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Hegel, ultimo grande filosofo che vuole cercare di dare la spiegazione e soluzione per ogni

cosa riguardante ogni ambito tramite un suo sistema filosofico. Hegelismo definibile come
titanico, pretesa di dare la spiegazione della realtà in ogni sua parte.
Massimo esponente dell’idealismo.

Pilastri del suo sistema:

1. Rapporto finito/infinito, che vediamo anche al centro della filosofia di Fichte e


Schelling; il finito si risolve nell’infinito e questo si manifesta nel finito. La realtà e’
quindi un organismo unitario e il finito e’ una manifestazione dell’infinito. L’infinito si
autolimita/ autodetermina nel finito → il finito e’ quindi una determinazione dell’infinito,
rapporto di simbiosi. L’infinito e’ dinamico, diviene, e’ l'attività spirituale in costante
divenire che trova realizzazione nel finito → rapporto di continuo stimolo reciproco
→ Nel sistema hegeliano pertanto Finito ed Infinito coincidono

Termine “Infinito” viene poi ricordato con altre espressioni quali “Spirito” o “Assoluto” o
anche “Ragione”

Il finito e’ una manifestazione dell’infinito che si autoproduce; l’idea si pone e poi si


concretizza nel finito. Tutto e’ allora manifestazione dell’idea, l’idea si manifesta in tutte le
cose. → l’idea infinita si manifesta in delle finitudini (uomo, natura, l’uomo singolo, l’albero…)
Vero come intero: il vero e’ solamente il totale, le finitudini invece sono vere unicamente in
relazione alla totalità; quindi soltanto alla fine di fatto per H. si puo’ giudicare la verità.
⇒ H. e’ un filosofo della totalità, dell’insieme e non dei singoli. [Super esempio: la vita di una
persona e’ un finito rispetto alla totalità, ma una totalità nei suoi confronti. La vita e’ a sua
volta composta da finitudini, ovvero tanti piccoli singoli eventi che la compongono: questi
NON sono la verità di quella persona, la verità e’ il risultato di tutti quei singoli eventi che
compongono la sua vita. Il giudizio complessivo della vita di una persona non si dà in quei
singoli eventi ma nella totalità.]

2. Rapporto ragione/realtà, anche qui dinamico; “Tutto cio che e’ razionale e’ reale,
tutto ciò che e’ reale e’ razionale” → prima parte, la ragione NON e’ un DOVER
essere ma e’ una ragione che e’, che si concretizza, non rimane astratta ma sempre
si concretizza nella realtà (distanza con Kant) ; ⇒ seconda parte, la realtà e’ un
prodotto della razionalità, della ragione. La razionalità si concretizza quindi.
Tutto ciò che accade deve accadere, la realta e’ intrisa di razionalità;
⇒ Ma se tutto ciò che avviene e’ razionale, come spiegare gli avvenimenti negativi?
come possono quelli essere, ugualmente ai positivi, razionali? Per questi, H. ipotizza
il Travaglio del negativo: il negativo nel mondo viene categorizzato come il dolore
necessario affinché si dispieghi della nuova razionalità; micro avvenimenti, analizzati
come “capricci”, accidenti della razionalità, ma i macro avvenimenti non vanno
analizzati nei loro effetti istantanei ma in quelli a lungo termine e proprio quelli sono
definiti travagli.

3. Qual e’ la funzione della filosofia? La filosofia, massima espressione del pensiero


umano per H., serve per “giustificare” gli avvenimenti della realtà, per comprendere
pienamente quest’ultima. → Il filosofo allora e’ colui che porta la realtà alla ragione. [
un po’ come l’artista per Schelling porta l’infinito a se’ ] Attraverso il filosofo la ragione
si comprende. ⇒ Scopo filosofia, non di trasformare la realtà ma di comprenderla;
non interpretarla soggettivamente ma oggettivamente per quello che e’ attraverso
l’utilizzo della ragione. Il tutto razionale va compreso da parte della filosofia.
→ filosofia che arriva al crepuscolo

2.1. Ripreso concetto sulla realtà: processo di eterno divenire, che COINCIDE con la
ragione. Realta’ manifestazione della razionalità, la ragione (in senso assoluto, infinita).
Esiste dunque un principio razionale che si manifesta nella realtà; questa ragione assoluta
che si manifesta nella realtà non e’ statica, ma dinamica, in movimento. Ragione e realtà
sono un processo, concetto in parte ripreso da Fichte ma radicalizzato. → Tutto quello che
avviene nella realtà e’ una produzione della ragione, nella realtà non esiste nulla di
irrazionale. L’irrazionale al massimo viene percepito dall’uomo che si concentra sul singolo
specifico piccolo evento, ma nel suo tutto la realtà presenta solo il razionale.
La realtà coincide con il logos e viceversa tramite la dialettica, ovvero un processo composto
ordinatamente da tesi, antitesi e sintesi, primo, secondo e terzo momento.

