregio di un uomo, è, come in tutte le altre cose,


il suo prezzo, vale a dire quanto si darebbe per l’uso del suo potere;
non è perciò una cosa assoluta, ma dipende dal bisogno e dal giudizio
altrui. […] Valutare un uomo ad un alto prezzo, è onorarlo, ad un
basso prezzo, disonorarlo. Ma alto e basso, in questo caso, si devono
intendere riferiti, come temine di paragone, al prezzo che ciascuno
attribuisce a sé stesso.
Il pregio pubblico di un uomo, che è il valore attribuitogli
dallo stato è ciò che gli uomini chiamano comunemente dignità206.

Agli occhi di Hobbes, quindi, la dignità dipende dal valore che gli
altri207 (la società, lo Stato, ecc.) attribuiscono all’individuo: essere significa
fare, produrre. Nonostante la natura abbia concesso a tutti gli individui
umani diritti uguali 208 di modo che ognuno possa andare incontro alle
proprie necessità, lo Stato, per evitare che tutti facciano guerra contro tutti, è
costretto a legalizzare un sistema di valutazione gerarchico, in grado di
mantenere l’ordine209; e l’unico modo ragionevole per quantificare il merito
sembra essere quello di verificare empiricamente la capacità produttiva
dell’individuo, che può essere ottima, scadente o assente, il che comporta
una gradazione assiologica che va dal massimo di dignità fino all’indegnità
più nuda210. Evidentemente, l’utilizzo di un tale metro valutativo è molto
problematico perché emargina i più deboli: i disoccupati, le persone
gravemente menomate e tutti coloro che non sono in grado di contribuire al
progresso della società211.
Del resto, una volta che la società scambia Dio con un «dio
mortale», cioè con lo Stato – il Leviatano – il passaggio da una valutazione
mercantile ad una totale nullificazione della persona diventa quasi

206 Ibid., 84-85.


207
Cf. GAUTHIER P. David, The logic of…, 16.
208 Da
leggersi istinti.
209
Cioè la ragione.
210 Cf. LAWLER Peter Augustine, «The Human Dignity Conspiracy», in The

Intercollegiate Review 44 (2009) 42.


211 Cf. SULMASY P. Daniel, «Dignity and …», 480.
56

impercettibile, come è già accaduto nel secolo scorso e continua ad accadere


ai nostri giorni. Perlomeno gli schiavi dell’antica Grecia, in quanto
“strumenti”, avevano un prezzo di vendita, a differenza dei prigionieri dai
campi di concentramento nazisti i quali sono stati privati persino di
quest’infima traccia di valore; e siccome per gli oppressori loro non
valevano nulla, potevano essere sostituiti in qualsiasi momento, senza che
qualcuno se ne accorgesse212. Ai nostri giorni un destino simile lo hanno
tutti quegli embrioni vivi, ma non più viabili, i quali, dopo il lungo inverno
della crioconservazione, sono soppressi e rimpiazzati con altro «materiale»,
più fresco.

2.1.2 La dignità basata sul concetto di autonomia

Immanuel Kant (1724-1804), il cui concetto di dignità sta alla base


della stessa Dichiarazione universale dei diritti umani (1948), sembrerebbe
il filosofo più adatto a parlare al cuore della contemporaneità di un aspetto
che, almeno fino ai suoi tempi, è stato “mal trattato”: l’umanità dell’uomo.
Il suo uomo, infatti, è capace di agire moralmente non perché spinto
dalla sua animalità, né perché glielo comanda Dio o perché costretto dalla
coercizione del potere statale, ma perché è autonomo. È in grado, cioè, di
darsi una legge talmente azzeccata da poter essere osservata non solo da se
stesso, ma “universalmente”, vale a dire da tutti gli individui dotati della
stessa capacità razionale213 e, perciò, appartenenti al Regno dei fini. Si
capisce di colpo, però, che la dignità kantiana, più che egualitaria, come
spesso viene interpretata dai filosofi e dai politici, è un privilegio riservato
solo ad un’elité.

212 Cf. ARENDT Hannah, «Total Domination», in BAEHR Peter (edited by), The
Portable Hannah …, 125.
213 Cf. MARCEL Gabriel, La dignité humaine …, 167-168.
57

Non bisogna essere sorpresi, quindi, se la dignità è attribuita solo


agli individui razionalmente autonomi214. L’intento di Kant, d’altronde, non
è quello di chiarire che cos’è la dignità, quanto piuttosto di ribadire che ad
essere degna è la ragione nella misura in cui è in grado di darsi una legge
morale che possa valere per tutti gli individui aventi una capacità simile215.
La legge morale universale a cui accenna Kant non è assolutamente da
confondere con la legge della natura, presente nel mondo minerale, vegetale,
animale o nell’homo phenomenon, ma si tratta di un salto verso una
dimensione noumenica, a cui si può accedere solamente se si hanno certe
abilità mentali216. Qualcuno potrebbe essere tentato a pensare che sia
l’anima il miglior candidato per una tale missione. Non è il caso di Kant
però. Debitore a David Hume per essersi svegliato dal sonno dogmatico,
egli non può più guardare all’anima con lo sguardo della metafisica
tradizionale. Il massimo che si può riconoscere è che essa indica una
funzione unificante all’interno della ragione; soltanto quest’ultima, nella
misura in cui è autonoma, può avere un valore che supera ogni prezzo217.
Né l’esistenza di Dio né quella dell’anima, secondo Kant, possono
essere dimostrate. E poiché l’umanità non può rinunciare alla moralità,
bisogna vivere come se … postulando con la ragione pratica ciò che è
impossibile provare con la ragione pura: «io crederò immancabilmente
nell’esistenza di Dio e in una vita futura, e sono sicuro che niente può far
scuotere questa fede, poiché così sarebbero rovesciati i miei stessi principi

214 Cf. ZARUK David, The Dignity of Humanity in One’s Person. An Analysis of
Kant’s Concept of Dignity, PhD dissertation, Katholieke Universiteit Leuven 2001, 55
57, 91, 94, 96, 153.
215
Cf. DI PIETRO Maria Luisa, MOLTISANTI Dino, «La dignità …», 78-79.
216 Cf. CAPURRO Rafael, «Beyond Humanisms», in Journal of New Frontiers in
Spatial Concepts 4 (2012) 6-8.
217 Cf. CREŢIA Petru, Eseuri morale [Saggi morali], Editura Muzeul Literaturii
Române, Bucureşti 2000, 13-21.
58

morali, ai quali io non posso rinunciare senza essere ai miei propri occhi
degno di disprezzo»218.
Dal punto di vista di Kant, dunque, non è possibile accedere
all’immortalità per via speculativa, ma la si può solo postulare, poiché tra
l’imperfezione del nostro homo phaenomenon e la perfezione che
caratterizza l’imperativo categorico c’è una distanza infinita che necessita
un’eternità per essere colmata. Non bisogna perdere di vista, però, che tanto
la beata colpa (l’io fenomenico), quanto il salvatore (l’imperativo
categorico), appartengono ad una sola dimensione, essendo i prodotti di una
stessa mente, con una capacità di lettura a due livelli: uno empirico, grazie
al quale considera le cose nella loro fenomenicità, ed uno noumenico, per
mezzo del quale cerca di capire la cosa in sé219. Tutto si svolge su un solo
palcoscenico (la mente) e, vista l’impostazione immanente di Kant, abbiamo
delle buone ragioni per credere che, non appena il cervello collassa
irreversibilmente, finisce pure “l’immortalità postulata”. Il compito di
colmare l’infinita lacuna che esiste tra l’homo phaenomenon e la perfezione
insita nell’imperativo categorico passa, perciò, all’umanità quale specie,
cioè, in termini aristotelici, viene assunto dall’intelletto attivo.
Eppure, se fosse vero che Dio e l’immortalità dell’anima sono
semplici costrutti della ragione pura, nulla ci impedisce di pensare che anche
tale affermazione lo è, poiché deriva dalla stessa ragione pura, le cui
speculazioni sono per definizione «finzioni prive di contenuto»220, come,
d’altronde, pure la legge morale della ragione, la cui presupposta autonomia
non è altro che un trionfo sofistico221.

218 KANT, Critica della Ragion pura, Laterza, Bari 1971, 627.
219 Cf. KORSGAARD M. Christine, «Aristotle and Kant …», 501-502.

220 ŢUŢEA Petre, Omul. Tratat de antroplogie creştină. Addenda: Filosofie şi


Teologie [L’uomo. Trattato di antropologia cristiana. Addenda: Filosofia e Teologia],
Timpul, Iaşi 2001, 104. (trad. nostra)
221 Cf. POPESCU Alexandru, Petre Ţuţea between Sacrifice and Suicide, Ashgate,
Aldershot 2004, 56-57.
59

Ad ogni modo, per Kant il ruolo centrale non è più occupato dalla
verità metafisica, né dalla natura nel suo aspetto empirico (fenomeno), ma
dalla ragione autonoma222, da non confondere con la cognizione dell’uomo
empirico (homo phaenomenon):
L’uomo considerato nel sistema della natura (homo
phaenomenon, animale razionale) è un essere di mediocre importanza
e ha, come tutti gli altri animali che il suolo produce, un valore
comune volgare (pretium vulgare). […] Ma l’uomo considerato come
persona, vale a dire come soggetto di una ragione morale pratica, è
elevato al di sopra di ogni prezzo, perché come tale (homo noumenon)
egli dev’essere riguardato non come un mezzo per raggiungere i fini
degli altri e nemmeno i suoi propri, ma come un fine in sé; vale a dire
egli possiede una dignità (un valore interiore assoluto), per mezzo
della quale costringe al rispetto di se stesso tutte le altre creature
ragionevoli del mondo, ed è questa dignità che gli permette di
misurarsi con ognuna di loro e di stimarsi loro uguale223.

Ciò che balza subito agli occhi nel frammento appena citato è il
cambio di prospettiva rispetto alla definizione aristotelica di uomo:
l’animale razionale non occupa più una posizione privilegiata all’interno del
regno animale, ma «è un essere di mediocre importanza». Nonostante sia il
più intraprendente tra gli animali, l’homo phaenomenon è sempre un entità
del regno animale, cioè è dotato di «un valore comune», forse inferiore
all’uomo hobbesiano, che lo rende incapace di accedere al «Regno dei fini».
Soltanto le persone sono capaci di una tale rivoluzione224.
A questo punto, però, bisogna stabilire chi è una persona nel senso
kantiano del termine. L’uomo aristotelico, evidentemente, come pure la
persona tomista, non ne sono buoni candidati perché Kant sminuisce la
cognizione bio-psicologica e mette tra parentesi l’immortalità dell’anima.

222 Cf. GLENSY D. Rex, «The Right to Dignity», in Columbia Human Rights Law
Review 43/1 (2011) 76; cf. ARNOLD G. Denis, BOWIE E. Norman, «Sweatshops and
Respect for Persons», in Business Ethics Quarterly 13/2 (2003) 222.
223 KANT, La
metafisica dei costumi, Editori Laterza, Bari 1970, 294.
224 Cf. ZARUK David, The Dignity of Humanity …, 99-100.
60

Per Kant persona è colui che «è soggetto di una ragione moralmente


pratica». Cosa vuol dire ciò? Per essere persone kantiane, cioè «al di sopra
di qualunque prezzo», basta essere presenti a se stessi o bisogna essere
anche moralmente autonomi?
Quando considera l’uomo dal punto di vista pragmatico, Kant pensa
che sia sufficiente avere la nozione del proprio io225. Anzi, il filosofo si
spinge sino ad ammettere che, se il suo cavallo fosse in grado di afferrare il
pensiero del proprio io, lo si dovrebbe accettare nella società delle
persone226. Invece nelle opere in cui si concentra più sugli aspetti teoretici
sembra che, per avere lo status di persona, bisogna essere capace di
accedere ad un livello superiore, qualcosa come una mente noumenica,
grazie alla quale si è in grado di teorizzare l’imperativo morale universale,
valido per tutte le persone, fossero esse aliene o terrestri227. Nella visione di
Kant, dunque, essere degni significa essere «come Dio», immuni alle leggi
causa-effetto228.
È diventato ormai un luogo comune per i giuristi e i bioeticisti citare,
magari fuori dal contesto, una delle più famose frase kantiane: «Nel regno
dei fini tutto ha un prezzo o una dignità. Ciò che ha un prezzo può essere
sostituito con qualcos’altro come equivalente. Ciò che invece non ha prezzo,
e dunque non ammette alcun equivalente, ha una dignità»229. Qual è in realtà
l’entità che, secondo Kant, merita un così alto rispetto da non poter essere
venduta, né sostituita con qualcosa di equivalente? E perché? Kant,

225 Cf. KANT Immanuel, Anthropology from a Pragmatic Point of View, Cambridge
University Press, Cambridge 2006, 15; cf. LOUDEN B. Robert, Kant’s Impure Ethics.
From Rational Beings to Human Beings, Oxford University Press, New York & Oxford
2000, 67.
226 Cf. STARKE Friedrich Christian, Immanuel Kants Menschenkunde oder
philosophische Anthropologie, Leipzig 1831,9.
227 Cf. KANT, Fondazione della metafisica dei costumi, Editori Laterza, Roma-Bari
20096, 103.
228 Cf. HARRIS W. George, Dignity and Vulnerability. Strength and Quality of
Character, University of California Press, Berkeley (Calif) 1997, 63.
229 KANT, Fondazione della …, 103.
61

cominciando dal basso, ci spiega che le cose di cui quotidianamente ci


serviamo (cibo, vestiti, ecc.), assieme alle abilità che ci permettono di dar
forma a nuove cose, hanno un prezzo di mercato, vale a dire possono essere
vendute o messe alla disposizione degli altri per ottenere dei soldi. Su
questo punto Kant è d’accordo con Hobbes. L’abito da sposa della nonna,
però, non dovrebbe essere messo in vendita: ha un prezzo di affezione. In
ogni caso, sotto le due rubriche appena menzionate bisogna elencare solo
ciò che può essere sostituito con qualcosa di equivalente. Così, qualcuno
può rinunciare al caffè per bere tè, può offrire i suoi servizi ad un datore di
lavoro più generoso, oppure può regalare l’abito da sposa della nonna alla
propria figlia. C’è, però, qualcosa che non si può comprare, né scambiare
con qualcos’altro d’equivalente perché è fine in se stesso, ha un valore
intrinseco, ossia la dignità230. Quel qualcosa, infatti, non è semplicemente
una cosa o un’abilità, ma qualcuno, perché si riferisce ad una determinata
categoria d’entità razionali (persone). Non si tratta necessariamente di un
essere umano. Potrebbe essere anche un alieno e, se fosse in grado di
dimostrare i requisiti necessari, addirittura un cavallo. Bisogna passare un
test però: dopo aver dato prova di possedere la razionalità (mente empirica),
per poter avvalersi dell’attributo di fine in sé ed essere considerato degno,
occorre dimostrare di essere in possesso di un’altra qualità indispensabile: la
moralità. Scendendo nello specifico, possono godere dell’attributo della
dignità solamente quegli uomini capaci di moralità (autonomi)231.
Il naturalista Charles Darwin, seppure d’accordo con la famosa
formula dell’umanità e con la definizione kantiana del dovere e concedendo
che la coscienza sia l’elemento discriminante tra l’uomo e gli animali

230 Cf. FRANCESCO, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dalla


Federazione internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici (2013), 2.
231 Cf. GORMALLY L., «La dignità umana: il punto di vista cristiano e quello
laicista», in PAV, La cultura della vita: fondamenti e dimensioni, Atti della settima
Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, (Città del Vaticano, 1-4
marzo 2001), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2002, 61.
62

inferiori, si chiese quali fossero le radici di questa ultima. Dopo aver


analizzato l’origine del senso morale in chiave naturalistica, trovò un
fondamento che avrebbe fatto rabbrividire il filosofo di Könisberg. Alla
solenne domanda: «Dovere! […] D’onde la tua origine?», Darwin risponde:
«mi sembra probabilissimo questo asserto, che ogni animale fornito di istinti
sociali molto spiccati debba inevitabilmente acquistare un senso morale o
coscienza, appena le sue facoltà intellettuali siansi sviluppate tanto o almeno
approssimativamente quanto nell’uomo». Poi subito aggiunge: «[…] questi
sentimenti e questi servigi non si estendono menomamente a tutti gli
individui della medesima specie, ma solo a quelli della stessa
associazione»232.
Darwin ci aiuta a capire che l’umanità a cui fa riferimento Kant non
include necessariamente tutti gli individui della specie umana (animale
razionale). Se prendiamo in considerazione per es. l’antropologia empirica
kantiana, risulta che il bambino, nel primo anno di vita, poiché non ha la
coscienza del proprio io, non è persona, bensì solo un animale umano in
transizione verso l’umanità233. In questo caso l’embrione umano, i feti e tutti
gli altri «animali umani» che non hanno (più) la coscienza del proprio io
non appartengono all’associazione chiamata umanità e, senza questo
biglietto da visita, non possono godere della dignità riservata alle persone,
ma dipendono dalla volontà degli altri.
Se torniamo a considerare la sua riflessione teoretica, c’è di peggio.
Per esempio, un bambino nato fuori del matrimonio non può godere della
protezione della legge e, quindi, la società può ignorare il suo
annientamento234. La dignità, poiché non ha a che fare con la specie umana
come tale, ma caratterizza soltanto la razionalità, diventa un criterio
discriminante, escludendo gli infanti, gli umani severamente menomati dal

232 DARWIN Carlo, L’origine dell’uomo …, 57-58.


233 Cf. KANT Immanuel, Anthropology from a Pragmatic ..., 16.
234 Cf. ID., La metafisica …, 170.
63

punto di vista intellettuale (SVP)235 e, forse, perfino gli anziani236. Sembra,


però, che nemmeno la capacità morale costituisca di per sé una condizione
sufficiente per possedere la dignità ma, perché se ne possa parlare, bisogna
vivere interiormente la legge morale237 ossia avere una buona volontà238. In
altre parole, se qualcuno fosse capace di seguire la legge morale, ma in
realtà non la segue perché, per esempio, sta mentendo a se stesso o agli altri,
«getta via e, per così dire, annichilisce la sua dignità umana»239. Certamente,
l’affermazione non vuole incoraggiare il disprezzo verso chi ha
«annichilito» la propria dignità ma, a questo punto, è molto dubbio persino
se la dignità sia veramente inerente ad ogni persona razionale, senza più
contare i numerosi esseri umani che, secondo la visione di Kant, essendo in
cammino verso l’umanità o avendola già persa, non sono persone e, quindi,
non adempiono nemmeno la condizione minima per possedere una
dignità240.
Alcuni sono del parere che il concetto kantiano di dignità umana
sarebbe una specie di risposta alla cosificante definizione hobbesiana, la
quale equivale il valore dell’uomo al suo «prezzo», ossia al corrispettivo da
pagare per l’utilizzo della sua forza241. La seconda versione dell’imperativo
categorico, infatti, espresso nella famosa formula dell’umanità, è molto
tentante, sia nel campo legale sia in quello bioetico, e sembrerebbe gettare
un po’ di luce sull’attuale concetto di dignità: «agisci in modo da trattare

235 Cf. SCHROEDER Doris, «Dignity: One, Two, Three, Four, Five, Still Counting»,
in Cambridge Quarterly of Healthcare Ethics 19 (2010) 119, 121.
236 Cf. MOODY R. Harry, «Why Dignity in Old Age Matters?», in DISCH Robert,
DOBROF Rose, MOODY R. Harry (eds.), Dignity and Old Age, The Haworth Press,
Binghamton (NY) 1998, 31; cf. DEAN Richard, The Value of Humanity in Kant’s Moral
Theory, Oxford University Press, New York 2006, 17.
237 Cf. DEAN Richard, The Value ..., 18.

238 Cf. ibid. 24.

239 KANT, La metafisica …, 228.

240 Cf. ANDORNO Roberto, The paradoxical notion of human dignity,


http://www.revistapersona.com.ar/Persona09/9Andorno.htm, consultato il 31/03/2011.
241 Cf. SHELL M. Susan, «Kant’s Concept of Human Dignity as a Resource for
Bioethics», in THE PRESIDENT’S COUNCIL ON BIOETHICS (ed.), Human Dignity …, 335.
64

l’umanità, così nella tua persona come nella persona di ogni altro, sempre
insieme come fine, mai semplicemente come mezzo».
Abbiamo visto, però, che l’umanità in Kant è tutt’altro che la somma
degli individui viventi della specie homo sapiens. L’umanità, in una prima
accezione, si riferisce a quegli individui umani che hanno nelle loro
rappresentazioni il pensiero del proprio io (soggettività). Abbiamo già fatto
notare che una larga categoria di individui umani non sono in grado di
ritrovarsi in questa definizione e, quindi, secondo Kant, mancherebbero di
dignità. In una seconda accezione, invece – se non si vuole che l’intero
edificio morale crolli su se stesso – tutti gli individui umani razionali (in
possesso dell’umanità) dovrebbero accettare di andare oltre il livello
soggettivo (coscienza di sé) verso il riconoscimento di una legge
universalmente valida che possa garantire oggettività (riconoscimento) e
protezione a tutti i soggetti autonomi e, perciò, automaticamente tesserati
all’associazione «Regno dei fini». L’idea è geniale, ma fortemente selettiva
poiché, per funzionare, deve per forza spingere verso l’umanità solamente
chi sta al progetto242, lasciando indietro gli incapaci ed i cattivi. La dignità,
quindi, non sta nella specie umana come tale, ma in quei membri della
specie umana che aderiscono e condividono la legge morale della
reciprocità e del progresso in vista di un’umanizzazione mondiale243. Una
tale visione è la miglior prova che, per quanto «noumenale», la ragione non
può evitare le fauci del processo evolutivo244, anzi, dal momento che il

242 Cf. NUSSBAUM C. Martha, The Fragility of Goodness. Luck and Ethics in Greek
Tragedy and Philosophy, Cambridge University Press, New York 2001, xxii, 4.
243 Purtroppo qualcuno si sbaglia nell’interpretare Kant: «Per dignità intrinseca, io
intendo quel merito o valore che le persone hanno semplicemente perché sono umane,
non in virtù della posizione sociale, capacità di farsi apprezzare, oppure particolari
talenti, abilità o poteri. La dignità intrinseca è il valore che gli esseri umani hanno
semplicemente in virtù del fatto che sono esseri umani. […] La nozione di dignità di
Kant è intrinseca». SULMASY P. Daniel, «Dignity and …», 473. (trad. nostra)
244 Cf. HARRIS W. George, Dignity and Vulnerability …, 51.
65

sommo bene è stato rimosso dall’aldilà (meta-fisica) è posto nell’uomo


stesso245, ne è diventata una facile preda.

2.1.3 La dignità come tendenza verso l’eccellenza umana

Questo tipo di dignità, considerata dal bioeticista americano Daniel


P. Sulmasy come fiorente («inflorescent»), rappresenta un processo per
mezzo del quale l’individuo cerca di raggiungere, appunto, l’eccellenza
umana246. Si tratta, quindi, d’individui umani virtuosi che cercano di
eccellere in umanità, generalmente prosperi ed apprezzati dagli altri. Il loro
continuo progresso verso l’umanità presuppone l’esistenza di un tronco
vigoroso (dignità ontologica dell’uomo in quanto tale) le cui radici, però,
sembrano affondare in un mistero insondabile per la contemporaneità.
La dignità fiorente, che è d’origine stoica, non è da confondere con
la dignità socialmente attribuita, anche se non esclude qualche forma di
riconoscimento esterno. A differenza di questa ultima, che a volte può
essere falsa ed ingiusta, la dignità che sorge da una vita virtuosa, possiede
una certa oggettività, arricchisce l’umanità dell’uomo e, nella misura in cui
è praticata quotidianamente, non può essere annullata nemmeno da
condizioni socialmente ritenute indegne, come la schiavitù.
Secondo Cicerone, per esempio, la dignità merita rispetto sia per via
dell’ufficio che qualcuno possiede (dignità attribuita), sia grazie
all’eccellenza con cui qualcuno cerca di praticare la virtù (dignità fiorente).
Ora, sia l’ufficio, sia l’eccellenza sono degli attributi che, senza un base
umana adatta, non potrebbero godere nemmeno dello status di flatus vocis; e
questo per una ragione molto semplice: perché possano esistere, devono
essere inventati e utilizzati da individui umani che sono in grado di inserirsi

245 Cf. KORSGAARD M. Christine, «Aristotle and Kant …», 505.


246 Cf. SULMASY P. Daniel, «Dignity and …», 473; ID., «Human Dignity and
Human Worth», in MALPAS Jeff, LICKISS Norelle (edited by), Perspectives on Human
Dignity: A Conversation, Springer, Dordrecht 2007, 12.
66

nella società. Non si può assegnare un ufficio ad un individuo che ha perso


l’uso della ragione né si può pretendere eccellenza da un neonato. La dignità
attribuita e quella fiorente, allora, sussistono al massimo tra inizio fioritura
e appassimento. L’elemento che segna l’inizio e la conclusione della dignità
ciceroniana sembra essere la capacità morale e razionale effettiva:
E se poi pensiamo all’eccellenza e dignità della natura
umana, comprenderemo quanto sia turpe nuotare nei piaceri e vivere
nella lascivia e nella mollezza, e quanto invece sia decoroso condurre
una vita parca, moderata, seria e sobria. Bisogna anche considerare
che la natura ci ha quasi assegnato due ruoli: l’uno comune a tutti, in
quanto tutti siamo partecipi della ragione e di quella superiorità, per la
quale ci distinguiamo dalle bestie; da cui deriva l’onesto e il decoro ed
al quale risale la conoscenza del dovere; l’altro è attribuito a ciascuno
in modo particolare […]247.

«Nuotare nei piaceri» e «vivere nella lascivia», infatti, sono


immagini che caratterizzano l’animalità, comportamenti che contraddicono
la «dignità della natura umana», mentre l’eccellenza, che è un impulso che
parte dal nucleo della razionalità morale, esprimendosi nella concretezza di
«una vita parca, moderata, seria e sobria», sembra rafforzare ulteriormente il
nucleo stesso, rendendo l’uomo sempre più umano e meno bestia. Al
contrario, nel momento in cui l’uomo assume un modo di vita animalesco, il
nucleo (la sua capacità morale) non essendo più rafforzato dalla virtù,
rischia di decadere in una forma inferiore, annullando così la differenza che
lo separa dalla bestia.
La natura umana, nella visione stoica, sembra seguire una variante
più evoluta della seconda legge della termodinamica: per mantenere il
proprio ordine bisogna essere in armonia col cosmo248, evitando il più
possibile il vizio (entropia), che equivale alla dispersione dell’ordine
(ragione) in cambio di una certa quantità di piacere. L’idea fondamentale è

247 CICERONE M.T., I doveri, BUR, Milano 2007, 170-171.


248 Cf. RIBAS ALBA M. José, Persona: desde …, 21.
67

che, in un certo senso, non è la ragione umana a dettare le leggi della natura,
ma è l’osservanza della legge naturale impressa nell’universo e, quindi nella
ragione stessa, a preservare l’uomo entro i confini di una natura specifica.
Letta in questa chiave, la dignità dell’uomo sta nella capacità di accordare la
propria ragione con la Ragione divina immanente che permea il cosmo,
evitando disequilibri fatali.
Una linea simile segue anche Giovanni Pico della Mirandola, anche
se lui, a differenza degli stoici, è convinto che il Creatore trascenda
infinitamente il cosmo e le leggi in esso iscritte: «[…] il Sommo Padre, Dio
creatore, aveva foggiato secondo le leggi di un’arcana sapienza questa
dimora del mondo quale ci appare, tempio augustissimo della divinità.
Aveva abbellito con le intelligenze la zona iperuranica, aveva avviato di
anime eterne gli eterni globi […]»249. L’uomo, nella visione mirandoliana,
sembra mancare di una natura propria. L’elemento decisivo non sarebbe,
quindi, una natura propria o – in termini teologici – un’imago inamovibile,
bensì le decisioni morali250. L’autodeterminazione fa sì che i confini che
marcano la struttura dell’uomo siano molto flessibili, permettendo
un’evoluzione bidirezionale lungo la verticalità di un’immaginaria scala che
collega l’alto col basso:
Stabilì finalmente l’ottimo artefice che a colui cui nulla
poteva dare di proprio fosse comune tutto ciò che aveva singolarmente
assegnato agli altri. Perciò accolse l’uomo come opera di natura
indefinita e postolo nel cuore del mondo così gli parlò: “Non ti ho
dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio […].
Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché
di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi
nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose
inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti

249 PICO DELLA MIRANDOLA Giovanni, Discorso sulla dignità dell’uomo, Editrice
La Scuola, Brescia 1987, 5.
250 Cf. DOUGHERTY M. V., «Two Possible Sources for Pico’s Oratio», in Vivarium
40/2 (2002) 3.
68

nelle cose superiori che sono divine”. […] Chi non ammirerà questo
nostro camaleonte?251

La dignità umana, quindi, anche in questo caso, è sinonimo


d’autodeterminazione, come se l’uomo fosse uomo solamente nella misura
in cui sarebbe in grado di mantenersi, con le sue forze, dentro i confini di
uno standard d’umanità in continua evoluzione. Questa sua natura
indefinita determina un’instabilità di fondo, utile per chi vuole progredire,
ma fatale e squalificante per chi non può o non vuole seguire la strada del
progresso252. Non c’è posto per scelte più blande: o si è abili nel seguire lo
standard, o bisogna rinunciare ad una dignità di cui non si è degni.
L’umanità, ci suggerisce Pico della Mirandola, può essere persa: «[…] se
vedrai alcuno dedito al ventre strisciare a terra, non è uomo quello che vedi
ma pianta»253. Seguendo questa logica, però, si arriva a delle conclusioni
arbitrarie. Sembra che il nucleo ontologico da cui sorge la nostra umanità,
assieme al rispetto ad essa dovuto, dipenda dalle scelte che noi facciamo, e
non da un dono gratuito. In un modo abbastanza strano, s’insinua che sia la
dignità fiorente, l’eccellenza, a dettare le regole e a dare consistenza a quella
ontologica, e non viceversa. L’antico agere sequitur esse viene qui
capovolto e, se a ciò aggiungiamo l’oscuramento dell’idea di Dio nella
società contemporanea, non è difficile capire che cosa voleva dire Sartre con
la sua famosa massima l’esistenza precede l’essenza: «L’uomo, secondo la
concezione esistenzialistica, non è definibile in quanto all’inizio non è
niente. Sarà solo in seguito, e sarà quale si sarà fatto. Così non c’è una
natura umana, poiché non c’è un Dio che la concepisca. L’uomo è soltanto,
non solo quale si concepisce, ma quale si vuole […]»254.

251 PICO DELLA MIRANDOLA Giovanni, Discorso sulla ..., 5-7.


252 Cf. AGAMBEN Giorgio, The Open. Man and Animal, Stanford University Press,
Stanford (California) 2004, 29-30.
253 PICO DELLA MIRANDOLA Giovanni, Discorso sulla ..., 9.

254 SARTRE Jean-Paul, L’esistenzialismo è un umanismo, Armando Editore, Roma


2006, 47.
69

Ma è ciò che facciamo a renderci degni, oppure ciò che siamo, senza
nessun’altra qualifica? Da un punto di vista evolutivo sicuramente il fare ha
avuto una parola da dire sull’essere; da un’altra parte, però, non dobbiamo
dimenticare che il fare non può sussistere senza l’essere. Solo l’Essere
supremo, che noi chiamiamo Dio, poteva chiamare dal nulla l’essere. Lungo
la storia, l’essere è stato sempre accompagnato dal fare ed il fare
dall’essere. Solo nell’uomo, tuttavia, l’universo, per la prima volta, ha preso
coscienza del suo fare e, sorpreso, si è chiesto «Chi sono io e da dove
vengo?». L’universo, per non tornare nel nulla, disperatamente ha preferito
essere e, ciecamente, è riuscito ad indovinare e ad organizzare, una per una,
le leggi della propria crescita. La vita biologica è apparsa sulla terra in
seguito a delle leggi che l’hanno resa possibile e l’universo, da quel
momento, pur nelle doglie del parto, non cessa di guardarsi, sempre più
profondamente, con gli occhi dei viventi che brulicano sulla sua superficie
e, particolarmente, con la mente dell’uomo poiché «la scala per salire in Dio
è costituita da tutte le cose dell’universo»255. È così che i germogli della
dignità, in continua evoluzione, hanno raggiunto nell’uomo primitivo un
livello così fiorente da rendere necessario il tocco finale: la
personalizzazione256. Dio, modello eterno della comunione personale, ha
fatto dell’uomo una persona, rendendolo partecipe dell’eternità 257 e

255 BONAVENTURA, «Itinerarium mentis in Deum», in LEONARDI Claudio (a cura di),


La letteratura francescana, vol. III, Bonaventura: la perfezione cristiana, Fondazione
Lorenzo Valla & Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2012, 33 (I, 2).
256 «Questo uomo, che [la Scrittura] dice fatto a immagine di Dio, non lo
intendiamo in quanto corporeo: giacché non la figura del corpo contiene l’immagine di
Dio, né è detto del uomo corporeo che è stato fatto, bensì plasmato, come sta scritto in
seguito. Dice infatti: E Dio plasmò l’uomo, cioè lo modellò, dal fango della terra;
questo poi, che è stato fatto ad immagine di Dio, è il nostro uomo interiore, invisibile,
incorporeo, incorruttibile, immortale: in tali aspetti, infatti, si vede più conveniente
l’immagine di Dio. Se invero qualcuno ritiene che sia stato fatto ad immagine e
somiglianza di Dio questo uomo corporeo, sembra indurre che Dio stesso sia corporeo e
di forma umana: concetto di Dio manifestamente empio». ORIGENE, Omelie sulla
Genesi, Città Nuova Editrice, Roma 1978, 52-53.
257 L’immagine allude alla persona immortale dell’uomo.
70

disponendolo ad imitare il suo amore trinitario258. Questa, secondo noi, è la


radice della dignità ontologica.

2.2 LA DIGNITÀ OGGETTIVA (ONTOLOGICAMENTE FONDATA)

La dignità dell’uomo, per quanto possa essere un’espressione


dell’armamentario etico, non è solamente una categoria etica ma anche
meta-fisica259, poiché si riferisce alla persona260. L’individuo umano
possiede una dignità inviolabile ed inalienabile non tanto perché si
comporta bene o perché è stabilito così per un contratto sociale o legge
positiva, ma perché è persona261. Di conseguenza, la dignità dell’uomo può
soltanto essere offesa, ma mai distrutta262, perché la persona, una volta
sorta nella filogenesi, è presente, in ogni individuo umano, sin dal primo
momento dell’ontogenesi.
La persona, grazie all’alleanza che Dio ha concluso con l’umanità
primitiva, è nell’uomo durante tutta la sua vita terrena e, quando la
corporeità si corrompe, con nostalgia attende la risurrezione263. Monsignor
Ignazio Sanna intuitivamente rende l’idea con queste parole: «c’è, dunque,
anche nell’apparente indegnità della vita umana una dignità permanente, che

258 La somiglianza, oltre che concetto esplicativo dell’immagine, implica pure una
valenza etica poiché le persone umane sono chiamate ad imitare la relazione d’amore
presente tra le Persone divine.
259 «[…] è […] la metafora che consente di dare fondamento al concetto di dignità
della persona in forza della sua condizione spirituale». GIVANNI Paolo II, Fides et ratio
(1998), n. 83.
260
Cf. ZÚÑIGA Gloria, «An Ontology …», 129.
261 Cf. SEIFERT Josef, The Philosophical Disease of Medicine and Their cure.
Philosophy and Ethics of Medicine, vol. I, Springer, Dordrecht 2004, 115, 118.
262 Cf. EMMONS Nathanael, A Collection of Sermons: Which Have Been Preached
on Various Subjects, and Published at Various Times, Printed by Samuel T. Amstrong,
Boston 1813, 19.
263 BOYD H. Jeffrey, «One’s Self Concept and Biblical Theology», in JETS 40/2
(1997) 218.
71

non può mai essere perduta e che merita rispetto»264. La questione non è se
la dignità della persona umana esista o no, quanto se gli uomini «capiscono,
ammettono e rispondono al fatto che le persone umane hanno dignità»265.

2.2.1 La dignità ontologicamente fondata

Nell’odierno orizzonte culturale, faceva notare Giovanni Paolo II,


«non manca di incidere anche una sorta di atteggiamento prometeico
dell’uomo che, in tal modo, si illude di potersi impadronire della vita e della
morte perché decide di esse, mentre in realtà viene sconfitto e schiacciato da
una morte irrimediabilmente chiusa ad ogni prospettiva di senso e ad ogni
speranza»266.
Paradossalmente la contemporaneità, dopo aver
scoperto l’idea dei «diritti umani» – come diritti inerenti a
ogni persona e precedenti ogni Costituzione e legislazione degli Stati
– incorre in una sorprendente contraddizione: proprio in un’epoca in
cui si proclamano solennemente i diritti inviolabili della persona e si
afferma pubblicamente il valore della vita, lo stesso diritto alla vita
viene praticamente negato e conculcato, in particolare nei momenti
più emblematici dell’esistenza, quali sono il nascere e il morire267.

Questo perché, allorquando si trascurano «le dimensioni più


profonde», la dignità della persona umana viene fatta coincidere con termini
ambigui, come «qualità della vita» che, per la società contemporanea,
significa «efficienza economica, consumismo disordinato, bellezza e

264 SANNA Ignazio, «La Chiesa e la difesa della dignità umana», in SANNA Ignazio
(ed.), Dignità umana …, 95.
265 SMITH Christian, What Is a Person? Rethinking Humanity, Social Life, and the
Moral Good from the Person Up, The University of Chicago Press, Chicago & London
2010, 434. (trad. nostra)
266 GIOVANNI Paolo II, Evangelium Vitae (1995), n. 15.

267 Ibid., n. 18.


72

godibilità della vita fisica»268. Di conseguenza, «è su queste dimensioni più


profonde che va portata l’attenzione […]»269.
Esiste, infatti, un «livello di dignità» che «appartiene all’ordine
ontologico e costitutivo dell’essere umano», che «permane in ogni momento
della vita, dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale» e che
«si attua in pienezza nella dimensione della vita eterna»270.
É possibile far coincidere questo «livello di dignità», a cui fa
riferimento Giovanni Paolo II, con la dignità oggettiva (ontologicamente
fondata), l’unica in grado di difendere ogni individuo umano? Noi pensiamo
di sì. Bisogna riconoscere a questo punto che, per quanto alcuni filosofi
cerchino di trovare dei fondamenti puramente immanenti su cui fondare la
dignità umana, nel momento in cui arrivano ad eliminare completamente
l’idea di Dio e dell’immortalità personale, ci si rende conto che le loro
riflessioni riescono a difendere bene unicamente gli individui mentalmente e
fisicamente sani, cioè soltanto quelle maschere vivaci che sanno far valere il
loro ruolo dinanzi agli spettatori della comunità morale. L’impresa si rivela
del tutto impotente, invece, dinanzi ai volti irriconoscibili, cioè innanzi agli
individui umani indesiderati e/o irrimediabilmente menomati271.
Certamente, sia l’idea di Dio sia quella dell’immortalità personale,
hanno occupato uno spazio rilevante nella storia della riflessione filosofica.
La filosofia contemporanea, tuttavia, avendo seppellito la meta-fisica, è
propensa a mettere tra parentesi qualsiasi discorso che non può essere
dimostrato empiricamente e, conseguentemente, tutti quei filosofi che
vogliono difendere la dignità della persona sono costretti a farlo con
argomenti facilmente individuabili, a portata di tutti. I risultati, però, non

268 Ibid., n. 23.


269 ID., «Discorso ai partecipanti alla XI Assemblea Generale della PAV», in
L’Osservatore romano, Città del Vaticano, 21-22 febbraio 2005, 7, n. 2.
270 Ibid., 7, n. 3.

271 Cf. TOOLEY Michael, «Personhood», in SINGER Peter, KUHSE Helga (edited by),
A Companion to Bioethics, Wiley-Blackwell, Malden (MA) & Oxford 20092, 131, 133
134, 137-138.
73

possono essere che modesti, se non addirittura deludenti, perché, quando si


fa un discorso, se non si accenna in qualche modo alle precomprensioni che
stanno alla base (es. idea di Dio o dell’immortalità dell’anima), gli
ascoltatori non riescono a comprendere dove sta la forza dell’argomento,
mentre, nel caso in cui vi si accenna, l’intero argomento rischia di venire
bocciato perché legato a delle affermazioni empiricamente indimostrabili.
Poi, se si desidera essere più ecumenici nei confronti delle altre
posizioni, si rischia di perdere la propria specificità, come ha ben intuito un
famoso bioeticista americano: «I partigiani di ciascuna posizione si ritrovano
incastrati nel loro proprio discorso, assieme alle loro fondamentali
presupposizioni: essi non possono abbandonare la posizione che occupano nel
loro cerchio ermeneutico senza abbracciare premesse e regole di evidenza
nuove e divergenti»272. Il filosofo Robert Spaemann, perciò, ammette
apertamente che l’unico approccio valido, che permette la comprensione della
dignità umana in tutte le sue dimensioni, è la nozione «religiosa o
metafisica»273. Chi s’immagina di poterne fare a meno perde, inevitabilmente,
«qualcos’altro cui non si vorrebbe rinunciare altrettanto facilmente»274, cioè la
profondità dell’essere. Non si tratta qui di una visione della dignità umana
specificatamente cristiana, bensì di una religiosità umana più ampia e più
profonda, che afferra la sacralità della propria vita «in virtù del suo essere
metafisico»275. Nelle parole di un bioeticista luterano, «siamo delle strane
creature, interposte, inferiori agli dei, superiori alle bestie»276. Infatti «le

272 ENGELHARDTH. Tristram, Jr., «The Search for a Global Morality: Bioethics, the
Culture Wars, and Moral Diversity», in ENGELHARDT H. Tristram, Jr., (edited by),
Global Bioethics. An Introduction to the Collapse of Consensus, M & M Scrivener
Press, Salem (MA) 2006, 36. (trad. nostra)
273
SPAEMANN Robert, Natura e ragione …, 76.
274 Ibid.

