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Il primo pilastro del sistema filosofico hegeliano è che il finito si risolve nell’infinito, l’infinito si
manifesta nel finito. Dunque, l’infinito si autolimita, si autodetermina nel finito che diventa una
determinazione dell’infinito. L’infinito è un infinito dinamico, che diviene e che trova realizzazione
nel finito. Il termine infinito potrà trovare altre espressioni quale spirito, Assoluto, Dio, ragione.
L’infinito è la ragione per Hegel.
Il secondo grande pilastro è il rapporto ragione-realtà, che è dinamico. L’aforisma celebre di Hegel
“Tutto ciò che è razionale è reale e tutto ciò che è reale è razionale”. Partiamo dal primo segmento
“ciò che è razionale è reale”. Ciò significa che la ragione non è un dover-essere, un doversi
realizzare, è una ragione che è, ma che non rimane astratta, bensì si concretizza sempre nella
realtà. Essa è una ragione reale, che ontologicamente è. Seconda parte “tutto ciò che è reale è
razionale”, in quanto la realtà è un prodotto della razionalità, ovvero la realtà che ci circonda è un
prodotto della razionalità. Il reale come grande prodotto della razionalità. Possiamo parlare di un
paralogismo: tutto è logico e tutto è razionale. Ma se tutto è logico e tutto è razionale, se il reale
coincide con la razionalità, allora tutto ciò che deve accadere necessariamente accade.
Il terzo pilastro è la funzione della filosofia. Se tutto ciò che accade è razionale, tutto ciò che
accade è accaduto perché doveva accadere, ovvero il mondo è perché deve essere, perché la
ragione si è concretizzata in quell’avvenimento. Quindi, la realtà è intrisa di razionalità. In tutto ciò,
qual è la funzione della filosofia? Essa risulta essere giustificatrice, molti critici hanno visto Hegel
come il filosofo del giustificazionismo della realtà. Se la realtà è necessariamente come deve
essere, allora la filosofia risulta essere la disciplina che comprende la realtà, non che la trasforma o
la modifica. Qui, Hegel ci parla della filosofia paragonata alla nottola di Minerva: come la nottola di
Minerva giunge al calar delle tenebre, quando la giornata è passata e dunque può riflettere su di
essa, così la filosofia giunge alla fine della realtà che si è manifestata e la comprende, la colloca
razionalmente nel punto in cui essa deve essere collocata. Il filosofo è quell’uomo che sta seduto
sui bordi del fiume e guarda il fiume passare e dopo che è passato lo giudica per quello che è
stato. Il filosofo, dunque, non è colui che interpreta la realtà per trasformarla ma è colui che
prende atto della realtà che si è manifestata per come doveva manifestarsi. Per questo, la filosofia
diventa giustificatrice della realtà, perché se il reale è razionale ed è prodotto della ragione
necessaria, ecco che la filosofia consiste nel comprendere pienamente che ciò che è reale è
razionale e dunque il filosofo è un’astuzia della ragione che interpreta la realtà nella maniera più
adeguata alla ragione. Il filosofo porta la realtà alla ragione, un po' come l’artista per Fichte porta
l’infinito a sé. La ragione ha utilizzato astutamente la ragione per comprendersi. Una filosofia di
questo tipo che giustifica la realtà ci apre scenari molto importanti, in quanto se ciò che è
razionale è sempre reale, come giudicare le negatività (politiche, morali etc.)? Hegel parlerà del
travaglio del negativo. Partiamo sempre dal presupposto che il giudizio di una cosa che sia male o
bene che sia sbagliato o giusto è un giudizio umano e l’umanità è una manifestazione della
ragione. Noi la giudichiamo giusta o sbagliata a partire dall’essere un soggetto particolare
manifestazione della razionalità. Ma quando giudichiamo bene o male una cosa, esprimiamo
chiaramente un giudizio sulla realtà e i giudizi negativi noi li esprimiamo perché qualcosa è
accaduto che a prima vista non appare come razionale. La razionalità è in contrasto con un
terremoto o con una persona che decide di ucciderne un’altra. Ma se tutto il reale è razionale,
allora possono essere quelli considerati una manifestazione della razionalità? Si, perché la
razionalità di cui parla Hegel è del tutto, il minimo gesto di un folle non è nulla rispetto al divenire
del tutto. Ma negli avvenimenti macro, come guerre o epidemie, come giustificare il tutto? Hegel
elaborerà il concetto del travaglio del negativo: il negativo è un travaglio funzionale e necessario
per il dispiegarsi di una nuova razionalità. Allora il negativo è l’antitesi in questo caso necessaria ad
una nuova sintesi.
La dialettica hegeliana sarà tesi, antitesi e sintesi, nella quale la sintesi sarà sempre una tesi a cui
succederanno antitesi. Le antitesi di cui ci parla Hegel saranno spesso negative e dolorose, ma
necessarie per la formazione di un nuovo equilibrio.
LA REALTA’ PER HEGEL
La realtà è intesa come un processo che eternamente diviene. Ma questa realtà che è un
incessante divenire è per il filosofo coincidente con la ragione. Hegel sostiene la coincidenza tra la
razionalità e la realtà. La realtà è una manifestazione della razionalità. Ovviamente la ragione di cui
stiamo parlando non è più la ragione del soggetto limitato e finito kantiano. La ragione di cui
parliamo è la ragione che Fichte ha già assolutizzato. Dunque, c’è un principio razionale che si
dispiega e che diviene e si manifesta nella realtà. La ragione assoluta non è una ragione statica,
bensì è dinamismo, è portatrice di una realtà processo diveniente perché è essa stessa dinamica.
Dunque, la ragione e la realtà non sono una sostanza, bensì un processo. C’è un recupero dell’io di
Fichte, che è un io puro, che pensa a se stesso, che pensa al non-io e che poi getta sempre nell’io,
contro il non-io l’io finito. Siamo dentro questa prospettiva anche se poi verrà criticata da Hegel,
ma l’idea della realtà come processo viene ripresa ma radicalizzata. Ciò viene espresso nel celebre
aforisma “tutto ciò che è razionale è reale e viceversa”, ovvero la ragione si manifesta nella realtà,
non rimane in se stessa, ma fuoriesce da sé e si manifesta nella realtà. La seconda parte del
frammento “…” vuol dire che ciò che è reale è la manifestazione di una ragione. Non c’è spazio per
l’irrazionalità perché tutto è reale. La ragione si concretizza sempre e il concreto è sempre
manifestazione della razionalità. Dunque, siamo di fronte ad un panlogismo, dove tutto è logico,
nulla avviene al di fuori della ragione. Questa identità razionalità-realtà fa sì che tutto ciò che
avviene nella realtà è una produzione della ragione.