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ARTHUR SCHOPENHAUER (1788-1860)

 Nasce a Danzica nel 1788.


 Padre banchiere.
 Madre nota scrittrice di romanzi.
 Viaggiò molto, ma dopo la morte del padre frequentò una delle più eccellenti
università, quella di Gottinga, avendo come maestro Schulze.
Sulla sua formazione influirono:
 Platone
 Kant, particolarmente il tema di fenomeno e noumeno
Trae spunto per parlare di alcuni paradigmi. Studierà il Velo di Maya: il fenomeno
deve squarciare questo velo (illusione) per cogliere la realtà vera, cioè il noumeno.
Con lui conosciamo l’ateismo filosofico.
Dopo segue Fichte, si laureò a Jena con la tesi: “Sulla quadruplice radice del principio
di ragion sufficiente”.
Viaggia, scrive, fino a insegnare senza grande successo (a Berlino fino al 1832).
Si trasferisce a Francoforte sul Meno dove morì nel 1860.
Opere:
Sulla vista e i colori (1816)
Il mondo come volontà e rappresentazione (1818)
Sulla volontà della natura (1836)
I due problemi fondamentali dell’opera (1841)
Parerga e paralipomena (1851) trattazioni e saggi, “opere accessorie e
tralasciate”
Non ebbe subito successo, ma solo con la II° pubblicazione dell’opera principale “Il
mondo come volontà e rappresentazione”. (dopo il 1848)
L’indirizzo cupo e apertamente anti-idealistico del suo pensiero, che lo rendeva
inviso ai contemporanei, poté contribuire alla sua “fortuna” solo dopo il 1848, in
concomitanza con l’ondata di pessimismo che colpì l’Europa.
Radici culturali:
 Teoria delle idee, di Platone.
 Impostazione soggettivistica della gnoseologia, da Kant.
 Filone dell’ideologia, dall’Illuminismo.
 Filone materialistico, dall’Illuminismo.
 Il dolore, dal Romanticismo.
 Visione pessimistica della realtà: lui stesso, maggiore teorico.
 Tendenza demistificatrice, da Voltaire. (spirito ironico e brillante)
 Tema dell’infinito, dal Romanticismo, cioè la tesi della presenza nel mondo di
un principio assoluto di cui le varie realtà sono manifestazione che passano.
Per lui tutto soffre, tra dolore e noia.
Lui, il filosofo della redenzione. Da questo il dolore e noia, intravede delle vie di
uscita per una redenzione dalla sofferenza.
Importante: il pensiero idealistico, autentica bestia nera per il filosofo, non al
servizio della verità ma solo interessi volgari quali il successo e il potere. Lo
considera un impatto negativo sulla cultura dell’epoca e sulla formazione dei
giovani. Infatti considera Hegel come un “ciarlatano pesante e stucchevole”.
Si batte per la libertà della filosofia.
No influenza, ma sinergia fra il suo pensiero e la cultura indiana:
1. Primo filosofo occidentale a tentare il recupero di alcuni motivi del pensiero
dell’estremo Oriente.
2. Prezioso repertorio di immagini ed espressioni suggestive, del quale ha fatto
abbondante uso nei suoi scritti.
3. Ammiratore e profeta della sapienza orientale e un “profeta” del successo che
tale sapienza avrebbe avuto in Occidente.
1. Velo di Maya
Velo di maya: vera rappresentazione delle cose.
Come ci arriva?
Punto di partenza: Kant con fenomeno e noumeno. Gli servì per definire quello che
lui pensava a riguardo.
Fenomeno: ciò che appare, la cosa così come ci appare attraverso i sensi.
Noumeno: la cosa in sé, la cosa così com’è.
Kant: l’unica realtà conoscibile è quella fenomenica.
Schopenhauer la cambia.
Per lui il fenomeno è parvenza, illusione e sogno, ovvero ciò che nell’antica indiana
era detto velo di Maya, mentre il noumeno è quella realtà che si “nasconde” dietro
l’ingannevole trama del fenomeno e che il filosofo ha il compito di “s-coprire”.
Spazio-tempo a priori che ci permette di vedere allo stesso modo.
Spiega questo concetto così:
“È Maya, il velo che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale
non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno,
rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per
acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra che egli prende per un
serpente”.
Il mito della caverna, simile: gli uomini imprigionati, per Schopenhauer, siamo noi.
 Schopenhauer considera il fenomeno=rappresentazione soggettiva, cioè
esiste solo dentro la coscienza. “Il mondo è la mia rappresentazione”.
 Criticismo considera il fenomeno=l’oggetto della rappresentazione in quanto
“cosa” o “dato” materiale esiste anche fuori della coscienza.