275 FRATTIN Anna, Natura, persona e riconoscimento: La risposta di Robert


Spaemann alla modernità, Relatore Prof. Francesca Menegoni, Università degli Studi di
Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, Anno Accademico 2008/2009, 73.
276 MEILAENDER C. Gilbert, Neither Beast nor God. The Dignity of the Human
Person, Encounter Books, New York 2009, 4. (trad. nostra)
74

nozioni tradizionali di anima spirituale e di sopravvivenza dopo la morte


scaturiscono dalla consapevolezza di una superiorità ontologica dell’uomo, in
forza della sua capacità di trascendere il “qui ed ora”»277.
Il Cardinal Sgreccia, dall’altro canto – senza necessariamente negare la
propria «precomprensione» cristiana, vuole fondare la dignità dell’uomo
filosoficamente, adottando la terminologia del «personalismo ontologicamente
fondato»:
[…] l’antropologia e l’etica da noi proposte non partono dalla
ragione illuminata dalla fede, giacché il discorso che ne scaturirebbe
sarebbe utile soltanto a coloro che hanno il medesimo credo, bensì
tengono conto di tutta una serie di conoscenze filosofiche razionali, sia
metafisiche, sia antropologiche, sia etiche278.

L’intenzione è lodevole, però bisogna sempre chiedersi da che cosa


sono mediate le nostre intuizioni scientifiche, metafisiche, antropologiche ed
etiche: da una ragione onnicomprensiva e disincarnata, simile a quella di un
Essere supremo trascendente, oppure da una ragione le cui radici affondano
profondamente nell’humus del mondo?
In altre parole, siamo veramente capaci di sbarazzarci dalle
determinazioni spazio-temporali, delle quali la natura ci ha dotato, da poter
vantare – al di là di ogni fede, presupposizione, precomprensione – una
conoscenza impeccabile della realtà? D’altronde anche nell’ipotesi che fosse
possibile entrare con la nostra mente nelle “profondità” di tutte le particelle
subatomiche dell’universo e, allo stesso tempo, fossimo così trascendenti da
poter avere un’immagine completa dell’intero puzzle, ancora non sarebbe
possibile sapere se la nostra conoscenza della realtà fosse completa in quanto
bisognerebbe: a) essere certi di aver incluso nella rappresentazione anche noi
stessi e b) anche se ciò fosse possibile, il tutto potrebbe dipendere comunque da

277
CAMPODONICO Angelo, Etica della ragione. La filosofia dell’uomo tra
nichilismo e confronto interculturale, Jaca Book, Milano 2000, 248.
278 SGRECCIA Elio, Manuale di bioetica, vol. I, 27-28.
75

un totalmente Altro di cui è difficile avere una conoscenza adeguata279. Ora,


dato che nel mondo ci sono così tante opinioni scientifiche contraddittorie,
come pure tante metafisiche, antropologie ed etiche incompatibili tra loro, non
è questa la miglior prova che la ragione vive ancora della fede280 e che deve
ammettere – per non annullare se stessa – delle verità che superano
infinitamente tutti i suoi assiomi?
Ciononostante gran parte degli scienziati, filosofi, antropologi e
bioeticisti contemporanei lamentano un’indebita intromissione della fede nel
campo della ragione, dimenticando invece di mettere altrettanta enfasi sul fatto
che, in realtà, sono i limiti della stessa ragione a richiedere la fede. Per
contribuire ad un vero dialogo, dunque, bisogna partire da un livello
comprensibile a tutte le parti, senza rinunciare però alla propria
“precomprensione”/visione del mondo: solo rispondendo a chiunque ci
domanda ragione della nostra speranza (cf. Pt 3,15) potremo comprendere se le
nostre ragioni sono ben radicate nella verità, oppure se bisogna accettare,
invece, le ragioni altrui281.

279 Kant, finché si è limitato a farci notare i limiti della ragione, si è rivelato un
sottile filosofo, quando, però, ha deciso di rinchiudere la ragione dentro il carcere dei
propri limiti, obbligandola ad un’ascesi agnostica, si è dimostrato un pessimo
conoscitore dell’uomo. Come si fa, infatti, ad immaginare una mente incarnata, come è
quella dell’uomo, diffidente nei riguardi del mondo in cui vive (il fenomeno) e della (il
noumeno), eppure disposta a dedicarsi, senza alcuna riserva, al compimento del puro
dovere, contenta di contribuire al «Regno dei fini»?
280 «La conoscenza razionale implica sempre elementi alogici, come per esempio la
fiducia iniziale nella veracità delle nostre facoltà, e la fiducia permanente, quasi una
fede, nell'ipotesi più ragionevole». HESCHEL Abraham Joshua, L’uomo non è solo. Una
filosofia della religione, Mondadori, Milano 2001, 64.
281 San Paolo, ad Atene, trovandosi dinanzi ad un pubblico abituato ad ascoltare i
discorsi degli epicurei e degli stoici, inizia il suo annuncio partendo da una base comune,
«il Dio ignoto», ma quando si tratta di tirare le conclusioni, egli non riesce a tacere le
proprie convinzioni e, col rischio di essere deriso, parla di un uomo (Cristo) che è stato
fatto risorgere da Dio (cf. At 17,16-32). Era, forse, la scienza degli stoici e degli epicurei
migliore della fede predicata da Paolo? In un certo senso tutte e due le posizioni stanno
dentro la fede, in quanto la Realtà supera ogni immaginazione umana. Non sarebbe più
saggio, allora, che sia la fede, sia la ragione prendessero coscienza che sono aspetti
complementari della stessa ragione umana e che dovrebbero collaborare per raggiungere
un ideale comune, la verità?
76

Fatte queste precisazioni, torniamo alla descrizione che il cardinal


Sgreccia ci offre della dignità ontologica:
La distanza ontologica e assiologica, che distingue la
persona umana dall’animale, non è comparabile con quella che
distanzia la pianta dal rettile […]. In ogni uomo, in ogni persona
umana, il mondo tutto si ricapitola e prende senso, ma il cosmo nello
stesso tempo è travalicato e trasceso. In ogni uomo sta racchiuso il
senso dell’universo e tutto il valore dell’umanità282.

In questa prima parte della sua argomentazione emerge che tra la


persona umana e gli altri enti che esistono nel nostro universo c’è una
distanza ontologica e assiologica. La dignità dell’uomo, quindi, espressa
con il sintagma «distanza assiologica», sembra dipendere da una «distanza
ontologica» che esiste tra l’uomo e l’universo circostante. La
«ricapitolazione» di tutte le cose nell’uomo pare una sfumata allusione ad
un’evoluzione alla Teilhard de Chardin, mentre il fatto che l’universo
raggiunga la sua finalità per mezzo del fenomeno umano sembrerebbe
supporre, almeno come possibilità, il principio antropico283. Ma se è vero
che il cosmo ha raggiunto il proprio «senso» grazie allo sguardo
interrogante dell’uomo che lo abita, allora in che senso bisogna intendere la
trascendenza della persona umana rispetto al cosmo? Comprendere il
significato di questa trascendenza ci aiuterebbe, a nostro avviso, a stabilire
quale fosse il fondamento ontologico della persona e, implicitamente, la
base della dignità ontologica. La risposta del cardinal Sgreccia è articolata a
due livelli:
A. Da una parte sembra che l’uomo trascenda il cosmo perché «è
l’unico essere in cui la vita diventa capace di “riflessione” su di sé, di
autodeterminazione; è l’unico vivente che ha la capacità di cogliere e di
scoprire il senso delle cose e di dare senso alle sue espressioni e al suo

282 SGRECCIA Elio, Manuale di bioetica, vol. I, 71.


283 Cf. ibid., 120.
77

linguaggio cosciente»284. Andando più a fondo di questo ragionamento,


possiamo supporre che la vita sia una proprietà emergente della materia e
che la coscienza sia una forma di trascendenza che emerge dalla vita
biologica285: l’universo primordiale, per evitare di essere risucchiato dal
nulla, ha vinto la sua condizione d’infinita piccolezza, si è espanso in un
immenso «caos» di potenzialità e ha impiegato miliardi di anni per trovare i
meccanismi (le leggi) che gli avrebbero permesso di diventare Cosmo; ha
indovinato la combinazione vincente della vita biologica e ha escogitato i
meccanismi evolutivi che favoriscono non solo l’adattamento del più forte,
ma anche la biodiversità e la cooperazione286; e finalmente, nel fenomeno
umano, è diventato «capace di “riflessione” su di sé».
La ragione, la libertà e la coscienza non sono riducibili – afferma
Sgreccia – alle leggi cosmiche ed evoluzionistiche, bensì «rappresentano,
per dirla con K. Popper, una “creazione emergente”»287. Sgreccia non
sembra citare Popper perché condivide la sua idea di emergentismo, ma
semplicemente perché crede sia rivestita di più auctoritas288 e più adeguata
per confutare il riduzionismo materialista. Chiariamo prima la posizione di
Popper:
Io penso che l’universo, ovvero il suo evolversi, è creativo,
e l’evoluzione degli animali senzienti dotati di esperienze consce ha
causato qualcosa nuovo. Queste esperienze inizialmente erano
piuttosto rudimentali ma, col tempo, sono diventate più elevate; e, alla
fine, la coscienza di sé e la creatività sono emerse così come, penso, si

284 Ibid., 71.


285 Cf. MASHOUR A. George, ALKIRE T. Michael, «Evolution of consciousness:
Phylogeny, ontogeny, and emergence from general anesthesia», in PNAS 110/Suppl. 2
(2013) 10357, 10360.
286 Cf. NADEAU Robert, KAFATOS Menas, The Non-Local Univers. The New Physics
and Matters of the Mind, Oxford University Press, New York 1999, 12, 114, 118-120.
287 SGRECCIA Elio, Manuale di bioetica, vol. I, 71.

288 Cf. SKRABANEK Petr, MCCORMICK James, Follies and Fallacies in Medicine,
Tarragon Press, Whithorn 19983, 31-34.
78

può vedere nell’uomo. Secondo me, con l’emergenza dell’uomo la


creatività dell’universo è diventata ovvia289.

L’universo, nella visione di Popper – grazie alle sue leggi evolutive


– è «creativo», ossia fa emergere delle qualità che non esistevano in
precedenza, ossia la coscienza nel caso degli animali senzienti,
l’autocoscienza nel caso dell’uomo. La trascendenza, quindi, emerge dal
basso. Sgreccia, invece, pur sapendo che Popper è critico nei confronti del
riduzionismo materialista, si rifiuta di condividere la sua visione di uomo. Il
fenomeno umano non può essere frutto della creatività dell’universo, ma
dipende dall’anima spirituale. Si tratta di una trascendenza dall’alto. Non è
possibile, a questo punto – ci chiediamo – adottare una via di mezzo? Il
fenomeno umano, infatti, diventa molto più comprensibile se si ammette che
sia il risultato di una trascendenza dal basso (nel senso di un’emergenza
evolutiva)290, mentre l’anima personale potrebbe avere un ruolo diverso da
quello pensato dalla tradizione tomista, cioè di trascendenza dall’alto291,
una specie di adozione per mezzo della quale l’uomo – che è già
naturalmente razionale, libero e cosciente – diventa soprannaturalmente
persona, cioè immortale, quale immagine del Dio eterno292, e somigliante, in
quanto tendenzialmente propenso a rispondere a Colui che lo ama
personalmente.

289 POPPER Karl, ECCLES C. John, The Self and Its Brain. An Argument for
Interactionism, Routledge, London-New York 1983, 15. (trad. nostra)
290 Cf. AGAMBEN Giorgio, The Open. Man …, 79-80; cf. NORDLANDER Andreas,
Figuring Flash in Creation. Merleau-Ponty in Conversation with Philosophical
Theology, Ph.D. Disertation, Lund University, Lund 2011, 33-97.
291 Cf. STĂNILOAE Dumitru, «Ortodoxie şi naţiune» («Ortodossia e nazione»), în
Gândirea, nr. 2, februarie 1935, 77.
292 Cf. MOUROUX Jean, Il mistero del tempo, Morcelliana, Brescia 1965, 292; cf.
FAGGIONI P. Maurizio, «La vita e le forme di vita. Rapporto fra biologia e antropologia»,
in PAV, La cultura …, 83.
79

B. Da un’altra parte, quindi, sembra che l’uomo trascenda il cosmo


grazie all’anima personale 293. La nozione di trascendenza dall’alto, di
conseguenza, se si accetta una diversa chiave di lettura dell’anima umana294,
potrebbe rivelarsi di massima importanza per comprendere perché ogni
individuo umano è persona e perché la dignità umana è ontologicamente
determinata.
Qui vogliamo aprire una parentesi. L’anima ilemorfica della
tradizione tomista, ci ricorda il Cardinal Sgreccia, «struttura, guida e
vivifica il […] corpo»295 umano. Il fatto che Tommaso scelga come base
della sua filosofia l’ilemorfismo non è casuale: il dualismo pessimistico
promosso dai catari (albigesi)296 aveva bisogno di un rimedio su misura,
cioè di una dottrina unificante, in grado di ridare alla corporeità umana il
giusto valore. Al livello teologico, però, l’ilemorfismo poneva un grosso
problema: se è vero che l’anima umana non è una sostanza, bensì la forma
del corpo, allora essa, con la morte dell’uomo, deve seguire il corpo nel suo
processo di dis-informazione, regredendo in forme sempre più elementari
(atomiche o subatomiche).
L’ilemorfismo, quindi, metteva in pericolo sia l’insegnamento della
Chiesa circa l’immortalità dell’anima, sia il dogma cristiano della
risurrezione dai morti. Infatti, se è vero che l’anima umana muore insieme al
corpo e che la materia risultante è potenzialmente aperta ad un’infinità di
forme, la risurrezione dai morti diventa nient’altro che la creazione di nuove
persone umane, senza alcun legame con l’umanità precedente.

293 Cf. KOHLER Kaufmann, Jewish Theology …, 208; cf. VISALA Aku, «Imago Dei,
Dualism and Evolution …», 103.
294 Cf. SEIFERT Josef, «Persons and Causes …», 19.

295 SGRECCIA Elio, Manuale di bioetica, vol. I, 71.

296 Cf. BYNUM Walker Caroline, «Women Mystics and Eucharist Devotion in the
Thirteenth Century», in HALVERSON L. James (edited by), Contesting Christendom.
Readings in medieval Religion and Culture, Rowman & Littlefields Publishers, Lanham
2008, 166; cf. KERR Fergus, After Aquinas. Versions of Thomism, Blackwell Publishing,
Malden (MA)-Oxford-Carlton, 2002, 4-5.
80

L’ancora di salvezza per Tommaso fu la geniale idea di mettere


297
insieme l’oscuro intelletto attivo aristotelico (il pensiero puro, il
«software»), l’intelletto passivo (il cervello umano, ossia l’«hardware») ed i
sensi (che ci mettono in contatto col mondo), unendoli in un’unica sostanza:
la persona umana. Quando la sostanza «uomo» muore, l’intelletto attivo –
ipostasiato298 in anima razionale individuale – continua a sussistere299, non
come persona umana, ma come principio d’individuazione della persona a
cui apparteneva300, ossia come una specie di «software» in grado di essere
riattivato al momento della risurrezione dai morti.
Aristotele, però, non avrebbe di certo appoggiato l’interpretazione di
Tommaso301 perché, dal suo modo di ragionare302, sembra emergere che
l’intelletto passivo equivalga all’uomo in carne ed ossa, che rappresenta la
«materia», mentre l’intelletto attivo designa la «forma», cioè l’umanità, la
quale è «immortale» perché informa gli individui umani concreti e «divina»

297 «L’intelletto agente, di cui parla il Filosofo, fa parte dell’anima». Summa


Theologiae, I, q. 79, a. 4 co; cf. BRENNAN Edward Robert, Thomistic Psychology, 184
186; cf. ROVIGHI Vanni Sofia, Introduzione a Tommaso d’Aquino, Editori Laterza, Bari
19812, 84.
298 Cf. KENNY Anthony, Aquinas on Mind, Taylor & Francis e-Library, London &
New York 2004, 157-159.
299 Cf. PASNAU Robert, Thomas Aquinas on Human Nature. A Philosophical Study
of Summa theologiae Ia 75-89, Cambridge University Press, New York 2003,45.
300 Cf. CASTON Victor, «Aristotle’s Two Intellects: A Modest Proposal», in
Phronesis 44 (1999) 207.
301 Cf. RATZINGER Joseph, Eschatology. Death and Eternal Life, Catholic
University of America Press, Washington, D.C., 20072, 148-149; cf. JONES Albert
David, The Soul of the Embryo. An enquiry into the status of the human embryo in the
Christian tradition, Continuum, London & New York 2004, 88; cf. SORABJI Richard,
«Graeco-Roman Varieties of Self », in REMES Pauliina, SIHVOLA Juha (eds.), Ancient
Philosophy of the Self, Springer, Netherlands 2008, 18; cf. RUNGGALDIER Edmund,
«Immortality and the Human Soul», in Revista Portuguesa de Filosofia 65/Supl. (2009)
1164.
302 Cf. ARISTOTELE, L’anima, 408b15-30.
81

perché contiene un elemento (lo pneuma303) analogo a quello di cui sono


composti gli astri (l’etere)304.
Ad ogni modo, se si considera che l’universo aristotelico è eterno e
che i cardini su cui esso poggia sono essenzialmente immanenti, l’intelletto
attivo305 diventa la stessa forza teleologica che invisibilmente spinge ogni
possibile imperfezione verso un’ipotetica Perfezione Ultima306, ma che
eccezionalmente si rende visibile nell’umanità, la cui razionalità è «una
parte eterna di quell’eterna ragione cosmica dell’entelechia suprema, forma
pura»307. Dunque, se ora torniamo a Tommaso e gli chiediamo come si fa a
conciliare l’ilemorfismo (che non può separare la forma dalla materia308)
con un Dio personale che trascende il cosmo, oppure con degli angeli e delle
anime personali immortali che abitano in una dimensione meta-fisica,
probabilmente ci risponderebbe con le parole che ha detto al suo segretario,
Reginaldo da Piperno, dopo la fulminante esperienza vissuta durante la
messa del 6 dicembre del 1273: «tutto ciò che ho scritto è come paglia per

303 Cf. HANKINSON R. J., «Body and Soul in Galen», in KING R. A. H. (edited by),
Common to Body …, 234, nota 9.
304 «L’intelletto […] non viene “da fuori” […]. Non è vero, dunque, che Aristotele
faccia provenire l’intelletto “dal di fuori”: egli confuta anche quest’ultima possibilità,
l’ultima risultante dalla confutazione della dottrina platonica, mostrando che l’intelletto
proviene dal pneuma contenuto nello sperma, il quale è divino, perché composto di un
elemento analogo a quello di cui sono composti gli astri». BERTI Enrico, Natura e
generazione degli animali in Aristotele, in Kriterion, Bello Horizonte, nº 122, Dez./2010,
503; cf. CASTONVictor, «Aristotle’s Two Intellects …», 215-216.
305 «[…] questo intelletto è separabile, impassibile e non mescolato, essendo atto
per essenza poiché sempre ciò che fa è superiore a ciò che subisce, ed il principio è
superiore alla materia. […] Quando è separato, è soltanto quello che è veramente, e
questo solo è immortale ed eterno (ma non ricordiamo perché questo intelletto è
impassibile, mentre l’intelletto passivo è corruttibile), e senza questo non c’è nulla che
pensi». ARISTOTELE, L’anima, 430a15-25.
306 Cf. EVERETT Ferguson, Backgrounds of Early Christianity, Wm. B. Eerdmans
Publishing, Grand Rapids (MI) 20033, 341; cf. BOSP. A, The Soul and Its Instrumental
Body. A Reinterpretation of Aristotle’s Philosophy of Living Nature, Brill, Leiden &
Boston 2003, 58-59.
307 BAKER Herschel, The Image of Man, Harper Torchbooks, New York 1961, 60.
(trad. nostra)
308 Cf. PASNAU Robert, Thomas Aquinas …, 44.
82

me in confronto a ciò che ora mi è stato rivelato [...]. L’unica cosa che ora
desidero è che Dio dopo aver posto fine alla mia opera di scrittore possa
presto porre termine anche alla mia vita»309. La dignità ontologica, allora,
non può dipendere essenzialmente dalla razionalità della natura umana, ma
ha quale fondamento qualcos’altro, cioè l’anima personale immortale310,
che è l’unico modo possibile per l’uomo di essere persona tra le Persone311.
I difensori dell’ilemorfismo, invece, devono essere preparati ad
accettare due conseguenze logiche che emergono da una simile teoria: a)
l’immortalità non può appartenere agli enti particolari, bensì all’Essere
Assoluto, l’unico che continua a sopravvivere alle infinite fluttuazioni
interne; b) in un Universo ilemorfico la risurrezione non può avere il senso
che comunemente le viene attribuito poiché gli enti, non avendo raggiunto la
Forma definitiva, sono dinamicamente predisposti prestare la loro materia
ad infinite identità formali mettendo tra parentesi qualsiasi principio di
individuazione stabile.
In sintesi, se l’individuo umano trascende l’universo solamente
perché dotato di ragione e capace d’autodeterminazione (trascendenza dal
basso), la sua dignità non è ontologicamente fondata, bensì è condizionata
dalla manifestazione effettiva di questi attributi. Invece se la trascendenza
dal basso (l’uomo bio-psichico) è abbinata con la trascendenza dall’alto
(l’incontro con Dio e la creazione dell’anima personale immortale), la
dignità non è più condizionata da attributi visibili, bensì è radicata meta
fisicamente, cioè è personale, dove persona significa essere in relazione con

309 WEISHEIPL J. A., Tommaso d’Aquino. Vita, pensiero, opere, Jaka Book, Milano
1988, 325-326.
310 Cf. MOUROUX Jean, Sens chrétien …, 70; cf. AGUILAR Alfonso, «La persona
umana e la sua realizzazione alla luce di una definizione interdisciplinare della morte»,
in Alpha Omega 12/1 (2009) 88; cf. SEIFERT Josef, The Philosophical Disease …, vol. I,
107-109; cf. CLARKE Noris William, The Creative Retrieval of Saint Thomas Aquinas.
Essays in Thomistic Philosophy, New and Old, Fordham University Press, New York
2009, 178.
311 Cf. CLARK H. Gordon, «The Image of God in Man», in Journal of Evangelical
Theological Society 12/4 (1969) 216.
83

altre Persone. L’uomo possiede la dignità ontologica, cioè trascende


effettivamente il cosmo, solamente se, accanto alla sua naturale razionalità,
possiede una soprannaturale immortalità312. Perché?
Supponiamo, con il filosofo J. Seifert, che la fonte ontologica della
dignità umana sia «semplicemente la natura e l’esistenza reale della persona
umana» e che, di conseguenza, la coscienza personale e «la dignità che
risiede nel pensiero» dipendano da questa sorgente antecedente che è
«l’essere della persona in quanto tale»313.
Andando avanti con questo ragionamento, supponiamo ancora di
sapere, con assoluta certezza, che non esiste alcun modo per sopravvivere
alla morte corporale (né immortalità dell’anima, né la risurrezione dai morti)
e che, inoltre, tante delle «persone in quanto tali», pur dotate di una natura
dinamicamente aperta alla manifestazione concreta della razionalità314, a
causa di difetti gravissimi, non avranno mai, o mai più, la coscienza del
proprio io e non saranno mai, o mai più, in grado di sentire dolore o piacere.
Qualcuno, a questo punto, giustamente potrebbe chiedersi quale
sarebbe la vera ragione dell’inalienabilità della dignità umana315 e qual è la
reale differenza tra l’essere o il non essere più di una tale «persona».
Abbiamo visto che J. Seifert è cosciente che «la dignità che risiede nel

312 Cf. GIOVANNI Paolo II, «Discorso per la Sessione plenaria su “Cambiamenti
concernenti il concetto di natura”» (Pontificia Accademia delle Scienze, 27 ottobre
1998), in SORONDO Sánchez Marcelo (a cura di), I papi e la scienza nell’epoca
contemporanea, Jaca Book, Milano 2009, n. 5; cf. EMMONS Nathanael, A Collection of
Sermons …, 10-11.
313 SEIFERTJosef, The Philosophical Disease …, vol. I, 115.

314 L’essere umano, secondo il filosofo americano Patrick Lee, ha una sua identità
sostanziale e, quindi, una dignità inviolabile, sin dal momento del concepimento. Per
sostenere questa tesi Lee si serve di cinque passi: a) l’essere umano è intrinsecamente
degno (soggetto di diritti); b) l’essere umano è degno per ciò che è; c) l’essere umano è
un organismo umano; d) l’organismo umano viene al mondo con la concezione; e)
dunque, ciò che è intrinsecamente degno viene al mondo con la concezione. Cf. LEE
Patrick, «The Pro-Life Argument from Substantial Identity: a Defence», in Bioethics
18/3 (2004) 250.
315 Cf. SHOSTAK Stanley, The Evolution of Death. Why We Are Living Longer, State
University of New York Press, Albany (NY) 2006, 1.
84

pensiero» (la razionalità manifesta) non è sufficiente per difendere tutti gli
individui umani e che, per poterli proteggere, bisogna supporre una «dignità
ontologica», fondata sull’«essere della persona in quanto tale». Dobbiamo
ribadire, però, che «l’essere della persona in quanto tale», se non trova
un’ulteriore fondazione316, diventa un sintagma debole.
La dignità della «persona in quanto tale», infatti, se non si fonda
sull’immortalità personale, diventa puro flatus vocis se riferita a tutti i
miliardi d’esseri umani che non hanno raggiunto mai, oppure hanno perso
permanentemente la coscienza di sé317. Ed, infine, l’immortalità personale è
una speranza vana se non si ammette l’esistenza di un Essere personale
supremo.
Seifert, infatti, si rende conto che un semplice postulato
antropologico («l’essere della persona in quanto tale»), in un ambiente
culturale in cui la distinzione tra l’uomo e l’animale è minima, non può
bastare per giustificare la dignità inalienabile della persona umana ed è

316 Cf. SEIFERT Josef, «Persons and Causes …», 19.


317 Chi pensa di poter appoggiarsi sulla fenomenologia per fondare la dignità
inalienabile della persona umana rischia di esporsi a delle perplessità irrisolvibili, come
sembra sia successo a Christian Smith. L’Autore imposta così la sua riflessione sulla
dignità: «Siccome la dignità umana è parte della fabbrica della realtà, non c’è bisogno di
abbracciare una particolare filosofia o ideologia o teologia per comprenderla. La dignità
è inerente alla natura delle cose e, dal punto di vista fenomenologico, può essere palese
agli esseri che possiedono dignità. Perciò esistono concezioni della dignità umana atee,
panteistiche e teistiche, come pure islamiche, giudaiche, confuciane, buddiste, induiste e
cristiane». La livellazione dei due livelli della dignità (dinamica ed ontologica) sembra
sia desiderabile per un discorso ecumenico. Siamo sicuri, però, che la dignità ontologica
sia solamente parte della fabbrica della realtà? L’Autore confonde qui quella che noi
chiamiamo dignità dinamica, il cui ruolo è di umanizzare filogeneticamente la biologia
e di prepararla alla personalizzazione, con la dignità personale onto-meta-fisica, che è
inalienabile e incancellabile. Alcune pagine più avanti, infatti, l’Autore si imbatte in un
grosso dilemma, che non riuscirà a sciogliere con la sua teoria della «emergenza
personale proattiva»: «Se la dignità deriva, per esempio, dalla nostra razionalità o libertà
volontà umana, possiamo noi concludere che gli umani incapaci di esercitare la
razionalità e la volontà libera in vari modi sono privi di dignità? Poiché le concezioni
standard si basano sulle capacità, è difficile immaginare come si possa evitare una tale
conclusione». CHRISTIAN Smith, What Is a Person?, The University of Chicago Press,
Chicago & London 2010, 448,457. (trad. nostra)
85

costretto ad allargare ancora il suo orizzonte ermeneutico. Riferendosi alla


tendenza riduzionista presente nell’evoluzionismo contemporaneo, il
filosofo austriaco fa questo commento: «tale evoluzionismo ha le sue radici
in un ateismo che nega il carattere della persona umana come creatura ad
immagine di Dio, e perciò il fondamento metafisico e religioso della dignità
umana»318.
Il «fondamento metafisico e religioso della dignità umana», dunque,
sta nel suo essere immagine, ed il tacito presupposto è che l’immagine (la
319
corporeità) contiene qualcosa (l’anima personale) che rimanda al
modello, nel nostro caso Dio320. Tolto Dio dall’orizzonte ermeneutico,
l’uomo perde lo status d’immagine ed il suo essere persona dipende da
attributi fenomenologicamente misurabili e soggettivamente determinati,
mentre, al contrario, se l’essere persona dell’uomo poggia su Dio, la sua
dignità è ontologicamente fondata e diventa inalienabile.
L’uomo non è degno perché «lodato ed esaltato dagli uomini», né
indegno perché «ritenuto vile, semplice e spregevole»321, ma vale in sé
perché ontologicamente avvalorato da Dio; senza questo fondamento
sarebbe «difficile giustificare la dignità inerente degli umani»322, ossia, per
dirla con San Francesco d’Assisi, «quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto
vale e non di più»323.
Abbiamo ricordato in precedenza i tentativi di alcuni filosofi che
cercano di trovare delle basi puramente immanenti a favore della dignità
ontologica e della fragilità dei loro argomenti allorquando Dio e l’anima

318 SEIFERT Josef, «Il diritto alla vita e la quarta radice della dignità umana», in
PAV, Natura e dignità …, 195.
319 Cf. ID., «Persons and Causes …», 19.

320 Cf. BURNELL Peter, The Augustinian Person, The Catholic University of
America Press, Washington, D.C., 2005, 187; cf. MOUROUXJean, Sens chrétien …,110.
321 Fonti Francescane, Editio Minor, Editrici Francescane, Padova 1986, n. 169.

322 O’MATHÚNA P. Dónald, «Human Dignity …», 106. (trad. nostra)

323 Fonti Francescane, n. 169.


86

personale immortale vengono eliminati dall’equazione324. La dignità fondata


immanentemente, infatti, è e continuerà ad essere fragile, senza radici
profonde, in grado di difendere chi non ne ha tanto bisogno, ma del tutto
impotente laddove servirebbe veramente325.
Il vantaggio di un simile approccio è che il discorso sembra più
sensato e più ecumenico326 ma quando si cerca di capire qual è la buona
notizia, ci si rende conto che non c’è «niente di nuovo sotto il sole». Le cose
stanno così per una ragione molto semplice: una volta scelto un metodo di
ragionamento immanente, l’unica trascendenza a cui la canna pascaliana327
può accedere è il pensiero. La canna è trascendente, dunque, se e finché è
pensante; ma se il pensiero irrimediabilmente venisse a mancare, la canna
tornerebbe ad essere la materia di un’infinità di possibili forme, sfuggenti
attimi nell’eterno flusso della natura.
Prendiamo come esempio la definizione che Patrick Lee e Robert P.
George ci offrono della persona e della dignità: «Essere persona […]
riguarda il tipo di entità sostanziale che uno è, un’entità sostanziale dotata di
una natura razionale – ed è questo in senso principale il fondamento della
dignità»328.

324 Pensiamo sia sufficiente notare l’incoerenza dell’argomentazione utilizzata dal


professor Crosby: «[…] se siamo in grado di riconoscere gli esseri umani come persone
senza ricorrere direttamente a Dio e se la dignità inerisce intrinsecamente alla persona,
allora noi dovremo essere in grado di riconoscere la loro dignità come persone senza
ricorrere a Dio. Certamente, se noi consideriamo la dignità personale dal punto di vista
del fine e risaliamo al suo fondamento ultimo, arriviamo a Dio». CROSBY F. John,
«Why Persons Have Dignity», in KOTERSKI W. Joseph (edited by), Life and Learning
IX: Proceedings of the Ninth University Faculty for Life Conference, University Faculty
for Life, Washington, D.C., 2000, 79 (trad. nostra). Nel caso fosse veramente possibile
stabilire che cos’è la persona senza ricorrere ad alcuna mediazione meta-fisica, allora
dovrebbe trattarsi di qualche caratteristica bio-logica e, paradossalmente, la dignità
s’identificherebbe con una o più capacità individuabili con metodi empirici.
325 Cf. BAUMANN Peter, «Persons, Human Beings …», 14.

326 Cf. CHRISTIANSmith, What Is …, 450.

327 Cf. PASCAL Blaise, Pensieri, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1986, n. 347.

328 LEE Patrick, GEORGE P. Robert, «The Nature and Basis of Human Dignity», in
Ratio Juris 21/2 (2008) 174. (trad. nostra)
87

Questa definizione, essenzialmente boeziana, è visibilmente


filtrata dall’ilemorfismo di Tommaso d’Aquino329 e mira a servire da
fondamento per la discussa nozione di dignità umana. La definizione
originaria di persona offertaci da Boezio – «naturae rationalis
individua substantia»330 – poiché non è interessata a definire chi è
l’uomo331, bensì a fare luce su una serie di questioni trinitarie e
cristologiche, ignora la corporeità332 e non ci dice niente sul destino
ultimo dell’uomo.
Tommaso d’Aquino si rende conto che nella definizione manca
il riferimento alla corporeità e aggiunge:
la persona in generale, come si è detto, significa una
sostanza individua di natura ragionevole. L’individuo poi è ciò
che è indistinto in se stesso e distinto dagli altri. Perciò persona,
in qualsiasi natura, significa ciò che è distinto in quella natura:
così nella natura umana significa questa carne, queste ossa,
quest’anima, che sono principio di individuazione per l’uomo; le
quali cose, pur non facendo parte del significato di persona
tuttavia fanno parte di quello di persona umana333.

Alcune pagine prima, nella stessa Somma, Tommaso ci teneva a


precisare:
L’anima è soltanto una parte dell’uomo: e come tale,
anche separata, ritiene la capacità di riunirsi al [corpo], e non
può essere detta una sostanza individua come l’ipostasi o la
sostanza prima; […] Perciò non le conviene né la definizione né
il nome di persona334.

329 Cf. SEIFERT Josef, «Persons and Causes …», 18-19.


330 BOETII An. Manl. Sev., Liber de persona …, cap. III, col. 1343.
331 Cf. LOSSKY Vladimir, In the Image and Likeness of God, St. Vladimir’s
Seminary Press, Crestwood (NY) 1974, 118.
332 Cf. DE MONTICELLI Roberta, «Subjectivity and Essential Individuality - A
Dialogue with Peter Van Inwagen and Lynne Baker», in Networks 6 (2006) 4-5; 58.
333 Summa Theologiae, I, q. 29, a. 4.

334 Ibid., I, q. 29, a. 1.


88

Il modo di pensare di Tommaso però ci lascia perplessi: se è


vero che l’anima, dopo la morte dell’uomo, non è né ipostasi (sostanza
individua), né persona (sostanza individua di natura razionale) 335,
allora che cos’è? E’ un attributo, un accidente? 336 Può forse un
attributo sussistere senza che possieda in qualche modo
un’individualità/consistenza/sostanzialità propria?337
Se l’anima non è persona, né «una sostanza individua», che
cosa sono quelle anime che, secondo la dottrina cattolica, «hanno
bisogno di purificazione, per entrare nella beatitudine celeste»?338
In questo caso si prospettano due possibilità: o l’anima umana è
autocosciente 339 e, quindi, ha una consistenza personale che le
permette di sussistere dopo la morte 340 (anche se ordinariamente
permea l’uomo ed esiste come persona umana), oppure non ha né
individualità né personalità e, in tal caso, si dis-integra assieme al
cadavere del defunto. È difficile comprendere, in effetti, in che modo
essa può sussistere senza essere un qualcosa specifico e come fa a

335 Cf. DANCĂ Wilhelm, «Statutul embrionului uman după sfântul Toma de
Aquino» («Lo statuto dell’embrione umano secondo San Tommaso d’Aquino»), in
Studii tomiste (2001) 121-126.
336 Cf. AMERINI Fabrizio, Tommaso d’Aquino. Origine e fine della vita umana,
Edizioni ETS, Pisa 2009, 72.
337 Cf. OAKLANDER L. Nathan, «Personal Identity, Immortality and the Soul», in
Philo 4/2 (2001) 185; cf. MCMAHAN Jeff, The Ethics of Killing …, 14; cf. LEE Patrick,
GEORGE P. Robert, Body–Self Dualism in Contemporary Ethics and Politics, Cambridge
University Press, New York 2008, 72; cf. TURNER T. James, Substantial Form and the
Nature of Souls: Why Aquinas and his Defenders are Wrong About Disembodied
Human Souls, https://edinburgh.academia.edu/JamesTurner, consultato il 14/03/2014.
338 Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio (2005), n. 210; cf. HERSHENOV
B. David, KOCH-HERSHENOV Rose, «Personal Identity and Purgatory», in Religious
Studies 42/2 (2006) 439-451; cf. GOETZ Stewart, TALIAFERRO Charles, A Brief History
of the Soul, Wiley-Blackwell, Malden (MA) 2011, 57-58.
339 Cf. WIPPELJohn, «Thomas Aquinas on the separated souls’s natural knowledge»,
in MCEVOY James, DUNNE Michael (eds.), Thomas Aquinas. Approaches to Truth, Four
Courts Press, Dublin 2002, 118-119, 121-123, 125, 127-128, 130, 132, 138-140.
340 Cf. JUNG Carl Gustav, Memories, Dreams …, 308-309.
89

ritenere la capacità di riunirsi alla “sua materia” 341 se non è


un’ipostasi (supposto), oppure come fa a desiderare o a pensare
qualcosa se non ha una personalità (coscienza)342. L’unico modo per
risolvere questo dilemma, a nostro avviso, è quello di riconoscere che
l’anima separata ha una sua personalità343, similmente alle sostanze
razionali incorporee (Dio, gli angeli)344, e che, grazie a questa, tende a
riacquistare il meglio della sua umanità.
Tornando all’articolo di Patrick Lee e Robert P. George, ci si rende
conto che loro, sebbene usino una definizione impregnata di presupposti
teologici, non sembrano interessati alle conseguenze che ne possono avere
al livello antropologico e si fermano solo al livello superficiale, quello
condivisibile da tutti partecipanti al dialogo. La capacità di ragionare e di
scegliere liberamente, sostengono gli Autori, sono presenti in qualsiasi
essere umano, anche in coloro che non possono esercitarle immediatamente.
La dignità ontologica, quindi, non può radicarsi su dei criteri accidentali
come la sensazione, la coscienza, la consapevolezza di sé, la razionalità o la
capacità effettiva di fare delle scelte morali; il fondamento della dignità,
invece, sta nel fatto di avere:

341 L’Aquinate pensa che sia la materia ad individuare l’anima. Il corpo, però,
sempre base alla sua dottrina, “svanisce” non appena l’anima razionale, che è la sua
in
(unica!) forma sostanziale, vola in cielo. Ha ragione Anthony Kenny a criticare
Tommaso su questo punto: «Ci sono gravi difficoltà filosofiche nell’identificare l’anima
con la forma, ovvero, per dirla in un altro modo, non è affatto chiaro se la nozione
aristotelica di “forma”, anche se coerente in se stessa, possa essere utilizzata per rendere
intelligibile la nozione di “anima”, così come viene adoperata da Tommaso d’Aquino ed
altri filosofi cristiani». KENNY Anthony, Aquinas on Mind, 28 (trad. nostra); cf.
AMERINI Fabrizio, Tommaso d’Aquino …, 72-73.
342 Cf. PLANTINGA Alvin, «Materialism and Christian Belief», in VAN INWAGEN
Peter, ZIMMERMAN Dean (edited by), Persons. Human and Divine, Oxford University
Press, New York 2007, 101.
343 Cf. SEIFERT Josef, «Persons and Causes …», 18-19; cf. ID., The Philosophical
Disease …, vol. I, 103; cf. BUCHHOLD Jacques, «L’“âme” et la continuité …», 101-103.
344 Cf. PLANTINGA Alvin, «Materialism and …», 100; cf. TRUBSHAW Bob, Souls,
Spirits and Deities, Heart of Albion, Marlborough 20132, 6.
90

una natura razionale, ossia la capacità naturale di ragionare


e di fare scelte libere, una capacità che ordinariamente ha bisogno di
mesi o addirittura anni per attualizzarsi, e che impedimenti di natura
varia la possono ostacolare dalla sua piena attualizzazione. (Gli esseri
umani gravemente ritardati hanno la stessa natura e, quindi, gli stessi
diritti fondamentali come gli altri esseri umani: se si potesse ideare
una terapia o un intervento per correggere il difetto che causa la loro
disabilità mentale, ciò non cambierebbe la loro natura. Non li
cambierebbe in un tipo di essere differente ma consentirebbe loro di
prosperare più pienamente, in conformità con il genere di essere che
essi sono – essere umano). Così, qualsiasi essere umano ha un pieno
valore morale o dignità giacché qualsiasi essere umano possiede una
tale natura razionale345.

C’è qualcosa in questo ragionamento che non convince o, se non è


così, significa che qualche premessa essenziale è stata omessa. Supponiamo
che gli Autori presentino il loro articolo dinanzi ad un pubblico non
particolarmente religioso. Tutti nell’aula sono convinti che nell’Universo in
cui viviamo esistono varie nature, ossia delle configurazioni, interne ed
esterne, che permettono l’insorgenza e l’esistenza, per un determinato
periodo, di realtà materiali con forme determinate. Esiste una natura ferrea,
una natura alberina, una canina o una natura umana. Ogni realtà
individuale, però, pietra, albero, cane o uomo, per conservare la propria
natura346, ossia per evitare di essere fagocitata da qualche altra natura, non
può essere passiva, ma dev’essere dinamica, cioè continuamente al
lavoro347 verso il telos inscritto nella propria configurazione.
Quando le energie vengono a mancare ed il dinamismo verso il telos
cessa, la realtà individuale perde lentamente la propria configurazione e
diventa la materia di altre configurazioni (nature).

345 LEE Patrick, GEORGE P. Robert, «The Nature …», 176 (trad. nostra); cf. ID.,
Body–Self Dualism …, 57,82.
346 Cf. POLIS F. Dennis, «A New Reading of Aristotle’s Hyle»,
http://xianphil.org/hyle_art.html, consultato il 12/05/2011.
347 Cf. BUCHANAN Emerson, Aristotle’s Theory of Being, Mississippi University,
Cambridge (MA) 1962, 7-8, 51, 57, 59-60.
91

Aristotelicamente, quindi, è impossibile appartenere


passivamente ad una natura: o si lavora o si rischia di perdere la
propria natura348. Nel nostro caso si può parlare d’individui di natura
razionale se e solo se questi avanzano dinamicamente verso il telos
proprio, che è l’esercitazione effettiva del logos349.
La domanda che i nostri partecipanti potrebbero fare è questa:
che senso ha considerare degni e perché bisogna proteggere gli
embrioni e i feti irrimediabilmente difettivi o gli individui gravemente
menomati giacché si sa che sono ineluttabilmente passivi al telos della
loro natura e che non potranno esercitare mai (più) il logos?350
In un universo immanente, privo della speranza di un aldilà,
sembra un controsenso considerare degni degli individui umani
irrimediabilmente privi di coscienza e gravemente menomati,
invocando semplicemente la loro appartenenza alla natura razionale351.
A questo punto gli Autori, se vogliono continuare il loro
discorso, devono chiarire quali sono le loro precomprensioni
metafisiche e religiose352. L’appartenenza ad una natura razionale non
è sufficiente a trasformare l’uomo in un fine poiché, se non ci fosse in
lui qualcosa di assoluto che trascenda effettivamente la circolarità di
questo mondo, il suo valore sarebbe finito, contingente e limitato.

