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HEGEL

Georg Wilhelm Friedrich Hegel nasce a Stoccarda nel 1770 da una famiglia benestante e conformista. La sua
adolescenza non pare essere caratterizzata da eventi importanti: frequentò il ginnasio della città, condusse
una vita agiata e borghese. Anche la prematura perdita della madre non sembra aver arrecato nel filosofo
grossi traumi. All’Università di Tubinga Friedrich Hegel seguì i corsi di filosofia e teologia e strinse amicizia
con il filosofo idealista Schelling. In quegli anni seguì con profonda ammirazione gli avvenimenti della
Rivoluzione Francese, a tal punto da ergere nel collegio un “albero della libertà”. Terminati gli studi, Hegel
diventò precettore presso case private prima a Berna e poi a Francoforte. Alla morte del padre, ereditò una
cospicua somma che gli permise di stabilirsi a Jena, di esercitare la docenza e di diventare redattore capo di
un giornale. Gli ultimi anni della vita di Hegel non furono meno frenetici: dapprima divenne direttore del
ginnasio di Norimberga, poi professore di filosofia a Heidelberg ed infine all’Università di Berlino. Nella
odierna capitale tedesca raggiunse l’apice del suo successo sino a quando morì, forse di colera, nel 1831. La
produzione letteraria di Friedrich Hegel è vasta e diversificata: agli scritti giovanili di carattere soprattutto
religioso, segue la scrittura del suo capolavoro: la Fenomenologia dello Spirito (1807) e la formulazione più
compiuta del suo sistema filosofico: Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817). A Berlino,
infine, scrisse la sua ultima opera significativa: Lineamenti di filosofia del diritto (1821).
La fenomenologia dello spirito
La Fenomenologia dello spirito di Friedrich Hegel può essere letta come un romanzo in cui il protagonista-
eroe è lo spirito che, dopo travagliate vicende e ostacoli, perviene alla consapevolezza di essere tutta la
realtà. È l’apparire dello spirito a se stesso, come ci suggerisce lo stesso titolo dell’opera (fenomenologia
viene dal greco e significa scienza di ciò che appare). Ma facciamo un passo indietro. Con Spirito, Hegel
intende l’Assoluto, l’Infinito, chiamato anche Ragione, Dio o Idea: è la totalità del reale in cui i singoli enti del
mondo (il finito) sono nient’altro che momenti, parti del tutto infinito. Ma tale infinito non è una realtà
statica, bella che data dall’inizio, ma si configura come un processo che si realizza con gradualità e che solo
nell’uomo (spirito) acquista piena consapevolezza di sé. Per dirla in altri termini: nella Fenomenologia dello
Spirito, Hegel ripercorre il cammino e le varie peripezie che lo Spirito, attraverso la coscienza umana, ha
compiuto per uscire dalla sua individualità e riconoscersi come il tutto, unità di soggetto (uomo) e oggetto
(le cose del mondo), finito e infinito, interno e esterno. Non a caso Hegel è l’esponente più importante della
corrente filosofica chiamata idealismo in cui si nega l’autonomia della realtà che ci appare (fenomenica) ma
la si concepisce come il riflesso, un momento, una creazione del soggetto, dello Spirito, dunque dell’uomo.
“Tutto è Spirito” dicevano gli idealisti. Parafrasando le parole del filosofo Nietzsche, la Fenomenologia dello
spirito di Hegel è la storia di come si diventa ciò che si è: difatti lo spirito è tale sin dall’inizio, ma si riconosce
soltanto alla fine del percorso. È costretto infatti a passare da livelli bassissimi a livelli altissimi di coscienza
che si concretizzano in quelle che Hegel chiama “figure”: delle tappe ideali che hanno caratterizzato la storia
dell’uomo e che hanno costituito la sua progressiva conquista della verità. Hegel vuole, dunque,
ripercorrere la storia culturale dell’umanità (come maturazione globale e non solo per quanto riguarda
l’aspetto conoscitivo) in cui ciascun individuo può al tempo stesso riconoscersi. E lo fa mostrando un
percorso articolato in triadi dialettiche, in cui il punto di arrivo di ciascuna triade costituisce il punto di
partenza della successiva. Ogni triade rappresenta una tappa, ha un proprio nome ed è ulteriormente
suddivisa al suo interno in altre tre sotto-tappe.
COSCIENZA: certezza sensibile, percezione, intelletto

