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STORIA DELLA FILOSOFIA. di NICOLA ABBAGNANO VOLUME TERZO. CAPITOLO 8: Sren Kierkegaard.1. Vita e scritti.

L'impianto anti-idealistico del f ilosofare kierkegaardiano. L'opera di Kierkegaard non pu essere certo ridotta a u n momento dellapolemica contro l'idealismo romantico. Sta di fatto per che molti temidi essa costituiscono una precisa antitesi polemica ai temi diquell'idealism o. La difesa della singolarit dell'uomo control'universalit dello spirito; quella dell'esistenza contro la ragione;delle alternative inconciliabili contro la sint esi conciliatrice delladialettica; della libert come possibilit contro la libert co menecessit; e infine della categoria stessa della possibilit, sono puntifondamenta li della filosofia kierkegaardiana che nel loro insiemecostituiscono un'alternat iva radicalmente diversa da quella sulla qualel'idealismo romantico aveva indiri zzato la filosofia europea. Si trattaper di un'alternativa che rimase pressoch ino perante nella filosofiadell'800 e che solo alla fine di questo secolo cominci ad acquistarerisonanza dapprima nel pensiero teologico poi in quello filosofico. Le vicende biografiche e intellettuali. Sren Kierkegaard nacque in Danimarca a Cope nhagen il 5 maggio 1813. Educato da un padre anziano nel clima di una religiosit severa, siiscrisse alla facolt di teologia di Copenhagen, dove fra i giovaniteolo gi dominava l'ispirazione hegeliana. Nel 1840, dopo circa 10 annidal suo ingress o all'Universit, si laureava con una dissertazioneSul concetto dell'ironia con pa rticolare riguardo a Socrate che pubblicava l'anno seguente. Ma non intraprese l a carriera di pastore allaquale la sua laurea lo abilitava. Nel 1841-1842 fu a B erlino e ascolt lelezioni di Schelling, che v'insegnava la sua filosofia positiva , fondatasulla distinzione radicale tra realt e ragione. Dapprima entusiasta diSc helling, Kierkegaard ne fu presto deluso. Dopo di allora, egli visse aCopenhagen con un capitale lasciatogli dal padre, assorto nellacomposizione dei suoi libri . Gli incidenti esteriori della sua vita sonoscarsi e apparentemente insignifica nti: il fidanzamento, che egli stessomand a monte, con Regina Olsen; l'attacco di un giornale umoristico, "Ilcorsaro", di cui si dolse e si crucci come di una per secuzione; lapolemica, che occup gli ultimi anni della sua vita, contro l'ambient eteologico di Copenhagen e specialmente contro il teologo hegelianoMartensen. Ki erkegaard moriva l'11 ottobre 1855. Gli episodi spiacevoli cui si fatto cenno ha nno avuto, nella sua vitainteriore (come ne fa testimonianza il Diario) e nelle sue opere, unarisonanza profonda e apparentemente sproporzionata alla loro reale entit. Kierkegaard parla nel Diario di un "grande terremoto" che si eprodotto ad un certo punto nella sua vita e che lo ha costretto a mutareil suo atteggiamento di fronte al mondo. Egli accenna soltanto vagamente alla causa di questo rivolg imento ("Una colpa doveva gravare su tuttala famiglia, un castigo di Dio discend ere su di essa; essa dovevascomparire, cancellata come un tentativo mal riuscito dalla potente mano di Dio"); e per quuanto i biografi si siano affaticati, indi scretamentequanto inutilmente, a determinarla, chiaro che essa rimane, dinnanzia gli occhi dello stesso Kierkegaard, come una minaccia vaga e terribile insieme. La "scheggia" nelle carni. Kierkegaard parla poi nel Diario, e ne parl anche sul letto di morte, diuna "scheggia nelle carni" che egli stato destinato a portare; e anchequi, di fronte ala mancanza di ogni dato preciso, sta il carattere grave eossessionante della cosa. Fu appunto probabilmente questa scheggia nelle carni che gli imped di condurre in porto il suo fidanzamento con Regina Olsen, che egl i ruppe, dopo qualche anno, di sua spontanea iniziativa. Anche qui nessun motivo preciso, nessuna causa determinata;solamente il senso di una minaccia oscura e inafferrabile, ma paralizzante. Perci pure non intraprese la carriera di pastore n nessun'altra; e di fronte alla sua stessa attivit di scrittore dichiar di porsi i n "unrapporto poetico", cio in un rapporto di distacco e di lontananza:distacco a ncora accentuato dal fatto che egli pubblic i suoi libri sottopseudonimi diversi, quasi a impedire ogni riferimento del loro contenuto alla sua stessa persona. Q uesti elementi biografici vanno tenuti continuamente presenti per la comprension e dell'atteggiamento filosoficodi Kierkegaard. Le opere. Ecco intanto le sue ope re principali: Il concetto dell'ironia (1841);Aut-Aut, di cui fa parte il Diario di un seduttore (1843); Timore e tremore (1843); La ripetizione (1843); Briciol e filosofiche (1844);Il concetto dell'angoscia (1844); Prefazione (1844); Stadi

nel cammino della vita (1845); Postilla conclusiva non scientica (1846); Il punt o divista sulla mia attivit di scrittore (postumo ma composto nel 1846-1847);La m alattia mortale (1849). Kierkegaard anche autore di numerosiDiscorsi religiosi; e pubblic nel 1855 (maggio-settembre) il periodico"Il momento", nel quale trovaro no posto i suoi attacchi contro la chiesa danese.2. L'esistenza come possibilit e fede. Il sentimento paralizzante del possibile. Una prima caratteristica dell'o pera e della personalit di Kierkegaard el'aver cercato di ricondurre la comprensi one dell'intera esistenza umanaalla categoria della possibilit e di aver messo in luce il carattere negativo e paralizzante della possibilit come tale. Gi Kant ave va riconosciuto, a fondamento di ogni potere umano, una possibilit realeo trascen dentale; ma di tale possibilit egli aveva messo in luce l'aspettopositivo, che ne fa un'effettiva capacit umana, limitata bens, ma che ritrova, nei limiti stessi, la sua validit e il suo impegno di realizzazione. Kierkegaard scopre e mette in l uce, con un'energia mai prima raggiunta, l'aspetto negativo d'ogni possibilit che entri acostituire l'esistenza umana. Ogni possibilit infatti, oltre chepossibili t-che-s sempre anchepossibilit-che-non: implica la nullitapossibile di ci che possib ile, quindi la minaccia del nulla. Kierkegaardvive, e scrive, sotto il segno di questa minaccia. Si e visto come tutti itratti salienti della sua vita si siano rivestiti, ai suoi stessi occhi, diun'oscurit problematica. I rapporti con la fam iglia, l'impegno difidanzamento, la sua stessa attivit di scrittore, gli appaiono carichi dialternative terribili, che finiscono per paralizzarlo. Egli stesso ha vissuto in pieno la figura cos potentemente descritta nelle pagine finalidel Conc etto dell'angoscia: quella del discepolo dell'angoscia, di chi sente in s le poss ibilit annientatrici e terribili che ogni alternativadell'esistenza