348 Cf. SACHS Joe, Aristotle’s Physics. A Guided Study, Rutgers University Press,
New Brunswick & London 1995, 31; cf. ID., «Aristotle: Motion and its Place in Nature»,
in Internet Encyclopedia of Philosophy, http://www.iep.utm.edu/aris-mot/#H2,
consultato il 12/05/2011.
349 Cf. GADAMER Hans-Georg, «Man and Language» (1966), in GADAMER Hans
Georg, Philosophycal Hermeneutics, University of California Press, Berkeley 1976, 59;
cf. LEARJonathan, Open Minded …, 170.
350 Cf. OWENS T. M., Jr., «Aristotle Polis …», 71; cf. NUSSBAUM C. Martha, The
Fragility of Goodness …, 324.
351 Cf. SINGER Peter, SAGAN Agata, «The Moral Status of Stem Cells», in LIZZA P.
John (edited by), Potentiality. Metaphysical and Bioethical Dimensions, Johns Hopkins
University Press, Baltimore (MD) 2014, 131-132.
352 Cf. LEE Patrick, GEORGE P. Robert, Body–Self Dualism …, 66, 73.
92

Il filosofo John Crosby, cosciente che la comune natura


razionale non può essere sufficiente per fondare la dignità umana,
propone di dare un ulteriore enfasi all’incomunicabilità: «essere una
persona significa piuttosto essere un individuo incomunicabile
appartenente ad una natura razionale comune»353. Che cosa vuol dire
ciò? Crosby porta l’esempio Socrate. Ciò che i suoi amici
apprezzavano in lui non poteva essere fatto da un altro essere umano:
in Socrate c’era qualcosa d’irripetibile, il mistero dell’uomo Socrate.
Quando Socrate è morto ha lasciato un immenso vuoto, da nessuno
colmabile. Perciò
non è solo perché appartengo ad una comune natura
razionale che io ho dignità, ma anche perché sono la persona
irrepetibile che sono. […] Ciascuna persona, al di là delle
qualità e particolarità che ha in comune con gli altri, è
irrepetibilmente se stesso o se stessa, e ciascuna ha dignità per il
solo fatto di essere l’individualità irrepetibile che essa è. Si
tratta di quell’aspetto della dignità che possiamo chiamare,
senza sbagliarci, la dignità delle persone umane354.

L’incomunicabilità personale a cui fa riferimento Crosby


potrebbe costituire un contributo valido a favore della dignità
ontologica a condizione che essa, paradossalmente, non si appoggi su
un’originalità manifesta. Socrate, ma anche il bambino malato di
leucemia (esemplificato nell’articolo), hanno un volto distinguibile,
hanno delle qualità umane, sono in grado di pensare, hanno ideali,
possono ricevere affetto, in altre parole sono insostituibili.
Immaginiamoci però delle persone umane senza un volto
distinguibile, incapaci di sentire, di volere e di ragionare, senza alcuna

353 CROSBY F. John, Personalist Papers, Catholic University of America Press,


Washington, D.C., 2004, 8. (trad. nostra)
354 Ibid., 13-14. (trad. nostra)
93

speranza di crescita e di miglioramento355. In quale senso si potrebbe


parlare qui d’incomunicabilità personale? E perché la morte di simili
persone creerebbe un vuoto incolmabile? Quanti e per quale ragione
rimpiangerebbero una simile perdita? L’ulteriore chiarificazione
offertaci da Crosby non ci aiuta a comprendere quale sia il vero senso
dell’incomunicabilità:
Non mi riferisco semplicemente ad un insieme di tratti
appartenenti ad un essere, come se l’intero fascio servisse ad
identificare questo determinato essere e non un altro (nonostante
ciascun singolo tratto fosse comune a quell’essere e a tanti altri
esseri). Un tale fascio […] non esprime l’ineffabile mistero della
persona […]; non è affatto vero che più ci inoltriamo nelle
profondità della persona, più troviamo ciò che è comune a tutte
le persone. È vero proprio il contrario: noi arriviamo nelle
profondità della persona solamente quando ci rendiamo conto
che la persona è irrepetibile356.

Se non è né Dio, né l’anima immortale, né i tratti visibili a


renderci incomunicabili, allora che cos’è che rende la persona umana
così misteriosa, irrepetibile e, quindi, intrinsecamente degna? Basta
appartenere alla natura razionale? Ma anche le cellule somatiche
umane appartengono ad una natura razionale. È sufficiente essere un
individuo irrepetibile? Perché, allora, un pulcino di gallina non
potrebbe essere ugualmente degno, visto che è un ente irrepetibile?
Basta essere un ente individuale appartenente ad una natura razionale?
A questo punto che differenza fa tra esistere come anencefalico o non
esistere affatto?357
L’unica possibilità per riconoscere l’incomunicabilità in tutti
gli umani è quella di ammettere l’esistenza di un Essere personale

355 Cf. BURNS P. E. Charlene, «Cognitive Science and Christian Theology», in


BULKELEY Kelly (edited by), Soul, Psyche, Brain: New Directions in the Study of
Religion and Brain–Mind Science, Palgrave Macmillan, New York 2005, 185.
356 CROSBY F. John, Personalist Papers, 21. (trad. nostra)

357 Cf. BELSHAW Christopher, 10 good questions …, 24-25.


94

eterno in grado di conoscere e di distinguere ogni individuo umano e


disposto a salvaguardargli l’originalità garantendogli una sussistenza
personale immortale.
Questo perché, mentre è impossibile postulare una mente
spazio-temporale negli embrioni umani precoci358, negli anencefalici o
negli individui umani con funzioni superiori irrimediabilmente
compromesse, non è contro la ragione ammettere che l’umanità
primitiva (filogeneticamente) e l’embrione umano
(ontogeneticamente) siano dotati di una coscienza immateriale (anima
personale immortale), nella spazio-temporalità dormiente359.
Da una parte è vero che la mente umana è diversa dalla materia
e che – grazie alla sua capacità universalizzante e autoriflessiva – la
trascende immensamente; da un’altra parte, però, gli esperimenti
neuroscientifici ci suggeriscono sempre di più che questa sua
trascendenza è comunque immanente, nel senso che la mente può sì
astrarre il mondo interiorizzandolo, ma da ciò non segue

358 «Nel bambino che si sta sviluppano i geni producono un cervello, il quale
garantisce una mente. Il bambino che sta crescendo, inoltre, eredita pure un lungo
passato evolutivo. I risultati di quest’antica storia vengono espressi biologicamente alla
nascita di tutti i membri (normali) dell’Homo sapiens. Questi eventi del passato
evolutivo (filogenesi) vengono ricapitolati (più o meno) e generano un cervello
moderno (ontogenesi) che garantisce una mente». HOLMES Rolston III, «Genes, Brains,
Minds: The Human Complex», in BULKELEY Kelly (edited by), Soul, Psyche, Brain:
New Directions in the Study of Religion and Brain–Mind Science, Palgrave Macmillan,
New York 2005, 15. (trad. nostra)
359 Il livello 1 della coscienza umana, ossia quello mentale, è caratterizzato da una
trascendenza immanente. La capacità con cui la mente comprime la molteplicità del
mondo materiale in concetti universali (l’astrazione) e la sua abilità a pensare il pensiero
(l’autocoscienza) dimostrano la sua superiorità rispetto alla materia e il grado di
differenza rispetto agli animali, però ciò non significa che è anche in grado di astrarsi
dal cervello e dall’universo materiale. Il livello 2 della coscienza umana, invece, ossia
quello dell’anima personale immortale, essendo caratterizzato da una trascendenza
soprannaturale, ossia da un intervento dall’alto, non è totalmente legato alla spazio
temporalità e inizia, dopo la morte dell’uomo, un’esistenza cosciente in una dimensione
immateriale.
95

automaticamente, come pensa Tommaso d’Aquino, che essa possa


astrarsi dal cervello e dalla spazio-temporalità360.
E, se fosse vero che la mente è immanente, non si comprende che
senso avrebbe considerare degno un individuo semplicemente perché
appartiene alla natura razionale, dal momento che questa sua natura non
avrebbe nemmeno la minima possibilità di attuarsi. Crosby intuisce questo
problema e non resiste alla tentazione di alludere, anche se di sfuggita, ad un
argomento che, pur non essendo una prova nel senso classico della parola,
permette il passaggio dalla trascendenza immanente (l’uomo in carne e ossa)
verso quella soprannaturale (Dio + anima personale immortale): siccome le
persone non sembrano essere solo degli attimi sfuggenti all’interno della
natura umana e poiché la morte d’ogni uomo apre un vuoto incolmabile
nell’essere, questa situazione si prospetta come una «intimazione
all’immortalità»361. L’affermazione sembra marginale, invece non lo è. Essa
è come il cemento che mantiene insieme tutti gli altri mattoni dell’edificio
chiamato «dignità». L’argomento viene ribadito, infatti, anche nell’articolo
pubblicato da Robert P. Kraynak, nel 2008, tra i contributi commissionati
dal The President’s Council on Bioethics:
La mia tesi è che la dignità umana implica uno status
speciale per gli esseri umani e che questo status speciale richiede in
ultima istanza il riconoscimento dell’anima umana. […] La Bioetica
[…] ha bisogno di un principio come il rispetto della dignità umana
fondata sullo status speciale degli esseri umani quali creature con
anime razionali misteriosamente legate ai corpi, meglio ancora,

360 La mente, secondo Tommaso, è immateriale ed immortale perché in essa non


può entrare la materia concreta, ma solo la forma universale, estratta dai sensi per
mezzo dell’intelletto agente. Questa conclusione, però, sembra sia frutto di una
«fallaccia di contenuto», definita come «l’errore di ragionamento dovuto alla
confusione di due tipi di fatti: fatti che interessano il contenuto dei pensieri e fatti che
riguardano la forma che i nostri pensieri assumono nella nostra mente». PASNAU Robert,
«Aquinas and the Content Fallacy», in The Modern Schoolman 75 (1998) 293 (trad.
nostra); cf. HALDANE John, «Kenny and Aquinas on the Metaphysics of Mind», in
COTTINGHAM John, HACKER Peter (edited by), Mind, Method, and Morality. Essays in
Honour of Anthony, Oxford University Press, New York 2010, 137.
361 Cf. CROSBY F. John, Personalist Papers, 13.
96

misteriosamente elette da Dio come creature con anime immortali che


sono immagine dell’eternità. Forse è questo che la gente intende
quando afferma l’uomo è corpo, anima e spirito – corpo fisico, mente
razionale e spirito immortale362.

La Chiesa pure intuisce che la trascendenza immanente della ragione


non basta come criterio per fondare la dignità. I vari documenti magisteriali,
specialmente quelli del passato, rilevano la necessità di postulare un di più
rispetto al pensiero mentale autocosciente, nel senso odierno del termine, il
quale, in verità, a volte può mancare. Leone XIII nella Lettera Enciclica
Libertas affermava:
Ma il poter giudicare della contingenza di quei beni viene
all’uomo da questo, che ha un’anima semplice, spirituale, intellettiva;
la quale, appunto perché siffatta, non trae origine dalla materia, né
dalla materia dipende nella sua esistenza: bensì creata
immediatamente da Dio, superiore di gran lunga a ogni condizione di
materia, ha vita e operazioni proprie […]363.

Nella Gaudium et Spes la trascendenza sopranaturale viene postulata


con queste parole:
Unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la
stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale,
così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce
per lodare in libertà il Creatore. […]
L’uomo, in verità, non si sbaglia a riconoscersi superiore
alle cose corporali e a considerarsi più che solamente una particella
della natura o un elemento anonimo della città umana. […] Perciò,
riconoscendo di avere un’anima spirituale e immortale, non si lascia
illudere da una creazione immaginaria che si spiegherebbe solamente
mediante le condizioni fisiche e sociali […]364.

362 KRAYNAK P. Robert, «Human Dignity and the Mistery of the Human Soul», in
THE PRESIDENT’S COUNCIL ON BIOETHICS (ed.), Human Dignity …, 62, 79. (trad. nostra)
363 LEONE XIII, «“Libertas”. La libertà umana», 20 giugno 1888, in Enchiridion
delle Encicliche, 3, Leone XIII (1878-1903), Edizione Dehoniane, Bologna 1997, 435
437.
364 PAOLO VI, Gaudium et Spes (1965), n. 14.
97

La stessa Dichiarazione sull’aborto procurato recita:


Creata immediatamente da Dio, la sua anima è spirituale, e
quindi immortale. […] La vita temporale condotta in questo mondo
non s’identifica con la persona; questa possiede in proprio un livello
di vita più profondo, che non può finire. La vita corporea è un bene
fondamentale, condizione quaggiù di tutti gli altri; ma ci sono valori
più alti, per i quali potrà essere legittimo o anche necessario esporsi al
pericolo di perderla365.

La Donum vitae, pure: «Il Magistero della Chiesa […] intende


proporre in virtù della propria missione evangelica e del suo dovere
apostolico, la dottrina rispondente alla dignità della persona e alla sua
vocazione integrale, esponendo i criteri di giudizio morale […]». Tra i
criteri enumerati c’è anche «la sua dignità di persona» la quale, subito
aggiunge, è dovuta al fatto che è «dotata di un’anima spirituale» ed «è
chiamata alla comunione beatifica con Dio». «Dal momento del
concepimento, la vita di ogni essere umano va rispettata in modo assoluto,
perché l’uomo è sulla terra l’unica creatura che Dio ha “voluto per se
stesso”, e l’anima spirituale di ciascun uomo è “immediatamente creata” da
Dio»366. Giovanni Paolo II, confermava: «La Chiesa cattolica […] ha un
contributo insostituibile da offrire, poiché essa proclama che è nella
dimensione trascendente della persona che si trova la fonte della sua dignità
e dei suoi diritti inviolabili. In nessun altro posto, dunque»367. Nella
Evangelium vitae, Giovanni Paolo II affermerà: «Nella generazione dunque,
mediante la comunicazione della vita dai genitori al figlio, si trasmette,

365 SCDF, Dichiarazione sull’aborto procurato (1974), nn. 8-9.


366 CDF, Donum vitae (1987), Introduzione, nn. 1 e 5.
367 GIOVANNI Paolo II, «La dimensione trascendente è la fonte autentica della
dignità e dei diritti inviolabili di ogni persona», Ai membri del Corpo Diplomatico
presso la Santa Sede, 9 gennaio 1989, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 1,
1989, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1991, n.7; cf. ID., «Address to the
Working Group on the Subject ‘Chemical Hazards in Developing Countries’» (22
October 1993), in PAS, Papal Addresses to the Pontifical Academy of Sciences 1917
2002, and to the Pontifical Academy of Social Sciences 1994-2002, The Pontifical
Academy of Sciences, Vatican City 2003, 350.
98

grazie alla creazione dell’anima immortale, l’immagine e la somiglianza di


Dio stesso» 368 . Nel 1996 Giovanni Paolo II, dinanzi ai partecipanti
dell’Assemblea Plenaria della Accademia delle Scienze, dichiarava: «È in
virtù della sua anima spirituale che la persona possiede, anche nel corpo,
una tale dignità»369. Nella Fides et Ratio il Pontefice polacco rileva che il
valore della persona umana sta nel suo essere immagine di Dio. L’immagine
e la somiglianza, però, abbiamo visto nella citazione tratta dall’Evangelium
vitae, si trasmette all’uomo «grazie alla creazione dell’anima immortale»,
che è un modo di esistenza personale simile a quello vissuto dalle Persone
eterne. È in questo senso che «si motiva la sua dignità e superiorità sul resto
del creato e si mostra la capacità trascendente della sua ragione»370, ed è
così che la meta-fisica – nel senso etimologico della parola, cioè di ciò che
va oltre la realtà fisica371 – «non va vista in alternativa all’antropologia,
giacché è proprio la metafisica che consente di dare fondamento al concetto
di dignità della persona in forza della sua condizione spirituale»372.
In un discorso del 1998 Giovanni Paolo II sembra addirittura insinuare
che l’«anima» ilemorfica aristotelico-tomista rappresenti semplicemente una
configurazione immanente, oggigiorno definibile come genoma attivato373 in
senso umano374, la cui dignità e inviolabilità sorge da una fonte onto-meta-fisica

368 GIOVANNI Paolo II, Evangelium vitae (1995), n. 43.


369 ID., «Discorso per la Sessione plenaria su “L’origine e l’iniziale evoluzione della
vita”» (Pontificia Accademia delle Scienze, 22 ottobre 1996), in SORONDO Sánchez
Marcelo (a cura di), I papi e la scienza …, n. 5.
370 GIOVANNI Paolo II, Fides et Ratio (1998), n. 60.

371 Cf. IONESCU Nae, Tratat de metafisică,43.

372 GIOVANNI Paolo II, Fides et Ratio (1998), n. 83.

373 Cioè partecipe, assieme all’ambiente, ai processi fenotipici di un sistema


biologico. Cf. OYAMA Susan, The Ontogeny of Information. Developmental Systems
and Evolution, Duke University Press, Durham 20002, 16.
374 Cf. SOMFAI Béla, «Embryonic Stem Cell Research and the Protection of Human
Life», in Studia Universitatis Babeș-Bolyai, Theologia Catholica 51/1 (2006) 14.
L’Autore, però, sebbene affermi che il codice genetico «debba essere attivato» perché si
possa parlare di “pre-embrione”, considera che l’ontogenesi dell’individuo umano «inizi
con l’impianto».
99

(sopranaturale): l’anima personale immortale375. É interessante notare che il più


delle volte nei documenti magisteriali si enfatizza più l’aspetto spirituale
dell’anima più che quello razionale e, quando si fa riferimento all’embrione
umano, si evita il termine mente e si preferisce, appunto, quello d’anima
spirituale. Perché? Semplicemente perché la mente, sebbene sia un attributo
dinamico della natura umana, nelle fasi iniziali della vita non è ancora
presente376, oppure addirittura in certi individui umani difettosi non riesce ad
attualizzarsi, mentre l’anima personale immortale allude ad una trascendenza
soprannaturale che fa sì che l’individuo umano sia persona anche allorquando
non sembra essere umano. E, siccome nella tradizione occidentale essere
immagine di Dio è stato interpretato come sinonimo di razionalità377, Giovanni
Paolo II si sentì in dovere di ribadire un aspetto non sufficientemente compreso
dalla contemporaneità:
[…] la dignità della persona non è nozione derivabile soltanto
dall’affermazione biblica secondo cui l’uomo è creato “ad immagine e
somiglianza” del Creatore, ma è concetto radicato nel suo essere
spirituale, grazie al quale egli si manifesta come essere trascendente
rispetto al mondo che lo circonda378.

«La dignità oggettiva», affermerà un anno dopo Giovanni Paolo II,


«è fondata nella spiritualità che è propria dell’anima, ma che si estende alla

375 Cf. GIOVANNI Paolo II, «La conquista del nuovo continente del sapere, che è il
genoma umano, dischiuda possibilità di vittoria sulle malattie e non avalli un
orientamento selettivo degli esseri umani», Ai partecipanti alla IV Assemblea generale
della Pontificia Accademia per la Vita, 24 febbraio 1998, in Insegnamenti di Giovanni
Paolo II, XXI, 1, 1998, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000, n. 4; cf. CTI,
«Comunione e servizio …», n. 30.
376 Cf. HOŁUB Grzegorz, «Being a Person and Acting as a Person», in Forum
Philosophicum 13 (2008) 270.
377 Cf. JEEVES Malcolm, BROWN S. Warren, Neuroscience, Psychology, and
Religion. Illusions, Delusions, and Realities about Human Nature, Templeton
Foundation Press, West Conshohocken (PA) 2009, 121-122.
378 GIOVANNI Paolo II, «“La vita vincerà”. Ai partecipanti alla settima Assemblea
generale della Pontificia Accademia per la Vita», 3 marzo 2001, in Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, XXIV/1, 2001, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2003,
n. 4.
100

sua corporalità, che né è componente essenziale»379. La Donum vitae


(1987), di cui la Dignitas personae vuole essere un aggiornamento, aveva
dedotto l’idea generica secondo cui il valore d’ogni individuo dipende da
una sua dimensione ontologica380. Che cos’è, a che cosa si riferisce, questa
dimensione ontologica?
La titubanza del Magistero su questo punto è dovuta al fatto che non sa
a che cosa dare la preminenza, alla razionalità umana intesa nel senso
contemporaneo del termine (trascendenza immanente, ossia materialismo non
riduzionista)? Oppure all’anima personale immortale (trascendenza
soprannaturale, ossia dualismo sostanziale)? Se si sceglie la prima variante,
allora la razionalità ha bisogno di un cervello funzionante, per cui l’embrione,
ma anche altri individui umani difettosi, non possono avere una mente. La
seconda variante, quella dell’anima personale immortale, sembra più
consonante con la situazione dell’embrione e d’alcune categorie d’individui
umani col cervello menomato, però non è accolta dalla sensibilità
contemporanea. Se, finalmente, si vuole una posizione di mezzo, cioè si
accoglie l’ilemorfismo, ci si rende conto che neanche in questo caso si può
essere neutri: o si accetta un materialismo non riduzionista nel senso aristotelico
del termine, oppure si è dualisti mascherati come Tommaso d’Aquino381.

379 ID., «“La Chiesa rivendica per ogni esere umano il diritto alla vita in nome della
verità dell’uomo e a tutela della sua libertà”. Ai partecipanti all’VIII Assemblea
generale della Pontificia Accademia per la Vita», 27 febbraio 2002, in Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, XXV/1, 2002, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, n.
3.
380 Cf. CDF, Dignitas personae (2008), n. 5.

381 Cf. ROVIGHI Vanni Sofia, Introduzione a Tommaso …, 90; cf. KENNY Anthony,
Aquinas on Mind, 137; cf. PASNAU Robert, Thomas Aquinas …, 377-378; cf. QUINN
Patrick, «Aquinas’s Views on Mind and Soul: Echoes of Platonism», in Verbum
Analecta Neolatina 6/1 (2004) 85-93; cf. ID., «St. Thomas Aquinas’s Concept of the
Human Soul and the Influence of Platonism», in ELKAISY-FRIEMUTH Maha, DILLON M.
John (edited by), The Afterlife of the Platonic Soul. Reflections of Platonic Psychology
in the Monotheistic Religions, Brill, Leiden & Boston 2009, 179-185; cf. HYDE Krista,
Thomas Aquinas: Soul-Body Connection and the Afterlife, A Thesis Submitted to The
Graduate School at the University of Missouri in partial fulfillment of the requirements
for the degree Master of Arts in Philosophy, St. Louis 2012,29.
101

È questa la ragione per cui la Donum vitae evita di definire che


l’embrione è persona. Ciononostante, ci assicura la Dignitas personae
continuando a citare la Donum vitae, esiste un fondamento ontologico in
grado di assicurare la dignità d’ogni essere umano. Si tratta dell’anima
immortale che, tuttavia, «non può essere rilevata dall’osservazione di nessun
dato sperimentale»382. Abbiamo visto che la regola generale, stabilita dalla
Donum vitae, è che il valore (la dignità) d’ogni essere umano dipende dalla
sua dimensione ontologica, rappresentata, come si è visto, dall’anima
immortale.
Stranamente, tuttavia, la Dignitas personae, quando si tratta di
considerare i casi specifici, non afferma, come ci si aspetterebbe, che
l’embrione è degno perché è persona umana, bensì sentenzia in una forma
misteriosa: «l’embrione umano, quindi, ha fin dall’inizio la dignità propria
della persona»383. Il che equivale più o meno ad una frase come questa: non
sappiamo se l’embrione sia o no ontologicamente persona, ma, fino a prova
contraria, è meglio che moralmente gli si accordi un rispetto equiparabile a
quello dovuto agli individui umani che siamo certi siano persone. Il
Magistero sembra dubitare che l’embrione abbia un’anima personale. Non
sta però qui il problema, bensì nell’impossibilità di assegnare alla stessa
«anima» la funzione di forma della natura umana (genoma) e di personalità
immortale384.
Questa inavvertenza porta ad un’affermazione apparentemente
tautologica: «Il rispetto di tale dignità compete a ogni essere umano, perché
esso porta impressi in sé in maniera indelebile la propria dignità e il proprio
valore»385. Il senso profondo di quest’affermazione si comprende meglio al
n. 8, dove si specifica che «il valore inviolabile dell’uomo» è dovuto alle
due dimensioni di cui attualmente è costituito, quella umana (animale

382 CDF, Dignitas personae (2008), n. 5.


383 Ibid.
384 Cf. OYAMA Susan, The Ontogeny of…, 26.
385 CDF, Dignitas personae (2008), n. 6.
102

razionale) e quella divina (persona), perché trascende l’animalità grazie alla


sua natura umana, e la morte grazie alla sua anima personale immortale.
L’uomo, in altre parole, «possiede una vocazione eterna ed è chiamato a
condividere l’amore trinitario del Dio vivente»386. Questa formulazione ci
ricorda un po’ un’espressiva metafora di un famoso rabbino-filosofo:
Cittadini di due regni, noi dobbiamo mantenere una doppia
fedeltà: sentire l’ineffabile nell’uno; definire, utilizzare il reale
nell’altro. Tra questi due regni costruiamo un sistema di riferimenti,
ma non riusciamo mai a colmare la distanza che li separa. Essi sono
lontani e vicini tra loro quanto lo sono il tempo e il calendario, il
violino e la melodia, la vita e ciò che sta al di là dell’ultimo respiro387.

Solo così si comprende perché il valore (la dignità) «si applica


indistintamente a tutti. Per il solo fatto d’esistere, ogni essere umano deve
essere pienamente rispettato. Si deve escludere l’introduzione di criteri di
discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico,
psichico, culturale o allo stato di salute»388. La dimensione naturale (natura
umana) e quella soprannaturale (anima personale immortale), ci aiutano a
«comprendere meglio in quale senso gli atti che consentono all’essere
umano di venire all’esistenza, nei quali l’uomo e la donna si donano
mutuamente l’uno all’altra, sono un riflesso dell’amore trinitario»389.

2.2.2 Dio, fonte prima e ultima della dignità umana

L’uomo, se dobbiamo dare ragione a Pascal, è la creatura più tragica


e più nobile di tutto l’universo materiale390. Il pensiero, cioè la capacità di

386 Ibid., n. 8.
387 HESCHEL Abraham Joshua, L’uomo non …, 24; cf. CASPAR Philippe, «La
problématique de l’animation de l’embryon. Survol historique et enjeux dogmatiques»,
in Nouvelle Revue Théologique 113 (1991)410.
388 CDF, Dignitas personae (2008), n. 8.

389 Ibid., n. 9.

390 Cf. PASCAL Blaise, Pensieri, n. 347.


103

cogliere in anticipo la drammaticità della propria morte, fa di lui un essere


tragico-nobile («l’Esserci muore effettivamente fin che c’è […]»391).
La sua vera e profonda dignità, però, non può sorgere dal dominio
392 –
despotico sugli altri esseri viventi i quali francescanamente (e
evoluzionisticamente) sono i fratelli più piccoli393; né semplicemente
dall’appartenenza ad una natura razionale – in base alla quale il massimo
che si possa sperare è avere la tragica coscienza di una dignità di canna
pensante.
La sua vera dignità (ontologica), invece, trae linfa dall’Essere
personale trascendente, l’unico in grado di avvalorare – immortalando394,
cioè rendendo personale – la natura razionale di questo mendicante di senso,
emergente dal seno della «sora madre Terra», fratello di «tutte le creature» e
impregnato della polvere delle «sorelle stelle», per esprimerci con le parole
di San Francesco d’Assisi395. Gli atomi del suo corpo396, quali testimoni
della vittoria del cosmo sul caos del nulla, e l’innumerevole successione di
esseri vivi, nascosti tra le pieghe evolutive della sua struttura biologica397,
cioè tutta la creazione in lui concentrata e da lui rappresentata398 attende

391 HEIDEGGER Martin, Essere e tempo, 307.


392 Cf. WHITE Lynn, Jr., «The Historical Roots of Our Ecologic Crisis», in Science
135 (1967) 1206; cf. RUIZ DE LA PEÑA Juan Luis, Immagine di Dio …, 28, 38.
393 Cf. SCHWEITZER Albert, An Antology, 269; cf. ZAGORAC Ivana, «St. Francis of
Assisi: Bioethics in European Middle Ages», in MUZUR Amir, SASS Hans Martin (eds.),
Fritz Jahr and the Foundations of Global Bioethics: The Future of Integrative Bioethics,
LITVerlag, Zürich & Berlin 2012, 73.
394 Cf. SOGGINJ. Alberto, «“Ad immagine e somiglianza di Dio” (Gen. 1,26-27)», in
ASSOCIAZIONE BIBLICA ITALIANA, L’uomo nella Bibbia e nelle culture ad essa
contemporanee, Atti del Simposio per il XXV dell’A.B.I, Paidea, Brescia 1975, 77.
395 Cf. Fonti Francescane, n. 263.

396 Cf. WARNER Keith Douglass, «Made of the Stuff of Stars», in Conversations on
Jesuit Higher Education 33 (2008)43.
397 Cf. ELLIS F. R. George, «Top-down causation and emergence: some comments
on mechanisms», in Interface Focus 2 (2012) 126-127, 129-130; cf. SHUBIN Neil, Your
Inner Fish. A Journey into the 3.5-Billion-Year History of the Human Body, Pantheon
Books, New York 2008, 182-183.
398 Cf. PAOLO VI, Gaudium et spes (1965), n. 14.
104

«con impazienza la rivelazione dei figli di Dio», ossia «la redenzione del
corpo» (Rm 8, 19. 23)399. In un universo creato da Dio e che, attraverso la
persona umana, si dirige verso Dio, la «sora morte corporale», come recita il
Cantico delle creature, perde la sua tragicità e altro non fa che fungere da
filtro tra i due mondi, liberando l’io meta-fisico dalle categorie di questo
mondo e trasformandolo in «corpo spirituale», veicolo che consente il
superamento della spazio-temporalità e crea le premesse per l’incontro con
«il Bene, il Sommo Bene», la Fonte suprema della dignità. L’essere umano,
infatti, ce lo ricorda Benedetto XVI, è «più grande di ciò che forma il suo
corpo», «è molto di più di una singolare combinazione di informazioni
genetiche»: è «una nuova creazione»400.
La persona umana, secondo Dignitas personae, è contemplata nel
«mistero della Resurrezione»401 e, in quanto anima personale immortale,
sentenzia la Donum vitae, può godere «della comunione beatifica con
Dio»402.
Una «nuova creazione», quindi, non significa unicamente avere la
capacità di trascendere il mondo grazie ad un’elevata organizzazione della
materia, come è il caso della capacità astrattiva del pensiero umano
(trascendenza dal basso per via evolutiva), bensì anche di possedere, per
grazia, la capacità di trascendere effettivamente l’universo materiale per
mezzo di una coscienza personale immortale, che è in una continua tensione

399 Sappiamo, però, che per Paolo «la redenzione del corpo» si attualizza in un
«corpo spirituale» (1Cor 15,44) - ossia in una forma personale purificata dai
rivestimenti fisiologici - un’espressione, a nostro avviso, molto azzeccata perché
sorprende contemporaneamente sia l’immaterialità dell’altra dimensione, sia i confini
che impediscono la diluizione della coscienza personale in un oceano nirvanico.
400 BENEDETTO XVI, «Torna il pericolo di una vita “Non degna di essere vissuta”»,
Ai partecipanti della Pontificia Accademia per la Vita, 21 febbraio 2009, in
Insegnamenti di Benedetto XVI, V, 1, 2009 (gennaio-giugno), Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 2010, 285-286.
401 CDF, Dignitas personae (2008), n. 3.

402 ID., Donum vitae (1987), Introduzione, n. 1.


105

verso il suo Telos ultimo (trascendenza dall’alto)403. Essere creati da Dio ed


avere uno status speciale nell’universo materiale, allora, non basta per
fondare saldamente la dignità personale. Ci vuole qualcos’altro, cioè è
necessario che il nucleo personale («essential selfhood», «core person»404)
sopravviva alla morte corporea e continui la sua esistenza nell’eternità,
altrimenti Dio dovrebbe creare le persone ex novo alla risurrezione405.
Gli antichi Ebrei406, infatti, sembravano più propensi verso una
dignità corporativa (una specie di sopravvivenza nei propri discendenti407)
più che verso una dignità personale ontologica. Questo non perché l’ebreo
non era interessato alla dignità personale, bensì perché, in un contesto
culturale in cui ancora non si parlava né dell’immortalità dell’anima né della
risurrezione, l’unico modo per esprimere la propria dignità era quello di far

403 «[…] Dio è la persona per eccellenza, il primo ed il fondamentale esemplare


dell’essere persona, […] e le più importanti caratteristiche del nostro essere persona
sono caratteristiche che abbiamo in comune con lui». PLANTINGA Alvin, «Advice to
Christian Philosophers», in Faith and Philosophy 1 (1984)264-265. (trad. nostra)
404 Cf. HASKER William, Metaphysics. Constructing a World View, InterVarsity
Press, Downers Grove (Illinois) & Leicester 1983, 80; cf. MORGAN D. Dennis, «The
Soul as the Person Who Experiences the Brain’s Psychological Functioning», in
Edification. The Transdisciplinary Journal of Christian Psychology 5/1 (2011) 48.
405 Cf. POJMAN P. Louis, Philosophy of Religion, McGraw-Hill, New York 2000,
105; cf. LUND H. David, Persons, Souls and Death. A Philosophical Investigation of an
Afterlife, McFarland, Jefferson & London 2009, 18; cf. EVANS C. Stephen, CANTRELL
A. Michael, «Interview with C. Stephen Evans: Humanizers versus Limiters of Science,
the Role of Philosophical Assumptions in Psychology and Reasons for Dualism», in
Edification. Journal of the Society for Christian Psychology 3/2 (2009) 63; cf.
ANDRADE Gabriel, «Immortality», in Internet Encyclopedia of Philosophy,
http://www.iep.utm.edu/immortal/, consultato il 25/11/2012.
406 E qui giustamente i biblisti ed i teologi contemporanei ci ricordano che
(generalmente) per l’uomo veterotestamentario l’anima umana altro non è che la stessa
corporeità nella sua interazione, molteplice ed intelligente, col mondo circostante,
animosità che però si spegne con la decomposizione del cadavere o che, al massimo,
sopravvive nell’enigmatico stato di refaim (ombra) nello sheol. Cf. MORALDI Luigi,
L’aldilà dell’uomo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1985, 130; cf. RUIZ DE LA
PEÑA Juan Luis, Immagine di Dio …, 16-19; cf. JOHNSTON S. Philip, Shades of Sheol.
Death and Afterlife in the Old Testament, Apollos, Downers Grove (Illinois) 2002, 27,
70-77, 128-142.
407 Cf. POLLACK Robert, «DNA and Neshamah. Locating the Soul in an Age of
Molecular Medicine», in Cross Currents 52/2 (2003) 241.
106

uso della regalità mandataria, presumibilmente rappresentata dal concetto


biblico di immagine, regalità che, però, con la morte, svaniva insieme al
cadavere nel regno delle ombre, nello sheol.
Solo venendo in contatto con altre culture, ed in seguito a varie
vicende storiche, gli Ebrei cominciarono a riflettere sulla risurrezione dai
morti e/o sull’immortalità dell’anima408.
Si comprende, allora, che la rivelazione, nel senso più largo della
parola, non è un monologo, né un libro già scritto, calato dall’alto, bensì un
dialogo tra due protagonisti: Dio, che cerca di farsi capire, e l’umanità –
tutta l’umanità409 – che, spinta dal desiderio di trovare la sua origine e la sua
destinazione ultima, cerca di integrare la propria storia in un contesto
trascendente. Gran parte dei teologi e dei biblisti del secolo scorso, però,
fraintendendo la ragione per la quale il teologo O. Cullmann aveva scritto il
libro Immortalità dell’anima o risurrezione dei morti?410, non solo
cominciarono a svalutare la tesi dell’immortalità dell’anima quale variante
integrativa della risurrezione dai morti, ma arrivarono a considerarla
contraria ad essa e non biblica411, come se l’idea della risurrezione dai morti
fosse stata di origine prettamente ebraica e non, invece, assimilata dalle
culture circostanti412. La Donum vitae, infatti, mette in risalto tutte e due le
facce della medaglia: «La vita umana è sacra perché fin dall’inizio comporta

408 Cf. GRABBE L. Lester, Wisdom of Solomon, T&T Clark, New York 1997, 53.
409 Cf. HESCHEL Abraham Joshua, Dio alla ricerca dell’uomo, Borla Editore, Torino
1969, 44-45.
410 Cf. BOYD H. Jeffrey, «One’s Self-Concept …»,216.

411 Cf. RATZINGER Joseph, Eschatology …, 104-105; cf. BARR James, The Garden
of Eden and the Hope of Immortality, Fortress Press, Minneapolis 1993, 1-2; cf.
RUNGGALDIER Edmund, «Immortality and …», 1157.
412 Cf. JOHNSTON S. Philip, Shades of Sheol …, 235-237; cf. CHARLESWORTH H.
James, «The Origin and Development of Resurrection Beliefs», in CHARLESWORTH H.
James et al. (edited by), The Origin and the Future of the Biblical Doctrine, T & T
Clark International, New York & London 2006, 218-232; cf. MOREMAN M. Christopher,
Beyond the Threshold Afterlife Beliefs and Experiences in World Religions, Rowman &
Littlefield Publishers, Lanham (Maryland) 2008, 38-51.
107

“l’azione creatrice di Dio” e rimane per sempre in una relazione speciale


con il Creatore, suo unico fine»413.
Questa complementarità non sfugge neanche alla Dignitas personae.
L’uomo, in quanto parte dell’universo materiale, gode dello stesso
qualificativo usato per descrivere l’intera creazione: «Dio vide quanto aveva
fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gn 1, 31)414; quando lo si considera,
però, nella sua qualità di persona, cioè nell’ottica del suo destino ultimo, il
suo valore diventa «inviolabile»: «egli possiede una vocazione eterna ed è
chiamato a condividere l’amore trinitario del Dio vivente»415. Il suo essere
persona (dimensione qualificata come «divina»416, «sovrannaturale»417)
impregna la sua umanità (cioè la sua dimensione bio-logica418) cosicché ciò
che ad una prima lettura potrebbe sembrare una tautologia419, in realtà allude
ad una trascendenza celata: «Il rispetto di tale dignità compete a ogni essere
umano, perché esso porta impressi in sé in maniera indelebile la propria
dignità e il proprio valore»420. La trascendenza della persona, dunque, non si
esaurisce solo nei limiti categoriali dell’universo materiale, bensì, grazie
all’alleanza stabilita con il Creatore, si spinge oltre i limiti entro i quali la

413 CDF, Donum vitae (1987), Introduzione, n. 5.


414 Cf. ID., Dignitas personae (2008), n. 7. Certamente qui il documento forza un
po’ il testo biblico poiché, in realtà, Dio qualifica come «molto buona» tutta la
creazione, e non solo l’uomo; questa forzatura, tuttavia, è giustificata poiché noi, in
quanto immagine e somiglianza, siamo stati separati dal resto della creazione e resi
partecipi all’eternità e alla santità di Dio. Il racconto genesiaco della cosiddetta
«creazione dell’uomo», in effetti, esprime una verità molto più sottile: l’uomo biologico,
il ricercatore di senso, nel concludere l’alleanza con Dio, è stato ri-creato, eletto, reso
immagine e somiglianza, persona tra le Persone.
415 Ibid., n. 8.

416 Cf. ibid.


417
Cf. ibid., n. 9.
418
Cf. ibid.
419 Cf. THAM Joseph, «Human Dignity …», 14.

420 CDF, Dignitas personae (2008), n. 6.


108

mente spazio-temporale riesce a indagare, in vista del completamento finale


nella dimensione della vita eterna421.
Sfortunatamente, come giustamente evidenziano due autori
metodisti422, la contemporaneità, a motivo di una tendenza antropologica
inaugurata da Pico della Mirandola ed esacerbata da Kant, invece di derivare
la consistenza ontologica e valoriale della persona umana da un contesto più
profondo e più ricco, consonante con la tradizione cristiana del passato, ha
sradicato/decontestualizzato l’uomo da ogni humus meta-fisico e, nel nome
dell’autonomia423, lo ha gettato in una solitudine prometeica, in una
situazione paradossale, cosicché è la sua stessa dignità a minacciarlo
assumendo, nella pseudo-teoria della qualità della vita, la forma di un vero
letto di Procuste. Heidegger, un fine ermeneuta della nietzschiana morte di
Dio, commentava: «Se Dio, quale fondamento e traguardo di qualsiasi
realtà, è morto, se il mondo sovrasensibile delle Idee ha sofferto la perdita
della propria obbligatorietà e soprattutto del suo potere vitalizzante ed
edificante, allora all’uomo non rimane più niente a cui possa aggrapparsi
[…]»424. Ironia della sorte è che il filosofo Gianni Vattimo, illudendosi di
battere lo stesso sentiero inaugurato da Heidegger, si è spinto fino

421 «L’uomo […] è chiamato ad un dialogo personale con il Creatore. Perciò egli
possiede una dignità superiore per essenza alle altre creature visibili, viventi e non
viventi. Come tale è chiamato a collaborare con Dio […] ed è destinato, nel disegno
redentivo, a rivestire la dignità di figlio di Dio.
Questo livello di dignità e di qualità appartiene all’ordine ontologico ed è costitutivo
dell’essere umano, permane in ogni momento della vita, dal primo istante del
concepimento fino alla morte naturale, e si attua in pienezza nella dimensione della vita
eterna». GIOVANNI Paolo II, «La salute, pur non essendo un bene assoluto, esige una
precisa responsabilità morale da parte di ciascuno», Messaggio ai partecipanti al
Congresso di studio promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita sul tema „Qualità
della vita ed etica della salute”, 19 febbraio 2005, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II,
XXVIII, 2005, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006, n. 3.
422 Cf. SOULEN R. Kendall, WOODHEAD Linda, «Introduction: Contextualizing
Human Dignity», in SOULEN R. Kendall, WOODHEAD Linda (eds.), God and human
dignity, Wm. B. Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids (MI) 2006, 9-11.
423 Cf. SCHWARTZ Barry, «The Tyranny of Choice», 75.

