Indice:
Introduzione...................................................................................................3
1. Il processo di ominizzazione: ricostruzione dell'ipotesi di Ren Girard...9
1.1 Uno sguardo al passato........................................................................................9
1.2 Capro espiatorio e salvezza umana....................................................................19
1.3 Contrattualismo: un'ipotesi poco verosimile.....................................................24
2. Etologia..........................................................................................................28
2.1 Mimetismo e Violenza: Girard e l'etologia........................................................28
2.2 Risoluzione attraverso il capro espiatorio: ri-direzione dell'aggressivit e
legame......................................................................................................................48
2.3 Questione di mimetismo....................................................................................59
Conclusione.................................................................................................109
Introduzione
La variet culturale, le diverse abitudini ed i bizzarri rituali tipici di ogni societ
affascinano da sempre moltissimi pensatori, viaggiatori ed osservatori, i quali non possono
redimersi dal riflettere sulla differenza culturale; si pensi ad Erodoto che nelle sue Storie
ci narra dello stupore che i Greci mostrarono nei confronti delle abitudini funebri degli
Indiani, e viceversa1; anche Montaigne muove la sua sottile attenzione su tale tema,
facendo notare lo strano comportamento dell'europeo 'civilizzato' che agli occhi del
'selvaggio' pone i suoi escrementi nasali all'interno di un lembo di stoffa pregiata,
portandosela appresso tutto il giorno. Questo medesimo interesse si concretizzer con la
nascita dell'antropologia culturale, disciplina nata con l'ambizioso compito di studiare in
modo programmatico le diverse culture mondiali; tale indagine, guardando al particolare,
non dimenticava certo il generale, ed per questo che la ricerca sul campo era condita con
una fine ricerca teorica e speculativa: le culture si presentavano molto diverse, ma in
fondo all'orizzonte si stagliavano delle 'regolarit', dei fenomeni universali, all'insegna
dei quali si poteva ipotizzare e, poi, declamare una pagliuzza, un singolo aspetto o rituale,
dal quale divamp la cultura umana (si pensi alla proibizione dell'incesto o la regole
dell'esogamia). Ben presto, per, l'antropologia abbandon questo atteggiamento teorico, a
causa dell'incapacit esplicativa delle teorie elaborate; questioni quali l'origine delle forme
culturali, delle credenze religiose e dei riti ad esse associati, vennero accantonate e questo
gener nuovi interessi e nuove riflessioni. Una delle problematiche maggiori era il
problema della religione, il cui ruolo e funzione rimasero a lungo incomprese, o peggio : gli
atteggiamenti superstiziosi che la caratterizzavano, finirono per stigmatizzare l'immagine
della religione come irrazionalit e falsit. La rinuncia a tentare di comprendere queste
istituzioni non fu per universale, e tra le diverse teorie che tentano di sgrovigliare la
matassa culturale spiccano i testi di Girard.
Ispirato dalla teorizzazione del desiderio mimetico, Girard s'immerge totalmente
nella questione antropologica, donando al pubblico una rivoluzionaria lettura del concetto
di sacro, di rito ed in generale del concetto di Cultura; la domanda che guida la riflessione
1 Una volta Dario, durante il suo regno, convoc i Greci del suo seguito e chiese loro per quale somma
avrebbero accettato di cibarsi dei cadaveri dei loro padri morti; ed essi risposero che non lo avrebbero
fatto mai, per nessuna somma. Subito dopo Dario chiam degli Indiani, della trib dei Callati, trib in cui
si usa cibarsi dei propri genitori, e domand loro, in presenza dei Greci (che potevano seguire i discorsi
grazie a un interprete), per quale somma avrebbero acconsentito a cremare sul rogo i loro padri; ed essi
protestarono a gran voce invitando Dario a non dire empiet. Le usanze sono usanze, c poco da fare, e a
me sembra che Pindaro labbia espresso molto bene dicendo: La tradizione regina del mondo
(Erodoto, Storie, III, 38).
3
girardiana (in queste opere antropologiche) questa: Perch la credenza nel sacro? Perch
ovunque riti e divieti, perch non vi mai stato un ordine sociale, prima del nostro, che non
appaia dominato da una entit soprannaturale?2. Ne La Violenza ed il sacro viene espressa
la teoria del capro espiatorio, idea molto semplice, chiara e per questo sovente imputata di
riduzionismo e fantasia: questa fu la mia stessa opinione la prima volta che ne sentii
parlare; le difficolt che suscitava, le problematiche cos complesse che riusciva a
sbrogliare cos facilmente mi spronarono ad affrontare i diversi testi del 'critico letterario'
con un atteggiamento di radicale scetticismo: fu cos che venni folgorato, e dovetti
ricredermi. Girard propone un'ipotesi di una coerenza e di un interesse sorprendente, la cui
efficacia trova spesso delle conferme; non intendo qui sostenere che la teoria mimetica sia
al cento per cento esatta, soprattutto per la strutturazione 'generale' che Girard ne da: molti
problemi sono da risolvere, molte difficolt sono ancora all'orizzonte; per una realt
credo innegabile che l'argomentazione mimetica sia una fonte proficua di spunti e
intuizioni forti, utili per comprendere attentamente i nostri desideri ed i nostri
comportamenti; molti sforzi e molti pensatori dall'estrazioni accademiche pi diverse
s'interessano alla teoria mimetica, confrontandosi a fondo con le sconvolgenti intuizioni del
suo teorico; tale ipotesi trova feconde applicazioni in antropologia, in psicologia ed in
molte altre discipline. Ren Girard propone una rilettura della Cultura e delle religioni
arcaiche davvero affascinante, che influenza totalmente il nostro modo di affrontare i
problemi classici dell'antropologia, e non solo: la rilettura che da dei grandi romanzieri
europei e dei maestri della tragedia greca, costringe il lettore ad un cambio di 'occhiali da
lettura', consegnandoci testi il cui nuovo significato da lui scovato determina il crollo di
tutto quello che credevamo di sapere su opere che pensavamo aver esaurito.
Con l'individuazione del meccanismo vittimario Girard crede di aver portato alla
luce non solo una semplice ipotesi, ma una vera e propria teoria della Cultura (dunque del
religioso) la quale po' considerarsi la vera realt universalmente antropologica. Detta
ipotesi ampliata in Delle Cose nascoste sin dalla fondazione del mondo si presenta
dunque come una lente ermeneutica delle realt sociali umani, capace di rendere conto in
modo coerente e come dice Girard 'scientifico' di quella particolare specie che
possiamo definire homo religiosus: nutrendosi dello studio dei rituali religiosi e delle opere
mitologiche, l'autore ha l'ambizioso compito di sgrovigliare la complessa realt umana,
rispondendo ad una delle questione pi titaniche riguardanti l'origine della cultura, ed in
fondo, dell'uomo stesso. Molto fiducioso ed audace, Girard si spinge oltre la soglia della
2 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., pp. 17-18.
4
di mimesis il terreno fertile su cui ogni vivente cammina, la prova evidente che non esiste
alcun tipo di differenza essenziale tra l'uomo ed altri animali, contrariamente a molte
presunzioni che da sempre l'umanit si auto-proclama3; seguendo tale argomentazione fino
in fondo, possiamo notare come Girard traccia il percorso dell'umanit come una semplice
evoluzione lineare, che basandosi su determinate condizioni fisiologiche ha condotto
l'uomo a doversi dotare di un determinato sistema culturale e simbolico, pena l'estinzione:
tale sistema simbolico, sviscerato fino in fondo, non nient'altro che un gioco di equilibri,
gerarchie ed ordine che ha condotto l'uomo a sviluppare quello che viene presentata da
Girard come la soglia del simbolico, baluardo delle conquiste culturali umane. Proprio in
quest'ultimo frangente, si pu notare una tensione nelle riflessioni girardiane: attraverso
detta ipotesi, infatti, Girard definisce la nascita del simbolico come un'inevitabile punto di
discontinuit, di rottura: Gli etologi insistono troppo sulle radici comuni e non vedono il
salto fondamentale (se vogliamo evitare di dire rottura) tra cultura umana e comportamento
animale, causato dall'emergere della sfera simbolica4. E' interessante notare come tale
divario non un punto di partenza, quanto piuttosto un risultato selettivo nato
dall'eccessiva violenza intra-specifica dilagante all'interno delle societ pre-umane;
attraverso il meccanismo del capro espiatorio che dal livello simbolico riuscito ad
emergere, attraverso in primo luogo il linguaggio: per avere un potere simbolico
necessario trovare una fonte esterna che abbia forzato il linguaggio a emergere, che abbia
costretto i primati a sviluppare una forma simbolica sofisticata e a mio modo di vedere
questa fonte il meccanismo del capro espiatorio 5. Dalle premesse di partenza, che di
fatto ponevano una visione non antropocentrica ed 'egualitaria', tale valutazione
dell'emergenza del simbolico definisce la situazione umana quasi come, appunto, una
rottura: sebbene impossibile da cancellare, tale tensione presente nell'ipotesi
sull'ominizzazione, ma nonostante ci, mantiene un notevole interesse proprio nel suo
costante confronto con l'etologia, che permette lo spunto di una riflessione fondata sul
rifiuto di leggere il mondo attraverso una filosofia fondata sull'esistenza di una 'scala
dell'essere'.
Purtroppo, non tutto oro quello che luccica: se vero che Girard tenta di riunire in
un'unica teoria diverse discipline, molte ne rimangono accantonante; se davvero si vuole
comprendere come l'uomo comparso, molte altre discipline e molte altre osservazioni
3 Questo non identifica Girard come un critico dell'antropocentrismo, tutt'altro: tuttavia, radicalizzando
alcune sue intuizioni, penso sia possibile identificare queste riflessioni per meglio posizionare l'uomo
all'interno del mondo.
4 R. Girard, Origine della Cultura, cit., p. 73.
5 Ivi, p. 74.
6
devono essere ancora fatte; la strada per la soluzione definitiva ancora lontana.
Questo non vuol dire confutare l'ipotesi di Girard, ma neanche confermarla; la sua
ricostruzione, fondata sul desiderio mimetico e sul meccanismo del capro espiatorio, pu
dimostrare alcune lacune archeologiche, ecologiche ecc, ma innegabilmente un'ipotesi
feconda di intuizioni, suggestioni e lampi di genio; il ruolo riconosciuto alla religione ed il
suo legame con la societ: fulcro dell'ipotesi di Girard, questo legame riflette un modo
veramente innovativo di capire le dinamiche umane e le loro evoluzioni: tra le molte teorie
della genesi umana, raramente ci si sofferma sulle dinamiche sociali ed interrelazionali,
preferendo una descrizione dell'aumento cerebrale e linguistico; a colpire il lettore
l'aspetto strettamente sociologico che Girard ha in mente, in quanto consegna la genesi
dell'umanit, della cultura e della religione a delle dinamiche sociali e collettive,
comprendendo aspetti ecologici e 'tecnologici': la religione un fattore contingente, il cui
ruolo facilmente riconoscibile in termini di adattamento e non in termini di 'rivelazione',
'tendenza psicologica infantile'; altro aspetto forte, e per questo molto criticato
specialmente dall'etnologia la convinzione ('darwiniana' se cos possiamo dire) di poter
identificare un'unica matrice comune per tutte le culture umane, nate da un unico e
medesimo meccanismo: per quanto teoricamente ingenuo possa sembrare, un tentativo
che riesce a cogliere nel segno, conferendo alla teoria di Girard grande forza.
Per questo motivo, ho deciso di affrontare le riflessioni sull'ominizzazione, tentando
di mettere alla prova e di valutare ci che dell'ipotesi di Girard era solo abbozzato, non
completamente teorizzato: molto cambiato nell'etologia e soprattutto nello studio dei
primati; per questo motivo ho tentato di confrontare le ipotesi di Girard con le osservazioni
compiute da diversi studiosi dei nostri simili, la cui complessit sociale risulta affascinante
ed illuminante. In secondo luogo, l'aspetto evolutivo che l'ipotesi presenta non viene mai
studiato ed esplicato del tutto; la sua riflessione intorno alla selezione di gruppo, si presenta
lacunoso, ma non tutto: sotto la guida delle riflessioni di Morin, ho tentato di descrivere
in modo esaustivo la struttura formale e implicita dell'ipotesi di Girard, inscrivendola in
un'ottica neo-darwiniana: seguendo questa strada possiamo compiere una rilettura
complessiva delle dinamiche descritte da Girard (crisi mimetiche e nuovo ordine generato)
il cui andamento si ritrova in gran parte dei sistemi viventi. Riprendendo le teorie della
complessit e dell'auto-organizzazione, la ricostruzione girardiana in grado di presentarsi
come un ulteriore strumento di comprensione sociale, in grado di giustificare appieno le
dinamiche pi difficilmente accettabili, tra cui spicca l'idea di crisi come fondante di un
nuovo ordine. Per concludere, ho ripreso la ricostruzione che Girard fa in Delle cose
7
nascoste dell'evoluzione delle diverse istanze culturali 'universali' come il rito, il divieto,
ecc, muovendo dal meccanismo vittimario, concludendo il quadro dell'origine della cultura
e della sua evoluzione: un unico grande principio in grado di abbracciare l'enorme
variabilit culturale umana.
Questo studio, si presenta dunque come una prova, un tentativo di verificare e
comprendere realmente un'ipotesi teorica che difficilmente pu essere verificata o
falsificata; non vuole definire l'assoluta esattezza di detta ipotesi, ma tenta di valutarne gli
aspetti audaci ma per questo degni di nota, specialmente il legame con l'evoluzione e
l'etologia; detto questo, sono convinto che se non di verit si vuole parlare nelle opere
di Girard si presenta una forza argomentativa ed una potenza esplicativa davvero
affascinante e folgorante, tanto da non poter essere ignorata.
I
Il processo di ominizzazione: ricostruzione dell'ipotesi di Ren Girard
1.1 Uno sguardo al passato
Nel tentare una delucidazione del processo graduale che ha condotto alla nascita
dell'umano, sviluppatosi da gruppi pre-umani ancora privi di una cultura, dobbiamo
necessariamente osservare quali siano quei fattori peculiari della nostra specie: infatti,
partendo da semplici elementi contingenti, Girard tenta un'esplicazione della possibile
modalit di evoluzione che ha casualmente condotto l'umanit a doversi dotare di un
sistema culturale, a convivere in complesse societ dotate di rituali, divieti, istituzioni e,
dunque, di una religione e tutto ci che questo comporta. Dobbiamo dunque compiere
uno sforzo mentale, nel tentativo di focalizzare un momento pi che remoto, con in mano
solo poche informazioni e congetture derivanti dall'archeologia, dall'etologia e, perch no,
dalle sottili intuizioni che le scienze umane possono darci.
Per comprendere come l'uomo si evoluto e differenziato, Girard compie una serie
di osservazioni su diversi fattori strettamente fisico-biologici e sociali. Inoltre, pu essere
molto proficuo un confronto con il mondo animale: evidentemente, furono determinate
caratteristiche puramente casuali che portarono alla nascita della cultura, evento che
dev'essere ricostruito in una prospettiva evolutiva, non finalistico-antropocentrica: i divieti
pietre angolari della cultura non sono stati consegnati all'uomo come dono, come le
tavole dei comandamenti mosaici. In questa prospettiva, l'origine della cultura va pensata
come la manifestazione di un elemento puramente casuale, la cui comparsa ha permesso
una maggiore fitness del genere umano, dimostrandosi come un fattore in grado di
orientare i gruppi pre-umani ad un modello di vita particolarmente innovativo e fecondo.
Diversi fattori dovettero caratterizzare quel particolare 'proto-umano', la cui
differenza con il resto dei primati era difficilmente reperibile: oltre all'elevata grandezza
del cervello, si deve considerare il lungo periodo di svezzamento del neonato umano, il
problema della sessualit permanente e quello dell'aggressivit crescente, minaccia la cui
gravit aument di pari passo con attivit quali la caccia, una forma elementare di guerra
oltre che all'utilizzo di armi rudimentali, ma comunque efficaci nel loro compito. Tentiamo
di tratteggiare, sulla scorta di Girard, le diverse tipicit umane, semplici elementi che
dovettero portare allo sviluppo della cultura come ad un insieme di divieti e riti senza i
quali l'uomo non avrebbe potuto sopravvivere.
Osservando la nascita di un cucciolo di antilope, ad esempio, ci sorprendiamo delle
abilit che esso immediatamente dimostra, in primis la capacit di camminare pi o
meno abilmente. Questo stupore deriva dal confronto con una delle caratteristiche
fondamentali della specie umana, e cio la terribile debolezza del neonato: di fronte
all'antilope ogni 'cucciolo d'uomo' sembra tremendamente privo di ogni capacit: Il peso
delle cure verso i figli nello scimmione nudo molto pi grave che in qualunque altra
specie vivente6; ne consegue che, proprio come nei primati, prima che il neonato diventi
autonomo, sono indispensabili lunghi periodi, ed Girard stesso che osserva in modo
perspicace: Rispetto alla prole degli altri mammiferi il neonato umano pi vulnerabile e
debole, e lo rimane per un periodo di tempo estremamente lungo, pi lungo relativamente a
quanto avviene nel regno animale7.
Durante questo periodo, per permettere lo sviluppo completo del notevole cervello
umano, sono stati inevitabili dei moduli di comportamento 'sociali' che, non solo hanno
permesso alla femmina di poter nutrire ed accudire il neonato, ma che hanno portato la
collaborazione del maschio8; abbiamo di fronte un processo di co-implicazione e di
reciproco aumento della complessit, sia del cervello che della struttura sociale: entrambi i
fattori non fanno altro che fomentarsi a vicenda, portando ad un continuo accrescimento
reciproco, per cui da un lato l'evoluzione cerebrale dell'infante resa possibile da una
precisa organizzazione sociale, la quale permette una sempre maggiore crescita
intellettuale9. Dobbiamo dunque tentare di immaginare dei veri e propri proto-umani che,
viventi in piccoli gruppi10 (societ,branchi), collaborarono per permettere la sopravvivenza
6 D. Morris, Lo scimmione nudo, cit., p. 109. L'intero capitolo III si occupa dell'allevamento della prole
nello scimmione nudo; in esso, vengono riportati diverse osservazioni utili per comprendere la
caratteristiche dell'uomo anche in questo campo, e fra le diverse annotazioni, l'autore da molto peso
all'imitazione, atteggiamento che sembra fondamentale e d'intensit elevata nell'uomo: la prole impara
rapidamente per mezzo dell'imitazione, processo che nella maggior parte dei mammiferi relativamente
poco sviluppato, mentre nella nostra razza splendidamente approfondito e perfezionato (Cfr. Ivi.,
p.134).
7 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 111.
8 Con questo non vorrei intendere collaborazione in termini matrimoniali: il modello basilare dovette essere
lontano da quello famigliare; la collaborazione maschile deve essere intesa in termini sociali e comunitari:
per questo motivo sia i gruppi di scimpanz sia le comunit dei bonobo offrono spunti interessanti.
9 Morin parla infatti di 'giovanilizzazione' nel caso dell'uomo: Di conseguenza, il processo di evoluzione
biologica dell'ominide di carattere neotenico, cio il rallentamento dello sviluppo ontogenetico tende a
conservare nell'adulto i caratteri infantili o giovanili, e anche a lasciare il processo incompiuto (Cfr. E.
Morin, Il paradigma perduto, cit., 86). Dello stesso parere Morris, secondo il quale la nudit dell'uomo
si basa anche ma non solo sulla neotenia.
10 Della stessa idea Darwin: Giudicando dalle abitudini dei selvaggi e dal maggior numero dei
quadrumani, gli uomini primitivi e anche i loro progenitori somiglianti alle scimmie, probabilmente
vissero in societ. (Cfr. C. Darwin, L'origine dell'uomo, cit., p. 66).
10
della prole e, di conseguenza, dell'intero branco: questa situazione, lungi dal postulare una
famiglia tradizionalmente intesa, pu essere confermata dall'osservazione delle scimmie
antropomorfe, un'utilissima finestra per comprendere le nostre origini. Molte osservazioni
mostrano come, sia nel caso degli scimpanz che nel caso dei bonobo (ma anche nel caso
dei babbuini) siano assenti forme familiari composte da madre-padre-prole: se il legame
madre/figlio risulta notevolmente forte e prolungato 11, non possiamo giungere ad affermare
che la famiglia sia una 'forma originaria', almeno non per noi esseri umani.
Dall'osservazione dei nostri cugini sulla scala evolutiva, siamo portati ad dipingere l'uomo
primitivo vivente in grandi gruppi sociali, governati da dinamiche interne e gi 'politiche',
nonostante la famiglia non fosse ancora sorta12.
Pensando in questi termini, dobbiamo gi accantonare l'ipotesi che Rousseau
elabora nel celebre Discorso sulle origine della disuguaglianza, nel quale viene presentato
l'uomo naturale, un animale solitario che, vagando per la foresta, riusciva a sopravvivere
grazie alla sua perfettibilit e alla sua capacit di adattamento. Proprio questo testo, per,
ci permette di identificare una questione rilevante: la risoluzione dei conflitti tra questi
uomini; durante un ipotetico incontro di questi animali solitari, era possibile la ricaduta in
un conflitto a causa di diversi motivi, uno dei quali poteva essere il nutrimento: di fronte
ad un esemplare estremamente minaccioso ed imponente, la paura della sconfitta era
abbastanza forte da portare l'altro esemplare a scansare agilmente la lotta, semplicemente
con venti passi dentro la foresta13.
Questa valida ed interessante soluzione pacifica purtroppo inattuabile in una
situazione di vita 'associata', sia che si tratti di umani che di animali, soprattutto se teniamo
conto delle riflessioni girardiane sua forza attrattiva che il desiderio mimetico comporta;
inoltre in un gruppo dove ogni membro costituisce si presuppone una risorsa
11 Frans de Waal, criticando Lvi-Strauss arriva a dimostrare che i casi di accoppiamento incestuoso tra
madre/figlio siano rarissimi nei primati da lui studiati; non solo: proprio il legame affettivo che lega la
madre alla sua prole viene considerato come il fondamentale processo che port alla formazione
dell'empatia. (Cfr. Frans de Waal, Il bonobo e l'ateo, cit., pp. 89-90).
12 Il legame rapporto sessuale fecondazione non dovette essere facilmente comprensibile, almeno in tempi
remoti come questi; per questo motivo credo sia possibile criticare tutte le ricostruzioni basate sul legame
madre-padre-figlio, in quanto viziate da un'immagine gi evoluta dell'umanit: un esempio di questa
concezione si trova in Morris, che ne La scimmia nuda postula la sessualit 'monogama' come la via che
condusse ogni uomo a formare una famiglia (Cfr. La scimmia nuda, cit., pp. 67-69.). Una diversa ipotesi
sul legame sociale si trova in Le scimmie cacciatrici: presso i primati si osserva diffusamente la capacit
di manipolazione femminile, le quali contratterebbero le prestazioni sessuali in cambio dell'ottenimento
della carne,e dunque di un nutrimento ambitissimo: Di solito, nelle societ di primati umano e non
umani, i maschi procurano la carne e poi cercano di usarla per manipolare o controllare le femmine (Cfr.
Le scimmie cacciatrici, cit., p. 18).
13 Jean-Jacques Rousseau, Origine della disuguaglianza, cit., pp. 69-70.
11
fondamentale per la sopravvivenza della prole e del gruppo stesso, il conflitto non pu
risolversi con la dissoluzione della comunit stessa: come in un branco, chiaro che la
convivenza comporti una serie di moduli comportamentali che istituiscano una gerarchia,
permettendo il controllo di determinanti atteggiamenti.
Ci si pone di fronte il grande problema di questi gruppi: nelle diverse forme di
societ animali (umani e non) i conflitti sono delle realt innegabili; pensiamo al periodo
dell'accoppiamento, durante il quale gli scontri tra gli esemplari maschi aumentano
notevolmente: in un dato scenario, il controllo dell'aggressivit un fattore fondamentale.
