Sei sulla pagina 1di 15

FILOSOFIA 14 APRILE

L’IDEALISMO ASSOLUTO DI HEGEL

Per comprendere in modo adeguato il sistema filosofico hegeliano bisogna chiarire tre concetti
che costituiscono i cardini del suo pensiero. Essi sono:

•il vero è l’intero, cioè l’insieme di tutte le determinazioni e opposizioni che si realizzano nella
realtà;

•l’assoluto è concepito come una totalità compiuta ma non statica, è dunque sempre presso di se
e allo stesso tempo è movimento, sviluppo e processo;

•infine, la concezione dialettica della realtà e del pensiero.

Per Hegel l’Assoluto coincide con un soggetto che compie un percorso di progressiva
manifestazione, giungendo alla piena consapevolezza di sé.

Lo sviluppo di questo percorso secondo il filosofo segue una legge definita dialettica, che è la
regola interna della realtà e nello stesso tempo legge del pensiero, in quanto la realtà coincide con
la ragione e dunque il piano ontologico e quello logico corrispondono.

La dialettica si compone di tre momenti:

•il primo momento è quello della posizione: in esso i singoli aspetti della realtà sono separati da
quel tutto che è in grado di conferire loro concretezza;

•il secondo momento è quello della negazione: tutte le determinazioni finite sono destinate a
cadere sotto la potenza del negativo. Ogni cosa si definisce per ciò che non è. Ma questa
negazione non è mai assoluta, ma è quella che Hegel definisce negazione determinata, ovvero ha
il compito di introdurre a una sintesi superiore.

•la sintesi si verifica nel terzo momento, che non è solo superamento del primo e del secondo
momento ma è la loro conservazione e sintesi in un’unità superiore. Il movimento dialettico è reso
più comprensibile se si tiene conto che è reso in tedesco con la parola Aufhebung, che indica quel
processo che nega le determinazioni ma per conservarle ed elevarle.
I concetti cardine del pensiero hegeliano vengono sviluppati ed esposti attraverso due modalità
differenti:

•la prima è la Fenomenologia dello spirito, il racconto dell’esperienza che perviene al sapere
assoluto;

•la seconda è rappresentata dall’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, che i diversi
livelli in cui lo spirito si manifesta.

La Fenomenologia dello spirito

L’itinerario filosofico di Hegel inizia con una considerazione che lo accomuna agli esponenti del
Romanticismo; egli, infatti, interpreta l’età moderna come l’epoca della scissione tra natura e
spirito. Anche per lui, come per Holderlin e Schelling, gli antichi godevano di una condizione di
armonia tra l’umano e il divino che si è persa nella modernità, quando l’uomo condizionato da una
ragione di tipo scientifico si è separato dalla natura diventando un individuo esistente in sé. Se in
un primo tempo Hegel condivide con i romantici una sorta di nostalgia per l’umanità perduta,
presto comincia ad interpretare la storia successiva all’antica Grecia come una valorizzazione
dell’individuo, maturando una considerazione positiva dell’umanità. In tale prospettiva, la filosofia
è la sola in grado di comprendere il divenire storico in tutti i suoi momenti, riconoscendo la
necessità di ciascuno di essi ma superandolo in una prospettiva superiore. Proprio questo è il
senso della dialettica, che viene vista come legge interna della realtà ma anche come regola del
pensiero filosofico che di tale realtà si occupa, facendola pervenire alla consapevolezza.
L’opera la Fenomenologia non è presentata da Hegel come un vero e proprio sistema filosofico,
ma come l’introduzione al sistema della filosofia in quanto mostra come la coscienza attraverso lo
studio della storia del pensiero e della cultura si renda capace di ricomporre l’armonia perduta in
una modalità più completa rispetto agli antichi; è stata anche definita come un romanzo di
formazione perché descrive l’esperienza della coscienza che passa progressivamente dai gradi più
bassi della percezione al sapere assoluto.