424 HEIDEGGER Martin, The Question concerning Technology, and Other Essays,
Garland Publishing Inc, New York & London 1977, 61. (trad. nostra)
109

all’azzardato tentativo di rinchiudere l’apofatico essere come evento


heideggeriano425 dentro la sua ermeneutica nichilistica «emancipatrice» (da
leggersi cameleontista), che alla mente della società liquida potrebbe
apparire come una specie di frullatore in cui ognuno aggiunge gli ingredienti
dei propri valori, a seconda dei propri gusti, ma che nelle pompose parole
del nostro «filosofo-ermeneuta» diventa strumento per mezzo del quale «i
valori devono essere inventati da capo, incessantemente»426. Ora, per quanto
possa essere vero che l’idea di un Dio onnipotente, onnisciente e
provvidente mal s’accorda con l’incommensurabile sofferenza provocata dal
brutale e dispendioso processo della selezione naturale427, finché «il velo
rimane sull’immagine eterna» «il senso della creazione» in un certo senso
«resta inspiegabile»428, ma non del tutto oscuro, poiché «un richiamo
silenzioso, in una lingua che richiederebbe tutta la nostra vita per essere
tradotta» «rimanda ad una trascendenza che è presente fra noi»:
Dio è silenzioso, e tutto ciò che al mondo vale è denso di
silenzio. Su queste vie poco frequentate, dove è così agevole giocare
con la luce e con l’ombra, fioriscono abbondantemente la malafede e
l’impostura. E’ da questi luoghi, tuttavia, che si irraggia la suprema
dignità dell’uomo429.

L’estinzione/mutazione della natura umana ormai non è più solo un


tema da romanzo fantascientifico, bensì una possibilità reale, poiché

425 Cf. SCHINDLER D. C., «Hans Urs von Balthasar, Metaphysics, and the Problem
of Onto-theology», in Analecta Hermeneutica 1 (2009) 104.
426 Cf. VATTIMO Gianni, «Nihilism as Emancipation», in Cosmos and History: The
Journal of Natural and Social Philosophy 5/1 (2009) 20-23.
427 Cf. BONTEKOE Ron, The Nature of Dignity, Lexington Books, Plymouth 2008,
14.
428 VON BALTHASAR Hans Urs, Il cuore del mondo, Fabbri Editore, Milano 1997, 22;
cf. ARNOULD Jacques, «Quelle théologie après Darwin?», in Connaître, n° 26-27,
septembre 2007, 89.
429 MOUNIER Emmanuel, Il Personalismo, Edizioni AVE, Roma 200412, 81, 103 e
109.
110

abbiamo i mezzi per farlo430. Evitare di farlo è possibile, però solo a


condizione che l’umanità si impegni seriamente nella fatica di
contestualizzazione della dignità della persona umana.
L’umanità dovrà decidere, in definitiva, se la dignità umana sia una
nozione derivativa che si rifà ad una nozione più primitiva e centrale
dell’essere umano creato ad immagine e somiglianza di Dio oppure se, al
contrario, si tratti di un concetto del tutto autonomo, come vuole la
tradizione moderna431. La prima opzione, quella della fondazione della
dignità umana in Dio, è stata catalogata come «ostensiva» e, perciò,
considerata «debole», poiché sarebbe evidente solo a coloro che ci credono
senza alcuna previa dimostrazione432. La seconda, invece, si rivela ancor più
problematica poiché – anche se prendessimo come vera l’affermazione
secondo cui la consistenza del cosiddetto «Fattore X» (la dignità umana)433
dipenda, non solo da una, bensì da tutto un insieme di qualità – nel
momento stesso in cui osassimo mettere tra parentesi la «fiducia originaria
in Qualcuno»434, la persona umana diverrebbe simile ad una pianta ben
radicata nel suolo, ma priva della luce del sole, destinata, quindi, ad
ingiallire e a morire; la persona verrebbe, cioè, schiacciata sotto il cielo
plumbeo della propria visione relativistica. La nostra verità ultima è questa:
noi, in quanto persone umane, abbiamo una struttura ontologica relazionale,
cioè siamo essenzialmente dipendenti dall’Altro. E questa verità diventa
molto più evidente nelle situazioni di vulnerabilità umana435.

430 Cf. LESLIE John, The End of the World. The Science and Ethics of Human
Extinction, Routledge, London 1996; cf. FUKUYAMA Francis, Our Posthuman Future.
Consequences of the Biotechnology Revolution, Farrar, Straus and Giroux, New York
2002.
431 Cf. SOULEN R. Kendall, WOODHEAD Linda, «Introduction …», in SOULEN R.
Kendall, WOODHEAD Linda (eds.), God and …, 12.
432 Cf. ZÚÑIGA Gloria, «An Ontology …», 116-117.

433 Cf. FUKUYAMA Francis, Our Posthuman …, 171.

434 SANNA Ignazio, «La Chiesa …», 104.

435 Cf. NUSSBAUM C. Martha, The Fragility of Goodness …, 2, 318, 336, 340, 419.
111

Commenta Frattallone, professore emerito di Teologia Morale:


«Fondamento ultimo e permanente della dignità umana è il fatto che essa
deriva direttamente dalla vita, considerata come dono di Dio e come legame
permanente tra la fragilità dell’esistenza umana e la trascendenza di Dio che
sostiene nell’essere ogni persona»436. È vero, quindi, che la corporeità non è
l’unica forma di vita della persona, però rappresenta l’unico modo di
esistenza della persona umana. L’una e l’altra forma di vita, terrena ed
eterna, appartengono a Dio, per cui chi disprezza la corporeità biologica
dell’uomo, automaticamente ferisce la sua persona, contravvenendo così alla
dignità dell’intera persona umana.
437
Paradossalmente, riflettere sulla vulnerabilità dell’altro ,
specialmente di chi non è (più) in grado di difendere se stesso, ci pone
dinanzi alla nostra stessa vulnerabilità e ci obbliga a cambiare il modo di
ragionare, passando da «Chi è lui?» a «Chi sono io?», come accade
nell’episodio evangelico di Luca 10, 25-37, in cui un dottore della legge
chiede a Gesù chi fosse il suo prossimo438. La dignità umana è fondata onto
meta-fisicamente, cioè appartiene veramente alla persona umana, però ciò è
dovuto al fatto che essa in qualche modo gli è «estranea»439, cioè germoglia
e cresce in lui, ma grazie alla semente sotterrata da Colui che è la Dignità
Ultima440; essa «diventa evidente solo se Dio esiste»441, perché solo in Lui

436 FRATTALLONE Raimondo, «I presupposti biblici della inviolabilità della vita


umana nella Istruzione Dignitas personae», in RUSSO Giovanni (ed.), Dignitas
personae …, 41.
437 Cf. MARCEL Gabriel, La dignité humaine …, 168.

438 Cf. MCFARLAND A. Ian, «Who is My Neighbor? The Good Samaritan as a


Source for Theological Anthropology», in MESSER Neil (edited by), Theological Issues
in Bioethics. An Introduction with Readings, Darton Longman and Todd, London 2002,
76-84; cf. BRUNGARDT S. Gerard, «The face …», 15.
439 Cf. LEBACQZ Karen, «Alien Dignity: The Legacy of Helmut Thielicke for
Bioethics», in MESSER Neil (edited by), Theological Issues …, 50-62.
440 Cf. SIREW. James, The Universe …, 33.

441 BENEDETTO XVI, «Messaggio al Cortile dei gentili in Portogallo», in


L’Osservatore Romano, Città del Vaticano, 18 novembre 2012, 6.
112

trova «il suo ultimo fondamento»442, anche se la contemporaneità «s’illude


di poter rinnegare o dimenticare impunemente l’eterna fonte della sua
dignità»443. La nostra mentalità tecnologica non è più allenata a scendere
nella profondità della realtà per poter risalire, poi, alla verità ultima. Con un
po’ di umiltà, tuttavia, la dignità potrebbe (ri)trovare la sua sorgente ultima,
anche perché non è stata detta ancora l’ultima parola e «la natura poetica del
pensiero è ancora avvolta nell’ombra»444.

442 FAGGIONI P. Maurizio, «Da Donum vitae a Dignitas personae», in RUSSO


Giovanni (ed.), Dignitas personae …, 75.
443 PIO XII, «Il radiomessaggio natalizio al mondo. Il Santo Natale e la umanità
dolorante» (24 dicembre 1942), in Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, IV,
Quarto anno di pontificato, 2 marzo 1942 - 1° marzo 1943, Tipografia Poliglotta
Vaticana, Città del Vaticano 1955, 332.
444 HEIDEGGER Martin, L’esperienza del …, 65.
PARTE II
L’ANIMA UMANA
CAPITOLO III
L’ANIMA PERSONALE IMMORTALE

Sull’anima umana sono stati scritti innumerevoli trattati e sono sorti


infiniti dibattiti, dubbi, speranze e schemi di integrazione. La mente, sin da
tempi immemorabili, ha presupposto nell’individuo umano, oltre alla vita
terrena, la presenza di una vita che supera i confini dell’immaginabile e, per
esprimere questa nuance meta-fisica, ha concentrato le sue intuizioni in un
termine che, purtroppo, è carico di equivoci: anima445. Che cos’è l’anima
umana? Un genere di vita bio-psichica446 o un io meta-fisico immortale?
Quando parliamo dell’anima, ci riferiamo esclusivamente ad un livello di
informazione che contraddistingue una determinata entità fisica o bio
psichica447, oppure abbiamo a che fare con una dimensione personale
soprannaturale ed immortale?448
La nostra ipotesi è che le due concezioni non si escludono ma, al
contrario, necessitano un’adeguata integrazione. In questo caso, però,
bisogna concedere che si tratta di due livelli di realtà differenti,
eccezionalmente compresenti nella persona umana, uno dei quali

445 Per l’autore del libro della Sapienza, per esempio, la psiché tende a sostituire i
fattori psichici e organici della nefeš ebraica e diventa molto meno dipendente dal corpo.
L’anima, perciò, assume progressivamente il ruolo di soggetto responsabile della vita
morale, degno del premio eterno se giusto (immortalità beata) o passibile della
dannazione eterna se cattivo (sheol). Cf. RAVASI Gianfranco, «L’anima nella tradizione
biblica», in POSSENTI Vittorio (a cura di), L’anima, Mondadori, Milano 2004, 151-152;
cf. BROXTON ONIANS Richard, The Origins of European Thought: About the Body, the
Mind, the Soul, the World, Time and Fate, Cambridge University Press, Cambridge
1951,480 ss.
446 Cf. NOWACKA Maria, «Medical Sense of the Thesis on the Psychophysical Unity
of Man», in Słupskie Studia Filozoficzne nr. 10 (2011) 169-175; cf. DREHER Henry,
Mind-Body Unity. A New Vision for Mind-Body Science and Medicine, The John
Hopkins University Press, Baltimore & London 2003.
447 Cf. STUMP Eleonore, Aquinas, Routledge, London & New York 2003, 303.

448 Cf. SEIFERT Josef, «Anima, morte e immortalità», in POSSENTI Vittorio (a cura
di), L’anima, 168; cf. OAKLANDER L. Nathan, «Personal Identity …», 186.
116

rappresenta l’informazione che caratterizza l’individuo della specie bio


449 451
psichica umana («outer person» 450), mentre l’altro rappresenta
l’estensione meta-fisica dello stesso individuo, che noi chiameremo anima
personale immortale 452 , abbreviato persona immortale 453 («inner
person»454), oppure io meta-fisico immortale455.
Capovolgendo l’equazione, non è difficile rendersi conto che pure il
Verbo eterno del Padre, nonostante fosse una Persona, con l’incarnazione
assume un’estensione, bio-psichica, che gli permette di essere un vero
individuo della specie Homo sapiens, senza che con ciò sia doppiamente
persona456, a meno che per “persona” non si intenda anche la sua
individualità biologica, il che trasformerebbe le famose definizioni
cristologiche di Calcedonia (451) e Constantinopoli (553) – una Persona e
due nature (divina ed umana) – nel simbolo di un crasso fraintendimento
linguistico, dovuto ad un omonimia457. In altre parole, se il termine
“persona” fosse veramente omonimico, non sarebbe affatto sbagliato

449 Cf. OYAMA Susan, The Ontogeny of…, 26.


450 Cf. BOYD H. Jeffrey, «One’s Self-Concept …», 218.
451 Cf. IACOBELLI Pier Angelo, Bioetica della nascita e della morte, storia
(incompiuta) dell’essere umano, Città Nuova, Roma 2008, 165.
452 Si tratta di un’«entità la cui sussistenza, dopo la morte corporea, è la base
dell’immortalità personale». OAKLANDER L. Nathan, «Personal Identity …», 185. (trad.
nostra)
453 Cf. BUCHHOLD Jacques, «L’“âme” et la continuité …», 101.

454 Cf. BOYD H. Jeffrey, «One’s Self-Concept …», 218.

455 Cf. SCDF, Lettera su Alcune questioni concernenti l’escatologia (1979), punto n.
3; cf. CTI, «Problemi attuali di escatologia» (1992), in La Civiltà Cattolica I (1992) §
4.1. Il Magistero della Chiesa afferma «l’unità dell’uomo nella pluralità delle sue
dimensioni, rifiutando il dualismo crasso e la svalutazione della dignità del corpo», e
allo stesso tempo «afferma l’esistenza nell’uomo di un principio trascendente a questo
mondo, che sussiste al di là della morte in modo che si garantisca l’identità del soggetto
[…]». LADARIA F. Luis, Antropologia teologica, Edizioni Piemme, Casale Monferrato
20023, 136.
456 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica (1992), n. 466-468.

457 Cf. HUGON A. R. P. Eduardo, Cursus philosophiae thomisticae, ad theologiam


Doctoris Angelici propaedeuticus, I, Logica, Sumptibus P. Lethielleux Editoris, Parisiis
1927,49 (articulus tertius, VI. De Æquivocis).
117

suporre che il Verbo incarnato sia, allo stesso tempo, Persona divina e
persona umana, poiché in realtà si tratterebbe di due significati
completamente diversi, di cui uno meta-fisico e uno bio-logico458. Se,
invece, il suddetto termine non è omonimico e, per di più, se è vero che la
seconda Persona della Trinità non è ilemorfica e che «l’esemplarità del
Verbo sta a fondamento della metafisica cristiana»459, allora dobbiamo
ammettere che siamo dinanzi ad un concetto meta-fisico e, dunque, meta
fisicamente460 va applicato anche all’individuo umano, evitando, cioè, la sua
immanentizzazione per via dell’ilemorfismo461.
Infatti la mancata integrazione e distinzione tra questi due piani di
realtà, bio-logico e meta-fisico, sta all’origine di tutti i riduzionismi, siano
essi cosmologici o antropologici, dualistici o monistici, trascendenti o
immanenti. In questo nostro viaggio avremo modo di comprendere che
l’ilemorfismo aristotelico non può più costituire l’unico metro di misura
della realtà e che il tentativo di Tommaso di Aquino di soggiogare l’anima
(personale) soprannaturale alle regole immanenti dell’ilemorfismo
aristotelico462 oggigiorno si rivela inutile, giacché la fisica contemporanea e
l’evoluzione ci insegnano che è la materia stessa ad acquisire vari gradi di
informazione e livelli di vita.

458 Cf. CHARAMSA Krzysztof, «Alle radici della persona», 68-69; cf. MCARDLE
Patrick, «Ecce Homo …», 2-4.
459 DELIO Ilia, «Bonaventure’s Metaphysics of the Good», in Theological Studies 60
(1999) 229. (trad. nostra)
460 Cf. ZIZIOULAS D. John, «On being a person: Towards an ontology of
personhood», in SCHWÖBEL Christoph and GUNTON E. Collin (eds.), Persons: Human
and Divine, T&T Clark, Edinburgh 1991, 45.
461 Cf. KENNY Anthony, Aquinas on Mind, 28.

462 Cf. ROVIGHI Vanni Sofia, Introduzione a Tommaso …, 94-95; cf. ZAGAL Hector,
«On Intellectus Agens and Aristotelian Separate Substances: Aquinas’ Waterloo», in
Kriterion, Bello Horizonte, nº 111, Jun./2005, 127-137; cf. LAVABRE-BERTRAND
Thierry, «La conception ternaire corps/esprit/âme dans la pensée médicale au cours des
âges», in Cahiers d’études du religieux. Recherches interdisciplinaries 12 (2013),
http://cerri.revues.org/1245, consultato il 31/01/2014.
118

Il vitalismo, nel senso di un’anima-fluido che sopravviene sulla


materia per animare biologicamente, è già da tempo bandito dall’universo
fisico463, come pure il meccanicismo, poiché la materia non è più vista come
una realtà inerte, bensì come energia delimitata da vari pattern di
informazione464. Dunque, se c’è ancora una ragione per concedere la
presenza dell’anima nell’uomo, quella non può essere che meta-fisica465
poiché «l’anima ha un tipo di identità non dipendente sulle / o riducibile alle
/altre proprietà o sostanze»466.
Ora, siccome l’uomo, in quanto individuo di una specie animale
tutt’ora in evoluzione, è un’entità bio-psichica geneticamente predisposta
verso la razionalità467 e, da un altro canto, poiché la cristologia ci insegna
che il Verbo eterno del Padre è Persona meta-fisica468, indipendentemente

463 Cf. MÜLLER A. Werner, «From the Aristotelian soul to genetic and epigenetic
information: the evolution of the modern concepts in developmental biology at the turn
of the century», in Int J Dev Biol 40 (1996) 21-26.
464 Cf. OYAMA Susan, The Ontogeny of…, 159.

465 Ammesso che la nostra identità essenziale non si esaurisce nella corporeità, non
è irragionevole suporre che, meta-tafisicamente, il nostro io personale sia distinto dal
corpo cioè, mentre «io sono un’entità […] esso ne costituisce un’altra». Cf. LUND H.
David, Persons, Souls …, 20. (trad. nostra)
466 FARRIS Ryan Joshua, «The Soul Concept: Meaningfully Disregard or
Meaningfully Embrace», in Annales Philosophici 5 (2012) 67. (trad. nostra)
467 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human behaviour: the
ethical context, Nuffield Council on Bioethics, London 2002, 122.
468 Persona, secondo una definizione non ilemorfica, è «il sussistente di natura
razionale». Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3 co. Cardinal Ratzinger, in linea con
Riccardo di San Vittore, ribadisce che la relazione «non è qualcosa di aggiuntivo alla
persona, ma è la persona stessa». Si vuole sottolineare, cioè, che il concetto greco di
sostanza, adoperato da Boezio, può al massimo chiarire la natura delle entità spazio
temporali ma, allorquando è applicato alla meta-fisica, si rivela del tutto insufficiente,
anzi pericoloso, perché insinua il triteismo nella Trinità. La chiave di lettura relazionale,
invece, è molto più vicina alla concezione contemporanea della materia perché anticipa
«un’idea che è affiorata di nuovo soltanto nel nostro secolo», quando «si tentò di ridurre
la materia ad un’onda». RATZINGERJoseph, Dogma e predicazione, Queriniana, Brescia
1974, 178-179; cf. ZIZIOULAS D. John, Being as Communion, St. Vladimir’s Seminary
Press, Crestwood (NY) 1997, 40; cf. BOZACK J. Michael, «Physics in the Theological
Seminary», in JETS 36/1 (1993) 65-76; cf. DE ANGELIS Bernardo, Natura, persona,
libertà. L’antropologia di Massimo il Confessore, Armando Editore, Roma 2002, 182.
119

dalla forma (bio-psichica) umana che assume con l’incarnazione,


consideriamo si possa avanzare la seguente ipotesi: nel sintagma persona
umana, «persona» (cioè l’anima personale) si riferisce ad una nostra
dimensione meta-fisica ed immortale (io meta-fisico)469, mentre «uomo»
indica una dimensione spazio-temporale strutturata attorno a un nucleo bio
psicologico umano, ontogeneticamente attivato470.
Se si accetta questo presupposto, è sufficiente, nelle valutazioni
bioetiche, stabilire che un individuo appartiene alla specie umana per essere
certi che egli è anche persona471, dotato di un genere di vita immortale e di
una dignità ontologicamente fondata.

3.1 L’ANIMA, TRA ARISTOTELE E LA CONTEMPORANEITÀ

Sin dai tempi più antichi gli uomini hanno cercato di capire quale
fosse la natura della vita, ossia in che cosa i viventi sono simili o dissimili
rispetto agli esseri non viventi.
L’idea di base che emerge da Aristotele è che gli esseri vivi hanno
delle caratteristiche funzionali distintive: «[…] diciamo che l’essere animato

469 Cf. TALIAFERRO Charles, Consciousness and the Mind of God, Cambridge
University Press, Cambridge 1994, 173; cf. LOSSKY Vladimir, In the Image and
Likeness …, 120.
470 Un bioeticista laico allude ai due livelli – senza comprenderne il significato –
con questi termini: «[…] la persona trascende la natura fisico-organica e si colloca al di
sopra del mondo materiale, rispetto al quale finisce col ricevere una tutela del tutto
speciale che proprio la sua trascendenza le assegna. […] In realtà questa trascendenza
della persona non è condivisa da tutti: almeno una parte dei materialisti sostiene un
riduzionismo radicale e tende a spiegare sia i fenomeni biologici che quelli psicologici
come manifestazioni di processi neurologici e biochimici». FLAMIGNI Carlo, La
questione dell’embrione. Le discussioni, le polemiche, i litigi sull’inizio della vita
personale, B.C.Dalai Editore, Milano 2010, 13; vedi pure 81-82.
471 Cf. FARRIS Ryan Joshua, «The Soul Concept …», 59, 66-67; cf. ARMSTRONG
Michael Robert, Lay Christian Views of Life After Death: A Qualitative Study and
Theological Appraisal of the “Ordinary Eschatology” of Some Congregational
Christians, Durham University, Durham 2011, 64, 70-71, http://etheses.dur.ac.uk/3274/,
consultato il 11/12/2012.
120

si distingue dall’inanimato per il fatto che vive. E poiché vivere si dice in


molti sensi, noi affermiamo che un essere vive se ad esso appartiene anche
una sola di queste caratteristiche, e cioè l’intelletto, la sensazione, il moto e
la quiete nel luogo, e inoltre il mutamento nel senso della nutrizione, la
decrescita e la crescita»472. Se poi qualcuno volesse sapere qual è la
caratteristica comune ad ogni specie di anima, lo Stagirita gli risponderebbe
che «essa è l’atto primo di un corpo naturale dotato di organi»473. Ma che
cosa vuol dire «atto»? Nell’originale greco leggiamo «ἐντελέχεια», concetto
che Aristotele ha appositamente coniato ma mai definito474. Esso rimanda a
due concetti differenti, «ἐνέργεια», operosità o attività, e «τέλος»,
perfezione o completezza. Il latino «actus», purtroppo, non riesce a rendere
questa dinamicità 475 . Esso, infatti, è la traduzione sia del concetto
«ἐνέργεια» sia dell’«ἐντελέχεια» e, per quanto riguarda quest’ultimo,
presuppone che ci sia un punto in cui l’operosità s’incontra con la
perfezione, momento a partire dal quale sorge qualcosa di determinato.
L’«ἐντελέχεια», invece, non punta tanto ad una determinatezza ferrea
quanto piuttosto ad una fatica perseverante («ἐνέργεια») in vista del
τέλος476, proprio e della natura-physis. Afferma lo Stagirita:
Infatti la funzione più naturale degli esseri viventi, di quelli
che hanno raggiunto lo sviluppo e non sono menomati o non derivano
da generazione spontanea, è di produrre un altro individuo simile a sé:
l’animale un animale e la pianta una pianta, e ciò per partecipare, nella
misura del possibile, dell’eterno e del divino. In effetti è a questo che
tutti gli esseri tendono ed è per questo fine che operano gli esseri
secondo natura (“fine” ha due significati: “ciò in vista di cui” e “colui
a vantaggio del quale”). Poiché dunque questi esseri non possono
partecipare con continuità dell’eterno e del divino, in quanto nessun

472 ARISTOTELE, L’anima, 413a20-30.


473 Ibid., 412b5.
474 Cf. BOS P. A, The Soul …, 8.

475 Cf. BUCHANAN Emerson, Aristotle’s Theory …, 7-8.

476 Cf. SACHS Joe, Aristotle’s Physics …, 31. cf. ID., Aristotle: Motion …,
http://www.iep.utm.edu/aris-mot/,
134-135. consultato il 13/10/2010; cf. BOS P. A, The Soul …,
121

essere corruttibile è in grado di sopravvivere identico e uno di numero,


ciascuno si accomuna per quanto gli è possibile partecipare, chi più e
chi meno, e sopravvive non in se stesso, ma in un individuo simile a sé,
non uno di numero, ma uno nella specie477.

È del tutto inutile, a suo avviso, indagare se l’anima e il corpo


formino un tutto’uno o siano in qualche modo separate, così come è
superfluo chiedersi se la cera e la sua determinazione spazio-temporale o, in
senso più generale, se una materia determinata (forma) e il suo sostrato (la
materia prima) formino un’unità, perché ciò definisce veramente l’essere
concreto, almeno nel senso in cui lo sperimentiamo noi, è l’«ἐντελέχεια»,
ossia l’operosità perseverante con cui esso cerca di mantenere la propria
individualità (forma) mentre passa per la porta stretta della natura. Per
rendere l’idea, Aristotele porta due esempi. Quando la scure perde la sua
essenza, cioè non serve più a tagliare, non è più scure, eccetto che per
omonimia; ugualmente, quando l’occhio perde la capacità di vedere, non è
più occhio se non per omonimia. «Ora – conclude egli il suo ragionamento –
ciò che vale per una parte bisogna estenderlo all’intero corpo vivente»478.
Lo Stagirita, man mano che chiarisce il suo concetto di anima, cerca
di confutare le due dottrine principali che aveva preso in considerazione nel
primo libro della sua De anima: il materialismo di tipo meccanicista e il
dualismo sostanziale. Contro i materialisti rozzi, egli è intenzionato a
dimostrare che l’anima è più della materia e, contro i dualisti, che la mente
non esiste senza la materia. Spiega Shields:
Così, una donna cristiana potrebbe chiedere al suo
sacerdote se fosse possibile incontrare il suo cane e fedele amico in
cielo, tanto per aprire una conversazione sul fatto se i cani hanno

477 ARISTOTELE, L’anima, 415b5-10. L’immortalità bio-ilemorfica, dunque, non ci


appartiene. È un’immortalità “speciale” poiché, attraverso la generazione, assicura la
sopravvivenza della specie: «il figlio […] dilata il nostro spazio e il nostro tempo oltre il
nostro esserci e garantisce la nostra carnale immortalità». FAGGIONI P. Maurizio,
«Misteriosa potenza della persona», in CIARDELLA Piero, GRONCHI Maurizio (a cura di),
Il corpo, Paoline, Milano 2006, 62.
478 ARISTOTELE, L’anima, 412b20.
122

un’anima. Il suo sacerdote potrebbe risponderle che solo le creature


dotate di un’anima razionale, in grado di fare delle scelte libere, sono
immortali, per cui, anche se ammettessimo un’anima nei cani, essi non
possono andare in cielo. Cartesio, evidentemente, ebbe un parere
ancora più severo: per lui i brutti sono semplicemente delle macchine
senz’anima. Per Aristotele tutte e due le affermazioni sono sbagliate in
partenza […]479.

Da quale punto di vista considera Aristotele l’anima? Risposta:


«[…] per lui la parola “anima” è sinonimo della parola “vita”. Perciò, le
manifestazioni più elevate della vita mentale sono incluse tra le attività
vitali. Aristotele, dunque, considera la psicologia dal punto di vista della
biologia»480.
Nel 2010, dopo che Craig Venter e colleghi avevano reso pubblico,
sulla rivista Science, di aver creato la prima cellula controllata da un
genoma sintetico, il bioeticista americano A. Caplan commentava:
Venter ed i suoi colleghi hanno dimostrato che il mondo
materiale può essere manipolato per produrre ciò che noi
riconosciamo come vita. Così facendo, essi hanno posto fine al
dibattito sulla natura della vita che dura da miglia di anni. […] La
cristianità, l’islam ed il giudaismo, tra le altre religioni, hanno
sostenuto che l’anima è l’essenza esplicativa perlomeno della vita
umana. Tutte queste visioni metafisiche profondamente radicate sono
messe in dubbio dalla dimostrazione che la vita può essere creata da
frammenti non viventi, anche se prelevati da una cellula481.

479 SHIELDS Christopher, Aristotle, Routledge, London and New York 2007, 271.
(trad. nostra)
480 HAMMOND William Alexander (translation, introduction and notes), Aristotle’s
Psychology. A Treatise of the Principle of Life, Swan Sonnenschein & Co, London 1902,
XV (trad. nostra); cf. SORABJI Richard, «Body and Soul in Aristotle», in Philosophy 49
(1974) 66; cf. SCRIVANI Francesca, “L’Uomo genera l’uomo”. Riflessioni in margine al
De generatione animalium di Aristotele, Tesi dottorale, Univeristà degli Studi di Trieste
2008/2009, 58-59.
481 CAPLAN Arthur, «The end of vitalism», in Nature 465 (2010) 423 (trad. nostra);
cf. DAVIES Paul, Dio e la nuova fisica. É concepibile la nascita dell’universo senza un
intervento soprannaturale?, Oscar Mondadori, Milano 1994, 87-105.
123

3.2 L’ANIMA FISICA, BIO-PSICHICA E META-FISICA

Partendo dal presupposto che le scienze contemporanee possiedono


una conoscenza migliore della realtà materiale rispetto a quella degli antichi
e, allo stesso tempo, coscienti che la stessa realtà materiale ha un
fondamento meta-fisico, siamo del parere che Aristotele, in un certo senso,
si trovi nell’errore quando afferma che «è esatta l’opinione di coloro i quali
ritengono che l’anima non esista senza il corpo né sia un corpo»482. Perché?
1. Bisogna riconoscere innanzitutto che, in senso generico, egli è
(quasi) corretto quando afferma che l’anima non esiste senza il corpo (essa,
infatti, è lo stesso corpo informato!). Secondo noi, però, e lo vedremo in
seguito, l’anima meta-fisica non dipende ferreamente dal corpo umano.
Evidentemente, ci riferiamo ad un’anima diversa da quella aristotelica.
2. Dal punto di vista puramente ilemorfico, invece, dobbiamo dire
che Aristotele è dualista quando afferma che l’anima non è un corpo483. La
materia in realtà ci si presenta sempre sotto la forma di un corpo484. Ogni
corpo, poi, a prescindere dalla forma esterna, possiede una configurazione

482 ARISTOTELE, L’anima, 414a15-20. Lo Stagirita è convinto che gli atomi siano
assolutamente privi di vita e, perciò, egli pensa che ci sia bisogno di un’anima per
vivificarli. L’anima, a suo parere, non può essere un corpo poiché informa e vivifica
qualcosa di diverso da sé, cioè una materia inanimata e, da un'altra parte, essendo una
sostanza incompleta, non può essere neanche separata dal composto. L’anima
nell’accezione aristotelica del termine ci sembra del tutto superflua perché la materia,
cominciando dalle particelle subatomiche sino alle configurazioni biologiche più
complesse, rivela una progressiva attività organizzativa e non c’è bisogno alcuno di
mezze-sostanze che vivifichino dei sistemi già in grado di auto-organizzarsi. Ciò vale
pure per la mente umana. Ha ragione il fisico Davies: «Così come la forza vitale è
un’aggiunta superflua perché la materia divenga animata, allo stesso modo non è
necessaria una sostanza spirituale o mentale affinché la mente acquisti consapevolezza».
DAVIES Paul, Dio e la nuova …, 120.
483 Cf. OYAMA Susan, The Ontogeny of…, 26; cf. HUGHES Christopher, «Matter and
Actuality in Aquinas», in BRIAN Davies (edited by), Thomas Aquinas. Contemporary
Philosophical Perspectives, Oxford University Press, New York 2002, 61-63, 66, 69-74;
cf. KLIMA Gyula, «Aquinas on the Materiality of the Human Soul and the Immateriality
of the Human Intellect», in Philosophical Investigations 32/2 (2009) 164, 169.
484 Cf. PASNAU Robert, Thomas Aquinas …, 44, 134.
124

interna e, al livello atomico e subatomico, è animato da un’intensa


attività485.
Aristotele, non potendo avere queste conoscenze, fonda la sua
riflessione per lo più sulle osservazioni rudimentali ed è convinto che
l’anima appartenga soltanto agli enti biologici, come se i vari tipi di vita
(anima) fossero delle entità del tutto autonome rispetto alla materia
inanimata486, che si aggiungono gerarchicamente, a seconda del genere o
della specie degli enti «dotati di organi», a mano a mano che i singoli
individui sono disposti a riceverli487.
Ma questo modo di intendere denota una visione dualista, differente,
certo, da quella del maestro Platone per il quale il mondo materiale era solo
un’approssimazione imperfetta del mondo delle idee, ma comunque una
vera e propria dicotomia tra la vita e la materia inanimata488, dove l’anima
sopraggiunge immanentemente sulla sostanza materiale del corpo
(«dualismo superveniente»)489.

485 Cf. ROSMINI-SERBATI Antonio, Psicologia …, 149; cf. TEILHARD DE CHARDIN


Pierre, «Le Cœur de la Matière», in Oeuvres de Teilhard de Chardin, no. 13, Éditions
du Seuil, Paris 1976, 35; cf. HARLE Rob, «Disembodied Consciousness and the
Transcendence of the Limitations of the Biological Body», in Janus Head 9/2 (2007)
590-591; cf. GARDEL L. Margaret, «Living matter - nexus of physics and biology in the
21st century», in Molecular Biology of the Cell 23 (2012)4165-4166.
486 Cf. BENNETT Jane, Vibrant Matter. A Political Ecology of Things, Duke
University Press, Durham and London 2010, 10-11; cf. ETXEBERRIA Arantza, «Active
Matter, Organisms and their Others», in Ludus Vitalis 20/37 (2012) 253-262.
487 Cf. MURPHY Nancey, Bodies and Souls, or Spirited Bodies?, Cambridge
University Press, New York 2006, 56-57.
488 L’ilemorfismo aristotelico, secondo Shields, sarebbe una via di mezzo tra
materialismo riduttivo e il dualismo sostanziale, «un compromesso conveniente». Cf.
SHIELDS Christopher, Aristotle, 293.
489 Cf. ID., «Soul and Body in Aristotle», in GERSONP. Lloyd (edited by), Aristotle
Idea of the
Critical Assessments,
Soul, Kluwer
Routledge, Oxon
Academic 1999, 1-31;
Publisher, Dordrecht
cf. GRANGER
1996, 102; Cf. BRAUDE
Herbert, E.
Aristotle’s

Stephen, «Personal Identity …», 235.


125

In realtà la materia, ogni materia, non è un ammasso privo di vita490,


ma piuttosto un’istanza di quell’energia primordiale («potenzialità pura» o
«materia pura»491) che, a distanza di miliardi di anni di lavoro, ha assunto
corpi (forme) sempre più informati: particelle subatomiche, atomi,
molecole, configurazioni minerali, vegetali e animali e, finalmente,
umane492. In altre parole, non esistono determinazioni dotate di un’esistenza
propria, bensì oggetti (corpi) determinati. Per questo, dal punto di vista della
fisica contemporanea493, affermare che l’anima sia un corpo e che l’uomo
sia un’anima, cioè una specifica determinazione bio-psichica dell’energia
primordiale, è esatto.
Quest’unità bio-psichica, però – e qui Aristotele è corretto –
sopravvive unicamente nella specie ma non individualmente494. L’uomo in
quanto «ipostasi biologica» («material self»495), nonostante sia il vivente più
evoluto della biosfera, «è una figura intrinsecamente tragica»496, vale a dire
è costretto a consegnare il suo corpo-anima-informazione alla mater
physis497.

490 Consideriamo la seguente affermazione: «[…] gli innumerevoli atomi che


compongono il corpo sono delle entità che, per avere un’esistenza più elevata, cioè la
vita, devono unirsi con l’anima» [FELL George, The Immortality of the Human Soul
Philosophically Explained, Sands and Company, London and Edinburgh 1908, 52 (trad.
nostra)]. Per gli scienziati contemporanei, invece, il punto di vista cambia
completamente. Cf. BÖRNER Gerhard, The Wondrous Universe. Creation without
Creator?, Springer, Heidelberg 2011, 158.
491 Cf. DAVIDSONThos., «Conditions of Immortality according to Aristotel», in The
Journal of Speculative Philosophy 8/2 (1874) 152.
492 Cf. BÖRNERGerhard, The Wondrous …, 148; cf. TABORSKY Edwina, «Evolution
of consciousness», in BioSystems 51 (1999) 166-167; cf. HARLE Rob, «Disembodied
Consciousness
493 Cf. PASNAU 591. Thomas Aquinas …, 136, 138-140.
…», Robert,

494 Cf. POLLACK Robert, «DNA and Neshamah …», 240-241.


495 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122.

496 ZIZIOULAS D. John, Being as Communion, 52. (trad. nostra)

497 Cf. LUND H. David, Persons, Souls …, 23; cf. BERTI Enrico, «Mind and Soul?
Two Notions in the Light of Contemporary Philosophy», in PAS, Neurosciences and
the Human Person: New Perspectives on Human Activities, Scripta Varia 121, Vatican
City 2013,
berti.pdf, 5, http://www.casinapioiv.va/content/dam/accademia/pdf/sv121/sv121-
consultato il 04/11/2013.
126

Una conclusione del genere, certamente, non può che sembrare


sconcertante per gli orecchi fini del teologo solito a pensare alle cose di
lassù:
La teologia tradirebbe il suo compito se volesse
immischiarsi in questioni mediche, filosofiche o biologiche; d’altra
parte però, se medicina e biologia, poggiando esclusivamente sui
metodi loro propri, intendessero definire, in modo decisivo e in ultima
istanza, che cosa è l’uomo, toglierebbe alla teologia la sua ragione di
essere498.

Non è detto, però, che le cose stiano proprio così. La scienza, infatti,
è più abilitata della teologia e della filosofia a parlarci dell’uomo in quanto
humus ed il suo compito è proprio quello di descriverlo secondo metodi
propri. Il Magistero attuale della Chiesa è cosciente di quanto questo sia
vero: «La Chiesa, giudicando della valenza etica di taluni risultati delle
recenti ricerche della medicina concernenti l’uomo e le sue origini, non
interviene nell’ambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama
tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale»499. Ciò su cui la
scienza, invece, non è abilitata ad esprimersi, perché supera i suoi metodi
investigativi, è l’aspetto meta-fisico dell’uomo500, cioè il suo essere persona
immortale.
Esiste, quindi, un senso in cui l’anima (l’io meta-fisico) sopravvive
alla morte dell’uomo ed entra nella vita soprannaturale501. Non si tratta né
dell’anima bio-ilemorfica aristotelica502 né dell’anima-informazione della
fisica contemporanea e nemmeno della mente spazio-temporale la quale,

498 SCHMAUS Michele, Dogmatica cattolica, vol. I, Introduzione. Dio-creazione,


Marietti, Torino 19663, 644-645.
499 CDF, Dignitas personae (2008), n. 10; cf. FISICHELLA Rino, «Dignitas personae:
un passo in avanti», in RUSSO Giovanni (ed.), Dignitas personae …, 14.
500 Cf. RIBAS ALBA M. José, Persona: desde …, 24.

501 Cf. ROSMINI-SERBATI Antonio, Psicologia …, 155.

502 Cf. MÜLLER A. Werner, «From the Aristotelian soul …», 22-23.
127

«dal punto di vista funzionale», è «dipendente dal corpo»503, bensì, appunto,


dell’anima personale immortale 504, ossia della persona505. Quest’anima
personale immortale («je spirituel»506), evidentemente, caratterizza tutto
l’uomo, nonostante egli sia anche bio-psiché, cioè corpo informato da un
genoma umano.
Il teologo Vito Mancuso, poiché non fa la differenza tra bio-psiché e
l’io meta-fisico, ci offre un’immagine di anima personale immortale
incomprensibile ed elitaria. Siccome l’essere-energia primordiale – afferma
lui – è già riuscito a superare quattro discontinuità, passando dal minuscolo
puntino cosmico alla vastità dell’essere, dalla materia inerte alla vita, dalla
vita naturale all’intelligenza e, infine, dall’intelligenza autoreferenziale a
quella morale e alla spiritualità, non è «irragionevole ipotizzare che dalla
logica ordinatrice alla base del processo cosmico si possa produrre (anzi, si
sia già prodotto) un ulteriore livello di vita, una quinta discontinuità, per
quegli esseri che hanno vissuto in conformità con essa […]». Non è, quindi,
«implausibile pensare che l’ultimo e il più perfetto degli stadi raggiunti dal
cammino cosmico, cioè la vita morale e spirituale che a volte appare negli
uomini, possa produrre un’ulteriore forma di vita, in uno stadio superiore
dell’essere a noi ignoto, la quale, dopo la morte del corpo, continui a
prescindere dal sostrato fisico che l’ha prodotta»507.
Qual è la ragione per cui Mancuso non concede che ogni anima
immortale sia creata direttamente da Dio? Secondo lui sarebbe uno scandalo
che Dio crei direttamente l’anima personale immortale di ciascun essere

503 CORRADINI Antonella, «Emergent Dualism», in ANTONIETTI Alessandro et al.


(edited by), Psycho-Physical Dualism …, 205. (trad. nostra)
504 Cf. SEIFERJosef, «Persons and Causes …», 18-19.