La rappresentazione ha 2 aspetti essenziali e inseparabili:


 Soggetto rappresentante, conoscente.
 Oggetto rappresentato, conosciuto.
 Materialismo, falso, perché nega il soggetto riducendolo all’oggetto o alla
materia
 Idealismo, falso, perché fa l’opposto del materialismo.
I due elementi per Schopenhauer sono elementi imprescindibili della
rappresentazione: nessuno dei sue precede o può sussistere indipendentemente
dall’altro.
Lui ammette tre forme a priori:
1. Spazio
2. Tempo
3. Causalità, l’ultima categoria, tutte sono riconducibili a essa e la realtà
dell’oggetto si risolve nella sua azione causale su altri oggetti.
“La vita è un sogno”, per lui è un tessuto di apparenze, una sorta di “incantesimo”
che rende simile agli stati onirici, quindi ai sogni. Per spiegare il concetto si rifà a
diversi personaggi illustri.
Al di là del sogno e della trapunta arabesca del fenomeno, l’uomo è per
Schopenhauer un “animale metafisico” che è portato a stupirsi della propria
esistenza e a interrogarsi sull’essenza ultima della vita.

Testo: il mondo come rappresentazione


Volontà: forza cieca, irrazionale, senza scopo né fine ultimo.
Il soggetto davanti l’oggetto e non il contrario. L’uomo si rappresenta da solo.
Il sinolo tra soggetto percipiente e oggetto percepito (rr.3-7).
Il mondo circostante esiste solo come rappresentazione in relazione con lui.
Noi che percepiamo=percipiente.
Importanti rr.24-30. Rispetto a Kant, Schopenhauer presenta un’inclinazione
coscienzialistico-soggettivistica, poiché per lui il fenomeno esiste solo all’interno
della coscienza.
2. Tutto è volontà
Schopenhauer si vanta di aver trovato la vi d’accesso al noumeno, lacerando il velo
di Maya e trovare il “filo d’Arianna” per orientarsi. Dove si trova questo?
Il nostro corpo, noi ci viviamo dentro, è la via d’accesso attraverso dolore e
sofferenza per raggiungere il noumeno; squarciare il velo del fenomeno e afferrare
la cosa in sé del nostro essere che è la brama o volontà di vivere (Wille zum Leben)
La volontà non muore mai: noumeno del mondo. Infatti questa viene anche
considerata l’essenza segreta di tutte le cose ossia la cosa in sé dell’universo.
Brama di vivere: impulso di vivere e agire.
Il nostro corpo non è altro che la manifestazione esteriore dell’insieme delle nostre
brame interiori (es. apparato digerente=volontà di nutrirsi).
Il suicidio è una sconfitta in tutti i sensi per l’uomo, perché rappresenta la vittoria
del noumeno sul mondo.
L’intero mondo fenomenico, è quindi, il modo in cui la volontà si manifesta o si
rende visibile a se stessa nella rappresentazione spazio-temporale: “Il mondo come
volontà e rappresentazione”.
Tutto il mondo è oggetto in rapporto con il soggetto (unica forma a priori).

