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San Tommaso d'Aquino visto nelle sue opere principali P.

Giuseppe Barzaghi op Dice San Tommaso: Chiunque pu sperimentare che nessuno pu crescere bene nella scienza cos come quando comunica agli altri ci che egli sa (Quilibet potest experiri quod nullus ita bene potest proficere in scientia sicut in communicando aliis quae ipse scit), Sermo 8, Il fanciullo Ges. Si tratta di una annotazione effettivamente carica di esperienza. Basta avere una minima consuetudine di insegnamento per riconoscere che si comprende meglio una materia dopo averla spiegata ad altri, che dopo averla semplicemente appresa. In questo modo, si d una perfetta continuit tra lo studioso e il predicatore. La comunicazione vive di studio e lo studio ordinato alla predicazione. Pietro il Cantore, nel XII secolo, aveva enucleato in tre attivit il compito del maestro in sacra teologia: Legere, Disputare, Praedicare. E cos, la predicazione era lo scopo ultimo del commentare e del disputare; ma allo stesso tempo, il commentare (legere) e il disputare erano lo strumento indispensabile per una buona predicazione. Occorre conoscere (legere) in modo chiaro (disputare) ci di cui si parla (praedicare). Del resto, San Tommaso si distinse anche come predicatore oltre che come maestro in teologia. Il sentimento che certamente guidava la sua oratoria sacra risulta da quanto egli stesso dice a proposito degli ordini religiosi deputati allinsegnamento e alla predicazione: Sicut enim maius est illuminare quam lucere solum, ita maius est contemplata aliis tradere quam solum contemplari (S.Th. II-II, 188,6). Come lilluminare supera lessere semplicemente luminoso, cos il trasmettere ad altri ci che si contemplato supera lessere semplicemente contemplativi. La contemplazione lambiente proprio della predicazione cristiana. Daltra parte, san Tommaso conosceva anche limportanza della tecnica oratoria e dei suoi risvolti psicologici, tanto che nel commento alla lettera agli Ebrei ha un inciso efficacissimo al riguardo: Sermones autem breves valde accepti sunt, quia si sunt boni, inde avidius audiuntur, si vero mali, parum gravant (Super Heb., c.13, l.3). Le prediche brevi sono le pi gradevoli, perch se sono buone si ascoltano con pi desiderio, se invece sono cattive pesano meno. Una medesima lezione di concisione e profondit, cos da ricordare una complessit ben strutturata, si trova nelle preghiere: compendi di dottrina nella memoria delle cose pratiche. Rigans montes e Hic est liber mandatorum Dei sono le due lezioni inaugurali che San Tommaso ha tenuto come momento inaugurale del suo mandato accademico, con il conferimento della licentia docendi. Son sono delle prediche ma degli atti ufficiali. Tuttavia, nel modo con il quale si strutturano e vengono condotti, rappresentano una piccola summa del modo con il quale nella mente del predicatore prende forma un sermone dotto, badando alla materia, allautorevolezza di chi la insegna, alle condizioni dei destinatari e al metodo. Cos in Rigans, cio commentando il versetto 13 del salmo 103, dove si legge: Dalle tue alte dimore irrighi i monti, del frutto delle tue opere sazi la terra, san Tommaso applica il criterio gerarchico per il quale ci che superiore raggiunge linteriore attraverso lintermedio per istituire il metaforico rapporto tra nubi - monti - terra, da una parte, e sapienza divina - dottori - ascoltatori dallaltra. E come dalle nubi scendono le piogge che irrigano i monti e dai monti scorrono i fiumi che irrorano la terra, cos dalla sapienza divina scende la dottrina che illumina le menti dei dottori, che con il loro ministero istruiscono gli ascoltatori. Perci, i temi implicati dal versetto sono: laltezza della materia, la dignit di chi insegna, la disposizione dellascoltatore e il metodo della comunicazione. A) Laltezza della dottrina (alte dimore) dovuta alla profondit del mistero divino. Essa originata dallalto, da quei luoghi altissimi che sono le Scritture, sue dimore, e con il fine sublime che il raggiungere la vita eterna.

B) La dignit di chi insegna legata allimmagine dei monti che si avvicinano al cielo: la nostra conversazione in cielo (Fil 3,20); e i monti sono i primi ad essere illuminati dal sole, come i maestri dalla sacra dottrina, e come i monti hanno anche una funzione di difesa. C) Lascoltatore la terra che viene saziata dalle acque dei fiumi. La sua posizione bassa, significa lumilt dellascoltatore: lumilt la condizione per apprendere la sapienza. Ma la terra anche stabile, il che equivale alla fermezza del giudicare e non essere sballottati come bambini. La fecondit della terra irrigata dallacqua lefficacia dellinsegnamento, cio la scoperta di cose nuove: il buon ascoltatore, dalle poche cose ascoltate ne ricava molte altre. D) Il metodo adeguato alla comunicazione prevede che non tutto sia detto: i dottori o maestri non capiscono tutto quanto nella sapienza divina e perci non devono neppure comunicare tutto quanto sanno a chi semplice. Cos, se Dio la stessa Sapienza, i maestri sono abbondantemente partecipi della sua sapienza, gli ascoltatori lo saranno sufficientemente perch saziati: questo indica la quantit in cui distribuita la sapienza. La qualit della sapienza comunicata, per, rimane sempre divina: Dio, con il frutto delle sue opere sazia la terra, non con quello dei maestri suoi semplici ministri. San Tommaso, oltre a destreggiarsi con i contenuti pi tipicamente metafisici, negli articoli di prefazione al De Trinitate di Severino Boezio d una precisa impostazione del rapporto federagione e dello statuto epistemologico della Sacra Doctrina come scienza. La nostra mente sufficiente alla conoscenza delle verit naturalmente acquisibili intorno a Dio, sebbene passi attraverso il triplice modo della affermazione, della negazione e della eminenza, cos come insegna Dionigi pseudo Areopagita. Ma per la conoscenza delle verit soprannaturali, come la Trinit, c bisogno della luce superiore della fede. La conoscenza della Trinit naturalmente inattingibile e in questa vita pu essere solo creduta. Non se ne d una prova