La filosofia dopo Hegel Nel periodo post-Kant la teoria di Hegel fu certamente
determinante, ma ci furono anche altri pensatori che elaborarono teorie
alternative tra cui Schopenhauer (nasce nella Germania settentrionale nel 1788 e muore nel 1860) e Kierkegaard (proviene dalla Danimarca e fonda la filosofia esistenzialista). Essi criticano Hegel, ma, allo stesso tempo, sono influenzati dalle sue teorie, anche se le reinterpretano completamente. Un hegeliano è Karl Marx, il quale riprende Hegel trasformandolo e ampliandolo, ma non critica. Influenze in un primo momento il pensiero di Schopenhauer non ebbe un grande successo, poi a partire dal 1848, in concomitanza con l’ondata di pessimismo che colpì l’Europa, raccolse seguaci. Schopenhauer nell’elaborazione della sua teoria è influenzato da molteplici correnti, che si fondono nel suo pensiero filosofico; infatti è influenzato da: RAZIONALISMO e DOTTRINE MATERIALISTE ---> è convinto che tutto possa essere spiegato da leggi meccaniche ROMANTICISMO ---> per lui l’arte è importante, specialmente la musica; sua madre, in particolare, era vicina alle correnti romantiche, quindi deve aver influenzato il figlio CULTURA ORIENTALE ---> egli studia la cultura dell’estremo oriente perché si fonda sul male e sulla sofferenza (elementi importanti nella sua teoria). Non a caso, la domanda fondamentale che sta alla base della filosofia di Schopenhauer è “perché ogni vivere è per essenza un soffrire?”, “perché l’esistenza è governata dalla sofferenza?”: in Schopenhauer non niente di positivo e di ottimismo, infatti è per questo che Schopenhauer ha una visione materialistica e meccanicistica: ogni vivente è apparentemente destinato ad essere divorato dal materialismo. Inoltre, l’essere umano, rispetto agli altri esseri viventi, non soffre solo come ente corporeo, ma anche come essere pensante, dunque soffre di più ed è anche consapevole di soffrire; la filosofia ha, quindi, il compito di trovare la strada per liberarsi dalle costrizioni e sofferenze (--> filosofia = tentativo di liberazione). PLATONE per il mondo delle idee KANT ---> riprende Kant per il contrasto fra fenomeno e cosa in sé (noumeno): le leggi razionali non esauriscono la conoscenza del mondo, perché il mondo in sé non si può conoscere. Schopenhauer è critica l’idealismo ed è ANTI-HEGELIANO, però allo stesso tempo ne è influenzato. Un principio primo: la volontà Schopenhauer contrappone all’infinito degli idealisti, la volontà. Per lui, tutto ciò che è il mondo fenomenico è espressione della volontà, che si configura come una FORZA PRIMITIVA e PRINCIPIO DI TUTTO. Con la filosofia sappiamo che la volontà è il principio di tutto, ma non possiamo spiegare in termini razionali che cosa essa sia, cioè la sua essenza; questo significa che la volontà è un PRINCIPIO METAFISICO. di conseguenza anche Schopenhauer, come gli idealisti, trova un principio totalizzante, ma egli, a differenza di Hegel, afferma che è un principio che non può essere oggetto di scienza. C’è la metafisica? in Hegel non c’era la metafisica, poiché egli ha individuato nell’assoluto il principio di tutto, però esso non è un principio trascendente, bensì è interno alla materia. In Schopenhauer, invece, c’è la metafisica, poiché pone come principio primo la volontà e dice che di essa non si può spiegare l’essenza; in ciò, dunque, Schopenhauer è vicino a Kant, dal momento che, come Kant, sostiene che sulla metafisica (cioè sulla volontà intesa come principio metafisico) si possa solo speculare. Lo stupore e il rifiuto di una conoscenza superficiale Per Schopenhauer la vera filosofia può sorgere solo da un autentico stupore di fronte al mondo reale. Schopenhauer vuole comprendere la realtà nel profondo perché l’uomo sta dentro la realtà; a lui non interessa spiegare la realtà solo da un punto di vista intellettuale (leggi, cause, ecc.), ma vuole indagare una realtà che è inspiegabile, cioè vuole comprendere il divenire e il fine della realtà; se l’uomo si fermasse ad una conoscenza superficiale della realtà, si illuderebbe. Il vero motore della filosofia sta nello stupore, quindi nello scandalo dell’uomo di fronte alla sofferenza, che costituisce l’essenza del mondo reale; lo “stupore” è