505 Cf. MLADIN Nicolae, «Doctrina despre viață a profesorului Nicolae Paulescu»
(«La dottrina concernente la vita del professor Nicolae Paulescu»), in Revista Teologică,
nn. 3-4, marzo-aprile 1942, 176.
506 MOUROUX
Jean, Sens chrétien …, 61.
507 MANCUSO Vito, L’anima e il suo destino, Raffaello Cortina Editore, Milano
2007, 111, 125, 123.
128

umano e, allo stesso tempo, permetta che innumerevoli persone umane siano
gravemente menomate per tutto il resto della loro vita508. L’obiezione di
Mancuso è pertinente e ci pone dinanzi ad un enigma al quale sembra
impossibile rispondere nella dimensione in cui ci troviamo. Ciononostante,
la soluzione che egli ipotizza ci sembra del tutto ridondante e, invece di
risolvere la questione, rende doppiamente assurdo il destino dei falliti della
storia: «Il mondo […], come ho ripetuto, non è in balìa del caso, perché è
governato dall’impersonale Principio Ordinatore posto in esso dal Dio
personale al momento della creazione. Il mondo non è governato da una
provvidenza personale, ma è governato»509.
Noi siamo del parere, invece, che Dio non è estraneo all’universo
fisico, ma ha stabilito che l’energia primordiale – da Lui creata dal nulla e
dotata di un’istintuale avversione verso il nulla – impari da sola ad uscire
dall’anonimato della sua indeterminatezza escogitando delle leggi cosmico
evolutive capaci di specificarla in concretizzazioni ontiche sempre più
ordinate ed intelligenti fino a toccare, in una creatura razionale510 (umana511
o simile), quel grado di trascendenza immanente che rende necessario un
Suo intervento diretto512.
Dunque, se è vero che l’universo è stato creato da un Essere
personale trascendente e che, di conseguenza, esiste un livello di realtà che

508 Cf. ibid, 137-138.


509 Ibid., 139.
510 Cf. MOUROUXJean, Sens chrétien …, 27.

511 Cf. HELLER DEL RIEGO Christine, «Why the anthropic principle?», in HELLER
DEL RIEGO Christine (edited by), God Seen by Science: Anthropic Evolution of the
Univers, Universidad Pontificia Comillas, Madrid 2008, 1.
512 «Il processo di variazione e di sviluppo del mondo – scriveva padre Stăniloae –
non è determinato né soltanto da Dio né soltanto dall’immanenza. […] Quando il
mondo raggiunge quel livello di sviluppo nel quale si preannuncia l’apparizione di un
certo volto umano, questo appare sia come un risultato dei fattori immanenti, sia pure
come una conseguenza dell’attività del modello-forza trascendente». STĂNILOAE
Dumitru, «Ortodoxie şi naţiune» («Ortodossia e nazione»), în Gândirea, n. 2, febbraio
1935, 76-77. (trad. nostra)
129

trascende infinitamente l’universo fisico513, non è contro la ragione


ipotizzare che una parte di noi, «la persona spirituale»514, ossia l’io meta
fisico, possa accedere – grazie allo stesso Essere personale trascendente – a
quel livello di realtà meta-fisico, per vivere eternamente515.
Questo diventa ancora più comprensibile se si ammette che tra Colui
che ha la vita eterna e l’uomo primitivo fosse stata sancita un’alleanza
definitiva grazie alla quale ogni individuo umano, sin dal primo momento
della sua esistenza terrena, diventa persona immortale. Così Dio, meta
fisicamente, diventa il Creatore immediato (diretto) dell’anima personale
immortale di ogni individuo umano e di qualsiasi epoca storica516. Siccome
Dio trascende le categorie dell’universo fisico, logicamente segue che tutti
gli individui umani virtualmente generabili sono già contemplati in
quest’alleanza517 e, nell’istante stesso in cui ontogeneticamente compaiono
sulla scena della spazio-temporalità, meta-fisicamente acquistano lo status
ontologico di persone immortali.
Secondo Giovanni Paolo II, infatti, quando si sostiene che i genitori
«sono collaboratori di Dio Creatore nel concepimento e nella generazione di
un nuovo essere umano» non ci si riferisce «solo alle leggi della biologia».
Dal momento che «l’immagine e la somiglianza» rimanda all’aspetto meta
fisico dell’uomo518 (che «soltanto da Dio può provenire») e poiché «nella
paternità e maternità umane Dio stesso è presente in modo diverso da come

513 «A mio parere - afferma l’astrofisico Börner – sarebbe meglio classificare la


questione dell’origine del nostro universo come metafisica, perché in realtà non può
essere risolta nell’ambito della fisica, in cui uno si limita a seguire e a descrivere i
processi all’interno dell’universo e all’interno della storia cosmica». BÖRNER Gerhard,
The Wondrous …, 172. (trad. nostra)
514 SEIFERT Josef, The Philosophical Disease …, vol. I, 104. (trad. nostra)

515 Cf. MORELAND Porter James, «Restoring the Substance to the Soul of
Psychology», in Journal of Psychology and Theology 26/1 (1998) 30.
516 Cf. BURNELL Peter, The Augustinian Person, 25; cf. TRUTWIN Werner,
Facciamo l’uomo. Corso di antropologia, Editrice Queriniana, Brescia 1991, 109.
517 Cf. MARITAIN Jacques, «Vers une idée thomiste de l’évolution», in Nova et
Vetera 42 (1967) 113.
518 Cf. RIBAS ALBA M. José, Persona: desde …, 132-134.
130

avviene in ogni altra generazione “sulla terra”», «“quando dall’unione


coniugale dei due nasce un nuovo uomo, questi porta con sé al mondo una
particolare immagine e somiglianza di Dio stesso: nella biologia della
generazione è inscritta la genealogia della persona»519.
Nelle parole di Spaemann: «L’essere generato non è la creatura di
coloro che lo hanno generato ma è indipendente da loro. Egli proviene dalla
stessa origine come loro. […] In altre parole: generando un essere umano, i
genitori generano una persona giacché l’essere vivente, l’uomo, è persona.
Tuttavia, dal momento che generare non significa produrre, il nuovo essere
umano non è creato dall’uomo, bensì direttamente da Dio»520. L’esistenza
personale di qualsiasi individuo umano, dunque, è il dono con il quale la
Trinità corona la creazione, poiché solo gli esseri umani, tra tutti i viventi,
sanno o almeno intuiscono che sono i «figli di Qualcuno» il cui
«“principio” ontologico» sorge dalla comunione delle Persone522. 521
In sintesi, se la generazione di un individuo umano trascende
immensamente il semplice gesto della produzione523, ciò è dovuto al fatto
che l’uomo, ogni uomo, è una persona meta-fisica, generata dalle Persone
divine per mezzo delle persone umane (genitori). Questa è la miglior
dimostrazione che è la Persona ad essere il principio524, cioè l’alfa e
l’omega di qualsiasi dono, e non viceversa, perché il dono non si da se
mancano gli attori (προσωπα) del gesto.

519 GIOVANNI Paolo II, Evangelium vitae (1995), n. 43; cf. ID, Lettera alle famiglie
(1994), n. 9.
520 SPAEMANN Robert, «On the Anthropology of the Encyclical Evangelium Vitae»,
in PAV, Evangelium Vitae. Five Years of Confrontation with the Society, Proceedings
of the Sixth Assembly of the Pontifical Academy for Life (Vatican City, 11-14 February
2000), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001, 448 (trad. nostra); cf.
TRUTWIN Werner, Facciamo l’uomo …, 109.
521 POSSENTI Vittorio, Il principio-persona, Armando Editore, Roma 2006, 54.

522 Cf. ZIZIOULAS D. John, Being as Communion, 40-41.

523 Cf. BENEDETTO XVI, «Torna il pericolo …», 286.

524 Cf. POSSENTI Vittorio, Il nuovo principio …, 19.


131

In un’epoca in cui il soggetto diventa sempre più imprigionato


nell’eterno ritorno della natura-physis e l’anima intrappolata tra i meandri
dell’immanenza525, esplorare i misteri della meta-fisica, cioè capire la
differenza tra la mente spazio-temporale526 e l’io meta-fisico527, significa
ridare la speranza all’uomo e ali alla persona528.

3.3 L’ANIMA PERSONALE IMMORTALE, CORONAMENTO DELL’ALLEANZA


TRA DIO E L’UOMO

L’uomo, secondo Schopenhauer, è un «animale metafisico». Il


significato di quest’affermazione non sembra essere primariamente
ontologico quanto piuttosto fenomenologico perché l’uomo, mentre da una
parte (a differenza dagli altri animali) è costretto a interrogarsi sul destino
ultimo della sua vita, da un’altra parte si scopre limitato, incapace di
accedere in maniera definitiva alla verità529. L’avversione che l’uomo prova
dentro il suo cuore all’idea di dover morire non è di per sé una prova
sufficiente della sua immortalità né un indizio evidente di una dimensione
eterna, bensì solamente la dimostrazione che lui, a motivo della sua capacita

525 Cf. POSSENTI Vittorio, «Il principio-persona e la colonizzazione dell’io», in


PAST – SOCIETÀ INTERNAZIONALE TOMMASO D’AQUINO, Congresso tomista
internazionale, L’umanesimo cristiano nel III milenio: prospettiva di Tommaso
d’Aquino, Roma, 21-25 settembre 2003, 2, http://www.e-aquinas.net/pdf/possenti.pdf,
consultato il 10/05/2013; cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …,

526 Cf. CORRADINI Antonella, «Emergent Dualism», in ANTONIETTI Alessandro et al.


122-123.
(edited by), Psycho-Physical Dualism …, 205-206.
527 Ha ragione il già citato professor Oaklander a sollevare dei dubbi circa la
presupposta capacità dell’anima di svolgere funzioni e bio-psichiche e meta-fisiche: «è
molto difficile, se non impossibile, proporre un’unica concezione dell’anima, in grado
di svolgere tutte e due le funzioni». OAKLANDER L. Nathan, «Personal Identity …», 186
(trad. nostra); cf. BARRAJÓN Pedro, «L’anima e la neurobioetica», in Studia Bioethica
6/1 (2013) 5-6, 9-10.
528 Cf. POSSENTI Vittorio, Il nuovo principio …, 11.

529 Cf. SCHOPENHAUER Arthur, Religion: a Dialogue and Other Essays, Cosimo,
New York 2007, 24, 23.
132

autoriflessiva, trascende parzialmente la circolarità della natura ed è attratto


dall’idea di vivere eternamente. Eppure la spiritualità dell’uomo non
dipende solamente dalla «trascendenza immanente» 530 . In realtà la
trascendenza cognitiva531, sebbene originariamente riveli la caducità e la
morte, paradossalmente spinge l’uomo verso un Essere personale supremo,
creatore della realtà visibile e garante della vita terrena o eterna532. É
evidente, a questo punto, che l’uomo può essere considerato «animale
metafisico» in senso ontologico solamente a condizione che esista una Fonte
personale, eterna e trascendente, nella quale lui possa appoggiare la sua
esistenza terrena e quella eterna533. E finora nessuno è riuscito a dimostrare
rigorosamente il contrario; anzi, è la stessa realtà fisica a richiedere una
Causa meta-fisica534.
Affermava padre Teilhard de Chardin: «Nella sofferenza è nascosta,
con un’intensità estrema, la forza ascensionale del Mondo»535. Dal punto di
vista evolutivo quest’affermazione è vera536, però non possiamo essere
d’accordo con ciò che l’Autore lascia intendere al proposito più avanti, ossia
che «lo sviluppo nella nostra anima della Vita soprannaturale» può essere
fondato «sulla spiritualizzazione naturale del Mondo attraverso lo sforzo

530 Cf. NÜRNBERGER Klaus, Immanent transcendence and radical transcendence,


the pivotal issue between a Christian theology and a naturalistic metaphysic,
consultato il 22/04/2013.
http://uir.unisa.ac.za/bitstream/handle/10500/4277/Nurnberger.pdf?sequence=1,

531 Cf. IONESCU Nae, Tratat de metafisică, 46, 87.


532 Ibid., 81.

533 Cf. FAGGIONI P. Maurizio, «La vita e le forme …», 83.

534 La priorità del Creatore, secondo Padre Coyne, non è temporale, bensì meta
fisica. È improprio, infatti, pensare che la creazione inizialmente si identifichi col nulla
per poi evolversi in qualcosa. In realtà, quando si afferma che l’universo è stato creato
dal nulla, ciò che si vuole sottolineare è semplicemente il fatto che esso ha
«un’esistenza dipendente». Cf. COYNE V. George, «Evolution and …», 11; cf. VAN
INWAGENPeter, Metaphysics, Westview Press, Boulder (CO) 20093, 155-156, 164-166.
535 TEILHARD DE CHARDIN Pierre, Hymne de l’Univers, Les Éditions du Seuil, Paris
1961, 153. (trad. nostra)
536 Cf. HAUGHT F. John, «What if Theologians Took Evolution Seriously?», in New
Theology Review 18/4 (2005) 12.
133

umano»537. Teilhard de Chardin è convinto che l’anima bio-psichica possa


acquistare la soprannaturalità per via evolutiva538. Però non è possibile
identificare l’anima bio-psichica che è l’uomo539 con l’anima immortale che
è la persona540, sebbene abbiamo a che fare con un’unica entità: la persona
umana. Si tratta, cioè, di un’entità a due livelli541, uno bio-psicologico (con
tutti i suoi sottolivelli o forme) e, perciò, spazio-temporale, ed un altro
personale, cioè meta-fisico542. La cristologia, come si vedrà più avanti, ci
obbliga a fare questa distinzione.
Perché si possa passare dal nulla a qualcosa c’è bisogno
dell’intervento di un Essere personale trascendente e, per la stessa ragione,
perché l’uomo bio-psichico (appena toccata la soglia dell’umanità) possa
diventare persona immortale543, c’è bisogno di un’alleanza tra due volontà
coscienti e di un intervento dall’alto (Dio) a favore di una trascendenza sorta
nell’immanenza (l’uomo). Tale intervento è essenziale in quanto
«l’individuo spirituale […] è posto ad un certo punto dello spazio e del
tempo nello sviluppo della specie umana»544. L’alleanza originaria tra Dio
e l’uomo, nel senso attribuito da noi, non si riferisce necessariamente ad
un’alleanza nel senso biblico della parola (come quella sancita con Noè e
l’umanità postdiluviana, con Abramo o sul monte Sinai) ma ha un senso più

537 TEILHARD DE CHARDIN Pierre, Hymne de l’Univers, 155. (trad. nostra)


538 Cf. ID., Il fenomeno umano, Il Saggiatore, Milano 1968, 224.

539 Per gli ebrei antichi «l’uomo non ha un corpo e un’anima, egli è tutte e due allo
stesso tempo». SHIVANANDAN Mary, ATKINSON C. Joseph, «Person as Substantive
Relation and Reproductive Technologies. Biblical and Philosophical Foundations», in
Logos 7/3 (2004) 135 (trad. nostra). Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics
and human …, 122.
540 Cf. GUNDRY H. Robert, Sōma in Biblical …, 127-128, 149.

541 Cf. BARTH Karl, Church Dogmatics, III.2, Doctrine of Creation, T&T Clark
International, London & New York 2004, 367.
542 Cf. MCTAGGART Ellis M. John, Some Dogmas of Religion, Edward Arnold,
London 1906, 105-106.
543 Cf. ARTIGAS Mariano, GLICK F. Thomas, MARTÍNES A. Rafael, Negotiating
Darwin. The Vatican Confronts Evolution, 1877-1902, The Johns Hopkins University
Press, Baltimore 2006, 62.
544 MOUROUXJean, Sens chrétien …, 113. (trad. nostra)
134

largo, meta-fisico545, poiché sia l’autore umano della storia biblica della
creazione sia gli autori dei miti da cui questo si è ispirato in realtà sono
l’espressione di una storia antropologica molto più antica di quanto loro
avrebbero potuto immaginare, sorta dopo miliardi di anni di fatica
evolutiva546.
Si tratta di quegli individui umani primitivi che, trascendendo per la
prima volta la materialità del mondo e scoprendo nel pensiero la tragicità
548
della morte 547 , invocano una trascendenza dall’alto . Con questi
individui549 l’Essere supremo conclude la sua alleanza meta-fisica550,

545 Boezio, nell’introdurre la sua famosa definizione di persona, assegna alla


categoria di sostanza non solo una valenza logica, come appare nell’Isagoge di Porfirio,
ma anche una teo-logica, che permette una tale apertura: «[…] alcune delle sostanze
sono corporee [pietre, alberi, cavalli, individui umani], altre incorporee [Dio, gli angeli];
delle corporee poi alcune sono viventi [alberi, cavalli, individui umani], altre no [pietre].
Delle viventi alcune son sensibili [cavalli, individui umani], altre per nulla [alberi]; delle
sensibili alcune sono razionali [individui umani], altre irrazionali [cavalli]; delle
razionali poi una è immutabile e impassibile per natura, e cioè Dio [Trinità], l’altra è
mutevole e passibile in virtù della creazione [persona?], a meno che per grazia della
sostanza impassibile [Dio] venga trasformata nella fermezza propria dell’impassibilità
[immortalità], come negli angeli e nell’anima». BOETII An. Manl. Sev., Liber de
persona …, cap. II, col. 1343 (trad. ed aggiunte nostre); cf. MCARDLE Patrick, «Ecce
Homo …», 5.
546 «L’evoluzione ci dice che gli esseri umani non sono il frutto di un atto creativo
speciale […], bensì il risultato di un processo di adattamento […] e selezione naturale».
ENNIS Peter, The Evolution of Adam. What the Bible does and doesn’t say about Human
Origins, Brazos Press, Grand Rapids (MI) 2012, 120 (trad. nostra); cf. TRESMONTANT
Claude, Il problema dell’anima, Edizioni Paoline, Roma 1972, 219.
547 «Il distacco dell’uomo dall’omogeneità del creato», attraverso il «processo
conoscitivo», ha provocato, prima di tutto, una «separazione» tra sé ed il creato e, in
seguito, «una rottura della propria pace interiore». Cf. IONESCU Nae, Tratat de
metafisică,88.
548 Cf. O’HEAR Anthony, Beyond Evolution. Human Nature and the Limits of
Evolutionary Explanation, Oxford University Press, New York 1997, 14-30 (cap. 2:
“Immanent and Transcendent Dimensions of Reason”); cf. GÄRDENFORS Peter, How
Homo Became Sapiens: On the Evolution of Thinking, Oxford University Press, New
York 2006, 132.
549 Adamo difatti non sta ad indicare il primo individuo umano, quanto piuttosto «un
“capo” rappresentativo dell’umanità», «scelto da Dio ad un determinato punto del
processo evolutivo». ENNIS Peter, The Evolution …, 120. (trad. nostra)
550 Cf. HESCHEL Abraham Joshua, Dio alla ricerca dell’uomo …, 178-179.
135

concedendo loro, e a tutti gli individui della loro discendenza, un’anima


personale immortale (io meta-fisico)551. L’immortalità dell’anima, perciò,
non è né un diritto né una proprietà naturale, bensì il dono che incorona
l’alleanza tra Dio e l’uomo. La clausola principale che l’uomo deve
osservare perché quest’alleanza non venga revocata è quella di conservare la
sua umanità.
Con riferimento alla storia biblica della creazione, bisogna osservare
che «il come Dio avesse creato il mondo non poteva costituire un problema
di fede per gli uomini dell’Antico Testamento» 552 . Il loro interesse
principale non era quello di rispondere ad una questione scientifica, quanto
quello di chiarire, per mezzo di un linguaggio mitico, un dilemma
esistenziale e meta-fisico. Ed essi non sono neanche i primi ad averci
riflettuto, poiché sulla creazione dell’uomo «dall’argilla o dal fango o dalla
terra, insieme con il motivo dell’animazione mediante il respiro» troviamo
riferimenti pure «nei miti sumerici e babilonesi come anche in narrazioni
molto primitive della creazione»553.
In realtà i racconti della creazione non sono originariamente
l’espressione «di un uomo interessato alla sua origine, bensì dell’uomo
minacciato nel suo mondo»554, ovvero, scendendo nello specifico della
letteratura veterotestamentaria, «solamente l’esperienza storica del Dio
Salvatore, artefice dell’alleanza col suo popolo, ha guidato Israele a
riconoscerlo come Creatore di tutte le cose»555. A differenza delle opere di

551 Adamo, scrive Sant’Agostino, «mortale era […] per la costituzione del suo corpo
naturale, immortale per un dono concessogli dal Creatore». AGOSTINO, La genesi alla
lettera, Libro VI, § 25.36; cf. MARITAIN Jacques, Umanesimo integrale, Studium, Roma
1946, 32-33.
552 WESTERMANN Claus, Creazione, Queriniana, Brescia 19913, 20.

553 Ibid., 26.

554 Ibid., 30.

555 SCOLA Angelo, MARENGO Gilfredo, LÓPEZ Prades, La persona umana.


Antropologia teologica, Jaka Book, Milano 2000, 73.
136

divulgazione scientifica, le quali intendono fornire spiegazioni specifiche


alle cosiddette «domande sulle origini» (del mondo, della vita e dell’uomo),
[…] la Rivelazione e la teologia rispondono ad un ordine di perché più
alto e fondante, che oltrepassa quanto possano tematizzare le scienze e
in parte la stessa filosofia. Le risposte di senso offerte dalla
rivelazione biblica riguardano l’origine e il fine della storia, un’Alfa e
un Omega ai quali non si può accedere mediante una riflessione
razionale interna alla stessa storia, ma solo ascoltando la Parola di
Colui che la trascende556.

È abbastanza difficile comprendere in che modo è da intendersi


quest’affermazione del professor Tanzella-Nitti. Ammesso che all’Alfa e
all’Omega della storia non è possibile accedere «mediante una riflessione
razionale interna alla stessa storia» e che, per poter fare un tale salto,
bisogna ascoltare la Parola di Colui che trascende tutto, in che modo
possiamo stabilire ora qual è il vero messaggio dell’Autore divino e quale,
invece, è il rivestimento mitico adoperato dall’autore umano, sapendo che il
racconto biblico della creazione non è la descrizione di un testimone oculare
ma piuttosto il frutto di una riflessione posteriore?557
Il teologo Karl Rahner, grazie alla sua teoria della «eziologia
storica», ci è di grande aiuto per comprendere questa questione. L’eziologia,
ci spiega Rahner, indica un evento anteriore come causa di una situazione
che si verifica nel presente. Quando un individuo/una comunità, per spiegare
una situazione che vive in un determinato momento storico, ricorre,
coscientemente o incoscientemente, a cause anteriori puramente

556 TANZELLA-NITTI Giuseppe, Teologia e scienza. Le ragioni di un dialogo,


Paoline, Milano 2003, 85.
557 Lo studio critico-storico dell’Antico Testamento ha stabilito che i due racconti
della creazione presenti nel libro della Genesi, 1,1-2,4a e 2,4b-24, appartengono a due
fonti diverse. Il primo, più recente, appartiene alla fonte sacerdotale, sec. VI-V a.C.,
mentre il secondo, più antico, alla fonte jahvista, sec. X-IX a.C. Queste due fonti,
l’abbiamo già accennato, si ispirano da miti della creazione babilonesi i quali, a loro
volta, traggono ispirazione da miti sumerici, ecc. Cf. WESTERMANN Claus, Creazione,
20, 25, 27.
137

metaforiche, siamo dinanzi ad un’eziologica mitologica. Può capitare,


tuttavia, che il riferimento ad un evento anteriore sia genuino, ossia che si
tratti di una causa storica che sta veramente all’origine di una situazione
concreta. Ora, la maniera in cui viene dedotta la causa di una determinata
situazione – poiché si tratta, appunto, di una deduzione – è inevitabilmente
vincolata alla visione del mondo di chi sta facendo la considerazione558 e,
quindi, può non appartenere all’evento primitivo. In questo caso abbiamo a
che fare con un’eziologia storica559.
Se è vero che il genere letterario del Libro della Genesi è l’eziologia
storica e che l’uomo di tutti i tempi, per esprimere la propria dimensione
meta-fisica, è costretto a ricorrere a mediazioni linguistiche spazio
temporali, allora al cuore del racconto biblico della creazione non sta né la
creazione del mondo fisico né la creazione dell’uomo biologico, bensì la
storia soprannaturale di salvezza e di grazia dell’uomo in quanto tale.
All’autore umano, che disperatamente invoca una spiegazione per i tanti
perché della sua esistenza, l’Autore divino si rivela come Colui che salva
dall’effimerità (morte) e dall’egoismo autodistruttivo (peccato). Il modo in
cui l’autore umano riveste ed esprime questa rivelazione originaria è
inevitabilmente legato all’ambiente storico-geografico in cui vive.
L’eziologia storica, dunque, ci aiuta a comprendere che la santità e la
beatitudine originarie non stanno ai primordi dell’umanità, in un’età dell’oro
o in un paradiso terrestre, quanto piuttosto in un traguardo da
raggiungere560, cioè in uno stato futuro in cui l’anima personale immortale
si sarà resa più somigliante alla santità di Dio. Ciononostante l’uomo,
partendo dal presente, può farsi un’idea di quello che veramente è accaduto
all’inizio della sua avventura storica. Rahner, infatti, anche se timidamente

558 Cf. JUNG Carl Gustav, Memories, Dreams …, 299.


559 Cf. RAHNER Karl, Hominisation. The evolutionary origin of man as a theological
problem, Burn & Oates, London 1965, 32-37.
560 Cf. HARTIN J. Patrick, «The Biblical Creation Accounts and Evolution: A
Catholic Perspective», in Koers - Bulletin for Christian Scholarship 54 (1989) 298.
138

ed in una forma del tutto ipotetica, ci offre una sua interpretazione del
dogma del peccato originale. La concupiscenza, presente in ognuno di noi
dopo la Caduta dell’uomo, è del parere lui, in realtà non è altro che
l’espressione del nostro passato pre-umano561, dal quale non è possibile
sbarazzarci.
Il paradosso sta nel fatto che, mentre per il nostro animale biologico
è del tutto normale seguire le regole della selezione naturale562, la mente,
intuendo la presenza dell’io meta-fisico, è cosciente di quello che dovrebbe
fare, ma da sola non ci riesce perché, essendo emersa dal mondo, si ritrova
radicata nella biologia563 ed assoggettata alle categorie del mondo. Eppure,
quando tradisce la sua intuizione meta-fisica e segue le inclinazioni egoiste,
l’uomo è nel peccato. Il peccato originale, dunque, è quella propensione
istintiva negativa (pre-umana)564 che spinge l’uomo ad agire secondo i
bisogni primari dell’animale biologico565 anziché secondo l’ispirazione
dell’io meta-fisico.
La mente umana di Cristo, invece, non vive questa scissione. La sua
Persona eterna è così presente alla sua mente umana che quest’ultima vive

561 Cf. RAHNER Karl, Hominisation …, 39-44.


562 Cf. HAUGHTF. John, «What if Theologians …», 11-13.

563 Il Concilio di Trento asserisce dogmaticamente («Il sacrosanto concilio


Tridentino […] stabilisce, professa e dichiara») che il peccato di Adamo è «trasmesso
mediante la generazione, e non per imitazione». Denzinger, nn. 1510 e 1513; cf.
SCHWAGER Raymund, Banished from Eden. Original Sin and Evolutionary Theory in
the Drama of Salvation, Gracewing, Leominster 2006, 118-119; cf. RUIZ DE LA PEÑA
Juan Luis, Immagine di Dio …, 271-272.
564 Cf. LIBET Benjamin, L’Esprit au-delà des neurones. Une exploration de la
conscience et de la liberté, Édition Dervy, Paris 2012, 170-171.
565 Cf. DE DUVE Christian, Genetica del peccato originale. Il peso del passato sul
futuro della vita, Raffaello Cortina Editore, Milano 2010, 171-175. L’Autore è corretto
quando asserisce che il peccato originale ha a che fare con il meccanismo della
selezione naturale ma, a nostro avviso, si sbaglia quando pensa che la questione possa
risolversi solamente migliorando i geni. Questo perché il peccato originale non si radica
tout court nella concupiscenza biologica quanto piuttosto nella mente umana che, da
sola, non è in grado di armonizzare il naturale egoismo delle sue strutture biologiche
con le esigenze morali co(sovran)naturali alla sua anima personale immortale.
139

in perfetta armonia con le strutture biologiche da cui sorge. In Lui, cioè, si


attua «l’unità dei due regni»566. Il teologo ortodosso Stăniloae affermava:
[…] mentre noi viviamo il nostro limite in sottomissione
all’Altro, non sapendo però se Quello ci darà un’esistenza eterna,
Cristo vive il suo limite (umano) in sottomissione a Se stesso, come
esistenza assoluta, quindi con la certezza – da Lui stesso data –
dell’eternità del suo limite (umano), partecipe della sua esistenza
assoluta. Egli vive la sua umanità non come eterna per se stessa, bensì
con la certezza dell’eternità che emerge da Lui stesso in quanto Dio567.

Lui, a differenza di Socrate, non solo crede nell’immortalità della


persona, ma vive effettivamente da Persona eterna e, sostenuto da questa
certezza incrollabile, attraverso il sacrificio della propria vita, opera la
liberazione dell’intera natura umana dalle catene della disperazione e
dall’egoismo. Il peccato originario, infatti, è la conseguenza di una mente
disperata ed egoista, dimentica dell’alleanza originaria conclusa con Dio e
attaccata alle strutture biologiche da cui sorge, che fa vivere l’uomo come se
tutto dipendesse dalle cose che ha e non dalla persona immortale che è. La
mente autocosciente568, perciò, «non si risolve ad essere una semplice
applicazione meccanica di principi alle contingenze della vita, ma è un
inventare di volta in volta il modo con cui l’uomo risponde alla sua qualità
di immagine di Dio, realizzando se stesso nella verità»569. Essa, a differenza

566 Cf. BARTH Karl, Church Dogmatics, III.2, Doctrine of Creation, 328.
567 STĂNILOAE Dumitru, Chipul nemuritor al lui Dumnezeu [Il volto immortale di
Dio], vol. II, Cristal, Bucureşti 1995, 70. (trad. nostra)
568 Gli animali, pur consapevoli degli eventi che accadono attorno a loro, non
sembrano «coscienti di essere coscienti» né risultano avere una nozione del passato o
del futuro, oppure un’idea di sé. Essi hanno una «coscienza primaria» o primitiva. Gli
individui umani, invece, di regola «sono coscienti di essere coscienti», hanno un
concetto del passato e del futuro, hanno una nozione distinta di sé e sono in grado di
esprimere le loro esperienze. Per avere tali abilità bisogna essere in possesso di una
coscienza superiore, ossia avere delle «capacità semantiche e simboliche». Gli
scimpanzé sembrano possedere dei rudimenti di tali capacità. Cf. EDELMAN M. Gerald,
Second Nature. Brain Science and Human Knowledge, Yale University Press, New
Haven & London 2006, 15.
569 LAFRANCONI D., «Spunti per un ripensamento della coscienza morale», in
Teologia del presente 1 (1971) 3-4.
140

della mente degli animali, intuisce la presenza dell’io immortale e non può
ignorare volutamente la legge naturale iscritta nelle sue strutture biologiche
poiché tradirebbe, colpevolmente, il significato creativo emergente da quel
fiat primordiale, di origine meta-fisica. Infatti tutte le volte che tradisce quel
comando originario, non fa altro che avvicinarsi al caos da cui è emersa,
mettendo a rischio la meta-fisicità della persona umana. E se tale tradimento
diventasse un modus vivendi generalizzato570, l’umanità potrebbe incorrere
in un processo involutivo talmente agressivo da mettere a rischio il proprio
status meta-fisico. Questo perché un’alleanza conserva la sua validità finché
le due parti rispettano le clausole, ma se l’uomo rinuncerà alla sua
umanità571, Dio non sarà più tenuto a concedergli la vita immortale, a meno
che non abbia deciso di concederla ugualmente a ibridi subumani, cyborg,
robot ecc.

3.3.1 Essere immagine di Dio: metafora per indicare l'immortalità

Leggiamo nella Filocalia572: «A nessuno è lecito dire, per ignoranza,


che l’uomo è ad immagine di Dio secondo la sua composizione corporea,
bensì secondo la natura spirituale della mente, che non è determinata

570 CDF, Dignitas personae, al n. 27, rileva che «nel tentativo di creare un nuovo
tipo di uomo si ravvisa una dimensione ideologica, secondo cui l’uomo pretende di
sostituirsi al Creatore».
571 Cf. BAINBRIDGE William Sims, «The Transhuman Heresy», in Journal of
Evolution and Tehnology 14/2 (2005) 91-100; cf. PEPPERELL Robert, The Posthuman
Condition. Consciousness beyond the brain, Intellect, Bristol & Portland (OR) 2003,
177-187; cf. KATZ F. Bruce, Neuroegineering the Future. Virtual Minds and the
Creation of Immortality, Infinity Science Press, Hingham & New Delhi 2008; cf.
FAGGIONI P. Maurizio, «La natura fluida. Le sfide dell’ibridazione, della transgenesi,
del transumanesimo», in StMor47/2 (2009) 415-434.
572 Collezione di testi scritta tra il sec. IV e il sec. XV da maestri spirituali della
tradizione orientale ortodossa esicasta compilata e pubblicata in greco a Venezia, nel
1782, da Nicodemo l’Agiorita e Macario di Corinto. Ebbe grande successo nel mondo
slavo grazie alla traduzione del monaco ucraino Paisij Velicovskij.
141

dall’ingombrante peso del corpo»573. Per comprendere che cosa significhi


«la natura spirituale della mente», bisogna tenere conto che per i Padri della
Chiesa orientale «il nous è “l’occhio dell’anima”, l’essenza di ciò che
significa essere persona fatta ad immagine di Dio. È la facoltà spirituale per
mezzo della quale sperimentiamo direttamente Dio»574.
La persona dell’uomo, infatti, sebbene entri in esistenza e,
umanamente, dipenda dal corpo durante la vita terrena, non sembra
perennemente legata alla struttura organica del corpo e alla spazio
temporalità. Questo io meta-fisico – «persona fatta ad immagine di Dio» – è
vincolato al bio-psiché solamente fino ad un certo punto ma, nella sua
essenza, è immortale, immagine somigliante del Modello eterno:
Siccome la natura divina è al di là di ogni essere creato o
grossezza materiale, non è circoscritta, bensì è illimitata e non
corporea, oltre la sostanza e ogni determinazione, senza qualità,
impalpabile, non quantificabile, invisibile, immortale, incomprensibile
e totalmente oltre la nostra immaginazione. Ugualmente, la natura
spirituale che Dio ci ha dato non può essere circoscritta, è oltre la
grossezza materiale di questo mondo e, dunque, è incorporea,
invisibile, impalpabile, incomprensibile, ed è immagine della Sua
gloria immortale ed eterna575.

Secondo i Settanta, l’uomo è l’icona di Dio, ossia simbolo di Dio576.


La parola «simbolo», che deriva dal greco σύμβολον, allude ad almeno due
realtà distinte che hanno qualcosa in comune. Che cos’è che l’uomo, in
quanto simbolo di Dio, ha in comune con la divinità? Stăniloae afferma:

573 STITHATUL Nichita, «Cele trei sute de capete despre făptuire, despre fire şi
despre cunoştinţă» [Tre cento testi sulla pratica, la natura e la conoscenza], in Filocalia,
vol. VI, Editura Institutului Biblic şi de Misiune Ortodoxă, Bucureşti 1977, 303-304.
(trad. nostra)
574 ALLYNE Smith, Philokalia. The Eastern Christian Spiritual Texts. Selections
Annotated & Explained, SkyLight Path, Woodstock (VT) 2008, xi (trad. nostra); cf.
LOSSKY Vladimir, In the Image and Likeness …, 119.
575 STITHATULNichita, «Cele trei …», in Filocalia, 304. (trad. nostra)

576 Cf. RAVASI Gianfranco, «Alle radici dell’iconologia cristiana: il simbolismo


biblico», in SCHIANCHI Giorgio (a cura di), Il battistero di Parma. Iconografia,
iconologia, fonti letterarie, Vita e Pensiero, Milano 1999, 19-20.
142

L’uomo, solamente perché è persona ad immagine della


Persona suprema, che si comunica eternamente ad altre persone, è
pure lui verità, potendo offrire se stesso come vita vera e acqua viva
ad altri. L’uomo sperimenta però la sua qualità di volto della Verità
[…] particolarmente nella sua nostalgia, oppure nella sua permanente
sete di comunione con la Persona suprema, che è eternamente in
comunione con altre due Persone supreme […]577.

In quanto simbolo della Realtà infinitamente trascendente, l’uomo è


somigliante a Dio non per via di caratteristiche fisico-empiriche578, bensì
soprannaturalmente579, poiché possiede un livello ontologico che lo avvicina
alla stessa Realtà divina580, la persona meta-fisica581. È in questo senso che
bisogna comprendere un’affermazione di von Balthasar secondo cui «la
dottrina biblica dell’immagine è ultimamente comprensibile solo a partire
dalla Trinità di Dio»582. Ciò che colpisce nella narrazione genesiaca è che la
creazione dell’uomo viene riferita in un modo diverso da quella delle altre
opere che l’hanno preceduta. Essa inaugura un nuovo inizio: «Facciamo
l’uomo!». Dal punto di vista della storia della tradizione questo si spiega col
fatto che la creazione dell’uomo costituiva dapprima una narrazione
autonoma583. Tuttavia, bisogna aggiungere che l’autore sacerdotale non è
interessato affatto come avviene la creazione dell’uomo né donde fu tratto,

577
STĂNILOAE Dumitru, Chipul nemuritor …, vol. I, 136. (trad. nostra)
578 Cf. SULLIVAN M. Dennis, «The Conception View of Personhood: a Review», in
Ethics & Medicine 19/1 (2003) 13.
579 Cf. D’SOUZA Dinesh, What’s So Great …, 92.

580 Cf. MOUROUX Jean, Sens chrétien …, 108; cf. EMMONS Nathanael, A Collection
of Sermons …, 10-11, 18; cf. FAGGIONI P. Maurizio, «La vita e le forme …», 83.
581 L’immortalità personale «è la vita cosciente infinita degli esseri individuali di
natura razionale, che conoscono e sperimentano dall’interno della loro unica individuale
esistenza e che sono in grado, e destinati, a entrare in comunità con altre persone».
SEIFERT Josef, «Anima, morte …», 59.
582 VON BALTHASAR Hans Urs, Gloria. Una estetica teologica, vol. 6, Antico patto,
Jaca Book, Milano 1980, 79-80.
583 Cf. WESTERMANNClaus, Creazione, 84.
143

ma piuttosto «che cosa sia l’uomo come creatura di Dio e come il suo essere
creato determini il senso della sua esistenza»584.
Il racconto della creazione che troviamo nella Gen 1, a differenza del
racconto più antico della Gen 2, non tratta più della creazione di due individui,
Adamo ed Eva, ma piuttosto della delimitazione meta-fisica della specie uomo.
Se si tiene conto di «quest’evoluzione storica, allora non si insisterà sulla
necessità di una contrapposizione esclusivista tra il discorso biblico sulla
creazione dell’uomo e la ricerca scientifica dei primordi della specie
“uomo”»585.
«E disse Dio: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra
somiglianza”» (Gen 1, 26). Von Balthasar commenta: «il testo, parco di parole,
[…] lascia aperta la questione, non spiegando in che cosa consista questa
somiglianza tra Dio e la sua immagine. Dà soltanto un accenno del fatto che, in
ogni caso, innalza l’uomo al di sopra di tutti gli esseri del mondo»586. È vero
che per gli antichi israeliti selem elohim, l’immagine di Dio, inizialmente
poteva avere un senso piuttosto materiale. La parola, infatti, si riferisce ad una
statua, una rappresentazione plastica o ad un’immagine. Però l’autore del testo
genesiaco intuisce che, per esprimere il concetto meta-fisico di uomo che lui ha
in mente, selem non poteva bastare e che bisognava definirlo meglio.
Aggiunge, perciò, come qualificazione esplicativa di selem, il concetto demūt,
somiglianza: l’uomo non è una copia fedele di Dio, ma possiede dentro di se
qualcosa che lo qualifica come immagine587 somigliante a Dio. Echrodt è molto
vicino alla verità:
Perciò, se vogliamo definire correttamente il contenuto di
şelem elōhim, non dobbiamo accontentarci dei dati lessicali, ma prima
di tutto dobbiamo chiederci in che modo si è rivelata la Natura divina
all’autore sacerdotale. Ora, il suo racconto della creazione mette in
evidenza con chiarezza tutti i dettagli per presentarcela, sin dalla

584 Ibid., 85.


585 Ibid., 86-87.
586 VON BALTHASAR Hans Urs, Gloria …, 82.
587 Cf. RIBAS ALBA M. José, Persona: desde …, 112.
144

prima riga, come una volontà cosciente e autarchica che si rivela più
esplicitamente in una creazione continua ed intenzionale. Ciò che
Israele aveva riconosciuto, tramite l’auto-rivelazione di Dio
nell’Alleanza, come caratteristica fondamentale della natura divina e
aveva colto sempre più profondamente nell’esperienza storica della
Sua sovranità – il carattere personale con il quale Dio agisce – l’autore
sacerdotale seppe descrivere vivacemente come forza fondante della
creazione. La posizione che l’uomo occupa nel cosmo consente al
Creatore di stabilire con la sua creatura più nobile una comunione che
sorge dal Tu personale, dal quale, successivamente, ricevono impronta
tutti coloro che possiedono un volto umano. Se l’uomo è stato creato a
somiglianza della sua immagine, ciò null’altro significa che, pure nel
suo caso, il carattere personale è la nota distintiva della sua natura. […]
La personalità impregna tutta la sua esistenza bio-psichica; essa è la
sintesi dell’umano, ciò che lo differenzia dalle altre creature588.

L’unico chiarimento da fare è che l’uomo, nella sua natura bio-psichica


589
(emersa da cause seconde ), è già cosciente e capace di
autodeterminazione590, ma diventa un agente morale nel vero senso della parola
nel momento in cui intuisce che, in quanto immagine somigliante, condivide
qualcosa con Dio591. In quanto immagine, infatti, egli possiede «una
correlazione ontologica con la natura divina» tale da essere una
«rappresentazione» somigliante di Dio592, cioè è persona, anche se, allargando
ulteriormente la nostra visione, possiamo essere d’accordo che qualsiasi essere,
per il semplice fatto di esistere, «è buono e degno di essere amato»593. La
consistenza di quest’ultima asserzione, però, dipende inevitabilmente dal
fondamento sul quale poggia, visto che «l’intera realtà è un immagine di
Dio»594. Tutte le entità, infatti, portano la Sua impronta e, per mezzo del

588 EICHRODT Walther, Theologie des Alten Testaments, teil II, Gott und Welt, und
teil III, Gott und Mensch, Ehrenfried Klotz Verlag, Stuttgart 1964, 80-81. (trad. nostra)
589 Cf. D’SOUZA Dinesh, What’s So Great …, 92.

590 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122.