Non si deve commettere un errore importante, postulando la capacit negli animali come
in noi di salvaguardare determinati individui del gruppo da una possibile aggressione:
Lorenz, nelle sue osservazioni nota che la pulsione aggressiva esplode unicamente tra
animali della stessa specie14: quando un predatore azzanna la preda per sfamarsi, non
mostra nessuna modificazione fisica riconducibile all'aggressivit; anche nella difesa della
prole o del cibo, i segni che denotano aggressivit non sono cos marcati come nel caso
della lotta tra maschi per il possesso della donna o del territorio. Lorenz mette sugli occhi
di tutti una verit che non sempre appare tale : la maggiore violenza , in tutti gli animali
intraspecifica ed questo l'enorme problema che, nell'ipotesi girardiana, si affaccia fin da
subito.
Se il vero problema il controllo dell'aggressivit, per sopravvivere ogni gruppo ed
ogni societ, deve necessariamente far fronte ad una minaccia del genere; nel caso degli
animali 'superiori' la soluzione, osservata dagli etologi, sfocia in modelli comportamentali
definiti dominance patterns: quando tra due esemplari dilaga lo scontro, il vincitore
grazie a delle inibizioni istintuali non uccide lo sconfitto, ma lo lascia allontanare;
quest'ultimo per, accetta la sottomissione, lasciando al vincitore il podio di maschio alfa,
posizione che garantisce delle priorit notevoli. Questa rudimentale societ pervasa da
una precisa gerarchia, che raramente viene turbata.
I dominance patterns devono considerarsi inattuabili nella realt pre-umana, e ci a
causa di diversi fattori che contribuiscono al dilagare inarrestabile del conflitto: se molti
primati sono tranquilli onnivori15 non altrettanto possiamo dire per i gruppi dei nostri
antenati.
14 Lorenz scrive: l'aggressivit intra-specifica, l'aggressivit nel vero e stretto senso della parola. (Cfr. K.
Lorenz, L'aggressivit ,cit., pp. 65-66).
15 R. Girard, Delle cose nascoste , cit., p. 112.
12
si sono
osservati casi di caccia con aspetti rituali anche in alcuni gruppi di primati 25; possiamo
quindi ipotizzare che la caccia, indirizzando ad una violenza esterna, non sia un fattore
cos determinante: nelle scimmie, spesso essa un'inevitabile forma di aggressivit
territoriale26; si pu ipotizzare che il passaggio al consumo di carne sia stata una
conseguenza di tale realt, accentuata dall'uso di rudimentali armi, il vero fattore rilevante.
Per quanto riguarda la guerra, la questione diventa pi delicata: Girard, senza
troppo approfondire la questione, ipotizza la presenza di una tale attivit, senza poi
spiegare come essa vada intesa; in questo pu forse venirci incontro Canetti, il quale
definisce la guerra come una conseguenza della caccia: a mutare solo la preda 27. Anche in
questo caso, possiamo avanzare un'ipotesi: molto probabile che degli scontri tra gruppi
distinti avessero luogo, ma la forma di tale 'guerra' era terribilmente rudimentale, colpendo
dei gruppi tra i quali non si poteva scorgere nessuna differenza; probabile, inoltre, che la
guerra non facesse altro che dividere gruppi originariamente uniti, attraverso la
disgregazione violenta.
23
24
25
26
27
l'investimento di un bambino, e quindi il culmine della crudelt con un assassinio, mostrando cos in
modo tremendo il prezzo della crudelt. (I. Kant, Lezioni di etica, a cura di A. Guerra, Laterza, RomaBari 1991 pp. 273/275.)
Cos si arriva al paradosso singolarmente commovente che i predatori pi sanguinari, soprattutto il lupo
[..], siano fra gli animali forniti di pi sicure inibizioni a uccidere che ci siano sulla terra. (K. Lorenz,
L'aggressivit , cit., p 176).
La questione diventa in realt molto fitta: l'aumento dell'aggressivit umana potrebbe derivare anche dal
fatto che, a differenza dei lupi, la struttura sociale e individuale non deriva da gruppi di cacciatori
carnivori, come i grandi predatori; in La Scimmia Nuda, Morris elabora un'evoluzione umana che deriva
proprio da un connubio tra le abitudini dei primati e quelli dei carnivori, fornendo un'interessante ipotesi
su tali questioni. Che siano forse entrambe le tendenze (diverse) a creare aspetti sociali peculiari?
Cfr. R. Girard, Origine della Cultura, cit., p. 45.
Diversi studi sull'argomento dimostrano che presso i primati la caccia non ha come fine l'alimentazione,
in quanto essa inizia quando gi sono sazi: la carne rimane pi che altro un alimento prelibato, che per
non comporta ricerca attiva; la caccia ha pi che altro un risvolto sociale e quasi rituale.
Questo fenomeno molto interessante se letto tramite le riflessioni di Lorenz, che osserva come molti
attacchi di pesci verso altri siano una conseguenza di una vera e propria 'invasione territoriale'. (Cfr.
Lorenz, L'aggressivit, cit., pp. 70-71).
Canetti , nel definire le mute forme primigenie di massa definisce la muta di caccia in questi termini:
Quando una truppa eccitata va in caccia di un uomo che vuole punire, si tratta ancora di una formazione
analoga alla muta di caccia. Ma se quell'uomo appartiene a un altro gruppo che non pu abbandonarlo,
ecco una muta contro l'altra. I componenti dei due gruppi nemici non sono molto diversi [..]. Nella forma
originaria di guerra i due gruppi sono cos ravvicinati da potersi distinguere con difficolt; si battono nel
medesimo modo, hanno armi pressoch identiche. (E. Canetti, Massa e Potere, traduzione di Furio Jesi,
Adelphi, Milano 1981, pp. 118-119).
14
come il pi abile; a pari passi con l'evoluzione della massa cerebrale, anche l'imitazione
deve essere dilagata a dismisura, fino al parossismo: Vi motivo di pensare che la
potenza e l'intensit dell'imitazione aumentino con il volume del cervello in tutta la
discendenza che porta all'Homo sapiens.34.
Possiamo a ragione ipotizzare che fu proprio la notevole crescente potenza [del
cervello e quindi della mimesis] a far scattare il processo di ominizzazione35. Pensando
alle nostre origini, dovremmo vedere quindi delle dinamiche psicologiche terribilmente
simili a quelle che Girard evidenzia nelle sue riflessioni sul desiderio mimetico (basti
pensare alla dinamica modello/discepolo): ci che ci caratterizza quindi fin dall'inizio
e poi sempre pi intensamente un'innata intensit del desiderio.
L'aumento delle capacit mentali, portarono all'esasperazione della mimesi, la quale
si intromise anche nelle zone che i dominance patterns lasciavano come privilegio ai
'vincitori': la tipicit dell'uomo per Girard l'ipermimetismo fa crollare l'apparente
solido equilibrio delle societ animali36 e non difficile immaginare cosa possa conseguire
da ci: le rivalit mimetiche tra uomini sfociano facilmente nella follia e
nell'assassinio37.
Legato all'ipermimetismo, emerge anche il problema della sessualit: in primo
luogo, la stabilit sociale non pu essere nata dalla sessualit:
nulla suggerisce che presa in se stessa [la sessualit permanente] abbia questo
potere. Nei mammiferi, i periodi di eccitazione sessuale sono contrassegnati da
rivalit tra i maschi. Il gruppo animale allora particolarmente vulnerabile alle
minacce esterne. Non c' ragione di vedere nella sessualit permanente un fattore di
ordine piuttosto che di disordine38.
Se uno dei maggiori motivi dei conflitti il possesso delle femmine, chiaro che
gi solo la sessualit periodica motivo di aumento del conflitto; una sessualit
permanente non pu, quindi, essere altro che un ulteriore motivo di tensione prolungata!
Dando man forte alla violenza, l'ipermimetismo rincara la dose fomentando il passaggio
alla sessualit permanente.
Il ruolo considerevole degli incitamenti mimetici nella sessualit umana,
l'eccitazione per esempio, il ruolo del voyeurismo, ecc. suggeriscono che il
passaggio dalla sessualit periodica di tipo animale alla sessualit permanente
dell'uomo potrebbe radicarsi nella intensificazione della mimesi [..] questo
34 R Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 122.
35 Ivi., p. 123.
36 Come questo avvenga, verr mostrato nel capitolo sull'Etologia: l, sar fatta attenzione a ci che Girard
definisce mimesi d'appropriazione e mimesi d'antagonismo.
37 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 123.
38 Ivi., p. 114.
16
eccessiva leggerezza, forse proprio perch riprese dal filosofo della complessit, molto pi
incline a comprendere la centralit di diversi fattori; secondo Morin la posizione verticale e
la locomozione bipede42 permisero la differenziazione dell'ominide da altri primati; da
questo discendono le prime peculiarit: il bipedismo apre la possibilit dell'evoluzione
che porta a sapiens: la posizione eretta libera la mano, la mano libera la mascella, la
verticalizzazione e la liberazione della mascella liberano la scatola cranica dalle costrizione
meccaniche che pesavano precedentemente su di essa, e questa diventa atta a allargarsi a
favore di un locatario pi ampio43. In secondo luogo, Girard non si pone neanche il
problema della forza44 e del modo in cui i primi gruppi pre-umani dovettero affrontare le
diverse difficolt esterne; Morin comprende inoltre la centralit del mutamento ecologico,
che port alla scomparsa progressiva della foresta, rimpiazzata dalla savana; fattori come la
curiosit infantile e la neotenia sono tutte ricondotte in un grosso calderone di idee e
suggestioni, che mi preme sottolineare Girard non tematizza a fondo, senza che questo
influisca pi di molto sulla validit della sua ipotesi: semplicemente, l'accusa di
riduzionismo viene qui ad assumere molta importanza: egli si focalizza soprattutto
sull'aspetto sociologico della questione, cio sulle dinamiche sociali che portarono al
controllo delle azioni violente; giunti ad un buon controllo dell'ambiente, all'uso di diversi
strumenti (fuoco ecc) e con determinate caratteristiche (bipede, pollice ecc) l'uomo giunse
ad un livello evolutivo notevole, ma non ancora culturale. Se quindi Girard vede
nell'ipermimetismo la genesi della crisi violenta, chiaro che egli si focalizza su un aspetto
peculiare, e forse in un periodo 'storico' gi avanzato; l'utilizzo del fuoco, il bipedismo,
l'evoluzione del pollice ecc. sono tutti fattori che non vengono tematizzati, ma rimangono
in una sorta di sfondo implicito, mentre giganteggiano tematiche primariamente sociali.
Questa critica alla completezza del discorso girardiano non ne mina l'efficacia: sappiamo
che i diversi ominidi dovettero giungere ad un determinato sviluppo prima di affrontare le
eccessive scariche mimetiche: non fu chiaramente il confronto con il mondo esterno a
42 L'importanza della locomozione bipede venne messa in luce gi da Darwin: Solo l'uomo divenuto un
bipede e credo che si possa almeno in parte comprendere come egli sia giunto ad assumere la posizione
eretta la quale costituisce uno dei suoi caratteri pi cospicui. L'uomo non potrebbe aver raggiunto la sua
attuale posizione di dominio nel mondo senza l'uso delle mani che sono cos meravigliosamente adatte ad
agire secondo il suo volere.[..] Se un vantaggio per l'uomo stare eretto sui piedi e avere le mani e le
braccia libere, del che non pu esservi alcun dubbio, per il suo successo nella battaglia per la vita, allora
non posso scorgere nessuna ragione per cui non debba essere stato vantaggioso per i progenitori dell'uomo
assumere sempre pi la posizione eretta e divenire bipedi. In tal modo sarebbero stati pi capaci di
difendersi con pietre o bastoni, di attaccare la loro preda o di ottenere altrimenti il cibo. (Cfr. C. Darwin,
L'origine dell'uomo, cit., p. 58).
43 E. Morin, Il paradigma perduto, cit., p. 58.
44 Nel moderno e non solo dibattito sulla nascita dell'homo sapiens, si stagliano due grandi correnti di
pensiero: chi dice che l'uomo fosse un mammifero piccolo, docile ed indifeso, chi invece sostiene il
contrario, mostrando la forza dei moderni primati.
18
Questa dilaniante 'lotta di tutti contro tutti' hobbesianamente intesa, anomala per
proporzioni e gravit nel mondo animale, deve necessariamente52 trovare una nuova forma
di soluzione, un nuovo motore 53.
L'ipotesi del capro espiatorio appare dunque lampante e geniale allo stesso tempo:
quello che Girard ha delineato ne La Violenza e il Sacro diviene lo strumento per pensare
alle modalit di controllo della violenza: la risoluzione violenta contro un'unica ed
innocente vittima espiatoria si presenta come una lente ermeneutica adeguata non solo per
comprendere miti e riti, ma anche per indagare le nostre origini. Nel pieno dell'escalation
mimetica, svanisce la dimensione oggettuale e l'unica cosa evidente che rimane il
conflitto: l'enorme carica energetica desiderante non pu fare altro che colpire gli altri
membri del gruppo: Per la mimesi l'unico campo di possibile applicazione sono gli stessi
antagonisti. Si produrranno allora, in seno alla crisi, delle sostituzioni mimetiche di
antagonisti.54
Si deve quindi ipotizzare che, ricaduti nel parossismo mimetico, ad un tratto la
violenza si polarizza verso un'unica vittima, che, diviene il polo magnetico che attira la
scarica aggressiva per tutti i membri del gruppo il modello/ostacolo: la mimesi che aveva
portato all'escalation e alla divisione, ora riunisce facendo convergere due o pi individui
su un identico avversario che vogliono tutti abbattere.55 Seguendo il funzionamento del
desiderio mimetico, sappiamo che pi gli sguardi mirano ad un oggetto, pi esso viene
osservato e desiderato: alla stregua, pi un singolo antagonista diviene il doppio mimetico,
pi egli diviene il centro delle pulsioni aggressive:
arriver necessariamente il momento in cui l'intera comunit si ritrover raccolta
contro un individuo unico. La mimesi dell'antagonista suscita dunque un'alleanza di
fatto contro un nemico comune e la conclusione della crisi, la riconciliazione della
comunit, non consiste in nient'altro.56
Si compie cos un vero e proprio linciaggio collettivo, delle cui brutalit possiamo
solo immaginare attraverso la lettura della mitologia o forme particolarmente cruente di
sacrifici57 ; questo omicidio il primo realmente unanime e ha come risultato la cessazione
52 Scrivo necessariamente, intendendo questo termine senza legare alcuna prospettiva finalistica: se gli
uomini sono sopravvissuti, ci fu una conseguenza della scoperta di un nuovo meccanismo, che si
distacchi da quello animale, in quanto, se la gerarchia sociale non culturale non fosse giunta in crisi, non
si riesce a concepire il motivo della nascita dei divieti; questo non vuol dire negare la validit delle
osservazioni di Lorenz ma questo sar trattato in seguito.
53 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 124.
54 Ivi., p. 44.
55 Ibid.
56 Ibid.
57 Basti pensare al cruente rito del pasto totemico del cammello descritto da Robertson Smith (Cfr. S.
Freud, Totem e Tab , cit., pp. 161-162).
21
della violenza: non vi sar ripetizione mimetica di tale uccisione (almeno non
immediatamente). Tale omicidio, che possiamo tranquillamente definire fondatore, riporta
la pace all'interno del gruppo: solo una violenza in pi, una violenza che si aggiunge ad
altra violenza, ma la violenza ultima, l'ultima parola della violenza58.
Pu forse essere prematuro ipotizzare tutte quelle forme di metamorfosi che ogni
immolazione costruisce intorno al capro espiatorio (mostruosit, identificazione come
individuo non appartenente al gruppo); ma certo che la ritrovata stabilit causata dalla
morte della vittima conduca la comunit non solo alla certezza della sua colpevolezza ,in
quanto fautore della crisi, ma anche alla sua trascendenza e potenza salvifica, in quanto
proprio la sua morte riporta la pace: La comunit si percepisce come del tutto passiva di
fronte alla sua vittima, che appare, invece, il solo agente responsabile della vicenda.59 La
creazione dell'ambivalenza del sacro trova qui la sua genesi.
Tale sequenza di eventi apparir sempre pi rozza ed elementare se risaliamo nel
passato, ma conserver tutta la sua efficacia: questo meccanismo deve esercitare a tutti i
livelli sulle rivalit gli effetti, curativi e preventivi analoghi, fatte le debite proporzioni, a
quelli esercitati mediante i divieti e i rituali pienamente umanizzati60. L'immolazione
vittimaria, dietro la spinta dell'ipermimetismo, si presenta cos come un perfetto
meccanismo sociale che permette di far esplodere le rivalit mimetiche in tutta la loro
grandezza, ri-direzionando tale potenza violenta su di un unico 'capro'; il linciaggio dovette
creare un effetto ben pi catartico di quello che si tenta di creare tramite la ripetizione
rituale: cessate le violenze, la crisi scompare, e la calma ritrovata.
Ristabilita una pace sociale, la terribile esperienza appena vissuta deve aver portato
ad una forma estremamente rudimentale di divieto, il quale non ha conservato la sua
efficacia: ma, lungi dall'estinzione, la nuova crisi non fa altro che riprodurre lo stesso
meccanismo, e ci non pu fare altro che bene per la comunit:
Possiamo concepire l'ominizzazione come una serie di stadi che permettono di
assoggettare intensit mimetiche sempre crescenti, separate le une dalle altre da
crisi catastrofiche ma feconde, perch fanno scattare di nuovo il meccanismo
fondatore e assicurano a ogni tappa dei divieti sempre pi rigorosi all'interno e dei
canali rituali, pi efficaci verso l'esterno.61
proprio in questa coazione a ripetere dell'assassinio collettivo che l'umanit
riuscito ad elaborare una doppia concezione di violenza: da un lato si trova la violenza
58
59
60
61
hobbesiana (che nasce dalla lotta di tutti contro tutti) sia quella di Locke (che nasce da uno
stato di natura fondamentalmente pacifico) fanno leva sulla razionalit dell'uomo: la
comprensione di una vita migliore porta gli uomini a diverse forme di vita associata, la cui
forma pu variare a secondo dei termini del contratto stipulato; quest'ipotesi, lungi
dall'essere appannaggio degli autori del pre e post illuminismo viene, in modo molto
sottile, delineata anche da Freud in Totem e Tab: nonostante la geniale intuizione
dell'omicidio fondatore, sono le costruzioni psicanalitiche (ed edipiche) che portano Freud
a ipotizzare un patto tra i fratelli, i quali comprendendo che senza i divieti paterni,
sarebbero ricaduti nella lotta generalizzata per le donne, riportano in 'vita' la figura paterna
attraverso i suoi divieti (divieto di cibarsi dell'animale totemico e divieti di unirsi alle
donne del gruppo)69.
Ulteriore confronto utile con queste tematiche quello con Burkert, il quale vede
nel fenomeno della caccia collettiva la pietra angolare sulla quale la struttura umana si
innalzata; anche in lui, vi la consapevolezza della pericolosit di questa attivit per la
pace sociale: l'autodistruzione dell'uomo a opera dell'uomo fu pertanto sin dall'inizio un
pericolo costante70. La problematica della violenza, similarmente a Girard e Lorenz, viene
risolta con un procedimento che espelle l'aggressivit all'esterno del gruppo, permettendo
inoltre di cementare i legami interni; ma la sua spiegazione appare in fondo ancora
macchiata di un'idea contrattualistica: la caccia collettiva viene presentata come un atto
basato su una notevole capacit di organizzazione e suddivisione sociale dei ruoli;
ipotizzare che essa abbia potuto portare alla soglia di ominizzazione riflette ancora una
forte valorizzazione della ragione. In fondo, appare molto pi legittima l'idea che la societ
sia formata spontanemente e casualmente, e non sia un frutto maturo e consapevole come
pu essere l'atto di un'assemblea costituente.
Senza dover chiamare in causa Girard, possiamo gi muoverci verso una critica del
contrattualismo, in quanto pone un'eccessiva razionalit e cognizione: la sola evoluzione
graduale del cervello non pu spiegare l'emergenza di divieti e regole; in questo,
allontanandoci dall'ipotesi strutturalista, possiamo tranquillamente ricordare Freud, il quale
postulava come prima forma sociale il divieto (dal quale segue la regola), in quanto esso
dissuade dalla violenza e dai conflitti, permettendo una pace interna: solo dalla stabilit
69 La ricostruzione freudiana non cos semplice: accanto alla soluzione razionale emerge anche il
risvolto psicologico, che egli stesso definisce obbedienza retrospettiva : prendendo le mosse dalla
coscienza di colpa del figlio, crearono i due tab fondamentali del totemismo, che proprio perci
dovevano coincidere con i due desideri rimossi del complesso edipico. (S. Freud , Totem e Tab, cit., p.
166).
70 Burkert, Homo necans, p. 32. (Cfr. G. Mormino, Il confronto con l'Altro., cit., p 222).
25
II
Etologia
1.1 Mimetismo e Violenza: Girard e l'etologia
Tra le diverse sottigliezze che l'ipotesi girardiana dell'ominizzazione illumina,
l'attenzione che l'autore dedica all'etologia di particolare interesse. Lo studio dei
comportamenti animali, soprattutto nel campo relazionale, si presenta come una feconda
fonte di spunti riflessivi, aprendo una finestra impossibile da ignorare proprio per un'ipotesi
che a detta dello stesso Girard si inscrive in una cornice evoluzionistica: dipingere
l'uomo come un ente estraneo e dunque superiore all'ordine e alle leggi naturali, non
pu fare altro che produrre ipotesi viziate nella forma fin dalla partenza: come il pensatore
francoamericano afferma la presente ipotesi ha di superiore il fatto di eliminare tutte le
false specificit dell'uomo78. Girard segue il consiglio spinoziano, per cui l'uomo non deve
essere pensato come un dominio all'interno di un dominio79; in termini evolutivi, solo
attraverso il raffronto con l'affascinante verit etologica l'antropologia pu pensare in modo
adeguato l'origine della cultura umana, fattore necessariamente interno all'evoluzione della
specie, sviluppatosi come modello comportamentalesociale in grado di dominare le
violenze intra-specifiche. L'uomo un membro della famiglia dei primati ed in quanto tale
il suo comportamento pi profondo trova qui le sue radici: condividiamo molto pi di
quanto si tenda ad ammettere con il resto delle scimmie antropomorfe (scimpanz, bonobo,
gorilla ed oranghi) ed il loro studio si presenta un'ottima risorsa per tentare di comprendere
in una via non riduzionista non solo perch essi agiscano in un certo modo, ma anche
per rileggere in modo nuovo noi stessi. E' necessario per un avvertimento: proprio come
noi, anche le scimmie antropomorfe si sono notevolmente evolute rispetto a quel ceppo
comune da cui anche i nostri antenati dovettero svilupparsi 80, e dunque, osservare
78 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., pp 116-117.
79 B. Spinoza, Etica dimostrata con metodo geometrico, III Prefazione, trad. it. a cura di Emilia Giancotti,
Pgreco edizioni.
80 Gli scimpanz moderni, [..] sembrano essersi mantenuti pi simili al nostro comune progenitore. Sarebbe
tuttavia un errore assumere che i primi esseri umani fossero molto simili agli attuali scimpanz
semplicemente perch assomigliavano pi a loro che all'uomo moderno. A tutti gli effetti, gli esser umani
e gli scimpanz sono separati da dodici milioni di anni di evoluzione[..]: un lasso di tempo abbastanza
lungo per produrre profondi cambiamenti.(Craig B. Stanford, Scimmie cacciatrici, cit., p. 27). Tale
ammonimento , estremamente utile e calzante, viene posto al termine di una lunga riflessione sull'utilit
dell'osservazione dei primati, in quanto fungono da modello analogico di confronto: tramite le
integrazioni di quello che sappiamo grazie alle diverse discipline sulle condizioni anatomiche,
ecologiche ed ambientali sui primi uomini, possiamo attingere dal comportamento dei primati per quel
che concerne le relazioni sociali.
28
l'evoluzione e il modo di rapportarsi che tali affascinanti animali ci offrono di fatto molto
utile, non solo per comprendere quali siano le spinte comuni le forze naturali ed
ancestrali che condividiamo con loro (dandoci un aiuto nel pensare a cosa sia realmente
frutto della nostra societ, e cosa invece sia pi recondito e radicato in noi) ma anche
perch, mancando del tutto l'osservazione primaria dei nostri antenati, possiamo
compensare tali lacune osservando modelli sociali utili per compiere analogie sulle
modalit di relazioni che anche i nostri antenati condividevano; l'osservazione delle diverse
trib e societ umane, viene cos affiancato ad un interesse riguardante altri animali non
umani, dando notevole peso al mimetismo, all'aggressivit, alla violenza e, naturalmente,
alla sua risoluzione.
