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Salvatore Abbruzzese, Sociologia delle religioni (Un'Enciclopedia D'Orientamento). Copyright 1992 Editoriale Jaca Book S.p.A., Milano.

prima edizione italiana aprile 1992.

Edo (Un'Enciclopedia D'Orientamento) nasce all'interno della Open Thematic Encyclopaedia che l'Editoriale Jaca Book sta realizzando. L'insieme dei piccoli volumi di Edo coprir negli anni molti insegnamenti universitari cos come campi della ricerca e delle arti non ancora riconosciuti dall'universit italiana. Partecipano a Edo studiosi e ricercatori europei ed extraeuropei per presentare, come dovessero svolgere una lezione inaugurale di fronte a studenti e colleghi, la loro disciplina. Ogni volume di Edo non perci l'esposizione di un problema, ma costituisce la presentazione di una disciplina, di un campo scientifico od espressivo. Abbiamo chiesto ad ogni autore di fare il punto su tale campo e di essere personale come stesse introducendo un suo corso. Abbiamo anche chiesto di indicare i luoghi e le istituzioni, a livello internazionale, che l'autore stesso voglia consigliare a colleghi o studenti per iniziarsi alla sua

disciplina. Sono gi programmati oltre 120 titoli. La Open Thematic Encyclopaedia, che inizier ad uscire nella seconda parte del '92, sar costituita da Dizionari Enciclopedici illustrati di oltre 400 pagine l'uno. Sono in programma oltre trenta titoli. Salvatore Abbruzzese. Nato ad Arce nel 1954, laureatosi in Sociologia a Roma, ha proseguito i suoi studi a Parigi, dove ha conseguito il dottorato nel 1981. Da quell'anno ha iniziato la propria collaborazione con il Groupe de Sociologie des Religions del Cnrs e con la rivista che ne l'espressione scientifica: gli Archives de Sciences Sociales des Religions. Gi charg de conf rence all' cole des Hautes tudes en Sciences Sociales, attualmente professore di Sociologia presso la Pontificia Universit San Tommaso (Angelicum). stato autore di Indagine sui valori in Italia (con C' Calvaruso, Sei, Torino 1985) e di Comunione e Liberazione. Identit catholique et disqualification du monde (Parigi 1989, trad' it' Laterza, Bari 1991). Premessa Presentare una disciplina equivale, in molti casi, ad esporne i postulati costitutivi ed i risultati maggiormente rilevanti, nel quadro di uno sviluppo cumulativo e, almeno tendenzialmente, permanente. Il fatto che alcune scoperte possano mettere in crisi e rovesciare i postulati fondamentali, avviando cos la disciplina verso una nuova direzione, non introduce mutamenti di rilievo. Resta infatti incontestabile il processo di crescita ed il suo pi importante risultato: la costituzione di un insieme coerente di principi teorici e di teorie esplicative (1). La sociologia delle religioni non fa eccezione a questa dinamica propria di ogni scienza a condizione che ne siano rese note le particolarit epistemologiche che, in ragione della peculiarit dell'oggetto stesso, finiscono per investire tanto i concetti-base quanto le teorie interpretative. Scopo di questa breve premessa proprio quello di rendere

conto di tali particolarit . La sociologia delle religioni ha per oggetto i riflessi e le conseguenze (1) Un'affermazione di questo tipo non implica, necessariamente, una contestazione delle tesi di T' Kuhn sullo sviluppo delle teorie scientifiche risultante da un'ininterrotta serie di crisi e rotture. Il volere insistere, qui, su di un'ipotesi di sviluppo lineare ha un valore descrittivo e non analitico. Tende cio ad esporre il processo cos come appare al soggetto osservante e non come si configura nella sua sostanza. Cfr' T' Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, Chicago, 1962 e 1970; trad' it' La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Come mutano le idee nella scienza, Torino, Einaudi, 1978. tanto sulle istituzioni quanto sugli individui - di un modello, di volta in volta specifico, di amministrazione del sacro (2) o, in modo pi generale, di culto socialmente organizzato delle realt eterne (3) cio di religione. Quest'ultima quindi non analizzata per sapere cosa sia ma, pi realisticamente, per conoscere cosa provoca e a cosa conduce. Essa quindi non interessa che per la sua capacit di entrare in interazione con l'agire sociale degli uomini e le strategie delle istituzioni. Ci non implica nessuna negazione della religione in s (pi o meno come nessuna sociologia del lavoro o della famiglia sottendono l'inconsistenza del lavoro o della famiglia in quanto tali) ma, in modo conforme alla dinamica propria di ogni scienza, comporta la riduzione dell'oggetto a quel particolare aspetto che motiva e giustifica la ricerca (4). Condizione fondamentale di una tale riduzione (2) Questa definizione stata formulata nel 1904 da un allievo di E' Durkheim, Henri Hubert. Essa sufficientemente rappresentativa, nella sua sobriet , del pensiero di un'intera scuola. Cfr' H' Hubert, Introduction a Chantepie de la Saussaye, Manuel d'Histoire des Religions, Parigi, 1904, p' Xlvii. Per un'analisi critica del rapporto tra H' Hubert e H' Durkheim cfr' F.A. Isambert, Le sens du Sacr , Paris, les

d' de Minuit, 1982, pp' 231 e segg'. (3) L' Kolakowski, Religion, London, Fontana, 1982. (4) Cfr' R' Boudon, La logique du social, Paris, Hachette, 1979; trad' it' La logica del sociale, Milano, Mondadori. epistemologica , naturalmente, quella di non scambiare la forma per la sostanza, la decisione metodologica per una riduzione ontologica, il modello per il reale. Lo studio dei riflessi e delle conseguenze sociali della religione non pu non essere di volta in volta circoscritto a delle societ storicamente, oltre che geograficamente e culturalmente, definite. Con il mutare dei contesti sociali anche le analisi sociologiche debbono essere compiute di nuovo. Questa caratteristica indica una peculiarit e rivela un problema: la peculiarit data dall'impossibilit di spiegare qualsiasi fenomeno sociale indipendentemente dalla ricerca concreta ed in virt dei soli assiomi teorici; il problema invece costituito dal rischio di ridurre l'analisi ad una serie di descrizioni monografiche, di fatto inconfrontabili tra loro. Se la prima rinvia alla precisazione ed alla validazione delle diverse tecniche di rilevazione e di analisi dei dati, quantitativi e qualitativi, il secondo richiede una precisazione epistemologica che vale la pena rendere esplicita. In linea generale non si oltrepassa la soglia della specificit di un fenomeno sensibile che ancorandolo a dei principi (di ordine fisico o metafisico) dei quali costituisce il risultato adeguato. Tuttavia questo tipo di soluzione preclusa ai fenomeni sociali in quanto, nella misura in cui prendono in esame la logica e le scelte degli attori individuali, hanno un margine di variazione che rende impossibile l'individuazione di qualsiasi principio, qualsiasi conoscenza di tipo nomologico. Se qualsiasi fenomeno transita attraverso il filtro dell'azione individuale razionale, si tratta molto di pi di comprendere le ragioni sociali di quest'ultima che non di ricercarne le cause che l'hanno prodotta: quest'ultime non avrebbero

senso che nel caso di un'azione forzata o inconsapevole (5). Ora, se questo riconoscimento della libert dell'attore individuale non sfocia nella specificit ed irripetibilit del fenomeno, ma ne permette l'analisi, ci dovuto al suo carattere razionale ed alla sua valenza sociale (6). Ma se questa razionalit socialmente orientata non pu essere decisa da leggi ma solo ricercata e compresa nell'agire concreto dei singoli, la sociologia, ed a maggior ragione la sociologia delle religioni, non pu spiegare il (5) Questo principio dell'analisi sociologica stato messo in luce, negli ultimi anni, dall'opera di R' Boudon. Oltre al gi ricordato La logique du social, vanno menzionati l'introduzione al libro di Georg Simmel Les probl mes de la philosophie de l'histoire, Paris, P.U.F., 1984 e La place du d sordre, Paris, P.U.F., 1984. (6) Cfr' Max Weber, ber einige Kategorien der verstehenden Soziologie in Gesammelte Aufs tze zur Wissenschaftslehre, T bingen, Mohr 1922. Trad. it' Alcune categorie della sociologia comprendente in Il metodo delle scienze storico-sociali, Torino, Einaudi, 1958. fenomeno sociale senza prima avere compreso le riflessioni razionali e socialmente orientate dei singoli attori sociali. Una simile comprensione non si ottiene che portando alla luce gli elementi contestuali - siano questi di ordine materiale o immateriale - che l'hanno resa plausibile. Un simile lavoro interpretativo non pu compiersi senza la costruzione di casi-limite che, estremizzando al massimo forme determinate dell'agire sociale e di processi sociali, permettono di comprendere e di situare il singolo fenomeno sotto osservazione. La costruzione di questi casi-limite costituisce il lavor o di fondo della sociologia in generale e della sociologia delle religioni in particolare, e sono proprio questi a permettere di oltrepassare la soglia delle descrizioni monografiche, passando dal resoconto storico all'interpretazione sociologica (7). (7) R' Boudon, La place du d sordre, trad' it' Il posto del disordine,

Bologna, Il Mulino, 1985. Si giunge cos a parlare di tipi-ideali piuttosto che di postulati, di modelli formali piuttosto che di teorie esplicative. I concetti non possono indicare una sostanza, ma solo dei tipi puri. Dinanzi alla molteplicit di divinit , di culti e di credenze, la sociologia delle religioni non pu operare che tramite tipizzazioni. Il suo compito non di spiegare la nascita di quelle divinit e non di altre; bench non sia impossibile osservare correlazioni tra una determinata organizzazione del pantheon e le forme concrete di organizzazione sociale in quella stessa societ che questo pantheon venera, non qui il compito essenziale di questa disciplina. Il suo vero obiettivo di comprendere le conseguenze di quel particolare tipo di pantheon sulle forme socialmente organizzate di culto e di credenza, l dove quest'ultime non sono tanto la conseguenza diretta del primo, quanto il risultato dell'interazione tra questo stesso pantheon e le situazioni concrete di esistenza sociale, sul piano materiale e immateriale. L'obiettivo ultimo della comprensione dell'azione sociale, come si detto, non motivato da una generale esigenza di spiegare il mondo sociale reale (obiettivo ambizioso e, nei fatti, irraggiungibile), bens da quella di rispondere a delle domande di volta in volta specifiche, interrogandosi cio sui fenomeni sociali concreti (8). La sociologia delle religioni, ed a (8) Ivi, p' 201 e segg'. maggior ragione la sociologia in generale, non pu quindi presentare n un corpo di principi assiomatici n un insieme di leggi estrapolate dalle ricerche particolari. Essa allora, e in primo luogo, una metodologia della ricerca, dove postulati e modelli non hanno valore in quanto tali, ma solo potenzialit euristiche. Inoltre questa disciplina costituisce un insieme organico di riflessioni e di ricerche il cui contributo decisivo nella comprensione dei fenomeni sociali di volta in volta indagati. Infine, essa la traduttrice e l'interprete scientificamente pi accreditata per leggere il presente sociale senza imboccare le rapide

scorciatoie del senso comune o dell'ideologia. La sociologia delle religioni non fornisce i principi scientifici dell'agire religioso, n le leggi di nascita e declino delle religioni storiche; ancora di meno essa in grado di distinguere tra religioni vere e religioni false. Se vero che un avvenimento mai verificatosi, allorch creduto realmente accaduto, reale nelle sue conseguenze (9), la sociologia delle religioni, interessandosi alle articolazioni e alle conseguenze dell'agire religioso, cade al di l del problema della veridicit o meno della rivelazione originaria, essa la accetta implicitamente nella misura in cui i soggetti agenti la credono reale e vi prestano fede. Scoprendo nell'agire religioso una doppia contingenza sociale nell'affermazione e nelle conseguenze delle credenze religiose - questa (9) Ci si vuole qui riferire al famoso teorema di W.I. Thomas sul quale si particolarmente soffermato Robert Merton in Social Theory and Social Structure, trad' it' Teoria e struttura sociale, Bologna, Il Mulino, 1959 e 1970, vol' Ii, p' 765 e segg'. disciplina tanto interessata a cristallizzare le forme di questa contingenza quanto a studiarle nel loro incessante trasformarsi e ricostituirsi. Ma queste precisazioni epistemologiche sarebbero ancora insufficienti a definire la disciplina se non si facesse cenno al conflitto che, implicitamente, la caratterizza. Questo conflitto si sviluppato tanto nei rapporti con le istituzioni religiose, le quali non possono accettare che con difficolt l'essere oggetto di studio non teologico, quanto con la temperie culturale moderna, che non pu accettare l'idea di elevare a dignit scientifica lo studio di un fenomeno ritenuto irrazionale e residuale. Di questi due conflitti, a distanza di circa centocinquant'anni dalle prime riflessioni sparse e di circa un secolo dalle prime analisi organiche, il secondo , sicuramente, il pi duro a scomparire (10). Studiando l'agire religioso la sociologia mette implicitamente in discussione il paradigma fondamentale sul quale si

edificata la societ moderna come mito culturale: quello di una progressiva e ineluttabile scomparsa del sacro dal campo dell'agire razionale dei singoli cos come da quello delle strategie delle istituzioni. Una simile architettura (10) Cfr' Jean S guy, Panorama des Sciences des Religions in H' Desroche, J' S guy, Introduction aux sciences humaines des religions, Paris, Ed' Cujas, 1970. disciplinare, fondata su modelli formali e non su leggi, costantemente allo studio delle evoluzioni concrete dell'agire religioso nel contesto delle societ contemporanee, non pu essere resa esplicita che mostrando tanto gli sviluppi storici della disciplina, quanto i principali modelli interpretativi che si sono venuti formando, nonch le problematiche emergenti che attualmente attirano l'interesse degli studiosi. Una tale strada permette di comprendere l'articolazione dei paragrafi successivi. Nel primo sar presentato l'ambito problematico nel quale si formata la domanda di uno studio sociologico del fenomeno religioso. Nel secondo paragrafo saranno presentati i principali concetti ermeneutici della sociologia delle religioni, cos come sono stati elaborati da Max Weber e correntemente usati da quanti fanno riferimento all'opera del professore di Heidelberg. Nel terzo saranno esposte le principali riflessioni effettuate sul paradigma fondamentale della sociologia delle religioni: quello degli aggiustamenti e delle ricomposizioni del fenomeno religioso derivanti dall'operare di questo nel contesto della societ moderna. Quest'articolazione, che parte dalla scoperta del sacro come problema per giungere all'analisi dei rapporti tra sacro e societ moderna, non scelta a caso ma vuole testimoniare la stretta correlazione che sussiste tra questa disciplina e il divenire del mondo moderno. questa correlazione che, probabilmente, definisce l'aspetto eccezionale della disciplina: la costante attualit delle sue analisi. Nulla, nell'ambito della sociologia delle religioni, pu essere archiviato come definitivo: dagli studi di Mauss sul sacrificio a