AUTOCOSCIENZA: servo-padrone, stoicismo-scetticismo, coscienza infelice

RAGIONE: ragione osservativa, ragione attiva, individualità in sé e per sé

1 La coscienza è secondo Hegel la prima tappa dello spirito ed è la forma di basilare rapporto dell’uomo con
la realtà: consiste nella sua capacità di concepire l’esterno, il mondo, come esterno e separato da sé. Nel
momento della certezza sensibile l’uomo crede di essere dinanzi alla forma di conoscenza più indiscutibile e
certa, percepisce l’oggetto qui ed ora, e la sua mente non ha ancora iniziato a lavorare sul “questo” che ci
sta dinnanzi. Nota Hegel che un oggetto, un tavolo ad esempio, sono tali per noi unicamente quando
inquadro e penso ciò che vedo in una categoria, sotto un nome generico che lo identifica (la parola
“tavolo”). Ma la certezza sensibile mi restituisce soltanto la percezione di una singolarità senza definizione
e, dunque, quella che all’apparenza sembrava la conoscenza più piena, si rivela vuota, astratta.

2 Allorché si passa da un sapere immediato ad uno mediato (dalla mia mente) ci si imbatte nel momento
della percezione. L’oggetto smette di essere qualcosa di indefinito ma associo ad esso una serie di qualità (il
tavolo lo riconosco marrone, pesante, grande ecc.). Il “questo” precedente diventa dunque la “cosa”, ovvero
un’unità a cui io stesso riferisco le molteplici qualità sensibili che percepisco. Mi rendo conto che è la mia
coscienza a realizzare quell’unificazione dei dati dell’esperienza che altrimenti risulterebbero vuoti e
indefiniti.

3 Nel momento dell’intelletto l’oggetto non viene più percepito in quanto tale ma unicamente come
fenomeno riconducibile ad una legge fisica. È ciò che avviene nell’atteggiamento scientifico, ancora un
gradino più alto di conoscenza. Ed Hegel fa notare, a questo punto, come siamo noi stessi ad associare alla
natura delle leggi fisiche. È la nostra mente che immagazzina e comprende i fenomeni percepiti attraverso
delle leggi da noi fissate. Così, con l’intelletto, si arriva ad un primo superamento dell’opposizione soggetto-
oggetto, non c’è più un soggetto che conosce ed un oggetto che gli è esterno, non si tratta più di due realtà
opposte. La coscienza dell’oggetto esterno, nel momento in cui l’intelletto risolve il fenomeno nelle leggi da
lui stesso stabilite, diventa coscienza di sé, cioè autocoscienza.

Con la tappa dell’autocoscienza l’oggetto viene dunque percepito come non distaccato dal soggetto: ma
siamo ancora in una forma embrionale di conoscenza di sé. Per delineare il percorso di consapevolezza della
coscienza, ora Hegel si allontana dall’ambito gnoseologico (conoscitivo) per abbracciare una prospettiva
storica che riguarda le più svariate esperienze umane (la società, la storia della filosofia, la religione).
L’autocoscienza è sicuramente la parte più nota e contiene le figure più celebri della Fenomenologia dello
spirito, quella del servo-padrone.

1 Il riconoscimento di un’autocoscienza, il proprio sviluppo, secondo Hegel, non potrà che passare in un
primo momento attraverso un momento di confronto/scontro con un’altra autocoscienza: l’uomo ha
bisogno di altri uomini per potersi definire e acquisire coscienza di sé. Per il filosofo idealista: “senza le
guerre la storia registra solo pagine bianche”; allo stesso modo lo sviluppo di un individuo non potrà mai
evitare il momento del conflitto. Il riconoscimento di sé passa dunque attraverso la dialettica del servo-
padrone (concretizzatasi storicamente nel mondo antico): una autocoscienza decide di asservirsi ad un’altra.
Ma perché? Scrive Hegel: “colui che diventa padrone è colui che non ha avuto timore della morte”. Dunque,
padrone è chi ha vinto il timore materiale con la superiorità spirituale: il rifiuto cioè di rendersi schiavi. Ma,
secondo Hegel, si assiste a questo punto ad un capovolgimento di ruoli: il servo diventa il vero padrone.
Attraverso il lavoro lo schiavo impara a vincere i propri impulsi naturali, si autodisciplina, imprime nelle cose
materiali una parte di sé e, soprattutto, si rende indipendente dagli oggetti che produce con la sua attività
rimandandone il loro immediato utilizzo.