dimostrativa, ma solo argomenti non necessari e neppure molto probabili se non per chi crede. Ma la perfezione delluomo consiste nellunione con Dio, cos che lintelletto lo contempli e la ragione lo ricerchi. Ora le cose divine, conosciute a modo divino, vengono da Dio stesso, compreso secondo se stesso. In questa vita, ci avviene perch la fede, che infusa in noi da Dio e che ci fa inerire a Dio stesso per se stesso, realizza in noi una certa partecipazione delle cose divine e una certa assimilazione al modo divino stesso di conoscerle. Ma Dio conoscendo se stesso conosce anche tutte le altre cose con una semplice intuizione. Noi, invece, partendo dalla conoscenza di fede deduciamo discorrendo razionalmente, cio secondo il nostro modo, la conoscenza delle altre cose. Perci, quanto teniamo per fede rappresenta il principio scientifico, mentre il resto si presenta come la conclusione. Gli articoli di fede, dunque, sono come principi di una scienza. Essi non possono essere dimostrati perch non sono conclusioni. Possono per essere illustrati con similitudini e come i principi naturali che sono mostrati nellinduzione. Essi, come oggetto di fede, sono creduti, ma anche nelle scienze profane si d una scienza che ha come principi prossimi qualcosa che oggetto di fede. Le scienze subalterne partono, come da principio prossimo, da ci che assumono per fede dal cultore della scienza superiore, basandone la certezza per sulla scienza che quel cultore ne ha. Per esempio, il medico assume per fede dal fisico che gli elementi sono quattro ecc. E analogamente la Sacra Dottrina, cio la scienza divina che noi coltiviamo a partire dalla fede, scienza subalterna alla scienza che Dio ha di se stesso e di tutto in se stesso. In questa scienza ha una funzione anche la filosofia: perch nelle cose dette dai filosofi, se non sono abuso o difetto di ragione, si danno delle similitudini e dei preamboli delle cose di fede. Fede e ragione non possono essere in contrasto perch hanno la medesima fonte che Dio: se contrastassero, lopposizione sarebbe assurdamente in Dio. Perci, il corretto esercizio della filosofia nella Sacra Dottrina, per usare una metafora, non un annacquare la fede divina, ma un vinificare la ragione filosofica.

Se le cose di fede non possono essere razionalmente dimostrate, tuttavia la ragione filosofica pu mostrate che ci che contrasta la fede o impossibile, oppure, se non possibile dimostrare che falso, essa pu mostrare che non necessariamente vero. In sintesi, San Tommaso dice che la filosofia, nella Sacra Dottrina, ha tre compiti: 1) dimostrare i preamboli della fede; 2) notificare con similitudini appropriate i contenuti di fede; 3) resistere alle obiezioni contro la fede, mostrando che sono false o che non sono necessariamente vere. Commento alle lettere di San Paolo: un esempio di esegesi Nel Prologo al Commento alle lettere di San Paolo, San Tommaso inquadra la figura dell'Apostolo e la sua opera con il richiamo alla espressione degli Atti degli Apostoli (9,15) con la quale il Signore parla di Paolo ad Anania in una visione: Egli per me vaso di elezione per portare ai popoli il mio nome. Limmagine del vaso sovente usata nella Scrittura per indicare gli uomini. San Tommaso sfrutta questa immagine per descrivere le caratteristiche della figura di San Paolo. Quattro sono le caratteristiche di un vaso: 1) la sua produzione dalla libera volont di un artigiano, 2) la capacit di contenitore, 3) il suo uso e 4) la sua utilit. 1) Come un vaso plasmato dallartigiano, cos Paolo un uomo plasmato da Dio. E con materiale delezione come loro, che indica lo splendore della sapienza, della carit e delle virt. Infatti San Paolo insegn i misteri della Sapienza divina, elogi la carit e raccomand agli uomini le virt da coltivare. 2) Come contenitore, Paolo fu pieno del nome di Ges, da predicare e da amare. 3) Egli fu usato secondo la nobilt pi grande: per portare il nome di Ges nel corpo, ricevendo le stimmate di Cristo, e nella bocca, come la colomba del diluvio port nel becco il ramoscello dulivo che simbolo della misericordia di Dio. Infatti, Ges questa misericordia: il suo nome significa Salvatore. Paolo stesso fu destinatario di questa misericordia, un convertito, ma la port con la predicazione anche ai pagani eletti. 4) Quanto alla utilit, Paolo divenne infatti maestro delle genti. E il frutto del suo insegnamento sono le sue lettere, nelle quali esposta la dottrina della grazia di Cristo. Tre sono gli aspetti sotto il quali viene esposta questa dottrina. La grazia viene infatti considerata nel Capo, nelle membra principali del corpo mistico, cio i prelati, e nel corpo mistico che la Chiesa. Alla esposizione della grazia capitale viene dedicata la lettera agli Ebrei. Nella considerazione della grazia nelle membra principali, cio i prelati, occorre distinguere lambito spirituale e quello temporale. Nellordine spirituale, per quanto riguarda listituzione, listruzione e il governo dedicata la prima lettera a Timoteo; alla fermezza contro i persecutori dedicata la seconda lettera a Timoteo; alla difesa contro gli eretici dedicata la lettera a Tito. Alle istruzioni per il governo temporale dedicata la lettera a Filemone. Lesposizione della dottrina della grazia nel corpo mistico prevede la considerazione della grazia in se stessa, nei sacramenti e secondo il suo effetto che lunit della Chiesa. Alla grazia in se stessa dedicata la lettera ai Romani. Alla grazia nei suoi sacramenti sono dedicate le due lettere ai Corinzi: la prima riguarda i sacramenti in se stessi e la seconda riguarda la dignit dei ministri dei sacramenti. La lettera ai Galati respinge i sacramenti superflui. Alleffetto della grazia che lunit del corpo mistico sono dedicate: la lettera agli Efesini, quanto alla costituzione dellunit; la lettera ai Filippesi, quanto al progresso; la lettera ai Colossesi, quanto alla difesa dellunit contro gli errori; contro i persecutori presenti dedicata la prima lettera ai Tessalonicesi, mentre la seconda lettera ai Tessalonicesi riguarda i persecutori futuri. Il tesoro dei Padri in San Tommaso: la Catena Aurea.

