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Franco Bianchi

Essere felici
ORA!
Una persona felice è una persona sana

eBook acquistato da rosalba faraci


Franco Bianchi

Essere felici ORA!

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Franco Bianchi

Essere felici ORA!


La coscienza parla attraverso il corpo:
una persona felice è una persona sana

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Collana diretta da Manuela Pompas

© 2015, Tecniche Nuove, via Eritrea, 21 – 20157 Milano


Redazione: tel. 0239090273, fax 0239090255
libri@tecnichenuove.com
Vendite: tel. 0239090440, fax 0239090373
vendite-libri@tecnichenuove.com
www.tecnichenuove.com

ISBN 978-88-481-8062-7

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publisher.

Copertina di JDT, Milano


Stampa: Rotolito Lombarda, Pioltello (MI)
Realizzazione editoriale: Nuova Videostena, Milano
Finito di stampare nel mese di marzo 2015

Printed in Italy

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Indice
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ix

Prologo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . xiii

Capitolo 1
Le discipline scientifiche supportano la visione olistica:
“SIAMOTUTTIUNO” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

Capitolo 2
Il pensiero positivo. Le emozioni come chiave
di comunicazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

Capitolo 3
Il potere della mente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

Capitolo 4
Le onde Alfa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Capitolo 5
Siamo esseri di energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

Capitolo 6
I Chakra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

Capitolo 7
Come si realizza il processo di guarigione. Tutto inizia
dentro di noi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

Capitolo 8
Il Karma, il Dharma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

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Capitolo 9
Il processo che chiamiamo morte . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

Capitolo 10
Siamo tanti ruoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

Capitolo 11
Cosa rappresentano i genitori, veri totem
della nostra esistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

Capitolo 12
Il triangolo Autorità, Ribellione, R-evoluzione . . . . . . . . 115

Capitolo 13
La metodica TST: Traslazioni Spazio Temporali . . . . . . . 129

Capitolo 14
I tempi che stiamo vivendo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145

Capitolo 15
Cenni sull’alimentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159

Capitolo 16
Chi siamo noi veramente? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175

Appendice
Storie di successo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179

VI ESSERE FELICI ORA!

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Questo libro è frutto di un lungo lavoro:
non avrebbe mai visto la luce senza l’appoggio
di Carme, la mia compagna,
e di tanti collaboratori e amici
che mi hanno spinto a scriverlo.
A tutti loro va la mia dedica,
ma anche il mio ringraziamento.

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Presentazione
L’intenzione di chi scrive un libro può essere quella di narrare
una storia o un racconto, che può essere di pura fantasia o attin-
gere alla propria esperienza; oppure, chi sceglie un taglio saggi-
stico può esporre delle teorie personali, riportare delle scoperte
o sviluppare delle materie d’interesse sociale, economico, psico-
logico, scientifico. Franco Bianchi è andato oltre il mero saggio
di divulgazione e nelle sue pagine ha tracciato un itinerario, che
in passato ha percorso lui stesso – e che gli ha cambiato la vita
– in una ricerca di crescita personale, esplorando vari ambiti
di tipo scientifico, psicologico spirituale, che ognuno può poi
approfondire seguendo la sua traccia (beh, un po’ più che una
traccia) con il fine che è indicato dal titolo Essere felici ORA!,
ma che sottintende anche altri input, “sii consapevole, centrato,
sano, connesso”.
Da buon bocconiano, Bianchi ha una solida base culturale
e un passato di vent’anni nelle aziende, anche come dirigente.
Quindi, anche quando affronta un mondo spesso (apparente-
mente) labile e periglioso come quello dello sviluppo delle fa-
coltà psichiche o sciamaniche, non abbandona la sua capaci-
tà critica e razionale. Anzi, conoscendolo da molti anni direi
che ha trovato un buon bilanciamento tra emisfero sinistro ed
emisfero destro, ovvero tra logica, razionalità, strategia e intu-
izione, fantasia e creatività. Per questo si può proprio definire
operatore olistico, nel senso che ha una visione globale della
realtà (l’assioma “Tutto è Uno” è la partenza e il finale del libro),
quella che tenta di trasmetterci con questo libro, che affronta
l’evidente cambiamento in atto a livello planetario, economico
e culturale della nostra epoca. Stiamo entrando in un’era in cui
è necessario attuare un’operazione di risveglio ed essere padroni
(per quanto è possibile) della propria vita e della propria salute.
Ognuno di noi è la somma dell’educazione e quindi dei modelli,

IX

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dei condizionamenti, delle credenze che abbiamo assorbito, ma
possiamo cambiare, così come possiamo cambiare il ruolo che
recitiamo nella vita. Ognuno di noi è sceso sulla Terra con un
compito specifico e per fare esperienza deve sostenere la sua
parte proprio come un attore: come diceva Shakespeare, il più
grande palcoscenico è quello della vita. Ogni ruolo è importante
al fine dell’evoluzione e anche chi ne sostiene uno che noi giu-
dichiamo negativo ci sta insegnando qualcosa, è lo specchio di
una parte di noi di cui non siamo consapevoli.
Proponendoci questo tipo di teorie, Bianchi integra la psico-
logia occidentale con le filosofie orientali, non disdegnando di
parlarci anche di Dharma (la via dell’illuminazione) e di Karma
(la legge di causa-effetto che regola ogni evento dell’esistenza).
E a proposito di ruoli, un paio di capitoli sono dedicato all’ap-
profondimento delle relazione, soprattutto famigliari, tra geni-
tori e figli.
In questo percorso l’autore, la cui vita è stata trasformata
dall’incontro con tecniche apparentemente semplici come la di-
namica mentale e la meditazione (che tutti dovremmo utilizza-
re regolarmente), ci introduce alla fisica quantistica, che sta ri-
voluzionando la scienza e la psicologia attraverso grandi assunti
che non riguardano solo la natura dell’elettrone (ad esempio,
il fatto che esso può essere al contempo onda e particella), ma
anche la realtà che non possiamo più vedere come puramente
materiale, dato che tutto è energia. Quindi esiste una realtà e
una mente non locale, non connessa necessariamente quest’ul-
tima con il cervello e con lo spazio-tempo ordinario. La realtà è
illusione, come ci dicono da millenni i testi sacri orientali e noi
interagiamo con essa, anzi ne siamo co-creatori.
L’autore passa quindi da una visione estesa, che riguarda le
leggi dell’energia e dell’universo, a una più collegata all’indivi-
duo e ai suoi processi mentali, affrontando le dinamiche psico-
logiche, legate alle emozioni, per lui un punto fondamentale,
essendo la chiave per comunicare, ma anche per leggere e crea-
re la nostra realtà, per approdare al pensiero (positivo) che può
modificare il nostro modo di vivere. Quindi il libro procede con

X ESSERE FELICI ORA!

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l’uso appropriato dell’immaginazione: poiché il cervello non di-
stingue tra un’esperienza reale e una solo immaginata, se noi
utilizziamo immagini appropriate possiamo eliminare le paure,
lavorare sui conflitti, sulle problematiche psicologiche, ma an-
che sullo stato di salute e addirittura guarire: famoso l’esempio
di Simonton, il chirurgo americano che ha ottenuto notevoli
risultati in campo oncologico utilizzando questo strumento.
Ma ancora, ritorniamo alla fisica quantistica: ognuno di noi è
immerso in un campo energetico, formato dalle sue frequenze,
da emozioni e pensieri, che interagisce con quello delle persone
che ci circondano, creando dei campi morfici (Shaldrake).
Un altro occhio di riguardo è rivolto alle problematiche le-
gate alla salute e alla malattia – e al suo significato – soprattutto
da un punto di vista psicologico ed energetico, di cui l’autore
si occupa in modo specifico con i suoi seminari, come il corso
Love Heals - L’Amore Guarisce. Essere sani dipende dal nostro
modo di pensare e di affrontare la vita: per stare bene occorre
realizzare la felicità.
Per concludere, un libro impegnato ma di facile lettura, che
ci offre numerosi spunti (e strumenti) per ampliare il nostro
orizzonte culturale e psicologico e soprattutto per guardarci
dentro e trovare la spinta per lavorare su noi stessi e ottempera-
re, come dice Fromm, al più importante compito dell’individuo:
dare alla luce se stesso.

Manuela Pompas
Giornalista, scrittrice,
direttore Karmanews.it

PRESENTAZIONE XI

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Prologo
Ciò che presento in questo libro è la base teorica del metodo di
crescita personale e spirituale che porta il mio nome, il frutto
delle mie esperienze, è la mia verità.
Da anni sentivo la necessità di scriverlo e ora è arrivato il
tempo. Per questo ci ho messo tutto l’entusiamo e l’amore pos-
sibile, perché l’argomento che tratto riguarda ciò che sono ve-
nuto a fare in questo mondo.
Sono sempre stato convinto che ognuno di noi crei la pro-
pria realtà e che tutto ciò che osserviamo sia collegato; per-
tanto ogni affermazione è riscontrabile sempre, si tratta solo
di cercarla in differenti livelli di esistenza. È un po’ come se
salissimo con un ascensore in una casa di sette piani: a ogni
piano, uscendo sul balcone, avremmo una visuale differente.
Al primo vedremmo solo la casa di fronte, al settimo potrem-
mo anche scorgere le montagne attorno e vedere più in basso
le case di fronte allo stabile. Ciò che cambia è il punto di os-
servazione e con esso la percezione della nostra realtà, ma la
casa è sempre quella. Pertanto tutti i punti di vista sono veri, o
anche tutti falsi e anche questa affermazione potrebbe esserlo.
Ciò che mi ha sempre attratto è trovare i punti di contatto tra
differenti discipline e notare come tutti, al di là di ciò che appa-
re, dicono la stessa cosa. Ma se la verità assoluta non esiste su
cosa posso appoggiarmi per le mie certezze?
Sperimentare nuovi approcci è la nostra libertà.
In uno di questi noi creiamo la nostra realtà, tutto ciò che
viviamo e percepiamo ha inizio in noi, lì è l’origine della nostra
vita. È come se ognuno di noi fosse dentro una bolla colorata
e ciò che vediamo è un mondo colorato del colore della bolla e
le informazioni che ci arrivano dall’esterno saranno esse pure
colorate nel medesimo modo. Quindi ciò che percepiamo è un
“qualcosa” modificato da un filtro di cui ignoriamo l’esistenza

XIII

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e che non sappiamo neppure quanto possa essere distorcente.
Non conoscendo il meccanismo traiamo la conclusione che
ciò che stiamo percependo sia la “realtà oggettiva”. Ma la bol-
la l’abbiamo creata noi proprio attraverso le nostre credenze e,
quindi, ciò che vediamo e percepiamo, e che chiamiamo “real-
tà”, è solo una proiezione di noi stessi, delle nostre idee, le no-
stre emozioni sulla parete interna di questa bolla; quindi ciò che
sperimentiamo in questa esistenza è solo una proiezione di noi
stessi e del nostro modo di percepire la vita. Pertanto, visto che
dipende da noi, possiamo creare qualunque tipo di vita, anche
una vita felice, senza avere certezze né verità assolute. La felici-
tà, per me, è fare sempre di più ciò che mi piace fare e sempre di
meno ciò che non amo fare.
Non sappiamo cosa sia la realtà, ma abbiamo una scelta: con-
tinuare a non saperlo ed essere felici, oppure continuare a non sa-
perlo ed essere infelici. Io propendo spudoratamente per la prima
possibilità sapendo che essa può diventare la mia certezza. Allora
essendo tutto relativo, ogni cosa è potenzialmente realizzabile.
Così potremmo anche scorgere cosa c’è oltre Biancaneve, al di
là delle illusioni e delle fiabe. Non è la verità, solo una in più.
“Matrix è ovunque. È intorno a noi, anche adesso nella stan-
za in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra,
o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro,
quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è
stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.
- Quale verità?
- Che tu sei uno schiavo, Neo. Come tutti gli altri sei
nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre,
non ha catene, non ha odore: una prigione per la tua mente.
Nessuno di noi, purtroppo, è in grado di descrivere Matrix agli
altri. Dovrai scoprire con i tuoi occhi che cos’è. Se prendi la
pillola azzurra domani ti sveglierai nella tua stanza e penserai
a ciò che vorrai, pillola rossa resterai nel paese delle meraviglie
e vedrai quanto è profonda la tana del bianconiglio. Ti sto of-
frendo solo la verità, ricordalo, niente di più.”
Non conta aver ragione, cioè scoprire la verità, ma essere felici!

XIV ESSERE FELICI ORA!

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1
Le discipline scientifiche
supportano la visione
olistica: “SIAMOTUTTIUNO”
Analizzando e valutando ogni giorno tutte le idee, ho capito
che spesso tutti sono convinti che una cosa sia impossibile,
finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la realizza.
(Albert Einstein)

Cosa c’è oltre il mondo illusorio, la Maya per gli orientali o Bian-
caneve per le nostre fiabe? Possibile che la vita sia solo quello
che vediamo e tocchiamo con mano?
Mi sono sempre chiesto chi sia l’uomo, vecchio cavallo di
battaglia dei filosofi di ogni epoca. Pur non reputandomi filo-
sofo, questa domanda ha esercitato un enorme fascino più mi
addentravo nel pensiero scientifico: all’università ho scoperto
l’esistenza della filosofia della scienza. La parapsicologia è sta-
ta un’ovvia strada da percorrere, così come lo studio di tutto
ciò che non potevamo spiegarci e che la scienza ufficiale liqui-
dava come inesistente, cioè frutto di errori valutativi o peggio
di trucchi, oppure frutto del caso. Eppure proprio la statistica
affermava l’esistenza della telepatia già negli anni Settanta at-
traverso il lavoro di Rhine. Questi effettuò un numero molto
elevato di prove utilizzando delle carte particolari, nominate
Zener, le quali indicavano 5 simboli: il cerchio, il quadrato, la
stella, l’onda, la croce. Il mazzo includeva 5 carte per ogni sim-
bolo per un totale di 25 carte e l’esercizio consistette nell’avere

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a disposizione due individui, uno identificato come trasmetti-
tore e un altro come ricevente, posti in stanze separate e senza
alcuna comunicazione possibile tra loro, né ottica, né acustica.
Il trasmittente mescolava le carte e iniziava a scoprirne una per
una cercando di trasmettere “mentalmente” il simbolo che ap-
pariva. Tenuto conto che il numero di azzeccamenti casuali, su
un numero elevato di prove, è di 5, qualora i risultati si fossero
discostati in modo significativo da questo dato si sarebbe potuto
dedurre provocato dalla telepatia. I dati prodotti da Rhine con
dei “sensitivi” fornirono scostamenti molto rilevanti, tali da de-
durre che fosse molto più semplice e ovvio, da un punto di vista
statistico, pensare all’esistenza della telepatia.
Prove successive realizzate con animali appurarono cose an-
cora più interessanti: partendo sempre dall’idea dell’esistenza
di un trasmettitore e di un ricevente, si cercò di realizzare una
schermatura in grado di isolare il ricevente. Il tipo di schermo
installato avrebbe potuto identificare il tipo di “onda” di tra-
smissione in atto. Imbarcarono una scrofa, che aveva appena
partorito, su un sommergibile inabissatosi di parecchie centi-
naia di metri di profondità. A un orario prestabilito a terra qual-
cuno uccise uno dei maialini (purtroppo la scienza commette
simili nefandezze) e allo stesso momento la madre cominciò a
dare segni di profonda irrequietezza, nonostante la distanza, la
profondità degli abissi e il fatto che il sottomarino stesso, essen-
do di metallo, rappresentasse una gabbia di Faraday cioè una
schermatura molto forte. Aveva ancora senso parlare di trasmet-
titore e ricevente? Forse, ancora una volta, un caso? Ma cosa è
“il caso” per la scienza?
Quando Galileo e Newton posero le basi della scienza moder-
na, in particolare della fisica, il pensiero basilare era (ed è tutto-
ra): un esperimento per essere valido e considerato scientifico
deve potersi riprodurre a piacere sempre con gli stessi risultati.
Ma avveniva sempre così? No, non sempre. Quando gli scien-
ziati si divertirono a far cadere dei gravi di ogni tipo per verifi-
care l’accelerazione di gravità su un numero molto elevato di
prove, ottenevano quasi sempre lo stesso dato inoppugnabile.

2 ESSERE FELICI ORA!

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Tuttavia in un numero modestissimo di prove il risultato non
era proprio identico, anche se molto simile. Gli scienziati, però,
non sapevano a cosa imputare questo scostamento modesto di
risultato: decisero di imputarlo “al caso”. Curiosamente, visto
così, questa parola aveva un altro significato da quello oggi uti-
lizzato: “una spiegazione ci sarà, ma non so qual è”. La parola
caso qui assume il significato di: non ci capisco nulla.
Dunque quando gli scienziati moderni archiviano evidenze
interessanti imputandole al caso ci stanno dicendo: non capisco
nulla, preferisco non toccare l’argomento e restare sul sicuro
nella mia zona di comfort dove tutto è spiegato, o quasi, piutto-
sto che migrare in una nuova dimensione ignota e, per questo,
piena di ostacoli. Ragionamento molto umano, ma poco scien-
tifico.
Jung, allievo di Freud, sosteneva l’ipotesi delle coinciden-
ze sincroniche: in pratica nulla accade per caso. Significativo
è stato il fatto che ha scatenato e portato successivamente a
queste consclusioni l’illustre psicoanalista. Egli stava lavoran-
do con una paziente, nel suo studio in Svizzera tedesca, donna
con la quale non riusciva ad avere risultati tanto da decidere di
troncare l’analisi. Il giorno prescelto per comunicarle la fine
della terapia, la donna arrivò molto trafelata e turbata da un
sogno fatto: uno scarabeo dorato le aveva indicato la strada da
percorrere, un sogno ritenuto dalla donna molto veritiero. Del
resto lo scarabeo dorato, presente in Egitto da secoli, era uno
degli animali considerato sacro dagli antichi Egizi. Mentre la
paziente stava raccontando il sogno, proprio in quel momento,
si udì un forte rumore proveniente dalla finestra: uno scarabeo
dorato si era scontrato contro il vetro della finestra dello studio
di Jung. Ciò che colpì lo psicoanalista fu non solo l’inspiegabile
e fortemente anomala presenza di un simile animale in Svizzera
tedesca, ma, soprattutto, la contemporaneità dei due eventi così
insolita e curiosa da fargli ritenere che la casualità non potesse
esistere.
Un altro grande fisico, Albert Einstein, era un negazionista
della casualità e asseriva che “Dio non gioca a dadi” indicando

1 – LE DISCIPLINE SCIENTIFICHE SUPPORTANO LA VISIONE OLISTICA... 3

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così che per ogni evento doveva esserci un motivo generante
l’evento stesso, quello che in oriente viene definito legge del
Karma. Ma lo approfondiremo più avanti.
I nostri ragionamenti si basano su tutto ciò che si vede, si
tocca, si misura: ovvero su tutto ciò che entra nello spettro di
luce che noi percepiamo e che va dal rosso al viola. Tutto ciò
che è al di fuori da questo range, infrarosso e ultravioletto, non
essendo percepito dall’occhio umano non viene preso molto in
considerazione, se non dagli scienziati in certi momenti. Ma
quanto “pesa” lo spettro luminoso che va dal rosso al viola ri-
spetto a tutto ciò che gli scienziati ipotizzano esistere?
La risposta è: solo il 5%!! E il dato sembra calcolato in ec-
cesso perché altri arrivano allo 0,5%. Significa che c’è probabil-
mente un 95% che ipotizziamo esistere, ma che generalmente
non viene preso in considerazione, né studiato, perché non visi-
bile. Allora quando pensiamo alla “realtà” di cosa stiamo parlan-
do? Che cosa sappiamo veramente? Io so di non sapere, questa
è l’unica cosa che possiamo affermare con ragionevolezza dalla
notte dei tempi.
Nella fisica quantistica la situazione, semmai fosse possibi-
le, peggiora visibilmente. Nello studio del comportamento delle
particelle, elettroni ad esempio, vediamo che essi si comportano
in modo apparentemente singolare: a volte sono corpuscoli e
altre onde, contraddicendo la fisica classica che descriveva un
evento in un sol modo. Addirittura sembra che la materia ob-
bedisca a leggi non ancora scoperte o che abbia un’intelligen-
za intrinseca che ci sfugge. Nell’esperimento di Bell, ripreso da
Rosen, particelle di materia, fotoni gemelli aventi identiche ca-
ratteristiche, allontanate di ben 22 chilometri tra loro e anche
dal luogo dell’esperimento si comportavano “arbitrariamente” e
istantaneamente sempre allo stesso identico modo tra loro, ben-
ché non ci fossero informazioni precedentemente determinate.
Ogni particella ha un suo “spin” cioè ruota su se stessa, come un
minuscolo pianeta; quando a una delle due veniva invertito lo
spin l’altra particella, seppur separata dalla prima di parecchio,
istantaneamente faceva altrettanto. Ciò che sconvolgeva gli

4 ESSERE FELICI ORA!

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scienziati era l’istantaneità del fenomeno, ossia la negazione di
una comunicazione tra le due particelle che avrebbe provocato,
come conseguenza, un lieve ritardo. Le due particelle si stavano
comportando come se fossero state la stessa cosa: il tempo e lo
spazio cessano di esistere come noi lo intendiamo e appare come
se tutto fosse collegato. C’è qualcosa che unisce tutta la materia,
quel “campo” che vari scienziati, a partire dal grande Newton,
dicevano esistere: lo chiamarono etere, nome preso a prestito
addirittura dai filosofi greci e dagli alchimisti, un unificatore
della materia. Questo campo rappresenta una sorta di gigante-
sca trama e ordito sul quale si formano immagini olografiche
tridimensionali, ciò che chiamiamo realtà. Per questo Gregg
Braden conia il nome di Matrix, matrice, che esistendo ovunque
e unendo qualunque cosa abbia a che vedere con l’energia come
la materia, i fluidi, il calore, il suono, la gravità, l’elettromagne-
tismo, noi stessi… non può che essere “Divina” ovvero una sorta
di Dio energetico immenso e dotato di intelligenza intrinseca
nel quale siamo immersi.
Questo ci porta a un’altra conclusione: siamo tutti uniti, sia-
mo tutti appartenenti alla stessa cosa, la Matrice Creatrice che
permette la creazione. I fisici chiamano questo misterioso col-
legamento tra tutto ciò che esiste “entanglement quantistico”.
Se siamo tutti uniti sarà allora possibile comunicare anche
con il mondo vegetale?
Peter Tompkins ha fatto numerosi studi e ha scritto un best
seller: “La vita segreta delle piante”. In questo libro sono do-
cumentati svariati esperimenti fatti con le piante. In uno dei
primi si volle verificare se una pianta fosse in grado di reagire
in qualche maniera definibile come “intelligente” mettendola a
contatto col fuoco e verificare le reazioni della pianta stessa: per
esempio se fosse stata in grado di reagire spostando linfa nel suo
interno e dimostrando, così, una sorta di reazione non casuale.
Venne acceso un fiammifero sotto una foglia e le reazioni della
pianta vennero misurate attraverso un lie detector, la macchina
della verità, con dei sensori posti sulle foglie. La macchina indi-
cò una reazione piuttosto significativa, ma non quando gli speri-

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mentatori accesero il fiammifero, bensì quando decisero di farlo!
Gli esperimenti fatti sono stati numerosi e continuano
tutt’ora con risultati eclatanti. Negli Stati Uniti, anni fa, venne
utilizzato in un processo penale, e solo come prova indiziaria,
un geranio in quanto testimone di un omicidio e la pianta pare
abbia riconosciuto l’omicida reagendo fortemente alla sua pre-
senza, sempre leggendo le sue reazioni attraverso lo stesso lie
detector. È facile comprendere come anche le piante possano
reagire a determinati stimoli, come se “capissero” ciò che sta ac-
cadendo attorno a loro, perché anche loro fanno parte dello stes-
so campo di energia, della stessa matrice. Ancora più compren-
sibile diventa l’interazione con il mondo animale, ma potrebbe
valere lo stesso ragionamento anche con il regno minerale?
Il dr. Nelson, dell’università di Princeton, svolse numerosi
esperimenti a partire dagli anni ’90. Voleva verificare la possi-
bilità che emozioni collettive potessero influenzare la materia.
Vennero realizzate, e distribuite per il mondo, in particolare
Europa e Stati Uniti, fino a 75 computer che generavano in con-
tinuazione numeri binari di 17 cifre in maniera “casuale”. Si
voleva verificare se e quando questi eventi “random” potessero
essere significativi ad esempio generando dati “limite”, cioè for-
temente inusuali, quali numeri composti da una serie di zero o
di uno. Questo esperimento, chiamato “Coscienza di gruppo”,
ha dato risultati statisticamente molto significativi in due occa-
sioni, in particolare quando alcuni eventi hanno catalizzato l’o-
pinione pubblica scatenando emozioni simili in gran quantità:
la prima volta fu il 31 agosto 1997 con la morte della principessa
Diana Spencer, e la seconda l’11 settembre 2001: le emozioni
sono un ponte di collegamento tra noi e la materia.
Masaru Emoto è un simpatico studioso giapponese che da
decenni crea e sviluppa esperimenti con l’acqua. L’idea è sem-
plice: raccoglie campioni d’acqua di vario tipo, da acque di luce
come quella di Lourdes a quelle dei fiumi più inquinati al mon-
do, e li sottopone a vibrazioni come musiche, parole, ma addirit-
tura mettendoli in bottiglie recanti etichette con scritte di vario
genere, come ti amo, oppure ti odio, Hitler, gratitudine, amore,

6 ESSERE FELICI ORA!

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anche in differenti lingue. Quindi congela l’acqua creando cri-
stalli eppoi li fotografa: lo spettacolo ha inizio. Le foto rendono
l’idea meglio di qualunque parola: magnifici cristalli di grande
armonia, simili a perle finemente lavorate dal più abile orafo,
appaiono nell’acqua prelevata da contenitori recanti le scritte
positive come amore e riconoscenza, le due parole che produco-
no più risultati secondo Emoto; orribili cristalli informi, brutti
a vedersi, per l’acqua prelevata dai campioni recanti le scritte “ti
odio” o “Hitler”.

mozart symphony imagine - john lennon love fujiwara before prayer

peace thank you i will kill you fujiwara after prayer

Ecco alcuni esempi di fotografie dei lavori di Emoto tratti da Google.

L’acqua, ci dimostra Emoto con centinaia di migliaia di espe-


rimenti, ha una sorta di memoria, come un quaderno che può
essere compilato continuamente; ma l’essere umano è compo-
sto per circa il 70% di acqua. Che accade quando beviamo acqua
mentre stiamo ascoltanto le “piacevoli” notizie del telegiornale?
L’acqua in noi contenuta viene programmata continuamente a
nostra insaputa e ciò indica che tutto è collegato: che cosa po-
trebbe provocare tutto ciò?
Heisemberg, altro grande fisico, nel 1929 con il principio di
indeterminazione ci dice cose fantastiche: non possiamo deter-
minare contemporaneamente direzione e velocità di una parti-
cella, ma solo uno dei due dati, quindi non ci è possibile cono-
scere la sua posizione. Uno dei corollari ci dice che ogni esperi-

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mento mostra un risultato influenzato, quindi modificato, dalla
presenza di uno sperimentatore. Ma non sappiamo di quanto ci
stiamo discostando dal risultato dell’esperimento in sé, poiché
senza sperimentatore non potremmo misurare l’esperimento
stesso. Sembra Comma 22, famoso film degli anni ’70, nel quale
Yossarian, il protagonista, un pilota d’aereo da caccia americano
nella guerra di Corea, vorrebbe chiedere di essere esonerato dal
volo causa stanchezza, ma scopre che l’unico modo di essere
esonerato è essere dichiarato pazzo dai medici militari, cosa che
essi si guardano bene dal fare. Ma se sollecitasse i medici a esse-
re esonerato dimostrerebbe inevitabilmente di essere tutt’altro
che pazzo!
Questo ci dice che l’esperimento e lo sperimentatore appar-
tengono allo stesso fenomeno, che non c’è separazione tra l’uno
e l’altro e che, ancora una volta, siamo tutti collegati a questa
matrice unificante e intelligente che permette le trasmissioni
di ogni cosa.
Quando osserviamo la chimica, la biologia, la medicina, la
matematica siamo soliti definire ogni singola branca, dando del-
le delimitazioni, individuando un campo di studi preciso. Esse
studiano la vita e la materia secondo le proprie prospettive e solo
quelle: la psiche, le emozioni, il corpo umano sono vissute come
realtà separate. La PNEI (psico-neuro-endocrino-immunologia)
che la biologa Candace Perth introdusse con i suoi lavori nei pri-
mi anni ’70, ci dice proprio che emozioni, mente, corpo sono tut-
ti quanti collegati tra loro e pur rispondendo agli stimoli, ognu-
no a modo proprio, influenzano a matrice gli altri sistemi di cui
siamo composti. Anche nel nostro interno siamo una sola cosa,
pur mantenendo la nostra individualità continuiamo a far parte
della stessa gigantesca unità, come un enorme gioco di scatole
cinesi. Sappiamo che ogni scienza avrà la propria spiegazione
per ogni situazione rilevata a vantaggio dei sostenitori di quella
disciplina. Potremo trovare evidenze di un certo comportamen-
to causate dalla psiche come da un gene del nostro DNA: ma se
tutto è collegato ogni parte avrà la propria funzione inserita nel
globale.

8 ESSERE FELICI ORA!

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Allora quando osserviamo un essere umano, ma in effetti
qualunque cosa, diventa particolarmente utile un approccio oli-
stico, un punto di vista globale. Quando modifichiamo una par-
te di esso aspettiamoci ripercussioni in altri livelli dello stesso
essere. Questa è la spiegazione di quel famoso detto di Lao-Tzu:
“Quando una farfalla sbatte le ali, dall’altra parte del mondo
scoppia un uragano”.
Ecco spiegato come mai posso delicatamente massaggiare
la schiena di una persona e vedere emozioni sgorgare sponta-
neamente dal soggetto, ad esempio con un pianto sommesso,
così come accade nella tecnica di “Tocco col cuore” di Antoni-
no Furfaro; oppure posso modificare abitudini solo attraverso
l’uso dell’immaginazione creativa, ma potrò ottenere gli stessi
risultati anche sostituendo una piccola parte del DNA. In pratica
scopro che corpo, mente, emozioni, spirito sono tutti collega-
ti e che l’equilibrio di un individuo con se stesso e col mondo
circostante è dato dalla coerenza di legame di questi livelli tra
loro: la matrice funziona in contemporanea dentro e fuori di
me, come diceva Ermete Trismegisto: così in alto come in basso,
tanto dentro come fuori!

Ma da dove posso iniziare? Dove sta il bandolo della matassa?