prospetta. Pe rci di fronte a ogni alternativa, Kierkegaardsi sentito paralizzato. Egli stesso dice di essere "una cavia d'esperimento per l'esistenza" edi riunire in s i punti estremi di ogni opposizione. "Ci che io sono eun nulla; questo procura a me e al mio genio la soddisfazione diconservare la mia esistenza al punto zero, tra il freddo e il caldo, trala saggezza e la stupidaggine, tra il qualche cosa e il nu lla come unsemplice forse". Il punto zero l'indecisione permanente, l'equilibrio instabile tra le alternative opposte che si aprono di fronte a qualsiasipossibil it. E forse potrebbe essere proprio questa la scheggia nellecarni di cui Kierkega ard parlava: l'impossibilit di ridurre la propriavita a un compito preciso, di sc egliere tra le alternative opposte, diriconoscersi e attuarsi in una possibilit u nica. Questa impossibilitasi traduce per lui nel riconoscimento che il proprio c ompito, l'unitadella propria personalit, appunto in questa condizione eccezionale diindecisione e di instabilit e che il centro del suo io nel non avereun centro. Le alternative dell'esistenza. Una seconda caratteristica del pensiero di Kierk egaard il suo sforzocostante di chiarire le possibilit fondamentali che si offron o all'uomo,gli stadi o i momenti della vita che costituiscono le alternative del l'esistenza e tra le quali l'uomo generalmente condotto a scegliere,mentre egli, Kierkegaard, non poteva scegliere. La sua attivit fu quelladi un contemplativo: ed egli si disse e si credette poeta. E moltiplic lasua personalit con pseudonimi, in modo da accentuare il distacco tra sestesso e le forme di vita che veniva de scrivendo, in modo da far intenderechiaramente che egli stesso non s'impegnava a scegliere tra esse. Unaterza caratteristica basilare del suo pensiero il tema d ella fede. La fede. Soltanto nel Cristianesimo egli vede un'ancora di salvezza: in quanto ilCristianesimo gli sembrava insegnare quella stessa dottrinadell'esis tenza che a lui pareva l'unica vera e nello stesso tempo offrire,con l'aiuto sop rannaturale della fede, un modo per sottrarre l'uomoall'angoscia e alla disperaz ione, che costituiscono strutturalmentel'esistenza.3. La verit del "singolo": il rifiuto dell'hegelismo e "l'infinitadifferenza qualitativa" fra l'uomo e Dio. Pe r tutti questi motivi, la filosofia hegeliana appare a Kierkegaardl'antitesi del punto di vista sull'esistenza da lui vissuto, e un'antitesiillusoria. Le altern ative possibili dell'esistenza non si lascianoriunire e conciliare nella continu it di un unico processo dialettico. In questo, l'opposizione delle alternative st esse solo apparente,perch la vera ed unica realt l'unit della Ragione con se stessa . Manella Ragione l'uomo singolo, l'uomo concretamente esistente, assorbitoe dis solto. L'istanza del "singolo" e la polemica anti-hegeliana (cfr. il Glossario). Di fronte ad essa, Kierkegaard presenta l'istanza del singolo, dell'esistente c

ome tale. "La verit, egli dice, una veritasolo quando una verit per me". La verit n on l'oggetto del pensieroma il processo con cui l'uomo se l'appropria, la fa sua e la vive:l'appropriazione della verit la verit. Alla riflessione oggettivapropri a della filosofia di Hegel, Kierkegaard contrappone la riflessionesoggettiva, co nnessa con l'esistenza: la riflessione nella quale ilsingolo uomo direttamente c oinvolto quanto al suo stesso destino e chenon oggettiva e disinteressata, ma ap passionata e paradossale. Hegelha fatto dell'uomo un genere animale giacch solo n egli animali il genere superiore al singolo. Il genere umano ha invece la caratte ristica cheil singolo superiore al genere. Questo , secondo Kierkegaard,l'insegna mento fondamentale del cristianesimo; ed il punto su cuibisogna combattere la ba ttaglia contro la filosofia hegeliana e ingenerale contro ogni filosofia che si avvalga della riflessioneoggettiva. Kierkegaard considera come un aspetto essenz iale del compitoche si proposto l'inserzione della persona singola, con tutte le sueesigenze, nella ricerca filosofica. Non per nulla egli avrebbe volutofar scr ivere sulla sua tomba questa sola espressione: "Quel singolo". L'abisso fra l'uo mo e Dio. E non per nulla ha combattuto tutta la vita contro il panteismo ideali stico, cio contro la pretesa di identificare uomo e Dio, affermandoinvece "l'infi nita differenza qualitativa" tra il finito e l'infinito,ossia l'abisso incolmabi le che divide il modo d'essere del singolo daquello dell'Assoluto.4. Gli stadi d ell'esistenza.4.1. Vita estetica e vita etica (da integrare con il Glossario). L a vita estetica... Il primo libro di Kierkegaard s'intitola significativamente A ut-Aut. unaraccolta di scritti pseudonimi che presentano l'alternativa di due st adifondamentali della vita: la vita estetica e la vita morale. Il titolostesso i ndica gi come questi stadi non siano due gradi di uno sviluppounico che passi dal l'uno all'altro e li concili. Tra uno stadio e l'altrovi abisso e salto. Ognuno di essi forma una Vita a s, che con le sueopposizioni interne si presenta all'uom o come un'alternativa che escludel'altra. Lo stadio estetico la forma di vita di chi esiste nell'attimo,fuggevolissimo irripetibile. L'esteta colui che vive poe ticamente, cioevive insieme di immaginazione e di riflessione. Egli dotato di un senso finissimo per trovare nella vita ci che vi di interessante, e satrattare i casi vissuti come se fossero l'opera dell'immaginazione poetica. Cos l'esteta si foggia un mondo luminoso, dal qual assente tutto cioche la vita presenta di bana le, insignificante e meschino; e vive in unostato di ebbrezza intellettuale cont inua. La vita estetica esclude laripetizione, che implica sempre monotonia e tog lie l'interessante allevicende pi promettenti. La vita estetica concretamente rap presentata daKierkegaard in Giovanni, il protagonista del Diario del seduttore, che saporre il suo godimento non nella ricerca sfrenata e indiscriminata delpiac ere, ma nella limitazione e nell'intensit dell'appagamento. ...e il suo falliment o. Ma la vita estetica rivela la sua insufficienza e la sua miseria nella noia. Chiunque viva esteticamente disperato, lo sappia o non lo sappia; ladisperazione l'ultimo sbocco della concezione estetica della vita. Essa l'ansia di una vita diversa che si prospetta come un'altra alternativapossibile. Ma per raggiungere quest'altra alternativa, bisogna attaccarsialla disperazione, scegliere e darsi ad essa con tutto l'impegno, perrompere l'involucro della pura esteticit e riagga nciarsi con un saltoall'altra alternativa possibile, la vita etica."Scegli dunqu e la disperazione, dice Kierkegaard; la disperazione stessa una scelta giacch si p u dubitare senza scegliere