quelli di Weber sul carisma, dalle riflessioni di Durkheim sulla divinizzazione della societ laica agli studi di Troeltsch sulle dottrine sociali delle Chiese, non c' frase di questi autori che possa permettere di dichiarare esaurito lo studio dei fenomeni di volta in volta indagati; tutto invita allo studio, spinge alla lettura ed a tentativi sempre migliori di comprensione. Del resto la posta in gioco alta. Dietro l'analisi del sacro in discussione l'identit stessa della societ moderna e con essa il vacillare delle ideologie che, fino ad oggi, l'hanno riassunta e legittimata. Sacro e societ moderna Lo studio non teologico dei fatti religiosi e l'idea stessa di una scienza delle religioni hanno le loro radici tanto negli studi storici sulle origini del cristianesimo e dei dogmi, maturate in seno alla controversia tra cattolici e protestanti, quanto nei resoconti etnografici provenienti da quanti erano impegnati nel Nuovo Mondo, in particolare i padri missionari. Si era dinanzi, come stato fatto notare (11), a ricerche mosse da preoccupazioni teologiche; si trattava di fondare la priorit storica della religione ebraica e la (11) Cfr' H'-C' Puech, P' Vignaux, Les sciences religieuses en France, pubblicato nel 1937 dall'editore Hartmann e riedito di recente in Introduction aux sciences humaines des religions, op' cit', pp' 9-36. trascendenza della verit cristiana. La messe di studi storici e di resoconti etnografici costituisce tuttavia il retroterra essenziale affinch le scienze sociali in generale, e la sociologia delle religioni in particolare, potessero svilupparsi. Il passaggio della religione da oggetto di descrizione etno-antropologica a referente della riflessione sociologica, non fu tuttavia il semplice effetto dell'accumularsi dei dati nelle biblioteche francesi e inglesi. Occorreva che degli eventi storici si producessero affinch la dimensione religiosa potesse essere qualcosa di pi che l'oggetto della pura curiosit scientifica. Questi eventi sono, ad un tempo, politici, economici e culturali, e la loro affermazione

rivela la nascita di una formazione sociale storicamente inedita: la societ moderna. Per quanto sia possibile rinvenire, nell'affermarsi del mondo moderno, elementi di un processo di lungo periodo presenti fin dal Rinascimento, difficile sottovalutare l'emergere, nel corso del Xix secolo, di una frattura con il linguaggio e gli orizzonti culturali che, fino a qualche decennio prima, avevano caratterizzato lo spirito dell'epoca. Il teologo e sociologo delle religioni tedesco Ernst Troeltsch (1865-1923) definisce l'essenza dello spirito moderno attraverso l'intrecciarsi di diversi aspetti (12). L'affermarsi imponente dell'idea dello Stato, con i conseguenti correlati di razionalizzazione e di individualizzazione, e l'ergersi della forma capitalistica d'impresa, con il relativo accrescersi del senso del profitto e del materialismo pratico, si intrecciano tra loro. Ne scaturisce un ottimismo permanente sulle possibilit dell'uomo guidato dallo sviluppo razionale che si giustappone all'individualismo politico proveniente dalle acquistate libert democratiche. Questi elementi della modernit erano noti anche ai primi studiosi della societ moderna, anche se non con la complessit e le tensioni interne che saranno chiare ai primi del novecento. Per Auguste Comte (12) Cfr' E' Troeltsch, Das Wesen des modernen Geistes, T bingen 1925, trad' it' in L'essenza del mondo moderno, Napoli, Bibliopolis, 1977, pp' 125-174. (1798-1857), Alexis de Tocqueville (1805-1859) e Karl Marx (1818-1883) la societ moderna si caratterizza per degli elementi di volta in volta diversi: la scienza, la democrazia, i rapporti economici di produzione. L'accostamento non stupisca: tutti e tre gli autori si imbattono nel fenomeno religioso dandogli, di volta in volta, un peso ed un ruolo diversi. Per tutti il problema costituito dall'esigenza di definire gli elementi essenziali della societ moderna e comprenderne gli eventuali sviluppi. Diversamente influenzati dalla evoluzione delle scienze

fisico-sperimentali, tutti e tre questi autori, sebbene situati in contesti diversi e senza alcun contatto tra di loro, si imbatteranno nel problema della coesione sociale e del divario tra un'indipendenza politica formalmente garantita e una dipendenza sociale reale (13). La societ democratica - tanto in Marx quanto in Tocqueville - appare dominata dall'individualismo, sopra al quale veglia uno Stato sempre pi efficace e pervasivo nel proprio dominio. Entrambi vedono nella solidariet dei corpi intermedi (associazioni e partiti) le uniche forme di coesione sociale possibili in una societ segmentata e intimamente conflittuale. Per Tocqueville, allievo di Montesquieu, il rischio della mancata coesione sociale (13) Per un'analisi del pensiero di questi autori cfr' R' Aron, Les tapes de la pens e sociologique, Paris, Gallimard, 1967. Trad. it' Le tappe del pensiero sociologico, Milano, Mondadori, 1972. direttamente collegato all'assenza di valori e, in particolare, di valori religiosi (14). Per lui, come per il proprio maestro, la societ democratica irrealizzabile se non sorretta da un'etica che a sua volta non pu riposare su se stessa, ma deve ancorarsi ad una tradizione religiosa. Anche per Comte la costituenda societ positiva non ha possibilit di svilupparsi senza una fede condivisa. Il laicismo dell'autore del Corso di filosofia positiva gli impedisce di fondare tale fede sulla rivelazione di un Dio trascendente; nella sua visione (14) Cfr' Alexis de Tocqueville, De la D mocratie en Am rique, Paris, G nin, 1951, Libro I, parte Ii, cap' Ix, pp' 440-443. radicale l'oggetto di fede non pu essere che l'umanit stessa. Il culto del Grande Essere l'unico antidoto che Comte individua per una societ che pu definire i principi di funzionamento delle organizzazioni ma non la rete di valori che debbono sottenderle (15). Solo per Marx la coesione religiosa non essenziale, anzi mistificatoria in quanto occulta i conflitti reali. Ma questo avviene come noto - al prezzo di una filosofia della storia che , essa

stessa, l'incarnazione delle promesse di liberazione e di realizzazione concreta dell'uomo. Accanto a questa (15) Cfr' A' Comte, Syst me de politique positive, Paris, 1929, Tomo Ii e Iv. filosofia dell'emancipazione, la solidariet della classe oppressa, la sua genuina fratellanza, fondata sul riconoscimento di un progetto comune di liberazione, cementer la futura societ senza classi. C' in questi tre autori - uno solo dei quali, A' Comte, si definir sociologo - la comune convinzione circa l'insufficienza della societ moderna a garantire coesione e solidariet . Accanto alla critica dell'individualismo illuminista, dove il singolo la cellula essenziale tanto della societ politica quanto dell'economia di mercato, si segnala non solo l'indispensabilit dei valori morali, ma anche la necessit di ancorarli ad una dimensione metaindividuale, collettiva. L'autosufficienza della societ moderna rispetto ai valori religiosi , oramai, sempre pi problematica. Ma se il sacro ineliminabile dalla societ moderna, se esso vi svolge funzioni indispensabili di coesione e di solidariet , se la societ moderna non pu contare sulla propria autosufficienza normativa, si apre allora il problema di analizzare il senso ed il significato delle credenze religiose. Dal momento in cui queste non occupano pi una funzione residuale, destinata ad un sempre maggiore declino, occorre non solo precisarne forme e contenuti, ma anche e soprattutto interrogarsi sulle loro modalit di esistenza in seno ad una societ che tende a confinarle ai margini e che permane massivamente secolarizzata. Si tratta, in altri termini, di restituire al sacro la sua indispensabilit sociale, da un lato, e la sua razionalit intrinseca dall'altro. Sacro e coesione sociale Sar Emile Durkheim (1858-1917) che, fatta propria l'epistemologia comtiana, si applicher ad illustrare i tre principali assiomi della sociologia delle religioni: il carattere sociale (cio collettivo, comunitario) della credenza religiosa, la sua plausibilit logica, la sua

indispensabilit al funzionamento di ogni societ storica. Il sacro si impone all'individuo come un fatto esterno che questi non pu negare. Esso, al pari delle regole morali che ne scaturiscono, - ma anche delle leggi, dei costumi e delle tradizioni - preesiste all'individuo come, del resto, la societ stessa (16). L'origine del sacro, contrariamente a quanto ritenuto dal pensiero illuminista, non individuale ma trascende l'individuo stesso e, proprio per il fatto di imporsi a quest'ultimo, gli superiore. L'esteriorit del sacro e il carattere obbligatorio delle norme e delle pratiche che esso impone ai singoli sarebbero impensabili qualora il sacro non esprimesse un'autorit propria, superiore a quella degli individui. Ma, - scrive Durkheim - se ci si preclude di oltrepassare l'ambito dell'esperienza, non c' potenza morale al di sopra dell'individuo, salvo quella del gruppo al quale appartiene. Nell'ambito della conoscenza empirica, il solo essere pensante che sia superiore all'individuo la (16) Pi precisamente Durkheim ravvisa nella dimensione religiosa uno dei tanti fatti sociali che preesistono all'individuo stesso e che, in tal senso, permangono esterni e coercitivi rispetto a quest'ultimo. Cfr' Les r gles de la m thode sociologique, Paris, P.U.F., 1937-1981. Trad' it' Le regole del metodo sociologico, Milano, Comunit , 1963. societ (17). Questo sacro esterno e coercitivo, che si annuncia attraverso una divisione radicale in rapporto al profano, cos come si manifesta attraverso una serie di credenze e di pratiche, non pu essere n irrazionale, n irragionevole. Contrariamente a quanto spesso ritenuto, non si dinanzi ad un (17) E' Durkheim, De la d finition des ph nom nes religieux in Journal Sociologique, Paris, P.U.F., 1969, vol' Ii, pp' 140-165. frutto dell'ignoranza e della superstizione, bens si di fronte all'esperienza reale di stati d'animo collettivi. La forza religiosa scrive Durkheim - non che il

sentimento che la collettivit ispira ai propri componenti, proiettato al di fuori delle coscienze che lo sperimentano e lo rendono oggettivo. Per oggettivarlo, questo sentimento si fissa su di un oggetto che diviene, in tal senso, sacro (18). L'esperienza di una tale forza , pertanto, qualcosa di radicalmente diverso dal processo di ascolto interiore conseguente ad una ricerca di senso del tutto individuale: ben lontana (18) E' Durkheim, Les formes l mentaires de la vie religieuse, Paris, P.U.F' 1968-1979, p' 327. Trad' it' Le forme elementari della vita religiosa, Milano, Comunit , 1963. dall'essere la risultante di una riflessione dell'individuo, la forza della societ si esperimenta nei momenti di grande esaltazione collettiva. La sociologia religiosa di Durkheim affonda le proprie radici in un'antropologia della festa che il luogo ed il tempo in cui questa forza della collettivit si rende visibile (19). noto il debito di Durkheim verso il lavoro degli antropologi inglesi e, in particolare, di Robertson Smith (1846-1894) (20). Nell'opera di quest'antropologo sono reperibili gi alcuni elementi che verranno (19) Cfr' il lavoro di F.A' Isambert, Le sens du sacr . F te et religion populaire, op' cit'. (20) Ci si vuole qui riferire, in particolare, alle Lectures on the Religion of the Semities, Edinburgh 1989 (cfr' la gi citata opera di F.A. Isambert). Una presentazione dell'opera di quest'autore la si pu rintracciare in T.O. Beidelmann, W' Robertson Smith and the Sociology Study of Religion, Chicago-London 1974. Per l'Italia si pu invece fare riferimento all'opera di Giovanni Filoramo Religione e ragione tra ottocento e novecento, Bari, Laterza, 1985, pp' 90-95. successivamente fatti propri da Durkheim. Il primo di questi costituito dalla predominanza storica dell'elemento rituale sulle credenze in quanto tali: l'insieme dei riti raggiunge una complessit ed un'articolazione notevoli quando le seconde sono ancora ad un livello relativamente semplice. La precedenza dei riti sulle credenze dovuta alla

funzione regolativa che questi finiscono con l'assumere nei confronti della vita sociale del gruppo. Il secondo di questi elementi costituito dall'importanza attribuita al ruolo di rinforzo dei legami sociali che la credenza religiosa, di fatto, contribuisce ad assicurare in modo definitivo. Il terzo elemento costituito dall'individuazione del sacrificio come istituzione religiosa fondamentale nella quale la riassicurazione dei vincoli di gruppo si rivela come la funzione decisiva delle credenze e delle pratiche religiose (21). (21) Sui riflessi nella scuola durkheimiana della teoria di Robertson Smith sul sacrificio cfr' la prefazione di Marcel Mauss in H' Hubert, M' Mauss ( ds') M langes d'histoire des religions, Paris, 1909; in seguito ripubblicata in M' Mauss, Oeuvres, Paris, les d' de Minuit, 1968-1969, vol' I. Se Durkheim e la sua scuola hanno fatto proprie molte delle affermazioni degli antropologi in quanto sia gli uni che gli altri avevano finito con il fare proprio implicitamente un paradigma che, pi tardi, sar definito funzionalista. La religione, la cui funzione di coesione sociale appare indubbia, ha nella societ il proprio punto di partenza ed il proprio termine di arrivo. La religione appare come il prodotto pi alto del sentimento di solidariet sociale che anima la comunit e, nel contempo, come il pi sicuro garante della sua autoriproduzione. Questo apparire non esclude certo qualcos'altro. Nella definizione originaria, l'attenersi alle sole manifestazioni visibili del fenomeno in quanto le uniche osservabili appare come un semplice, bench essenziale, principio di metodo. Ma il problema dell'analisi durkheimiana consiste proprio nello scivolare dalla forma al contenuto, dal fenomeno all'essenza. Questo sacro che permea la solidariet del gruppo finisce con l'esaurirsi in questa funzione di garanzia e di riassicurazione del legame sociale. L'esaltazione della collettivit stessa, attraverso la sua proiezione nell'oggetto di culto, diviene la vera sostanza di ogni fenomeno religioso. Ora, proprio nella