Quest'ammirevole tentativo di Girard, viene espressamente fatto nel tentativo di
superare l'ottusit dell'etnologia strutturalista, la quale incapace di situare la cultura su
uno sfondo naturale si chiuse nella sua nicchia disciplinare, tagliando confronti produttivi
con la tradizione etologica, la cui utilit per la comprensione umana d'importanza
capitale: l'autore del desiderio mimetico a definire la sua ipotesi come un tentativo di
combinare etologia ed etnologia81. Aperto il dialogo tra questo due discipline, Girard
intende mostrare le caratteristiche peculiari dell'uomo, identificando uno sfondo comune (e
cio l'imitazione) che condividiamo con il resto dei viventi, ma anche indicando la
peculiarit: l'ipermimetismo! La differenza capitale, secondo Girard, non riguarda
l'essenza, e cio una tipicit appartenente solo all'uomo che lo eleva ai vertici della 'scala
dell'essere', quanto piuttosto l'intensit dell'imitazione, fattore presente in tutto il regno
animale: stiamo dunque parlando di una leggera differenza fisiologica, che per ha
nell'ipotesi girardiana l'aspetto di una leva fondante; l'ipotesi tenta di vedere il comune
tra l'uomo e l'animale,accantonando l'antropocentrismo umano, con la consapevolezza di
non essere altro che una specie tra le altre, la cui storia evolutiva ha condotto a determinati
traguardi; Girard traccia un percorso di ominizzazione muovendo dallo sfondo animale, ed
eliminando i fattori espressamente gi umani frutti della cultura82: un'ipotesi come quella
Per un'interessante chiarificazione sul nostro passato ancestrale, e sulle riflessioni tecniche riguardanti il
confronto tra lo studio dei primati e quello umano, Cfr Craig B Stanford, Scimmie cacciatrici.
81 R. Girard , Origine della cultura, cit., p. 67.
82 A tal proposito, va notato che Girard, criticando la tradizione etologica, giunge a identificare una rottura
tra l'uomo e l'animale , definendo quindi la nostra specie come altro: l'autore parla infatti di 'salto
fondamentale' (Cfr. R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 73); questo alterit non per una condizione
di partenza, quanto una conseguenza inevitabile determinata dalla nascita della cultura; Girard definisce
infatti il capro espiatorio come un elemento che fece aumentare esponenzialmente le dimensioni del
cervello umano, generando la specie simbolica. Rispetto a questa posizione, molti autori nel campo
dell'etologia tendono a smussare tale 'rottura', definendo un maggiore senso di continuit. Un interessante
punto di vista, sono gli scritti di Ian Tattersall: egli tende a dipingere l'evoluzione umana (e non solo)
come un processo che funzioni per rotture. In una sua intervista, egli afferma che la documentazione
29
freudiana di Totem & Tab, per quanto interessante, stata definita da molti autori come un
circolo vizioso, postulando una nozione di 'padre' che invece dovrebbe spiegare83 .
In quest'indagine, com' da aspettarsi, l'attenzione di Girard si sofferma in primo
luogo sull'imitazione. La mimesis , secondo Girard, il motore fondamentale delle
dinamiche desiderative umane, ma non per questo si presenta come un appannaggio della
nostra specie (soprattutto se pensiamo che l'aggettivo usato per l'imitazione appunto
scimmiottare): la mimesi di appropriazione che determina il comune, infatti un dato [la
mimesi di appropriazione] che gli animali hanno in comune con gli uomini84. Oggi pi che
mai, l'imitazione oggetto di un'attenzione davvero sorprendente: i progressi delle
neuroscienze nello studio dei neuroni specchio hanno portato molti studiosi
all'osservazione dei primati, nella ricerca di verit analoghe, ed importante ricordare che
la scoperta dei celebri neuroni fu fatta in primo luogo nei macachi reso; la quasi
complessit degli studi verte molto per non dire unicamente su un'imitazione positiva e
pedagogica, fattore che determina riflessioni sociologiche incentrate sulla cooperazione e
sull'altruismo85; Girard non nega certo questo frangente, bens, seguendo le intuizioni
riguardo al desiderio mimetico umano in quanto genesi del conflitto, nota come In certe
specie la propensione a imitare e quella che chiamiamo l'indole rissosa, litigiosa,
costituiscono evidentemente una sola e identica cosa; si ha a che fare con la mimesi di
appropriazione86.
Casi di imitazione vengono effettuati in moltissimi casi: l'etologo Lee Dugatkin,
studioso dei pesci arcobaleno, giunse ad ipotizzare che la scelta dei compagni fatta dalle
femmine di questa specie sia basata sul principio 'io voglio quello che vuole lei': Una
femmina di pesce arcobaleno corteggiata da due maschi finisce per associarsi a uno dei due
mentre un'altra femmina segue l'intero processo da un acquario contiguo. Quando la
seconda femmina voyeuse viene posta in presenza degli stessi maschi per vedere quale
dei due preferir, ella segue la scelta della sua compagna87.
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fossile mostrava l'evidenza di un cammino con interruzinoi e periodi di assenza di cambiamento (Cfr.
http://cultura-nuova.blogspot.it/2012/09/evoluzione-intervista-ian-tattersall.html).
Cfr Lvi-Strauss, Le strutture elementari della parentela, trad. it. di Alberto M. Cirese e Liliana Serafini
Feltrinelli, Milano 1972, p. 629.
R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 116.
Solo per citare un esempio, Frans de Waal, noto primatologo, incentra i suoi studi su scimmie
antropomorfe e non mettendo in luce l'importanza dell'empatia, della cooperazione e sull'altruismo,
lasciando solo alcune traccie di studi sulla violenza. Nell'uomo, lo sviluppo delle capacit cognitive
fondamentali per la cooperazione implica d'altro canto nuove esigenze sociale , tra cui la crescente dose di
aggressivit.
Ivi., p. 117.
Frans de Waal, Naturalmente buoni, cit., p 96. Nelle pagine seguenti , de Waal propone una serie di studi
nei quali viene studiato il mimetismo e l'imitazione in molti pesci e molluschi.
30
assolutamente come un fatto diabolico [..] bens come uno strumento essenziale
dell'organizzazione di tutti gli istinti per la conservazione della vita 99; proprio questo
l'atteggiamento che Girard condivide.
un
comportamento di difesa effettuato dal branco per contrattare e difendersi dai predatori:
bovini e maiali domestici si spingono fino ad attaccare i lupi che minacciano il branco;
anche la celebre reazione critica, viene posizionata sotto l'albero dell'aggressivit: con
l'impossibilit di scappare e 'le spalle al muro' , molti animali reagiscono con una vera e
99 K. Lorenz, L'aggressivit, cit., p. 85.
100 Ivi, p. 61.
101 Ibid..
102 Ivi., p. 62.
103 C. Darwin, L'origine della specie, cit., p. cap 3.
104 K. Lorenz, L'aggressivit, cit., p.61.
33
propria lotta disperata contro un predatore che impedisce ogni via di fuga (a questo tipo di
combattivit si fa risalire anche la difesa dei cuccioli da parte di alcune madri). Entrambi
questi atteggiamenti incidono sulla fitness della specie, apportando quindi notevoli vantaggi
evolutivi: ognuno dei combattenti raggiunge col suo comportamento un evidente
vantaggio, e deve raggiungerlo nell'interesse della conservazione della specie. Anche
l'aggressivit intra-specifica, l'aggressivit nel vero e stretto senso della parola, svolge una
funzione di conservazione della specie105.
rivolge contro la conservazione della specie stessa; perch si sviluppano delle forme
naturali che difficilmente sono risultati da forme adattive rispetto all'ambiente? Questo
accade ogni volta che esclusivamente la concorrenza fra gli appartenenti alla stessa
specie, senza rapporto con l'ambiente extra-specifico, a condurre la selezione 114. Proprio
come nel caso del cervo, l'eccessiva aggressivit umana di cui ci parla Girard, pu essere
definita come un fattore poco comprensibile in una logica unicamente evolutiva (in quanto
non va a vantaggio della sopravvivenza della specie): in realt, proprio il contrario, in
quanto, proprio perch dotato di una tale dose di aggressivit l'uomo si vide costretto a
ricorrere a forme rituali, senza le quali, la violenza l'avrebbe sterminato, come molte altre
specie prima di lui. La nostra cultura viene letta come un risultato dell'elevata competizione
generata da un eccessivo mimetismo:
Ma soprattutto pi che probabile che l'intensit distruttiva della pulsione
aggressiva, tuttora un male ereditario dell'umanit, sia la conseguenza di un
processo di selezione intraspecifica che ha agito sui nostri avi per circa
quarantamila anni, ossia per tutto il paleolitico superiore. Quando l'uomo ebbe
conquistato le armi, i vestiti, e un principio di organizzazione sociale, per cui
pot superare i pericoli della fame, del freddo e del venir mangiato dai grossi
animali feroci, e questi pericoli cessarono di essere i fattori essenziali a
determinare la selezione, deve aver avuto inizio una maligna selezione intraspecifica115.
ragione di affermare che i dominance patterns svolgono un ruolo analogo a quello di certe
differenziazioni e suddivisione talvolta gerarchiche, anche se non sempre, nelle societ
umane; si tratta di incanalare i desideri in direzioni divergenti e di rendere impossibile la
mimesi di appropriazione117. Nelle sue riflessioni sulle funzioni dell'aggressivit, Lorenz
nota l'importanza del principio gerarchico, la cui estensione fra le diverse specie animali
conferma l'enorme utilit evolutiva che esso apporta. Questo principio serve per arginare la
lotta fra i membri di una comunit, proprio come le societ umane tenteranno di fare
attraverso riti e divieti; fondata e generata dalla violenza, questa gerarchia non pu
eliminare del tutto la pulsione aggressiva, in quanto la sua stessa presenza genera
un'inevitabile tensione tra chi sta pi in alto e chi sta pi in basso: gli animali sono
ambiziosi, in tal senso118. Possiamo quindi affermare che una delle funzioni sociali
dell'aggressivit la stabilizzazione e la regolamentazione dei rapporti interni! Una
dominazione come quella degli scimpanz viene sovente descritta come tirannica: il
maschio dominante presente, attraverso le sue dimostrazioni di forza impone la sua
precedenza , ad esempio, durante le sedute di alimentazione, oltre che nel caso dei rapporti
sessuali: nel caso dei babbuini e dei macachi, la gerarchia viene definita sempre pi
verticale, mancando diversi atteggiamenti di 'condivisione' che invece gli scimpanz, per
quanto brutali, possono mostrare119. L'aggressivit che impone un esemplare al vertice della
gerarchia, ha come risultato anche un'autorit di un certo tipo per cui, l'animale alfa diviene
il modello120 verso cui tutti osservano: lui da l'allarme, lui viene ascoltato e imitato! 121 Il
singolo individuo o il gruppo dominante appare come il centro degli sguardi del
gruppo: il 'modello' diviene ovviamente oggetto d'imitazione. La cosa interessante da
117 R. Girard, Delle cose nascoste, p. 118.
118 Molto suggestive, a riguardo, sono le diverse tecniche 'politiche' che gli scimpanz utilizzano nei loro
intricati e complessi giochi di potere. (Cfr. Frans de Waal, La politica degli scimpanz, Bari, Laterza,
1984 ).
119 E' bene notare, che definizioni di 'societ gerarchiche', 'maschio dominante' sono di fatto mezzi per
comprendere determinati atteggiamenti: nel caso della maggior parte degli studi etologici, tali definizioni
appaiono molto povere, in quanto non tengono in conto la reale complessit delle relazioni sociali
studiate: non si fa altro che definire uno schema con cui confrontarsi, proprio come nel caso della teoria
girardiana, una teoria che mantiene toni generali, ma non per questo da ignorare.
120 Credo sia molto adeguato usare la terminologia girardiana di ' modello' anche nel caso degli animali:
questo non lascia presupporre una completa identit fra i comportamenti delle specie diverse, ma
permette un ottimo confronto analogico, soprattutto nella descrizione dei nostri antenati nel loro decorso
di ominizzazione.
121 L'imitazione avviene soprattutto nei confronti dei membri di alto rango; un esperimento di M. Yerkes
dimostro tale tendenza: venne insegnato ad uno scimpanz di basso rango ad estrarre delle banane da un
congegno appositamente costruito; il risvolto sociale fu interessante: gli esemplari di rango superiore gli
sottraevano le banane, senza osservare il modo di ottenerle dalla scatola; solo quando gli addestratori
insegnarono ad un maschio di alto rango a usare il congegno, il resto del gruppo lo imit. Ancor pi
evidente il caso dei babbuini, nei quali vi un vero e proprio 'senato' coordinatori di ogni operazione
del branco.
37
notare , che non sempre viene fatta vedere dagli etologi che l'imitazione verte su tutti gli
atteggiamenti ed i comportamenti degli animali dominanti, esclusi i comportamenti di
appropriazione122. Il punto che preme sottolineare a Girard, dunque, che tra le diverse
aree su cui verte l'imitazione, vi sono 'campi' in cui essa totalmente vietata, ma solo se
sono presenti fisicamente gli esemplari dominanti: ne consegue che le rinunce imposte dai
dominance patterns non sono un risultato del disinteresse per gli oggetti vietati! I
subordinati rinunciano palesemente a ci che viene considerata esclusivo appannaggio dei
superiori123! Questo dimostra non solo un notevole interesse nei confronti di quegli oggetti
prioritari per il 'modello', ma conferma inoltre che l'imitazione porta gli individui a
desiderare tutti le stesse cose; sempre Goodall ci descrive la 'fila' per accoppiarsi con Flo, e
il mancato interesse verso altre femmine pi giovani; notare che Flo, veniva 'perseguitata'
da Goliath e David, i due maschi di rango maggiore 124. Ironicamente, proprio questo genera
notevoli atteggiamenti machiavellici da parte dei subordinati, i quali spesso devono
aspettare che il maschio gerarchicamente superiore se ne vada, per poter esempio
prendere una banana non vista da esso: se dovesse prenderla subito, egli se ne
impadronirebbe; oltre ogni immaginazione, sconvolgente la scoperta delle sottili
manipolazioni attuate da un giovane maschio, Figan, utilizzate per nutrirsi delle banane
nascoste su un albero che solo egli individu; infatti quando infatti uno scimpanz, durante
una fase di riposo, si alza e si allontana, crea una tendenza mimetica, per cui tutti,
lentamente lo seguono; sfruttando questo meccanismo, il giovane fece allontanare tutti,
ripresentandosi all'accampamento dopo poco, mangiando tranquillamente tali banane; la
costanza di tale atteggiamento dimostr la sua intenzionalit e la sua premeditazione125!
Questa straordinaria gerarchia, dissuadendo i conflitti intraspecifici, in grado di
creare una notevole coesione sociale, nella quale l'imitazione completamente direzionata
verso forma positive, prendendo forma dall'animale modello, il coordinatore 'generale' del
gruppo: lui che determina l'atteggiamento del gruppo, che da il segnalo dell'attacco o
della fuga ecc.126.
122 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 118.
123 Diversi studi, sia sui macachi sia sugli scimpanz, diedero spessore scientifico all'espressione quanto il
gatto non c', i topi ballano: gli esemplari subordinati copulavano con femmine di rango superiore nel
caso dei macachi, mentre nel caso degli scimpanz vengono compiute manovre per attirare in disparte
una femmina: addirittura, nei babbuini, stato documentato un'intenzionale (cos possiamo presumere)
limitazione
sonora
delle
urla
durante
l'accoppiamento.
(Cfr.
http://www.lescienze.it/news/2013/02/14/news/tradimento_e_nella_societ_dei_babbuini-1506763/)
124 Cfr. J. Goodall, L'ombra dell'uomo, cit., cap 7.
125 Ivi., pp. 112-113.
126 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p.119.
38
imitare anche il maschio alfa nella pesca, ma non vedremo usurpare la precedenza nel caso
dell'alimentazione.
Questo non vuol dire che i conflitti siano assenti nelle societ animali; cambi di
gerarchia non mancano, tutt'altro; spesso infatti un maschio giovane 'minaccia' o manca di
rispetto al maschio dominante, inaugurando cos una serie di continue affermazioni di
potenza, le quali possono portare a lotte cruente. Lo scontro e l'aggressivit negli animali ci
permette cos di approfondire il discorso riguardante l'uomo. Fattore che determina il
vertice della gerarchia principalmente la forza: l'esemplare di rango pi elevato si
dimostra come il pi forte; la supremazia viene ribadita con pompose dimostrazioni di
potenza, atte a spaventare ed intimorire gli avversari, che solitamente si esibiscono in
azioni di sottomissione, atte a dimostrare subordinazione; gli scimpanz, ad esempio,
affermano il loro dominio assumendo modificazioni fisiologiche aggressive (pelo irto,
emettono urla) e attuando una carica urlante, accompagnata da lanci di qualunque oggetto
gli capiti a tiro (spesso i cuccioli, non in grado di capire l'imminente carica, vengono usati
come rami da lanciare..); queste cariche risultano sempre pi intense e frequenti nel
momento in cui sono presenti individui che minacciano la posizione dell'esemplare di
rango pi elevato, che si atteggia in modo minaccioso per sancire il suo dominio; quando
questo avviene, l'esemplare 'sfidante' pu fuggire impaurito, affermando cos la sua
inferiorit, oppure pu rispondere caricando a sua volta, esibendo cio la sua potenza.
Queste cariche hanno valenza dimostrativa ed assumono quasi un carattere 'rituale':
nell'etologia, la maggior parte degli scontri cruenti viene preceduto da tali gesti, con fini
unicamente dimostrativi; si parla di 'lotta rituale', il cui scopo appunto la misurazione
della potenza dell'avversario: quando, un esemplare inizia a intaccare gli ambiti vietati
dalla gerarchia, il maschio dominante reagisce cercando di marcare il suo dominio; nel caso
degli scimpanz, infatti, durante le cariche, un maschio fa come se dovesse attaccare, senza
per terminare in un attacco vero e proprio; solo queste cariche possono dimostrarsi
efficaci nella definizione del pi forte. Lorenz, parla di questi combattimenti come veri e
proprie 'prove di forza', in modo che agisca laselezione del pi forte, senza che venga
sacrificato o anche semplicemente danneggiato uno degli individui 129; presso la famiglia
dei teleostei (pesci) si osservato un particolare rituale che precede lo lotta vera e propria: i
due pesci che si 'sfidano', mordendosi reciprocamente la bocca, non fanno altro che
misurare le proprie forze senza danneggiarsi a vicenda (in quanto le mascelle dei due pesci,
129 K. Lorenz, L'aggressivit, cit., p. 159.
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essendo corazzate, non ricevono un vero danno dalla mascella di un altro esemplare):
questa prima fase non altro che l'avvisaglia del vero scontro cruento, che non
necessariamente scoppia: la fase preliminare assolve ad un compito, in quanto il rivale pi
debole pu rinunciare in base alla forza percepita durante il 'prendersi per la bocca':
infatti la dimostrazione di sottomissione il vero interruttore che genera il cambio di
gerarchia, a prescindere che lo scontro ci sia stato o no! Durante le sue osservazioni al
fiume Gombe, Goodall pot osservare un cambio di gerarchia privo di combattimenti
cruenti: Mike, in grado di usare delle latte metalliche durante le cariche, si dimostrava
sempre pi aggressivo e Goliath, divenne lentamente sempre pi impaurito dal
quell'esemplare sempre pi forte e minaccioso, tanto che il cambio di gerarchia si defin
senza una lotta vera e propria130! A questi atti di 'ribellione' accennati, si osservano risposte
di sottomissione, in quanto sono le dinamiche comunicative a sancire l'ordine: l'individuo
che rifugge lo scontro, prostrandosi in segno di sottomissione o semplicemente fuggendo
impaurito, dimostra la sua inferiorit e, di contrasto, la superiorit dello sfidante;
riaffermato il suo dominio, il vincitore stabilisce l'ordine turbato, creando ancora una serie
di atteggiamenti, la cui imitazione porterebbero ad una sensazione di affronto e, quindi,
di minaccia del potere, a cui seguirebbe una manifestazione di forza.
Non sempre, per, le cose vengono risolte pacificamente: quanto pi la tensione
cresce, in concomitanza con l'acuirsi del ritmo delle minacce rituali, tanto pi lo scontro
vero e proprio si avvicina. Dobbiamo in primo luogo notare che i duelli, nella maggior
parte dei casi, non terminano con la morte degli sfidanti; lo scontro per quanto cruento
possa apparire finisce con la vittoria di un esemplare, il quale sancisce il suo dominio e la
sua maggior forza: dopo questa affermazione di superiorit, la lotta non continua, in quanto
lo scopo dello scontro finalizzato a 'mettere al suo posto' (o scalzare) l'avversario: solo
l'uomo sembra essere dominato da un desiderio di torturare e umiliare qualcuno su cui ha
gi dimostrato la propria superiorit131.
130 Cfr. J. Goodall, L'ombra dell'uomo, cit., cap 10.
131 A. Storr, L'aggressivit nell'uomo, cit., p. 125. Interessante soffermarsi un attimo su quest'affermazione:
la causa che Storr individua come genesi di tal comportamento, la maggiore capacit di identificazione
dell'uomo nel suo avversario che, insieme all'empatia e all'altruismo (capisco la sofferenza in X e allora
lo aiuto) porta anche alla crudelt! De Waal ipotizza un rapporto di proporzionalit diretta tra capacit
cognitive e capacit di identificazione, osservando soprattutto le conseguenze positive; lui e Girard
appaiono entrambi su due poli opposti: chi pone la totale attenzione all'empatia, chi alla violenza! A
difesa di Girard, possiamo affermare che in lui vi una consapevolezza dell'empatia, fonte di
collaborazione sociale e altruismo, ma vi una centralit della violenza proprio a causa del silenzio che
ruota intorno ad essa; secondo il critico letterario, proprio durante le crisi mimetiche, scatenate da un
ipermimetismo, si ha la scomparsa dell'empatia! In casi di crisi 'sociali' anche nel caso di molti animali si
possono osservare tensioni, in cui la collaborazione viene meno: Jane Goodall ci descrive lo strano
41
di pacificazione o
avevano gi il carattere d'inibizione verso membri deboli del gruppo (il babbuino , per
esempio, mostra al vincitore le natiche eseguendo gli stessi movimenti che le femmine in
calore compiono per attirare la copulazione: con la monta del vincitore si ha la
riappacificazione). L'esistenza delle inibizioni favoriscono la fitness e la sopravvivenza:
Se una razza vuole sopravvivere, non pu permettersi di andare in giro massacrando i
propri simili. L'aggressivit specifica va quindi soppressa e controllata e quanto pi potenti
e feroci sono le armi di una specie particolare per uccidere la preda, tanto pi forti devono
essere le inibizioni a servirsene per risolvere le controversie tra rivali.[..] Le specie che
hanno mancato di obbedire a questa legge sono estinte da tempo136.
Non sempre, per, le inibizioni funzionano in modo adeguato: pensare agli animali
come macchine che reagiscono in modo istintivo a degli stimoli esterni significa assumere
un atteggiamento estremamente riduzionista; il fatto che spesso lo scontro non sia mortale,
non nega un possibile esito contrario , ed il racconto riportato da de Waal, in cui l'alleanza
tra due maschi di scimpanz port prima alla castrazione e poi all'uccisione del maschio di
rango elevato, ne un terribile esempio137; (da notare che questa azione avvenne ai danni di
un esemplare particolarmente geloso in campo sessuale: possibile che la forza del
desiderio eccessivamente bloccata, dovette portare ad un alto livello di violenza
parossistica?).