inteso, dunque, come la spinta a voler comprendere il mondo reale. La vita è dolorosa e drammatica, ma non ci possiamo porre fuori dalla realtà e descriverla come un oggetto distante, perché il pensiero è di corpi vivi. Il principio di ragion sufficiente Schopenhauer affronta tale argomento in Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente (1813), che corrisponde alla sua tesi di laurea e fa da introduzione alla sua opera principale, che è “Il mondo come volontà di rappresentazione”. Il principio di ragion sufficiente è una legge che descrive il modo regolare in cui tutti i fenomeni si presentano al soggetto che li rappresenta, cioè è una legge che indica come si costruisce e si rappresenta il mondo. Con Kant il principio di ragion sufficiente voleva avere una validità ontologica, cioè voleva spiegare l’essenza del mondo, ma ciò non è possibile perché non si può conoscere la cosa in sé. Dopo Kant, questo principio non ha più validità ontologica, ma spiega come noi ci rappresentiamo il mondo. Le classi di oggetti per il soggetto Schopenhauer analizza le cosiddette classi di oggetti per il soggetto e, facendo ciò, individua 4 FORME DEL PRINCIPIO DI RAGION SUFFICIENTE, cioè 4 modi con cui noi rappresentiamo il mondo. Queste 4 classi di oggetti sono le seguenti: 1° classe: rappresentazioni intuitive ---> per Kant sono lo spazio ed il tempo; invece, per Schopenhauer spiegano il NESSO DI CAUSALITÀ, ossia il mutamento ed il divenire della materia; per Schopenhauer le rappresentazioni intuitive non sono solo un’attività dei sensi, ma sono anche un’attività dell’intelletto (per Kant solo sensibilità). 2° classe: rappresentazioni astratte (concetti) ---> permettono di conoscere il NESSO LOGICO TRA 2 FATTI, il collegamento fra due elementi, il nesso logico fra una premessa e una conseguenza. Per Schopenhauer questa è un’attività della ragione (per Kant era un’attività dell’intelletto). 3° classe: rappresentazioni del tempo e dello spazio ---> le rappresentazioni del tempo e dello spazio sono separate dalla materia e riguardano un ambito matematico. 4° classe: azioni ---> si indaga il nesso fra il motivo (legge di motivazione) e l’azione in modo da spiegare l’atto volontario del soggetto. La legge di motivazione sta alla base dell’agire e, quando un soggetto agisce, egli segue necessariamente questo stimolo, cioè la legge di motivazione; di conseguenza, viene meno tutta la teoria di Kant sulla libertà nel campo dell’agire (Schopenhauer, a differenza di Kant, pone la necessità anche nell’agire). Per Schopenhauer, io so che dietro il mio agire c’è un motivo, ma io non so e non posso comprendere quale sia questo motivo in sé; io non posso spiegare il principio in sé, perché esso non si sottopone alle 4 classi. A differenza delle prime tre classi in cui posso comprendere la causa, nelle azioni capisco che c’è uno stimolo, ma non capisco da dove esso arriva; dunque, sfugge il motivo in quanto tale, perché non lo posso spiegare in termini razionali, ma so che esso c’è ( questo principio primo è la volontà!) ---> esempio: la fame; io ho lo stimolo di avere fame, ma non so cosa mi spinge ad avere fame; io posso scegliere di controllare lo stimolo e di rimandare il mio bisogno di mangiare, però prima o poi devo mangiare altrimenti muoio, quindi devo seguire necessariamente lo stimolo. IL MONDO COME VOLONTÀ E RAPPRESENTAZIONE È l’opera principale di Schopenhauer ed è stata scritta fra il 1814 e il 1818. Per Schopenhauer la filosofia deve essere un SISTEMA, cioè deve spiegare tutta la realtà (non solo una realtà superficiale) e questo si vede anche dalla struttura dell’opera, infatti: 1° libro corrisponde alla GNOSEOLOGIA (=teoria di conoscenza); parla del mondo come rappresentazione, cioè illustra le 4 classi oggetto per il soggetto. “il mondo è la mia rappresentazione” ---> questa idea vale per ogni essere vivente, ma solo l’uomo è consapevole di ciò; quando l’uomo capisce ciò, si apre per lui la strada per la riflessione filosofica; l’uomo però non conosce il mondo in sé, ma conosce il mondo per come il soggetto (cioè lui stesso) se lo rappresenta. Il mondo, dunque, è rappresentazione ed esiste solo grazie al soggetto. La non conoscenza del