Qual è il linguaggio usato per collegare tutti questi piani di cui
noi siamo fatti?
La chiave di comunicazione all’interno della matrice, al di là
di tempo e spazio, sono le emozioni!
Non c’è nessuna razionalità, anzi essa è bandita: solo emo-
zioni. Sono le emozioni che fanno “reagire” una pianta, una
serie di computer o comportamenti umani; a maggior ragione
saranno le emozioni che potranno mettere in comunicazione i
diversi livelli di cui ognuno di noi è composto.
È esattamente così che creiamo la nostra realtà olografica
tridimensionale sulla Grande Matrice: attraverso le nostre per-
cezioni, le nostre credenze, ovvero pensieri associati a emozio-
ni. Le credenze sono il modo con il quale noi percepiamo la no-
stra realtà, la nostra vita. Noi creiamo continuamente la nostra

1 – LE DISCIPLINE SCIENTIFICHE SUPPORTANO LA VISIONE OLISTICA... 9

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realtà tutte le volte che crediamo in qualche cosa, qualunque
essa sia, non importa a cosa stiamo pensando o credendo, essa si
concretizzerà perché andrà a influenzare la realtà circostante.
Diceva H. Ford: qualunque cosa penserai o crederai sappi che
avrai sempre ragione; W. Disney raccontava che prima di realiz-
zare qualunque cosa l’avrai prima pensata e Goethe specificava
“Qualsiasi cosa tu possa fare, o sogni di poter fare, dalle inizio.
L’ardimento ha in sé genialità, potenza e magia”.
Questo è il succo vero del pensiero positivo e la spiegazione delle
“previsioni che si autoavverano”: quando un pensiero diventa il
modo di intendere la realtà, essa si conforma ai nostri pensieri:
se è positivo genererà situazioni positive, così come anche il
contrario. Tutti noi siamo veramente creatori. Quella cosa che
chiamiamo “realtà” è solo una mera finzione perché è “solo”
uno specchio di ciò che è dentro di noi, nulla esiste come noi
crediamo. Ma nel contempo, una volta creata questo tipo di re-
altà, essa funziona per noi come se fosse un valore assoluto.
Abbiamo bisogno di sapere chi siamo sempre di più e seguire
la strada che porta a scoprire ciò che è al di là del conosciuto
verso l’ignoto. Curiosamente questa è la definizione di processo
iniziatico.
Non solo ogni scienziato, ma anche ognuno di noi può se-
guire un percorso di tal genere tutte le volte che segue una via
di conoscenza senza preconcetto alcuno. La strada iniziatica ha
una sola meta, un solo obiettivo: essere felici. Forse questo vale
anche in questo istante per te che leggi. Verifica, eppoi senti che
cosa accade dentro di te. Impara a fidarti del tuo sentire.
Ricordo, con tenerezza, un articolo apparso in una rivista per
dentisti 25 anni fa e che iniziava con: “finalmente ci siamo ac-
corti che attaccato a un dente c’è un essere umano!”.

10 ESSERE FELICI ORA!

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Il pensiero positivo.
Le emozioni come chiave
di comunicazione
Cambia modo di pensare e cambierai il tuo mondo.
(Norman Vincent Peale)

La chiave per la creazione e la comunicazione


sono le emozioni
Che cosa crea le emozioni? Cosa le mette in moto?
In prima istanza sono i pensieri. Noi abbiamo una marea di
pensieri, continuamente. Alcuni affermano che “i pensieri arri-
vano e non so come scacciarli” come se i pensieri avessero vita
propria tale da comandare la propria vita. Ma chi, se non io, sono
il padrone dei miei pensieri? Quindi sono io, e solo io, che posso
dirigerli e scegliere che tipo di pensieri desidero avere. Se mi
dovessero comunicare d’aver vinto il primo premio della lotteria
e chi me lo sta dicendo fosse autorevole ai miei occhi, ci crede-
rò e mi sentirò bene; se la stessa fonte mi dovesse comunicare
che le analisi mediche che ho fatto indicano un malanno, mi
sentirò male, a prescindere dal fatto che queste notizie possano
trovare riscontro: il mio stato d’animo dipende dai miei pensie-
ri, non avviene a prescindere. Il famoso esempio del bicchiere
contenente acqua a metà pone l’antico dilemma: mezzo pieno
o mezzo vuoto? Apparentemente a questa domanda potremmo
rispondere in modo indifferente. Ma è proprio così? Pensare in
un modo piuttosto che nell’altro crea differenze oppure no?

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Il prof. Capraia dell’università La Sapienza di Roma ha fatto
studi interessanti che dimostrano come chi pensa positivo vive
più a lungo e si ammala di meno. Infatti chi pensa negativo vede
il bicchiere mezzo vuoto: si concentra sul senso di mancanza,
tiene la sua attenzione su ciò che non c’è anche se ciò potreb-
be sembrare assurdo. Sarebbe come comprare una ciambella
per mangiarne il buco! La conseguenza sarebbe una forte ansia:
manca acqua, come farò qualora ne avessi bisogno?
Chi pensa positivo si concentra su ciò che c’è e sviluppa un
senso di pienezza, crea tranquillità: ne ho a disposizione, se ne
avessi bisogno. Quindi pensare positivo è molto differente dal
pensare negativo: tranquillità contro ansia. Il pensiero positivo
funziona e agisce quando corrisponde al mio modo vero di es-
sere, di sentire, di agire, non è un impermeabile che si indossa
alla bisogna. Ho visto studenti andare a un esame universitario
con la paura di non superarlo e decidere, in quel momento, di
sperimentare l’efficacia del pensiero positivo: hanno iniziato a
ripetersi come un mantra “ce la farò”, “supererò l’esame”. Poi
la doccia fredda: bocciato! Inevitabile la conclusione: il pensiero
positivo non funziona. Ma questo è solo una specie di escamo-
tage dell’ultimo minuto, forse dettato dalla disperazione, non
un modello di pensiero positivo. Per contro ricordo un mio
compagno di università arrivare il giorno dell’esame verso le 11
del mattino, con molta calma. Ci confidò di aver studiato solo
i primi 3 capitoli del libro, ma era realmente molto tranquillo.
Quando si sedette il professore lo guardò e gli disse: “mi dica
quello che vuole!”. Superò l’esame. Ciascuno di noi ha avuto
modo di sperimentare in pratica l’efficacia di questi modelli. È
importante rendersi conto di quali sono i pensieri che emergo-
no da dentro, le nostre vere percezioni della vita, cioè il nostro
vero modo di vedere: sono quelli che creano la nostra realtà.
Il nostro cervello funziona come un computer nel quale
posso inserire dei programmi: la cosa importante è il tipo di
informazione immessa. A buone informazioni corrisponderà un
buon risultato e viceversa: è solo un programma, non c’è alcuna
valutazione etica o di merito, solo un programma il cui scopo è

12 ESSERE FELICI ORA!

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funzionare per come è stato programmato. Sono queste le in-
formazioni che diventano “le previsioni che si autoavverano”.
Le cose si realizzano perché ci ho creduto intensamente, perché
rispecchiano la mia verità. Se per strada mi fermasse una zin-
gara e mi leggesse il futuro nel palmo della mano dicendomi:
“tra sei mesi troverai l’anima gemella” e dopo tale data trovassi
effettivamente la compagna della mia vita, come potrei spiega-
re tutto ciò? Ci sono diverse possibilità: la prima è un colpo di
fortuna (ma sappiamo che la casualità non esiste). La seconda è
che la zingara vede effettivamente lontano attraverso percezio-
ni extrasensoriali. La terza è che l’affermazione della gitana mi
ha talmente colpito nel profondo d’avermi fatto credere a que-
sta ipotesi intensamente. Così, pensandoci fortemente, magari
ripetutamente, ho creato la mia realtà che si è puntualmente
realizzata nel mio futuro.
Questo meccanismo si verifica in molteplici situazioni e
non necessita obbligatoriamente di una zingara. Per esempio,
mi reco a una visita oculistica e il medico, dopo aver proceduto
all’analisi visiva, mi chiede: “Lei quanti anni ha?” “Ho appena
compiuto i 43 anni” “E non è ancora presbite? Vedrà che entro 6
mesi porterà occhiali per leggere”. E se credo a questa persona,
per me in quel momento “influente” perché misura la vista ogni
giorno e ha una notevole esperienza nel settore, oltre che un’in-
discutibile conoscenza, quello che afferma potrebbe essere la ve-
rità. E così, 6 mesi dopo, la nostra società ha acquisito un nuovo
presbite! Quindi occore prestare molta attenzione su quali sono
i nostri pensieri e con quale intensità li viviamo.
Tra i pensieri più frequenti ci sono quelli che riguardano il
“come sono fatto io”, cioè la mia autoimmagine. Quando dico a
me stesso: “io so come sono fatto, in quell’occasione mi compor-
terò così” sto descrivendo la mia autoimmagine, ciò che penso
di essere e questo, di conseguenza, diventa ciò che sono. In que-
sto ambito quando mi descrivo potrei utilizzare degli schemi
preconfezionati, i ruoli: il timido, lo scontroso, l’esuberante e
tantissimi altri. Noi abbiamo tanti ruoli, ma non siamo e non ci
identifichiamo con uno solo di essi. Non possiamo vivere senza

2 – IL PENSIERO POSITIVO 13

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ruoli ed essi sono il nostro gioco da adulti. Eric Berne, fondatore
dell’Analisi Transazionale, scrisse anni fa un simpatico libro dal
titolo: A che gioco giochiamo? I giochi degli adulti sono giochi
di ruolo: il ruolo di vittima venne descritto da Berne con l’a-
cronimo “PAC” cioè “prendetemi a calci”. La vittima per poter
svolgere il suo ruolo attira carnefici senza i quali non potrebbe
svolgere il suo ruolo. Si tratta, in realtà, di un legame doppio:
la vittima per essere tale necessita di carnefici, ma anche ogni
carnefice necessita di vittime su cui sfogarsi. Questi due ruoli
si attirano come la carta moschicida con le mosche e sovente si
sposano. Finché l’individuo continua a essere vittima nella sua
vita attirerà una grande quantità di carnefici, con poche ecce-
zioni. È un programma: perché una volta scelto un ruolo esso
ci trasformerà in calamite selettive che attirano, con precisione
chirurgica, solo certi tipi di individui. Solo quando avremo de-
ciso di cambiare ruolo, passando da vittima a giudice o a salva-
tore, solo per fare alcuni esempi, cambierà il nostro entourage:
scompariranno i carnefici, compariranno persone da giudicare
o da salvare. Allora le emozioni abbinate ai pensieri attirano o
respingono persone o eventi.
Siamo esseri fatti anche di materia, quindi siamo energia
come dice Einstein. Di energia ne possediamo parecchia: il
biologo Bruce Lipton dice che la cellula è una piccola batteria
poiché il nucleo è caricato positivamente, mentre la membrana
è caricata negativamente. Il suo voltaggio è modesto, circa 1,4
volt, ma noi siamo fatti di circa 50.000 miliardi di cellule! Quan-
do ci vediamo come esseri di energia obbediamo alle regole che
l’energia possiede: attira vibrazioni “simili” e respinge vibrazio-
ni “dissimili”. Quindi è comprensibile che pensieri da vittima
attirino energeticamente i carnefici di cui le vittime necessitano
per realizzare il loro credo.
TUTTO CIÒ CHE CREDO VERO, LO DIVENTA E LO È PER
ME. Non è un valore assoluto: tutt’altro. Come dicevano i nostri
padri latini: tot capite, tot sententiae! (c’è un pensiero per ogni
testa). Ogni mia verità sarà puntualmente da me realizzata e ciò
andrà a riaffermare la verità stessa che non sarà mai messa in

14 ESSERE FELICI ORA!

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discussione. Se alla sera bevo caffè so perfettamente che contie-
ne un eccitante che tiene svegli, la caffeina. Questo spiega come
mai molte persone lo bevono per stare svegli la sera quando de-
vono lavorare, studiare o guidare; e spiega come mai alcuni non
bevono caffè alla sera, proprio per evitare di stare svegli. Tutta-
via conosciamo almeno una persona che beve sistematicamente
caffè alla sera dormendo saporitamente. Come è possibile?
Anzitutto dipende da cosa pensiamo crei il caffè, cioè la
propria credenza personale. Il seguito è solo una diretta conse-
guenza. Le credenze sono meccanismi potenti di autoafferma-
zione e creazione della propria realtà, proprio perché lavorano
con le emozioni abbinate ai pensieri. Su questi principi si basa la
famosa “Legge dell’attrazione”, ovvero andiamo ad attirare nella
nostra vita energie e vibrazioni simili e congruenti con l’energia
che emettiamo, frutto di nostri pensieri e credenze. Più credo
profondamente in qualcosa, più esso si manifesterà nella mia
vita. Ma questa legge, di cui ora comprendiamo il meccanismo,
per divenire concreta nella vita pratica necessita di alcuni pre-
requisiti:
– il primo è che ciò che desidero sia in linea con ciò che sono,
sia congruente con me, con le mie aspettative, con i miei
valori. In altre parole sia profondamente VERO (per me);
– il secondo è che ci creda veramente.

Se questi due requisiti non fossero soddisfatti invece che atti-


rare un evento creeremo solo una grande frustrazione o con-
fusione di energie che andranno a ostacolarsi l’una con l’altra,
per cui il risultato finale sarà diverso dalle attese. In dettaglio:
l’obiettivo che voglio attirare necessita di essere congruente con
me, deve far parte di me, deve essere ciò che realmente desidero.
Meglio evitare di pormi obiettivi che altri desiderano per me,
magari solo per farli felici. Per esempio, se l’evento da attirare
fosse diventare il venditore n. 1 dell’azienda per la quale lavoro,
mentre ora in graduatoria sono solo il n. 241, potrebbe essere
una cosa bella perché mi darebbe prestigio, sicurezza, denaro
e l’approvazione della mia famiglia. Ma se non fosse anche il

2 – IL PENSIERO POSITIVO 15

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mio vero obiettivo non funzionerebbe in pieno: potrei scalare la
graduatoria senza arrivare ai vertici della classifica. Potrei chie-
dermi: come mai non arrivo all’obiettivo? Perché non funziona?
Forse sono io che non funziono bene? Potrei aumentare a di-
smisura il lavoro sul pensiero positivo e sulle credenze connesse
per produrre il risultato, ancora con più fermezza, con più forza
senza mai ottenere il risultato auspicato. Ecco crearsi la frustra-
zione: ho una meta, ma non riesco a raggiungerla perché non
realmente desiderata.
Se, per contro, l’obiettivo venisse dal cuore ecco che di colpo
tutte le porte si aprirebbero: avrei espresso la mia congruenza,
desidero ciò in cui credo. Sarà anche più facile mantenere l’idea
del risultato finale, proprio perché l’obiettivo è naturalmente
desiderato e il risultato sarà certo!
Siamo delle calamite: attiriamo vibrazioni congruenti ai no-
stri veri obiettivi, respingiamo tutto ciò che non è coerente con
noi. Nel mondo esiste ogni cosa, c’è di tutto: santi, navigato-
ri, eroi, poeti, assassini, pedofili, ladri, stupratori. Potrei por-
mi una domanda: che tipo di persone desidero attirare? Quali
eventi amo realizzare? In funzione della mia vibrazione, frutto
dei miei pensieri e delle mie credenze, attirerò gli uni o gli altri.
Ecco perché osserviamo individui che attirano con precisione
chirurgica sempre la stessa tipologia di persone o di eventi: chi
attrae truffatori e si ritrova a essere sempre truffato, altri che at-
tirano partner con caratteristiche molto precise, o solo sposati,
o immaturi, pazzi, di carattere forte o debole.

Questa osservazione dovrebbe rallegrarci: se questo meccani-


smo dipendesse da noi allora ci sarebbe una soluzione a tutto,
perfino alle malattie. Infatti, più avanti avremo modo di appro-
fondirlo, dietro ogni sintomo c’è una personalità che ha gene-
rato quel sintomo e la malattia diventa il modo che la nostra
coscienza utilizza per avvertirci di cosa non funziona dentro di
noi.
Bruce Lipton, dopo lunghi studi, ha condiviso e sostenu-
to una nuova branca della biologia chiamata Epigenetica e ha

16 ESSERE FELICI ORA!

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scritto un libro dal titolo Biologia delle credenze. Lipton sostie-
ne che dietro ogni sintomo ci sono aspetti studiati dalla biologia
come cellule, DNA, atomi. Ma sopra il DNA c’è una coscienza
(lui non utilizza questa parola, si “limita” a parlare di credenze):
è lei che, in caso di disagio interiore, “dirige” il DNA stesso per-
mettendo al nostro corpo di ammalarsi, ma gli permette anche
di essere in salute. In estrema sintesi: prima si “ammala” la co-
scienza, poi si ammala il corpo.
Per me una persona felice è solo una persona sana. La salute
è una diretta derivazione della gioia che sperimentiamo nella
nostra vita.
Per contro una persona malata ha un conflitto o un disagio
da qualche parte, profondo tanto quanto ci mostra l’intensità
della malattia. Le emozioni sono una chiave di volta: sentirle,
percepirle, viverle, esprimerle sono un passaggio necessario per
la nostra strada dell’equilibrio e della salute complessiva. Ma
molte persone bloccano le emozioni poiché, nella nostra cultu-
ra, siamo stati abituati a reprimerle. Così facendo blocchiamo
anche il diaframma che lavora in modo ridotto, per cui respi-
riamo poco e male. Generalmente il nostro respiro è breve e
frequente: dei circa 5 litri d’aria che i nostri polmoni possono
contenere il nostro ricambio è di circa 1,5 litri, ciò significa che
nei polmoni teniamo aria stantia e poco ossigenata. La nascita
delle tecniche di respiro come Rebirthing o T.B. sono un tenta-
tivo di ridare ossigeno al nostro corpo e permetterci di percepire
nuovamente le emozioni represse e con esse poter liberare i nu-
merosi freni che ci tengono bloccati. Con le emozioni liberate
possiamo creare tutte le credenze che vogliamo abbinandole ai
nostri pensieri: crediamoci con tutto il nostro cuore e ciò av-
verrà.
Ma come faccio a cambiare i miei pensieri se sono incancre-
niti da anni di abitudini?

2 – IL PENSIERO POSITIVO 17

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3
Il potere della mente
Si è più liberi quando la voglia di volare è più forte della paura
di cadere! (Anonimo)

Le emozioni sono la base di ogni nostra riuscita o fallimento.


Esse sono collegate ai nostri pensieri e l’ovvia domanda è: come
avere pensieri utili e positivi per noi? Come, quindi, indirizzare
le emozioni?
Il nostro cervello lavora in modo associativo: il pensiero fun-
ziona abbinato a immagini, sensazioni, emozioni. Quando pen-
siamo a qualcosa generalmente ci viene un’immagine di quella
cosa spesso abbinata a sensazioni o emozioni relative. Questo è
ciò che verifico da decenni nella mia esperienza personale quan-
do le persone iniziano un percorso di meditazione e vengono
invitate a immaginare scene rilassanti o immagini specifiche.
Importante è sapere che il nostro cervello non fa differenza
tra qualcosa di realmente visto, qualcosa attinente alla realtà
così come la descriviamo di solito e qualcosa di fortemente im-
maginato. Per lui hanno la stessa valenza, sono la stessa cosa.
Esperimenti effettuati con liquidi di contrasto hanno rivela-
to come pazienti mettessero in moto una certa zona cerebrale,
quella occipitale, quando gli veniva chiesto di osservare un og-
getto posto sul tavolo davanti a loro e che la stessa zona venisse
messa in moto quando veniva chiesto di immaginare lo stesso
oggetto tenendo gli occhi chiusi. Per il nostro cervello queste
due immagini sono la stessa cosa. Diventa difficile rispondere
alla domanda: “cosa è la realtà?” perché entrambe le immagini
sono vere.

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Ci sono culture, ad esempio sudamericane, nelle quali i so-
gni hanno lo stesso valore di un fatto realmente accaduto. Se
qualcuno sogna di incontrare un amico e di ricevere un regalo
da lui, ecco che al mattino si sente di contraccambiare: per lui
il regalo è arrivato a tutti gli effetti. Tanto più le immagini sono
corredate da emozioni e sensazioni, tanto più sono “vere” ed
equiparate alla realtà.
È una sorta di “realtà virtuale fatta in casa”, quel tipo di real-
tà che stiamo creando con i computer più potenti: ci sono pro-
grammi informatici che si occupano non solo di immagini su
un video, ma anche di creare sensazioni di vario tipo, acustiche,
fisiche, sensoriali di vario genere, e più vi sono informazioni ad
ampio spettro, più per noi quella diventa la realtà.
L’uso delle immagini, abbinate a emozioni e sensazioni varie,
se opportunamente ripetute, permette di modificare le nostre
credenze, di creare una nuova realtà virtuale, la nostra nuova
realtà.
Occore, però, un altro requisito: per riprogrammare a pia-
cere i nostri pensieri è necessario mettere il cervello in uno
stato di massima ricettività che corrisponde ai ritmi cerebrali
Alfa, onde facilmente individuabili attraverso un elettroence-
falogramma. Per entrare nei ritmi Alfa è sufficiente pensare a
qualcosa di tranquillo, mettersi comodo sdraiato su di un letto o
un divano, ascoltare musica rilassante, recitare mantra, fare un
semplice esercizio di rilassamento o anche pregare.
Già William Bates, un oftalmologo agli inizi del secolo scor-
so, notò questo semplice fatto: che le persone in rilassamento
potevano programmare facilmente il loro cervello. Lui usò que-
ste particolarità applicate al recupero della vista e della capacità
visiva.
Bruce Lipton, ancora lui, scoprì come vengono formate le
credenze e più in generale le abitudini sia mentali che fisiche.
Esse, ci dice Lipton, avvengono in età infantile e adolescenziale
incamerando senza filtri le informazioni che arrivano dall’ester-
no in un particolare stato cerebrale tipico del bambino, cioè i
ritmi lenti Alfa, Theta e Delta nel quale i giovani vivono fino a

20 ESSERE FELICI ORA!

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circa 12 anni, età nella quale aumentano le frequenze fino ai
Beta tipici dell’età adulta. In quello stato di ritmi lenti le in-
formazioni vengono immagazzinate nella nostra memoria sub-
conscia, così la chiama Lipton, e, senza che ce ne accorgiamo,
entrano a far parte dei nostri pensieri, credenze, informazioni,
realtà. Se il bambino viene gratificato penserà di conseguenza
d’essere degno d’amore, se viene colpevolizzato o ridicolizzato
penserà di non esserne degno, e questi pensieri saranno le co-
lonne portanti di molti pensieri nell’età adulta.
Abbinare immagini e ritmi Alfa diventa un cocktail poten-
tissimo: in stato ipnotico, nel quale la persona viene portata nei
ritmi lenti attraverso un percorso preciso, un individuo può im-
maginare e sentire come totalmente vere realtà immaginarie,
solo perché gli viene proposta una realtà differente. Per questo
posso spegnergli una sigaretta nel palmo della mano senza pro-
vocare alcun disagio né bruciature successive solo perché gli
viene suggerito trattarsi di una caramella o, viceversa, creare
un’ustione semplicemente appoggiando una matita dicendogli
essere una sigaretta accesa!
Queste considerazioni ci permettono di dedurre, ipnosi a
parte, come bastino solo questi due fattori per riprogrammare i
nostri pensieri, le nostre credenze, in pratica le nostre azioni e
le percezioni che abbiamo della nostra realtà. È sufficiente riba-
dire i concetti desiderati a livello di immagini mentali, corredati
da emozioni e percezioni tra le più svariate, il tutto in stati di
rilassamento, cioè nei ritmi Alfa o anche Theta se ci riusciamo.
Ripetendo questo abbinamento – rilassamento con proie-
zione di immagini corredate da emozioni – possiamo molto fa-
cilmente programmare o riprogrammare percezioni, abitudini,
pensieri. Quante volte occorre ripetere l’immagine affinché essa
si traduca spontaneamente e senza fatica nella nostra esperien-
za di vita? Non c’è una legge fissa e uguale per tutto e per tutti;
tuttavia le curve di apprendimento ci confermano che una ri-
petizione di queste immagini per 21 giorni ci permette di sosti-
tuire i vecchi “file” con i nuovi appena creati. Questo è il succo
di tutte quelle tecniche che lavorano con le immagini mentali.

3 – IL POTERE DELLA MENTE 21

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Le applicazioni di queste tecniche, una vera e propria tecno-
logia mentale, sono tra le più svariate e imprevedibili: possono
andare dallo sport al lavoro, da aspetti terapeutici allo studio e
così via.
Nel lontano 1979 tenni un seminario nel quale uno dei par-
tecipanti era lo psicologo della squadra azzurra di sci alpino:
erano i tempi della “valanga azzurra”. Egli fece allenare gli atleti
mentalmente quando fisicamente non era possibile a causa del
maltempo, cosa frequente in montagna. Certamente i risultati
ottenuti erano da attribuire al valore indiscusso degli atleti, ma
forse anche le immagini mentali hanno avuto il loro impatto. Da
anni qualunque sportivo, anche a livelli modesti, deve allenare
la mente almeno come il fisico, in certi sport addirittura più del
fisico.
Nel lavoro le applicazioni vertono anche nel creare un’au-
toimmagine consona al ruolo che l’individuo deve ricoprire: non
sempre chi ha un ruolo di leader o di venditore, di capoufficio o
di chirurgo, si sente tale. Nello studio si tratta di migliorare la
propria concentrazione così che la ritenzione delle informazioni
sia molto più rapida ed efficace, abbinata a una personalità più
forte e decisa.
Nel quotidiano è possibile modificare tratti della propria per-
sonalità che ci frenano nella nostra vita come l’insicurezza, la
timidezza, l’incostanza o la mancanza di volontà: si scopre come
creare l’automotivazione. Ulteriori applicazioni si possono ave-
re per smettere di fumare, per aiutare un processo di dimagri-
mento o di aumento di peso, per avere più intuizioni. Infine
nel campo della salute è possibile realizzare varie applicazioni:
io stesso ho condotto un esperimento con malati di leucemia
presso l’ospedale regionale di Monza con ottimi risultati, tali da
permetterci la stesura di una piccola pubblicazione scientifica
in merito. Una delle applicazioni sulla salute più studiate appar-
tiene a un medico, il dottor Simonton, oncologo e specialista di
radioterapia, fondatore e direttore del Simonton Cancer Center
a Malibu (Stati Uniti) che ha lavorato per 30 anni con i malati
di cancro che volevano dare un supporto attivo al loro processo

22 ESSERE FELICI ORA!

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di guarigione. Nell’ambito del lavoro clinico il dottor Simonton
e il suo team, agli inizi degli anni ’70, si erano chiesti perché
alcuni pazienti fossero in grado di superare una malattia grave
e altri no. Sulla base degli studi intrapresi hanno constatato che
i pazienti raggiungono una più alta qualità di vita e hanno più
possibilità di guarire e sopravvivere se:
– prendono parte attivamente al loro processo di guarigione;
– sviluppano la speranza;
– hanno progetti validi per il futuro;
– si sentono sostenuti dallo loro forza interiore;
– danno priorità ad attività che procurano loro gioia e soddi-
sfazione.

Cioè, detto con parole diverse, se sono più felici. Il dott. Simon-
ton ha utilizzato, in dose massiccia, le immagini mentali così da
poter definire il suo come un metodo psiconcologico. Ancora le
emozioni come strumento indispensabile!
In tanti anni ho potuto verificare le innumerevoli potenziali-
tà di questo approccio, la sua velocità e concretezza che lo han-
no fatto apprezzare anche da parecchi psicoterapeuti.
L’elemento cardine è: la mente è potente, ma deve seguire
ciò che il cuore le indica, cioè deve essere al suo servizio. Il cuo-
re indica la strada abbinato all’intuito che ci dice: gira a destra.
La mente razionale al contrario ci dice: io non voglio che tu
giri a destra. Dalla diatriba ne possiamo uscire felici o scontenti.
Ma noi sappiamo quale vocina seguire: del resto come si fa a
dar ragione a una cosa che si chiama mente. Tutti sanno che la
mente… mente!
Questi strumenti hanno dato origine a una vera “tecnologia”
della mente, tecniche utilizzate anche dagli astronauti per pre-
pararsi ai viaggi spaziali. Le loro utilizzazioni sono quasi infini-
te, i risultati veloci, concreti e visibili. Permettendoci di vivere
i nostri sogni esse sono la pietra miliare su cui costruire ogni
percorso di gioia. Ecco perché, dal 1978, insegno un metodo per
imparare a utilizzarle a nostro vantaggio che si chiama Alfadi-
namica.

3 – IL POTERE DELLA MENTE 23

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4
Le onde Alfa
Non esiste nessun sentiero di felicità. La felicità è il sentiero.
(Buddha)

Nel capitolo precedente abbiamo visto l’utilità del rilassamento


come anticamera per l’emissione di onde cerebrali Alfa. Ma cosa
sono i ritmi Alfa?
Quando nel 1929 Berger inventò una macchina chiamata
elettroencefalogramma si trattò di imparare a leggere il trac-
ciato che il pennino scriveva. Inizialmente si identificarono 4
famiglie di onde cerebrali a cui vennero dati i nomi di alcune let-
tere dell’alfabeto greco: α Alfa, β Beta, ϑ Theta e δ Delta. A ogni
famiglia di onde corrispondevano stati fisiologici e frequenze.
Mentre il Beta rappresenta la fase di veglia, della razionalità ed
è la frequenza più veloce, a cui successivamente sono state ac-
costate anche le onde γ Gamma, sembrano particolarmente in-
teressanti, alla luce della nostra esposizione, le onde lente Alfa
e Theta che corrispondono a certe fasi di veglia e soprattutto
del sonno e sono correlate alla creatività. Gli studi di questi rit-
mi cerebrali si sono concentrati in particolare nel dopoguer-
ra attraverso le cliniche del sonno per poi essere sempre più
approfonditi. Ho fatto parecchi esercizi e studi negli anni ’80
su queste onde cerebrali e li ho confrontati con altri lavori più
recenti: ho trovato tantissime dichiarazioni non tutte in linea,
anzi c’è molta confusione in merito. Mi limiterò a enunciare
l’esperienza di quanto da me sperimentato ripetutamente negli
anni, e da molte persone a me vicine, senza avere la pretesa di
scrivere un trattato scientifico.

25

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Anzitutto in un elettroencefalogramma sono presenti, in
diverse modalità e intensità, quasi tutte le famiglie delle onde
cerebrali. Questo complica la faccenda: qualora stessi cercando
di studiare solo un tipo di onde non significa che le altre non
siano presenti. Le Alfa sono principalmente parietali, le Theta
frontali e sulle tempie, ma sono quasi sempre presenti entram-
be. Ho anche scoperto che molte peculiarità proprie delle onde
Alfa sono descritte da altri studiosi anche per le Theta: quindi
mi limiterò a parlare genericamente di onde relativamente lente
rispetto a quelle veloci.
Le onde lente appartengono a fasi di rilassamento a diffe-
renti livelli – e in effetti basta chiudere gli occhi per aumentare
la presenza di queste onde, Alfa in particolare – ma anche al
sonno, alla meditazione, al sonno profondo, all’ipnosi. Le onde
Delta, infine, sono ritmi particolarmente lenti e appartengono
a un sonno profondissimo, difficile da raggiungere, e a stati di
anestesia generale o coma.
Quando una persona medita, si rilassa, emette onde lente in
modo prevalente Alfa, anche con un addestramento superficiale;
mentre personalmente non ho avuto riscontro delle Theta in
modo evidente anche successivamente ad anni di esercizio quo-
tidiano. Le Alfa sono accostate alla creatività massima, all’in-
tuizione, alle percezioni extrasensoriali. È lo stato nel quale si
risvegliano grandi energie di cui ignoriamo l’esistenza, ma che,
se opportunamente canalizzate, possono portare a grandi risul-
tati. Gli antichi già conoscevano il potere della nostra mente e
avevano già trovato strumenti per potervi accedere facilmente:
pensiamo alla preghiera, di qualunque tipo. Si tratta della ri-
petizione di frasi preconfezionate; meglio ancora se le frasi in
oggetto contenevano importanti messaggi come i Mantra, o
erano espresse in latino, altra lingua mantrica, o comunque in
una lingua sconosciuta meglio se onomatopeica. È la ripetitività
che crea l’abbassamento delle onde cerebrali e spalanca la porta
all’utilizzo delle energie in noi contenute. Chi conosce il mecca-
nismo può indirizzare queste energie focalizzandole su obiettivi
precisi o addirittura sommando energie di gruppi di persone.