Nella Catena aurea, glossa continua sui quattro Vangeli, San Tommaso presenta la sublimit della dottrina evangelica e di ci che le conviene partendo dal testo di Isaia (40, 9-10) dove risuona linvito: Sali su un monte alto ... alza con forza la tua voce ... non temere. Laltezza o sublimit della dottrina evangelica racchiusa nel fatto che Dio si fa uomo perch luomo divenga Dio. Non si tratta di una dimissione della potenza divina, ma della manifestazione della sua misericordia. E lo scopo appunto la partecipazione delluomo alla gloria immortale. Perci, linsegnamento evangelico riguarda la figura di Cristo sotto quattro aspetti: la divinit che assume, lumanit assunta, la morte che libera dalla schiavit e la resurrezione che apre lingresso nella gloria. E cos, anche la visione dei quattro esseri animati di Ezechiele (1, 4-10) declina in modo figurato questo stesso mistero di Cristo. I Padri interpretano, secondo prospettive diverse ma concordanti queste figure. Per esempio, Gregorio Magno interpreta la figura di uomo come simbolo dellincarnazione, quella del vitello come simbolo della morte sacrificale, quella del leone come simbolo della risurrezione per la potenza divina e quella dellaquila come simbolo dellascensione al cielo. In questo quadro prendono fisionomia anche i quattro evangeli nelle loro proprie forme redazionali. Infatti, il vangelo di Matteo, trattando delluomo, comincia con la genealogia di Ges. Il vangelo di Luca invece, trattando del sacerdozio, comincia con un sacrificio riconducibile allimmagine del vitello. Il vangelo di Marco, trattando della resurrezione legata allimmagine del leone, comincia con la voce che grida nel deserto. Infine, il vangelo di Giovanni, che tratta dei segni della divinit, simboleggiata dallaquila, comincia dalla divinit di Ges. Il fatto stesso che i vangeli siano quattro ha un carattere insieme simbolico e probativo della loro veridicit. Simbolicamente, il numero quattro indica la totalit della terra, nella quale si estende il messaggio evangelico; ma anche il numero dei fiumi del paradiso, oppure i quattro anelli dellarca dellAlleanza. Dal punto di vista fattuale, che i vangeli siano quattro non va a scapito della certezza della dottrina e della linearit del contenuto: sono un unico vangelo in quattro libri. Uno stesso contenuto declinato in modi diversi, come un unico pensiero pu essere espresso poeticamente con diversit di metro e di parole. Pur essendo quattro, essi discordano solo nel minimo: e ci segno di indipendenza e quindi di veridicit. Concordano invece nel massimo, il che indica la loro fonte divine e non semplicemente umana. Perci, il monte alto di cui parla Isaia, Cristo stesso: sempre quel monte del tempio del Signore che alla fine dei tempi sar elevato sopra gli altri monti (Is 2,2). Per questo monte occorre alzare con forza la voce: perch la dottrina di Cristo va predicata anche ai lontani. Ed proprio Cristo che toglie il timore, giacch la nuova legge evangelica legge di libert e non di timore come lantica. Il Commentatore di Aristotele Il Commento alla Fisica. In esordio, san Tommaso determina e articola il quadro specifico del sapere fisico o di scienza naturale richiamando i criteri cardinali della epistemologia aristotelica. La scienza dipende dallintelligibilit delloggetto di indagine e dalla sua definizione. Ora, lintelligibilit legata allastrazione dalla materia e implica diversi gradi. La definizione, invece, il cuore della scienza perch ogni scienza viene specifica dal suo proprio modo di definire: infatti il termine medio della dimostrazione scientifica proprio la definizione. Ora, vi sono cose che dipendono dalla materia sensibile sia quanto allessere che quanto alla definizione: come per esempio camuso il naso schiacciato, per cui nella sua definizione deve comparire la realt fisica del naso. Altre cose, invece, dipendono dalla materia sensibile quanto allessere ma non quanto alla definizione: come per esempio curvo, che certamente caratterizza un ente fisico o naturale, ma per concepirlo o definirlo non occorre riferirlo a una strada o a un bastone o a altre cose del genere. E infine vi sono cose che non dipendo dalla materia n quanto allessere n quanto alla definizione: o perch la escludono non essendo mai nella materia, ed il

caso di Dio e delle sostanze separate, oppure perch non la includono non essendo universalmente nella materia, come il caso delle nozioni di sostanza, potenza e atto e la stessa nozione di ente. Se questo ultimo caso corrisponde al quadro epistemologico della scienza Metafisica e il secondo al quadro della Matematica, che si occupa di numeri grandezze e figure, il primo proprio ed esclusivo della scienza della natura o Fisica. La fisica dunque considera le cose che sono nella materia sensibile e non sono definibili senza materia sensibile. E siccome tutto ci che possiede una materia sensibile mobile, il soggetto della scienza fisica lente mobile. Fisica scienza della natura perch la natura il principio del movimento e del riposo nella cosa in cui si trova. I libri della Fisica considerano in modo principale e separato ci che compete allente mobile in genere. Come la Metafisica studia lente in quanto ente, cos la fisica studia lente mobile in quanto mobile. La considerazione infatti delle diverse tipologie o specie di enti mobili si trova in altri trattati. Il trattato Sul Cielo considera lente mobile secondo il moto locale, che la prima specie di movimento; il trattato Sulla Generazione studia il moto verso la forma e la mutabilit degli elementi; il trattato Sulle Meteore studia i moti pi speciali, cos come il trattato Sui Minerali studia i moti misti inanimati e il trattato SullAnima i moti misti animati. Il Commento alla Metafisica. Nel Proemio, san Tommaso dimostra una padronanza di sintesi veramente impressionante. Nel giro di strette e dense riflessioni, egli inquadra la natura di questa disciplina