soggetto in sé ---> il soggetto conosce tutto, in quanto il mondo è una sua rappresentazione, ma nessuno conosce il soggetto in sé: di me stesso, infatti, conosco i miei stati d’animo e i miei pensieri, ma non conosco il soggetto in sé (la stessa cosa vale per Kant: anche lui parla di un io penso, ma che cosa sia questo io non lo posso spiegare). Il soggetto fisico (cioè il corpo) sta nel mondo e, dunque, può essere oggetto di conoscenza; tuttavia, il soggetto conoscente non sta nel mondo, in quanto è il presupposto del mondo, e, dunque, del soggetto conoscente, cioè del soggetto in sé, non ne posso avere conoscenza. Il mondo è illusorio ---> Noi conosciamo solo la parte fenomenica del mondo, dunque viviamo in un mondo che nasconde la verità della realtà; in questo senso il mondo è illusorio perché ci fa vedere come vero ciò che vero, in realtà, non è. Schopenhauer parla di un velo ingannatore che rende il mondo illusorio ed è chiamato VELO DI MAYA. 2° libro corrisponde alla METAFISICA; tratta del mondo come volontà, cioè mostra il mondo al di là dell’apparenza fenomenica e fa vedere che c’è un principio primo. La scoperta della volontà dal corpo ---> Se io fossi un puro soggetto conoscente (cioè se fossi solo intelletto), non avrei la possibilità di capire che il mondo nasconde una verità; se fossi un puro soggetto conoscente sarei “un’alata testa d’angelo senza corpo”, in quanto sarei pensiero, ma non avrei un corpo che sta nel mondo. Tuttavia, il soggetto ha anche un corpo, quindi fa parte concretamente del mondo. È grazie al corpo, alla materia e ai sensi che il soggetto può avere una conoscenza del mondo. Anche il corpo è una rappresentazione per soggetto, in quanto fa parte del mondo che è rappresentazione. Se il corpo fosse solamente un fenomeno tra i fenomeni, spiegherei solo le leggi e le forze che regolano il corpo e ciò appoggerebbe l’idea che il mondo è una rappresentazione; tuttavia, la realtà non si esaurisce nei fenomeni e nel corpo c’è anche un qualcosa che io non colgo, ossia gli impulsi. Di conseguenza, il corpo è sia un fenomeno tra i fenomeni sia l’effetto di una causa a noi non conosciuta, ma che Schopenhauer chiama volontà. Infatti, è la volontà che produce gli impulsi come “l’avere fame”. Mondo = espressione di volontà ---> L’azione del corpo è l’ingresso della volontà nel mondo fenomenico. L’ingresso della volontà nel mondo dei fenomeni fa capire che il mondo non è rappresentazione, ma è anche altro: esso è espressione della volontà; con la scoperta di questo principio non vedo più il mondo come rappresentazione, ma lo vedo come effetto di un unico principio. La volontà, dunque, è diventata la chiave di comprensione di tutto il mondo; la volontà sta dietro a tutto ---> N.B. nella filosofia della natura degli idealisti, la natura è vista come manifestazione dello spirito, invece in Schopenhauer la natura è espressione di un principio di cui non possiamo dire niente e di cui non possiamo capire la finalità differenza con idealismo! La filosofia trova la verità (cioè che mondo è espressione di volontà) nella materia e questa è una novità, perché di solito la verità non si trova nel mondo sensibile, ma si trova nella metafisica. Una volta compresa la verità, l’uomo può tentare di svincolarsi dal determinismo e cercare una strada per la libertà. Cos’è la volontà? ---> La volontà è una sorta di forza cieca ed è un PRINCIPIO UNICO, UNIVERSALE e, poiché non se ne può avere una conoscenza, bisogna definirla negativamente: è A-SPAZIALE, A-TEMPORALE, IRRAZIONALE. Non si può dire se la volontà ha un fine. Il corpo mi porta alla scoperta della volontà, ma poi la ragione non può comprendere niente al di là del corpo, non comprende la volontà, non comprende la cosa in sé (=Kant). La volontà è la cosa in sé ed essa non può essere spiegata perché altrimenti sarebbe un fenomeno tra fenomeni ( differenza con Kant: Kant dice solo che non si possono conoscere le cose in sé, mentre Schopenhauer dice che esiste 1 cosa in sé e la definisce in termini negativi; Schopenhauer prende una posizione, Kant no). Natura = lotta continua ---> Adesso il mondo non è più un’illusione, ma vediamo come il mondo è realmente: la natura si presenta come una