di dubitare ma non sipu disperarsi senza sceglierlo. Di sperandosi, si sceglie di nuovo e scegliese stesso, non nella propria immediatez za, come individuo accidentale, ma si sceglie se stesso nella propria validit ete rna". La vita etica. La vita etica nasce appunto con questa scelta. Essa implica unastabilit e una continuit che la vita estetica, come incessante ricercadella va riet, esclude da s. Essa il dominio della riaffermazione dis, del dovere e della fe delt a se stessa: il dominio della libert perla quale l'uomo si forma o si afferma da s. " L'elemento estetico equello per il quale l'uomo immediatamente ci che ; l' elemento etico equello per cui l'uomo diviene ci che diviene". Nella vita etica l 'uomosingolo si sottopone a una forma, si adegua all'universale e rinuncia adess ere l'eccezione. Come la vita estetica incarnata dal seduttore, lavita etica inc arnata dal marito. Il matrimonio l'espressione tipicadell'eticit, secondo Kierkeg aard: esso un compito che pu essereproprio di tutti. Mentre nella concezione este tica dell'amore, una coppiadi persone eccezionali pu essere felice in forza della

suaeccezionalit, nella concezione etica del matrimonio pu diventar feliceogni cop pia di sposi. Inoltre la persona etica vive del suo lavoro. Ilsuo lavoro anche l a sua vocazione, perci essa lavora con piacere: illavoro la mette in relazione co n altre persone, e adempiendo il suocompito essa adempie a tutto ci che pu desider are al mondo. La scelta della scelta. La caratteristica della vita etica in ques to senso la scelta che l'uomofa di se stesso. La scelta di se stesso una scelta assoluta perch non la scelta di una qualsiasi determinazione finita (che non mai i l "sestesso") ma la scelta della libert: cio in fondo della scelta stessa. Una vol ta effettuata questa scelta, l'individuo scopre in s unaricchezza infinita, scopr e che ha in s una storia nella quale riconoscela sua identit con se stesso. Questa storia include i suoi rapporti congli altri sicch nel momento in cui l'individuo sembra isolarsi di pi,penetra pi profondamente nella radice con la quale si riatt accaall'intera umanit. Per la sua scelta, egli non pu rinunziare a nulladella sua storia, neanche agli aspetti di essa pi dolorosi e crudeli; enel riconoscersi in questi aspetti, egli si pente. Il pentimento el'ultima parola della scelta etica , quella per cui questa scelta appareinsufficiente e trapassa nel dominio religi oso. Il "pentimento" e l'apertura a Dio."Il pentimento dell'individuo, dice Kier kegaard, coinvolge se stesso, la famiglia, il genere umano, finch egli si ritrova in Dio. Solo a questacondizione egli pu scegliere se stesso e questa la sola con dizione cheegli vuole perch solo cos pu scegliere se stesso in senso assoluto>. Las celta assoluta dunque pentimento, riconoscimento della propriacolpevolezza, dell a colpevolezza perfino di ci che si ereditato. " Ilsuo se stesso si trova in qual che modo fuori di lui e dev'essereconquistato; e il pentimento il suo amore perc h egli lo sceglieassolutamente, per la mano di Dio". Questo lo scacco finale dell a vitaetica, lo scacco per cui essa, in virt della stessa struttura che lacostitu isce, tende a raggiungere la vita religiosa.4.2. La vita religiosa. Non c' tuttav ia continuit tra la vita etica e quella religiosa. La vicenda di Abramo. Tra esse c' anzi un abisso ancora pi profondo, un'opposizione ancora piradicale che tra l'e stetica e l'etica. Kierkegaard chiarisce questaopposizione in Timore e tremore, raffigurando la vita religiosa nellapersona di Abramo. Vissuto fino a 70 anni ne l rispetto della leggemorale, Abramo riceve da Dio l'ordine di uccidere il figli o Isaccoe di infrangere cos la legge per la quale vissuto. Il significato della f igura di Abramo sta nel fatto che il sacrificio del figlio non gli suggerito da una qualsiasi esigenza morale (come fu, ad esempio, per il console Bruto) ma da un puro comando divinoche in contrasto con la legge morale e con l'affetto natur ale e nontrova alcuna giustificazione innanzi ai familiari stessi di Abramo. Ina ltri termini, l'affermazione del principio religioso sospende interamentel'azion e del principio morale. Tra i due principi non c' possibilit diconciliazione o di sintesi. La loro opposizione radicale. Ma se cos,la scelta tra i due principi non pu essere facilitata da nessunaconsiderazione generale, n decisa in base a nessun a regola. L'uomo, cheha fede come Abramo, opter per il principio religioso, segui r l'ordinedivino anche a costo di una rottura totale con la generalit degli uomini econ la norma morale. Ma la fede non un principio generale: un rapportoprivato tra luomo e Dio, un rapporto assoluto con l'Assoluto. il dominio della solitudin e: non si entra in essa "in compagnia", non si odono voci umane e non si scorgon o regole. Di qui deriva il carattere incerto e rischioso della vita religiosa. A d esempio, come pu l'uomo esser certo di essere l'eccezione giustificata?Come pu s apere che egli l'eletto, colui al quale Dio ha affidato uncompito eccezionale, c he esige e giustifica la sospensione dell'etica? C'eun solo segno indiretto: la forza angosciosa con cui proprio questadomanda si pone all'uomo che stato verame nte eletto da Dio. L'angosciadell'incertezza la sola assicurazione possibile. La fede appunto lacertezza angosciosa, l'angoscia che si rende certa di s e di un n ascostorapporto con Dio. L'uomo pu pregare Dio che gli conceda la fede; ma laposs ibilit di pregare non essa stessa un dono divino? La fede come paradosso e scanda lo. Cos c' nella fede una contraddizione ineliminabile. La fede paradosso e scanda lo. Cristo il segno di questo paradosso colui che soffre e muore come uomo, ment re parla e agisce come Dio; colui che e si deve riconoscere come Dio, mentre sof fre e muore come un misero uomo. L'uomo eposto di fronte al bivio: credere o non credere. Da un lato lui che devescegliere dall'altro ogni sua iniziativa esclus a perch Dio tutto e da lui deriva anche la fede. La vita religiosa nelle maglie d