2 La raggiunta autosufficienza dell’autocoscienza nei confronti delle cose, raggiunta nella figura precedente,
trova la sua esplicazione nei due momenti filosofici dello stoicismo e dello scetticismo. Nel primo, il saggio si
professa apparentemente libero dai condizionamenti del mondo esterno (ricchezza, passioni ecc.) che però,
nella realtà, rimangono immutati. Lo scettico, invece, sospende il suo giudizio sulla realtà e irrealtà di ciò
che vede, sta mettendo tra parentesi, solo in modo illusorio, il mondo esterno da cui si professa
indipendente.

3 Nel momento in cui dubita di tutto, anche di se stessa, la coscienza perde fiducia in sé stessa e nelle
proprie capacità. Si passa dunque ad una delle figure più evocative della Fenomenologia dello spirito: la
coscienza infelice. Quest’ultima tende a cercare un valore in tutto ciò che le è opposto e al tempo stesso si
mortifica: è storicamente la tappa esemplificatasi nel Medioevo cristiano. L’uomo tende a sentirsi un nulla
contrapposto ad un Dio che è lontanissimo, il tutto, l’Assoluto. La coscienza è dunque infelice perché non
riesce a realizzare che quel Dio potente in realtà è essa stessa; così si denigra sino a compiere una completa
flagellazione delle carni attraverso le pratiche ascetiche. L’esperienza mistica, nello sforzo di avvicinare e
unificare l’uomo con Dio, si capovolge a questo punto in una nuova consapevolezza: la coscienza scopre di
essere Dio. Friedrich Hegel definisce la ragione come: “la certezza di essere ogni realtà”: l’uomo, dal
Medioevo al Rinascimento, ha acquisto la consapevolezza (ma non lo sa ancora nella maniera più piena) di
essere il tutto, ha superato la scissione soggetto/oggetto. La ragione a questo punto ricerca se stessa nella
realtà. 1 Lo fa in primo luogo osservando la natura alla ricerca delle sue leggi. È il momento dello sviluppo
della scienza moderna: è la ragione che, fissando le leggi, cerca di riconoscersi nella realtà oggettiva che le si
presenta davanti (ragione osservativa). 2 Nel secondo momento è la ragione stessa che cerca di imporsi alla
realtà: dall’osservazione oggettiva si passa all’azione soggettiva (ragione soggettiva). Secondo Hegel, in
questa fase la ragione comprende come l’unità di soggetto-oggetto non è qualcosa di già esistente,
semplicemente da contemplare, ma deve essere realizzata. Ma è un tentativo destinato a fallire in quanto
corrisponde ad un progetto individuale. Il voler dare lezioni al mondo, piegando la realtà concreta a dei
propositi di moralizzazione, è un tentativo vano. La ragione non è qualcosa di esterno alla realtà, non
corrisponde al “dovrebbe essere” ma a ciò che è. 3 Nel terzo e ultimo momento (individualità in sé e per sé)
Hegel dimostra come l’individuo, pur nel momento in cui ricerca in se stesso delle leggi che risultino valide
per tutti o si pone nella condizione di giudicarne la presunta bontà, non riuscirà mai ad elevarsi
all’universalità. Nella seconda sezione della Fenomenologia dello Spirito, Hegel affronta l’ultima parte del
cammino della coscienza per assumere la piena comprensione di sé. L’universalità agognata ma non
raggiunta nella fase precedente è realizzata, invece, nella fase dello spirito: la ragione si incarna nelle
istituzioni storico-politiche di un popolo, nello Stato. Non è l’individuo a fondare la realtà in cui vive ma, al
contrario, è la realtà a fondare l’individuo. L’uomo non è dunque sganciato dal contesto ma ne è immerso e
esprime e realizza se stesso nel momento stesso in cui condivide e fa propri i valori della collettività. I
concetti di “giusto” o “sbagliato” sarebbero vuoti se non ci fosse un contenitore (lo Stato) a determinarne il
contenuto. Anche la tappa dello spirito è caratterizzata da tre momenti in cui Hegel affronta il rapporto
individuo/comunità: all’iniziale fusione presente nel mondo greco, segue una frattura manifestatasi nel
mondo moderno, e una finale armonia raggiunta nello Stato. La piena e totale coscienza di sé come Spirito,
il superamento definitivo delle scissioni e la sperimentazione dell’Assoluto sopraggiungono, secondo Hegel,
nei due momenti finali. Con la religione si sperimenta un primo contatto con l’Assoluto, una sua
rappresentazione in modo ancora inadeguato attraverso il ricorso al mito. Il sapere assoluto, cioè la
consapevolezza che nulla è oltre lo spirito, la verità, è raggiunta infine nella filosofia. E nello specifico nella
filosofia idealistica. La Fenomenologia dello Spirito, dopo un lungo percorso che ha portato la coscienza a
scoprirsi appagata nello Stato e a raggiungere la piena conoscenza di sé medesima nella filosofia, è dunque
conclusa.