26 ESSERE FELICI ORA!

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In questa fase di rilassamento le immagini mentali, accostate a
sensazioni ed emozioni, sono facilmente producibili. Abbinando
questi stati mentali, onde lente, alla focalizzazione di immagini
determinate si ottiene una grande quantità di energia indirizza-
bile in modo estremamente preciso.
Da parecchi anni è in corso in California un esperimento
che prevede il coinvolgimento di gruppi di preghiera tra i più
svariati (protestanti, cattolici, ebrei, musulmani, battisti, mor-
moni, buddhisti); si chiede a questi gruppi di pregare per alcuni
reparti predeterminati dell’ospedale, ad esempio il terzo piano
reparto B. Tali gruppi di preghiera non sanno chi è ricoverato
né conoscono il numero di persone. Lo scopo è mettere in re-
lazione l’esito delle guarigioni di questi reparti confrontati con
altri reparti simili che non godono dell’aiuto dei gruppi di soste-
gno esterni. Il risultato è eclatante: la preghiera, non importa
di quale tipo, aiuta la guarigione. Ma ora sappiamo che sono le
onde lente messe in moto dalla preghiera che permettono l’in-
vio di energia positiva semplicemente abbinando immagini con
emozioni positive di guarigione. I malati non sono al corrente
di ciò, tuttavia il loro spirito sa, attraverso il processo di “entan-
glement” o coscienza di gruppo, e lo spirito del malato decide se
vuole ricevere l’energia di guarigione oppure no. Ricordo qui le
parole di Gesù: “Tutto ciò che io faccio anche voi potete farlo, e
anche meglio!”. E lui faceva autentici miracoli.
Nelle fasi lente il cervello memorizza facilmente e stimola
la produzione di ormoni: quello della crescita, endorfine, la fa-
mosa melatonina, molecole antinfiammatorie. Esso si focalizza
facilmente permettendo un grande livello di concentrazione,
ma sempre in uno stato di rilassamento.
Sappiamo che il sonno è un momento ottimale nel quale il
nostro corpo espelle le tossine dal corpo con notevole velocità,
cosa che fa anche di giorno attraverso urina, sudore, traspira-
zione, il respiro, il flusso mestruale e parzialmente le feci. Studi
risalenti agli anni ’80 con praticanti di yoga hanno dimostrato
come nei ritmi lenti, raggiunti in fase di veglia attraverso una
meditazione, la velocità di smaltimento delle tossine è di 6 volte

4 – LE ONDE ALFA 27

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superiore rispetto a quella registrata nel sonno. Ecco spiega-
to perché nei seminari di rilassamento le persone sovente e in
grandi quantità espletano le loro funzioni corporali: è in atto un
processo di depurazione.
Queste onde lente sono fonte di intuizione e creatività: per-
tanto tutti gli artisti necessitano di poter utilizzare questo stato
almeno nel momento della creatività: ecco perché appaiono un
po’ con la testa tra le nuvole e originali.
Il famoso detto In vino veritas che ognuno ha sperimentato
parlando anche solo 5 minuti con un ubriaco, in realtà sarebbe
“in onde lente veritas”. L’ebbrezza alcolica abbatte le barriere
inibitorie, rallenta i ritmi cerebrali e permette lo sgorgare spon-
taneo dell’intuito abbinato a estrema creatività. L’uso cosciente
dei ritmi lenti permette, a volte, di effettuare i viaggi “allucino-
geni” senza uso di droghe e senza gli effetti a volte devastanti
delle medesime.
I bambini nella loro fase di crescita sperimentano differenti
ritmi cerebrali (lo vedremo nel capitolo seguente) e in partico-
lare fino a circa 12 anni vivono stabilmente nei ritmi lenti: ecco
spiegato come mai si possono concentrare approfonditamente
con facilità quando stanno vedendo alla televisione il loro car-
tone animato preferito, o la memoria prodigiosa che mostrano.
Quasi tutti attorno alla seconda media, circa 12 anni appunto,
passano ai ritmi più elevati Beta, ma non tutti. Alcuni restano in
Alfa con facilità e sono le persone fantasiose, creative che ven-
gono definite con la testa tra le nuvole. Godono di un notevole
intuito e in generale sono poco razionali perché seguono l’i-
stinto che non li tradisce. Il loro unico segno esteriore sono le
pupille leggermente dilatate, tenuto conto della quantità di luce
presente.
L’assenza dei ritmi lenti e Alfa in particolare è riconosciuto
come un segnale importante per la propria incolumità: senza
di essi il nostro equilibrio psico-fisico è in pericolo. Nei film di
guerra i prigionieri vengono torturati anche in questo modo,
impedendo loro di dormire sottoponendoli a musiche assordan-
ti, al freddo e alla presenza incessante di forti luci o inondandoli

28 ESSERE FELICI ORA!

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di tanto in tanto con secchi di acqua gelata: lo scopo è impedir
loro di dormire rendendo difficile o impossibile la presenza fon-
damentale dei ritmi lenti. Quindi i ritmi lenti sono indispen-
sabili per la nostra esistenza e il nostro equilibrio: dormire fa
bene.
Bello sapere che il nostro pianeta, essendo un gigantesco
condensatore, ha una frequenza vibratoria conosciuta come
Risonanza Fondamentale di Schumann registrata dallo scien-
ziato tedesco nel 1952. Tale frequenza è pari a 7,83 hz ed è inte-
ressante che la frequenza Alfa è in un range cha va da 7 a 14 hz, il
Theta da 4 a 7 hz: quando meditiamo profondamente entriamo
in risonanza con la nostra Madre Terra. OHMMMMM!
Per concludere: ognuno di noi si porta appresso un enorme
bagaglio di energia a bassissimo costo, in grande quantità e per
gli usi più disparati:… peccato che non lo sappiamo! Si ripropone
qui la domanda già posta all’inizio del libro: chi sono io? Chi è
l’essere umano? E, soprattutto, come fare per utilizzare tutto
questo enorme bagaglio di energia?

4 – LE ONDE ALFA 29

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5
Siamo esseri di energia
Iniziare un nuovo cammino spaventa. Ma dopo ogni passo
che percorriamo ci rendiamo conto di come era pericoloso
rimanere fermi. (Roberto Benigni)

Siamo degli esseri di energia. Siamo materia e sappiamo da Ein-


stein che essa è energia. Generiamo, dirigiamo e manipoliamo
energia, anche se non ce ne rendiamo conto. Si tratta di energie
sottili, quelle energie deboli che sono più significative di quel-
le forti. Quando entriamo in contatto con altre energie deboli
scattano le leggi dell’energia: vibrazioni simili si attirano perché
entrano in risonanza e si trovano “simpatiche” mentre energie e
vibrazioni dissimili si respingono, sono in dissonanza e si trova-
no antipatiche. Ecco spiegato quello che accade quando incon-
triamo una persona mai vista prima: ci capita di essere respinti,
di trovarla antipatica pur non conoscendola, la chiamiamo anti-
patia “a pelle”, oppure di essere attirati come se la conoscessimo
da sempre. Tanto più siamo coerenti con noi stessi, quanto più
le nostre energie sono potenti. E questo mette in moto la “legge
dell’attrazione”.
La coerenza, o congruenza come la chiama il famoso
psicoanalista Milton Erikson, permette di sommare tutte le forze
che metto in gioco così da ottenere il risultato più velocemente.
Questa legge trova riscontri nella pratica non solo nelle nostre
vite personali, ma perfino negli aspetti lavorativi come il
marketing: al di là dell’obiettivo dell’azienda, o in quale settore
essa agisce, più sono coerente in ogni forma comunicazionale –
prezzo, canale, immagine, modalità di vendita, comunicazione,
pubblicità – più otterrò risultato. Le regole sono sempre le

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stesse, cambiano solo i contesti e le applicazioni. Anche nelle
relazioni tra persone funziona nella stessa maniera: più c’è
coerenza e più le cose vanno meglio. In azienda, come negli
sport di squadra, si chiama “teambuilding”, costruire un team,
cioè un gruppo coeso e proiettato verso lo stesso obiettivo.
Noi siamo composti da cellule che sono una copia del nostro
corpo: vivono, si moltiplicano, digeriscono, crescono, muoiono;
siamo, in verità, un gigantesco condominio.

Lunghezza d’onda

Ampiezza
0

Un ciclo

Figura 1 – Onde.

Abbiamo visto nei capitoli precedenti che ogni cellula ha un’e-


nergia misurata in volt, in particolare 1,4 volt, quindi è una
batteria, una pila (in inglese cellula si dice cell, parola che vie-
ne utilizzata anche per indicare una batteria). Se agissimo con
enorme coerenza facendo lavorare tutte le cellule assieme nella
stessa direzione, avremmo a disposizione un’enorme energia.
La fisica quantistica ci dice che l’energia appare come onde:
ognuno di noi emette onde. Quanto più esse hanno un’ampiezza
maggiore tanto più l’energia è alta (figura 1). Per produrre onde
a elevata ampiezza occorre che tutte le nostre energie si sommi-
no tra loro, che siano in fase: ovvero picchi e depressioni avven-
gano nello stesso istante, nel qual caso la somma sarà +1+1 = 2
oppure –1–1 = –2 (figure 2 e 3) perché se non fossero in fase si
annullerebbero a vicenda e il risultato sarebbe +1–1 = 0.
Il vero segreto per aumentare l’energia è la coerenza definita

32 ESSERE FELICI ORA!

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Tempo

Caso A: onde Caso B: onde in


in fase opposizione di fase

Figura 2

Oscillazione max Oscillazione min

Effetto
combinato

Figura 3

Quando le energie sono in fase il risultato è la somma tra loro


e l’energia aumenta; se fossero “sfasate” la risultante potrebbe
essere uguale a zero, cioè l’energia diminuisce.

da Eriksson come allineare pensieri, parole e azioni: dico quel-


lo che penso, faccio quello che dico, faccio quello che penso.
Quanto più siamo allineati e coerenti tanto più la nostra energia
aumenta, siamo più forti e realizziamo facilmente e velocemen-
te le nostre idee.

Dunque abbiamo un’enorme energia!


Cosa accade quando la nostra energia entra in contatto con
quelle di altre persone? Si mette in moto lo stesso procedimen-
to: se le due persone sono in sintonia la loro energia si somma,
oppure si produce il risultato opposto se in distonia. Nella pra-
tica noi sperimentiamo continuamente questi effetti: frequen-
tando alcune persone possiamo avvertire un’energia frizzante,

5 – SIAMO ESSERI DI ENERGIA 33

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bella, simpatica, stiamo bene, a nostro agio al punto da sentirci
con più energia; al contrario può capitare di incontrarne altre
verso le quali avvertiamo noia, disagio, stanchezza e ci sentiamo
privi di energia. Questi due episodi esprimono due diversi modi
di relazionarsi tra individui: la prima di energia in fase, nella
quale tutti stanno bene, anzi meglio di quando erano soli; la
seconda l’esatto opposto.
Questo ci dice un’altra cosa importante: le relazioni non di-
pendono solo da noi, ma anche da come percepiamo il nostro
“intorno”; è l’intorno che governa la situazione e noi reagia-
mo a esso decidendo di vibrare in sintonia o in distonia. In al-
cune situazioni l’intorno, vibrando in modo molto diverso da
noi, potrebbe creare le basi per un allontanamento o addirittura
un’espulsione, non facendoci sentire a nostro agio in una deter-
minata situazione, come fossimo spostati da una forza invisibile
che ci impedisse di restare in quel luogo. Basti pensare ai disagi
che si possono provare sul lavoro nei casi di mobbing. In que-
sta situazione possiamo decidere come reagire: se adeguarci o
allontanarci, ovvero mantenere la nostra vibrazione, e quindi le
nostre idee, o vibrando alla frequenza dell’intorno, quindi accet-
tando le regole imposte.
Nella fisica quantistica questo intorno si chiama “campo”.
Dice Einstein: “Il campo è l’unico organismo che governa la ma-
teria”. E riguardo ai 50.000 miliardi di cellule di cui siamo fatti
il campo qual è? È la coscienza, sono i nostri pensieri e le nostre
emozioni. Una coscienza che governa il corpo, anche se ogni
cellula, essendo essa stessa una coscienza, può decidere di vibra-
re diversamente. La coscienza governa il nostro essere e pilota la
nostra energia facendola aumentare o diminuire e permetten-
doci di gestire al meglio le relazioni con altri campi più “ester-
ni”, le relazioni umane, scegliendo se farci entrare in sintonia
oppure no; e quale sarà il campo della coscienza? La chiamiamo
coscienza di gruppo o, ancora più in là, coscienza planetaria e,
infine, universale. La coscienza di gruppo è la somma di tutte le
coscienze che la compongono: più ci sono coscienze in equili-
brio, più lo è la coscienza di gruppo risultante. La chiave di volta

34 ESSERE FELICI ORA!

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per dirigere meglio la nostra coscienza, renderla più coerente,
concreta e realizzatrice sono le credenze, cioè immagini abbina-
te a emozioni. In altre parole: utilizzando le credenze possiamo
decidere di essere felici e integrati nel nostro intorno o di non
esserlo.
Lo stesso ragionamento vale anche andando nella direzione
opposta, verso le piccole dimensioni. Anche ogni cellula avrà
la sua energia e la sua coscienza, così come ogni atomo, ogni
particella infinitesimale fino a che la materia, come noi la inten-
diamo, non c’è più e resta energia pura: Matrix. Ovunque, a ogni
livello, si trovano varchi spazio temporali che ci permettono di
metterci in comunicazione con altre dimensioni in un gigante-
sco e inimmaginabile gioco infinito di scatole cinesi.

Tutto è energia, noi siamo energia e creiamo continuamente la


nostra realtà. Forse è anche qui il significato biblico dell’uomo
creato a immagine e somiglianza di Dio: in fondo siamo energia,
intelligente, all’interno di un enorme campo di energia intel-
ligente perché consapevole, la Matrice Divina di cui facciamo
parte e con la quale possiamo fonderci se consapevoli di essere
parte del tutto.
Non appaia riduttiva, o addirittura blasfema, la visione Dio
= Energia. È un’energia incredibilmente intelligente, creatrice
di ogni cosa e infinitamente potente e presente ovunque: stiamo
parlando di Dio.
Questa visione dell’uomo composto di energia e potenzial-
mente potentissimo inserito in un ulteriore contesto energeti-
co, in quanto facente parte del tutto, viene ripresa da più parti.
Presso gli indiani d’America Hopi come in Micronesia, il Dio
creatore in origine è femmina, la “mamma ragno” che tesse e
avvolge con la sua tela tutto l’esistente, uomini inclusi. In orien-
te la religione Indù connette tutti questi argomenti assieme in
una chiave religiosa e siccome parla esplicitamente di energia
e di come farla scorrere, essa diventa molto interessante. Se-
condo questa visione l’uomo viene continuamente alimentato
dall’energia presente attorno a lui, dal “campo”, e immessa nel

5 – SIAMO ESSERI DI ENERGIA 35

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corpo attraverso delle “pompe” chiamate Chakra. Ma uno di
questi Chakra, il settimo, la Corona, riflette un particolare stato
di coscienza: rappresenta tutto ciò che esiste e ciò è possibile
con il concetto olografico1. In oriente questa idea corrisponde
alla memoria Akashica, mentre per noi occidentali corrisponde
al concetto di Dio che qui è puntualmente rappresentato den-
tro di me, ma che è contemporaneamente anche fuori; siccome
Dio è “tutto”, se cerco qualunque informazione la potrò trovare
tanto fuori di me, con qualche difficoltà, quanto dentro di me in
modo molto più comodo sapendo come fare. Il dentro e il fuori
cessano di esistere, non hanno più significato: tutto è contem-
poraneamente dentro e fuori di me. La mia evoluzione passa
necessariamente attraverso un percorso di consapevolezza per
permettermi di avvicinarmi sempre più al mio Dio interiore:
forse questo è tutto ciò che gli umani hanno in comune.
La visione Indu, con i Chakra e l’energia, è molto interes-
sante perché ci fornisce una quantità di informazioni pratiche e
utili nel nostro quotidiano; interpretandole in maniera laica ci
permettono di poterle utilizzare a nostro vantaggio senza essere
di religione Indu ed ecco perché le passeremo in esame.

Solo a corollario di questo ragionamento: nel concetto di qualità


totale suggerito da economisti americani negli anni ’50, e che le
aziende da anni si stanno sforzando di raggiungere, viene posto
l’accento sulla qualità di rapporti tra individui: scompaiono le
figure di chi è all’interno dell’azienda rispetto a chi sta all’ester-
no per assumere le funzioni di cliente/fornitore che sono tanto
dentro come fuori l’azienda. Anche a livello lavorativo-organiz-
zativo scompare la separazione interno/esterno. Curioso, vero?

1
Gli ologrammi – inventati dall’ungherese Dénes Gàbor – sono definiti
come figure ottenute tramite l’uso di un laser, aventi la specificità di crea-
re un effetto fotografico tridimensionale; essi ci mostrano una rappre-
sentazione tridimensionale dell’oggetto proiettato e ogni parte dell’olo-
gramma contiene l’intera informazione: tagliandolo in quante parti si
voglia esse mostreranno sempre l’immagine originaria per intero.

36 ESSERE FELICI ORA!

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6
I Chakra
L’esperienza non è ciò che ti accade, ma cosa ne fai di quel che
ti accade!
(Aldous Huxley)

I Chakra sono stati scoperti da yogi in meditazione migliaia


di anni fa e avevano l’aspetto di vortici, ruote, Chakra in san-
scrito, la lingua più vecchia che conosciamo. Come ogni lin-
gua antica ha tanti significati ed è onomatopeica, ovvero ogni
suono emesso corrisponde al significato di ciò che si vuole
dire, è una modalità intuitiva. Scopo dei Chakra è far entrare
l’energia all’interno del corpo fisico, una sorta di equilibrato-
ri o disequilibratori, nel caso di malfunzionamento, dell’ener-
gia dell’individuo con quella del campo nel quale è inserito.
I Chakra sono, di fatto, dei rubinetti che si aprono e si chiudono
per far passare, o bloccare, l’energia. Essi sono degli esecuto-
ri di ordini che arrivano da altre parti: chi decide di aprire o
chiudere i Chakra? Sono i miei pensieri profondi, le mie emo-
zioni cioè la mia coscienza. Più un pensiero è coerente con ciò
che stiamo facendo, più la nostra esistenza è facile e gradevole
e di conseguenza i Chakra funzionano correttamente aprendo-
si e chiudendosi alla bisogna; al contrario potrebbero bloccarsi
come un rubinetto pieno di calcare riflettendo e adeguandosi a
una tensione esistente a livello dei pensieri più veri e profondi.
In questo caso potremmo inizialmente avvertire delle emozioni
come rabbia, paura, sensi di colpa e in seconda istanza, qualora
la tensione in noi dovesse perdurare o addirittura aumentare,
potremmo notare l’insorgere di disagi, sintomi fisici e perfino
malattie: tutte queste situazioni si mostrano alla nostra eviden-

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za per indicarci una tensione esistente e sono un aiuto a ren-
derci conto di cosa sta accadendo in noi, non si manifestano per
punirci, sono un’opportunità e non una disgrazia.
Il sintomo o la malattia che ne deriva sono assolutamente
fisici: riscontriamo cellule che non funzionano, sostanze che
mancano o sono in eccesso, organi che non espletano il loro
compito; ma l’origine del processo è interiore e avviene nel
modo di percepire la situazione che stiamo vivendo: è lì che può
nascere una tensione in noi.
Alcuni esempi pratici: mentre mangio sto utilizzando il
secondo Chakra che è collegato anche al rapporto con il cibo.
Pertanto, per essere coerente e rimanere nell’energia di questo
Chakra, dovrei pensare ad assaporare i cibi o potrei parlare di
cibi o ristoranti sfiziosi o, al limite, raccontare storielle diver-
tenti in quanto il secondo è un Chakra “ludico”. Ecco perché
i monaci mangiavano in silenzio concentrandosi indisturbati
sulla bontà del cibo. Ma se dovessi parlare di lavoro, ah, i fa-
mosi pranzi di lavoro, ecco che mi troverei a fare la cosa giusta
col Chakra sbagliato o viceversa, in quanto il pensiero razionale
legato al lavoro è collegato al terzo Chakra. Questo approccio
rappresenta un’incongruenza energetica perché sto utilizzando
il terzo Chakra al posto del secondo e, pertanto, mi troverei a
generare una tensione in me che potrebbe riflettersi nel Chakra
e successivamente nel corpo fisico, per esempio digerendo male.
Vivere il momento presente significa usare il Chakra giusto nel
momento giusto: vivere Hic et nunc qui e ora è un ottimo sug-
gerimento dei nostri padri. Più vivo il momento presente e più
sono forzatamente coerente: non c’è distinzione tra pensiero e
azione vista l’estrema contiguità e omogeneità. Altro esempio:
vivo una relazione d’amore e qualcosa s’incrina nel rapporto.
Intuisco che un chiarimento sia necessario e indispensabile per
riequilibrare la situazione, ma mi astengo dall’affrontare l’argo-
mento; in seguito all’ennesimo contrasto mi scoprirò pieno di
rabbia. Se continuassi a reprimere le emozioni o le sensazioni
derivanti, senza fare chiarezza, potrei ritrovarmi con un mal di
gola, o la tiroide ingrossata o altri sintomi simili. In questo caso

38 ESSERE FELICI ORA!

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la tensione interiore è rappresentata dalla necessità di chiarire
la situazione a cui non dò seguito: sento la necessità di utilizzare
il 5° Chakra, la comunicazione, ma sto reprimendo il processo
attraverso l’uso del 3° Chakra, il controllo, o del 1° Chakra, la
paura. Ancora una volta le mie azioni non sono coerenti con i
miei pensieri e mi sto “forzando” a utilizzare il Chakra sbagliato.
L’essere umano vive molto sovente con i pensieri nel futuro
o nel passato: chissà cosa accadrà domani, oppure chissà perché
ho agito in quel modo ieri e, così facendo, l’incoerenza regna

Il sistema energetico dei Chakra.

6 – I CHAKRA 39

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sovrana e mi troverò spessissimo a usare il Chakra sbagliato
anche se nell’istante non ci rendiamo conto dell’incongruenza
generata né dei suoi nefasti effetti.
Lo studio dei Chakra apre molte porte e fornisce tantissime
conoscenze e informazioni su di noi e per questo vale la pena
approfondire l’argomento. Infatti ogni sintomo è espressione
di una tensione, un’incongruenza interiore, un disagio eleva-
to e significativo per l’individuo: come dire prima si “ammala”
l’anima e solo successivamente il corpo fisico dopo essere tran-
sitato dalle emozioni. Conoscendo il legame tra parti del corpo
e i Chakra possiamo ottenere interessanti informazioni su ciò
che sta accadendo in noi, una vera mappa della nostra coscien-
za. Questo è ciò che andremo a verificare assieme nelle pagine
seguenti.
I Chakra principali sono 7, un numero particolare esoterico
e magico: infatti 7 sono i colori dell’arcobaleno, le note musica-
li, i giorni della settimana, i vizi capitali, Roma, Lisbona e San
Pietroburgo sorgono su 7 colli, 7 sono le braccia del candelabro
ebraico.
Compito di ogni Chakra è far scorrere o bloccare l’energia
che fluisce all’interno del corpo fisico. Il Chakra non è reale
come noi intendiamo di solito questa parola, ma lo sono gli or-
gani a cui cede l’energia: sono ghiandole endocrine e fasci di
nervi chiamati plessi. A ogni Chakra è collegata una ghiandola o
un plesso precisi e se osserviamo la funzione di quella ghiandola
e analizziamo dove si diramano i plessi nervosi ecco facilmen-
te realizzabile una mappa delle parti del corpo collegate a ogni
Chakra.
Essi sono anche lo specchio del nostro essere così che l’in-
sieme dei 7 Chakra rappresenti lo specchio dell’intera nostra co-
scienza nella quale tutto è rappresentato dalla spiritualità al ses-
so, passando per il corpo fisico, le emozioni, la libertà, l’amore,
la sicurezza. La coscienza è la “sensazione” di esistere, è quella
parte di noi che pensa, che decide, in pratica siamo una coscien-
za costretta dentro un corpo fisico, dal quale se ne distacca di
tanto in tanto, che osserva il mondo attraverso due feritoie che

40 ESSERE FELICI ORA!

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chiamiamo occhi, che ha percezioni attraverso orecchie, naso,
pelle, lingua, che formula pensieri. Siamo soliti indicare nel
cervello l’origine di queste funzioni, ma la cosa non appare rea-
le quando persone sottoposte a interventi chirurgici sono in
grado di descrivere, al termine dell’operazione, cosa sia accadu-
to durante la stessa sebbene l’elettroencefalogramma indicasse
un’assenza di attività elettrica nel cervello. Queste informazioni
sono state raccolte a migliaia da rianimatori e anestesisti in va-
rie parti del mondo e pubblicate in numerosi libri. Dunque se
il pensiero non è nel cervello dove risiederà? Il cervello è una
ghiandola molto complessa e sofisticata che elabora il pensiero,
ma esso appartiene alla mia capacità di esistere, alla coscienza
che qualcuno chiama in vari modi: anima, spirito, prana e che
esiste a prescindere dal corpo fisico. In sintesi: cogito ergo sum.
Cartesio, infatti, è autore anche di un paio di saggi sulla spiri-
tualità. Posso formulare una semplice uguaglianza: le parti del
corpo si possono collegare a un Chakra preciso che è a sua volta
riflesso di una porzione di coscienza. Un sintomo potrà essere
così facilmente decodificato percorrendo lo stesso sentiero: esso
andrà collegato al Chakra di riferimento e a sua volta collegato
a quella specifica area della coscienza ed è lì dove dovrò cercare
la tensione, il disagio, il conflitto. Sappiamo essere la coscienza
che governa il “campo”, sono i pensieri che governano il mio
essere: una tensione nei miei pensieri può trasformarsi in un
disagio, una malattia a livello del corpo, passando attraverso
un blocco di energia operato dai Chakra. Qui abbiamo tutte le
risposte che ci servono per fare chiarezza. Noi ci conosciamo
molto bene, anzi nessuno ci conosce come noi: sappiamo per-
fettamente cosa non funziona nella nostra vita, anche se faccia-
mo finta di nulla. Nelle sedute individuali mi limito a leggere
le tensioni nella coscienza così come la mappa corpo/Chakra
evidenzia e alla domanda: “ma tu lo sapevi già non è vero?” tutti
rispondono di sì, perché sappiamo perfettamente cosa non fun-
ziona, ma non conoscendo il meccanismo e le correlazioni men-
te/corpo siamo impossibilitati a collegare le cause con gli effetti.
Ora illustreremo la mappa dei Chakra collegati al corpo fi-

6 – I CHAKRA 41

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sico: in essa c’è la chiave per ogni interpretazione di eventuali
sintomi o malattie, anche se, a volte, sarà necessario unire il si-
gnificato di due o più Chakra contemporaneamente, ma si tratta
solo di un po’ di esperienza, è come fare un gioco a incastro. La
presentazione seguente non vuol essere esaustiva di ogni sin-
tomo poiché sarebbe impossibile in così poco spazio, ma con
un po’ di attenzione è possibile ottenere tutte le risposte di cui
abbisogniamo. Ciò che indicherò è la mia mappa, il mio modo
di vedere pur essendo consapevole che esistono altre modalità o
punti di vista differenti, anche nell’interpretazione dei Chakra
stessi; indicherò anche alcuni sintomi che sono conseguenza
del malfunzionamento di quel Chakra.

1° Chakra: Muladhara, Chakra della radice

L’ubicazione è sul perineo, quel lembo di corpo tra l’ano e i geni-


tali; il colore è il rosso; la nota musicale è il DO la prima dell’ot-
tava; il plesso è sacrale e le ghiandole sono le surrenali, quelle
che producono adrenalina, l’ormone che si mette in moto quan-
do siamo in preda alla paura o a un forte stress. Lo stato della
coscienza corrispondente è la sicurezza, la sopravvivenza, la fi-
ducia, il sentirsi “a casa”, essere a proprio agio. Gli aspetti che
infondono sicurezza sono: in primis la relazione con la mamma,

42 ESSERE FELICI ORA!

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vero totem che rappresenta il guardiano della casa natia, la re-
sponsabile del rendere la casa/nido un posto bello e sicuro dove
rifugiarsi, colei che nutre sia emozionalmente che fisicamente
e sorregge i figli nel processo della crescita. Da adulti sarà la vita
che potrà sorreggerci, oppure no, e tre sono le modalità princi-
pali attraverso le quali percepiremo questo sostegno: il denaro,
il lavoro, la casa intesa anche come “famiglia”. Nella relazione
con la mamma si intende ciò che il figlio ha percepito dal con-
tatto con lei, non ciò che la genitrice ha fatto oppure no: è una
percezione individuale. Un figlio potrebbe sentirsi trascurato,
quindi non amato, solo perché la madre ha dovuto lavorare per
far quadrare il bilancio familiare. Ci sono innumerevoli possibi-
lità di fraintendimento da parte del figlio; il principale avviene
quando si confonde il ruolo con la persona: “il genitore non mi
ama perché non si comporta come vorrei” o, detto con parole
differenti, “se mi amasse si comporterebbe in un altro modo”.
Io posso amare profondamente i miei figli ed essere anche un
pessimo genitore: questo è possibile, avviene tantissime volte.
Così come posso amare enormemente il gioco del calcio ed es-
sere un pessimo giocatore. La persona è differente dal ruolo che
riveste, non si identifica con esso. Approfondiremo più avanti
questo argomento.
La soluzione per sentirci sicuri e sorretti è dentro di noi,
è l’idea di focalizzarsi sull’amore che i genitori hanno e han-
no avuto per noi, anche se mal espresso o mal indirizzato. Non
importa ciò che hanno detto o fatto, l’importante è percepire
che tutto ciò che è avvenuto sia stato per amore verso di me; a
volte espresso in modo bizzarro, a volte incomprensibile, ma è
amore. Tutti i genitori amano i propri figli e li hanno desidera-
ti: energeticamente se non ci fosse l’idea o il desiderio di avere
un figlio esso non nascerebbe, non verrebbe neppure concepi-
to e questo vale per ognuno di noi. Sentiamoci profondamente
amati, anche se avremmo preferito una differente modalità e,
soprattutto, desiderati nonostante a volte qualche genitore dica
scelleratamente: sei arrivato “per caso”.
Quando una parte del corpo collegata al primo Chakra non

6 – I CHAKRA 43

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funziona significa che la persona sta sperimentando insicurez-
za, sfiducia, paura; sappiamo che principalmente sarà qualcosa
inerente alla relazione con la mamma e/o con il lavoro e/o la
casa e/o il denaro. La casa non è un luogo sicuro e bello nel
quale vivere (non sentirsi mai “a casa”), la vita è difficile, il la-
voro non funziona, il denaro non è mai abbastanza. La persona
si sente minacciata negli aspetti primari della vita, si sente in
pericolo. In alcuni casi rappresenta la non accettazione dell’in-
carnazione.