i questa contraddizione ineplicabile. Ma questa contraddizione quella stessadell 'esistenza umana. Kierkegaard vede perci rivelata dal cristianesimo la sostanza s tessa dell'esistenza. Paradosso, scandalo, contraddizione,necessit e nello stesso tempo impossibilit di decidere, dubbio,angoscia, sono le caratteristiche dell'es istenza e sono nello stesso tempo i fattori essenziali del cristianesimo. Di un cristianesimo, per, che Kierkegaard si accorse (negli ultimi annidella vita) esse r assai lontano da quello delle religioni ufficiali. " Sono in possesso di un li bro, egli scrisse una volta, che in questo paese pu dirsi sconoscluto e di cui vo glio quindi dare il titolo: "Il Nuovo Testamento di nostro Signore e Salvatore G es Cristo"". Lapolemica contro il pacifico e accomodante cristianesimo della chie sa danese, polemica nella quale dichiar di scendere in campo, pi che peril cristia nesimo, per la sincerit e l'onest, dimostra come in realt egli difendesse nel crist ianesimo il significato dell'esistenza che aveva riconosciuto e fatto proprio. M a questo significato, se si trova espressoe, per cos dire, incarnato storicamente nel cristianesimo, non limitato al dominio religioso ma connesso con ogni forma o stadio dell'esistenza. La religione ne consapevole, ma non lo monopolizza: la vita estetica e la vita etica lo includono, come si visto, ugualmente. E le ope re piusignificative di Kierkegaard sono quelle che lo affrontano direttamente e lo fissano nel suo significato umano.5. Il sentimento del possibile: l'angoscia. Kierkegaard si dapprima fermato a delineare gli stadi fondamentalidella vita, p resentandoli come alternative escludentisi e come situazionidominate da irrimedi abili contrasti interni. L'approfondimento della suaricerca lo porta al punto ce ntrale nel quale si radicano le stesse alternative della vita ed i loro contrast i: l'esistenza come possibilit. Kierkegaard affronta direttamente, nelle sue due opere fondamentali, il Concetto dell'angoscia e La malattia mortale, la situazio ne di radicaleincertezza, di instabilit e di dubbio, in cui l'uomo si trova costi tuzionalmente per la natura problematica del modo d'essere che gli proprio. Nel C oncetto dell'angoscia questa situazione chiarita neiconfronti del rapporto dell' uomo col mondo, nella Malattia mortale neiconfronti del rapporto dell'uomo con s e stesso, cio nel rapporto costitutivo dell'io. L'angoscia come esperienza vissut a e tormentosa della possibilit. L'angoscia la condizione generata nell'uomo dal possibile che locostituisce. Essa strettamente connessa col peccato ed a fondame ntodello stesso peccato originale. L'innocenza di Adamo ignoranza; ma eun'ignora nza che contiene un elemento che determiner la caduta. Questoelemento non n calma n riposo; non neppure turbamento o lotta,perch non c' ancora niente contro cui lott are. Non che un niente; maproprio questo niente genera l'angoscia. A diferenza d el timore e dialtri stati analoghi che si riferiscono sempre a qualcosa di deter minato,l'angoscia non si riferisce a nulla di preciso. Essa il puro sentimentode lla possibilit."Il divieto divino, dice Kierkegaard, rende inquieto Adamo perchsve glia in lui la possibilit della libert. Ci che si offrivaall'innocenza come il nien te dell'angoscia ora entrato in lui, e quiancora resta un niente: l'angosciante possibilit di potere. Quanto a cioche pu, egli non ne ha nessuna idea, altrimenti sarebbe presupposto cioche ne segue, cio la differenza tra il bene e il male. Non vi inAdamo che la possibilit di potere, come una forma superiore d'ignoranza,com e un'espressione superiore di angoscia, giacch in questo grado pialto essa e non , egli l'ama e la fugge". Nell'ignoranza di ci che pu, Adamo possiede il suo potere nella formadella pura possibilit; e l'esperienza vissuta di questa possibilit el'a ngoscia. L'angoscia non n necessit n libert astratta, cio liberoarbitrio; libert fi a, cio limitata e impastoiata, e cos siidentifica col sentimento della possibilit. La connessione fra l'angoscia, il possibile e il futuro. La connessione dell'ang oscia col possibile si rivela nella connessionedel possibile con l'avvenire. Il possibile corrisponde completamenteall'avvenire. "Per la libert, il possibile l'a vvenire, per il tempol'avvenire il possibile. Cos all'uno come all'altro, nella v itaindividuale corrisponde l'angoscia". Il passato pu angosciare solo inquanto si ripresenta come futuro, cio come una possibilit diripetizione. Cos una colpa passa ta genera angoscia, solo se non everamente passata, giacch se fosse tale potrebbe generare pentimento,non angoscia. L'angoscia legata a ci che non ma pu essere, al nullache possibile o alla possibilit nullificante. Essa legatastrettamente alla condizione umana. Se l'uomo fosse angelo o bestia, nonconoscerebbe l'angoscia; e difatti essa manca o diminuisce negli stadiche degradano o inclinano verso la b

estialit, nell'aspiritualit per laquale l'uomo troppo felice e troppo privo di spi rito. Ma anche inquesti stadi l'angoscia sempre pronta ad insorgere: mascherata enascosta, ma l, pronta a riprendere il suo imperio sull'uomo. Le pagine conclusi ve del Concetto dell'angoscia esprimono in modopotentemente autobiografico la na tura dell'angoscia come sentimento delpossibile. La parola pi terribile pronuncia ta da Cristo non quellache impressionava Lutero: Mio Dio, perch mi hai abbandonat o? ma l'altrache egli rivolse a Giuda: Ci che tu fai, affrettalo! La prima parola esprime la sofferenza per ci che accadeva, la seconda l'angoscia per cioche potev a accadere; e solo in questa si rivela veramente l'umanit delCristo; perch umanit s ignifica angoscia. La povert spirituale sottrael'uomo all'angoscia; ma l'uomo sot tratto all'angoscia lo schiavo di tuttele circostanze che lo sballottano di qua e di l senza meta. L'angoscia ela pi gravosa di tutte le categorie. L'infinit o l'o nnipotenza del possibile. Kierkegaard collega l'angoscia strettamente con il pri ncipio dell'infinitao dell'onnipotenza del possibile: principio che egli esprime pi spessodicendo: "Nel possibile, tutto possibile". Per questo principio, ognipo ssibilit favorevole all'uomo annientata dall'infinito numero dellepossibilit sfavo revoli."Di solito, dice Kierkegaard, si dice che la possibilit leggeraperch s'inte nde come possibilit di felicit, di fortuna eccetera. Ma questa non affatto la poss ibiiit; questa un'invenzione fallace che gliuomini nella loro corruzione imbellet tano per avere un pretesto dilamentarsi della vita e della provvidenza e per ave re un'occasione difarsi importanti ai propri occhi. No, nella possibilit tutto eu gualmente possibile e chi fu realmente educato mediante la possibilitha compreso tanto il lato terribile quanto quello piacevole di essa. Quando si esce dalla su a scuola si sa meglio di come un bambino sa le suelettere che dalla vita non si pu pretendere nulla e che il latoterribile, la perdizione l'annientamento abitano a porta a porta conciascuno di noi; e quando si appreso a fondo che ciascuna de lleangosce che noi temiamo pu piombare su di noi da un istante all'altro,siamo co stretti a dare alla realt un'altra spiegazione: siamo costrettia lodare la realt q uando anche essa gravi su di noi con mano pesante e aricordarci che essa di gran lunga pi facile che non la possibilit". l'infinit o indeterminatezza delle possibil it