misura in cui il sacro non che la messa sotto garanzia trascendente dei principi di legittimazione e di coesione sociale, ogni contenuto viene, di fatto, squalificato in quanto non pi osservato per se stesso, cio nella sua sostanza, bens per la societ storica che legittima, cio per la sua funzione. proprio quest'indispensabilit della funzione assicurata rispetto al contenuto reale che permette a Durkheim - in questo perfetto erede di Comte - di sostituire la sacralit trascendente con una sacralit laica, senza che ci ponga problema. Soggiacente a questo percorso un'impostazione metodologica propria a tutta la sociologia in generale, che Durkheim stesso teorizza in forma esplicita e che tuttavia gi presente nell'opera dei sociologi che l'avevano preceduto. Quest'impostazione, fondata sulla logica stringente del pensiero positivo, spinge ad estromettere dallo studio del sacro ogni analisi che possa fare riferimento a contenuti socialmente condivisi. L'esperienza del sacro non riabilitata che nel momento magmatico dell'emozione collettiva, in alcun modo essa analizzata per i valori ed il contenuto delle norme che veicola. Dalla spiegazione alla comprensione Per uscire dalle difficolt dell'analisi durkheimiana occorre farsi carico proprio di quella dimensione del fenomeno che Durkheim tende ad obliterare. Se nelle Forme elementari della vita religiosa, questi vuole pervenire, attraverso lo studio del fenomeno religioso nelle societ semplici, ad una definizione del sacro valida per tutti i luoghi e per tutte le epoche - definizione che per essere transculturale non pu che limitarsi alla funzione elementare del sacro stesso indipendentemente dai contenuti (22) - del tutto diverso il problema per Max Weber (1864-1920). Per quest'ultimo si tratta meno di spiegare il funzionamento delle societ che di comprendere l'agire sociale degli individui in contesti storicamente determinati. Pi che reperire il concetto universale del sacro ancorandolo alla funzione permanente che assicura, si tratta di

comprendere l'agire religioso inteso come agire sociale razionale (23). Una simile attenzione sarebbe ingiustificata se non si aggiungesse che, per Weber, l'agire logico dotato (22) Cfr' F.A. Isambert, Le sens du sacr , op' cit', parte Iii. (23) Cfr' Max Weber, Wirtschaft und Gesellschaft, Mohr, T bingen, 1922. Vol' Ii. Trad' it' Economia e societ , ed' Comunit , Milano, 1960, vol' Ii. di senso che gli individui realizzano, una volta fatte proprie le credenze religiose cui fanno riferimento, non si esaurisce affatto nel semplice rafforzarsi della solidariet ma d luogo ad azioni sociali specifiche. La comprensione dell'atto religioso non diretta a portare alla luce lo strato privato ed interiore dell'esperienza religiosa, ci che vuole chiarire la razionalit soggettiva del comportamento religioso e le sue conseguenze sul piano oggettivo. Bench irrelata al contesto socio-economico di ogni epoca e di ogni societ specifica, l'azione religiosa appare relativamente autonoma: ...per quanto profondi siano stati nei singoli casi gli impulsi sociali, economicamente e politicamente condizionati, su di un'etica religiosa, questa tuttavia ha ricevuto la sua impronta primaria da fonti religiose. Innanzitutto dal contenuto del suo proclama e della sua promessa (24). Annuncio e speranza non sono quindi deducibili dal contesto sociale ma hanno una dinamica e una forza proprie. La sede di questa forza specifica risiede nel carisma. Il carisma, e quel portatore specifico di carisma che il profeta (entrambi inconcepibili nello schema esplicativo durkheimiano) esercitano nella sociologia weberiana un ruolo decisivo. Il carisma pu significare due cose: esso pu indicare - ed (24) G' Filoramo, op' cit', p' 177. soltanto in questo caso che merita pienamente tale nome - un dono prettamente inerente all'oggetto o alla persona che lo possiede per natura, senza possibilit alcuna di acquisizione; oppure pu essere artificialmente procurato all'oggetto o alla persona in virt di qualche mezzo senz'altro straordinario (25). Weber non entra nella questione dell'esistenza o meno di una forza

trascendente all'origine del carisma stesso: la sociologia, come qualsiasi altra scienza, non pu , n sa andare oltre lo scenario degli avvenimenti immanenti, concretamente percepiti ed empiricamente rilevati. Ma quest'ostacolo costituisce, per Weber, un problema minore di quanto non accadesse per Durkheim. Infatti, (25) Max Weber, Economia e Societ , op' cit', vol' Ii, p' 106. mentre per quest'ultimo la credenza in forze soprannaturali , alla fine delle sue analisi, ridotta alla trasfigurazione sociale dell'autorit emanante dalla societ stessa, per il primo non solo la credenza religiosa , in s , razionale, ma inoltre alla base di una serie di azioni non riconducibili alla loro funzione sociale indiretta. Il sorgere di potenze soprasensibili, la nascita dell'azione simbolica e quella del servizio divino - solo per citare alcuni esempi - non sono riducibili ad alcun adempimento funzionale nei confronti della societ esterna. Il peso del fattore religioso tale da costituire uno dei principali elementi di quel processo di razionalizzazione che, investendo i diversi campi dell'agire sociale, ha sancito la specificit dell'occidente rispetto agli altri processi di civilizzazione (26). Ed sempre all'evoluzione del tessuto religioso, cio ai contenuti specifici delle credenze ebraico-cristiane, che si deve quel processo di disincantamento del mondo in cui il sacro cessa di abitare il quotidiano sotto forma di spiriti e potenze da manipolare con atti magici, per volgersi ad una metodica razionalizzazione delle forme di esistenza in relazione ad una trascendenza radicale di Dio (27). Il processo di razionalizzazione ha rilevato a proprio vantaggio la metodica razionale occultandone le radici religiose. Gli studi weberiani sul rapporto tra l'etica del tardo-calvinismo e lo sviluppo di (26) Ivi, vol' Ii, cap' V, 12, p' 290 e segg'. (27) Su questo aspetto della sociologia weberiana ha insistito, tra gli altri P' Berger. Cfr' la sua opera The Sacred Canopy. Elements of a Sociological Theory of Religion, Garden City, New York, Doubleday,

1969. quello che egli definisce - in forma idealtipica - lo spirito del capitalismo, hanno goduto di un successo anche al di l della cerchia degli studiosi (28). Tuttavia di questi lavori non va ritenuta tanto la prospettiva antimarxiana che attribuisce a dei fattori extraeconomici (l'etica religiosa) lo sviluppo di quella rete di valori funzionale allo sviluppo di una formazione economica storicamente data (28) Cfr' Philippe Besnard, Protestantisme et Capitalisme: la controverse post-web rienne, Paris, A' Colin, 1970. (il capitalismo) la quale, altrimenti, ben difficilmente avrebbe visto la luce (29). Ci che risulta essenziale allo sviluppo della sociologia delle religioni tanto l'attenzione posta sull'agire razionale religiosamente orientato, quanto il contributo che la religione ebraico-cristiana ha dato al processo di razionalizzazione in occidente. importante segnalare come l'analisi weberiana sul ruolo dell'agire religioso dell'etica protestante sfoci in un'analisi sul divenire della societ moderna. In primo luogo Weber convinto che quella metodica razionale di vita che (29) Cfr' Max Weber, Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus, T bingen, Mohr 1922. Trad' it' L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Firenze, Sansoni, 1965, pp' 307-308. l'etica religiosa ha formato, e che tanto ha contribuito a liberare l'uomo e il mondo dalla magia, ormai indipendente da qualsiasi messaggio religioso e si afferma autonomamente in virt del suo solo successo pratico. Il Puritano volle essere un professionista, noi dobbiamo esserlo... Mentre l'ascesi imprendeva a trasformare il mondo e ad operare nel mondo, i beni esteriori di questo mondo acquistarono una forza sempre pi grande nella storia. Oggi lo spirito dell'ascesi sparito, chiss se per sempre, da questa gabbia. Il capitalismo vittorioso in ogni caso, da che posa su di un fondamento meccanico, non ha pi bisogno del suo aiuto. Sembra impallidire per sempre anche il roseo stato d'animo del suo

sorridente erede: l'Illuminismo, e come un fantasma di concetti religiosi che furono, si aggira nella nostra vita il pensiero del dovere professionale (30). Il mondo demagificato o disincantato anche un mondo senza etica religiosa. Ma Weber troppo cosciente dell'autonomia dell'azione umana per attribuire a questa stessa congiuntura un carattere definitivo. In molti passaggi delle sue opere, Weber lascia aperta la possibilit di un nuovo risveglio religioso, situato nel cuore stesso della societ moderna nella misura in cui questa stessa societ si svuota progressivamente di significato e di (30) Ivi, pp' 304-305. speranza (31). Qualsiasi rinascita di un'etica religiosa resta quindi strettamente collegata ad una crisi del modello societario contemporaneo. Per Weber resta chiara l'inconciliabilit di fondo tra religione e ragione nel cuore della razionalit moderna. Ernst Troeltsch (1865-1923), collega ed amico di Weber, riprender il tema centrale del ruolo sociale delle religioni nello sviluppo della societ occidentale. Come Weber, Troeltsch vuole implicitamente fare i conti con la teoria marxiana dei fenomeni culturali intesi come effetti secondari dei rapporti materiali di produzione. Fino a che punto - si chiede Troeltsch - l'origine, lo sviluppo, il mutamento e la moderna (31) Cfr' Jean S guy, Rationalisation, modernit et avenir de la religion chez Max Weber, in Archives de Sciences Sociales des Religions, 61 1, janvier-mars 1986, pp' 127-138. stasi del cristianesimo sono socialmente condizionati e fino a che punto lo stesso cristianesimo un principio sociologico attivo e formatore? (32). Nel corso della sua opera principale: Le dottrine sociali delle Chiese e dei gruppi cristiani (33) (1912) Troeltsch ammette e riconosce entrambi i fattori. Da un lato le societ storiche hanno un peso enorme sull'evoluzione delle credenze e delle pratiche religiose. Esse giungono, attraverso l'organizzazione materiale dell'esistenza, a introdurre (32) E' Troeltsch, Meine B cher, in

Gesammelte Schriften, vol' Iv/1, Aalen 1966, p' 11, citato in G' Filoramo, op' cit', p' 188. (33) E' Troeltsch, Die Soziallehren der christlichen Kirchen und Gruppen, T bingen, Mohr 1923. Trad' it' Le dottrine sociali delle Chiese e dei gruppi cristiani, Firenze, La Nuova Italia, 1960. condizionamenti negli stessi principi etici e nelle intuizioni religiose e metafisiche del mondo (34). Occorre fare sempre pi attenzione a questo tipo di legami se si vuole comprendere l'importanza della religione come potenza pratica della vita. Ma dall'altro lato occorre pur riconoscere, in primo luogo, il carattere mediato di questi condizionamenti, in quanto economia e (34) E' Troeltsch, Religion, Wirtschaft und Gesellschaft, in Gesammlte Schriften, citato in P' Rossi (a cura di) Lo storicismo contemporaneo, Torino, Loescher, 1968, p' 168. religione si presentano, comunque, come due piani diversi - quando non addirittura come due mondi distinti dell'esistenza sociale. Di conseguenza l'influenza dell'economia sulle forme di vita religiosa, non potendo non risentire della specificit di quest'ultima, non pu prefigurarsi come diretta, n scontata. Le forme specifiche di dipendenza e di influenza vanno studiate nei contesti storici particolari, tenendo comunque presente la reversibilit del fenomeno e quindi l'influenza dell'ideale religioso sulla prassi economica. In secondo luogo - ed qui l'elemento decisivo dell'autonomia della religione - i punti chiave, gli snodi fondamentali, i principi centrali, cos come vengono espressi e vissuti dai grandi fondatori o riformatori delle religioni storiche, sono sostanzialmente indipendenti, tanto dai conflitti di classe dell'epoca, quanto dalle logiche di interesse che motivano i diversi gruppi sociali. L'autonomia degli annunci e delle promesse originarie fa della sfera religiosa non solo un elemento autonomo, ma anche una fonte innovativa di vita sociale, un principio primo capace di influenzare, attraverso l'agire concreto delle comunit religiose, le diverse societ

storiche. Quest'autonomia del pensiero religioso decisiva nel fondare l'indagine. Negato come semplice riflesso delle condizioni di esistenza sociale, il cristianesimo - perch Troeltsch , in primo luogo, un teologo della religione cristiana - diviene un elemento costitutivo della societ occidentale. Da qui il primo interrogativo: in che misura l'insegnamento sociale impartito dalle chiese e dai gruppi cristiani ha contribuito alla formazione del mondo moderno? E non si tratta solo di una preoccupazione storica, accanto a questa costantemente presente l'interrogativo sociologico: in che misura queste idee sono il risultato di situazioni sociali storicamente date? Troeltsch distingue nettamente l'annuncio originario dato da personalit carismatiche ed il suo successivo affermarsi nel mondo storico. Occorre fare i conti osserva Jean S guy - con le accidentalit storiche, le resistenze degli uomini e le pressioni della societ (35). L'idea religiosa diventa fermento di vita sociale e di cultura in quanto non resta solo un testo di credenze e precetti, ma viene interiorizzata nel cuore degli individui. Come elemento fatto proprio dalla vita sociale, la religione cristiana d vita a dei contenuti di volta in volta specifici. Tuttavia l'idea originaria non mai intaccata e le forme, socialmente condizionate, attraverso le quali si esprime, non costituiscono dei tradimenti dello spirito originario, ma altrettanti modi di traduzione di questo nell'ambito delle societ storiche. Quest'assolutezza dell'idea originaria, questo suo permanere al di (35) J' S guy, E' Troeltsch et ses Soziallehren in Archives de Sociologie des Religions, n' 11, 1961, p' 9. sopra della mischia, rovescia completamente le tesi sulla crisi del sacro nella societ moderna. Quest'ultima non pu mai arrivare a liquidare il messaggio originario, in essa si affermer invece un nuovo modello di attuazione. La storia ne ha gi conosciuti molti. L'insegnamento evangelico, il cristianesimo paolino,