Sono collegati al primo Chakra:


– la sicurezza, sentirsi a casa;
– sentirsi pieni di energia;
– il sistema scheletrico, il nostro sistema portante, quello che
ci fa stare in posizione eretta;
– tutto il sistema di eliminazione come reni, uretra, uretere,
vescica, la parte terminale del colon;
– le gambe, stare sulle proprie gambe, e in particolare i pie-
di visto che toccano Terra, la Madre Terra, rappresentano
la relazione con la mamma. Stare ben piantati sulle gambe
permette, come conseguenza, di sentirsi a casa, quella sen-
sazione che ognuno di noi prova quando è a casa sua. Qual-
cuno avverte questa sensazione ovunque sia e ciò vuol dire
avere solide “radici”, che l’individuo è ben piantato, ma altri
non l’avvertono neppure a casa propria: le radici, in tal caso,
latitano;
– il sistema linfatico che attraversa tutto il corpo e lo ripulisce
dalle tossine;
– il senso dell’olfatto;
– l’elemento è la Terra, la relazione con la vita;
– il corpo energetico è quello fisico;
– lo stato dell’essere: io vivo.

44 ESSERE FELICI ORA!

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Sintomi collegati al primo Chakra:
– artrosi, artrite, osteoporosi, ossa rotte, articolazioni doloran-
ti, problemi vari a denti e gengive;
– tutte le paure, le fobie, compresi gli attacchi di panico;
– diarrea o stipsi, emorroidi; le ghiandole del sudore che fun-
zionano in modo eccessivo o assente, cistite, malattie a reni,
uretra, uretere, vescica;
– malattie alle gambe, anche a ginocchia e caviglie; cadere
frequentemente o avvertire senso di vertigine, difficoltà a
concentrarsi, a mantenere il filo del discorso e, conseguen-
temente, avere difficoltà con la memoria;
– prostata ingrossata, sintomo di insicurezza che ha un rifles-
so anche nei rapporti sessuali. È lì l’area nella quale si mani-
festa la paura, forse non sentirsi più sessualmente all’altezza
del partner;
– malattie del sistema linfatico, ghiandole ingrossate;
– stanchezza eccessiva rispetto alle abitudini;
– grasso in eccesso, obesità. Se la persona ha un “volume” ec-
cessivo si sta difendendo, pone una corazza di “ciccia” che
evidenzia insicurezza o paura del mondo circostante; una
delle conseguenze è anche diventare meno attraenti, cioè
porsi al sicuro soprattutto per una donna impaurita dall’ag-
gressività sessuale;
– intolleranze alimentari a latte, latticini e derivati, frumento,
celiachia; è un’intolleranza alla mamma perché la persona
non si sente amata o sostenuta da lei;
– olfatto eccessivo o assente, un banale raffreddore;
– mal di schiena generalizzato alla colonna; se localizzato in
un punto andrà associato al Chakra ubicato all’altezza rela-
tiva;
– difficoltà ad adattarsi alla vita per aver rifiutato l’incarnazio-
ne: spesso è associato a notevoli problemi alle gambe.

6 – I CHAKRA 45

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2° Chakra: Svadhishthana, Chakra della pancia

L’ubicazione è nella pancia; il colore è arancione e la nota mu-


sicale è il RE, il plesso è lombare, le ghiandole sono le gonadi
(ovaie e testicoli) che si collegano anche alla capacità di procre-
are.
Lo stato di coscienza è la relazione con il sesso e il cibo, infatti
si dice avere fame di cibo così come di sesso. Il corpo energetico è
quello emozionale, per cui è anche la relazione con le emozioni,
il sentire, o negare, le emozioni. È il Chakra del “divertimento”
ed è preposto a inviarci le informazioni che il corpo fisico richie-
de. Se dovessimo avvertire l’irresistibile voglia di mangiare una
banana è bene ascoltare l’informazione poiché forse necessitia-
mo di potassio contenuto in quel frutto. Se avvertissimo un’at-
trazione fisica per una persona è bene rendersene conto anche
se le azioni susseguenti dovranno tener conto di aspetti etici, ma
è opportuno non bloccare la sensazione, così possiamo render-
ci conto verso chi siamo attirati. Può essere duro per qualcuno
ammettere di essere attirati da persone del proprio sesso, ma se
questo è ciò che desideriamo è inutile nasconderlo.
Quando non funziona il secondo Chakra vuol dire che l’in-
dividuo non ascolta i desideri del proprio corpo o nega le sue
emozioni. Si sta privando del piacere, come se pensasse di non
meritarlo.

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Sono collegati al secondo Chakra:
– il sistema di assimilazione, quindi l’intestino in generale,
salvo il tenue e il colon discendente;
– la relazione con il cibo;
– il sistema riproduttivo, ovvero tutto ciò che serve per fare i
bambini, la capacità di procreare e di conseguenza il modo di
vivere il sesso e la facilità di farlo;
– l’organo di senso è la lingua, che ci permette di percepire i
sapori;
– l’elemento è l’acqua;
– il corpo energetico è quello emozionale;
– stato dell’essere: io percepisco.

Sintomi collegati al secondo Chakra:


– le gonadi – ovaie o testicoli – sono direttamente correlate
con l’apparato di procreazione; esse rappresentano la pater-
nità/maternità. Ho conosciuto casi di persone a cui è morto
un figlio che si sono ammalate di tumore alle gonadi;
– colite, gonfiore di pancia, diverticolite che rappresentano
emozioni trattenute o negate come rabbia, paura, sensi di
colpa, rimorsi, rimpianti;
– anoressia e bulimia sono le due facce della relazione con il
cibo, la prima anche collegata con un pessimo rapporto con la
mamma che impedisce alla persona di farsi nutrire dalla vita;
– sesso, mancanza di voglia o necessità di farlo in continuazio-
ne, frigidità, assenza di orgasmo, impotenza anche a genera-
re figli. Qualunque cosa ostacoli o blocchi il poter fare sesso:
dolore alla colonna lombare, mestruazioni abbondantissime,
difficoltà di lubrificazione o di erezione (quest’ultimo va col-
legato anche alla paura, il primo Chakra). Cisti ovariche o
fibromi all’utero rappresentano una lotta, una tensione in-
terna alla donna che non viene espressa: una parte di lei vor-
rebbe un figlio, l’altra pensa che non è questo il momento.
Cattiva relazione sessuale col partner: il sesso non è vissuto
come una cosa bella e appagante. Dolori mestruali celano
una femminilità non accettata o riconosciuta: è doloroso es-

6 – I CHAKRA 47

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sere donna, forse i propri genitori desideravano un maschio?
– non percepire i sapori, vesciche sulla lingua; herpes alle lab-
bra, cioè impedirsi di baciare;
– avere un pessimo rapporto con l’acqua, difficoltà a stare su
una barca, fatica a tenere il viso sott’acqua che celano un’a-
naloga situazione con il sesso o le emozioni. Se gli occhi non
lacrimano non vedrò emozioni che, invece, saranno in ab-
bondanza, anche se non le riconoscerò, nel caso di gonfiore
in generale per liquidi trattenuti. Le gambe gonfie parlano di
insicurezza causata da emozioni.

3° Chakra: Manipura, Chakra del plesso solare

Ubicato appena poco più in basso dello sterno, dove c’è anche il
plesso collegato, quello solare, il suo colore è il giallo, la nota
musicale MI. La ghiandola è il pancreas.
Lo stato di coscienza è la personalità, il sentirsi liberi, vivere
il proprio potere, cioè la facilità a manifestarsi per ciò che siamo
e l’esercizio del controllo. Libertà e controllo sono inversamen-
te proporzionali: più mi sento libero, meno ho bisogno di con-
trollare e viceversa. È la mente razionale, l’EGO; mi permette
di mostrarmi liberamente al mondo per quello che sono, con-
sapevole che alcuni mi approveranno e altri no. La libertà viene
a volte confusa con l’anarchia, ovvero poter fare ciò che voglio

48 ESSERE FELICI ORA!

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quando voglio. Ma si tratta di un fraintendimento: sono libero
quando posso prendere le mie decisioni, nei limiti della libertà
reciproca, assumendomi le responsabilità conseguenti. Quindi
liberamente decido di concepire un figlio, poi ne sarò respon-
sabile almeno fino alla maggiore età; tutte le mattine decido
liberamente di alzarmi per recarmi al lavoro perché sceglierò lo
stipendio a fine mese piuttosto che rinunciarvi e restare a letto
a dormire beatamente. Siamo liberi.
Quando non funziona qualcosa a livello del terzo Chakra la
persona si sente prigioniera, in gabbia, impossibilitata a usci-
re da una morsa che l’avvinghia, sente di essere bersaglio del
mondo attorno e di non avere la forza di uscire dalla situazione
generata.

Sono collegati al terzo Chakra:


– gli organi ubicati all’altezza del plesso solare: fegato, milza,
stomaco, cistifellea, intestino tenue;
– sistema pelle sia esterno che interno;
– sistema muscoli, tendini inclusi;
– il viso che, essendo la parte sempre visibile, rappresenta la
nostra personalità ed è il modo con il quale ci relazioniamo
con il mondo;
– il senso è la vista e gli occhi sono collegati di conseguenza;
– l’elemento è il fuoco;
– il corpo energetico è quello mentale;
– lo stato di coscienza è: io ragiono.

Sintomi relativi al terzo Chakra:


– il diabete; la persona non assimila zuccheri, tiene lontano la
“dolcezza”e non si sente libera, forse rispetto a qualcuno del-
la propria cerchia affettiva vissuto come troppo “invadente”;
– quando non ci si sente liberi la reazione emozionale è la rab-
bia. Siamo dei fabbricatori di rabbia che si crea se mi sento
impedito nel realizzare una mia decisione, per esempio se
non trovo parcheggio, sfuma un affare, mi impongono di pa-
gare una nuova tassa. Rabbia! Per sentirmi nel mio potere

6 – I CHAKRA 49

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avrò la necessità di trasformare questa frase in “mi sto impe-
dendo di trovare parcheggio, mi sto impedendo di conclude-
re un affare”. Così dicendo attribuirò gli eventi a me stesso
e se prima mi stavo impedendo qualcosa ora potrei decidere
di smettere di impedirmi di farlo. Così posso cambiare i miei
pensieri che cambiano la mia realtà;
– difficoltà nel processo digestivo, il riflusso gastrico, la fibrosi
cistica;
– foruncoli, eczemi al viso, che portano ad allontanare il
mondo circostante come funghi, psoriasi, brufoli, eczemi
in generale. È un eccesso di controllo, a volte mancanza di
percezione della libertà. L’acne giovanile permette di tenere
lontano, diventando meno attraente, qualcuno che si vorreb-
be vicino, ma che potrebbe creare disagio: siamo alle prime
esperienze sentimentali che ci rendono imbranatissimi;
– l’insonnia corrisponde a un mentale molto attivo che non ri-
posa neppure di notte, continua a lavorare incessantemente
pensando come fare per trovare soluzioni. In questo modo
le onde cerebrali rimangono veloci e fisiologicamente non è
possibile addormentarsi, è un eccesso di controllo. Per dor-
mire occorre, invece, rilassarsi, pensare a qualcosa di piace-
vole, lasciarsi andare;
– tutti i sintomi legati agli occhi e al senso della vista; ricordo
una seduta con Maria che aveva una vista debolissima, nep-
pure gli occhiali potevano migliorare la sua visione. Durante
la seduta si permise di far uscire una grande quantità di rab-
bia, accumulata negli anni; iniziò a gridare, dicendo che non
poteva andare avanti così, che non si sentiva libera di fare ciò
che voleva. Improvvisamente la sua vista tornò di colpo ed
era il ritratto della felicità;
– crampi, stiramenti ai muscoli, tendiniti;
– tutte le intolleranze alimentari che generano sintomi colle-
gati alla pelle come eritemi, eczemi e irritazioni agli occhi;
– mangiarsi le unghie; la persona si impedisce di mostrarsi in
tutta la propria personalità, potenza e forza, spesso per paura
di nuocere ad altri. È un auto-ridursi la personalità.

50 ESSERE FELICI ORA!

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4° Chakra: Anahata, Chakra del cuore

È ubicato nel centro del petto, il plesso è cardiaco, il colore ver-


de, la nota musicale è il FA. La ghiandola endocrina è il timo,
proprio sotto lo sterno: infatti è il torace la parte del corpo cor-
rispondente.
Lo stato di coscienza è l’amore incondizionato, ovvero sen-
za condizioni. È di fatto l’accettazione: io ti amo perché sei tu;
io mi amo perché sono io ed è sufficiente. Siamo abituati a un
amore fortemente condizionato, addirittura manipolatorio, per-
ché questo è ciò che ci hanno insegnato da quando eravamo pic-
coli: abbiamo presto compreso che per essere amati avremmo
dovuto fare qualcosa, meritarcelo e l’amore diventa una merce
di scambio. Se fai il “bravo” allora sarai approvato e amato. Così
identifichiamo l’amore con avere una relazione con le persone
a noi vicine, la cui mancanza è oggetto di forte disagio: non
si vive senza amore (etimologicamente la parola amore deriva
dal latino: a privativo, cioè negazione, mors-mortis = morte: è
la negazione della morte). Nasce, così, l’amore di possesso: la
persona diventa l’oggetto del possesso la cui perdita non può
essere tollerata pena la mancanza di amore come “punizione”.
Il senso di possesso, che origina gelosie ineluttabili, si evidenzia
anche con il linguaggio: diciamo “mio marito”, “mio figlio” ov-
vero indichiamo sempre l’aggettivo possessivo accanto alla per-

6 – I CHAKRA 51

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sona amata, addiritttura non possiamo farne a meno. Il quarto
Chakra è la relazione d’amore incondizionato, dare e ricevere
senza giudizio né aspettative.
Amare gli altri come amo me stesso, né più né meno, così
come recitava la famosa frase nella versione originale: “Ama te
stesso e gli altri come te stesso”.
La persona che manifesta un blocco a livello del Chakra
del cuore ha difficoltà nell’esprimere amore ma, soprattutto,
nel riceverlo: così lo tiene lontano. Pensa di non meritarlo, di
non essere bravo abbastanza, di essere egoista. Ma soffre ter-
ribilmente questo senso di solitudine affettiva: ha una grande
quantità d’amore nel centro del proprio petto che non sa dove
indirizzare oppure si sente emarginato, discriminato, comun-
que non amato.
Tutto ciò avviene per un colossale fraintendimento, frutto
della cultura che ci accompagna, perché l’amore è un modo
di essere, di vivere: io sono l’amore, lo vivo, lo percepisco. Già
Fromm tracciò questo concetto nel suo best seller “Essere o
avere”: io non posseggo l’amore, vivo l’amore, sono l’amore.
L’amore è un filtro attraverso il quale osservo e percepisco il
mondo attorno a me. È un sentimento che riguarda la vita, i
miei simili, la natura, gli animali, le piante, le galassie. In questo
modo nessuno potrà portarmelo via e si trasforma da possesso
ad accettazione: mi va bene come sono, accetto che tu sia così,
non ti voglio diverso. Questo non significa frequentare amo-
revolmente tutto e tutti incondizionatamente: forse preferirò
amare qualcuno da lontano, ma senza volerlo cambiare. Ces-
sano qui i concetti di giusto ed errato per lasciare spazio a “mi
piace” o “non mi piace”: diventa tutto relativo, non c’è spazio
per l’assoluto.
Per vivere nel Chakra del cuore è necessario possedere equi-
librio e personalità per non finire strumentalizzati: se tu mi
amassi faresti questo per me. In questa manipolazione l’indivi-
duo sembra in trappola: non si sente di fare una certa cosa, ma
se non la facesse verrebbe accusato di egoismo o scarsa sensibi-
lità o peggio. Io solo decido cosa è giusto per me, cosa desidero;

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tu puoi darmi il tuo suggerimento, ma l’amore per me stesso
non mi permette di subire giudizi o manipolazioni che riman-
do volentieri al mittente. La soluzione sta nell’accettare che gli
altri possano amarci anche in un modo diverso da quello che
riconosciamo essere vero per noi, avvertire l’amore in noi, pur
essendo anche in totale disaccordo sulla modalità espressiva.

Collegato al Chakra del cuore ci sono:


– cuore e sistema circolatorio;
– polmoni e sistema respiratorio;
– sistema immunitario;
– il seno; il petto.

L’aria è l’elemento, il tatto è l’organo di senso. Pertanto abbrac-


ciarsi è un buon sistema per mettere in moto il quarto Chakra.
Ecco spiegato il perché del successo di quella splendida inizia-
tiva partita da Sidney anni fa e che si chiama “abbracci gratis”
nella quale alcuni volontari nei centri cittadini di tutto il mondo
offrono abbracci gratuiti a chi li vuol ricevere. Gli anziani, che si
sentono spesso emarginati, sentitamente ringraziano.
Lo stato dell’essere è: io amo.
Il corpo energetico è quello astrale.

Sintomi collegati al quarto Chakra:


– infarto, colesterolo alto, stenosi a vene o arterie, malfunzio-
namento di valvole cardiache, pressione sanguigna anomala,
tachicardia, leucemia, vene varicose;
– asma (soffocati da troppo amore, ma anche difficoltà nell’e-
sprimere l’amore), pleurite, enfisema, bronchite, tubercolo-
si, tumore ai polmoni;
– malattie autoimmuni; in effetti ogni malattia parte da un
abbassamento o malfunzionamento del nostro sistema im-
munitario, che è potentissimo. Ogni sintomo è una dimo-
strazione di poco amore verso se stessi e sarà solo l’amore a
guarire; nelle malattie autoimmuni la persona diventa aller-
gica a se stessa, non riesce a sopportarsi;

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– cisti o tumori al seno; è una parte della donna che la iden-
tifica chiaramente dall’uomo ed è una non accettazione, o
repressione, della propria femminilità. Evidenzia un disagio
affettivo, che non viene espresso, con un uomo se nel seno
destro, o con una donna, anche verso se stessa, se nel sini-
stro (sarà alla rovescia per le nate mancine anche se corret-
te). Le mitologiche amazzoni si amputavano il seno sinistro
per meglio tirare l’arco, così le moderne amazzoni rischiano
l’amputazione come negazione della femminilità, diventan-
do, così, fisicamente simili all’uomo;
– intolleranze alimentari che producono asma e difficoltà re-
spiratorie;
– difficoltà o repulsione a farsi toccare, anche dal partner.

5° Chakra: Vishuddha, Chakra della gola

Ubicato nella gola, il suo colore è l’azzurro cielo, la nota mu-


sicale è il SOL, il plesso è cervicale, la ghiandola endocrina è
la tiroide. Questo Chakra è preposto alla comunicazione, ma
anche alla capacità di prendere dalla vita: quindi rappresenta la
creatività e l’abbondanza.
La comunicazione è soprattutto verbale, parole, ed è lega-
ta alla mia verità profonda, ciò che voglio e desidero, obiettivi

54 ESSERE FELICI ORA!

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inclusi. Ma può essere anche un’espressione artistica come di-
pingere, scrivere, cantare, ballare ecc. È anche permettersi di
ricevere dalla vita gioia, lavoro, amore, denaro, emozioni, sesso,
gratificazioni, che trovano il loro equilibrio negli obiettivi: vado
verso ciò che mi piace e ricevo la gratificazione di averlo rea-
lizzato. L’essenza della comunicazione è esprimere il come mi
sento in questa situazione, mettere gli altri al corrente delle mie
necessità, non lanciare accuse verso il prossimo.
La persona che ha un blocco nel Chakra della gola si sta
impedendo di esprimere la sua verità profonda in tutte le sue
modalità e si sta trattenendo dall’andare verso i propri obietti-
vi, oltre che impedirsi di vivere nell’abbondanza.

Collegati al quinto Chakra ci sono:


– la gola e le corde vocali;
– il collo e la nuca;
– le spalle, braccia e mani;
– i gomiti che esprimono mancanza di elasticità, quindi rigidi-
tà nelle proprie modalità espressive;
– il metabolismo, la capacità di trasformare cibo in energia.

Il senso è l’udito, la capacità di ascoltare il mondo, e le orecchie


di conseguenza. È anche la capacità di acoltare l’intuito.
L’elemento è l’etere, quella sostanza inventata dagli antichi
e che Plank ha riutilizzato per identificare quella matrice sulla
quale si crea tridimensionalmente quella cosa che chiamiamo
realtà. Il quinto Chakra è il passaggio tra la parte ancora cor-
porea con quella spirituale dei Chakra superiori: nelle chiese, e
quelle gotiche in particolare, è rappresentato dal passaggio tra
l’altare e i fedeli, laddove la chiesa di solito ha i bracci laterali.
Il corpo energetico è quello eterico.
Lo stato dell’essere è: io esprimo.

Sintomi collegati al quinto Chakra:


– tutte le disfunzioni tiroidee iper o ipo; tumore alla tiroide;
– raucedine, abbassamento di voce… Ricordo uno scrittore

6 – I CHAKRA 55

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professionista che aveva una raucedine che non passava in
alcun modo: riuscì a guarirla riprendendo nuovamente a
scrivere dopo tanto tempo;
– cervicale con mal di testa relativo;
– sintomi che coinvolgono spalle, braccia; il tunnel carpale
che rende difficoltoso afferrare un oggetto;
– sordità, otiti.

6° Chakra: Ajna, Chakra della fronte

Il suo colore è l’indaco, il blu intenso del cielo di notte; la nota


musicale è LA, il suo posizionamento nel centro della fronte,
il “terzo occhio”. Il plesso è carotideo, la ghiandola endocrina
è l’ipofisi, regolatore principale di tutto il sistema endocrino;
è realmente il “gestore” del nostro essere. Questo è il Chakra
dello spirito, la nostra parte più profonda e autentica. È il nostro
“grande io” che tutto sa e vede e ci guida, come un moderno
GPS interiore e lo fa attraverso l’intuito o l’istinto, la famosa
vocina che parla solo a noi. Ascoltarlo è un bene poiché ci porta
a fare la cosa giusta, nel momento giusto, con le persone giu-
ste, significa farci guidare e sentirci sempre sorretti dalla vita.
Essere spirituali non ha un significato preciso nella nostra so-
cietà così tendenzialmente materialista; c’è anche un altro mes-

56 ESSERE FELICI ORA!

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saggio correlato a questo Chakra che riguarda il disagio di sen-
tirsi considerati solo per un ruolo espletato e non per l’individuo
che ricopre tale ruolo. Per esempio, mi sento visto dall’autorità
solo come ruolo lavorativo, un numero di matricola e non come
essere umano con le sue difficoltà. Dunque questo Chakra rap-
presenta il modo con il quale ci sentiamo dentro la nostra vita,
se abbiamo accettato questa incarnazione, se ci sentiamo ben
inseriti in questo mondo.

La persona che ha un blocco al sesto Chakra non ascolta la sua


verità, ma l’ego che si arroga il diritto di sapere, sbagliando,
cosa è giusto per noi. L’intuito ci apre le porte della vita, l’Ego le
chiude per poterle buttare giù. Chi segue l’intuito procede verso
la felicità, la vita scorre facilmente. Per contro chi segue l’Ego
ha un solo obiettivo: aver ragione, anche se questo significa sa-
crificare la propria felicità. Un blocco qui significa anche non
sentirsi inserito e accettato in questo piano di esistenza.
Le parti del corpo collegate al sesto Chakra sono la fronte e
le tempie. L’organo di senso sono tutti i sensi fisici nella versio-
ne extrasensoriale: chiaroveggenza, chiaroudenza e altri. Nel-
la pratica sentire odori che nessuno sente, voci che ti parlano,
sentirsi toccato anche se non c’è nessuno attorno a te, e così
via. Questi episodi vengono considerati dalla psichiatria come
border-line o peggio e trattati con psicofarmaci, ma sono “nor-
mali” anche se poco frequenti sulla totalità della popolazione.
L’elemento è la voce interiore, come quelle che udiva Gio-
vanna d’Arco.
Lo stato dell’essere è Io sono, che per me equivale al cogito
ergo sum di Cartesio.
Il corpo energetico è quello buddhico.

Sintomi collegati con il sesto Chakra:


– la crescita fisica inclusi fenomeni di nanismo e gigantismo;
– mal di testa a fronte e tempie, meningite;
– acufeni che sono suoni interiori, infatti le orecchie fisica-
mente funzionano perfettamente; essi rappresentano un

6 – I CHAKRA 57

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messaggio dello spirito che dice “siccome non mi ascolti ve-
diamo se ora mi presterai attenzione”. Dunque è la reazione
a un’intuizione a cui non si è prestata l’attenzione dovuta.

7° Chakra: Sahasrara – Chakra della corona

Il suo colore è il viola, la nota musicale è il SI, la posizione è


sulla sommità della testa, là dove i sacerdoti portavano la ton-
sura, la ghiandola endocrina è la pineale. Il plesso è il cervello
e il sistema nervoso è collegato a questo Chakra con tutti i suoi
disagi e malattie.
Lo stato di coscienza è correlato con la relazione con il Pa-
dre, biologico o anche celeste, e anche l’autorità che tradizio-
nalmente il padre rappresenta. Con la parola autorità si vuol
intendere una gerarchia, un organigramma che serve a far la-
vorare meglio tutti i componenti di un gruppo: una famiglia,
un’azienda, un team sportivo. Nell’esercito, gruppo fortemente
gerarchizzato, il ruolo del generale è più importante del ruolo di
un soldato semplice, ma l’uomo che impersona il generale vale
tanto quanto quello che impersona il soldato semplice: è solo un
gioco di ruoli sui quali approfondiremo più avanti. La relazione
con il padre segue le stesse orme del rapporto con la mamma
di cui parlavamo nel primo Chakra: in sintesi è il non sentirsi
collegato e, di conseguenza, amato, apprezzato, riconosciuto,

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sostenuto. A ciò si risponde con azioni che hanno la finalità di
ricercare amore e approvazione: ribellione – creo disagi per at-
tirare attenzione – oppure l’obbedienza totale, ovvero se sarò il
bravo bambino verrò apprezzato. Nella nostra cultura l’autorità
è rappresentata dal padre, ma sappiamo che in molte famiglie è
in realtà la madre. Una buona relazione con l’autorità crea, per
conseguenza, una chiarezza di intenti, il saper dove andare nella
vita, anche il senso di orientamento fisico.
Colui che ha un blocco al settimo Chakra vive un profondo
senso di separazione dal mondo e dagli altri, in particolare dal
padre e dall’autorità, non si sente profondamente capito né ap-
prezzato, come se vivesse dentro un cilindro di vetro: vede gli
altri, ma non riesce a dialogare con loro come desidererebbe; il
risultato è difficoltà nel saper dove andare e cosa fare nella vita.
Le parti del corpo collegate sono: la testa (con l’eccezione di
tempie e fronte), unghie e capelli. Il Chakra della corona rappre-
senta tutto ciò che esiste, la memoria Akashica così definita in
oriente; è Dio/l’Autorità assoluta che è dentro di noi rappresen-
tato con il concetto dell’ologramma. Quindi Dio, essendo ovun-
que per definizione, è contemporaneamente dentro e fuori di
me: qualunque informazione è in noi contenuta, ma allo stesso
momento non vi è più distinzione chiara tra il dentro di me e il
fuori, tra l’io e il mondo perché tutto diventa NOI.
Il Chakra della corona rappresenta l’anima, quell’energia
che si reincarna e va di vita in vita, concetto caro a tutte le re-
ligioni, quella cristiana inclusa: infatti nel Vangelo gli apostoli
chiedono a Gesù (Luca 19;44): “Sei tu Elia ritornato?” “No, Elia
è tornato, ma voi non lo avete riconosciuto” (si riferiva a San
Giovanni Battista, suo cugino). Significativo che i bambini na-
scono con la fontanella aperta, la parte superiore del cranio che
si richiude e si salda successivamente: l’anima è appena arrivata
ed è in contatto diretto con il tutto attraverso il settimo Chakra.
L’organo di senso è la luce interiore.
L’elemento è l’empatia, avvertire quello che gli altri avverto-
no: è facile comprenderlo se siamo tutti collegati e siamotuttiu-
no! È il corrispondente dell’entanglement quantistico!

6 – I CHAKRA 59

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Il corpo energetico è quello causale.
Lo stato dell’essere è: noi siamo. Ecco perché in questo
Chakra smettiamo di vederci come “io” solo per essere “noi”.

Sintomi collegati al settimo Chakra:


– schizofrenia (Chakra bloccato aperto); autismo (bloccato
chiuso, la persona si è chiusa in se stessa);
– Parkinson, sclerosi, Alzheimer;
– pessimo rapporto con l’autorità che genera scontri e incom-
prensioni (prendere multe, essere tartassato ingiustamente
da un’autorità, il capo non mi capisce);
– non saper dove andare;
– mal di testa, con eccezione di fronte e tempie;
– perdita di capelli, alopecia;
– unghie che si sfaldano;
– vivere un senso di separazione dall’autorità e anche da Dio
(nessuno si accorge di me, io non sono importante, avverto
Dio lontano da me);
– fotofobia;
– eccesso di sensazioni, anche fisiche, che non mi appartengo-
no, ma che recepisco da altri individui attorno a me.

Riguardo ai sintomi in generale ce ne sono alcuni che possono


coinvolgere più Chakra contemporaneamente. Il primo riguar-
da tutte quelle forme che prendono il nome di cisti, fibromi,
tumori e cancri di vario tipo. Il significato è lo stesso per tutti,
cambia solo l’intensità della tensione che l’ha originato. Il signi-
ficato è “uno stress che rimane dentro, non viene espresso né
dichiarato in alcun modo, bensì trattenuto”. Dove si manifesta
il sintomo ci dice l’area della coscienza nella quale stiamo trat-
tenendo qualcosa:
– il tumore al primo Chakra (prostata, vescica, ossa, reni, co-
lon discendente, ano) è collegato con la sicurezza, la casa, il
lavoro, il denaro, la mamma; la persona si sente minacciata;
– il tumore al secondo Chakra (lingua, intestino, gonadi) ri-
guarda la relazione con il sesso, la femminilità, il diventare

60 ESSERE FELICI ORA!

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padre/madre, le emozioni; fibromi uterini, una sorta di gra-
vidanza che impedisce la gravidanza stessa. La donna vive
una dicotomia: una parte vuole un figlio, un’altra è contra-
ria. La persona si colpevolizza e si impedisce di godere la vita;
– il tumore al terzo Chakra (stomaco, intestino tenue, fegato,
pancreas, pelle, milza, occhi) è collegato con il sentirsi libe-
ri, la facilità a essere ciò che siamo e il sintomo è collegato
con molta rabbia inespressa; la persona si sente in gabbia e
impossibilitata a vivere la vita a modo proprio;
– il tumore al quarto Chakra (polmoni, sistema circolatorio,
seno) è una mancata percezione dell’amore attorno a sé, il
mondo non mi ama o mi ama da lontano;
– il tumore al quinto Chakra (gola, tiroide, corde vocali) è un
impedirsi di esprimere la propria verità profonda, di andare
verso i propri obiettivi;
– il tumore al sesto Chakra (meningi) riguarda un disagio pro-
fondo nel come ci si sente in questa vita;
– il tumore al settimo Chakra (cervello, ipofisi) è connesso al
sentirsi scollegato al tutto, al subire l’autorità in maniera
profonda, a una cattiva relazione con il padre.