scientifica, insieme cos particolare e universalissima, dentro il senso pi alto e nobile della beatitudine umana. Poich tutte le arti e le scienze sono ordinate alla perfezione delluomo, che la sua beatitudine, occorre che una tra esse abbia un compito direttivo. Infatti, dove pi cose sono ordinate a qualcosa di unitario occorre un coordinatore. E questo coordinatore dirige in quanto vede lordine che c in questa molteplicit. Per questo lo si chiama sapiente: proprio del sapiente ordinare. E la disciplina che governa tutte le altre discipline si chiamer sapienza. Ora, la sapienza, come il sapiente, implica una preminenza nellordine intellettivo. E lintelligenza si misura sul grado del suo oggetto proprio che lintelligibile. Tre sono le caratteristiche dellintelligibile: la certezza, luniversalit e limmaterialit. Lintelligenza cerca la certezza e questa la si possiede una volta che si conosciuta la causa o perch di un fenomeno: ora, la sapienza tale in quanto conosce le prime cause. Luniversalit il carattere che distingue lintelligibile dal sensibile, che invece particolare. Ora, la pi alta universalit si trova nella nozione di ente e in quella delle sue propriet, come uno-molti, atto-potenza. Queste nozioni si trovano implicite in qualsiasi altra nozione pi particolare o specifica studiata da una scienza particolare, e ne rappresentano il fondamento. La sapienza ha come proprio compito specifico quello di studiare esplicitamente questo universale genericamente e implicitamente presente nelle altre scienze. Limmaterialit il carattere in cui intelligenza e intelligibile scoprono la propria omogeneit: lintelligenza per se stessa nellordine della immaterialit e il sommo intelligibile dovr essere al sommo della immaterialit. E cio sar tale non solo perch separato dalla materia individuale, come la nozione universale degli enti corporei (per es. come la nozione di carne e ossa da questa carne e queste ossa), ma anche da questa stessa nozione astratta di materialit sensibile e persino da quella di materia puramente intelligibile, quale quella dei corpi matematici. Insomma, sar tale da essere separato dalla materia anche quanto allo stesso essere: una realt assolutamente immateriale. Tale appunto Dio e tali sono le sostanze spirituali. In quanto considera le cause prime, la Sapienza si chiamer Filosofia Prima; in quanto considera le realt universali si chiamer Metafisica o Transfisica; in quanto considera Dio si chiamer Teologia. Ma laspetto per il quale questa disciplina ununica scienza il suo soggetto, lente comune, che viene esplicitato secondo la celebre formula ente in quanto ente.

Il Commento all'Etica. Nella premessa al suo commento san Tommaso descrive la funzione ordinatrice della ragione e il carattere proprio della filosofia morale. La ragione, a differenza di sensi che colgono alcune cose in modo assoluto, conosce lordine che c tra una cosa e laltra. Per questo motivo, compete al sapiente lordinare, giacch la sapienza la massima perfezione della ragione. Ora, esistono due tipi di ordine: quello che la ragione considera ma non fa e quello che la ragione, considerando, fa. Il primo lordine naturale delle cose, mentre il secondo lordine operativo realizzato dalla ragione stessa. Questordine operativo la ragione lo realizza in se stessa quando mette ordine tra le proprie idee. Ma essa pu mettere ordine anche nelle operazioni volontarie e nelle realt esterne alluomo delle quali essa causa, come la costruzione di una casa. A questi diversi quadri razionali corrispondono diverse scienze. Al quadro semplicemente considerativo dellordine naturale corrispondono la Filosofia della Natura, la Matematica e la Metafisica. Ai tre complessi del quadro operativo, invece, corrispondono rispettivamente la Filosofia della Ragione o Logica, la Filosofia Morale e le Arti Meccaniche. Da ci risulta che il soggetto della filosofia morale lazione umana ordinata al fine o anche luomo in quanto agisce volontariamente per il fine. Lagire volontario delluomo si denomina infatti precisamente agire umano per distinguerlo dalle azioni che si trovano pure nelluomo ma non sono volontarie, come per esempio quelle della parte vegetativa. Ma luomo anche animale politico, cio non pu vivere senza gli altri. Il che si realizza primariamente nella comunit che la famiglia, per potere avere i mezzi indispensabili per vivere, visto che ogni individuo viene procreato, nutrito ed educato dai genitori e tra i componenti della famiglia c un aiuto reciproco. Ma perch luomo non solo viva ma abbia anche i mezzi per vivere bene, ha bisogno della comunit politica. Lo Stato infatti possiede delle risorse che la famiglia non pu procurarsi da sola. Perci, la filosofia morale si articola in tre parti: monastica, economica e politica. La monastica riguarda le azioni dellindividuo ordinate al fine; leconomica riguarda le azioni della comunit familiare; la politica, infine, le azioni della comunit statale. Il Commento alla Politica. Poich secondo Aristotele larte imita la natura, lintelligenza umana, nelle proprie attivit produttive, deve uniformarsi alle realt prodotte dalla natura. La natura, infatti, offre il modello della metodologia operativa. Ora, la natura procede dal semplice al composto, cio dallimperfetto al perfetto, e tale dunque la procedura sia nellordine delle cose naturali sia nellordine umano, cio della societ. Tra le diverse forme della vita associata, la pi perfetta la citt. Ed il fine al quale tutte le altre forme sono ordinate, giacch essa sola garantisce i mezzi per una vita umana indipendente. Del resto, lorganizzazione degli uomini superiore alla organizzazione delle cose che sono ordinate alluomo. Da ci risulta che la Politica, o scienza della citt, necessaria perch rappresenta il compimento della riflessione filosofica intorno a ci che luomo produce. Si tratta di una scienza pratica, visto che la citt qualcosa che va realizzato. Ma non pratica come le scienze meccaniche che riguardano il fare, bens essa si colloca nellordine della scienza morale, riguardante lagire, cio dare consigli, scegliere ecc. E in questo ordine essa la scienza pi perfetta, giacch la vita delluomo associata il grado pi alto del bene umano. In questo senso, essa svolge una funzione architettonica rispetto a tutte le altre scienze pratiche. Infine, il suo metodo insieme teorico, perch porta conoscere la nozione di citt a partire dalle sue componenti e dai principi ricava le caratteristiche o propriet, ma anche eminentemente pratico perch serve a indicare il modo di guidare le singole funzioni della citt. Le Questioni Disputate Le Questioni Disputate sono il frutto delle lezioni universitarie di San Tommaso, costruite con il metodo delle obiezioni o delle osservazioni pro e