3. Dall’essenza del mio corpo all’essenza del mondo


La volontà è l’essenza del mondo intero.
Quando io vivo il mio corpo lo sottraggo all’approccio di spazio, tempo e causalità,
fenomenizzante. Ha perso i limiti dell’individualità.
“Fenomeni al plurale”: spazio tempo distinguono le cose molteplici, ma il
“Noumeno al singolare”, poiché non operano né spazio né tempo.
L’io non è la coscienza della metafisica tradizionale, né un principio astratto, ma la
coincidenza di coscienza, volontà e corpo. Fusione corpo-coscienza.
4. I caratteri e le manifestazioni della volontà di vivere
La volontà di vivere presenta caratteri contrapposti a quelli del mondo della
rappresentazione, in quanto, si sottrae alle forme a priori di quest’ultimo.
La volontà primordiale è:
Inconscia: energia, impulso; consapevolezza e intelletto ne costituiscono delle
possibili manifestazioni secondarie. (impulso inconsapevole)
Unica, perché si distacca dal principio di individuazione: la volontà non è qui
più di quanto non sia là, così come non è oggi più di quanto non sia stata ieri o
possa essere dimani: essa è in una quercia come in altri milioni di querce.
Eterna e indistruttibile: un principio senza né inizio né fine. (al di là del
tempo)
Forza libera e cieca: energia incausata, senza un perché e senza uno scopo.
Possiamo cercare la “ragione” delle manifestazioni fenomeniche della
volontà: “voglio perché c’è in me una volontà irresistibile che mi spinge a
volere”. (al di là della causalità)
Non ha alcuna meta oltre se stessa: la vita vuole la vita, la volontà vuole la
volontà. (forza cieca senza meta)
Miliardi di esseri non vivono che per vivere e continuare a vivere: unica verità sul
mondo.
Dio non può esistere e l’unico assoluto è la volontà stessa.
Schopenhauer ritiene che l’unica e infinita volontà di vivere si manifesti nel mondo
fenomenico in due fasi:
1. Le idee, la volontà si oggettiva in un sistema di forme immutabili, eterne
(archetipi)
2. Le realtà naturali, la volontà si oggettiva nei vari individui del mondo naturale,
spazio-temporali (dalle forze della natura all’uomo)
Tra idee e individui=rapporto copia-modello.
La volontà autoconsapevole dell’uomo: acquista in conoscenza e perde in sicurezza.
La ragione è meno efficace dell’istinto  l’uomo è un “animale malaticcio”.
5. Il pessimismo
La volontà è desiderio, mancanza e dolore. Volere significa desiderare e desiderare
vuol dire trovarsi in tensione per la mancanza di qualcosa che si vorrebbe avere. Il
desiderio è assenza, vuoto e indigenza.
Nell’uomo la volontà è più cosciente e risulta il più bisognoso e mancante tra loro
(“affamato”), tanto dolore.
Il piacere è cessazione momentanea del dolore, ossia lo “scaricarsi” di una tensione
preesistente: perché ci sia piacere è necessario che ci sia uno stato precedente di
tensione o di dolore.
La stessa cosa non vale per il dolore, che non può essere ridotto, con un puro gioco
dialettico di parole, a cessazione di piacere: un individuo può sperimentare una
catena di dolori, senza che questi siano preceduti da altrettanti piaceri, mentre ogni
piacere nasce solo come cessazione di una qualche preesistente tensione fisica o
psichica.
Il piacere (non costante) è quindi solo una funzione derivata del dolore (costante).

ETERNO DOLORE, ETERNA SOFFERENZA. Il pendolo della vita oscilla tra il dolore e
la noia, tra il desiderio e la sazietà, passando l’intervallo fugace, e per di più
illusorio, del piacere e della gioia.
Noia: mancanza del desiderio stesso, la morte spirituale.
Le situazioni e i casi umani sono solo il modo diverso e le diverse forme in cui il
dolore si manifesta.
La volontà di vivere si manifesta come Sehnsucht (dal fiore che appassisce,
all’animale ferito, dal bimbo che nasce al vecchio che muore), desiderio inappagato,
cosmica: il dolore non riguarda soltanto l’uomo, ma investe ogni creatura.
TUTTO SOFFRE, VIVERE È SOFFRIRE. L’uomo ha più consapevolezza, quindi soffre di
più: spinta della volontà maggiore, insoddisfazione dei desideri e l’offesa dei dolori
(maggiore).
Pessimismo cosmico: il male non è solo nel mondo, ma nel principio stesso da cui il
mondo dipende. L’universo è governato dalla legge immanente della sofferenza.
L’amore (per soddisfare esigenze umane e sessuali) è uno dei più forti stimoli
dell’esistenza. Il fine dell’amore è solo l’accoppiamento, un’essenza biologica. Non
c’è amore senza sessualità “ogni innamoramento, per quanto etereo voglia
apparire, affonda le sue radici nell’istinto sessuale”. È un’illusione, perché è la
volontà che prende possesso di queste due persone, piccola parte del piacere della
vita. La volontà se ne prende gioco.
Dalla procreazione, dall’atto, nascerà un altro essere vivente e la volontà
continuerà a vivere in lui.