Ci sono ulteriori sintomi che riguardano la fibromialgia, la di-


slessia e la depressione che sono collegati al processo di Ascen-
sione in atto. Rimando la spiegazione di questi sintomi al capi-
tolo 14.

6 – I CHAKRA 61

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7
Come si realizza
il processo di guarigione.
Tutto inizia dentro di noi
Tutti pensano di cambiare il mondo, nessuno pensa a cambiare
se stesso. (L. Tolstoj)

Dopo aver passato in rassegna tutti i Chakra e le parti del cor-


po correlate, vale la pena ricordare lo scopo dell’arrivo dei sin-
tomi: darci un messaggio relativo a una tensione nella nostra
coscienza. Questo vale per tutti i sintomi, nessuno escluso, sia
che riguardino il nostro corpo che la nostra vita: a un piccolo
sintomo corrisponderà una blanda tensione mentre un sintomo
più forte avrà un corrispettivo di uguale intensità a livello della
coscienza.
Qualcuno potrebbe obiettare che a volte il sintomo arriva
per caso: abbiamo già osservato l’origine della parola caso nella
scienza. Ma se sono stato tamponato in auto, fermo a un sema-
foro, che colpa ne ho?
Nessuna colpa, ovviamente; potremmo chiederci “cosa
ci stavo a fare proprio lì in quel punto e in quel momento?”.
Sarebbe bastato un nonnulla per farmi arrivare sul luogo del
tamponamento 30 secondi prima o dopo l’incidente. Quindi
perché ero proprio lì? La percentuale statistica dovuta al caso
dell’essere proprio in quel luogo nel momento dell’incidente è
estremamente modesta: eppure ero proprio lì, come lo scarabeo
di Jung.

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Lo stesso ragionamento vale per le malattie: il nostro siste-
ma immunitario è potentissimo e in grado di fronteggiare la
stragrande maggioranza di disequilibri, virus, batteri e quant’al-
tro; per ammalarsi occorre abbassare il livello di guardia di tale
sistema. Ma chi li abbassa?
I medici si limitano a osservare cosa non funziona per ri-
portarlo, se ci riescono, alla normalità: sostanze chimiche in
eccesso o mancanti vengono riequilibrate, parti del corpo de-
teriorate vengono aggiustate o sostituite. Questo è il compito
della medicina allopatica. Quando essi vanno più a monte, per
comprendere l’origine di una malattia, a un certo punto si arre-
stano poiché non trovano più spiegazioni mediche e le ipotesi
formulate appartengono ad altre branche del conoscere, come
la psichiatria, la psicologia o addirittura la filosofia se non la
teologia, ma non attengono alla medicina.
Nella visione olistica, nella quale tutto è collegato e tutto ha
un senso, la malattia arriva per darci un messaggio di qualcosa
che non va nella nostra parte più profonda, la coscienza: nessu-
na sfortuna, ma solo una legge di causa/effetto. Comprendere
il messaggio è solo l’inizio del processo di guarigione: la parte
successiva sarà cambiare qualcosa. È proprio il sintomo che ci
dice cosa debbo cambiare: basta collegarlo al Chakra di compe-
tenza e osservare cosa sta accadendo, a sua volta, nello stato di
coscienza correlato.
Quindi, oltre a essere un messaggio chiaro, per chi lo sa
interpretare, dietro ogni sintomo c’è una personalità che ha
creato il sintomo: esiste la personalità del miope, del diabetico,
di chi non trova mai la casa dei suoi sogni, dell’asmatico, del
leucemico e del calvo. Esiste una personalità per ogni sintomo
traducibile dalla mappa presentata nel capitolo precedente.
Questo meccanismo funziona anche per gli individui che
sono soggetti a malattie associate al loro lavoro: pensiamo agli
sportivi professionisti per i quali è frequente accusare incidenti
specifici. Tuttavia notiamo come alcuni atleti si “rompano” con
facilità, mentre altri possono stare anni senza grandi malesseri
per lunghi periodi; inoltre i traumi avvengono spesso anche in

64 ESSERE FELICI ORA!

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parti del corpo non sollecitate dal tipo di sport praticato. Se os-
servassimo la loro vita personale scopriremmo che i più colpiti
saranno tormentati da qualche vicissitudine personale, i sani
saranno equilibrati dentro e fuori dall’ambito sportivo. Ho os-
servato una discreta casistica di traumi sportivi per analizzare
come anche il trauma fisico diventa un modo con il quale la
coscienza invia il messaggio, è il sistema più facile. Come diceva
qualcuno: “Le coincidenze sono il modo in cui Dio fa accadere le
cose”. I ritiri prima di un evento sportivo sono il tentativo usato
da allenatori e preparatori per tenere i loro atleti lontani non
dalla vita, ma dalle tensioni a essa correlate.
Allora esisterà anche la personalità di un individuo che non
ha sintomi ed è “solo” una persona felice ed equilibrata!
Capire il messaggio non è sufficiente per innescare il pro-
cesso di guarigione. Conosco tante persone che hanno capito
tutto, ma non hanno guarito nulla. Il capire è un processo men-
tale: più capisco e più mi chiudo in una gabbia all’interno della
quale conosco ogni frammento, impossibilitato a uscirne. Ho
trovato una mirabile spiegazione data da Igor Sibaldi nel suo
libro Il mondo invisibile. L’origine etimologica della parola capi-
re deriva dal latino càpere che vuol dire molte cose tra cui stare
rinchiuso in un otre, in un recipiente, letteralmente con-tenere.
Quindi più capisco e più resto chiuso in un con-tenitore di cui
conosco ogni centimetro, ma sono un prigioniero impossibili-
tato a uscirne. Peggio ancora la parola comprendere, di origini
tarde latine cum-prehendere che significa prendere assieme, af-
ferrare, ma in senso più allargato stare in catene, ben espresso
anche dall’inglese “understand” – letteralmente stare sotto – e
dal tedesco “verstehen” dal significato medesimo. Quindi più ca-
pisco meno riesco a uscire dalla situazione nella quale mi trovo.
Capire è una trappola. Ecco perché si resta in analisi per anni,
nelle procedure classiche, poiché è una procedura basata sull’as-
sioma di fondo che occorre capire per far scattare il processo di
guarigione, il celebrato effetto catartico.
Occorre fare qualcosa di diverso: rendersi conto, accorgersi.
Quando mi “accorgo” automaticamente agisco in maniera diffe-

7 - COME SI REALIZZA IL PROCESSO DI GUARIGIONE... 65

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rente, l’accorgersi porta in sè il germe dell’azione come naturale
e ovvia conseguenza senza frapporre ostacolo alcuno. Se volessi
andare da Milano a Venezia e mi trovassi davanti a un cartello
con la scritta “Roma” mi renderei conto d’aver sbagliato strada
e immediatamente invertirei la rotta: mi sarei semplicemente
accorto. È l’accorgersi che porta con sé un’azione, un cambia-
mento.
Allora sarà opportuno seguire l’intuito e non il pensiero ra-
zionale in sè, anche se ci hanno da sempre insegnato il contra-
rio. L’intuito, il 6° Chakra, ci guida senza razionalità nel posto
giusto; la mente, rappresentata dal terzo Chakra associato a sua
volta all’Ego e al pensiero razionale, si arroga il diritto di sapere
cosa è vero e giusto per noi, ma non lo sa: la mente capisce, lo
spirito si rende conto. Potrò utilizzare il pensiero razionale per
organizzare meglio ciò che l’intuito mi ha suggerito, ma non il
contrario.
Il processo di guarigione implica un cambiamento. Questa
parola spaventa, evoca spostamenti, subbugli, stress come cam-
bi di lavoro, famiglia, residenza. Spessissimo, invece, il cambia-
mento è collegato a come vedo e percepisco il mondo in alcuni
aspetti. Cambiare la mia percezione può significare passare da
non sentirmi amato da mio padre, ad esempio, a sentirmi amato
da lui, da un non sentirmi capito o sorretto dal mondo a sentir-
mi parte integrante di un sistema che mi appoggia continua-
mente. Continuerò a vivere la mia vita apparentemente come
prima, ma nulla sarà più come prima: le tensioni svaniranno e il
sintomo con loro per non tornare mai più, poiché verrà meno il
motivo per cui è arrivato.
Questo è il vero processo della guarigione spirituale.
Quindi, riassumendo: qual è il processo che concretizza una
malattia?
Tutto nasce nella nostra coscienza, la parte più profonda del
nostro essere, ma come si mette in moto?
Nessuno lo realizza razionalmente: “oggi non so cosa fare,
quasi quasi mi faccio venire un raffreddore!”.

66 ESSERE FELICI ORA!

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Il percorso è più semplice e ovvio: mentre vivo attorno a me
succede di tutto e io prendo delle decisioni su come reagire a ciò
che accade. Alcune di queste decisioni sono semplici, come cosa
farò domattina, altre sono più complesse come “quella persona
sarà quella giusta per me?”. Tutti vogliono capire per fare la scel-
ta corretta, ma dinnanzi a noi ci troviamo una serie di interroga-
tivi a cui nessuno può dare risposta: potremo rendercene conto
solo dopo aver effettuato la scelta stessa.
Se la strada intrapresa ci farà sentire bene la scelta effettuata
sarà stata corretta, ma se non dovessi sentirmi bene sarà l’esat-
to contrario, mi sentirò male e potrei trovarmi in un conflit-
to, qualcosa che non funziona come vorrei. In quel momento
avvertirò una serie di emozioni che mi espliciteranno l’errata
valutazione della decisione presa: rabbia, paura, sensi di colpa,
rimorsi, rimpianti; è il momento delle liti, dei musi lunghi, della
rabbia contenuta a fatica.
Questo è il modo con il quale la nostra coscienza ci avverte
inizialmente che qualcosa non va. Di solito non ci badiamo e
speriamo che passi: domani è un altro giorno, come si diceva in
“Via col vento”.
Dovremmo, invece, prestare molta attenzione e agire di con-
seguenza modificando o chiarendo la situazione spinosa che si
va creando. Qualora si preferisse non affrontare il conflitto, la
tensione potrebbe accumularsi, giorno dopo giorno, fino a di-
venire insopportabile: potrebbe essere un processo più rapido di
ciò che potremmo pensare, ma potrebbe anche durare settima-
ne, mesi, anni. Questa tensione crescente andrà a scaricarsi sul
nostro sistema energetico andando a bloccare uno o più Chakra.
Infine arriva la goccia che farà traboccare il vaso e una mattina
potremmo svegliarci con una gastrite o altri sintomi di varia
natura.
Questo è il secondo livello di avvertimento della coscienza
che ci indica un’elevata soglia di stress che la situazione ci sta
creando, anche se normalmente non siamo abituati a collegare
i due eventi.

7 - COME SI REALIZZA IL PROCESSO DI GUARIGIONE... 67

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Dunque il processo ha tre tappe:
1) decisione errata = conflitto interiore;
2) emozione e blocco del sistema energetico;
3) nascita del sintomo.

Diventa evidente che il sintomo è solo frutto di una decisione


che a posteriori si è rivelata errata: è lì la malattia, il processo
decisionale della mia coscienza, il sintomo è solo la concretiz-
zazione della situazione stressante nella quale troviamo cellule
malate, nervi che non funzionano, sostanze mancanti o in ec-
cesso. Questo è il regno della medicina allopatica.
Ma la mia responsabilità, in tutto questo processo, dove
risiede? Nel decidere di non far nulla, nel non ascoltare ade-
guatamente il messaggio che il nostro essere ci invia anche se
so cosa non funziona nella mia vita perché ognuno si conosce
perfettamente. La decisione di non far nulla, di temporeggiare
attendendo tempi migliori nei quali le cose si risolvono sponta-
neamente da sole, questa è la nostra responsabilità.
Come può una tensione emozionale diventare fisica?
A livello delle energie sottili il passaggio avviene attraverso
un blocco: infatti la tensione nella coscienza si sposta in una
tensione nel nostro sistema energetico che va a bloccare in
modo totale o parziale l’attività di uno o più Chakra scegliendoli
in modo chirurgicamente preciso in relazione all’ambito del-
la coscienza dove esiste la tensione. Ecco apparire un sintomo
collegato a quel Chakra secondo la mappa descritta nel capitolo
precedente. Dunque non sono i Chakra a prendere la decisione
se funzionare o bloccarsi, ma riflettono semplicemente una ten-
sione esistente ai livelli più interiori del nostro essere.

Da un punto di vista puramente fisico ho trovato un meccani-


smo spiegato da insigni ricercatori che si sposa perfettamente
con l’aspetto energetico. Il nostro corpo è basato su di un equi-
librio chimico molto delicato tra acido e alcalino e lo stato di
salute si ha quando il valore medio complessivo è neutro. Con il
passare degli anni il nostro corpo progressivamente si acidifica

68 ESSERE FELICI ORA!

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e invecchia di conseguenza. Comprendiamo ora come mai certi
prodotti basici riportino equilibrio, benessere e, magari, anche
aiutino nel processo di guarigione: si pensi all’Aloe vera, agli
agrumi, il limone in particolare, che in sè è molto acido, ma
scatena una fortissima reazione basica nel nostro organismo; le
diete vegetariane o vegane (al di là delle valutazione relative al
mondo animale e alle relazioni con esso); infine la meditazione
che basifica in modo notevole. Un approfondimento a questo
argomento si trova nel capitolo che riguarda la dieta alimentare.
Va sottolineato che il fattore di produzione di acidosi più
rilevante è rappresentato dallo stress. Nel 2009 Elisabeth
Blackburn è stata insignita del Nobel per aver scoperto la causa
della morte delle cellule dovuto all’assottigliamento dei telome-
ri, dei “tappini” che proteggono le estremità del filamento del
DNA presente nelle cellule stesse. La causa di tale assottiglia-
mento è lo stress, quindi ancora l’acidosi. È lo stress che uccide
le cellule!
L’equilibrio acido/basico è alla base della nostra salute: tanto
più ci stressiamo, tanto più ci acidifichiamo, tanto più un orga-
no può essere bersaglio di uno squilibrio chimico che porta a
una malattia.
Lo stress è definito come “sindrome di adattamento”: se non
riusciamo ad adattarci nella nostra vita in famiglia, sul lavoro,
nelle relazioni, saremo pesantemente stressati e l’acidosi po-
trebbe creare le basi chimiche per la nascita dei sintomi.
Queste due teorie, energetica e chimica, non sono in anti-
tesi, ma rappresentano due modi diversi di vedere la stessa si-
tuazione. Nel mondo fisico, che tutti conosciamo e nel quale
viviamo, la spiegazione acido/basico ha un senso ed è facilmente
comprensibile così come nel mondo dell’energia la spiegazione
legata alla coscienza, ai suoi conflitti e ai Chakra risulta conse-
guente, logica e ovvia. Ma è la stessa realtà vista da punti di vista
differenti e ciscuna avrà i suoi sostenitori e i suoi detrattori, ma
nessuna è giusta o sbagliata a priori. Questo ci permette di uti-
lizzare entrambe le vie per ottenere il risultato, la guarigione e
l’equilibrio: posso depurare il corpo perché rimanga nel proprio

7 - COME SI REALIZZA IL PROCESSO DI GUARIGIONE... 69

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equilibrio chimico ma, soprattutto, posso agire a livello della
coscienza per ottenere lo stesso scopo.

Riepilogando il processo della nascita di una malattia:


– conflitto percepito a livello di coscienza e tensione conse-
guente;
– stress conseguente e nascita di emozioni, blocco del sistema
energetico;
– stato di acidosi;
– un organo bersaglio – specchio del conflitto a livello di co-
scienza – si acidifica;
– manifestazione di una malattia.

Questi passaggi sono semplicemente sequenziali, ma una di-


minuzione del conflitto può arrestare o invertire il processo.
Ecco perché è importante riconoscere un’alterazione del nostro
equilibrio notando la presenza di emozioni – soprattutto rab-
bia, paura e sensi di colpa – in quantità superiore alla nostra
media: questo messaggio ci avverte dell’inizio del processo di
acidificazione. Lo stress diventa la chiave di unione tra il livello
energetico sottile e il nostro corpo.

Il processo qui descritto è quello che applichiamo e insegniamo


nei seminari di guarigione spirituale “LOVE HEALS – L’Amore
Guarisce” e “Guarisci la tua vista, Guarisci la tua vita!” per il re-
cupero della vista e della capacità visiva, entrambi facenti parte
della tecnica “be happy now!”
Materia di insegnamento sono i Chakra e la conseguente
mappa del corpo, specchio della coscienza, così da avere un’i-
dea chiara del messaggio dei sintomi; ma si impara anche l’uso
delle energie sottili per rimuovere gli eventuali blocchi presenti
nel sistema energetico, e nei Chakra stessi, utilizzando una tec-
nica. Pertanto si impara a sentire, dirigere e vedere l’energia.
Il riequilibrio energetico conseguente renderà le idee chiare e
sarà più semplice prendere le decisioni che ci rimetteranno in
equilibrio.

70 ESSERE FELICI ORA!

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Una decisione, a suo tempo, ha messo in moto un disequili-
brio: sarà una decisione differente presa adesso che ci permet-
terà di invertire il processo, favorita da un sistema energetico
riequilibrato.
Seguendo questo metodo si andrà a riconoscere e ad agire sia
sulla causa, la decisione presa, che sull’effetto, il sintomo, così il
disagio tenderà a sparire e non avrà più motivo di tornare.
Non c’è disequilibrio che non possa essere modificato: abbia-
mo tutti gli strumenti che ci servono per ritrovare l’equilibrio e
la salute nella nostra vita.

7 - COME SI REALIZZA IL PROCESSO DI GUARIGIONE... 71

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Il Karma, il Dharma
La mente è come un paracadute: se non si apre, non serve!
(Anonimo)

Perché siamo qui? Quale lo scopo di tutto ciò?


La nostra incarnazione avviene per la realizzazione di un
obiettivo, conosciuta come la legge del Dharma. Non abbiamo
consapevolezza di ciò e a volte ci è facile realizzarlo, altre un po’
più complicato.
Per obiettivo non si intende diventare avvocato, uno sportivo
famoso, un primo ministro o un premio Nobel, bensì imparare
l’amore, relazionarsi con l’autorità, crescere dei bambini, svi-
luppare la pazienza, vincere la paura o per spirito di servizio. È
importante, quindi, scoprire cosa siamo venuti a fare qui perché
se lo sappiamo disponiamo di un punto di riferimento e tutto
diventa più facile. Se osserviamo la nostra vita potremmo vedere
un fil rouge che l’attraversa, un filo conduttore che unisce vari
aspetti di ciò che abbiamo vissuto. Steve Jobs, nel suo famoso
discorso alla Stanford University, “Siate affamati, siate folli”, lo
aveva descritto come “unire i puntini” cioè seguire i puntini che
riportano un numero sequenziale il cui risultato finale è un di-
segno di senso compiuto. Questo è un modo per scoprire lo sco-
po della nostra incarnazione. Un altro è seguire il nostro intuito
che ci porta velocemente e spontaneamente verso l’obiettivo: in
altre parole quali sono le cose che ci piacciono fare, e quali no.
Mi sento spesso chiedere: come faccio a riconoscere la strada
della vita?
Nelle scelte importanti ci capita di trovarci davanti a un bi-

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vio, spesso e volentieri. Cerchiamo di scegliere la strada che rite-
niamo più “giusta”, quella che dovrebbe farci sentire meglio; per
questo motivo facciamo domande, leggiamo libri, ci facciamo
consigliare, sperando che tutto vada bene.
Per me realmente ci capita sovente di trovarci a un bivio, ma
le due strade davanti a noi hanno un significato differente. La
prima è rappresentata dalla paura, dal non vivere, dalla rinun-
cia, il non osare, il Thanatòs Freudiano, è appendere il cappello
al chiodo e volare basso per evitare brutte figure o delusioni dal-
la vita. L’altra via è rappresentata dall’amore, vero antagonista
della paura, inteso come vivere, osare, esserci, rischiare: è l’eros.
Chi persegue questa strada a volte vince, altre perde, ma il solo
fatto di aver scelto l’amore trasformerà qualunque atto e ogni
situazione in una vittoria. Come si dice a teatro: comunque vada
sarà un successo.
A volte non riconosciamo subito la via del desiderio; in com-
penso ci è chiara la strada della paura, della rinuncia e quando
l’abbiamo individuata basterà scegliere l’altra.

Chi sceglie l’obiettivo?


La risposta non è semplice, né univoca.
Nella tradizione spirituale a volte l’obiettivo viene conferito
dalle gerarchie esistenti, altre volte dipende dal Karma, ma è
possibile che entrambe le cause siano in sinergia tra loro.
Per comprendere tutto ciò occorre tenere presente la legge
del Karma, conosciuta anche come legge di causa/effetto. Ogni
effetto ha una causa: se cade una penna è perché ho aperto la
mano che la stringeva. Un corollario di questa legge dice che
torna indietro lo stesso tipo di energia che ho movimentato:
se invio amore, ritornerà indietro amore, il Karma di ritorno.
Questa legge è conosciuta nella fisica come terzo principio della
dinamica di Newton: “a ogni azione corrisponde una reazione
uguale e contraria”.
Quindi qualunque azione, avendo essa stessa una causa, è
karmica, anche qualunque malattia è karmica poiché ci sarà un
motivo, una causa scatenante. Anche l’incarnazione avrà una

74 ESSERE FELICI ORA!

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componente karmica, ma per meglio comprenderla occorre in-
serire il concetto di reincarnazione. Questo argomento, caro a
tutte le religioni, cattolica inclusa, come ho indicato preceden-
temente anche se relativamente ai primi anni del cristianesimo,
prevede che l’anima emigri di vita in vita, ma non necessaria-
mente in questa dimensione e su questa Terra. Lo scopo è di
innalzare progressivamente la frequenza vibratoria per potersi
avvicinare all’energia della Fonte fino a fondersi con essa, cosa
che non avverrà a breve termine!
Quando si dice che tutto ciò che emetto torna indietro am-
plificato, significa che se darò amore riceverò amore, se vivo
rabbia mi tornerà la stessa emozione. Occorre precisare che nel-
la vita di ognuno questo meccanismo richiede tempi di attua-
zione che a volte sono immediati, altre richiedono più tempo: se
sono sgarbato con qualcuno attorno a me potrei ricevere uguale
moneta di ritorno, non necessariamente dalla stessa persona,
anzi probabilmente da altre persone, ma non so quando. Fino
a che non avrò chiuso il cerchio con il Karma di ritorno avrò
maturato un debito karmico e mi dovrò aspettare, prima o poi,
di pagarlo. Quando lascio questa dimensione di vita, nel proces-
so che chiamiamo morte, mi troverò a gestire questi debiti, ma
anche i crediti riportandoli nella vita successiva, un po’ come
i ratei e i risconti della partita doppia. Ecco come nascono, in
parte, gli obiettivi per le incarnazioni successive.
Se, per esempio, nel Medioevo una persona veniva percepita
come strega, o presunta tale, perché forniva pozioni di erbe per
guarire le persone, magari era imprigionata e torturata affin-
ché ammettesse le proprie colpe. Una volta ammesse, e ci voleva
poco visto i supplizi che erano in grado di mettere in pratica,
il tribunale stabiliva la messa a morte sul rogo. Mentre il falò
avanzava e il calore diventava sempre più insopportabile, è pos-
sibile che la sventurata potesse maledire con tutte le sue forze
l’autorità ecclesiastica per l’assurda condanna: così facendo se
ne andava da questa dimensione con un bel debito karmico con-
tratto verso l’autorità. In una ulteriore incarnazione quale fa-
miglia andrà a scegliersi quell’anima per vivere il suo Karma di

8 - IL KHARMA, IL DHARMA 75

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ritorno? Certamente non due genitori tranquilli e sereni, ma un
padre, rappresentante dell’autorità, piuttosto severo, addirittura
insopportabile; oppure un ubriacone che picchia moglie e figli
quando torna a casa alticcio. Se osservassimo solo quest’ultimo
passaggio della storia narrata, la realtà che viviamo qui e ora,
non potremmo mai capire il perché siano capitati proprio questi
genitori e nessuno potrà mai spiegarlo: né uno psicologo, né
tantomeno un sacerdote. Ma con la legge karmica potrei avere
un’idea del meccanismo: non che la cosa diventi più leggera,
ma mi permetterebbe di viverla con un senso di equità profonda
che altrimenti mi sarebbe preclusa. Noi impariamo solamente
dalle difficoltà: non a caso un proverbio dice “il bisogno aguzza
l’ingegno” e abbiamo bisogno di difficoltà per crescere, quindi
esse non sono disagi inutili, seccature o peggio, ma solo stru-
menti di evoluzione personale. Eccezione a questa regola è data
dall’imparare nella vita solo per spirito di servizio, ma non è
un meccanismo molto diffuso. Pertanto è inutile proteggere i
nostri figli oltre ogni limite: potremmo limitare il loro appren-
dimento. Lasciamo, invece, che imparino a sbrigarsela nella vita
e a gestirsi il proprio Karma.
In tal senso, nota dolente, si inserisce la piaga delle mole-
stie subite in età infantile o adolescenziali: esse sono molto più
numerose di quello che si possa immaginare e spesso creano
dei pesanti traumi che permangono anche in età adulta, non
importa se gli abusi ci siano stati o meno, né l’entità dell’abuso
stesso. A volte le persone non ricordano neppure se l’episodio sia
avvenuto realmente o solo nei loro sbiaditi ricordi di adolescenti
o bambine: per essi è la stessa cosa. Da un punto di vista penale
esiste una legge che punisce coloro che provocano simili atti, e
non è in discussione; da un punto di vista energetico/spirituale
è solo un Karma di ritorno, frutto di azioni in un’altra esistenza.
Pertanto sono inutili le recriminazioni: se avessi fatto, o detto,
se non fossi andato in quel posto, perché quell’episodio era un
nodo, una forca caudina sotto la quale si doveva passare. A livel-
lo spirituale il mio spirito si era accordato con lo spirito di un
carnefice per ricevere il Karma di ritorno. Quindi in tal modo in

76 ESSERE FELICI ORA!

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questa dimensione non ci sono buoni o cattivi, ma solo spiriti
che, per elevarsi, si trovano a pagare i loro debiti e chiedono ad
altri spiriti un aiuto, come attori che recitano una commedia
nella quale ognuno ha il suo copione, la sua parte. L’attore che
recita il ruolo dell’assassino non può essere criticato per ciò che
fa sul palco, anzi può essere addirittura elogiato se sta recitan-
do bene, così non si può condannare uno spirito che ci aiuta
nel bruciare Karma. Occorre rendersi conto del meccanismo e
lasciarci alle spalle l’episodio, per quanto doloroso e infamante
possa essere, perché nessuno ce l’ha con noi e guardare avanti
con rinnovato ottimismo verso il nostro futuro. Il debito è stato
saldato e, se mi sono reso conto dei passaggi e ho appreso da
essi, non correrò più alcun rischio per il resto della mia vita. Ho
conosciuto una coppia, una madre con una figlia di circa 9 anni
all’epoca, e ho avuto il piacere di accompagnarle in diversi se-
minari di guarigione spirituale a cui partecipavano con grande
entusiasmo. Dopo qualche tempo, entrato un po’ in confidenza
con la madre, le chiesi come mai frequentasse assiduamente dei
seminari con la bambina. Mi confidò che la piccola era già sta-
ta oggetto di numerose quanto incredibili attenzioni da parte
di adulti, senza che potessero riuscire nell’intento, e così stava
cercando il modo di bruciare Karma facendole prendere consa-
pevolezza di ciò che stava accadendo per evitarle così la brutta
esperienza.
Analogamente quando parliamo di gravidanze non andate a
termine, non importa se in maniera naturale o provocata, oc-
corre ricordare che si tratta sempre di una co-creazione tra lo
spirito della madre, a volte anche del padre, e quello del bambi-
no. Anche lui, per quanto piccolo, ha un Karma, il suo spirito è
uguale a quello di un adulto e, come tale, prende decisioni. Qua-
le Karma potrebbe portare uno spirito a non portare a termine
una nascita? Quando vedo una gravidanza interrotta penso sem-
pre al re Erode, famoso per la strage degli innocenti: chissà che
Karma si sarà procurato con un’azione siffatta. Pertanto penso
sempre che in un bimbo non nato ci sia lo spirito di Erode che
sta pagando il suo debito in comode rate.

8 - IL KHARMA, IL DHARMA 77

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Per ottemperare il mio Dharma, realizzare cioè i miei obiettivi,
ho bisogno di tener conto e seguire la legge karmica: per que-
sto scelgo i genitori, scelgo dove nascere e quando. Questo è il
senso dell’utilità dell’oroscopo: nel momento in cui vengo alla
luce i pianeti sono posizionati nel firmamento in punti precisi.
Non c’è nessuna influenza da parte loro, ma se sapessi leggere il
significato di questo posizionamento, attraverso la realizzazione
del piano natale, potrei conoscere cosa sono venuto a fare in
questa dimensione e che tipo di difficoltà mi troverò a supera-
re. Non ci sono vite più difficili o più facili in sé: ognuno ha le
sue difficoltà; semplicemente possiamo decidere di affrontare
gli ostacoli oppure no. Se li affrontiamo, accettandoli, viviamo
bene, se non li accettiamo stiamo male e avremo un’esistenza
probabilmente difficoltosa.
Siccome la vita precedente e quella attuale sono collegate
dal Karma, esse sono due facce della stessa medaglia: pertanto
posso seguire il mio processo di guarigione sia attraverso un
esame delle vite precedenti, le cosiddette regressioni effettuate
in stato ipnotico o semi-ipnotico, sia attraverso un’azione rivol-
ta alla mia vita attuale. Personalmente sono propenso ad agire
in quest’ultima modalità non perché sia più corretta o più fa-
cile, ma perché comunque le vite pregresse rappresentano un
grande punto interrogativo per molte persone. Basti pensare
che nell’altra dimensione il tempo e lo spazio non esistono così
come siamo abituati a percepirlo qui: pertanto, se esiste solo il
tempo presente le incarnazioni sono tutte contemporanee e, so-
prattutto, non necessariamente su questo pianeta, il che manda
il nostro cervello in una confusione irrimediabile.
Le prove sulla reincarnazione sono numerose e, credo, diffi-
cili da smantellare. In Italia Manuela Pompas, giornalista, scrit-
trice, ricercatrice e operatrice, da tanti anni lavora in tal senso;
ma anche la psichiatria ufficiale si è aperta con il lavoro di Brian
Weiss, cascato suo malgrado nelle regressioni in vite precedenti
e autore di numerosi libri su questo argomento.
Riassumendo: il Karma è l’elemento conduttore che attra-
versa le nostre vite e le concatena l’una con l’altra in un’alter-

78 ESSERE FELICI ORA!

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nanza di cause e di effetti di ritorno. È ovvio scoprire un fe-
eling immediato e spontaneo con talune persone che incon-
triamo “casualmente”: forse le abbiamo già conosciute in altre
esperienze di vita e abbiamo creato con loro dei debiti/crediti
karmici; forse ci stiamo addirittura inseguendo da secoli senza
riuscire nell’intento di poter vivere assieme, o chissà quale altro
copione è nascosto nelle vite di ognuno di noi.
Possiamo vedere la nostra intera vita come una gigantesca
guarigione da un Karma che continuiamo a bruciare e a pro-
durre.