Si giunge dunque alla differenza peculiare in campo di violenza: la violenza umana
si traduce in uno scontro mortale e omicida, cio in forme violente che non vengono
placate da segnali d'inibizione o di sottomissione, ma che eccitano se stessi in modo
cronico e parossistico, contagiando coloro che osservano! La cultura, secondo Girard, si
fonda su un omicidio che conclude un'escalation di omicidi, generati da vendette e controvendette anch'esse violente. Come Girard giunge a questa effettiva e radicale differenza tra
noi ed il resto del mondo animale? Potrebbe infatti sembrare che l'ipotesi sia caratterizzata
da un pregiudizio di fondo riguardante l'uomo, l'unico essere vivente eccessivamente
sanguinario e violento; in realt, diverse sono le vie attraverso cui la violenza pu diventare
facilmente incontrollabile138.
136 D. Morris, La scimmia nuda., cit., p. 171.
137 Nella colonia di scimpanz di Arnhem, per esempio, nel corso di una lotta per i privilegi sessuali e per
li potere un maschio venne castrato e ucciso da altri due maschi coalizzati (Cfr. F. de Waal,
Naturalmente buoni, cit., p. 54.)
138 Leggere Lorenz molto affascinante e proficuo, ma possiamo scorgere un leggero errore riguardante le
sue riflessioni sull'aggressivit: il suo modello pulsionale (criticato come 'sciacquone Lorenz') prospetta
una vera e propria scarica dell'aggressivit su determinati bersagli, finita la quale, la pulsione si placa;
se tale discorso pu avere una coerenza nel caso della pulsione sessuale, nel caso della violenza si pu
43
sempre pi ad una violenza sanguinaria: se quindi il tal maschio alfa reagisce attaccando lo
sfidante, possiamo ipotizzare una lotta che non si configura come un semplice duello, ma
una vera lotta che dilaga a livello collettivo grazie al propagarsi del mimetismo!
Una delle prime perplessit che potrebbe sorgere pensare ad animali che si
vendicano e, dunque, che provano risentimento nei confronti di altri individui; si potrebbe
pensare, in fondo, che tale dinamica sia troppo umana140 per essere appartenuta a degli
ominidi, o ad altri animali; se prendiamo questa replica seriamente, la soluzione di Girard
al problema dell'ominizzazione diventerebbe, a mio avviso, un po' pi debole: si dovrebbe
infatti supporre uno scontro tra due individui, che per coinvolge molti esemplari solo sulla
base della semplice imitazione. In realt, possiamo allontanare tranquillamente tale dubbio,
osservando cosa avviene in altre specie. Gli esempi migliori, in questi casi, derivano dagli
scimpanz, caratterizzati da una politica sempre pi complessa ed affascinante: molti
individui sono in grado di formare vere e proprie alleanze, determinate sia dalla parentela
che da rapporti che possiamo definire di amicizia; la capacit di mantenere il potere o di
rovesciarlo si basa in gran parte sulla capacit di avere dalla propria parte un buon
numero di alleati, e questo avviene attraverso la distribuzione di favori, di cure e di aiuto
reciproco: in molti casi osservati, la semplice presenza di un amico genera molta fiducia
negli individui; non solo, in vista di un amico in difficolt, molti individui si aggiungono
alla lotta141. De Waal, ci racconta che nel momento in cui un celebre maschio dominante
vide un giovane piuttosto turbolento compiere cariche dimostrative per minare il suo
potere, egli, sapientemente, raggrupp i suoi 'alleati' attraverso una seduta di grooming
collettivo, aspettando il momento opportuno per ridimensionare la sua spavalderia con una
punizione collettiva142. Durante momenti molto tesi, inoltre, gli scimpanz sono sempre in
140Estremamente accattiva una citazione di Lorenz, per obiezioni come queste: Intendiamoci, anche se uso
queste espressioni io non voglio umanizzare gli animali: occorre soltanto tenere presente che il
cosiddetto troppo umano quasi sempre un pre-umano, qualcosa quindi che comune a noi e agli
animali superiori. Credetemi, io non proietto per nulla qualit umane sugli animali, anzi, faccio proprio il
contrario, mostrando quanto sia ancor forte e profonda l'eredit animale nell'uomo. (Cfr. K. Lorenz,
L'anello di Re Salomone, cit., pp. 70-71).
141Improvvisamente David corse per un certo tratto incontro a Mike e immediatamente Goliath lo
raggiunse aggiungendo a quello dell'amico il proprio furibondo richiamo. Mike comincia ad esibirsi,
partendo alla carica attraverso la radura contro un altro gruppo di maschi che urlando fugg ma poco dopo
si un a David e Goliath che stavano ancora urlando. A un certo punto vi erano cinque grossi e potenti
maschi, compreso il capo di un tempo, Goliath, contro uno solo. Nuovamente Mike part alla carica
attraverso la radura e all'unisono, con David alla testa, gli altri gli furono dietro. Mike, questa volta
gridando, si precipit su un albero seguito dagli avversarsi (Cfr. J. Goodall, L'ombra dell'uomo, cit., p.
135-136).
142un maschio alfa pu ricevere una sfida decisiva da un maschio pi giovane, che scaglia sassi verso di lui
o fa una dimostrazione impressionante di un attacco, con tutti i suoi peli ritti, avvicinandosi un po' troppo
al boss. Questo un modo per valutare il sangue freddo del capo. I maschi alfa esperti ignorano
45
cerca di rassicurazioni e questo determina ulteriori momenti per crearsi alleati e sostenitori;
ovviamente, le alleanze si osservano anche nelle fila dei maschi intenti a rovesciare la
gerarchia, ed interessante notare che Non inconsueto che uno scimpanz dominante
metta alle corde un compagno qualche tempo dopo un confronto in cui quest'ultimo,
insieme a un certo numero di altri individui, gli si era contrapposto 143; questo chiaro
esempio di vendetta solo uno dei numerosi casi di vendette premeditate da parte degli
scimpanz. Interessante il caso dei macachi, la cui rigidit sociale comporta diverse
modalit di azione: quando un individuo di rango pi basso subisce un torto da un
individuo di rango maggiore, pu sfogare la frustrazione su un individuo di rango a lui
inferiore, e solitamente, la vittima scelta mostra legami con il molestatore: tutto ci che
pu accadere che si formi un'alleanza in difesa del bersaglio pi giovane, dando luogo ad
una faida144. Date queste osservazioni, possiamo facilmente ipotizzare che tali dinamiche
'politiche' avvenissero anche presso i nostri progenitori, semplicemente differendo per
intensit e sottigliezza machiavellica: non viene difficile per immaginarsi una vera e
propria lotta fra diversi 'gruppi', ingenerata proprio da uno scontro tra due diversi
esemplari, tanto pi che, come molti studi dimostrano, nei momenti che precedono gli
scontri, i maschi tendono a richiamare gli alleati con urla e con le braccia. Definita
probabile la dinamica della vendetta diventa molto pi sensata l'ipotesi girardiana della
lotta di tutti contro tutti: le diverse dinamiche vendicative e collettive della violenza,
facilmente portano ad una possibile aggressivit ingenerata e continua, proprio come quella
che dovette caratterizzare gli uomini in via di ominizzazione.
Ancora una volta, il fattore distintivo dell'uomo una violenza implacabile
determinata da una mimesis cos intensa da far prevalere la dimensione conflittuale a livelli
praticamente assenti nella vita quotidiana dei nostri cugini nella scala evolutiva; tale furia
'omicida' che ci caratterizza, in realt una conseguenza 'fisiologica' ad un cervello pi
sviluppato, che ricade in una spirale di conflitti mimetici insopportabili per i dominance
patterns!
totalmente questo chiasso, come se neppure se ne accorgessero, dopo di che si prendono tutto il tempo
necessario per praticare il grooming ai loro alleati prima di lanciare una controffensiva pi tardi nel corso
della giornata. (F. de Waal, Il bonobo e l'ateo, cit., p. 186)
143F. de Waal, Naturalmente buoni, cit., p 203. Cfr anche F. de Waal, Il bonobo e l'ateo , cit., p. 160: Gli
scimpanz compiono anche rappresaglie. Se hanno perso uno scontro contro un gruppo di altri scimpanz
che si sono alleati, possono aspettare la giusta occasione per pareggiare il conto. Se incontrano uno degli
altri da solo, senza l'appoggio dei suoi compari, lo aggrediscono immediatamente[..]. Per lo pi per, uno
scimpanz sconfitto da un gruppo di quattro aspetta fino a quanto uno dei suoi aggressori sta perdendo
contro qualcun altro: questa l'occasione perfetta per unirsi alla rissa e rendere pi gravosa la sconfitta del
suo vecchio nemico.
144 F. de Waal,, Naturalmente buoni, cit., p 205.
46
innocua creatura onnivora che manca di armi naturali (fisiche) con la quali ammazzare una
grossa preda, e che manca quindi anche di quei meccanismi di sicurezza incorporati che
vietano ai carnivori professionisti di abusare del loro potere fatale per distruggere
compagni di specie149.
L'ipermimetismo un carattere sviluppatosi lentamente, insieme alla crescita del
cervello (per questo la situazione umana - e non in fase di ominizzazione - definita da
Girard come caratterizzata da desideri eccessivamente mimetici) e l'aggressivit cronica
nell'uomo una conseguenza di tutti questi fattori, tutti determinanti a favorire la
violenza150! Nel corso dell'ominizzazione, l'uomo dovette divenire tanto pi abile a gestire
le risorse e l'ambiente in cui vive, fattore che da un punto di vista evolutivo ha portato
ad una selezione dominata da dinamiche interne al gruppo sociale, grazie ad una maggiore
competizione! Attraverso le armi artificiali, che determinano il crollo delle inibizioni, e
l'ipermimetismo, che invece innesca dinamiche desiderative eccessivamente potenti,
abbiamo i due fattori che condussero l'uomo all'omicidio fondatore, cio a ridirezionare
della pulsione aggressiva (redirected activity) verso un altro oggetto che non ha suscitato la
pulsione, ma che finisce per assorbirne gli effetti, in modo da evitare di colpire soggetti
vicini e cari; tutto ci genera un sistema culturale la cui funzione nient'altro che sostituire
la gerarchia animale generando divieti analoghi a quelli animali che impediscono il
mimetismo. Il meccanismo vittimario assolve inoltre alla risoluzione di un dubbio che
divideva etnologie ed etologi: ci sono sempre delle forme sociali fondate gi sulla mimesi,
anche tra gli animali, ed esse devono crollare, colpite da crisi mimetiche, perch appaiano
delle forme nuove e pi complesse, fondate sulla vittima espiatoria151.
2.2 Risoluzione attraverso il capro espiatorio: ri-direzione dell'aggressivit e legame
I continui scontri, non potendo terminare nelle consuete gerarchie, minacciano la
sopravvivenza del genere umano proprio al suo albore. La risoluzione si trova nel secondo
149 K. Lorenz., L'aggressivit , cit., p. 302.
150A tal proposito, le riflessioni di D. Morris ne La scimmia nuda risultano molto suggestive: secondo
l'autore, durante il periodo di ominizzazione, l'uomo dovette gestire dosi di aggressivit sempre crescente,
in quanto, all'aggressivit territoriale che deriva dall'assunzione di un tipo di vita sedentario, si deve
aggiungere l'aggressivit 'gerarchica' che deriva dalla nostro retaggio di primate; in aggiunta, la nuova
formazione 'familiare' che egli immagina, acu notevolmente le tensioni all'interno del gruppo, a causa
della 'gelosia' dei maschi per il possesso delle singole femmine. Non concordando completamente con la
ricostruzione che l'autore fa del processo di ominizzazione, credo per che tale definizione in campo di
aggressivit abbia una valenza rilevante. (Cfr. D. Morris, La scimmia nuda, cit., cap V- La lotta.)
151R. Girard, Delle cose nascoste, p. 125.
48
pilastro dell'edificio teorico girardiano, l'ormai noto meccanismo del capro espiatorio, in
grado di convogliare tutte le tensioni e pulsioni violente su di un unico bersaglio,
riportando cos la pace. Girard definisce tale processo come una metamorfosi
dell'imitazione, che da mimesi d'appropriazione diviene mimesi di antagonismo; la mimesi
di appropriazione quell'insieme di comportamenti che possono degenerare in una crisi
mimetica, conseguenza terribile della convergenza di molti desideri esasperati su di un
unico appiglio; immaginiamo una crisi sempre pi cruenta e parossistica, nella quale il
mimetismo evidentemente oltre al limite 'normale' conduce alla cancellazione
dell'oggetto del desiderio, che si mostra come un mero espediente per lo scontro: ci che
rimane in seno alla comunit il conflitto sanguinario in quanto tale. La comunit si
deforma in una massa indistinta di doppi e di antagonisti, nella quale la potenza mimetica
di appropriazione trova il suo sfogo direttamente sugli individui, bersagli della violenza pi
sanguinaria: Per la mimesi l'unico campo di possibile applicazione sono gli stessi
antagonisti. Si produrranno allora, in seno alla crisi, delle sostituzioni mimetiche di
antagonisti152. La divisione suscitata dalla mimesi d'appropriazione, che porta al conflitto
per il possesso di un oggetto, diviene mimesi di antagonismo la quale riunisce facendo
convergere due o pi individui su un identico avversario che vogliono tutti abbattere153.
Come sappiamo, il conflitto mimetico dilaga e si propaga come un'epidemia, per cui, se la
mimesi d'appropriazione su un oggetto si spande esponenzialmente in una societ di
imitatori, allo stesso modo dovremmo immaginare il dilagare della mimesi d'antagonismo
su di un unico bersaglio, che diviene lentamente il centro gravitazionale delle attenzioni;
pi gli sguardi mirano ad un oggetto, pi esso viene osservato e desiderato: alla stregua, pi
un singolo antagonista diviene il doppio mimetico, pi si configura come il centro delle
pulsioni aggressive: arriver necessariamente il momento in cui l'intera comunit si
ritrover raccolta contro un individuo unico. La mimesi dell'antagonista suscita dunque
un'alleanza di fatto contro un nemico comune e la conclusione della crisi, la riconciliazione
della comunit, non consiste in nient'altro154. La mimesi di antagonismo pu essere letta
come quel meccanismo che permette la metamorfosi di una violenza 'cattiva' perch
dilania e spezza la societ in una violenza 'buona' che riunisce grazie al sacrificio di un
unico bersaglio, la cui morte permette di drenare via dalla comunit tutti gli antagonismi e
tutte le divisioni. Pu essere proficuo interpretare questo meccanismo del capro espiatorio
come un processo di ri-direzione dell'aggressivit: per ri-direzione, intendiamo un'azione
152R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 44
153Ibid.
154Ibid.
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che trova uno sfogo pulsionale ai danni di un oggetto che non la causa scatenante di detta
pulsione; in questo caso, la violenza che ognuno esercita su un determinato bersaglio viene
a polarizzarsi su di un unico individuo, che funge da vero e proprio parafulmine: non era lui
ad aver suscitato inizialmente la reazione violenta, ma lui a subirne le conseguenze,
permettendo un adeguato sfogo pulsionale e, d'altro canto, non richiamando in causa
ulteriore violenza.
A destare sorpresa, l'effetto conciliatorio di questo processo: infatti, se la mimesi
d'appropriazione divide in modo netto il gruppo, la mimesi d'antagonismo riunisce tutti
contro un unico bersaglio, generando cos per quanto cruento possa sembrare una
comunit solidale e di nuovo in pace: Una volta che la mimesi d'appropriazione
oggettuale ha compiuto la sua opera di divisione e di conflitto, si trasforma in mimesi
dell'antagonista che tende invece a raccogliere e unificare la comunit155. Il linciaggio
genera si una comunit di assassini complici, ma proprio questa complicit che determina
la fine delle violenze, il ritorno della pace, oltre che la cooperazione e l'aiuto reciproco.
Tutto questo processo pu essere considerato sensato per dei gruppi pre-umani? In
fondo, l'ipotesi girardiana trae le sue fondamenta da osservazioni di gruppi sociali gi in
possesso di una cultura, la cui origine viene posta in un passato ancestrale, per venir
presentata contemporaneamente come origine dell'uomo stesso; in fondo tale processo
induttivo e genealogico potrebbe essere capzioso, in quanto postula alla base dell'uomo
processi non validi per un gruppo di ominidi non ancora 'culturali'. Per conferire maggiore
credito all'ipotesi del capro espiatorio, ancora una volta, l'etologia permette interessanti
delucidazioni. Quale altro ruolo possiamo assegnare all'aggressivit? Pu davvero una
violenza che dilania la societ polarizzarsi su un'unica vittima, creando una societ di
assassini solidali ed uniti? E' davvero possibile fondare un legame solidale su un omicidio?
Nelle sue acute pagine relative all'aggressivit, l'etologo austriaco Lorenz dimostra in modo
eccellente il nesso tra aggressivit e amicizia, postulando in modo innovativo la pulsione
aggressiva come condizione sine qua non lo sviluppo di un vero rapporto sociale sarebbe
impossibile! Per vincolo si pu definire quel tipo di legame che tiene unite due
individualit156 e che, in una determinata societ, pu ramificarsi tra i diversi membri,
creando un gruppo in cui l'aiuto reciproco e la cooperazione fungono da norma, come
accade negli animali sociali. Lungi dall'essere solo un male, l'aggressivit diviene l'asse
155R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 45.
156Nelle riflessioni di Lorenz, la centralit dell'individualit fondamentale: in schiere anonime, come
banchi di pesci, il vincolo non si concretizza, mancando la possibilit di un rapporto tra due individualit.
50
occhi molto di pi la sua funzione e il suo simbolismo che non la sua origine (Cfr. K Lorenz,
L'aggressivit, cit., p 231).
169K. Lorenz, L'aggressivit, cit., p. 239.
54
personale: il legame che unisce due oche che si salutano con il giubilo trionfale viene
sancito da un preventivo e precedente attacco ai danni di un membro esterno alla coppia: il
'rimedio sovrano' che le Eumenidi cantano in Eschilo, evoca appunto pace all'interno della
polis attraverso l'odio verso i nemici173 ! Questo modulo comportamentale, secondo Lorenz,
un classico esempio di adattamento convergente174 in quanto, sebbene in forma pi
complessa, si pu osservare in differenti specie, uomo compreso! Ed ecco, secondo Girard,
qual' stata l'acutezza di queste osservazioni: notare non solo la capacit di 'scaricare' una
violenza verso un membro 'esterno' al gruppo (nel caso delle oche si parla di coppia), in
modo che tale pericolo non dilaghi all'interno di esso, ma soprattutto fondamentale la
funzione consolidatrice che tale azione determina! Se il vincolo nasce da un'aggressione
comune, la lettura della societ umane che da Girard generata cio da una comunit che si
avventa su una vittima trova la sua forma primigenia in diversi animali! Questo
meccanismo sembra [..] il primo abbozzo del futuro meccanismo vittimario proprio nel
suo ruolo di forza idraulica che tende a scaricare l'aggressivit interdividuale su terzi175.
La vittimizzazione dunque un modulo comportamentale la cui forma non
esclusivamente umana, ma , in forme diverse, si trova in molti animali: forse azzardando,
possiamo parlare di 'proto-forme di vittimazzione' o di un meccanismo vittimario
istintivo176: la soluzione vittimaria non pu far altro che attingere a moduli
comportamentali, in fondo gi presenti nel funzionamento di tutti gli organismi viventi, i
quali non necessariamente assumono forme diverse, a causa delle novelle esigenze
umane, i quali 'ridisegnano' tendenze gi esistenti177. Tali suggestioni permettono di
spiegare la socialit e il ruolo catartico che l'omicidio fondatore ha negli uomini: l'atto di
convogliare l'aggressivit interspecifica di un dato gruppo contro un elemento esterno (o un
elemento interno percepito come esterno) crea una forte coesione nel gruppo stesso e
potrebbe essere una delle ragioni per la quale le societ primitive ricorrevano all'omicidio
rituale: per rafforza i legami sociali178.
173Prego che in questo paese / non s'oda il fragore, / del Dissidio, goloso d'angoscia. / Non s'imbeva la
polvere / di bruno sangue: spasimo / di perdizione morte a saldo di morte - / a desolare la terra. / Festosa
corrispondenza d'affetti, / in cara armonia d'intenti / e , nell'odio, cuori che si fondono in uno: / Cos sia!
Ecco il rimedio sovrano Cfr. Eschilo, Eumenidi in Orestea, Milano , Garzanti, 1991, p. 257.
174Cfr. K. Lorenz, L'aggressivit, cit., p. 275.
175R. Girard, Origine della cultura, cit. p. 71.
176In La pietra dello scandalo, Girard definisce il meccanismo del capro espiatorio come una fonte di
buone mutazioni biologiche e culturali (Cfr, R. Girard, La pietra dello scandalo, trad. it. A cura di
Giuseppe Fornari, Adelphi, Milano 2004, p. 126).
177Allo stesso modo anche la gerarchia umana si ridisegna sulla base di una gerarchia animale, venendo per
modellata attraverso la potenza di ogni singolo. La soluzione che vede Girard, lascia presagire un'ideale
politico basato su gerarchie e differenze ben radicate: tale lato conservatore di Girard (pi o meno voluto)
deriva da un'idea di crisi descritta come crollo delle differenze.
178R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 72.
56
vero discrimine che negli animali sociali mancherebbe, la dimensione totalitaria che
invece il linciaggio umano avrebbe, unanimit derivata dall'ipermimetismo; per quanto
riguarda questa unanimit, sono convinto che le dinamiche riferenti le vendette e 'faide' tra
scimpanz precedentemente esposte permettano una notevole prova a favore di una
partecipazione che sfiori la dimensione collettiva, o che almeno la renda plausibile;
presento qui due resoconti molto suggestivi: invocare la totale unanimit una
conseguenza logica se si segue il percorso logico tracciato dall'iperimitazione umana. Uno
dei resoconti pi stupefacenti descrive una seduta di pasto di alcuni bonobo, durante la
quale un esemplare maschio diviene particolarmente molesto nei confronti di una madre
con accanto il suo cucciolo 'colpevole' del tentativo di toccarlo; la reazione del gruppo fu
stupefacente: scoppi un vero e proprio attacco collettivo e coordinato (che non si concluse
con un omicidio) compiuto con un'aggressivit e urla mai registrate in queste pacifiche
antropomorfe:
Volker salta su un ramo che regge Amy e il suo piccolo. Per un secondo la
femmina sembra perdere l'equilibrio ma poi conserva una salda resa e spinge
Volker via dal ramo. Il maschio salta a terra, seguito da Amy che lancia urli
furibondi. La discesa dall'albero di Volker e Amy scatena un pandemonio,
poich altre femmine e maschi adulti saltano gi dall'albero e in pochi secondi
la foresta si trasforma in un campo di battaglia. La scena in gran parte
occultata dalla densa vegetazione, ma il rumore spaventoso prodotto agli urli dei
bonobo indica che questa non una finta battaglia, bens uno scontro
furibondo. 184
Pensare ad un'azione collettiva, che comporti un intervento di tutti i membri della
comunit, non dunque una realt cos impensabile; in fondo, soprattutto nel caso delle
antropomorfe come bonobo e scimpanz, molte dinamiche politiche sono dominate da una
vasta rete di alleanze che s'intersecano sotto le righe di una precisa gerarchia185; non
bisogna dimenticare che , nel vortice dei conflitti per la dominanza, gli scimpanz vengono
sostenuti dagli esemplari femmine e spesso sono proprio questi sostegni ad esser l'ago della
bilancia; nel caso dei bonobo, inoltre, sono proprio le femmine a porsi in una posizione
maggioritaria rispetto ai maschi (si parla infatti di 'sorellanza'). Interessante la descrizione
del comportamento di Jimoh, maschio alfa della colonia di Arnhem che inizi ad inseguire
Socko una femmina in modo particolarmente aggressivo; quest'ultima, inizi a gridare e
mostrare ghigni di paura:
Prima che l'alfa riuscisse nel riuscisse nel suo intento, parecchie femmine che
184Cfr. G. Hohmann, B. Fruth , Is blood thicker than water?, in Among African Apes pp. 61-67.
185E' qualcosa in cui molti primati eccellono: nella competizione interna, la loro arma pi potente
l'alleanza di due parti contro una terza. (F. de Waal, Naturalmente buoni, cit., p. 222).