le prime comunit cristiane, costituiscono altrettanti modelli prodottisi non in conseguenza di un'alterazione del messaggio originario, bens dall'affermarsi di questo in contesti sociali specifici. Cos il cattolicesimo medievale, ad esempio, il frutto di una civilt unitaria dove Chiesa e Stato si sovrappongono senza tuttavia confondersi. Con il declino della civilt medievale si affermano altri modelli, soprattutto in campo protestante. Luteranesimo e calvinismo sono alla base di dottrine sociali specifiche il cui asse risiede, in primo luogo, sulla centralit della vocazione professionale. L'epoca dei Lumi, dando vita alla democrazia borghese e capitalista, inaugura una nuova formazione sociale dinanzi alla quale tuttavia Troeltsch si arresta: le forme e i modelli religiosi che scaturiranno dall'interazione con il mondo moderno sono tutti da definire. Troeltsch, cosciente dell'inizio di un nuovo mondo, sa che gli strumenti teorici e metodologici approntati lungo lo studio di diciassette secoli di vita cristiana non gli consentono, nell'immediato, di tracciare l'analisi di una societ storicamente inedita (36). Ma la lunga analisi di Troeltsch sulle dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristiani non solo una ricostruzione ed un'analisi dell'affermarsi, nella storia dell'Occidente, dei principi sociali cristiani. Essa anche l'esplicitazione di tre formazioni religiose che l'annuncio cristiano finisce con il produrre: la Chiesa, la setta e la mistica. Si tratta di tre tipi ideali, cio di concetti ermeneutici, spinti verso un'accentuazione degli elementi differenziatori. La Chiesa un'istituzione divina aperta a tutti, sempre tesa all'annuncio, e quindi attenta all'evangelizzazione pi che alla perfezione spirituale dei fedeli. (36) E' Troeltsch, Le dottrine sociali, op' cit', p' 681 e segg'. Propria del tipo-chiesa l'apertura alla cultura del mondo, che vuole penetrare informandola del proprio messaggio. Diversa l'attitudine della setta religiosa: questa un gruppo volontario di credenti,

desiderosi di una maggiore intensit religiosa e, in tale prospettiva, volti a tracciare un solco tra l'interno e l'esterno, tra gli appartenenti eletti e gli estranei potenzialmente nemici. La mistica , a sua volta, l'interiorizzazione del patrimonio di idee consolidatesi nel culto, in funzione di un possesso permanente, personale e interiore (37). I risultati del lavoro di Troeltsch sono molteplici. Non solo ha trasmesso (37) Ivi, pp' 683-685. una serie di tipologie formali di grande utilit euristica, ma ha contribuito notevolmente a spezzare il circolo delle dispute confessionali. In effetti - scrive Jean S guy - ogni Chiesa presume di essere l'unica Chiesa possibile e vede molte sette attorno a s . Parimenti ogni setta si crede anch'essa l'unica Chiesa possibile e non conosce, al di fuori di s , che delle sinagoghe di Satana. I modelli idealtipici di Troeltsch hanno contribuito a disinnescare alcuni di questi termini dal loro contenuto esplosivo (38). A questo va aggiunto come questi stessi modelli idealtipici contribuiscano a scoprire la tensione insita in ogni formazione religiosa. In effetti la tipologia di Troeltsch non chiude i (38) J' S guy, E' Troeltsch et ses Soziallehren, art' cit', p' 12. confini tra un tipo e l'altro: elementi settari possono svilupparsi all'interno di una Chiesa, mentre il modello mistico pu prodursi tanto all'interno quanto all'esterno sia della Chiesa che della setta. Il prevalere di un modello sull'altro rinvia alle determinanti dei singoli contesti socio-storici. Con Weber e Troeltsch si giunge all'irriducibilit del fenomeno religioso alle pure funzioni sociali di coesione e di legittimazione. Esiste per entrambi la possibilit di un'autonomia del religioso all'interno dei diversi contesti sociali. Tuttavia nessuno di questi autori vuole o pu pervenire ad indicare una qualsiasi essenza, trans-storica e trans-culturale, del sacro. Se questo dotato di autonomia, quest'ultima non pu essere colta che nell'intreccio con i contesti sociali concreti; in nessun modo possibile,

restando nell'ambito della sociologia, pervenire alla definizione di essenze di qualsiasi tipo. Se ci chiaro per l'indifferente Weber non cos per il credente Troeltsch che vive interamente, e con un rigore degno ancor oggi del pi alto rispetto, il dramma di un tentativo appassionato di reperire l'essenza del cristianesimo all'interno di un'indagine non teologica. La scienza, della quale Troeltsch non vuole privare la sua religione, finisce con il privare quest'ultima della sua plausibilit scientifica (39). Se la ricerca sociologica non ha privato Troeltsch della sua fede perch quest'ultima (39) J' S guy, Christianisme et soci t . Introduction la sociologie de Ernst Troeltsch, Paris, Ed' du Cerf, 1980, p' 322. appartiene all'ambito dell'azione, dove le ragioni della ragione non sono sufficienti per essere ragione di vita (40). L'analisi scientifica dei fenomeni religiosi non pu fornire che verit storiche, in nessun modo essa pu confermare (o invalidare) principi o valori assoluti. Ci non depone per una squalifica dei principi religiosi, quanto per una separazione tra la plausibilit della fede religiosa e la razionalit dell'analisi positiva. Questa separazione implica l'impossibilit , per ciascuno dei due termini, di pervenire singolarmente ad un'analisi completa ed esauriente del reale. Il ritrarsi della religione (40) Ivi, p' 324. dagli ambiti della scienza non pu non essere seguito dal ritrarsi di quest'ultima dagli ambiti della fede. La rinuncia a spiegare i fenomeni religiosi per ricercare invece una comprensione di questi, lascia trasparire la reciproca irriducibilit delle aree. Dalla comprensione all'esperienza L'opporre la comprensione dell'agire religioso alla spiegazione dei fenomeni religiosi non tuttavia un presupposto della sola sociologia weberiana, n Troeltsch ne costituisce l'unico continuatore. Se questi due sociologi hanno, in forma pi o meno esplicita, abbandonato qualsiasi tentativo di pervenire alla definizione dell'essenza del sacro, non cos stato per la tradizione

fenomenologica che ha in Rudolf Otto (1869-1937) uno dei suoi primi esponenti. Il sacro, per Otto, situato nel profondo dell'esperienza umana, esso un a priori che si rivela attraverso l'esperienza interiore. Da questo provengono quelle intuizioni specifiche che non hanno riscontro nell'esperienza naturale. La dimensione sacra presente nell'uomo e si rende esplicita allorch si incontra con il sacro esterno, il numinoso (41). L'attivazione della categoria del sacro implica, in altri termini, l'ammissione di un tipico processo di anamnesi, in cui si riconoscono, mediati dal processo di schematizzazione e di concettualizzazione, quei typoi, quelle forme che l'uomo religioso possedeva oscuramente, che si sono (41) Cfr' R' Otto, Das Heilige, 1917. Trad' it' Il sacro, Milano, Feltrinelli, 1966. manifestate nelle religioni positive e che lo studio scientifico della religione insegna, mediante la comprensione, a ricuperare (42). Un simile sacro non pu essere spiegato n compreso, ma solo intuito e descritto. Non pi quindi l'esperienza esteriore, visibile anche ad un osservatore esterno e culminante nell'esaltazione della comunit - vero oggetto di un culto solo apparentemente indirizzato a divinit soprasensibili - ma l'esperienza interiore, percepibile solo attraverso l'intuizione e la compartecipazione. Su questa stessa linea si situa il pensiero di Joachim Wach (1898-1955), dove l'esigenza originaria di una (42) G' Filoramo, op' cit', p' 266. descrizione priva di presupposti delle diverse religioni sfocia in un tentativo di ricercare le leggi di sviluppo della religione. Anche Wach convinto sostenitore di un'essenzialit della religione all'interno della natura umana. Le forme esteriori, storiche, non sono che espressioni fuggevoli di una realt intima e permanente della nostra natura. La descrizione non pu riguardare le forme esterne bens l'idea che vi all'interno, e la storia di una religione non che il percorso di affermazione dell'intuizione originaria che la costituisce.

Questo progressivo inverarsi dell'idea costitutiva non pu soggiacere alle contingenze storiche, ma deve fare costante riferimento ad una dinamica e a delle regole che sono proprie all'idea stessa. Per tale strada le particolarit storiche delle diverse religioni non possono non confluire in un sostrato unitario, quello della Religione, del quale costituiscono le manifestazioni empiriche e particolari. facile intravedere, in questo, il desiderio inespresso di Wach: quello di incontrarsi con tutte le religioni contemporanee. Egli vuole sapere come comprendere le religioni che ci sono estranee, e come situarle in una visione cristiana del mondo (43). Preoccupazione strettamente teologica - come nota Jean S guy - che ricorre, per la risposta, ai metodi della comparazione e della costruzione tipologica. J' Wach delinea cos una tipologia (43) J' S guy, Exp rience religieuse et sociologie des religions: Joachim Wach sociologue des religions, in Archives de Sociologie des Religions, 1962, n' 14, p' 30. delle religioni secondo le diverse concezioni di spazio e tempo, del mito, del dogma, del culto, delle forme devozionali e di quelle di organizzazione della societ . Tuttavia il sociale ne sostanzialmente estromesso: esso sembra apparire come una dimensione ininfluente (44). La sociologia resta una scienza strettamente descrittiva delle relazioni tra gruppi e di quelle tra individuo e gruppo. Si cos ad un passo dall'ammettere l'irrilevanza di uno studio teologico dei fenomeni religiosi in favore di un'analisi strettamente teologica. (44) Cfr' G' Filoramo, op' cit', p' 268 e segg'. In effetti l'eredit lasciata da Wach concerne meno la posizione epistemologica della sociologia, che non i risultati concreti delle sue analisi comparative delle varie religioni esposti in testi come Types of Religious Experience Christian and Non-Christian (1951) e Sociology of Religion (1944). Le tipologie formulate in queste opere sono per pi di un verso preziose ed arricchiscono l'analisi delle forme

religiose intrapresa da Weber e Troeltsch (45). Sempre nella strada della formulazione di tipologie miranti tuttavia a cogliere l'essenza della religione, si situa l'opera di Gerardus Van der Leeuw (1890-1950). (45) Cfr' Jean S guy, Exp rience religieuse et sociologie des religions, art' cit', pp' 33 e 34. Per questo sociologo olandese, l'essenza delle religioni non pu essere osservata come un dato, ma come un fenomeno. Agli antipodi oramai della metodologia durkheimiana, che si proponeva di osservare i fatti sociali come fossero delle cose, la fenomenologia della religione di Van der Leeuw nega il carattere di oggetto al fenomeno studiato, cos come si vieta di esaminarlo come una pura proiezione del soggetto. Se il sacro , in primo luogo, una manifestazione, questa ha una sua processualit : nella prima fase il suo oggetto relativamente nascosto, nella seconda si rivela progressivamente, nella terza si manifesta in modo relativamente trasparente. La fenomenologia non , pertanto, il semplice studio delle apparenze: attraverso queste l'essenza stessa del fenomeno che finisce con il trasparire (46). Ma, ed qui uno degli aspetti importanti della prospettiva fenomenologica, nel momento in cui il fenomeno viene percepito come la manifestazione, seppure parziale, di un'essenza, l'oggetto dell'indagine in realt il soggetto attivo della manifestazione stessa. Qualsiasi osservazione del manifestarsi del sacro che voglia coglierne l'esperienza non pu sfuggire a quest'aporia dove l'oggetto , in realt , il soggetto per eccellenza e quindi non si confonde con l'esperienza immediata, n si pu identificare con il significato, anche il pi elaborato, che sia possibile (46) Cfr' lo studio di F.A. Isambert La ph nom nologie religieuse in Introduction aux sciences humaines des religions, op' cit', pp' 217-240. attribuire alle sue manifestazioni (47). La fenomenologia deve dunque escludere la soggettivit dirompente del sacro, deve cio considerarlo unicamente nei suoi riflessi

sull'esperienza umana. In un certo senso deve mettere il soggetto trascendente tra parentesi. Non difficile vedere in queste considerazioni l'influenza del pensiero di E' Husserl. Come questi, Van der Leeuw costretto a ricorrere all'epoch , alla messa tra parentesi dell'esistenza del fenomeno studiato, per poterne percepire e comprendere il significato. Contro il pericolo di un (47) Ivi, p' 224. eccessivo soggettivismo Van der Leeuw erige una duplice precauzione metodologica. Innanzitutto la comprensione deve essere comunicabile e quindi intersoggettiva. In secondo luogo essa deve limitarsi unicamente alle strutture, intese come insieme di rapporti dei quali si possono definire le connessioni. Si rintraccia cos una prassi weberiana. A partire dal momento in cui si tracciano delle strutture, queste schematizzano la realt , costituiscono dei tipi che possono essere definiti ideali raggiungendo Max Weber: come presso quest'ultimo, infatti, il tipo ideale rende comprensibile, per mezzo dei rapporti che mette in evidenza, una realt che, nella sua singolarit , inestricabile (48). (48) Ivi, p' 227. Ci non impedisce di considerare l'approccio fenomenologico come un passaggio intermedio, capace di sfociare tanto in una filosofia esistenziale - in quanto interpretazione dell'esperienza interiore - quanto in una rassegna degli archetipi che, a loro volta, o si convertono in tipi ideali, oppure acquistano un'essenza specifica e diventano entit metafisiche. Volendo attenersi ai limiti della sociologia, occorre considerare l'approccio fenomenologico come una fase intermedia, convertendone le intuizioni in altrettante ipotesi da sottomettere a verifica (49). Questo passaggio intermedio non affatto ozioso; da esso si deducono - come nota F.A. Isambert - tanto una (49) Cfr' Jean S guy, Exp rience religieuse et sociologie des religions, art' cit'. metodologia quanto una rete di concetti-guida. Il rispetto del significato, la sua difficolt a coglierlo, l'umilt dell'osservazione