Il soggetto del processo fenomenologico è quindi sempre l’Assoluto, il quale tuttavia nelle diverse
fasi non si conosce ancora come tale, ma secondo il grado di sviluppo raggiunto dalla coscienza in
quel particolare momento. Solamente al termine del processo, quando lo spirito ha esplicato sé
stesso la coscienza giunge a conoscere completamente sé stessa come Assoluto.

I diversi momenti del processo fenomenologico si esprimono in «figure» dello spirito, che hanno
una duplice valenza. Da un lato, esse manifestano, per così dire, il punto di vista acquisito dalla
coscienza (o dalle sue determinazioni superiori) in un particolare momento del suo sviluppo.
Dall’altro, esse sono considerate dal punto di vista della totalità del processo, in modo da cogliere
non soltanto ciò che esse contengono, ma anche ciò che non contengono ancora.

Il processo fenomenologico, obbedisce a un movimento dialettico. In ogni fase di sviluppo il


soggetto appare dapprima «in sé» come la semplice coscienza di un oggetto (momento
dell’affermazione, dell’immediatezza);
poi il soggetto viene «negato» dall’oggetto che è qualcosa di diverso rispetto a sé;
infine, il soggetto si rende conto che l’oggetto non è altro che la proiezione di se stesso al di fuori
di sé, ritrovando l’unità di soggetto e oggetto: il soggetto diventa così un «per sé», cioè diventa
cosciente di se stesso, conosce come se stesso ciò che nel momento precedente gli era apparso
come diverso da sé.
Le diverse figure dello spirito vengono ad avere una seconda duplice valenza.
Da un lato esse sono momenti della coscienza singola, dall’altro esse sono momenti di quella
coscienza universale che è l’Assoluto. Per questo alcune figure fanno riferimento a determinate
fasi dello sviluppo storico.
Il modello filosofico hegeliano respinge sia la concezione rappresentativa (propria della tradizione
filosofica fino a Kant), secondo la quale la conoscenza è la rappresentazione ottenuta mediante
l’attribuzione di un predicato (o di più predicati) a un soggetto in quanto si limita ad affermare
appunto l’identità tra il soggetto e i predicati a esso riferiti sia contro Fichte che pretende di
concepire l’assoluto come un processo che non giunge mai a compimento.

Le figure del processo conoscitivo

La prima figura della Fenomenologia è la coscienza naturale e si articola a sua volta in: certezza
sensibile, percezione e intelletto.
La certezza sensibile è il sapere dell’immediato, ossia di ciò che ci suggeriscono i sensi
nell’esperienza diretta delle cose. Ma essa si rivela subito insufficiente in quanto la singola cosa
non può essere colta nella sua complessità.

Si passa pertanto alla percezione, secondo la quale la singola cosa può essere colta nell’insieme
delle sue qualità costituenti. Ma anche in questo caso ci si trova di fronte a una contraddizione,
poiché la cosa percepita appare nel contempo una e molteplice.

Il terzo momento della coscienza è l’intelletto, grazie al quale il soggetto organizza e struttura i
fenomeni di cui si riconosce artefice.

A questo punto la coscienza ha interiorizzato l’oggetto in sé stessa ed è diventata coscienza di sé,


ovvero autocoscienza che ha dunque capito che la certezza della propria esistenza è data dalla sua
attività intellettuale.
L’autocoscienza così realizzata è però un’autocoscienza individuale, che trova di fronte a sé una
pluralità di altre autocoscienze. Tra di esse, anzi, si instaura un rapporto conflittuale: ciascuna
nutre un appetito.