Il primo momento e’ il momento astratto, in cui la ragione si determina nelle cose, in cui la
realtà appare costituita da concretezze, oggetti. La tesi e’ l’AFFERMAZIONE, la ragione che
si pone come oggetto.

Il secondo momento, antitesi, e’ il momento negativo, dialettico, la NEGAZIONE. In questo


momento ogni determinazione si scopre limitata e unilaterale, si scopre in contrapposizione
con le altre cose che non sono essa stessa. → nella questione servo-padrone si tratta del
momento in cui il servo si comprende tale in quanto c’e’ il padrone e viceversa; i sudditi sono
tali per il riconoscimento di un re e viceversa. Scontro tra realtà che si riconoscono non come
totali ma come particolari.

Il terzo momento, la sintesi, il momento sintetico, speculativo. Aufheben [...]

Critiche di Hegel
Kant: grande sostenitore della filosofia del finito, il che comporta che lui definisse un’antitesi
tra l’essere e dover essere, tra realtà e ragione → che invece trovano coincidenza in Hegel.
Nella sua concezione, come poi in quella di Fichte, l’assoluto rimane in “dover essere” e non
diventa mai essere, quindi non si realizza mai! Inoltre, lui vuole indagare la realtà a priori,
senza mai prima fare una concreta esperienza: sarebbe come voler nuotare senza essersi
mai buttati in acqua, impossibile!

Fichte: bene o male la critica e’ sempre legata all’assoluto che non trova mai un’esistenza pk
rimane in “dover essere”; quello sforzo costante che si attribuisce all’io finito con lo scopo di
vincere nello scontro con il non io presuppone che finito ed infinito siano distinti e di
conseguenza non si potrà mai realizzare l’infinito. → H. vuole invece conciliare finito ed
infinito

Schelling: da lui riprende la concezione dell’assoluto come unità dei contrari (finito ed
infinito, cosa a cui invece Fichte si contrappone), che non può essere compreso dalla
ragione astratta, nella quale risiede la riflessione ovvero quel processo di separazione delle
varie determinazioni (se voglio riflettere su qualcosa elimino alcune caratteristiche della sua
relazione con altre cose e così perdo alla fine il suo vero significato che esiste solo nella
totalità). → secondo Schelling l’assoluto e’ adialettico, quindi un'unità statica, mentre
secondo H. e’ dialettico, in perenne movimento; solamente con la cosiddetta ragione
speculativa si puo’ comprendere, perché essa va a comprendere la totalità, tramite la
negazione. → Ogni esistenza e’ determinata in quanto negazione di altre esistenze
determinate, quindi per comprendersi devono essere osservate nella loro totalità appunto.
Vanno oltre se stesse, rinunciando alla loro indipendenza assoluta ma conservando la loro
determinatezza ⇒ Aufheben

Fenomenologia dello spirito


capolavoro filosofico di H. che maggiormente influenza il panorama culturale europeo fino a
circa metà ‘800, opera di sua prima maturità.

Partendo dal presupposto che secondo H. lo spirito rappresenta la ragione, la fenologia dello
spirito e’ la storia della ragione raccontata attraverso figure storico/ideali. Racconto di come
l’assoluto si sia manifestato nella storia: ci racconta le tappe della ragione, di come la ragione
sia partita dall'essere in sé, per poi uscire da sé e manifestarsi nella realtà e infine ritornare a
sé. Queste figure storico/ideali che va a delineare sono quelle del servo-padrone, dello
stoicismo e scetticismo e la coscienza infelice (le principali almeno). Opera propedeutica alla
comprensione del divenire dialettico dello spirito.