e, in ogni caso, una certa familiarit con l'oggetto che ad un passo dal diventare vera e propria compartecipazione all'esperienza stessa (50). L'analisi dei fenomeni religiosi, da Durkheim a Van der Leeuw, attraversa tutti i registri del rapporto con il sacro. Dall'osservazione antropologica, che si attiene a ci che la pura visibilit empirica degli avvenimenti rivela, alla compartecipazione all'esperienza del sacro stesso, passando attraverso la (50) Cfr' F.A. Isambert, La ph nom nologie religieuse, art' cit'. presa in esame dei significati e dei contenuti dell'annuncio e della promessa religiosa, cos come delle regole che, a partire da essa, orientano e regolano l'agire dei singoli. Nessuno di questi tre modelli epistemologici pu , oggi, essere considerato come superato o inefficace. Il tesoro di intuizioni e di analisi che hanno rivelato costituisce un patrimonio considerevole e comunque inaggirabile per chiunque voglia accostarsi all'analisi del fenomeno religioso. Pu comunque essere importante osservare alcuni principi essenziali e relativamente condivisi, tali da permettere di unificare, in parte, i diversi approcci. Il primo di questi costituito dalla plausibilit razionale dell'agire religioso, almeno in tutti quei campi in cui l'indagine scientifica sostanzialmente inoperante. L'ipotesi di una scomparsa definitiva del sacro dal mondo moderno infatti ancorata all'ottimismo positivista che prevede uno sviluppo indefinito della scienza in tutti i campi del reale, cio ad un'affermazione normativa sostanzialmente priva di opportuni riscontri empirici. Per chi quest'ottimismo non condivide (ed in ci , chi scrive, ritiene di non essere affatto solo) la scomparsa del sacro , al massimo, un'ipotesi di lavoro. Il secondo principio costituito dalla relativa autonomia dei fenomeni religiosi rispetto ai rapporti materiali di produzione. Quest'autonomia relativa in quanto nessun elemento sociale mai osservabile in un'essenzialit assoluta, se non per estrapolazione

teorica. La religione sempre immersa in un contesto che contribuisce a determinare e dal quale costantemente influenzata. in quest'ambito, del resto, che essa anche, (ma per la sociologia l'aspetto da ritenere) fenomeno sociale. Quest'autonomia relativa della dimensione religiosa quella propria di ogni realt sociale. In quanto tale non mai completamente indipendente, n completamente dipendente. Questa riduzione della religione alla sua dimensione sociale ha tuttavia un suo prezzo: quello di non potere essere mai considerata in una sua, pi o meno probabile, essenza permanente. L'abbandono di qualsiasi ricerca dell'essenza - un principio, questo, che costitutivo delle scienze sociali ed valido in ogni ambito di indagine - non si afferma senza conflitti nel caso dello studio dei fenomeni religiosi. Questa scelta di metodo si scontra con un presupposto essenziale dell'agire religioso: la trascendenza dell'essere che si erge a principio e riferimento dell'esistenza del credente. Esso , per definizione, immutabile e impermeabile ai diversi contesti storici. Una sociologia dell'agire religioso obbligata a mettere tra parentesi e tralasciare il riferimento che d senso a quest'agire stesso, destinata a negare la razionalit di quest'ultimo, oppure ad essere costantemente squalificata dai credenti di qualsiasi fede come una scienza tanto fragile nei suoi presupposti quanto inutile nei suoi risultati. Qualsiasi presa in esame dei fenomeni religiosi sotto il profilo sociologico, se non vuole condannarsi a non essere compresa ed a non comprendere, deve ammettere due postulati fondamentali. Il primo costituito dal carattere puramente euristico della riduzione sociologica. Nel far cadere l'oggetto della ricerca sull'agire sociale dei singoli individui; non uscendo da questo se non tramite concetti ideal-tipici; nel mettere tra parentesi l'oggetto ultimo delle credenze la scienza sociologica, pi che squalificare una qualsiasi essenza, ammette in primo luogo i propri limiti. Infatti nessun'analisi

scientifica pu oltrepassare i confini dell'immanente. Il secondo postulato costituito dall'importanza eccezionale dell'interazione tra religione e societ , indipendentemente dalla veridicit o meno dell'oggetto di fede. Quest'interazione non aggirabile in alcun modo, n tanto meno liquidabile come comportamento irrazionalistico e residuale. Nessuno scienziato sociale oserebbe avventurarsi su un terreno cos scosceso ed epistemologicamente malfermo se non fosse convinto che, all'incrocio tra trascendenza e immanenza, tra principi religiosi e agire profano, si svolge un intreccio essenziale che sancisce, di volta in volta, aspetti decisivi delle singole societ storiche. Le due parti successive di questa prolusione non possono quindi evitare di fare riferimento proprio a questi due postulati. Nella prima verranno esposti alcuni casi esemplari di quello specifico tipo di riduzione sociologica che costituito dal tipo-ideale. Nella seconda verranno invece considerati i principali risultati di uno tra i percorsi di ricerca maggiormente frequentato dai sociologi delle religioni: quello del processo di secolarizzazione. Tanto in un caso quanto nell'altro si dinanzi a delle esemplificazioni che in nessun modo riducono l'ambito della disciplina pur costituendone, comunque, delle illustrazioni centrali. Della riduzione sociologica La serie di tipi ideali prodotta dai sociologi delle religioni , praticamente, illimitata. Nella sua definizione originaria, bene precisarlo, il tipo ideale il risultato di un'accentuazione unilaterale di uno o di alcuni punti di vista unilateralmente posti in luce, in un quadro concettuale in s unitario... Esso rappresenta un quadro concettuale, il quale non la realt storica, e neppure la realt vera e propria, tuttavia serve n pi n meno come schema in cui la realt deve essere sussunta come esempio; esso ha il significato di un puro concetto-limite ideale, a cui la realt deve essere misurata e comparata, al fine di illustrare determinati elementi significativi del

suo contenuto empirico (51). Il tipo ideale non pu formarsi che partendo dall'analisi storico-comparativa, il suo carattere astratto non assolutamente derogatorio rispetto alla conoscenza preliminare degli elementi storici concreti. L'idealit affermata non affatto di tipo normativo, ma di carattere (51) Max Weber, Die Objektivit t sozialwissenschaftlicher und sozialpolitischer Erkenntnis, trad' it' L'oggettivit conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale, in Il metodo delle scienze storico-sociali, op' cit', pp' 108-112. esclusivamente logico. Qui di seguito verranno presentati alcuni tra i tipi ideali pi ricorrenti in sociologia delle religioni. Il primo gruppo, formulato da Weber in una delle sue ultime opere (52), concerne le figure dello stregone, del sacerdote e del profeta. Accanto a queste Weber ricava quella della comunit religiosa dei laici. Il secondo gruppo concerne invece la tipologia elaborata da Troeltsch sulla Chiesa, la setta e la mistica. Il (52) Economia e societ , sar edita nel 1922, successivamente alla morte del suo autore. volerle qui riassumere non vuole essere solo un uscir fuori dalle presentazioni della disciplina per mostrare, finalmente, alcuni tra i suoi strumenti metodologici, ma anche presentare alcune categorie analitiche che, pi delle altre, hanno influenzato le generazioni successive di sociologi della religione e che, ancora oggi, non cessano di essere utilizzate, bench in forma non sempre arricchita ma, talvolta, anche banalizzata. Profeti, sacerdoti, laici Per Weber la comparsa di un clero non fortuita. Essa coincide con la distinzione tra culto e stregoneria. Mentre il culto si esprime attraverso atti di adorazione e di servizio, la stregoneria innanzitutto una serie di manipolazioni rituali al fine di costringere il dio a compiere il proprio volere. Il relativo prevalere del primo sulla seconda nel corso della storia dovuto, in parte, al processo di razionalizzazione del concetto di Dio, in parte al

progressivo venir meno del razionalismo calcolatore intramondano, che usa il divino in funzione dell'allontanamento dei mali e l'ottenimento di vantaggi su questa terra. L'affermarsi del culto sulla stregoneria segna l'affermazione del clero rispetto agli stregoni. Weber cosciente dei limiti di una simile distinzione: L'antitesi avverte - in realt assai fluida, come per quasi tutti i fenomeni sociologici (il corsivo nostro). Gli stessi caratteri della differenziazione concettuale non sono chiaramente definibili (53). Alla ricerca di un tratto distintivo del clero Weber, dopo una lunga disamina, lo reperisce nel regolare esercizio del culto, legato a norme ed a precise identificazioni di tempo e di spazio. Non c' clero alcuno senza culto, come non c' culto senza un particolare clero... Tanto nel culto privo di sacerdoti, quanto nella stregoneria priva di culto manca regolarmente una razionalizzazione delle concezioni metafisiche, nonch un'etica specificatamente religiosa. Uno sviluppo autentico dell'una e dell'altra presuppone l'esistenza di un clero professionale indipendente, educato ad una costante attivit di culto e ai problemi di guida pratica delle anime (54). Il passaggio da una (53) Max Weber, Economia e societ , op' cit', vol' Ii, cap' V, 2, p' 126. (54) Ivi, p' 128. strategia di costrizione ad una di preghiera - cio dalla magia al culto - non il risultato di alcun sviluppo automatico ma deciso unicamente dai fatti concreti, cio dal risultato efficace dell'una o dell'altra forma. L'osservanza delle leggi religiose come mezzo specifico per assicurarsi il benvolere divino appare solo successivamente, ed in relazione tanto con la crescita del potere degli dei all'interno di forti gruppi in stato di pace, quanto con l'espandersi di una concezione razionale dell'andamento del cosmo alla quale fa da riscontro una concezione della societ anch'essa regolata da leggi, quanto infine con l'affermarsi del legame etico tra l'individuo ed un cosmo di doveri e di norme. La nascita di un'etica religiosa rovescia completamente il rapporto con

gli dei. Se fino a quel momento ogni insuccesso, tanto dei riti di devozione quanto degli atti di manipolazione, era decisivo tanto per l'autorevolezza del dio (o del demone) quanto per il riconoscimento del carisma del sacerdote (o dello stregone) incaricato del rito, con la nascita di un'etica religiosa qualsiasi insuccesso poteva spiegarsi con la mancata osservanza delle leggi. Ma la nascita dell'etica religiosa non presuppone solo un'organizzazione sociale stabile e la definizione di un cosmo regolato da norme. Accanto a questi elementi si afferma ed acquista peso il profeta. questi, insieme ai sacerdoti, il protagonista della sistematizzazione dell'etica religiosa. Il profeta , nel tipo weberiano, un portatore di carisma puramente personale, che annuncia, in forza della sua missione, una dottrina religiosa o un comando divino (55). L'accento unilaterale, proprio della costruzione ideal-tipica, qui posto sul carattere personale della vocazione profetica. Non l'esercizio di una funzione permanente, bens la rivelazione solo a lui diretta dal dio, permettono di differenziare il profeta dal sacerdote. Se quest'ultimo al servizio di una tradizione sacra, il secondo la rifonda, o la reintegra, in maniera radicale. Dallo stregone il profeta si distingue in virt del contenuto stesso del suo annuncio: dottrine o imperativi etici, anzich semplici divinazioni. Bench , come lo (55) Ivi, 4, p' 140. stregone, anche il profeta debba dimostrare la forza del suo carisma, il profeta si distingue da questo per la gratuit della sua profezia. In nessun momento il profeta traduce quest'ultima in una sorta di pratica professionale su richiesta: la radicalit dell'imperativo che lo muove, lo impegna ad una totale purezza di intenti. Altre distinzioni sono importanti. Il profeta si distingue dal legislatore che agisce su missione divina in quanto non interessato, come quest'ultimo, alla riforma economico-politica dello Stato. Inoltre il profeta, che spesso abbastanza vicino al ruolo e alle funzioni di un maestro morale, si distacca da quest'ultimo per il

carattere rivelato del proprio sapere, distinto cio dall'acquisizione conseguente a doti personali propria del primo. Anche quando proclamano dottrine di salvezza i maestri morali non diffondono alcun messaggio rivelato loro dal dio. Il profeta si distingue infine da colui che, con operazioni magiche, garantisce i beni di salvezza, il mistagogo. Infatti se determinati guru dispensano una salvezza magica manca loro, o in loro secondaria, una dottrina etica. Il profeta etico si distingue dal profeta esemplare per il fatto di sentirsi strumento di Dio e della sua volont , mentre il secondo si erge a modello esemplare della salvezza spirituale. Entrambi indicano comunque una condotta unitaria di vita e, accanto a questa, una concezione religiosa del mondo. Il successo del profeta culmina nella costituzione di un gruppo di discepoli con i quali intrattiene un rapporto personale. Accanto ai discepoli e attorno ad essi si sviluppa il gruppo pi vasto dei seguaci, uniti occasionalmente o organizzati in comunit . Naturalmente la costituzione di quest'ultima non sempre riconducibile all'azione di un profeta e viceversa. Tuttavia le comunit createsi attorno ai discepoli e in relazione ad una profezia etica hanno sempre una caratteristica specifica: la trasformazione della profezia in pratica quotidiana come risultato della volont del profeta o dei suoi discepoli i quali, in tal modo, vogliono assicurarsi il perdurare della rivelazione e del dispensamento della grazia (56). Non cos per la profezia esemplare o per i mistagoghi. (56) Ivi, 5, p' 151. In questi casi non si d vita che a comunit occasionali, ad eccezione del gruppo ristretto che segue l'esempio del profeta in maniera totale ed incondizionata. La comunit di laici avente scopi religiosi non prodotta solo dalla volont dei discepoli, essa pu anche essere il risultato della volont di un gruppo di sacerdoti. Nella storia antica Weber rintraccia due percorsi di formazione della comunit dei laici: quella organizzata direttamente dai sacerdoti di un culto tra i fedeli