Per affermare la propria superiorità l’autocoscienza deve affrontare una «lotta a morte», nella
quale rivela la propria superiorità mostrando di non avere paura della morte.
A questo punto Hegel introduce la figura del servo-padrone: il padrone è colui che per ottenere
l’indipedenza ha accettato di mettere a repentaglio la propria vita vincendo il conflitto; il servo è
colui che per paura della morte ha deciso di perdere l’indipendenza e la libertà sottomettendosi
all’altro. Il servo lavora per il padrone. Ma in questo modo, proprio attraverso il lavoro, egli si
rende conto di saper dominare la natura e di trasformarla, a differenza del signore stesso che,
incapace di provvedere ai propri bisogni, rivela la sua «dipendenza» dal lavoro del servo e dalla
natura.

Attraverso il lavoro, il servo prende quindi coscienza della sua «indipendenza» dalla natura e dal
signore, conquistando in questo modo la propria libertà.

Il raggiungimento dell'indipendenza,  ultimo dei tre momenti della dialettica servo-padrone,


coincide con lo stoicismo, ossia quella visione del saggio che ritiene di poter fare a meno delle
cose. Tuttavia, in questo modo lo stoico s'illude di eliminare la realtà che continua invece a
sussistere e ad influenzare la sua vita.

Chi invece riesce ad ignorare totalmente la realtà è lo scettico, il quale tuttavia affermando che
tutto è incerto possiede la certezza dell’incertezza, cioè di dubitare di tutto.

Questa scissione tra l'uno e il Tutto, tra l'individuo e la totalità del mondo, si ripropone nella figura
della coscienza infelice. Essa è sempre scissa in sé stessa, cioè sempre esposta al dubbio e alla
contraddizione. Tale contraddizione è dovuta alla sua inconsapevolezza di non sapere ancora di
essere tutta la realtà. ma questa ha una funzione fondamentale: è ciò che mette in moto il
meccanismo di superamento, è ciò che spinge la coscienza ad andare oltre, ovvero a svilupparsi
fino allo spirito stesso.

Per risolvere questa scissione e realizzare pienamente la propria libertà, l’autocoscienza deve
negare se stessa mediante la mortificazione di sé, rinunciando al proprio per ritrovarsi in Dio.

La coscienza riconosce la propria assolutezza e si rende conto di comprendere in sé l’intera realtà.


L’autocoscienza diventa «ragione». Ciò che prima appariva qualcosa di esterno alla coscienza, ora
non è più che un suo momento interno. Giunge così a compimento l’«idealismo», ovvero la
consapevolezza che la realtà è l’idea, il pensiero stesso.

Questo processo di appropriazione della realtà da parte del pensiero conosce naturalmente
diversi gradi. In primo luogo, la «ragione osservativa» si appropria della natura conoscendola In
secondo luogo, la ragione si avvede che, per oggettivarsi nella realtà, non può limitarsi a
conoscerla, ma deve operare su di essa con l’azione individuale.
Ma l’obiettivo della completa appropriazione del mondo da parte della ragione è raggiunto
soltanto quando l’autocoscienza si realizza non più come ragione individuale, bensì come ragione
universale, nei costumi e nelle istituzioni di un popolo, cioè nell’elemento dell’«eticità».
Non più confinata nella sfera dell’individualità, ma oggettivata nella concreta vita dei popoli, la
ragione è diventata «spirito». Le sue configurazioni non sono più soltanto «figure della
coscienza», cioè modi in cui la coscienza si rappresenta soggettivamente la realtà, ma «figure di
un mondo», cioè momenti oggettivi del processo storico.

Con una metafora teologica Hegel afferma, infatti, che essa è l’esposizione di Dio nella sua
essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito. Così come l’intelletto divino,
prima della creazione contiene già in sé il mondo in forma arcaica, nello stesso modo la logica
descrive la struttura razionale che costituisce l’elemento formale della realtà.