che rende insuperabilel'angoscia e ne fa la situazione fondamentale dell'uomo nel mondo. "Quandol'accortezza ha fatto tutti i suoi calcoli innumerevoli, quand o il gioco efatto, ecco l'angoscia, ancor prima che il gioco sia vinto o perduto nella realt; e l'angoscia mette una croce davanti al diavolo, sicch non pu pi andar e avanti e la pi astuta combinazione dell'accortezza scompare come uno scherzo di fronte a quel caso che l'angoscia forma mediante l'onnipotenza della possibilit" . In tal modo l'onnipotenza della possibilit divezza dall'accortezza che si muove tra le cose finite ededuca l'individuo "a riposare nella provvidenza". Allo ste sso modo, essad il senso infinito della colpa che non pu essere visto attraverso l afinitezza: "Se un uomo colpevole, colpevole infinitamente".6. Disperazione e fe de. L'angoscia la condizione in cui l'uomo posto dal possibile che siriferisce a l mondo; la disperazione la condizione in cui l'uomo postodal possibile che si r iferisce alla sua stessa interiorit, al suo io. La possibilit che provoca l'angosc ia inerente alla situazione dell'uomonel mondo: la possibilit di fatti, di circos tanze, di legami, cherapportano l'uomo al mondo. La disperazione inerente alla p ersonalitastessa dell'uomo, al rapporto in cui l'io con se stesso e allapossibil it di questo rapporto. Disperazione e angoscia sono quindistrettamente legate, ma non identiche: entrambe tuttavia sono fondatesulla struttura problematica dell' esistenza. Genesi e struttura della disperazione."L'io, dice Kierkegaard, un rap porto che si rapporta a se stesso; ,nel rapporto, l'orientamento interno di quest o stesso rapporto. L'io non erapporto, ma il ritorno su se stesso del rapporto". Posto ci, ladisperazione strettamente legata alla natura dell'io. Difatti l'io p uovolere, come pu non volere, esser se stesso. Se vuole esser se stesso,poich fini to, quindi insufficiente a se stesso, non giunger mai all'equilibrio e al riposo. Se non vuole esser se stesso e cerca dirompere il proprio rapporto con s, che gl i costitutivo, urtaanche qui contro un'impossibilit fondamentale. La disperazione lacaratteristica sia dell'una che dell'altra alternativa. Essa perciola malatti a mortale, non perch conduca alla morte dell'io ma perch il vivere la morte dell'i o: il tentativo impossibile di negare lapossibilit dell'io o rendendolo autosuffi ciente o distruggendolo nellasua natura concreta. Le due forme della disperazion

e si richiamano l'unl'altra e si identificano: disperare di s nel senso di volers i disfare di s significa voler essere l'io che non si veramente; voler essere ses tesso ad ogni costo significa ancora voler essere l'io che non si everamente, un io autosufficiente e compiuto. Nell'uno e nell'altro caso ladisperazione l'impo ssibilit del tentativo. Necessit, libert e disperazione. Dall'altro lato, l'io , sec ondo Kierkegaard, "la sintesi di necessit edi libert" e la disperazione nasce in l ui o dalla deficienza dinecessit o dalla deficienza di libert. La deficienza della necessit ela fuga dell'io verso possibilit che si moltiplicano indefinitamente en on si solidificano mai. L'individuo diventa " un miraggio ". " Allafine, dice Ki erkegaard, come se tutto fosse possibile ed proprioquesto il momento in cui l'ab isso ha ingoiato l'io ". La disperazione equi quella che oggi chiamiamo " evasio ne ", cio il rifugio inpossibilit fantastiche, illimitate, che non prendono piede e non siradicano in nulla. "Nella possibilit tutto possibile. Perci nellapossibili t ci si pu smarrire in tutti i modi possibili maessenzialmente in due. L'una di qu este forme quella del desiderio,dell'aspirazione, l'altra quella malinconico-fan tastica (la speranza, iltimore o l'angoscia)". C' poi la disperazione dovuta alla deficienza delpossibile. In questo caso, "la possibilit l'unica cosa che salva. Quando uno sviene si manda per acqua, acqua di colonia gocce diHoffmann; ma quan do qualcuno vuol disperarsi bisogna dire: "Trovate unapossibilit, trovategli una possibilit". La possibilit l'unicorimedio; dategli una possibilit e il disperato ri prende lena, sirianima, perch se l'uomo rimane senza possibilit come se gli mancas sel'aria. Talvolta l'inventiva della fantasia umana pu bastare per trovareuna pos sibilit; ma alla fine, cio quando si tratta di credere, giovasoltanto questo, che a Dio tutto possibile". Proprio perch a Dio tutto possibile, il credente possiede ilcontravveleno sicuro contro la disperazione: "il fatto che la volont diDio pos sibile fa s che io possa pregare; se essa fosse soltantonecessaria, l'uomo sarebb e essenzialmente muto come l'animale". La fede come antidoto contro la disperazi one. Come opposto della fede, la disperazione il peccato: e perci l'oppostodel pe ccato per l'appunto la fede, non la virt. La fede l'eliminazionedella disperazion e, la condizione in cui l'uomo, pur orientandosiverso se stesso e volendo esser se stesso, non si illudesulla sua autosufficienza ma riconosce la sua dipendenza da Dio. Inquesto caso, la volont di esser se stesso non urta control'impossibili t dell'autosufficienza che determina la disperazione, perch una volont che si affida alla potenza da cui l'uomo stesso posto,cio a Dio. La fede sostituisce alla disp erazione la speranza e la fiduciain Dio. Ma porta pure l'uomo al di l della ragio ne e di ogni possibilitadi comprensione: essa assurdit, paradosso e scandalo. Che la realtadell'uomo sia quella di un individuo isolato di fronte a Dio, che ogni individuo come tale, sia esso un potente della terra o uno schiavo,esista dinanz i a Dio, questo lo scandalo fondamentale del cristianesimo,scandalo che nessuna speculazione pu togliere o diminuire. I paradossi del pensiero religioso. Tutte l e categorie del pensiero religioso sono impensabili. Impensabile la trascendenza di Dio, che implica una distanza infinitatra Dio e l'uomo e cos esclude qualsias i familiarit tra Dio e l'uomoanche nell'atto del loro pi intimo rapporto. Impensab ile il peccatonella sua natura concreta, come esistenza dell'individuo che pecca . Impensabile l'idea di un Dio che si fa carne e muore per noi. La fedecrede non ostante tutto, e assume tutti i rischi. La fede , perKierkegaard, il capovolgimen to paradossale dell'esistenza; di fronteall'instabilit radicale dell'esistenza co stituita dal possibile la fedesi appella alla stabilit del principio di ogni poss ibilit, a Dio, cuitutto possibile.7. L'istante e la storia: l'eterno nel tempo. L '"istante". Secondo Kierkegaard la storia non affatto una teofania, cio, comepens ava Hegel, una rivelazione o autorealizzazione dell'Assoluto. Infatti, il rappor to tra l'uomo e Dio non si verifica nella storia,ovvero nella continuit del diven ire umano, ma piuttosto nell'istante,inteso come subitanea inserzione della veri t divina nell'uomo. In questosenso, il cristianesimo paradosso e scandalo. Se il rapporto tra l'uomoe Dio si verifica nell'istante, ci vuol dire che l'uomo per su o contovive nella non-verit; e la conoscenza di questa condizione il peccato. Soc ratismo e cristianesimo. Kierkegaard contrappone il cristianesimo cos inteso al s ocratismo,secondo il quale l'uomo invece vive nella verit e si tratta soltanto pe rlui di renderla esplicita, di trarla fuori maieuticamente. Il maestroper il soc ratismo una semplice occasione per il processo maieutico,giacch la verit abita sin