6. La critica alle varie forme di ottimismo


Critica le ideologie poiché egli fa della tecnica dello “smascheramento” uno degli
aspetti principali del suo filosofare. È considerato tra i “maestri del sospetto”,
smascheramento delle false teorie, ideologie da diversi punti di vista:
 Schopenhauer: interiore
 Marx: aspetto socio-economico
 Nietzsche: superuomo, oltre l’uomo
 Freud: scavare per la scoperta dell’inconscio
La polemica di Schopenhauer contro le ideologie trova uno dei propri bersagli
preferiti in quell’ottimismo cosmico (Hegel) che predominava nella filosofia
(Schopenhauer vs Hegel). Pur essendo “consolatrice” risulta palesemente falsa,
poiché la vita è un’esplosione di forze irrazionali e il mondo è il teatro dell’illogicità
e della sopraffazione. Lo possiamo vedere sia nella società che nella natura dove
vige la cosiddetta “legge della giungla”.
Scrive qualcosa sull’ateismo filosofico.

Regola dei rapporti umani: conflitto e sopraffazione reciproca. Se gli uomini vivono
insieme non è tanto per simpatia o innata socievolezza, ma soprattutto per bisogno.
Il pessimismo antropologico e sociale è finalizzato, nel suo sistema, a favorire la
scelta della via etica della pietà.

Polemica contro ogni forma di stoicismo:


 Ridimensiona la portata conoscitiva della storia, ,costretta a limitarsi alla
catalogazione dell’individuale.
 Risulta inferiore all’arte e alla filosofia, che hanno discipline più profonde e
veritiere.
 Dice che gli stoici per studiare l’uomo, finiscono per perderlo di vista, cadendo
nell’illusione che gli uomini mutino. Schopenhauer invece pensa che se
andiamo oltre le apparenze, non possiamo scoprire altro che “non vi è nulla di
nuovo sotto il sole” e che il destino dell’uomo presenta nei suoi caratteri
essenziali (nascita, sofferenza e morte) dei tratti immutabili.
 La storia è solo il fatale ripetersi di un medesimo dramma, quindi è
necessario spogliare la disciplina storica per capire che l’umanità si trova nello
stesso stato di dolore, sperando di metterlo a tacere e inseguendo un
progresso e un mutamento illusorio.
 Il vero compito della storia è quello di offrire all’uomo la coscienza di sé e
del proprio destino.

7. Le vie della liberazione dal dolore


All’inizio presenta il rifiuto del suicidio: fai vincere la volontà.
Delitto maggiore dell’uomo: essere nato. La vita è una valle di lacrime. L’esistenza
in virtù del dolore si impara poco per volta a non volerla.
Rifiuta e condanna il suicidio per due motivi:
a) Perché il “suicidio è un atto di forte affermazione della volontà stessa”, in
quanto il suicida “vuole la vita ed è solo malcontento delle condizioni che gli
sono toccate”.
b) Sopprime soltanto una manifestazione fenomenica della realtà di vivere, e
lascia intatta la cosa in sé , che pur morendo in un individuo ne rinasce in
mille altri.
Come spezzare le catene di questa volontà?
Più che una giustificazione teorica ricorre agli individui eccezionali del mondo che
hanno percorso il cammino per la liberazione di se stessi dalla volontà di vivere,
dalla tirannia, dai bisogni e l’egoismo.
Pertanto la vera risposta al dolore del mondo non consiste nell’eliminazione, ma
nella liberazione dalla stessa volontà di vivere.
Perviene, quindi, alla “coscienza di sé”, noluntas (negazione della voluntas, quindi è
la cessazione o l’annullamento del volere, cioè quella forza o energia irrazionale che
costituisce l’essenza profonda dell’intero universo. Poiché la volontà, con il suo
irrefrenabile slancio vitale, non genera che conflitto e sofferenza tra i diversi enti, la
sua negazione è l’unica possibile via per liberarsi dal dolore), cioè la negazione
progressiva di se medesima. Con la presa di coscienza del dolore e con il disinganno
di fronte alle illusioni della vita prende avvio il percorso di liberazione=l’iter
salvifico:
 Arte
 Morale
 Ascesi
La terza è l’unica via perfetta, chi la intraprenderà potrà considerarsi salvo dalla
volontà.