Si tratta del racconto di un processo dialettico dato da tesi, antitesi e sintesi: momento
affermativo, negativo e poi di ritorno con la consapevolezza di aver superato (concetto
dell’aufheben) il contrasto tra tesi ed antitesi. Fondamentale la presenza dell’antitesi, senza
la quale la tesi non si potrebbe mettere in dubbio e non si potrebbe arrivare alla sintesi finale
che appunto va a superare lo “scoglio” del contrasto tra i primi due momenti. → collegato al
concetto del Travaglio del negativo che permette il rinascere.
Questi tre momenti vengono identificati da H. con specifiche identità: la tesi come coscienza,
l’antitesi come autocoscienza la sintesi come ragione

1. Coscienza (tesi), la ragione in se [secondo Fichte era l’io puro che pone se stesso]
2. Autocoscienza (antitesi), il momento di scontro, negativo, in cui l’idea fuoriesce da
se, si aliena per arricchirsi e si scontra con altre coscienze: in questo modo, nella
lotta, essa prende coscienza di se stessa diventando autocoscienza. La coscienza
fuoriuscendo da se entra in contatto con il mondo e appunto si puo’ così arricchire. E’
costantemente in divenire, lo scontro e’ in ciclo continuo.
3. Ragione (sintesi), ovvero di nuovo la coscienza, che dopo essere diventata
consapevole di se stessa, si trasforma appunto in ragione tornando in se stessa
arricchita in seguito agli scontri con altre autocoscienze.

Coscienza: La coscienza nel suo primo momento e’ in rapporto con un oggetto, e’ l’io che si
rapporta oggettivamente a se stesso e dunque la coscienza e’ chiusa in se stessa. La
coscienza nel momento in cui e’ rapportata oggettivamente a sé non ha la presa di coscienza
di quello che e’ severamente se perché di fatto si rapporta solo con se stessa.
Per arrivare poi al secondo momento, si sviluppa in 3 fasi:
- Coscienza come certezza sensibile; si ricerca la verità nelle sensazioni immediate,
ma il problema di questo modo di intenderla e’ che la verità non rimane stabile, ma
tende sempre a contraddirsi in questo modo, pk cambia da momento a momento.
Inoltre, il concetto di verità “qui” e “ora” potrebbe sembrare concreto, ma realmente e’
del tutto astratto e generalizzato in quanto il qui ed ora sono strumenti utilizzati per
inquadrare uno spazio e un tempo, ma cambiano sempre.
- Coscienza come percezione; la verità non e’ la sensazione istantanea che si prova
sul momento ma la risiede nell’oggetto che produce in me queste sensazioni
(prospettiva Aristotelica secondo cui la verità sta nella sostanza). Problema: si entra
in contraddizione in quanto l’oggetto e’ sia uno che molteplice (in quanto ha molte
proprietà diverse) e allora la coscienza non riesce a comprendere se sia l'unità o la
molteplicità il carattere oggettivo di quell’oggetto.
- Coscienza come intelletto; la verità viene ritrovata nelle leggi della natura che sono
sempre uguali ed oggettive, tuttavia, presto ci si rende conto che esse sono non altro
che una proiezione della struttura della mente umana, quindi la coscienza comprende
di aver di fatto fin’ora i conti solamente con se stessa ⇒ così diventa cosciente di se
stessa, autocoscienza.