dal principio nel discepolo. Socrate perciorifiutava di chiamarsi maestro e dic hiarava di non insegnare nulla. Madal punto di vista cristiano, poich l'uomo la n on-verit, si tratta diricreare l'uomo, di farlo rinascere, per renderlo adatto al la verit chegli viene da fuori. Il maestro perci un salvatore, un redentore, chede termina la nascita di un uomo nuovo, capace di accogliere nell'istantela verit di Dio. Dio rimane quindi al di l di ogni possibile punto d'arrivo della ricercauma na. L'unica sua possibile definizione, secondo Kierkegaard, quellache lo contras segna come differenza assoluta; ma una definizioneapparente, perch una differenza assoluta non pu essere pensata, eallora questa differenza assoluta non significa altro che l'uomo non edio, che l'uomo la non-verit, il peccato. La ricerca di Di o non hafatto un passo innanzi. L'istante dunque l'inserzione paradossale e inco mprensibile dell'eternitanel tempo, e realizza il paradosso del cristianesimo, c he la venuta diDio nel mondo. In questo senso soltanto, il cristianesimo un fatt ostorico; e se ogni fatto storico fa appello alla fede, questoparticolare fatto storico implica una fede alla seconda potenza perchesige una decisione che superi la contraddizione implicita nell'eternitache si fa tempo, nella divinit che si f a uomo. Il discepolo di "prima mano" e quello di "seconda mano". Ma questo fatto storico non ha testimoni privilegiati, giacch la sua storicit si ripresenta, nell 'istante, ogni volta che il singolo uomoriceve il dono della fede. Kierkegaard a fferma a questo proposito che non c' nessuna differenza tra il "discepolo di prim a mano" e il "discepolo di seconda mano" di Cristo. L'uomo, che vive dopo molti secoli dalla venuta di Cristo, credeall'informazione del contemporaneo di Cristo solo in virt di unacondizione che a lui stesso deriva direttamente da Dio. Per l ui quindisi verifica originalmente la venuta di Dio nel mondo, e ci accade invirt della fede. La divinit di Cristo non era pi evidente per iltestimone immediato, pe r il contemporaneo di Ges, di quanto non lo siaper qualsiasi cristiano che abbia ricevuto la fede.8. Eredit kierkegaardiane. La filosofia di Kierkegaard , nel suo complesso, un'apologeticareligiosa e precisamente il tentativo di fondare la val idit dellareligione sulla struttura dell'esistenza umana come tale. Si trattatutt avia di un'apologetica assai lontana dalla razionalizzazione dellavita religiosa che era stata effettuata da Hegel e che, dopodi Hegel, era diventato il compito della destra hegeliana. La religionenon per Kierkegaard una visione razionale d el mondo n la trascrizionefantastica o emotiva di tale visione; soltanto la via d ella salvezza,cio l'unico modo di sottrarsi all'angoscia, alla disperazione e all oscacco delle possibilit che costituiscono l'uomo, mediantel'instaurazione di un rapporto immediato con Dio. Il ritorno a Kierkegaardnella filosofia contemporane a stato iniziato dalla cosiddetta"rinascita kierkegaardiana", proprio in vista d i questo aspetto dellafilosofia di Kierkegaard . La fortuna di alcuni concetti t ipici di Kierkegaard. Dall'altro lato, Kierkegaard ha offerto all'indagine filos ofica strumentiche si sono rivelati efficaci: come i concetti di possibilit, di s celta,di alternativa e di esistenza come modo d'essere proprio dell'uomo; e hain sistito su quell'aspetto della filosofia per la quale essa non tantoun sapere og gettivo quanto un atteggiarsi o un progettarsi totaledell'esistenza umana e quin di impegno in tale progettazione. Questadimensione stata poi fatta propria da tu tte le correnti dell'esistenzialismo contemporaneo. Indicazioni bibliograficheR. Cantoni La coscienza inquieta: S. Kierkegaard, Mondadori, Milano 1949. C. Fabro , Tra Kierkegaard e Marx, Vallecchi, Firenze 1952. Auroti Vari, Studi kierkegaar diani, a cura di C. Fabro, Morcelliana, Brescia 1957 (Si veda, in questo volume, l'articolo di N. Abbagnano, Kierkegaard e il sentiero della possibilit). G Lukac s, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino 1959. T. W. Adorno, Kierkegaard . La costruzione dell'estetico, Longanesi, Milano 1962. L. Pareyson, L'etica di Kierkegaard nella prima fase del suo pensiero,Giappichelli Torino 1965 (si veda pure di L. Pareyson, Studi sull'esistenzialismo, Sansoni, Firenze 1971). F. Lomb ardi, Kierkegaard, Sansoni, Firenze 1968T. Perlini, Che cosa ha veramente detto Kierkegaard, Ubaldini, Roma 1968. F. Castagnino, Gli studi italiani su Kierkegaa rd (1906-1922), Edizionidell'Ateneo 1972. M. Gigante, Religiosit di Kierkegaard, Morano, Napoli 1972. A. Cortese, Kierkegaard, in Questioni di storiografia filos ofica,La Scuola, Brescia 1975-1978 volume 3 pagine 417-717 (per la fortuna e lei nterpretazioni). G. Velocci, Filosofia e fede in Kierkegaard, Citt Nuova, Roma 19 76. S. Spera, Il giovane Kierkegaard, Cedam, Padoa 1977. L. Lunardi, La dialetti

ca in Kierkegaard. Liviana, Padova 1982. S. Spera, Introduzione a Kierkegaard, L aterza, Roma-Bari 1983. V . Melchiorre, Saggi su Kierkegaard, Marietti, Genova 1 987. L. Amoroso (a cura di), Maschere kierkegaardiane, Rosenberg e Sellier,Torin o 1990. P. Nepi (a cura di), L'"Esercizio del Cristianesimo" di Kierkegaard e il Cristo dei filosofi, Paravia, Torino 1992. Glossario e riepilogo- Esistenza. lo specifico modo d'essere dell'uomo nel mondo. Modo cherisulta definito dai conce tti interdipendenti di singolarit (vedi), possibilit (vedi), scelta (vedi), angosc ia (vedi), disperazione (vedi)e fede (vedi).