del medesimo dio, e quella prodottasi per eventi politici. In questo secondo caso l'unit politica viene abolita dallo Stato conquistatore mentre il popolo conquistato conserva la propria libert di culto ed il proprio clero. Non sempre possibile parlare di religiosit comunitaria. Un tale tipo presente solo quando i laici sono associati in un durevole agire in comunit , al cui svolgimento essi partecipano in qualche modo attivamente (57). In tale prospettiva il cristianesimo delle origini organizzato in comunit , mentre non cos per la moderna organizzazione parrocchiale. Caratteristica fondamentale della religiosit comunitaria il potere crescente dei laici, conseguente all'esigenza da parte del clero di estendere permanentemente il gruppo dei seguaci. Pi in generale la religiosit comunitaria fa emergere il problema delle relazioni tra diverse figure religiose: sacerdoti, profeti, intellettuali laici e tradizionalisti laici. Il profeta, per il solo fatto (57) Ivi, p' 154. di provenire - nell'enorme maggioranza dei casi - dal gruppo dei laici, finisce per rappresentare un'opposizione, almeno potenziale, al potere sacerdotale. Di questo viene contestata la pretesa a veicolare la salvezza attraverso la mera esecuzione dei riti e delle pratiche devozionali. Il carisma profetico si oppone almeno nella forma di tipo - alle tecniche del culto quotidiano consolidate dalla tradizione. Clero e profeta tendono cos a scontrarsi in un conflitto dal quale solo uno dei contendenti uscir vincitore. O il clero assorbir , omologandola, la dottrina annunciata dal profeta, oppure la rigetter , negando la credibilit stessa del profeta. Lo scontro tra profeta e clero, l'esigenza di difesa dagli attacchi dei laici, o ancora la semplice legittimazione del proprio potere, sono tra i fattori che spingono il clero alla produzione di scritti canonici e di dogmi. Qualunque ne sia la causa con la redazione degli scritti canonici la religione diventa religione del libro. Dall'educazione sacerdotale si passa alla formazione letteraria.

La redazione di un canone non ha comunque come unici scopi quello di legittimare degli assetti istituzionali sanando delle controversie. Non vanno infatti dimenticate la funzione animatrice e quella distintiva: si tratta cio della necessit di mantenere vivo l'entusiasmo del gruppo religioso e di distinguersi dalle altre interpretazioni concorrenti. In tal senso la formulazione dei dogmi ha un'importanza decisiva. In ogni caso con la nascita della comunit religiosa dei laici che si sviluppa, nelle religioni fondate su di una profezia a carattere etico, la predicazione e la cura delle anime. Anche questi due elementi, in pratica, sono propri di un processo di demagificazione e di razionalizzazione del mondo conseguenti alla rivelazione profetica. Se il ricorso alla predicazione, intesa come istruzione collettiva su aspetti specifici della religione e dell'etica religiosa, propria dei periodi di risveglio profetico, o comunque di riscoperta dell'elemento profetico originario, la cura delle anime invece propria della funzione permanente del clero. dalla cura delle anime che scaturisce, in ultima analisi, il potere sociale di quest'ultimo. Il rapporto tra clero, comunit religiosa dei laici e istanze profetiche si rivela quindi come l'elemento decisivo nell'avvio del processo di razionalizzazione delle credenze religiose. Furono particolarmente questi compiti pratici della predicazione e della cura delle anime a tenere vivo il lavoro di sistemazione sacerdotale in fatto di comandamenti e di verit di fede, rendendo inevitabile la presa di posizione di fronte ad un numero infinito di problemi che non erano risolti nella rivelazione (58). Ma il processo di razionalizzazione delle istanze etiche formulate dal profeta in un insieme coerente di pratiche per la vita quotidiana, produce anche la routinizzazione del carisma originario. L'intera unit della (58) Ivi, p' 163. pratica originaria, per la quale ogni atto andava ricondotto ed interpretato alla luce dello specifico rapporto di senso con il proprio dio, si trasforma

in una casistica laica di prescrizioni positive. Ci apre definitivamente le porte del condizionamento del contesto sociale sull'agire religioso. Quanto pi il clero si sforza di regolare la condotta di vita anche dei laici in base alla volont divina (e in primo luogo di fondare su questa la sua forza e le sue rendite), tanto pi costretto a tenere conto, nelle sue teorie e nelle sue azioni, di punti di vista tradizionali dell'ambiente laico (59). Nel caso in cui il carisma profetico non pi intervenuto a scuotere i legami con la magia, il clero costretto a tenere (59) Ivi, 6, p' 164. in debito conto le prassi magiche esistenti. Questo processo, giudicato per lo pi come decadenza ed immiserimento delle profezie, pressoch inevitabile (60). Questa lunga schematizzazione di alcune tra le pi feconde costruzioni tipologiche weberiane verrebbe totalmente e irrimediabilmente fraintesa se le si attribuisse un qualsiasi contenuto normativo. Tutti i modelli ideal-tipici qui presentati, ivi inclusi i modelli possibili di rapporto tra le varie figure, non descrivono esaurientemente (n essenzialmente, almeno da un punto di vista teologico) alcuna realt storica specifica. Sarebbe tanto semplice quanto erroneo criticare le tipologie weberiane qui riassunte (peraltro in (60) Ivi, p' 165. modo schematico e senza menzionare l'enorme mole di materiale empirico che Weber apporta a sostegno) in quanto si dimenticherebbe la funzione che queste tipologie esercitano. Lasciandosi affascinare, in qualche caso, dalla loro estrema chiarezza e plausibilit , si pu commettere l'errore di considerarle fedeli descrizioni di quanto accade, mentre invece non ne sono che la caricatura. E la caricatura indispensabile nel momento in cui la logica scientifica ci preclude qualsiasi accesso all'essenza e ci lascia soli dinanzi al mistero dell'essere. La costruzione ideal-tipica sostituisce l'essenza nella pura funzione euristica, non nelle altre. Nessun fenomeno sociale, in realt , pu essere trasceso se non nella forma astratta del tipo puro. E questo trascendere l'oggetto sociale

non serve che a distinguere e identificare quest'ultimo evitando ogni interpretazione ideologica. Chiesa, setta, mistica Nell'opera di Troeltsch la distinzione tra chiesa e setta modellata attorno allo studio della religione cristiana. Le tre forme di auto-affermazione sociologica dell'idea cristiana concepiscono il culto della figura di Cristo in maniera assai diversa tra loro. Nel tipo-chiesa, Cristo il Salvatore, l'artefice di una redenzione compiuta e definitiva, ed i cui frutti continuano ad essere distribuiti dalla Chiesa attraverso i ministeri, la parola, i sacramenti. Nel tipo-setta Cristo il Signore, il modello, l'interprete della dignit e dell'autorit divina. Bench la comunit volontaria dei credenti subisca ogni sorta di miseria e di oppressione, essa sar riscattata il giorno del ritorno del Signore sulla terra e dell'edificazione del Regno. Nel tipo-mistico, infine, Cristo un principe spirituale ed interiore. Egli non pu essere percepito e riconosciuto che in virt di un intimo movimento spirituale proveniente dall'anima (61). Chiesa, setta e mistica modificano, ciascuna per proprio conto, elementi fondamentali dell'etica cristiana. Per il tipo-chiesa il Regno di Dio gi presente all'interno di se stessa ed essa chiamata a rinnovare costantemente l'annuncio. Al contrario nel tipo-setta il Regno deve ancora realizzarsi, mentre nel tipo-mistico esso gi presente nel foro interiore (61) E' Troeltsch, Le dottrine sociali, op' cit', pp' 683-687. di ogni uomo. Rilevanti sono le conseguenze nell'ambito delle dottrine della redenzione. Per il tipo-chiesa l'opera di redenzione si completata interamente con il sacrificio della croce, ed in virt di questo che essa in grado di rimettere i peccati e di santificare. Diverso lo scenario per il tipo-setta. Qui ogni redenzione non compiuta che con il ritorno di Cristo sulla terra e l'edificazione del Regno. Per il tipo-mistico, infine, la redenzione il processo stesso di unione dell'anima con Dio. Se, in quanto modelli ideal-tipici,

chiesa, setta e mistica appaiono chiari e ben definiti nei loro confini, non cos nella realt concreta: i tratti propri di un tipo sono spesso rintracciabili nell'altro. Nella Chiesa, pertanto, possono essere riscontrati elementi propri del tipo settario o del tipo mistico. La forma definitiva non appare che alla fine di un processo, pi o meno lungo e articolato, nel corso del quale l'esito permane a lungo incerto. La riflessione che Troeltsch compie sulla dinamica dei diversi tipi pu aiutare a chiarire quest'aspetto. Il carattere trascendente che la Chiesa dichiara essere a proprio fondamento ne rende chiara tanto l'attitudine all'indipendenza da ogni forza umana, quanto il carattere assoluto della propria autorit dottrinale. Quest'assolutezza non pu non aspirare all'uniformit ed all'universalit della propria verit che, in tale prospettiva, non pu non rendersi coercitiva. Ora questa costrittivit deve rendersi visibile, in quanto errori e costumi che attentano al rispetto di Dio non possono essere tollerati, e le genti nate nella Chiesa non possono essere esposte senza difesa alla tentazione. Occorre infine provvedere affinch tutti vengano a conoscenza del messaggio di salvezza (62). questo stesso carattere normativo che motiva e cementa l'alleanza tra il potere ecclesiastico ed il potere laico, con tutte le diversificazioni e le evoluzioni che quest'alleanza ha conosciuto. Non cos per la setta dove tutti gli elementi costitutivi convergono nell'attitudine di tolleranza verso l'esterno. Se la redenzione non arriver che alla fine dei tempi la verit non potr essere imposta che al (62) Ivi, p' 689. ritorno di Ges , fino a quel momento ogni tentativo votato al fallimento. Avendo bandito ogni forma di coercizione la setta non ha bisogno di nessuna alleanza con il potere temporale. A questa tolleranza verso l'esterno fa tuttavia riscontro la forte intransigenza interna. Nell'attitudine di fedelt radicale alla Bibbia la setta si espone a scissioni continue. Diversa la situazione per la

mistica spiritualista. Qui nulla pu essere comunicato ma solo interiormente vissuto. l'unit interna dello Spirito che riunisce naturalmente le anime nella verit comune. Quest'ultima, in quanto totalmente spirituale, inesprimibile (63). Libert e (63) Ivi, p' 691. tolleranza sono possibili in quanto il carattere strutturato, proprio dell'organizzazione, a rendersi non necessario. Con la mistica spiritualista si rende inoperante qualsiasi autorit morale: l'esperienza mistica finisce spesso con lo scivolare in un individualismo relativista dove ogni comunit non ha pi alcuna necessit di esistere come tale. Accanto a queste formalizzazioni ideal-tipiche l'analisi di Troeltsch fornisce una descrizione del divenire dell'etica cristiana. L'etica del vangelo, volta alla santificazione personale e all'amore fraterno, d vita alla prospettiva di un mondo nuovo che, tuttavia, una volta inserito nei diversi contesti storici, non pu realizzarsi che in forma parziale. Cos la storia dell'etica cristiana diviene quella della ricerca senza sosta del compromesso e della lotta senza tregua contro lo spirito di compromesso (64). La Chiesa non pu evitare al mondo le conseguenze del peccato originale. Il diritto naturale, che la Chiesa fa proprio, costantemente oltrepassato da una morale del conflitto e della lotta conseguenti alla caduta. Conformemente al principio stoico, che la Chiesa fa proprio, questo mondo viene accettato come l'unico possibile in attesa dei nuovi cieli e delle nuove terre una volta liberati dal peccato. All'interno della Chiesa sono cos possibili entrambi gli atteggiamenti. Il primo definisce il minimo necessario ad una salvezza ottenuta per semplice contatto con il divino (64) Ivi, p' 692. mediato dalla Chiesa (65). Nasce cos l'insieme dei precetti come garanzia minima di adesione al messaggio di salvezza. Il secondo atteggiamento si presenta come un modo di vita facoltativo, volto allo sforzo ascetico radicale attraverso il ricorso ai voti di povert , castit e

obbedienza. Il monachesimo rappresenta, nella storia del cristianesimo occidentale, il luogo dove l'individualismo e l'entusiasmo propri del cristianesimo primitivo hanno potuto manifestarsi all'interno del tipo-chiesa (66). Ai margini di questa doppia etica, la setta vanta il desiderio di realizzare il vangelo delle beatitudini in tutta la sua integralit . Ci pu realizzarsi sia (65) Jean S guy, Christianisme et soci t , op' cit', p' 110. (66) Ibidem. sotto la forma passiva e rassegnata dei gruppi piccoli e discreti, confortati dall'imminenza del Regno, sia sotto quella aggressiva e rivoluzionaria dei movimenti settari, convinti che l'Apocalisse sia ormai cos vicina da rendere legittimo anche il ricorso alla violenza pur di edificare il Regno. Nell'uno come nell'altro caso, la setta ignora la logica di compromesso propria del tipo-chiesa e, nel corso della storia delle chiese cristiane svolge un ruolo di costante protesta nei confronti delle Chiese stesse. A queste finisce, pertanto, con l'essere inevitabilmente legata: Mai, in nessun modo - osserva Jean S guy - la setta potrebbe nascere da s ; essa ha bisogno della Chiesa per esistere (67). Lo sviluppo delle sette ha sempre coinciso con periodi di grande crisi e mutamento all'interno della Chiesa. Anche Troeltsch, come Weber del resto, si interrogato sulla plausibilit di queste forme dell'etica cristiana in seno al mondo moderno. Quest'ultimo possiede, per Troeltsch, la capacit di affievolire la capacit del cristianesimo di opporsi al mondo. Questa tendenza fondamentale del cristianesimo si trova, oggi, ad essere indebolita dal contatto con la vita moderna. L'utilitarismo, l'ottimismo, l'immanentismo, il naturalismo e il culto estetico che caratterizzano quest'ultima, fanno s che questa stessa tendenza stenti a riconoscersi. Tuttavia essa non cessa di rinascere (67) Ivi, p' 118. dai principi stessi della religione e dell'auto-distruzione di ogni ottimismo puramente umano. Cos oggi, nel mezzo delle raffinatezze della