58
come un moderno maestro del sospetto egli da luce ad osservazioni concernenti realt
cruente, sanguinarie (e per tanto non sempre studiate), giungendo a dipingere l'uomo, i suoi
desideri e la sua origine privilegiando quell'insieme di aspetti che non ci elevano
moralmente, tutt'altro; l'uomo girardiano, questo primate ipermimetico, si caratterizza
molto pi vistosamente come assassino: pensare alla totalit della nostra cultura come nata
da una serie e molto lunga di omicidi a danni di innocenti, pu essere scomodo; le sue
teorie trovarono una forte resistenza, soprattutto mancando dirette prove di questo omicidio
e di questa concezione sacrificale; ecco perch, nei testi girardiani, uno degli elementi
basilari, senza il quale la teoria non terrebbe, la concezione del misconoscimento o
mconnaissance188: l'omicidio reale fondatore, oscuro segreto celato dietro ogni mito e rito,
viene sottilmente (pi o meno bene) cancellato attraverso le pi diverse strategie narrative,
travisando il racconto, ad esempio, lasciando intendere che una vittima 'cada' da una rupe,
al posto che esserci spinto189. Questo processo di misconoscimento potrebbe giungere
anche ad intaccare l'ipotesi dell'ominizzazione, andando a mostrare l'insensatezza
dell'ipotesi sviluppata da Girard. Vi sono infatti alcune osservazioni che potrebbero indurre
addirittura ad ammettere la validit di tale l'ipotesi, solo con alcune correzioni, che per
quali cancellerebbero il peso delle reali intuizioni dell'autore.
In primo luogo, si potrebbe postulare una violenza fondatrice, se si aggiungesse ad
hoc un deterrente a favore della scintilla scatenante tale crisi: come dimostra la maggior
parte degli studi su animali in cattivit, uno dei fattori che fa degenerare la violenza
l'esponenziale crescita sociale di un gruppo: non serve scomodare l'etologia per capire che,
in casi di un sovraffollamento, il cibo diventi un bene sempre pi raro e che questo possa
portare ad un aumento esponenziale della violenza (sicuramente non inibito da un ambiente
compresso, dove i movimenti sono minori e lo spazio personale ridotto al minimo); diversi
studi sulle galline da uova (tenute in allevamento in cui lo spazio vitale era inferiore al
normale) certificarono casi di cannibalismo e automutilazioni. Anthony Storr, riprendendo
188Molto interessante il suggestivo suggerimento di Henri Atlan, il quale considera il misconoscimento come
un suppellettile inutile nella teoria di Girard, un 'rimasuglio' dell'influenza freudiana. (Cfr.
http://www.imitatio.org/thinkingthehuman/Papers_files/Atlandraft.pdf)
189 ne Il capro espiatorio che Girard sottolinea bene il processo di misconoscimento della violenza
all'interno dei miti: La volont di cancella le rappresentazioni della violenza governa l'evoluzione della
mitologia (Cfr. R Girard, Il capro espiatorio, cit., cap VII.). Secondo l'autore, si pu osservare un
processo che tende ad eliminare in primo luogo la dimensione collettiva della violenza, sostituita con un
azione individuale; in secondo luogo, quest'ultima violenza viene cancellata. Si compie cos
l'eliminazione di ogni traccia di queste tracce [e cio delle tracce dell'omicidio collettivo celato
inizialmente] (Cfr. Ibid., p.125).
60
diversi studi etologici190, ci conferma tale realt: Uno dei pochissimi catalizzatori che
fanno precipitare gli scontri tra animali della medesima specie sino ad un esito mortale
appunto una grande riduzione del territorio, riduzione che si verifica soprattutto tra gli
animali allo stato selvatico, quando smettono di funzionare, come ogni tanto accade, i
dispositivi automatici che regolano le nascite e le morti 191. In casi straordinari ed
eccezionali di sovrappopolamento, il livello di aggressivit tra gli individui compie un
balzo esponenziale, circostanza che pu sfociare in combattimenti mortali oppure in uno
sterminio dovuto a morbi di tipo epidemico 192; oltre che a casi di cattivit, questa
situazione pu scatenarsi anche in ambienti naturali, com' documentato per i conigli
selvatici, nei quali scoppia una rapida diffusione della mortalit a seguito di malattie che
si rivelano frutto della grave tensione insorgente nell'ambito della specie in
soprannumero193. In tutti questi casi anomali, si potevano osservare una crescita della
violenza a causa del 'crollo' dei livelli inibitori: tutti gli stimoli che innescano
l'aggressione e il comportamento di lotta intraspecifica subiscono un pauroso abbassamento
dei loro valori di soglia194.
Il sovraffollamento potrebbe essere una delle possibili cause collaterali che
porterebbero l'uomo ad una violenza ingiustificata, salvando dunque l'immagine dell'essere
morale, incolpando la sua tendenza assassina a cause esterne195; tale ipotesi diventa
suggestiva non appena si leggono diversi resoconti riguardanti casi di cannibalismo,
ipersessualit studiati in ratti e gatti; uno studio zoologico di P. Leyhausen, offre un
resoconto interessante da un punto di vista girardiano: Quanto pi affollata la gabbia,
tanto pi scarsa la gerarchia relativa. Alla fine emerge un despota, compaiono dei 'paria',
spinti alla frenesia e a tutti i tipi di comportamento nevrotico dai continui e spietati attacchi
da parte di tutti gli altri; la comunit si trasforma in una folla malvagia. 196. Crollo della
gerarchia, violenza incontrollata: tutte modificazioni caratteristiche dell'imminente crisi
mimetica che precede l'escalation delle vendette: nella sua opera di discernimento della
190Diversi studi riguardano gli ippopotami (R. Verheyen, Monographie tologique de l'hippopotame, Institut
des Parc Nationaux du Congo Belge, 1954), oppure di studi in giardini zoologici, dove non solo la
grandezza limitata del territorio fa aumentare la dose di aggressivit, ma anche perch impedendo la fuga,
l'esemplare dominante giunge all'omicidio.
191Anthony Storr, L'aggressivit umana, cit., p 51.
192Ibid.
193Anthony Storr, L'aggressivit umana, cit., p. 52.
194 K. Lorenz, L'aggressivit, cit., p. 96.
195Si pu ricordare, ad esempio, la risoluzione che Rousseau da al problema della teodicea: per
salvaguardare la bont dell'uomo, e l'esistenza di un Dio misericordioso, la malvagit viene vista dal
ginevrino come conseguenza della vita in societ. (Cfr. J.J. Rousseau, Lettera sulla provvidenza).
196P. Leyhausen, The communal organization of solitary mammals, in Symposia of the Zoological Society of
London, 1965, pp.249-263. La citazione presente in R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 85.
61
mitologia, sia le epidemie, sia il crollo delle differenze erano avvisaglie del
misconoscimento mitologico, atte a celare la crisi mimetica. Secondo Girard Se questa
ipotesi sui meccanismi di risposta a situazioni di stress potesse essere estesa agli ominidi
avremmo una prova di quel genere di comportamento deviante tipico della frenesia
dionisiaca.[..] Dioniso un altro nome per il parossismo tipico delle crisi sociali in cui
emergono motivi e strutture etologici.197. Tutte queste situazioni di stress nel caso degli
animali, determinando l'insorgere di tendenze riconducibili alla spirale mimetica,
potrebbero dare ulteriore credito alla definizione di una crisi mimetica che sia in realt una
crisi di sovraffollamento; durante carestie, epidemie o catastrofi, le nostre societ mostrano
il loro volto sempre meno nobile: basti pensare ai resoconti europei riguardanti le epidemie
di peste.
Un'ipotesi piuttosto suggestiva quella che appare sotto questa prospettiva: se in casi
di sovrappopolazione o di situazioni estreme di stress, i meccanismi animali reagiscono con
forme sempre pi simili al meccanismo del capro espiatorio, perch non ipotizzare che
l'uomo possa essersi dilaniato durante una carestia o un'epidemia, e fu proprio dalla societ
in rovina che le gerarchia animali crollarono definitivamente, portando ad un'inevitabile
violenza incontrollata e, dunque, dall'emergere del meccanismo vittimario? Che la peste
tebana dell'Edipo re sia una realt e che, in un secondo momento, scateni la crisi mimetica?
In questo caso, la rottura radicale che port all'umanit non viene giustificata da
un'uccisione suscitata da una violenza scoppiata e dilagata senza una ragione (o meglio, la
ragione il mimetismo), bens la lotta interna, conclusasi con l'immolazione di un
innocente, fu una conseguenza del crollo di una gerarchia definita a causa di continue morti
epidemiche?198 Discorsi come questi postulano una causa esterna che, come conseguenza,
condurrebbe ad una crisi sociale e mimetica; il sovraffollamento pu benissimo essere una
conseguenza, da un lato di un brusco cambiamento ambientale che, in concomitanza con un
maggiore sviluppo cerebrale, permise all'uomo condizioni di vita migliori: anche Darwin
notava che ogni specie aumenta progressivamente199, e questo faceva esplodere il
meccanismo della selezione degli individui pi adatti; la crescita esponenziale di una
197 R. Girard, Origine della cultura, cit., pp. 85-86.
198Quest'ipotesi non deve sembrare priva di senso: durante le epidemie di peste, ogni regola sociale ed
altruista sembrava svanire; che l'uomo nei momenti delle catastrofi faccia emergere da se delle spinte
egoistiche, tristemente noto anche nell'odierno 'sciacallaggio' verificatosi proprio in seguito alle
devastazioni compiute dai terremoti.
199Darwin in L'origine della specie, postula una variazione ad aumento geometrico di ogni specie, ognuna
delle quali dotata di meccanismi per 'limitare' la crescita delle nascite; ma in casi in cui le condizioni di
vita sono state favorevolissime e quindi [..] vi stata una minore distruzione dei vecchi e dei giovani e
che quasi tutti i giovani si sono potuti riprodurre allora un aumento esponenziale possibile. (Cfr C.
Darwin, L'origine della specie, cit., p. 71).
62
determinata specie in una nicchia ecologica fa scatenare una densa selezione intraspecifica, in quanto le capacit adattive di detta specie gli permettono un comodo
adattamento ecologico. Pensare che l'uomo primitivo, grazie alle sue abilit potesse
sfamarsi pi facilmente, proteggere la prole con mezzi migliori e dunque condurre la vita in
maniera ottimale, potrebbe giustificare un aumento esponenziale del gruppo sociale; a ci,
segue un caso di sovraffollamento, e cio un caso in cui la crisi sociale attende la sua
manifestazione.
L'essenza di quest'ipotesi si misura nella determinazione di una causa esterna come
ragione della violenza umana: se sensato ammettere che la mancanza di risorse, generate
ad esempio da un sovraffollamento, o di un crollo gerarchico a causa di un brusco
cambiamento ambientale, possa costituire un deterrente per lo scoppio della violenza,
secondo Girard nemmeno la scarsit di beni sufficiente a spiegare le forme
straordinariamente complesse e ritualizzate che la violenza assume nel mondo umano: tale
sovrappi fa tutt'uno con il sovrappi di mimetismo legato all'accrescimento del
cervello200. Postulare un catalizzatore esterno nell'ipotesi girardiana, significa operare un
fraintendimento dell'ipotesi nella sua completezza: Girard elabora un sistema concettuale
estremamente coerente e complesso, che trova nel mimetismo la sua pietra angolare:
proprio l'elevata dose di mimetismo a permettere lo scoppio della violenza, ma bisogna
ricordare che anche la risoluzione trova la sua possibilit nell'imitazione eccessiva; in
secondo luogo, l'ipotesi si propone di osservare l'evoluzione umana come sviluppatasi da
dinamiche interne al gruppo e alla capacit di gestire la violenza201; essendo un animale
molto abile nell'adattamento, e con un cervello gi piuttosto elevato, l'unico modo per
giustificare un aumento cerebrale cos intenso lo studio delle dinamiche intra-specifiche,
le quali hanno agito da pressione selettiva sulla forma di tale massa cerebrale; la suggestiva
ipotesi di Robin Dunbar202 mostra il rapporto tra complessit sociale ed evoluzione
cerebrale: l'evoluzione cerebrale divent un'esigenza per dominare e risolvere problemi di
approvvigionamento e problemi di organizzazione sociale, di rapporti di parentela e cos
via203; secondo Girard, fu per la capacit di gestire la violenza incontrollata ad essere
200G. Mormino, Il confronto con l'Altro, cit., p. 218.
201A tal proposito, alcuni studi di casi si sovraffollamento di scimpanz, dimostr che i casi di aggressione
non aumentarono di molto; la cosa che mut fu l'intensit delle 'zuffe', mentre per la frequenza non si
notano eccessivi mutamenti; venne dimostrata una tendenza maggiore nel risolvere i conflitti attraverso il
grooming, una sorta di continuo tentativo di 'calmare' la situazione, chiaramente percepita come
maggiormente tesa. (Cfr. F. de Waal, Naturalmente buoni, cit., pp. 255-256)
202Cfr. R. Dunbar, L. Barret, J. Lycett, L'evoluzione del cervello sociale, ed. it. a cura di F Rossi, Espress
Edizioni.
203 R. Girard, Origine della cultura, cit., pp. 84-85.
63
l'araldo del genere umano. Sono le dinamiche sociali, nella loro complessit, che
determinarono la nascita della cultura; ad esse che Girard riconosce il peso maggiore
nelle sue riflessioni che, fondandosi sulla teoria mimetica, si mostrano in grado di
comprendere i fattori esterni, ma senza esserne dominati. Delineando tali riflessioni, pu
essere proficuo osservare in che modo Girard s'inserisca in un'ottica evoluzionistica, e di
che tipo essa sia.
64
III
Evoluzione, Ominizzazione e Teoria Mimetica
3.1 Evolution Theory , Mimetic Theory: due teorie a confronto
Nell'ampia riflessione critica e dialogica sviluppatasi negli ultimi anni intorno al
pensiero di Ren Girard, una delle pi interessanti discussioni si focalizza sul rapporto che
lega la teoria mimetica (soprannominata MT) e la teoria evoluzionistica di Charles Darwin
(ET): tale raffronto conduce i sostenitori di Girard a definire la teoria mimetica come un
punto di svolta paradigmatica nel campo degli studi antropologici e sociologici, arrivando
ad investire l'autore con il titolo di 'Darwin delle scienze umane'204: come la teoria
dell'evoluzione ha riunito i biologi e i naturalisti, allo stesso modo la teoria mimetica dovr
riunire sotto di se tutti gli studiosi delle scienze umane 205. La teoria mimetica viene
paragonata da Dupuy206 ad una cattedrale eretta sul desiderio mimetico, il vertice
fondamentale di tutto l'edificio; accanto a questo, vi indubbiamente l'ipotesi del capro
espiatorio: questi due punti di forza vengono considerati le nuove lenti ermeneutiche per
indagare ed illuminare le realt umane, culturali e religiose, tanto da venir considerati
l'analogo della selezione naturale nel campo culturale 207. sul capro espiatorio e sul
desiderio mimetico che Girard ha costruito in molti anni la sua teoria, dipanando un unico
filo di pensiero, one long argument - mutando le parole di un grande rivoluzionario
britannico, Charles Darwin un solo lungo ragionamento che parte dall'origine del mondo
e si ferma sulla soglia del sentimento apocalittico208.
La vicinanza tra i due autori si focalizza, ovviamente, a livello teorico, le cui
strutture ed metodologie vengono spesso confrontate da molti studiosi dalle estrazioni
accademiche pi varie: il vivo interesse che si registra in tale direzione fu cos ampio che
204Un esempio, lo si vede qui: http://www.australiangirardseminar.org/?p=149. Nell'intervista, Scott Cowdell
definisce Girard The Charles Darwin of Human Sciences.
205Il vantaggio delle scienze biologiche era dunque visto dalla capacit di riunire sotto un unico vessillo le
diverse teorie sugli organismi, garantito dalla teoria dell'evoluzione. Elliot Sober afferma biologists
interested in culture are often struck by the absence of viable general theories in the social sciences. All of
biology is united by the theory of biological evolution. Perhaps progress in the social sciences is impeded
because there is no general theory of cultural evolution. (Sober 1994: 486) (Cfr.
http://www.imitatio.org/uploads/tx_rtgfiles/Rene_Girard_Fudamantal_Anthropo.pdf)
206J.-P. Dupuy, Mimsis e morphognse, in M Deguy e J.-P. Dupuy (a cura di) Ren Girard et le
problme du Mal, Grasset, Parigi 1982, p. 225.
207Inutile sottolineare qui che la teoria di Darwin sub dei mutamenti: la teoria dell'evoluzione tutt'oggi
sottoposta a diverse discussioni, stata arricchita grazie alle scoperte in diversi campi, ma bene
sottolineare che il principio fondamentale della selezione naturale non mai stato negato, vantando
dunque un valore di 'infallibilit' degna di nota.
208R. Girard, Origine della cultura, cit., introduzione, p. XVI.
65
teorico con cui si pu tentare di rendere conto della totalit delle diverse forme di vita,
muovendo da pochi ed essenziali fattori: il quid fondamentale della teoria dell'origine delle
specie viene racchiusa nello schema del 'corallo della vita' che spiega l'origine delle
differenti specie sviluppatesi da un punto di partenza: da esso dilagano nuove forme vitali
che, differenziandosi per fattori causali e contingenti, hanno potuto avere successo o meno;
come ormai noto, secondo il celebre naturalista, la selezione naturale agisce secondo un
insieme di variazioni casuali, e solo quelle mutazioni che risultano utili ed adatte
all'ambiente circostante possono trovare la sopravvivenza: modificazioni estremamente
leggere della struttura o delle abitudini di un solo abitatore spesso potranno dargli un
vantaggio sugli altri ed ulteriori modificazioni dello stesso tipo potranno, in molti casi
accrescere ulteriormente il vantaggio213; la posizione darwiniana, mettendo in primo luogo
questi fattori elimina l'esigenza di una spiegazione teleologica, identificando solo in alcuni
fattori casuali e contingenti la responsabilit del successo o dell'insuccesso delle specie
vivente214: Nella conservazione degli individui e delle razze favorite, nell'incessante lotta
per l'esistenza, noi individuiamo un agente selettivo potentissimo e sempre operante. [..]
Nascono pi individui di quanti ne possano sopravvivere. Una minima differenza di peso
sulla bilancia stabilir quale individuo debba sopravvivere e quale morire, quale variet o
specie debba crescere di numero e quale debba decrescere e giungere finalmente
all'estinzione215.
L'ipotesi di Darwin ed il principio della selezione naturale sono oggi una realt
ormai paradigmatica, nonostante l'impossibilit di falsificazione secondo la definizione di
Popper: la ET infatti un'ipotesi teorica, che, sulla base di osservazioni e comparazioni,
gioca la sua elaborazione a livello ipotetico; non pu porre in laboratorio gli elementi della
sua analisi, come non pu osservare direttamente il processo della nascita di diverse specie:
una delle vie privilegiate da Darwin fu la via analogica rispetto alla selezione domestica
compiuta dall'uomo, che mostrava senza ombra di dubbio che, in base ai capricci
dell'allevatore, si poteva selezionare un determinato carattere degli esseri viventi che si
stava allevando; sostituendo la mano dell'uomo con quella della 'natura', il principio della
selezione naturale prese forma: ancora una volta, bene sottolinearlo, questo non
supponeva alcun progetto dietro le varie forme di vita, ma semplicemente una serie di
213C. Darwin, L'origine della specie, cit., p. 85.
214Inutile dire che la teoria dell'evoluzione di Darwin estremamente pi complessa, senza considerare le
moltissime conquiste che in questi secoli l'evoluzione stata in grado di conquistare. Gi lo stesso Darwin
in L'origine dell'uomo e la selezione sessuale identifica una forte importanza anche a tale selezione, senza
cancellare la centralit di quella naturale; secondo Darwin, il motore principale ma non esclusivo la
selezione naturale, che , muovendo da mutazione casuali, determina chi riuscir a sopravvivere chi no.
215Ivi., p. 377.
67
veri e propri 'reperti fossili' della evoluzione culturale dell'uomo, e in cui in filigrana si
scorgono le tracce dell'assassino fondatore223.
In realt, proprio quest'ultimo punto uno dei temi pi delicati nella teoria
mimetica (forse anche pi della teoria dell'evoluzione, la quale trova ormai un'accettazione
praticamente universale, anche grazie alle conferme derivanti dalle altre discipline) la quale
si basa completamente sull'analisi delle diverse mitologie e degli studi antropologici sui
rituali di molte popolazioni: in teorie che indagano campi di questo livello, le prove dirette
vengono meno, ed in quanto tale le teorie devono essere valutate con criteri diversi, e
comunque la raccolta di dati fisici e culturali il punto di partenza per tutte le teorie
elaborate in questi campi224.
Nel campo metodologico e nella scelta delle prove, troviamo un ulteriore punto di
contatto tra le due teorie; se di prove dirette non dato di trovarne, nel caso della teoria
mimetica (e di molte altre teorie elaborate per le scienze umane) ad assumere una notevole
credibilit sono le prove indirette e circostanziali, le quali possono essere pensate come
indizi in un romanzo giallo225. Uno degli studiosi che tratta il tema in modo pi rilevante
Hocart che, nell'opera Kings and Councillors, dedica un'ampia riflessione alla questione
delle prove in relazione a tematiche antropologiche e religiose:
Esiste un malinteso diffuso, ma naturale, secondo il quale le prove dirette sono
necessariamente migliori di quelle circostanziali, e anzi, sono l'unico tipo di
prova veramente soddisfacente [..] . Le prove dirette non solo non bastano a dare
una spiegazione, possono addirittura suggerire quella sbagliata, perch
raccontano solo parte dei fatti, dando invece l'impressione di raccontare il
tutto226.
La validit delle prove circostanziali si pu riscontrare anche nel caso della teoria di
Darwin, la quale mise in primo piano un cranio fossile fino ad allora rimasto inosservato:
nel momento in cui la teoria, secondo la quale l'uomo discende da una forma semplice
precedente, ha assunto un'aura di verit, anche il fossile ha ricevuto la sua meritata
attenzione227. Fondamentali nel caso della teoria mimetiche, le prove circostanziali
223R. Girard, Origine della cultura, cit., introduzione pp. XVI-XVII.
224Ivi., p. 125
225Cfr. Ivi., p. 126.
226Per Hokart Cfr. R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 127
227Sempre Hocat, Il primo cranio di Gibilterra fu scoperto nel 1848 e pass praticamente inosservato.
L'origine della specie apparve nel 1859. Solo quando la gente si fu del tutto abituata all'idea che l'uomo
discendesse da una creatura scimmiesca il cranio fu riportato alla luce e proposto come anello di
congiunzione nella catena delle testimonianza probanti. Non fu certo la prova diretta dell'esistenza
dell'uomo-scimmia a convincere i biologi. Piuttosto, dopo essersi convertiti sulla base di testimonianze
comparative, si misero alla ricerca di una prova diretta che potesse confermare le loro deduzioni(Cfr R.
Girard, Origine della cultura, cit., p. 128).
70
vengono considerate da Girard altrettanto valide che quelle dirette, soprattutto grazie al
fatto che esse furono efficaci nel caso della teoria darwiniana, perch [..] come nella teoria
dell'evoluzione le prove circostanziali non solo siano state decisive, ma abbiano anche reso
possibile scoprire la prova diretta, che ai nostri occhi appare oggi cos essenziale. Lo stesso
accade per la teoria mimetica. Non esiste una prova diretta a sostegno dell'affermazione
apparentemente fantastica secondo cui l'omicidio fondatore reale e universale228.