L’ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE


Se nella Fenomenologia dello spirito veniva descritta la storia della coscienza che dai livelli più
bassi della percezione giunge al sapere assoluto, l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in
compedio vuole analizzare il processo di realizzazione dello spirito in tutti i livelli.
Tale percorso, secondo Hegel, si sviluppa in tre momenti dialettici:
-il momento della posizione, che riguarda l’idea in sé e per sé, cioè l’idea pura prima della sua
concretizzazione nella realtà;
-il momento della negazione, che comporta l’idea fuori di sé ovvero il suo alienarsi nel mondo
concreto;
-il momento della sintesi, grazie al quale l’idea torna in sé dopo essersi alienata nella natura.
Dal momento che il piano della realtà coincide con quello del pensiero, ogni livello risponde a un
sapere filosofico:
-il primo riguarda la logica, che è la scienza in sé e per sé;

-il secondo riguarda la filosofia della natura, che è la scienza nel suo estraniarsi da sé;

-e l’ultimo è la filosofia dello spirito, che è la scienza che dal suo alienamento torna in sé.
Le categorie della logica

La logica è l’idea in sé e per sé, è la scienza dell’idea pura prima della sua realizzazione nella realtà.
Hegel critica quella concezione secondo la quale la logica è una disciplina formale che non espone
un contenuto reale. Al contrario, la logica è per Hegel speculativa in quanto presuppone il
superamento di quella scissione tra oggetto e soggetto. Le categorie logiche non sono più quelle
kantiane che non esprimono la realtà come è in sé, ma solo per come a noi appare. Hanno, al
contrario, un valore ontologico oltre che logico.

La logica si divide in tre parti, che corrispondono alla suddivisione nei tre momenti della dialettica
(il momento astratto, il momento negativo e il momento speculativo). Abbiamo dunque la logica
dell’essere, la logica dell’essenza e la logica del concetto.

La prima parte della logica inizia con il concetto di essere, di cui si può dire soltanto ciò che è (cosi
come affermava Parmenide). Si tratta di una categoria priva di contenuti e di determinazioni che
per esprimersi deve tradursi nel suo opposto, cioè nel concetto di nulla. Ma l’essere e il nulla sono
due aspetti astratti di una realtà unitaria che è quella del divenire.

La realtà, infatti, come aveva già detto Eraclito, è un incessante fluire in cui facciamo esperienza
sia dell’essere sia del non essere: ogni cosa è ciò che è, ciò che non è e ciò che sarà. Il divenire è un
infinito, ma tale infinito non è quello fichtiano che non giunge mai compimento perché l’Io
racchiude in sé all’infinito un Non Io) ma è la totalità infinita che non lascia nulla al di fuori di sé.
La seconda parte della logica riguarda l’essenza, l’essere non nella sua immediatezza ma come
oggetto di riflessione.

Possiamo dire che la logica dell’essenza è il pensiero che vuole approfondire la sua conoscenza
andando a scoprirne le radici. Vuole capire in che cosa consistano l’identità e la differenza. Hegel,
infatti, discute del principio di identità e di non contraddizione. Il principio di identità è
insufficiente perché si limita all’affermazione dell’immediatezza: c’è dunque bisogno della
negazione dell’identità grazie alla quale si può comprendere l’essenza della realtà che si risolve
nel concetto.

L’ultima parte è quella relativa al concetto, che rappresenta la sintesi dell’essere nella sua
immediatezza e dell’essenza, offrendo la piena comprensione della realtà. Nel concetto si uniscono
dialetticamente i processi di pensiero del soggetto che ragiona (dottrina della soggettività) e i
processi reali che vanno a costituire l’oggetto così com’è (dottrina dell’oggettività), per confluire
nella totalità razionale del reale (dottrina dell’idea). «Il vero è l’intero» e lo è in quanto risultato di
un processo che coinvolge l’essere e il pensiero.