591 Cf. KOHLER Kaufmann, Jewish Theology …, 206.

592 Cf. SULLIVAN M. Dennis, «The Conception …», 15.

593 MOUROUXJean, Sens chrétien …, 14. (trad. nostra)


594 Ibid.,
(trad. nostra)
145

processo evolutivo, sono potenzialmente propese ad assumere quel grado di


razionalità degno della personalizzazione meta-fisica. Però, quando ciò accade,
accade perché Dio interviene in una maniera speciale, ossia pervade l’individuo
razionale di un io meta-fisico, «sussistente ed indistruttibile», che traspare solo
se ci rispecchiamo in Lui, poiché, «per vedere se stessi, bisogna vedersi in
Dio»595. L’autore umano della Gen 1, «nel timore riverenziale di tutelare il
mistero della creazione che non è accessibile all’umana intelligenza», manifesta
«un’estrema riservatezza nell’interessarsi del modo in cui avvenne la creazione
dell’uomo», «ma proprio per questo è dato spazio alla ricerca e all’indagine
umana circa gli inizi della stirpe umana»596. Andando più a fondo della nostra
analisi, infatti, veniamo a sapere che l’uomo è «la prima forma di vita biologica
[…] che è stata innalzata, grazie al soffio dello Spirito, ad una vita spirituale,
cioè veramente e realmente teocentrica»597:
Diventa perciò chiaro che l’essenza dell’uomo non sta nella
materia dalla quale è stato creato, bensì nell’archetipo in base al quale è
stato plasmato e verso il quale tende. Ed è per questo che nella
concezione patristica sull’origine dell’uomo, la teoria dell’evoluzione non
costituisce un problema, così come per il fedele non rappresenta un
problema il tipo di legno dal quale è stata fatta l’icona. La scienza può e
deve studiare “la materia” dalla quale è stato creato l’uomo, però qualsiasi
scienziato serio sa che gli è impossibile investigare oggettivamente “il
modello” in base al quale l’uomo è stato creato. Così come la verità
dell’icona sta nella persona che essa rappresentata, ugualmente la verità
dell’uomo sta nel suo modello. […] L’archetipo costituisce il contenuto
ontologico dell’“immagine” (dell’“icona”)598.

595 Ibid., 108. (trad. nostra)


596 WESTERMANN Claus, Creazione, 86.
597 NELLAS Panayotis, Omul, animal îndumnezeit. Pentru o antropologie ortodoxă
[L’uomo, animale divinizzato. Per un’antropologia ortodossa], Editura Deisis, Sibiu
1994, 14. (trad. nostra)
598 Ibid., 15 (trad. nostra). Anche San Teofane il Recluso (1815-1894) ne aveva
un’idea simile: «L’immagine e la somiglianza di Dio non si riferiscono al corpo, ma
all’anima. L’immagine di Dio sta nell’essenza dell’anima […]. Il fatto che la nostra
anima è immateriale, semplice, spirituale, immortale, intellettualmente libera, tutto ciò
riguarda l’immagine di Dio». ZĂVORÂTUL Teofan, Viaţa lăuntrică [Vita interiore],
Editura Sofia, Bucureşti 2000, 214. (trad. nostra)
146

La verità meta-fisica dell’uomo, secondo Nellas, non sorge dal


suo sé (autonomamente inteso), oppure dall’anima della filosofia
aristotelica, dalla mente o dalla persona nel senso in cui la intendono le
filosofie personaliste contemporanee, bensì dalla relazione col suo
Archetipo (Dio). Meglio ancora, dal momento che «l’imago ci invita ad
andare oltre il quadro evolutivo», nonostante la presenza dei «substrati
subumani nella nostra natura evoluta»599, non ci dobbiamo meravigliare
affatto se «la fonte originaria della dignità» si radichi «in questa
somiglianza relazionale»600.
Nellas, infatti, non sembra negare che l’immagine riguardi
l’anima personale immortale dell’uomo, ma ciò che lui vuole
sottolineare è un aspetto diverso. L’uomo, se fosse considerato
solamente nelle sue coordinate immanenti, non sarebbe altro che un
frammento derisorio dell’universo fisico. Perciò insiste: «dal momento
che l’uomo è un’icona, la sua esistenza reale non è determinata
dall’elemento creato dal quale è fatta l’icona […] ma dal suo archetipo
increato. L’uomo è inteso dai Padri in modo ontologico solamente come
essere teologico. La sua ontologia è iconica»601. E, infine, aggiunge:
«l’archetipo dell’uomo non è […] semplicemente il Logos, ma il Logos
incarnato»602.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, noi siamo propesi
verso uno schema diverso: l’uomo non è immagine somigliante del
Logos incarnato603 perché non è una riproduzione bio-psichica di un

599 POPE J. Stephen, Human Evolution and Christian Ethics, Cambridge University
Press, New York 2007, 198. (trad. nostra)
600 SANCHES Mário Antônio, VIEIRA Odair José, «The nascent life in the Sacred
Scriptures and in the history of the Church», in Ciberteologia - Revista de Teologia &
Cultura, n. 32, novembre-dicembre 2010, 15. (trad. nostra)
601 NELLAS Panayotis, Omul, animal …, 15.

602 Ibid., 17.

603 Cf. LOSSKY Vladimir, In the Image and Likeness …, 117.


147

archetipo d’incarnazione eterno604, bensì del Logos eterno perché –


grazie all’alleanza originaria – egli, in quanto persona, tende ad imitare
la comunione di Quest’ultimo con le altre due Persone della Trinità,
relazione d’amore eterna che a noi è stata rivelata storicamente.
Il Logos eterno, dunque, è l’archetipo della divinizzazione
(personalizzazione) dell’uomo bio-logico poiché condivide con la Trinità
una dimensione invisibile, la persona: «Egli è l’immagine del Dio
invisibile» (Col 1,15). San Paolo qui si esprime partendo dalle categorie
spazio-temporali di cui egli fa esperienza: Cristo, entrando nella storia – per
mezzo del suo bio-psiché umano – diventa l’immagine concreta, a noi

604 Uno dei modelli validi d’incarnazione, secondo il teologo evangelico William
Craig, sarebbe pure quello proposto dal vescovo Apollinare di Laodicea. Per Apollinare,
perché si possa parlare di una sola ipostasi (persona) e di due complete nature, umana e
divina, l’unica via d’uscita sarebbe quella di ammettere che il Logos abbia sostituito la
mente umana di Gesù. In questo modo, però, il Logos non sembrava assumere l’umanità,
bensì un corpo ominoideo. Tuttavia, pensa Craig, Apollinare è stato frainteso dai suoi
avversari: «Quando Apollinare affermò che il Logos non era solo l’immagine di Dio ma
pure l’uomo archetipale e, in quest’ultimo senso, possedeva già natura umana nella Sua
forma preesistente, i suoi avversari, come Gregorio Nazianzeno, pensarono che egli
volesse dire che la carne di Cristo fosse preesistente. È possibile che Apollinare fosse
stato molto più sottile; ciò che egli potrebbe aver voluto dire è che il Logos conteneva
nella propria natura, in modo archetipale, personalità umana perfetta. Di conseguenza,
assumendo un corpo di ominide, il Logos conferiva alla natura animale di Cristo solo
quelle proprietà necessarie per renderla una natura umana completa. Così, la natura
umana di Cristo era compiuta proprio in virtù dell’unione della sua carne con il Logos.
In seguito all’unione, infatti, Cristo possiede una natura umana completa ed individuale,
composta da corpo e anima; questo perché quella natura è stata compiuta dall’unione
della carne con il Logos, l’archetipo dell’umanità». CRAIG LANE William, «The
Coherence of the Incarnation», in Ankara Üniversitesi İlahiyat Fakültesi Dergisi 50/2
(2009) 194-195 (trad. nostra). Noi non condividiamo questo modello perché pensiamo
che la mente umana sia un’emergenza evolutiva. La Persona eterna del Verbo, perciò,
per sperimentare umanamente il mondo, doveva assumere un’individualità bio-psichica
umana. Inoltre, se è il Logos-Persona ad essere, fin dall’eternità, l’archetipo bio
psichico dell’uomo, allora nell’incarnazione Egli non fa altro che attualizzare il suo
archetipo, cioè Se stesso e, a questo punto, c’è da chiedersi che cos’è che assume nel
grembo della Vergine Madre. Soltanto particelle subatomiche? Sappiamo, infatti, che le
caratteristiche bio-psichiche essenziali degli individui umani sono contenute, sotto
forma di informazione, nel codice genetico dei genitori. Ma se l’anima razionale di
Gesù (cioè l’informazione che di solito è contenuta nel codice genetico) era già presente
nell’archetipo umano del Logos eterno, in quale senso Maria è la Madre di Dio?
148

visibile, della sua Persona divina, invisibile, che è in comunione eterna col
Padre e con lo Spirito Santo («Dio invisibile»). San Teofane il Recluso,
riferendosi all’immagine che l’uomo ha offuscato col peccato, pensa che «il
Dio della misericordia non ha voluto abbandonare l’uomo in questo stato
dannoso, ma si è degnato di salvarlo, restaurando in lui la Sua immagine e
somiglianza. Per questo, l’Unigenito Figlio di Dio, che è lo splendore della
gloria ed immagine dell’ipostasi del Padre, si è abbassato, ha accettato un
aspetto da schiavo e ha assunto un volto umano»605.
Dunque, se la nostra attenzione si concentra sull’evento storico
dell’Incarnazione – dato che a Dio tutto è un presente simultaneo – allora ci
sembra più logico supporre che sia stato il Logos eterno ad assumere come
archetipo d’incarnazione la struttura bio-psichica della specie umana606, e
non viceversa: «Cristo Gesù […] pur essendo di natura divina, non
considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso
in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla
morte di croce» (Fil 2,6-8).
La seconda Persona della Trinità, infatti, non si identifica,
nell’incarnazione, con una sua immagine corporea eterna607, ma piuttosto
preferisce essere simile agli uomini, assumendo le caratteristiche della
specie umana: «[…] un corpo vivo con tutte le sue funzioni; un’intelligenza
con quale possa sapere, ragionare, valutare e interpretare le cose; l’abilità di
fare delle scelte autonome e di assumere impegni; la capacità di sentire ed
esprimere emozioni; ed una continuità cosciente con il passato per mezzo
della memoria». Oltre a ciò, «essere umano significa essere determinato:

605 ZĂVORÂTUL Teofan, Viaţa lăuntrică [Vita interiore], Editura Sofia, Bucureşti
2000, 215. (trad. nostra)
606 Cf. SANSON Manuela, Il corpo nell'opera di Francesco d’Assisi e di Iacopone da
Todi, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Trento 2009/2010, 214.
607 Cf. POTTIER Bernard, «L’humanité du Christ selon Grégoire de Nysse», in
Nouvelle Revue de Théologie 120/3 (1998) 360-361.
149

uomo o donna, giudeo o gentile, del primo secolo o del tredicesimo, e così
via. Negare tali determinate caratteristiche a Gesù, come la sua mascolinità
o appartenenza giudaica, equivarrebbe a negare la sua genuina umanità»608.
Più che archetipo bio-psicologico dell’uomo, ci sembra piuttosto
incline ad assumere come modello la fragilità storico-evolutiva della specie
umana609 di modo che, abbassandosi e abbracciando ogni limite, eccetto il
peccato, potesse invogliare l’uomo a riscoprire la sua condizione di persona
immortale (immagine) in comunione divinizzante (somiglianza) con le
Persone eterne della Trinità610. Perciò, se l’archetipo personale dell’uomo è
la Persona eterna del Logos, l’archetipo incarnazionale della Persona eterna
del Logos è la struttura bio-psichica dell’uomo storico611.
Così, Dio, incarnandosi, si umanizza perché l’uomo,
spiritualizzandosi, si divinizzi, per poter riscoprire il vero senso del suo
essere’immagine somigliante e per poter gustare, alla Parusia, la novità della
risurrezione, ossia l’elevazione/spiritualizzazione finale del suo cuore bio
psicologico: «l’essere umano fin dall’inizio è letto a partire dall’Uomo della
fine, Cristo […]»612. È evidente qui «la reciprocità tra Dio e l’uomo. Sul
piano ontologico questa reciprocità è quella tra archetipo e la sua immagine.
Essa dovrebbe manifestarsi sul piano esistenziale attraverso un duplice
movimento: il movimento di Dio verso l’uomo con l’Incarnazione […] e il
movimento dell’uomo verso Dio nel processo imitativo della

608 O’COLLINS Gerald, Christology. A Biblical, Historical, and Systematic Study of


Jesus, Oxford University Press, New York 20092, 234, 236. (trad. nostra)
609 San Paolo è molto chiaro su questo punto: «Adamo […] il primo uomo, era
figura di quello futuro» (Rm 5,14), ovvero era l’archetipo bio-psicologico del Logos che
doveva assumere la «forma umana» (Fil 2,7), così come, secondo Stăniloae, da un altro
punto di vista, l’uomo è «“immagine” o “ombra” della Sua natura divina”». STĂNILOAE
Dumitru, Chipul nemuritor …, vol. II, 85. (trad. nostra)
610 Cf. BURNELL Peter, The Augustinian Person, 187.

611 Cf. MĂRTURISITORUL Maxim (Massimo il Confessore), Ambigua, Editura


Institutului Biblic şi de Misiune BOR, Bucureşti 1983, 49-50.
612 TREMBLAY Réal, «Cristo, chiave di volta della dignità e della sacralità della vita
umana secondo l’istruzione Dignitas personae», in RUSSO Giovanni (ed.), Dignitas
personae …, 27.
150

divinizzazione»613. Ciò che l’Archetipo divino e l’immagine hanno in


comune è la persona eterna/immortale.
Nonostante sia cosciente che dal punto di vista biologico è un’entità
sottoposta ai meccanismi della vita cosmica, l’uomo, nei suoi momenti
rivelativi, «intuisce che non è solo un fenomeno di questo mondo»614;
avverte, cioè, che in lui esiste «un altro la cui vita reale, incondizionata,
supera le schiavitù, gli interessi e gli scopi di questo mondo sottomesso alla
caducità»615. Attratto incessantemente dal suo modello infinito616, l’uomo
non si sente del tutto a suo agio nei limiti di quest’universo617 e, pur
esistendo «nel mondo grazie alla sua realtà corporale», è consapevole che la
sua persona non ne è totalmente circoscritta618; nelle profondità del suo
cuore (mente), egli percepisce una voce misteriosa (la coscienza) che gli
rivela la presenza della sua persona immortale e che, a volte, lo può indurre
a sacrificare altruisticamente la propria dimora mondana619.
La Commissione Teologica Internazionale, in un documento del
2004 il cui sottotitolo è La persona umana creata a immagine di Dio, non
sembra essere d’accordo con ciò che si è detto fin qui a proposito
dell’immagine:
La teologia di oggi sta cercando di superare l’influenza
delle antropologie dualistiche che collocano l’imago Dei
esclusivamente in relazione all’aspetto spirituale della natura umana.
[…] Un importante contributo al superamento di questa tendenza è

613 THUNBERG Lars, Man and the Cosmos. The Vision of St Maximus the Confessor,
St. Vladimir’s Seminary Press, Crestwood (NY) 1985, 62. (trad. nostra)
614 CLÉMENT Olivier, «Realitatea biologică a trupului şi transcendența persoanei»
[«La realtà biologica del corpo e la trascendenza della persona»], AA.VV., Bioetica şi
taina persoanei [La bioetica ed il mistero della persona], Editura Bizantină, Bucureşti
2006, 40. (trad. nostra)
615 Ibid., 41 (trad. nostra); cf. Rm 8,18-23.

616 Cf. STĂNILOAE Dumitru, «Ortodoxie şi naţiune», 77.

617 Cf. CLÉMENTOlivier, «Realitatea biologică …», 42.

618 Cf. MLADIN Nicolae, «Doctrina despre …», 177; cf. LOSSKY Vladimir, In the
Image and Likeness …, 120.
619 Cf. CLÉMENT Olivier, «Realitatea biologică …», 53; cf. SCDF, Dichiarazione
sull’aborto procurato (1974), n. 9.
151

stato dato dalla riscoperta sia di elementi dell’antropologia biblica sia


di aspetti della sintesi tomistica620.

La Commissione ha paura, evidentemente, del dualismo platonico e


cartesiano, però non è detto che ogni dualismo sia disumanizzante621 così
come, d’altronde, dal fatto che Cristo sia eternamente Persona non segue
che egli abbia abbassato la condizione umana con la sua incarnazione nel
seno della storia ma, anzi, l’ha sollevata.
Teologicamente, infatti, è impossibile tenere una via di mezzo tra
monismo e dualismo622, come è consuetudine nella teologia/filosofia
contemporanea623: o si è dualisti o monisti. Tertium non datur. Il dualismo
sottinteso nell’idea che Dio è trascendente all’universo fisico 624 non
significa necessariamente che la materia sia cattiva e lo spirito buono ma, al
contrario, garantisce un fondamento meta-fisico625 sicuro per l’universo
fisico e una verticalità per l’uomo. Bisogna essere d’accordo, almeno in
linea di principio, «che il rifiuto di alcuni tipi scorretti di dualismo non
dovrebbe portare a rifiutare anche quelli giusti»626.

620 CTI, «Comunione e servizio …», n. 27.


621 Cf. BOYD H. Jeffrey, «One’s Self-Concept...»,214.
622 Cf. GILSON Étienne, Elementi di filosofia cristiana, Morcelliana, Brescia 1964,
298; cf. STAN Leo, PUESCUVlad (eds.), Filozofie şi dualism [Filosofia e dualismo], Zeta
Books, Bucureşti 2009, 14.
623 Cf. BOSSI Laura, Storia naturale …, 206.

624 Cf. BIELFELDT Dennis, «Can Western Monotheism Avoid Substance Dualism?»,
in Zygon 36/1 (2001) 153-177; cf. ATTFIELD Robin, Creation, Evolution and Meaning,
Ashgate, Aldershot & Burlington 2006, 69-70; cf. WESTPHAL Merold, Transcendence
and Self-Transcendence: On God and the Soul, Indiana University Press, Bloomington
(IN) 2004, 9, 11, 94.
625 Cf. RAVASI Gianfranco, «Oltre le frontiere, verso il post-umano», in Avvenire,
Milano, 26 novembre 2013, 27.
626 SEIFERT Josef, «Anima, morte …», 166; cf. ZIMMERMAN W. Dean, «Material
People», in LOUX J. Michael, ZIMMERMANW. Dean (edited by), The Oxford Handbook
of Metaphysics, Oxford University Press, New York 2003, 492; cf. PLANTINGA Alvin,
«Materialism and …», 99-101; cf. LOWE E. J., Personal Agency. The Metaphysics of
Mind and Action, Oxford University Press, New York 2008, 92.
152

Più avanti, in effetti, la Commissione addolcisce l’affermazione


precedente: «Se l’anima, creata a immagine di Dio, forma la materia per
costituire il corpo umano, allora la persona umana nel suo insieme è
portatrice dell’immagine divina in una dimensione tanto spirituale quanto
corporea. Questa conclusione viene rafforzata se si tiene conto delle
implicazioni cristologiche dell’immagine di Dio: “Solamente nel mistero del
Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”»627.
Qui veniamo a sapere che effettivamente è l’anima personale
immortale ad essere stata creata ad immagine di Dio ed è essa ad imprimere
dignità al corpo628, un’affermazione, a nostro avviso, palesemente dualista.
Lo stesso riferimento al «Verbo incarnato», benché sembri un’espressione
unitaria629, contiene inevitabilmente una radice dualista: il Verbo, che è
eternamente Persona divina, diventa uomo storicamente, il che vuol
significare che il Verbo e l’uomo, sebbene vivano in un’unità armoniosa,
non sono la stessa identica realtà.
Giovanni Paolo II, in un’udienza del 1986, è ancora più esplicito:
«L’uomo creato ad immagine di Dio è un essere insieme corporale e
spirituale, un essere cioè che, per un aspetto, è legato al mondo esteriore e
per l’altro lo trascende. In quanto spirito, oltre che al corpo, egli è
persona»630. Interpretando liberamente, risulta che la ragione principale per
cui l’uomo è persona sta nella sua anima immortale631. La corporeità non fa
altro che specificare il tipo di persona che egli è: umana. Le espressioni
utilizzate al numero successivo appoggiano quest’interpretazione: l’uomo è

627 CTI, «Comunione e servizio …», n. 29.


628 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica (1992), nn. 363-364. Il corpo partecipa
alla dignità di immagine di Dio perché è permeato ed avvalorato dall’anima personale
immortale.
629 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122.

630 GIOVANNI Paolo II, «L’uomo, immagine di Dio, è un essere spirituale e


corporale», Udienza generale, 16 aprile 1986, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX,
11, 1986, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1986, n. 1.
631 Cf. ID., «Discorso per la Sessione plenaria su “Cambiamenti concernenti …”», n.
5.
153

«un corpo informato da uno spirito immortale»; poi, per quanto riguarda
l’«alito di vita» di Genesi 2,7, anche se non si parla esplicitamente di
«anima», «è facile dedurne che la vita donata all’uomo nell’atto della
creazione è di natura tale da trascendere la semplice dimensione corporale
(quella propria degli animali). Essa attinge, al di là della materialità, la
dimensione dello spirito, nella quale sta il fondamento essenziale di
quell’“immagine di Dio”, che Genesi 1,27 vede nell’uomo»632.
Pur convinto che «l’uomo è un’unità», Giovanni Paolo II è
cosciente, allo stesso tempo, che «in quest’unità è contenuta una dualità»633.
In linea con Tommaso d’Aquino, però, il papa pensa che la persona sia
634
rappresentata dall’unità della dualità corpo-anima . Questo è vero
senz’altro della persona umana, ma non della persona in sé635. Comunque,
attualmente niente impedisce che l’uomo sia naturalmente una
configurazione bio-psichica636 e soprannaturalmente una persona meta
fisica637. La cristologia e l’evoluzionismo sembrano richiedere proprio
questo tipo di approccio antropologico, specie se si tiene conto che,
inevitabilmente, in alcuni documenti magisteriali esistono delle affermazioni
dualistiche che assegnano la consistenza ontologica dell’immagine proprio
all’anima personale immortale638.
La stessa Dignitas personae, citando un discorso del 2006 di
Benedetto XVI, sottolinea che «l’amore di Dio non fa differenza fra il
neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o

632 ID., «L’uomo, immagine …», n. 2.


633 Ibid., n. 3.
634
Cf. ibid.
635 Cf. SEIFERT Josef, «Persons and Causes …», 18-19; cf. MCARDLE Patrick, «Ecce
Homo …», 5.
636 Cf. OYAMA Susan, The Ontogeny of…, 26.

637 Cf. SPAEMANN Robert, Persone. Sulla differenza tra “qualcosa” e “qualcuno”,
Editori Laterza, Roma & Bari 2005, 20.
638 Cf. SCDF, Dichiarazione sull’aborto procurato (1974), n. 9; cf. CDF, Donum
vitae (1987), Introduzione, n. 5; cf. GIOVANNI Paolo II, Evangelium vitae (1995), nn. 7,
43.
154

l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede


l’impronta della propria immagine e somiglianza […]»639.

3.3.2 Duale è l’uomo, non la persona

La persona umana è certamente, come risulta da vari enunciati


teologici, un’unità duale 640 ma questa dualità641 difatti non riguarda gli
appartenenti al “genere” persona (Dio, angeli, ecc.)642, quanto piuttosto la
concretizzazione di una sua specie, quella umana643. Dal punto di vista
antropologico, allora, duale non è la persona, bensì l’uomo644 il quale, oltre
alla sua naturale configurazione bio-psichica (mente spazio-temporale
inclusa, laddove c’è), è permeato, soprannaturalmente, pure da un io meta
fisico645, che noi possiamo chiamare anima personale immortale646.
Come già detto, sia la scienza (le scoperte che attestano
l’evoluzione) sia la fede (la cristologia) ci obbligano a considerare

639 CDF, Dignitas personae (2008), n. 16.


640 Cf. GIOVANNI Paolo II, «L’uomo, immagine …», nn. 3-5; cf. Catechismo della
Chiesa Cattolica (1992), n. 362; cf. SCOLA Angelo, MARENGO Gilfredo, LÓPEZ Prades,
La persona umana ..., 154; LUCAS LUCAS Ramόn, Antropologia e problemi bioetici,
San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2001, 26.
641 Cf. CTI, «Problemi attuali di escatologia» (1992), § 5.3.

642 Cf. MURPHY G. James, «Bioethics and Non-Psychological Views of


Personhood», in Teaching Ethics 9/1 (2008) 57; cf. MCARDLE Patrick, «Ecce Homo …»,
5.
643 Già il semplice fatto di ammettere che esistono persone non umane significa che,
per essere «persona», non bisogna essere necessariamente un individuo umano. Cf.
LUND H. David, Persons, Souls …, 13; cf. TALIAFERRO Charles, Consciousness and …,
2.
644 KOHLER Kaufmann, Jewish Theology …, 216-217; cf. CONGOURDEAU Marie
Hélène, «L’animation de l’embryon humain chez Maxime le Confesseur», in Nouvelle
Revue Théologique 111 (1989) 706-708.
645 Cf. LEWIS Gordon, DEMAREST Bruce, Integrative Theology, vol. 2, Zondervan,
Grand Rapids (MI) 1990, 148-149; cf. Fonti Francescane, nr. 1636.
646 Cf. MASSET Pierre, «Immortalité de l’âme. Résurrection des corps. Approches
philosophiques», in Nouvelle Revue Théologique 105 (1983) 321, 339; cf. FABRO
Cornelio, L’anima. Introduzione al problema dell’uomo, Editrice del Verbo Incarnato,
Roma 20052, 12-13.
155

l’individuo umano su due livelli: uno naturale, in base alla sua


configurazione bio-psichica, e uno sovrannaturale in virtù della sua anima
personale immortale. Perciò, con il sintagma persona umana intendiamo
un’entità appartenente alla specie bio-psichica umana, orientata a sviluppare
una mente (coscienza) spazio-temporale647, e dotata, sin dal primo momento
della sua attivazione umana, di un io meta-fisico immortale. I due aspetti
della realtà, cioè quello materiale (bio-fisico) e quello spirituale (meta
fisico)648, ci obbligano a prendere le distanze dall’antropologia tomista.
La prima ragione della nostra reticenza riguardo alla dottrina tomista
dell’anima-razionale-immortale-configurante649 è che questa, se prendiamo
sul serio l’evoluzione, dovrebbe evolversi di pari passo con la materia che
informa650 e, dal momento che si concede ciò, automaticamente bisogna
accettare anche che essa si sia evoluta dalla materia. Nel caso che si neghi
una tale evoluzione, diventa evidente che essa non configura realmente la
materia651 ma la permea soltanto.
Qualcuno potrebbe, evidentemente, respingere una simile
conclusione ipotizzando la creazione dell’anima razionale immortale
“configurante” simultaneamente all’emergenza del fenomeno umano, il che
metterebbe sì in dubbio il suo ruolo configurante, ma almeno sembrerebbe
salvarla dal processo evolutivo. In realtà però nemmeno questa ipotesi è in
grado di preservarla dall’evoluzione, a meno che il fenomeno umano non
coincida ferreamente con l’emergenza dell’Homo sapiens sapiens.

647 Cf. CORRADINI Antonella, «Emergent Dualism», in ANTONIETTI Alessandro et al.


(edited by), Psycho-Physical Dualism …, 205-206.
648 Cf. ZIMMERMAN Dean, «From Experience to Experiencer», in BAKER C. Mark,
GOETZ Stewart (edited by), The Soul Hypothesis. Investigation into Existence of the
Soul, Continuum, New York 2011, 168.
649 Cf. EBERLT. Jason, Thomistic Principles and Bioethics, Routledge, New York
2006, 5, 8-9.
650 Cf. MARIANI Ezio, L’uomo, la cultura, l’anima. Riflessioni su questioni di
antropologia e di teoria della conoscenza, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003, 104.
651 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122; cf. SEIFERT
Josef, The Philosophical Disease …, vol. I, 112-113.
156

Ma, a questo punto, ci chiediamo, come si fa ad ignorare gli antenati


più antichi, appartenenti a vari strati della specie Homo, i quali mentalmente
erano già in grado di fabbricare utensili litici, sapevano utilizzare il fuoco,
costruivano zattere per attraversare i fiumi, avevano una con-scienza e
dimostravano tante altre qualità umane652. Oltre a ciò, lo vedremo più
avanti, sembra che pure l’attuale Homo sapiens sapiens si evolva e, se non
si distingue tra i due piani della realtà, paradossalmente segue che, assieme
ad esso, si evolve pure l’anima-razionale-immortale-configurante, ipotesi
che solleverebbe non pochi dubbi riguardo al ruolo che essa svolge
nell’universo fisico nonché riguardo alla sua immortalità meta-fisica653.
La seconda ragione della nostra riluttanza ad accettare l’ilemorfismo
tomista ha a che fare con la cristologia. Da vari documenti magisteriali
veniamo a sapere che «il mistero dell’uomo» – e qui presumiamo si tratti
fondamentalmente della sua dimensione meta-fisica – «trova vera luce»
«solamente nel mistero del Verbo incarnato»654. Nel Verbo incarnato ci
deve essere un elemento o una struttura fondamentale – pure in noi presente,
la cui identificazione dovrebbe illuminarci antropologicamente, anzi, meta
fisicamente, sciogliendo parte del nostro mistero e avvalorando tutto il
nostro uomo655.
La Persona eterna del Verbo incarnato, infatti, fa riaffiorare la
persona immortale che dimora nel nostro uomo. Così come il Verbo

652 Cf. HEYES Cecilia, «New thinking: the evolution of human cognition», in Phil
Trans RSoc B367 (2012) 2092; cf. BENNETT Jane, Vibrant Matter …, 31.
653 Cf. LYCANG. William, «Is property dualism better off than substance dualism?»,
in Philosophical Studies, not assigned to an issue (12 February 2012) 537; Cf.
OAKLANDER L. Nathan, «Personal Identity …», 186-187.
654 PAOLO VI, Gaudium et spes (1965), n. 22; cf. CDF, Donum vitae (1987),
Introduzione, n. 1; cf. GIOVANNI Paolo II, Veritatis splendor (1993), n. 2; cf. CDF,
Dignitas personae (2008), n. 7.
655 L’Incarnazione «non solo ci ricorda della nostra somiglianza a Dio ma accentua
pure tale somiglianza. […] Essa ha spiritualizzato l’umanità, già spirituale, in un grado
più elevato». WATSON A. Herbert, The Incarnation and Personality, The Macmillan
Company, New York 1920, 21. (trad. nostra)
157

incarnato, per mezzo della sua umanità, è immagine visibile che rimanda, in
quanto Persona trinitaria, al Dio invisibile, diventa evidente che pure gli
individui della specie umana, grazie all’alleanza primordiale, lasciano
trasparire, per mezzo del loro selem bio-psicologico, l’anima personale
immortale che appartiene al Dio invisibile, specie se non si dimentica che
«il concetto di persona è fortemente intriso, nelle sue radici, di teologia
[…]»656 e che «l’idea che sta dietro, è un prodotto della teologia
cristiana»657. Secondo il cardinal Ratzinger «il significato vero e proprio di
persona […] non può venir afferrato […] se non viene di continuo
ricongiunto a tale origine»658.
Riccardo di San Vittore, infatti, nel formulare la sua definizione di
persona – «divinae naturae incommunicabilis existentia»659 – più che di una
base immanente, come per esempio l’ilemorfismo, preferisce servirsi del
suo intuito meta-fisico, partendo, certo, dal cuore del messaggio cristiano660:

656 PALAZZANI Laura, «I significati del concetto filosofico di persona e implicazioni


nel dibattito bioetico e biogiuridico attuale sullo statuto dell’embrione umano», in PAV,
Identità e statuto dell’embrione, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998, 56;
cf. MAUSS Marcel, «Une catégorie de l’esprit …», 278; cf. ZIZIOULAS D. John, Being as
Communion, 27; cf. DEGRAZIA David, «On the Question of …», 41; cf. CAVALIERI
Paola, The Animal Question …, 120; cf. KEARNS J. Alan, The Concept of Person in a
World Mediated by Meaning and Constituted by Significance, Submitted for the degree
of Doctor of Philosophy, Dublin City University 2005, 11-12; cf. BERTI Enrico, «The
Classical Notion of Person in Today’s Philosophical Debate», in PASS,
Conceptualization of Person in Social Sciences, The Proceedings of the Eleventh
Plenary Session of the Pontifical Academy of Social Sciences, 18-22 November 2005,
The Pontifical Academy of Social Sciences, Vatican City 2006, 63.
657 RATZINGER Joseph, Dogma e predicazione, 173; cf. RUIZ DE LA PEÑA Juan Luis,
Immagine di Dio …, 154; cf. SMITH L. Allyne, Jr., «Personhood: Beginnings and
Endings», in Christian Bioethics 6/1 (2000) 4; cf. MCARDLE Patrick, «Ecce Homo …»,
4.
658 RATZINGER Joseph, Dogma e predicazione, 174; cf. CONGOURDEAU Marie
Hélène, «L’animation de l’embryon …», 695.
659 RICHARDI Sancti Victoris, De Trinitate, in MIGNE J.-P. (accurante), Patrologiae,
tomus CXCVI, Parisiis 1855, lib. IV, cap. XXI, col. 945.
660 Cf. PEROLI Enrico, Essere persona. Le origini di un’idea tra grecità e
cristianesimo, Morcelliana, Brescia 2006, 64-65; cf. BARA Zoltán, «Comprensione di
persona e concezioni della Trinità nel Medioevo», in Studia Universitatis Babeş-Bolyai,
Theologia Catholica Latina 52/2 (2007)42.
158

essere qualcuno è sempre un essere in relazione con e per gli altri, senza,
però, perdersi negli altri. Quest’intuizione, purtroppo, non sembra stata
avvalorata sufficientemente dalla cristianità:
La teologia scolastica ha sviluppato, a partire da questo
contributo della fede cristiana allo spirito umano, delle categorie
dell’esistenza; il suo limite consistette soltanto nell’averle limitate alla
cristologia e alla dottrina trinitaria e nel non averle rese operanti in
tutta la estensione dello spirituale. Questo mi sembra anche il limite di
San Tommaso, in questo campo. Nella teologia egli procede sul piano
dell’esistenza, con Riccardo da San Vittore, ma tratta il tutto come
un’eccezione teologica; in filosofia […] rimane del tutto fedele
all’impostazione della filosofia precristiana. Il contributo della fede
cristiana alla totalità del pensiero umano non viene realizzato; rimane
isolato da esso, nella sua veste di eccezione teologica, benché il
significato di questa stia proprio nel porre in questione l’intero modo
di pensare umano e nel portarlo su nuove strade661.

Dunque, se le Persone della Trinità e, specificatamente, quella del


Verbo incarnato, sono intese come «eccezioni teologiche»662, che non ci
dicono nulla per ciò che concerne la nostra persona meta-fisica, e se la
Persona del Verbo eterno – che è diventata individuo umano sin dal primo
momento dell’assunzione della configurazione bio-psichica della specie
umana663 – non ci dice nulla per ciò che riguarda la nostra individualità
umana664, allora c’è da chiedersi che cos’è che il Verbo eterno, con la sua
incarnazione, illumina veramente nell’uomo?

661 RATZINGER Joseph, Dogma e predicazione, 183-184; cf. CLARKE W. Norris,


«Person, Being, and St. Thomas», in Communio 19/4 (1992) 602; cf. SEIFERT Josef, The
Philosophical Disease …, vol. I, 116-117, nota 40.
662 Cf. RAHNER Karl, The Trinity, Burns & Oates, London & New York 19863, 105;
cf. KIESLING Christopher, «On Relating to the Persons of the Trinity», in Theological
Studies 47 (1986) 600-601; cf. PASNAU Robert, Thomas Aquinas …, 114.
663 Cf. CONGOURDEAU Marie-Hélène, «L’animation de l’embryon …», 701-705.

664 Cf. CORTEZ Marc, Embodied Souls, Ensouled Bodies. An Exercise in


Christological Anthropology and its Significance for the Mind/Body Debate; with
Special Reference to Karl Barth’s Church Dogmatics III/2, A Thesis Submitted for the
Degree of PhD at the University of St. Andrews, St. Andrews 2006, ii, 4-6, 216
(http://hdl.handle.net/10023/145, consultato il 03/02/2014).
159

Non dobbiamo pensare, forse, che la Persona del Verbo eterno del
Padre, assumendo, sin dal primo momento dell’incarnazione,
un’individualità umana, simile alla nostra (eccetto che nel peccato), ci
voglia illuminare sul fatto che pure noi siamo persone immortali, simili a
Lui, sin dal primo momento della nostra attivazione umana,
indipendentemente dallo stadio di sviluppo ontogenetico, disposizione
ilemorfica, capacità relazionale o cognitiva?665 La persona, a nostro avviso –
e la cristologia ce lo dimostra – non è una categoria immanente o
naturalistica666, bensì un’«essere immortale»667 , un io meta-fisico 668.
Storicamente, infatti, non si è partiti dall’“uomo” per giungere alla “persona
umana” e alla “persona divina”, ma, al contrario, si è partiti dalla “persona
divina” per giungere a precisare le coordinate fondamentali della “persona
umana” e a considerare, poi, se ed in che senso esse possano essere
compatibili con quella relative all’“uomo” descritto dalle attuali “scienze
dell’uomo”669.
La Persona del Verbo eterno di Dio, anche se meta-fisicamente
onnipotente ed onnisciente, si è abbassata ed ha assunto un’individualità
umana670 ed una mente spazio-temporale, accettando di percorrere tutte le
tappe dello sviluppo biologico umano, con lo scopo di salvarci dal peccato e
per illuminarci sul fatto che noi, individui umani, siamo più della nostra

665 Cf. GALOT Jean, The Person of Christ. A Theological Insight, Gregorian
University Press, Rome 1981, 29, 34.
666 Cf.
667 CASPARJohn
NEWMAN Philippe, «LaThe
Henry, problématique de of
Individuality the Soul, …»,
l’animation 408-411.
Scepter Booklets, New

Rochelle (NY) 1985, 5. (trad. nostra)


668 Cf. SEIFERT Josef, The Philosophical Disease …, vol. I, 104.

669 BERTAGNA Giuseppe, «Pedagogia “dell’uomo” e pedagogia “della persona


umana”: il senso di una differenza», in BERTAGNA Giuseppe (a cura di), Scienze della
persona: perché?, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006, 51-52; cf. RUIZ DE LA PEÑA Juan
Luis, Immagine di Dio …, 152.
670 Cf. GIOVANNI Paolo II, «Mistero dell’Incarnazione. Lo Spirito Santo autore
dell’unione ipostatica», 23 maggio 1990, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII, 1,
1990, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, n. 3.
160

dimensione bio-psichica, cioè più della nostra mente spazio-temporale e più


delle nostre capacità relazionali o cognitive:
Solitamente, quando uno pensa “persona” gli viene in
mente un “uomo” fino al punto che parlando delle “persone” si pensa
agli “uomini”. Non è sbagliato un tale uso, ma non è del tutto preciso,
perché il termine “persona” indica qualcosa di più di un “uomo”
(inteso maschio e femmina). Specialmente nel nostro tempo […]
sarebbe necessario – guardando proprio le radici del concetto – essere
più precisi: prima della persona umana, esiste la personalità divina
[…]671

3.3.3 Essere somiglianti a Dio: imitare la relazione d'amore


delle persone trinitarie

Precedentemente abbiamo affermato che l’autore umano della Gen 1,


per esprimere la sua idea meta-fisica di uomo, è stato costretto ad fare uso di
un concetto plastico, selem, che poteva essere afferrato dalla mente con più
facilità, almeno in un primo momento. Però lui intuisce che selem (volto,
statua, icona, immagine) non è altro che un simbolo, cioè un segno
visibile672 portatore di uno spirito che rimanda a Qualcuno altro, invisibile.
Per rendere meglio quest’idea egli sente la necessità di aggiungere, come
qualificazione esplicativa di selem, il concetto demūt, somiglianza.
L’elemento ontologico che trasforma il selem (la corporeità) dell’uomo in
simbolo, cioè in segno che rimanda ad un Altro, è l’anima personale
immortale.
Senza quest’ultima l’uomo sarebbe semplicemente un selem, una
statua vivente come tante altre nella natura, ma non un soggetto meta-fisico.
È il soffio divino (l’anima personale immortale), di cui ci parla
antropomorficamente l’autore della Gen 2, a trasformare il selem immanente

671 CHARAMSA Krzysztof, «Alle radici della persona», 57.


672 Cf. RIBAS ALBA M. José, Persona: desde …, 170.
161

in un simbolo rivelativo di Qualcun’Altro. Il cuore personale di questo


segno-simbolo, però, non si identifica totalmente col suo Archetipo, ma è
somigliante. La somiglianza, poi, è ontologica e morale; essa «sembra
indicare un elemento in qualche modo già presente nell’uomo, ma che va
portato alla sua pienezza: demût è infatti un termine di comparazione. Una
comparazione tra due entità presuppone la presenza di qualcosa di comune
ad entrambe, mentre dice che esse non sono identiche. Ne consegue la
possibilità che una delle due possa evolversi, progredire, per essere sempre
più conforme all’altra»673.
Poiché l’uomo, a differenza delle Persone eterne, diventa persona
immortale storicamente (sia filogeneticamente, per mezzo dell’alleanza
conclusa da Dio con l’uomo primitivo, sia ontogeneticamente, sin dal primo
momento di sviluppo in senso umano), la sua persona non è identica alle
Persone divine, ma ne assomiglia meta-fisicamente, cioè appartiene «al
mondo delle sostanze spirituali»674. Inoltre, dal momento che la comunione
tra le Persone divine è senza difetto, mentre quella tra le persone umane è
imperfetta, l’uomo è chiamato, in quanto persona, ad avvicinarsi,
moralmente, al suo Archetipo, cercando di imitare (per mezzo della
somiglianza) l’amore-comunione che regna tra le Persone della Trinità.
Dionigi l’Areopagita ci tiene a sottolineare un punto importante per
comprendere la somiglianza morale: «gli autori sacri dicono che Dio, che è
sopra ogni cosa, di per sé non è simile a nessuno, bensì dona Egli stesso, che
è al di sopra di ogni delimitazione ed essenza, la somiglianza […] a chi si
rivolge a Lui, tramite l’imitazione secondo le capacità»675. L’uomo, perciò,
può essere chiamato «immagine dinamica del Creatore»676.