contra. Con esse gli studenti sollevavano la oggettiva difficolt di un tema. A questi rispondeva un assistente citando una fonte autorevole. Quindi il Maestro chiudeva la questione con sentenza, determinando la soluzione e alla luce di essa scioglieva le obiezioni prima sollevate. Sono lesempio pi brillante dellarte di insegnare. A giudizio del grande medievista M. Grabmann, le Quaestiones disputatae sono, dal punto di vista scientifico, lopera pi profonda e fondamentale che S. Tommaso abbia scritto. In effetti si tratta di un modo molto ricco e critico di dettagliare una tematica profonda. La stessa vivacit dellazione disputatoria, di per se stessa tesa pi alla ripulitura delle idee in gioco che non alla distruzione dellavversario, rappresenta un vero esercizio di filosofia e di teologia. Di fatto, poi, storicamente sappiamo che queste dispute erano veramente dei campi di battaglia. E allora avevano pi il sapore del dibattito che non della disputa: dibattere vuol dire calpestarsi con violenza, mentre disputare vuol dire pulire con intensit. Il sillogizzare dialetticamente pone le basi per una metodologia speculativa che sappia efficacemente integrare diverse posizioni. E la quaestio effettivamente il modo pi appropriato per entrare nel cuore delle diverse posizioni filosofiche e teologiche, cos da saper esaminare ogni cosa e tenere ci che buono, come recita il celebre invito paolino (1 Ts 5,21). Nella quaestio disputata, San Tommaso d prova della sua abilit dialettica, cos come nella Summa d prova della sua grande sistematicit. Labilit dialettica anzitutto nel confronto, perch la verit si decanta con rigore dal cimento delle diverse opinioni: Ad sciendum veritatem multum valet videre rationes contrariarum opinionum (In I De caelo et mundo, l. 22), per conoscere la verit assai importante considerare le ragioni delle opinioni contrastanti. La verit teoretica, infatti, esige uno statuto di incontrovertibilit, cio di esclusione di una alternativa plausibile: De ratione scientiae est quod id quod scitur existimetur esse impossibile aliter se habere (S.Th., II-II, 1, 5, ad 4), appartiene alla natura della scienza il ritenere che ci che si sa non possa essere altrimenti da come . Il che implica, almeno tendenzialmente, la negazione della propria negazione: Nullo enim modo melius quam contradicentibus resistendo aperitur veritas et falsitas confutatur (De perfectione vitae spiritualis, c. 26). Ma San Tommaso riconosce anche un aspetto pi positivo nel confronto con posizioni dottrinali dialetticamente contrastanti: Nulla falsa doctrina est quae vera falsis non admisceat, (S.Th., I-II, 102, 5, ad 4), non si d una dottrina falsa che non mescoli il vero col falso. Questa apertura per cos dire dialogica della mentalit realista non per fine a se stessa; il termine di riferimento ultimo del dialogo rimane sempre la verit: Non enim pertinet ad perfectionem intellectus mei quid tu velis vel quid tu intelligas cognoscere, sed solum quid rei veritas habeat (S.Th., I , 107, 2), non ha alcuna rilevanza per la perfezione del mio intelletto sapere che cosa tu vuoi o che cosa intendi, ma solo quale sia la reale verit. E questo dovuto alla particolare fisionomia del sapere filosofico che accompagna sempre il modo di procedere di San Tommaso: Studium philosophiae non est ad hoc quod sciatur quid homines senserint, sed qualiter se habeat veritas rerum (In I De caelo et mundo, l. 22), lo studio della filosofia non fatto per sapere quale sia stata lopinione degli uomini, quanto piuttosto per sapere quale sia la verit delle cose; ci che si ha di mira sempre la verit delle cose e non le opinioni al riguardo, o lautorevolezza umana di chi la propone. Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo

Le Sentenze, redatte da Pietro Lombardo tra il 1155 e il 1158, costituirono il manuale di teologia adottato nelle facolt universitarie fino al 1500: erano lopera che gli assistenti dovevano commentare per accedere alla carriera di docente. San Tommaso ne fece la sua prima opera sistematica dove rivel il suo genio e il suo modo originale di elaborare la teologia. Le Sentenze sono come un florilegio, unantologia, una raccolta sistematica delle sentenze dei Padri: un corpo dottrinale che contiene testi scelti. Il testo di Pietro Lombardo non fu il primo in questo genere, ma certamente il pi celebre. Una delle difficolt che si trovavano nella lettura delle Sentenze era rappresentata dal diverso tenore dei detti dei Padri e anche della loro apparente contraddizione. Abelardo parlava di dicta sanctorum diversa et adversa. Il compito del commentatore era dunque quello di risolvere queste aporie (sic et non ). Per questo occorreva prestare attenzione: 1) ai diversi significati di una stessa parola nelluso di autori diversi, la personalizzazione del vocabolario; 2) al genere letterario e alla grammatica dellautore; 3) allintenzione dellautore (chi parla, di chi parla, al quale scopo?); 4) allautenticit dello scritto. Lesposizione sar comunque riverente allAuctoritas, ma non potr esimersi dalla correzione di ci che