LA FILOSOFIA DELLA NATURA

Alla logica segua filosofia della natura, come sua antitesi. La prima parte che è la logica riguarda
l’idea in sé, considerata nella come la forma del pensiero puro. Per oggettivarsi, per essere oggetto
a sé stessa, l’idea deve quindi uscire da sé stessa, diventare altro rispetto al pensiero puro; lo fa
tramite la natura. Essa rappresenta dunque lo spirito che esce dal pensiero puro per realizzarsi nel
mondo oggettivo; ma questo realizzarsi comporta l’oblio di sé. La natura viene vista come la
negazione dello spirito ma non in senso assoluto.
Essa ha i caratteri della contingenza e dell’accidentalità e pertanto è considerata come la
decadenza dell’idea da sé stessa.
Secondo Hegel, la natura ha unicamente la funzione di preparare il passaggio alla filosofia dello
spirito. Anche essa, però, come le altre parti del sistema risponde a uno schema triadico:
1. il primo grado della natura è la meccanica in cui la forma è imposta soltanto attraverso leggi
astratte e concetti anche essi astratti (spazio, tempo, materia).

2. Il secondo momento è la fisica, nella quale, attraverso la sostituzione dell’analisi qualitativa a


quella quantitativa, comincia a sorgere l’individualità, dapprima come individualità universale le
qualità fisiche), poi come individualità particolare (che riguarda le qualità dei singoli oggetti) infine
come individualità totale (le qualità fisiche considerate come espressioni di tutta la natura).
3. Il terzo grado è la fisica organica, nella quale emerge la «soggettività» della natura, dapprima
nella forma dell’organismo geologico (anche i pianeti vanno intesi come totalità viventi), poi in
quella dell’organismo vegetale e di quello animale, nel quale è massima la differenziazione degli
organi, collegati tra loro per realizzare le tre funzioni della sensibilità, irritabilità e riproduzione.

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO

Dopo essersi estraniata nella natura, l’idea può completare il circolo dialettico ritornando in sé
stessa arricchita dall’esperienza della negazione.
La filosofia dello spirito rappresenta la terza è l’ultima parte del sistema di Hegel. Essa si articola,
come di consueto, in tre momenti dialettici:
1. il primo è lo spirito soggettivo, il quale rappresenta la consapevolezza che lo spirito ha di sé in
quanto singolo individuo e culmina con la presa di coscienza della sostanziale libertà dell’uomo.
2. Il secondo è lo spirito oggettivo, nel quale la libertà umana si realizza o, appunto, si oggettiva
nella comunità sociale e nelle istituzioni.
3. Il terzo momento è lo spirito assoluto, nel quale lo spirito acquista consapevolezza di sé come
totalità della realtà razionale, cioè come assoluto.

-Anche lo spirito soggettivo si divide in tre momenti interni. La sua prima fase è quella dell’anima,
in cui lo spirito è ancora uno spirito naturale. Solo con il tempo, l’uomo comincia a dominare il suo
corpo per mezzo dei meccanismi corporei stessi.
Il secondo momento dello spirito soggettivo è la coscienza che realizza quella consapevolezza
dell’unità tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto.
La terza manifestazione dello spirito soggettivo è lo spirito propriamente detto, lo spirito che si
conosce infine come volontà libera. Ma quest’ultima, ormai pienamente consapevole, tende
necessariamente realizzarsi nel mondo esterno a sé, cioè oggettivarsi.
Lo spirito oggettivo è il momento in cui lo spirito si realizza anche esteriormente nella concretezza
delle istituzioni storicamente esistenti.

La prima determinazione dello spirito oggettivo è il diritto astratto o formale. Esso corrisponde in
gran parte alla concezione del diritto naturale come era stata elaborata dalla tradizione
giusnaturalistica. Lo scopo del diritto è infatti quello di trovare un sistema che garantisca a ciascun
individuo la propria libertà personale in modo tale che questa non interferisca con quella altrui. È
dunque un sistema che è che garantisce la persona e la proprietà, attraverso l’istituto del
contratto. Ma il contratto può essere violato e può portare alla vendetta personale, per questo c’è
bisogno di una giustizia che non sia vendicativa ma legittima, cioè sottratta al volere personale e
ed espressione di una volontà universale.