8 - IL KHARMA, IL DHARMA 79

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9
Il processo
che chiamiamo morte
Non ho paura della morte, solo che non vorrei essere lì
quando accadrà. (Woody Allen)

C’è solo una cosa certa nella nostra vita: il processo che chiamia-
mo morte. Appena nasciamo è come se avessimo un contatore
alla rovescia che inizia a scandire i secondi a ritroso, come se
iniziassimo a morire. È curioso come nessuno se ne occupi, anzi
è considerato un argomento tabù, sconveniente, da mettere da
parte e dimenticarsene almeno fino a quando fuoriesce dal na-
scondiglio nel quale lo abbiamo riposto e si mostra ai nostri
occhi.
Ho avuto la fortuna di incontrare Cesare Boni, un grande
studioso di Tanatologia (thanatòs = morte) che insegnava alla
facoltà Federico II di Napoli. Boni ha passato la sua vita a studia-
re tutte le religioni, anche quelle scomparse come quella egizia
e babilonese fino alle attuali, e ha trovato una grande quantità
di punti di contatto che gli ha permesso di concludere che tutte
quante discendono da una sola vera religione, anche se ognuna
ha cercato, con più o meno abili strategie di “marketing reli-
gioso”, di dimostrare che la propria era la migliore, quella più
giusta e più vera. Il pensiero di Boni l’ho sentito molto vero per
me e perciò cercherò qui di riproporlo integrato dal mio sentire
e dalla mia esperienza.
Paradossalmente per accennare alla morte occorre parlare
della vita. La Fonte è la vita “assoluta”.

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Il processo di incarnazione prevede che tutto nasca dalla
Fonte, quel qualcosa che qualcuno ama chiamare Dio, qualun-
que cosa significhi. Dio è ovunque, onnipotente, onniscente.
Tuttavia c’è una cosa che, sembra strano, non può fare: proprio
poiché è ovunque non può guardarsi dall’esterno, vedersi da
fuori. Per colmare la lacuna occorre creare un ulteriore sog-
getto, ma lasciando un collegamento con la Fonte stessa e tale
soggetto nella nostra religione è il Figlio. Nella preghiera del
“Credo” si dichiara espressamente: “… generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre…”. Un Figlio che è esterno alla
Fonte, ma espressione della Fonte stessa. Per dialogare tra loro
questi due Titani necessitano di uno strumento sofisticato: lo
Spirito Santo, presentato come una colomba, dotato di ali, sim-
bolo della pace, ma anche della velocità di spostamento, della
comunicazione. Per i Romani era Mercurio, con le ali ai piedi,
per i Greci Hermes entrambi messaggeri degli dei; per gli Egizi
era Iside, pure dotata di ali, dea della maternità e della fertilità.
Questa trinità, triade o Trimurti per gli Indù, rappresenta il con-
cetto della Fonte creatrice, Dio. In esso siamo contenuti tutti
quanti, siamo non solo collegati, ma addirittura siamo tutti fac-
ce della stessa medaglia, “SIAMOTUTTIUNO”. Se lo correliamo
ai Chakra la Fonte è collegata al Chakra della corona, il settimo,
quella parte che emigra di vita in vita, la memoria Akashica che
registra tutte le attività da quando l’anima si stacca dalla Fonte
fino a che vi fa ritorno.
Nel processo di incarnazione questa vibrazione ha bisogno
di essere individualizzata, di passare dal Tutto allo spirito di un
solo individuo: quando accade prende forma il 6° Chakra, lo
Spirito appunto, che necessita di esprimersi nel suo Karma di
vita prendendo la forma del 5° Chakra, relazionandosi, affettiva-
mente, con tutto ciò che gli sta attorno attraverso il 4° Chakra,
quello del cuore; infine formando una personalità, il 3° Chakra,
collegandosi alle emozioni con il 2° Chakra e facendosi carne
attraverso il 1° Chakra, il corpo fisico. In pratica il processo di
incarnazione, energeticamente parlando, va dall’alto in basso,
parte dal 7° Chakra per arrivare al 1°. Da questo punto di vista

82 ESSERE FELICI ORA!

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il corpo è la parte terminale dell’intero progetto: ecco perché le
malattie riflettono tensioni più interiori.
Il concepimento e la vita sono frutto di un atto d’amore: le
cellule che si formano per prime danno vita al cuore del na-
scituro; siamo concepiti come autentico atto d’amore e siamo
accettati con amore, anche se a volte i genitori sono molto in
difficoltà a ricoprire i ruoli che competono loro, espletandoli in
modo insufficiente.
Durante l’esistenza il nostro compito è di apprendere realiz-
zando il nostro progetto di vita, far crescere la nostra vibrazione
energetica rendendola sempre più leggera: in oriente consiste
nella risalita del serpente kundalini che giace avvolto 3 giri e
mezzo su se stesso nel primo Chakra. Esso deve salire attra-
verso le Nadi, due canali energetici di nome Ida e Pìngala che
si incrociano sui Chakra idealmente posizionati su un canale
centrale chiamato Shushumma. Il disegno che ne scaturisce as-
somiglia curiosamente al Caduceo, scettro di Hermes e simbolo
dei farmacisti: entrambi hanno le ali, quelle dello Spirito Santo,
posizionate in alto ove risiede il settimo Chakra. Nel caduceo,
il bastone di Hermes/Mercurio, due serpenti si incrociano ripe-
tutamente proprio come le Nadi e il bastone stesso richiama il
canale centrale.

Kundalini che sale Caduceo Simbolo


lungo Le Nadi di Hermès dei farmacisti

Quando il tempo della nostra vita è terminato ritorniamo alla


nostra Fonte di energia. La decisione di tornare a casa è presa
dal nostro spirito ed è data da due sole possibilità. La prima è

9 - IL PROCESSO CHE CHIAMIAMO MORTE 83

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per aver terminato ciò che siamo venuti a fare, cioè significa che
abbiamo realizzato il nostro Dharma, lo abbiamo affrontato e ri-
solto. Quando avviene di solito restiamo qui in questa dimensio-
ne per un po’ di tempo, senza uno scopo preciso, magari solo per
chiudere qualche Karma di ritorno eppoi ce ne andiamo, spesso
in modo lieve e indolore: una morte nel sonno, ad esempio. La
seconda possibilità avviene quando la percezione della nostra
realtà ci appare insostenibile: la persona non riesce più a vivere
qui, per questo se ne torna a casa perché questa appare l’unica
soluzione praticabile. Può decidere di andarsene in modo vio-
lento, brusco, come un incidente o addirittura con un sistema
che la nostra società ritiene immorale, come un suicidio; ma
potrebbe andarsene in modo più lento, attraverso una malattia.
Questa è una modalità che la nostra cultura non vive come au-
toindotta, ma come scherzo bizzarro del destino o sfortuna, e
pertanto lecita, anzi degna di tutta la nostra solidarietà.
Ma seguendo il principio che tutto ha inizio nella nostra co-
scienza, un individuo decide di nascere, ammalarsi e morire;
pertanto se lo osserviamo dal punto di vista di chi ha preso la
decisione vi troveremo la scelta di andarsene. Visto così sem-
brerebbe un ragionamento molto logico, ma poco umano: per
me è invece molto umano vedere il distacco terreno come un
episodio della nostra vita. Non abbiamo la cultura della mor-
te, anzi la tendenza è di voler far rimanere qui gli individui a
tutti i costi, ricorrendo all’accanimento terapeutico se occorre,
incuranti degli eventuali dolori indicibili provocati. Ma se con-
sideriamo la morte solo come uno dei momenti della nostra vita
per poi reincarnarci nuovamente, tutto ci diventa più lieve. Per
stemperare l’argomento mi piace citare un anonimo che diceva:
“Inutile prendersi troppo sul serio: tanto da questa vita non se
ne esce vivi!”.
Anni fa una signora chiese il mio aiuto: era in ospedale e le
avevano appena diagnosticato un cancro in fase avanzata e non
curabile. Era il primo caso di cancro nella mia vita di guaritore
spirituale e mentre stavo guidando verso l’ospedale mi chiede-
vo cosa le avrei potuto dire. Se avessi seguito questi principi

84 ESSERE FELICI ORA!

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avrei dovuto dirle che aveva preso la decisione di andarsene: mi
sembrava una crudeltà infinita, come una persona che sta affo-
gando a cui getto un’incudine al posto di un salvagente. Decisi
di seguire l’impostazione, ma non sapevo cosa dirle, né come
fare. Fu lei ad aiutarmi e quando le dissi la frase famosa… “vuol
dire che hai preso la decisione di andartene…” mi guardò fisso
negli occhi e mi disse: “hai ragione, è proprio così”. Non solo
mi confermò la decisione, ma fu così consapevole da essere in
grado di descrivermi esattamente quando l’ebbe presa e cosa
stava facendo in quel momento. Questa è una storia a lieto fine:
cambiò la decisione di andarsene e guarì. Per me, con una for-
mazione freudiana alle spalle con un concetto di inconscio ben
radicato, si trattò di affrontare anche un altro tema: l’inconscio
dov’è? Ma, soprattutto: esiste? Il processo sembrava tutto molto
conscio, addirittura consapevole. Da allora tutte le volte che ho
a che fare con una malattia terminale chiedo sempre, con molto
rispetto e senza giudizio, se riconoscono la scelta di andarsene
come vera per loro; so già la risposta in cuor mio ed è proprio
questa loro affermazione il perno sul quale faccio leva per aiu-
tare le persone a cambiare atteggiamento, percezione e modo di
vedere e affrontare la vita, meccanismo che permette di innesca-
re la guarigione spirituale.
Rimane sempre il dubbio sul ruolo che l’inconscio gioca
nelle nostre vite, visto che nessuno ci conosce meglio di noi.
Quando chiedo a chicchessia di dirmi cosa non va nella sua vita,
la risposta arriva in un secondo: sappiamo cosa non funziona,
cosa ci turba. Ma da adulti ci piace giocare al gioco del “faccia-
mo finta che non lo so” anche se da qualche parte lo sappiamo
e anche bene. L’inconscio, sono arrivato a una mia personale
conclusione, è un ottimo sistema per evitarci le responsabilità.
Ma siccome il concetto di inconscio, così come viene presentato,
ci trova tutti d’accordo in un ampio consenso, esso ci permette
di vivere senza dover prendere decisioni affrettate o poterle ad-
dirittura rimandare sine die. Infatti se i miei pensieri e le mie
reazioni sono “inconsci”, cioè letteralmente non-consapevoli,
come faccio a prendere decisioni? Un lavoro di analisi, soprat-

9 - IL PROCESSO CHE CHIAMIAMO MORTE 85

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tutto freudiana, non di rado raggiunge la durata di anni: davvero
un ottimo sistema per accantonare la soluzione di un problema.
Ma, come ho anticipato, è una mia personale visione dell’argo-
mento nella quale il mio concetto di inconscio viene relegato in
una sequela di programmi automatici marginali.

Prima o poi lasceremo questa dimensione, non si tratta di se, ma


di quando. E il processo che chiamiamo morte è solo un passag-
gio specularmente uguale al processo della vita. Lasceremo que-
sta dimensione e il nostro corpo seguendo l’ordine dei Chakra,
ma alla rovescia di come è stata l’incarnazione: si partirà dal
basso verso l’alto. Questo passaggio non ha una tempistica: in
una morte violenta avviene in modo velocissimo, richiede giorni
o a volte settimane per le morti di malattia. Il primo passaggio
avviene quando i corpi energetici sottili si staccano dal corpo
fisico iniziando dal primo Chakra: è il momento nel quale l’ol-
fatto, senso legato al 1° Chakra, cessa di funzionare. Successiva-
mente passiamo alla secchezza delle fauci, l’organo di senso è il
gusto, il Chakra è il secondo; poi la vista viene meno e siamo al
3° Chakra per poi passare al tatto, collegato al 4° Chakra. Infine
l’ultimo senso fisico che cessa è l’udito, collegato al 5° Chakra:
questo è un momento particolare e molto delicato poiché l’in-
dividuo non vede più, non ha contatti tattili col mondo, non
avverte il suo corpo, ma sente tutto con le orecchie e si rende
conto che il passaggio è vicino ed è spaventatissimo. Pertan-
to necessita di un aiuto, parole di fiducia e di incoraggiamento
poiché si sente terribilmente solo e impotente. Frasi del tipo
“non arriverà a domani” devono essere assolutamente bandite
per sostituirle con parole di tranquillità, serenità, fiducia. Mio
padre rimase in coma una settimana prima di partire e quando
ero solo con lui sapevo che mi udiva perfettamente così lo tran-
quillizzavo a modo mio. Gli dicevo: “sai nell’altra dimensione si
sta letteralmente da Dio e questa è la buona notizia; la cattiva è
che ci troverai tua suocera”.

86 ESSERE FELICI ORA!

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Tutte le anime sono collegate tra loro con il settimo Chakra che è
anche la Fonte. Pertanto condividono questo Chakra che neces-
sita, per individualizzarsi in uno spirito, di staccarsi per formare
un’entità energetica propria che conserva la connessione con il
tutto. Ecco perché SIAMOTUTTIUNO.

Quando poi il corpo energetico lascia il corpo fisico ritorna


verso la Fonte, torna a casa, attraversa il famoso tunnel buio
che ha una luce bianca alla fine che non è luce né bianca, ma
queste sono le parole che più si avvicinano, esattamente come
quando si esce dal canale uterino durante la nascita. Arrivato là,
la descrivo in sintesi, la sua energia si confronta con l’energia
della Fonte e il comportamento è sempre lo stesso: vibrazioni
simili si attirano e si trovano simpatiche, vibrazioni differenti si
respingono. Di solito la nostra vibrazione è molto dissimile da
quella Originaria per cui veniamo rispediti qui per un altro giro
di giostra, come diceva Terzani.
La morte non esiste e se non ci prepariamo potremmo essere
spiazzati: infatti apparentemente tutto è come prima, ma nulla
lo è. Continuiamo ad avere la sensazione del pensiero cosciente
e pensante, ma siamo incapaci di relazionarci con questa di-
mensione poiché abbiamo lasciato il corpo, lo scafandro che ci
permetteva di vivere e di avere contatti in questa dimensione più
densa e pesante. Per questo molte persone non si rendono conto

9 - IL PROCESSO CHE CHIAMIAMO MORTE 87

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di essere morte poiché in effetti non lo sono. Ma se ci rendiamo
conto di aver passato una dimensione e di essere “morti” allora
potremo avvertire uno stato di leggerezza senza dolore fisico,
sensazioni mere espressioni della mente razionale.
Si apre un varco luminoso che dobbiamo attraversare, ma
molti sono titubanti, non sanno che fare. Nel Bardo Thödol, il
libro tibetano dei morti, occorre recitare una serie di preghiere
soprattutto per coloro che non si sono preparati all’evento, lita-
nie ripetute quotidianamente che iniziano sempre con “ricorda-
ti caro figlio che sei morto”.
Alcuni fanno fatica a partire, a lasciarsi andare perché tratte-
nuti dalla disperazione dei loro cari, altri dall’odio verso chi ha
fatto loro del male, oppure dal lasciare ricchezze accumulate in
anni di duro lavoro. Nella nostra tradizione il varco luminoso
rimane aperto, ma a tempo determinato. Solitamente è indicato
in 3 giorni, tempo nel quale si attende alla sepoltura. Oggi que-
sta tempistica, purtroppo, non sempre viene rispettata, poiché
si dà la priorità agli orari dei cimiteri, delle funzioni religiose, o
delle società di onoranze funebri. Gli spiriti che non sono pas-
sati al di là possono rimanere in questa dimensione di mezzo,
con sempre meno energia, senza il contatto con la Fonte che si
è interrotto, per cui possono recuperare energia solo attraverso
il contatto o la relativa vicinanza con gli umani. È buona cosa
elargire di tanto in tanto guarigioni spirituali a questi spiriti in
difficoltà affinché possano ritrovare la via di casa.

Una riflessione mi ha sempre affascinato: quando viene ampu-


tato un arto la persona continua ad avere sensazioni relative
all’arto che non c’è più, come avvertire dolore o prurito. Non c’è
alcuna base biologica per poter affermare ciò, in quanto l’arto
è amputato, ma il corpo energetico è integro. Quindi le sensa-
zioni che avvertiamo in questi casi, chiamate sindrome dell’arto
fantasma, sono da attribuire ai corpi energetici. Se dovessimo
allargare questo ragionamento a tutto il corpo potremmo fa-
cilmente concludere che non solo la morte non esiste come la
intendiamo di solito, ma che il pensiero consapevole prosegue

88 ESSERE FELICI ORA!

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indisturbato il suo cammino. Il pensiero di base, IO SONO, non
è nel cervello. Esso è una ghiandola che elabora il pensiero, ma
non lo genera. Il pensiero risiede nella nostra coscienza, in ogni
infima parte che compone il nostro essere. Siamo esseri di infi-
nite potenzialità!

9 - IL PROCESSO CHE CHIAMIAMO MORTE 89

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Siamo tanti ruoli
Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità
di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi
stupido. (Albert Einstein)

Eric Berne, fondatore dell’analisi transazionale, in un suo ce-


lebre libro un po’ datato, ma sempre attuale, descrive il gioco
degli adulti. Il titolo è: A che gioco giochiamo? Gli adulti non
giocano a Monopoli, Risiko o a briscola, se non in specifici mo-
menti di relax; il gioco vero degli adulti è una scelta di ruoli. Ci
sono tantissimi ruoli per tutti i gusti: siamo figli, forse anche ge-
nitori, fratelli o sorelle, zii o zie, nonni, nipoti, suocere e generi,
mariti e mogli, compagni, fidanzati, amanti. Ma ci sono altri
ruoli nella vita sociale: amici, conoscenti, compagni di svago, di
hobbies, di sport, condòmini, rappresentanti di classe, cittadini.
Senza contare il lavoro: impiegati, dirigenti, operai, tutti rigo-
rosamente e ordinatamente divisi in classi e livelli, ma anche
imprenditori, liberi professionisti, artisti, sportivi, membri di
associazioni varie, rappresentanti sindacali.
A questi ruoli si intrecciano e se ne aggiungono altri tra-
sversali: vittima o carnefice, giudice, salvatore, il pericoloso,
il non meritevole, lo sfortunato, il simpaticone, insomma una
vera pletora di ruoli, e noi ne scegliamo alcuni per giocare al no-
stro gioco della vita. Quindi possiamo essere, più o meno nello
stesso periodo, figli, genitori, operai, pescatori della domenica
e vittime.
Non possiamo non avere un ruolo.
La nostra vita sociale ci invita, di fatto “obbliga”, ad assumer-

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ne alcuni: sono etichette che ci hanno affibbiato o che la società
automaticamente assegna in tutta una serie di situazioni. Due
conviventi, insieme da anni, prendono a cuore leggero la deci-
sione di sposarsi: tanto è solo un pezzo di carta, una firma, che
vuoi che sia? Non cambia nulla. Invece cambia, eccome. È un
cambio di ruolo: da “fidanzati” si passa a marito e moglie. Non
conta, in questo caso, una differenza giuridica, che pure esiste;
è proprio il cambio di ruolo che può scatenare dinamiche sor-
prendenti e imprevedibili. Ne riparleremo più avanti.
La nostra libertà consiste nel decidere quali ruoli vogliamo
impersonificare.
Avere ruoli è scontato, ma potrebbe essere interessante sa-
pere che possiamo scegliere quali ruoli vivere: questa è la no-
stra libertà. Come se la vita fosse composta da tanti giganteschi
palcoscenici all’interno dei quali recitiamo il nostro copione.
Quando siamo al lavoro recitiamo il ruolo di impiegato/vitti-
ma, per esempio; ma quando torniamo a casa scendiamo dalla
commedia “lavoro” ed entriamo nel “palcoscenico famigliare”
cambiando ruolo. È un continuo cambio di abiti, di attitudini.
Se al lavoro ci sentiamo vessati da un capo poco comprensivo,
poi a casa possiamo “rifarci” esercitando il ruolo di carnefice con
un figlio. La vita è un dare e un prendere: quante volte abbiamo
sentito questa affermazione? Per me la vita è solo una scelta di
ruoli. Consapevole, possibilmente.
Possiamo prendere le distanze da questo meccanismo ren-
dendoci conto che noi impersoniamo tanti ruoli, non siamo un
solo ruolo, cioè non ci identifichiamo con un ruolo.
Quindi se commettiamo una sciocchezza non siamo auto-
maticamente degli sciocchi: siamo persone intelligenti che han-
no commesso una sciocchezza. Nella nostra cultura, non è così
in quella anglosassone, tendiamo a identificarci nel ruolo, a es-
sere quel ruolo. Se riceviamo un rimprovero sul lavoro lo pren-
diamo come un fatto personale, il capo ce l’ha con me, e non
come una situazione contingente con il ruolo che sto attuando
al momento: il ruolo del capo puntualizza degli aspetti lavora-
tivi con il ruolo del subalterno. Se penserò così mi sentirò nella

92 ESSERE FELICI ORA!

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mia vita molto più leggero e meno coinvolto personalmente. Il
messaggio arriva forte in alcuni telefilm americani, per esempio
nelle storie di avvocati. I protagonisti, l’accusa e la difesa, molto
spesso si conoscono, a volte hanno fatto gli stessi studi nello
stesso periodo, perfino nella stessa università. Spesso sono an-
che amici. Ma durante il processo non si frequentano, come pre-
vede la deontologia professionale, e si scambiano terribili colpi
bassi appena possibile. Al termine del processo, che a noi sem-
bra così incredibilmente breve, i due vanno a bere una birra as-
sieme scambiandosi impressioni: “Stavolta mi hai fatto un bello
scherzo!” “Bella la tua trovata, sei stato terribilmente duro”, ma
non si sentono minimamente attaccati a livello personale, non
considerano “sgarbo personale” ciò che semplicemente è far
bene il proprio lavoro, l’assumere il proprio ruolo nel modo più
professionale possibile, semmai è un atto di rispetto metterci
tutta la forza e l’energia di cui disponiamo dimostrando implici-
tamente la forza del nostro avversario da non sottovalutare. Per
la nostra cultura, infarcita di “volemose bene”, tutto ciò appare
un po’ bizzarro. Ma è solo un ruolo!
Noi abbiamo più ruoli, non ci identifichiamo con uno solo
di essi, e siamo liberi di scegliere quale ruolo giocare oggi, an-
che se molti ritengono di non poter scegliere. Approfondiremo
alcuni ruoli, in particolare quelli legati al concetto di autori-
tà, sia per chi deve “incarnare” quel profilo, sia per chi lo deve
“subire”. È una scelta precisa dovuta all’importanza che questo
argomento determina nella nostra vita: praticamente entra in
ogni ambito della nostra esistenza. Permette di trasformarci da
vittima in creatore consapevole, da genitore mediocre a buon
genitore, da semplice impiegato a collaboratore “insostituibile”,
da capo a leader.
Perfino quando due persone sconosciute entrano in contatto
tra loro inevitabilmente, dopo un periodo abbastanza breve, si
crea una piccola gerarchia tra i due.
Autorità è una interrelazione con qualcuno gerarchicamen-
te differente.
L’autorità è un confronto gerarchico. Se pensiamo all’eser-

10 - SIAMO TANTI RUOLI 93

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cito, struttura fortemente basata su più livelli, c’è una continua
interrelazione tra “chi sta sopra” con “chi sta sotto”. Ma è evi-
dente che il ruolo di un generale sia più importante di quello di
un soldato semplice, così come l’uomo nei panni del generale
vale tanto quanto l’uomo che indossa i panni del comune sol-
dato. Analizzando questi ambiti andremo a trattare tutte quelle
situazioni nelle quali si richiede l’esercizio dell’autorità (agita o
subita) e le dinamiche conseguenti.
Va da sé che la famiglia è il primo punto da trattare poiché
queste dinamiche nascono e si sviluppano proprio lì, poi esa-
mineremo il mondo del lavoro e via via tutti gli altri, per con-
cludere, infine, che i meccanismi sono sempre gli stessi e che
interagiscono pesantemente con la nostra vita quotidiana, non
sono un mero esercizio speculativo. Non conoscendo i meccani-
smi, ci troviamo, nostro malgrado, a gestire, bene o male, delle
situazioni che contemplano l’autorità e a esserne protagonisti.
Nessuno ci ha mai detto quali erano le regole del gioco e con
quali carte avremmo giocato; semplicemente la vita ci dice: vai!
Fallo!
Se accettiamo di cambiare ruolo impareremo a gestirlo stra-
da facendo, scoprendo via via le modalità richieste dal gioco, ma
essendo degli autodidatti commetteremo innumerevoli errori
di percorso. Accade quando diventiamo genitori nei confronti
dei figli o coniuge nei confronti del partner, o quando sul lavoro
otteniamo la tanto sospirata promozione perché accettiamo il
cambio di posizione al buio. Crediamo di sapere cosa ci aspetta,
ma lo scopriremo solo sul campo. Chi non riesce bene deve fer-
marsi un po’ per continuare a imparare, chi è bravo e apprende
velocemente viene ulteriormente promosso, fa carriera, e si tro-
verà a gestire di continuo nuove mansioni acquisite: quindi il
mondo, nei suoi ruoli chiave, è largamente gestito da ambiziosi
incompetenti impreparati.
Analizzando questi aspetti scopriremo quali e quanti ruoli si
intrecciano inevitabilmente, ad esempio la vittima con il ribelle.
Vedremo in particolare tutto ciò che ruota attorno all’autorità
e lo scopo sarà creare consapevolezza di tutte le dinamiche in

94 ESSERE FELICI ORA!

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gioco. Qualunque sia la nostra posizione potremo scoprire come
tutto non avviene per caso, ma segue un “fil rouge” che diventa
chiaro appena osserviamo la realtà con occhi diversi: è evidente
che nulla accade per caso e che i genitori, a livello spirituale, li
abbiamo scelti apposta.
Un vecchio proverbio diceva: “Per imparare a comandare oc-
corre imparare a obbedire”.
Mai proverbio fu più azzeccato e nelle prossime pagine sco-
priremo perché.

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Cosa rappresentano
i genitori, veri totem
della nostra esistenza
Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso!
(Franco Bianchi)

L’autorità è un ruolo che implica il farsi obbedire, il farsi ascolta-


re. Alcuni ci riescono bene spontaneamente, altri meno: si parla
di leadership naturale. Leader è una parola inglese che deriva
dal verbo “to lead” che significa condurre, guidare. Il leader,
dunque, è colui che guida, è un’autorità.
Va specificato che esistono tante forme di autorità e non una
sola, quella “vera”; occorre vedere in quale contesto siamo e con
chi abbiamo a che fare. Le due facce estreme dell’autorità sono
l’autoritarismo e l’autorevolezza. Il primo è il comando brutale,
imperioso, tipico dei militari, ma non solo. È un comando a cui
non si può dire di no, non sono ammesse repliche. Spesso gene-
ra insicurezza, a volte perfino paura. La maggior parte dei casi
è messo in pratica da individui insicuri che trovano, in questo
modo, l’unico modo per comandare. Il prototipo di autoritari-
smo potrebbe essere Hitler.
Autorevole è colui che comanda senza volerlo fare: sono gli
altri che lo invitano a farlo perché emana una notevole forza,
anche se pacata, decisione, esperienza, chiarezza di idee. Sono le
altre persone che si recano da lui per chiedere consigli su come
comportarsi perché è un leader nato, vero trascinatore di folle.

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L’autorevole è una persona realmente forte e per questo è merce
rara. Il suo contatto genera sicurezza e tranquillità, soprattutto
nei momenti difficili. Il prototipo di questo genere di autorevo-
lezza potrebbe essere il Gandhi che abbiamo conosciuto come
uomo politico.
Nel quotidiano assistiamo a una miriade di sfaccettature in-
termedie tra autoritarismo e autorevolezza, ecco perché il con-
cetto di leadership e la sua messa in atto diventa così complesso
da analizzare normalmente.
Dentro di noi ci sono tantissime qualità, ma anche condi-
zionamenti attraverso il processo educativo nell’età infantile e
adolescenziale. I genitori sono i prototipi dell’autorità: sono le
prime figure con le quali ci confrontiamo e anche scontriamo,
poiché è nel loro ruolo darci le regole di vita, indirizzarci, farci
crescere nel miglior modo possibile. Il nostro iter che concerne
l’autorità dovrà, per forza, iniziare dalla famiglia: ognuno di noi
conserva per tutta la vita, custoditi gelosamente dentro di sé, il
rapporto con due autentici “totem” fondamentali per ognuno di
noi: papà e mamma. Le dinamiche con queste due figure sono
il perno attorno al quale ruota quasi la totalità della nostra vita,
in un modo o nell’altro, che ce ne rendiamo conto o meno. Se il
rapporto è sostanzialmente buono allora va tutto bene; qualora
ci fossero delle tensioni esse si rifletteranno sia nella relazio-
ne diretta con i genitori, sia sul nostro quotidiano, tanto in età
adolescenziale che adulta. Un buon rapporto significa sentirsi
amato, sorretto e protetto da quel genitore, qualunque cosa si-
gnifichi: è una percezione personale. Un rapporto conflittuale
non indica solo, riduttivamente, un conflitto in quanto tale con
litigi, urla, insulti, cattivi pensieri o addirittura il venire alle
mani, ma soprattutto non sentirsi amati, sorretti e protetti. Per-
tanto conflitto è anche non aver dialogo, sentirsi soli, non capiti,
lontani e abbandonati, come in presenza di sconosciuti; fa parte
del conflitto anche l’aspetto complementare, come sentirne la
mancanza, per chi ha perso un genitore o, addirittura, non lo ha
mai conosciuto. Oppure quando ci si trova davanti a uno scam-
bio dei ruoli: ci sono figli che sono “genitori” dei loro genitori. In

98 ESSERE FELICI ORA!

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ogni caso è una percezione individuale che, spesso, non ha nulla
a che vedere con i fatti accaduti, ma solo con l’interpretazione
degli stessi. Ma siccome noi creiamo la nostra realtà ciò che con-
ta, per noi, è solo quello che crediamo essere vero per noi stessi.
Nella mia esperienza la stragrande maggioranza delle perso-
ne ha un conflitto almeno con un genitore, qualcuno con tutti e
due. Come mai? Il processo di crescita è un processo spesso do-
loroso: noi cresciamo attraverso le difficoltà, abbiamo bisogno
di superare ostacoli per temprare il carattere. Diceva Randhy
Pausch: “Esperienza è ciò che accade quando le cose non vanno
come avremmo voluto”.
Nel nostro processo di crescita è ovvio che ci si confronti
primariamente con le persone più vicine al nostro cuore e che
fisicamente vediamo tutti i giorni: i genitori, appunto. È con
loro che si hanno i primi screzi che a volte si risolvono nell’ado-
lescenza o in età più adulta, altre volte permangono per l’intera
vita.
Il ruolo del genitore è veramente complesso: il suo com-
pito è farci crescere, non darci quello che vogliamo, educare
e non creare consenso, ed è perciò che il conflitto è implicito
al processo di maturazione e i genitori ne sono pesantemente
implicati. Questo è un meccanismo imprescindibile, si verifica
anche quando le figure genitoriali non fossero presenti: la loro
stessa assenza, infatti, potrebbe essere fonte di conflitto, gene-
rare un senso di mancanza, forse anche di abbandono anche se,
razionalmente, nessuna persona collega una malattia grave del
genitore o, addirittura, la sua morte con una volontà razionale
di andarsene via. Questo non impedisce al figlio, comunque, di
sentirsi “abbandonato”.
È importante scindere il ruolo del genitore dall’individuo
che ha quel ruolo ai nostri occhi. Sono due cose diverse, mentre
noi tendiamo a sovrapporle, crediamo siano la stessa cosa.
Il ruolo di un genitore rappresenta, ai nostri occhi di figlio,
tanti altri aspetti e avere un conflitto con un genitore significa,
di fatto, avere un conflitto anche con tutti gli aspetti che il ge-
nitore rappresenta.