discutibile. Anche San Tommaso ricorda che il ricorso alla sola autorit senzaltro rassicurante, ma lascia completamente vuoti quanto al sapere e al comprendere (Quodl. IV, 9,3). Questo allora il compito della teoresi o speculazione: comprendere ci che si crede. Pietro Lombardo aveva raccolto le Sentenze in quattro libri e le aveva incorniciate in due grandi complessi: Res et Signa, cio le Realt e i Segni. Le Realt coprono i primi tre libri, mentre i Segni sono raccolti nel quarto. Poich le Realt sono ci di cui fruire, ci di cui fare uso e, infine, ci che fruisce e usa, i primi tre libri saranno in questo modo suddivisi. Il primo libro tratta della Trinit, ci di cui luomo chiamato a fruire nella beatitudine eterna; il secondo libro tratta del mondo, cio ci che viene usato; il terzo libro tratta degli uomini e degli angeli, cio di coloro che usano e fruiscono. Nel terzo libro, si sviluppa anche la trattazione della riparazione del mondo dopo il peccato e quindi dellIncarnazione del Verbo, delle virt teologali, delle cardinali dei doni e dei comandamenti. Il quarto libro, infine, tratta dei Segni, cio dei sacramenti. San Tommaso, nel Prologo, introducendo il discorso con lesergo tratto da Sir 24,40: Io, la sapienza, versai dei fiumi: io defluisco come la corrente trasversale dellacqua immensa..., inquadra cristologicamente e sapienzialmente il piano dellopera nei suoi quattro libri. Le opere della Sapienza, infatti, sembrano convenire sommamente alle propriet del Figlio di Dio: 1) la Rivelazione della Trinit, 2) la Creazione delluniverso, 3) la Restaurazione delluniverso dopo il peccato, 4) il Perfezionamento delluniverso. Solo il Figlio di Dio la rivelazione della Trinit, perch il Verbo di Dio: Dio nessuno lha mai visto - dice il prologo del vangelo di Giovanni (1,18) - il Figlio che nel seno del Padre lo ha rivelato. E, daltra parte, sta scritto nel vangelo di Matteo (11,27) che nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. La creazione avviene attraverso il Figlio, che il Verbo per mezzo del quale tutto fatto, come detto nel Prologo del vangelo di Giovanni (1,1). Egli infatti immagine del Dio invisibile e in lui sono create tutte le cose, come dice la lettera ai Colossesi. E come Sapienza pratica egli ha disposto originariamente tutte le cose, secondo il testo dei Proverbi (8,30). La restaurazione o riparazione di tutte le cose non pu non essere attribuita a colui che ha fatto le cose: dalla Sapienza sono risanate le cose - si legge nel libro della Sapienza (9,19) - e per mezzo di lui sono riconciliate tutte le cose, secondo la lettera a i Colossesi (1,20). Infine, il perfezionamento universale, che opera della Sapienza che conduce soavemente a compimento tutte le cose - come detto nel libro della Sapienza (8,1) - non pu non appartenere a colui dal quale e per il quale furono tute le cose, secondo lespressione della lettera agli Ebrei (2,10). Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio... che per opera di Dio divenuto sapienza per noi (1 Cor 1, 24 e 30).

La Somma Teologica senza alcun dubbio lopera pi celebre di San Tommaso ed anche quella pi utile. Infatti, lo scopo della Somma Teologica, secondo lintenzione dichiarata da San Tommaso stesso, quello di esporre ai principianti la Sacra Dottrina con chiarezza e brevit: il che implica il procedere in modo ordinato, evitando ci che inutile e ripetitivo. Il piano della Somma si articola in tre parti. Nella Prima parte (I), considera Dio in se stesso e nelle sue operazioni: l'essenza di Dio, la Trinit delle persone, la creazione. Nella Seconda parte (II), si considera il movimento della creatura razionale verso Dio, cio la vita morale, in due sottoparti. Nella Prima sottoparte (I-II), si considera, in modo generale, l'uomo come immagine di Dio, in quanto anch'egli principio delle proprie azioni in forza del libero arbitrio e del dominio che ha su di esse: il fine ultimo, le azioni umane, la grazia. Nella Seconda sottoparte (II-II), si considerano, in modo speciale, le virt e i vizi, perch i discorsi morali universali sono meno utili, visto che le azioni sono particolari. E cos si sviluppa il discorso sulle virt teologali, le virt cardinali e gli stati di vita. Nella Terza parte (III), considera Cristo che, in quanto uomo, per noi via per andare a Dio. Larticolazione di questo momento prevede la trattazione del Salvatore in se stesso e nelle sue azioni, i suoi sacramenti, fino alla questione 90,4, incompiuta. Il seguito dell'opera affidato a un Supplemento redatto da autore ignoto con il materiale preso dal Commento che San Tommaso fece alle Sentenze di Pietro Lombardo. In esso si espone il tema della vita immortale che il Salvatore ci ha meritato e a cui si giunge con la risurrezione. Lo spirito che anima San Tommaso nel fare teologia, cio nel coltivare la Sacra Doctrina ( il termine con il quale San Tommaso identifica la teologia che parte dalla Rivelazione, per opposizione a quella filosofica) insieme scientifico e spirituale o mistico. La Sacra Doctrina, infatti, per lui una scienza che ha un metodo razionale o argomentativo, alla stregua delle scienze profane. Ma, nello stesso tempo, essa ha unimpronta fondamentalmente divina. infatti una scienza subalterna alla scienza che Dio ha di se stesso e che i beati hanno di Dio nella visione del paradiso. Il modello epistemologico della scienza subalterna, mutuato dalla dottrina degli Analitici Secondi di Aristotele, non deroga alla dimensione mistica: la Sacra Doctrina in un certo modo unimpronta della scienza di Dio. Questo fa s che il cultore della teologia abbia un animo disposto a riconoscere leccedenza del proprio oggetto di indagine. E il massimo della elevazione della mente alle cose divine consiste in un eccesso dove vale pi lesperienza oscura del silenzio che non la vivacit di concetti superficiali. Di Dio, infatti, possiamo conoscere pi ci che egli non che quanto egli sia. Il destino