lotta continua fra gli elementi che per sopravvivere strappano l’uno la materia all’altro. Questa lotta è evidente nel mondo animale: ogni animale può vivere solo se ne divora un altro. L’uomo si crede superiore e crede che la natura esista in funzione dell’uomo stesso; in realtà, l’uomo è mosso dall’egoismo e non c’è solidarietà; gli uomini vivono insieme e si danno delle leggi solo per difendersi e regolare i loro istinti aggressivi (HOMO HOMINI LUPUS). Pessimismo di Schopenhauer secondo Schopenhauer, noi cerchiamo di dare sempre un senso alla realtà, ma per lui la realtà non ha un senso. Egli critica tutte le forme di ottimismo (ottimismo politico, sociale, metafisico, ecc.). Infatti, siamo noi che applichiamo alla realtà i concetti e le categorie della ragione, che in verità sono solo illusioni; tendiamo a pensare che si sia un fine nella realtà, ma ciò è solo un’illusione. Schopenhauer rifiuta ogni ottimismo e rifiuta anche i pensieri progressisti, poiché, in una realtà in cui tutto è governato da 1 principio, non c’è progresso. Nonostante la sua posizione radicale, Schopenhauer cerca di trovare la strada per raggiungere la libertà; Schopenhauer è consapevole che anche l’etica non risolve il problema del determinismo, ma lo può attenuare e rendere più sopportabile. L’etica si basa sulla compassione. Gli uomini, infatti, sono mossi dal dolore per questo determinismo. 3° libro corrisponde all’ESTETICA; tratta del mondo come una rappresentazione vista attraverso l’arte, che permette di trovare la volontà anche nella rappresentazione fenomenica; l’arte è l’elemento intermedio tra il fenomeno e la cosa in sé. Un desiderio continuo ---> La volontà produce in noi continuamente un desiderio, un bisogno, una mancanza, quindi una sofferenza; tuttavia, non c’è mai un appagamento completo del desidero, poiché nasce sempre un nuovo desiderio; c’è solo un appagamento momentaneo finché non nasce il nuovo bisogno; di conseguenza SI SOFFRE SEMPRE, perché il desiderio rinasce sempre. La volontà si prende gioco di noi, ma noi non possiamo venire meno alla volontà che genera gli individui e poi li distrugge. 4° libro corrisponde all’ETICA; tratta di nuovo del mondo come volontà, ma mostra come l’uomo si possa staccare dal determinismo dovuto alla necessità della legge di motivazione, cioè mostra l’uomo che cerca di trovare la libertà (N.B. quella di Schopenhauer è una filosofia della liberazione, ma per arrivare alla libertà prima c’è un lungo processo). La volontà come individuo ---> principio di individuationis = volontà si manifesta in individui particolari, che fanno parte del mondo finito, quindi la volontà non è qualcosa di compiuto, ma è qualcosa di parziale in quanto un individuo non è un ente infinito, ma finito. La vita = una morte rimandata ---> Il vero essere dell’uomo è solo il presente; il passato è passato e ogni gioia o sofferenza passata ormai è morta, chiusa ridotta al nulla; il passato non è contenuto nel presente. Bisogna concentrarsi solo sul presente. L’esistenza dell’uomo è, dunque, un continuo precipitare del presente nel morto passato. La vita del nostro corpo è una morte sempre rinviata: noi rimandiamo la morte mangiando, bevendo, dormendo, ma prima o poi la morte ha la meglio; la volontà genera gli individui, li mantiene in vita con la fame, la sete e il sonno e poi li distrugge con la morte; l’unica certezza per l’individuo è la morte. La noia ---> Quando non siamo animati dal desiderio (indotto dalla volontà), c’è la noia, che è una condizione anche peggiore della sofferenza, perché con la noia perdo proprio i sensi, c’è inazione e monotonia. Ciò evidenzia il ruolo dominante della volontà, perché si preferisce soffrire piuttosto che annoiarsi ed è per questo che si torna al desiderio. C’è una continua alternanza di noia e dolore, che sono entrambe delle condizioni disperate ( quadro pessimistico, senza speranza). Le vie di liberazione Per Schopenhauer ci sono 2 strade: 1) Ci si rassegna alla sottomissione della volontà: strada non appoggiata da Schopenhauer, il quale considera il suicidio una sconfitta 2) Si cerca una strada per la libertà: è la strada di Schopenhauer L’uomo, infatti, cerca di liberarsi dalla sofferenza attraverso varie vie di liberazione. 