11 - COSA RAPPRESENTANO I GENITORI... 99

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Nel dettaglio riguardo ai genitori:

Il ruolo del padre rappresenta anche la relazione con:


• l’energia maschile Yang (decisione, volontà, agire, rischiare), il coraggio;
• gli uomini (anche verso me stesso, se il figlio fosse maschio);
• l’autorità (come accettarla/subirla e come agirla, interpretarla);
• il senso di direzione (avere le idee chiare, sapere dove andare) e anche
orientarsi;
• il rapporto con Dio (la Somma autorità e il Padre celeste).

Il ruolo della madre rappresenta anche la relazione con:


• l’energia femminile Yin (emozioni, affetti, desideri, sensazioni, intuizioni);
• le donne (anche verso me stessa per una figlia femmina, vivere la fem-
minilità, la maternità);
• la sicurezza (di solito rappresentata dalla casa/famiglia, il lavoro, il dena-
ro);
• tutta l’area delle emozioni.

La relazione con entrambi i genitori genera l’Autostima


In questo duplice rapporto c’è la stragrande maggioranza della
nostra vita, pertanto conservare in età adulta un conflitto con
uno dei genitori è una pessima idea. Conosco persone che nu-
trono rancore, come se volessero fargliela pagare per “presunti
sgarbi ricevuti” in età infantile; alcuni mi confidano, un po’ im-
barazzati, d’aver intimamente gioito alla morte di un genitore
“conflittuale”.
Non voglio difendere i genitori in generale, forse non ne
hanno bisogno; eppoi chi sono io per difenderli? Non voglio af-
fermare che sono perfetti. O, peggio, che hanno ragione. Sono
esseri umani, pieni di limiti e di difetti, come ognuno di noi.
Quindi se vogliamo trovare errori in loro abbiamo solo l’imba-
razzo della scelta. So che, per qualcuno, i motivi per conservare
rancore siano più che validi e la cosa non è in discussione: ognu-
no di noi ha una sua idea su come è andata nel nostro passato.
Se pensiamo di aver ragione e di sentirci vessati da loro, di aver
subito pesantemente le conseguenze dei loro errori, ci senti-
remo dalla parte del giusto, i genitori saranno il nostro alibi e

100 ESSERE FELICI ORA!

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tutti ci daranno ragione: amici, magari anche uno psicologo,
un confidente, un sacerdote, ma saremo incapaci di cambiare la
situazione e continueremo a soffrire per tutta la vita. Un prover-
bio napoletano lo esprime perfettamente quando dice: “Essere
cornuto e mazziato!”, cioè essere dalla parte della ragione e con-
tinuare a subire comunque un’ingiustizia, incapaci di modifica-
re la situazione.
I nostri genitori hanno commesso sicuramente tanti errori,
ogni genitore ne commette. Il lavoro del genitore è veramente
difficile, qualunque cosa fai sbagli! Non ci sono scuole per diven-
tare genitori, né libri di testo dettagliati: del resto non servireb-
bero, ci sono troppe sfaccettature di cui tener conto. Si diventa
genitori a scapito dei figli: gli errori ricadono sulla prole, non
per loro volere, ma perché non è possibile diversamente. Quan-
do i figli crescono i problemi si ingrandiscono seguendo la loro
età; se nascono altri figli si scopre che l’esperienza maturata con
i primogeniti serve a poco, poiché ognuno ha le sue esigenze e
caratteristiche: insomma è un lavoro ingrato e forse il più diffi-
cile che esista. Quando siamo genitori l’unico riferimento che
abbiamo sono i nostri genitori e potremmo chiederci sovente:
come si sarebbero comportati loro in questo caso? Non di rado
gli stessi atteggiamenti erronei vengono passati dai nonni ai ge-
nitori, ai figli senza accorgersene, solo per similitudine.
Si scopre cosa significa essere genitori diventandolo. Ricor-
do, con infinita tenerezza, quando mia figlia venne a casa dall’o-
spedale: dormiva beatamente. Ma quando si svegliò ci vollero 3
tentativi per scoprire che il suo pianto a tutto volume altro non
era che sete, e non fame né patello bagnato e neppure dolori al
pancino come ipotizzammo io e la mia ex-moglie. Il tutto durò
più di mezz’ora tra urli e pianti a 300 decibel: ero letteralmente
distrutto e consapevole dei miei enormi limiti di padre. Realiz-
zai, in quel momento, che era solo la prima ora con mia figlia.
Cosa sarebbe potuto accadere in seguito?
Ma dietro ogni gesto e anche ogni errore di un genitore c’è
l’amore per i figli. Il nostro sforzo deve andare in questa dire-
zione: vedere l’amore in ogni situazione, soprattutto in quel-

11 - COSA RAPPRESENTANO I GENITORI... 101

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le più difficili. È possibile amare profondamente un figlio, ma
essere incapace di espletare il ruolo genitoriale, è possibile e
anche frequente che accada tutto ciò. Occorre, come già detto
prima, separare il ruolo dalla persona che interpreta quel ruolo.
Ad esempio: io posso amare profondamente il gioco del calcio,

ma essere un pessimo giocatore. Per analogia posso essere un
pessimo padre, una madre terribile, ma amare profondamente
i miei figli, di un amore ancora più disperato visto la difficoltà
a esprimerlo come si vorrebbe e le incomprensioni generate di
conseguenza.
In qualità di figlio, riuscire a vedere tutto ciò in età adulta
significa cambiare la relazione con i propri genitori, scioglie-
re quelle tensioni e quei conflitti per lasciare spazio all’amore.
Accettare i genitori non significa necessariamente essere d’ac-
cordo con loro, ma solo vedere le limitazioni del loro modo di
interpretare quel ruolo senza pretendere di cambiarli. Solo così
potrò sentirmi libero, lasciando i miei genitori liberi di essere
ciò che sono, ognuno con i propri limiti.
Guarire i conflitti con loro significa, di conseguenza, gua-
rire i conflitti con tutte le figure e i ruoli che i nostri genitori
rappresentano. Questo è l’approccio, il solo che io conosco, per
vivere una vita sempre più libera e consapevole, aumentando, di
conseguenza, il livello di felicità. Una vita felice non ha segreti e
la sua ricetta è talmente semplice da essere banale: fare sempre
più ciò che mi piace fare, fare sempre meno ciò che non amo,
sentendosi amati e sorretti dalla vita e da chi ti sta intorno.
Andando più nel dettaglio, supponendo di essere una figlia
e di avere una tensione/conflitto con il padre in età adulta po-
trebbero presentarsi situazioni come quelle di seguito elencate:
• Ragionamento “automatico”: questo è mio padre. Tutti i
papà sono così, tutti gli uomini sono così. So, razionalmen-
te, che non è obbligatoriamente vero; ma nella mia espe-
rienza il prototipo di papà è il mio. Questo è quello che rico-
nosco, questo è quello “vero” per me. Se, quindi, il papà è il
prototipo degli uomini, che tipo di uomini attirerò nella mia
vita? Qualcuno con il quale ripetere le stesse dinamiche in

102 ESSERE FELICI ORA!

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atto col papà, con la figura maschile. Se mi sono sentita ab-
bandonata dal papà attirerò uomini che mi abbandoneranno
e le sfaccettature con il quale avviene l’abbandono possono
essere molteplici, possono anche vivere in casa senza parte-
cipare alla vita famigliare come la donna desidererebbe, ma
la sostanza rimane; se mi trattava male attirerò uomini che
faranno altrettanto, se non esercitava autorità verso di me
attirerò dei partner assenti o che si comporteranno come
fossero miei figli. Oppure potrei attirare uomini esattamen-
te all’opposto della relazione che avevo con mio padre, tal-
mente all’opposto da rendere evidente che il riferimento sarà
sempre il papà. In sintesi: passo la vita a cercare papà, o il suo
esatto opposto, magari per fargliela pagare. Se, per caso, mi
imbattessi nell’uomo giusto per me, quello che mi potrebbe
far felice, scoprirò velocemente trattarsi di un amore impos-
sibile: un uomo felicemente sposato, oppure che abita trop-
po lontano, o con divergenze pratiche insormontabili come
Montecchi e Capuleti. Ecco perché, in generale, le mie rela-
zioni sentimentali avranno tutte un filo conduttore preciso
e ripetitivo, a meno che abbia fatto dei lavori specifici in que-
sto ambito nel qual caso potrò osservare dei cambiamenti in
me stessa riflettersi nella qualità delle relazioni che andrò a
intraprendere. È tipico vedere persone che, al termine di una
relazione, si ritrovano con nuovi partner che ricalcano sem-
pre la stessa linea, le stesse dinamiche, anche ripetutamente,
con una precisione impressionante: chi divorzia ritroverà un
partner che solo apparentemente sarà differente dal prece-
dente, ma scoprirà molto presto che la trama del film sarà
sempre la stessa.
• Se ci si sente mal sopportate dal padre, perché forse abbiamo
pensato che avrebbe preferito un maschio a noi, potremmo
mettercela tutta per sembrare tale: giochiamo a pallone, ve-
stiamo da uomo, pratichiamo sport pericolosi, ma ci sono
dei giorni del mese nei quali non possiamo nasconderci e
riveliamo al mondo di essere donne. In quel caso potrem-
mo avere dolori mestruali, oppure respingere la femminilità

11 - COSA RAPPRESENTANO I GENITORI... 103

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come se non ci appartenesse. Siamo in cerca dell’approvazio-
ne di un papà che, ai nostri occhi, preferirebbe un maschio a
noi.
• Ci potrà essere una difficoltà a esprimere energia maschile:
prendere decisioni, avere volontà, rischiare, mostrare deter-
minazione.
• Il papà è, tradizionalmente, sinonimo di autorità. Le autorità
che attirerò saranno uno specchio della relazione con mio
padre. Un papà assente mi farà attirare un’autorità assente,
ad esempio sul lavoro avrò un capo sempre in viaggio; un
papà troppo presente mi farà attirare capi che mi staranno
col fiato sul collo. Autorità può essere il superiore gerarchico
sul lavoro, ma anche il rapporto con Polizia, Giustizia, Enti
vari, lo Stato, medici nell’esercizio del proprio ruolo. È cu-
rioso come, a volte, non riconosciamo le cose più evidenti.
Una volta, durante un seminario in Spagna, una ragazza con
il padre percepito come assente contestava questa afferma-
zione dicendo che il suo capo era, invece, molto presente
perché si sentivano telefonicamente tutte le mattine. Pecca-
to che lei lavorasse a Barcellona e il suo capo stesse a Madrid:
per lei, abituata a un padre assente, questa presenza era con-
siderata molto assidua, ma per molti altri questa potrebbe
essere una relazione di autorità blanda e poco presente. Un
altro effetto di un cattivo rapporto con l’autorità è sentirsi
sempre in colpa nei suoi confronti, o inadeguati, oppure per-
cepire come se “ce l’avesse con noi”. Come reagirò qualora
mi comunicassero sul lavoro “il capo ti vuol vedere”. Penserò
che forse mi darà un aumento di stipendio o che mi arriverà
una lavata di capo? Inizierò a pensare in quali errori potrei
essere incorsa negli ultimi giorni? In generale chi ha tensio-
ni con l’autorità non si sente sorretto da essa, ma solo punito
e, magari, aggredito.
• Come dicevo all’inizio del paragrafo precedente, la relazione
con il padre è sinonimo di autorità, ma sappiamo bene che
in molte famiglie l’autorità è la madre. Pertanto tutto ciò
che abbiamo espresso nei confronti dell’autorità/padre andrà

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indirizzato nei confronti della madre in quanto autorità, sarà
lei, non il padre, il riferimento. Non di rado, in questo caso,
si attireranno sul lavoro capi donne.
• Un conflitto con l’autorità renderà difficile alla ragazza di
riconoscere ed esprimere la propria autorità: potrebbe diven-
tare difficoltoso vivere un ruolo che si contesta o si combatte
addirittura. Pertanto avrà difficoltà a guidare un gruppo, a
farsi ascoltare dai figli, a reagire a un torto subito.
• Senso di direzione scarso: significa, in senso stretto, il senso
di orientamento, in senso lato avere le idee chiare, sapere
cosa fare “da grande”.
• Anche il rapporto con Dio potrebbe essere vissuto in egual
misura. Un padre assente potrebbe far percepire Dio lontano
da noi, che non si occupa di noi “con tutto quel che avrà
da fare!” E viceversa: un’autorità troppo invadente potrebbe
generare un Dio troppo invasivo nella propria vita.
• Poco coraggio da manifestare nella propria vita.

Una figlia con tensione/conflitto con la mamma potrebbe vivere


le situazioni seguenti.
• Ragionamento “automatico”: questa è mia mamma. Tutte
le mamme sono così, tutte le donne sono così. So razional-
mente che esistono tante donne e tante mamme diverse, ma
il mio prototipo di mamma è quello che ho vissuto in casa.
Ella è il riferimento del femminile, dell’essere femmina, don-
na adulta e madre. Un forte conflitto con lei potrebbe far-
mi prendere una decisione drastica: piuttosto che diventare
come lei farei qualunque cosa di diverso, mi farei pure suora,
non voglio diventare, in alcun modo, come lei. Così perdo il
mio riferimento, unico peraltro, di femminile: non so più
chi sono, rischio di diventare una banderuola al vento, non
ho idee chiare né riferimenti precisi sul mio ruolo in questa
vita. Rischio di perdere la mia femminilità, potrei rifuggere
relazioni affettive e/o sessuali con uomini, magari essere atti-
rata sessualmente da donne. Cosa accadrà, in futuro, qualora
dovessi accorgermi malauguratamente di seguire le orme di

11 - COSA RAPPRESENTANO I GENITORI... 105

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mia madre? Reagirò fortemente prendendo repentinamente
la direzione opposta. Tempo fa, una signora era in relazio-
ne di convivenza e dopo 10 anni di ottimo rapporto decide
di sposarsi: tanto è solo una firma, dicono entrambi. Ma la
signora aveva un forte conflitto con la mamma: il diventare
moglie, nella sua testa, le ha mostrato che stava seguendo le
stesse orme della madre, moglie anch’essa. Velocemente, e
inspiegabilmente, il matrimonio fallisce e la coppia si divide,
il tutto dopo 10 anni di buona convivenza. Il matrimonio,
rispetto a una relazione o a una convivenza, è un cambio di
ruolo e non va preso alla leggera. Per una femmina un con-
flitto con la mamma può mettere a repentaglio tutta la sfera
del femminile, inclusa l’area della procreazione e del sesso,
includendo anche l’eventualità di dolori mestruali: come
dire, essere donna è doloroso; potrebbe anche manifestare
un blocco al flusso mestruale o manifestare una forte diffi-
coltà nel restare incinta.
• Il rapporto con le donne sarà lo specchio del rapporto con
la mamma. Se ella, ad esempio, era l’autorità in famiglia,
allora non dovrò meravigliarmi se attirerò capi donne sul
lavoro, con le quali creare una relazione similare a quella
con la mamma.
• Come sarà la mia relazione con la mia energia femminile?
Essa consiste nella sfera di affetti, emozioni, sensazioni, de-
sideri e rifletterà nuovamente la relazione con la genitrice.
La vivrò in modo approfondito se avrò accettato l’energia
femminile, ma non riuscirò a viverla in pieno, come vorrei,
se ci fossero tensioni: magari le terrò a distanza di sicurezza,
per non caderci dentro inavvertitamente. Potremmo “ane-
stetizzarci” dalle emozioni, diventeremo refrattari a ogni
sensazione emozionale che non ci è permesso di vivere.
Oscar Wilde diceva. “Vivere è una cosa molto impegnativa. I
più esistono solamente”.
• Come sarà la mia relazione con la sicurezza? La figura della
mamma, per noi occidentali vero emblema della sicurezza, è
correlata con il guardiano protettore della casa che la rende

106 ESSERE FELICI ORA!

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un posto bello e sicuro nel quale crescere; rappresenta l’esse-
re accuditi, sostenuti, nutriti sia affettivamente che pratica-
mente. La sicurezza si concretizza, nella pratica in età adulta,
con 3 relazioni, non uniche, ma certamente preponderanti e
determinanti: la casa – muri, pavimenti, la “tana”, ma anche,
in senso lato, la famiglia – il lavoro, il denaro. Un conflitto con
la mamma potrebbe portarmi a disagi in uno o più di que-
sti ambiti: sul lavoro, di qualunque natura essi siano, come
sentirsi sfruttati, non riconosciuti, difficoltà di relazioni con
i colleghi, trovarsi senza lavoro di frequente, non trovare la-
voro facilmente; o nella relazione col denaro, non riuscire a
guadagnarlo oppure disperderlo non si sa come; infine mani-
festare difficoltà con la casa, la propria “tana” o perché neces-
sita di riparazioni in continuazione, oppure non percepen-
dola come un luogo tranquillo e sereno nel quale vivere, non
sentirsi “a casa”. In tutti questi casi non mi meraviglierebbe
affatto se la persona in oggetto avesse conflitti con la mamma.
Queste correlazioni, lungi dall’essere lette come “disgrazie”,
possono essere vissute come opportunità, come soluzioni per
modificare situazioni che sembravano senza sbocchi. Natu-
ralmente non è necessario manifestare tutti questi disagi: è
possibile riconoscersi anche solo in alcuni di essi.

Supponendo di essere un figlio e di avere una tensione/conflitto


con il padre potremmo trovarci in diverse situazioni:
• Ragionamento “automatico”: questo è mio padre. Tutti i
papà sono così, tutti gli uomini sono così. Dunque la figura
di mio padre rappresenta tutto il mondo del maschile, è an-
che la relazione con la mia energia maschile: azione, volon-
tà, determinazione, assunzione del rischio, che sarà scarsa,
ai miei occhi, se la relazione con papà non fosse nutriente.
Non mi sentirò abbastanza determinato, potrei avvertire una
scarsa propensione al rischio, al confronto con altri maschi,
al sapere cosa una donna cerca in un uomo: potrei non sen-
tirmi abbastanza “macho”.
• Papà rappresenta anche il rapporto con gli uomini, quindi

11 - COSA RAPPRESENTANO I GENITORI... 107

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anche con me stesso in quanto maschio, il mio riferimento
di uomo adulto, il canovaccio sul quale apporterò le varia-
zioni sul tema “cosa vuol dire diventare uomo”. Un conflit-
to pesante con papà potrebbe farmi decidere di cancellarlo
come mio modello di riferimento maschile: piuttosto che
essere come lui farei qualunque altra cosa. Ma così facendo
mi priverò del mio, unico, modello di maschile: rischierò di
diventare una banderuola al vento, non saprò come inter-
pretare il mio ruolo, non avrò più riferimenti. Come già de-
scritto nel caso di una figlia nei confronti della mamma che
rappresenta il genitore omologo, cioè dello stesso sesso, così
anche il figlio rifiuterà di seguire le orme del padre in caso
di conflitto. Passare da conviventi a coniugi potrebbe essere
traumatico per lui, non per il cambio di ruolo in sé, quanto
per il rendersi conto di star assumendo lo stesso ruolo che
aveva il padre che lui detesta. Questo solo fatto potrebbe far
saltare la nuova unione appena celebrata.
• Il papà è anche il modello dell’autorità, poiché all’interno
della famiglia idealmente chi comanda è papà. Sappiamo che
in moltissime famiglie è la mamma a tenere le redini, ma
spessissimo facendo credere a tutti che è il papà a comanda-
re. Un rapporto conflittuale con papà potrebbe generare un
analogo conflitto con l’autorità e attirare nella mia vita delle
autorità con le quali mettere in atto le stesse dinamiche che
avevo con lui, un vero teatrino. Quindi un padre percepi-
to come molto autoritario mi farà energeticamente attirare
capi dello stesso tipo, avere tensioni con la Polizia, con lo
Stato, col capo sul lavoro. Conosco un ragazzo con genitori
divorziati e che viveva col padre. Dopo una lite violenta con
lui ha iniziato a prendere multe con l’automobile in modo
talmente frequente da essere fortemente inusuale: era la ma-
nifestazione di un vero spregio verso l’autorità, cioè verso il
padre, anche se poi era lui che pagava. Un cattivo rappor-
to con l’autorità potrebbe generare un sentimento di colpa
verso di lui, sentirsi inadeguati, oppure percepire come se
lui “ce l’avesse con me”. Quale sarà il mio primo pensiero

108 ESSERE FELICI ORA!

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quando sul lavoro dovessero comunicarmi “il capo ti vuol
vedere”? Penserò che forse mi darà un aumento di stipen-
dio o che vorrà congratularsi con me o temerò una lavata di
capo? Inizierò a pensare in quali errori potrei essere incorso
negli ultimi giorni? In generale chi ha tensioni con l’autorità
la vivrà come punitiva e non si sentirà sorretto da essa. Se in
famiglia l’autorità era la mamma, allora potrei attirare capi
donne; comunque le relazioni con l’autorità rifletteranno la
relazione con la mamma in quanto autorità.
• Anche essere la propria autorità sarà difficile, come dover
prendere decisioni che coinvolgono altri e dover gestire le
situazioni. Se ci sarà un conflitto tenderò a rifiutare questo
ruolo, faticherò ad assumere un ruolo che ho sempre com-
battuto. Si tratta di quegli individui che affermano: sono il
capufficio appena nominato, ma nel mio ufficio le decisioni
si prenderanno solo a maggioranza perché io sono “demo-
cratico”. Questo è un chiaro rifiuto a essere autorità, che
ricordo è colei che guida un gruppo, e la mancanza di assun-
zione di questo ruolo genera solo il caos e la paralisi. Così,
analogamente, potrebbe mostrare grande difficoltà ad assu-
mere il ruolo di padre che lui stesso rinnega, magari decide-
re di non avere figli.
• Di pari passo le idee su dove andare non saranno chiare. Il
senso di direzione sarà scarso, soprattutto il dove condurre
un gruppo o una famiglia. Appartiene a questa dinamica an-
che il senso di direzione fisico: perdere i riferimenti anche in
un luogo conosciuto.
• Dio sarà un’entità molto lontana da me, forse appena perce-
pibile, magari inesistente. Io sono poca cosa rispetto a lui,
neppure sa che esisto. Oppure è il terribile giudice che mi
vede in ogni angolo e mi valuta (il Guareschi nei suoi comici
libri su don Camillo e Peppone, riguardo alle imminenti ele-
zioni, fa dire a don Camillo: “Ricorda che nell’urna elettorale
Dio ti vede, Stalin no!”).

11 - COSA RAPPRESENTANO I GENITORI... 109

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Supponendo di essere un figlio e di avere una tensione/conflitto
con la madre ecco alcune situazioni che potrebbe presentarsi.
• Ragionamento “automatico”: questo è mia madre. Tutte le
mamme sono così, tutte le donne sono così. Io so razional-
mente che non è vero, ma le mamme “vere” sono come la
mia, cioè tutto coincide con la mia personale esperienza.
Quali donne attirerò, senza rendermene conto, nella mia
vita? Donne con le quali poter realizzare la stessa dinami-
ca che avevo con la mamma, lo stesso teatrino della vita.
Freud aveva ragione quando affermava che noi sposiamo il
genitore di sesso opposto, a volte la somiglianza arriva ad-
dirittura all’aspetto fisico. Ecco perché mettiamo in scena
sempre la stessa “rappresentazione”, cioè abbiamo sempre
rapporti con donne dello stesso tipo: uomini che con rego-
larità si innamorano perdutamente di donne stralunate, o
fortemente possessive, gelose all’inverosimile, vere mantidi
religiose, invisibili o eccessivamente presenti, e via dicendo.
Oppure uomini che attirano donne all’opposto della propria
madre, talmente agli antipodi da dedurre che il riferimento
sia sempre lei: chi avrà una madre forte potrebbe attirare
donne deboli a cui “farla pagare”. Uomini che sono padri del-
le proprie madri incontreranno solo mogli/figlie da accudi-
re mantenendo lo scambio dei ruoli. A volte, nonostante la
tensione con la mamma, accade di innamorarci, finalmente,
della donna giusta: è proprio una relazione “come la desi-
dero” e completamente diversa dalle precedenti. In questi
casi, spessissimo, questa è una relazione impossibile: uno
dei due è felicemente sposato, oppure i due abitano a enormi
distanze, oppure sono colleghi nel lavoro in ruoli conflittua-
li: sarà possibile vivere momenti di felicità sapendo che sarà
un rapporto senza futuro, un vero rapporto “impossibile”. In
ulteriori casi, infine, la mamma è talmente insopportabile da
obbligarmi a prendere una drastica decisione: diventare mi-
sogino. Le donne sono fuori dalla mia vita, non potrò inna-
morarmi di un essere della stessa “risma” della madre di cui
non ho alcuna stima, anche se, sotto sotto, la sto cercando

110 ESSERE FELICI ORA!

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disperatamente: potrebbe qui verificarsi anche un’attrazione
sessuale verso gli uomini. Crediamo di essere liberi, ma po-
tremmo renderci conto di essere prigionieri di meccanismi
di cui ignoriamo l’esistenza.
• La relazione con la mia energia femminile andrà di pari
passo alla relazione con la mamma. L’energia femminile è
rappresentata da emozioni, sensazioni, desideri, affetti. Una
madre poco affettiva potrebbe generare difficoltà nel perce-
pire e nell’esprimere emozioni e affetti, un anestetizzare le
proprie emozioni. L’energia femminile potrebbe essere soffo-
cata, oppure l’esatto opposto: viverla in modo assolutamente
travolgente, cosa poco “politically correct” per un uomo.
• La figura della mamma è collegata a colei che nutre e pro-
tegge. Se non dovessi essermi sentito nutrito e sorretto da
lei, magari lavorava tutto il giorno e la mia sensazione era
quella di essere stato abbandonato, quando diventerò adulto
non mi permetterò di essere nutrito dalla vita attraverso la
casa, i muri e/o la famiglia, il lavoro e il denaro: conflitti con
la mamma genereranno solo tensioni in uno o più di questi
ambiti. Ancora una volta, come già detto sopra, potrei avere
difficoltà con la casa, che magari necessiterà di continue ri-
parazioni o farò fatica ad averne una, con il denaro, avendo
difficoltà a tenerlo nelle mie tasche, con il lavoro o per dif-
ficili relazioni con i colleghi, o per difficoltà a trovarlo, o a
sentirmi realizzato con esso.

In sintesi, abbiamo qui realizzato che il rapporto con i genitori


non si esaurisce attraverso una relazione fisica con due persone,
ma prosegue in età adulta attraverso il rapporto con uomini e
donne, l’autorità e la sicurezza, l’energia maschile e quella fem-
minile, la sfera lavorativa e quella affettiva: insomma con quasi
tutti gli ambiti della mia vita, certamente con i più importanti.
Avere un buon rapporto, quindi, con queste due figure rappre-
senta una soluzione a tante situazioni.
In particolare ho notato ulteriori difficoltà con le persone
adottate: sovente avvertono la relazione con i genitori biologici

11 - COSA RAPPRESENTANO I GENITORI... 111

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come un marchio d’infamia difficilmente rimarginabile, senten-
dosi di fatto abbandonati, non degni d’amore; e, per contro, la
relazione con i genitori adottivi, nonostante la grande quantità
d’amore espressa, rischia di essere fraintesa e confusa con un
atto di pietà, ragionamento ovviamente non razionale.

Volevo porre un accento su alcune dinamiche relative all’omo-


sessualità.
Premesso che questo è un tema complesso con tantissime
sfaccettature, che non è mia intenzione analizzare qui, a mio
parere l’omosessualità è una scelta e non una malattia da cui
guarire: infatti spesso in periodi della storia umana essa è ri-
tenuta “normale” dalla collettività. Conviene analizzare alcuni
aspetti che rientrano in questi meccanismi e che ci fanno capi-
re che l’omosessualità può essere anche il frutto di esperienze/
dinamiche verso i genitori e non solo di una libera scelta come
ritenuto.
Il rapporto con il genitore di sesso opposto al nostro rap-
presenta anche il prototipo di relazione con partner e qualora
questo rapporto fosse troppo invasivo, opprimente, violento, po-
tremmo prendere la decisione che mai e poi mai potremmo sop-
portare una relazione siffatta. Non ci resta che cambiare obietti-
vo della nostra sessualità riferendoci a persone del nostro stesso
sesso. Ma anche la relazione con il genitore omologo potrebbe
creare simili reazioni qualora non ci fosse stima e la sola idea di
dover diventare come lui/lei ci facesse rabbrividire: anche qui
potremmo decidere di agire all’opposto degli schemi proposti.
In entrambi i casi sono reazioni a stimoli e la scelta non è libera
e consapevole, ma quasi obbligata.
Un figlio con una madre opprimente, che decide tutto, ma-
nipolatrice in modo evidente e pressante, potrebbe far decidere
al giovane virgulto che, siccome tutte le donne sono così, allora
forse sarebbe più sano avere rapporti con uomini, i soli che ti la-
sciano libero, che ti capiscono. Se, per contro, fosse un maschio
con un pessimo rapporto col padre, potrebbe pensare che mai
potrebbe assumere quel ruolo decidendo di indirizzare le sue

112 ESSERE FELICI ORA!

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attenzioni sessuali verso un’energia maschile, sentendosi più
identificato con l’energia femminile della mamma.
Lo stesso ragionamento vale per una figlia nei confronti del
padre o della madre; un padre troppo oppressivo potrebbe farle
desiderare di non avere rapporti con gli uomini, considerati pe-
ricolosi: solo le donne ti possono capire. Una madre aggressiva
e manipolatrice oltre ogni limite potrebbe far decidere alla figlia
di non identificarsi per nulla nell’energia femminile e di migra-
re verso l’energia maschile che ben si accoppia con l’energia
femminile. Sono argomenti delicati che sottendono incredibili
sfaccettature e che non possono essere definiti in poche righe.
Da sottolineare, infine, che tutti i ragionamenti che descrivo
qui hanno valore per tutti, in particolare per coloro che non si
sentono bene nella loro vita. Ciò che conta, ed è fondamentale,
è la percezione che ognuno di noi ha delle diverse situazioni, e
ciascuno di noi ha percezioni e sensazioni differenti delle stesse
situazioni. Ovvero: se ho un conflitto con un genitore non è
detto che debba soffrire per questo in modo automatico, ma se
sto soffrendo vuol dire che c’è un conflitto mal gestito e che va
risolto in qualche maniera. Nel capitolo seguente analizzeremo
le dinamiche relative all’autorità, cioè alla relazione con i geni-
tori, che si riflettono poi nell’età adulta.
Alcuni, pochi, riescono a trasformare le difficoltà in opportu-
nità, i più scelgono il ruolo di vittima e soffrono tutta la vita. An-
drea Rizzoli, il fondatore dell’omonima casa editrice, era orfano
di entrambi i genitori, così come Leonardo del Vecchio fondato-
re di Luxottica. Ciò non precluse loro la possibilità di realizzare
i loro sogni più importanti.