Autocoscienza:
→ con il secondo momento abbiamo il passaggio che dona la crescita
L'autocoscienza e’ la coscienza che non si rapporta più all’oggetto ma al soggetto: la
coscienza come “io” si rapporta agli altri “io”. La coscienza prende atto di se stessa dal
momento in cui da una autorelazione passa ad una relazione con l'altro. Lo scontro delle
coscienze porta a formare autocoscienze: lo scontro proprio e’ una dinamica fondamentale
per questo avvenimento, NON lo e’ invece ad esempio l’unione, l’amore…
Analisi qui della figura esistente storicamente ma posta in dimensione ideale, senza far
riferimento a specifici soggetti storici, del servo e del signore;
- Il signore e’ colui che nello scontro, nella lotta, non teme la morte e per questo allora
mette in gioco la sua vita e non si ritrae nella sicurezza dell’obbedienza.
- Il servo e’ colui che nella lotta per la vita, temendo la morte, sceglie di arrendersi e di
mettersi al servizio dei signore. Comprende il senso della vita come il rifugiarsi nelle
catene del servizio al fine di non morire.
→ Nel momento in cui le due coscienze fanno queste scelte differenti, diventano
autocoscienze, l’una del signore, l’altra del servo.
Tuttavia per H. lo spirito e’ costante movimento e infatti questa dialettica presenta in seguito
un rovesciamento dei rapporti.
- In questo rapporto, avviene che il signore inizia ad essere di fatto DIPENDENTE dai
servizi del servo per poter continuare ad avere lo stile di vita che ha. Il signore allora
si ritrova ad essere servo del servo, mentre il servo diventa padrone del suo padrone,
in quanto e’ lui che gli permette di essere tale. E’ il servo che determina l’esistenza di
un padrone
Non si tratta di un rovesciamento reale ma ideale che però precede pensieri futuri come ad
esempio quello di Marx; il lavoro permette di rovesciare i rapporti sociali e scalare le classi
sociali stesse. → H. evidenzia l’aspetto emancipatorio del lavoro.
Scetticismo/stoicismo: alla dialettica servo-padrone segue questo momento che e’ piu’
filosofico ed e’ dato dagli stoici. Nelle tappe dell’autocoscienza lo stoicismo ha avuto il merito
di prendere le distanze e quindi essere autonomo rispetto al mondo esterno
→ lo stoicismo sosteneva che il mondo fosse di fatto governato da una ragione (logos)
universale che era diffusa in tutte le cose. Tutto secondo gli stoici accadeva perché doveva
accadere. La ragione andava a coincidere con la natura e pertanto allora il saggio era colui
che viveva secondo natura: comprendendo la necessità del tutto ad essa si adeguava, non
facendosi coinvolgere da emozioni o sentimenti (portatori solo di malessere) ed essendo
quindi apatico. Tuttavia secondo H. lo stoico rimane limitato, per il fatto che la propria
autonomia riguarda solamente l'interiorità.
→ gli scettici invece sostenevano che la verità fosse irraggiungibile e quindi fosse inutile a
riguardo condurre indagini di alcun tipo. Solamente comprendendo che la verità non e’
conoscibile si può raggiungere l’indipendenza, bisogna sospendere quindi ogni tipo di
giudizio. Si mettono però in contraddizione: non accettano come verità nessuna condizione,
se non che “nulla e’ vero” , pertanto la loro sospensione del giudizio con il sostenere che non
si può raggiungere una verità diventa essa stessa una verità. Non e’ vero allora che non vi e’
nulla di vero, pk esiste una verita che e’ il fatto che “non c’e’ nulla di vero e devo accettarlo
come vero”.

In entrambi i casi ci sono limitazioni e contraddizioni che non portano a risolvere lo scontro
tra autocoscienze → l’uomo e’ attratto dall’orizzonte dell’assoluto vero cui tuttavia non riesce
ad avere piena consapevolezza ⇒ da qui subentra la coscienza infelice.

Coscienza infelice: il momento più alto dal punto di vista filosofico letterario dell’opera di H.
Si tratta dell’ultima tappa dell’autocoscienza prima di diventare ragione, di prendere
consapevolezza di essere coscienza universale (e quindi appunto ragione).
Con lo scetticismo l'autocoscienza e’ naufragata di fronte alla possibilità di una verità
assoluta, certa: scacco matto per la coscienza che vuole la verità ma deve accettare che
nulla e’ vero. → sorge proprio qui la coscienza infelice, nel desiderio di una verità assoluta e
l'impossibilità di poter attingere direttamente ad essa. Si tratta dell’opposizione tra infinito e
finito, uomo e Dio, tra la finitudine della grandezza umana e l’infinitudine di Dio. Questo è il
momento dove l’autocoscienza si fa dolore ed infelicità, dove essa naufraga nell’abisso che
esiste tra l’assoluta verita e la conoscenza inevitabilmente limitata dell’essere umano.
- I momenti della coscienza infelice sono religiosi e il primo e’ l’ebraismo: un
ebraismo, raccontato da H., come LACERAZIONE tra il popolo ebraico servo e un
Dio signore (ripresa dialettica servo-signore). Questo Dio che conduce alla libertà il
popolo ebraico e’ pero un Dio che e’ al di là dell'uomo e del finito. Dio tende
all’assoluto, mentre l’uomo per sua natura finita non riesce: per questo l’uomo sembra
destinato all'abbandono da parte di quel Dio che e’ lontano ma che lo vorrebbe
invece vicino.
- Successivamente a questo momento abbiamo quello del cristianesimo, con la figura
di Gesù che e’ Dio che si e’ fatto carne. Al Dio ebraico che sembra irraggiungibile il
cristianesimo contrappone un Dio che si fa uomo, un uomo che muore per la
salvezza degli uomini; in questo caso la verità si fa carne. Anche qui però si ritrova il
dolore, nel momento in cui l’uomo va a cercare le spoglie del Dio-uomo morto ma non
le trova più nel sepolcro: la coscienza che desidera l’avvicinamento all’assoluto
tuttavia non riesce ad ottenere l’assoluto
→ L’uomo ha una costante sete di infinito, di assoluto, che tuttavia non riesce ad
essere soddisfatta
- Comprendendo che con le lotte nel singolo non può arrivare alla verità, si cerca allora
di raggiungere la felicità collettiva tramite una “mortificazione di se stessi”: l’uomo
mortificando il proprio io arriva a cogliere che la coscienza individuale non è altro che
un passaggio verso la coscienza collettiva.
La coscienza si e’ fatta autocoscienza nello scontro, si e’ fatta infelice ed insufficiente
e ora e’ quindi pronta per la piena coscienza di sé, e’ pronta alla ragione.

Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio:


opera che contiene il progetto filosofico di H., che divide il sapere in tre parti: la logica, la
filosofia della natura e la filosofia dello spirito.

→ la dialettica hegeliana e’ una dialettica dello spirito che e’ in se, esce da sé e poi ritorna in
sé; l’idea (o spirito o ragione o assoluto) in sé (ovvero quindi la TESI) e' studiata dalla logica,
ma poi essa esce da se stessa, si aliena e questa e’ allora studiata dalla filosofia della
natura (che si occupa quindi della NEGAZIONE, la natura ha proprio questa valenza
negativa ) e infine l’idea torna in se stessa in modo soggettivo ed essa e’ studiata dalla
filosofia dello spirito (la SINTESI)

Logica: si occupa dell’idea in se ed e’ la scienza dell’idea in sé e per se. Si tratta della prima
parte del sistema filosofico di H.; studia le forme concettuali del pensiero che si trovano nella
realtà. Si divide in tre parti, natura dialettica del pensiero, triadica:

- dottrina dell’essere: studia il pensiero in modo immediato (tesi); l’essere e’/ l’essere
non e’/ il divenire → nella sua immediatezza il pensiero e’, non e’ e diviene
- dottrina dell’essenza: studia il pensiero tramite una riflessione (antitesi); soggetto
pensante che cerca di studiare il pensiero che e’ a sua volta una struttura oggettiva
reale della realtà. → tramite questa riflessione si giunge ai principi di identità e di non
contraddizione: il primo (A=A) non esaurisce in se stesso l'identità ma c’e’ bisogno di
una negazione di un esterno (A=A quindi diverso da B) pk A si riconosca.
- dottrina del concetto: studia il pensiero nella sua dimensione unitaria (sintesi); il
concetto sarebbe in grado di risalire all'unità tra reale e pensiero, la
concettualizzazione non separa il reale dall’astratto ma unisce invece il pensiero
all’essere

Filosofia dello spirito OGGETTIVO (la antitesi): quella parte che studia, all’interno
dell’enciclopedia, il ritorno a se stessa della ragione, che non è più coscienza individuale ma
collettiva. In quanto dialettica, si suddivide in tre parti che a loro volta poi si suddivideranno;
Suddivisione in:
- diritto astratto (tesi; persona giuridica): partendo dal presupposto che la filosofia
dello spirito oggettivo ha a che fare con il ritorno dell’idea a se stessa come
spiritualità oggettiva, ciò ha a che fare con la volontà dei singoli individui di elaborare
delle scelte che rientrano dentro a regole comuni. Secondo H. gli uomini hanno
iniziato nel tempo a manifestare una volontà intorno al tema della proprietà
individuale (“questo e’ mio e non e’ tuo”). A partire dal volere individuale si e’ arrivati
al concetto di proprietà e di conseguenza alla necessità di stipulare “contratti”, criteri
di determinazione della proprietà dei singoli individui riguardo alle cose, ma anche in
certi casi riguardo alla vita stessa (legge del taglione, pena di morte dove la tua vita
non e’ piu’ in mano tua…). Questi contratti sono di diverso tipo, tra singoli individui
privati ma anche ad esempio tra villaggi o Stati stessi, quindi collettività. La proprietà
e’ la tesi, il contratto l’antitesi e la sintesi viene data dallo stabilire chi ha ragione o
torto, ovvero dalla legge; il diritto astratto appunto definisce chi ha torto e chi ha
ragione ed e’ astratto per il fatto che vale per tutti, tuttavia, questo diritto va sempre
storicizzato, in quanto cambia in base alle epoche. Inoltre, secondo H., i diritti sono
un qualcosa che noi otteniamo, ma con i quali NON nasciamo: sono di fatto una
conquista, gli uomini che si emancipano vincendo questi diritti in una lotta e, con
questi, si ottiene quindi il riconoscimento reciproco (che invece veniva a mancare
nella dialettica del servo-padrone).