LA NATURA

Nella seconda parte dell’Enciclopedia, Hegel affronta il tema della Filosofia della Natura. Questa Filosofia ha
come presupposto la fisica empirica, materiale che non va considerato nella sua specificità, ma va collocato
nella realtà concettuale dell’Assoluto, nel contesto concettuale che gli permette di giustificarlo in quel
momento che è il processo di sviluppo dell’Assoluto. Hegel inizia definendo la Natura in rapporto con
l’Assoluto. La Natura è quel momento del processo in cui l’Assoluto si dispiega dialetticamente
nell’esteriorità facendosi altro da sé (--> Natura). Il problema della Natura è piuttosto sviluppato
nell’Ottocento; la principale caratteristica dell’Idealismo e di Hegel in particolare è di giustificarne l’esistenza
e non di farne un modello. L’approccio scientifico distoglie dalla conoscenza della natura, che può avvenire
solo tramite la dialettica. Hegel è polemico nei confronti dei Romantici e non condivide quella filosofia di
tipo fichtiano che faceva della Natura un prodotto dello Spirito; Fichte, infatti, ha superato solo parzialmente
il dualismo kantiano fra Pensiero e Natura, in quanto ha contrapposto la Natura allo Spirito, definendola
altro dallo Spirito.
LA FILOSOFIA DELLA NATURA DI HEGEL: RIASSUNTO

Hegel vuole cogliere i processi dialettici della Natura che non costituiscono una realtà indipendente e
compiuta, ma rinviano all’Assoluto. La Natura è per Hegel l’idea nella forma dell’essere altro. Se l’idea è
spiritualità, l’altro è esteriorità a se la Natura è l’idea nel suo farsi altro da sé, l’altro da sé è esteriorità. Ma
se l’Assoluto è l’essere e se la Natura è altro dall’Assoluto, la Natura è altro dall’essere. Momento negativo
(antitesi): lo Spirito facendosi altro da sé decade à la Natura è la decadenza dell’idea à l’idea è parzialità, è
una manifestazione inadeguata dell’essere. Hegel giustifica la sua critica nei confronti della scienza: per
Hegel la Natura, proprio perché è decadenza dell’Assoluto, non può farci cogliere l’Assoluto stesso. La
Filosofia della Natura ha solo la presunzione di farci cogliere i nessi dialettici che ci rinviano allo Spirito. Per
Galileo e Newton la spiegazione consiste nello spiegare perché “x” è così e non diversamente; Hegel, invece,
non dà per scontata l’esistenza della realtà sensibile à approccio filosofico, perché non possiamo partire
dall’esperienza prima di averne verificato l’esistenza); la spiegazione matematica per Hegel è illusoria, in
quanto non è in grado di spiegare razionalmente la realtà e giustificare razionalmente gli oggetti di cui si
occupa à spiegazione superficiale, sommaria e illusoria della realtà à percepisce gli oggetti come dato di
fatto su una realtà che non ha niente a che fare con lo strumento matematico, frutto di una costruzione
umana. Hegel apprezza il pessimismo di Kant, che dichiara la parzialità della nostra conoscenza, anche se
Kant non ha risolto il limite agnosticamente accettato. La rottura irreversibile è fra Hegel e la scienza
moderna: per Hegel la scienza verrebbe meno ai propri scopi se non fosse in grado di dedurre la totalità dei
fenomeni umani --> la razionalità è strutturata --> l’unico accesso alla razionalità è quello filosofico -->
l’unica spiegazione scientifica e razionale si basa su una spiegazione logica. L’unico accesso alla Natura è,
allora, quello logico e dialettico che ci permette di cogliere la sua intrinseca essenzialità. Per Hegel la
conoscenza è esaustiva, comprende la Natura nella sua totalità; la lettura dialettica della realtà permette di
spiegare ogni singolo fenomeno (anche il particolare). Bisogna giustificare l’esistenza della realtà nella sua
totalità. Il limite della Filosofia della Natura di Hegel è che pretende di dedurre il particolare, la realtà
naturale attraverso un sistema astratto che riconduce tutta la realtà alla logica, cioè prescindendo dalla
Natura stessa.