7.1. L’arte
L’arte è la conoscenza libera e disinteressata, che si rivolge alle idee, quelle forme
pure delle cose. Il soggetto che contempla le idee è il soggetto puro del conoscere, il
puro occhio del mondo: “mentre per l’uomo comune, il proprio patrimonio
conoscitivo è la lanterna che illumina la strada, per l’uomo geniale è il sole che rivela
il mondo”.
L’arte, quindi, sottrae l’individuo alla catena infinita dei bisogni e dei desideri
quotidiani. L’arte è catartica per essenza: grazie a essa l’uomo contempla la vita,
elevandosi al di sopra della volontà, del dolore e del tempo. (dall’architettura alla
poesia)
Spicca la tragedia che è l’autorappresentazione del dramma della vita.
La musica vista come l’immediata rivelazione della volontà a se stessa. È l’arte più
profonda e universale, capace di mettere a contatto noi con le radici stesse della vita
e dell’essere.
Ogni arte è liberatrice, poiché il piacere che essa produce è la cessazione del
bisogno, ma anche temporale e parziale (“Di breve incantesimo”).
L’arte costituisce solo un conforto della vita; l’autentica redenzione richiede altro.
7.2. La morale
La morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo: superare
l’egoismo e vincere sull’ingiustizia e il dolore umano:
 Per Kant, il “disinteresse” costituisce il cuore della moralità
 Per Schopenhauer, l’etica sgorga da un imperativo categorico dettato dalla
ragione da un’esperienza vissuta, da un sentimento di “pietà”, o di “com-
passione”, attraverso cui avvertiamo come nostre le sofferenze degli altri,
sperimentiamo quell’unità metafisica di tutti gli esseri che la filosofia
terrorizza.
Per capirlo, bisogna sentire e realizzare che la vita sia dolore e che tutti soffrono.
Non è, quindi, la conoscenza a produrre la moralità, ma la moralità a produrre la
conoscenza (“attraverso la compassione conosciamo”).
Solo per un sogno illusorio il malvagio si crede separato dagli altri e dal dolore, ma
solo il rimorso temporaneo e la duratura angoscia costituiscono l’oscura
consapevolezza dell’unità del volere cosmico.
La morale si concretizza in 2 virtù cardinali:
1) La giustizia ha un carattere negativo, poiché consiste nel non fare il male e
nell’essere disposti a riconoscere agli altri ciò che siamo pronti a riconoscere a
noi stessi.
2) La carità, o agape, è la volontà positiva e attiva di fare del bene prossimo.
Diversamente dall’eros, egoistico e interessato, l’agape è un amore
disinteressato, autentico e quindi pietà.
La morale consiste nella pietà, cioè nel far propria la sofferenza di tutti gli esseri
passati e presenti, e nell’assumere su di sé il dolore cosmico. Ma rimane all’interno
della vita e presuppone qualche attaccamento ad essa, quindi non basta.

7.3. L’ascesi
La liberazione totale di raggiunge con l’ascesi, che nasce “dall’orrore” dell’uomo, è
l’esperienza attraverso la quale l’individuo, cessando di volere la vita e il volere se
stesso, si propone di estirpare il proprio desiderio di esistere, godere e di volere.
Gradini:
I. La “castità perfetta”
II. Rinuncio ai piaceri
III. Umiltà
IV. Digiuno
V. Povertà
VI. Sacrificio
VII. Automacerazione
Hanno tutte lo stesso scopo: sciogliere la volontà di vivere dalle proprie catene.
Volontà: cosa in se  si riesce ad ascendere (quando riconosce la volontà come
cosa in se, egli si sottrae alla determinazione dei motivi che agiscono su di lui come
fenomeno).
Se la volontà fosse vinta completamente anche in un solo individuo, essa perirebbe
tutta, in quanto è una sola: ecco perché tramite una tale liberazione radicale
raggiunta dall’uomo, l’intero mondo può essere redento.
La soppressione della volontà di vivere è l’unico atto di libertà che sia possibile
all’uomo. Quest’ultimo diviene libero, si rigenera ed entra in quello stato che i
cristiani chiamano “di grazia”.
Mentre nei mistici del cristianesimo l’ascesi si conclude con l’estasi, che è l’ineffabile
stato di unione con Dio, nel misticismo ateo di Schopenhauer il cammino verso la
salvezza mette a capo il nirvana buddista (visione orientaleggiante), ovvero
l’esperienza del nulla che non è il niente, ma un nulla relativo al mondo, una
negazione del mondo stesso.
Il nirvana è un tutto, un oceano di pace, uno spazio luminoso di serenità, in cui le
stesse nozioni di “io” e di “soggetto” si dissolvono.
Non c’è posto per Dio, occupato il posto centrale dalla volontà di vivere (ateismo
filosofico).
Questo pensiero di Schopenhauer fu molto criticato, infatti, la teoria “orientalistica”
dell’ascesi costituisce la parte più debole e contraddittoria del sistema
schopenhaueriano.