civilt e di un pessimismo manifestatamente scettico, questa tendenza ad opporsi al mondo pone una volta di pi l'etica cristiana dinanzi al proprio compito (68). Cos , il credente Troeltsch afferma l'impossibilit , da parte del mondo moderno, di esaurire e liquidare l'etica religiosa. Le pagine finali dei Soziallehren sono contrappuntate dalle affermazioni appassionate di chi profondamente convinto dell'indispensabilit della religione nel mondo moderno, bench quest'ultimo si caratterizzi proprio per il suo essere estraneo e indifferente dinanzi (68) E' Troeltsch, Le dottrine sociali, op' cit', p' 694. a qualsiasi trascendenza. I sociologi della religione, a partire dagli anni Trenta, faranno del processo di secolarizzazione uno dei temi fondamentali delle loro ricerche. Weber e Troeltsch lasciano un'eredit inquietante. Da un lato rivelano il ruolo decisivo esercitato dalla tradizione religiosa giudaico-cristiana nel processo di razionalizzazione dell'occidente e nella formazione dello spirito moderno. Dall'altro Weber attesta la capacit di questo stesso spirito di liberarsi e sopravvivere senza intrattenere pi alcun legame con le proprie radici religiose, mentre Troeltsch rinuncia esplicitamente a tracciare un'analisi del Xix secolo. Il primo guarda con disincanto l'avvento della secolarizzazione, mentre il secondo si vieta esplicitamente di considerarlo come orizzonte insuperabile. L'interrogativo resta dunque aperto e, per un certo verso, non pu essere diversamente. Infatti, se sono oramai chiari i legami che legano lo spirito religioso all'epoca nella quale si manifesta, la novit dei tempi moderni non pu non introdurre trasformazioni altrettanto inedite e, comunque, sociologicamente imprevedibili. La religione nell'epoca moderna Il contesto moderno vive e si espande senza dovere nulla a dei principi religiosi. Politica, economia, scienza, morale sono altrettante sfere della vita sociale che si definiscono autonomamente, a partire dai riferimenti interni a

ciascuna di esse. L'insignificanza della sfera religiosa sul piano dei riferimenti etici dell'agire sociale non tarda a tradursi in un declino della pratica religiosa, non appena la rivoluzione industriale rivela lo spessore sociale della modernit economica e tecnologica. Con l'arrivo dei processi di industrializzazione e di concentrazione urbana, le chiese si svuotano e le vocazioni religiose conoscono un declino inarrestabile. La religione, quando resta, si consolida nel foro personale della vita privata, non anima pi le grandi comunit . Le domande non mancano: quanto questa religiosit privata pu influenzare la societ circostante? In che misura pu sopravvivere come tale una chiesa che non pu pi contare sui rapporti del potere pubblico per far giungere a tutti l'annuncio della Rivelazione? Dinanzi alla razionalizzazione moderna, com' possibile il dialogo con un mondo che, almeno in linea di principio, non pone nessuna domanda sulle realt eterne, n si interroga pi sui valori fondamentali dell'esistenza? La sociologia delle religioni ha fatto del tema della secolarizzazione uno degli argomenti centrali della propria ricerca. Questa si venuta sviluppando sia sugli esiti del processo stesso di secolarizzazione, e quindi sull'analisi delle nuove forme di religiosit in seno alla societ moderna; sia sulle forme di religiosit tradizionale, antecedenti alla stessa societ industriale ed a questa sopravvissute, anche se in forma marginale. Tutti questi ambiti di ricerca coincidono nel tentativo di individuare e comprendere gli sviluppi della dimensione religiosa. Scomparsa, adattamento, opposizione pi o meno esplicita, interazione funzionale, costituiscono gli sbocchi, pi o meno plausibili, di un'opposizione manifesta tra religione e mondo moderno. Il prevalere dell'una o dell'altra forma di sviluppo dipende strettamente dal comportamento dei diversi attori sociali (gruppi, movimenti, istituzioni) di volta in volta chiamati in causa, nonch dallo scenario dei problemi e delle tensioni sociali che finiscono con il caratterizzare l'epoca contemporanea. La crisi del sacro

Il processo di secolarizzazione si manifesta in diversi ambiti e a diversi livelli (69). Sul piano delle istituzioni esso si sostanzia nelle forme di una progressiva autonomia dei (69) Cfr' K' Dobbelaere, Secularization: A' Multi-Dimensional Concept, in Current Sociology, 29 2, London, Sage, 1981. diversi campi di attivit da qualsiasi riferimento a valori religiosi. Pi precisamente esso indica la laicizzazione delle istituzioni economiche, politiche e culturali. Sul piano della pratica il processo di secolarizzazione prende la forma di un progressivo e inarrestabile calo che scuote, l'uno dopo l'altro, i diversi paesi dell'occidente. Solo i grandi appuntamenti liturgici sembrano ancora riunire i fedeli oramai decisamente rivolti verso una pratica stagionale, dove il portale della chiesa non varcato che in occasione dei riti che segnano le grandi stagioni della vita (battesimo, comunione, matrimonio, onoranze funebri) (70). Accanto al declino della pratica religiosa ed al crollo delle vocazioni tutto un sistema di credenze a venir meno. Il sacro cessa di abitare il quotidiano e di orientare progetti e scelte di vita. Vivendo in societ laiche, autonome e indifferenti a qualsiasi istanza religiosa, la stessa vita sociale dei singoli finisce con il costruirsi in un rapporto di indifferenza e di impermeabilit rispetto a tutte le esortazioni e le indicazioni che possono provenire da un'autorit ecclesiale oramai sempre pi dissonante rispetto ai principi di una societ secolarizzata. La terza dimensione del processo di secolarizzazione pu infine essere riscontrata sul piano del mutamento interno alle stesse istituzioni (70) L'analisi del declino della pratica religiosa stata al centro di ampi studi in diverse nazioni. Si rinvia comunque il lettore a due testi fondamentali: Gabriel Le Bras, tudes de sociologie religieuse. I: Sociologie de la pratique religieuse dans les campagnes fran aises. Ii: De la morphologie la typologie, Paris, P.U.F., 1955 e 1956; trad' it' Saggi di Sociologia religiosa, Milano, Feltrinelli, 1969. Sabino S'

Acquaviva, L'Eclissi del sacro nella civilt industriale, Milano, Ed' di Comunit , 1961. religiose (71). Il lungo adattamento delle Chiese al mondo moderno appare sia come il risultato dell'influenza della societ laica sulla teologia, l'etica sociale, la liturgia; sia come il tentativo, da parte delle Chiese (71) Thomas Luckmann, The Invisible Religion, New York, Macmillan, 1967; M' De Certeau, J.M. Domenach, Le Christianisme clat , Paris, Seuil, 1974; F.A. Isambert, La s cularisation interne du christianisme, in Revue Fran aise de Sociologie, 17, 1976, pp' 573-589. stesse di adattarsi al mondo, riconvertendo gli atteggiamenti e le forme di comunicazione con quest'ultimo. Queste tre dimensioni, o livelli, del processo di secolarizzazione non sono necessariamente concomitanti, n interdipendenti. Se il processo di laicizzazione delle istituzioni (o di differenziazione istituzionale) ha le proprie origini nell'autonomia dello Stato moderno e, pi in generale, nel processo di specializzazione delle istituzioni, il declino della pratica religiosa sembra essere parallelo ai fenomeni di urbanizzazione e di industrializzazione, nonch alla scomparsa della cultura propria della collettivit contadina e del rapporto con il sacro che le era proprio (72). In tal senso se il processo di laicizzazione, inteso come progressiva autonomia dalle autorit religiose, ha un'indubbia valenza politica, il declino della pratica sembra collegato alle conseguenze di processi economici e sociali. Quanto al mutamento religioso (o di adattamento a questo mondo) questo scaturisce, in gran parte, dalla lettura che le istituzioni ecclesiali hanno compiuto del mondo moderno, nonch dei legami che hanno deciso di intrecciarvi. In tal senso dipende tanto dalla strategia delle diverse istituzioni (72) Cfr' a tal proposito lo studio recente di Yves Lambert, Dieu change en Bretagne. La religion Limerzel, de 1900 nos jours, Paris, Cerf, 1985. ecclesiali, quanto dal loro livello di permeabilit al mondo moderno. Le diverse dimensioni del processo

di secolarizzazione finiscono con il suggerire una certa prudenza quanto alle diagnosi sulla fine del sacro. In effetti nulla pu assicurare l'irreversibilit di quanto si fino ad oggi prodotto: autonomia delle istituzioni, indifferenza dei singoli, strategie delle Chiese, sono altrettanti fenomeni storici, quindi sempre superabili oltre che circostanziati. In secondo luogo, la pluralit delle dimensioni della secolarizzazione lascia presagire dinamiche diverse ed esiti diversi. Infine, l'irreversibilit del processo di secolarizzazione, per essere tale, deve presupporre un legame indissolubile tra il processo di modernizzazione tecnologico-produttiva, l'autonomia delle diverse istituzioni laiche ed il soggiacente processo di liquidazione di qualsiasi appello al trascendente e di qualsiasi ricerca di significato che voglia andare oltre i limiti della ragione positiva. Essa deve cio ipotizzare l'indissolubilit tra dei processi storici concreti (ad esempio l'applicazione della scienza alla tecnologia) e delle interpretazioni culturali di questi processi stessi, tra la modernit come fatto storico e la sua esaltazione normativa come imperativo culturale (73). Ora non solo un simile legame pi il (73) J' Baudrillard, articolo Modernit in Encyclopaedia Universalis, 12, 1980, pp' 424-426. risultato di una temperie culturale circoscritta a periodi storici definiti che non una logica intrinseca al processo della modernit nella sua forma originaria. Ma un tale legame , comunque, molto pi inerente alla serie di sottoprodotti su base di massa che divulgano e banalizzano il processo culturale della modernit che non alla logica interna a quest'ultimo. In effetti in questa logica sono presenti tanto una passione ideologica - l'esaltazione del nuovo come senso obbligato della storia - quanto una tensione critica verso il presente, che ne mostra senza sosta le contraddizioni e le inadeguatezze rispetto al progetto iniziale. Il laminatoio della prima guerra mondiale ha separato i due aspetti ed essi finiranno con il differenziarsi sempre di pi lungo

tutta la prima met del novecento. All'inizio del nuovo assetto geo-politico e della nuova rivoluzione tecnologica che caratterizzano la societ occidentale a partire dagli anni Cinquanta, il legame sar completamente sciolto: da un lato un ottimismo ideologico, funzionale alla serie di trasformazioni economiche e culturali, dall'altro un disincanto critico, gravido di tensioni utopiche e destinato a evolversi (74). Il divenire della secolarizzazione Che il divenire e l'affermarsi del processo di laicizzazione delle istituzioni, portando un attacco profondo alle Chiese, avrebbe finito (74) Cfr' R' Aron, Les d sillusions du progr s. Essai sur la dialectique de la modernit , Paris, 1969; H' Arendt, La crise de la culture. Huit exercices de la pens e politique, Paris, Gallimard, 1989; Jean S guy, Pour entrer en mati re: Religion et Modernit , in Social Compass, 1, janv'-mars 1989. per frammentare pi che dissolvere l'universo religioso, era gi avvertito all'inizio del secolo. Al di fuori delle Chiese, secondo Troeltsch, nascono forme diverse di religiosit , ma tuttavia precarie e frammentate: Ora non altro che una religiosit cristiana interiorizzata, amalgamata in qualche modo con il mondo ideale moderno: un cristianesimo che non trova pi un nesso con le Chiese storiche, ovvero ritiene di non poterlo trovare... ora un sincretismo, prodotto in modo fantasioso, di vari elementi religiosi tratti dalle religioni di tutto il mondo, cui ha fatto da padrino l'erudizione storico-religiosa; ora sono conventicole occultistiche e spiritistiche, in cui si ridesta l'antichissima religione primitiva del culto delle anime e del culto degli spiriti; ...ora un ridestarsi del pessimismo e del bisogno di redenzione che per , rinunciando all'idea cristiana della personalit , si ricollega piuttosto al buddismo che al cristianesimo; ora, infine, un'aspirazione assolutamente indefinita alla religione che immediatamente si ritrae dinanzi a ogni concreto pensiero religioso. In conclusione, in quest'ambito il mondo

moderno, se ha compiuto fino in fondo la sua opera di distruzione degli antichi legami religiosi, non ha prodotto alcuna forza realmente originale (75). quindi abbastanza chiaro come il processo di affermazione del mondo moderno abbia finito con lo scavare un vuoto, o comunque sostituito la tradizione religiosa con una serie di tendenze e di succedanei meno coesi e definiti. Quest'analisi dell'inizio secolo rivelatrice. La grande crisi della pratica religiosa, cominciata a manifestarsi nelle grandi metropoli sin dagli anni Venti, ha rivelato le dimensioni sociali del processo di secolarizzazione, inaridendo progressivamente le forme di partecipazione visibile ai riti e di adesione alle credenze. Questa eclissi del sacro ha finito con il rendere ancora pi manifesta l'ampiezza del (75) E' Troeltsch, L'essenza del mondo moderno, op' cit', pp' 160-161. vuoto rimasto. La mancata sostituzione del cosmo religioso con visioni del mondo altrettanto complete e adeguate ha finito con il lasciare aperte domande, interrogativi, esigenze di senso. Pi che liquidare il sacro, il processo di secolarizzazione ha finito con il disarticolarlo, facendolo riemergere tanto nel fenomeno settario, quanto in sincretismi di varia natura, quanto in periodici risvegli dell'antica etica profetica. Per i sociologi delle religioni legittimo domandarsi fino a che punto gran parte delle manifestazioni di questo sacro in libert , in particolare quelle che si affermano all'esterno delle Chiese, possano essere ancora definibili con il termine di religione (76). Il mercato religioso si presenta esploso in una lunga serie di sottoprodotti pi o meno coerenti, pi o meno intrecciati con elementi propri dell'individualismo moderno come la realizzazione del proprio potenziale umano, pi o meno funzionali alla modernit stessa la quale, ad ogni periodo di crisi, non sa dove depositare il proprio capitale utopico e quindi lo affida a dei succedanei di tipo religioso (77). In tal senso quest'ultimi non sarebbero indicatori di una crisi della societ secolarizzata, quanto l'ultima delle