LA DIALETTICA

Per Hegel l’assoluto è divenire, e la legge che lo regola è la dialettica. Hegel ne distingue tre momenti:
l’astratto o intellettuale, il negativo-razionale, il positivo-razionale. L’astratto (tesi) si ferma alle
determinazioni isolate della realtà. Il negativo-razionale (antitesi) nega le determinazioni astratte
dell’intelletto, rapportandole con le determinazioni opposte. Il positivo-razionale (sintesi) coglie l’unità delle
determinazioni opposte, ricomponendole in modo sintetico. Se l’intelletto è l’or-gano del finito, la ragione è
quello dell’Infinito, lo strumento con cui il finito viene risolto nell’Infinito.Globalmente considerata, la
Dialettica consiste quindi nell’affermazione di un concetto astratto e limitato, che funge da tesi; nella
negazione di questo concetto e nel passaggio ad un concetto opposto, che funge da antitesi;
nell’unificazione della precedente affermazione e negazione in una sintesi positiva comprensiva di entrambi.
Riaffermazioni che Hegel focalizza con Aufhebung, che esprime l’idea di un superamento che è, al tempo
stesso, un togliere e un conservare. La dialettica illustra la risoluzione del finito nell’infinito. Essa mostra
come ogni finito non possa esistere in sé stesso, ma è obbligato ad opporsi ad altro ed entrare in una trama
di relazioni. La dialettica ha un significato ottimistico, perché essa ha il compito di unificare il molteplice,
conciliare le opposizioni. Hegel opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, con un preciso punto d’arrivo.
Hegel rifiuta la maniera illuministica di rapportarsi il mondo. Gli illuministi, facendo dell’intelletto il giudice
della storia, sono costretti a ritenere che il reale non è razionale, dimenticando che la vera ragione (lo
Spirito) è proprio quella che prende corpo nella storia e abita in tutti i momenti di essa. L’avversione ai Lumi
si accompagna all’opposizione a Kant, fautore di una filosofia del finito. Hegel è anche un critico severo delle
posizioni del circolo romantico, cui contesta il ripiegamento sul proprio io e il primato del sentimento,
dell’arte o della fede, sostenendo che la filosofia è una forma di sapere mediato e razionale. Hegel non
costituisce comunque un superamento del romanticismo, ma il diverso esito di una direzione di sviluppo
della cultura romantica. A Fichte, Hegel rimprovera di ridurre l’oggetto a semplice ostacolo esterno dell’Io, e
l’Infinito a semplice metà ideale dell’io finito. Questo progresso infinito è per Hegel il cattivo infinito; non
supera veramente il finito perché lo fa continuamente risorgere. Hegel critica anche Schelling perché
quest’ultimo concepisce l’Assoluto in modo a-dialettico. La dialettica di Hegel è uno dei concetti
fondamentali del suo pensiero filosofico. Essa rappresenta un metodo di ragionamento e di comprensione
della realtà che sottolinea il ruolo delle contraddizioni e dei conflitti nel processo di sviluppo. Ecco alcuni
punti chiave sulla dialettica di Hegel:
1. Tesi, antitesi e sintesi: La dialettica hegeliana si basa sull'interazione tra tre elementi: tesi, antitesi e
sintesi. La tesi rappresenta un'idea, un concetto o una posizione iniziale. L'antitesi è una forza o un'idea che
si oppone alla tesi, generando un conflitto. La sintesi è una risoluzione o un superamento delle
contraddizioni tra tesi e antitesi, creando un nuovo stato o concetto che incorpora elementi di entrambi.
2. Processo di sviluppo: Secondo Hegel, la dialettica è un processo di sviluppo che si applica a diverse sfere
del pensiero e della realtà. Questo processo avviene attraverso l'interazione e la risoluzione delle
contraddizioni. La dialettica è considerata un motore del progresso, in quanto favorisce l'evoluzione delle
idee, delle istituzioni e della storia stessa.
3. Movimento verso l'assoluto: La dialettica di Hegel è orientata verso un obiettivo finale, che egli chiama
l'assoluto o l'idea assoluta. L'assoluto rappresenta la sintesi finale e la comprensione completa della realtà.
Ogni tesi, antitesi e sintesi contribuiscono a un progressivo avvicinamento all'assoluto.
4. Relazione tra pensiero e realtà: La dialettica di Hegel supera la dicotomia tra pensiero e realtà. Egli
sostiene che il pensiero umano e la realtà esterna sono strettamente interconnessi e si influenzano
reciprocamente. La dialettica permette di comprendere come il pensiero e la realtà si sviluppano in
relazione reciproca.
5. Progresso storico: Hegel applica la dialettica alla filosofia della storia, sostenendo che la storia umana si
sviluppa attraverso il conflitto e la risoluzione delle contraddizioni. Ogni epoca storica rappresenta una tesi,
mentre il cambiamento storico avviene attraverso l'antitesi e la sintesi, portando a una progressiva
realizzazione dello spirito umano.