CURIOSITÀ: Rinuncia ai piaceri e Epicuro il filosofo della felicità


Felicità=piacere, piacere stabili
Rinunciare i piaceri vuol dire rinunciare alla vita
Tetra farmaco (perché aver paura della morte se…)

Punti principali della filosofia di Schopenhauer


(Prof.ssa Roscioli)
 Punto di partenza della filosofia di Schopenhauer è la definizione kantiana tra
fenomeno e noumeno: per Kant il fenomeno, cioè la cosa così come appare,
era la realtà; il noumeno, cioè la cosa in sé, era un concetto limite che
ricordava all’uomo, appunto, i limiti della conoscenza.
Invece per Schopenhauer il fenomeno è parvenza, illusione, sogno, velo di
Maya; il noumeno è quella realtà che si nasconde dietro l’ingannevole trama
del fenomeno e che il filosofo ha il compito di scoprire.
Inoltre per il criticismo (Kant) il fenomeno è l’oggetto della rappresentazione
ed esiste fuori dalla coscienza; per Schopenhauer il fenomeno è la
rappresentazione cioè il rapporto tra soggetto e oggetto ed esiste solo dentro
la coscienza, da qui ,a frase “Il mondo è la mia rappresentazione”.
Se il mondo è rappresentazione di un singolo soggetto, perché parliamo di un
mondo e non di tanti mondi quanti sono i soggetti?
Il mondo è uno perché tutti i soggetti conoscono gli oggetti mediante le
medesime forme a priori:
- Spazio
- Tempo
- Causalità
 Spazio e tempo ordinano, distinguono e individuano gli oggetti nell’ambito
della sensibilità.
La causalità congiunge lo spazio e il tempo e da sensazione soggettiva diventa
intuizione oggettiva, la causalità è posta dall’intelletto.
 La volontà di vivere di cui parla il filosofo, cioè quella cosa in sé di cui ci
parlava anche Kant, non è inconoscibile, certo non si può cogliere con
l’intelletto infatti per Schopenhauer la strada per conoscere la cosa in sé
passa attraverso il nostro corpo. Quindi il corpo non è solo rappresentazione
ma anche volontà. La volontà è: unica ed eterna, perché non sottoposta alle
forme a priori dello spazio e del tempo e neanche alla categoria della causalità
(è in una quercia come in un milione di querce).
La volontà è irrazionale, cieca, inconscia, senza scopo né significato perché
non è espressione di nessuna finalità (possiamo chiedere a un uomo perché
voglia questo o quello, ma non perché voglia).

CONFRONTO/RAPPORTO
SCHOPENHAUER E LEOPARDI
Giacomo Leopardi è un autore anche di testi filosofici per esempio “Zibaldone”,
“Pensieri”, “Le operette morali”. Il critico letterario Francesco De Santis riconosce
un’influenza di Leopardi su Schopenhauer piuttosto che il contrario.
1. La natura
Entrambi hanno la stessa immagine di marginalità dell’uomo nell’universo che
nell’immensità spaziale e temporale della natura. L’uomo è una piccola cosa.
Cambia però negli autori l’atteggiamento della natura verso l’uomo.
 In Schopenhauer la natura è una forza negativa, la volontà che è
inscritta anche nella natura umana determinandone il desiderio e
quindi l’infelicità.
 In Leopardi la natura è indifferente al destino umano, egli chiama la
natura matrigna: essa però non è contro l’uomo. La natura è
indifferente poiché considera l’uomo nello stesso modo di tutti gli altri
esseri viventi.

2. Esistenza umana
C’è molta somiglianza trai due autori rispetto all’orizzonte esistenziale.
Come per Schopenhauer, anche per Leopardi, la vita oscilla come un pendolo
di qua e di la, tra il dolore e la noia.

3. Il nichilismo
Per Leopardi il nulla rimane l’orizzonte dell’essere perché ogni cosa tende
verso il proprio annientamento e il divenire è un continuo morire.
Leopardi inverte la tesi di Leibniz secondo cui l’uomo vive nel migliore dei
modi possibili, giungendo alla conclusione che il nostro universo è segnato
dalla sofferenza di tutti gli esseri.
Il nichilismo di Leopardi si traduce quindi nel pessimismo cosmico di
Schopenhauer: universo non ha uno scopo, l’essere è male e l’esistenza è
sofferenza e dolore.

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