673 GAGLIARDI Mauro, La cristologia adamitica. Tentativo di ricupero del suo


significato originario, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 2002, 49-50.
674 CASPAR Philippe, «La problématique de l’animation …», 410. (trad. nostra)

675 DIONIGI, I nomi divini, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2010, 321.

676 STĂNILOAE Dumitru, Chipul nemuritor …, vol. I, 54. (trad. nostra)


162

3.4 L’ANIMA È PERSONALE E IMMORTALE: UN ALTRO MODO PER


DIRE CHE OGNI ESSERE UMANO È PERSONA

Per gli antichi e i medioevali un’entità che cresceva, si spostava o


pensava, doveva essere animata da qualche forza misteriosa, chiamata,
appunto, anima. Loro non riuscivano a comprendere in che modo una
materia inerte poteva compiere tutte queste operazioni complesse ed
intelligenti. È da qui che germoglia il vitalismo ed il meccanicismo677.
Invece, se prendiamo in considerazione i contributi delle
neuroscienze678, dobbiamo essere d’accordo che la mente umana, in quanto
fenomeno emergente dalla materia (nonostante i suoi qualia), può sussistere
solamente a condizione che abbia a disposizione un supporto su cui
depositare le informazioni (cervello) e delle estensioni corporee che gli
forniscano delle informazioni (sensi)679. Detto più semplicemente, la mente
umana, similmente alle menti di tutti gli altri enti del nostro universo fisico,
è caratterizzata dalla spazio-temporalità ed è sottoposta alle regole
(categorie) che reggono il cosmo stesso680. Non è possibile, infatti,
immaginare un universale che non si rispecchi nelle caratteristiche di una
determinata categoria di enti. Il pensiero umano, tuttavia, è il frutto di una
mente molto più evoluta, dotata di una capacità universalizzante di massima
portata, che supera i semplici gesti di sopravivenza biologica e, per mezzo
della cultura, trascende parzialmente le sue basi fisiologiche681. L’uomo

677 Cf. BENNETT Jane, Vibrant Matter …, 62-81.


678 Cf. LE DOUX Joseph, Synaptic Self. How Our Brains Become Who We Are?,
Penguin Books, New York 2002.
679 Cf. HARLE Rob, «Disembodied Consciousness …», 596.

680 Cf. OAKLANDER L. Nathan, «Personal Identity …», 192; cf. CORRADINI
Antonella, «Emergent Dualism», in ANTONIETTI Alessandro et al. (edited by), Psycho
Physical Dualism …, 205-206.
681 L’uomo vive «nel mistero e per la rivelazione». BLAGA Lucian, Trilogia culturii
[Trilogia della cultura], in Opere, vol. 9, Editura Minerva, Bucureşti 1985, 442 (trad.
nostra). E per Stăniloae «l’uomo non trova vera gioia che nel trascendimento delle
soddisfazioni naturali». STĂNILOAE Dumitru, Chipul nemuritor …, vol. I, 32. (trad.
nostra)
163

primitivo, in effetti, non solo fugge istintivamente la morte, come gli altri
animali ma, grazie al pensiero autoriflessivo, si ribella contro di essa
invocando una trascendenza dall’alto, un aiuto che gli permetta di portare il
suo io oltre le coordinate spazio-temporali, in una dimensione infinita682. La
realizzazione di questa speranza, però, non può fondarsi soltanto sulla
trascendenza dell’io terreno («earthly self», «mortal identity»683, «bodily
self»684, «material self»685), poiché la nostra capacità d’astrazione non basta
perché la mente possa sussistere dopo la disintegrazione del cervello686,
bensì dipende essenzialmente da un intervento dall’alto.

3.4.1 La persona umana ed il suo status meta-fisico

La persona umana, a differenza di tutti gli altri enti dell’universo


fisico, è sacra, separata, ossia ha uno status meta-fisico speciale. Ma è
l’umano, ci chiediamo noi, a rendere la persona umana meta-fisicamente
speciale, oppure è la persona? Non bisogna dimenticare, inoltre, che il
concetto di metafisica – implicito in ogni nostra considerazione
antropologica687 – si presta ad almeno due differenti interpretazioni. Mentre
in Aristotele (pur non figurando come concetto) ha il senso di spiegazione
logico-razionale delle dinamiche che danno consistenza agli enti688, senza

682 Cf. JUNG Carl Gustav, Memories, Dreams …, 308.


683 ALEXANDER Eben, Proof of Heaven. A Neurosurgeon’s Journey into the Afterlife,
Piatkus, London 2012, 78.
684 VAN FRAASSEN C. Bas, «Transcendence of the Ego», in Ratio (new series) 17
(2004)460.
685 NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122.

686 Cf. KNOXJohn, Jr., «Can the Self Survive the Death of Its Mind?», in Religious
Studies 5 (1969) 85-97.
687 Cf. HEIDEGGER Martin, «Su l’“Umanesimo”», 95.

688 Cf. CASPAR Philippe, «Le problème de l’individu chez Aristote», in Revue
Philosophique de Louvain 84 (1986) 173, 175, 177-178, 180-181, 183-185; cf.
NORDLANDER Andreas, Figuring Flash …, 4; cf. FRĂTEANU Vasile, Tratat de
metafizică [Trattato di metafisica], Editura Dacia, Cluj Napoca 2002, 12; cf. MCARDLE
Patrick, «Ecce Homo …», 2.
164

che con ciò si faccia riferimento ad alcun mondo sovrasensibile


(iperuranico)689, per un teologo come Tommaso d’Aquino le cose dovevano
stare diversamente e – grazie all’invitante carica omonimica contenuta nel
nome con cui vengono classificate le opere aristoteliche che stanno dopo la
«Fisica» – la metafisica, da spiegazione dei principi interni, diventa meta
fisica (trascendenza690), obbligandoci ad assumere un’ermeneutica che deve
fare da tramite tra due livelli ontologici diversi: l’universo fisico ed il Regno
dell’Essere personale meta-fisico. Ora, quale dei due termini presenti nel
sintagma «persona umana» è il miglior candidato per il salto meta-fisico e
quale, invece, è più adatto a rappresentare la trascendenza immanente (nel
senso aristotelico del termine?
Tra il Motore primo (Intelletto691) di Aristotele e il Creatore di
Tommaso c’è un abisso incolmabile. Mentre il primo è una forza
impersonale ed immanente che pervade e porta avanti le infinite variazioni
ontiche dell’universo (accordandosi meravigliosamente con l’ilemorfismo),
il secondo è un Essere personale indipendente dall’universo fisico (ossia
meta-fisico), necessariamente libero dalle costrizioni ilemorfiche; se cosi
non fosse, Dio sarebbe semplicemente, come vuole Aristotele, una sorta di
appetito infinito per mezzo del quale l’universo materiale cerca di
raggiungere la Forma Assoluta, già presente in esso, immanentemente, nelle
forme-anime teleologicamente orientate. Si comprende, allora, che lo sforzo
di Tommaso per conciliare l’anima aristotelica (che informa e dirige i
processi bio-psicologici) con l’anima soprannaturale (che è libera dalle
regole configurative della materia viva e dinamica)692 non poteva avere una
lieta conclusione693 e che l’anima, a causa degli innumerevoli slittamenti

689 Cf. TODISCO Orlando, Ermeneutica storiografica, Edizioni Paoline, Alba 1977,
223-224.
690 Cf. IONESCU Nae, Tratat de metafisică, 43-44.

691 Cf. CASTON Victor, «Aristotle’s Two Intellects …», 210, 217.

692 Cf. DAVIS Michael, The Soul of Greeks. An Inquiry, The University of Chicago
Press, Chicago & London 2011, 1.
693 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122-123.
165

semantici, non poteva avere lo stesso significato nei due filosofi, essendo
essa un concetto equivoco694. È di massima importanza, perciò, stabilire che
cosa vuol dire metafisica allorquando affermiamo che l’uomo è
«metafisicamente speciale». Se si tratta del senso aristotelico695, allora
Darwin ha perfettamente ragione: l’uomo è semplicemente un animale, sia
pure politikon, ma sempre un animale. Se vogliamo adottare, invece, una
chiave di lettura meta-fisica, allora dobbiamo essere d’accordo che l’uomo è
persona, cioè per grazia di Dio è un’entità bio-psichica (nefeš hajjah696)
dotata di un’anima personale immortale697. È per questo che l’anima ed il
corpo, nonostante siano «fatti l’uno per l’altro, […] possiedono una
consistenza propria, e sono irreducibili l’uno all’altro […]. La loro unità è
un’unità tensionata […]»698. Questa seconda accezione, poiché sfugge ad
ogni inquadramento empirico, non è di certo la più gradita tra gli
intellettuali contemporanei699 ma – se è vero che l’universo non poteva
decidere da solo di entrare nell’esistenza e che, per questo, c’era bisogno di
un Essere personale trascendente – allora l’interpretazione meta-fisica non
solo acquista una forte probabilità, ma diventa anche l’unica via possibile
per spiegare la trascendenza effettiva della persona umana.
Per farci un’idea della strada sulla quale vogliamo incamminarci,
iniziamo con un brano in cui C.S. Lewis cerca di offrirci una sua

694 «Omonimi si dicono quegli oggetti, che possiedono in comune il nome soltanto,
mentre hanno differenti discorsi definitori, applicati a tale nome». ARISTOTELE,
Categorie, 1a1-5.
695 Cf. MACDONALD Cynthia, Varieties of Things. Foundations of Contemporary
Metaphysics, Blackwell Publishing, Malden (MA) 2005, 8-11.
696 Cf. RAVASI Gianfranco, «L’anima nella …», 143.

697 Cf. SCDF, Lettera su Alcune questioni concernenti l’escatologia (1979), n. 3.

698 MOUROUXJean, Sens chrétien …, 63.

699 Cf. RORTY Oksenberg Amélie, «Persons and Personae», in GILL Christopher
(edited by), The Person and …, 21-38; cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics
and human …, 122-123; cf. POLKINGHORNE John Charlton, «The person, the soul, and
genetic engineering», in J Med Ethics 30 (2004) 595; cf. MURPHY Nancey, Bodies
and …, 1-37.
166

interpretazione, piuttosto moderna, del racconto genesiaco della creazione


dell’uomo:
Dio perfezionò, per lunghi secoli, la forma animale che
doveva diventare il veicolo dell’umanità e Sua immagine. Egli gli
diede […] un cervello sufficientemente complesso per eseguire tutti i
movimenti materiali per mezzo dei quali il pensiero razionale si
incarna. Tale creatura potrebbe essere esistita in questo stato per molte
epoche prima di diventare uomo: essa potrebbe essere stata addirittura
sufficientemente abile da fabbricare oggetti che gli archeologi
moderni avrebbero accettato come prova della sua umanità. Ma era
solo un animale poiché tutti i suoi processi fisici e psichici erano
diretti verso fini puramente materiali e naturali. Poi, quando i tempi
furono maturi, Dio fece scendere su quest’organismo, tanto sulla sua
psiche quanto pure sulla sua fisiologia, un nuovo genere di coscienza
che gli permetteva dire “io” e “me” […]. Questa nuova coscienza
governava ed illuminava tutto l’organismo, immergendo di luce ogni
sua parte, e non era, come nel nostro caso, limitata alla selezione di
quei movimenti che ha luogo in una sola parte dell’organismo, cioè
nel cervello. In quei tempi l’uomo era interamente coscienza700.

C.S. Lewis qui, conformandosi ad un luogo comune, sembra


insinuare che l’ominide, nonostante fosse «sufficientemente abile da
fabbricare oggetti che gli archeologi moderni avrebbero accettato come
prova della sua umanità», diventa cosciente di sé e fa il salto ontologico
nell’umanità nel preciso momento in cui Dio impregna il suo corpo e psiche
di una sostanza chiamata “nuova coscienza”.
Però questa ipotesi, per quanto difesa da Eccles701, non ci sembra
molto convincente702. Il tacito presupposto è che l’individuo a cui ci
riferiamo, prima di essere dotato della «nuova coscienza», ne avesse avuto
un’altra che gli permetteva di fabbricare oggetti qualificabili dagli

700 LEWIS C. S., The Problem of Pain, HarperOne, San Francisco 2001, 72. (trad.
nostra)
701Cf. ECCLES C. John, Evolution of the Brain …, 249-250, 255; ID., «Evolution of
consciousness», in PNAS USA 89 (1992) 7323.
702 Cf. GALLUP G. Gordon, Jr., «Chimpanzees: Self-recognition», in Science 167
(1970) 86-87; cf. MASHOUR A. George, ALKIRE T. Michael, «Evolution of
consciousness …», 10362.
167

archeologi contemporanei come umani (“preadamiti”703). Ci troviamo, cioè,


davanti ad «una famosa aporia»704. Ora, alla domanda a quale categoria
ontologica appartengono gli individui fabbricatori di oggetti umani?, Lewis
stranamente risponde che si tratta di ominidi. Della stessa opinione è pure
Maritain: «tutti questi animali sovrasviluppati al limite [superiore] erano gli
antenati immediati dell’uomo, ma solamente in potenza»705.
E se, invece, fossero individui umani a tutti gli effetti, con cui Dio,
nel gesto simbolico da Lewis ipotizzato, stipola un’alleanza eterna,
un’alleanza il cui sigillo è la concessione dell’immortalità personale?706

3.4.2 Siamo soltanto individui umani o anche persone immortali?

Nel capitolo I abbiamo visto che l’abbondante utilizzo della metafora


immagine di Dio nella letteratura prettamente teologica, similmente a quella
di dignità presente nei dibattiti etico-giuridici contemporanei, ha senz’altro
una forte nuance apologetica, cioè svolge un ruolo di barriera contro ogni

703 Cf. RUIZ DE LA PEÑA Juan Luis, Immagine di Dio …, 269, particolarmente la
nota 32.
704 MARITAINJacques, «Versune idée …», 128.

705 Ibid., 132.

706 Non dimentichiamo che la narrazione della creazione dell’uomo dalla polvere
della terra, presentatoci nella Gen 2,7, è di tradizione jahvista (sec. X a.C.),
caratterizzata da un’accentuata antropomorfizzazione di Dio e, evidentemente, priva di
una prospettiva ultraterrena. I simpatizzanti dell’«antropologia biblica unitaria», se
vogliono essere coerenti fino in fondo, dovrebbero purgare i loro discorsi da qualsiasi
dualismo antropologico, accogliendo come vera la visione veterotestamentaria secondo
cui l’uomo è un essere mortale, temporaneamente vivo, ma destinato a tornare nella
polvere. Secondo noi, infatti, la risurrezione richiede che la persona sussista alla morte
dell’uomo di modo che possa fungere da nucleo d’identità attorno al quale l’universo
trasformato possa intessere (non secondo ilemorfiche) la sua nuova umanità. Il biblista
Ravasi sembra intuire questa necessità quando sostiene che, «nonostante il consenso
corale attorno alla tesi dell’“unità psicofisica” come alveo necessario entro cui collocare
il tema dell’anima, è necessario procedere oltre e affidarci a orizzonti più mobili e a
categorie non esplicitamente ed esclusivamente vincolate al lessico e alla riflessione
antropologica specifica». RAVASI Gianfranco, «L’anima nella …», 141. Vedi pure
SORABJI Richard, Self. Ancient and Modern Insights about Individuality, Life, and
Death, Claredon Press, Oxford 2006, 81.
168

possibile attentato alla vita umana. A differenza del contemporaneo concetto


di dignità, però, che pare sia piuttosto una specie di araba fenice,
l’immagine è una metafora antropologica che trae tutta la sua forza dal
trascendente a cui rimanda, ossia da Dio. Questo perché l’immagine è,
appunto, rappresentazione approssimativa di qualcos’Altro. La rimozione di
questo qualcos’Altro fa sì che tra l’immagine ed il modello non ci sia più
alcuna distanza reale e che, così, costituiscano solo due livelli semantici
diversi della stessa realtà immanente, come è il caso della materia-forma
aristotelica, fatto che cambierebbe radicalmente il nostro modo di vedere
l’antropologia. L’uomo concreto diventerebbe un’approssimazione
(immagine) più o meno fedele dell’universale umanità (da intendersi come
somma delle caratteristiche biologiche e genetiche che costituiscono la
natura umana) per cui: dal momento che l’essenza dell’umanità viene posta
nella razionalità e la razionalità si manifesta nel logos (capacità discorsiva),
segue sillogisticamente che la dignità appartiene solamente agli individui
umani che dimostrano di essere nel possesso del logos707.
Questo modo di pensare in realtà va molto di moda tra i filosofi e i
neuroscienziati contemporanei per i quali la mente è sì un qualcosa in più
rispetto al cervello, ma non un qualcosa sostanzialmente di diverso708.
Risulta che gli individui senza cervello (embrioni) o con un cervello
irreparabilmente ridotto e/o danneggiato (anencefalici, SVP, ecc) sono privi
del logos (mente) e aristotelicamente non rientrano nell’universale
umanità709 (cioè non corrispondono allo standard che lo zoon politikon ha in

707 Cf. ARISTOTELE, Politica, 1253a. L’uomo - zoon logon echon - «è colui che non
solo racconta, ma anche disegna il mondo» [CAZZULLO Anna, La verità della parola.
Ricerca sui fondamenti filosofici della metafora in Aristotele e nei contemporanei,
Edizioni Universitarie Jaca, Milano 1992, 81]. Perciò, gli schiavi, dato che partecipano
«alla ragione soltanto per quel che spetta alla sensibilità immediata», assieme agli
individui privi della capacità discorsiva (socialità) e simbolica (creatività), non
raggiungono i criteri richiesti dalla definizione aristotelica di uomo.
708 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122.

709 Cf. DENNETT Daniel, «Conditions of Personhood», 175, 177-178.


169

mente). Il sillogismo ilemorfico però soffre di un grave difetto, sia logico


che meta-fisico, cioè fa astrazione di una premessa fondamentale senza la
quale l’universo, assieme a tutte le sue regole (sillogistiche, matematiche,
ecc), non solo sarebbe caos, ma peggio, un nulla assoluto. Si tratta del
Logos-Persona trascendente la cui incarnazione illumina710 radicalmente la
nostra percezione del cosmo e ci offre una visione antropologica rinnovata,
non più l’aristotelica equazione uomo = corpo + mente (che ci inserisce in
una trascendenza assoggettata all’immanente circolarità della natura), bensì
una nuova, migliore: persona umana = corpo (+ mente) + anima personale
immortale, dove “persona” sta per un io meta-fisico711 («spiritual self»712),
di per sé svincolato dalla spazio-temporalità 713 e caratterizzato da una
relazione ineffabile con Dio (cf. 2Cor 1)714.

3.4.3 L’anima personale immortale non è il bio-psiche della specie


umana

Che la mente spazio-temporale dipenda essenzialmente dal


cervello e che ne sia un’emergenza, siamo d’accordo, però, a questo
punto, ci chiediamo se non si tratti di un fraintendimento, dovuto ad una
lunga contaminazione semantica del concetto anima, quando si continua
a sostenere che l’anima razionale immortale sia la forma sostanziale
(l’unica!) del corpo umano, cioè responsabile di tutti i processi biologici,

710 Il concetto di “λόγος”, secondo Heidegger, «non significa primariamente


giudizio, se si intende per giudizio il “collegare” o il “prender posizione” (accettare o
respingere)», ma piuttosto «disvelamento», il che vuol dire «rendere manifesto»,
«lasciar vedere qualcosa mostrando», oppure, per via della verità (αλήθεια), «trarre
fuori l’ente di cui si discorre dal suo nascondimento e lasciarlo vedere come non
nascosto», «lasciar vedere l’ente nel suo non-esser-nascosto (esser-scoperto), facendolo
uscire dal suo esser-nascosto». HEIDEGGER Martin, Essere e tempo, 52, 53, 270.
711 Cf. SEIFERT Josef, «Persons and Causes …», 18-19.

712 ALEXANDER Eben, Proof of Heaven, 85.

713 Cf. DISILVESTRO Russell, Human Capacities and Moral Status, Springer, New
York 2010, 179; cf. SUDDUTH Michael, Immortality: Empirical …
714 Cf. WIRGMAN George, An Essay …, 77.
170

mentali e spirituali dell’uomo715, rendendo del tutto incomprensibile la


verità dell’evoluzione. Siamo sicuri che non si tratti di due livelli
diversi? 716 Cioè, di un livello dal basso, in cui l’insieme
dell’informazione codificata nel genoma, grazie al processo evolutivo717,
ci dà la natura umana (corpo e mente)718, e di un livello dall’alto che ci
dà la persona soprannaturale (l’io meta-fisico)? Certi modi di esprimersi
sull’argomento, perciò, ci risultano non solo ambigui, ma addirittura
incoerenti, perché negano ciò che in realtà affermano, come accadde, nel
2001, al gruppo ad hoc dei teologi cristiani i quali, scrivendo al Comitato
britannico per la ricerca sulla cellule staminali, fecero la seguente
precisazione: «la dottrina cristiana dell’anima non è dualistica, tuttavia
richiede che si creda che, laddove esiste un individuo umano vivente, c’è
un’anima spirituale»719. L’affermazione invece è dualista poiché insinua
la presenza di un’entità spirituale laddove ne esiste già una bio-psichica.
I popoli primitivi, in effetti, credevano che ci fossero due tipi di
anime: a) un’anima svincolata (free soul), che rappresenta la persona e

715 Cf. MCMAHAN Jeff, The Ethics of Killing …, 15-16; cf. VALENZUELA Y. Carlos,
«The Ontogenetic Origin of Human Beings in the Scientific-Ethics Perspective and its
Implications on Abortion», in J Clin Res Bioeth 4/3 (2013) 5-6.
716 Cf. SANTORO Giuseppe et al., «The Anatomic Location of the Soul from the
Heart, through the Brain, to the Whole Body, and Beyond: a Journey through Western
History, Science, and Philosophy», in Neurosurgery 65/4 (2009) 634.
717 Cf. SMITH Maynard John, «The concept of information in biology», in DAVIES
Paul, GREGERSEN Henrik Niels (eds.), Information and the Nature of Reality. From
Physics to Metaphysics, Cambridge University Press, New York 2010, 138; cf.
KÜPPERS Bernd-Olaf, «Information and communication in living matter», in DAVIES
Paul, GREGERSEN Henrik Niels (eds.), Information and …, 170-171.
718 Attualmente (quasi) tutte le funzioni una volta attribuite all’anima si sono
rivelate essere funzioni del corpo. Cf. LOWDER J. Lyle, «Science and the Soul», in
Perspective 2/3 (2002) 91; cf. MURPHY Nancey, Bodies and …, 56; cf. NUFFIELD
COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122-123.
719 JONES David (prepared by), «A Theologian’s Brief on the Place of the Human
Embryo within the Christian Tradition, and the Theological Principles for Evaluating Its
Moral Status», in WATERS Brend, COLE-TURNER Ronald (edited by), God and the
Embryo. Religious Voices on Stem Cells and Cloning, Georgetown University Press,
Washington, D.C., 2003, 198. (trad. nostra)
171

che si manifesta solamente durante gli svenimenti, nei sogni e al


momento della morte e b) un insieme di anime corporee (body-souls) che
comunicano vita e coscienza al corpo, ma che non fanno parte della
persona che sopravvive alla morte dell’uomo720. Gli antichi greci721 (ma
anche tante altre civiltà primitive722), quindi – prima che il concetto di
anima diventasse oggetto di riflessione sistematizzata 723 e fonte di
dispute antropologiche – conoscevano due versioni, non fuse, di anima:
una soprannaturale, che rappresentava il livello coscienziale (personale)
che sopravviveva alla morte, e una corporale, che configurava l’unita
bio-psichica dell’(animale) uomo, ma che, con la morte dell’uomo,
tornava nella polvere724.
Nell’antropologia di Aristotele, invece, non c’è traccia alcuna di
simili distinzioni. In un universo immanente, in cui ogni ente fluttua
pericolosamente tra i meandri della ferrea legge della materia-forma725,

720 Cf. ROHDE Erwin, Psyche. The Cult of Souls and Belief in Immortality among
the Greeks, Kegan Paul, Trench, Trubner & Co., LTD, London 1925, 5-8, 264-265; cf.
BROXTON ONIANS Richard, The Origins of European …, 93-95, 102-103, 168-173; cf.
BREMMERJan, The Rise and Fall of the Afterlife, Routledge, London & New York 2002,
2; cf. JENG Adela, «The Soul as Second Self before Plato», in EurAmerica 35/1 (2005)
225-272; cf. CRIVELLATO Enrico, RIBATTI Domenico, «Soul, mind, brain: Greek
philosophy and the birth of neuroscience», in Brain Research Bulletin 7 (2007) 328; cf.
LEKATSAS Panagis, «The Soul (Psyche-Ψυχή). The idea of the soul and its immortality
and the customs of death», in CHRISTODOULOU N. George, PLOUMPIDIS N. Dimitris,
KARAVATOS Athanasios (edited by), Anthologies of Greek Psychiatric Texts, Athens
2011, 443-444, 454-457; cf. TRUBSHAW Bob, Souls, Spirits …, 3.
721 Cf. SANTORO Giuseppe et al., «The Anatomic Location …», 634-635.

722 Cf. «Âme», in CHEVALIERJean, GHEERBRANTAlain, Dictionnaire des symboles,


vol. 1, Seghers, Paris 1973, 47-55; POMEDLI Michael, «The Concept of “Soul” in the
Jesuit Relations: were there any Philosophers among the North American Indians?», in
Laval théologique et philosophique 41/1 (1985) 59-64; cf. PFIFFIG Ambros Josef,
Religio Etrusca, Akadem. Druck-u. Verlagsanst, Graz 1975, 13-15, 162-167.
723 Cf. ROHDE Erwin, Psyche …, 364-365; cf. RIBAS ALBA M. José, Persona:
desde …, 38-39, 49.
724 Cf. BREMMER Jan, The Early Greek Concept of the Soul, Princeton University
Press, Princeton (New Jersey) 1983.
725 Cf. SEIFERT Josef, «Persons and Causes …», 18.
172

l’anima escatologica non avrebbe alcuna ragione di esistere726 e, di


conseguenza, l’uomo non è sacro (separato) né meta-fisicamente
speciale. Il prefisso meta-, per Aristotele, non può avere il significato di
«oltre» (perché non esiste nessun’altra dimensione al di fuori di quella
della materia-forma), ma piuttosto indica le dinamiche «sotterranee»
della physis dal cui seno sorgono tutti i viventi e, tra questi, l’uomo quale
unità bio-psichica parlante (zoon logon echon). L’individuo umano nella
tassonomia aristotelica, come d’altronde in quella darwiniana, non è
qualitativamente diverso dalle altre specie del genere animale: «[…]
attribuendo ad un determinato uomo la nozione di uomo, non si fornirà
un elemento proprio, più di quanto si faccia attribuendo ad un
determinato cavallo la nozione di cavallo» e «un determinato uomo è
sostanza […] in misura per nulla maggiore di un determinato bue»727.
L’unico elemento che ci aiuta a distinguere la specie umana da quella
equestre o bovina è la differenza di grado728, espressa nel sintagma zoon
logon echon, animale parlante729.
Heidegger giustamente sente di dover rifiutare questo riduzionismo
bio-logico e, pur essendo agnostico riguardo alla possibilità di una
trascendenza dall’alto, intravede «nel pensare e nel poetare» un’apertura
meta-fisica, una sorta di trascendenza dal basso dell’uomo, «una
disponibilità all’apparizione del Dio»730. Ora, senza pretendere di offrire una
fedele interpretazione del pensiero heideggeriano, pensiamo che, se tutto ciò

726 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 123; cf. KENNY
Anthony, Aquinas on Mind, 25; cf. BAKER Rudder Lynne, «Death and the Afterlife», in
WAINWRIGHT J. William (edited by), The Oxford Handbook of Philosophy of Religion,
Oxford University Press, New York 2005, 372.
727
ARISTOTELE, Categorie, 2b20-25.
728 Cf. MASHOUR A. George, ALKIRET. Michael, «Evolution of consciousness …»,
10360.
729 Cf. RACHELS James, Created from Animals. The Moral Implications of
Darwinism, Oxford University Press, Oxford & New York 1990, 57.
730 HEIDEGGER Martin, Ormai solo un Dio ci può salvare. Intervista con lo
«Spiegel», Guanda, Parma 1987, 136.
173

fosse riferito all’uomo primitivo, un nocciolo di verità ci potrebbe essere,


nel senso che l’uomo, grazie alla trascendenza dal basso, fu l’unico a
rendersi conto della povertà del suo esserci (Dasein)731 e a invocare una
trascendenza dall’alto, preparandosi così per l’alleanza con Colui che,
nell’immagine, gli imprimerà la sua eternità personale.
Tornando ad Aristotele, vogliamo fare alcuni chiarimenti che
potrebbero esserci d’aiuto man mano che ci immergiamo nella nostra
riflessione. Prima di tutto, il termine umanità si riferisce alla specie la quale,
assieme al genere a cui appartiene (animalità), costituisce la sostanza
seconda. La sostanza seconda, dunque, funge da attributo per la sostanza
prima, che nel nostro caso è l’uomo in carne ed ossa quale unità bio
psichica:
[…] tanto il nome quanto il discorso definitorio dei termini
che si dicono di un sostrato vengono necessariamente predicati del
sostrato. Così, il termine uomo si dice di un sostrato, ad esempio di un
determinato uomo: di tale sostrato, certo, si predica il nome […], ma
altresì il discorso definitorio del termine uomo verrà predicato di un
determinato uomo. In effetti, un determinato uomo è tanto uomo
quanto animale732.

Questa puntualizzazione non è senza ragione perché, da ciò che si è


detto sopra a proposito delle specie, risulta che, allorquando parliamo
dell’universale «cavallinità» in realtà abbiamo in mente uno o più cavalli
concreti (esemplari che ci aiutano a differenziare la specie ad interno del
genere animale), così come quando parliamo dell’universale «umanità»
(natura umana), ci riferiamo ad uno o più individui umani in carne ed ossa
(cioè ad una determinata configurazione bio-psichica appartenente ad una
specie del genere animale).

731 ID., Essere e tempo, 179-182,235-239,291-295.


732 ARISTOTELE, Categorie, 2a15-25.
174

L’Aquinate, invece, essendo lui un aristotelico sui generis733, si azzarda


in un difficile tentativo di fusione, a nostro avviso assai equivoco, tra la
metafisica aristotelica (ilemorfica e, perciò, immanente) e la sua meta-fisica
teologica734, con lo scopo di avvalorare, contro gli attacchi degli spiritualisti, la
corporeità umana. L’iniziativa è giusta, però i passaggi fatti per raggiungere tale
scopo non sono altrettanto corretti.
Per comprendere da dove proviene l’equivocità, basta seguire alcuni
ragionamenti della sua monumentale Summa Theologiae. In linea con il suo
maestro Aristotele, Tommaso giustamente asserisce che, benché l’universale
(l’umanità) ed il particolare (l’uomo) si trovino ad interno del genere (animale),
l’individualità ci viene data dalla sostanza la quale, a differenza dell’accidente,
«si individua per se stessa» (tode ti). È questa la ragione per cui gli individui
sostanziali vengono chiamati «sostanze prime» o ipostasi (individualità che
hanno consistenza ontica e che non solo ulteriormente divisibili). Segue che
l’universale (cioè la specie ed il genere, da Aristotele chiamate «sostanze
seconde») non ha consistenza ontica propria, ma esiste solo in quanto predicato
della «sostanza prima» (tode ti). L’umanità, quindi, in quanto specie del genere
animale, esiste solo in quanto esistono individui umani concreti. Fin qui
Tommaso ragiona con le categorie ilemorfiche del suo maestro.
Tutto d’un tratto, però, l’Aquinate si dirige verso una direzione
ilemorficamente impossibile, cercando di costruire un ponte meta-fisico verso un
universo aristotelicamente inesistente735. E lo fa sulla punta dei piedi, servendosi
della definizione boeziana di persona:
L’individuo particolare […] si trova in un modo ancora più
perfetto nelle sostanze ragionevoli che hanno il dominio dei propri atti […].
Perciò, tra tutte le sostanze, gli individui di natura ragionevole hanno un
nome speciale. E questo nome è persona. Nella suddetta definizione,
dunque, ci si mette sostanza individua, per significare il singolare nel

733 Cf. QUINN Patrick, «Aquinas’sViews on Mind …», 87-89.


734 Cf. CASPAR Philippe, «La problématique de l’animation …», 408.

735 Cf. QUINN Patrick, «St. Thomas Aquinas’s Concept …», 179-185; cf. PASNAU
Robert, Thomas Aquinas …, 366-368.
175

genere di sostanza, e vi si aggiunge di natura razionale, per indicare il


singolare di sostanza ragionevole736.

Bisogna ribadire qui che, mentre per Aristotele non ci possono essere
sostanze razionali al di fuori dell’universo ilemorfico737, per Boezio le sostanze
razionali non sono legate necessariamente all’universo ilemorfico738. Si tratta
dimensioni così differenti739 che niente impedisce che l’uomo, nonostante la sua
compattezza di zoon logon echon ad interno dell’universo ilemorfico, meta
fisicamente possa essere pure persona (naturae rationalis individua substantia),
immune al divenire ilemorfico ed in relazione con le altre persone non umane (la
Trinità e tante altre entità spirituali). Se le cose stanno così, allora l’antropologia
aristotelica può essere senza difetti allorquando suppone che all’universale
umanità corrisponda un individuo concreto, biologicamente umano740, senza che
con ciò si neghi che nell’uomo ci sia un livello meta-fisico (l’anima personale
immortale) grazie al quale è persona, come risulta, appunto, dalla definizione
boeziana di persona. Tommaso, purtroppo, non vuole considerare questi livelli
differenti e, perciò, fonde le anime741 naturalizzando il concetto boeziano di

736 Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1 co.


737 Cf. BOETII An. Manl. Sev., Liber de persona …, cap. I, col. 1342; cf. GILSON
Étienne, Elementi di filosofia …, 305.
738 Cf. BOETII An. Manl. Sev., Liber de persona …, cap. II, col. 1343. Secondo il
cardinal Ratzinger «il concetto di persona di Boezio […] che si è imposto […] nella
filosofia occidentale, deve venir criticato perché del tutto insufficiente. Boezio, restando
sul piano dello spirito greco, ha definito la persona come naturae rationalis individua
substantia […]. Come si vede, il concetto di persona si trova completamente sul piano
della sostanza […]» [RATZINGER Joseph, Dogma e predicazione, 183]. Abbiamo visto,
però, che Boezio utilizza i concetti della filosofia greca piuttosto in chiave teo-logica,
con lo scopo di fare un po’ di luce nella nostra mente spazio-temporale, senza con ciò
presupporre che Dio sia sottomesso alle regole ilemorfiche. Cf. BOETII An. Manl. Sev.,
Liber de persona …, cap. III, col. 1345; cf. MCARDLE Patrick, «Ecce Homo …», 5.
739 Cf. SEIFERT Josef, «Persons and Causes …», 18, particolarmente la nota 42; cf.
CAVALIERI Paola, The Animal Question …, 119-120.
740 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122-123.

741 Cf. STONE M. W. F., «The soul’s relation to the body: Thomas Aquinas, Siger of
Brabant and the Parisian debate on monopsychism», in CRANE Tim, PATTERSON Sarah
(edited by), History of the Mind-Body Problem, Taylor & Francis e-Library, London
and New York 2002,46.
176

persona. In questo modo le «anime corporee» perdono il loro status


configurativo e vengono inglobate nell’anima razionale immortale, la quale
diventa l’unica forma sostanziale742.
Questo passaggio, però, biologicamente non può essere vero. Sappiamo
che il nostro essere umano è il risultato dell’interazione tra vari sistemi
configurazionali (genetici ed ambientali743) che non possono essere controllati,
se non in minima parte, dall’intelletto. L’Aquinate fa questa mossa non
sapendo che la mente in realtà sorge e poggia sulla corporeità (cervello)744 e
s’illude – a causa di una sua interpretazione erronea di alcune affermazioni
aristoteliche sull’intelletto attivo745 – pensando che questa s’identificasse

742 «La forma sostanziale […] conferisce l’essere in senso assoluto; quindi alla sua
venuta si dice che un soggetto è generato in senso assoluto; e al suo scomparire si dice
che perisce, sempre in senso assoluto». Summa Theologiae, I, q. 76, a. 4 co. L’Aquinate
è convinto che il corpo, perdendo l’anima-forma sostanziale, diventi materia prima. Ma,
allora, gli organi di un animale morto non conservano più alcuna identità? Una tale
conclusione non può più reggere oggigiorno, specialmente se si tiene conto che buona
parte degli organi trapiantabili provengono da individui morti. Inoltre, se fosse vero che
l’anima immortale è la forma sostanziale del corpo umano, sembrerebbe che la
Madonna, al suo trapasso, è stata assunta al cielo solo con l’anima, perché il corpo,
secondo l’ilemorfismo tomista, si trasformerebbe in materia indeterminata nel momento
stesso in cui perde la sua forma sostanziale. Cf. YRJÖNSUURI Mikko, «The Soul as an
Entity: Dante, Aquinas, and Olivi», in LAGERLUND Henrik (ed.), Forming the Mind.
Essays on the Internal Senses and the Mind/Body Problem from Avicenna to the
Medical Enlightenment, Springer, Dordrecht 2007, 68; cf. FAGGIONI P. Maurizio, «La
morte fra scienza e dogma», in PAMI, L’assunzione di Maria Madre di Dio. Significato
storico salvifico a 50 anni dalla definizione dogmatica, Edizioni Pontificia Academia
Mariana Internationalis, Città del Vaticano 2001, 351-376.
743 Cf. ETXEBERRIA Arantza, «Active Matter …», 257-259.

744 Cf. CORRADINI Antonella, «Emergent Dualism», in ANTONIETTI Alessandro et al.


(edited by), Psycho-Physical Dualism …, 205-206.
745 «La ragione creativa è simile al divino. In conformità con la sua concezione del
divino nell’universo, Aristotele concepisce la ragione creativa come il divino nel
microcosmo. La questione che tocca […] l’immortalità dell’anima difficilmente rientra
nell’ambito della sua psicologia, che è un’esposizione essenzialmente biologica».
HAMMOND William Alexander, Aristotle’s Psychology ..., lxxxi-lxxxii (trad. nostra); cf.
PETAGINE Antonio, «Aristotelismo e immortalità dell'anima. La proposta di Tommaso
d’Aquino», in Rivista di Filosofia 5/1 (2011) 86; cf. BERTI Enrico, «La generazione
dell’uomo secondo Aristotele», in BERTI Enrico (a cura di), Nuovi studi aristotelici, II,
Fisica, antropologia e , Morcelliana, Brescia 2005, 153; Cf. BOS P. A, The Soul …,
218-219.
177

con l’anima personale immortale. Di conseguenza, contrariamente a quello


che pensa Boezio 746, nega all’anima immortale lo statuto di persona,
affermando che «non le conviene né la definizione né il nome di
persona»747. Tutto questo accade perché il concetto di anima che Tommaso
ha in mente è equivoco – insieme ilemorfico (immanente), trascendente ed
immortale. C’è da aspettarsi, dunque, che venga fuori una quasi sostanza –
748
«una sorta di individuo mancato» – che è quasi persona749 la quale
sussiste bramando di unirsi ilemorficamente al corpo, sebbene si trovi in una
dimensione dove le regole ilemorfiche non dovrebbero esistere più, a meno
che Dio ed il suo regno non siano pensati come parti di un divenire
universale.

746 Tommaso, grazie alla precisione con cui presenta le obiezioni ad inizio di ogni
articolo, dimostra di essere a conoscenza di quale fosse l’accezione boeziana del
termine persona: «Sembra che l’anima separata sia una persona. Infatti, secondo Boezio,
la persona è “una sostanza individuale di natura razionale”. Ora, ciò spetta all’anima
razionale. Dunque essa è una persona». D’AQUINO Tommaso, Commento alle Sentenze
di Pietro Lombardo, vol. 5, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2000, 337 (In III
Sententiarum, dist. 5, q. 3, a. 2).
747 Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1, ad 5.

748 BAKER Rudder Lynne, «Death and the Afterlife», 176. (trad. nostra)

749 L’anima, «quando […] sarà separata dal corpo, […] le competerà l’intellezione
che si effettua volgendosi alle cose che sono intelligibili per essenza, come avviene per
le altre sostanze separate». Summa Theologiae, I, q. 89, a. 1 co. Stando alla definizione
boeziana di persona sappiamo che «le altre sostanze separate», gli angeli per esempio,
sono persone. Siccome le anime separate hanno un’intellezione simile a quella delle
sostanze separate, uno s’aspetterebbe fossero anch’esse persone. Tommaso non vuole
che lo siano. Per essere individui umani, secondo lui, bisogna essere composti da
materia ed anima razionale immortale. Abbiamo visto, però, che in Aristotele non c’è
alcun bisogno di postulare un’anima soprannaturale per essere individui umani; basta
avere una struttura ilemorfica umana. L’aggiunta di immortale in coda al configuratore
bio-psichico umano è il frutto della fusione tomista dell’anima immortale
soprannaturale con quella biologica. In base allo schema tomista, infatti, non è
l’informazione genetica a darci l’uomo e l’anima immortale la persona. L’anima
immortale tomista, di conseguenza, è portatrice anche dell’informazione biologica di
modo che, quando si unisce con una materia sufficientemente disposta, possa originare
un’entità ilemorficamente compatta, la persona umana. Secondo noi, tuttavia, è
impossibile concedere l’esistenza di una tale anima perché non vediamo in qual modo
una quasi-entità meta-fisica possa contenere informazioni bio-genetiche e dirigere
funzioni biologicamente immanenti (vegetative, sensitive e mentali).
178

3.4.4 L’anima personale immortale non è la mente spazio


temporale

Discutibile, poi, è anche il modo in cui l’Aquinate pretende di


dimostrare la separabilità e l’incorruttibilità dell’intelletto. Il Filosofo, già
dalle prime pagine della sua indagine sull’anima, in poche battute, ci rende
noto quale fosse il suo parere riguardo alla separabilità o meno dell’anima (o
parti di essa):
Per ciò che riguarda la maggior parte di queste affezioni,
risulta che l’anima non subisce e non opera nulla indipendentemente
dal corpo, com’è il caso della collera, del coraggio, del desiderio, e in
generale della sensazione, mentre il pensiero assomiglia molto ad
un’affezione propria dell’anima. Se il pensiero è una specie
d’immaginazione o non opera senza l’immaginazione, neppure esso
potrà essere indipendente dal corpo. Se allora, tra le attività o le
affezioni dell’anima, ce n’è qualcuna che le sia propria, l’anima potrà
avere un’esistenza separata; ma se non c’è nessuna che le sia propria,
non sarà separabile, e si troverà nella condizione della retta in quanto
retta […]750.