del teologo dunque mistico: entrare nella sublime dotta ignoranza (Contra Gentes, III, 49) di quella vetta divina dove i misteri divini sono nascosti secondo la superluminosa tenebra del silenzio che istruisce nel segreto, per dirla con Dionigi Ps. Areopagita (Teologia Mistica, 1). La sistematicit oltrepassata nellesperienza mistica dellunione con Dio come con uno sconosciuto (Contra Gentes, III,49). Ed forse proprio questo il vertice che San Tommaso tocc il 6 dicembre 1273. Fu lestasi mistica che lo port a riconoscere che quanto aveva scritto era come paglia di fronte alla visione che aveva avuto. E l pose termine alla sua scrittura, lasciando appunto incompiuta anche la Somma Teologica. Somma contro i Gentili Confrontando la Somma contro i Gentili con la Somma Teologica, la prima cosa che balza allocchio la diversa destinazione. Mentre la Somma Teologica opera di studio e per studenti, la Somma contro i Gentili concepita per la preparazione dei predicatori e apologeti: il titolo lo

testimonia. La stessa struttura sistematica meno compiuta nella Contra Gentiles, e il quadro di concepimento meno omogeneo. Netta la distinzione tra le verit di fede che possono essere esplorate dalla ragione e le verit di fede che sono inaccessibili alla ragione naturale. E anche il metodo espositivo completamente diverso: la divisione questopera in libri e capitoli, non in trattati, questioni e articoli, come vorrebbe il metodo pi squisitamente scolastico. I quattro libri che la compongono raccolgono la materia distinguendo appunto tra verit divine che possono essere investigate dalla semplice ragione naturale delluomo (il contenuto dei primi tre libri) e quelle che oltrepassano queste capacit (il quarto libro). Per ciascuno di questi complessi, San Tommaso applica lo schema neoplatonico della manenza - uscita - ritorno. E cos, il primo libro riguarda Dio in se stesso, il secondo la creazione o luscita delle creature da Dio e il terzo il ritorno delle creature a Dio. Il quarto libro riguarda la considerazione delle verit assolutamente di fede. Perci, alla considerazione di Dio in se stesso, cio nel suo mistero trinitario, segue la considerazione delluscita da Dio con il mistero dellincarnazione del Verbo e dei suoi sacramenti, e la considerazione del ritorno ultimo a Dio con la trattazione dei novissimi. In questopera si coglie con grande evidenza limportanza che lAquinate attribuisce al sapere filosofico. Tanto che usa una espressione efficacissima per avvalorare il discorso filosofico pur nelle sue difficolt: segno di massima follia latteggiamento dello sciocco che rifiutasse come false le affermazioni del filosofo per il fatto che lui non in grado di comprenderle. (C.G. I,3). Unde non omnia quae in seipso Deus intelligit, Angelus naturali cognitione capere potest: nec ad omnia quae Angelus sua naturali virtute intelligit, humana ratio sufficit capienda. Sicut igitur maximae amentiae esset idiota qui ea quae a philosopho proponuntur falsa esse assereret propter hoc quod ea capere non potest, ita, et multo amplius, nimiae stultitiae est homo si ea quae divinitus Angelorum ministerio revelantur falsa esse suspicatur ex hoc quod ratione investigari non possunt. (Contra Gentiles, I, 3 n. 5). Prendendo spunto dal Proverbi 8,7, dove si legge: La mia bocca proclamer la sapienza e le mie labbra detesteranno lempio, San Tommaso delinea i compiti del sapiente. Il compito del sapiente considerare la Verit Prima e impugnare la falsit contraria ad essa. Infatti, il fine ultimo universale, quello che determina lordine delle cose, non pu che essere oggetto della intelligenza divina e dunque la Prima Verit, giacch oggetto proprio dellintelligenza la verit. Lo studio della Sapienza conferisce la perfezione, perch rende partecipi della beatitudine divina; dona la sublimit dellamicizia di Dio; utile giacch introduce nella immortalit; d la gioia del godimento allontanando la noia e lamarezza. Ma nel confutare lerrore occorre tener conto della caratteristica propria della verit che va difesa. Infatti, rispetto a Dio si danno due tipi di verit: verit di ragione naturale e verit di fede rivelata. Le prime sono raggiungibili dalla semplice intelligenza naturale delluomo; le seconde suppongono la fede. Per esempio, lesistenza di Dio una verit che pu essere illustrata dalla ragione naturale; la Trinit, invece, supera le capacit della ragione. Perci, nella difesa del primo ordine di verit basta il tenore dimostrativo della ragione; nella difesa del secondo tipo di verit occorre lautorit della Scrittura e la sua corretta esposizione. Tuttavia, conveniente che anche le verit di ragione intorno a Dio siano state rivelate e dunque siano oggetto anche di fede, perch altrimenti solo pochi uomini sarebbero arrivati a conoscerle. Infatti, alcuni non sono portati per lo studio, oppure sono distolti dalle occupazioni per la famiglia o addirittura dalla pigrizia. E anche se vi si dedicano, occorrerebbe molto tempo data la profondit dellargomento e i presupposti o requisiti per questa conoscenza sublime. Anche lerrore dovuto alla fantasia e alla impropriet nel condurre debitamente le argomentazioni sarebbe un ostacolo non irrilevante. Ed anche le verit di semplice fede, pur non avendo la possibilit di essere dimostrate, sono per accompagnate da argomenti di convenienza o verosimiglianza. Essendo Dio lunica fonte di entrambe le conoscenze, quella di ragione e quella di fede, non si pu dare contrasto tra di esse. Ma occorre fare attenzione a non ritenere le argomentazioni verosimili come probanti, perch si