- Il Singolo , per Kierkegaard, la ca tegoria propria dell'esistenza umana,filosoficamente concepita come realt irriduc ibile al concetto e cristianamente intesa come valore assoluto. Ecco taluni pass i del Diarioche insistono eloquentemente su tale nozione: "L'esistenza corrispon de alla realt singolare, al singolo (ci che gi insegn Aristotele); essaresta fuori d el concetto che comunque non coincide con essa. Per un singolo... l'esistenza (e ssere o non essere) qualcosa di molto decisivo;un uomo singolo non ha certo un'e sistenza concettuale"; ""Il Singolo" la categoria attraverso la quale debbono pa ssare, dal punto di vistareligioso, il tempo, la storia, l'umanit"; "In ogni gene re animale la specie la cosa pi alta... Solo nel genere umano - a causa del crist ianesimo - ... l'individuo pi alto del genere"; "Se io dovessidomandare un epitaf fio per la mia tomba, non chiederei che "quel Singolo",anche se ora questa categ oria non capita. Lo sar in seguito"; "Con questa categoria "il Singolo", quando q ui tutto era sistema su sistema, io presi polemicamente di mira il sistema, ed o ra di sistema non si parla pi "; "A questa categoria legata assolutamente la mia possibile importanza storica. I miei scritti saranno presto dimenticati, come qu ellidi molti altri. Ma se questa categoria era giusta, se questa categoria eraal suo posto, se io qui ho colpito nel segno, se ho capito bene che questo era il mio compito, tutt'altro che allegro, comodo e incoraggiante: se misar concesso qu esto, anche a prezzo di inenarrabili sofferenze interiori,anche a prezzo di indi cibili sacrifici esteriori: allora io rimango e imiei scritti con me...".- L'ant ihegelismo di Kierkegaard parte integrante della sua difesa dell'"esistenza ". A d Hegel Kierkegaard rimprovera soprattutto: 1) la mentalit "pagana", ossia la ten denza a ritenere la specie (l'Umanit,lo Spirito eccetera) pi importante dell'indiv iduo;2) la concezione della filosofia come scienza oggettiva (cio distaccatae dis interessata) e non come riflessione soggettiva nella quale il singolo direttamen te coinvolto; 3) la conseguente scissione fra speculazione filosofica e vita vis suta,ossia l'edificazione di un "sistema" nel quale non trova posto e fondamento la condizione effettiva in cui il filosofo, al pari di tutti gli altri uomini, c ostretto a vivere: "Succede della maggioranza dei filosofi sistematici, riguardo ai loro sistemi, come di chi si costruisse un castello e poi se ne andasse a vi vere in un fienile: per conto loro essi non vivono in quell'enorme costruzionesi stematica. Ma nel campo dello spirito ci costituisce un'obiezione capitale. Qui i pensieri, i pensieri di un uomo, debbono essere l'abitazione in cui egli vive.. . altrimenti sono guai" (Diario, 1, pagina 243); 4) la tendenza a "mediare" e a "conciliare" ci che nella vita concreta non risulta affatto mediabile e conciliab ile; 5) l'identificazione panteistica fra uomo e Dio, e quindi l'incapacit di cog liere "l'infinita differenza qualitativa" che separa il finito dall'infinito.- P ossibilit. Secondo Kierkegaard l'esistenza non un'entit necessaria e garantita, ma un insieme di possibilit che obbligano l'uomo ad una scelta (vedi) e che implica no una componente ineliminabile di rischio. Ogni possibilit infatti, oltre che po ssibilit-che-s, anchepossibilit-che-non: "Di solito la possibilit di cui si dice ch' ecos lieve, s'intende come possibilit di felicit, di fortuna eccetera. Ma questa no n affatto la possibilit; questa un'invenzione fallace... No, nella possibilit tutt o ugualmente possibile...", "la possibilit ela pi pesante di tutte le categorie" ( Il concetto dell'angoscia, vedi).- Scelta. Secondo Kierkegaard esistere signific a scegliere. Infatti, lascelta non una semplice manifestazione della personalit, macostituisce o forma la personalit stessa, che sceglie vivendo o vivescegliendo. In altri termini, l'individuo non quel che , ma ci chesceglie di essere. Tant' ver o che persino la rinuncia alla scelta unascelta, sia pure un tipo di scelta per causa della quale l'uomo rinunziaa farsi valere come io: La scelta decisiva per il contenuto dellapersonalit; con la scelta essa sprofonda nella cosa scelta e se essanon sceglie, appassisce in consunzione (Aut-Aut, 2).- Gli stadi dell'esiste

nza sono i modi fondamentali di vivere e diconcepire l'esistenza. Modi che per K ierkegaard sono essenzialmente tre:la vita estetica (vedi), etica (vedi) e relig iosa (vedi). I primi due sonodescritti in Aut-Aut e il terzo in Timore e Tremore . Secondo Kierkegaardquesti stadi non possono hegelianamente addizionarsi (et-et e fondersiin una finale sintesi conciliatrice di tipo dialettico, ma si present anocome reciprocamente escludentisi fra di loro (aut-aut). Tant' che ilpassaggio dall'uno all'altro postula sempre una rottura o un " salto",accompagnato da un c ambiamento radicale di mentalit.- Lo stadio estetico la forma di vita in cui l'uo mo " immediatamente cioche ", ossia il comportamento di colui che, rifiutando ogni vincolo oimpegno continuato, cerca l'attimo fuggente della propria realizzazion e,all'insegna della novit e dell'avventura. Infatti, l'esteta, che trova ilsuo si mbolo pi significativo nel Don Giovanni di Mozart (ma anche nellecoscienze "inqui ete" dell'ebreo errante e del Faust di Goethe), si proponedi fare della propria vita un'opera darte da cui sia bandita la monotoniae nella quale, viceversa, tri onfino le emozioni inedite ("Godi la vita evivi il tuo desiderio", insegna l'est eta, per il quale ogni donna non eche uno "spunto poetico" messo al servizio del la propria raffinata ricercadel piacere). Tuttavia, al di l della sua apparenza g ioiosa ebrillante, la vita estetica destinata alla noia (che segue alla vanitade l piacere) e al fallimento esistenziale. Infatti, vivendo attimo perattimo ed ev itando il peso di scelte impegnative (ossia scegliendo dinon scegliere), l'estet a, secondo Kierkegaard, finisce per rinunciare aduna propria identit e per avvert ire, con disperazione, il vuoto dellapropria esistenza senza centro e senza sens o.- Lo stadio etico il momento in cui l'uomo, scegliendo di scegliere,ossia assu mendo in pieno la responsabilit della propria libert, siimpegna in un compito, al quale rimane fedele. Infatti, a differenzadella vita estetica, la quale tenta di evitare la "ripetizione" e cerca adogni istante il nuovo, la vita etica si fond a sulla continuit e sullascelta "ripetuta" che l'individuo fa di se stesso e del proprio compito. In altri termini, nella vita etica (che simboleggiata dallo sta tomatrimoniale) l'individuo si sottopone ad una "forma o ad un modellouniversale " di comportamento, che implica, al posto del desideriodell'"eccezionalit", la sc elta della "normalit" ("La morale - scriveKierkegaard - propriamente il generale e, in quanto generale, ci chevale per tutti"). Tuttavia, pur collocandosi su di u n piano pi altorispetto alla vita estetica, la vita etica destinata anch'essa alf allimento. Infatti, l'uomo etico non pu fare a meno di riconoscere lapropria fini tudine peccaminosa e quindi di "pentirsi". Inoltre,nell'ambito della generalit de lla vita etica e della connessa ritualitadei suoi comportamenti, l'individuo non riesce a trovare