Avendo stabilito che le affezioni dell’anima sono legate


necessariamente al corpo e, quindi, che l’anima intera non può essere
separabile, il test che Aristotele stabilisce per verificare l’eventuale
separabilità dell’intelletto umano esige il superamento di due condizioni:
che il pensiero non contenga alcuna immaginazione;
che il pensiero non si serva di alcuna immaginazione;

L’Aquinate dà l’impressione di poter superare le condizioni richieste


dall’esperimento mentale, sebbene, a nostro avviso, la mente spazio
temporale non sia in grado di farlo751. Per poterlo fare, la mente dovrebbe
spezzare ogni legame col mondo materiale (cosa impensabile) e, se ciò fosse

750 ARISTOTELE, L’anima, 403a5-10. Le sottolineature sono nostre.


751 Cf. PASNAU Robert, Thomas Aquinas …, 368-373,377.
179

possibile, dovrebbe comunque fare un passo indietro per accertarsi che il


suo mondo concettuale non si sia originato, in un modo o in altro, per es. per
astrazione, dal mondo spazio-temporale. «La retta in quanto retta», a cui
accenna Aristotele, è un costrutto mentale (ideale) che si origina
necessariamente negli oggetti spazio-temporali con superfici lisce,
convenzionalmente chiamate «rette».
Ora, se la mente fosse in grado di pensare una «retta in quanto retta»:
a) senza immaginarla e b) senza averla colta in precedenza dagli oggetti con
superfici lisce, allora c) significa che esiste un’altra dimensione,
indipendente dalla spazio-temporalità, in cui abitano «le rette in quanto
rette» e gli intelletti che le pensano. Sappiamo che Aristotele ha negato la
possibilità di una dimensione separata da quella ilemorfica752, ma, se
qualcuno fosse in grado di superare il suo esperimento mentale, siamo certi
che l’accetterebbe.
Verifichiamo ora se Tommaso, nel suo tentativo di dimostrare la
separabilità/incorruttibilità dell’intelletto, osserva le condizioni richieste dal
test aristotelico. L’argomento viene trattato nella Summa col titolo «Se
l’anima umana sia qualche cosa di sussistente». Tommaso è convinto,
innanzitutto, che «il principio dell’operazione intellettiva, cioè l’anima
dell’uomo, è incorporeo e sussistente»753; questo perché «è impossibile che
esso intenda mediante un organo corporeo»754. Dipende, tuttavia, che cosa
vuol dire organo corporeo. Se ci si riferisce all’occhio, alla mano,
all’orecchio, è evidente che l’intelletto non intende con essi, ma se si tratta
del cervello quale organo principale del sistema nervoso centrale in cui
confluiscono tutte le esperienze dei sensi, vale la stessa regola?755 Inoltre,

752 Cf. SANTORO Giuseppe et al., «The Anatomic Location …», 636-637.
753 Summa Theologiae, I, q. 75, a. 2 co; cf. LOBATO Abelardo, «“Lectura” tomistă la
De anima lui Aristotel» («La lettura tomista al De anima di Aristotele»), in Studii
tomiste IV-V (2004-2005) 13.
754 Summa Theologiae, I, q. 75, a. 2 co.

755 Cf. HALDANEJohn, «Kenny and Aquinas …», 134; cf. PASNAU Robert, Thomas
Aquinas …, 52, 55, 65-68.
180

anche supponendo che l’intendere (la capacità di astrarre gli universali) sia
un’attività propria della mente (intelletto) e non del corpo, viene spontaneo
chiedersi: su che cosa poggia e da dove trae la mente ispirazione per avere le
sue idee «non materiali»?756 La mente che astrae dai sensi, può astrarsi dai
sensi? 757 Tommaso, purtroppo, non sembra preoccupato per queste
domande758.
Aver dimostrato che la mente non intende mediante gli organi
corporei (non è detto, però, che il cervello si trovi in questa categoria!759) e
che essa è in grado di astrarre gli universali immateriali dalle cose materiali,

756 Cf. JENSEN Eric, Teaching with the Brain in Mind, Association for Supervision
and Curriculum Development, Alexandria (Virginia) 1998; cf. BELOF J., «The Mind
Brain Problem», in Journal of Scientific Exploration 8/4 (1994) 514-516; cf.
GREENFIELD Susan, «Mind, brain and consciousness», in The Britsh Journal of
Psychiatry 181 (2002) 91-93; cf. MURPHY Nancey, Bodies and …, 65; cf. DAMASIO
Antonio, Self Comes to Mind. Constructing the Conscious Brain, Pantheon Books, New
York 2010.
757 Cf. PASNAU Robert, «Aquinas and the Content Fallacy»,304.

758 Supponendo che un nostro stato coscienziale, dato che non può essere contenuto
in un solo neurone, venisse suddiviso in unità più piccole e assegnate alle varie parti del
cervello, la domanda che si pone è: chi o che cosa è consapevole di quello stato
coscienziale globale? Rispondere a un tale quesito da una prospettiva puramente
materialista non sembra possibile. Infatti, se è vero che il cervello e l’intero corpo non
sono altro che una collezione di parti fisiche organizzate in una certa maniera, significa
che il soggetto che le contiene non è il cervello ed il sistema nervoso, bensì una mente
immateriale che non può essere ridotta alle componenti analizzabili dalle scienze
empiriche. Tuttavia, tra i due livelli esiste una forte tensione ed interdipendenza: da una
parte l’argomento dell’unità della coscienza ci suggerisce che il soggetto dei nostri stati
coscienziali non può essere un oggetto fisico, da un’altra parte, se si prendono in
considerazione gli epilettici che hanno subito la commissurotomia, risulta evidente che
la fonte dell’esperienza cosciente si trova nel cervello e nel sistema nervoso. La
soluzione, secondo il filosofo William Hasker, sta nell’ammettere che il soggetto
immateriale cosciente (persona) emerge evolutivamente dal mondo e poggia su un
oggetto fisico complesso, il cervello ed sistema nervoso. Cf. HASKER William, «Persons
and the Unity of Consciousness», in KOONS C. Robert, BEALER George (edited by), The
Waning of Materialism, Oxford University Press, New York 2010, 175-186. L’Autore
illustra una valida soluzione per la trascendenza dal basso (la mente umana) ma, a
nostro avviso, questo aspetto non combacia necessariamente con la trascendenza
dall’alto, ossia con la dimensione meta-fisica dell’uomo (l’anima personale immortale).
759 Cf. BELSHAW Christopher, 10 good questions …, 67.
181

è sembrato sufficiente a Tommaso per superare l’esperimento mentale760.


Perciò conclude la sua risposta abbellendola, compiaciuto, con le stesse
parole con cui il Filosofo aveva espresso il suo giudizio sull’argomento:
Perciò il principio intellettivo, chiamato mente o intelletto,
ha una attività sua propria, in cui non c’entra il corpo. Ora, niente può
operare per se stesso, se non sussiste per se stesso. […] Rimane
dunque dimostrato che l’anima umana, la quale viene chiamata mente
o intelletto, è un essere incorporeo e sussistente761.

Ciononostante, egli non riesce a superare le due condizioni richieste


dall’esperimento mentale così da poter provare la separabilità e
l’incorruttibilità meta-fisica dell’intelletto individuale762. Infatti «se è solo in
questo senso che l’anima è immateriale, allora la piscologia dell’Aquinate
non ha alcun bisogno di essere diversa dal materialismo regnante, poiché
persino il più accanito materialista potrebbe accettare nella sua ontologia
non solo la materia, ma anche le proprietà della materia»763. Alcune sue
affermazioni dimostrano chiaramente che l’intelletto non può operare da
solo e che, quindi, non può essere separato:

760 Il professor Ramón Lucas Lucas, partendo dalla stessa presupposizione, arriva a
formulare delle affermazioni scientificamente azzardate: «l’animale è sempre fuori, e
non ha un dentro, e perciò non ha interiorità» [LUCAS LUCAS Ramón, L’uomo spirito
incarnato. Compendio di filosofia dell’uomo, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano)
1995, 74]. Ciò, tuttavia, non sembra affatto vero: «animali come i gatti, che esibiscono
delle reazioni indotte da pericoli e sembrano spaventati da oggetti invisibili durante la
fase REM del sonno», dimostrano di non essere privi di soggettività. «La ragione sta nel
fatto che essi percepiscono informazioni che hanno a che fare con queste reazioni senza
che si tratti di un reale accesso all’informazione sensoriale». FRANKLIN S. Michael,
ZYPHUR J. Michael, «The Role of Dreams in the Evolution of the Human Mind», in
Evolutionary Psychology 3 (2005) 62; cf. LOW Philip, The Cambridge Declaration on
Consciousness, http://fcmconference.org/img/CambridgeDeclarationOn Consciousness.
pdf, consultato il 09/09/2013.
761 Summa Theologiae, I, q. 75, a. 2 co.

762 Cf. RUNGGALDIER Edmund, «Immortality and …», 1164; cf. RAPP Christof,
«Interaction of Body and Soul: What the Hellenistic Philosophers Saw and Aristotle
Avoided », in KING R. A. H. (edited by), Common to Body …, 204-208.
763 KENNY Anthony, Aquinas on Mind, 131.
182

Il processo conoscitivo della nostra intelligenza si presenta


sotto due aspetti. Primo, bisogna ricordare che la conoscenza
intellettiva deriva in qualche modo da quella sensitiva. E poiché il
senso percepisce i singolari, mentre l’intelletto ha per oggetto gli
universali, ne segue necessariamente che nella nostra conoscenza i
singolari precedono gli universali764.

Il pensiero (che è l’attività propria dell’intelletto) può certamente


astrarre, per mezzo degli organi corporei, gli universali dal mondo
materiale, ma non può astrarsi dal corpo765 e dal mondo materiale766 poiché
le regole ilemorfiche lo ridurrebbero ad una virtualità concettuale simile a
quella della «retta in quanto retta»767.
Per cui, se vogliamo leggere la realtà in chiave ilemorfica, allora
dobbiamo accettare che la nostra mente spazio-temporale è stata resa
possibile e si evolve grazie alla luce (categorie) di un universo che, per
mezzo delle leggi cosmiche e della cultura (intelletto agente), tende
dinamicamente verso l’ordine (Forma Assoluta)768.
Non è l’anima razionale immortale ad essere la forma sostanziale
della nostra umanità 769, nel senso attribuitogli dall’Aquinate 770 , bensì
771
l’intelletto cosmico-culturale (intelletto agente) che continuamente e
dinamicamente, grazie all’interrazione tra i suoi vari componenti 772,
aggiorna, sul supporto fisico dei nostri geni, il software corporeo-mentale

764 Summa Theologiae, I, q. 85, a. 3 co.; cf. ibid., I, q. 85, a. 8 co.; cf. ibid., I, q. 89, a.
1 co.; cf. ibid., I, q. 75, a. 2, ad 3; cf. BRENNAN Edward Robert, Thomistic Psychology,
191-195.
765 Cf. HYDE Krista, Thomas Aquinas: Soul-Body …, 29-30.

766 Cf. RUNGGALDIER Edmund, «Immortality and …», 1163-164.

767 Sostenere che “l’anima pensa”, dunque, «non è un modo di esprimersi


sufficientemente rigoroso» [KENNY Anthony, Aquinas on Mind, 135 (trad. nostra)]. Ed
è lo stesso Tommaso ad ammetterlo: «in senso rigoroso è meglio dire che è l’uomo a
intendere, mediante l’anima» [Summa Theologiae, I, q. 75, 2 ad 2].
768 Cf. ARISTOTELE, L’anima, 430a10-25.

769 Cf. NUFFIELD COUNCIL ON BIOETHICS, Genetics and human …, 122-123.

770 Cf. LOBATO Abelardo, «“Lectura” tomistă …», 14.

771 Cf. KENNY Anthony, Aquinas on Mind, 51.

772 Cf. ELLIS F. R. George, «Top-down causation …», 126-140.


183

della nostra umanità773. Allo stesso tempo, tuttavia, la nostra interazione col
mondo e con gli altri individui umani – come d’altronde capita anche nel
caso delle altre interazioni tra i vari componenti del cosmo – lascia una
traccia informazionale che, anche se infinitesimale, si trasferisce
ilemorficamente nel corpo dell’universo, sopravvivendo, nel nostro caso, nei
geni dei posteri774 e nei circuiti di quella rete di anime formattasi lungo la
storia dell’umanità, che abitualmente chiamiamo cultura775.

3.4.5 L’anima personale immortale: una definizione

L’anima personale immortale non è né l’anima bio-ilemorfica


aristotelica né l’anima-informazione della fisica contemporanea o l’anima
genetica della biologia contemporanea. L’anima personale immortale,
sebbene informi veramente, cioè permei tutta la nostra corporeità, non è il
configuratore della nostra biologia umana, né la mente spazio-temporale per
mezzo della quale entriamo in contatto con le categorie del mondo, bensì il
nostro io meta-fisico776 che ci rende sacri – separati dalla circolarità del

773 «Ora, afferma lo Stagirita, la prima cosa che possiamo stabilire con certezza è
che in noi, come in tutte le altre cose, la nascita presuppone un principio e il fine ha
come principio un altro fine. In noi la ragione e l’intelletto sono il fine della natura,
sicché bisogna orientare verso questi fini la produzione ed il mantenimento delle
abitudini». ARISTOTELE, La Politica, Editore Laterza, Bari, 19715,135. (sottolineatura
nostra)
774 Cf. CASTON Victor, «Aristotle’s Two Intellects …», 215-216; cf. DAWKINS
Richard, The Selfish Gene, Oxford University Press, New York 20063, 266; cf.
POLLACK Robert, «DNA and Neshamah …», 237; cf. BELSHAW Christopher, 10 good
questions …, 59-60.
775 Cf. LAZAR Philippe, Breve trattato sull’anima. C’è vita oltre la morte?, Alberto
Castelvecchi Editore, Roma 2010, 60-61; cf. GATHERER Derek, «Meme Pools, World 3,
and Averroës’s Vision of Immortality», in Zygon 33/2 (1998) 203-219; cf. BERTI Enrico,
«La generazione dell’uomo …», 153; cf. SCRIVANI Francesca, «“L’Uomo genera …»,
112-113; cf. POLLACK Robert, «DNA and Neshamah …», 240.
776 L’anima immortale «non perderà la sua capacità di dire io, come anche Dio sa
dire io perché è comunione tripersonale». MANCUSO Vito, L’anima …, 226; cf. LUND H.
David, Persons, Souls …, 12.
184

mondo777 – e ci garantisce una trascendenza dall’alto; si tratta, quindi, della


persona immortale (meta-fisica)778 che si trova in una relazione irrevocabile
con il Dio personale779 il cui regno non è soggetto al divenire ilemorfico
della storia780.
Abbiamo già rilevato che l’equivocità del concetto di anima è dovuta
ad un’indebita fusione di due “anime” differenti (cioè di due «concetti di
anima incompatibili»781), appartenenti a due realtà distinte: una «meta-»
(sacra, che ci salva dalla circolarità del mondo e ci rende persone)782 e l’altra
«-fisica» (bio-psichica, grazie alla quale siamo individui umani
intelligenti)783.
Questa dualità784 (natura/soprannatura) non è gnostica, poiché non
siamo angeli rinchiusi in un corpo-carcere785, ma unitaria (olistica786),

777 Cf. ELIADE Mircea, Il mito dell’eterno ritorno, Edizioni Borla, Bologna 1968,
204.
778 Cf. MAHER Michael, «Immortality», in The Catholic Encyclopedia, vol. 7,
Robert Appleton Company, New York 1910, http://www.newadvent.org/cathen/
07687a.htm, consultato il 19/04/2011; cf. SCDF, Lettera su Alcune questioni
concernenti l’escatologia (1979), n. 3.
779 Cf. RATZINGERJoseph, «Al di là della morte», Communio. Rivista internazionale
di teologia e cultura, n. 208-210, luglio-dicembre 2006, 161.
780 Cf. CLAYTON Philip, «Unsolved dilemmas: the concept of matter in the history
of philosophy and in contemporary physics», in DAVIES Paul, GREGERSEN Henrik Niels
(eds.), Information and …,44.
781 SANTORO Giuseppe et al., «The Anatomic Location …», 634. (trad. nostra)

782 Cf. JONES Albert David, The Soul of the Embryo …, 77, 88.

783 Cf. SARTRE Jean-Paul, La transcendance de l’ego. Esquisse d’un description


phénoménologique, J. Vrin, Paris 1966, 44, 54, 59, 74, 85, 87.
784 La «dualità» qui non è da intendersi in senso aristotelico o tomista, come pensa
Gianfranco Basti. Il professor Basti è coretto per quanto riguarda la differenza e, allo
stesso tempo, la totale dipendenza della mente spazio-temporale dalla corporeità ma,
concesso questo, secondo noi non è vero che l’anima personale immortale si identifichi
con la mente spazio-temporale o con l’informazione che costituisce il corpo. Cf. BASTI
Gianfranco, «Dall’informazione allo spirito: abbozzo di una nuova antropologia», in
POSSENTI Vittorio (a cura di), L’anima, 41-66.
785 Cf. TRESMONTANT Claude, Il problema dell’anima, 240; cf. GUNDRY H. Robert,
Sōma in Biblical …, 83-84.
786 Cf. COOPER W. John, Body, Soul, and Life Everlasting. Biblical Anthropology
and the Monism-Dualism Debate, Eerdmans, Grand Rapids (MI) 1989, 77-80.
185

poiché la nostra persona (anima personale immortale) inizia grazie ad una


circostanza storica determinata, che ontogeneticamente corrisponde
all’attivazione del materiale genetico umano in senso umano. Quando
l’unità bio-psichica dell’uomo viene irreversibilmente distrutta, la persona
continua la sua esistenza nell’eternità787, dove attende la restaurazione del
suo connubio con l’umano788, purificato dal divenire della storia.

787 Cf. JUNG Carl Gustav, Memories, Dreams …, 314.


788 Cf. BOYD H. Jeffrey, «One’s Self-Concept...», 213; cf. CORTEZMarc, Embodied
Souls …, 104-105 (particolarmente nota 42), 189; cf. BUCHHOLD Jacques, «L’“âme” et
la continuité …», 103.
CONCLUSIONE

All’inizio del nostro lavoro ci eravamo proposti di studiare la


qualificazione antropologica ed etica degli embrioni umani come affermata
nell’Istruzione Dignitas personae.
Arrivati al traguardo, dopo quattro faticosi anni di impegno
intellettuale, siamo ormai convinti che la concezione ilemorfica della
persona, dipendente dalla filosofia di Aristotele e, quindi, frutto di una
visione monistica del mondo 789 , è un «grande affronto alla dignità
umana»790. Nel contesto della fisica e della biologia contemporanea, infatti,
l’ilemorfismo è un modo piuttosto superato di inquadrare l’infinita varietà di
enti – con la loro graduale transizione-evoluzione dalla nuda materialità
verso concretizzazioni sempre più bio-logiche – tramite il cliché della forma
e la fastidiosa processione delle anime vitalistiche791.
Poi, dato che l’origine «della crisi moderna del concetto “persona”
sta nella crisi della cristianità e della metafisica tradizionale» 792, «la
riattualizzazione del senso dimenticato della persona» non può verificarsi
«se non attraverso la previa distruzione della comprensione zoologica della
persona umana»793.
È nostra convinzione, perciò, che l’unica strada che rimane aperta ai
teologi per liberare la persona dell’embrione umano dal limbo in cui l’ha

789 Cf. WOJTYŁA Karol, «Subjectivity and the Irreducible …», 108-109.
790 SHOSTAK Stanley, The Evolution of Death …, 1. (trad. nostra)
791 Cf. DUPRÉ John, Humans and Other Animals, Clarendon Press, Oxford 2002,
155; cf. VISALA Aku, «Imago Dei, Dualism and Evolution …», 114.
792 ZABOROWSKI Holger, Robert Spaemann’s Philosophy of the Human Person
Nature, Freedom, and the Critique of Modernity, Oxford University Press, New York
2010, 183. (trad. nostra)
793 HOUSSET Emmanuel, La vocation de la personne. L’histoire du concept de
personne de sa naissance augustinienne à sa redécouverte phénoménologique, Presses
Universitaires de France, Paris 2007, 18. (trad. nostra)
188

costretto la filosofia794 è quella di dare «a Cesare quello che è di Cesare e a


Dio quello che è di Dio» (Mc 12,13-17)795. Non bisogna confondere, cioè, la
metafisica del mondo, alla quale appartiene l’uomo in quanto individuo bio
logico 796, con la meta-fisica ed soprannaturale, alla quale appartiene la
persona797. Se si adotta un ontologia a due livelli798, simile a quella vigente
nella cristologia, la questione dello status personale dell’embrione umano si
risolve da sé e, anche nel caso delle entità di origine umana il cui status
antropologico è dubbio, è sufficiente poter dimostrare che si tratta di
individui bio-logicamente umani per essere certi di trovarsi dinanzi a delle
persone, nel senso boeziano del termine, che portano «impressi in sé in
maniera indelebile la propria dignità ed il proprio valore»799.
Il metodo scelto, come stabilito nella parte introduttiva, è quello
ideato da Sgreccia, triangolare, con la precisazione che, per ragioni insite
nella psicologia umana, abbiamo preferito seguire l’ordine tracciato
dall’Istruzione stessa. Ovverosia, poiché solitamente è l’etica ad interrogare
la meta-fisica e la scienza allorquando sorgono dei dubbi di natura
antropologica, abbiamo considerato opportuno partire dalla dignitas, cioè
dalla «questione etica», convinti, tuttavia, che la «questione antropologica»
è inevitabilmente legata da una parte alla meta-fisica, per via della
persona800, e dall’altra parte alle scienze empiriche, a motivo della bio
logicità dell’individuo umano. L’uomo, per dirla con Heidegger, «è più che

794 Cf. SCDF, Dichiarazione sull’aborto procurato (1974), n. 13, nota 19; CDF,
Donum vitae (1987), I, n. 1; cf. MAY E. William, Catholic Bioethics and the Gift of
Human Life, Our Sunday Visitor, Huntington (Indiana) 20082, 42, 167-168.
795 Cf. GIOVANNI Paolo II, Fides et ratio (1998), n. 14.

796 Cf. MAURON Alex, «Genomic Metaphysics», in J Mol Biol 319 (2002) 958-959;
cf. MOSS Lenny, What Genes Can’t Do, The MIT Press, Cambridge (MA) 2003, 2-8.
797 Cf. BONAVENTURA, «Itinerarium mentis …», 97, 99 (VI, 3).

798 Cf. PLANTINGA Alvin, «Against Materialism», in Faith and Philosophy 23/1
(2006) 3; cf. BERTOCCI A. Peter, The Person God Is, George Allen & Unwin, London
1970, 42.
799 CDF, Dignitas personae (2008), n. 6.

800 Cf. BERTOCCIA. Peter, Introduction to the Philosophy of Religion, Prentice-Hall,


Englewood Cliffs (NJ) 1951, 528, 533-535.
189

semplice uomo» (inteso «come essere vivente razionale»)801. Meglio ancora,


la persona umana è «una creatura paradossale con le radici nel futuro ed i
rami nel presente»; è un’entità che deve «la sua individualità ad un principio
che trascende la natura» 802 , spingendo la fenomenologia verso
un’ermeneutica più ontologica803.
Il titolo che abbiamo scelto, «La dignità personale dell’embrione
umano nella luce dell’Istruzione Dignitas personae», ci ha permesso di
guardare molto oltre i confini presupposti dall’Istruzione stessa, sempre
però nella sua luce, con l’intento di trovare un’alternativa meta-fisicamente
più adeguata alla questione dello status personale dell’embrione umano
nonché una spiegazione dello status bio-logico delle entità di origine umana
indicate nella nota 49 (in vista di un’ulteriore analisi del loro status meta
fisico).
La prima parte, intitolata «La dignità umana», l’abbiamo divisa in
due capitoli, «La dignità umana e le visioni del mondo» e «Le teorie e la
fondazione della dignità umana». Nel primo capitolo, dopo aver tracciato il
significato etimologico del concetto di «dignità», come pure i suoi due modi
principali di espressione («dinamico» ed «ontologico»), abbiamo stabilito
che l’inviolabilità che caratterizza la dignità «ontologica» scaturisce dalla
meta-fisicità della persona: «La persona significa quanto di più nobile c’è in
tutto l’universo, cioè il sussistente di natura razionale»804. Consapevoli,
tuttavia, che i nostri principi etici e, perciò, anche il nostro concetto di
dignità, sono inseparabilmente connessi col proprio modo di vedere il

801
802 MÉDAILLE C.
HEIDEGGER Martin, Thel’“Umanesimo”»,
John, «Su Person as the Metaphysics
111. of the Future, http://www.

medaille.com/the%20person%20as%20metaphysics%20of%20the%20future.pdf,
consultato il 04/04/2014. (trad. nostra)
803 Cf. MERLEAU-PONTY Maurice, Signes, Gallimard, Paris 1960, 225; cf.
NORDLANDER Andreas, Figuring Flash …, 160-161.
804 Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3 co; cf. LOBATO Abelardo, La dignità della
persona umana. Privilegio e conquista, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2003, 51,
67, 111-112.
190

mondo e l’uomo, abbiamo dedicato a questa problematica un sottocapitolo,


intitolato «Che cos’è una visione del mondo?», nel quale sottolineiamo
l’importanza del senso religioso (meta-fisico) del mondo e, quindi, della
persona umana.
Nel secondo capitolo, diviso a sua volta in due sottocapitoli – «La
dignità soggettiva» e «La dignità oggettiva» – abbiamo analizzato, in una
prima fase, la visione della dignità rintracciabile nelle antropologie di
Aristotele, Platone, Cicerone, Hobbes, Kant e Pico della Mirandola.
Siccome l’elemento fondante delle rispettive antropologie è quello dalla
razionalità manifesta, la dignità che ne emerge è piuttosto «dinamica»,
antropologicamente stimolante ma nondimeno discriminante. Una dignità,
cioè, che favorisce chi per natura è già favorito. La mossa successiva fu
quella di vedere se, oltre a questa dinamicità ominizzante e meritocratica,
era possibile trovare una base più oggettiva, cioè un fondamento
ontologicamente più saldo. Dopo una previa analisi delle varie possibilità805,
siamo arrivati alla conclusione che il miglior candidato, in grado di garantire
l’inviolabilità/inalienabilità della dignità umana, è l’anima personale
immortale806, da noi considerata icona meta-fisica delle Persone divine. Il
Magistero stesso, infatti, afferma che «l’immagine […] di Dio» «si
trasmette» «al figlio» «grazie alla creazione dell’anima immortale»807.
La seconda parte, intitolata «L’anima umana», è composta da tre
capitoli: il capitolo terzo, «L’anima personale immortale», il capitolo quarto,
«L’evoluzione ed il fenomeno umano» e, infine, il capitolo quinto,
«L’ominizzazione».

805 Cf. VAN DER GRAAF Rieke, VAN DELDEN Johannes, «Clarifying Appeals to
Dignity in Medical Ethics from an Historical Perspective», in Bioethics 23/3 (2009)
151-160; cf. BECKWITH J. Francis, «Dignity Never Been Photographed: Scientific
Materialism, Enlightenment Liberalism, and Steven Pinker», in Ethics & Medicine 26/2
(2010) 93-105.
806 Cf. SPAEMANN Robert, Natura e ragione …, 80.

807 GIOVANNI Paolo II, Evangelium vitae (1995), n. 43; cf. Catechismo della Chiesa
Cattolica (1992), nn. 1703 e 1705.
191

Tenendo presente il fondamento ontologico della dignità umana


stabilito nella prima parte della nostra ricerca nonché gli infiniti dibattiti
sorti, lungo i secoli, attorno alla questione dell’anima umana, l’ipotesi di
lavoro da cui siamo partiti nel terzo capitolo è stata la seguente: nel
sintagma persona umana, «persona» si riferisce ad una dimensione meta
fisica e soprannaturale (io meta-fisico), mentre l’aggettivo «umano» indica
una dimensione spazio-temporale strutturata attorno a un nucleo bio
psicologico ontogeneticamente attivato, trattandosi, cioè, di un vero
individuo della specie Homo sapiens. Gli argomenti che abbiamo portato a
conferma della nostra presupposizione sono fondamentalmente due:
l’immanenza di qualsiasi composto (bio)ilemorfico808 e l’esemplarità meta
fisica della Persona del Verbo incarnato809, trasposta dal Magistero in
campo antropologico con una formula dualistica: «[…] la vita temporale
condotta in questo mondo non s’identifica con la persona; questa possiede
in proprio un livello di vita più profondo, che non può finire»810.
In sintesi, l’anima personale immortale, sebbene permei tutta la
nostra corporeità, non è la configurazione della nostra biologia umana, né la
mente spazio-temporale per mezzo della quale entriamo in contatto con le
categorie del mondo, bensì il nostro io meta-fisico che ci rende sacri,
separati dall’immanenza del mondo. Ora, per non cadere nella trappola
dell’equivocità, abbiamo considerato opportuno – oltre che la scelta di
un’interpretazione più realistica, (epi)genetica, riguardo il bio-ilemorfismo
aristotelico-tomista – aggiungere un sottocapitolo, intitolato «Verso uno
scioglimento del mistero delle due anime», dove si spiega perché l’anima
ilemorfica, dogmatizzata dal concilio di Vienne (1312), non definisce
«veramente e per sé» la natura meta-fisica della persona.

808 Cf. WOJTYŁA Karol, «Subjectivity and the Irreducible …», 108-109.
809 Cf. PAOLO VI, Gaudium et Spes (1965), n. 22; cf. CDF, Dignitas personae
(2008), n. 7.
810 SCDF, Dichiarazione sull’aborto procurato (1974), n. 9. (grassetto nostro)
192

Nel quarto e nel quinto capitolo, inoltre, dedicati alla questione


dell’evoluzione-ominizzazione, abbiamo evidenziato un’altra ragione811 per
negare all’anima personale immortale la capacità configurativa ipotizzata
dagli’ilemorfisti. Ovverosia, se l’anima meta-fisica fosse «veramente e per
sé» la forma dell’uomo, dovrebbe trattarsi di un principio connaturale alla
materia, guidato evolutivamente, possibilità negata, però, dal Magistero
della Chiesa: «le teorie dell’evoluzione che, in funzione delle filosofie che le
ispirano, considerano lo spirito come emergente dalle forze della materia
viva […] sono incompatibili con la verità dell’uomo»812. Quindi se lo spirito
non si è evoluto «dalle forze della materia viva», allora non può essere né
forma né mente perché solleverebbe interminabili domande riguardo il
modo in cui interagisce con la materia e, specificatamente, con il cervello.
Quest’obiezione, evidentemente, non ci riguarda perché, a
differenza dei tomisti, per i quali l’anima immortale è forma configurante813,
e dei dualisti cartesiani, che confondono lo spirito con la mente814, noi
pensiamo che l’uomo sia un’emergenza bio-psichica dotata di auto
riflessione e, per grazia divina, pure persona immortale (ad immagine e
somiglianza delle Persone divine). Data questa nostra distinzione, il classico
problema dell’ominizzazione ritardata815 risulta essere un pseudo-problema,

811 Cf. BROOKS S. Alison, «What is a Human? Archaeological Perspectives on the


Origin of Humanness», in PAS, What Is Our Real Knowledge About the Human Being?,
The Proceedings of the Working Group 4-6 May 2006, Pontificia Academia
Scientiarum, Vatican City 2007, 34-35.
812 GIOVANNI Paolo II, «Discorso per la Sessione plenaria su “L’origine e l’iniziale
evoluzione della vita”» (Pontificia Accademia delle Scienze, 22 ottobre 1996), in
SORONDO Sánchez Marcelo (a cura di), I papi e la scienza nell’epoca contemporanea,
Jaca Book, Milano 2009, n. 5.
813 Cf. MAURON Alex, «Is the Genome the Secular Equivalent of the Soul?», in
Science 291 (2001) 831-832; cf. GARCÍA-VALDECASAS Miguel, «Psychology and Mind
in Aquinas», in History of Psychiatry 16/3 (2005) 294-298.
814 Cf. HIMMA Kenneth Einar, «A dualist analysis of abortion: personhood and the
concept of self qua experiential subject», in J Med Ethics 31 (2005) 50-54.
815 Cf. DONCEEL F. Joseph, «Immediate Animation and Delayed Hominization», in
Theological Studies 31 (1970) 76-105; cf. DELTETE Robert, DOMBROWSKI A. Daniel,
Una difesa cattolica dell’aborto, Aracne Editrice, Roma 2013, 33-38.
193

dovuta ad una concezione equivoca dell’anima e a una visione piuttosto


ricapitolativa dell’ontogenesi. Grazie alla genetica moderna, infatti, oggi
sappiamo che la teoria della ricapitolazione non è più accettabile: «Il
genoma appare come l’elemento strutturante e costruttivo del corpo nelle
sue caratteristiche sia individuali che ereditarie: esso segna e condiziona
l’appartenenza alla specie umana […]»816. Perciò è sufficiente, nelle
valutazioni bioetiche, poter stabilire che un individuo appartiene alla specie
umana per essere certi di trovarsi dinanzi ad una persona meta-fisica,
avente una dignità inalienabile, ontologicamente fondata. Portare «impressi
in sé in maniera indelebile la propria dignità e il proprio valore» equivale ad
essere persone meta-fisiche, «anche se la presenza di un’anima spirituale
non può essere rilevata dall’osservazione di nessun dato sperimentale»817.
L’ultima parte, intitolata «Tutti gli embrioni umani godono della
dignità personale?», è piuttosto l’applicazione delle conclusioni raggiunte
nelle prime due parti della nostra ricerca ai «prodotti» umani ottenibili con
le tecniche specificate nella nota 49 della Dignitas personae: la
partenogenesi, il trasferimento di un nucleo alterato (ANT) e la
riprogrammazione assistita dell’ovocita (OAR). Questa terza parte
l’abbiamo divisa in tre capitoli, il capitolo sesto, «Nuove tecniche per
ottenere cellule staminali di tipo embrionale», in cui spieghiamo
principalmente la partenogenesi e le tecniche ANT e OAR; il capitolo
settimo, «Alcune considerazioni concernenti il giudizio etico prudenziale
del Magistero», in cui facciamo riferimento alla classica regola della «strada
più sicura» e alla sua duplice applicabilità nel caso dei «prodotti» specificati
nella nota 49; e, infine, il capitolo ottavo, «Applicazione dei concetti di
dignità ontologica e persona ai casi della nota 49», in cui, appunto,
incarniamo antropologicamente le precedenti riflessioni etiche, meta-fisiche
e bio-logiche.

816 GIOVANNI Paolo II, «La conquista del …», n. 4.


817 CDF, Dignitas personae (2008), nn. 5-6.
194

Senza ripetere ulteriormente i vari passaggi argomentativi compiuti


nel testo, ci limitiamo a precisare che il nostro criterio per stabilire se un
«prodotto» di origine umana possiede individualità umana è l’attivazione
della totipotenza818 poiché, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, una
volta attivata la totipotenza, un nuovo individuo umano inizia la sua
esistenza. In base all’analisi fatta nella prima parte del capitolo ottavo,
infatti, siamo arrivati alla conclusione che i partenoti e le entità ANT e OAR
passano per la fase di totipotenza, cioè raggiungono realmente
l’individualità umana e, di conseguenza, l’inibizione delle espressioni
necessarie per il loro sviluppo li fa entrare in esistenza già menomati (il
partenote) o li trasforma in embrioni difettivi, pre-programmati a collassare
(ANT e OAR). Simili interventi, perciò – tanto dal punto di vista
ontologico quanto dal punto di vista morale – devono essere considerati per
quello che sono: una grave violazione della dignità umana, ossia la
deprivazione della base biologica, condizione sine qua non della stessa
esistenza umana e di qualsiasi altro progresso umano. Gli embrioni difettivi,
sin dal primo momento della loro esistenza, «vorrebbero» esprimere il tipo
di essere che essi sono, ma non lo possono fare perché pre-programmati a
collassare prima di poter sviluppare un volto visibile. In sintesi, «fare il bene
ed evitare il male», non si accorda con la menomazione voluta e con
l’inibizione di espressioni necessarie per l’ulteriore sviluppo della persona
umana.
Passando sul piano meta-fisico, in base all’analisi fatta nella parte
seconda, possiamo concludere che il semplice fatto di essere un individuo
bio-logicamente umano implica, grazie ad una trascendenza dall’alto,
possedere un’anima personale immortale, a prescindere dalla presenza o
meno del cervello e della sua mente, oppure di altre abilità umane (non
necessarie nella fase iniziale di sviluppo). Gli embrioni partenoti o di

818 Cf. HONGBAO Ma, YANYang, MA Margaret, «Totipotent of Stem Cell», in Stem
Cell 3/4 (2012) 1.
195

provenienza ANT o OAR, pur difettosi, sono persone e lo saranno per


sempre, anche quando la loro individualità umana cesserà a causa della
morte pre-programmata. In sintesi, dato che, dal punto di vista biologico, il
partenote umano ed i «prodotti» ANT e OAR di origine umana sono
embrioni, riteniamo che, anche se difettivi, si tratti di individui della specie
Homo sapiens e pertanto di persone degne di un rispetto dovuto ad un tale
status ontologico. La dimostrazione della loro individualità umana
(qualificazione antropologica), perciò, è sufficiente per «discernere
razionalmente una presenza personale» (qualificazione meta-fisica) e,
quindi, per formulare un giudizio morale equo (qualificazione etica)819.
L’originalità della nostra ricerca sta nell’aver dimostrato che la
persona dell’embrione umano – presupposta ma non affermata dalla
Dignitas personae – non è affatto destinata a restare rinchiusa, sino alla fine
dei tempi, nel limbo della filosofia, bensì, illuminata dalla cristologia820 e
liberata dalla trappola del naturalismo ilemorfico821, può essere proclamata e
difesa.

819 Cf. CDF, Dignitas personae (2008), n. 5.


820 Cf. ibid., n. 7.
821 Cf. BERTI Enrico, «Is the DNA Sequence a Sufficient Definition of Human
Nature? A Comparison between Aristotle, Thomas Aquinas and Jacques Maritain», in
PAS, What Is Our Real Knowledge About the Human Being?, The Proceedings of the
Working Group 4-6 May 2006, Pontificia Academia Scientiarum, Vatican City 2007,
79-86; cf. JAWORSKI William, «Hylomorphism and Resurrection», in European Journal
for Philosophy of Religion 5/1 (2013) 197-213; ID., «Hylomorphism and the
Metaphysics of Structure», in Res Philosophica 91/2 (2014) 1-4.
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SOMMARIO DELLA TESI

SIGLE E ABBREVIAZIONI
INDICE
INTRODUZIONE
PARTE I: LA DIGNITÀ UMANA
CAPITOLO I: LA DIGNITÀ UMANA E LE VISIONI DEL MONDO
1.1 Che cos’è la dignità?
1.2 Che cos’è una visione del mondo?
CAPITOLO II: LE TEORIE E LA FONDAZIONE DELLA DIGNITÀ
UMANA
2.1 La dignità soggettiva
2.1.1 La dignità socialmente attribuita
2.1.2 La dignità basata sul concetto di autonomia
2.1.3 La dignità come tendenza verso l’eccellenza umana
2.2 La dignità oggettiva (ontologicamente fondata)
2.2.1 La dignità ontologicamente fondata
2.2.2 Dio, fonte prima e ultima della dignità umana
PARTE II: L’ANIMA UMANA
CAPITOLO III: L’ANIMA PERSONALE IMMORTALE
3.1 L’anima, tra Aristotele e la contemporaneità
3.2 L’anima fisica, bio-psichica e meta-fisica
3.3 L’anima personale immortale, coronamento dell’alleanza tra Dio e
l’uomo
3.3.1 Essere immagine di Dio: metafora per indicare l'immortalità
3.3.2 Duale è l’uomo, non la persona
3.3.3 Essere somiglianti a Dio: imitare la relazione d'amore delle
persone trinitarie
3.4 L’Anima è personale e immortale: un altro modo per dire che ogni
essere umano è persona
3.4.1 La persona umana ed il suo status meta-fisico
3.4.2 Siamo soltanto individui umani o anche persone immortali?
3.4.3 L’anima personale immortale non è il bio-psiche della specie
umana
3.4.4 L’anima personale immortale non è la mente spazio-temporale
274

3.4.5 L’anima personale immortale: una definizione


3.5 Verso uno scioglimento del mistero delle due anime
3.5.1 Il concilio di Vienne (1312): l’anima intellettiva è forma del corpo
3.5.2 Il concilio Lateranense V (1513) e l’anima meta-fisica
3.5.3 Il bio-psiche umano ed il suo io meta-fisico. Una lettura attuale
CAPITOLO IV: L'EVOLUZIONE ED IL FENOMENO UMANO
4.1 Evoluzione come spiegazione scientifica
4.2 È possibile che l’uomo si sia evoluto da ominidi?
CAPITOLO V: L'OMINIZZAZIONE
5.1 La filogenesi e l’ominizzazione graduale
5.2 L'ontogenesi e l’umanizzazione immediata
5.3 L’embrione umano ed il mito della “ricapitolazione”
5.4 L'anima-forma razionale: un’espressione antica che indica
l’appartenenza genetica alla specie umana
5.5 La mente (psiche) è il sinonimo dell’anima personale immortale?
PARTE III: TUTTI GLI EMBRIONI UMANI GODONO DELLA
DIGNITÀ PERSONALE?
CAPITOLO VI: NUOVE TECNICHE PER OTTENERE CELLULE
STAMINALI DI TIPO EMBRIONALE
6.1 La partenogenesi
6.2 Il trasferimento di un nucleo alterato (ANT)
6.3 La riprogrammazione assistita dell'ovocita (OAR)
CAPITOLO VII: ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCERNENTI IL
GIUDIZIO ETICO PRUDENZIALE DEL MAGISTERO
7.1 Il Magistero contemporaneo e l’applicazione della «strada più sicura»
riguardo allo statuto personale dell’embrione umano
7.2 La Dignitas personae e la duplice applicazione della «strada più
sicura» ai prodotti specificati nella nota 49
CAPITOLO VIII: APPLICAZIONE DEI CONCETTI DI DIGNITÀ
ONTOLOGICA E PERSONA AI CASI DELLA NOTA 49
8.1 Le nuove tecniche e la necessità di una nuova dicitura per esprimere
il concepimento: “attivazione in senso umano a partire dalla totipotenza”
8.2 “Fare il bene ed evitare il male” non si accorda con la menomazione
voluta e con l'inibizione di espressioni necessarie per uno sviluppo degno di
un essere umano
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8.3 I partenoti e gli embrioni ottenuti con ANT e OAR, pur difettivi,
sono persone umane in quanto attivati in senso umano a partire dalla
totipotenza
CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA

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