2. il secondo momento dello spirito oggettivo è la morale che ricerca una legge universale. Ma,
perché è puramente interiore, la morale è sottoposta al contrasto tra il bene universale e la felicità
di ogni uomo.
L’ETICITÀ E I SUOI TRE MOMENTI

Si passa così al terzo momento dello spirito oggettivo, l’«eticità». Secondo Hegel, ciò che rende
l’uomo virtuoso è il rispetto delle regole della comunità.
Il carattere fondamentale dell’eticità è quindi la concretezza, poiché in essa trovano conciliazione
gli opposti caratteri del diritto e della moralità. Grazie agli individui non sono più considerati né
come astratte persone giuridiche né come semplici coscienze, ma come membri di un tutto di cui
sono parti indissolubili.
L’eticità si articola sua volta in tre momenti distinti: la famiglia, la società e lo Stato.
La famiglia è «lo spirito etico immediato o naturale», la prima forma di comunità fondata sul
matrimonio, sulla comunità dei beni e sull’educazione dei figli.
L’educazione dei figli rappresenta il vero compimento, lo scopo della famiglia ma genera anche la
sua disgregazione.
Infatti, la famiglia si scioglie, come comunità etica, quando i figli l’abbandonano per crearsene una
propria.
Dalla dissoluzione della famiglia nasce, dunque, la pluralità delle famiglie, che si rapportano tra di
loro in «modo esteriore», cioè senza il vincolo dell’affetto e della cura reciproca.

Si entra così nel secondo momento dell’eticità, la società civile, un sistema di interdipendenza tra
persone, che cerca di soddisfare gli interessi di ognuno. La piena totalità etica si realizza, infatti,
solo nello Stato, terzo momento e sintesi suprema dell’eticità, perché solo nello Stato l’individuo
ha la propria «libertà sostanziale».
Lo Stato infatti è per Hegel è la più elementare manifestazione della ragione assoluta, colta
nell’elemento immediato dell’esistenza di un popolo e delle sue istituzioni. Lo sviluppo dialettico
dello Stato si articola in tre momenti:
1. in primo luogo, la costituzione dello Stato determina i tre poteri che regolano la vita politica
della comunità: il potere legislativo, il potere governativo ed il potere sovrano, che compendia
nella figura del monarca l’aspetto dell’individualità e quello dell’universalità. Per questo si esprime
a favore della monarchia costituzionale.
2. In secondo luogo, lo Stato si manifesta come diritto statale interno, cioè come insieme di
rapporti che lo connettono e lo contrappongono agli altri Stati.
3. Il terzo momento dello sviluppo dialettico dello Stato è la storia universale. Essa rappresenta lo
spirito del mondo incarnato nei vari spiriti dei popoli (quell’insieme di manifestazioni etiche e
culturali in cui si sviluppa l’esistenza di un popolo).
Ciascuno spirito di popolo potrà tuttavia esprimere più o meno adeguatamente lo spirito del
mondo, a seconda della sua maturità etica.
In ogni fase del processo storico ci sarà un popolo che esprime al meglio lo spirito del mondo in
quel momento.
Nel mondo orientale gli uomini non sanno di essere liberi: soltanto uno di loro è libero, il principe,
ma anche egli esercitando una libertà solo arbitraria e dispotica, non è libero come uomo.
Nel mondo greco e nel mondo romano sorge progressivamente la coscienza della libertà: presso
di loro alcuni sono liberi, altri sono schiavi. La libertà dell’uomo si ha invece nel mondo cristiano
germanico, nel quale il cristianesimo mostra il valore assoluto dell’umanità attraverso il dogma
dell’incarnazione.
LO SPIRITO ASSOLUTO

L’idea descritta nello spirito oggettivo è un’idea che è legata alla dimensione storico-politica: è
un’idea che non è ancora giunta a comprendersi come totalità della realtà razionale. Secondo
Hegel, lo spirito raggiunge la propria libertà e infinità solo nello spirito assoluto. Esso è la ragione
infinita che diventa finalmente consapevole di se stessa, ovvero è lo stesso finito che si
comprende come infinito.
Anche lo spirito assoluto si articola in tre momenti, ciascuno dei quali coglie l’infinito in maniera
diversa. Questi tre momenti sono l’arte, la religione e la filosofia.