Le pi importanti prove indirette che si possono presentare sono i miti ed i riti,
definiti come veri e propri fossili culturali, ed attraverso un'adeguata comparazione
universale che si pu giungere al meccanismo fondante di tutte le culture; traendo dalla
letteratura e dalla mitologia le prove, la teoria girardiana agli occhi dei pi sembra
perdere di credibilit, in quanto i racconti riscontrabili nelle diverse mitologie non
vengono considerati nemmeno come possibili distorsioni della verit 229; inoltre, anche
vero che l'enorme variet rende difficoltosa una classificazione univoca, la cui validit crea
spesso resistenze e critiche: da tempo, ormai, l'obiettivo di definire una teoria della nascita
della cultura abbandonata dall'antropologia230, che guarda con sospetto ogni tentavo che
non tenga in conto dell'ormai immensit di tutte le culture esistenti; non a caso, fra le molte
critiche mosse a Girard, spicca l'accusa di riduzionismo. Proprio come una teoria evolutiva
o una congettura paleontologica, si ricorre ai fossili ed alle ipotesi che, basate su
comparazioni e deduzioni, permettono un discorso di tipo genealogico-induttivo
dell'evoluzione culturale:
I riti sono senz'altro un po' come dei fossili culturali, e la prova pi importante
per la teoria mimetica la violenza rituale pi che i miti stessi. Il problema
rimane sempre quello di riempire i vuoti, di trovare una dizione complessiva,
una teoria come la teoria mimetica o il darwinismo nella quale le singole
testimonianze, siano esse fossili o riti, si incastrino come pezzi di un puzzle a
comporre una spiegazione assolutamente convincente del fenomeno in
questione231.
espiatorio, evitando che la violenza dilaghi. Girard shares the Durkheimian view that it is
impossible to understand the evolution of culture if we discount the emergence and the
evolution of religion as a distinctively human phenomenon. [..] For RG, as for Durkheim,
religion is the great matrix of all things cultural: initially, in its first beginnings, culture is
not distinct from religion239. L'acutezza sociologica girardiana pu benissimo essere
paragonata a quella di Rousseau del Il contratto sociale, nel quale egli in grado di vedere
verit simili sulla religione, attraverso la figura del mitico Legislatore (sconvolgente, in
entrambi i pensatori, il loro cambio di linguaggio quando ad essere sotto esame la
religione cristiana).
Interna al funzionamento naturale, la religione non si presenta come un ente
sovrannaturale (se non agli occhi degli uomini) ma come un semplice modulo
comportamentale endogeno, la cui funzione (che si rivela efficace) di controllare la
violenza, canalizzata interamente verso un singolo individuo. In un contesto delineato
dall'antropologia girardiana, l'animale uomo si trova immerso nel sangue della violenza
mimetica che, nel parossismo della crisi, si conclude attraverso il noto meccanismo
sacrificale: questo strumento, madre di cultura e religione, ha il ruolo adattivo tipico dei
'rituali animali' descritti da Lorenz, e cio ri-direziona tutta la violenza verso la vittima,
permettendo la sopravvivenza della specie, minacciata dall'escalation mimetica: La
religione ha un valore adattativo, di aumento della fitness della specie, ed ci che
differenzia gli esseri umani dagli altri animali, perch attraverso il sacrificio la religione
crea cultura e istituzioni240. La cultura viene quindi presentata come un principio di
organizzazione che, nata assolutamente in modo casuale, permette l'arrivo di un nuovo
ordine del gruppo sociale, garantendo la base della soglia simbolica, che come detto in
precedenza costituisce per Girard la tipicit dell'umanit; la teoria offers in this way to
account for the emergence of culture for endogenous reasons: i.e. finding their causation
not simply in the physical evolution of specific individuals within a given species, but
rather in the emergence of systemic group behaviour, which eventually andgradually
shapes the co-evolution of both the physical and the socio-cultural potentials of this given
species.241
Tramite quest'esplicazione, il meccanismo viene definito sia come un fattore
contingente, sia come un puro fatto meccanico (ancorch non deterministico) costruito da
239http://www.imitatio.org/uploads/tx_rtgfiles/Pre-symposium_Briefing.pdf
240R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 68.
241 http://www.imitatio.org/thinkingthehuman/Papers_files/Thinking%20the%20human.pdf
74
'interindividuale'.
Seguendo queste riflessioni forse utile soffermarsi sul concetto di selezione che
qui Girard propone, in primo luogo sulla suddetta selezione di gruppo. Nel moderno
dibattito sviluppatosi sull'evoluzione si vennero a sviluppare una serie di riflessioni volte a
rendere ancor pi complete la teoria darwiniana, fondata sulla selezione naturale, ma non
ancora completata: Darwin stesso affermava che la selezione naturale non era l'unico
fattore determinante, sebbene fosse il principale. Fra le tante difficolt che oggi la biologia
evolutiva tenta di sbrogliare, sorge il problema dell'altruismo, che, in termini di selezione
naturale appare paradossale: se ogni individui persegue il proprio interesse e la propria
conservazione, difficilmente si comprendono azioni come il 'sacrificio' per un altro
consimile, o per il bene del gruppo: spiegare tutto questo in termini di fitness si rivel
problematico; questa difficolt riflette in verit interessanti riflessioni sul concetto di
selezione individuale e non, permettendo un ripensamento della teoria evolutiva. Fra le
diverse teorie sviluppatesi a riguardo, si possono ricordare la teoria del gene egoista di
Dawkins proposta in ambito sociobiologico (teorie che vedono l'altruismo come un forma
di egoismo) oppure quella della selezione parentale che E. O. Wilson sostenne per
moltissimi anni; lui stesso in La conquista sociale della terra ci definisce in che modo tale
teoria spiegava i comportamenti egoistici e altruisti: la selezione di parentela, che avrebbe
creato a livello di gruppo una propriet denominata fitness inclusiva, stato un concetto
attraente, perfino allettante. Secondo questa teoria, i genitori, la prole, i cugini e gli altri
parenti collaterali sono legati indissolubilmente dalla coordinazione e dall'unit di intenti
resa possibile
dall'agire disinteressato degli uni verso gli altri 251; egli stesso fu un
sostenitore di questa posizione ma, in seguito ad una serie di modelli matematici e tentativi
sperimentali, tale concetto croll di validit e di coerenza 252. Una teoria che, invece, sembri
'sbrogliare la matassa' invece la selezione di gruppo (o selezione multilivello) la cui
forma generale era gi stata proposta da Darwin in L'origine dell'uomo:
Possiamo vedere che nei pi rozzi stadi della societ gli individui pi sagaci,
quelli che inventavano o usavano le migliori armi o stratagemmi, e che erano
maggiormente capaci di difendersi, potevano allevare un maggior numero di
figli. Le trib che comprendevano un maggior numero di uomini cos dotati,
potevano aumentare di numero e soppiantare altre trib253.
251E. O. Wilson, La conquista sociale della terra, cit., p. 61.
252Per una interessante rassegna di tali tematiche cfr. E. O. Wilson, La conquista sociale della terra, cit., cap
18.
253C. Darwin, L'origine dell'uomo, cit., pp. 111-112.
77
Secondo tale punto di vista, a fianco della selezione naturale che intercorre tra i
singoli membri di un qualsiasi gruppo nel quale vengono selezionati i singoli individui
con determinate mutazioni in grado di aumentare il successo riproduttivo dell'individuo si
posiziona un'ulteriore selezione, quella riguardante il gruppo sociale nel suo complesso
che riguarda invece la capacit di tale gruppo di riuscire a sopravvivere nel suo insieme, sia
nei confronti dell'ambiente, sia nei confronti di altri gruppi; il processo a doppia
influenza: quando un gruppo, nel suo insieme, possiede caratteristiche di adattamento
superiori alla medie delle caratteristiche degli individui che lo compongono, l'esistenza del
gruppo aumenta la fitness individuale. In tale direzione, come sostiene Wilson, facile
comprendere in che modo dei piccoli vantaggi che i singoli individui riescono ad avere
all'interno del proprio gruppo (come ad esempio una nuova invenzione) determinino una
lenta reazione a catena, per cui il vantaggio dilaga dal singolo al gruppo, la cui capacit di
soverchiare l'ambiente o eventualmente altri gruppi vicini ne aumenta notevolmente la
fitness. Questa teoria, non a caso definita selezione multilivello, viene vista da Wilson
come l'unico fattore che permette di spiegare i comportamenti eusociali, riscontrabili in
molti insetti 'sociali' e sorprendentemente anche nell'uomo: La via verso l'eusocialit era
tracciata sulla carta da una competizione fra la selezione basata sul successo relativo degli
individui all'interno dei gruppi contrapposta al successo relativo fra i diversi gruppi 254; una
conseguenza che pu passare inosservata la duplice influenza che tale processo pu
avere, in quanto, se vero che la fitness del singolo pu migliorare quella del gruppo,
anche vero che il processo diventa anche reciproco: In generale, prevedibile che la
competizione fra gruppi influenzer la fitness genetica di ogni membro [..] verso l'alto o
verso il basso. Una persona pu morire o restare invalida e perdere la sua fitness genetica
individuale come risultato di una maggiore fitness di gruppo durante, per esempio, una
guerra o sotto una dittatura spietata.255.
Come spesso capita, le potenti intuizioni girardiane vengono di fatto ignorate in
queste riflessioni intorno all'altruismo e allo sviluppo della cooperazione nei gruppi; la
posizione di Wilson molto proficua nel momento in cui ci permette di capire in che modo
una selezione di tipo individuale (come quella naturale definita da Darwin) possa
accompagnarsi ad un tipo di selezione a pi ampio spettro; nel campo della biologia la
questione in realt ancora aperta, lasciando irrisolta la problematica dell'altruismo; in
seguito al 'fallimento' del concetto di selezione di parentela, la selezione di gruppo appare
254E. O. Wilson, La conquista sociale della terra, cit., p. 21.
255Ivi., p. 63.
78
una teoria ancora debole; essa non riscosse mai molto successo, soprattutto perch molti
studiosi notano che la selezione naturale mantenga ancora una sua superiorit, riuscendo a
spiegare anche le dinamiche di gruppo; trascendendo tale questione, possiamo solo
riconoscere a Wilson un'ottima credibilit: che la selezione multilivello sia un buon
concetto, dimostrato anche dal fatto che Darwin aveva gi intravisto questa possibilit.
La selezione multilivello trova la sua applicazione anche nella riflessione di Girard;
come gi noto, il carattere tipico dell'uomo l'iper-mimetismo, ma non dobbiamo
dimenticare che tale fattore da associare ad una maggiore grandezza cerebrale;
proseguendo oltre a tale 'postulato' della teoria girardiana, credo sia possibile pensare
l'ipermimetismo come ad una casuale mutazione a livello mentale, collegata con un
aumento di taglia cerebrale: possiamo facilmente supporre il vantaggio che un singolo
individuo pu trarre dalla sua spiccata capacit d'imitazione (dovuta da una maggiore
ampiezza cerebrale); tale mutazione, com' sensato ipotizzare, deve essere stato un fattore
di superiorit selettiva, a favore della fitness individuale: l'esemplare ipermimetico, pi
audace e scaltro, riusc ad avere successo sugli altri esemplari, aumentando il numero della
prole e quindi aumentando il livello cerebrale del gruppo (a lungo andare), la cui diffusione
determina un maggiore fitness del gruppo; come dice Wilson i tratti (bersagli) su cui
agisce esclusivamente la selezione fra gruppi sono quelli che emergono dalle interazioni fra
i membri di ogni gruppo. Interazioni come la comunicazione, la divisione del lavoro, la
dominanza e la cooperazione nell'adempimento dei compiti comuni. Se la qualit di queste
interazioni favorisce la colonia che li utilizza rispetto alle colonie che utilizzano altre
interazioni o interazioni meno intense, i geni che prescrivono le loro prestazioni si
propagheranno nella popolazione di colonie con il passare di ogni generazione di
colonie256. Come gi definito in precedenza, dall'essere un pregio, la maggior dose di
imitazione diviene una minaccia quando diffusa a livello collettivo, sfociando ben presto
nelle violenze che, a loro volta, si concludono in un modello sacrificale salvifico per la
comunit che lo mette in pratica; riuscendo a gestire il surplus di mimetismo e di
cerebralizzazione, sventando la minaccia dell'autogenocidio, il gruppo sociale che in
grado di ritualizzare l'omicidio fondatore si trover in mano uno strumento che permette un
maggior successo su gruppi che non lo utilizzano, ma non solo: se il gruppo in grado di
sopravvivere in modo ottimale, tale maggior fitness ricade anche sui singoli membri, che
riscontreranno un maggiore sviluppo cerebrale grazie alla ritualizzazione (come si vedr
nel capitolo 4, viene visto da Girard come la scuola che permise la nascita del linguaggio).
256E. O Wilson, La conquista sociale della terra, cit., p. 186.
79
260Girard compie una riflessione sull'uomo, senza evidenziare tutta l'evoluzione che egli ha compiuto: in lui
vi una sorta di generalit, di schema, il quale 'ipotizza' un andamento sociale; proprio per questo
rimanda a Morin in Delle cose nascoste per una riflessione intorno a tutti questi aspetti. I gruppi preumani a cui pensa Girard sono dunque gi notevolmente evoluti, ma non hanno ancora avuto bisogno
della cultura.
81
reso possibile261.
incapace di comunicare con gli altri, creava immagini incomplete ed erronee dell'uomo
stesso:
Questa dualit antitetica uomo/animale, cultura/natura cozza contro l'evidenza:
evidente infatti che l'uomo non costituito di due parti sovrapposte, bionaturale l'una, psico-sociale l'altra, evidente che egli non attraversato da
nessuna muraglia cinese che separa la parte umana dalla parte animale[..]Cos,
la biologia era rinchiusa nel biologismo, cio una concezione della vita limitata
all'organismo, come l'antropologia nell'antropologismo, cio una concezione
insulare dell'uomo263.
Il fattore pi interessante della riflessione del filosofo della complessit, da questo
punto di vista della teoria di Girard, sicuramente la riflessione intorno ai sistemi autoorganizzatori, sistemi capaci di creare dell'ordine da una situazione di disordine (celebre la
formula 'order from noise'). Di cosa si sta parlando? La teoria della nascita della cultura di
Girard, si presenta come una teoria di stampo evoluzionistico, che pu essere compresa
totalmente solo se si arriva a concettualizzarla in termini di 'sistemi': il gruppo sociale deve
essere considerato un sistema vivente che non solo genera disordine, entropia (crollo nella
crisi mimetico-sociale) ma anche ordine ed organizzazione: attraverso il meccanismo del
capro espiatorio, i diversi gruppi gestiscono l'aumento di disordine, ed grazie a ci che
possono salvarsi, auto-organizzandosi, sempre sulla base delle spinte interne che
dominano ogni gruppo; questo movimento che dal disordine conduce all'ordine,
all'organizzazione, non una particolarit dei gruppi umani, ma un vero e proprio
principio fondamentale dei sistemi, sia artificiali che viventi: la grande differenza sta nella
capacit del sistema vivente di gestire una dose sempre maggiore di disordine, che va a
favorire un ordine nuovo, una nuova organizzazione sempre pi complessa (in termini
scientifici si parla di complexity from noise): qui che si gioca la grande differenza tra le
innovazioni cibernetiche ed elettroniche e l'essere vivente! Questo aspetto della riflessione
girardiana pu essere notevole e favorisce un ulteriore confronto tra le pi diverse
discipline; per usare le parole di Henri Atlan, : Having as little to do with phenomenology
as with essentialism, Girards thought is mechanistic in kind. From this point of view, he
himself wanted his theory to be a mechanistic theory of cultural evolution as Darwinism is
a mechanistic theory of biological evolution. I will try to show that this challenge was met
to some extent, especially when one considers current models of self-organization for
complex biological and other systems, including developmental and evolutionary
processes264. Quest'approccio tramite la teorie dei sistemi auto-organizzatori
263E. Morin, Il paradigma perduto, cit., pp. 20-21.
264http://www.imitatio.org/thinkingthehuman/Papers_files/Atlandraft.pdf
83
i quali non potrebbero essere correttamente descritti isolatamente muovendo dalle loro
propriet particolari266. L'apertura verso il basso diventa 'verso l'alto' nel momento in cui
tali modelli si dimostrano egualmente validi per i fenomeni psico-sociali e antropologici: i
principi teorici della cibernetica divennero applicabili in diversissimi campi, fattore che
provoc una visione del mondo legata al concetto di disordine, ordine e organizzazione;
come not Schrdinger , la vita significa tendenza all'organizzazione, alla complessit
crescente, cio alla negazione dell'entropia. [..] il paradosso dell'organizzazione vivente,
il cui ordine informazionale che si costruisce nel tempo sembra contraddire un principio di
disordine che si diffonde nel tempo267. Questo paradosso non fa altro che mettere in luce
una logica che leghi ordine e disordine, tramite una teoria della complessit. Questa teoria
trov la sua ulteriore rivoluzione in von Neumann che, riflettendo sulle macchine
artificiali, port ad una migliore comprensione dei viventi: se gli automi artificiali non
facevano altro che degenerare, la macchina vivente
sebbene costituita di elementi poco affidabili (molecole che si degradano,
cellule che degenerano), estremamente affidabile; da un lato essa in grado
eventualmente di rigenerare, ricostituire, riprodurre gli elementi che si
degradano, cio di autoripararsi, dall'altro essa in grado eventualmente di
funzionare nonostante il guasto locale; cio di realizzare i suoi fini con mezzi
di fortuna, mentre la macchina artificiale tutt'al pi in grado di diagnosticare
l'errore dopo essersi fermata268.
Altra differenza importante identificabile riguarda la questione dell'errore detto
'rumore' e l'effetto che esso genera nei sistemi artificiali e in quelli viventi: mentre il
disordine interno, cio in termini di comunicazione, il rumore o l'errore, degrada sempre
la macchina artificiale, la macchina vivente funziona sempre con una parte di rumore, e
l'accrescersi della complessit, lungi dal diminuire la parte di rumore tollerata,
l'accresce269. Si delinea all'orizzonte il concetto chiave di complessit, nozione
fondamentale che arriv con von Neumann: la complessit non solo significava che la
macchina naturale mette in gioco un numero di unit e di interazioni infinitamente pi
elevato che la macchina artificiale, essa significava altres che l'essere vivente sottoposto
a una logica di funzionamento e di sviluppo totalmente diversa, una logica nella quale
intervengono la non determinazione, il disordine, il caso come fattori di un'organizzazione
superiore o di autorganizzazione270. Ecco perch la nozione di vita si trov molto pi
266E. Morin, Il paradigma perduto, cit., p. 24.
267Ivi., p. 25.
268Ivi., p. 26.
269Ibid..
270 Ivi., p. 27
85
autorganizzazioni277. Questa particolare capacit dei sistemi viventi non risponde ad una
sorta di 'disegno' che li governa: bisogna cancellare ogni sorta di convinzione finalistica,
ogni idea di demiurgo che crea secondo un determinato schema; tali sistemi sono
totalmente governati dalla casualit, ma il loro effettivo successo determina un'efficacia
che fa pensare ad un percorso gi determinato: It is a random procedure that takes on an
aura of necessity278. Le esatte dinamiche seguite da tali sistemi, rimangono di fatto
oscure: l'unica cosa che si pu affermare la coesistenza e la cooperazione di ordine e
disordine; Il disordine offre la variet e le possibilit di evoluzione del sistema e gli
elementi del sistema provano ad aggregarsi in strutture pi complesse e dinamicamente
stabili. La nuova stabilit raggiunta grazie alla gerarchizzazione del sistema in
sottosistemi ordinati: il sistema troppo complesso si autorganizza dividendosi in
sottosistemi che cooperano in modo gerarchico alla funzionalit del sistema complesso279.
Il sistema, trova dunque la sua organizzazione innovativa e maggiormente complessa in
quanto , da un lato, trova un'indeterminatezza che genera disordine, ma allo stesso tempo
riesce a compiere una nuova organizzazione che si presenti come pi complessa, in quanto
riesce a gestire il rumore in un modo pi efficace. Ci si pone di fronte agli occhi una triade
inaspettata, costituita da ordinedisordine(auto)organizzazione, la quale ci conduce alla
comprensione di fenomeni che, instaurati dal disordine, istituiscono forme organizzate
nuove, le quali portano di nuovo all'ordine: la complessit, dunque, viene generata dalla
continua crescita che ordine e disordine si recano reciprocamente; il migliore modo di
evitare la scomparsa, una continua rigenerazione e riorganizzazione:
Il sistema sociale il tipico esempio in cui lazione di disturbo rispetto una
struttura spesso utilizzato per far evolvere il sistema stesso attraverso
lautorganizzazione:[..] nei fenomeni sociali, al cui centro lidea di sistema
autopoietico, cio capace di autotrasformarsi grazie alla capacit del sistema di
scomporsi in sottosistemi dotati di autonomia, questa attivit e propria del
sistema e sfugge a ogni pianificazione razionale delluomo280.
Nel momento in cui tale modello teorico si applica all'ipotesi girardiana
dell'ominizzazione ne comprendiamo la complessit e la validit; bisogna sempre ricordare
che in Girard ogni crisi mimetica sinonimo d'indifferenziazione, dissolvenza dell'ordine
precostituito: nel caso degli uomini e delle societ, basti ricordare l'interpretazione che
l'autore da della Roma descritta nel Giulio Cesare, e cio una Roma in cui gli uomini di
277http://www.vitellaro.it/silvio/aggiornamento/Compless_CIDI/Compless_gen.doc
278http://www.imitatio.org/thinkingthehuman/Papers_files/Naturalizing%20Mimetic%20Theory.pdf
279 http://www.vitellaro.it/silvio/aggiornamento/Compless_CIDI/Compless_gen.doc
280http://www.vitellaro.it/silvio/aggiornamento/Compless_CIDI/Compless_gen.doc
88
mestieri vagano senza regole, senza impegni, senza un abito che definisca il loro status 281;
nel caso del processo di ominizzazione, le differenze che crollano sono quelle dei
dominance patterns la cui scomparsa getta il gruppo in una lotta dilaniante: il crollo delle
differenze, non nient'altro che crisi mimetica, e dunque, puro disordine, rumore; come
dice Morin :Che cos' una crisi? E' un aumento del disordine e dell'indeterminatezza
all'interno di un sistema [..] provocato da o provoca esso stesso il blocco dei dispositivi
organizzazionali, in particolare regolatori (feed-back negativi) determinandovi da una parte
una certa rigidit, d'altra parte lo sbocco di potenzialit fino allora inibite282.
L'ipermimetismo genera una crisi, un disordine la cui pressione rompe le normali gerarchie
animali, incapaci di funzionare: ma ecco che la possibilit della sopravvivenza, si cela
proprio nell'organizzazione stessa del cervello umano, il cui ipermimetismo ricade nella
soluzione sacrificale; gli elementi interni del sistema sociale, caduti in un disordine mai
visto, riesco per a muoversi in una nuova direzione, in grado di generare un nuovo ordine
e una nuova organizzazione! Atlan definisce l'ipotesi di Girard come un problema legato
alla dimensione sociale, o per meglio dire, alla differenziazione:
Girard analyses this mechanism in more precise fashion, and insists on the role
of violence. It intervenes in the two moments of the mechanism: at the stage of
undifferentiation and at the stage of differentiation. At the stage of
undifferentiation there is the violence of all against all, and mimesis is the
source of an absolutely generalized violence. At the stage of differentiation
there is the violence of the expulsion of the victim, and this time mimesis makes
the violence of all converge against one. It is there, in the determination of who
will be expelled, that randomness intervenes in the fillip of chance that
orientates the system towards one social form rather than another.283
Secondo lo studioso, l'intero meccanismo del capro espiatorio pu essere visto come un
generatore di differenze a partire dall'indifferenziazione, apprezzando come Girard
definisce il processo sulla base dell'imitazione 284. L'imitazione il fattore perturbante,
creatore di disordine, ma , allo stesso tempo, il fattore che permette un nuovo tipo di
organizzazione, un nuovo ordine nato dal disordine: 'order from noise'.
281R. Girard, Il teatro dell'individa, tr. it. Luciani G, Adelphi 1998, capitolo sul Giulio Cesare.
282E. Morin, Il paradigma perduto, cit., p 139; corsivo mio.
283 http://www.imitatio.org/thinkingthehuman/Papers_files/Atlandraft.pdf
284it is a matter of the passage from an undifferentiated state to a differentiated state. To obtain a
differentiated state, one must obviously start out from an undifferentiated (or less differentiated) state and
see how it becomes differentiated. When one reflects on the ideas of undifferentiation and differentiation,
one perceives that repetition or redundancy is a particular case of undifferentiation. Manifestly, imitation
is an operator of repetition or redundancy. Imitation furnishes peculiar and fundamental examples of
undifferentiation. One of the interesting points in Girard's theory is that it shows us how, out of these
undifferentiated
states,differentiated
states
may
arise.
(Cfr.http://www.imitatio.org/thinkingthehuman/Papers_files/Atlandraft.pdf).