otterrebbe leffetto contrario: anzich confutare lavversario gli si darebbe la possibilit della derisione di chi si affidasse a simili insufficienti ragioni per credere. Sunt tamen ad huiusmodi veritatem manifestandam rationes aliquae verisimiles inducendae, ad fidelium quidem exercitium et solatium, non autem ad adversarios convincendos: quia ipsa rationum insufficientia eos magis in suo errore confirmaret, dum aestimarent nos propter tam debiles rationes veritati fidei consentire. (Contra Gentiles, I, 9 n. 4). Del resto, proprio in questa situazione di ragionevolezza umana che acquista significato la credibilit della fede: limposizione della fede con la violenza e le armi sintomo di falsit (Contra Gentiles, I, 6). Il Compendio di teologia la sintesi della fede cattolica che san Tommaso dAquino ha scritto e dedicato al suo fedele segretario, fra Reginaldo da Piperno, con la raccomandazione di tenerlo "sempre davanti agli occhi". Si tratta di un commento delle verit fondamentali della dottrina cristiana e di alcune domande della preghiera del Padre Nostro. Il discorso breve sulla dottrina della salvezza comprende ci che alla salvezza indispensabile: la conoscenza della verit, lorientamento della volont al fine ultimo e losservanza della giustizia. Ora, queste tre cose si rispecchiano rispettivamente nella fede, nella speranza e nella carit. Infatti gli articoli della fede contenuti nel Credo racchiudono le verit necessarie alla salvezza; la preghiera del Padre Nostro mostra il fine verso il quale dobbiamo orientare la nostra speranza; lunico precetto della carit, infine, porta alla perfezione il senso della giustizia. Il piano dellopera comprende dunque tre parti: un trattato sulla fede, uno sulla speranza e uno sulla carit. Di fatto, per, a causa della morte prematura di San Tommaso, lunico trattato compiuto quello sulla fede. Il trattato sulla speranza si interrompe al capitolo X. del tutto assente il trattato sulla carit. Il gusto per i discorsi abbreviati appartiene anche allo stile sintetico di san Tommaso: uno stile tipicamente speculativo che sa mostrare il molto nel poco. Emblematica la sentenza che troviamo nel suo commento alla lettera agli Efesini: labia doctoris sunt favus distillans, quando brevibus et paucis verbis multa et magna insinuat (Super Eph. c.3, l.1) Le labbra del dotto sono un favo stillante quando con brevi e poche parole insinua molte e grandi cose. Commento ai nomi divini di Dionigi Dionigi lAreopagita il misterioso personaggio che, secondo gli Atti degli Apostoli, si convert per il discorso che Paolo fece agli Ateniesi, sul colle dellAreopago. A lui fu attribuito un consistente corpo di opere mistico-filosofiche che affrontavano problemi di natura teologica rifacendosi a teorie neoplatoniche. Il corpus Dionysianum, messo insieme probabilmente nella tarda antichit, riscosse grande interesse durante il Medioevo. Il trattato I Nomi Divini lopera pi importante del corpus; spiega i nomi o gli attributi che la Sacra Scrittura assegna a Dio. un saggio sul valore della nostra conoscenza e sulle possibilit e limiti del linguaggio teologico. La pregevole opera di san Tommaso riesce rendere pi agevole il linguaggio assai difficile di Dionigi. In effetti si tratta di una riflessione di stampo neoplatonico. Come tale, essa unisce le difficolt della speculazione dialettica e il senso mistico del modo di esprimersi. Perci, non sorprende che Dionigi elabori teoreticamente espressioni come tutto in tutto (omnia in omnibus), o Dio come oltredio. Si tratta di uno sguardo speculativo sul traguardo mistico della vita cristiana. Lespressione tutto in tutto viene spiegata da san Tommaso secondo la mens platonica, per la quale le realt superiori si trovano nelle inferiori per partecipazione, quelle inferiori, invece, si

trovano nelle superiori per una certa eminenza (cap.4, lez.5 [15]). Dal fatto, poi, che la partecipazione e leminenza implichio un certo ordine, ne segue che tutte le cose sono orientate allo stesso fine ultimo. Daltra parte, Dio stesso tutto in tutto in quanto causalmente la perfezione di tutte le cose (c. 1, lez.3): in questo senso appunto egli la sapienza dei sapienti e la giustizia dei giusti ecc. Ma il suo essere tutto in tutti non implica la dissoluzione della sua alterit: egli infatti permane sempre identico a se stesso. Ma il modo con il quale Dio il tutto di tutte le cose per eminenza fa s che la nostra conoscenza di lui sia imperfetta e sempre condotta oltre se stessa: una eccedenza o eccesso. Tutti i nomi e le nozioni che esprimono e significano Dio vanno oltrepassati. E la formula che indica questo oltrepassamento del nome dentro lo stesso nome il prefisso Super (Hyper), Sopra, Oltre che qualifica i nomi in quanto divini. Leccesso duplice: uno si trova nel genere, e viene indicato attraverso il comparativo o il superlativo; laltro si trova fuori del genere e viene indicato attraverso laggiunta della preposizione super. In questo senso, possiamo dire che una cosa bellissima, se rientra in un genere e nei limiti di quel genere (una poesia, una persona, un fiore ecc.); ma se si tratta di una bellezza che sta al di fuori di ogni genere, la si dir superbella, sovrabella, ultrabella oltremodo bella. E cos di Dio si dice insieme che bellissimo e che sovrabello, non perch rientri in un genere, ma perch a lui vengono attribuite tutte le cose che rientrano in qualsiasi genere (c. 4, lez. 5 [15]). Il Super leccedenza del semplice sul composto. Ed proprio la semplicit della perfezione Ulteriore che esige una conoscenza adeguata alla ulteriorit. il passaggio dalla speculazione dialettica alla mistica. La nostra mente giunge alla conoscenza delle cose divine in due modi: o attraverso la facolt naturale dellintelletto speculativo, ma solo rispetto a ci che gli proporzionato; oppure attraverso lunione con le cose divine, il che avviene in modo divino cio per lazione della grazia divinizzante. Occorre che noi conosciamo le cose divine con questa unione di grazia cos da non ridurre le cose divine alle cose che sono secondo il nostro modo, ma piuttosto situando totalmente noi stessi al di fuori di noi in Dio, cos che per tale unione siamo totalmente divinizzati (c.7, lez. 1 [39]).

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