L’arte è il momento in cui l’assoluto viene colto in forma immediata attraverso l’intuizione
sensibile. Come per Schelling, quindi, l’arte diventa una forma di conoscenza anche se non
rappresenta il momento apicale del sistema hegeliano: è destinata a essere superata da forme più
alte che sono la religione e la filosofia.
Non tutte le rappresentazioni sensibili esprimono adeguatamente l’idea di assoluto: infatti, anche
del caso dell’arte si assiste a uno sviluppo che porta alla consapevolezza dell’essenza infinita. I
momenti di questo sviluppo coincidono con le tappe della storia dell’arte.
La prima è rappresentata dall’arte simbolica, che corrisponde all’arte orientale (fino agli Egizi) e
trova nell’architettura la sua forma espressiva. Ma queste forme sensibili con cui si tenta di
esprimere l’assoluto sono insufficienti e possono valere solo come simboli del contenuto infinito
che sfugge.
Per questo l’arte simbolica viene superata dall’arte classica, propria della Grecia che si esprime
nella scultura. Per Hegel, l’arte classica realizza il pieno equilibrio tra la forma sensibile e il
contenuto spirituale. Il filosofo, quindi, aderisce al classicismo di Winckelmann che vede nell’arte
greca il culmine delle possibilità espressive.
Ma l’arte classica viene poi superata dall’arte cristiana o post-cristiana, ovvero quella che rimanda
all’incarnazione di Cristo. Ma anche nell’arte romantica o cristiana si realizza uno squilibrio tra la
forma e il contenuto in quanto si è consapevoli che l’infinità del contenuto è talmente grande da
non poter essere espressa attraverso la forma sensibile. Per questo si ricorre alla pittura di cui
rimane solo il colore, alla musica di cui resta il suono e infine alla poesia che cerca di rappresentare
i pensieri per mezzo della parola. L’arte romantica segna dunque per Hegel la morte dell’arte:
ovvero la consapevolezza che l’arte non può esprimere adeguatamente l’assoluto.

Si passa alla religione che è un momento superiore rispetto all’arte in quanto coglie l’identità tra
l’umano e il divino. Ma anche il cristianesimo, secondo Hegel, non coglie l’assoluto nella sua unità
in quanto Dio stesso viene ancora conosciuto come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Anche la
religione quindi resta legata a una distanza insuperabile tra Dio e l’uomo: da un lato ci insegna
l’identità del divino nella venuta di Cristo, ma dall’altro la religione resta intrappolata nella
rappresentazione, cioè nella distinzione tra Dio e l’uomo.

I limiti della religione vengono superati grazie alla filosofia, che coglie l’assoluto attraverso il
concetto razionale. La filosofia è dunque il momento grazie al quale lo spirito, attraverso
l’autocoscienza umana, pensa se stesso e giunge alla consapevolezza di sé. Ma la consapevolezza
di sé è data dalla consapevolezza della sua storia: secondo Hegel, la filosofia non è semplicemente
l’apice del sistema ma è tutta la storia della filosofia. Esiste quindi una corrispondenza fra la
filosofia e la sua storia: le diverse filosofie che si sono succedute storicamente non sono altro che
determinazioni dello spirito in un preciso momento storico. Ogni epoca della filosofia corrisponde
a una specifica determinazione del grado di consapevolezza che lo spirito ha di sé. Solo
l’idealismo assoluto è in grado di raccogliere le diverse determinazioni di questo sviluppo e
sintetizzarle nell’unità tra della coscienza con l’intera realtà.

Potrebbero piacerti anche