sue produzioni. Non tutti i sociologi sono disposti ad avallare una simile tesi. Bench i sincretismi religiosi e le religioni per analogia non siano assenti n rappresentino un fenomeno marginale, (76) B' Wilson, The Contemporary Transformations of Religion, London, Oxford University Press, 1976. (77) Cfr' B' Wilson (a cura di), The Social Impact of the New Religious Movements, New York, Rose of Sharon Press, 1981. esiste un'autentica incapacit del mondo moderno a fornire risposte di senso agli interrogativi fondamentali dell'esistenza umana (78). A quest'incapacit sia il sincretismo della nebulosa mistico-esoterica, sia il rinnovato interesse per la dimensione ecclesiale finiscono con il dare delle risposte. Ci che va segnalato che sia in un caso come nell'altro l'incompatibilit tra religione e modernit risulta affermata: o quest'ultima, per garantire comunque delle risposte, d (78) P' Berger, Facing up to Modernity: Excursions in Society, Politics, Religion, London, Basic Books, 1979. vita a sottoprodotti religiosi, oppure ogni rinnovato interesse religioso, se preso sul serio, equivale alla crisi della modernit stessa e ne presuppone il superamento in qualcuno dei suoi aspetti costitutivi (79). Si cos , ancora una volta ma con l'esperienza appresa da innumerevoli ricerche empiriche, dinanzi al problema dei rapporti tra religione e mondo moderno. Le diverse ipotesi sulla secolarizzazione sembrano risolversi verso il prevalere dell'uno o dell'altro dei due poli e la riduzione del perdente a semplice involucro vuoto, con funzioni, nel migliore dei casi, di legittimazione o di supporto. (79) Cfr' a tal proposito Dani le Hervieu-L ger, Vers un nouveau christianisme? Paris, Cerf, 1986, pp' 215-223. In realt , parlare di religione e di modernit come di due blocchi omogenei e tra loro opposti, non ha senso che sotto la forma ideal-tipica del modello esemplificativo, destinato ad essere perennemente turbato dai fatti concreti. Il mantenere fermo il carattere artificiale della

concettualizzazione, permette di lasciare aperta la possibilit di un'articolazione sia nel caso del primo concetto quanto del secondo. Tanto le ipotesi di Brian Wilson, quanto quelle di Peter Berger, quanto ancora quelle di Dani le Hervieu-L ger, che suppone la possibilit di una presenza reale, anche se non necessariamente accreditata dall'istituzione, della dimensione religiosa all'interno del mondo moderno, sono plausibili ed la realt degli avvenimenti concreti a stabilire quale delle analisi finisca con il prevalere all'interno dei contesti sociali concreti. Una simile indecidibilit del confronto tra religione e modernit non solo coerente con i presupposti epistemologici della sociologia delle religioni, ma anche perfettamente plausibile alla luce degli avvenimenti concreti che non cessano di mostrare la continuazione del conflitto, sia all'interno, sia all'esterno delle Chiese. In realt quest'ultimo ha finito con il produrre tanto una disarticolazione quanto una frammentazione della dimensione religiosa. Alla base di una simile diaspora va rintracciata sia la progressiva perdita di credibilit delle diverse autorit ecclesiali, sia la stessa frammentazione della cultura moderna. La dimensione religiosa si riafferma cos alla periferia di entrambi i poli del conflitto. Essa si sviluppa alla congiunzione di un'esigenza esistenziale di risposta agli interrogativi fondamentali dell'esistenza con la cultura laica pi attenta alla crisi del mondo moderno. Le forme concrete di questa confluenza dipendono strettamente dai diversi livelli di tensione e di crisi che attraversano ricerca di senso e cultura della crisi. L'anonimato metropolitano, la dimensione occupazionale, le derive familiari, le risorse cognitive, le strategie istituzionali, le tensioni sociali, costituiscono altrettanti contenitori non indifferenti entro i quali quest'incontro si realizza. Accanto a quest'influenza degli elementi contestuali si affermano, con un ruolo decisivo, le caratteristiche interne tanto al tipo di offerta religiosa, quanto alle valenze degli strumenti

laici a disposizione. La distanza reale dalle diverse tradizioni religiose e culturali - agenzie di razionalizzazione dell'agire sociale misura, di volta in volta, l'ampiezza del sincretismo o, in senso opposto, la reinvestitura razionale di significativit religiosa. Conclusioni La sociologia delle religioni studia le ricomposizioni della dimensione religiosa nell'ambito della societ contemporanea, sia all'interno sia all'esterno delle Chiese. Queste ricomposizioni hanno un senso sociologico sia che si presentino sotto forma di gruppi o di movimenti, sia che rivestano forme di comportamenti individuali; sia che si esprimano attraverso credenze e pratiche tradizionalmente accreditate, sia che ricorrano a forme innovative, talvolta sincretiche e religiosamente spurie. Se la religione l'insieme organizzato e coerente di atti e credenze riferiti a realt eterne, e se ci preclusa qualsiasi possibilit di validare o meno quest'ultime, la sociologia delle religioni deve avere la possibilit e la volont di studiare quest'insieme coerente di atti e credenze, indipendentemente dalla veridicit o meno delle stesse realt eterne che ne sono l'oggetto. La sociologia delle religioni studia le forme storiche dell'agire religioso inteso come l'insieme dei legami che, di volta in volta, collegano i contenuti della credenza alla sua forma organizzativa e, pi in generale, al contesto sociale che entrambe influenzano e dal quale sono influenzate. Queste forme di rapporti, naturalmente, non sono casuali o estemporanee, ma obbediscono ad una logica interna che, se non riconducibile a leggi, pu essere resa comprensibile attraverso la costituzione di casi-limite. Se nel primo caso si perverrebbe a delle spiegazioni trans-storiche, nel secondo si raggiunge la comprensione di eventi circoscritti. La serie di analisi riportate dovrebbe fugare ogni dubbio sull'importanza della sociologia delle religioni. Quest'ultima getta luce su una dimensione ineliminabile dell'agire sociale e fa emergere le grandi coordinate culturali che

consentono di orientare e dare una gerarchia ai valori. Ma una questione decisiva pu , a questo punto, essere posta. Quanto pesano i valori, e con essi, i criteri che presiedono al loro orientamento? Quanto pu essere importante il riferimento ad una serie di principi e di istanze soprasensibili, oggetto e fonte di identit collettiva? In un mondo sempre pi orientato verso un sapere pratico, finalizzato alla conquista ed al mantenimento di obiettivi concreti, quanto pu influire la rete di valori e di credenze religiose? Certamente la sociologia delle religioni risulterebbe di ben scarso interesse se la rete dei valori e delle credenze fosse un semplice epifenomeno, derivato dalla rete dei rapporti materiali di esistenza. Lo stesso accadrebbe se la sfera religiosa costituisse un aspetto residuale della vita sociale, destinato a permanere in un orizzonte privato, pi o meno come i modelli di organizzazione del tempo libero. Per il sociologo la religione non solo uno dei tratti culturali di un popolo, ma l'orizzonte entro il quale quest'ultimo iscrive, orientandole, le proprie scale di valori (80). L'impossibilit di accedere ad una qualsiasi essenza costitutiva e i legami di interdipendenza tra l'agire religioso, lo sviluppo delle Chiese, ed il generale contesto politico-economico, non tolgono nulla all'importanza dell'universo religioso e del suo studio come fenomeno sociale. La dimensione religiosa, tanto nelle sue forme istituzionalmente (80) Cfr' P' Berger, T' Luckmann, The Social Construction of Reality, Garden City, Doubleday, 1966. Trad' it', La realt come costruzione sociale, Bologna, Il Mulino, 1969; P' Berger, The Sacred Canopy. Elements of a Sociological Theory of Religion, Garden City, New York, Doubleday, 1969. consolidate, quanto nelle credenze socialmente condivise e nella regolazione che queste introducono nel cosmo della vita quotidiana; tanto nella speranza escatologica che finisce con il suscitare, quanto nelle molteplici ricadute sotto forma di speranze e di tensioni intramondane

alle quali perviene, pi o meno direttamente, a dare vita; tanto per le passioni sociali che anima, quanto per i percorsi esistenziali che suggerisce, resta un tassello ineliminabile per la comprensione del mondo moderno. Bibliografia I classici Emile Durkheim, Les formes l mentaires de la vie religieuse, Paris, Alcan, 1922, P.U.F., 1985. Trad' it' Le forme elementari della vita religiosa, Milano, Comunit , 1963. Max Weber, Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus, Mohr, T bingen, 1922. Trad' it' L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Firenze, Sansoni, 1965. Max Weber, Wirtschaft und Gesellschaft, Mohr, T bingen, 1922. Trad' it' Economia e societ , Milano, Comunit , 1960 (2 voll'). Max Weber, Gesammelte Aufs tze zur Religionssoziologie, Mohr, T bingen, Trad' it' Sociologia delle religioni, Torino, Utet, 1976 vol' Ii. Ernst Troeltsch, Die Soziallehren der cristlichen Kirchen und Gruppen, Mohr, T bingen 1923. Trad' it' Le dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristiani, Firenze, La Nuova Italia, 1960. Studi critici S' Acquaviva, Eros, morte ed esperienza religiosa, Bari, Laterza, 1990. P' Besnard, Protestantisme et capitalisme. La controverse post-weberienne, Paris, Colin, 1970. P' Bourdieu, Gen se et structure du champ religieux, in Revue fran aise de sociologie, 12 3, 1971, pp' 295-334. G' Filoramo, Religione e ragione tra ottocento e novecento, Bari, Laterza, 1985. F.A. Isambert, Le sens du sacr . F te et religion populaire, Paris, Minuit, 1982. P' Ladri re, La fonction rationalisatrice de l' thique religieuse dans la th orie web rienne de la modernit , in Archives de Sciences Sociales des Religions, 1986, 61, 1, pp' 105-126. N' Luhmann, Funktion der Religion,

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altri, i proff' Guy Menard, Jos A' Prad s e Jean-Paul Rouleau). Francia Centre National de la Recherche Scientifique, Groupe de Sociologie des Religions, 59-61, rue Pouchet, 75849 Paris, Cedex 17 (vi svolgono la loro attivit di ricerca, fra gli altri, i proff' Dani le Hervieu-L ger, Michael Loewy, Jacques Gutwirth, Ren Luneau, Jean S guy). cole Pratique des Hautes tudes Section des Sciences Religieuses, Paris, Universit de la Sorbonne, tel' 40463137 (vi insegna, tra gli altri, il prof' Jean Baub rot). cole Normale Sup rieure, 45, rue d'Ulm, 75005 Paris, tel' 1 43251229 (vi insegna la prof' Mich le Bertrand). Centre Europ en de Sociologie Compar e des Religions, Palais Universitaire, 67084 Strasbourg Cedex. Tel' 88259700 (proff' Roger Mehl e Jean Paul Willaime). Universit des sciences humaines, Facult des sciences sociales, 22, rue Descartes, 67000 Strasbourg, tel' 88417300 (proff' Freddy Raphael e Gilbert A' Vincent). Germania Universit di Costanza, Universit t Konstanz, Dept' of Soziology, P.O. Box 5560, 7750 Konstanz, tel' 07531 882165. (Vi insegna, tra gli altri, il prof' Thomas Luckmann). Gran Bretagna London School of Economics, Departm' of Sociology, Houghton Street, London, Wc2A 2Ae, tel' 01 4057686 (prof' Eileen Barker, prof' David Martin). University of Warwich, Coventry, Cv4 7Al (Prof' James Beckford). All Souls College, Oxford Ox1 4Al, tel' 865 279290 (prof' Bryan Wilson). Irlanda St' Patrick's College, Maynooth, Co' Kildare, tel' 01 285222 (proff' Michael Mac Greil e John Weafer). Italia Universit degli Studi di Roma - La Sapienza, Dipartimento di Sociologia, Via Salaria (proff' Franco Ferrarotti, R' Cipriani, Maria I' Macioti). Universit di Napoli, Dipartimento di Sociologia, Largo San Marcellino 10,

80100 Napoli, tel' 081 5520053 (proff' Franco Garelli e Stefano Martelli). Universit di Padova, Dipartimento di Sociologia, Via Andreini 12, 35100 Padova, tel' 049 663466 (proff' Sabino Acquaviva, Gustavo Guizzardi, Enzo Pace). Universit di Pisa, Facolt di Scienze Politiche, Dipartimento di Sociologia, Via Serafini 3, 56100 Pisa (prof' Silvano Burgalassi). Olanda Soziologisch Institut, Stationsplein 242, 2312 Ar Leiden (prof' Leo Layendecker). Stati Uniti Hartford Seminary, 77 Sherman St., Hartford Ct 06105, tel' 209 2324451 (prof' Jackson W' Carroll). University of Princeton, Dept' of Sociology, Princeton Nj 08540 (prof' Robert Wuthnow). University of Washington, Dk-40 Dept' of Sociology, Seattle, Wa 98195 (prof' Rodney Stark). University of Detroit, Religious Studies Department, 4001 W' Mcnichols Rd' Detroit, Michigan 48221, tel' 313 9271000. Svizzera Universit di Zurigo, Institut f r Sozialethik, 9, Kirchgasse, 8001, Z rich, tel' 1 2527330 (prof' Alberto Bondolfi). Universit di Losanna, Institut d' thique sociale de la F d ration des glises protestantes de la Suisse (Feps), Rue des Terreaux 10, 1003 Lausanne, tel' 21 236465 (prof' Roland Campiche). Universit di Ginevra, Dept' de Sociologie, Universit , 1211 Gen ve 4, tel' 22 209333 ext' 2330 (proff' Christian Lalive-D'Epinay e Jean Papaioannou). Universit di Friburgo, C.P. 83, 1700 Fribourg 5, tel' 37 246969 (prof' Jean-Fran ois Mayer).

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