89
Le potenzialit di cui parla Morin, sono insite nelle diverse specie di pre-umani, ma
solo i gruppi che sono stati in grado di far emergere un nuovo modello di organizzazione
sono riusciti a sopravvivere, ripetendo il meccanismo e creando una forma sociale
maggiormente complessa; forse in questa maggiore complessit che si deve osservare la
vera essenza della cultura: essa probabilmente un tipico caso di 'complexity from noise' e
cio una forma inedita di organizzazione, la cui complessit era insita nelle potenzialit dei
primi uomini: in secondo luogo, la cultura stata in grado di generare una complessit
sempre pi vertiginosa, generando quel senso di 'parzialit' insita in ogni scoperta umana:
l'epigono sapiens giustamente affiancato da Morin a quello di demens, non a caso: il
disordine (condotte casuali, competizioni, conflitti) ambiguo: da una parte uno degli
elementi costitutivi dell'ordine sociale (variet, differenziazione, elasticit, complessit),
ma d'altra parte resta nello stesso tempo disordine, cio minaccia di disintegrazione. Qui, di
nuovo, la minaccia costante che il disordine mantiene ci che d alla societ il suo
carattere complesso e vivo di riorganizzazione permanente.[..] una societ si autoproduce
senza sosta perch senza sosta essa si autodistrugge285.
Il meccanismo sacrificale, dunque una sorta di principio organizzatore,
stabilizzatore, capace di far convergere la violenza non in modo centripeto, ma verso un
singolo capro espiatorio; una forma endogena, un meccanismo come dice Dupuy :
morphogenetic: they are capable of generating new forms. They are simple but their
simplicity brings about complexity286.
Se quindi l'origine della cultura si ritrova nel meccanismo del capro espiatorio, cosa
in grado di creare, e come ci avvenne? La complessit cultura che oggi noi possiamo
osservare, non nient'altro che un risultato di un lungo percorso. Sancito il ritorno
all'ordine, l'omicidio sacrificale permette l'elaborazione di una nuova forma sociale
maggiormente complessa, in grado di assorbire dosi maggiori di disordine e di garantire
una quanto meno duratura fase di ordine, inevitabilmente momentanea; ma
contemporaneamente, tale nuova forma generatrice di maggiore complessit: ricadendo
nel disordine, non si fa altro che determinare nuovo ordine culturale, con tutte le conquiste
che questo comporta; stiamo qui descrivendo il meccanismo della Cultura umana, il cui
ritmo evolutivo parossistico ed inedito. La complessit viene quindi re-inserita in un
regime di produzione continua di forme maggiormente superiori, secondo un ritmo che
285E. Morin, Il paradigma perduto, cit., p 45.
286http://www.imitatio.org/thinkingthehuman/Papers_files/Naturalizing%20Mimetic%20Theory.pdf
90
solo un sistema culturale pu produrre: solo quest'ipotesi permettere di rendere conto della
nascita e della relativa evoluzione di istituzioni sociali: il linciaggio originario, per Girard,
in grado di generare nuove forme culturali sempre pi complesse quali il linguaggio, la
domesticazione animali e, ovviamente, il divieto ed il rito.
91
IV
Istituzioni sociali nate dal meccanismo vittimario
Girard, fiducioso dell'efficacia della sua ipotesi antropologica, non si accontenta di
esplicare il processo che port all'origine dell'uomo, ma dilagandosi all'interno della sfera
culturale e simbolica rende manifesta la realt che soggiace alla nascita della Cultura
umana, che vanta un linguaggio complesso, la dimensione rituale, i divieti ed altre
istituzioni complesse; muovendosi tra le varie sfide lasciate in sospeso da diverse
discipline, Girard riconduce tutta la Cultura ad un unico tassello, il medesimo che port
molti gruppi pre-umani a sopravvivere: il meccanismo vittimario. La cultura nella sua
interezza pu essere dunque letta come un frutto prelibato caduto dal patibolo
dell'immolazione sacrificale. Quest'ipotesi, ad un primo sguardo, pu sembrare fantasiosa
ed ambiziosa: se cos fosse si potrebbe pensare vi dovrebbero essere prove evidenti,
trattandosi di una realt manifesta; in primo luogo dunque fondamentale notare che
Girard contempla la possibilit dell'evoluzione delle forme culturali, le quali hanno ormai
smarrito la loro origine reale e cruenta287: contro la concezione del 'platonismo culturale'288
che concepisce le istituzioni come entit immutabili fin dalla loro apparizione, Girard
oppone la sua ipotesi estremamente coerente secondo la quale la molteplicit delle
istituzioni presenti non nient'altro che il risultato dell'inevitabile mutamento delle forme
culturali, le quali compiono continue metamorfosi, ancora oggi in corso; forte di tale
concezione, Girard non rinuncia a risalire alla radice comune di tutte le forme culturali che,
nate da esigenze sociali ed umane, sono facilmente riconducibili al meccanismo che ha
generato l'umanit stessa: ancora una volta, accattivante osservare il metodo 'darwiniano'.
Un'unica e sola genesi: in seguito, in base a semplici fattori contingenti, le istituzioni si
evolvono seguendo le pi diverse strade, a seconda dell'aspetto dell'omicidio rituale
privilegiato; tramite la prospettiva mimetica, avendo in mano il meccanismo vittimario e il
rito vivente si tengono le due estremit della catena e la decostruzione, perch riesca
finalmente a compiersi, anche una ricostruzione che si effettua a partire dalla matrice
comune289. Si affrontano cos le istituzioni come elementi puramente storici, umani ed
adattivi i quali, fin dal primo momento, sono sottoposti ad inevitabili
mutazioni e
Girard, tale evento ha prodotto una specie di cortocircuito cognitivo e percettivo che
richiede una qualche forma di elaborazione 294.
Realisticamente, Girard non pensa ad un unico evento fondatore in grado di creare,
quasi d'incanto, una rete significativa che permetta l'emergere di un sistema di
classificazione: non ricadendo nell'idea della Genesi, dove l'uomo viene creato dal fango
con un singolo atto, si ritorna a quella logica evolutiva dove, sempre attraverso la
ripetizione, la vittima (sostitutiva) richiama una nuova attenzione, riportando alla luce il
ricordo di quell'evento fondamentale. Non si tratta quindi di un'elaborazione delle
significazioni del sacro come un effetto immediato, ma come un lungo processo, fatto di
stadi, forse i pi lunghi di tutta la storia umana, durante i quali queste significazioni non
sono ancora veramente presenti. [..] si sempre in cammino verso il sacro, ma non vi sono
ancora concetti o rappresentazioni295. Ogni singolo omicidio non fa altro che contribuire
cumulativamente a questa attenzione verso la vittima, che evoca la duplicit di sensazioni
di pharmakon, sensazioni via via pi radicate nella mente.
Dal cadavere linciato, fuoriescono spinte ed attenzioni nuove con un valore che
struttura ogni ulteriore differenza; il sacro, nella sua duplice accezione di benefico e di
malefico, scaturisce dal cadavere della vittima come una forza esterna e autonoma, da
maneggiare con grande cautela296. L'elaborazione di un modo di pensare, la cui
organizzazione si costruisce attraverso la differenziazione che il sacro istituisce, ci permette
di definire la vittima come il primo significante trascendentale che emerge da uno strato di
totale indifferenza e confusione: l'unico fattore degno di nota che si staglia e che emerge
dall'indistinto. L'uccisione, lungi dal generare un senso di colpa fondante e retroattivo,
genera lo sviluppo di un sistema simbolico di significazione, che non funziona come lo
strutturalismo vorrebbe, e cio come un sistema fatto di opposizioni binarie (l'idea lvistraussiana del Crudo e il Cotto) nel quale ogni significato tale grazie al suo opposto, ma
piuttosto si struttura come l'emergere di un unico grande significante da una massa caotica
e confusionaria. L'apparato simbolico umano quindi non binario, ma funziona tramite
un'eccezione che sorge dal magma confuso, eccezione che, in realt, genera un significante
di per se ambiguo: il sacro nella sua duplice valenza, malvagia e salvifica, un paradigma
in grado di sussumere le posizioni strutturaliste, superandole tramite una sintesi 'hegeliana',
capace cio di mostrarne l'errore; l'opposizione binaria risiede nell'ambiguit del sacro, ma
di fatto, il sistema di significazione umana si costruisce per eccezione da confusione.
294R. Girard, Origine della Cultura ,cit., p.76.
295R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 129.
296G. Mormino, Il confronto con l'Altro, cit., p. 223.
94
Ancora una volta, non sar dunque la primigenia uccisione ad essere fondamentale, quanto
piuttosto la sua commemorazione rituale: la cultura nel suo complesso un sistema
sacrificale fondato sulle rielaborazione emotiva di un'uccisione collettiva
297
. Sventando
la crisi con una nuova vittima sostitutiva, essa non potr che ricordare ed evocare quel
primo evento miracoloso; abbiamo di fronte cos una nuova vittima sacrificale che si
manifesta come il simbolo di quel primo evento: viene ad essere [questa vittima
sostitutiva] il primo segno inventato da questi ominidi; per la prima volta qualcosa sta al
posto di qualcos'altro298. La complessit cognitiva di quest'operazione, da un lato richiede
una massa cerebrale molto sviluppata, ma, dall'altro dovette fungere da forma di pressione
evolutiva, un elemento della selezione naturale che costringe i primi ominidi a diventare
sapiens299. Il meccanismo del capro espiatorio dunque un meccanismo che alimenta
l'evoluzione del cervello umano: come gi definito in precedenza, in queste dinamiche
che Girard identifica la 'soglia' che determina la nascita della soglia simbolica, fattore
tipicamente umano; inoltre il sistema rituale e culturale non fa altro che contribuire a
questo sviluppo: la ripetizione, che porta ad un 'rafforzamento cognitivo'300 pu trovare
nell'imitazione un ottimo luogo di sviluppo, ed ecco come quell'efficace ed universale
costrutto sociale che il rito, si rivela l'insegnante migliore del genere umano: il rito [..]
da una parte rivela la struttura dei nostri meccanismi cognitivi, dall'altra funziona come uno
strumento pedagogico in mano alle societ primitive301.302
Inoltre a riprovare quest'idea di significazione (unicit/indistinto) il rito stesso: nel
processo rituale troviamo un unico elemento (cio la vittima o ci che ritualmente appare
come tale) che emerge dalla massa, attraverso una selezione casuale e aleatoria, tipica della
maggior parte dei riti: un tale modello si ritrova nei rituali proprio perch ricalcato,
insieme a tutte le altre istituzioni rituali, sull'operazione della vittima espiatoria. Esso [..]
un modello della simbolicit pi rudimentale303. Sulla scia delle riflessioni di Roger
297G. Mormino, Il confronto con l'Altro, cit., p. 224
298R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 77.
299Ibid.
300Ivi, p. 82.
301Ibid.
302Interessante notare un'osservazione derivata dal confronto tra bambini e scimpanz durante un
esperimento riguardo alle scatole distributrici di caramelle; un soggetto umano, mostrava come prendere
le caramelle, eseguendo anche una serie di gesti inutili, che non apportavano i dolci; l'esperimento mostr
che, se da un lato gli scimpanz si mostrarono in grado di capire quali fossero i movimenti validi per
prendere le caramelle, mentre i bambini ripeterono tutto in modo identico: molti esperti parlarono qui di
'iperimitazione', ma a ci de Waal pone una tendenza da parte dell'uomo, nell'agire mimeticamente,
seguendo una sorta di 'fede' nell'azione dello sperimentatore: tale credenza , che fonte di una credenza
religiosa, una caratteristica particolarmente umana; interessante affiancare tale pensiero con le
riflessioni sulle modalit di ritualizzazione compiuta dai primi ominidi nella riflessione girardiana (F. de
Waal, Il Bonobo e l'ateo, cit., pp. 247-248).
303R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 130.
95
Caillois304 Girard vede in quest'ordine di simbolicit l'origine dei giochi d'azzardo, nei quali
viene valorizzato solo il processo casuale che porta alla scelta dell'elemento rituale: unicum
dell'umanit, questi giochi d'azzardo non rappresentano altro che l'immolazione sacrificale;
infatti, Anche nelle forme pi attenuate di sorteggio, si vedono polarizzarsi sull'eletto le
significazioni multiple del sacro305 ed il caratteristico caso del 'gteau des rois' ne un
innocua dimostrazione.
La vittima, fonte di significazione originaria e via via sempre pi straordinaria,
appare dunque come il significante trascendentale, per cui Il significante la vittima. Il
significato tutto il senso attuale e potenziale attribuito dalla comunit a questa vittima e ,
per suo tramite, ad ogni cosa306. Quel primo corpo immolato come vittima, quindi il
primigenio segno, ambivalente come il sacro: responsabilit della crisi e riconciliazione,
sono ci che si cerca di riprodurre nella ritualit accennata nei primi gruppi umani!
L'imperativo rituale fa tutt'uno dunque con la manipolazione dei segni307. Costretti dal
mimetismo a rivivere le crisi, gli uomini non possono far altro che trovare la riconciliazione
nella ripetizione del segno, e cio tramite sacrifici che rievochino la catarsi: ecco il
processo che porta allo sviluppo del linguaggio e della scrittura: arriva il momento in cui
la vittima originaria, invece che da nuove vittime, sar significata da qualcosa di diverso
dalle vittime308 attraverso quel misconoscimento della violenza che pervade la societ
umana.
Altra questione spinosa quella linguistica:
il linguaggio articolato[..] deve anch'esso costituirsi a partire dal rito, a partire
dalle urla e dalle grida che accompagnano la crisi mimetica e che il rito deve pure
riprodurre [..] queste grida dapprima inarticolate cominciano a ritmarsi e a
ordinarsi come i gesti della danza, attorno all'atto sacrificale, poich tutti gli aspetti
della crisi sono riprodotti in uno spirito di collaborazione e di intesa309.
Secondo Girard, un linguaggio inteso come un sistema chiuso di fonemi e segni,
attraverso i quali si pu riuscire a comunicare un sistema complesso che merita una
spiegazione; tramite lo studio dei primati, si osservato che posseggono un insieme di
segni, attraverso i quali riescono a comunicare riferendosi al mondo esterno mentre non
304Autore di Les jeux et les hommes.
305R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 131.
306Ivi, p. 132.
307Ivi. p. 133.
308Ibid.
309Ibid.
96
riescono a comprendere i segni che si riferiscono gli uni agli altri310: questa dimensione,
che di fatto caratterizza il nostro modo di comunicare, quello che potremmo definire la
'soglia simbolica'; anche Girard vede nel linguaggio un elemento fondamentale che ci
differenzia dal resto del mondo animale. Ma come la dimensione simbolica pu sorgere?
La vittima sacrificale, si configura come un centro attraverso il quale diviene possibile una
comunicazione tra i membri del gruppo i quali possono riferirsi a quell'elemento, che
essendo percepito come esterno, permette una comunicazione ed un'interazione sociale
intorno e riguardo ad esso; non dobbiamo pensare che, cominciata tale comunicazione,
essa svanisca insieme al centro che l'ha evocata, tutt'altro: necessaria la scomparsa di tale
centro, fatto che ha permesso un'elaborazione ed un'astrazione notevole, e di conseguenza
una complessit sempre pi marcata. Centro d'attenzione e centro comunicativo: il primo
cadavere ucciso collettivamente appare come un sole, che irradia una luce di significazione,
contribuendo a creare il sistema linguistico e simbolico che insegna alle persone a
comunicare, ad avere ognuna il proprio ruolo nella comunicazione con gli altri311. Il ruolo
fondamentale di centro, per, sta nella sua scomparsa: una volta che la comunicazione si
stabilizzata in questo senso, il centro della significazione pu anche dissolversi e
scomparire312. Tramontando tal centro, ci lascia appunto il sistema simbolico, che
permette l'utilizzo del linguaggio e della dimensione rituale: la cultura, messa in moto da
questo nucleo religioso inizia la sua evoluzione da qui.
La prospettiva girardiana si giostra attorno alle difficolt dei diversi settori del
sapere, incapaci di spiegare il salto che differenzia l'animale e l'uomo (un essere
'simbolico') : si deve trattare necessariamente di uno 'sconvolgimento' che ha portato ad una
rivoluzione nelle dinamiche sociali all'interno di questo gruppo, istituendo cos un'insieme
di elementi sociali fortemente controintuitivi: ci che determina la discontinuit nei
comportamenti animali deve quindi essere esplicato non come una semplice conseguenza
dell'encefalizzazione, ma piuttosto come una rottura radicale, che solo un evento
'traumatico' ha potuto generare! Per capire tale prospettiva, proficua la riflessione sul
dono, difficile da pensare nella prospettiva animale, nella quale l'individuo dominante
prende tutto per se313: Tutto il processo che ha visto non solo gli ominidi ma interi gruppi
310R. Girard Origine della cultura, cit., p. 77.
311R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 78.
312Ibid.
313Anche in questo caso, Girard continua a sottolineare la rottura tra l'umano e il non umano: tale
prospettiva riguardo al dono dovrebbe essere approfondita, proprio perch forme di attenzioni, gesti
d'altruismo non sono assenti nella complessa vita dei primati: definire tali relazioni come dominate
esclusivamente dal dominio del pi forte comunque riduttivo.
97
sociali abbandonare l'usanza del prendere tutto per se e assumere il nuovo costume di dare
tutto all'altro con lo scopo di ricevere dall'altro assolutamente controintuitivo314.
Postulare una tendenza all'altruismo non altro che eludere la domanda; ecco perch,
ancora una volta, l'evento dell'uccisione collettiva s'impone come catastrofe necessaria che
port ad una radicale rottura con i patterns comportamentali animali.
L'evoluzione cerebrale non pu essere l'unico motore dell'emergenza del simbolico :
il temibile ricordo della crisi instilla nei membri del gruppo una rottura, che li porter ad
agire diversamente dai modelli istintuali: Solo se la gente si sente veramente minacciata
abbandoner specifiche azioni; altrimenti l'appropriazione caotica avr il sopravvento e la
violenza continuer a crescere315. Questa paura non pu fare altro che nascere dal timore
di un'ulteriore crisi mimetica e per creare un legame sociale appare necessario la creazione
di una proibizione, che non potr essere altro che una 'protezione dall'escalation
mimetica'316. Il primo omicidio il calderone da cui fuoriesce tutto questo, ma soprattutto,
da cui si rivela la via della salvezza: la scoperta della risoluzione attraverso un capro
espiatorio, che salva le proto-comunit da questa spaventosa crisi di violenza mimetica
viene poi disciplinata in un sistema rituale di norme e proibizioni317 le quali
contribuiranno ad un'elaborazione sempre pi sottile del sistema simbolico.
4.2 Divieti e Riti
Oltre al linguaggio, Girard utilizza il meccanismo mimetico per esplicare due forme
universali delle societ umane: il rito ed il divieto, baluardi della cultura. In tutte le societ
che conosciamo, sappiamo che forme 'religiose' non sono mai mancate, connesse alle quali
si trovano sia dei tab religiosi sia delle prescrizioni sacre e rituali.
Risalendo alla fine della storia si pone il problema della nascita della cultura e dei
suoi araldi: secondo Girard possibile dare un'interpretazione unanime dell'origine di tutti i
divieti. I gruppi proto-umani sopravvivevano grazie alla ripetizione dei linciaggi vittimari,
unico mezzo per sventare le crisi mimetiche; con l'inevitabile pressione selettiva che esso
pone al cervello, logico ipotizzare che questi gruppi tentino di porre rimedio alla terribili
crisi, che pi volte li ha dilaniati; questo non solo tramite l'omicidio, ma anche prevenendo
314Ivi, p. 80.
315R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 78.
316Ibid.
317Ivi, p. 81.
98
il suo scoppio, evitando quindi di ripetere i diversi fattori scatenanti. Nella prospettiva
mimetica i soggetti agenti interpreteranno tutto secondo la 'mentalit primitiva' : di fronte
alla crisi e alla sua risoluzione per tramite della vittima, vi una sorta di apprendimento
degli accadimenti, ed chiaro che tali gruppi, incapaci di dare una spiegazione lucida,
tendano ad evitare il pi possibile tutti i gesti che hanno suscitato la crisi, tra i quali si
distinguono anche i comportamenti mimetici! La minaccia della mimesi d'appropriazione,
forza in grado di disgregare una comunit, arginata attraverso i divieti, il cui ruolo
proibire e dissuadere la violenza e la mimesi che l'ha suscitata. Il rischio che minaccia la
comunit sempre quello della violenza, fenomeno inevitabile: la violenza deve essere
eliminata dal gruppo, almeno nelle forme peggiori: Non esiste cultura che non proibisca la
violenza all'interno dei gruppi di coabitazione. E insieme alla violenza effettiva sono
proibite tutte le occasioni di violenza, le rivalit troppo accese318.
I divieti in primo luogo colpiranno tutte le violenze che si dirigono all'interno del
gruppo, punendole o vietandole; ma se in molti casi la ragione dei divieti evidente
vietare la violenza in alcune societ molti sono apparentemente inspiegabili e bizzarri: se
dunque l'antropologia si sforzata di catalogare in modo coerente la totalit dei divieti,
spesso scontrandosi con l'incapacit di creare un'adeguata suddivisione, l'ipotesi girardiana
individua invece la radice comune che unisce tutti i divieti: i rituali che colpiscono i
gemelli, gli strani atteggiamenti riguardanti gli specchi o qualsivoglia comportamento
imitativo (Bisogna astenersi dal copiare i gesti di un altro membro della comunit, dal
ripetere le sue parole319) , sebbene sembrino poter costituire una categoria a parte rispetto
ai divieti contro la violenza, in realt, hanno formalmente la stessa matrice; particolari
rituali magici sono, a detta delle popolazioni 'primitive', creati per proteggersi dalla magia
definita 'imitativa'320 e questo sembra di gran lunga superare le molteplici suddivisioni
formali dei divieti degli osservatori. Se pensiamo ai divieti come a delle imposizioni atti ad
impedire il dilagare della violenza, logico ipotizzare che il fine sia raggiunto a diversi
livelli: e dunque non solo bandire per quanto possibile direttamente la violenza, ma
anche impedire ci che ha scatenato la crisi e cio l'inevitabile scontro che deriva dall'avere
in comune l'oggetto dei desideri; la mimesi d'appropriazione che scatena la crisi e dunque
i divieti mimetici intendono scoraggiare la convergenza dei desideri sui medesimi oggetti
e proibiscono pertanto l'acquisizione di ci che pi vicino e pi facilmente
318R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 26.
319Ibid.
320Ibid.
99
conseguibile321.
Ancora
una
volta,
quest'incapacit
dell'antropologia
un
frutto
del
malcapitato; in questi casi, il doppio appare come raffigurazione del nemico, contro il quale
si pu scaricare la propria violenza: La magia non altro che un cattivo uso delle
propriet malefiche della mimesi326.
Nonostante i fronzoli, capiamo che la raison d'tre di tutti i divieti la mimesi
d'appropriazione, la quale all'origine di tutto perch i principali divieti [..] divieti di
oggetti, i divieti sessuali per esempio, e anche i divieti alimentari, vertono sempre sugli
oggetti pi vicini, sui pi accessibili327. Leggendo da questa prospettiva, sia i divieti
dell'incesto che i tab alimentari (riguardanti l'animale o la pianta totemica) divengono
comprensibili, in quanto abbiamo di fronte oggetti 'a portata di mano', i pi suscettibile di
istigare degli scontri interni al gruppo:
Gli oggetti vietati sono sempre quelli pi vicini e accessibili perch sono i pi
suscettibili di provocare le rivalit mimetiche tra i membri del gruppo. Gli oggetti
sacralizzati, gli alimenti totemici, le divinit femminili, avendo in passato gi
causato delle reali rivalit mimetiche, hanno conservato l'impronta del sacro. Per
questo motivo diventano oggetto del pi rigoroso divieto328.
Lungi dall'avere un importanza rilevante, l'oggetto non pu essere il fulcro della
spiegazione in quanto, come spesso accade in Girard, solo il pretesto del conflitto! Divieti
sessuali o alimentari sono in realt tutti orientati a dissuadere lo scoppio della violenza,
impedendo la fruizione di oggetti vicini: i pi suscettibili a divenire una posta in gioco per
rivalit distruttrici dell'armonia del gruppo, e della sua stessa sopravvivenza329 .