LA SINGOLARITÀ

Per Hegel, la "singolarità" rappresenta un concetto che si riferisce all'individualità o all'unicità di un


particolare oggetto, evento o individuo all'interno della totalità. La singolarità è una parte essenziale del
processo dialettico e del suo sviluppo. Ecco alcuni punti chiave sulla singolarità nel pensiero di Hegel:
1. Relazione tra singolare e universale: Hegel sottolinea la relazione tra il singolare e l'universale. Ogni
singolarità, che può essere un oggetto, un evento o un individuo, è un'incarnazione o una manifestazione
dell'idea universale. In altre parole, il singolare rappresenta una particolare espressione dell'idea o dello
spirito universale.
2. Sintesi dialettica: La singolarità svolge un ruolo nel processo dialettico di tesi, antitesi e sintesi. Quando
una tesi si scontra con un'antitesi, si genera un conflitto dialettico che richiede una sintesi per superare la
contraddizione. La sintesi rappresenta un nuovo stato o concetto che incorpora e trascende le singole
posizioni.
3. Individualità e totalità: La singolarità è al tempo stesso un'individualità autonoma e parte integrante della
totalità. Ogni singolarità contribuisce alla totalità, ma conserva anche la sua unicità e identità specifica. La
totalità, d'altra parte, include e integra tutte le singolarità.
4. Progresso e sviluppo: La dialettica delle singolarità è un fattore chiave nel progresso e nello sviluppo dello
spirito. Attraverso la contraddizione e la sintesi delle singolarità, il processo dialettico si sviluppa e
progredisce, portando a una maggiore comprensione e realizzazione dell'idea universale.
5. Libertà e autocoscienza: La singolarità è anche collegata al concetto di libertà e autocoscienza. Per Hegel,
l'autocoscienza individuale si sviluppa attraverso l'interazione e il riconoscimento reciproco tra singolarità.
Ogni individuo ha la libertà di esprimere la propria singolarità, ma questa libertà è integrata in un contesto
sociale più ampio.

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