11 - COSA RAPPRESENTANO I GENITORI... 113

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12
Il triangolo Autorità,
Ribellione, R-evoluzione
Un giorno… da qualche parte... in qualche posto
inevitabilmente... ti incontrerai con te stesso.
E questa, solo questa, può essere la più felice
o la più amara delle tue giornate. (Pablo Neruda)

Perché è importante trattare l’argomento Autorità?


La sola cosa fondamentale nella vita è la percezione dell’a-
more, il sentirsi amati. Se lo avvertiamo stiamo bene, altrimenti
dobbiamo mettere in moto dei meccanismi atti a recuperarlo,
oppure fare finta di poter vivere bene anche senza. Quindi abbia-
mo solo due possibilità di scelta: l’amore o la paura, intesa come
la negazione dell’amore stesso. Qui nasce l’Ego che, per pura so-
pravvivenza, crea una realtà alternativa in sostituzione affinché
ci si possa illudere di essere comunque amati. Esso è, quindi, l’e-
spressione della ricerca dell’amore perduto e, per questo moti-
vo, rafforza ulteriormente l’importanza dell’amore. Espressione
massima di questo concetto è la cacciata di alcuni angeli dalla
vicinanza di Dio/amore e sprofondati negli abissi dell’inferno/
ego dal quale provocano per mostrarsi anche meglio di Dio, pur
sapendo non essere assolutamente vero. Tutto questo meccani-
smo riguarda la relazione con l’autorità/Dio. Scopriremo qui la
dinamica relativa proprio con l’Autorità, argomento che neces-
sita un apposito approfondimento.

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Tutto avviene nell’età infantile e adolescenziale, età nella quale
si forma la nostra personalità. È un momento delicato per tutti,
soprattutto per i genitori che ne hanno la responsabilità; viene
affrontato con tanto amore, ma anche con tantissima impre-
parazione perché non esiste una scuola per genitori e i libri,
che pur sono tanti, non possono colmare tutte le possibilità e le
infinite sfaccettature esistenti e tipiche dell’essere umano, so-
prattutto non possono sostituire l’esperienza pratica.
Questo processo non ha una tempistica, ogni persona, ogni
famiglia ha i suoi processi per cui sono piuttosto delle fasi che
si attraversano.
Il bambino arriva nella sua nuova famiglia e si trova davanti
quelli che, per tutta la vita, nel bene o nel male, saranno i suoi
due Totem sacri: papà e mamma. Anche qualora non li avesse
conosciuti o fossero morti prematuramente, le dinamiche si
svilupperanno ugualmente spesso con un senso di mancanza.
I genitori rappresentano l’Autorità per l’infante anche se nel-
la nostra cultura questo ruolo è più identificato con la figura del
padre.
Nella prima fase il bambino osserva i genitori, il papà in par-
ticolare, vede che realizzano cose incredibili: lavorano, com-
prano un appartamento, guidano l’automobile, vanno in banca.
Hanno, in effetti, potere di vita e di morte sul giovane virgulto.
Ai suoi occhi sono... DIO. Nessun genitore ha mai avuto l’idea
di mostrarsi in questo modo verso i figli, anzi i propri limiti in
quel momento diventano sempre più evidenti, ma è il figlio che
coltiva questa idea. Impiegherà poco tempo a comprendere che
le cose stanno diversamente; potrebbe capitare, ad esempio, che
suo fratello continui a stuzzicarlo con pizzicotti ripetuti, come
i bambini spesso fanno. Lui subirà per parecchio tempo, ma alla
fine, esaurita la pazienza, reagirà con una sberla rendendo il
tutto con gli interessi; ma proprio in quel momento suo padre
lo vede e lo punisce. Ma come? Ha subito gli attacchi del fratello
senza reagire e viene punito solo per la sua legittima difesa?
Com’ è possibile che punisca lui e non suo fratello? Come ha fat-
to a non vedere che lui è la vittima e non il persecutore? “Eppure

116 ESSERE FELICI ORA!

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papà è stato bambino prima di lui e dovrebbe sapere come vanno
queste cose! Eppoi è Dio: come fa a non saperlo? E se non fosse
DIO? Forse si è sbagliato. Perché non sei Dio? Avere Dio vicino
dava una certa sicurezza”.
Il bambino si rende conto di aver a che fare con genitori che
possono commettere errori, perfino delle ingiustizie. Se do-
vesse sentirsi trascurato, rispetto a come gli piacerebbe essere
considerato, allora potrebbero mettersi in moto dei meccani-
smi per recuperare il centro dell’attenzione. Chiamiamo questo
meccanismo ribellione. Cosa potrebbe escogitare il giovane? La
fantasia qui è sfrenata: potrebbe iniziare a combinare delle ma-
rachelle, come rompere un vetro, fare schiamazzi, oppure ini-
ziare ad andare male a scuola; potrebbe iniziare a fumare o farsi
le canne se in età adolescenziale o fare a botte con i compagni
di scuola più o meno volutamente. Potrebbe anche ammalarsi
perché, come diceva Freud, la malattia ha un effetto secondario,
quello di attirare amore e attenzione dalle persone più vicine. In
pratica si ingegna perché il suo comportamento non passi inos-
servato, qualcuno dovrà reagire a queste situazioni e chi se non
l’Autorità? Diventa una specie di sfida: trasgredisce le regole per
attirare l’attenzione dell’Autorità stessa su di sé. È in cerca dei
genitori che desidera e auspica, è in cerca di papà.
La Ribellione ha uno scopo preciso: attirare l’attenzione e
l’amore dell’Autorità.
Mettiamoci ora nel ruolo del genitore: come reagirà a tali sti-
moli? Rientrato a casa dopo una pesante giornata di lavoro trova
un figlio alle prese con problemi. Sa che il suo ruolo impone un
intervento, sa che deve prendere dei provvedimenti, non può far
finta di nulla. Scatterà, ognuno decide come, un’azione di veri-
fica o addirittura “punitiva” per evitare il reiterarsi dell’infausto
evento.
Come reagirà il figlio a sua volta a tale decisione? Ovviamen-
te male: ha messo in moto un teatrino per ottenere attenzione
e amore, ma ha ottenuto solo una punizione: non era ciò che si
era prefissato. Quindi potrebbe scegliere di aumentare il livello
di Ribellione, alzerà la posta in gioco: se prima andava male in

12 - IL TRIANGOLO AUTORITÀ, RIBELLIONE, R-EVOLUZIONE 117

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una materia a scuola, ora allargherà il suo raggio d’azione a due
materie, in generale aumenterà l’insofferenza verso le regole
imposte, percepite come un vero diktat senza senso alcuno, co-
munque cercherà di far avvicinare il genitore qualora dovesse
sentirsi abbandonato.
Come reagirà il genitore a sua volta? Potrebbe arrivare a
percepirla a livello personale: “allora ce l’hai con me. Con tutta
la fatica che faccio per farti vivere bene, per non farti mancare
nulla, questo è il modo con cui tu mi ripaghi?” Quindi scatta
una nuova punizione, più articolata e più pressante della prece-
dente, azione che può procedere per moltissimo tempo: di fatto
è un dialogo tra sordi che si vogliono bene, ma che non riescono
reciprocamente a percepire. Il Ribelle desidera solo amore e at-
tenzione, i suoi comportamenti sono solo un pretesto. Il geni-
tore potrebbe viverlo come un affronto personale, come un non
veder riconosciuta la propria Autorità: avverte di non riuscire a
svolgere bene il suo ruolo. Dunque la reazione di entrambi sarà
dovuta all’incomprensione generata dai comportamenti reci-
proci.
Questo “giochino” può andare avanti per anni arrivando a
generare situazioni paradossali, eppure reali. La posta in gioco
viene alzata a ogni “scontro” fino a raggiungere, e anche supera-
re, inimmaginabili vette di incomprensione che vanno a sfiorare
il nonsenso puro.
Una volta ero a una conferenza in Svizzera e stavo illustran-
do queste dinamiche. È mia abitudine usare degli esempi, per
far meglio comprendere i concetti perché, come diceva mia
nonna, “val più la pratica della grammatica”. Di solito utilizzo
situazioni vere, ma in alcuni casi mi invento situazioni parados-
sali, ma plausibili. Mi immaginavo, allora, una famiglia il cui
padre era un generale dell’esercito, quindi l’Autorità incarnata:
la casa era considerata una succursale dello Stato Maggiore, i
suoi colloqui con i famigliari di fatto ordini a cui non si poteva
derogare e neppure chiedere spiegazioni. La figlia mal digeriva
questa situazione poiché desiderava solo un padre più amore-
vole e vicino. Il generale, ovviamente, amava la figlia, ma era

118 ESSERE FELICI ORA!

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incapace di dimostrarlo, la sua attitudine era solo quella di co-
mandare ed era anche il suo modo per esprimere il suo amore.
In breve si genera un conflitto con la figlia che cresce via via al
susseguirsi delle incomprensioni reciproche. Quando la fanciul-
la supera i 18 anni decide di fidanzarsi e attira un tipo di uomo
che, come abbiamo visto nello schema del capitolo precedente
essendo in questo caso di forte Ribellione, è all’esatto opposto
del genitore. Si innamora perdutamente di uno straniero prove-
niente da terre lontane, senza lavoro e con scarsa voglia di tro-
varlo, che non conosce la lingua, le cui abitudini igieniche sono
lontane dagli standard europei, capelli lunghi, orecchini sparsi
qua e là, piercing, maschilista con altre fidanzate in altre parti
del mondo. Quando lo presenta ufficialmente in casa al padre
viene un infarto, ma resta integerrimo nelle sue idee e abitudini,
“mi spezzo ma non mi piego”, lasciando a malincuore alla figlia
la capacità di decidere della propria vita. La relazione prosegue
fino alla decisione di sposarlo, cosa che avviene puntualmente
come la separazione conseguente pochi mesi dopo. La dinamica
era evidente: non amava realmente quell’uomo, voleva provo-
care un conflitto col padre per poterlo avvicinare, per sentirsi
un po’ amata e coccolata da lui. La mia fantasia aveva partorito
questa significativa e istruttiva storia e mi sembrava una bella
ipotesi su cui riflettere. Al termine della serata venni avvicinato
da una coppia di signori distinti e l’uomo mi guardò dritto negli
occhi e mi sibilò: “Chi te l’ha detto?” Era un generale dell’e-
sercito elvetico (anche la pacifica Svizzera ha un esercito) e la
mia storia inventata era un pezzo della sua vita famigliare: era
un episodio vero, infarto incluso. La realtà a volte supera ogni
immaginazione!
Ci sono differenti modalità per mettere in moto la Ribellione:
questa che ho appena descritto la definisco simpaticamente “il
Pierino” perché, agli occhi dei genitori, crea disturbo, disagio,
difficoltà. Fanno parte di questa tipologia anche altri comporta-
menti come il bugiardo, il bastian contrario, il ritardatario cro-
nico e il muto, cioè coloro che attirano l’attenzione attraverso il
racconto colorito di storie inventate a getto continuo alle quali

12 - IL TRIANGOLO AUTORITÀ, RIBELLIONE, R-EVOLUZIONE 119

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finiscono per credere pure loro o anche coloro che ostentano un
mutismo degno di una suora di clausura creando un notevole
disagio, ma anche chi arriva sistematicamente in ritardo così
deve essere visto da tutti e, infine, coloro che sono sempre in
disaccordo su tutto per principio.
Ma esistono altre due modalità di Ribellione: “il perfezioni-
sta”, lo yes man totale, colui che deve fare tutto perfettamen-
te così che i genitori “saranno costretti ad accorgersi di lui”. A
scuola sarà il primo della classe, come alle lezioni di pianoforte e
nelle gare sportive, perfino alle lezioni di uncinetto: una vera ma-
ratona della perfezione. Questi sono i figli preferiti dai genitori
perché danno tante soddisfazioni, addirittura troppe, e le tensio-
ni in famiglia sono rare. Infine la terza categoria di Ribelli sono
“i giudici” ovvero coloro che osservano il comportamento dei ge-
nitori e appena notano un’incongruenza tra ciò che hanno detto
e ciò che viene realizzato entrano in azione velocemente per far
notare, con soddisfazione, l’incongruenza: questa è una tipologia
di figli “scomodi” per i genitori, a volte perfino antipatici. Ma
tutte e tre le modalità vengono messe in atto per attirare amore
e attenzione dei genitori: la Ribellione è una richiesta d’amore.

Modalità di Ribellione
• Pierino crea attenzione attraverso disagi. Fanno parte di questa catego-
ria i bugiardi, i ritardatari cronici, i bastian contrari e i muti.
• Il perfezionista attira l’attenzione attraverso i risultati personali rag-
giunti.
• Il giudice manipola l’attenzione attraverso una sfida aperta ai genitori.

Qual è la tattica vincente da utilizzare con i ribelli?


La soluzione non consiste nell’accondiscendere tout court
sempre alle richieste del figlio, bensì nel dargli ascolto, dedi-
cargli tempo, nel dare ciò che l’atto di Ribellione sta chiedendo
a gran voce. Le regole, in famiglia e nell’educazione, ci voglio-
no, magari non troppe, ma servono perché danno sicurezza alla
prole. Questo è ciò che un figlio chiede ai genitori: la sicurezza
e le regole permettono di ottenere lo scopo, non desidera la per-

120 ESSERE FELICI ORA!

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fezione. Inutile, da parte di un genitore, voler fare sempre le
cose “giuste”: ogni figlio reagirà a modo suo, qualunque cosa si
faccia, sia nel bene che nel male. Ciò che conta è porre regole
sensate e mantenere la coerenza verso le stesse. Qualora il figlio
non le gradisse non è un problema, non rappresenta una cosa
grave: il processo educativo non è la ricerca del consenso dei
figli, ma una relazione tra due ruoli ben distinti. Il genitore deve
svolgere il suo ruolo, non può esimersi dall’essere Autorità, ca-
somai potrà solo espletarla bene o male; inutile essere “amico”
dei figli perché altri sono deputati a questa mansione. Quan-
do diventeranno adulti i giovani potranno cambiare le regole,
qualora non fossero d’accordo, fa parte del processo di crescita.
Ciò che conta veramente è che ci sia dialogo tra le parti, che il
figlio senta che i genitori gli sono vicini, che lui è importante
per loro, anche, e soprattutto, se la risposta alle sue richieste
fosse negativa.

Ribellione

AUTORITÀ

R-evoluzione

Nel processo di crescita l’individuo potrebbe iniziare a cambiare


il riferimento delle sue decisioni: se prima l’interesse era con-
centrato ad attirare amore dall’Autorità ora potrebbe iniziare
a spostare il focus su di sé. Ora il criterio di scelta è dettato dal
come mi sento: scelgo per essere felice. “Cari genitori, so che
volevate un figlio medico, ma io mi sento felice nel suonare il
violino; per cui se accetterete la mia scelta sarò molto felice,
altrimenti mi spiacerà molto, ma dovrò seguire ciò che mi rende
felice”. È iniziata qui una seconda fase, quella della R-evoluzio-
ne, neologismo per indicare una Rivoluzione in senso evoluto.

12 - IL TRIANGOLO AUTORITÀ, RIBELLIONE, R-EVOLUZIONE 121

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Per R-evoluzione, infatti, non si intende fare le barricate di
“Viva Zapata” o il maggio francese del ’68, bensì l’assunzione di
responsabilità della propria vita. “Se nella Ribellione era l’au-
torità a decidere per me e per questo avevo bisogno di sentirmi
amato da lei, ora mi rendo conto di essere diventato l’Autorità di
me stesso.” È il passaggio verso l’età adulta che non ha un mo-
mento preciso e che dipende da individuo a individuo, anzi per
alcuni non arriva mai e restano Ribelli fino a 90 anni.
La relazione Genitori/R-evoluzionari è molto più chiara e
facile, anche se più impegnativa, più adulta. L’individuo può
esercitare questo ruolo solo a condizione di aver ben introitato
e accettato la relazione con l’Autorità e, quindi, con i genitori:
non è possibile prendere la vita nelle proprie mani finché esiste
una tensione in tal senso. In altre parole non posso espletare un
ruolo che non condivido o che addirittura osteggio o combatto.
Ecco perché, per alcune persone con tensione verso i genitori, la
R-evoluzione intesa come vivere la propria Autorità è un ruolo
di difficile attuazione.
Il R-evoluzionario è un ruolo di responsabilità e soddisfazio-
ne: è l’individuo che decide per sé, rischia e perciò si sente vivo
e integrato all’interno della sua vita. Si sta preparando a essere,
a sua volta, Autorità. Sul lavoro potrebbe capitargli di mettersi
nei panni del suo capo per carpirne i segreti e anche per poterlo
aiutare: sta imparando ad agire la propria personalità.
Infine quando l’individuo si trova a guidare un gruppo, an-
che piccolo come una famiglia, un gruppo in ambito lavorativo
o in quello del tempo libero, viene chiamato a vivere un ruolo
ulteriore, quello dell’Autorità. Questa modalità è profondamen-
te diversa dalla R-evoluzione: qui l’individuo si trova a guidare
e motivare non solo se stesso, ma anche un gruppo, a stabilire
degli obiettivi comuni e, soprattutto, a gestire le ribellioni. È
decisamente il ruolo di maggior soddisfazione, ma anche più
impegnativo perché si viene chiamati a una mansione per cui
si è totalmente impreparati, senza che nessuno possa aiutarci,
se non attraverso l’esperienza e il buonsenso che non sempre
sono sufficienti. Per l’Autorità “l’io” deve diventare “noi”: deve

122 ESSERE FELICI ORA!

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imparare a pensare alle necessità di un gruppo, oltre alle pro-
prie, assumendosene la responsabilità; deve stabilire obiettivi e
rischiare prendendo decisioni che possono anche essere molto
impegnative sapendo che, in caso di errore, sarà l’intero gruppo
a pagarne le conseguenze. Per gestire le Ribellioni, presenti in
grandi quantità, occorrerà dedicare molto tempo alle persone
che compongono il gruppo con l’obiettivo di aiutarle a espletare
al meglio la loro mansione; per un genitore significa aiutare i
figli a crescere. Ecco perché nei sacri testi che trattano la Lea-
dership si dice che il manager dovrebbe dedicare l’80% del suo
tempo a dialogare con i propri collaboratori e il 20% restante a
pensare come farli lavorare meglio, alle strategie aziendali e an-
che a lavorare praticamente: si sta implicitamente affermando
che la gestione della Ribellione è un tema importante nella vita
di un dirigente. Il fatto che nelle aziende, per ciò che ho visto
di persona, la stragrande maggioranza del tempo di un capo sia
occupata dal lavoro personale e solo le briciole siano dedicate
alle relazioni con i collaboratori e a pensare alle nuove strategie,
fa capire come mai le relazioni in azienda siano così difficili e la
motivazione merce rara!
Per esercitare l’Autorità è fondamentale sentire nel profondo
che le tensioni con il gruppo non sono mai personali, ma sem-
pre uno scontro di ruoli. Le Ribellioni rappresentano sempre
una tensione con l’Autorità, non si tratta di Giovanni contro
Andrea. Se l’Autorità dovesse percepire simili tensioni come un
fatto personale incarnerebbe, di fatto, un Ribelle con i “galloni”
del comando, generando un’inevitabile confusione, conflitti e
tensioni.
In età adulta queste dinamiche si ripetono in continuazione
sebbene i protagonisti non ne siano coscienti.
Ogni relazione tra individui o tra singoli e organizzazioni
strutturate porta con sé inevitabilmente un confronto di ruo-
li mettendo in moto le dinamiche conseguenti e i programmi
memorizzati in età infantile agiscono senza che ce ne rendiamo
conto. In particolare, coloro che non hanno accettato l’Autorità
in casa rischiano di non accettarla nella vita contestandola e

12 - IL TRIANGOLO AUTORITÀ, RIBELLIONE, R-EVOLUZIONE 123

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vivendo da ribelli senza saperlo. In azienda, o sul lavoro in ge-
nerale, il rapporto con il capo sarà lo specchio del rapporto col
padre o con la madre qualora fosse stata l’Autorità in casa. L’età
non conta, solo il ruolo la fa da padrone. Sul lavoro i Ribelli si in-
contrano spesso nella pausa caffè sbandierando ai quattro venti
la loro ricetta vincente per far rifiorire la loro azienda e insul-
tando la dirigenza manifestamente incompetente, esattamente
come i figli che sbuffano alle direttive dei genitori. L’eventuale
considerazione che i capi potrebbero avere verso di loro non
sarebbe sufficiente a colmare le pretese inascoltate: lo stipendio
sarà sempre troppo basso in relazione al lavoro svolto e non si
sentiranno valorizzati. Quando si dice che l’azienda è una gran-
de famiglia è assolutamente vero, anche se molti desidererebbe-
ro essere orfani.
Nella mia esperienza lavorativa di dirigente d’azienda, man-
sione che ho svolto per circa 13 anni, ho potuto apprezzare
numerosi casi, anche eclatanti, di queste dinamiche. Ricordo
che una volta arrivai in ufficio e trovai un problema grosso: il
maggior cliente richiedeva tutta la mia attenzione per affronta-
re una situazione incresciosa e andava fatto immediatamente
un intervento risolutivo. Mentre mi affannavo con il telefono
entrò nel mio ufficio, che ha sempre avuto le porte aperte a tutti,
uno stretto collaboratore di quasi 65 anni prossimo alla pensio-
ne, uomo di esperienza entrato in azienda con i pantaloni corti
come si usava una volta. La sua faccia non prometteva nulla di
buono: tetro in volto, mi guardò in attesa che gli prestassi atten-
zione e infine esclamò: “Non ce la faccio più, non si può andare
avanti così. La signora xxx continua a portarmi via la matita!”
Rimasi di sasso: ero parecchio stressato, alle prese con una si-
tuazione impegnativa che metteva a repentaglio il maggior fat-
turato aziendale e questo signore, che poteva allora essere mio
padre per età, mi racconta una storia insostenibile e ridicola. Il
primo pensiero che mi passò nella testa fu: “siamo al secondo
piano dello stabile: se lo butto giù dalla finestra non dovrebbe
farsi molto male”. Poi, dopo alcuni respiri profondi, la dinamica
della R-evoluzione si palesò nella mia mente e risposi: “ora non

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posso occuparmene, ma tra mezz’ora al massimo ne parleremo
con calma”. Uscì dal mio ufficio con un viso subito rilassato e
30 minuti dopo, visto che una delle prerogative del capo è man-
tenere le promesse, mi recai nel suo ufficio e gli chiesi: “allora
cosa è successo? Mi dica pure”. Quasi incredibilmente rispose:
“Ma no, sono sciocchezze, cosa vuole che sia”. Non so cosa gli
passò nella testa in quella mattinata: forse si sentiva trascurato
dal “capo/papà”, forse geloso di attenzioni che avevo posto, nel-
la sua testa, verso un altro collaboratore, chissà. In quel modo
impedii che una ribellione potesse montare a dismisura. Quanti
episodi ognuno può annoverare nella sua carriera lavorativa? O
addirittura che noi stessi abbiamo messo in atto verso il nostro
capo? Basti pensare alle lamentele o atteggiamenti spesso su-
perficiali o inutili che fanno sbottare qualcuno con la frase “non
siamo all’asilo Mariuccia!” Fanno parte dello stesso meccani-
smo anche episodi di assenteismo, malattie che colpiscono in
curiosa concomitanza con momenti di tensione con il proprio
capo, ritardi di vario tipo oppure errori procedurali che vengono
inspiegabilmente ripetuti nonostante i richiami del capo e l’at-
tenzione che l’individuo pone: anzi a volte sembra che più ci si
concentri e più si sbagli, sembra quasi che lo si faccia apposta.
Eppure tutto ciò fa parte della quotidianità della vita lavorativa.
Questo dimostra che non conta l’età dei protagonisti o l’espe-
rienza accumulata, ma neppure il ruolo ricoperto.
Un altro episodio, simile nelle dinamiche, capitò con i diri-
genti di quell’azienda: ogni tre anni venivano sostituite le auto
aziendali che i dirigenti utilizzavano come benefit. Esse veniva-
no acquistate allo scadere del leasing per cui arrivavano nell’ar-
co di qualche mese ed erano tutte dello stesso modello e colore
per evitare disuguaglianze. Malauguratamente la prima auto
venne consegnata senza vetri elettrici, che invece le altre aveva-
no di serie. Inutile dire che il dirigente a cui l’avevano assegnata
protestò con vigore con la direzione, sempre in tono scherzoso,
ma ripetuto, fino a che venne adeguata allo standard di tutte le
altre vetture: l’episodio venne vissuto dall’individuo come un
vero dispregio, come se la direzione l’avesse fatto volutamente.

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In qualche modo si sentì come un dirigente di serie B! Queste
dinamiche riguardano tutti noi umani.
Quando osserviamo questi meccanismi pensiamo che i ruo-
li di R-evoluzione o Autorità siano i migliori, il modello a cui
riferirci e a cui tendere. Nella pratica ognuno di noi si sposta
continuamente e repentinamente da un ruolo all’altro, molto
velocemente e senza accorgersene.
In un altro episodio i dirigenti erano convocati in riunione
plenaria indetta dalla direzione per uno sciopero dei magazzini.
Il direttore generale, uomo corpulento di oltre 120 chili, urlava
a pieni polmoni così che il rappresentante sindacale, che aveva
l’ufficio al di là del muro, potesse sentire e potesse così riferire
ai colleghi del magazzino: un vero gioco delle parti. Mentre il
direttore urlava menando potenti fendenti sulla scrivania, squil-
lò il suo telefono. Nel silenzio generale anche il tono della sua
voce cambiò di colpo e con un mite sussurro disse: “Certo cara,
senz’altro, un etto di prosciutto cotto, mi ricorderò senz’altro,
prima di tornare a casa”. Era la moglie. Appena appeso il telefo-
no ritornò a urlare a pieni polmoni. Cosa era accaduto? Intanto
era evidente chi comandava a casa, ma la dinamica fu molto
interessante: mentre esercitava in pieno la sua Autorità eccolo
cambiare di ruolo appena si trovò davanti la sua Autorità, per
ritornare velocemente nel suo ruolo di partenza. Questo non
rappresenta un fatto isolato, ma la norma: ognuno di noi può
cambiare rapidamente ruolo in funzione di chi ci troviamo di
fronte anche parecchie volte nell’arco della giornata.
Posso assicurare che tutti i fatti citati, anche se incredibili,
sono realmente accaduti in mia presenza.

Concludendo:
– possiamo cambiare ruolo molto spesso a seconda della situa-
zione nella quale ci troviamo;
– la conseguenza è che non c’è un ruolo “giusto” o “sbagliato”
in sé, ma solo ruoli che agiamo bene o male. L’importante è
riconoscere la dinamica che ci vede protagonisti per prende-
re le decisioni più sensate;

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– infine che sono solo ruoli che agiamo e non ci dobbiamo im-
medesimare con essi; siamo molto di più. Se commettiamo
una sciocchezza non vuol dire che siamo sciocchi!
Ogni ruolo ha mansioni che possiamo agire o no, cioè possiamo
interpretarlo bene o male. L’importante è riconoscere qual è la
nostra posizione del momento e verificare se stiamo agendo nel
modo coerente con esso. Se fossimo nel mezzo di una diatriba
chiediamoci: qual è il ruolo che sto esercitando ora? Questo mi
permette di avere dei chiari punti di riferimento per sapere dove
andare.
– Sono un Ribelle? Allora sto solo attirando attenzione e pro-
babilmente sto creando difficoltà. Sto pensando solo a me
stesso e forse mi sento non capito o in mano a degli inca-
paci; sarebbe meglio smettere la “commedia“ trovando dei
punti di contatto sensati. Nessuno è contro di me. Questo
passaggio di consapevolezza automaticamente mi trasferisce
da Ribelle in Rivoluzionario.
– Sono un R-evoluzionario? Forse l’Autorità è in difficoltà e
può anche sbagliare, oppure mi trovo, mio malgrado, a esse-
re coinvolto con la ribellione di colleghi. Il mio compito po-
trebbe essere di aiutare gli altri dando il mio punto di vista ed
eseguendo le direttive dell’Autorità, in fondo è lei che deve
decidere e che si sta prendendo le responsabilità.
– Sono l’Autorità? Allora dovrò verificare se sto agendo corret-
tamente. Il mio compito sarà prendere le decisioni migliori,
assumersi rischi e responsabilità a nome del gruppo moti-
vando il gruppo stesso e gestendo le ribellioni che sono la
norma. Ai Ribelli occorre dare attenzione e amore.
I R-evoluzionari sono i migliori collaboratori e alleati, ma
sono merce rara al contrario dei Ribelli che invece sono i
freni di ogni iniziativa, con il NO sempre pronto e numerica-
mente numerosi.
Riassumendo: ogni ruolo ha delle caratteristiche precise:
– il Ribelle pretende sempre dagli altri, si lamenta in conti-
nuazione, vede solo ciò che gli accade, mette sempre i ba-

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stoni tra le ruote alle richieste di chi deve decidere, l’unica
Autorità che apprezza è quella che la pensa come lui. Può
essere anche un lavoratore indefesso, con scarsa attitudine
a prendersi responsabilità o un giudice implacabile, sempre
per attirare l’attenzione;
– il R-evoluzionario si assume le proprie responsabilità, cerca
di aiutare il suo capo comunicandogli il proprio punto di
vista e suggerendo soluzioni, sceglie la propria strada, è un
ottimo collaboratore;
– l’Autorità deve decidere per il gruppo che sta guidando, l’as-
sunzione del rischio è il suo pane quotidiano come la gestio-
ne dei sottoposti; il suo obiettivo è il bene del gruppo stesso
affinché tutti possano stare bene. È una mansione ingrata
perché si attira tutte le ire dei Ribelli. Qualora