La realt etologica sembra favorire la lettura girardiana: proprio come noi, anche gli
animali non rinunciano mai a soddisfare i loro appetiti e i loro bisogni il pi vicino
possibile, non vanno mai a cercare lontano ci che possono trovare sul posto o nelle
immediate vicinanze; non rinunciano mai all'oggetto pi disponibile330. Per una tale
rinuncia 'universale' non si pu postulare ne un 'desiderio della regola'331 ne una razionalit
creatrice, piuttosto una leva prodigiosa che port una rottura; ancora una volta, proprio i
temibili ricordi della crisi mimetica fungono da spinta: la paura delle rivalit mimetiche, a
paura di ricadere nella violenza interminabile332. La paura del mimetismo porta ai divieti
che prescrivono di non compiere quelle stesse azioni che portarono o che possono portare
326Ivi, p. 30.
327R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 101.
328Ivi., p. 101.
329Ivi., p. 33.
330 Ivi., p. 101.
331Ivi., p.98; l'obiettivo polemico in queste pagine ovviamente Lvi-Strauss e lo strutturalismo.
332Ivi., p. 101.
101
alla crisi; chiaro che il cibo (in questo caso l'animale totemico, che, come spesso stato
notato, l'animale che si trova in maggior quantit nei pressi della popolazione che se ne
vieta l'alimentazione) e le donne (del gruppo) sono motivi di conflitti molto prossimi;
proprio come le donne del gruppo, anche l'animale totemico avvolto dalla proibizione
sacra, e viene consumato proprio in seguito a particolari sacrifici (dinamica viene chiarita
tramite il rito).
Se ogni gruppo umano vivesse isolato, chiaro che questa situazione porterebbe al
collasso sociale ed infine all'estinzione: fortunatamente, oltre ai tab, nelle societ c' la
dimensione rituale: essa spinge i membri di questi gruppi verso l'esterno, alla ricerca delle
vittime. E proprio a partire dai riti sacrificali si costituiscono le basi della cultura umana, in
particolare i modi dello scambio matrimoniale, i primi scambi economici333. E' facile
ipotizzare che proprio da questi particolari divieti, sia nata una cooperazione tra gruppi
diversi, che ha permesso la nascita dell'esogamia e, potremmo dire, dello scambio rituale 334:
studi confermano che le popolazioni che cacciano ritualmente il totem, senza mangiarlo, lo
scambiano con altre cibarie che altri gruppi si sono proibiti.
I divieti sono nati in modo casuale e 'adattivo' dalla crisi mimetica, e proprio
quest'origine simile ma locata in gruppi diversi spiega la apparenti grandi differenze
esteriori di questi rituali, per i quali viene trovata una lente ermeneutica in grado di dare
una spiegazione unitaria che, togliendo i drappi estetici, esteriori e fuorvianti, riesce a
risalire al loro quid: ancora una volta scolaro di Freud, Girard vede come leva della societ
il divieto e non la regola positiva e prescrittiva (come invece fa lo strutturalismo).
Data questa visione del divieto, la spiegazione girardiana sembra naufragare quando
si presenta la dimensione rituale: la follia che in essa dilaga, sovente generata dalla
violazione ossessiva delle azioni che i divieti impediscono; se il divieto si configura come
mezzo per dissuadere la mimesi e quindi la violenza, le dinamiche rituali si caratterizzano
come
preponderante: le danze, i canti e altri oggetti rituali come le maschere sono tutti
elementi che sembrano evocare l'indifferenziazione! Tra l'altro, questa contraddizione colp
notevolmente la maggior parte dei primi etnografi: tali popolazioni venivano definite
'selvagge' proprio perch violavano ritualmente tutti quei divieti 'insensati' che si davano;
333R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 102.
334Per capire il funzionamento e la genesi dello scambio, utile sono le riflessioni sul rituale, poste poco
dopo.
102
l'abbandono a vere e proprie orge trasgressive che caratterizza soprattutto la fase iniziale
di certi rituali335sembra trascinare la societ nella spirale orgiastica e violenta della
mimesi.
In realt, questa contraddizione solo apparente: divieto e rito sono due diversi
modi di arginare la crisi mimetica. Nel momento in cui i divieti iniziano ad essere inefficaci
nei momenti di escalation mimetica, infatti, difficilmente la violenza viene frenata dai
soli divieti e dalle prescrizioni la societ pu esser concepita come un organismo in cui le
pressioni mimetiche innalzano la pressione interna, rischiando di far scoppiare il sistema:
onde evitare che ci degeneri in una crisi generalizzata, ogni societ non fa altro che
indirizzare in modo 'innocuo' (tranne che per la vittima) le tensioni aggressive: I riti
consistono nel trasformare, paradossalmente, in atto di collaborazione sociale la
disgregazione conflittuale della comunit336. Se quindi le rivalit iniziano a rendere la
tensione sociale e mimetica insostenibile, il 'pensiero religioso' non fa altro che tentare una
diversa risoluzione, ispirandosi a come quella prima volta fu risolta: il sacrificio (momento
che conduce ogni azioni rituale, a prescindere dalle diverse forme che assume) non altro
che una rappresentazione voluta del linciaggio di 'tutti contro uno', che gi quella prima
volta aveva portato la pace. Ripetendo tale omicidio, la crisi viene sventata ritualmente.
Per generare la catarsi un sacrificio dev'essere preceduto dalle stesse dinamiche che
portarono all'omicidio: ecco perch in tutti i riti sono obbligatorie tutte quelle azioni che i
divieti proibiscono! Essendo quest'ultimi creati per evitare la mimesi che induce alla crisi,
tali gesti non sono che la ripetizione rituale degli atteggiamenti mimetici: le danze, le lotte
rituali e i tutti riti spettacolarmente coreografici, basandosi sempre sugli effetti speculari e
mimetici, non fanno che riprodurre uno schema, e cio quello dei doppi, vale a dire di
partners che si imitano reciprocamente337.
Il binomio rito-sacrificio si pu quindi leggere come una teatralizzazione della crisi
e del linciaggio: la violenza sempre pi incontenibile viene ri-direzionata nell'unico modo
che le societ hanno appreso, e cio l'uccisione unanime di una vittima inerme; nella
ricreazione mimetica della crisi e nel sacrificio finale si tenta di creare quell'effetto
liberatorio catartico che la prima uccisione aveva creato e ci avviene solo se la
raffigurazione della crisi dei doppi e dell'indifferenziazione avviene nel modo giusto;
esterno non pi interno, come doveva essere all'inizio; data la vastit di questo fenomeno si
pu ipotizzare che l'impulso rituale, la ricerca delle vittime, orienti i gruppi verso l'esterno
nel momento stesso in cui l'impulso del divieto rende impossibile ogni interazione vitale tra
i membri del gruppo343. La spinta data dalla ricerca della vittima come bersaglio esterno,
fa configurare il rito (ma anche il divieto), come fonte di un'articolazione generatrice di una
interazione sociale tra gruppi originariamente separati, o tra gruppi separati di recente
dalla stessa crisi mimetica, e si pu immaginare che tale nuovo tipo di interazione,
presentandosi come una serie di scambi differiti e simbolizzati dal gioco sacrificale [..] si
sostituir alle interazioni immediate della vita animale344.
Lo scambio rituale, come il resto della cultura, viene cos visto come frutto di
continui linciaggi: l'usura sacrificale pu valorizzare l'ambito degli scambi, e cio l'aspetto
meramente economico, portando dunque ad una istituzionalizzazione dello scambio come
tale, spingendo invece le ritualit violenta ai margini dell'azione; per, pu accadere
tuttavia che la violenza originaria perduri intatta e sfoci in istituzioni come le guerre rituali,
i riti dei cacciatori di teste, o quelle forme di cannibalismo che vertono su catture di
prigionieri345; abbiamo quindi il solito iter culturale, per cui scambi e guerre rituali non
sono nient'altro che un'unica realt, che si differenzia in basi al prediligere un fattore (la
violenza sacrificale) piuttosto che un altro (lo scambio commerciale).
4.3 Domesticazione ed agricoltura
La spinta data dalla ricerca di vittime esterne e sicure costitu anche una feconda via
per le future trasformazioni dei gruppi umani: in primo luogo, essa sembra perfetta per
comprendere la domesticazione animale. Possiamo comprendere la modalit di sviluppo di
questa particolarit se la paragoniamo alla lettura che Girard da della guerra (e del
successivo cannibalismo rituale) presso i Tupinamba 346: in questo caso, come i guerrieri
stessi ammettono, la guerra ha come scopo principale l'approvvigionamento di vittime
sacrificali; essi, venivano integrati nella comunit, diventando membri realmente interni,
conservando per il marchio del loro cruento destino; reso abbastanza interno ma non
troppo egli diventava la vittima perfetta, garantendo l'identificazione tanto quanto il
343.R. Girard, Delle cose nascoste, cit.,103.
344Ibid.
345Ivi, p. 104.
346Cfr. R. Girard, La Violenza e il sacro, cit., pp. 380/382.
105
rendono la vittima abbastanza esterna per non permettere un legame empatico con essa,
salvaguardando la buona riuscita del sacrificio. Nel momento in cui comprendiamo che,
attraverso la domesticazione, alcuni animali sono riusciti a divenire in grado di suscitare
quel connubio tra identificazione/mostruosit comprendiamo quanto essi si configurino
come vittima ideale, proprio a causa della loro incapacit di vendetta: la domesticazione si
pu quindi comprendere attraverso una 'mentalit religiosa', che scova negli allevamenti dei
sicuri serbatoi di vittime deboli, incapaci di vendicarsi349.
Spiegare la domesticazione in termini economici o programmatici sciocco, anche
perch, come nota Girard, la domesticazione all'inizio assolutamente anti-economica:
gli animali addomesticati sono pi piccoli di quelli selvatici, si ammalano pi facilmente
di una serie di malattie da stress, e la quantit di germi e virus introdotti dagli animali
selvatici nella comunit umana altissima350. Solo col tempo, dimostrandosi un'ottima
fonte di risorse, la domesticazione sacrificale dovette diventare 'intensiva' ed alimentare,
secondo una logica sacrificale351. Durante il lungo periodo di 'preparazione sacrificale'
quel momento che separa la scelta della vittima e la sua immolazione l'animale pu
dimostrare i segni di domesticazione (in base alle sue inclinazioni) ed questo che pu
portare il mutamento da animale solo sacrificale (diremmo quasi allo stato brado) ad
animale in grado di intrattenere rapporti positivi con l'uomo presso cui 'dimora': durante
questo lasso di tempo infatti, si pu ipotizzare che l'osservazione dell'utilit dell'animale
abbia fatto in modo che esso venisse addomesticati con fini non solo sacrificali. Il fattore
tempo, legato alla tendenza dell'animale ad essere addomesticato, ha permesso la
comprensione di un possibile vantaggio economico: e come spesso accade la
domesticazione [..] a poco a poco respinge ai margini la sua origine, [..] ma senza eliminare
349Prendendo seriamente le riflessioni girardiane, possiamo di fatto riflettere sulle modalit attraverso cui
l'uomo entrato in contatto con quegli animali da lui addomesticati: la violenza si configura come il
primo contatto e la prima necessit che hanno spinto l'uomo ad entrare in 'comunit' (se cos possiamo
dire) con alcuni esseri viventi, semplicemente dilaniati per utilit sociale; proprio come oggi, dunque,
sul piano delle stragi che la domesticazione e l'allevamento esplicano il modo in cui le nostre societ
entrano in contatto con gli altri esser senzienti. Infine, la duplice aura di maligno/salvifico alla base del
sacro che s'instaura su una vittima animale, pu essere facilmente osservate nei nostri giorni
nell'immagine del roditore usato nei laboratori: storicamente il ratto il simbolo delle grandi epidemie che
inducono a crisi sociali; tuttavia, fungendo da cavie per esperimenti medici, la loro morte li tramuta in
portatrici di cure e salvezza.
350R. Girard, Origine della cultura., p. 88.
351Interessante vedere come questa ricostruzione colleghi di fatto domesticazione con allevamento intensivo:
Plutarco si chiedeva perch non mangiamo di certo leoni e lupi per nostra difesa; al contrario, questi li
lasciamo stare, mentre catturiamo e uccidiamo le bestie innocue e manseute, prive di pungiglioni, e di
denti per morderci (Cfr. Plutarco, Del mangiar carne, trad. Donatella Magini, Adelphi, Milano 20012011, p. 58); la risposta deriva immediatamente dalla nozione di domesticazione come granaio di vittime
innocenti, la cui efficacia deriva dall'incapacit di vendicarsi.
107
offriva ricompense di adattamento migliori di quelle gi ottenute nelle economie di cacciaraccolta o di pastorizia359. I gruppi di cacciatori-raccoglitori, iniziarono a stanziarsi
stabilmente intorno ai luoghi sacri, la cui forza d'attrazione venne resa possibile dalla
potenza sacra che ogni immolazione doveva perpetuare: ben presto, tale luogo diveniva il
centro delle attivit rituali, sacre e simboliche, come seppellire semi insieme agli essere
umani, per esempio360: fu seguendo questa strada che la logica dell'agricoltura e della
domesticazione dovette radicarsi, rendendo i gruppi di cacciatori e raccoglitori in grado di
approvvigionarsi maggiormente e quindi di stabilirsi. Possiamo quindi dire che tutti i
progressi portati dalla macchina sacrificale sembrano dare adito alla sua definizione come
'meccanismo che genera conoscenza'361 in quanto lo spazio rituale uno spazio dove la
manipolazione di oggetti e di segni acquista un valore esplorativo e comunicativo362. Dallo
spazio delle prime tombe che l'uomo vide ed impar a maneggiare in modo sempre pi
abile le sue abilit cerebrali che, insieme alla societ in cui viveva, venivano continuamente
accresciute dal meccanismo vittimario: la tomba al limite il primo e l'unico simbolo
culturale363.
4.4 Regalit
La spiegazione girardiana avanza imperterrita in una serie di istituzioni complesse e
particolari: in primo luogo possiamo pensare alla concezione della 'giustizia' che,
muovendosi in modo coerente con le sue riflessioni, viene presenta come una potenza in
grado di mettere fine all'escalation della vendetta 364; interessante anche la sua sottile
notazione intorno alla figura del fabbro la cui marginalit rispetto alla societ viene
esplicata grazie al ruolo di fomentatore di possibili violenze. Molto interessante appare
invece la dimostrazione dell'origine sacrificale della monarchia. Le osservazioni sulle
monarchie africane permettono una dimostrazione del fatto che come ogni istituzione
umana la regalit innanzitutto la volont di riprodurre il meccanismo riconciliatore365.
Ne La Violenza e il sacro Girard da una chiara lettura di queste particolari e complesse
monarchie: durante la cerimonia d'intronizzazione il re obbligato a compiere una serie di
atti solitamente vietati; si osservano rapporti incestuosi (reali o teatralizzati), atti violenti,
banchetti di cibi proibiti! Queste trasgressioni non sono altro che mezzi rituali per fare del
359Ivi., 93.
360R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 93.
361Ivi, p. 94.
362Ibid.
363R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 109.
364L'ultima parola della vendetta (Cfr. La Violenza e il sacro, p. 32).
365R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 72.
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sacrificale, sembra una spiegazione molto fantasiosa, ma basta soffermarsi poco per
sciogliere le diverse difficolt; una delle celebri frasi che succedevano alla morte dei re
Il re morto, viva il re con Girard si pu guardare con sospetto: che sia
un'esemplificazione del meccanismo sacrificale, che vede nella figura del monarca morto
un essere da glorificare in quanto con la sua morte che riporta la pace? Altro interessante
esempio l'aura sacra della monarchia, fattore molto diffuso. Dire che la monarchia
sacra non vuol dire altro che perpetuare il misconoscimento della sua origine: al re non si
aggiunge una divinit, ma si pu tranquillamente supporre che avvenga proprio il contrario,
per cui la sacralit della vittima sia il primo passo, a cui si lega immediatamente la regalit,
la quale potr (o meno) diventare una carica istituzionale. Interessante osservare la
differenza tra il monarca e la divinit strettamente intesa: quando un sacrificio viene
compiuto per una divinit, viene accentuato l'aspetto del sacro gi espulso dalla societ, ed
ogni sacrificio si produrr come un sacrificio che nutre la divinit: esso in genere evolver
nell'idea di una ripetizione affievolita, destinata a produrre del sacro, ma in pi debole
quantit, e che sar anch'esso espulso, andando ad accrescere e nutrire la divinit. Da ci
deriva l'idea del sacrificio come offerta alla potenza sacra372. Ecco perch in origine
necessario che rituale monarchico e divino sia necessariamente distinti, per cui se spesso si
dice che il re un dio vivente, deve essere ricordato, con Girard, che il Dio una specie di
re morto o per lo meno assente 373.
Conclusione
Secondo la teoria di Girard, l'uomo conquista la sua attuale immagine attraverso la
ripetizione rituale di un primo linciaggio fondatore, generato dagli antagonismi mimetici; il
ritorno della pace risultato dell'assassinio di una vittima dovette generare uno stupore
eccezionale, nuovo, non istintuale, permettendo la creazione di un terreno fertile sul quale
l'edificio culturale umano pot esser innalzato. L'ipotesi di Girard, muovendo dalla fiducia
che l'autore ripone nella verit della teoria mimetica estremamente suggestiva, nonostante
presenti alcune lacune: il mio lavoro si appunto focalizzato su alcune di esse, nel
tentativo di mettere alla prova e, parallelamente, esplicitare alcuni punti non
completamente tematizzati.
Girard tratteggia grossolanamente un percorso, tenta di ritrarre i nostri lontani
antenati nel loro passato ancestrale, ricercandone i punti di forza e di debolezza: la
presenza di un cervello molto sviluppato necessita un lungo periodo di svezzamento e di
conseguenza di un duraturo legame madre-figlio; alla stregua della maggior parte dei
primati a noi pi simili, possiamo legittimamente ipotizzare l'esistenza di piccoli gruppi,
costituito da ambo i sessi, in cui gli esemplari maschili detenevano una superiorit basata
prevalentemente ma non esclusivamente sulla forza; pensando in generale agli animali
sociali, il primo problema che si staglia all'orizzonte, forse il pi grande una volta
'domato' l'ambiente esterno il controllo della violenza, la cui forza distruttiva ha un
andamento centripeto: infatti dalle dinamiche sociali che l'evoluzione culturale deve aver
preso forma.
Qui subentra il grande contributo dell'etologia. Condivido totalmente la
preoccupazione dello stesso autore nei confronti dei comportamenti animali, fonti di molta
verit riguardanti l'uomo, ma allo stesso tempo considero le osservazioni dai lui riportate
non molto sostanziose; nonostante Girard affronti il tema in modo superficiale anche a
causa di una scarsit di opere, rispetto ad oggi non possiamo comunque negare la validit
delle sue ipotesi; soffermandomi maggiormente ma non unicamente sugli studi
primatologici (da opere di J. Goodall e di F. de Waal) ho potuto saggiare e confrontare le
tesi girardiane: moltissimi autori riconoscono un ruolo fondamentale all'imitazione, sia
come fonte di apprendimento per la mera sopravvivenza, sia come mezzo in grado di
uniformare l'esemplare al resto del branco: nel terreno dei mammiferi 'superiori'
l'importanza dell'imitazione viene considerata fondamentale, ed oggi a seguito della
scoperta di neuroni specchio in alcuni primati l'attenzione al tema sta aumentando; da tali
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considerazioni, sono cos passato alle dinamiche conflittuali: questo binomio, assoluta
novit ricavata dalle opere di Girard, mi ha permesso una peculiare visione sia della
violenza sia dei rapporti sociali nei sistemi gerarchici, permettendo di verificare l'immagine
dell'uomo primitivo che l'autore del mimetismo ci presenta; scolaro di Lorenz, Girard
determina la centralit dei dominance patterns come forma delle societ animali: sistemi
sociali gerarchici, basati sulla forza (del dominante) e sulla paura (dei dominati) 374 : le
realt sociali animali riescono a funzionare proprio perch sono favorite le imitazioni
innocue e pedagogiche, ma sono vietate quelle potenzialmente conflittuali, in quanto il
maschio (od il gruppo) di rango pi elevato ne detiene la propriet; nel caso dei bonobo e
degli scimpanz sia in natura che in cattivit sono documentate vere e proprie 'regole di
precedenza e supremazia' , soprattutto nel caso dell'accoppiamento o durante i pasti: i
maschi di rango elevato, raggiungendo i compagni intenti a mangiare, esibiscono la loro
forza per poi appropriarsi dell'alimento che pi li aggrada, anche sottraendolo a chi lo
detiene; lo stesso vale per l'accoppiamento: il rango che determina la precedenza,
eliminando il pi possibile la lotta. Tutte queste 'regole sociali' contribuiscono a dissuadere
il conflitto; questo non vuol dire afferma l'inesistenza della dimensione aggressiva: su di
essa che si basa la gerarchia, ed proprio quando lo status quo viene minacciato da
atteggiamenti che invadono le 'propriet' del maschio di rango elevato che le tensioni e i
conflitti aumentano di livello; l'osservazione dei primati ci permette una comprensione
complessiva delle diverse possibilit di 'ritorno alla pace' (ordine) in seguito ad uno
scontro; quando ad esempio un giovane eccede il suo rango, pu essere rimesso al suo
posto da una semplice carica di esibizione dell'esemplare alfa, la cui ferocia (dimostrativa)
genera una paura (e una conseguente rinuncia dei propri desideri) da parte
dell'insubordinato; se motivato, per, il giovane risponde alla minaccia aggressiva del
maschio dominante, inaugurando un periodo di tensioni e di manifestazioni di potenza
rituali: chiaro che qui abbiamo di fronte delle dinamiche 'mimetiche' e conflittuali molto
simili a quelle osservate negli uomini. I maschi che si sfidano non perdono occasione per
minacciare il rivale con cariche dimostrative sempre pi pericolose e spettacolari; la
tensione aumenta notevolmente, ed ai primi 'rituali' di minaccia reciproca, segue lo scontro
vero e proprio: raramente, per, questo si conclude con la morte dei duellanti e ci grazie ai
complessi segnali d'inibizione e di sottomissione, che determinano la fine repentina dello
374Nel caso degli scimpanz e dei bonobo si spesso parlato di una vera e propria vita politica
'machiavellica': bisogna ancora una volta notare che, proprio come noi, anche tali primati hanno subito
una notevole evoluzione, e possiamo identificare in questi 'giochi di corte' dei primati un ulteriore punto
in comune con tali affascinanti esseri: ma stando cos le cose, bisogna tentare di spiegare l'evoluzione di
questi atteggiamenti (proprio come il caso dell'empatia e dell'altruismo).
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determina un nuovo ordine (culturale), che a tutti gli effetti nato da un disordine. Non
tutto: il nuovo ordine culturale, si presenta necessariamente pi complesso di quello
precedente, garantendo una fonte inesauribile di complessit: ci che chiamiamo Cultura!
La teoria di Girard, vista in quest'ottica, riesce a spiegare il cammino dell'uomo, che,
nonostante le tante atrocit compiute nella storia, riuscito a raggiungere delle vette
intellettuali, artistico-produttive davvero eccezionali; questo grazie alla Cultura, un
principio d'organizzazione, nato dal disordine ed in grado di garantire una complessit
apparentemente inesauribile: tutto questo, senza appellarsi (almeno in queste opere) ad
alcuna entit superiore, ma semplicemente a considerazioni contingenti e sociali.
L'interesse che quest'ipotesi pu dimostrare facilmente comprensibile: non resta altro che
completare sempre pi il quadro ancestrale, nel tentativo di trovare conferme o smentite.
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http://www.imitatio.org/thinkingthehuman/Papers_files/Naturalizing%20Mimetic
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http://www. science.societe.free.fr/documents/pdf/STS5_Dupuy_et_Dumouchel.pdf
Altre:
http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/li-futuro-dei-neuroni-specchio
http://cultura-nuova.blogspot.it/2012/09/evoluzione-intervista-ian-tattersall.html
http://www.lescienze.it/news/2013/02/14/news/tradimento_e_nella_societ_dei_babbuini1506763/
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http://www.lescienze.it/news/2008/10/13/news/il_bonobo_a_caccia_di_primati-578065/
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