- moralità (contrapposizione al diritto astratto, antitesi; soggetto morale): a differenza


dell’astrazione che possiamo trovare nel diritto astratto, questa si presenta in netta
contrapposizione essendo piena concretezza; si tratta infatti della soggettività
individuale che si manifesta nell’azione → si ha moralità nel momento in cui,
dall’intenzione, si passa alla realizzazione concreta di questa: la concretizzazione di
questa intenzione da luogo al bene per H., quando invece c’e’ il male significa che
non si e’ concretizzata l’intenzione e quindi non c’e’ di fatto la moralità. Questa oltre
ad essere concreta e’ individuale, mettendosi quindi a pieno confronto con il diritto
che e’ astratto e collettivo.
→ la concretezza della moralità e’ una grandezza ma un limite che ha e’ l’essere
individuale (chiunque secondo il suo criterio agisce in un determinato modo diverso
pk così sembra giusto), il diritto astratto ha la grandezza di essere collettivo ma il
limite di essere astratto (tutti sono costretti per il timore di sanzioni o poene a fare
qualcosa che magari altrimenti non farebbero). La morale rimanda al cuore, la legge
alla ragione.

- etica (sintesi, porta con sé la contrapposizione tra i due precedenti e un


superamento), il momento culminante, una dimensione collettiva; con essa, se in
precedenza il diritto era collettivo ma astratto, qui otteniamo una fusione tra collettività
e concretezza, si unisce la dimensione legata al cuore e quella legata alla ragione
(es. la comunità fa il bene pk e' giusto e si deve fare il bene). Il fare il bene dall’essere
individuale diventa collettivo.
Tre momenti in cui si suddivide:
1. Famiglia (tesi): secondo H. la famiglia e’ naturalmente etica. Si tratta della
prima manifestazione dell’etica, (la famiglia) e’ naturale e fondata sull’amore.
La formazione della famiglia e’ determinata appunto dall’amore che unisce
uomo e donna nel vincolo del matrimonio: quest’unione e’ finalizzata alla
procreazione naturalmente di figli e si sviluppa poi l’educazione di questi (che
li porta ad una seconda nascita, nascita spirituale); inoltre, con la famiglia, si
va a determinare la costruzione di un patrimonio.
→ Ritornando all’educazione dei figli e in generale a queste figure nella
famiglia, quest’ultima si apre pian piano verso un mondo più vasto, quello del
lavoro e quindi della società civile, il secondo momento dell’etica.

2. Società civile (antitesi): luogo dove gli individui sono in relazione tra loro in
maniera indipendente gli uni e gli altri, tutti alla ricerca dei propri interessi (si
tratta di un “sistema dei bisogni”); un luogo dove l’etica in parte si e’ indebolita
perché al contrario che come nella famiglia, dove prevale il bene unitario, qui
prevale l’interesse dell’individuo. In questo sistema dove ognuno definisce il
proprio vantaggio, H. individua un'instabilità che si potrà sistemare solamente
con la nascita dello Stato e tramite sue istituzioni pubbliche (amministrazione
della giustizia) e tre ceti che vanno a costituire un sistema costituente della
società stessa:
- Ceto sostanziale, degli agricoltori legati alla terra
- Ceto formale (si dona forma a ciò che si produce), dell’artigianato,
commercio ed industria
- Ceto pensante, il gruppo di intellettuali-funzionari che amministrano la
res publica

3. Stato (sintesi): la sostanza che ha acquisito consapevolezza dopo lo


smarrimento nel secondo momento dell’antitesi (non esiste consapevolezza
senza una precedente alienazione); si tratta per H. di una sostanza organica,
in cui il tutto risulta superiore rispetto alle singole parti che lo compongono
(stato come corpo umano, che e’ superiore ai singoli corpi che lo
compongono) → lo Stato e’ la massima incarnazione dell’etica collettiva,
dentro al quale poi si muovono le etiche individuali che devono rispettare la
principale: lo Stato determina cosa e’ giusto e sbagliato
Si tratta essenzialmente di un’unica grande famiglia, in quanto recupera l'unità
e l'eticità della famiglia e li proietta in una scala universale e non più
particolare: la famiglia e’ la piccola unità, lo stato e’ la grande unità. Lo Stato
e’ il superamento degli interessi individuali, per favorire invece gli interessi
superiori del collettivo; si tratta della forma politica che ha assunto
consapevolezza di se stessa dopo essersi persa nelle frammentarie volontà
individuali.

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