veramente sestesso e la propria singolarit genuina. Tanto pi che esiste, inognuno, un'ansia di infinito che non si lascia racchiudere nei limiti diuna tranquilla esistenza di marito e di impiegato. Da ci il bisogno diun'esper ienza pi profonda e coinvolgente grazie a cui l'individuovincendo l'angoscia (ved i) e la disperazione (vedi) che lo costituiscono come uomo e che giacciono al fo ndo di ogni vita, anche della pi fortunatae felice - possa davvero realizzarsi co me singolo e nelle sue aspettativemigliori. Tale la vita religiosa (vedi). - L'a ngoscia di cui parla Kierkegaard il sentimento del possibile, cioequello stato d 'animo esistenziale che sorge dinanzi alla vertigine della libert e alle infinite possibilit negative che incombono sulla vita e sulla personalit dell'uomo. Per qu esti suoi caratteri, l'angoscia diversa dalla paura che si prova al cospetto di una situazione determinata e ad un pericolo preciso. Inoltre, essa un sentimento tipicamente umano. Tant' che viene provata solo da chi ha spirito: "pi profonda l 'angosciapi grande l'uomo". L'unico modo efficace per contrastare l'angoscia e is uoi tormenti ("nessun grande inquisitore tien pronte torture cositerribili come l'angoscia; nessuna spia sa attaccare con tanta astuzia lapersona sospetta, prop rio nel momento in cui pi debole, n sapreparare cos bene i lacci per accalappiarla come sa l'angoscia; nessungiudice, per sottile che sia, sa esaminare cos a fondo l'accusato comel'angoscia che non se lo lascia mai sfuggire, n nel divertimento, n nelchiasso, n sotto il lavoro, n di giorno, n di notte...") non el'accortezza uman a, ma la fede religiosa in Colui al quale "tutto epossibile".- La disperazione. Mentre l'angoscia si riferisce al rapporto dell'uomo con il mondo, la disperazio ne si riferisce al rapporto dell'uomo con sestesso, in cui consiste propriamente l'io. In questo rapporto, se l'iovuol essere se stesso, poich finito e quindi in

sufficiente a sestesso, non giunger mai all'equilibrio e al riposo. Viceversa, se nonvuol essere se stesso, urta anche qui contro un'impossibilit di fondo. Nell'u no e nell'altro caso, ci si imbatte nella disperazione, che eun'autentica malatt ia mortale, non perch conduca alla morte dell'io, maperch il vivere la morte dell' io, cio la negazione del tentativoumano di rendersi autosufficienti o di evadere da s. Ma se ogniuomo, lo sappia o meno, malato di disperazione, l'unica terapiaef ficace contro di essa la fede, ossia quella condizione in cui l'io,pur orientand osi verso se stesso e pur volendo essere se stesso, non siillude sulla sua autos ufficienza, ma riconosce la sua dipendenza daColui che lo ha posto e che, solo, pu garantire la sua realizzazione. L'uomo deve quindi "volere" la disperazione, p oich riconoscendosi in predaad essa egli pu volgersi alla ricerca di una salvezza. N. B. La disperazione di cui parla Kierkegaard non la disperazione finita che d iscende dalla perdita di beni mondani (ad esempio di una persona carao di un pat rimonio); ma la disperazione infinita che discende dalla propriainsufficienza es istenziale. Infatti, se la prima costringe l'uomo a"rinchiudersi" in s e nel fini to, la seconda lo spinge ad uscire "fuori dis" e ad aprirsi all'Assoluto: "Eppure mia intima convinzione che la verasalvezza dell'uomo nel disperarsi. Qui appare di nuovo l'importanza divolere la propria disperazione, di volerla in senso inf inito, in sensoassoluto, poich un simile volere identico all'assoluta dedizione. Seinvece voglio la mia disperazione in senso finito, la mia anima nesoffre, poic h cos il mio essere pi profondo non giunge a proromperenella disperazione, ma al co ntrario si richiude in essa, si indurisce. Cos la disperazione finita un rinchiud ersi nel finito, la disperazioneassoluta un dischiudersi all'infinito" (Aut-Aut) .- Lo stadio religioso lo stadio della fede, intesa come "rapportoassoluto con l 'Assoluto" (Timore e tremore), ossia lo stadio in cuil'individuo, andando al di l della limitatezza della vita etica, si apretotalmente a Dio, riuscendo a vincer e (anche se non ad eliminarecompletamente) l'angoscia e la disperazione che lo c ostituiscono comeuomo. Fra lo stadio etico e quello religioso esiste un abisso, incarnatodalla figura di Abramo (vedi testo). Infatti, lo stadio religioso, lung idal ridursi alle tranquillizzanti verit della ragione e dell'etica,costituisce l a dimensione dello scandalo e del paradosso (cometestimoniano le principali cred enze del cristianesimo: si pensi all'ideadi un Dio che si fa "carne" e che "muor e" sulla croce per i nostripeccati).- L'istante o l'attimo. Secondo Kierkegaard la fede ha un carattere"istantaneo" in quanto implica una subitanea inserzione d ell'eternit neltempo, ossia un'improvvisa "discesa" della verit divina nell'uomo. La natura istantanea della fede, comportando un incontro paradossale fra la line a verticale della trascendenza e quella orizzontale dell'immanenza,esclude che e ssa possa venir suscitata o prodotta da procedimenti umani odimostrativi e fa s c he la divinit di Cristo non sia pi evidente, per icontemporanei di Ges, di quanto n on lo sia per un qualsiasi cristiano cheabbia ricevuto il dono della fede. Appro fondimento- Ironia e umorismo. Da un lato Kierkegaard tende a valorizzare l'iron ia,poich essa, consistendo nel "non prendere sul serio" il finito tramite unatteg giamento di distaccata superiorit spirituale, porta ad unarelativizzazione delle realt mondane (come quando Socrate svela lepresunzioni conoscitive degli uomini, o come quando l'esteta prendecoscienza della insufficienza e vacuit dei propri pi aceri). Dall'altrolato, Kierkegaard critica l'ironia, poich essa, risolvendosirom anticamente in una indebita infinitizzazione dell'interiorit (Diario,6, A, 8) ris chia di capovolgersi in un atteggiamento nichilista edestetizzante cristianament e inaccettabile. All'ironia Kierkegaardcontrappone l'umorismo: "il criterio disc riminante fra ironia e "humor"...sembra sia il diverso atteggiamento della cosci enza verso il finito:mentre l'ironia accetta il vuoto e la dispersione del finit o come larealt in s che tocca subire e l'uomo resta ancora nell'immanenza e neldub bio, cos che si distacca sempre di pi dal reale che lo circonda, lo"humor" si appo ggia e deriva da una certezza, quella religiosa, chevince il dubbio e spinge ad agire nel mondo che ci circonda... Lo"humor", rispetto all'ironia, pi dialettico e pi costruttivo ad untempo: in quanto l'umorista l'uomo della religiosit, della p assioneinfinita, il quale si tiene bens distaccato con lo spirito del finito,e tu ttavia gli resta fedele nell'azione..." (C. Fabro).

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