1° via di liberazione: arte ---> La prima via di liberazione è l’arte: con l’arte ci troviamo in una realtà diversa, che non è soggetta al divenire; mentre l’uomo contempla l’opera d’arte, è come se il mondo sparisse e ci fosse solo l’uomo e l’opera; così l’uomo trova staticità e non è più soggetto al divenire, dunque la sofferenza si acquieta (--> funzione catartica dell’arte); ovviamente l’arte ci libera momentaneamente dal dolore e non permanentemente perché contemplando l’arte troviamo staticità e non siamo più soggetti al divenire? l’arte corrisponde all’IDEA DI VOLONTÀ; le idee, infatti, sono la prima forma di oggettivazione della volontà (--> ripresa del concetto di idee platoniche); la volontà è unica, ma per applicarsi al mondo c’è bisogno che essa si frammenti, dunque idee = molteplicità della volontà; le idee sono molteplici, ma sono statiche e, quindi, non soggette al divenire (le leggi naturali, invece, si applicano al divenire). Contemplando l’arte, l’individuo può conoscere le idee, mentre, senza l’arte, l’individuo è condizionato dal suo essere fenomenico, quindi dal divenire. per questo, l’individuo con l’arte diventa un puro soggetto conoscente, perché ha una conoscenza più alta della volontà; la volontà in sé non si può conoscere, ma si può conoscere nelle idee, che sono diretta oggettivazione della volontà. L’arte + alta: la musica ---> la musica è la forma più alta dell’arte; per Schopenhauer, infatti, la musica è l’ESPRESSIONE DIRETTA DELLA VOLONTÀ; ascoltando la musica è come se si entrasse in contatto con la volontà; la musica, a differenza delle altre arti, non è immagine delle idee, ma è immagine della volontà stessa; le altre arti ci danno il riflesso della volontà, la musica ci dà quasi l’essenza (questo non significa che noi conosciamo la volontà). Questa concezione della musica è ispirata da Wagner, che sarà anche modello per Nietzsche. Arte vs etica ---> l’arte è una forma di liberazione momentanea, mentre una forma di liberazione più statica è l’etica perché? Perché la volontà mi dice sempre come agire e mi porta a vedere come fine solo me stesso; tuttavia, attraverso l’etica e, in particolare, la compassione veniamo meno all’egoismo, quindi alla volontà. Se noi vediamo che tutti siamo nella stessa condizione di sofferenza, veniamo meno alla subordinazione della volontà. La compassione ---> La compassione è quella che provo verso gli altri: vedendo la sofferenza degli altri, prendo consapevolezza anche della mia sofferenza; vedendo i mali degli altri, con la compassione, questi mali ricadono anche su di me e assumo i mali degli altri come miei; l’io si fa carico dei mali degli altri e, dunque, compatire è sempre patire perché, anche se c’è un senso di unione e solidarietà tra gli individui (perché tutta l’umanità soffre), il male c’è sempre. In conclusione c’è il male nel mondo e questo colpisce l’intera umanità. Il distaccamento dalla volontà ---> Quando ci rendiamo conto che la volontà è un impulso negativo perché porta all’egoismo (principio individuationis), allora piano piano ci allontaniamo dalla volontà; dall’orrore e dall’indignazione verso l’egoismo i singoli si allontanano dalla volontà; la compassione, dunque, fa superare il principio di individuationis perché l’uomo non pensa più solo a sé, come vorrebbe la volontà. Tuttavia è difficile staccarsi definitivamente dalla volontà, poiché magari ci si allontana momentaneamente da essa, ma poi ritorna in noi il fine egoistico e ci si riavvicina alla volontà. Il distaccamento dalla volontà è un percorso di discesa progressivo. Quando ci si libera definitivamente della volontà, capiamo che la vita che la volontà ci fa desiderare non è degna di essere vissuta; così neghiamo la volontà e neghiamo gli impulsi fondamentali (impulso di mangiare, di bere, di dormire, di procreare, ecc.); davanti a noi resta il nulla e c’è una sorta di macerazione che porta alla morte ( N.B. non è un suicidio, ma è una sorta di rinascita; l suicidio è giudicato negativamente da Schopenhauer, in quanto lo vede come un arrendersi al determinismo della volontà). Questa è la tappa finale della liberazione dal determinismo e Schopenhauer parla di ASCESI.